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Editoria Domani e sabato a Torino un convegno su iniziative culturali e spazi urbani.

I lettori abituali non superano il 18 per cento

Quelle mille e una citt del libro che uniscono lItalia con i festival
Dopo scuola dellobbligo e tv, oggi sono le kermesse a saldare il Paese
di GIAN ARTURO FERRARI

il rischio che, a forza di sentirlo ripetere, il discorso sul libro in Italia, sulla promozione sua e della sua lettura, divenga un lungo e noioso piagnisteo. Una lagna. Di convegno in convegno, di lamento in lamento, si procede attraverso un desolato paesaggio di percentuali in calo, di dati sconfortanti, di confronti umilianti. Con, in aggiunta, il sospetto, per non dire la certezza, che in realt delle sorti del libro in Italia non importi quasi nulla a nessuno. Che in realt il discorso sul libro venga affrontato con la doverosa e distratta compunzione di solito riservata alle elemosine in chiesa. Ebbene e questa la clamorosa novit per una volta le cose non stanno cos. Per una volta apriamo un convegno non lacrimando e soffiandoci il naso, ma con un sorriso se non proprio di felicit di contenuta allegrezza. Per una volta parliamo di una grande esperienza collettiva con un segno positivo. Di una partecipazione vivace e sentita. Di un sostegno, anche economico, generosamente prestato. Infine, e soprattutto, di risultati tangibili, nei termini di capacit attrattiva, di coinvolgimento delle realt locali, di protagonismo delle generazioni pi giovani, di complessiva crescita culturale. Le esperienze che si raccolgono in questo convegno festival, fiere, saloni o qualsiasi altra denominazione abbiano adottato hanno certo tutte una marcata impronta locale, un radicamento non solo fisico, ma anche economico, di iniziativa e di utenza in un determinato territorio. Da qui, tra laltro, il titolo al plurale, Le citt del libro. Ma viste per la prima volta come qui cerchiamo di fare nel loro insieme, esse configurano un fenomeno unitario e di grandi dimensioni, sotto il profilo sia dello sforzo collettivo e dellimpegno profuso, economico e non, sia del mutamento di percezione e di fruizione del libro che hanno finito per indurre. Insomma, vista nel suo insieme questa ci appare come liniziativa di promozione del libro e della lettura di maggiori dimensioni e, diciamolo pure, di maggior successo che mai sia stata intrapresa in Italia. comprensibile, ed anche giusto, che vi siano valutazioni critiche, persino molto critiche, del fenomeno in generale ovvero di questa o quella specifica manifestazione. Ma in ogni caso preliminare deve esse-

re il riconoscimento del successo ottenuto, dellefficacia dimostrata e del gradimento rilevato. I festival, i saloni, le fiere infatti sono molto piaciuti al pubblico italiano. Continuano a piacere. E questo conter pur qualcosa. Il quadro complessivo della lettura di libri in Italia quel panorama spettrale cui accennavamo si riassume in tre cifre ormai stabilizzate. Oltre met degli italiani adulti, il 51%, non legge mai un libro. Quasi un terzo, il 31%, appartiene allindecifrabile genia di coloro che leggono un libro o due allanno e che noi definiremo benignamente lettori occasionali. Meno del 20%, il 18 per la precisione, costituito da lettori veri e propri, che chiamiamo abituali. In sostanza, su cinque italiani adulti meno di uno legge abitualmente libri. Come lItalia abbia potuto ridursi cos dopo essere stata in et umanistica e primo rinascimentale la patria del libro e il suo pi

florido mercato, abbiamo cercato di tratteggiarlo altrove. La distanza tra lingua letteraria, scritta, e lingua parlata; la mancata per secoli unificazione nazionale; il divieto, sancito dallIndice, a leggere la Bibbia in volgare; lenorme distanza tra otium signorile, luogo naturale del libro, e negotium vile e meccanico, luogo di chi campa la vita faticando e non certo leggendo. Meno indagato il fallimento, su questo fronte, dei centocinquantanni di stato nazionale. Il quale ha ereditato certo il disastro di una popolazione composta, al

Caratteristiche Gli incontri funzionano perch creano una comunit di lettori e coinvolgono i giovani anche nellorganizzazione degli eventi

momento dellunit, per oltre tre quarti da analfabeti, ma che ha saputo opporvi nella sua ormai lunga storia solo tre iniziative di grande respiro, solo tre vere riforme. La scuola elementare obbligatoria innanzitutto, con lepopea dei maestri e delle maestre celebrata in quel capolavoro immortale che Cuore. Scuola elementare che per alla vigilia della seconda guerra mondiale ci aveva lasciato ancora il trenta per cento di analfabeti. La televisione di Stato in secondo luogo, che allindomani di quella guerra unific linguisticamente il Paese. E infine, negli anni Sessanta, la creazione della media unica, che determin le condizioni per la nascita anche in Italia del mercato del libro economico. Ma in realt del libro in quanto tale e della sua lettura lo stato non si mai veramente occupato. Intimorito in parte dalla natura anche di bene commerciale del libro, ma soprattutto per una cronica carenza

culturale, per lincapacit cio di vedere nel libro quel che il libro . Ossia la chiave, la soglia, la porta daccesso ad ogni forma di espressione culturale e di acquisto conoscitivo e dunque una precondizione obbligata per ogni ulteriore crescita. La via italiana al libro e alla promozione della lettura dunque consistita e consiste principalmente nel sostituire allo Stato centrale un livello locale in cui confluiscono tre soggetti: enti pubblici, appunto locali; forze economiche, principalmente fondazioni bancarie; e gruppi o soggetti singoli di iniziativa, come fu Guido Accornero per il Salone di Torino nel 1988 o il gruppo mantovano (Nicolini, la Corraini ecc.) per il Festival di Mantova nel 1997. Che la formula inaugurata da questi precursori fosse fortunata lo si visto dal suo rapido proliferare e dal suo estendersi fino a superare oggi il migliaio di iniziative annue. Ma in che cosa consiste, precisamente, la fortuna dei festival? Perch hanno avuto tanto successo? Rispondere a queste domande , ovviamente, uno dei compiti del nostro convegno. Permettete per a me di azzardare qualche ipotesi. La prima, e fondamentale, che la comunit dei lettori, di coloro per i quali i libri contano, di coloro che amano i libri, si trasforma da una nozione astratta in una realt fisica, corporea. Le citt investite diventano citt del libro nel senso letterale, come se fossero circondate da mura fatte di libri, a delimitare uno spazio in cui la legge dominante la legge del libro e la popolazione di coloro che partecipano al libro. Un misto di correligionari, di militanti e di tifosi della stessa squadra, una sensazione di fratellanza. Un gioco, certo, ma molto divertente. La seconda che i festival hanno fatto la scoperta essenziale, hanno trovato il modo di portare dalla parte dei libri i ragazzi e i giovanissimi. Come? Facendo degli infedeli i missionari. Non predicando loro la necessit di leggere, ma arruolandoli nellorganizzazione, facendoli partecipare dallaltra parte della barricata. La terza e ultima che i festival e i saloni sono allegri, festosi, come dice la parola festival. Laria e laura di festosit dipende dalla ricchezza dellofferta, dalla possibilit di scegliere, dalle opzioni plurime. Dalle occasioni, dagli incontri, dalla casualit. La scuola ottima e sa Dio se di buona scuola abbiamo bisogno. Ma abbiamo anche bisogno di non-scuola, di unidea di libro meno doveristica, pi personale, pi allegra. Nella versione cinematografica delle Mille e una notte Pasolini fa dire a un suo personaggio: una buona cosa la seriet. Ma buona anche la leggerezza. I festival e i saloni non sono certamente leggeri nel senso di fatui. Ma altrettanto certamente hanno alleggerito il pesante fardello della promozione della lettura. E questo senzaltro un bene.
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ILLUSTRAZIONE DI BEPPE GIACOBBE

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