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La cultura moderna ha creato e sviluppato le scienze della religione.

Nonostante i presupposti secolarizzati che, alle origini, guidavano le ricerche, le diverse discipline accumularono un insieme di documenti e conoscenze de grande valore per comprendere le religioni e la religione. Oggi, superate le preclusioni scientiste del passato, consentono di riconoscere l'estrema l'importanza, valore e significato della religiosit e le religioni per le persone, le culture, la societ e l'intera umanit. La nostra riflessione parte da questa tesi: le scienze della religione hanno elaborato una documentazione di eccezionale valore per la conoscenza, verifica critica e valorizzazione delle religioni. Hanno, soprattutto, fatto emergere alcuni temi di significato e valore straordinario: teofanie, homo religiosus e antropofanie, fondamentali per la comprensione della religione, la cultura, dialogo interreligioso e la stessa riflessione teologica. Esse offrono utili criteri per verificare la validit e l'autenticit degli atteggiamenti e comportamenti personali (psicologia e psicanalisi della religione), funzioni e ruoli sociali (sociologie della religione), significati e valori personali, culturali e sociali (antropologia della religione), aspetti strutturali e istituzionali (fenomenologia e storia comparata delle religioni), credenze e valori morali e spirituali (antropologia della religione e storia comparata delle religioni). A livello teologico, le grandi acquisizioni sulle teofanie, antropofanie e uomo religioso risultano del massimo interesse per nuove prospettive di ricerca e riflessione sul caso: Ges di Nazareth, il Cristo, centro della Rivelazione, fede e teologia cristiana. Esse consentono di parlarne, secondo le loro categorie, come suprema ierofania-teofania o manifestazione salvifica di Dio; come massima antropofania o rivelazione della piena autenticit umana; come perfetto homo religiosus o vero adoratore in spirito e verit, artefice di umanizzazione, umanesimo e cultura. Le scienze della religione chiamano tutte le religioni a confrontarsi con i loro rilievi critici e, soprattutto, con i formidabili problemi sollevati da teofanie, antropofanie e homo religiosus. Provocano e sfidano, soprattutto, la fede cristiana, a giustificare e motivare la sua estrema pretesa che Ges di Nazareth la suprema teofania, antropofania ed espressione dell'uomo religioso, come Cristo (Messia, Unto, Consacrato, Profeta e Sacerdote) Figlio di Dio, crocifisso morto e risorto per la salvezza di tutti gli uomini e rivelazione definitiva dell'amore del Padre. Le scienze della religione producono una concentrazione totale sulle tematiche cristologiche e soteriologiche della fede cristiana, con le quali la teologia deve misurarsi e sulle quali deve dialogare con tutte le persone, le culture e le religioni. Di qui la necessit di dialogica (teologia generale del dialogo) e una focalizzazione cristologicopneumatologica sulle religioni. Tutto ci viene qui articolato in due parti. Dapprima si analizzano le scienze della religione e si elaborano i criteri per una lettura critica e costruttiva delle loro acquisizioni. Poi si riflette sulle modalit teologiche del dialogo interreligioso (dialogica teologica) per la valorizzazione teologica (fondamentale, cristo-soteriologia, dialogico-interreligiosa ecc.) dei contenuti delle scienze e delle tradizioni religiose. Viene esaminata la ricca tematica delle scienze della religione riguardo a linguaggio, simboli e atteggiamenti dell'homo religiosus e delle sue esperienze (jerofanie, teofanie e antropofanie). Il mistero di Cristo non solo il centro della fede cristiana, ma anche il punto di confluenza dei temi delle varie religioni e delle scienze della religione. Ci richiede una dialogica che valorizzi al massimo la logica dell'Incarnazione e coinvolga tutte le realt storiche e mondane, compresi i problemi ormai mondiali della liberazione, pace, promozione integrale delle persone, culture, popoli e societ e futuro dell'uomo.

1. 1.

SCIENZE E COMPLESSIT Un nuovo paradigma epistemologico

Il problema della complessit dell'universo e dei suoi elementi sorto nella scienza attuale poich il paradigma di semplificazione non risponde all'emergere dei fenomeni complessi che sfidano la scienza e la cultura. Occorrono un nuovo spirito scientifico, nuovi paradigmi, nuova epistemologia, nuovi approcci transdisciplinari. Questa fase della scienza riveste notevole importanza filosofica e culturale. La complessit del sistema del mondo rivela l'insufficienza dei modelli, concetti e immagini del paradigma scientifico moderno. Urgono nuovi paradigmi che, anzich negare la complessit, ne analizzino i molteplici problemi, complicati dal coinvolgimento dell'osservatore scientifico nei processi indagati. Riguarda il cosmo (complessit oggettiva), l'osservazione umana e le interrelazioni tra oggetti osservati e soggetti osservanti (complessit oggettiva e soggettiva). Le scienze fisico-naturali privilegiavano la concezione quantitativa e matematica e interpretavano i fenomeni come fatti semplici, retti da leggi deterministiche e immutabili. Fissavano regolarit e leggi stabili. Non davano spazio a eventi, storicit, tempo storico, qualit, disordine, squilibri. Molti fatti confortavano questa impostazione, che consentiva previsioni controllabili (eclissi di sole e di luna) e faceva prevedere con rigorosa esattezza, realt e processi dell'universo. Si cercava un numero sempre maggiore di dati, da elaborare sempre pi rapidamente, con elaboratori sempre pi potenti e veloci. Il progredire delle ricerche ha sconvolto questo schema rivelando che, anche nei pi semplici sistemi deterministici, con pochi elementi, si manifestano comportamenti aleatori che permangono nonostante le ulteriori informazioni raccolte. Questo fenomeno, il caos,1 presente nel paradigma deterministico, le cui regole fisse e rigorose non rilevano indeterminazioni minime che, a lunghissime distanze o scadenze, acquistano peso grandissimo. Ci riguarda tutti i rami della scienza, l'immagine dell'universo e le nostre abitudini mentali e culturali. Perci si studia il caos come generatore di un ordine descrivibile matematicamente (frattali, attrattori strani, ecc.). Ci si domanda se frutto della natura o dei nostri paradigmi e teorie scientifiche. Alcuni lo ritengono nato dall'incapacit della scienza classica (semplificatrice e riduttiva) a leggere correttamente il creato, descriverne e interpretarne esattamente i fenomeni complessi, in cui gioca un numero elevato di parametri. Nel vecchio determinismo, Laplace sostenne che, conoscendo posizione e velocit di tutte le parti dell'universo, si poteva prevederne l'evoluzione per l'eternit. La scienza lo sment pure in questo. La speranza di un'assoluta prevedibilit croll dopo il principio d'indeterminazione di Heisenberg e i comportamenti aleatori dei sistemi pi semplici. Poincar, gi nel secolo scorso, studiando il problema dei tre corpi, aveva dimostrato che si possono fare previsioni soltanto in sistemi di due corpi, mentre in quelli di tre o pi, le previsioni sono approssimate e infine impossibili. In un sistema complesso, la cui evoluzione sempre fonte di novit, non possibile prevederne la stabilit. I tempi non erano maturi per affrontare la realt del caos, che contrastava troppo la mentalit scientista e i criteri riduzionisti, che imponevano di analizzare i sistemi complessi, scomponendoli nelle loro componenti. La chiave del mistero dell'universo "doveva" risiedere solo nei suoi "costitutivi ultimi".

2.

Problemi emergenti

Si credeva ancora che la fisica potesse raggiungere "la compiutezza grazie a una comprensione sempre pi particolareggiata delle forze fisiche e dei costituenti

fondamentali" .2 Matematica e geometria classiche ritenevano bizzarri, problemi oggi considerati normali, interessanti e degni di considerazione (ad es. misurare la lunghezza di una costa o di una linea di confine). Oggi i fenomeni caotici si possono descrivere in termini matematici (frattali) e si pensa a una geometria soggiacente a tutta la struttura della materia. La natura sembra decostruire e ricostruire continuamente le sue forme. Mandelbrot dice: "la geometria della natura caotica e mal si identifica nell'ordine perfetto delle forme abituali di Euclide o del calcolo differenziale".3 Perci, fra ordine eccessivo di Euclide e caos incontrollabile, c' una zona intermedia, i frattali. Queste acquisizioni comportano interessanti conseguenze e importanti applicazioni per il pensiero e la cultura scientifica. Un altro campo di feconda applicazione della complessit la "fisica dei sistemi dinamici", preannunciata dalle intuizioni-riflessioni di Poincar. Fin dagli anni 1960, si svilupp come "scienza del disordine" che consente di considerare il fortuito (caso), non pi come effetto delle insufficienti capacit di previsione della mente umana, ma come risultato delle fluttuazioni oggettive e continue dei fenomeni stessi. Lo studio dei sistemi dinamici o di particolari effetti di coerenza, quali le strutture dissipative, mostra che non esiste una sostanziale differenza fra processi fisici e biologici. In presenza di un flusso di energia si danno sistemi fisici in grado di diminuire la loro entropia, di produrre ordine dal disordine e aggregare sistemi pi vasti. In questa visione le leggi della biologia potrebbero essere non irriducibili a una fisica che, rivedendo auto-criticamente i propri assunti, non pretenda pi di forzare tutta la realt entro l'angusto schema commisurato ai fenomeni idealizzati di cui si occupa. Un'altra serie di ricerche viene dagli studi di R. Thom sulle catastrofi, per descrivere fenomeni che la scienza aveva misconosciuto, come qualitativi e non scientifici. Le teorie di Thom riguardano discontinuit e modificazioni improvvise, repentine e globali, che caratterizzano l'evoluzione dei sistemi organizzati. I sistemi sociali complessi interessano discipline assai diverse, dalla biologia alla psicologia e sociologia.4 Le teorie evidenziano, nei macrosistemi storici e sociali, l'esistenza di un principio d'ordine e di un'organizzazione che emerge dal disordine e dalle fluttuazioni. I programmi di ricerca, perci, sono rivolti a verificare i fenomeni di autoorganizzazione che manifestano un aumento della complessit funzionale e strutturale, risultante dal succedersi di disorganizzazioni controllate, seguite da maggiore variet (ipercomplessit). Le attuali ricerche mostrano che non possibile trovare soluzioni, in forma chiusa, per certi sistemi semplici. Il comportamento imprevedibile dei sistemi dinamici caotici non pu essere espresso mediante soluzioni in forma chiusa. Di conseguenza, non vi sono scorciatoie per prevederne il comportamento.5 Prigogine si interessato ai sistemi dissipativi, o stati d'equilibrio in cui la turbolenza aumenta anzich diminuire. In essi la ricerca dell'equilibrio si svolge per scelte successive. Se si raffigurano come strutture ad albero, si constata l'impossibilit di prevedere quale ramo verr scelto dal sistema, volta per volta. Di conseguenza, Prigogine auspica una fisica che consideri il divenire anzich l'essere ed elabori un paradigma nel quale il flusso temporale costituisca una variabile fondamentale.

3.

Nuovi aspetti dell'episteme

Questi problemi sono solo alcuni fra quelli che esigono nuove impostazioni scientifiche, sostenute da adeguata riflessione epistemologica e filosofica.6 Infatti, la distonia tra discorso scientifico e filosofico attribuita al complesso d'inferiorit della filosofia per la sua visione pre-einsteiniana delle scienze.7 Oggi l'epistemologia sollecitata da quattro settori problematici, densi di novit: a) storicit o tensione verso gli elementi generalizzanti e individuanti; b) neo-irreversibilit e nuove forme di determinismo, aventi non pi carattere universale e meccanicista ma regionale e

trasformazionale; c) studio dei risultati delle complesse interazioni interne ed esterne ai sistemi (costruttivismo); d) circolarit fra istanze endogene ed esogene dei sistemi, indagata senza priorit precostituite e a tutti i livelli. I problemi sollevati dalla complessit fanno intravedere la possibilit di approcci inter- e trans- disciplinari utili per vitalizzare il pensiero scientifico ed epistemologico. Al riguardo si pensa di: a) restaurare un punto di vista sintetico per analizzare le interazioni dinamiche tra gli elementi di insiemi e di sistemi, rispettandone la totalit; b) sviluppare metodi per organizzare la conoscenza scientifica d'insiemi vasti e complessi; c) promuovere un linguaggio unitario come supporto all'articolazione e all'integrazione dei modelli teorici e delle prescrizioni metodologiche, provenienti da discipline differenti.8 Ci riguarda molti campi: cosmologia, teoria dei campi, termodinamica, microfisica, microbiologia, psicologia, sociologia ecc., nei quali assai sentita la necessit di passare dalla rigida concezione di ordine immutabile, regolato da ferree leggi, a quella duttile di ordine condizionato, suscettibile di risultati sorprendenti. I loro problemi, tuttavia, vanno oltre l'ambito scientifico, coinvolgendo epistemologia, gnoseologia e ontologia. J. Ladrire ha osservato che: "tutta la storia della fisica contemporanea dimostra che l'idea di una risoluzione ultima di tutte le entit complesse, in entit veramente elementari, problematica e totalmente illusoria".9 A livello epistemologico si dovr riflettere su questo fatto che ha evidenziato: a) l'impossibilit di isolare tali elementi nello spazio-tempo e b) la struttura estremamente complessa (che nasconde altri livelli ulteriormente esplorabili), di ogni elemento ritenuto elementare. Per la scienza contemporanea la materia non pi un referente compatto e impenetrabile, ma il sostrato che permette la vita, mediante l'instaurarsi di un'evoluzione e complessificazione, che salgono fino all'emergere della coscienza. Da quando l'universo ha avuto origine, la materia divenuta il mattone di ogni crescente complessit, imparando a incorporare e trasmettere informazione. Se quello che chiamiamo materia la matrice di un'informazione in continua crescita, ci implica un gigantesco aumento di significato nella storia del nostro universo.10 La scienza, nel tendere all'indefinitamente piccolo, indefinitamente grande e i costitutivi ultimi della materia o inizio del tutto, trascinata al punto del principio indefinito e indefiniendum. Esso esclude la partecipazione di ogni soggetto, negato in un a priori impossibile, ove il tempo che non pu avere un osservatore non un tempo e la cosa che non pu essere percepita, pensata e intuita non una cosa. Non potr mai raggiungere il punto al quale tende, perch ci sar sempre un'ulteriore fibra infinitesimale della materia e il primo istante sar sempre ulteriormente divisibile in micropercorsi. Questa consapevolezza pu essere discussa solo in termini filosofici11. Il pensiero dovr muoversi verso lo studio delle relazioni tra le parti di un insieme, assumendo come oggetti le propriet dei sistemi naturali e artificiali: fisici, biologici, antropologici e sociali. Dovr ripensare i problemi dell'organizzazione: apertura, totalit, evoluzione, autoproduzione ecc., e abbandonare i formalismi rigidi, in favore di modelli pi elastici, adeguati e coerenti.

4.

Oggettivit e analitica della complessit

Queste prospettive esigono di ampliare notevolmente il concetto di oggettivit scientifica. La ricerca, assumendo il punto di vista dell'insieme o sistema (relazioni), otterrebbe un'oggettivit allargata. Essa non porta a confusioni o sovrapposizioni filosofiche, perch la scienza deve fermarsi di fronte ai problemi emergenti dalla sua ricerca, ma che superano i suoi limiti (causa finale, significati, totalit, ultimi destini umani, ecc.).12 Ci di cui la scienza non pu parlare, non costituisce un limite per i discorsi sensati o significativi dell'uomo e della ragione (criterio di significazione del discorso umano), ma segna il limite insuperabile del suo discorso, (criterio di demarcazione del discorso scientifico). Deve, quindi, cedere la parola ad altri 7

(ordinario, filosofico, etico, metafisico, religioso, teologico, ecc.). La ricerca scientifica apre il suo campo, dall'oggettivit ristretta (individualit definita di oggetti e predicati) a quella allargata (insiemi di relazioni verso altri insiemi). Nella complessit, la natura presenta la solidariet di sistemi intersecati, che si costruiscono su, tramite e con gli altri, nella crescente organizzazione di unit complesse.13 Occorre un'analitica della complessit che renda ragione dell'ordine e del disordine del mondo fisico. Il mondo, non pi deterministico o ordinato in ogni parte, appare un processo continuo di eventi, anche catastrofici, disordinati e, proprio perci, creativi. La ricerca scientifica ne sta prendendo atto, ma deve ridefinire il rapporto fra natura e caos. Per Morin utile il concetto di struttura, che comporta idee di organizzazione e ordine, senza ridursi ad esse. Egli immagina un ordine dinamico, capace di arricchirsi e complessificarsi, diverso da quello deterministico, perch include anche il correlativo inscindibile del disordine. Questo va oltre l'idea di caso, essendo un macroconcetto che ingloba realt diverse, incluso l'aleatorio. Non vi settore dell'universo senza disordine. Per Morin questi concetti sono decisivi per spiegare e comprendere il mondo del disordine, che mette in questione la nostra capacit di conoscere e supera il paradigma dell'ordine. Sorge il problema epistemologico di descrivere e definire realt incerte, complesse e sconosciute. Il metodo della complessit da inventare, con rischi, insuccessi, errori, incidenti di percorso e fallimenti. Non si presta alle false certezze ed eccessive sicurezze del vecchio paradigma scientista. Gli attuali concetti considerano ancora antagoniste le nozioni di ordine e disordine che le osservazioni presentano inseparabili, in un universo da cui perturbazioni causate dagli osservatori e disordine non sono eliminabili. Occorre, quindi: a) elaborare una scienza dell'evento; b) trasformare in oggetto scientifico realt finora considerate residui, dalla ricerca oggettiva; c) fare oggetto delle scienze e dell'epistemologia non solo gli elementi singoli e isolati ma anche gli insiemi complessi; d) accettare la complessificazione della scienza e preparare un'epistemologia della complessit; e) superare definitivamente il paradigma di semplificazione che fa di alternative e separazioni (caos-cosmo, caso-necessit, sistema-evento) dei principi informativi del reale; f) formulare concetti validi per l'autoproduzione e l'auto-organizzazione.

5.

Dialettica e paradossi della complessit

Morin propone di sostituire i concetti con macroconcetti che esprimano le interrelazioni complesse e possano interagire fra loro. Uno di questi macroconcetti l'evento, che designa elementi che scorrono e interagiscono nel tempo, in contrapposizione a quelli costanti, regolari e ripetitivi. Nasce dalla supposizione che l'universo fisico non sia costituito solo da questi ultimi e introduce, comunque, una connotazione storica. Sarebbe, quindi, un processo di trasformazioni della materia, che riveste il ruolo di struttura mobile costitutiva dell'universo, impedendo la previsione deterministica del risultato finale. Questa impostazione supera pure le obiezioni scientiste contro i miracoli e annulla alcuni presupposti delle teorie della demitizzazione. Considerando l'essenza dell'universo come evento, si potrebbe elaborare un'epistemologia della complessit, che individui come suo oggetto la "conoscenza del processo della realt" anzich la "definizione del reale" (che non riuscita). Nell'evento, infatti, confluirebbero il disordine, come carica dispersiva e l'organizzazione, come forza innovatrice. L'evento vi aggiungerebbe una dialettica di elemento-evento, tempo-spazio, ordinedisordine, come costituenti fondamentali e principi di formazione e di spiegazione dei sistemi auto-organizzati. Per Morin: 1) esistono solo sistemi viventi e non materia vivente; 2) nei sistemi vi l'entropia e il suo contrario. Il paradosso epistemologico della complessit che l'individuo deve essere concepito intrinsecamente esistente 7

individuale, ed estrinsecamente dipendente dal non individuale. La complessit del cosmo inorganico, nel fenomeno umano diviene ipercomplessit. Di qui la necessit di rinnovare profondamente la scienza e in particolare l'antropologia che, collocandosi tra biologia e cultura, dovr sviluppare le ipercomplesse interrelazioni bio-antropologiche fra natura e cultura e approfondire gli aspetti bio-socio-culturali dello sviluppo. Analogo rinnovamento riguarda l'epistemologia, chiamata a difendere le esigenze della ragione nell'elaborare i parametri essenziali della scientificit. Dovr: definire il rapporto fra soggetto osservante e oggetto osservato; superare il pendolarismo fra empirismo che pretende di attingere direttamente gli oggetti e aderirvi e idealismo che pone ogni efficacia nel manipolare concetti.

6.

Ipercomplessit, caos, nuovo pensiero

Un altro nodo problematico fondamentale quello etico-morale, auspicato da molti operatori scientifici. La concezione moderna del cosmo e dell'uomo neg ogni finalit e senso, rendendo superfluo il discorso etico. Riproporre un creato dotato di unit, senso, ordine, finalit e valori fa recuperare a storia e cultura questa sottrazione. Nel contesto dell'impegno scientifico, il problema etico pu colmare il distacco fra scienza e coscienza. Dal punto di vista epistemologico e metodologico, dopo lo sviluppo delle logiche "degli enunciati esprimenti norme" (deontiche) non pi utopistico superare l'abisso tra scienza, etica e fini antropologici.14 Pure il metodo transdisciplinare si addice al paradigma della complessit, poich tende a integrare i punti di vista con cui gli osservatori guardano se stessi e la realt. Le operazioni tendenti a riorganizzare il sapere esigono metodo e pensiero trans-disciplinare, volto ad adeguare ogni disciplina alla variet e unit dell'oggetto e alla complessit delle questioni poste dagli osservatori. Ricordiamo la preoccupazione di Gaudium et Spes che le scoperte scientifiche restringano l'area dello stupore, ammirazione e contemplazione che conducono alla sapienza.15 Questo problema fondamentale per ogni persona e cultura. Agli inizi del pensiero classico occidentale, infatti, i filosofi greci passavano dallo stupore originario alla saggezza. Pure i pensatori cristiani seppero collegare le loro esperienze umane a saggezza e sapienza. La cultura scientista moderna, invece, anzich allo stupore si collega a inquietudini e angosce alle quali cerca risposte nella ricerca tecnoscientifica. L'uomo tecnoscientifico diffida dello stupore originario e vuole risolvere tutto col rigore logico e l'efficienza tecnica. Privato dello stupore originario, si limitato a imbrigliare ricerca e conoscenza in un sistema chiuso, unidimensionale, prigioniero del frammento, della molteplicit accidentale alogica e dell'incapacit di accedere a sostanza e connessioni causali-metafisiche. In questo modo la dimensione verticale, aperta all'alto, gli sfugge del tutto. Di qui l'esigenza di una nuova epistemologia bidimensionale, aperta alla dimensione verticale e ai temi metafisici dei fondamenti, finalit, significati e trascendenza.16 Le visioni fenomenologiche ed ermeneutiche possono restituire all'esperienza originaria dei ricercatori la profondit che consente stupore e ammirazione, facendo percepire l'eccedenza di significato che allarga la ragione (dimensione orizzontale) ed eleva la coscienza (dimensione verticale). Il ricercatore, senza confusioni, oltre ai verdetti della ragione, potr aprirsi alla contemplazione, nel cui orizzonte potr superare ogni presunta estraneit fra ricerca scientifica, riflessione filosofica e aperture alla fede.17
J.P. Crutchfield, J.D. Former, N.H. Packard, R.S. Shaw, "Il caos", in Le scienze, XX (1987), 28.
2 3 1

Crutchfield, "Il Caos", 21. B. Mandelbrot, Gli oggetti frattali, Torino 1987, 11.

H. Von Foerster, G.W. Zopf, Principles of Self-organization, New York 1962; J. Piaget, L'equilibrazione delle strutture cognitive, Torino 1981; H. Atlan, "Sul rumore come principio di auto-organizzazione", in Morin E. (a cura), Teorie dell'evento, Milano 1974.
5 6

Crutchfield, "Il Caos", 13-14.

E. Agazzi, "Analogicit del concetto di scienza. Il problema del rigore e dell'oggettivit nelle scienze umane", in Possenti, Epistemologia, 76. M. Cacciari, "Quali interrogativi la scienza pone alla filosofia?", in complessit, Roma-Napoli 1990, 165.
8 7

Conoscenza e

Quattrocchi P., "Verso un'epistemologia della complessit: 'La methode' di E. Morin", in Epistemologia, V (1982), 363-364.
9

J. Ladrire, "L'abme", in Savoir, faire esprer: les limites de la raison , Bruxelles 1976, F. Prattico, Dal caos alla coscienza, Bari 1989, 154.

177.
10 11

Cacciari, "Quali interrogativi" 161; B. D'Espargnat, la recherche du rel. Le regard d'un physicien , Paris 1980.
12 13

Quattrocchi, "Verso un'epistemologia", 368.

Morin E., La mthode. I La nature de la nature, Paris 1977; II La vie de la vie, Id., 1980; III La connaissance de la connaissance, Id., 1986.
14 15 16

G. Di Bernardo, Logica deontica e semantica, Bologna 1977. Gaudium et Spes, 56, 59.

A. Rigobello, Perch la filosofia, Brescia 1979, 42-45, 48-51; E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Milano 1961; H. Kuhn, Socrate. Indagini sull'origine della metafisica, Milano 1969.
17

Fides quaerit, intellectus invenit"; cf. Rigobello, Perch la filosofia, 53-54, 131-135.

2.

SCIENTIFICIT DELLE SCIENZE UMANE

In questo capitolo analizziamo lo specifico delle scienze umane, nell'orizzonte pi ampio dello specifico di ogni scienza, che riguarda le scienze e la scientificit in generale ossia delle discipline di ogni ambito. Tutte, infatti, sono interessate a tutelare e valorizzare il proprio specifico. Posto in questi termini, il problema assume una dimensione generale: l'approccio pi corretto di ogni disciplina al proprio oggetto. Ci comporta la ricerca di un concetto di scientificit adeguato all'attuale contesto multidisciplinare della cultura e il riconoscimento di un legittimo pluralismo metodologico.1

1.

Scientificit delle scienze umane

Il vecchio paradigma epistemologico aveva suddiviso le scienze in classi e gruppi: 1) scienze empirico-analitiche (naturali), che utilizzano la logica formale e matematica, partono da una base empirica (osservazioni sperimentali e induzioni) o da leggi e teoremi assunti in via ipotetico-provvisoria, puntano a previsioni e sono sistemi ipotetico-deduttivi, parziali, provvisori e falsificabili; 2) scienze storico-ermenutiche, volte a scoprire il significato dei documenti, per cogliere continuit e rotture storiche, perseguono la comprensione del passato (tradizioni) e del futuro (anticipi progettuali), il loro metodo cerca di cogliere le correlazioni degli eventi fra loro e con la totalit del processo; 3) scienze umano-sociali (psicologia, sociologia, antropologia ecc.), che intendono cogliere le fondamentali espressioni della vita personale e sociale, per regolare l'agire umano e sociale. Queste ultime sono alla ricerca della loro identit e metodi, non avendo ancora compiuto una decisa scelta epistemologica e metodologica. Perci oscillano tra le esigenze formalizzanti, analitiche ed empirico-oggettive delle scienze naturali e quelle ermeneutiche delle scienze storico-umane. I loro tentativi di armonizzare i diversi quadri metodologici non hanno ancora dato risultati. Non possono risolvere il loro problema nel paradigma scientifico delle scienze naturali. Il loro traguardo la conquista di un'identit che deriva da un legittimo pluralismo metodologico. I fatti umano-sociali non sono cose, ma eventi umani, caratterizzati da valori e significati, da trattare con metodi fenomenologici ed ermeneutici, rivolti alla spiegazione e alla comprensione.2 Riconosciuta questa irriducibile diversit, l'epistemologia deve sottolineare due fondamentali esigenze: 1) nessuna disciplina, da sola, pu esaurire la conoscenza di una data realt, ma pu indagarne soltanto una dimensione e porzione infinitesime; 2) ogni disciplina deve determinare la propria scientificit, finalizzata al suo specifico approccio. Ci vale per tutte le discipline. Nel tempo, le scienze e i loro oggetti si sono talmente sviluppati, da esigere un concetto di scienza non pi univoco (meccanica classica), ma analogico, adeguato ai numerosi modelli specifici di scientificit. Ci esige pure modelli analogici del rigore e oggettivit. Il paradigma legato alle scienze della natura e al presupposto dell'assoluta certezza del sapere scientifico, scelse criteri univoci molto restrittivi: deduttivit, universalit e necessit, che ridussero indebitamente i confini della scientificit. Di qui le difficolt per tutte le discipline e, in particolare, le scienze umano-sociali. Dovettero attendere la dimostrazione del carattere parziale, provvisorio, congetturale e fallibile del sapere scientifico, per affermare le proprie legittime esigenze.

2.

Struttura generale della scientificit

Attualmente, i problemi della complessit avanzano ulteriormente e pure le scienze della natura dovranno recepirne l'epistemologia. Si punta, comunque, a un pluralismo

epistemologico, che legittimi pi modelli e tipi di scientificit adeguati alle diverse ricerche. Il carattere analogico della scientificit dovrebbe evitare la dispersione e frantumazione epistemologica. Questo progetto sembra facilitato dalla scomparsa delle due ideologie pi avverse al pluralismo: positivismo e marxismo. Il solo riconoscimento del pluralismo epistemologico non basta. Occorre ridefinire, prima, i criteri generali della scientificit, a partire da tre esigenze fondamentali: 1) coerenza logico-programmatica o capacit di adeguare osservazioni e verifiche alla realt; 2) capacit di spiegare, anticipare e formulare previsioni attendibili; 3) capacit di riorganizzarsi e adeguarsi alle necessit sempre nuove delle proprie ricerche.3 Queste esigenze indicano una struttura generale della scientificit che consenta a ogni disciplina di elaborare una scientificit intrinseca, appropriata alla propria identit e sempre riadattabile ai nuovi compiti. La coerenza logico-programmatica risponde all'esigenza di rigore e oggettivit, la competenza e capacit di riorganizzarsi consentono di adeguare la scientificit a ogni emergenza. Con ci le scienze umano-sociali non sono pi costrette a dipendere dai criteri eteronomi dalle scienze naturali, ma elaborano proprie teorie adatte alla comprensione dei loro oggetti specifici (elevare l'auto-comprensione dell'uomo e renderlo pi consapevole del suo agire).4 Il pluralismo epistemologico, fondato sull'analogia dei concetti di scienza e di scientificit, si addice al crescere delle scienze e dei loro metodi. La nuova idea di scienza consente a ogni disciplina di elaborare i propri modelli di scientificit. Ci importante, perch consente di superare la frammentazione metodologica e sviluppare un concetto di analogia della scientificit e delle scienze, basato sull'analogia fondamentale dell'essere. Questo concetto della filosofia classica sottolinea l'esistenza di tratti comuni fra gli esseri e i loro elementi, su cui si fondano rapporti, somiglianze e qualit che la mente umana coglie nelle pi diverse realt ed esprime in concetti. Esso ha consentito alla filosofia e teologia cristiana di esprimere pure l'infinita perfezione del Creatore rifratta nella gamma indefinita delle creature. Essa fonda l'intelligibilit delle cose che non pu essere esaurita da un unico modello di conoscenza (scienza), ma esige molteplici forme autonome di sapere: scienze, filosofia, religione, etica e teologia ecc. Quindi offre all'epistemologia la possibilit della fondazione metafisica e gnoseologica, che consente di riconoscere l'essere come unitario e pluralistico, gerarchizzato a pi livelli distinti, ma unito dalla fondamentale relazione dell'analogia dell'essere. Su questa base, l'epistemologia pu riconoscere analogia, pluralismo e polivalenza della realt ed esprimerle mediante modelli e forme appropriate. Pertanto, riconoscendo la scientificit analogica e il pluralismo epistemologico si pu garantire autonomia, libert e competenza specifica a ogni disciplina e ambito di conoscenza: scienze, filosofia, etica, religione, teologia. Si pu pure superare quell'opposizione fra conoscere e valutare, che ha estromesso i valori etici e le norme morali dal discorso scientifico.

3.

Scientificit e rigore

Nella mentalit contemporanea sta penetrando l'idea che la scientificit non si riferisce ai contenuti, ma ad atteggiamenti, pensieri e discorsi rigorosi e oggettivi, riferiti a qualunque oggetto.5 Essa consente di liberare la scientificit dal riduzionismo metodologico che appiattiva i metodi su un unico modello, esigendo il rispetto di ci che essenziale e evitando d'imprigionare il metodo nella rigida gabbia di poche scienze privilegiate o diluirlo in generici atteggiamenti intellettuali. Nel primo caso il discorso scientifico sarebbe uno solo, nel secondo lo sarebbero tutti. Il nuovo concetto di rigore scientifico ha ottenuto crescenti consensi e attenuato alcune difficolt delle scienze umane, spingendo in seconda linea le tecniche quantitative e matematiche. Ha

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spinto al primo posto dati, ipotesi, spiegazioni, verifiche e previsioni. Questo mutamento evidenzia i punti in cui le scienze umane non soddisfano. Il loro concetto di dato impreciso. I fisici sono quasi sempre d'accordo su cosa sia un dato, psicologi e sociologi non lo sono quasi mai, per la difficolt di sapere se certe regolarit (non fatti isolati) siano un dato o no. Ci rende difficile passare a spiegazioni logiche e coerenti dei dati, basate su ipotesi ben formulate. Manca un albero logico corretto che lo consenta. A maggior ragione le ipotesi concorrenti dovrebbero confrontarsi, non su una generica compatibilit con i dati, ma sulla correttezza di tutto l'itinerario logico, che va dalle ipotesi ai fatti, per mezzo delle spiegazioni. L'altro punto critico la difficolt di corroborare le ipotesi mediante previsioni e verifiche (o falsificazioni) indipendenti. Tale difficolt non riguarda i metodi matematici, ma l'adozione di cornici metodologiche pi generali, che consentano il rigore necessario alla scientificit.6 Il discorso sull'oggettivit pi complicato. Il termine pu significare: a) intersoggettivit o non dipendenza dai soggetti, b) inerenza all'oggetto, c) riferimento solo a determinati oggetti. L'inerenza all'oggetto esprime il senso forte dell'oggettivit, perch ci che inerente a un oggetto vale per tutti i soggetti. L'intersoggettivit o non dipendenza dai soggetti esprime un senso pi debole dell'inerenza e non pu caratterizzare l'oggettivit. In filosofia, il passaggio dall'oggettivit forte dell'inerenza a quella debole dell'intersoggettivit avvenne da Cartesio a Kant, che vanificarono la speranza di conoscere l'oggetto. Dopo che Kant sostenne l'inconoscibilit della cosa in s, i suoi successori si accontentarono dell'oggettivit minima, o puro superamento della soggettivit. Lo stesso avvenne nella scienza che, da Galilei agli inizi del secolo XIX, si consider la forma decisiva di inerenza all'oggetto. Ripieg sull'intersoggettivit dopo le discussioni epistemologiche sollevate da: teorie della relativit, indeterminismo, disputa sui fondamenti, esigenza di affrancare le scienze umane e sociali da quelle fisiche, problemi della complessit, dibattiti sulla scientificit della psicanalisi, critica della Scuola di Francoforte, ecc.

4.

Oggettivit e predicati

Oggi oggetto scientifico non significa qualcosa che esiste, ma qualcosa che si conosce. Il modo scientifico di conoscere non pu fare a meno dei soggetti. Di qui l'intersoggettivit, per cui ci che si dice su qualcosa, deve essere riconoscibile da tutti e non solo da chi lo dice. Ad esempio, la nozione di "nero" intersoggettiva quando un soggetto che ne invita altri a prendere un oggetto nero, vede prendere gli stessi oggetti che prenderebbe lui. intersoggettivit si attua mediante definizioni operative (nozioni d'uso) che consentono azioni visibili e controllabili (scegliere il nero). Senza definizioni operative, i soggetti possono solo raccontarsi i contenuti interiori delle proprie esperienze individuali il che, per alcune scienze impossibile o irrilevante.7 Ci dimostra che: 1) l'oggettivit scientifica contingente, relativa ai contesti socioculturali; 2) la conoscenza parte sempre da un dato livello di conoscenza; 3) la sua comunicazione possibile solo in un preciso contesto culturale. Ogni scienza, quindi, elabora i suoi criteri operativi per le intese intersoggettive conformi alle sue esigenze, nel rispetto del contesto socio-culturale. Il secondo senso dell'oggettivit, riguarda i discorsi riferiti a oggetti precisi, per cui il problema di ogni scienza di caratterizzare i suoi oggetti. Inizialmente gli oggetti coincisero con le cose: astri per l'astronomia, piante per la botanica, animali per la zoologia ecc. In seguito, una stessa cosa divenne oggetto di pi scienze e gli oggetti vennero distinti in base al punto di vista di ogni scienza. Tale espressione alquanto imprecisa. La meccanica precis che suo oggetto era: parlare delle cose, ricorrendo a tre soli predicati (massa, spazio, tempo) e pochi altri, definibili in base ad essi. Dunque: una scienza definisce la propria scientificit elaborando i predicati-base operativi che, partendo dalle cose, le 12

consentono di determinare il proprio oggetto e di formulare i suoi "dati", ossia le "proposizioni immediatamente vere sugli oggetti". Perci le condizioni che determinano gli oggetti di una scienza, sono le stesse che consentono di conoscere tali oggetti inter-soggettivamente. Questo discorso vale per tutte le scienze, come schema generale applicabile a ogni disciplina. Ogni scienza dovr soltanto esplicitare i predicati del suo punto di vista (psicologico, sociologico, storico, politico, teologico, ecc.) e corredarli degli strumenti d'intesa operativa, che consentano di riconoscere vere o false le proposizioni contenenti quei predicati. Dovr, poi, formulare ipotesi esplicative, contenenti quei predicati, finalizzate a una relazione semantica fra la teoria e gli oggetti di cui parla. Le scienze dovranno dedicarsi alla formazione dei concetti e poi alla costruzione delle teorie, perch i problemi delle teorie sono risolvibili solo dopo aver risolto quelli dei concetti.8

5.

Riflessioni conclusive

Pure nelle teorie matematiche, fisiche e biologiche pi avanzate, si diffonde l'idea che, per la pertinenza del sistema sia indispensabile un coefficiente d'immaginario.9 La nuova epistemologia esclude ogni concordismo riduttivo e confronta le risultanze pi significative delle ultime ricerche scientifiche, con l'enorme patrimonio di esperienze, intuizioni e pensiero, accumulato dall'uomo attraverso arte, filosofia e religione. Da quando lo "scandalo dell'episteme impedita", denunciato da Bergson e Bachelard, stato rimosso, l'attivit simbolica non pi considerata un residuo di superstizione, barbarie, incivilt, oscurantismo religioso, primitivismo preistorico e teologico. La filosofia contemporanea la riconosce come espressione pi specifica e congeniale dell'homo sapiens e ne autorizza la collocazione al centro dell'attivit di ominizzazione, umanizzazione e autocostruzione cosciente, dei pi elevati processi razionali. Il nuovo spirito scientifico non discrimina n censura pi i diversi discorsi umani n le loro mediazioni (immagini, simboli, miti ecc.), base e insostituibile zoccolo duro di ogni attivit razionale umana, compresa la scienza. ormai chiaro che l'homo sapiens solo se symbolicus e religiosus. All'inizio abbiamo rilevato la necessit di un nuovo concetto di scientificit e di un pluralismo metodologico adeguati alle molte esigenze attuali delle scienze. emersa l'urgenza e possibilit di una struttura generale della scientificit, che consenta di elaborare la scientificit che pi si addice all'identit e i compiti di ogni disciplina. Essa consentir pure alle scienze umane di costruire teorie autonome volte a una migliore comprensione dei fatti umano-sociali e all'auto-comprensione che rende pi consapevoli del proprio agire. I criteri di rigore e oggettivit, qui analizzati, garantiscono l'autonomia, la libert e competenza specifica delle scienze umano-sociali e di ogni altro ambito di conoscenza: scienze, filosofia, etica, religione, teologia. Essi non collegano la scientificit ai contenuti, ma agli atteggiamenti umani, ai modelli di pensiero e alle forme di discorso, improntati ai criteri del rigore e dell'oggettivit applicabili a ogni ambito culturale. La scientificit che ne deriva pure sociale, comunicativa e adattabile ai pi diversi contesti socio-culturali e di comunicazione.
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V. Possenti (a cura di), Epistemologia e scienze umane, Milano 1979, 8. Possenti, Epistemologia, 9-19.

J. Ladrire, "Les sciences humaines et le problme de la scientificit", in Les Etudes Philosophiques, n. 2, Avril-Juin 1978, 143-149. Forte critica al paradigma sociologico in F. Ferrarotti, Il paradosso del sacro, Bari 1983; Una teologia per atei, Bari 1984; La sociologia alla riscoperta della qualit, Bari 1989; Una fede senza dogmi, Bari 1990.
4

12

E. Agazzi, "Analogicit del concetto di scienza. Il problema del rigore e dell'oggettivit nelle scienze umane", in Possenti, Epistemologia, 57-59.
6 7 8

Agazzi, "Analogicit del concetto di scienza", 67-73. Per le scienze della religione si problematizza in modo analogico.

Agazzi, "Analogicit del concetto di scienza", 73-76; G. Di Bernardo, "Epistemologia e scienze sociali", in Possenti, Epistemologia, 209-216; G. Di Bernardo, Logica deontica e semantica, Bologna 1977.
9

R. Thom, Modles mathmatiques de la morphognse, Paris 1974.

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3. POTENZIALIT CULTURALI DELLA SCIENZA


Il pensiero sulla scienza (epistemologia, storia, filosofia, metodologia ecc.) consente di descriverne le fasi: ascendente (scienza lodata perch migliora le condizioni dell'uomo e del mondo, crescente prestigio); discendente (scienza criticata e accusata di peggiorarle, prestigio in declino). La terza fase dovrebbe definire il ruolo culturale della scienza in rapporto agli altri saperi. Di qui l'analisi delle sue potenzialit per il dialogo.1

1.

Scienze: dall'analisi alla sintesi

In Europa il pensiero scientifico fu accompagnato dai tentativi di ridurre i problemi pi significativi (origine dell'universo, intelligenza, libert, coscienza, responsabilit, religione ecc.) e dell'ultimit (futuro dell'uomo, destino dell'umanit ecc.), entro i limiti delle sue logiche. Fallirono, ma attenuarono l'interesse culturale per la filosofia, metafisica, religione e teologia. Persero attualit e significato: il concetto di causa ultima e le distinzioni fra cause naturali, immediate, remote, metafisiche, soprannaturali ecc. Le filosofie svuotarono i problemi della totalit, globalit, ultimit, ecc., con le pretese di eliminare il discorso metafisico; le confusioni fra fisica e metafisica; la sostituzione della metafisica con surrogati che snaturavano il pensiero filosofico e scientifico. Fino a tutto il secolo XIX la cultura moderna si entusiasm al discorso delle scienze senza integrarlo con quello storico, epistemologico, gnoseologico e ontologico sulle scienze. Solo agli inizi del 1900 si sospett che le domande ultime, su origini, significato, valore e destino di universo, vita e uomo superassero le capacit e i limiti delle logiche riduttive dei metodi scientifici. Tale sospetto sollevato da scienziati impegnati nelle ricerche pi avanzate segn un'inversione di tendenza sulla legittimit, valore e significato di tali interrogativi. La ricerca scientifica arricchisce la conoscenza umana in tre modi: supera i limiti degli organi di senso e ne corregge i difetti; organizza logicamente i dati; riconduce i fenomeni slegati ad alcune determinazioni di base. Ci le consente di spiegare l'apparente molteplicit dei fenomeni con pochi principi fondamentali, che organizzano gerarchicamente i fenomeni, evitando concetti superflui.2 l'analisi o ricerca della spiegazione, dei come e perch immediati di un fenomeno. I recenti sviluppi scientifici ed epistemologici rivalutano la sintesi o comprensione dei significati. La tendenza sintetica dovrebbe valorizzare il carattere sistemico della realt, mettendo in luce scopi e fini che emergono dalla complessit o conducono ad essa.3 La tendenza sintetica favorisce gli approcci globali alle organizzazioni complesse e consente alle scienze umane di superare le riduzioni dell'uomo a macchina, automa o cosa, mediante un'antropologia teleologica, capace di riconoscere la priorit dei fini sui mezzi.4 Questo nuovo spirito scientifico consentirebbe alle scienze umane di approfondire nell'uomo la conoscenza dei confini fra noto e ignoto, fra ci che analizzabile e ci che rimane misterioso, finora escluso dalla ricerca.5 Gli oggetti delle scienze differiscono tra loro e dalle cose cui si riferiscono. Le cose mantengono la propria identit profonda, nonostante i diversi punti da cui vengono osservate. La loro realt, infatti, non puramente linguistica, ma anche reale e ontologica e costituisce la base del discorso metascientifico, ossia che supera i confini delle singole discipline e della stessa scienza.6

2.

Linguaggio e linguaggi

La realt espressa nel linguaggio ordinario (parole e frasi di ogni giorno), la cui ricchezza lo abilita ai pi vari usi, nei pi diversi contesti. Le sue espressioni sono legali se obbediscono alle regole di connessione (sintassi) e legittime se corrispondono alla realt. Per quanto legali e legittime, per, possono risultare equivoche per la ricchezza delle parole, la loro capacit di esprimere contemporaneamente realt diverse e la loro illimitata possibilit d'inserirsi nei pi diversi contesti. Quindi, le stesse qualit che rendono il linguaggio ordinario ricco, vario, espressivo ed adattabile a ogni evenienza, lo rendono pure ambiguo e poco adatto all'esattezza voluta dalle scienze.7 Di qui il ricorso al linguaggio numerico-simbolico diverso da quello ordinario. Nell'antichit fu considerato atto ad esprimere gli aspetti e i contenuti religiosi. Platonici, pitagorici, Galilei e molti scienziati ritenevano che i numeri consentano di leggere il mondo secondo il linguaggio matematico iscrittovi da Dio stesso. Le recenti epistemologie, concentrate sulla funzione scientifica dei simboli numerici notano, invece, che la lettura matematica della natura esige concetti oggettivi e corrispondenti alla realt, impossibili da ottenere. La corrispondenza tra segni numerici e formali delle scienze e realt cui si riferiscono non si pot mai stabilire.8 Di qui la necessit di letture molteplici di ogni evento (pluralismo realistico), per cogliere il pi possibile della sua inesauribile ricchezza e verit. Le diverse letture: scientifiche, filosofiche, estetiche, etiche, religiose e teologiche non si sostituiscono n contraddicono, ma collaborano a comprendere meglio la realt.9 La scienza galileiana non si identifica con la scienza moderna. Per certi aspetti, gi il Rinascimento fu fecondo nelle ricerche dei processi della natura, come il Medioevo lo era stato nelle innovazioni tecniche. Leonardo, Vesalio, Keplero e altri cercavano regolarit e simmetrie. La differenza che Galilei, Newton e seguaci diedero alle loro ricerche un'espressione numerico-matematica. Per il nuovo spirito scientifico, tuttavia, le investigazioni umanistiche e rinascimentali hanno un valore fondamentale, perch gi ispirate al pluralismo e alla necessit di molteplici letture volte a cogliere l'inesauribile ricchezza e spessore di verit degli eventi.10 I successi scientifico-matematici le oscurarono. La scienza moderna era, comunque, rilevante. Agli antichi "perch? " rispondeva in modo nuovo e diverso. Spiegava i fenomeni complessi riducendoli a pochi elementi, costruendo modelli, consentendo descrizioni semplici. Ci era un passo decisivo per la conoscenza ed era pure un atto di grande creativit, umilt e coraggio. Pur riconoscendo la difficolt di spiegare e interpretare le strutture complesse del reale, non si arrendeva di fronte a esse. I grandi scienziati, infatti, erano credenti convinti e coraggiosi. Galilei apportava all'agire e pensare umano la capacit di: a) trasformare pochi elementi quantitativi, isolati dalle osservazioni, in numeri collegabili e calcolabili, mediante equazioni matematiche; b) organizzare tali elementi in esperienze ripetibili da chiunque; c) affidare la decisione di accettarli o respingerli, non ad autorit esterne, ma al confronto fra pari, gli sperimentatori. Nel secolo XVII, l'aristotelismo offriva una sistemazione dell'esperienza, coerente ma non pi adeguata. La tecnica non poteva ancora servirsi di strumenti e calcoli complessi. Questa impostazione, quindi, aveva un grande valore culturale.11

3.

Dall'umanesimo al formalismo

I fondatori della scienza moderna dimostrarono la superiorit e il valore insostituibile del pensiero per la sua capacit d'imprimere svolte decisive alla conoscenza, ai suoi contenuti, allo stesso modo di pensare e guidare l'uomo alla nuova conoscenza e consapevolezza di s. La scienza nacque da ci e non viceversa.12 Dopo di loro, la scienza incorse nella crisi che da nuova la rese normale e sempre pi 17

prigioniera di rigidi formalismi finalizzati a successi immediati, che le preclusero approcci pi vasti e significativi alla realt. In breve tempo, operatori scientifici e della cultura assunsero "nei confronti della scienza meccanicista lo stesso atteggiamento degli scolastici davanti alla scienza di Aristotele: la credettero necessaria, derivata da una struttura immutabile della ragione e della natura; cos subirono anch'essi il tab del naturale: in questa scienza l'uomo non nulla, la natura che ha fatto tutto. Molti contemporanei si aggrappano a una scolastica del meccanicismo, come i nostri antenati del XV secolo avevano costruito una scolastica dell'aristotelismo. Scrivono Scienza parola sacra, con 'S' maiuscola, segno evidente di sublimazione affettiva".13 Si persero, cos, importanti strumenti culturali elaborati in precedenza. Tommaso d'Aquino, nella dottrina della conoscenza, senza usufruire ancora delle basi scientifiche della scienza moderna, aveva sviluppato fondamentali interpretazioni del conoscere, come lettura globale del fatto, calato nel resto del mondo e reinterpretato in base alla memoria delle esperienze passate o dell'accumulo intellettuale. S'interessava del trapasso dalla realt al simbolo, perch il concetto (simbolo mentale) era la finestra attraverso la quale guardare il mondo. La filosofia moderna, invece, ridusse il conoscere a spiegazione passiva di un fatto locale, di un qualunque apparato di misura che isola un numero specifico. Trasform il simbolo in un oggetto per elaborare teorie, o cosa cui riferirsi, spogliandolo dell'enorme ricchezza dell'esperienza personale da cui nasceva. L'operare scientifico produsse simboli univoci, ma impover il rapporto realtsimboli, riducendoli all'unica determinazione numerica dell'apparato di misura. Ci volle tempo per capire che uno strumento offre solo misure numeriche, immensamente pi povero della pi povera cognizione umana, non pu eguagliare n sostituire nessuna delle raffinate strategie di adeguamento alla realt della plurimillenaria esperienza della mente umana. Cartesio scart tali strategie, separando la mente dal mondo e la ragione (e simboli) dalla realt. Kant neg la portata conoscitiva dei concetti mutuati dall'esperienza, per determinare un mondo al di l dell'esperienza e individuare la cosa in s, nucleo fondamentale degli stessi dati dell'esperienza. Cos ridusse i dati a buccia fenomenica smarrendone la realt profonda. La scienza si adatt a queste filosofie che ne comprimevano gli aspetti pi nuovi e originali.

4.

Dal formalismo alla perdita dell'umano e del reale

Di qui il problema centrale del pensiero moderno: in che modo le nostre rappresentazioni mentali possono dire qualcosa della realt. Il progetto di fare dello schema conoscitivo della scienza il modello della la conoscenza umana era contraddittorio. Negando ai concetti mutuati dall'esperienza, ogni extra- o metaempirismo, la scienza poteva solo riordinare lo spazio di suoi simboli, che non dicevano nulla sulla realt. Le rimanevano solo le rappresentazioni dei suoi aspetti quantitativi espresse in misure, le congetture falsificabili e le incertezze.14 Ogni accesso all'ontologia le era precluso per principio. Maritain e Popper ne conclusero che le leggi scientifiche non sono manifestazioni del reale, ma semplici algoritmi, volti ad ottenere previsioni attraverso catene di dipendenze. Ricavando i simboli numerici da apparati di misura, che dipendono da teorie dotate di apparati di misura, e cos via, i suoi simboli numerici "dipendono" da circostanze diverse e mutevoli. Ammesso pure, invece, che i risultati degli apparati di misura rivestano una certa costanza e consentano di costruire asserti stabili, ancorati al mondo reale, si devono fare i conti con gli errori ineliminabili di ogni strumento di misurazione e la necessit di usare i numeri irrazionali. Sommati insieme producono misure inesatte, che esigono correzioni e integrazioni.15 Galilei era consapevole di poter rispondere soltanto a domande su quantit, tempi e luoghi, escludendo sostanze, qualit e relazioni. Sapeva di dare solo risposte parziali e che la conoscenza del mondo esigeva ben altri approfondimenti. Nei 17

tempi successivi, i risultati pratici conseguiti fecero trascurare questi limiti. Oggi s'impone di nuovo la saggezza galileiana, che riteneva necessari approcci complementari alla scienza. Indebiti criteri preclusivi come: empirismo radicale, che sosteneva l'impossibilit di attribuire a un concetto un contenuto diverso dall'aggancio immediato con l'esperienza; divieto di mediare l'esperienza, che permetteva solo affermazioni volte a descrivere immediatamente un fatto; uso analitico della ragione, che poneva in luce solo i legami strutturali fra le varie parti, non sono pi tassativi. La scienza, quindi, pu aprirsi a un discorso sintetico della ragione che, a partire dall'esperienza affermi qualcosa che essa non d.16 Implicitamente fa uso sintetico della ragione perch inventa le ipotesi, anzich ricavarle automaticamente dall'esperienza. Si costruisce, quindi, sulle stesse basi e metodi della metafisica: constatazione dell'esperienza, sua mediazione, uso sintetico della ragione.17

5.

Scienza fattore di cultura

Possiamo ora condensare le acquisizioni sul valore culturale della ricerca scientifica nei seguenti punti: 1. La scienza moderna nacque in un contesto culturale dominato da razionalismi post-cartesiani e positivismi, coagulati dall'egemone ideologia scientista, da cui si liber con lo sviluppo delle ricerche e delle inerenti riflessioni filosofiche (epistemologia). 2. Lo sviluppo delle ricerche, dimostrando l'impossibilit di spiegare la realt come puro prodotto di componenti e forze elementari, ha fatto emergere i problemi della complessit e dei sistemi di organizzazione complessa, legittimando il discorso su fini e significati. 3. Le ricerche scientifiche hanno riproposto temi e problemi fondamentali per l'uomo e la societ, che esigono approfondimento metascientifico. 4. Gli sviluppi delle ricerche scientifiche hanno fatto superare le posizioni filosofiche da Hume e Kant fino a oggi, rendendo necessarie nuove riflessioni epistemologiche, storiche, gnoseologiche, metafisiche, etiche e trascendenti. 5. Quegli sviluppi e riflessioni mostrano che ricorrere alle teorie scientifiche per dimostrare tesi filosofiche o teologiche fonte di errori, ambiguit ed equivoci. 6. I nuovi problemi sollevati dalla ricerca hanno elevato valore umano e culturale, da valorizzare nel confronto trans-disciplinare. Il pensiero scientifico agli inizi fu fagocitato dal razionalismo e imprigionato in un ferreo riduzionismo strumentale. Oggi insidiato dall'irrazionalismo postmoderno. Il pensiero cristiano propone una razionalit autentica che, senza pretendersi assoluta, riconosce il proprio valore e dignit, insieme ai limiti delle molteplici modalit in cui si esprime. Questa visione fondamentale per un nuovo spirito scientifico, rispettoso della ragione e capace di aperture. La fede annuncia un Logos e Spirito, piena verit e libert, che non s'identificano n esauriscono nelle cose, ma le superano infinitamente e ne fondano la natura dinamica e le leggi intime e profonde. La ragione umana una scintilla di quella ragione che liberamente crea e fonda nell'amore l'esistenza del mondo e dell'uomo.18
F.T. Arecchi, I simboli e la realt. Temi e metodi della scienza, Milano 1990, 9; C.A. Coulson, Science and Christian Belief, Oxford 1955, 15-18.
2 3 1

J. Austin, How to Do Things with Words, Oxford 1962; Arecchi, I simboli e la realt , 15.

T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino 1978, 29; P.W. Bridgman, The Logic of Modern Physics, New York 1927, (tr. it., Torino 1952); Arecchi, I simboli e la realt, 16. G. Gismondi, "Il dialogo fra teologia e sociologia: problematiche, limiti e possibilit", in Antonianum, 67 (1992), 3-38. G. Gismondi, Critica ed etica nella ricerca scientifica. Dalla critica delle scienze all'umanesimo scientifico, Torino 1978; Arecchi, I simboli e la realt, 18, 19, 22, 27-28, 30,
5 4

17

155-158, 164; F. Ferrarotti, La sociologia alla riscoperta della qualit, Bari 1989; Id., Il paradosso del sacro, Bari 1983; "Scientismo", in Dizionario delle idee, 1043; E. Boutroux, La nature et l'esprit, Paris 1926. "Determinismo", in Dizionario delle idee, 233-234. F. Selvaggi (a cura), Valore e metodo della scienza, Roma 1952; Arecchi, I simboli e la realt, 30-31. F. Selvaggi, Scienza e metodologia, Roma 1962; Arecchi, I simboli e la realt , 21-22, 3637, 38-39; D. Antiseri, La filosofia del linguaggio; metodi, problemi, teorie, Brescia 1973; G. Preti, Linguaggio comune e linguaggi scientifici, Milano-Roma 1953; "Verificazione", in Dizionario delle idee, 1245-1246; A. Bonomi, Le vie del riferimento, Milano 1975; G. Gismondi, Fede e ragione scientifica. I limiti strutturali del razionalismo scientifico, Rovigo 1980, 251; Arecchi, I simboli e la realt, 33-34.
9 8 7 6

E. Riverso, La costruzione interpretativa del mondo, Napoli 1967.

Critica di G. Gusdorf, "Galilenne (Rvolution)", in Encyclopaedia Universalis, V, 445455; Arecchi, I simboli e la realt , 41-43 R. Lenoble, "Origines de la pense scientifique moderne", in Encyclopdie de la Pliade, Histoire de la Science, Paris 1967, 396. G. Gismondi, Fede e ragione scientifica. I limiti strutturali del razionalismo scientifico, Rovigo 1980, 128.
13 14 15 16 12 11

10

Lenoble, "Origines de la pense scientifique", 505. "Scienza", in Concetti fondamentali di filosofia, Brescia 1982, III, 1868. E. Agazzi, Temi e problemi di filosofia della fisica, Roma 1974.

G.F. Basti, "Cervello, informazione e pensiero nelle scienze cognitive", in Cultura e libri, 50 (1989), 5-34; Arecchi, I simboli e la realt, 177.
17 18

E. Agazzi, Scienza e fede, Milano 1983.

J. Alfaro, Speranza cristiana e liberazione del mondo, Brescia 1972; Cf. Giovanni Paolo II, "A scienziati e studenti, Colonia 15.11.1980", in La traccia, 10 (1980), 928-932; F. Ardusso, "Fede (l'atto di)", in Dizionario Teologico Interdisciplinare, II, 176-192; J. Alfaro, Rivelazione cristiana, fede e teologia , Brescia 1986.

17

4.

SCIENZA E UMANESIMO SCIENTIFICO

L'umanesimo scientifico vede nella scienza un fattore significativo per lo sviluppo delle persone, della cultura e delle sue espressioni (religione, etica, filosofia, societ ecc.). Sottolinea luce l'aiuto che la scienza pu dare allo sviluppo spirituale ed etico di persone e societ.1 Considera la scienza un'esperienza e un atteggiamento riflessivoesperienziale, che sono un coefficiente primario di sviluppo dei valori umani, culturali e sociali che elevano la qualit della vita.2

1.

Scienza: creativit e dipendenza

L'umanesimo scientifico, come atteggiamento riflessivo esperienziale, nasce dalla ricerca scientifica e si sofferma, in primo luogo, sul carattere cognitivo della scienza nel suo momento pi creativo e attivo.3 una creativit innovatrice, rispettosa delle realt che indaga. Il rapporto fra creativit originale e aderenza alla realt contraddistingue un modo di conoscere che coinvolge la persona del ricercatore. Fin dai primi passi dell'osservazione, la creativit evidenzia aspetti imprevisti della realt, impegnando qualit umane come: coraggio, originalit, apertura mentale, sensibilit al nuovo, costanza, tenacia, pazienza, perseveranza se i risultati tardano o deludono. La creativit si manifesta maggiormente nel teorizzare o saper vedere in modo spirituale e intellettuale. Teoria, quindi, significa ricerca attiva dell'intelligibilit delle cose e della loro profonda unit, nascoste negli oggetti osservati e occultate dall'apparente multiformit. Nell'attivit scientifica l'umanesimo vede la testimonianza essenziale e la funzione centrale della mente, che domina la pura fattualit, anteponendo idee e concetti all'osservazione dei fatti.4 La scienza penetra nell'armonia della natura, decifra i riflessi dell'ordine che regna nell'universo e i bagliori delle realt nascoste, che lo regolano in profondit.5 In tutto ci l'aspetto quantitativo-matematico ausiliario. Secondo Einstein, per la comprensione scientifica il linguaggio matematico utile, ma non va confuso coi contenuti. Per Eddington la matematica utile, ma il cuore della teoria rimane altrove.6 La creativit presiede pure alla sperimentazione.7 La creativit scientifica non assoluta ma rispettosa e dipendente dalla realt. Questa costringe l'uomo scientifico a sottoporre alle sue prove ogni convinzione, idea e intuizione.8 La ricerca inizia appena ci si rivolge alla natura per osservarla, interrogarla e interpretarla. Matura quando si privilegiano le risposte della realt sulle nostre aspettative. Si completa quando si sottomettono i risultati del proprio lavoro al giudizio decisivo altrui (intersoggettivit, falsificazione ecc.).9 In questa visione, pure la specializzazione, saggia e umanizzante, come ammissione di non poter indagare tutto ci che si vuole.10 Per l'umanesimo scientifico, fondamento della scienza non sono cose e concetti, ma i molteplici e complessi atteggiamenti umani che coinvolgono la personalit del ricercatore. Il rispetto rigoroso della realt segno di sincera aspirazione alla verit. Esso vale assai pi del puro rigore intellettuale. Indica la dignit spirituale dell'uomo, che qualifica i poteri della sua mente. Di qui la capacit di: controllare con l'intelligenza l'esercizio dei sensi; analizzare criticamente le proprie sensazioni; discernere saggiamente tendenze istintive, immaginazioni, desideri e pretese. Il vero rigore intellettuale il rispetto di queste capacit.

2.

Uomo scientifico, autocontrollo, esperienza

L'attivit scientifica, esercizio rigoroso di autocontrollo, plasma l'intelligenza umana e infonde un nuovo senso al valore della persona. L'operatore scientifico non vede un maggior numero di cose, ma nuovi aspetti della realt. L'umanesimo scientifico analizza l'atteggiamento che consente nuove acquisizioni. La verifica sperimentale in quanto tale non ne l'aspetto centrale n essenziale. A livello personale, l'esperienza scientifica ha numerose e profonde analogie con l'esperienza religiosa: animata dalla fede in una verit o realt preesistenti a ogni prova sperimentale e rigorosa verifica; attinge a una viva tradizione; esige una comunit e autorit che esercitano un controllo e un profondo influsso sui ricercatori; ogni generazione riceve e trasmette un patrimonio di conoscenze e capacit, che i nuovi adepti devono interiorizzare, accrescere e perfezionare; ogni membro si attiene ad atteggiamenti, valori, credenze e comportamenti condivisi e sottost ai giudizi e le valutazioni singole e di gruppo.11 questo il modo in cui la scienza cerca di comprendere la natura. Quando si parla di un ordine che renda spiegabili o comprensibili cose ed eventi, s'intende sia il regolare accadere di fatti, che un modello unitario afferrabile dalla mente umana. Scoprire regolarit il gradino pi basso, anche se decisivo della comprensione scientifica. Subito dopo la mente cerca ragione e origini, addentrandosi nelle pi intime strutture della realt osservabile. Quest'addentrarsi la fase teorica. L'idea di un ordine intrinseco alla natura, capace di spiegare le regolarit osservabili, venne a Keplero, che non aveva ancora dati n concetti sufficienti. Newton, basato sui suoi studi e quelli di Galilei, dimostr che ogni regolarit espressione particolare di un ordine fondamentale. L'entusiasmo per tale scoperta il segno dell'importanza di sapere che la natura intelligibile nell'intimo e nei suoi fondamenti. Fatti all'apparenza senza legame, misteriosi e inesplicabili mostrano un unico principio padroneggiato dall'intelligenza.12 Ancor pi significativo fu scoprire l'unit del tutto. La sintesi newtoniana mostr il potere della mente umana di unificare il multiforme campo dell'osservazione e farne un universo (unus-versus) o insieme rivolto all'unit.13 Con Darwin l'ordine naturale apparve non pi fisso e immutabile, ma profondamente dinamico. La natura o creazione era capace di produrre forme e strutture nuove, inattese ma non arbitrarie, ispirate a regole definite.14 I tentativi di spiegare ci col puro caso, antitesi di ordine e razionalit, non convinsero e provocarono forti resistenze. Spett alla teoria dei quanti scoprire le propriet quantiche della materia, che rendevano compatibili ordine e mutamenti e palesavano l'identit, integrit e specificit delle strutture atomiche e molecolari. Il succedersi delle ricerche e scoperte mostrava un universo come totalit comprensiva, in crescita nel tempo, nel quale persone e mondo sono in reciproca interazione.15 Emergevano pure immensit per le quali il linguaggio ordinario non ha espressioni e quello matematico ricorre a simboli numerici come 1040 per la lunghezza e 1016 per il tempo, che nessuno dei pi potenti calcolatori pu elaborare. A questa inesprimibile immensit non mancano bellezza e armonia cui i termini di complessit, caos, ordine e caso aggiungono nuove forme di stupore.

3.

Scienza, religione, umanesimo

Per quanto decisiva e fondamentale, la conoscenza delle cose non esaurisce il dinamismo della scienza e l'umanesimo scientifico. Vi sono pure le scienze dell'uomo e della societ. Qui sono significative le esperienze antropologiche, psicologiche, sociali: sentimenti, sorpresa, stupore, meraviglia e timore di fronte a natura, creazione, persone, relazioni e comunione. Per Einstein erano le pi importanti per il vero 23

scienziato, e le defin: senso del mistero. Infine, vi sono le scienze della religione, che studiano l'esperienza religiosa e gli atteggiamenti dell'homo religiosus di fronte al sacro: stupore, meraviglia, ammirazione timore ecc.16 Nei confronti del sacro, l'esperienza di scienziati credenti, veramente creativi, quali Einstein, Heisenberg, Pauli, Schrdinger e molti altri, raggiunge il massimo valore. L'uomo di scienza percorre lo stesso itinerario umanistico dell'uomo religioso e del credente. Sperimenta la propria consapevolezza, come fonte di certezza e l'accresce in continua attenzione e deferente, perseverante riflessione. Per Heisenberg l'uomo scientifico "prende coscienza dell'ordine centrale con la stessa intensit con cui entra in contatto con l'anima di un'altra persona".17 Egli us i termini anima e persona per indicare che l'essere intelligente e creativo segnato dall'intimo mistero della sua personalit. L'anima, misteriosa per la sua imprevedibile creativit, rispecchia la "sorgente prima" di tutta la realt, ancor pi misteriosa, imprevedibile e creativa. Concetti analoghi ebbero Darwin, Einstein, Schrdinger e altri, testimoniando che la scienza consente esperienze umane cos profonde, da somigliare all'incontro personale con l'Assoluto.18 Esse non sono facili, n comuni, perch esigono pazienza, autocontrollo, coerenza e profonda interiorit. Queste testimonianze Illuminano l'aprirsi dell'esperienza scientifica all'ulteriore e al trascendente. Esse fanno capire perch l'atteggiamento scientifico non si sia sviluppato in quelle religioni e culture che non apprezzano il mondo, il suo rapporto con Dio o ritengono la realt materiale priva di valore. L'antropologia della religione sottolinea invece, l'importanza culturale e umanistica degli interrogativi religiosi sul cosmo e la sua presenza, senso e significato. L'uomo scientifico nato da essi. Alla base dell'atteggiamento religioso e scientifico vi la percezione della complessit ordinata, significativit e comprensibilit di un dinamismo potente che include tutto. Nessuna di queste percezioni ovvia, ma una conquista dell'intelligenza, sensibilit e inesauribile capacit problematizzante della persona. La differenza tra esperienza scientifica e religiosa si manifesta all'ultimo passo del percorso, in un vero salto di qualit in cui l'uomo religioso intuisce e sperimenta un'apertura verso qualcosa superiore e trascendente, origine e fondamento di tutto, che invita alla comunione personale. Le scienze religiose lo definiscono: sacro, numinoso, divino, divinit, jerofania, teofania. Il credente lo chiama Dio.19 Questo passo fa pure emergere una nuova consapevolezza e la responsabilit etica. Religione, etica e scienza, pur distinte, non sono estranee e si richiamano a vicenda. I maggiori scienziati moderni: Keplero, Galilei, Newton, Einstein, Heisenberg, Hoyle, Norbert Wiener, Max von Laue, Poincar, Zichichi e moltissimi altri, hanno descritto l'impulso positivo della fede e religione allo spirito scientifico.

4.

Centro spaziale e antropologico

Al loro attenuarsi, la scienza scadde in un empirismo insignificante, senz'anima e una razionalit strumentale criticate da epistemologia e storia della scienza.20 A sua volta, un autentico atteggiamento scientifico fattore di religiosit e umanit.21 La scienza rivela l'uomo a se stesso, lo libera dai pensieri abitudinari, lo apre alla riflessione critica, gli rivela l'intrinseca intelligibilit del mondo, osservato e percepito dai sensi.22 Il migliore umanesimo scientifico nasce dalla sintesi vitale della dimensione scientifica e religiosa che spinge a un continuo e profondo rinnovamento. Il significato umanistico della scienza il contributo che essa d per scoprire l'uomo, la sua realt e dignit, potenzialit e limiti, piccolezza e grandezza, forza e debolezza.23 Lo sviluppo della scienza moderna, tuttavia, si accompagn a drammatico disorientamento. Viene detto: perdita progressiva del centro perch l'uomo si riteneva il centro della Terra e dell'universo. 23

La Terra lasci il centro al Sole. Poi il sistema solare lasci il centro e divenne un punto anonimo della galassia. Infine, l'intero universo apparve privo di centro. Ognuno di questi passaggi, visto come una perdita, diede luogo a interpretazioni agnostiche e nichiliste. Un fatto puramente materiale fu letto come perdita di senso, significato, fine e valore spirituale, senza rendersi conto dell'errore ed equivoco grossolano di tale ingenua e acritica interpretazione. La scienza fu incolpata od osannata per questo shock culturale che mutava precedenti certezze. Essa, per, informava solo l'uomo sulla realt. Furono la cultura e le filosofie del tempo a distorcere le acquisizioni scientifiche con interpretazioni riduttive, trionfalistiche o desolate. La consapevolezza di non conoscere abbastanza l'universo e di abitare un cosmo che non sottost alle pretese e illusioni dell'uomo, tuttavia, non era nuova. La scienza moderna ricordava all'uomo l'esperienza della sua nudit descritta in Genesi (3, 10-11). La perdita del centro inquietava l'uomo ideologico, immanentista, prometeico, titanico. Cercando una nuova centralit, strumentale, asserv la scienza al potere tecnoindustriale.24 Ci non benefic l'umanit n la scienza ma, come not Eiduson, ridusse l'uomo a dente di una ruota e di un veicolo, tremendi e intricati, che nessuno sa dove portino. Peggio ancora, nessuno sa neppure come debba procedere il viaggio. L'uomo scientifico moderno non volle seguire i saggi pensosi della vecchia scienza , sensibili alle continuit e discontinuit dei dati. Prefer divenire l'intellettuale competitivo e superficiale di un nuovo corso.25 Ignor che l'homo religiosus, symbolicus e sapiens avevano molti millenni di esperienza. Ignor pure l'esperienza dell'homo scientificus dell'antichit remota e del medioevo. I suoi sforzi prometeici e titanici, tuttavia, come la delusione e scoraggiamento per i suoi fallimenti, non sono un punto d'arrivo. Sono solo uno degli incidenti di percorso che l'umanit deve superare nel suo cammino.

5.

Riflessioni conclusive

L'umanesimo scientifico si potrebbe compendiare in una frase: la scienza rivela l'uomo a se stesso. Il discorso sulla scienza, quindi, un discorso sull'uomo e va riferito a lui, unico responsabile dell'umanizzazione o disumanizzazione di ogni impresa, compresa la scienza.26 L'attivit scientifica svela, nelle profondit dell'uomo, una dialettica e coincidenza degli opposti proprie di un essere splendidamente creativo ma intrinsecamente labile, fallibile, problematico.27 Creativit, fallibilit e problematicit, dunque, sono ineliminabili pure dalla scienza. La creativit la capacit di far emergere aspetti imprevisti e misteriosi della realt. La fallibilit costringe l'uomo a esercitare un'etica e ascetica della verit. La problematicit, a livello cosmologico, libera dall'illusione che l'universo sia come crediamo e a livello antropologico libera dall'illusione che siamo come ci piacere o pretenderemmo di essere. L'etica scientifica impedisce ogni indebito autocompiacimento e un'ascesi scientifica spinge, senza soste, a trascenderci verso ulteriori impegni di conoscenza e responsabilit umanizzanti. La dimensione umanistica dell'esperienza scientifica, pur rimanendone distinta, somiglia a quella religiosa. Da essa apprende a maturare il primitivo stupore in autentica meraviglia e ammirazione, aperte alla trascendenza. Le potenzialit culturali e umanistiche di questi temi affascinanti sono illimitate. Il dialogo approfondito e appassionato fra uomini di fede e di scienza ne potr trarre splendidi sviluppi.

1 2

E. Cantore, L'uomo scientifico. Il significato umanistico della scienza, Bologna 1988, 43.

G. Gismondi, "L'umanesimo scientifico nell'attuale dibattito sulla scienza", in Antonianum 54 (1979), 76-100; Cantore, L'uomo scientifico , 51-54, 57, 64; J. Bronowski, Scienza e valori umani, Milano 1962, 26.

23

Cf. G. Gismondi, Umanesimo marxista. Evoluzione e istanze positive, (Catania 71978); Id., "Cristiani e marxisti per l'umanesimo scientifico", in Il futuro dell'uomo, 3 (1976), 3, 21-23; R.N. Anshen, Perspectives in Humanism, Cleveland 1967.
4 5 6 7 8

C. Bernard, Introduzione allo studio della medicina sperimentale, Milano 1973, 44-45. L. De Broglie, Fisica e microfisica, Torino 1950, 215. A. Eddington, Filosofia della fisica, Bari 1984, 74. Cantore, L'uomo scientifico, 96; Bernard, Introduzione, 28. H. Poincar, Il valore della scienza, Firenze 1947, 138; Cantore, L'uomo scientifico, 98-

103. J.M. Ziman, Public Knowledge: an Essay Concerning the Social Dimension of Science, London 1968, 11-13.
10 11 9

C.F. Weizscker von, The History of Nature, Chicago 1949, 2.

Cantore, L'uomo scientifico, 121-126; B.T. Eiduson, Scientists: Their Psychological World , New York 1962, 152-153.
12 13 14

A. Einstein, Idee e opinioni, Milano 1957, 240-242; Cantore, L'uomo scientifico , 128-133. Bronowski, Scienza, 29; Cantore, L'uomo scientifico, 135.

V.F. Weisskopf, Conoscenza e meraviglia. La descrizione umana del mondo della natura, Bologna 1966, 91.
15 16

Weisskopf, Conoscenza e meraviglia, 134-138; Cantore, L'uomo scientifico, 142-145.

R. Otto, Il sacro, Bologna 1926; G. Magnani, Introduzione storico-fenomenologica allo studio della religione, Roma 1989, 89-114.
17 18

W. Heisenberg, Fisica e oltre. Incontri con i protagonisti, Torino 1984, 225-226.

C. Darwin, L'origine della specie, Torino 1959, 524; Einstein, Idee, 247; E. Schrdinger, Scienza e umanesimo. Che cosa la vita, Firenze 1978, 172. M. Eliade, Il sacro e il profano, Torino 1967, 97; J. Ries "L'uomo religioso e il sacro alla luce del nuovo spirito antropologico", in E. Anati, R. Boyer, M. Delahoutre, Le origini e il problema dell'homo religiosus, Milano 1989, 52; M. Eliade, La creativit dello spirito, Milano 1979, 30-34. A.N. Whitehead, La scienza e il mondo moderno, Milano 1945, 30; M. Caspar, Kepler, New York 1959; A. Koyr, Studi newtoniani,Torino 1983; F.E. Manuel, A Portrait of Isaac Newton, Cambridge Mass. 1968; W.C. Dampier, A History of Science and its Relations with Philosophy and Religion, London 1966; A. Einstein, Lettres Maurice Salovine, Paris 1956; Id., Idee, 61.
21 22 23 20 19

Cantore, L'uomo scientifico, 194. A. Livi, Filosofia del senso comune, Milano 1990, 179.

G. Gismondi, "Scienza e umanesimo scientifico nel pensiero di Giovanni Paolo II", in L'Osservatore Romano, 22.2.1980. G. Gismondi, "Per la crescita dell'uomo e della societ", in L'Osservatore Romano, 27.2.1980, 3.
25 26 24

Eiduson, Scientists, 151-152; cf. Cantore, L'uomo scientifico , 507.

G. Gismondi, "I valori formativi dell'umanesimo scientifico", in La Scuola e l'Uomo, 37 (1980), 2, 42-44; 6, 165-168. G. Gismondi, "Umanesimo scientifico e futuro dell'uomo", in L'Osservatore Romano, 5.9.1979, 3; Id., "Fede e scienza, oggi", in La Scuola e l'Uomo, 40 (1983), nn. 2-3, 4, 8-9; Id., "Umanesimo scientifico nella cultura di oggi", in L'Osservatore Romano, 14.2.1980, 3.
27

23

5.

UOMO "SCIENTIFICO", "RELIGIOSO" "SCIENTIFICO-

RELIGIOSO"
Trattando l'umanesimo scientifico, abbiamo gi accennato al rapporto fra atteggiamento religioso e scientifico. La religiosit come espressione fortemente culturale, la fede come dono divino soprannaturale. Sono collegate dal rapporto fra Dio e uomo, essenziale per entrambe. Il loro confronto pu essere illuminante anche per quello fra uomo scientifico e uomo religioso. Per Eliade, la religione non un semplice stadio storico della coscienza e cultura umane, ma la loro struttura fondamentale. L'antropologia della religione lo conferma, valorizzando la fede cristiana che sostiene la vera religione come salvaguardia dell'autenticit, dignit e libert di persone, culture e popoli.1

1.

Atteggiamenti personali e contenuti

I paesi anglofoni hanno elaborato dei confronti sugli atteggiamenti e comportamenti fondamentali di ricercatori scientifici (homo scientificus) e di credenti (homo religiosus), in cui: riportano l'impegno scientifico alle sue radici originarie per recuperarne i contenuti pi profondi; analizzano gli atteggiamenti interiori per rilevare analogie, affinit e differenze fra il credere e l'operare scientifico.2 Vi notano che fede, religiosit e impegno scientifico consistono, prima di tutto, in atteggiamenti. Concetti, nozioni e termini vengono dopo. Fede e religione operano ai livelli pi intimi e profondi della persona e della vita spirituale e morale.3 Col declino dei razionalismi e positivismi che avevano trasformato il pensiero scientifico in scientismo,4 fu possibile: 1) distinguere il Dio biblico-cristiano dal "dio" di ambigue filosofie; 2) rivalutare le dimensioni profonde e il coinvolgimento personale propri della religiosit; 3) riconoscere la legittimit, diversit di competenze e significato specifico del linguaggio religioso e scientifico. Questi mutamenti portarono a confrontare contenuti assai diversi. L'universo, ad esempio, fu descritto scientificamente come: macchina dominata dalla necessit (determinismo e meccanicismo); organismo retto dal caso (evoluzionismo); sistema governato da complessit e caos (sistemica), ecc. Di fronte a queste visioni mutevoli e brevi, gli autentici valori umani, morali e culturali e le convinzioni religiose si mostrano duraturi, stabili, pieni di significato. Epistemologia e filosofie del linguaggio notano che le congetture e le immagini sull'universo e l'uomo, elaborate dalle scienze, si collocano su un piano totalmente diverso da quello religioso. Il credente, quindi, sa che le cosmovisioni scientifiche non servono a dare un fondamento alla sua vita e fede e che accostare direttamente verit di fede e cosmovisioni scientifiche, filosofiche e culturali sbagliato e fuorviante. Il Dio Creatore non fu mai demiurgo, orologiaio, grande architetto, tappabuchi, ipotesi inutile, bacchetta magica o altro. Pure termini filosofici come causa prima e motore immobile vanno accuratamente precisati per non indurre in errore. Il caso Galilei, quindi, riguard un conflitto fra cosmovisioni scientifiche opposte. Non chiamava in causa la fede, ma una sua interpretazione concordista. Stabilire come e quanto la scienza possa divenire una componente positiva della nostra comprensione di Dio e del suo progetto, resta difficile e non ha soluzioni scontate per nessuno: credenti, non credenti, ricercatori, filosofi e teologi. Oggi gli uomini di scienza sono pi consapevoli dei gravi e urgenti problemi sollevati dalle ricerche pi avanzate (bioingegneria, intelligenza artificiale, ecc.).5 Pure il pensiero contemporaneo riconosce che le prospettive positiviste e idealiste portano la ragione scientifica e umana in strade

senza sbocco. Le prime non lasciano al Logos alcuno spazio. Le seconde divinizzavano la mente umana. Il pensiero debole porta al nichilismo e all'assurdo.

2.

Uomo "religioso", "scientifico", "religioso-scientifico"

Il pensiero biblico-cristiano, al contrario, offre valide prospettive al pensiero epistemologico. Riconosce, nell'universo, armonia, potenza, ordine, intelligenza, libert, ma anche disordine, caos, necessit e caso, non assoluti ma dosati. Vede operane, nella complessit cosmica, semplicit, intelligenza, progetto, programma e informazione. Il credente sa che solo un'Intelligenza personale pu render ragione di tutti questi caratteri. Questa consapevolezza gli consente d'impostare pi correttamente il rapporto fra discorso della fede e della scienza. Sa che il discorso di fede ha per fine i significati nascosti e ultimi del reale, quello scientifico le strutture nascoste e prime del reale. Tra loro non vede conflitto n competizione, ma complementarit costruttiva.6 Essa crea ampio spazio al dialogo trans-disciplinare, che pu garantire interessanti risultati. La scienza moderna demol solo immagini limitate e antropomorfe e convinzioni rassicuranti ma infondate, per millenni cornice dell'esistenza quotidiana e l'esperienza religiosa. Doveva ripensare significato e destino dell'universo. Trovare il senso e valore dell'umanit, specie vivente tra molte, confinata su un infimo satellite, sperduto in un immenso universo dominato da necessit e caso, in un gigantesco processo di espansione-evoluzione, in tempi e spazi pressoch infiniti, senza cause n fini. La microscopica storia umana svaniva nella macroscopica storia naturale. L'homo religiosus-scientificus dell'era moderna, con sorprendente rapidit (meno di tre secoli), ristabil la sua fede e religione in questo contesto. In questo processo naturale, inser la sua coscienza e consapevolezza che lo spingono a lottare senza fine per sapere di pi, fare meglio, essere pi libero, morale e universale. Ridiede nuovo senso e valore alle sue imprese culturali e sociali: religione, filosofia, arte, scienza, tecnica, ecc. Reinterpret gli elementi della scienza moderna che agli inizi lo avevano sconvolto. Non poteva identificarsi con l'uomo pre-scientifico legato a Terra, tempi e spazi troppo piccoli, n con l'uomo tecnoscientifico teso solo a controllare tempi e spazi, indagare i segreti dell'Universo, affrontare sempre nuove difficolt, rischi aspirazioni, speranze deluse, vittorie parziali, ripetute sconfitte. Senza fede e religione tutto piombava nei laceranti dilemmi del senso-non senso, significanza-insignificanza, rilevanza-irrilevanza, chiarezza-oscurit. Non aveva perduto il centro ma le radici e il futuro. I problemi sollevati dalla complessit dell'universo e ipercomplessit dell'uomo sono una nuova sfida e un test decisivo. N l'uomo scientifico n l'uomo religioso possono sottrarvisi o evaderne. Il centro dell'universo non un luogo. Solo la persona e la coscienza possono esserlo o trovarlo.

3.

Messaggio biblico: cosmo, natura, storia

In esse si manifesta la Parola, tutt'altro che primitiva o ingenua. Le conoscenze scientifiche aiutano a capire l'immensit, profondit, valore e significato della Creazione. Rimuovono gli aspetti ingenui, limitati, antropomorfi e statici del linguaggio religioso e dello stesso annuncio biblico. Ci avviene proprio nel cuore della cultura scientifica. L'Antico Testamento, riletto in prospettiva cristiana, conferma che l'uomo non una semplice parte della natura, n un puro prodotto delle forze naturali, n cosa, n oggetto. soggetto e persona, con un'origine specifica. orientato a un fine superiore, che non si identifica n esaurisce con la storia naturale. Dio non nei fenomeni naturali, ma si rivela all'uomo, sua immagine e somiglianza e nella sua storia. Dio il Signore assoluto della natura e della storia, dell'infinito e dell'eternit. Non avversario dell'uomo, ma alleato, non minaccia ma speranza e salvezza. Universo e storia sono governati dal suo amore sapiente.

28

Tutto rientra nel suo progetto storico-salvifico. La natura non un dio, n entit statica, n processo eterno e senza fine. creazione, ovvero inizio e scenario della storia della salvezza. Ogni creatura un evento e storia di amore, intelligenza e potenza del Dio personale, Creatore. La storia non fato n assurdo, ma apertura a un futuro che la supera e trascende. Il male presente in essa non un dio minore n proviene da Dio, ma dal peccato, scelta libera e responsabile di esseri intelligenti fra cui l'uomo. L'alleanza salvifica fra Dio e l'uomo continuer fino a che tutte le potenze del male e della morte saranno dominate e la pienezza dell'alleanza-salvezza risplender in tutto e tutti. Oggi chiunque pu capire che questo disegno divino non appare alle analisi scientifiche, non si prova coi calcoli matematici, n si trova negli elementi naturali macro- o microscopici o i principi e le forze naturali che li governano. Lo manifesta solo la Parola di Dio, la Rivelazione e fede.7 Il messaggio del Nuovo Testamento aggiunge qualcosa di molto significativo. Dio non si rivelato solo attraverso le cose o all'uomo, ma come uomo, ne l'uomo. Cristo completa l'alleanza, perfeziona la salvezza, inaugura il gran futuro finale. In lui il collegamento fra creazione e natura, storia e pienezza finale, diviene definitivo. La lotta divina contro forze del male, peccato, distruzione e morte assume maggiore intensit. Cristo l'ultimo segreto, il culmine della creazione-rivelazione, la chiave che apre tutti i sigilli e consente di capire la storia e comprendere la creazione come parte dell'unica salvezza divina.8 Rispetto alle vecchie cosmovisioni prescientifiche, astoriche e statiche, la cosmovisione scientifica, storica e dinamica costituisce un contesto pi adeguato e consente una comprensione del messaggio biblico-cristiano ancora pi significativa. L'uomo radicato nella preistoria naturale e la natura preistoria orientata all'uomo, che ne la fase nuova e decisiva. La cosmovisione dinamica della cultura scientifica fa capire meglio: "Dio vide che quanto aveva fatto era cosa molto buona" (Gn 1,31).

4.

Scienza e religione: affinit, diversit, triplicit, circolarit

Storia delle scienze ed epistemologia sono necessarie alla cultura scientifica.9 Chiariscono le funzioni della scienza riguardo a cultura, religione e fede. Fede, religione, teologia se ne possono servire per affrontare i problemi sollevati dalla ricerca, riesaminare le proprie asserzioni, purificarle da contenuti alieni e concezioni estranee, ricomprenderle in modo sempre pi adeguato e riesprimerne i contenuti pi autentici, significativi e profondi.10 L'epistemologia consente pure di vedere come gli atteggiamenti dell'uomo di scienza, a livello metodologico e razionale, non differiscano molto da quelli del credente. Scienza e religione: muovono da specifici presupposti; si misurano con eventi complessi e profonde esperienze umane; comportano forte coinvolgimento personale.11 Le loro diverse modalit non si oppongono, ma contribuiscono, per vie complementari, a conferire senso e significato alle complesse esperienze umane. Il credente stimolato dalle problematiche scientifiche sempre nuove, a pensare a Dio e il suo operare in modi sempre nuovi e inediti. La scienza sempre meno un museo e sempre pi un cantiere. Scopre i dinamismi della realt, in forma autonoma, senza bisogno di opporsi agli ulteriori significati scoperti da religione, arte, filosofia, fede e teologia. Esse pure indagano nelle loro modalit specifiche la realt, per comprenderne gli ulteriori significati nel progetto di Dio. Per la fede e la teologia, gli apporti pi significativi delle scienze non sono le scoperte, parziali e provvisorie, che vengono superate sempre pi rapidamente. Lo , invece, lo spirito umanistico e culturale che presiede alla ricerca e al suo quotidiano impegno di pazienza, ingegno e tenacia che anima tutte le imprese umane: religione, metafisica, filosofia, arte, ecc. La fede libera tali imprese dall'oblio del passato, le dispersioni del presente e le incertezze del futuro e dal razionalismo e materialismo, che ne snaturano lo spirito.

28

Sono molti gli scienziati che attribuiscono le loro scoperte pi importanti a improvvise illuminazioni interiori: la giusta idea mi venne inaspettatamente, senza sforzo, come un'ispirazione; fu come un lampo rivelatore, qualcosa di nuovo, pi semplice ed esteticamente soddisfacente di qualsiasi cosa creata nella mente; qualcosa di rivelato e non d'immaginato.12 I rapporti fra realt, impegno scientifico e religioso sono raffigurati dalla metafora della montagna e delle sue descrizioni. Ogni descrizione dice della montagna qualcosa di pi, meno, o diverso dalle alle altre. La montagna vera e reale, per, rimane diversa da ogni descrizione che, in parte le si avvicina e in parte le si allontana. Per conoscerla, non dobbiamo escluderne nessuna ma valorizzarle tutte, certi che il pi sar sempre da scoprire. Ci significa che nessun punto di vista esaurisce, n offre l'intera visione della realt, ma vi contribuisce per la sua parte. Scienza, filosofia, fede, arte, religione, teologia, contribuiscono, da sole e insieme, a decifrare qualcosa dell'immenso e inesauribile progetto di Dio. Per questo, "dobbiamo coniugare le forze vive della scienza e della religione per preparare i nostri contemporanei ad accogliere la grande sfida dello sviluppo integrale che suppone competenze e qualit intellettuali, tecniche, morali e spirituali".13 Sia scienza che religione operano in base alla triplicit e circolarit. La triplicit riguarda tre momenti presenti in entrambe. Momento: a) descrittivo (raccolta di osservazioni ed esperienze); b) teoretico (riordino e rielaborazione dei dati raccolti e loro collegamento mediante strutture simboliche, sistemi di concetti, correlazioni); c) applicativo-trasformativo, (unione dei due momenti precedenti, per trasformare la realt). La circolarit in entrambe lo scambio dinamico che intercorre tra i tre momenti e li integra e arricchisce reciprocamente. Triplicit e circolarit dimostrano che nella scienza e nella religione: a) osservazioni ed esperienze sono un punto di partenza fondamentale; b) analisi critiche ed elaborazioni concettuali servono per ordinare e rendere comprensibili tali esperienze; c) esperienze, analisi ed elaborazioni sono utilizzate per migliorare la realt. Quanto pi i tre momenti s'integrano, tanto pi scienza e religione sono valide. Per la fede cristiana il primo momento dato dalle esperienze e gli eventi storici della salvezza biblico-cristiana, il secondo dalla teologia, il terzo dall'impegno spirituale, etico e sociale. La loro circolarit essenziale per la loro fecondit.14

5.

Sintesi conclusiva

I punti emersi in questo capitolo sono rilevanti per comprendere fede, religione e scienza, come poli di una nuova cultura in cui la spiegazione scientifica delle prime strutture nascoste del reale pu contribuire alla comprensione religiosa dei loro ultimi significati nascosti. La fede cristiana media i due momenti, orientandoli a espressioni di amore e speranza, scevre da tentazioni di potere.15 Sotto quest'aspetto, gli ultimi tre secoli in cui si passati da una visione prescientifica e ingenua della realt a una visione scientifica sempre pi realistica e consapevole rivestono grande importanza nella storia dell'umanit. La visione scientifica ha demolito le immagini fantasiose e antropomorfe con le quali l'uomo religioso interpretava la realt. Dopo lo smarrimento che ne segu, per quasi quattro secoli, l'uomo religioso, divenendo uomo scientificoreligioso, ripens da capo la realt umana e religiosa. Sorretto dall'inesauribile dinamismo della Fede, ricompose la cosmovisione scientifica moderna e le dimensioni colossali, dinamiche, sempre pi complesse dell'universo in un orizzonte di significato, senso, finalit e valore. Ritrov l'identit sua propria, e quella dell'umanit, della storia e dell'universo. Inser pure nel contesto dei processi naturali, senza dissolverli n ridurli ad essi, coscienza, spirito e libert. Infine, rinnov il proprio inarrestabile impegno spirituale, storico e terreno, aprendolo alla speranza nell'esito finale: l'Amore eterno, assoluto ultrastorico e ultraterreno. In questo processo, emerso pure il valore pi significativo della ricerca scientifica: il suo

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incessante interrogare, che la sospinge senza mai poter sapere, in anticipo, se vi sar un approdo e quale sar. la fede a svelare tale intenzionalit segreta, come spirito autentico da orientare alla sua pienezza.
E. Anati, R. Boyer, M. Delahoutre, Le origini e il problema dell'homo religiosus, Milano 1989. J.G. Barbour (Ed.), Science and Religion. New Perspectives on the Dialogue, New York 1968, 6-7; Id., Issues in Science and Religion, Englewood Cliffs N.J. 1966, 4-5, 12-13.
3 4 2 1

G. Gismondi, Nuova evangelizzazione e cultura, Bologna 1993.

Ateismo naturalista (Huxley), atomista (Haeckel), evoluzionista (Spencer). G. Gismondi, Umanesimo scientifico e pensiero cristiano, Rovigo 1982, 232.
5

E. McMullin, "Science and the Catholic Tradition", in Barbour, Science and Religion, 36McMullin, "Science and the Catholic Tradition", 41-42.

37.
6 7

H. Berkhof, "Science and the Biblical Word", in Barbour, Science and Religion, 40-42. Antico Testamento. Progetto su umanit: Gn 1, 26-30, 2, 4-25 e 12,3. Storia: Es 23, 14-17; Dt 16, 1-17; Sal 19, 29, 65, 67, 74, 75, 89, 96, 104, 136, 147 148. Rapporti Dio-fenomeni naturali: Gb 28; Sal 77,19. Ordine naturale pre-figura della fedelt all'alleanza: Is 42,5; 51,9; Ger 31, 3537. Nuovo Testamento. Resistenza del popolo all'alleanza: Mt 21, 33-39; At 7,1-53; Rm 7,7. Storia delle nazioni e paziena divina: At 14,16; 17,30; Rm 3,25; 5; Gal 4,3. Lotta fra spirito e potere delle tenebre: Apc e Mc 13; 2 Ts 2. Cristo mediatore della creazione: Gv 1, (riv. gloria divina); Col 1, (riconc. e ripar.); Eb 1, (purif. dal pecc.). Continuit fra creaz. e storia: Col 1,17; Eb 1,3. Ges, univ. e creaz. Col 15, 17, 18. Epistemologi nella PAS: Giovanni Paolo II, "Alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze", L'Osservatore romano, 29-30.10.1990, 7.
10 11 9 8

Berkhof, "Science and the Biblical Word", 52-53.

C.A. Coulson, "The Similarity of Science and Religion", in Barbour, Science and Religion , 69. Fisici: Helmholtz, Bragg, Rutherford, chimico Kekul e altri. Coulson, "The Similarity of Science", 74-75.
13 14 12

Giovanni Paolo II, "Alla Plenaria", 7.

H.K. Schilling, "The Threefold Nature of Science and Religion", in Barbour, Science and Religion , 98-100.
15

McMullin, "Science and the Catholic Tradition", 41-42.

28

6. FEDE E CULTURA SCIENTIFICA


L'analisi condotta su ricerca e cultura scientifica conduce ad affrontare il tema del dialogo fra fede e cultura scientifica, come introduzione al rapporto specifico fra teologia e scienze della religione.

1.

Discorso scientifico e discorso religioso

L'espressione rapporto fra fede e scienza non esatta ma equivoca e andrebbe abbandonata. Se per rapporto s'intende confronto, questo possibile solo fra espressioni linguistiche riguardanti i due ambiti. Linguaggio religioso e scientifico, per, sono eterogenei e irriducibili l'uno all'altro. Non sono direttamente comparabili fra loro. Fede e scienza in quanto tali non vennero mai a confronto. L'aspetto linguistico, comunque solo una parte del problema. Prima del linguaggio vengono le realt espresse da questo: fede e scienza. La fede un atteggiamento vitale e totale, ossia coinvolge profondamente tutta la persona. Il suo linguaggio descrive: realt finali, ultime e totali; situazioni personali, atteggiamenti globali, vitali, concreti e profondi; esperienze comunitarie significative; eventi storici che coinvolgono tutta l'esistenza. La scienza moderna un'attivit parziale, settoriale, conoscitiva e professionale. Il suo linguaggio astratto, concettuale, teorico e protocollare. Tende a descrivere aspetti formali, limitati, della realt sensibile. Deve rispettare rigorosamente terminologie specifiche, convenzioni e regole linguistiche proprie di ogni disciplina. Con esse esprime ipotesi, teorie, modelli, leggi, risultati, ecc. Ogni linguaggio si differenzia dagli altri. Le maggiori ambiguit e malintesi vengono dai termini eguali, usati con significati diversi (inizi, origini, cause, eventi, natura, ecc.). Infine, fra realt e sue descrizioni vi sono grandi differenze, Le espressioni scientifiche, come ogni altra, sono limitate, condizionate, soggette a errori e imprecisioni di ogni tipo: linguistiche, logiche, concettuali, culturali, ideologiche, filosofiche, ecc. Per scoprirle occorrono tempi lunghi, estenuanti controlli e confronti con altre espressioni o esperienze. Si parl erroneamente dei confronti fede-scienza perch non si conosceva o non si tenne conto di questa complessa realt. Gli scienziati delle prime generazioni erano credenti convinti e sapevano distinguere i due ambiti. Per questo inserirono senza difficolt le loro scoperte nel quadro della fede, morale e religione.1 La situazione cambi nelle generazioni successive. L'eccessivo entusiasmo sollevato per i risultati iniziali della scienza rese razionalisti ed empiristi sempre pi critici verso metafisica e religioni e sempre pi acritici verso la scienza. Cos la assolutizzarono, travisandone natura, significato e ruoli (scientismo). I comuni operatori scientifici se ne lasciarono condizionare. Non cos i grandi scienziati, dotati di acume speculativo e critico, che svolsero pure importanti riflessioni critiche sulla scienza, che pi tardi divennero le basi dell'epistemologia. Essi combatterono lo scientismo, ma con scarso esito.2 Solo con le nuove acquisizioni scientifiche, dalla seconda met del secolo XIX, apparve la validit delle loro critiche. Cominciava la stagione dell'epistemologia.

2.

Dialogo con la cultura scientifica

Nella difficile situazione storica, sociale, politica e culturale dei secoli XVIII e XIX e nel clima di crescente anticlericalismo, areligiosit, agnosticismo e ateismo, i credenti pensarono di difendere la fede negli identici termini in cui veniva contestata, senza rendersi conto dell'equivoco. Gli scontri e i confronti immediati e diretti, trattavano asserzioni di tipo scientifico e di tipo religioso o di fede come fossero simili e omogenee. In assenza di un'epistemologia e una storia della scienza mature, le due parti non vedevano l'arbitrariet e incoerenza sia dei presunti conflitti che dei tentativi di concordismo. Riconoscerle richiese tempi lunghi e sforzi notevoli. I principi teologici

ed esegetici per un confronto corretto erano stati formulati assai prima di Galilei. Egli, che ricordandoli, li espose chiaramente a Dom Benedetto Castelli e alla granduchessa Cristina di Lorena.3 Molti avversari e seguaci, tuttavia, non ne tennero conto, con le conseguenze a tutti note. Il confronto, quindi, va fatto con la cultura scientifica nel suo insieme, che ha una vastit e profondit assai maggiore delle affermazioni linguistiche dei due ambiti. Sono in questo modo il confronto pu focalizzarsi sui grandi problemi umani, etici e socioculturali sollevati dalle ricerche (bioingegneria, biogenetica, interventi su uomo, specie, ambiente). Distinguere fra scienza e cultura scientifica determinante. Solo la cultura scientifica riguarda i problemi della comprensione dell'uomo, della visione del mondo e della storia, dei significati ultimi e globali della persona umana e della sua esistenza. Sono gli stessi problemi che riguardano da vicino il messaggio salvifico cristiano indicato col termine fede. Essi sono il vero terreno di dialogo e confronto e presentano i temi e problemi pi ardui e pi urgenti. Nei capitoli precedenti, fra le forme di approccio e dialogo elaborate dal pensiero cristiano abbiamo esaminato: a) le analisi di affinit, analogie, differenze e distinzioni intercorrenti fra atteggiamento scientifico e religioso, fra atteggiamenti personali di credenti e ricercatori; b) l'umanesimo scientifico che considera le conseguenze umane ed umanistiche dell'impegno scientifico.4 Qui si propone una cultura scientifica elaborata mediante un dialogo transdisciplinare che valorizzi le analisi critiche, storiche, epistemologiche, filosofiche e teologiche "sulle" e "delle" conoscenze scientifiche, le loro componenti particolari e i loro presupposti filosofici, ideologici, metodologici, logici, linguistici, ecc., per ricavarne le implicazioni euristiche, metafisiche, religiose, etiche, sociali e teologiche.5

3.

Confronti diretti, incoerenza, problemi metascientifici

Il vecchio confronto immediato e diretto fra affermazioni scientifiche e della fede, tuttora seguito, non porta a nulla. I credenti cercano conferme alla loro fede nelle scoperte scientifiche (concordismo), o contestano la scienza per dimostrare che la fede ha ragione (apologetica) e le scienze torto (controversia). Tali atteggiamenti congelano o esasperano il conflitto senza offrire soluzioni costruttive. Ne sono esempio le discussioni sul: big bang come prova o meno della creazione del mondo; ordine e leggi naturali come dimostrazione o meno dell'esistenza, sapienza e onnipotenza dell'ordinatore divino; bellezza delle particelle elementari come prova o meno della bellezza e dell'intelligenza divina; breve durata delle stesse per dimostrare o meno la contingenza della materia; confronto fra descrizioni bibliche della creazione e dati paleontologici o teorie evoluzioniste; entropia come conferma o meno della fine del mondo, ecc. Che tutto ci sia vano e inattendibile appare dal fatto che ogni scoperta per alcuni prova la fede, per altri la nega, per gli uni soluzione, per gli altri problema e cos via. Non vi , quindi, scoperta o asserzione scientifica che non possa venire confutata, contraddetta, mutata, confermata o neutralizzata da un'altra, in una pendolarit senza fine, che non giunge mai a conclusione. Immiserire e isterilire le grandezze di fede e scienza in questi giochetti cos squallidi e inconcludenti, non n saggio n utile. Tutt'altra discorso va fatto, invece, per i problemi che le scienze sollevano senza poter risolvere coi loro metodi e logiche. Essi emergono dalla ricerca professionale diretta e quotidiana degli operatori scientifici e costituiscono il vero nodo cruciale. Tali problemi di origine rigorosamente scientifica, ma non di natura scientifica non vanno confusi con quelli analizzati nei precedenti capitoli, che riguardano l'analisi storica ed epistemologica delle scienze. Non vanno neppure confusi con i grandi problemi dell'ultimit come: chi siamo, di dove veniamo, dove andiamo, che cosa dobbiamo fare, che senso hanno l'universo, la vita umana, ecc., che riguardano la filosofia, la metafisica, le religioni, l'etica e la teologia6. Intendiamo qui gli importanti problemi che le scienze vedono sorgere dal loro interno e che non 33

possono risolvere n spiegare con i loro principi, metodi e logiche, perch trascendono le loro capacit di spiegazione, di comprensione e d'interpretazione. Essi sono numerosi e riguardano in particolare: 1) ogni tipo di esistenza in quanto tale; 2) l'esistenza di questo universo descritto dalle scienze naturali; 3) l'esistenza della vita rilevata dalle scienze biologiche; 4) l'esistenza dell'io, (persona e personalit) studiato e descritto dalle scienze umane e sociali; 5) i problemi della libert individuale, emergenti all'interno dei determinismi dell'universo fisico; 6) le disarmonie e i dualismi relativi al male, dolore e disordine messi in luce dalle scienze antropologiche e mediche. Questi problemi emergono dall'esperienza della ricerca e sono, per tutti gli operatori scientifici, l'occasione pi importante per riflessioni storico-scientifiche, epistemologiche ed ermeneutiche. Esse sono la base per il dialogo trans-disciplinare a livello filosofico, etico, religioso e teologico. Per lo scientismo, la scienza doveva risolvere tutti i problemi umani, invece ne ha creato sempre nuovi, superiori alle sue possibilit.7 Ci si spiega con i seguenti fatti e ragioni. 1) Le conoscenze scientifiche sono parziali, limitate e ristrette, per cui non consentono una comprensione generale e una spiegazione globale della realt.8 2) Le realt pi significative e decisive per l'uomo, la societ e le culture non sono verificabili dalle scienze. 3) Alcuni aspetti della realt possono essere spiegati dalle scienze non, per la sua esistenza. 4) Molte realt e avvenimenti, logicamente e teoricamente possibili dal punto di vista scientifico, non esistono n accadono.

4.

Ricerca scientifica: confini invalicabili e aporie insuperabili

La scienza, quindi, sempre in contatto con realt di cui conosce l'esistenza, l'intima razionalit e coerenza, le cause fisiche, ne descrive e misura le sequenze nel tempo e nello spazio. Pu escludere quindi con certezza ogni ipotesi magica, occultistica e fantascientifica. Queste realt, per, esigono una causa e spiegazione che la scienza non pu dare n trovare, non potendo uscire dal suo sistema esplicativo.9 Esso si svolge entro questi confini rigorosi: a) i presupposti metascientifici, indimostrati e indimostrabili, che lo rendono possibile; b) i problemi metascientifici, che solleva ma non pu risolvere; c) gli interrogativi ulteriori, che pone senza potervi rispondere. Tutto ci che sta oltre questi confini l'ambito normale del pensiero e discorso filosofico, religioso, etico e teologico che il pi rilevante per l'uomo, la cultura e la stessa scienza. Le scienze sono sempre pi alle prese con l'infinitamente piccolo, l'infinitamente grande, e l'infinitamente complesso. Nel primo, particelle inafferrabili e onde vanificano ogni tentativo di focalizzare con precisione la loro elusiva identit. Nel secondo, l'immensit materiale sembra svanire nel nulla. Alle intime radici dell'essere e alle sue estreme propaggini, la certezza scientifica svanisce.10 La ricerca subatomica, che va ben oltre i limiti della conoscenza sensibile, si rif ad interpretazioni immateriali nelle quali subentra la metafisica. Il progetto moderno di raggiungere i pilastri dell'universo ha portato a riconoscerne la natura non pi fisica, ma metafisica. Al riguardo, il cosmologo McCrea sottolinea, che, osservando le regioni pi remote dell'universo, ricaviamo informazioni sempre pi incerte sui suoi stadi iniziali, e dobbiamo sempre pi dipendere dalle nostre deduzioni razionali, per completare quel che impossibile ottenere da osservazioni ed esperimenti. Le scienze contemporanee mostrano l'impossibilit di conoscere, in modo esaustivo, la pur limitata porzione di realt di cui si occupano. Il pessimismo agnostico di Spencer e il suo ignorabimus (non sapremo mai) sono per infondati perch, ad esempio, il limite insuperabile della visibilit dei microscopi ottici fu aggirato dai microscopi elettronici e protonici; l'impossibilit di conoscere la composizione dei corpi celesti (Comte) fu superata con l'invenzione dello spettroscopio. Alcuni uomini di scienza ritengono oggi che alcune acquisizioni convergano verso una cosmologia unitaria e un inizio: costanti fisiche matematicamente definite, leggi e principi

33

universali (gravitazione, conservazione della materia, elettrodinamica, degradazione dell'energia, ecc.); grandi teorie unitarie (elettromagnetismo di Maxwell, teoria dell'energia cinetica, teoria dei comportamenti termodinamici della materia, teoria chimica di Mendeleyeff fisica nucleare, ecc.), teoria dell'evoluzione (mondo biologico mosso dal suo interno). Esse conducono a un progetto che viene da lontano, di cui la scienza ignora finalit, traguardi e gran parte dei meccanismi, ma di cui percepisce l'immensa complessit e programmazione, condensate nel cuore di una cellula e nel codice genetico di ogni vivente. Pure nelle matematiche emerge una convergenza, per cui una singola formula pu contenere infinite figure geometriche e ipergeometriche, dalle pi semplici alle pi complesse. Un concetto semplice e unitario, quindi, pu concentrare molte entit estremamente differenti. Altri esempi significativi derivano da realt prima ritenute contraddittorie (energia-massa, spazio-tempo, corpuscoli-onde) e poi conciliabili in sintesi di ordine superiore. Occorre un fondamento trascendente per consentire a forme matematiche e realt sensibili di raggiungere un'unit, inconcepibile senza di esso. Tutto ci mostra quanto sia attuale e significativo, riguardo all'esistenza di quest'universo ontologicamente contingente, un annuncio di fede su un pensiero divino, capace di abbracciare, nel suo atto unico e semplicissimo, la totalit dell'esistente e del possibile.

5.

Sintesi conclusiva

Ricapitoliamo i punti pi significativi per elaborare una cultura scientifica e avviarla a un proficuo dialogo con la teologia. 1) Le affermazioni scientifiche non sono semplici descrizioni oggettive e neutre della realt, ma complessi sistemi linguistici (termini, concetti, immagini, simboli, ipotesi, logiche, teorie, linguaggi, ecc.,) condizionati da presupposti da verificare e interpretare. Esse contengano limiti, ambiguit ed errori inavvertiti, che solo col tempo saranno scoperti e corretti. 2) Le proposizione scientifiche vanno riferite ai problemi e contesti storico-culturali in cui furono formulate, fuori dei quali sono ambigue e non interpretabili correttamente. 3) Le rappresentazioni scientifiche sono descrizioni simboliche non identificabili con la realt. 4) Le scienze sollevano problemi di alto valore euristico, gnoseologico e ontologico che non possono risolvere con i loro metodi esplicativi ma devono affidare ad altri approcci e ambiti cognitivi di riflessione e verifica (filosofia, etica, religione, teologia). 5) L'eccessiva frammentazione specialistica rende le acquisizioni scientifiche gi parziali e unilaterali, pure incomunicabili. Di qui l'esigenza di una mediazione trans-disciplinare con storia delle scienze ed epistemologia, per poi dialogare con filosofia, etica e teologia. 6) Il rigore delle scienze formali (logica e matematica) si limita al rispetto delle procedure che conducono dalle premesse alle conclusioni. Il loro carattere assiomatico, per, non consente il controllo dei propri fondamenti e presupposti, che condurrebbe ad asserzioni indecidibili. Di qui l'esigenza del dialogo con gli atri saperi 7) Il dato scientifico non esprime la realt, ma sue interpretazioni condizionate dai presupposti adottati. Questi caratteri, ponendo tutti saperi in condizioni di parit rendono possibile il dialogo transdisciplinare.
G. Gismondi, Fede e ragione scientifica. I limiti strutturali del razionalismo scientifico, Rovigo 1980, 136; Cf. L. Lenoble, "Origines de la pense scientifique moderne", in Encyclopdie de la Pliade, Histoire de la science, Paris 1967, 505-507, 529-530. G. Gismondi, Fede e cultura scientifica, Bologna 1993, 189-204; J.B. Conant, Modern Science and Modern Man, New York 1952.
3 4 2 1

P. Poupard (a cura di), Galileo Galilei, 350 anni di storia, Roma 1984.

G. Gismondi, Umanesimo scientifico e pensiero cristiano. Le potenzialit umanistiche della scienza, Rovigo 1982.

33

5 6 7

G. Gismondi, Critica ed etica nella ricerca scientifica, Torino 1978. G. Gismondi, Etica fondamentale della scienza, Assisi 1997.

Cf. B. Cohen, Franklin and Newton, Philadelphia 1956; R. Rupert Hall, The Scientific Revolution,(tr. it. Milano 1976). G. Gismondi, Scienza, coscienza, conoscenza, Assisi 1999; J.W.N. Sullivan, The Limitations of Science, New York 1960.
9 8

F. Jacob, La logica del vivente, Torino 1971, 377. V. Arcidiacono, "Scienziato", NDS , 1386-1389, 1395-1400.

10

33

7. CULTURA SCIENTIFICA COME IMPEGNO CRISTIANO


Gli elementi a favore della cultura scientifica sono rilevanti: spessore culturale della scienza, significato della cultura scientifica nel contesto storico e spirituale dell'umanit, contributo a un dialogo costruttivo con fede, etica e teologia. La cultura scientifica, nella sua dimensione concettuale, muove dalle acquisizioni scientifiche (discorso della scienza), procede con il loro vaglio critico mediante la storia delle scienze e l'epistemologia (discorso sulla scienza) e si completa nella riflessione transdisciplinare con la filosofia, la teologia e l'etica. un impegno complesso che comporta vasti problemi, poich l'impresa scientifica coinvolge valori, atteggiamenti, comportamenti e modelli di vita (radici della cultura), mediante i quali influenza persone, culture e societ. Per questo fede e religione si sentono particolarmente interessate e coinvolte.

1.

Trasformazioni postmoderne e atteggiamento dei credenti

Abbiamo visto che i modelli di scientificit che si susseguono nel tempo variano per numerose ragioni storiche e teoriche. Occorre, quindi, elaborare nuovi modelli, pi adeguati alle nuove sfide della complessit, della maturazione delle coscienze e dei grandi problemi socioculturali dell'umanit. Dagli operatori scientifici e le loro ricerche pi avanzate emergono interrogativi, problemi e istanze di approfondimento eticomorale che esigono ulteriore riflessione aperta ai valori trascendenti. Gli attuali sviluppi storico-scientifici, epistemologici e filosofici favoriscono tale approfondimento. L'impegno scientifico ha consentito di accumulare un immenso patrimonio di esperienze, conoscenze scientifiche e riflessioni storiche, epistemologiche, metodologiche, filosofiche, etiche e teologiche mai possedute dalle generazioni precedenti. una ricchezza da sottoporre ad accurata elaborazione e valutazione, per ricavarne i dati culturali e umani pi rilevanti. Valorizzare questo patrimonio culturale indispensabile per l'umanit, perch l'attivit tecnoscientifica trasforma radicalmente la vita umana e ne muta il contesto. Interpretarne correttamente le componenti fondamentali, i valori e i significati parte essenziale della cultura scientifica. Al riguardo, uno dei maggiori problemi la valorizzazione culturale delle numerose cosmovisioni o immagini dell'universo, ormai riconosciute provvisorie, mutevoli, storicamente datate, culturalmente condizionate e falsificabili da ogni nuova scoperta. Ogni nuova teoria pu originarne un'altra diversa. Non dobbiamo sopravalutarle ma analizzarle come contesti culturali entro i quali le esperienze religiose e le realt di fede si configurano pur rimanendone rigorosamente distinte. Oggi, superati i pseudo-conflitti del passato, l'interesse per il dialogo si sposta su temi pi urgenti e incisivi: significato ed eticit degli interventi sempre pi incisivi su le persone e la specie; conseguenze delle scienze informatiche su persone e societ; significati e conseguenze della complessit. Gli urgenti e delicati problemi etico-morali implicati provocano interesse per quei valori trascendenti, che sembravano definitivamente estranei all'ambito scientifico. Il dialogo fra fede e cultura scientifica catalizzato da queste urgenze. La nuova situazione storica e culturale dell'umanit conferma la necessit di non tornare ai vecchi confronti, ma di avanzare nella verifica critica sulla scienza condotta ai vari livelli: personali, storici, epistemologici, metodologici, umanistici, filosofici, etici e teologici, analizzati nei precedenti capitoli. Questo itinerario esige che quanti s'impegnano nel dialogo conoscano i dinamismi della cultura scientifica e i suoi profondi influssi su persone e societ. Ci riguarda, in particolare, i credenti chiamati a formulare proposte culturali ed etiche convincenti e teologicamente corrette, in base al discernimento evangelico.

2.

Umanizzare scienza e cultura

Occorre valorizzare la tradizione dei grandi scienziati di ogni tempo, da Newton e Galilei, a Einsteini, Heisenberg ecc., che coniugando profonda religiosit e genuino umanesimo scientifico, alimentarono ricerche innovatrici e creative.1 Costretti sovente a operare in contesti culturali condizionati da preclusioni immanentiste, razionaliste, empiriste e positiviste, in base alla loro fede, seppero valutare con grande equilibrio i limiti e le inesauribili potenzialit umanistiche ed etiche delle scienze. La loro apertura ai valori etici, spirituali e trascendenti e una sentita religiosit li immunizzarono dalle degenerazioni scientiste. Queste qualit, per secoli appannaggio esclusivo dei maggiori geni e scienziati, vanno diffuse fra tutti gli uomini di scienza. Occorre predisporre, quindi, tempi, spazi e modi per il confronto, il dialogo, l'orientamento positivo della creativit, il sostegno della loro tensione etica e il rafforzamento delle istanze di valori trascendenti. Il nuovo spirito scientifico, va indirizzato a significativi sbocchi spirituali, culturali e sociali, gi indicati da Paolo VI: "la scienza non basta a se stessa, n pu essere fine a se stessa. Essa non che da e per l'uomo, perci deve uscire dal cerchio della sua ricerca e aprirsi all'uomo e di l alla societ e alla storia intera".2 Il nuovo spirito scientifico deve occuparsi delle esigenze interne della scienza come il pluralismo metodologico o necessit di criteri di scientificit, rigore e oggettivit meno formalistici e rigidi, ma pi essenziali e duttili. Le scienze della religione e umano-sociali trarranno notevoli benefici da una scientificit specifica, rispondente alle loro proprie esigenze, libera da dogmatismi naturalistici. Per il nuovo spirito scientifico la capacit rinnovatrice e umanizzante della scienza si legher sempre meno alle scoperte e applicazioni (prodotti) e sempre pi alle trasformazioni culturali (atteggiamenti e comprensioni) di persone e comunit. Occorre quindi valorizzare maggiormente la capacit della scienza di: a) potenziare la creativit inesauribile della mente umana; b) pensare la realt in modi sempre nuovi, originali e diversi. Ci significa lasciare emergere non solo forme, strutture funzionali, leggi e principi che regolano la realt, ma anche l'inesauribile ricchezza della natura-creazione e dei suoi contenuti, sensi e significati, che superano infinitamente le nostre capacit di spiegazione, di comprensione e d'immaginazione. Infine, la ricerca solleva incessanti problemi, nuovi e decisivi, sull'universo, l'uomo e la storia, che essa non pu risolvere ma che sfidano la filosofia, etica, religione e teologia. Altri temi culturali significativi sono: il riconoscimento del ruolo attivo del soggetto nella ricerca; la valorizzazione degli elementi simbolici, intuitivi, emotivi, immaginari e congetturali del discorso scientifico; la rivalutazione delle connessioni fra pensiero scientifico, metafisico, religioso e filosofico; la parzialit, provvisoriet e fallibilit delle conoscenze scientifiche; la mutevolezza delle immagini scientifiche dell'universo e della natura (meccanicismo, determinismo, evoluzionismo, organicismo); l'insufficienza delle spiegazioni esclusivamente causali (necessit) o casuali (caso); l'elusivit del presunto rigore formale delle procedure; l'importanza della complessit e della finalit. Queste acquisizioni, frutto di lunghe ricerche e riflessioni critiche, che hanno rinnovato profondamente la scienza contemporanea, sono argomenti inesauribili di approfondimento e dialogo per la cultura scientifica. Questi elenchi di problemi indicano che la fede cristiana pu misurarsi oggi con un interlocutore scientifico postmoderno profondamente diverso: pi cauto, maturo, meno dogmatico e pluralista.

3.

Contributi della fede al la cultura scientifica

Il dialogo pu assumere una gran variet di forme. L'unica condizione irrinunciabile la parit di tutti gli interlocutori: scientifici, epistemologici, storici, filosofici e teologici. Inoltre, esige un'elaborazione corale che rende il dialogo trans-disciplinare fin dall'inizio. Ogni interlocutore dovr conservare la consapevolezza del proprio ruolo 37

specifico e il rispetto verso tutti gli altri in quanto insostituibili e complementari. Tutti, secondo la propria identit specifica, potranno attingere al Logos, ragione creatrice e fondatrice dell'esistenza, della natura e del significato di tutta (e tutte) la realt. Il ruolo della fede, come adempimento del suo ruolo euristico, di ricordare che la razionalit che sostanzia cose ed eventi, dalla sua origine prima al suo fine ultimo, non solo verit, ma anche eticit, giustizia e amore. Essa deve rinviare costantemente a quella razionalit che non proviene dalle cose, ma le trascende infinitamente, ne costituisce l'intima natura e la legge pi profonda. In questo modo, il dialogo con la cultura scientifica, potr aprire spazi di comune riflessione come strada verso il vero.3 In questo dialogo, come vedremo nei prossimi capitoli, le scienze della religione offrono un sostanziale apporto offerto che va dalla riscoperta del valore umano e culturale della religione alla sua valorizzazione teologica. Paradossalmente, tali discipline dovevano affrettare l'eclissi definitiva del sacro e la fine irreversibile della religione. Anche questo fatto, segno dei tempi, deve incoraggiare l'impegno dei credenti a elaborare una vera cultura scientifica. In queste riflessioni emerso pi volte che il discorso sulla scienza un discorso sull'uomo, che ogni giudizio sulla scienza chiama in causa l'uomo e che ogni speranza per la scienza nasce dalla speranza dell'uomo. Quindi, se la scienza divenuta disumanizzante e una cultura scientifica non esiste ancora, l'uomo il primo responsabile per umanizzare della scienza ed elaborare una cultura scientifica. La scienza il pi significativo indicatore del comportamento umano, di cui rispecchia debolezze, ambiguit, errori e incoerenze. Lo pure dell'autentica condizione umana, di cui fa trasparire la sete inesauribile di verit, che continua a farsi strada nel groviglio degli ineliminabili problematicismi e nonostante la propria intrinseca fallibilit. giusto, quindi, definirla immagine speculare dell'uomo, come dice l'umanesimo scientifico. La coscienza cristiana chiamata a riflettere sul fatto che, per circa tre secoli, milioni di credenti hanno sofferto come smentita, pericolo o alternativa alla propria fede e religiosit, ogni scoperta, teoria o ipotesi avanzata dalla scienza, oppure hanno cercato, nella scienza, verifiche e conferme a una fede divenuta dubbiosa e vacillante. Entrambi gli atteggiamenti esigono seria revisione. Redemptor Hominis ci chiede, al riguardo, se la nostra fede abbastanza: a) premunita contro gli eccessi dell'autocriticismo, b) critica di fronte alle altrui critiche, c) solida davanti alle novit, d) matura nel discernere, e) capace di valorizzare cose nuove ed antiche.4 Sono domande pertinenti ed essenziali per verificarne la qualit, aggiornarla, renderla pi autentica, dinamica e matura. La fede non ci data per gratificazioni, conferme o sicurezze personali. Ha fine assai pi nobili e importanti: "non ci data per essere conservata come possesso esclusivo o mezzo di prestigio personale, ma per essere condivisa e partecipata, ed esperienza di gioia, comunicando un bene spirituale come il sapere, vedere che esso non si esaurisce, ma si moltiplica e guadagna sempre pi, in quella semplicit e chiarezza che il segno della verit".5 Condividere e partecipare questa esperienza di gioia a tutta l'umanit sar possibile, nel terzo millennio, se c'impegneremo a costruire quella cultura scientifica che: "non si oppone n alla cultura umanistica n alla cultura mistica, perch ogni cultura autentica un'apertura verso l'essenziale e non esiste verit che non possa diventare universale".6
AA.VV. Da Galileo alle stelle, Padova 1992; Galilei: "Infinitamente rendo grazie a Dio, che si sta compiacendo di far me solo primo osservatore di cosa ammiranda et tenuta a tutti i secoli occulta". Paolo VI, "Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, 23 aprile 1966", in L. Nicoletti (a cura), Paolo VI, Insegnamenti sulla scienza e sulla tecnica , Brescia 1986, 31-36. Giovanni Paolo II, "A scienziati e studenti, Colonia, 15 novembre 1980", in La traccia, 1980, 10, 928-932.
3 2 1

37

4 5

Redemptor Hominis, 4.

Giovanni Paolo II, "Ai docenti universitari, Bologna, 18 aprile 1982", in La Traccia, 1982, 4, 513-516.
6

Giovanni Paolo II, "Al CERN, Ginevra, 15 giugno 1982", in La Traccia, 1982, 6, 815-817.

37

8.

STORIA E FENOMENOLOGIA DELLA RELIGIONE

Dopo avere analizzato le potenzialit insite nel nuovo spirito scientifico e le possibilit generali di una cultura scientifica in s, e ai fini di un dialogo transdisciplinare fra tutti i saperi, passiamo ora alla fase successiva. In essa dovremo verificare le potenzialit e possibilit specifiche di un rapporto fra le scienze della religione e la teologia, che l'oggetto della nostra ricerca. Esamineremo ciascuna delle discipline, seguendo l'ordine del loro apparire storico e sviluppo teorico. Iniziamo, quindi con la prima: la storia delle religioni assieme alla fenomenologia della religione, considerata la sua normale continuatrice e il suo logico sviluppo. Alcuni negano tale continuit o la stessa legittimit della fenomenologia. Ci soffermeremo solo sugli aspetti pi pertinenti alla nostra ricerca.

1.

Storia delle religioni

La storia delle religioni, disciplina autonoma con oggetto e metodo propri, intese liberare la dimensione religiosa e le sue dinamiche dalle dipendenze teologiche. Affondando le radici nel razionalismo, illuminismo e deismo inglese, trov nella Storia naturale della religione (1757) di Hume un referente fondamentale. Muoveva dalla negazione di un autore intelligente del complesso della natura che implicasse la dimensione religiosa nell'uomo, emersa successivamente, come impostura e superstizione, destinata a scomparire definitivamente. Suo contesto immediato furono lo storicismo tedesco e il metodo positivista. Spiegava le realt complesse con quelle semplici, ideava parallelismi arbitrari, generalizzazioni naturalistiche e interpretazioni evoluzioniste. La reazione a tale evoluzionismo forzato inizi alla fine del XIX, secolo nelle scuole etnologiche nordamericane e di Vienna. In Italia, una scuola storicistica crociana si svilupp dal secondo decennio del secolo XX. Il fondatore, R. Petazzoni, negli ultimi anni percep la necessit di superare le unilaterali posizioni storiciste.1 I suoi discepoli E. De Martino, A. Brelich e V. Lanternari, per, evitarono sempre i problemi epistemologici.2 U. Bianchi, invece, svilupp riflessioni epistemologiche e metodologiche, considerando la religione un grande universale storico, constatabile in tutte le epoche e culture con rigoroso metodo storico-positivo. Esso mette in luce credenze e prassi dotate di notevoli affinit o comunanze. Il concetto di religione analogico di analogia di partecipazione, senza analogatum princeps sul quale misurare elementi analoghi. Consente di parlare, al massimo, di elementi periferici (pi problematici come tipologia storica) o centrali (maggior numero di elementi analogici). La storia scientifica delle religioni ammette solo questo metodo induttivo, positivo e storico-comparativo.3 Esso l'unico modo per garantire l'assenza di tutto ci che la potrebbe condizionare. Alla domanda di come si realizza un'analogia senza "analogatum princeps", Bianchi rispondeva rifacendosi al concetto degli elementi comuni del "giuoco" di Wittgenstein. Senza concetto univoco n definizione si ha un complesso di elementi che, diversamente combinati, tengono insieme il vario mondo della religione, che non pu avere confini precisi, perch tutti o alcuni degli elementi che li compongono possono sistemarsi pure su altri reticoli (filosofie, sapienze ecc.). L'unica fenomenologia, nella ricerca positiva dei fatti religiosi, sarebbe quella implicita nella ricerca storicocomparativa della storia delle religioni. Bianchi accettava una fenomenologia storica della religione, risolta senza residui nella storia delle religioni, che preferiva chiamare tipologia storica della religione e delle religioni. Contestava, invece una fenomenologia, che si riservasse qualcosa come un archetipo, o si basasse sulla definizione di universale univoco, la definizione elettiva della sostanza, l'essenza della religione o ragionasse per categorie o suddividesse genus et differentiam. Perci negava

l'esistenza di sensi e significati ulteriori, esclusi quelli legittimi per la filosofia e la teologia.4

2.

Fenomenologia filosofica: dall'oggetto al soggetto

Per capire la novit della fenomenologia, rispetto alla storia, dobbiamo ricordare il dibattito filosofico del XX secolo e il concetto di mondo della vita (Lebenswelt), che aliment la riflessione epistemologica da Dilthey, Heidegger a Gadamer. Husserl voleva superare la dicotomia soggetto-oggetto, su cui si basava la pretesa oggettivit scientifica. Ricordava che prima di ogni scienza vi il mondo della vita, terreno di costante validit cui sempre riferirsi.5 Di qui la necessit di un'epistemologica radicale che evidenzi le basi di ogni processo conoscitivo, dimenticate dalla scienza. Evidenzi l'esigenza di un concetto di scienza, che esplorasse sistematicamente le intenzionalit operanti nell'unione inscindibile di senso e validit, che coinvolgono tutte le operazioni spirituali. Il mondo della vita il campo delle intuizioni, non arbitrarie n irrazionali, sempre presenti nella vita, che fondano le conoscenze. In chiave trascendentale, esse sono le condizioni di possibilit e validit del comprendere. Il substrato pre-categoriale permette di indagare radicalmente la validit delle conoscenze e dei vissuti intenzionali, dove il mondo dell'ovviet e del quotidiano mostra l'ineliminabile nesso di dato e significato. Le intenzionalit religiose, quindi, non vanno messe fra parentesi, ma esplicitate, come elementi del fenomeno religioso. Si supera cos la mentalit riduttiva, che non si assume alcuna responsabilit nei confronti della religione e considera i suoi giudizi di valore precostituiti, non pertinenti, oltre i limiti della scientificit. Essa, per, tratta l'uomo come una cosa e non come un soggetto. Nessuna disciplina, quindi, pu impedire di passare a tipologie riguardanti i fenomeni religiosi (convergenze, uniformit, regolarit, analogie, ecc.), n di assumerle per comprendere le dimensioni essenziali dell'esperienza religiosa, attuantesi nelle pi diverse modalit.6 La fenomenologia della religione mette fra parentesi l'idea di verit oggettiva delle scienze e propone la precomprensione religiosa come approccio valido al vissuto religioso. L'esperienza religiosa non separabile dai significati religiosi, iscritti nella coscienza e dalle modalit in cui appare il mondo della vita religiosa. La fenomenologia pone fra parentesi l'oggettivit e i rivestimenti concettuali costruiti dalle scienze, per liberare i significati che si rivelano nel fenomeno. Esige di studiare la ricchezza e variet dell'esperienza umana, con metodi non riduttivi, capaci di rispettare la complessit e profondit espresse dalla fenomenologia di Husserl. Concentra l'attenzione sui fenomeni storico-culturali dell'uomo, che esigono comprensione profonda e partecipata e rivendicano l'autonomia, libert e spiritualit della persona.

3.

Fenomenologia della religione

La fenomenologia storico-comparata, al di l dello studio storico-comparativo dei fenomeni religiosi, indaga il significato di un fenomeno in quanto religioso e non: storico o socio-culturale. Lo studio comparativo dei dati le offre una visione pi accurata rispetto dell'esame separato. Considera i fenomeni religiosi inseparabili dall'homo religiosus e dal suo comportamento. Suo ambito l'indagine sui fenomeni religiosi, come esperienze vissute dall'homo religiosus, nella loro struttura globale: intenzionale, linguistica, sociologica e culturale. Non parte dalle cose ma dalle persone.7 Non filosofia, ma scienza empirica della religione, secondo il nuovo spirito epistemologico e scientifico, libero dagli stereotipi scientisti e positivisti.8 Con "scienze della religione", infatti, si designa un vasto ambito di discipline ermeneutiche, che studiano le religioni e la loro storia con metodi empirici, ispirati alla metodologia fenomenologica, assai ampi.9 42

La fenomenologia della religione: a) inizia le ricerche su base empirica, escludendo le metodologie deduttive e aprioristiche; b) rileva l'intenzionalit della coscienza e il significato oggettivo dei fenomeni, come totalit dotate di senso; c) riconosce i limiti di ogni metodo che accerti aspetti parziali (psicologici, sociologici, antropologici) di realt complesse; d) sostiene che ogni scienza o disciplina ha metodi e approcci diversi.10 Agli inizi intendeva trattare i fatti della coscienza umana e spiegare le forme esterne, in base ai processi interni e le relazioni interiori. In seguito restrinse i contenuti al classificare il materiale etnografico e storico, connesso alla religione, lasciando l'analisi del fenomeno e della coscienza religiosa alla filosofia.11 Diede massima importanza a culto, dottrina e sentimenti religiosi, presenti nei corrispondenti "atti" che diventano il suo "materiale". Come iniziale ipotesi di lavoro considerava il Dio vivente, che si manifesta in tutte le nazioni, come il solo Dio reale. Ammise, tuttavia, l'esigenza di pi oggetti. Alcuni considerano R. Otto (1869-1937) suo precursore, per l'idea del sacro. Per altri tale idea e metodo sono filosofici, venendo da un a-priori filosofico e non da ricerche empiriche.12

4.

Presupposti, metodologia, scopi, oggetto

La fenomenologia non soltanto constata e spiega l'universalit del fenomeno religioso, ma l'interpreta per comprenderlo. Tiene conto dell'uso linguistico che, in una cultura e popolo determinati, chiama religioso un determinato aspetto dell'attivit umana e denomina religione l'insieme delle attivit che gli si riferiscono. Applica il metodo delle scienze sociali. Parte dai casi in cui l'uso linguistico, e la percezione comparativo-intuitiva, sono stabili e certi, per passare a chiarire i casi dubbi e incerti, per mezzo di analogie. Muove dalle maggiori tradizioni religiose mondiali, antiche e attuali, considerate religioni. In questo modo, la storia comparata e la fenomenologia, al di l delle loro diversit, percepiscono le somiglianze su cui si fondano i loro concetti analogici (miti, riti, preghiere, sacrifici ecc.). Condividono, infatti, tre presupposti: uso dei concetti analogici; criterio dell'originalit e originariet del fenomeno religioso; focalizzazione dell'esperienza religiosa come proprio specifico. L'analogia fondata sulla somiglianza tra i rapporti. Originalit e originariet derivano dal carattere globale dell'esperienza religiosa che coinvolge intelligenza, sentimenti, emozioni, volont, libert, interpersonalit, socialit, cultura ecc. La specificit consente di guardare correttamente alla globalit del fenomeno, per cercarvi l'unit di senso, proposta in modo scientifico e metodologico, ossia come ipotesi falsificabile. Oggetto materiale remoto della fenomenologia sono gli atti umani, coscienti e liberi posti dall'uomo religioso. Oggetto materiale prossimo l'esperienza religiosa, come rapporto di un soggetto religioso, attraverso i suoi atti, con un oggetto religioso. Il soggetto religioso studiato con l'introspezione riflessiva dei suoi atti interiori e la rilevazione dell'intenzionalit espressiva dei suoi atti esteriori. La storia comparata delle religioni desume dai suoi risultati l'oggetto religioso. La fenomenologia gli aggiunge il metodo sistematico della comprensione, dell'intenzionalit della coscienza e dell'epoch. Non prescinde, quindi, dai risultati della storia comparata, ma vi instaura un pi alto livello di comparazione per scoprirne forme, tipi e strutture pi generali. Mette in luce, soprattutto, gli elementi comuni e durevoli e gli aspetti sistematicostrutturali. Fissando gli aspetti permanenti del fenomeno cerca di farne emergere quelli dinamici, completando e aiutando le finalit dello storico. Inoltre l'attenzione alle strutture ne fa risaltare le tensioni interne e la possibilit di rotture. Cerca, quindi, una comprensione pi universale degli aspetti relativamente permanenti e delle strutture della religione.

42

5.

Sguardo sintetico e valutazione

La fenomenologia della religione scienza empirica ermeneutica (scienze umane) che unisce dimensione storico-empirica e globale ermeneutica. Essa: si basa sull'esperienza e l'induzione etnologica storico-comparata; fa emergere le analogie reali fra le religioni storiche; coglie l'atto religioso nella duplice dimensione esterna e interna; allude al trascendente e la sua capacit di dare e cogliere senso e comunicazione; s'interessa alla totalit dell'esperienza religiosa e cerca il senso del "tutto" religioso come insieme; conferisce il senso e riconosce il primato del conscio su inconscio ed emozionale. Unendo spiegazione o analisi delle parti che compongono il tutto, alla interpretazione per comprendere il senso del tutto, evita l'empirismo che prescinde dal tutto e l'idealismo che astrae dalle parti. Studia, quindi, i fenomeni religiosi in modo critico, sistematico e metodico, per raggiungerne una comprensione profonda. Con l'epoch giunge a interpretare gli elementi analoghi della religione e delle sue manifestazioni, esaminate ai livelli tipologici comuni delle religioni. Muovendo dalla percezione sensibile, intellettiva, immediata e spontanea dei dati, considera progressivamente la profondit di forme, tipi e strutture che emergono, per attingere il fondamentale nucleo intelligibile, dell'esperienza religiosa globale. L'epoch strumento specifico e garanzia di un giudizio il pi possibile rigoroso ed obiettivo. Ci che viene messo in parentesi in sede fenomenologica, viene poi ripreso, valutato e giudicato in sede filosofica e teologica. La ricerca e classificazione dei tipi finalizzata alla comprensione profonda dei fenomeni. Tipo una configurazione relativamente stabile di tratti distintivi del fenomeno, colto in profondit. Eliade dedic gran parte della sua produzione comparatista a rilevare tipologie caratteristiche con sicura base empirica. A livelli pi profondi di comprensione corrispondono stratificazioni, non solo tipologiche ma simboliche, che rivelano un senso pi profondo.13 La fenomenologia rileva anche strutture e complessi.14 Le strutture, mai rilevabili immediatamente, sono colte con un'intuizione comprensiva totalizzante. Quelle religiose, esaminate in senso sincronico (contemporaneit) e diacronico (evoluzione) evidenziano le connessioni pi profonde e unitarie dei fenomeni religiosi (esperienze delle persone e religioni stesse). Il concetto di complesso religioso pi vasto e designa gli insiemi relativamente stabili di forme, tipi e strutture parziali analoghi nelle religioni.15 La fenomenologia della religione rifiuta ogni riduzionismo e intende pure interpretare per comprendere. Della religione difende: l'autonomia, il carattere esistenziale e la natura di esperienza consustanziale alla natura umana. In questo modo pu fare emergere la grande complessit dei problemi coinvolti dalle scienze della religione. Condivide con tutte le scienze umano-sociali e le altre scienze il nodo problematico dell'oscillazione tra pura sistemazione dei dati e loro interpretazione, o ricerca dei significati. Tale oscillazione non arbitraria, ma deriva dall'esigenza di dare rigorosa sistemazione epistemologica e scientifica al vasto mondo dei fenomeni religiosi, emerso durante la crisi totale delle ideologie scientiste e del riduzionismo positivista. Le scienze della religione accentuarono la dimensione ermeneutica, che introduceva nella scienza integrale della religione i problemi del significato, specificit e autonomia della religione, come mostrarono J. Wach, M. Eliade e J. Kitagawa. A questa tendenza si oppongono quanti limitano la fenomenologia a compiti puramente empirici, descrittivi e sistematici. Nessuno, tuttavia, pu negare l'esistenza di un ampio spazio di considerazione dei fenomeni religiosi e dei loro significati, a partire da una base puramente storica. Il dibattito rimane aperto.16
1

R. Pettazzoni, Religione e societ, Bologna 1966, 110.

42

2 3

G. Filoramo, C. Prandi, Le scienze delle religioni, Brescia 1987, 65-79.

U. Bianchi, "Il metodo della storia delle religioni", in A. Molinaro (a cura di), Le metodologie della ricerca religiosa, Roma 1983, 17-18. Bianchi, "Il metodo", 23-27; Id., Saggi di metodologia della storia delle religioni, Roma 1979; Id., "Storia delle religioni", in Le scienze della religione oggi. Atti del convegno di Trento 20-21 maggio 1981, Bologna 1983, 145-175.
5 4

E. Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Milano 1972,

151. A.N. Terrin, "Per uno statuto epistemologico delle scienze della religione", in Terrin, Bianchi, Le scienze della religione, 77-79, 106-107. C.J. Bleeker, "The Phenomenological Method", in Numen, 6 (1959); Id., Problmes et mthodes d'histoire des religions, Paris 1969; Id., "The Conception of Man in the Phenomenolgy of Religion", in Studia Missionalia , 19 (1970), 155 ss. J. Waardenburg, Classical Approaches to the Study of Religion, 2 vv., The Hague-Paris 1973; J. Wach, The Comparative Study of Religions, New York 1958. Cf. G. Magnani, "Il metodo della fenomenologia storica-comparata della religione", in A. Molinaro, Le metodologie della ricerca religiosa, Roma 1983, 32. Sociologia: H. Desroche, Sociologies Religieuses, Paris 1968. Psicologia: E. Fizzotti, Verso una psicologia della religione, Torino 1992. P. Chantepie de la Saussaye (1887-1889); C.P. Tiele (1830-1902). Magnani, "Il metodo", 41-42. Magnani, "Il metodo", 43-44; Id., Introduzione storico-fenomenologica allo studio della religione. Preistoria e storia, metodo, teorie e realt , Roma 1977; M. Dhavamony, Phenomenology of Religion, Roma 1973.
13 14 15 16 12 11 10 9 8 7 6

Magnani, "Il metodo", 58-75. J. Piaget, Le structuralisme, Paris 1968, 5, 7-17. Magnani, "Il metodo", 76-77. Filoramo, Prandi, Le scienze delle religioni, 63.

42

9.

PSICOLOGIA DELLA RELIGIONE

Esponiamo qui un panorama storico-concettuale della psicologia della religione, collegandola allo sviluppo della scienza da cui deriva: la psicologia. Esamineremo i problemi epistemologici e metodologici di entrambe, comprese luci e ombre.

1.

Psicologia della "religione" e della "condotta religiosa"

La psicologia della religione eredit da quella generale presupposti, finalit, metodi, criteri e alterne vicende. Conoscere le origini di entrambe pu illuminare alcuni punti significativi ai nostri fini. Nel paradigma scientifico moderno, le condizioni per ridurre le manifestazioni psichiche a livello fisico si ebbero alla met dell'Ottocento. Si voleva ridurre alla materia anima, spirito e psiche, per spiegarli con mezzi sperimentali. Porre le basi di tale edificio concettuale fu uno dei tentativi pi complessi per la filosofia e la scienza dell'Ottocento. W. Wundt (1830-1920) voleva analizzare il processo conscio nei suoi elementi, determinarne le modalit di connessione e vedere se presentavano caratteri regolari che giustificassero la formazione di leggi.1 Alla fine dell'800 emersero i complessi problemi relativi alla ragione, la labilit delle strutture della realt empirica e il confine sfumato e mutevole fra livelli consci e inconsci, su cui si svolge l'intero processo conoscitivo. Nel 1900 irruppero i problemi dell'inconscio e del dibattito epistemologico e filosofico che sconvolgevano le precedenti impostazioni. Wundt, senza studiare l'esperienza religiosa, pose le basi per lo studio psicologico della religione, elaborando un'indagine psicologica su tutta la societ e storia umana, su basi puramente speculative, prescindendo da dati sperimentali e storici e con lo schema evoluzionistico, allora d'obbligo. Le religioni erano rappresentazioni fantastiche proiettive, collegate a reazioni psicologiche all'ambiente esterno. L'uomo era un esempio di evoluzione animale compiuta anche nella sua dimensione psichica.2 Alcuni ritenevano pi corretto parlare di psicologia della condotta religiosa (genitivo oggettivo) come lettura comprensiva, fenomenologica ed esistenziale, volta a illuminare il carattere intenzionale attribuito dalla persona, nel contesto della sua intera esistenza. Comprensivo, fenomenologico, esistenziale illustrano la radicale diversit di questo progetto, da quello di Wundt, culmine della temperie positivista, evoluzionista e scientista, che giudicava la religione ormai nella fase finale di scomparsa irreversibile. Lo studio psicologico della religione non fu facile, perch operatori scientifici e teologi, credenti e non credenti erano contrari allo studio scientifico della religione per motivi opposti. Per gli uni era senza significato e oggetto, per gli altri era una profanazione. Positivismo e comportamentismo davano spazio solo a prospettive empiriche. Negli ambienti teologici l'interesse verteva su prospettive pastorali. L'ostacolo maggiore, per, era la mancanza di una definizione accettata e condivisa di religione: forma istituzionale? esperienza religiosa personale? dimensione personale o formale? Ogni scelta dava letture parziali riduttive. Per riscoprire la persona come totalit, sottolinearne l'individualit, evidenziare la novit di ogni essere umano, occorreva la svolta antropologica e il nuovo spirito scientifico.3 V.E. Frankl propose una visione dell'uomo orientata al "significato", da realizzare nella libert e nella responsabilit.4 Ci coincideva con l'antropologia della religione. Tema centrale della psicologia della religione diveniva l'esperienza religiosa di singoli e gruppi, volti a conferire coerenza e significato alla loro vita.5

2.

Psicologia della religione, psicanalisi: contesto culturale

Per capire meglio le posizioni della psicologia della religione, dobbiamo inserirle nei contesti socio-culturali che le condizionarono: la tradizione americana-statunitense e quella europea-francese. La prima, a met Ottocento nella societ nordamericana industrializzate e tecnologizzata, viveva una religiosit vitale, con movimenti religiosi fiorenti e anche spiritualit orientali. Nello stesso periodo i paesi europei erano sommersi dal laicismo, secolarismo, anticlericalismo, antireligiosit e ateismo. La societ statunitense, laica e secolare, era un crogiolo di fedi e religioni, senza eguali in Europa. I psicologi americani analizzavano un materiale umano di grande interesse e vitalit.6 Nello stesso tempo, in Francia, la psicologia era dominata dall'orientamento psicopatologico e lo studio dei disturbi mentali. Vi eccelleva Charcot sotto il quale si specializz Freud. Nell'Europa ottocentesca, inondata da nuove forme di follia e nevrosi la psichiatria assunse enorme importanza. Solo pi tardi, Jung, Allport e Frankl avrebbero dimostrato che provenivano dalle contraddizioni socio-culturali della societ borghese, agnostica e irreligiosa, piena di deliri di grandezza e sogni d'inarrestabile progresso. Era naturale, per i medici del tempo, considerare le manifestazioni religiose malattie mentali. I nuovi detentori del potere (psichiatri e psicologi), forgiarono il paradigma: religione = malattia mentale. I maestri-psichiatri, Epinal, Esquirol, Charcot, ecc. s'investirono della missione di liberarne l'umanit. Privi di base e preparazione epistemologica, estrapolavano le loro esperienze, dall'anormale al normale, confondendo analogie con identit ed effetti con cause. Il misticismo divenne "patologico". I titoli dei loro libri sono emblematici. Murisier in Les maladies du sentiment religieux7 ispirato a puro materialismo medico decide che la malattia decompone i sentimenti superiori dell'uomo provocando la religione-malattia. Le fasi "progressive" sono: l'estasi o sentimento religiosoindividuale, il fanatismo o sintomo sociale, la religione contagio epidemico o infezione endemica veri e propri.8 Con questo contesto e premesse, psicanalisi e critiche freudiane alla religione erano ovvie, come sintesi dei dogmatismi illuministi, delle interpretazioni naturaliste e materialiste della religione e del riduzionismo scientista. Vi si aggiunga, poi, l'ignoranza dell'epistemologia e della storia delle scienze.9 Il pensiero freudiano sulla religione rappresentava la parte meno fondata o rilevante del suo indirizzo psicanalitico, mentre l'applicazione del suo metodo psicanalitico conteneva plessi ermeneutico-interpretativi originali e fecondi per le indagini psico-religiose. Il grande ma equivoco favore riservato ai contenuti meno fondati della dottrina freudiana, va addebitato allo spirito dell'epoca e alle scarse capacit critiche ed epistemologiche dei suoi seguaci.10 Freud rispondeva alle aspettative della societ borghese del tempo, che ne era gratificata. Utilizzava l'ideologia scientista, egemone nelle classi dirigenti, intellettuali e imprenditoriali, profetando che la scienza avrebbe spiegato e risolto tutti i problemi e cancellato i tab etici e religiosi. L'idea del principio unico che spiega tutta la realt e che le nevrosi e malattie mentali erano quello che "smascherava" le origini e la natura della religione non era sua. L'aveva appresa sotto Charcot, studiando neuropatologie e psicologia delle nevrosi. Charcot, capo della neurologia moderna, era convinto del rapporto fra religione e disordine mentale. Il suo maggior contributo alla scienza delle religioni furono le sue teorie sulla natura psicopatologica della religione.11 Fondato su tale autorit, Freud studi le forme nevrotiche a carattere religioso e le forme religiose a carattere nevrotico. Ci poteva essere utile a fini terapeutici. Purtroppo l'ideologia scientista e le sue carenze epistemologiche gli fecero elevare a legge assoluta e universale delle congetture parziali e provvisorie, poi dimostratesi false. Fra i maggiori limiti delle teorie freudiane sulle scienze della religione, vi l'assoluta inadeguatezza di

documentazione: informazioni lacunose, incerte, di seconda mano, profili storici ed esegetici del tutto fantasiose su personalit Mos e Ges.

3.

Apporti positivi: James e Jung

Di qui le critiche molte alle dottrine freudiane. Sul piano metodologico inaccettabile: riservare all'analista l'interpretazione esclusiva e inappellabile delle testimonianze personali e comunitarie sulla religione, invariabilmente negativa, ideologica e immotivata; censurare ogni critica o argomento contrario come autodifesa aprioristica e autogiustificazione; escludere rigorosamente ogni reciprocit senza giustificazione; considerare malattia mentale ogni semplice interrogarsi sul senso e valore della vita. Oggi ci giudicato un infallibile marchingegno scientista per rendere inconfutabile i dogmatismi. Per questo, molti ritengono il discorso freudiano una retroguardia del positivismo sopravvissuta al secolo XIX, che l'epistemologia dovr bonificare. Nonostante ci, i temi psicanalitici generali offrono pure utili contributi alle scienze della religione. L'impostazione freudiana, come metodo dinamico-genetico, volto a evidenziare la natura conflittuale e inconscia dei processi psichici, ha contribuito a chiarire l'aspetto motivazionale dell'esperienza religiosa. Fa porre credenze e pratiche del singolo nell'ottica di: realizzazioni dei desideri, controllo degli stimoli, duplicit dei processi di pensiero, relazioni oggettuali, genesi della coscienza e dell'ideale dell'io, economia degli aspetti libidinali e aggressivi. Questi aspetti sono i volti della realt varia e complessa della religione come qualit dinamica che intende risolvere conflitti e lotte della vita. Altro contributo positivo il riconoscimento dell'efficacia dei simboli a livello inavvertito e inconscio, da parte dei membri di una comunit, come not Eliade.12 Meslin, invece, ne apprezza lo svelamento dell'immaginario profondo nella psicologia dell'uomo religioso, che la fede riveste concretamente e fa passare all'ordine del simbolo.13 Per Milanesi e Aletti importante la scoperta delle problematiche infantili sul sorgere della religiosit umana. Esse precisano il carattere globale dello sviluppo religioso. Pure importante la concezione della religiosit come funzione dei processi di crescita umana.14 W. James, pur criticando severamente il materialismo dell'approccio freudiano, ne ritiene positiva l'attenzione al fattore dinamico, agli elementi inconsci e alle loro interazioni con il conscio. Sono problemi da approfondire in base al nuovo pensiero epistemologico e al nuovo spirito scientifico. Ritorniamo a W. James, uno dei pi lucidi critici dei dogmatismi scientifici del suo tempo: razionalismo, determinismo spenceriano, materialismo medico, metodi positivisti e meccanicismo psicologico, che dimostr insostenibili e incompatibili con una cultura aperta. Nel suo The Varieties of Religious Experience (1902) indica la religione, in quanto realt psichica, esperienza genuina, personale e interrelata alla comunit, da interpretare dalla psicologia empirica. Le religioni storiche devono corrispondere alle esigenze autentiche di ogni epoca, cultura e comunit. La psicologia religiosa studia fatti di coscienza e atteggiamenti personali emergenti dalle fonti autobiografiche. Il metodo deve ricostruire fatti completi e porli in cerchi di significato, fino a raggiungere il cuore del problema. Deve scoprire ci che unico nell'esperienza del singolo.15 In Europa, queste idee furono recepite da Girgenshon che vide, nella religione e l'esperienza religiosa, una produzione spirituale sintetica, ampia, che abbraccia forze fondamentali dell'anima e crea l'unit dei molteplici contenuti e collegamenti esperienziali. I pensieri intuitivi del divino e la convinzione che il loro oggetto una realt indiscutibile vanno riconosciuti e accettati come propri. Pure Jung precisa ulteriormente queste osservazioni accolte, ora, dalla nuova antropologia della religione. Jung muovendo dalle idee freudiane, percorse un itinerario scientifico ed epistemologico diverso e opposto. All'opposto di Freud, non diede mai statuto ontologico alle sue 6

affermazioni e rispett rigorosamente i criteri scientifici. Nella sua lunga e vasta esperienza clinica rilev la capacit psichica d'intuire l'Assoluto, la naturale religiosit dell'uomo e l'atteggiamento religioso come parti integranti della sua struttura psichica. Sulle malattie psichiche confut Freud, dimostrando che le persone si ammalano perch perdono ci che le religioni possono dare ai loro fedeli. Nessuno pu guarire se non sviluppa un atteggiamento veramente religioso.16 Per Freud lo sviluppo della vita psichica legato alla complessa maturazione dell'istinto sessuale e la religione la suprema illusione e nevrosi universale. Per Jung la vita psichica scaturisce dal mutuo gioco di differenti istinti ed impulsi, divisi in due grandi correnti: istinti di conservazione e istinti o impulsi spirituali (etica, arte, religione). Se domina una sola corrente, l'equilibrio si rompe e la personalit si decompone.17

4.

Religione: temi psicologici e antropologici

Mentre le idee freudiane hanno ricevuto crescenti critiche, quelle junghiane trovano crescente applicazione, valorizzando simboli e immaginario e consentendo utilizzi antropologici e socio-culturali.18 L'antropologia della religione ne riconosce il grande valore epistemologico, concettuale e metodologico. Meslin d un giudizio positivo sul contributo di Jung alla psicologia religiosa, riguardo a: 19 concezioni e metodo analitico utili per un'antropologia religiosa cosciente delle proprie possibilit e limiti;20 interpretazione della religione, che rileva il profondo senso psicologico di valori e patrimonio religioso dell'umanit; primato di intuizione, pensiero fantastico e sopraverbale, sentimenti, immagini ineffabili, pensiero soggettivo, linguaggio del mito e dei simboli; restituzione alla psiche della realt dell'anima;21 superamento dell'arido linguaggio razionalista, chiuso e volto all'esterno; riconoscimento della religione come religiosit individuale, esperienza immediata del rapporto con la potenza numinosa e dell'inconscio collettivo e dei suoi archetipi. Jung si ferma alla verifica empirica del dato di coscienza, senza pretendere di pronunciarsi sulla verit del dato ontologico e metafisico soggiacente. Riconosce la religione psicologicamente vera, sapendo che la via psicologica non ne coglie l'essenza, ma solo il processo di maturazione psichica e umana, provocato da ogni religione. Essa un'autentica psicoterapia, che guarisce le sofferenze psichiche e dell'anima.22 Oggi la psicologia religiosa s'interessa alla religione contemporanea i cui caratteri vaghi e indeterminati rendono difficile cogliere ci che importante per il soggetto.23 Vergote rileva il condizionamento delle posizioni personali negli operatori scientifici atei e antiteisti,24 e sottolinea la necessit di superare gli atteggiamenti della psicoanalisi. Riguardo a religione e psicologia religiosa: 1) le spiegazioni dell'una non escludono, ma completano quelle dell'altra; 2) in vari casi pervengono a conclusioni parallele; 3) nella prassi sono complementari.25 Riguardo al metodo, la difficolt maggiore e irrisolta della psicologia della religione la stessa della psicologia generale: nella ricerca, la psiche umana insieme strumento e oggetto, formando un circolo chiuso.26 L'epistemologia ha reso consapevole la psicologia religiosa che: difficile interpretare e valutare le proprie tecniche; le leggi scientifiche non sono dati ma interpretazioni per osservare e analizzare; oggettivit scientifica l'attenzione a non manipolare i dati in modo avvertito o meno.27 Psicologia, sociologia e antropologia culturale hanno rinunciato all'idea di una teoria esplicativa dell'essenza profonda della religione, perch supera i limiti della scienza, ma molte loro difficolt e contraddizioni derivano ancora dall'assenza di validi criteri epistemologici. La crescente evidenza che le origini della religione affondano nella preistoria e si ritrovano in ogni cultura mostra che la religione nata con l'uomo. Non si pu dimostrare, per, che sia una costruzione puramente umana. A considerare l'uomo creatore della religione furono lo scientismo, psicologismo, sociologismo, antropologismo ecc. 6

La psicologia comincia a percepire che nulla di ci che umano puramente psicologico, sebbene tutto lo sia in qualche modo. La psicologia della religione guarda l'uomo religioso, posto di fronte a concezioni rivali dell'esistenza e interpellato da segni religiosi provenienti da una storia immemorabile. Nel messaggio religioso il credente percepisce una luce che illumina la sua esperienza. L'apertura, non arbitraria ma ragionata, non elimina le inquietudini per una realt divina che non si pu mai conquistare. A ogni nuova difficolt l'uomo religioso deve rinnovare le ragioni della propria fede, in un processo ove la limpidezza non assoluta a causa dell'oscurit delle radici affettive, la pesantezza delle strutture e le incertezze della vita che coinvolgono le motivazioni di fondo. Le scelte di fede, cuore del rapporto religioso, travagliate da contraddizioni e contestazioni, esigono sempre sofferte delucidazioni, perch la religione non una teoria del mondo, ma vita ed esperienza.28
1 2 3 4

S. Poggi, Le origini della psicologia scientifica , Torino 1980, 10-11, 16. G. Filoramo C. Prandi, Le scienze delle religioni, Brescia 1987, 159-161. E. Fizzotti, Verso una psicologia della religione, Torino-Leumann 1992, 18-22, 24-25, 47.

V.E. Frankl, Der Wille zum Sinn. Ausgewhlte Vortrge ber Logotherapie, Bern 1982, 108-118.
5 6 7 8 9

J.M. Yinger, The Scientific Study of Religion, New York 1970, 11. Per le citazioni cf. Filoramo, Prandi, Le scienze, 164. E. Murisier, Les maladies du sentiment religieux, Paris 1901. Filoramo, Prandi, Le scienze, 162-163. G. Gismondi, Fede e cultura scientifica, Bologna 1993. F. Ferrarotti, Una teologia per atei, Bari 1984, 134. Fizzotti, Verso una psicologia, 118, 94. M. Eliade, La nostalgia delle origini, Brescia 1980, 34. M. Meslin, Per una scienza delle religioni, Assisi 1975, 123-131. G. Milanesi, M. Aletti, Psicologia della religione, Torino-Leumann 1977, 47-52. Filoramo, Prandi, Le scienze, 170-174.

10 11 12 13 14 15 16

C.G. Jung, "I rapporti della psicoterapia con la cura d'anime" (1932), in Opere, XI, Torino 1981, 317.
17 18 19 20 21 22

Fizzotti, Verso una psicologia, 150. D. Wyss, Storia della psicologia del profondo, Roma 1979, 246. Meslin, Per una scienza, 139. C. Skalicky, Alle prese col sacro, Roma 1982, 124. Filoramo, Prandi, Le scienze, 188, 185.

C. G. Jung, Ricordi, sogni riflessioni di C.G. Jung, Milano 1965, 106; G. Durand, "L'uomo religioso e i suoi simboli", in Anati-Boyer, Le origini, 94-104.
23 24 25 26

Filoramo, Prandi, Le scienze, 191-192, 199-200. A. Vergote, Psicologia religiosa, Torino 1967, 26-27. R.F. Paloutzian, Invitation to the Psychology of Religion, Glenview Ill. 1983, 115-116.

Questionari, interviste, biografie, content analysis, metodo ricreativo, diari, documenti di storia delle religioni, metodo psico-storico, osservazione partecipante, ordine di merito, scale, tests, statistiche, survey, documenti personali, tecniche proiettive, esami attraverso il tempo. Cf.

D.A. Flakoll, " A History of Method in Psychology of Religion (1900-1960)", in H.N. Maloni (Ed.), Current Perspectives in the Psychology of Religion , Gran Rapids 1979, 82ss.
27 28

Fizzotti, Verso una psicologia, 63-64.

A. Vergote, Religione, fede, incredulit. Studio psicologico, Milano 1985, 5, 11, 14-16, 373-375.

10. SO CIOLOGIA DELLA RELIGIONE La sociologia considerata una risposta alle crisi causate dai processi tecnoindustriali nella societ moderna, mentre la sociologia della religione dipese dall'interesse dei sociologi classici per l'influsso delle religioni sulle strutture sociali. Per questo essa fatic a trovare un collegamento con l'esperienza religiosa come globale esperienza umana. Anche oggi le sociologie della religione s'interessano alle sue funzioni sociali, secondo molte prospettive: contenuti sociali impliciti in un sistema religioso; funzione connettiva della religione in una data struttura sociale; modalit sociologiche delle strutture di un sistema religioso, ecc. La distinzione tra sociologia filosofica e scientifica tuttora difficile. L'epistemologia recente contesta la pretesa "di dispensare leggi a validit universale, necessarie e necessitanti, secondo uno schema causale rigoroso, capaci di spiegare esaurientemente i fenomeni indagati".1 Essa avrebbe prodotto una sociologia tecnicamente efficace, ma priva di significato umano. Ferrarotti nota che molte ricerche non hanno un nucleo problematico profondo n un preciso quadro teorico ma seguono mode culturali o esigenze commerciali.2 Su crisi del sacro e secolarizzazione nelle societ industriali avanzate vede, nella sociologia della religione, reazioni non scientifiche. Negli anni '80, Ferrarotti critic lo scientismo sociologico e la sua divinizzazione della scienza, proponendo una sociologia della religione capace di rendere l'uomo problematico verso s, gli altri e il mondo. La sociologia dovrebbe sostituire il concetto di oggetto scientifico con quello di ambito problematico e abbandonare la materialit dei dati per concettualizzare la realt. L'ambito problematico deve essere la societ definita dai predicati sociologici (storicit, evolutivit, dialetticit, globalit, comparativit, ecc.).3 1. Sociologia della religione

Uno studio scientifico sistematico della religione avvenne durante la crisi avvenuta con la rivoluzione industriale. La religione fu vista come funzione sociale di pertinenza della sociologia. Ci dovrebbe portare a rileggere i classici della sociologia, di cui Ferrarotti sottolinea l'importanza per le tematiche religiose: Esse, a loro volta, sono importanti per il pensiero sociologico. I classici, in buon stile espressivo-espositivo, sollevano domande radicali, valide in ogni tempo.4 Non cos Marx e Freud le cui teorie sulla realt religioso sono banali e sterili. Durkheim, invece, pur con molti limiti ed errori, sollev validi problemi intuendo che la religione qualcosa di eterno, destinato a sopravvivere. Per rivalutare i temi religiosi nella ricerca sociologica, occorre raccogliere sistematicamente "l'analisi dei vissuti, mediante le storie di vita e nello stesso tempo l'esame dei contesti storici specifici, all'interno dei quali la religione presente, sia come struttura istituzionale sia come insieme di destini individuali".5 Cipriani giustifica la visione funzionalista della religione, come domanda-chiave, che attraversa tutta la tradizione sociologica.6 Trova problematica, invece, la sua valutazione globale, perch la validit dell'analisi della religione coinvolge i pi profondi aspetti epistemologici. Il valore del funzionalismo risiede nell'avere: consentito di rilevare i bisogni esistenti, ma non soddisfatti, nel pi largo contesto sociale; posto l'accento sui dati della vita quotidiana e i problemi dell'identit; aperto valide prospettive di ricerca e metodologia. Esso, per, non esclude altre auspicabili ipotesi e approcci.7 Burgalassi distingue il ruolo della "sociologia religiosa" entro l'ambito della sociologia della religione e sottolinea l'importanza di focalizzare le ricerche su alcuni argomenti. Essi sono: nuove forme d'identit religiosa e valore religioso dato a fenomeni finora ritenuti secolari quali: venir meno di strumenti euristici, che per decenni ebbero il sopravvento; caduta di elementi della pratica religiosa tradizionale; ricerca di nuove opzioni e momenti di sacralit emergenti nelle opzioni giudicate profane; gruppuscoli, revivals,

ricorso a modelli previsionali come oroscopi, ecc. Questi fenomeni consentono di rilevare le numerose espressioni di nuova religiosit emergente, che integrano elementi della religiosit tradizionale o si sostituiscono ad essi. La realt religiosa risale le sue posizioni, rivelandosi significativa nel quadro culturale e spingendo a una sociologia delle religioni anzich una sociologia religiosa di tipo pastorale. La totalit significante del fenomeno religioso va riportata al centro della vita sociale e della sociologia generale, quale indice delle emergenze sociali e quotidiane e motore di ogni altro fenomeno.8 2. Teorie della secolarizzazione e societ complesse

L'importanza della sociologia della religione per la sociologia confermata dalle vicende della teoria della secolarizzazione, accolta con eccezionale favore e poi rifiutata come ideologia.9. Essa sosteneva l'irreversibile eclissi del sacro nella civilt industriale. Alcuni sociologi, inascoltati, avevano criticato fin dall'inizio le contraddizioni teoriche e di metodo che ne minavano le basi.10 Esse furono riconosciute solo pi tardi. La presunta irreversibilit dei processi sociali nasceva dalla matrice ideologica evoluzionista. La presunta irrazionalit del religioso nasceva dalla matrice ideologica illuminista. La presunta razionalit delle moderne societ industriali derivava dalle due ideologie. 11 Un altro grave errore fu l'aver legato l'elaborazione teorica a situazioni concrete dei diversi attori sociali, cos che l'evoluzione dei rapporti sociali condusse a crescenti variazioni del concetto. Infine, l'errore pi grave fu non aver capito che le presunte teorie sulla secolarizzazione, erano teorie sul cambiamento sociale. Questi errori impedirono di capire che la secolarizzazione, ammesso che esistesse, era superabile con una ristrutturazione complessiva. La storia, infatti, dimostra che per le religioni difficolt e crisi sono potenti dinamismi di continuit, fattori di vitalit e rinnovamento. Non le fanno scomparire ma aggiornare. Le crisi socioculturali rivelano la forza rinnovatrice delle religioni che, in societ e culture, collegano i fondamentali valori del passato alle esigenze del presente e le speranze del futuro. La crisi, quindi, non della religione ma del sistema di norme e di obiettivi del mondo occidentale. questo che deve verificare la sua cultura.12 Nesti propone una sociologia fenomenologica della religione, rivolta non a funzioni e aspetti legati all'istituzione, ma all'esperienza radicale del proprio vissuto connesso al mondo dei bisogni, alla trama dei desideri, al qui e ora.13 Ritiene questo approccio utile per la teologia trascendentale e l'antropologia ermeneutica (credenze, etiche, simboli, norme, trame radicali di significato, ecc.), a partire dalle tensioni della vita.14 Luhmann indaga il ruolo della religione nei contesti di complessit sociale. La societ attuale, senza mete e fini collettivi, un sistema senza soggetto, un insieme di corporazioni e apparati (macrosistemi). Gli individui vi hanno un ruolo residuale di elementi fungibili di un sistema eteronomo. Vogliono tutto diverso, ma non possono modificare nulla. Il sistema sociale impersonale antifinalistico, antiorganicista e indeterminista. Produce impulsi e aspettative cui non pu rispondere.15 Si base sulla comunicazione di informazioni e conoscenze, che dovrebbero permettere le scelte. Luhmann si chiede se la religione sia un sub-sistema particolare fra gli altri o assolva ad una funzione pi vasta. Egli propende per la funzione interpretativa. Interpreterebbe il mondo circostante, conferendo un senso unitario alla societ e ai suoi sistemi. In altri termini, orienterebbe il senso comune e tutti i sociali con la riserva simbolica (diaconia della religione). In questo modo farebbe ci che impossibile ai sistemi parziali, imprigionati nella logica dell'immanenza: consentire la comunicazione intersoggettiva fondata sulla trascendenza e le sue esigenze. la funzione che solo la Chiesa pu realizzare.16

53

3.

Sociologi contemporanei della religione

I classici della sociologia offrono tuttora elementi significativi. A. Comte (17891857) nota che la religione, legata alle esigenze dell'ethos, dell'emotivit e dell'integrazione, importante per la stabilit dei sistemi sociali.17 . Durkheim (18531917) sostiene la correlazione fra religione e societ e il valore perenne della religione nella storia dell'umanit.18 M. Weber (1864-1920) mette in luce la specificit e autonomia della dimensione religiosa e il sostegno etico delle grandi religioni mondiali alle dinamiche storiche globali.19 E. Troeltsch (1865-1923) pone nel rapporto fra cristianesimo e societ globale lo sviluppo dello Stato moderno e delle sue istituzioni. Fra i contemporanei G. Le Bras (1891-1970) privilegi le ricerche socio-religiose dell'area cristiana occidentale e della storia religiosa contemporanea. J. Sguy si dedic allo studio delle dinamiche interne e delle fasi di sviluppo delle sette, gruppi dissidenti, carismatici, tensioni apocalittiche, prospettive ascetiche, ecc..20 T. Luckmann ha studiato gli universi simbolici, come sistemi di significato che collegano vita quotidiana e trascendenza. Il passaggio dalla natura alla cultura un processo essenzialmente religioso, in cui la religione un dato antropologico e ontologico, autonomo e universale. Ha analizzato l'indebolimento dell'appartenenza religiosa ecclesiale, la migrazione religiosa verso espressioni private e la religione come trascendimento della pura biologia.21 B. Wilson ha ipotizzato la migrazione del religioso verso il privato (le sette) come parte di un ricorrente processo di destrutturazione e ristrutturazione del religioso, che non porta a secolarizzazioni o processi irreversibili, poich le religioni si trasformano in continuazione. T. O'Dea riconosce alla religione il compito di rispondere ai problemi di significato e dell'ultimit, con mezzi sovra-empirici. Considera pure la religione un meccanismo di adattamento a situazioni frustranti e rischiose, in cui svolge un ruolo stabilizzante, rispondendo ai fondamentali problemi di significato.22 Per P.L. Berger, il sacro si oppone al caos pi che al profano. La religione conferisce senso alle istituzioni sociali, soprattutto alla morte. Di fronte al problema supremo della sofferenza solo il cristianesimo presenta la figura fondamentale che la riassume in s e la rende plausibile. Il continuo sviluppo del pensiero di Berger non facile da sintetizzare o fissare. Egli valorizza e compone le acquisizioni scientifiche in quadri coerenti.23 Ne L'imperativo eretico sottoline la doppia cittadinanza del sociologo che deve collocarsi di fronte al religioso in termini di verit o meno. La scienza, senza rinnegare diritti e doveri, deve riconoscere ci che legittimamente "altro" e "pi", nella coscienza religiosa. Solo nel rispetto delle costanti antropologiche, sociologia e religione possono instaurare un rapporto fecondo, substrato e presupposto della ricerca sociologica. 24 Geertz considera la religione come un sistema simbolico-culturale, strutturante riti e istituzioni. La funzione simbolica della religione il crinale fra mondo umano e religioso. Il suo sistema di simboli un nesso fondamentale fra stile di vita particolare e metafisica, che sintonizza azione, esperienza umana e ordine cosmico.25 Bellah considera l'evoluzione religiosa e i mutamenti dell'Islam contemporaneo, sottolineando che fino a quando si chiuder nell'integralismo, non potr affrontare i gravi problemi delle societ musulmane. Per difendere l'ortodossia, esaspera le contraddizioni senza risolvere i problemi con la realt, le ideologie e il progresso tecnoscientifico.26 Yinger interpreta l'esperienza religiosa come risposta a esigenze che sorgono nell'individuo, quando nel rapporto con natura e societ, incontra problemi insolubili o assoluti. La religione li relativizza. Analizza pure la polarit societ-cultura-personalitreligione per definire il fatto sociale religioso.27 In sintesi, la sociologia della religione dimostra alcune intuizioni dei classici: credenze, atteggiamenti, ideali e valori religiosi, sono le basi fondamentali dei meccanismi sociali; l'esperienza religiosa, a livello sociale, psico-sociale e socio-culturale svolge molti ruoli delicati. Di qui l'esigenza di:

53

1) studiare le religioni nel contesto delle culture e delle societ di cui condividono le vicende storiche; 2) elaborare strumenti di analisi che pongano la religione a livello delle altre dimensioni dell'esperienza globale. Ci inserisce lo studio storico-religioso delle religioni, nel contesto globale della vita sociale e culturale, che consente di analizzarlo in modo pi profondo, aperto a ulteriori prospettive. La sociologia della religione mostra pure la necessit di un approccio multidisciplinare alla religione, perch nessuna disciplina sufficiente a spiegarne e comprenderne tutti i ruoli e significati. Manifesta, quindi, l'esperienza religiosa come fattore propulsivo dell'agire umano sulle strutture e dinamiche del sistema sociale.
G. Gismondi, Scienze della religione e dialogo interreligioso, Bologna 1994; 115-134; F. Ferrarotti, Il paradosso del sacro, Bari 1983, 43-44.
2 3 4 1

Ferrarotti, Il paradosso, 46-47; Id., La sociologia alla riscoperta della qualit , Bari 1989. Ferrarotti, Il paradosso, 68-70; La sociologia, 79-88.

F. Ferrarotti, "Il contributo dei classici", in D. Pizzuti (a cura), Sociologia delle religione (SDR), Roma 1985, 13-15. Ferrarotti, "Il contributo", 22, 29, 32, 34; Prandi, "La prospettiva", 117; V. Turner, Il processo rituale, Brescia 1972, 66.
6 7 5

R. Cipriani, "L'approccio funzionalista", in SDR, 37.

Cipriani, "L'approccio", 58-59, 72; Cf. G.M. Vernon, "How Functional is a Functional Analysis of Religion?", in Actes de la X Confrence Internationale de Sociologie Religieuse, Roma 1969, 367; R. Boudon, Metodologia della ricerca sociologica, Bologna 1970.
8 9

S. Burgalassi, "La sociologia religiosa", in SDR ,170-171. S. Acquaviva, R. Stella, Fine di un'ideologia: la secolarizzazione, Roma 1989, 7. A.M. Greeley, L'uomo non secolare. La persistenza della religione, Brescia 1975. G. Guizzardi, R. Stella, "Teorie della secolarizzazione", in SDR, 184. Guizzardi, Stella, "Teorie", 204-205, 211-212. A. Nesti, "La prospettiva fenomenologica", in SDR, 213-254, 253.

10 11 12 13 14

A. Ortiz Oss, Antropologia hermenutica, Madrid 1973; G. Marcel, L'homme problmatique, Paris 1955; R. Lauth, Die Frage nach dem Sinn des Daseins, Mnchen 1966. E. Pace, "Societ complesse e religione", in SDR, 255-257, 257-259; A. Gehlen, L'uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, Milano 1983.
16 17 18 19 20 15

Pace, "Societ complesse", 269-274. Filoramo, Prandi, Le scienze, 107-108. F. Ferrarotti, "Il contributo dei classici", in SDR, 22, 29. Filoramo, Prandi, Le scienze, 118-120; Prandi, "Scienze sociali e religione", 218-221.

J. Sguy, Les sectes protestantes dans la France contemporaine, Paris 1956; Id., Les conflits du dialogue, Paris 1973; Id., Les Assembles Anabatttistes-Mennonites de France, ParisLa Haye 1977.
21

T. Luckmann, La religione invisibile, Bologna 1975; Prandi, "Scienze sociali e religione", T. O'Dea, Sociologia della religione, Bologna 1968, 17-18. C. Skalicky, Alle prese con il sacro, Roma 1982, 313-314.

251.
22 23 24

G. De Nicol, "Introduzione", in P.L. Berger, L'imperativo eretico. Possibilit contemporanee di affermazione religiosa , Leumann-Torino 1987, 33.

53

C. Geertz, "La religione come sistema culturale", in D.R. Cutler (a cura), La religione oggi, Milano 1972, 11-13; Prandi, "Scienze sociali e religione", 249.
26 27

25

R. Bellah, Al di l delle fedi, Brescia 1975, 69, 82, 179. J.M. Yinger, Sociologia della religione, Torino 1961, 18.

53

11. ANTROPOLOGIA DELLA RELIGIONE


Nell'insieme delle scienze della religione, l'antropologia della religione dovrebbe avere un ruolo crescente.1 Il termine antropologia ha una storia complessa. Agli inizi si parlava di etnologia che, alla fine del secolo XVIII, classificava scientificamente le razze. Dagli inizi del XX secolo design le scienze che studiavano societ primitive e fossili umani, poi gli studi sintetici e teorici sulle osservazioni sul campo di numerose discipline: etno-demografia, etno-economia, etno-linguistica, etno-sociologia ecc.2 L'antropologia fisica studiava gli aspetti fisici dell'uomo, l'antropologia sociale e culturale i comportamenti umani e sociali dell'uomo, nelle societ e culture, entrambe entro l'universo etnologico. Il loro successo fece estendere il termine a molte altre discipline: antropologia funzionalista, marxista, strutturale ecc.; ambiti disciplinari: antropologia storica, economica, ecc.; differenti livelli di riflessione: antropologia filosofica, teologica, ecc. Ci rese il termine ambiguo. Antropologia della religione, impropriamente antropologia religiosa, per alcuni un'antropologia scientifica, per altri una scienza della religione.

1.

Apporti interdisciplinari

Nascita recente e collocazione fra scienze antropologiche e della religione, le consentono di valorizzare acquisizioni della ricerca e risultati della riflessione epistemologica. Per questo non rivendica un oggetto ma un ambito disciplinare, non riferito a oggetti o cose, ma all'uomo. Concentra le ricerche sull'uomo religioso, creatore e fruitore dell'insieme simbolico del sacro e portatore delle credenze religiose che guidano la vita e i comportamenti umani (homo religiosus).3 Adotta il metodo interdisciplinare per: a) far luce sull'uomo nel suo ambiente culturale; b) seguirne l'emergere biologico e storico; c) evidenziarne i molteplici dinamismi; d) interpretarne i messaggi. Sviluppa e amplifica ulteriormente metodi, acquisizioni e opere d'importanti autori. Seguendo R. Otto, attinse gli elementi necessari alla comprensione dell'uomo religioso e della sua esperienza del sacro (storia comparata, filosofia, psicologia). Valorizzando il nuovo spirito scientifico e l'interdisciplinarit di Mircea Eliade (19071986) ne utilizza le vaste conoscenze di storico delle religioni, indianista, umanista ed ermeneuta. Di Georges Dumzil (1898-1986) utilizza gli apporti di sociologo, orientalista, indianista, mitografo e storico del pensiero. Da Henry Corbin (1903-1978) assume gli studi di islamista, iranista, fenomenologo ed esploratore dell'immaginario. Di C.G. Jung utilizza l'esplorazione dell'inconscio collettivo e della psicologia del profondo. Ne riconosce la finezza e penetrazione di pensiero, la specificit e variet dei campi di ricerca, il valore scientifico delle analisi, che hanno condotto a notevoli convergenze e buoni risultati. Il Trattato di storia delle religioni (1949) di Eliade diede la svolta decisiva, ponendo l'uomo al centro delle scienze della religione. Penetrava profondamente nella coscienza e comportamento dell'homo religiosus, che vive l'esperienza del sacro. Ci fece cogliere la religione non pi come semplice momento della storia della coscienza, ma come elemento decisivo della sua struttura. Liberava la scienza delle religioni dall'illusione del mana portandola nella realt del logos. In questa luce, la terminologia dell'homo religiosus manifesta la sua viva esperienza di una realt diversa da tutte le altre realt ambientali. L'uomo religioso prende coscienza del sacro partendo dalla sua stessa manifestazione. Il linguaggio e comportamento dell'homo religiosus mostrano che nel percepire una jerofania sperimenta la presenza di una potenza viva, invisibile ed efficiente, che gli si manifesta mediante un essere o un oggetto rivestito di una qualit nuova (sacralit). La sua esistenza, in seguito a questa scoperta, assume nuove modalit specifiche. Poich la

comunicazione della sua esperienza del sacro, esigenza fondamentale, fin dall'estrema preistoria ha elaborato un sistema di simboli, utilizzando gli elementi pi comuni e significativi: luce, vento, acqua, terra, fuoco, fulmini, cielo, astri, luna, sole, ecc. Per rendere efficace il sacro nella propria vita, ha sviluppato un universo simbolico di miti e riti. L'esperienza del sacro, documentabile dal Paleolitico ad oggi, un dato e la sua importanza antropologica immensa, perch consente di elaborare l'antropologia dell'homo religiosus e dell'homo sapiens.

2.

Prospettive e contenuti

Il senso del sacro, proprio delle grandi religioni antiche e collegato alle jerofanie, completato dalle teofanie specifiche dei monoteismi, che segnano il passaggio, dal generico manifestarsi del sacro, allo specifico manifestarsi del Dio unico e personale, autore di alleanza e rivelazione, che interviene direttamente nella vita degli uomini e nella storia. Ci appare chiaramente nell'Ebraismo, nel Cristianesimo e, in certa misura, nell'Islam. La prospettiva volta ad afferrare la profonda e indivisibile unit dello spirito umano, consente di comprendere il valore delle jerofanie e il significato di simboli e messaggi, che l'uomo religioso esprime da millenni, fissandoli dappertutto e su tutto ci che trova a sua disposizione: pietre, legno, argilla, metalli, papiri, pergamene, carta, ecc. Essi testimoniano le sue esperienze e credenze religiose. Dimostrano pure che con la sua intelligenza, immaginazione, volont, sensibilit e razionalit di homo symbolicus, sapiens e faber, super tutte le difficolt della sua inesauribile ricerca dell'Assoluto. Grazie a ci possiamo percepire l'esperienza del sacro come "mediazione significativa della relazione dell'uomo col trascendente, col divino, con Dio".4 M. Eliade, nel Trait d'histoire des religions (1949),5 sottolineava la fondamentale unit e inesauribile novit dei fenomeni religiosi, riscontrabili in tutta la storia delle religioni. Nei tre volumi della Histoire des croyances et des ides religieuses (19761983) studi le jerofanie in prospettiva storica, evidenziando la profonda unit dello spirito umano emergente nelle pi diverse situazioni esistenziali e culturali. Mediante la comprensione dell'uomo religioso e del suo messaggio, pot interpretare le jerofanie e il loro significato simbolico.6 Negli anni '80, due altre opere importanti per la scienza delle religioni, mostrarono la maturazione dell'antropologia della religione. Les expriences du divin et les ides de Dieu , di H. Clavier,7 e L'exprience humaine du divin. Fondements d'une anthropologie religieuse, di M. Meslin.8 Clavier elaborava una vasta sintesi, orientata a una teologia delle religioni. Meslin, riflettendo sui concetti di religione, sacro, puro e impuro, metteva in luce i contesti culturali, simbolici e rituali dell'esperienza religiosa, precisando i rapporti fra persona e divinit, nell'ambito della psicologia umana. Entrambi confermavano l'idea fondamentale di Eliade, che il sacro pu essere colto solo nell'esistenza dell'uomo, che lo definisce e lo delimita. J. Ries, nella trilogia L'expression du sacr dans le grands religions,9 analizzava a fondo credenze, esperienze e patrimonio di vocaboli e pensiero dell'uomo religioso. La prospettiva di Eliade, studiando l'uomo religioso nella sua totalit e le pi genuine espressioni culturali, rilevava l'origine religiosa della cultura e ipotizzava, dopo la breve parentesi delle culture secolarizzate, la possibilit di un nuovo umanesimo, fondato su un rinnovato incontro fra religioni e culture. L'uomo simbolico-religioso, fin dalle origini e lungo i millenni, seppe creare societ e culture, mediante la sua intensa esperienza religiosa. Creer pure la nuova cultura e nuovo umanesimo mondiali. Mediante la religione l'uomo ha: sviluppato le molteplici capacit del suo spirito; evoluto le sue abilit manuali; espresso le sue capacit di creare strumenti e usarli per capire, ordinare e umanizzare l'universo. L'antropologia religiosa riflette sul significato attuale del suo

60

messaggio e della sua esperienza religiosa che, in modi, tempi e spazi immensamente diversi, hanno creato le culture e fatto la storia.

3.

Coerenza tematica e variet di metodi

Nonostante i molti temi, la compattezza e coerenza dell'antropologia religiosa appare nell'esperienza intima, in cui la persona si trova di fronte al mistero assoluto eterno e infinito del divino. Di qui l'esigenza di conoscerlo. Lo present in parte R. Otto, ritenuto un precursore dell'antropologia, con: l'insistenza sull'esperienza religiosa, intuizione e relazione mistica col divino; la manifestazione del sacro come realt totalmente diversa dall'ordine naturale; l'accentuazione del simbolo come linguaggio normale del sacro.10 Contro la coscienza collettiva di Durkheim, Otto indic l'origine del sacro nella rivelazione interiore e in quella storica mediante segni esterni percepibili. Esse segnano pure il valore dell'uomo. Ci, tuttavia, richiedeva altri passi. Dumzil ne comp uno: il metodo di comparazione genetica integrale, che elaborava un sistema religioso coerente dal grande materiale a disposizione (concetti, miti, riti, organizzazione sociale, distribuzione del lavoro, corpo sociale e amministrazione del sacro). Tale metodo presentava le religioni antiche, non come miti, riti ecc., ma come sistemi coerenti esprimenti la creativit dello spirito umano. Rivelava l'uomo religioso "appassionato osservatore dell'universo", "ermeneuta del cosmo" e grande "creatore di cultura".11 Tale metodo serv a Eliade per studiare le jerofanie e sviluppare vaste ricerche sul comportamento, pensiero, logica simbolica e universo mentale dell'homo religiosus. Eliade mostr l'errore di trascurare le manifestazioni dello spirito umano dei millenni preistorici e cerc di scoprire l'intenzionalit religiosa emergente dagli inizi del Paleolitico al Mesolitico e Neolitico (sepolture, fuoco, iscrizioni rupestri, dipinti delle caverne). Integr i documenti preistorici in un sistema di significati simbolici, centrando le ricerche sugli elementi fondamentali: sacro, simbolo, mito e rito. Ne emerse la religione neolitica, cosmica, centrata sul rinnovamento periodico del mondo: albero cosmico, tempo circolare, simbolismo del centro, luoghi e spazi sacri. Il simbolismo occupava il posto centrale di questo grande edificio spirituale. Testimoniava l'uomo arcaico, di fronte a un universo pieno di significati, che crede nell'esistenza di una realt assoluta, che trascende il mondo ma vi si manifesta, rendendolo santo.12 Per conoscere l'uomo religioso non bastano ricerche generiche. Ne occorrono specifiche, per distinguere molti aspetti particolari: uomini religiosi arcaici; seguaci di religioni antiche scomparse; membri di grandi religioni attuali; fedeli delle confessioni monoteiste (ebrei, cristiani, musulmani), ecc. Questa unit e continuit spirituale dell'uomo religioso, nella gran diversit di espressioni, che emerge dai millenni della preistoria e della storia, del massimo valore per comprendere religione e religioni. In essa assume particolare rilievo la novit rivoluzionaria della fede in Jahv, Dio delle promesse, dell'elezione e alleanza col suo popolo. Ancora pi importante la ierofania-suprema e teofania-unica Ges Cristo che, come Incarnazione di Dio, fa di tutta la storia una teofania. Termina il tempo mitico e dell'eterno ritorno. Viene valorizzato l'uomo e la storia lineare. Il progetto di ricerca di Eliade, volto a superare gli studi storici, preoccupati solo di esporre credenze religiose, consent di esplorare pure la fondamentale unit, l'inesauribile novit dei fenomeni religiosi e la profonda intenzionalit che li ispira, dal primo emergere dell'uomo a oggi. La documentazione del comportamento e dell'esperienza dell'uomo religioso onnipresente ha conferito, allo studio della religione, un'ampia dimensione culturale e un gran valore antropologico. L'uomo religioso mostra, nelle pi diverse espressioni storiche, la dimensione culturale e unit spirituale dell'umanit, essenziali per ogni tempo. Sul modello di Dumzil, Eliade evidenzi strutture, coerenza interna e complessa variet dei fenomeni religiosi, ruotanti attorno al tema dell'uomo religioso e 60

della sua esperienza del sacro. Grazie a quest'impostazione, l'antropologia della religione pot esplorare l'immensa eredit millenaria delle jerofanie, avvicinarsi al primo emergere dell'uomo religioso, seguirne l'evolversi e farne emergere i messaggi. Ora, cerca di decifrarli e interpretarli, con una fine ricerca ermeneutica, per utilizzarli come risposte ai pi pressanti interrogativi dell'uomo d'oggi. Essi potranno servire per un nuovo umanesimo.

4.

Jerofanie, simboli, miti, riti

Eliade ha portato le jerofanie al livello della realt e dell'essere. Presentano una straordinaria variet di nomi divini, perch sono manifestazioni del divino in categorie eterogenee. Non si tratta di concetti, ma di percezioni simboliche del mistero e della trascendenza. Sono eterogenee perch il sacro non si manifesta allo stato puro, ma mediante diverse realt sensibili (oggetti, simboli, miti ecc.) che lo rendono accessibile. Il sacro non altera la realt della natura, ma le conferisce una dimensione nuova. La struttura delle jerofanie complessa. Vi il trascendente e la sua manifestazione, o realt diversa dal trascendente. Emerge, cos, la dimensione sacrale dell'elemento mediatore. La qualit paradossale della manifestazione l'omogeneit della sua natura nell'eterogeneit delle forme. Storia e fenomenologia delle religioni si concentravano sull'elemento mediatore e il suo significato religioso. L'antropologia si concentra sul contenuto misterioso della jerofania per interpretarlo (ermeneutica) e comprendere il significato del messaggio transcosciente e trascendente. Vi , quindi, una gerarchia delle jerofanie, dalle pi elementari alle pi elevate.13 Il simbolo un elemento di riconoscimento, un significante concreto e sensibile che suggerisce il significato e lo svela in trasparenza. Nelle jerofanie ha funzione di mediazione. Ricoeur lo considera un rivelatore della realt umana e, in ultima analisi, una jerofania o manifestazione del vincolo che lega l'uomo al sacro.14 Per Eliade il simbolo un'energia costitutiva della coscienza, un dato della condizione umana e un linguaggio che rivela all'uomo valori "trans-personali" e "trans-coscienti". Mediante i simboli, il cosmo parla all'uomo, facendogli conoscere realt per s non evidenti. Ries ricorda che questa concezione del simbolo costante nel pensiero cristiano, da S. Giustino martire e Clemente d'Alessandria fino a Newmann.15 Il simbolo riveste valore esistenziale, perch si riferisce a realt e situazioni che impegnano a fondo l'esistenza umana, conferendole un significato.16 La stessa documentazione paleoantropologica fa considerare l'uomo "erectus" pure "symbolicus", nei suoi primi passi di "sapiens". Sa di sapere e di saper costruire, conosce l'angoscia di vivere, indaga i problemi della propria origine e destino. Con lui l'uomo contemporaneo gi nato. Eliade pens che abbia intuito e scoperto la trascendenza, contemplando la volta celeste, simbolo primordiale di trascendenza, forza, purezza, immutabilit, altezza e sacralit: la fondamentale e primordiale jerofania.17 Le pi recenti scoperte della Rift Valley (Kenya), che collegano l'uomo erectus e symbolicus mostrano che non una semplice illazione. L'uomo, ormai eretto sui piedi e con le mani libere pu confezionare attrezzi e oggetti, perfezionarli, potenziarli. creatore di cultura. Configurazione scheletrica e cranica gli consentono di contemplare volta celeste, moto del sole, della luna e degli astri. La "categoria trascendentale dell'altezza e infinito" appare alla sua umanit intelligente, spirituale, dotati di anima. Il cielo rivela la trascendenza che simbolizza. Fin da Omero ed Esiodo, l'uomo s'interroga sui miti e i loro significati, dandone diverse interpretazioni. G.B. Vico (1668-1774) li sottoline come messaggi ed espressioni di verit. Per Eliade, Durand e Ricoeur determinano il comportamento dell'uomo, danno senso all'esistenza umana legata al sacro, mettono l'uomo in rapporto col mondo soprannaturale.18 Le loro categorie sono numerose: miti cosmogonici creazione e principi che reggono il cosmo e la condizione umana; dell'origine, genealogie e nuove 60

situazioni; di rinnovamento del mondo, intronizzazione di re, anno nuovo, stagioni, ecc.; escatologici, fine o distruzione del mondo e dell'umanit. Eliade li considera modelli primordiali, inseparabili dal simbolo e strumenti mentali, la cui origine nel mondo soprannaturale. Avrebbero a che fare pi con il trans-conscio che l'inconscio. Lungo la storia subirono duri impatti con forze diverse: cristianesimo, scienza e storia. Il prossimo impatto avverr, probabilmente, con le culture extra-occidentali, nell'unificazione planetaria dell'umanit, che si preannuncia complessa e tumultuosa.

5.

Esperienza del sacro e condizione umana

Il messaggio globale di simboli e miti, espressi da elementi culturali specifici, essenziale all'uomo per comprendere la sua condizione. Apprende che: alle origini le creature erano buone; il male venne da una scelta errata e responsabile (colpa, peccato) dell'uomo; rese la condizione umana fragile e soggetta a male, dolore e morte; errori e mali (colpe) possono essere riparati e la salvezza possibile. Svelano, quindi, il vincolo fra uomo e sacro, presentano modelli esemplari per l'azione umana e mantengono vivo il collegamento con un mondo diverso dal profano: quello divino. Partendo dal significato antico e originario di ordine immanente nel cosmo, la parola rito assunse il significato pi recente di pratica regolata. Nell'antropologia della religione i riti riguardano l'esperienza esistenziale dell'uomo, gesti e parole dotati di valore simbolico, volti ad assicurare un contatto col trascendente. Fanno passare dal segno all'essere colui che li compie, come parte del sacro vissuto. Il rito, atto simbolico volto a realizzare figure di ordine naturale, sociale, culturale e religioso, si rapporta all'uomo, persona e membro della societ. I riti d'iniziazione sono fra i pi significativi perch segnano il passaggio a una realt nuova, a un'ontologia trascendente. L'affermazione che non c' sacro se non attraverso un'esperienza personale, non riduce il sacro a pura dimensione umana. Piuttosto, mette in luce che non frutto di categorie concettuali, ma esprime il valore supremo in forme incarnate, incontri personali, esperienze vissute. Per questo, alle origini della religione c' un'esperienza del sacro, individuale o collettiva e non vi persona che non faccia mai un'esperienza del sacro, anche in forma di rivolta, disperazione, senso di assurdo, ecc. Pure l'incredibile molteplicit di espressioni linguistiche e concettuali escogitate dall'uomo: perfezione, totalit, ultimit, infinit, assoluto, trascendenza, ineffabile, ecc., si muove nell'orbita di un principio superiore, di cui s'intravede l'intelligibilit e alcuni chiamano sacro .19 In ultima analisi, l'esperienza del sacro si colloca nell'ambito dell'amore, in cui la stessa morte percepita in ordine alla speranza. La fine dei tempi il superamento dell'alienazione e dispersione da cui cerchiamo sottrarci con tutte le forze. Il sacro favorisce: vita, sacrificio, culto, vita come vocazione, scelta, elezione e decisione. la prima intuizione di una realt infinitamente desiderabile e adorabile che supera la sensibilit, trascende l'immaginazione e invera le attese della ragione, riducendola al silenzio. Per questo l'energia pi attiva nello spingere l'uomo a superarsi.20

6.

Scienze della religione e teologia

L'antropologia della religione rilegge le acquisizioni delle altre scienze, dando alle ricerche sulla religione un'impostazione originale e pi matura. Essa concentra le ricerche sull'esperienza umana del sacro (teofanie e antropofanie) e il ruolo sempre pi centrale dell'homo religiosus. Ne interpreta il messaggio e il suo significato. Tale impegno ermeneutico, volto a comprendere in profondit le teofanie, trascende il puro ambito scientifico ed esige, oltre alla riflessione filosofica, un approccio teologico. Esso riguarda il mistero, il santo che fonda il religioso e il sacro e apre prospettive di un nuovo umanesimo integrale per l'uomo di oggi. La nuova antropologia della 60

religione pu farlo, avendo preso come punto di partenza ci le altre scienze prendono come approdo. Dal trattato Le origini e il problema dell'homo religiosus emergono prospettive impensabili pochi decenni fa, che delineano il rapporto fra scienze della religione e teologia: "grazie alle tracce lasciate dagli uomini, dal Paleolitico fino alla nostra epoca, lo storico delle religioni e l'antropologo sono in grado di identificare i tratti del volto dell'homo religiosus. Scoperte incessanti portano a un costante incremento di questa documentazione gi cos ricca e varia. Col suo comportamento nel corso dei millenni, l'homo religiosus mostra di credere in una Realt trascendente che si manifesta in questo mondo e d al mondo stesso una dimensione di compimento. Questa scoperta fa s che l'uomo assuma un modo specifico di esistere, poich sfocia in valori assoluti, capaci di dare un senso all'esistenza umana. Eliade non ha esitato a dire che l'esperienza del sacro indissolubilmente legata allo sforzo fatto dall'uomo per costruire un mondo che abbia un significato".21 Ci apre a ulteriori acquisizioni, ancora pi significative.
G. Gismondi, Scienze della religione e dialogo interreligioso, Bologna 1994, 135-154; Honko L. (Ed.), Science of Religion. Studies in Methodology, Paris-New York 1979, 143-366; G. Durand, L'imagination symbolique, Paris 1964; Id., Science de l'homme et tradition, Paris 1979.
2 3 1

M. Panoff, M. Perrin, Dictionnaire de l'ethnologie, Paris 1973.

J. Ries, "L'uomo e il sacro. Trattato di antropologia religiosa", in E. Anati, R. Boyer, Le origini e il problema dell'Homo religiosus, Milano 1989, 24.
4 5 6

Ries, "L'uomo e il sacro", 26-29. M. Eliade, Trait d'histoire des religions, Paris 1949 (tr. it. Torino 1976).

M. Eliade, Histoire des croyances et des ides religieuses, 3 voll. Paris 1976-1983 (tr. it., Firenze 1979-1983).
7 8

H. Clavier, Les expriences du divin et les ides de Dieu, Paris, 1982.

M. Meslin, L'exprience humaine du divin. Fondements d'une anthropologie religieuse, Paris 1988. J. Ries (a cura), L'expression du sacr dans le grands religions, 3 voll., Louvain-la-Neuve 1978-1986. J. Ries, "L'uomo religioso e il sacro alla luce del nuovo spirito antropologico", in AnatiBoyer, Le origini, 38, 39-40.
11 12 13 14 15 10 9

Ries, "L'uomo religioso", 40-42. M. Eliade, Il sacro e il profano, Torino 1967, 171. Ries, "L'uomo religioso", 46-49. P. Ricoeur, La symbolique du mal, Paris 1960, 330s.

J. Ries, Les chrtiens parmi les religions. Des Actes des Apotres Vatican II, Paris 1987, 58-65, 380-384, 400-403.
16 17 18

M. Eliade, Mphistophles et l'androgyne, Paris 1962, 254-268. M. Eliade, Religions australiennes, Paris 1972, (tr. it.. Milano 1979, 30-34).

M. Eliade, Il mito dell'eterno ritorno, Torino 1968; G. Durand, Les structures anthropologiques de l'imaginaire, Paris 1973, 410-433; Ricoeur, La symbolique, 153-65.
19 20

R. Boyer, "L'esperienza del sacro", in Anati-Boyer, Le origini, 59-63.

Boyer, "L'esperienza del sacro", 73-74. G. Durand, "L'uomo religioso e i suoi simboli", in Anati-Boyer, Le origini, 75-116.
21

J. Ries "Conclusioni e prospettive", in Anati-Boyer, Le origini, 313.

60

12. TEOLOGIA DIALOGICA


Vediamo ora come valorizzare, nella teologia, le acquisizioni delle scienze della religione. In particolare le acquisizioni elaborate dalle scienze delle religioni riguardo all'uomo religioso le teofanie e l'antropofania. Dal Concilio Vaticano II in poi, si sottolineata l'importanza del dialogo. questo il modo migliore anche per un confronto fra saperi e ambiti disciplinari diversi, scientifici, filosofi e teologici. Esamineremo, quindi, i fondamenti biblici e gli sviluppi del dialogo nei documenti conciliari, postconciliari e nella riflessione filosofica. Pure l'esperienza quotidiana e le scienze umane sottolineano l'importanza e le difficolt del dialogo. La complessit e vastit del tema ci costringe, tuttavia, a trattare solo gli aspetti essenziali al nostro scopo.

1.

Elementi biblici: ascolto, dialogo, salvezza

La voce dialogo non appare nei dizionari biblici e il tema non molto sviluppato nella teologia sistematica, nonostante la forte dimensione dialogica della salvezza. Il termine biblico pi vicino ascolto. Il solo ascolto non dialogo ma ne pu costituire l'inizio, verso l'ascolto reciproco. Dialogo pu pure essere inteso come camminare insieme verso la verit, da cui lasciarsi possedere. Significherebbe arricchire e purificare anche la propria fede, mediante l'esperienza reciproca e testimonianza di un altro, che aiuta a scoprire i pi profondi aspetti del mistero divino, a rivedere le proprie assunzioni, a superare pregiudizi, concezioni e prospettive anguste, ecc. Nella Scrittura, reciproco ascolto indica una dimensione salvifica significativa, in duplice direzione: Dio all'uomo e l'uomo a Dio. Il dato biblico ancora pi significativo, se confrontato ai dati delle scienze della religione. Esse notano che i misteri greci e la gnosi orientale fondavano il rapporto fra uomo e Dio sulla "visione". La Scrittura, invece, privilegia la relazione Dio-uomo, fondata sull'ascolto (Rm 10,17). La necessit e centralit dell'ascolto, nell'annuncio biblico, non episodica ma fondamentale, come indicano i testi profetici (Am 3,1; Ger 7,2) e sapienziali (Pr 1,8). Ges, profeta, parola e sapienza eterna del Padre, conferma questo dato e lo porta a pienezza (Mc 4,3; 12,29). Nella teologia biblica, l'ascolto coinvolge non tanto le orecchie quanto il cuore (Atti 16,14), la mente e la persona. Ascolto disponibilit ad accogliere e vivere la parola (Mt 7,24). Per l'uomo biblico, l'incapacit di ascolto una condizione negativa, rifiuto e chiusura verso Dio e i fratelli. Per questo in relazione col peccato. L'Antico Testamento sottolinea che la potenza di Dio apre le orecchie dell'uomo e scava un solco profondo nel suo cuore (Sal 40,7), per renderlo capace di ascolto (Is 50,5; Giob 36,10). Il Nuovo Testamento mostra che solo la potenza delle parole e dei gesti di Ges fa udire i sordi e parlare i muti (Lc 11,28). Egli sconfigge le potenze del male nascoste nella impossibilit di ascoltare (sordi) e parlare (muti), che impediscono il dialogo. Il Padre, a gran voce dal cielo, invita i discepoli ad ascoltare il Figlio prediletto (Mt 17,5) che proclama beati quanti lo ascoltano. Nella Bibbia, il tema dell'ascolto presenta Dio che, oltre a chiedere di essere ascoltato, promette pure di ascoltare le richieste dell'uomo. Da parte di Dio, ascoltare significa esaudire, attuare e realizzare, per mezzo del Figlio Ges (Gv 11,41), quanto chiedono poveri, oppressi, sofferenti, umili, ammalati, prigionieri, vedove, orfani e quanti sono nella sofferenza e indigenza. Dio ascolta ed esaudisce chi chiede di fare la sua volont (1 Gv 5,14) o si sforza di attuarla (Sal 34,16; Gv 9,31; 1Pt 3,12).1 La duplice direzione, ascoltare e parlare, opera dello Spirito Santo. L'uomo non deve preoccuparsi troppo di parlare e Dio sottolinea la priorit ed essenzialit dell'ascolto. Ci indica che il dialogo fondamentale quello di Dio, del quale il nostro solo uno specchio (1 Cor 13,12). Il dialogo per eccellenza il parlare di Dio con noi, attuato pienamente nel dono della sua Parola sostanziale, che rimane

per sempre con e in noi. Il linguaggio di Dio questa Parola sostanziale, che unisce trascendenza e verificabilit. Bisogna rispettarne la lettera, formale ed esterna, ma assai pi lo spirito, pi misterioso e interno (2 Cor 3,6).

2.

Situazione comunicativa e fede

Una buona teologia richiede l'aiuto di un'adeguata riflessione filosofica. Una sistematica trattazione filosofica del dialogo sembra mancare, anche se gi il pensiero socratico e platonico vedeva il dialogo come confronto e discussione di opinioni, alla ricerca d'un termine che portasse a unit le discordanze iniziali. Tale atteggiamento ispir molti filosofi: Cicerone, Agostino, Cusano, Bruno, Berkeley, ecc. e trov accoglienza nello spiritualismo contemporaneo.2 Il termine, per, ha sovente un senso diverso: considerare relative le proprie affermazioni. Alla base del dialogo vi sarebbe la volont di capire,3 che sottolinea il legame fra dialogo e comunicazione e il domandare e rispondere, senza limiti e senza fine.4 Nella cultura attuale, poco incline alla speculazione filosofica, la teologia sembra assumere i modi del filosofare contemporaneo per occuparne i vuoti. Le riflessioni su filosofia e fede contribuiscono al tema del dialogo. Il problema di fondo se chi accetta un quadro di verit rivelate, sostanzialmente diverse, per contenuti e metodi, dalle verit razionali, sia un filosofo autentico e sincero. lo stesso interrogativo del dialogo fra religione storica (rivelata) e strutturale (umano-sapienziale). A rispondere correttamente pu aiutare la situazione comunicativa, che non ha nulla a che fare con sequela, adesione o risposta all'invito di fede. Per Jaspers, l'essenza della ragione, spoglia da ogni pretesa di conclusione (fede filosofica), si attua nell'illimitata disponibilit a comunicare del dialogo.5 Esso esige, prima di tutto, sincerit assoluta, povert interiore e piena partecipazione alle prove della vita. La situazione limite di questa disponibilit dialogica di capire l'altro nella sua fede religiosa, senza seguirlo nel confessarla. La maggiore obiezione che la fede filosofica pu comprendere la fede religiosa ma non armonizzare con essa. Essa, per, superata dalla struttura della fede, che disponibilit assoluta e apertura illimitata. Perci la fede, quanto pi forte, tanto pi dispone a mettere in discussione i propri atteggiamenti, convinzioni e certezze. Ci non diminuisce ma aumenta la sincerit della ricerca. La fede cristiana ha la sua garanzia trascendente nella struttura teologale (grazia) che, mediante le prove, le impedisce di divenire possesso chiuso. Nel dialogo, avanza proposte ermeneutiche e offerte di senso, su cui misurare la propria vita. L'esistenza cristiana esprime: fiducia teologale e razionale nella verit e nella sua forza purificatrice, che predispone alla novit; estensione tra la domanda radicale di senso e l'abbandono a una garanzia che viene dall'alto. L'analisi che unisce ipotesi e interpretazione, aprendosi alla fede, consente un fiducioso abbandono, perch la ragione umana non dominio teoretico esaustivo, ma dinamismo ermeneutico.6

3.

Condizione iniziale, posizione originaria

Quanto visto nella fenomenologia e antropologia della religione assai illuminante e suggestivo nella dimensione dialogica. Quel dinamismo dialogico comporta momenti analoghi. Il primo mettere fra parentesi le proprie posizioni e valutazioni ordinarie. Il dialogo pone nella nuova prospettiva del problematizzare e stupirsi di non stupirsi, che nasce dalla ricerca dell'atteggiamento pi adeguato verso punti di vista diversi. Il credente, filosofando, pone fra parentesi le proprie certezze, non per metterle in dubbio o contestarle, ma per considerarle da prospettive diverse, di fronte ai perenni interrogativi sollevati dal dialogo, la vita e la realt. Lo stupore nasce dall'incontro con elementi che non comprendiamo e turbano nostri criteri di giudizio e valutazione. Il 65

secondo momento passare dallo stupore all'ammirazione. Sospendere il giudizio porta a vivificare la coscienza, di fronte a un'eccedenza di significato e una presenza che allargano l'orizzonte e sostituiscono al giudizio un atto di contemplazione. Il terzo momento riflettere fino in fondo per andare ai fondamenti di ogni cosa, indagare rigorosamente la realt, renderla problematica e inserirla in un contesto che ne allarghi gli orizzonti. In questa impostazione, fede e ricerca (scientifica e filosofica) non sono estranee. La fede apre il problema, l'intelletto cerca le soluzioni,7 in un orizzonte speculativo sensibile al rapporto fra comprensione e interpretazione. In esso, il rigore filosofico non formalismo matematico. Il suo humus stupore di fronte alla vita, non regole formali del discorso.8 Il credente agli antipodi del fanatico, che puntella la sua radicale insicurezza col consenso esteriore. La fede non teme di mettere fra parentesi le sue espressioni e cercare senza pregiudizi. Pu porre in questione ci che le pi caro, perch la carit la pone nella condizione di non chiedere garanzie umane. La fede, per, non passa al dubbio ma alla condizione iniziale ossia alla situazione originale in cui visse lo stupore originario nel suo nascere. La posizione originaria rispetta pienamente ogni esigenza, riportando alla posizione di partenza rivissuta, riamata e risofferta. Essa placa la nuova tensione problematica, provocata dal dialogo. Rivivere lo stato originario dello stupore autentico un atteggiamento non solo teoretico, ma pure morale e ascetico. Esso esige povert interiore, distacco, liberazione, non dalla fede, ma dall'adesione consuetudinaria ad essa. Povert liberamente voluta, non nasce da dubbi, ma dalla volont di risalire all'origine. Il credente lascia un possesso gioioso e una tranquilla serenit, per verificare la propria adesione di fede e disposizione di carit. un vero dialogo, che fa partecipare alla condizione comune di chi s'interroga sinceramente, con intenzione pura e cuore disponibile. Essendo un'esperienza molto difficile, esige la grazia che perfeziona la natura e porta a compimento l'itinerario che va dall'emergere dello stupore fino al prorompere della verit nella carit. Grazia, carit e verit divina consentono di ritornare alla domanda iniziale senza finzioni.9

4.

Comunicazione, comunione, partecipazione nell'amore

Per la sua profondit e ricchezza la dialogica teologica non pu avere sviluppi rapidi e semplici. Comporta problemi di comunicazione interna (rapporti fra persone e comunit appartenenti a una stessa cultura o sistema di valori) ed esterna (rapporti fra persone e comunit appartenenti a culture o sistemi di valori diversi). Scienze umane e filosofia ne danno interpretazioni diverse. La teologia del comportamento dialogico dovr impostare il discorso su comunione, autopartecipazione e condivisione.10 Ci esprime una relazione interpersonale fondata sull'attiva partecipazione spirituale all'altro, come esperienza primitiva e fondamentale di un incontro.11 Per Berdjaev la comunione il senso pi profondo, originario e autentico della comunicazione spirituale, che consente al rapporto io-tu di raggiungere la pienezza del noi. Questa visione comporta notevoli conseguenze. Dal punto di vista ontologico fa riconoscere persone e soggetti, valorizzando l'autenticit di ogni interlocutore. In senso gnoseologico fa conquistare insieme una comune verit trans-personale e, a livello etico-morale, fa riconoscere il valore della nostra umanit. Perci si sostanzia nella collaborazione al bene e nella reciproca promozione spirituale. Dal punto di vista religioso fa emergere come soggetti e unisce. Come valore assoluto e comune, non si esaurisce ma trascende, spingendo l'un verso l'altro e, tutti insieme, verso il Valore dei valori, che ci fa emergere dal mondo degli oggetti, costituendoci soggetti e persone orientate all'infinito. Nessuno pu comunicare con un altro, n intenderlo come soggetto o persona, fino a che non lo cerchi e trovi in questo movimento, che ci sospinge al di sopra di noi e al quale tutti dobbiamo partecipare. Tale stretta correlazione ci dice che la comunicazione favorisce 65

la comunione e la comunione perfeziona la comunicazione. Ci avviene in molti modi, che segnano una continua osmosi da parola a parola, da concetto a concetto, da pensiero a pensiero, da sentimento a sentimento, da atteggiamento a atteggiamento e da azione a azione, superando la mediazione delle parole e delle idee, per giungere, infine, al silenzio ineffabile.12 La filosofia dell'esistenza, ispirata al pensiero religioso di Kierkegaard, antepone il concetto di comunit a quello di societ. Berdjaev, rimarca, perci, che il senso autentico della comunione non assimilabile a quello di societ, anche se lo contiene. La comunione consiste, essenzialmente, nella reciproca partecipazione fra coscienze nell'amore. una relazione interpersonale che si contrappone all'obiettivazione sociale esteriorizzzante. La comunicazione non assimilabile alla comunione, che reciproca interpenetrazione e ha un carattere religioso, come vera partecipazione all'interno di un'unit. In definitiva, soltanto in Dio opera quest'interpenetrazione tra io e tu.13 Per Blondel, il significato mistico della comunione connesso al motivo dominante dell'azione, che trapassa di coscienza in coscienza, fino a stabilire una comunione reale di vita, mai stabile, ma in continua elevazione verso il divino.14 Poich la cultura della comunicazione esprime una relazionalit in cui nulla definitivo, occorre verificare quanto possa accogliere la dimensione dialogica religiosa e teologale come stile di convivenza in cui l'uomo si realizza comunicando con l'Altro e gli altri. La comunicazione che conduce alla comunione, infatti, deve essere partecipazione reciproca all'Amore, che coinvolge ogni aspetto della vita. Quanto alla condizione iniziale che riporta allo stupore originario, per rivivere, riamare e risoffrire insieme, occorre approfondirne gli atteggiamenti spirituali, morali e ascetici (povert interiore, superamento dell'adesione consuetudinaria alla fede ecc.). Se autentica, ogni espressione dialogica aumenta l'esigenza di vivere il messaggio sempre pi profondamente, intensamente e con crescente disponibilit, per proporlo in modo credibile.
1 2 3 4 5 6 7 8 9

C. Augrain, "Ecouter", VTB, Paris 1970, 309-310. Cf. L. Lavelle, La prsence totale, Paris 1934. Cf. G. Calogero, Logica, gnoseologia, ontologia , Torino 1948, 1-11. K. Jaspers, La mia filosofia, Torino 1946, 157. K. Jaspers, La fede filosofica, Milano 1973, 182-184. A. Rigobello, Perch la filosofia , Brescia 1979, 126-131, 135-139. Fides quaerit, intellectus invenit (S. Agostino). Rigobello, Perch la filosofia, 131-135. A. Rigobello, "Fede e ricerca", in L'Osservatore Romano, 20-21.3.1978. H. Waldenfels, Teologia fondamentale, Milano 1986, 89. E. Mounier, Le personnalisme, Paris 1938, 38. "Comunicazione", in Dizionario delle idee, 150-151. N. Berdjaeff, Cinq mditations sur l'existence, Paris 1936. M. Blondel, L'action, Paris 1893, 352.

10 11 12 13 14

65

13. DIALOGO NEI DOCUMENTI ECCLESIALI


In questo capitolo analizziamo elementi generali e specifici sul dialogo, contenuti nei documenti magisteriali ed ecclesiali, dal Concilio Vaticano II al postconcilio.

1.

I testi conciliari

L'enciclica programmatica del pontificato di Paolo VI, Ecclesiam Suam (1964), sottolinea l'importanza del dialogo salvifico divino. In sei densi paragrafi (74-79) indica la dimensione dialogica della rivelazione del Verbo, culminata nell'Incarnazione e nel Vangelo. La storia della salvezza un lungo dialogo tessuto da Dio con l'uomo. La conversazione divina consente un dialogo pieno e confidente (72). Tale dialogo, aperto dall'iniziativa divina (1Gv 4,10), affidato alla Chiesa perch lo attui (74), spinta da carit divina (Gv 3,16), fervente e disinteressata (75), senza calcoli, non guardando a meriti o risultati (Lc 5,31), senza obbligare ad accoglierlo (76), lasciando liberi di corrispondervi (77, cf. Mt 11,21; 12,38; 13,13). Esso offerto a tutti (78, cf. Col 3,11), con graduali svolgimenti successivi (Mt 13,31), rispettando lentezze umane e tempi lunghi (79, cf. Ef 5,19), nell'umilt e discrezione, confidando nella persuasione interiore e nel rispetto delle libert personali e civili. Lumen Gentium delinea alcune basi teologiche del dialogo, partendo dai temi dell'universalit, cattolicit, chiamata generale alla salvezza nell'unit e alla confluenza nel Regno. Ne ricava la necessit di purificare, perfezionare ed elevare quanto vi di buono nel cuore e nella mente umana, nei riti e credenze religiose e nelle tradizioni delle culture (13-17). In Gaudium et Spes il dialogo riguarda l'intera famiglia umana e ogni persona nel contesto di realt in cui vive (2, 3, 19). Base del dialogo la dignit della persona e della comunit umana e l'attivit dell'uomo che crea una nuova cultura dinamica ed espansiva mediante le scienze e le innovazioni tecnologiche, che non devono mettere in pericolo le antiche tradizioni (40, 43, 56). Nostra Aetate completa queste motivazioni con altre pi specifiche, ossia l'attesa di risposte, da parte delle religioni, ai pi profondi interrogativi dell'uomo: senso della vita, bene, male, peccato, origine e scopo del dolore, felicit, morte, dopo-morte, mistero della nostra esistenza, origine e ultimo fine. Poich il dialogo fraterno, esprimendo l'amore universale di Dio, pu eliminare le cause di divisione contribuendo alla pace (1-2, 4-5), Dignitatis Humanae vi aggiunge l'aiuto vicendevole nella ricerca e scambio di verit e il sostegno per aderirvi sinceramente (3). Ad Gentes vede il dialogo come imitazione di Cristo, che penetra nel cuore umano per portarvi la luce divina (11). La Redemptor Hominis (1979), enciclica programmatica di Giovanni Paolo II, riguardo al dialogo si ricollega a Ecclesiam Suam (RH 4). Seguendone l'impostazione ricorda che il dialogo fondamentale per dare alla Chiesa la consapevolezza delle sue ricchezze, come dovere verso e dono a gli altri. Sottolinea i semi del Verbo presenti in altre religioni e culture, la destinazione delle ricchezze di Cristo a tutti gli uomini, l'azione invisibile dello Spirito Santo in ogni persona e l'unione del Figlio di Dio a ogni uomo, nell'Incarnazione (RH 12-13, 18).

2.

Dialogo e missione

Il documento Dialogo e missione sottolinea le nuove esigenze poste dal dialogo: collaborazione, testimonianza, ascolto delle reciproche esperienze spirituali e scambio di valori. Non si limita, quindi, ai colloqui, ma comprende l'insieme dei rapporti positivi e costruttivi, anche con persone e comunit di altre fedi, per la mutua conoscenza e il reciproco arricchimento. Di qui la necessit di un suo approfondimento teologico che ne consideri l'apporto specifico all'evangelizzazione (5, 6). Comprende

pure l'impegno per giustizia sociale, libert, diritti umani e riforma delle strutture sociali ingiuste (10-12). Tutti questi sono elementi essenziali congiunti indissolubilmente alla missione della Chiesa. Ci attribuisce al dialogo nuove e pi ampie dimensioni, che congiungono il camminare insieme verso la verit al collaborare a opere d'interesse comune a servizio delle persone, nella promozione sociale, lotta alla povert e alle ingiuste strutture che la provocano, impegno per la pace, libert, dignit e i diritti umani. Questi impegni nel Nuovo Testamento emergono come responsabilit comuni dei cristiani, fondate sulla loro fede, il battesimo e i doni divini ricevuti. Una disponibilit cos intesa al dialogo il contrassegno di Cristo, della Chiesa e di ogni cristiano (14-17). Vi sono poi altre motivazioni del dialogo. Quella antropologica riguarda il bisogno umano di comunicare per crescere nella verit, mediante lo scambio, la verifica e il reciproco confronto con gli altri. Quella teologale mostra la comunione e l'interscambio come conseguenza del mistero trinitario. I doni del Padre, la parola e sapienza del Figlio, la forza di vita rigeneratrice dello Spirito Santo sono destinati a tutta l'umanit, per orientarla alla Verit e accompagnarla alla pienezza del Regno (22-25). Le ricchezze trinitarie spingono a far emergere dalle grandi tradizioni religiose dell'umanit (OT, 16): cose preziose religiose e umane (GS 92); elementi di verit e di garanzia, semi del Verbo e germi di contemplazione (AG 9, 11, 15, 18); raggi della verit che illumina tutti gli uomini (NA 2). Questo enorme patrimonio spirituale, disseminato dal Verbo e animato dallo Spirito il contenuto che spinge a un dialogo proficuo e continuo (2-3; AG 11).

3.

Modi del dialogo, conversione

Lo spinge pure ad assumere modi diversi. Uno il dialogo della vita, che si esprime negli atteggiamenti, comportamenti abituali e stile quotidiano di vita (DM 29-30). Il secondo il dialogo delle opere che si attua collaborando a obiettivi umanitari, sociali, economici, politici, di promozione umana e alla soluzione dei grandi problemi (31-32). Il terzo il dialogo degli esperti volto ad approfondire e arricchire le convinzioni religiose e a promuovere comunione e fratellanza tra persone, popoli e culture (33-34). Il quarto il dialogo dell'esperienza religiosa che, a maggior profondit, mira a condividere esperienze di preghiera, contemplazione, interiorit, fede e impegno spirituale nella ricerca dell'Assoluto (35). Esso fa emergere uno dei temi pi delicati: la conversione. Dialogo e missione, rielaborando alcuni elementi di Ad Gentes , definisce la conversione: "ritorno del cuore umile e contrito a Dio, con il desiderio di sottomettergli pi generosamente la propria vita" (DM 37). La conversione interiore ha la priorit, in base alla libert di coscienza. In essa il primato dello Spirito Santo, agente principale della conversione, che opera nell'intimo delle coscienze, secondo i tempi, i modi di aprirsi alla fede e la pazienza di Dio (38-39). In ogni religione, societ e cultura, lo Spirito guida il cammino umano alla pienezza della verit. Quanto alla Chiesa, la guida a scoprire i germi di bene e verit ovunque diffusi e la illumina sul disegno di amore predisposto dal Padre per ogni popolo e cultura (At 17,26-27). Egli fa del dialogo una sorgente di speranza e un fattore di comunione e reciproca trasformazione (41, 43). Riguardo a popoli e persone, li guida misteriosamente e silenziosamente sulle vie del dialogo, secondo la pazienza e conoscenza dei tempi stabiliti dal Padre. Libera dai desideri intempestivi di risultati tangibili e fa accettare il principio che nessuno pu obbligare Dio ad agire pi in fretta di quanto ha scelto di fare. Solo lui sa come e quando riunire nell'unit i suoi figli dispersi dal peccato (Gv 11,52) e trarre frutto dai semi sparsi tra lacrime e fiducia (Gc 5,7-8; Mc 4, 26-30) (DM 43-44).

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4.

Dialogo, salvezza, regno

Redemptoris Missio collega il dialogo a evangelizzazione, annunzio e missione. Essa nota la necessit di tenere rigorosamente unite due verit fondamentali per la comprensione del mistero salvifico: la reale possibilit di salvezza in Cristo per tutti gli uomini, la Chiesa necessaria alla salvezza (9). La salvezza, essendo universale, non si limita solo a quanti credono esplicitamente in Cristo, entro la Chiesa, ma dev'essere concretamente disponibile a tutti. Quanti non possono conoscere Cristo esplicitamente devono incontrarne la salvezza in virt di una grazia che, pur in misteriosa relazione con la chiesa, non li introduce formalmente in essa. Deve, per, illuminarli in modo adeguato alla loro situazione interiore e ambientale. Questa grazia proviene da Cristo, frutto del suo sacrificio ed comunicata nello Spirito Santo, per consentire a ciascuno di giungere alla salvezza, collaborandovi liberamente (10). Quest'affermazione precisa il testo in cui Gaudium et Spes conferma che Cristo veramente morto per tutti, che la vocazione ultima dell'uomo una e divina e che lo Spirito Santo d a tutti la possibilit di venire in contatto col mistero pasquale, in modi noti soltanto a Dio (GS 22). Questi elementi sono fondamentali per il dialogo. Riguardo al Regno di Dio, i contenuti utili al nostro tema derivano dalla sua breve definizione di manifestazione e attuazione del disegno di salvezza in tutta la sua pienezza. Ci significa che la salvezza si compie nel Regno e consiste nel credere e accogliere il mistero dell'amore Padre, manifestato e donato in Ges, mediante lo Spirito. Tutti sono chiamati a convertirsi, credendo in questo amore. Tutti sono destinati al Regno che, crescendo nelle persone, societ e culture del mondo, trasforma ogni rapporto umano, (RM 12-13). L'impegno per il Regno consiste nel riconoscere e favorire il dinamismo divino presente nella storia e l'impegnarsi a trasformarla, liberando l'umanit dalle tutte le forme di male (14-15). Sul rapporto fra Cristo, Regno e Chiesa, il documento afferma che: Il Regno gi presente nella persona di Ges, s'identifica con lui, e viene progressivamente instaurato nell'uomo e nel mondo mediante un misterioso legame con lui; la Chiesa si distingue da Cristo e dal Regno, pur restando unita indissolubilmente a entrambi in un vincolo speciale; Cristo ha dotato la Chiesa dei beni e mezzi necessari al suo ruolo salvifico; tale ruolo non esclude che Cristo e lo Spirito operino anche oltre i suoi confini visibili, per attuare la presenza viva del Regno tra gli uomini (18-19). Di conseguenza la Chiesa rimane sempre al servizio del Regno, con molteplici impegni e azioni concrete quali: annunzio che chiama alla conversione; fondazione di comunit e istituzione di chiese particolari da portare a fede e carit mature; diffusione dei valori evangelici anche nelle espressioni e dimensioni temporali. Lo Spirito Santo, misteriosamente presente nel cuore di ogni uomo, pure il protagonista trascendente della salvezza, come: promozione e liberazione integrale dell'uomo, impegno per la dignit, giustizia pace, educazione, cura degl'infermi, assistenza ai poveri e ai piccoli (20). Egli opera nell'uomo e nella storia del mondo, in ogni tempo e luogo, con una sorprendente vastit e variet d'influssi (21, 29). pure all'origine della domanda esistenziale e religiosa, che nasce dalla struttura stessa dell'uomo e interviene in tutti gli ideali pi nobili e nelle iniziative di bene dell'umanit in cammino. Suscita il desiderio del mondo futuro. Ispira, fortifica e purifica i propositi coi quali la famiglia umana cerca di rendere pi umana la propria vita. Sparge i semi del Verbo nelle religioni e nelle culture, preparandole a maturare in Cristo. Suscita nelle persone e i popoli l'attesa di conoscere la verit su Dio e sull'uomo. Anima ogni sforzo di liberazione dal peccato e dalla morte (28-29, 45).

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5.

Sintesi conclusiva

Al di l di possibili motivazioni strumentali del dialogo, conta il riconoscimento delle autentiche ha motivazioni, esigenze e dignit del dialogo, fondate sul rispetto di tutto ci che il Padre, il Verbo e lo Spirito operano nell'uomo (56). Non si tratta, quindi, di confrontare concetti e credenze, ma d'impegnarsi nei pi diversi ambiti, in molteplici forme ed espressioni, per accogliere il Regno, anche quando gli sforzi non sembrano avere accoglienza o risposta (57). Redemptoris Missio ricorda che pur nelle molte incertezze e contraddizioni della situazione odierna, nel mondo avvengono progressivi avvicinamenti e convergenze verso i valori evangelici: rifiuto della violenza e della guerra; rispetto della persona umana e dei suoi diritti; desiderio di libert, giustizia e fraternit; esigenza di superare razzismi e nazionalismi; affermazione della dignit e valore della donna (86). Uno sguardo retrospettivo mostra come negli anni intercorsi fra Ecclesiam Suam (1964) e Redemptoris Missio, (1990), numerose esperienze di dialogo e l'elaborazione dei documenti ecclesiali ne abbiano arricchito e approfondito le prospettive. Esse dovrebbero divenire oggetto di studio anche da parte delle scienze della religione. Non basta infatti, ascoltare i problemi di tali scienze, bisogna pure aprirle e interessarle all'ascolto dei temi sopra indicati. Non si pu pi ignorare che l'esperienza e la tradizione biblico-cristiana la pi vasta, duratura e significativa espressione di religione e religiosit. Occorre, quindi, un serio e abituale confronto con essa. Per le scienze della religione, esso costituisce un significativo e decisivo salto di qualit che ne valorizzare i ruoli e le acquisizioni, per la teologia apre nuovi ambiti di responsabilit.

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14. RAPPORTO FRA TEOLOGIA E SCIENZE DELLA RELIGIONE 1. Nuovi approcci alle tematiche religiose:

Alcune riflessioni sulle tematiche della religione, elaborate negli ultimi decenni del secolo XX, offrono interessanti sviluppi al nostro tema.1 Ci soffermeremo su quelli pi promettenti, suggeriti dai testi: Corso di teologia fondamentale,2 di W. Kern, H.J. Pottmeyer e M. Seckler, (temi e problemi di teologia fondamentale); L'uomo e il sacro, trattato di antropologia religiosa,3 di J. Ries, E. Anati, R. Boyer, M. Delahoutre e altri (temi e problemi di scienze della religione); Epistemologia e teologia,4 di W. Pannenberg (temi e problemi epistemologici); Transdisciplinarit e didattica,5 di C.M. Sersale (note critiche su interdisciplinarit e transdisciplinarit). Rileveremo i contenuti che emergono dai diversi testi in modo trasversale, ai fini del dialogo transdisciplinare fra i diversi saperi sulle tematiche della religione: teologia, filosofia, epistemologia, scienze. I testi sopraindicati offrono suggerimenti specifici per un rinnovato rapporto con la teologia fondamentale e sistematica. Abbiamo gi indicato la realt religiosa come tessuto vivo di teofanie e antropofanie, viste come: 1) autentiche esperienze storiche di Dio; 2) vissute e testimoniate dall'homo religiosus; 3) conservate e tramandate dalle grandi tradizioni religiose. Le diverse discipline dovrebbero dialogare su questi elementi.6 I contenuti sono le testimonianze storiche e le esperienze analizzate dalle scienze della religione. In Religione fra modernit e futuro7 emersa l'utilit di sottoporre la prospettiva fenomenologica delle religioni, alla riflessione critica della filosofia della religione, per identificare e interpretare le costanti antropologiche dell'atto religioso. Ci al fine di una criteriologia dei presupposti nella quale sfocia l'esigenza della Rivelazione. Essa riguarda pure temi teologici fondamentali e sistematici. La religione acquisterebbe un posto pi significativo nella teologia fondamentale e nella teologia del dialogo tra le religioni, oggi coinvolte nei problemi di una crescita ambigua del religioso. Tale studio potrebbe servire pure a una prospettiva oggettiva ed ermeneutica del religioso. Un concetto di religione volto a comprenderla dal suo interno valorizzerebbe pure gli aspetti scientifici e filosofici delle ricerche sulla religione. Il principio fenomenologico, che tende a trovare un senso negli stessi fenomeni, potrebbe divenire un elemento importante del dialogo, volto a definire i limiti specifici del metodo. Consentirebbe pure alla teologia di verificare quanto sia opportuno e accettabile il concetto aperto di religione proposto dalla nuova antropologia della religione (Ries), ossia che non soggiace a delimitazioni del proprio ambito, stabilite a priori, per principio, una volta per tutte. Il concetto di religione di S. Tommaso: ordo (hominis) ad Deum verrebbe rivalutato per la riflessione antropologica e teologica. Infatti, se autenticazione della natura umana e compimento escatologico vengono solo da Dio, il rapporto con lui e la religione intesa teologalmente assumono un significato fondamentale per l'esistenza umana, pure a livello antropologico.

2.

Teologia come scienza di Dio e della religione

A maggior ragione, a livello teologico, l'ordo ad Deum, come essenza teologica della religione, significativo per tutta la prassi umana, come rapporto che cerca e trova redenzione. Esso riguarda il reale trascendere verso Dio, nell'orizzonte della salvezza, coinvolgendo l'interesse per questa e la prassi che le corrisponde.8 In questa luce, la religione rappresenta un rapporto d'interazione tra gli atti strutturati in modo specificamente religioso e gli oggetti di natura specificamente religiosa. Ci riguarda da vicino la fenomenologia9 e l'antropologia della religione.10 Quest'ultima, per giungere al

concetto filosofico di religione, non deve smarrire l'impostazione trascendentale che originariamente caratterizzava la fenomenologia filosofica. La religione pensata come rapporto con Dio, tuttavia, potrebbe divenire un oggetto secondario, subordinato al concetto filosofico di Dio. Per evitare ci, si dovrebbe raggiungere un concetto fenomenologico di religione. Questo possibile mediante l'analisi strutturale dell'atto religioso e l'identificazione della natura degli oggetti dati in modo originario, per mezzo di questi atti. Le attuali forme di fenomenologia della religione non sembrano soddisfare questa esigenza, per cui occorrerebbe un confronto tra metodi fenomenologici, ermeneutici e filosofico-trascendentali. L'approccio della nuova antropologia della religione sembra, comunque, aprire ulteriori possibilit.11 Centrato sull'homo religiosus, la sua esperienza del sacro e i comportamenti che ne conseguono, pone in evidenza che l'uomo religiosus dal primo emergere. La storia inadeguata. Lo studio della religione va anticipato, come fa l'antropologia della religione, al primo emergere dell'uomo e della cultura. L'uomo religiosus e symbolicus ancora prima che sapiens, faber e ludens.12 Non lo si pu isolare dalla cultura n capire, senza seguirne le prime fasi di emergenza: preistorica, culturale e storica, oltre che biologica.13 L'analisi filosofico-fenomenologica della preghiera e delle azioni cultuali verrebbe poi a valorizzare quel concetto di Dio che emerge non dalle speculazioni dei filosofi, ma dal vissuto umano, espresso da religioni e culture, con le loro espressioni di adorazione e culto. Esso indicherebbe il noema dato originariamente nella noesis del linguaggio della preghiera e delle azioni culturali. Il momento costitutivo della religione potrebbe essere pi significativo, nell'approccio al Dio delle religioni, che dei filosofi e dell'ipsum esse subsistens. Questi non vanno esclusi, ma inclusi e integrati. Il Dio delle religioni sembra esprimere meglio quella forma di vita umana, in cui si esplicita l'esperienza della realt nel suo insieme e in cui affondano le radici le culture, l'ordine della societ e la comprensione del senso su cui esse si fondano.14 Le religioni, cos intese, sarebbero luoghi della percezione esplicita e tematizzata dell'automanifestazione divina, nella totalit del mondo, quale si presenta all'esperienza umana. In questo modo, il loro studio, renderebbe possibile una scienza di Dio (teologia), intesa pure come scienza della religione, delle religioni storiche, del cristianesimo e di Dio.

3.

Religione: teorie scientifiche e riflessione antropologica

La riflessione antropologica sull'insieme del fenomeno religioso consentirebbe di chiarirne lo scopo essenziale, le sue risposte all'inconsistenza e fugacit del presente e alla provvisoriet dell'esistenza. La religione verrebbe ipotizzata come percezione riflessa dell'assoluta fugacit del presente, che evidenzierebbe, come irrinunciabili presupposti, l'unit nascosta e il rispetto della sovranit dell'assoluto.15 Riportando al centro del problema religioso la discussione sull'essenza della religione, si potrebbero superare i limiti metodologici che paralizzano, attualmente, le scienze della religione. Storia, fenomenologia, psicologia e sociologia della religione, mediante una severa verifica critica, storica ed epistemologica, dei loro presupposti e dei loro paradigmi interpretativi, potrebbero interpretare e comprendere pi correttamente i dati empirici, singoli e nel loro insieme.16 Potrebbero pure superare le incomprensioni e polemiche fra storici e fenomenologi della religione. In particolare, la fenomenologia della religione potrebbe valorizzare il suo significato, e la teoria religiosa potrebbe dedicarsi al mistero della religione in quanto tale e la sua essenza, mediante lo studio delle testimonianze della religiosit umana. Resterebbe da verificare se, cos attualizzata, coinciderebbe con la nuova antropologia religiosa, oppure conserverebbe ambiti e identit specifici. Fra le scienze della religione, la nuova antropologia della religione appare adeguata al nuovo approccio transdisciplinare alla religione, rigoroso e non riduttivo.17 Non 71

riduttivo qui significa: non mettere fra parentesi n in ombra la realt divina esperita nelle religioni. Significa pure tematizzare tale realt in modo da consentire una vera teologia delle religioni. Ci estremamente importante perch, le discipline scientifiche della religione devono verificare criticamente con la filosofia le proprie possibilit di partecipare al dialogo transdisciplinare. questo l'ambito d'interlocuzione con la teologia, scienza di Dio e della religione.18 Tale ambito transdisciplinare costituirebbe pure il contesto della scienza della religione. Essa non si limiterebbe pi a descrivere le esperienze religiose, i loro rapporti con la persona umana e le loro istituzionalizzazioni, ma indagherebbe pure la realt esperita nella vita religiosa e la sua storia. Tale ampliamento farebbe cessare l'astensione del giudizio sull'oggetto dell'esperienza religiosa, ancora operante nella fenomenologia, che non neutro ma pregiudizialmente immanentista.19 Tale pregiudizio ha costretto le scienze moderne della religione ad antropologizzare, dedivinizzare e ridurre la religione. Occorre, invece, riesaminare la pretesa di verit delle religioni e le su implicazioni, col necessario senso critico. In questo modo, gli aspetti psicologici, sociologici, storici e fenomenologici rilevati dalle scienze della religione non impediranno pregiudizialmente le ulteriori riflessioni della filosofia, n le aperture alla teologia.20

4.

Critica della religione e alla religione

La filosofia dovr riflettere sul concetto essenziale di religione, senza il quale non sarebbe possibile: 1) delimitare l'ambito dei fenomeni da studiare dalle scienze della religione; 2) confrontare tra loro fenomeni e manifestazioni; 3) verificarli criticamente.21 I tentativi di giungere per via filosofica a un concetto essenziale della religione, passando per la fenomenologia e l'ermeneutica22 sono significativi per almeno tre ambiti tematici di teologia fondamentale e sistematica: 1) la critica della religione in quanto tale; 1) la fede cristiana vista come fine della religione e inizio di un nuovo rapporto con Dio; 3) l'accertamento se la natura umana implichi un rapporto con Dio completato dalla grazia soprannaturale. Qui potrebbe valere la fondamentale regola fenomenologica, della corrispondenza tra forma di un atto intenzionale indirizzato agli oggetti (noesis) e qualit degli oggetti, originariamente dati a quest'atto (noema). Essa mostra l'inutilit di studiare la natura degli oggetti, prescindendo dal loro rapporto con gli atti intenzionali (intenzionalit) che vi corrispondono. Per questo Halder sostiene l'utilit di un programma di ricerca che sperimenti, attraverso l'analisi del linguaggio della religione e delle azioni cultuali, una fenomenologia della religione, che applichi i metodi trascendentali.23 Pure Pannenberg sostiene che non spetta solo alla religione doversi giustificare. Si devono giustificare pure le critiche e negazioni a essa. Inoltre, a fede e religione incombe, come primo compito, la verifica critica continua del mondo e di ogni posizione mondana.24 Nella cultura occidentale, impregnata di scientismo e tecnicismo, questa funzione critica va esercitata pure verso il sapere scientifico e filosofico.25 Fede e teologia devono sensibilizzare scienze e filosofia a verificare criticamente le proprie capacit di superare il loro attaccamento alle proprie rappresentazioni (idolatria) e le loro pretese di poterne fare a meno (iconoclastia). L'idolatria scientista si esprime nella pretesa assolutezza di dati, concetti, metodi e programmi delle scienze. L'iconoclastia si esprime nella pretesa di raggiungere la realt mediante il riduzionismo, quantitativismo, fisicismo, ecc. La funzione critica di fede, religione e teologia, verso scienze e filosofia, comporta pure la critica ermeneutica che interpreti le virtualit e intenzionalit positive, che rendono accettabili i postulati positivi della loro critica.26 Quest'aspetto costituisce un programma di approfondimento della sfida ermeneutica, volto a strutturare l'insieme dei concetti, affinch i problemi sollevati da fede e religione o dalla critica ad esse, non siano svuotati di significato e contenuto o resi insolubili.27 In questo modo, le proposte 72

interpretative della religione e della critica ad essa, diventano modi per superare gli opposti pericoli dell'idolatria e iconoclastia.

5.

Teologia: religione come atto fondamentale dell'esistenza

La filosofia, nel riflettere sulla religione, deve pure riflettere su se stessa. In quanto logica dell'essere di tutto l'essente, a partire dal suo fondamento (ontologia), allo stesso tempo filosofia della religione. Concepisce, quindi, la religione come compimento della stessa trascendenza della vita umana, il cui compimento non si esprime nelle forme del linguaggio dei saperi, ma nelle attuazioni del linguaggio della fede. La religione, infatti, primamente non traduce il proprio oggetto in concetti, ma in simboli.28 Nelle condizioni attuali, la riflessione filosofica sulla trascendenza originaria dell'esistenza umana avrebbe pure un compito comune con la fede religiosa: ricordare che l'uomo non il centro della realt e che non crea se stesso n il tutto. Di conseguenza, pu comprendere la sua vita solo riferendosi alla Totalit e a tutto quello che egli non , ma d senso, scopo e fondamento a tutto, ossia Dio. La filosofia non produce i contenuti della vita, ma li ricava da un'esperienza cui perviene pure la religione. La teologia, invece, scienza di Dio, ha per tema la realt di Dio come concetto problematico e come punto di riferimento tematico di tutta l'indagine.29 Dio, infatti, non dato all'esperienza umana come un oggetto tra gli altri, ma accessibile alla riflessione teologica solo tramite un'esperienza di Lui, dotata di valore intersoggettivo. Essa rilevante per la concezione del mondo e l'autocomprensione dell'uomo, articolata in un linguaggio religioso convenzionale, sia tradizionale che rinnovato, volto a mettere in luce l'esperienza del mondo attuale. La teologia, in quanto sforzo conoscitivo, deve mirare all'intersoggettivit, concentrando la sua attenzione sulla datit indiretta della realt divina: le vestigia del mistero divino nelle cose del mondo e della vita umana. Qui assumono pieno valore le categorie delle scienze della religione: teofanie, antropofanie, homo religiosus.30 Dio, visto come realt che determina ogni cosa, si determina solo da se stesso e non soggiace ad alcun'altra determinazione. La teologia, come scienza di Dio, possibile se la totalit del reale ne diviene il tema, dal punto di vista della realt che, in ultima analisi, determina questa totalit nel suo complesso e nei suoi elementi singoli. La filosofia greca intese la totalit della realt come cosmo e Dio come principio. S. Scrittura e teologia classica intendono la totalit della realt come creazione e Dio come Creatore. Nella teologia francescana, il criterio di valutazione di una visione cristiana diviene la radicalit con cui s'intende l'evento e il mistero dell'Incarnazione, che dipende dal rapporto: Verbo-Incarnazione, come teologia centrata sul mistero di Cristo. Se tale rapporto il primum logico-ontologico, dato incondizionato che presiede a tutta l'opera creativa-salvifica di Dio, Cristo sar il vero centro e chiave di tutto il piano. Per questo, in Duns Scoto, Cristo il primum di tutta l'opera di Dio ad extra, sia nell'exitus che nel redditus e modello d'ogni comunicazione divina ad extra, nella natura e nella grazia. La teologia francescana vede l'uomo come immagine del Verbo e ordinato immediatamente a Lui. Ci consente di distinguere due momenti. Il primo l'impronta naturale del Verbo nell'uomo, illuminazione naturale (lumen inditum): intelletto creato che coglie, implicitamente, il Verbo come suo oggetto trascendentale, a priori d'ogni conoscenza, orizzonte infinito che rende possibile la percezione dell'ente infinito. Cos Dio co-intuito in ogni atto di conoscenza. Il secondo l'impronta soprannaturale del Verbo nell'uomo (lumen infusum), lux revelativa, che ci manifesta il Padre e il suo disegno salvifico.31 Ci evidenzia la povert, limitatezza ed angustia delle visioni moderne (scientismo, materialismo, meccanicismo, evoluzionismo), che 73

negavano ogni finalit, nello studio della natura. Pensavano d'escludere la causa prima del mondo, riducendola a livello di azione fisica, resa superflua dalla scoperta del principio d'inerzia. Confondevano due piani totalmente diversi, scientifico e filosofico e giudicavano superato il discorso su una causa prima del mondo. L'idea di Dio rimaneva indispensabile solo per giustificare l'autocomprensione dell'uomo in rapporto al suo mondo.32 La svolta antropologica ha posto, come argomento della teologia, il problema dell'uomo e del suo fine naturale, nella tematica religiosa che, dal XVII al XIX secolo, aveva assunto la religione come tema fondamentale per la teologia. La totalit della realt, tuttavia, non si d in modo compiuto, ma si anticipa solo come totalit di senso.

6.

Teologia della religione e delle religioni

La realt di Dio, quindi, data, di volta in volta, solo in anticipazioni soggettive della totalit della realt, in progetti storici della totalit di senso, soggetti alla verifica.33 Essa si manifesta solo nel modo in cui, di volta in volta, si avuta un'esperienza storica della realt nel suo complesso. Pertanto, una teologia della religione (o delle religioni) si differenzia dalle scienze della religione perch deve prendere sul serio le concezioni delle tradizioni religiose sulla realt divina, anzich ridurle ad antropologia, come pretesero le scienze della religione (psicologia, sociologia, fenomenologia, ecc.). Solo rispettando le esigenze poste dalla teologia, senza indulgere ai riduttivismi scientisti, si pongono le condizioni di un rapporto interdisciplinare (e infine transdisciplinare) in cui tutte le discipline (scientifiche, filosofiche e teologiche) possono rispettare i postulati fondamentali, analogici e non univoci, della scientificit. Il primo il postulato della proposizione, che riguarda le asserzioni di cui si afferma la verit. Il secondo il postulato della coerenza, che riguarda le proposizioni riferentisi a un campo unitario di oggetti. Il terzo il postulato della controllabilit che riguarda e richiede la prova della pretesa di verit delle proposizioni.34 Intendere la scientificit come concetto analogico assume importanza decisiva, dopo che l'epistemologia moderna, da Popper in poi, ha dimostrato l'impossibilit di ridurre o identificare la scientificit con verifiche o falsificazioni ritenute definitive. Esse risultano, invece, impossibili o indecidibili. Ci significa che la scienza pu aspirare solo a corroborare le sue teorie, perch le sue acquisizioni non sono mai definitive. Al massimo pu dimostrare che una teoria pu risolvere meglio di altre un dato problema, in un dato momento, in un dato modo.35 Ci impone una nuova concezione della scientificit, pi critica, pi storicamente dimensionata e pi realistica, in cui si riconoscano le discipline che: 1) tematizzano l'aspetto astratto delle regole generali (scienze della natura); 2) studiano il rapporto fra strutture individuali e universali, nel corso dell'evento (scienze dello spirito o scienze umane); 3) tematizzano gli orizzonti globali del senso, presente in tutti i processi (compresi quelli delle scienze naturali), come elementi della precisazione dei paradigmi. Scienze, filosofia e teologia, quindi, possono e devono operare secondo le esigenze del proprio modo di essere.36 Questa impostazione, che ridimensiona ogni altra, legittima pure la teologia come problematizzazione e tematizzazione del modo in cui la realt divina, sotto l'aspetto della sua unit unificante, si presenta nella coscienza dell'homo religiosus e nella storia delle esperienze religiose (teofanie e antropofanie). L'esperienza religiosa, per la sua dimensione storica, richiede che anche la teologia mantenga un corretto rapporto con la storiografia, conservando come suo oggetto, non solo la storicit dei dati, ma anche la teologicit di ci che in essi dato: la realt onnideterminante di Dio. Ci consente di precisare compiti e ambiti di scienze della religione, filosofia e teologia, per cui alla filosofia spetta tematizzare i nessi logici, impliciti-nelle, ma trascendenti-le, singole discipline scientifiche e rilevare il significato dei vari settori dell'esperienza e della conoscenza.37 Alla teologia, invece, spetta 74

presentare le asserzioni teologiche, come tesi sulla totalit del senso dell'esperienza, sotto l'aspetto della realt (divina) che determina, in ultima istanza, tutto il dato, nella sua totalit ancora incompiuta. Spetta pure considerare il modo in cui questa realt divina si manifestata nella coscienza ed esperienza religiosa.38 Le asserzioni della tradizione e le loro attuali riformulazioni, per dimostrarsi vere, dovrebbero aprirsi al contesto del senso di tutta l'esperienza della realt, in modo pi indifferenziato e convincente di altre. Pertanto, le ipotesi teologiche sono confermate se si dimostra che: 1) esprimono le implicazioni delle tradizioni bibliche; 2) si rapportano con la realt nel suo complesso, estendendosi pure alla realt attuale; 3) interpretano adeguatamente il rispettivo settore esperienziale; 4) eguagliano e superano il potere interpretativo delle ipotesi gi esistenti. In questo modo, la teologia scienza di Dio, che pu rivolgersi al suo oggetto, attraverso lo studio delle religioni, in cui la realt di Dio gi tematizzata, come solido fondamento della vita umana e come fonte di superamento delle esperienze del male e del dolore che compaiono nell'esistenza. Ci valorizza, oltre al suo carattere storico, critico e sistematico, quello profetico della rispondenza di ogni realt alla verit divina. Questo significa che il tema specifico delle religioni, ossia la manifestazione della realt divina che in esse si coglie, pu diventare oggetto d'indagine teologica solo nella teologia delle religioni, ma non in una pura psicologia, sociologia, fenomenologia o antropologia della religione. Esse, per la teologia, sono solo discipline ausiliarie, anche se indispensabili. La teologia delle religioni, perci, tale in quanto studia le tradizioni e le forme della vita religiosa nel loro specifico religioso: la realt divina che determina ogni realt che in esse si presenta. Alla teologia pure utile una filosofia della religione, che sviluppi un concetto universale e generale di religione, inserendovi l'idea di Dio come realt che determina ogni altra. Questa filosofia esige, come base, un'antropologia generale che, fondandosi sui dati delle altre scienze della religione, esamini: 1) le forme fondamentali della realt divina, 2) le rispettive autocomprensioni e concezioni del mondo, 3) le forme di rapporto religioso del culto.

7.

Metodologia interdisciplinare e transdisciplinare

Riguardo a questa ipotesi, prima di scegliere fra metodologia interdisciplinare o transdisciplinare, occorre precisare i caratteri dell'una e l'altra. L'approccio interdisciplinare indica un'interazione fra due o pi discipline, che va dalla semplice comunicazione di idee, all'integrazione reciproca dei concetti direttivi, delle teorie della conoscenza, delle metodologie, delle procedure, ecc. Per approccio transdisciplinare, invece, s'intende la messa in opera di un'assiomatica, comune a un insieme di discipline, intesa come totalit dei principi posti alla base di qualsiasi scienza. Il passaggio dalla prima alla seconda non facile, n automatico, ma complesso. Esige un processo graduale e concreto ossia un metodo che, nella pratica, parta da una vera interdisciplinarit, per muovere verso una progressiva transdisciplinarit. Questo passaggio richiesto da esigenze generali e ragioni fondamentali: 1) le operazioni riduttivistiche hanno fallito l'obiettivo di unificare il sapere; 2) sono ormai evidenti i limiti di un sapere scientifico ridotto a pura descrizione di frammenti; 3) urge unificare il sapere per superare le contrapposizioni dei diversi ambiti disciplinari (scienze della natura, dello spirito ecc.). L'epistemologia, confermando l'impossibilit per la scienza (insieme di congetture parziali, provvisorie e soltanto corroborabili, di raggiungere acquisizioni definitive, solleva problemi significativi da affrontare a livello filosofico. La filosofia, quindi, deve legittimarsi non solo come riflessione sui principi formali (dalle scienze presupposti in modo irriflesso) ma come riflessione normativa fondante. Essa trascende l'ambito delle scienze in ogni settore (logica, gnoseologia, etica, metafisica ecc.). Ci giustifica la sua competenza a valutare criticamente la coerenza del 75

concetto di scienza, l'interpretazione del sapere scientifico e il rapporto tra scienza e vita umana nel suo complesso. In questo contesto, la transdisciplinarit conferisce pure forte rilievo alla dimensione didattico-formativa, sottolineando l'esigenza che ogni discente sia in grado di approfondire e valutare criticamente le strutture dinamiche che presiedono alle teorie e ai sistemi concettuali, inerenti alle discipline che apprende. Ci esige che, di fronte alle realt da apprendere, sappia porsi in modo critico, costruttivo e creativo, indagando e scoprendo le relazioni che intercorrono fra i problemi da risolvere, gli elementi che li compongono e i contesti in cui si collocano. Un'altra essenziale esigenza deriva dall'unit di conoscenza, sapere e cultura. Essa esige di reperire le strutture interne delle varie discipline, mediante la ricostruzione e percezione degli itinerari problematici e dei processi storici e metodologici che le hanno originate e costituite. A tal fine, occorre individuare le idee-base che organizzano i fatti e ordinano le nozioni, per focalizzare il nucleo dinamico, che spinge la struttura codificata verso nuovi sviluppi e strutturazioni. Tutto ci va orientato a valorizzare le idee strutturali, elaborate dall'intelligenza umana, quali pilastri insostituibili della conoscenza, del sapere e della cultura.39

8.

Riflessioni conclusive

Quanto finora esaminato mostra che, anche per la religione, i temi e problemi delle scienze particolari che la indagano (discorso delle scienze), acquistano significato solo se inseriti nel contesto di un'analisi e una riflessione critica condotte da epistemologia, storia di ogni scienza e storia del pensiero scientifico (discorso sulle scienze). I risultati di tale analisi e riflessione sono importanti se collegati alle altre forme del pensiero, in particolare le varie articolazioni della filosofia: gnoseologia, antropologia, metafisica ed etica. Solo in questo modo il sapere scientifico pu recuperare il senso ampio insito nella sua esperienza di cogliere significati attraverso la forza creativa delle ipotesi, modelli, teorie, immagini, miti, metafore, simboli e contesti di significazione. Questi elementi esprimono il linguaggio con cui l'uomo connota la realt in modo creativo e responsabile. Ponendo il problema in questi termini, si comprende ci che l'approccio transdisciplinare comporta e lo costituisce. Non si tratta di raccogliere i risultati delle discipline, ma di elaborare in sistema unitario le molte conoscenze parziali emergenti senza rapporto l'una all'altra. La sua tendenza sistemica consente di affrontare pure il problema delle sintesi, nella consapevolezza che, come in ogni forma del sapere, errori e genericit sono inevitabili, per cui occorre cercare di prevederli e contenerli entro limiti accettabili e controllabili.40 Tale forma di sapere sembra attuabile come metateoria delle teorie della conoscenza, che rifletta pure criticamente su di esse, intrinseca alle stesse. Ci richiede omologie, non tanto materiali o formali, ma a livello dei significati, con cui la mente umana connota incessantemente la realt, mediante strumenti propri tra cui, in primo luogo, il linguaggio. La coerenza interna ad ogni disciplina sarebbe messa in luce mediante un procedimento che colga le strutture delle discipline come elementi essenziali ed ineliminabili.41 Esse comprendono modelli, idee generatrici, teorie e ipotesi, storicamente datate e culturalmente condizionate, con cui si cerca di far luce sulla realt dell'uomo e del mondo, secondo modalit di coerenza specifiche dell'uomo. La loro coerenza interna, quindi, andrebbe intesa, non come causalit lineare o deterministica, ma come ricerca della saggezza, che contrassegna le conquiste del proprio sapere. Soltanto in questo modo potrebbe consentire d'individuare, a diversi livelli di profondit, una visione d'insieme come fondamento delle coerenze, denominate pure coerenza delle coerenze. Al di l dei termini, l'esigenza di unificare il sapere intimamente spirituale e profondamente inerente all'intelligenza umana. La sua difficolt nasce dal fatto che, in primo luogo, oltre a rigorosi metodi e formalismi, esige 76

risposte alle domande sul significato globale, i fini e i valori ultimi dell'esperienza, della ricerca, della dimensione simbolica della coscienza e della vita. In questo modo la metateoria delle strutture un'opera creativa, volta a ricavare dalle molte teorie parziali, delineate senza rapporto l'una all'altra, una visione unitaria. Risponde al tentativo di ritrovare l'humus umano e spirituale che fonda le singole discipline e impedisce loro di alienarsi in una crescente incomunicabilit.42 Le conseguenze di questo progetto sono importanti per diversi ambiti: singole discipline, insieme dei saperi, culture, struttura degli studi accademici e programmi delle facolt universitarie, in primo luogo di teologia e delle scienze della religione. G. Gismondi, "Teologia, filosofia, scienze della religione: inter-trans-disciplinarit", in Convivium Assisiense, 2 (2000), n. 2, 169-189, con i testi integrali citati nelle note.
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