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Alchimia del buio Armando de Zambotti E non ci stato dato il linguaggio per liberare le cose dalla loro immagine,

, per portare allapparenza la stessa apparenza, per condurla alla gloria? Agamben, Idea della prosa A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu Rimbaud, Voielles Sil ny avait pas de noir, il ny aurait pas de potes. luard, Donner voir O dark dark dark. They all go into the dark Eliot, East Coker Ci sono luoghi di concentrazione del buio inusuali dove il buio irrompe inaspettatamente e dove si manifesta tutta la sua potenza sovversiva. Non soltanto come privazione, assenza di luce, ma come stupore. Stupore per ci che non si vede, per lo spaesamento, per il venir meno dei confini del paesaggio. Qui il buio non il contrario della luce che la ragione ha sempre dialettizzato per affermarne e affermare la sua positivit, ma la nostalgia segreta da cui nessuna apparenza e nessuna parola si mai separata. Uno di questi luoghi, di questi passaggi il linguaggio: parola, forma, suono, colore sono mezzi di espressione molto differenti. Ma tutti sono essenzialmente linguaggio. In questo luogo, dove si costituisce la realt del linguaggio poetico, il privilegio fenomenologico di rottura con un essere antecedente prepara laccadere della parola poetica come ontofania. Il linguaggio che cos parla linguaggio poetico. Attraverso il linguaggio poetico, nel

linguaggio poetico, lalchimia del buio lalchimia dellinchiostro che lascia fluire, attraverso questo passaggio, il mondo che prende coscienza di s e riattiva il contatto con la nostra soggettivit. Citare un testo significa far tacere il contesto in cui rientra. La citazione decontestualizzata ha per cos dire una nuova possibilit, essa allestisce infinite nuove possibilit. Le citazioni, scrive Benjamin, sono come predoni armati che balzano fuori dimprovviso per derubare il passante delle sue convinzioni. Cos come il punctum di Barthes, listante poetico di Bachelard e listante sonoro di Janklvitch sono lelemento imprevedibile, la soglia della coscienza creatrice, dove parole immagini e suoni si esaltano nella presenza mentre tendono contemporaneamente al silenzio. Un tempo discreto dove possibile vivere lestraneit e la sorpresa, la meraviglia e la protesta, disancorandosi dalla tirannia del visibile e del significato. La citazione (exergum) custodisce un valore essenziale, inaugurale, essa parla con linguaggi differenti dispone di parole, immagini, suoni; un desiderio di trascendenza e di empatia verbale. Un concetto o unimmagine poetica che rifiutano il dominio, la continuit logica e gnoseologica della loro esistenza passata, sono la soglia tra il vecchio e il nuovo. Unapertura permanente, una puntura, unincrinatura nel vetro del testo capace, come lascia di Kafka, di frantumare il mare ghiacciato che dentro di noi. Un passaggio dove la congiunzione fra passato e attualit provoca uno choc.

Rites de passage cos sono dette nel folclore le cerimonie connesse a morte, nascita, nozze, pubert, ecc. Nella vita moderna questi passaggi sono divenuti sempre pi irriconoscibili e impercettibili. Siamo diventati molto poveri di esperienze della soglia. Laddormentarsi forse lunica che ci rimasta. (E con essa, per, anche il risveglio). E del resto anche il su e gi della conversazione e delloscillazione sessuale dellamore fluttua su soglie come le mutevoli figure del sogno. Quil plat lhomme, dice Aragon de se tenir sur le pas des portes de limmagination! [ Paysan de Paris, Paris 1926, p. 74]. Le soglie, da cui agli amanti e agli amici piace attingere le forze, non sono solo quelle che appartengono a queste porte fantastiche, ma le soglie in quanto tali. Tuttavia le prostitute amano le soglie di queste porte di sogno. La soglia deve essere distinta molto nettamente dal confine. La soglia [Schwelle] una zona. Nella parola schwellen [gonfiarsi] sono compresi mutamento, passaggio, maree, significati che letimologia non deve lasciarsi sfuggire: daltronde necessario attenersi fermamente al contesto tettonico e cerimoniale che ha portato la parola al suo significato Architettura onirica (Benjamin) Cos il cieco di Toledo in Dailleurs Derrida appare allimprovviso come un predone, un taglio, un anacoluto (aklthos, compagno di strada), senza che niente nella sequenza sembrava annunciarlo. Esso provoca una cesura, un colpo di buio, un accecamento nella costruzione sintattica del montaggio del film e nel procedere del pensiero. Abolisce la trama testuale perch possa essere poi rimodellata in un altrove che

rimanda a quella zona di invisibilit che da sempre la costituisce e che la decostruzione fenomenologica mette in opera, al di l dello spettacolo del mondo che la nostra percezione lascia filtrare. Listante che permette alla coscienza di sfuggire alla causalit del significato e alla parzialit della visione una esitazione, un istante di buio che fa s che lazione subita non si prolunghi in una reazione immediata, in un mero effetto, ma lascia accadere qualche cosa di radicalmente nuovo rispetto allazione subita. Una azione nuova, latto di un soggetto che altro non che un centro di indeterminazione (Deleuze), essendo lo scarto temporale fra la causa e il suo effetto immediato, capace cio di azioni originali e non soltanto di reazioni. Cos il frammento, testo inutile, oggetto inutile, rifiuta ogni finalit strumentale e il riduttivismo obiettivante di un mondo recintato dal visibile e dallutilit arbitraria, la bte folle di Breton, per dare al linguaggio una nuova emergenza. La parola che perde il suo valore duso non vale pi nulla, diviene una parola inestimabile. Essa perde la sua opacit, non pi soggetta allusura, allesaurimento e, attraverso limmaginazione, oltrepassa il dato e rinnova la coscienza e la gioia di parlare. La parola che cos parla, parla di ci che non visibile. Essa nomina ci che non pu che essere parlato: non il visibile divenuto leggibile, non uno strumento per riprodurre il mondo ma lo produce. origine di un mondo. Ci che non visibile, meramente visibile, il gioco insensato dei sensi e delle correspondences e il drglement del linguaggio.

Allora quando un poeta o un filosofo a parlare ecco che siamo lAnima con le ali e il Pensiero nella tempesta (Roupnel). Parole e pensieri selvaggi. Improvvisamente la parola: abbandona il suo significato come un carico troppo pesante che impedisce di sognare. Le parole assumono allora altri significati come se avessero acquisito il diritto di essere giovani. E le parole se ne vanno cercando, nelle pieghe del vocabolario, nuove compagnie, cattive compagnie (Bachelard). Ma le parole legate alla realt delluso quotidiano non perdono per questo le loro possibilit poetiche, anche di fronte ad una immagine carica di passato mitologico e di espressioni metaforiche, limmaginazione rinnova lo stupore poetico. il presente che fa rivivere il passato. Allora Tutte le parole saranno sacre (luard). Esse esigono una conversione e una metamorfosi se luomo deve essere definito dallinsieme delle tendenze che lo spingono ad oltrepassare la condizione umana, e la funzione principale della poesia di trasformarci. Di custodire la meraviglia come se niente ancora avesse asservito i nostri sensi e la nostra anima: ecco che allora nel buio, attraverso lalchimia del buio, la solitudine, limpressione di essere soli al mondo immediatamente la consapevolezza di essere nel mondo e il rimpianto sorride. La coscienza purificata una coscienza consapevole della novit assoluta del linguaggio poetico e partecipa al rinnovamento del linguaggio. La poesia testimonia cos della

libert del linguaggio e della libert delluomo, una parola alata che rinasce sempre nuova, un istante poetico. Una Fenice di inchiostro. La parola poetica nella sua emergenza un dono e per poterlo accogliere necessario che unanima abbia partecipato allalchimia di purificazione poich il linguaggio non libero ma deve essere liberato e un linguaggio purificato sempre un soggetto purificato. Il linguaggio poetico, come il buio, provoca accecamento, cecit. un colpo di rasoio che scardina la realt dalla cronologia e dalla topologia, la parola che rende presente lassenza, apre lorizzonte allalterit per farne esperienza. Non soltanto come estraniazione, lacerazione fra soggetto e oggetto, ma come intimo processo di decostruzione della dimensione in cui pensiamo il mondo. Il buio non nasconde, piuttosto la luce che, con la pretesa di far vedere, di costringere lignoto ad arrendersi al noto, traccia i contorni delle cose e i confini del mondo aprendo le porte alla metafisica dellinvisibile che ancora un modo di vedere (o di non vedere), mentre nel buio le cose non si mostrano n si nascondono ma sono custodite. Il buio, che custodisce il manifestarsi, la soglia del chiudersi per aprirsi, la riserva inesauribile propria del linguaggio poetico. La stessa visione non ci d ancora che del buio, non forse che un po di buio rischiarato. Ma vedere significa anche imporre un vincolo alle cose: La perception dune chose cest la chose moins quelque chose qui ne mintresse pas. (Deleuze) Percepire per definizione

limitare la risposta ad uno stimolo secondo emozioni e al nostro bisogno di senso. Lavidit di guardare, di violare il segreto delle cose nascoste ha fatto della visione un atto violento. Infatti luomo lunica creatura della terra che abbia la volont di guardare allinterno di unaltra. (H. Carossa) Attraversare il buio significa innanzitutto mettere alla prova la hybris della conoscenza e delle proprie certezze, interrompere i rapporti consueti e consolatori di interpretazione e organizzazione del mondo. Rompere con le infinite garanzie che giustificano e fondano la continuit dellessere asservendola per inevitabilmente alla causalit e al finalismo. Mancando cos latto libero, il dono fecondo di un istante innovatore e il successo ontologico della creazione poetica. Questo mettere in ombra il mondo equivale a entrare nel regno dellimmaginazione e allapertura di una funzione di irrealt: una forza srealizzante che si oppone alla funzione di realt e rifiuta ogni determinismo e finalismo, principi di inibizione e riduzione dellimmagine a semplice segno incapace di mascherare il vuoto aperto dellinvisibilit e dellindicibilit. il preludio, il colpo darchetto che d lavvio ad un lungo retentissement e fa risuonare echi lontani e profondi attraverso un linguaggio improvvisamente nuovo che opera un cambiamento dessere. Il retentissement costituisce un valore che trascende la semplice modalit metodologica per diventare un dato esistenziale: necessario essere sensibili al doppione fenomenologico tra risonanza e retentissement. Le risonanze si disperdono sui differenti piani della nostra vita nel mondo, il

retentissement ci invita ad un approfondimento della nostra esistenza (Bachelard). Le citazioni si corrispondono e condividono la tentazione di sovvertire lordine del giorno attraverso le inquietanti e depistanti pieghe autodestrutturanti del buio. Il carattere fenomenologico del retentissement dettato dallempatia permette, al di l di ogni psicologia o psicoanalisi, di accedere alla coscienza creatrice del poeta e di accogliere lignoto, lineffabile, lessenza dellimmagine poetica. Improvvisamente eccola diventare veramente nostra: essa si radica in noi stessi, e, sebbene noi non abbiamo fatto che accoglierla, nasciamo allimpressione che avremmo potuto crearla noi, che avremmo dovuto crearla noi [...] essa al tempo stesso un divenire espressivo ed un divenire del nostro essere. (Bachelard) Una fenomenologia che non considera limmagine come un oggetto n tanto meno come il sostituto di un oggetto, ma come lo scaturire dellimmagine in una coscienza individuale che sappia coglierne la realt specifica che nella sua essenza sempre origine di linguaggio. Si tratta di una coscienza dimmagini poetiche e non di una coscienza di oggetti. La poesia cos una fenomenologia dellanima, piuttosto che una fenomenologia dello spirito. Una alchimia del linguaggio dove limmaginazione costitutiva dellimmagine poetica. Niente e nessuno si sottrae al buio. Buio una parola che condivide il suo destino con tutti noi. Parola concava scavata nellabisso che risuona in noi. Il buio ci riguarda,

come ogni immagine poetica non-vissuta, non preparata dalla vita ma accolta con una adesione che ci espone alla novit del linguaggio poetico, alla sua libert, al suo essere ingiustificato. Non possiamo guardare il buio senza che il buio, a sua volta, come uno specchio senza argento, ci restituisca il suo sguardo. Come nel dramma poetico-ontologico di Igitur che si perde scendendo gradini che non portano in nessun luogo, Il quitte sa chambre et se perd dans les escaliers per inseguire la vera essenza della poesia, il nocciolo inestinguibile del poetico. Dove il Nulla/Buio latto di negazione di un pensiero che si spoglia di tutti gli attributi accidentali e rifiuta di seguire il solco familiare gi tracciato dai predecessori au lieu de descendre cheval sur la rampe (Mallarm). Un pensiero parricida dunque, cieco, che fa del suo non-vedere la condizione e lessenza del cammino erratico verso il luogo dellaccadere della visione poetica. Il buio cos unoccasione, un invito a vedere a perdita docchio. il luogo intimo dove la distanza permette la prossimit, lincontro del linguaggio e delluomo in un medesimo destino, perch la poesia uno dei destini del linguaggio e un destino per luomo, delluomo. linguaggio esposto alla vertigine del buio, alla fatalit dellimprevedibile. Ci sottrae alle temibili menzogne di uno spazio angosciante e allincessante addio del tempo, a unestensione e a una durata opprimenti cui abbiamo permesso di nascondere linfinito. Nel buio, attraverso la distanza che mantiene intatta la differenza, lestraneit e il

segreto inviolabile della presenza, si fonda la prossimit senza dipendenze, il rapporto con laltro, il favore dellamicizia, il donare e laccogliere che acconsente al dialogo. Il buio ci concede il dono dellamicizia poich, Lamicizia, phila, il favore di concedere allaltro lessenza che egli ha, in modo che, attraverso questa concessione, lessenza donata allaltro si trasforma nella sua propria libert. Ecco il dono del buio, la gratuit del buio e delle parole senza causa. Il buio come il progetto poetico viene dal nulla, nel senso che non riceve il suo dono dallabituale e dal tramandato (Heidegger). Qui la parola un dono, il dono di unanima che prepara per altre anime godimenti poetici. Una lingua dellanima per lanima. Come il predone, il compagno di strada improvviso e inatteso, il buio spoglia il lettore delle sue certezze e delle sue opinioni comuni, dei suoi abiti ( ideenkleid), delle sue abitudini e della sua prudenza. Ecco perch le poesie hanno sempre un grande margine bianco dove il sognatore, il sognatore di parole, pu chiudere gli occhi. I poeti sanno che il buio, come nella dialettica hegeliana del mondo rovesciato, lin-s del bianco. Qui, dove il pericolo pi denso, il buio una promessa ma una promessa minacciosa. Non solo in gioco la perdita della visione rassicurante di un mondo dato una volta per tutte, ma ne va del senso stesso di fondamento. C, infatti, un buio che opprime e un buio vasto comme la nuit et la clart che redime. Il buio cos la nostra Siloe. Si fotografano le cose per scacciarle dalla mente. I miei racconti sono un modo di chiudere

gli occhi. (Kafka)

La tenebra* Silvano Petrosino bene affermarlo subito: la tenebra non uno sguardo, ma ci che segue, ammesso che qualcosa di simile sia possibile e pensabile, alla sua assoluta rinuncia. Proprio per questa sua natura le parole qui non hanno quasi pi presa: nella tenebra, infatti, non ci si cura pi di niente, non si risponde pi a niente e di niente, non si va pi incontro ad alcunch. Si pu forse sostenere che della tenebra possibile parlare, per quel poco che si riesce a dire, solo negativamente, ma anche in questo caso, seguendo una simile via, non affatto facile proseguire dato che, se cos ci si pu esprimere, persino la negazione qui troppo affermativa, e come tale risulta del tutto inadeguata a descrivere un abisso nel quale a venir meno lenergia stessa del rispondere, fosse anche quella pur sempre necessaria per negare, per opporsi e infine per distruggere. La tenebra a cui ci si pu accostare in via negativa non dunque negazione; essa non il luogo del negare e nel negare essa non ha mai luogo. La tenebra, semmai, ci che con fatica si riesce ad immaginare dopo il ritrarsi di ogni luogo, anche di quello in cui pur sempre necessario porsi se non altro per opporsi: nella tenebra non

si risponde pi, neanche per opporsi e dire no, in essa non si avanza pi, neanche per negare o per distruggere. La tenebra non buio, non oscurit, non cecit, non invisibilit. Tutti questi termini si riferiscono alla sfera del visibile e rinviano a circostanze allinterno delle quali il soggetto, comunque e sempre, risponde e va incontro allavanzare della luce. Il rispondere, qualsiasi rispondere, anche quello che dice no e si affatica a negare, stabilisce sempre una relazione: nel buio sempre si avanza, nella cecit sempre si guarda anche se non si vede, nellinvisibilit sempre si resta legati al visibile anche se in un modo del tutto diverso dal legame che si stabilisce con il veduto. Nella tenebra, invece, non si vede pi, ma non perch c buio, oscurit o perch si ciechi, ma perch non si risponde rinunciando in tal modo ad ogni possibile relazione. Da questo punto di vista ci che definisce la tenebra non affatto la relazione malvagia o la tendenza distruttiva, ma lassenza stessa del tendere e la rinuncia assoluta ad ogni possibile legame. La tenebra non appartiene allottusit del parossismo appropriativi, n alla cecit dellodio distruttivo, n al risentimento impotente del malocchio. In questultimo, ad esempio, per riprendere un tema gi affrontato, il soggetto comunque risponde e avanza, sebbene di sbieco, e cos avanzando cerca in tutti i modi di distruggere con locchio ci che non riesce a possedere con la mano; nella tenebra, invece, non si avanza pi, si rinuncia

ad ogni cura, alla cura necessaria per possedere cos come a quella necessaria per lasciar essere, si diserta persino quel tendere che sempre presente allinterno dellinversione idolatrica e della relazione malvagia e distruttiva. La tenebra, tuttavia, non rinvia neppure ad un semplice stato di cose e non descrive la circostanza nella quale si trova un certo spazio naturale. Per riferirsi a questi ambiti i termini necessari e sufficienti sono quelli di buio ed oscurit, mentre la tenebra appartiene solo al soggetto e alla misura del suo (non) sguardo. Le cose, eventualmente, sono nel buio e nelloscurit, mentre il soggetto, e solo lui, pu essere, eventualmente, nella tenebra. In effetti solo chi pu rispondere pu decidere di non rispondere, e la tenebra proprio ci che investe il soggetto a partire dalla sua assoluta rinuncia a rispondere, assenza assoluta di risposta che non una risposta che afferma unassenza assoluta, ma una risposta che decide di non rispondere pi, che rinuncia assolutamente a s stessa. Da questo punto di vista la non risposta che appartiene alla morte del tutto diversa, e per certi aspetti infinitamente meno oscura o, se lespressione lecita, meno morta, di quella che attraversa la tenebra. Nel caso della morte il soggetto continua a rispondere a colui che, morto, non risponde pi, e cos facendo comunque stabilisce un legame e vive con colui che morto: la morte dellaltro lo interpella ed egli vive nel rispondere, in qualsiasi modo ci avvenga (nel silenzio, nel dolore, nello strazio, nellurlo

e persino nellimprecazione), a colui che con insistenza lo interpella proprio nel suo non rispondergli pi. Nel caso della tenebra invece il soggetto a non rispondere pi, a decidere di non rispondere pi, e di conseguenza non c apparire e splendore, non c parola ed appello, non c vita e non c morte, che possa pi raggiungerlo. Certo, non affatto sicuro che una simile eventualit (lassenza assoluta di risposta) sia in verit possibile. Sarebbe infatti facile dimostrare come la rinuncia a rispondere, proprio in quanto rinuncia e decisione, si configura pur sempre come una risposta e quindi come una forma dilluminazione; inoltre lesistenza e linsistenza dellappetito e dello sguardo dappropriazione chesso attiva sono a tale riguardo la pi evidente e radicale smentita di unassenza cos assoluta: al limite estremo, laddove il soggetto si riduce ad essere semplicemente un vivente, lappetito allorigine stessa di quella illuminazione che dissolve ogni tenebra: fin quando c appetito (si dovrebbe dire: fin quando c vita), anche se c solo appetito (come forma primordiale ed elementare del vivere), non c tenebra. Eppure, proprio quellinsistenza sul rispondere, sullo sguardo come risposta del soggetto allavanzare della luce, spinge a porre e a tentare di pensare lassenza assoluta di risposta: non lindifferenza, la superficialit o la distrazione, ma, appunto, la decisione di non decidere pi, la decisione assoluta, paradossale, quasi contraddittoria e al limite della pensabilit, della non risposta.

II vivere relazione. Nellesperienza luogo dei disporsi del soggetto la relazione si stabilisce e si determina come risposta. Lo sguardo lambito dellesperienza della luce: risposta allapparire del qualcosa/qualcuno grazie alla luce e risposta al risplendere del qualcosa/qualcuno come luce. Rispetto a questa trama, si deve semplicemente affermare: la tenebra appartiene alla non risposta, o anche: dove non c assolutamente risposta, ammesso che ci sia possibile, allora c tenebra. La tenebra non risposta. Il senso di questa definizione impossibile ( infatti quasi impossibile immaginare un non rispondere assoluto) pu forse essere intravisto in riferimento a ci che si chiamata la legge dellincontro: qui, nella tenebra, non si va pi incontro e di conseguenza nulla pi viene incontro, qui non ci si apre pi e di conseguenza nulla pi si apre. La misura della tenebra come si diceva: [...] ci che viene viene sempre secondo la misura di ci che va incontro al suo venire dunque la non misura di quel non andare assoluto rispetto al quale non c venire (n quello dellapparire della differenza, n quello del risplendere dellunicit) che possa pi avvenire. solo nella tenebra, se qualcosa di simile pu esistere, che la luce non fa pi apparire e non pu pi risplendere. *Da Piccola metafisica della luce di Silvano Petrosino, Jaka Book, Milano 2004.

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