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magistratura democratica

XIX CONGRESSO NAZIONALE QUALE GIUSTIZIA AL TEMPO DELLA CRISI Come cambiano diritti, poteri e giurisdizione
Roma, 31 gennaio-3 febbraio 2012

Relazione del Segretario generale Piergiorgio Morosini

1. La crisi economico-sociale e politico-istituzionale. La ragioni di Magistratura democratica / 2. LEuropa dei diritti / 3. La giurisdizione e i diritti in pericolo: alcune priorit assolute (1. Il Lavoro; 2. Disagio sociale e manifestazioni di dissenso;3. Le carceri; 4. Letica pubblica e la corruzione; 5. La crisi della giustizia civile; 6. Il rischio di una irreversibile concentrazione dei poteri: la crisi della informazione indipendente) 4. Magistratura democratica. Limpegno nellAnm e nellautogoverno (1. Modello di magistrato e modello di associazione; 2. Md, lautogoverno e le risposte allantipolitica in magistratura; 3.Il rilancio della vita associativa) / 5. Magistratura democratica e Area / 6. Lagire sociale del magistrato. Limpegno politico / Conclusioni.

1. La crisi economico-sociale e politico-istituzionale. La ragioni di Magistratura democratica. Il XIX congresso di Magistratura democratica propone un confronto destinato a concentrarsi su due grandi questioni, storicamente collegate tra loro. La prima, di carattere generale, inerisce al ruolo della giurisdizione in una fase di profonda crisi politico-istituzionale ed economico-sociale, peraltro non solo italiana ma internazionale. La seconda, pi specifica, riguarda la condizione attuale della magistratura, levoluzione dellassociazionismo e dellautogoverno dei magistrati; quindi le ragioni e il ruolo di Magistratura democratica. Dopo anni di governo del centro-destra, nel novembre del 2011, il quadro politicoistituzionale del nostro Paese mutato. La guida del Governo italiano stata affidata ad una compagine di cosiddetti di tecnici, non eletti dal popolo, in una programmatica prospettiva di discontinuit rispetto alla esperienza precedente. Una discontinuit, anche di stili e di tipi umani, rivendicata in nome della esigenza di fronteggiare una crisi economica senza precedenti, dopo sollecitazioni provenienti da diversi centri di potere collocabili anche oltre i confini nazionali. La svolta politica del novembre 2011 stata accolta con sollievo e speranza anche da
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ambienti della galassia progressista, ma non sono mancati punti di vista diametralmente opposti. Per molti osservatori, la svolta stata vista come una occasione per superare quella idea di democrazia autoritaria praticata negli ultimi anni dalla maggioranza di centro-destra, fatta di sostegno alle misure energiche promosse sovente attraverso la decretazione durgenza, leggi ad personam, controllo politico e padronale dei media, svuotamento della rappresentanza politica, primato degli interessi privati sugli interessi pubblici ben oltre il cosiddetto conflitto di interessi. In tanti hanno, poi, apprezzato una caratteristica difficilmente discutibile della novit, ossia che il governo dei tecnici si connoterebbe per una evidente messa in mora dellintero mondo politico. In altri termini, la costituzione di un governo tecnico, si sarebbe tradotta in un invito ai partiti allauto-rinnovamento anche sul piano etico, foriero di nuovi criteri di selezione del ceto politico e di riqualificazione culturale e programmatica, avvertita dai pi come priorit nella nostra vita pubblica. E tuttavia vi stato chi, anche nellambito della cultura di sinistra del nostro Paese, ha subito rilevato come alla radice di quella discontinuit agisca per una continuit molto pericolosa. Una continuit che ha portato tanti a parlare di sospensione della democrazia e di governo dellelites, ossia dei poteri forti: finanza internazionale, istituzioni economiche mondiali ed europee, media di dimensioni transcontinentale, multinazionali dei generi alimentari e dellenergia, grandi case farmaceutiche del biopotere globale. Una continuit che ci starebbe conducendo verso un veloce deperimento dei diritti fondamentali (in particolare quelli del lavoratore) e ad uno svuotamento dei servizi pubblici, in nome di una libert di iniziativa economica senza freni e del tutto indifferente allinteresse sociale. Al di l dei giudizi estremi nelluno e nellaltro senso, occorre fare i conti con la realt. Da una parte sembra una esagerazione letichetta di democrazia sospesa affibbiata al Governo, in presenza di decisioni regolarmente discusse e approvate in Parlamento. Dallaltra appare chiaro che i tecnici alla guida del Paese stiano rispondendo agli input delleconomia internazionale pi che agli interessi e ai valori emergenti nel dibattito politico interno. In ogni caso le opzioni, a cui si giunge in nome dellesigenza di fronteggiare la crisi economica, vanno valutate in concreto per come incidono sulle relazioni industriali, sulla disoccupazione, sul welfare, sullagibilit politica del movimenti indipendenti, sulle improprie commistioni tra interessi pubblici e interessi privati, sulla distribuzione degli oneri fiscali, sul modo di concepire la sicurezza pubblica e la repressione penale, sul rapporto tra sistema finanziario e libert di iniziativa economica. Sotto tali profili, le iniziative adottate dal governo dei tecnici, probabilmente destinate a protrarsi anche nella prossima e ormai imminente legislatura, presentano connotati politici con significativi risvolti sui diritti fondamentali, sul ruolo delle autorit di garanzia, sui valori riconosciuti e garantiti dalla nostra Carta costituzionale. Su questo terreno Magistratura democratica deve continuare ad esercitare con forza il suo ruolo di coscienza critica anche attraverso proposte alternative e una idea di giurisdizione da proporre al dibattito pubblico e nellambito della vita associativa dei magistrati. In tale prospettiva, dobbiamo ricordare che si sono investite importanti risorse in un nuovo sito internet, attivato nel luglio del 2011. Si tratta di uno strumento pensato per mantenere, e possibilmente migliorare, la visibilit delle nostre idee. Vuole mettere a disposizione degli operatori del diritto e della societ civile un luogo di confronto autentico e al plurale, senza steccati ideologici. Vuole essere anche un megafono del nostro punto di vista su temi caldi, attraverso scritti, interviste audio-video e forum, per avere maggiori chances di incidere sul dibattito pubblico, come accaduto di recente con liniziativa seminariale su Magistrati, politica e informazione. 2. LEuropa dei diritti Da circa venti anni a questa parte, il magistrato italiano si confronta quotidianamente con una recente legislazione nazionale che mette in discussione importanti conquiste sul piano della
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tutela dei diritti fondamentali, con i tentativi di modificare gli equilibri tra poteri dello Stato e con iniziative politiche intrise di un populismo figlio della profonda metamorfosi di una societ, sovente segnata da sentimenti di paura, xenofobia, razzismo. Tali novit vanno affrontate non solo alla luce della nostra carta costituzionale ma anche delle importanti conquiste dellordinamento europeo. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel dicembre del 2009, prevede lobbligatoriet formale della Carta di Nizza. E ci rappresenta una indubitabile proiezione in ordine costituzionale per il futuro. Il 17 gennaio 2011 i presidenti della Corte di Giustizia e della Corte europea dei diritti delluomo in un comunicato congiunto, hanno affermato che la Carta il testo di riferimento e il punto di partenza per la giurisprudenza della Corte di Giustizia sui diritti fondamentali. E chiunque prenda sul serio gli ambiti di libert e di vita delle persone, ponendo al centro della propria riflessione critica il tema della effettivit e della giustiziabilit dei diritti, e deve essere preoccupato innanzitutto di assicurare la piena vigenza ed effettivit giuridica della Carta. Nei suoi circa dieci anni di vita, la Carta stata variamente richiamata e utilizzata. In alcuni casi come solenne testo ricognitivo del patrimonio comune, in altri come autorevole documento ad adiuvandum, pi spesso come parametro di interpretazione da giudici ordinari, da corti costituzionali nazionali, dalla Corte Europea dei diritti delluomo, e dalla stessa Corte Europea di Giustizia. Ma le indicazioni della Carta sono anche uno strumento di indirizzo e di orientamento per le politiche dellUnione e per lattivit dei suoi organi. In questi termini, oggi che le grandi narrazioni novecentesche sono finite lunica narrazione che percorre il mondo globale quella dei diritti fondamentali. Il dissidente birmano, il ragazzo cinese, la donna africana che rivendicano diritti vecchi e nuovi sono i protagonisti di un universalismo tendenziale che si afferma a partire dalle lotte sul campo, molte della quali combattute nella giurisdizione tenendo conto della Carta di Nizza. In tutto questo, vi da chiedersi se i giudici italiani abbiano interiorizzato lordinamento comunitario; se il diritto europeo incida su mentalit, idee, modi di pensare del magistrato nazionale. Sono quesiti su cui Magistratura democratica sta lavorando da molto tempo, anche in ragione della sua partecipazione a Medel. Si deve continuare in questa prospettiva. Far comprendere a tutti i magistrati che il nostro Paese si trova in un sistema che non pi quello interno ma quello comunitario, o meglio, quello interno in quanto compatibile con lordinamento comunitario. Proprio in questa prospettiva, compito di Magistratura democratica approfondire le ricadute delle norme provenienti da fonti europee sul nostro ordinamento interno. Sui temi caldi della vita del nostro Paese, dobbiamo capire come la nostra giurisdizione interpreta le fonti europee in chiave di tutela dei diritti fondamentali e di assetto costituzionale tra le varie istituzioni. Non possiamo dimenticare che la maggioranza di centro-destra, negli anni scorsi, era arrivata a promuovere una riforma epocale della giustizia in nome dei principi europei. Quel progetto esprimeva lintenzione di mettere il cappello della politica sulla giustizia, attraverso la modifica della Carta fondamentale. Un Parlamento che decide sui reati da perseguire; i pubblici ministeri separati dai giudici, inevitabilmente attratti nellorbita dellesecutivo; liniziativa investigativa alla polizia giudiziaria, e non pi al pubblico ministero; il Consiglio superiore della magistratura dominato da membri nominati dalla politica; un riforma della responsabilit civile dei magistrati, foriera di atteggiamenti difensivi e pericolose distorsioni nelle pronunce. Allora Magistratura democratica non ha mancato di far sentire la sua voce, contrastando soluzioni ad alto rischio per lo Stato di diritto. Ebbene, quel pacchetto di riforme costituzionali e no, ciclicamente allattenzione del dibattito pubblico e del Parlamento, e con sponde importanti anche a sinistra, segnala una distanza notevole dallideale europeo per cui i poteri devono essere molti perch non predomini uno solo. Nel 1993, quando si pose il problema dellammissione allUnione dei paesi dellEst, nel vertice di Copenhagen si fissarono i paletti per laccoglimento di realt nazionali segnate da anni di dittature e violazioni dei diritti fondamentali. Non solo una affidabile economia di mercato. Ma
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anche istituzioni stabili in grado di garantire democrazia e stato di diritto, che significa pure una giustizia libera dai condizionamenti di quella politica portata a colpire i nemici e salvare gli amici. Quel principio vale ancora oggi, per tutti. Non vi dubbio che se certe riforme un giorno andassero in porto, lUnione Europea dovrebbe intervenire sullItalia. Lo prevede il Trattato di Lisbona. Il rispetto dei parametri economici non giustifica derive autoritarie. In caso contrario, lUnione Europea si ridurrebbe ad un inutile guscio vuoto. 3. La giurisdizione e i diritti in pericolo: alcune priorit assolute 1. Il Lavoro. La globalizzazione entra nelle fabbriche e ne cambia le regole. E una questione prioritaria che attiene al nuovo modo di concepire le relazioni industriali su cui il gruppo lavoro di Magistratura democratica ha profuso un impegno molto importante, ricco di preziosi spunti propositivi. Il tema coinvolge pienamente la giurisdizione. E venuto alla ribalta con le note vicende di Pomigliano, Mirafiori e Thyssen, nonch con il recentissimo caso Ilva. E stato oggetto di delibere legislative (quali il cosiddetto Collegato Lavoro), delle iniziative dellattuale Governo (caso Ilva, d.d.l. sui licenziamenti) e del dibattito parlamentare nello scorcio di questa legislatura. I diritti sociali sono un costo? O sono un valore? Sono quesiti decisivi. Che la globalizzazione abbia reso il capitale pi aggressivo sotto gli occhi di tutti. Le implicazioni economico-produttive sono difficili da cogliere nei loro numerosi risvolti. Su alcuni di essi non si pu non manifestare preoccupazione. Al di l di alcune criticit sul piano tecnico (ad esempio gli effetti nella costituzione della Newco e lapplicabilit dellart.2112 c.c.) e la compatibilit di certe scelte con principi consolidati negli orientamenti della giurisprudenza costituzionale e europea, colpiscono alcuni profili sui versanti della tutela della persona-lavoratore e della rappresentanza sindacale in azienda. Lunilateralit delle proposte dellimpresa sembra mettere in discussione le radici della democrazia. In una societ costruita attorno allidea di lavoro retribuito, tanti lavoratori si sono trovati, e probabilmente si troveranno, di fronte ad un dilemma. Il rischio di restare senza lavoro non lascia alternative. Viene sostanzialmente espropriato il diritto di discutere se ci siano altre strade meno impervie, per affermare una razionalit economica. Gli stessi sindacati vedono il loro ruolo ridotto ad accettare o a rifiutare le linee strategiche e operative elaborate unilateralmente dallazienda, e in pi subiscono un generale attacco alla loro rappresentativit. Lo sviluppo delle vicende Mirafiori e Pomigliano non lascia alcuna voce agli interessati al di fuori degli azionisti. In questo contesto, pare in stato avanzato il processo di spoliazione della dignit di chi lavora. Tanti sono i tasselli di questo mosaico. La precarizzazione, lindividualizzazione del rapporto di lavoro, laziendalizzazione della regolazione sociale del lavoro in una Nazione in cui la stragrande maggioranza lavora in imprese con meno di dieci dipendenti, lo smantellamento della legislazione di tutela dellambiente di lavoro, la crescente difficolt a potere adire la giustizia ordinaria da parte del lavoratore, a seguito del cosiddetto collegato lavoro. Su questa scia sembrano muoversi anche i disegni di legge in materia attualmente in discussione. Sul modello di relazioni industriali che si va accreditando, Magistratura democratica non ha mancato di far sentire la sua voce. Tante le iniziative pubbliche degli ultimi due anni, come sul caso Thyssen e i contributi scritti, oggetto anche di un numero monografico di Questione giustizia. Si tratta di un fronte di lotta assolutamente prioritario. Un fronte su cui lintera magistratura molto esposta, laddove chiamata a scelte tragiche, come nel caso dellIlva di Taranto. Proprio in questa recente vicenda, i giudici, con il blocco dellattivit produttiva per la mancata adozione di dispositivi antinquinamento, hanno indirettamente e involontariamente
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determinato il pericolo di perdita del posto di lavoro di migliaia di dipendenti e ci ha provocato i discutibili provvedimenti del Governo. Insomma, siamo di fronte a mutamenti strutturali, ad una nuova ripartizione di competenze e ruoli tra diverse istituzioni dello Stato, al fatto che le stesse funzioni di risoluzione delle controversie e di controllo della legalit assumono significati profondamente diversi da quelli del passato. E su questo Magistratura democratica deve continuare a far sentire la sua voce in difesa dei pi deboli. 2. Disagio sociale e manifestazioni di dissenso. Il disagio sociale, determinato dalla crisi economica e da iniziative istituzionali, ha generato in questi anni forme di dissenso collettivo in piazza. A partire da Genova 2001, pare affidata alle sole direttive di ordine pubblico la vistosa crisi sociale del nostro Paese, con una escalation nelluso della forza. Anche in questo caso le implicazioni giudiziarie sono a tutti evidenti. Il pensiero corre ai fatti di Roma, Terzigno, Bologna, Palermo e al teatro San Carlo a Napoli. Proteste di gente comune o studenti che si trasformano in scontri con la polizia. Proteste dettate dal disagio o dalla disperazione nel mondo del lavoro, nella scuola, nelle comunit esposte ai rischi delle discariche di rifiuti. Proteste di disoccupati veri e parassiti dellemergenza, di studenti motivati e gruppuscoli di delinquenti. Proteste a cui qualcuno vorrebbe rispondere sempre e solo con la repressione. Un metodo che colpisce persone non attrezzate allo scontro e non intercetta i veri autori delle violenze. Tuttavia anche nei momenti di crisi sociale, la libert di riunirsi e di manifestare resta irrinunciabile. Ma le proteste non possono valutarsi in blocco. Le risposte di ordine pubblico, cos come quelle giudiziarie, devono sapere distinguere. Lo insegnano gli avvenimenti di Napoli e di Genova del 2001, serve capacit di interpretare analiticamente i fatti, prima, durante e dopo le manifestazioni. E lunico modo per contrastare chi delinque e ascoltare chi protesta legittimamente; separare i professionisti della guerriglia da chi non ha pi nulla se non la propria libert di manifestare, e agisce pacificamente. Va sottolineato che dovere di uno Stato democratico tutelare sempre e in ogni contesto i diritti delle persone arrestate. Reazioni sproporzionate e trattamenti umilianti non sono mai giustificabili. Mettono in crisi un caposaldo dello Stato di diritto, ossia il principio di legalit. E, nelloffendere la dignit delle persone, contribuiscono ad alimentare una deriva pericolosissima che tutti dobbiamo impedire. In questo senso, le sentenze dellestate scorsa sui fatti accaduti alla Diaz a Genova del luglio del 2001 sono una dimostrazione di tenuta delle nostre istituzioni democratiche di fronte a degenerazioni dellazione pubblica, nonostante il lungo tempo trascorso dai fatti. 3. Le carceri. I riflessi della crisi economica e di non condivisibili scelte istituzionali pesano come macigni sulla realt carceraria. La politica gioca una partita ideologica sulla pelle delle persone. Interessa solo la neutralizzazione dei pericolosi. Cos il bilancio taglia gli investimenti al welfare penale. Niente personale specializzato allinterno delle case circondariali, nella polizia penitenziaria, nelle strutture educative e sanitarie. E poi si svuotano gli uffici di esecuzione penale esterna. Cos in carcere si muore di stenti, di violenza, di abbandono. Le politiche degli ultimi anni hanno finito per aggravare la situazione. Anche lattuale Governo non stato capace di mettere in campo delle soluzioni ragionevoli. E ci accade nonostante la Corte europea dei diritti umani abbia parlato spesso di crudelt italiana e di detenzioni illegali. Ci sono celle dove otto persone trascorrono giornate intere in dodici metri quadrati; su letti a castello a quattro piani. E magari utilizzando una doccia malconcia, con topi e scarafaggi, per trentasei prigionieri.
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Magistratura democratica anche in questi ultimi anni ha promosso visite di magistrati allinterno degli istituti penitenziari. Sapere dove finiscono oggi i condannati un dovere del giudice. Lo ancor pi quando ordina il carcere per un uomo ancora da processare, solo sospettato di un reato. La scelta della misura preventiva, che incide sul sovraffollamento degli istituti penitenziari, non pu trascurare il grado di sofferenza che concretamente si infligge al presunto innocente e gli effetti criminogeni sulla sua persona. Un carcere dove si vive nel degrado impone un ricorso pi diffuso a misure alternative. E ormai tempo di una seria riflessione sul ricorso alla misura cautelare del carcere. Ma la politica ha gravi responsabilit. Gli annunciati piani straordinari riducono tutto ad una questione di edilizia carceraria. E vero, i nostri istituti prevedono non pi di 45.500 posti disponibili a fronte degli attuali 67.000 carcerati. Ma il settanta per cento di loro sono tossicodipendenti e immigrati. Reclusi per reati senza vittima o di lieve entit. Vittime, a loro volta, delle ipocrisie di una politica della tolleranza zero che, da anni, getta tanti disperati nella pattumiera della emarginazione sociale. Magistratura democratica, unitamente ad altre associazioni quali Antigone e Nuovi Orizzonti, ha promosso iniziative per uscire dalla logica dei pacchetti sicurezza dellultimo decennio. Il carcere non pu essere obbligatorio anche per fatti non gravi come prevede la ex Cirielli. Non lo nelle democrazie avanzate, dove si applica solo al 35% dei condannati, a fronte del nostro 70%. Per i reati minori bisogna puntare su pene alternative. Ad esempio le detenzioni non superiori ad un anno possono scontarsi nel domicilio del condannato. E se non ci sono motivi di particolare allarme sociale, bisogna far tesoro di esperienze nordeuropee. Quando gli istituti non hanno posti disponibili rispetto alla capienza regolamentare, vanno stabilite liste dattesa per lingresso in carcere. Per Voltaire, le carceri erano il test di civilt di un Paese. Le nostre, oggi, ci fanno capire la crisi dei diritti. Senza rimedi, la coscienza del giudice non pu restare indifferente. Senza venir meno ai propri doveri istituzionali, occorre elaborare insieme delle soluzioni alternative. Lo impone letica della nostra Costituzione che vieta trattamenti inumani. 4. Letica pubblica e la corruzione. Tra i fattori delle profonda crisi istituzionale, economica e sociale del nostro Paese si pone in posizione prioritaria il livello di etica pubblica. Assistiamo al dilagare dei comportamenti opinabili da parte di quasi tutti i soggetti coinvolti nellagire pubblico, oggetto di una miriade di iniziative giurisdizionali. Comportamenti che trasformano il diritto in favore, che depauperano notevolmente il patrimonio pubblico con la cattiva gestione delle sue risorse, con riflessi assai negativi sulle aspettative dei pi deboli (servizio pubblico). Si aggiunga una grave perdita di credibilit dellintero circuito istituzionale, che deprime i potenziali investitori stranieri nel sistema Italia. Le speranze suscitate nel 1992 dalle inchieste di Mani pulite sono rimaste deluse nella cosiddetta seconda Repubblica. La corruzione ha cambiato pelle senza ridurre la sua intensit. Sono mutati anche gli equilibri tra i diversi attori coinvolti nei reticoli degli scambi occulti. E stata quasi azzerata la capacit dei partiti di farsi garanti delle operazioni illecite. Mentre cresciuta la capacit di imprenditori, autonomi o semiautonomi dalle macchine dei partiti, di piegare al proprio tornaconto sia lattivit dellamministrazione pubblica, sia quella delle organizzazioni politiche e di mercato. Oggi, molti imprenditori diventano politici (senza smettere peraltro di curare i loro interessi imprenditoriali), ma anche mafiosi o mediatori daffari trovano canali pi facili e diretti di accesso allamministrazione pubblica, fino a farsi eleggere negli organi del governo locale, o nominare negli enti pubblici. La forte propensione a intrecciare in modo illecito potere politico e interessi economici, che ha consumato la cosiddetta prima Repubblica, stata sostituita dalla strumentalizzazione a fini privati del ruolo pubblico. Le responsabilit politica e istituzionale sono praticamente scomparse. Lattenzione alletica pubblica, promessa nel 1992 sulle ceneri di un
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sistema politico in decomposizione, si spenta molto presto, come dimostra il dilagare delle raccomandazioni e le malefatte di ogni casta. E tutto questo ha favorito e favorisce una massiccia infiltrazione del crimine organizzato nei gangli vitali del nostro sistema economico e istituzionale e una espansione dello stesso in tutte le regioni dItalia, come dimostrano recenti inchieste giudiziarie nei capoluoghi lombardo, piemontese, ligure ed emiliano. Magistratura democratica chiamata, innanzitutto, a segnalare limportanza di un adeguato mutamento del quadro normativo, anche alla luce di indicazioni contenute in importanti atti internazionali, quali la convenzione di Strasburgo del 1999, firmata dallItalia. In questo senso, appare deludente nei contenuti la legge anticorruzione recentemente approvata e proposta dal governo Monti. Sul piano sanzionatorio propone soluzioni incomprensibili, non risolve il problema della prescrizione, non introduce modifiche a reati strumentali alla corruzione quali il falso in bilancio o levasione fiscale, silente sul patto elettorale politico-mafioso, e non mette a disposizione degli investigatori importanti strumenti quali il test dintegrit e i collaboratori di giustizia nonostante le precise indicazioni sul punto della Convenzione di Strasburgo del 1999. E la promessa governativa di intervenire rapidamente con ulteriori passi, in primis il regime della prescrizione, si sta dimostrando nei fatti non praticato e verosimilmente inattuabile. Si aggiunga che un serio contrasto alla corruzione dilagante passa anche per una specifica formazione professionale di magistrati e polizia giudiziaria in materia di pubblica amministrazione e criminalit economica che non registra sul territorio nazionale omogenei standard di rendimento. 5. La crisi della giustizia civile Gli approcci pan penalistici del dibattito pubblico sulla giustizia, hanno prodotto effetti molto negativi sul piano del funzionamento e dellefficienza della azionabilit dei diritti nel circuito della giurisdizione civile del nostro Paese. Prendono sempre pi corpo proposte di privatizzazione di quel ramo della giurisdizione, come dimostra la legge sulla mediazione. Costituisce un banco di prova primario per la domanda di giustizia dei cittadini ed una indispensabile condizione di promozione e garanzia del funzionamento del sistema economico e sociale nel suo complesso. La scarsa efficienza della giustizia civile impedisce lo sviluppo dei mercati finanziari, distorce il mercato del credito e dei prodotti, inibisce la nascita di imprese o ne compromette la crescita, rende poco attraenti gli investimenti esteri. In via generale linefficienza della giustizia civile, indebolendo la minaccia dellapplicazione di sanzioni tempestive, costituisce un incentivo a porre in essere comportamenti opportunistici da parte dei debitori, e finisce per influenzare la qualit del credito in termini di rigidit nei prodotti bancari, aumento dei costi di intermediazione, minore redditivit degli intermediari finanziari, richiesta di maggiori garanzie ai debitori. Al di l della battaglia per le risorse che la politica deve mettere a disposizione della giustizia civile anche sulla base di nostre razionali sollecitazioni, siamo chiamati a focalizzare gli obiettivi prioritari e ad elaborare un progetto partendo dalle criticit che rivelano una serie di interventi fra cui le previsioni dellart.37 della legge n.111 del 2011 e le disposizioni del decreto legge n.83 del 2012 in materia di impugnazioni. Tra gli obiettivi, da tempo Magistratura democratica segnala, alcuni interventi mirati: revisione delle circoscrizioni e razionalizzazione della risposta giudiziaria; controllo della domanda; ufficio per il processo; processo civile telematico; politica di assorbimento dellarretrato; semplificazione ed unificazione dei riti; risorse aggiuntive e incentivi vincolati a monitoraggi e al raggiungimento degli obiettivi. 6. Il rischio di una irreversibile concentrazione dei poteri: la crisi della informazione
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indipendente. In ogni democrazia moderna, una partita importante per la difesa dei diritti si gioca sul terreno della informazione. Magistratura democratica, nei mesi scorsi, ha preso posizione sulla vicenda del commissariamento della testata Il manifesto. Ci ha consentito di aprire una riflessione sul sistema dellinformazione del nostro Paese e sulle implicazioni che riguardano lo stato di salute della nostra democrazia. Comunicazione verticale o comunicazione orizzontale? Logica del mercato o logica dei diritti? E ancora: emozione o sapere critico? Interesse generale o interesse di gruppo? Sono dilemmi tutti italiani, e forse non solo italiani. Dilemmi mai resi espliciti nel dibattito pubblico, ma da tempo concretamente allordine del giorno. Dilemmi su cui si consuma il conflitto tra politica e stampa, tra interessi economici e diritti fondamentali, tra difensori della costituzione e fans della democrazia plebiscitaria, su cui Magistratura democratica chiamata ad intervenire e a vigilare. Un nuovo scenario si staglia allorizzonte. Niente pi sostegno alla stampa politica, di partito e cooperativa, non di mercato ovvero non allineata. Leffetto? La scomparsa di importanti testate come Il manifesto. Altre avranno vita breve. O meglio, per restare in vita dovranno aderire ad una raccolta pubblicitaria attualmente gestita da pochi gruppi finanziari legati a doppio filo con i poteri forti; ambienti, non di rado, allergici alle critiche e al controllo dei media. Soffre la libert di espressione. Diventano siderali le distanze dellItalia dalle democrazie pi avanzate. Quelle che fanno della vocazione al pluralismo nella comunicazione una risorsa irrinunciabile. Come gli Usa. Oltre oceano la libert di informare continuamente aggiornata e perfezionata. Il giorno dopo linsediamento, il presidente Obama ha avviato un battaglia di principio. Grazie ai consigli del guru Cass Sunstein, i siti web pi influenti hanno lobbligo di indicare un collegamento con siti che manifestano opinioni diverse. LItalia di oggi sembra procedere in direzione ostinata e contraria. Non si perde occasione per introdurre misure in grado di rendere meno libero il dialogo sulla rete. Per non parlare dei disegni di legge sulla diffamazione a mezzo stampa. La previsione di sanzioni pecuniarie smisurate un invito al silenzio per chi pratica il giornalismo di investigazione. Magistratura democratica deve continuare ad intervenire per segnalare che a pagare il prezzo pi alto di questa nuova tendenza saranno i cittadini e la loro coscienza critica. Quelli che hanno non solo il diritto ma anche il dovere di conoscere le dinamiche sociali, le battaglie di giustizia per i dannati della terra nonch i comportamenti dei soggetti ai quali sono affidate le sorti della collettivit. 4. Magistratura democratica. Limpegno nellAnm e nellautogoverno. 1. Modello di magistrato e modello di associazione. La situazione di calma apparente nella dialettica istituzionale, a partire del novembre del 2011, ha avuto ripercussioni nel dibattito interno alla magistratura associata proprio nei mesi che hanno preceduto le elezioni dellAnm. Scampato, almeno per il momento, il pericolo esterno, riemerge con accenti forti la tensione tra chiusura corporativa e presa di coscienza del ruolo dellistituzione giudiziaria nella societ democratica. Nei mesi che hanno preceduto la consultazione elettorale per il rinnovo del CdC dellAnm si sono registrate forti spinte alla delegittimazione dellorgano rappresentativo di tutti i magistrati, allinterno e dallesterno della categoria. Nonostante tutto questo, il dato della affluenza al voto del 2012, 6917 votanti a fronte dei 7128 del 2007 (nel frattempo la base elettorale diminuita di circa trecento magistrati), sembra dimostrare come la quasi totalit dei magistrati ancora riconosca limportanza dellAnm. Tuttavia le spinte a delegittimare lAnm rimangono. Questa tensione parte da lontano. Negli ultimi anni si sono riproposti nel circuito giudiziario modelli culturali e condotte vecchie di cinquantanni, per giunta presentate come scelta di modernit. Il recupero di logiche di
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individualismo, carrierismo senza valori e approcci burocratici, che avevamo dato sulla via dellestinzione, paiono trovare una nuova legittimazione e una nuova forza nella situazione di crisi culturale ed economica che attraversa lItalia e tutto lOccidente. Non a caso in questa situazione proprio il gruppo di Magistratura democratica a risultare il pi esposto a sortite di ogni genere, per il consueto tasso di politicit in ogni iniziativa. Da tempo, assistiamo ad atteggiamenti dal sapore populista e demagogico da parte di alcuni leaders di gruppi associativi. Atteggiamenti che fanno presa su una magistratura sconcertata e sotto pressione, inevitabilmente portata a cercare soluzioni semplici ai problemi complessi - e reali - che deve affrontare. Fa effetto, ad esempio, vedere il segretario generale di un gruppo che interviene ad adiuvandum in un giudizio avanti il giudice amministrativo avviato da un magistrato cui il Csm ha respinto la richiesta di autorizzazione ad incarico extragiudiziario presso una societ per azioni. Un qualcosa che si inserisce allinterno di un progetto di sindacalismo corporativo, che si vuole diventi la cifra del dialogo con i magistrati, facendo ricorso alle medesime logiche con cui un certo populismo riuscito per anni a coltivare lo spirito individualista e antistatale di tanti italiani. Purtroppo questo modo di intendere lassociazionismo ha fatto presa su tanti colleghi premiando elettoralmente una certa linea di Magistratura indipendente, probabilmente anche per un deficit di chiarezza e progettualit delle altre componenti dellAnm nel proporre modelli alternativi. Il pericolo della deriva corporativa dellAnm resta, dunque, una questione prioritaria per la nuova stagione della magistratura associata e, quindi, un punto cruciale della futura iniziativa di Magistratura democratica. Lo ricordavano alcuni protagonisti della passate stagioni dellAnm: quando prevale il ripiegamento corporativo operano le peggiori logiche correntizie, come indicato dalla pressione sul Csm per una gestione clientelare e lottizzatoria delle nomine degli incarichi direttivi. Quando prevale la coscienza del ruolo istituzionale della magistratura si determinano larghe convergenze ovvero le differenti posizioni non ricalcano le divisioni di corrente: cos avviene ad esempio in tema di tutela della professionalit nella progressione in carriera e di rigore di fronte alle cadute di deontologia. Certo, la magistratura associata deve prestare attenzione particolare a tutti gli aspetti della vita del magistrato e della sua dignit professionale, soprattutto in un momento in cui scarseggiano le risorse e tanti di noi sono schiacciati dai carichi di lavoro. Ma tutto questo non pu significare accreditare un modello di magistrato tutto proiettato sui suoi bisogni personali, magari anche a discapito del servizio pubblico che quotidianamente rende alla collettivit. Oggi questi temi si collegano strettamente allesigenza di difesa e rilancio dellassociazionismo. In passato limportanza dellAnm si era misurata sulla sua capacit di essere interlocutore credibile nel dibattito istituzionale e di mobilitare lintera categoria su grandi questioni, connesse alla vita democratica del nostro paese. Tutto questo era reso possibile da una forte legittimazione dellAnm, fondata su valori condivisi dalla base dei magistrati. Ma, da qualche tempo, in tanti non si sentono sufficientemente rappresentati dallAnm. Una parte di loro lamenta gli effetti nefasti di un collegamento improprio tra autogoverno e Anm. Indica chi partecipa attivamente alla vita associativa come esponente di una elite o peggio di una casta, sganciata dalle esigenze della base e votata alle carriere parallele nellautogoverno e in ruoli extragiudiziari, chiedendo a gran voce un rinnovamento della classe dirigente e una maggiore vicinanza ai problemi quotidiani degli associati. Questo clima di disgregazione allinterno della magistratura, che colpisce innanzitutto Magistratura democratica e la sua storia, indubbiamente favorevole a chi, dallesterno, ha in mente progetti di forte ridimensionamento del nostro ruolo istituzionale. Pare che in tanti, tra i magistrati, sottovalutino questo dato. Nella competizione elettorale del febbraio del 2012, Magistratura democratica ha rinunciato ad una lista autonoma, contribuendo in maniera determinante alla formazione della lista di Area. Ci il frutto di un preciso mandato conferito alla dirigenza del gruppo dal Congresso del 2010 di Napoli. E quella opzione esprime lesigenza di trovare nuovi canali di comunicazione e nuove occasioni di iniziativa con settori della magistratura non iscritti a gruppi associativi ma sensibili ad
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alcuni valori di fondo della giurisdizione in cui ci riconosciamo. Lesito elettorale non lo si pu valutare sul dato strettamente numerico. Se ci limitassimo a comparare il dato elettorale del 2012 con la sommatoria dei seggi ottenuti da Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia/Art.3 nel 2007, dovremmo evidenziare la perdita di un seggio e quindi il sostanziale arretramento. Tuttavia altre considerazioni, che attengono al progetto politico, non possono essere trascurate e da quelle occorre ripartire. La novit della lista unica di Area per il CdC scontava inevitabilmente i rischi di una fase di rodaggio. Inoltre, i gruppi promotori del progetto, ossia Magistratura democratica e Movimento per la giustizia/Art.3, hanno cercato di costruire un luogo di aggregazione della magistratura progressista, aprendosi alle indicazioni dei territori sulle candidature e sui programmi, senza aver raggiunto una precisa fisionomia politicoculturale di Area con la quale affrontare le prossime sfide nellAnm e nel circuito dellautogoverno. Tutto questo, in alcune significative realt, ha ridotto Area ad una semplice alleanza elettorale tra due gruppi. Il che ne ha ridimensionato la capacit attrattiva con evidenti riflessi sul dato nazionale. Su tale punto occorrer lavorare in futuro per colmare lacune e per elaborare una proposta chiaramente leggibile da ogni magistrato, e anche per questo sono importanti gli impulsi provenienti dalla recentissima, e prima, Assemblea generale di Area . 2. Md, lautogoverno e le risposte allantipolitica in magistratura. La disaffezione alla vita associativa ha tante cause. Tra queste, alcune sono collegate alle mancate risposte e alle disfunzioni che si registrano nel circuito dellautogoverno, tant che i contestatori ad oltranza stanno cercando di accreditare il Csm come il datore di lavoro dei magistrati le cui scelte andrebbero negoziate con una Anm, di cui Md da tempo componente determinante, che funge da mero sindacato. Al di l della improponibile schematizzazione (anche sul piano istituzionale), occorre affrontare di petto il tema del rapporto tra Anm e autogoverno e tra gruppi e autogoverno. Occorre smentire la diffusa sensazione che lAnm e i gruppi che la compongono costituiscano una sorta di ombrello protettivo di tutto quello che accade al Csm. In questo Magistratura democratica e Area devono fare la loro parte. Proprio sul versante dellautogoverno, preso atto di alcune evidenti semplificazioni e strumentalizzazioni dei contestatori, su nomine, valutazioni di professionalit, organizzazione degli uffici e questione morale non sono mancate vistose defaillance anche nellultimo periodo. Basti pensare ai ritardi e alle ambiguit sul caso Miller, alle disattenzioni nella delibera sulla procura di Catania del settembre del 2011, alla confusione sul caso Bari, o alla scarsa incisivit nei controlli relativi a certi disinvolti dirigenti di procure o tribunali. Si aggiunga che non abbiamo ancora un sistema efficace di valutazione del nostro lavoro, per cui molto spesso il Csm deve valutare "curricula virtuali" che non corrispondono affatto all'effettiva capacit dei magistrati in valutazione, a causa delle sciatterie o dei doppiopesismi di alcuni dirigenti degli uffici o delle logiche da bieco correntismo. I fatti delle ultime settimane, relativi al tema delle nomine del Csm, hanno provocato risposte ora di vera e sincera preoccupazione, ora chiaramente strumentali o addirittura demagogiche, come quelle che provengono dal segretario della corrente che pi si caratterizza per autoreferenzialit e chiusura al nuovo. Magistratura democratica ha il dovere di mettere in campo delle proposte e delle iniziative efficaci, con il coraggio di intervenire anche sui suoi iscritti, come daltronde gi avvenuto negli ultimi mesi, ad esempio sul caso relativo alla nomina del procuratore della repubblica di Napoli. Bisogna vigilare con maggiore attenzione su quanto avviene nellautogoverno. E, pur nel rispetto dei diversi ruoli, non potremo pi astenerci dal denunciare gli errori e la mancata osservanza dei principi fondamentali in materia di professionalit, deontologia e merito, sovente proclamati ma in troppe occasioni traditi. Quanto accaduto in alcune circostanze impone ormai di affrontare alla radice una serie di nodi strutturali la cui soluzione non pu essere pi rinviata.
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Un terreno sul quale i gruppi associativi devono recuperare credibilit e forte legittimazione proprio quello della questione morale. Le recenti indagini sul malaffare in Italia (a Roma, Napoli, Firenze, Milano, Palermo), ci pongono di fronte ad un dato molto preoccupante. Segnalano una emergenza etica anche nella magistratura. Gli episodi che stanno affiorando sono qualcosa di pi di un campanello dallarme. Descrivono un fenomeno diffuso. Al di l della eventuale rilevanza anche penale di alcune condotte, certi giri di avvicinamento o certe disponibilit ad assecondare intrecci tra interessi pubblici e interessi privati, carriera e funzione giudiziaria, contribuiscono a generare una sfiducia diffusa nelle istituzioni. Ben vengano nel silenzio del legislatore, le novit che fissano i paletti della deontologia. Ma anche lAnm e in particolare Magistratura democratica sono chiamate ad osare di pi nel modo di prevenire e reprimere condotte opache, naturalmente con equilibrio e nel rispetto delle garanzie, ma con rigore. Va anche detto che sarebbe auto-consolatorio ridurre la questione morale tra i magistrati a vicende simili a quelle emerse nellindagine P3. Il problema molto pi profondo. E per Magistratura democratica significa muoversi in diverse direzioni. E importante la denuncia di condotte deontologicamente inaccettabili; il pretendere la sospensione dalle funzioni per chi coinvolto in indagini scottanti; lattivare il collegio dei probiviri nei confronti dellassociato Anm sospettato di gravi condotte (sarebbe opportuno istituire un collegio dei probiviri anche per Magistratura democratica). Ma tutto questo non basta. Occorre andare oltre. Ricercare, quotidianamente, nel circuito dellautogoverno e nellAnm, quegli anticorpi in grado di prevenire situazioni che espongono negativamente limmagine dellintero ordine giudiziario. Anticorpi che in parte gi ritroviamo nelle indicazioni relative alle esigenze di auto-riforma, alla professionalit, alle nomine dei dirigenti ed al modo di organizzare i nostri uffici (pensiamo allimportanza delle regole tabellari per evitare assegnazioni ad hoc di fascicoli scottanti), al modo di intendere la giustizia disciplinare. Anticorpi che possono essere irrobustiti attraverso nuove regole deontologiche o codici di autoregolamentazione di cui si fa promotrice la stessa Anm. Possibilmente con un contributo di Magistratura democratica che agevoli o stimoli anche una interpretazione evolutiva dellillecito disciplinare. Un altro fronte aperto sul versante dellautogoverno, a cui dobbiamo prestare una particolare attenzione per la credibilit del sistema, quello che concerne il modo di declinare lindipendenza e lautonomia allinterno delle procure. Principi fondamentali che sembravano acquisiti - quale l'indipendenza interna dei sostituti procuratori, con la correlata autonomia - sono stati significativamente erosi, e il nuovo quadro normativo ha determinato anche interpretazioni da parte del Csm - in occasione di casi di conflitti interni ad uffici di procura - che sembrano muovere proprio da una forte accentuazione del ruolo del procuratore della Repubblica anche nelle scelte processuali dei singoli sostituti. Nel contempo, si sono registrati casi, anche clamorosi, di procuratori della Repubblica che hanno persino organizzato veri e propri sistemi di controllo delle modalit di conduzione delle indagini ovviamente relativamente ai soli casi pi rilevanti - ci rende evidente come il nuovo assetto e talune interpretazioni particolarmente rigide di esso rischino di determinare pericolose involuzioni nell'idea stessa di pubblico ministero. Noi crediamo che sia necessario garantire un equilibrio tra i poteri del procuratore e quello dei singoli sostituti garantendo il rispetto di regole fondamentali, quali la trasparenza e la predeterminazione di regole organizzative , dei criteri di assegnazione dei casi, di verifica del lavoro dei singoli sostituti e di correlata assunzione di diretta responsabilit del procuratore nel caso di dissenso su scelte processuali definitorie. Ma non si pu parlare di pubblico ministero senza pensare anche al modo di intendere la funzione: difficile negare che si sia registrata nell'ultimo ventennio una significativa espansione dell'intervento delle procure della repubblica, con una visibilit del loro ruolo, e in molti casi del ruolo di singoli sostituti, tale da porre la funzione dell'accusa al centro dell'attenzione dell'opinione pubblica e del dibattito politico istituzionale . L'analisi richiederebbe ben altro spazio, ma qui appare importante chiederci se non sia
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venuto il momento di interrogarci anche sul fatto se una certa ipertrofia del ruolo dell'accusa non abbia determinato, e non determini, effetti significativi sul piano delle garanzie: una riflessione a cui un gruppo come Magistratura democratica non pu sottrarsi, costituendo anzi uno dei temi storici della sua lunga elaborazione politica, negli ultimi tempi invero non sempre attuale. 3.Il rilancio della vita associativa, Sul rilancio della vita associativa, va fatta una considerazione a parte. Le assemblee distrettuali dellAnm sono scarsamente partecipate; le riunioni dei gruppi associativi sempre meno frequenti; e le ultime generazioni di magistrati sembrano disinteressate allargomento. In questo senso forte lesigenza di trovare sensibilit e idee nuove. E rimane costante la necessit di avere delle rappresentanze in grado di interpretare i bisogni dei magistrati. Le soluzioni non possono essere affidate solo alle mailing-list ma neppure in via esclusiva alle dirigenze dei gruppi. Il momento delle assemblee, dove le persone si vedono e si sentono, va riscoperto nella sua autentica dimensione. I luoghi di incontro vero e non virtuale garantiscono non solo maggiore vicinanza coi rappresentanti ma anche un controllo effettivo degli stessi. Ma per avere delle assemblee partecipate occorre organizzarle attorno a temi che riguardano la vita professionale dei magistrati e i loro problemi quotidiani. E da l muovere per riflessioni di pi ampio respiro sul senso dellassociazionismo tra magistrati. Come Magistratura democratica impegnati allinterno di Area, abbiamo compiuto due percorsi inclusivi di nuove sensibilit, nuove idee e nuove professionalit nella vita associativa. Nello autunno del 2011, sulla scia di quanto prodotto dalla commissione Pari opportunit dellAnm, ci siamo battuti per lapprovazione della modifica dello statuto dellAnm per portare le quote di genere nelle liste dei candidati per il CdC dal 40% al 50%, e per introdurre le quote di risultato. Sul versante della quota per le candidature abbiamo ottenuto un successo pieno. Per quanto riguarda le quote di risultato, avevamo proposto il 50% e alla fine abbiamo ottenuto il 30%. Ci rappresenta un buon punto di partenza per dare nuova linfa alla vita associativa. Inoltre, per la lista di Area alle elezioni per il CdC, si sono selezionate le candidature con un metodo aperto alle realt territoriali e fondato sulla partecipazione dal basso. Cos sono state le assemblee e consultazioni spontanee nei vari distretti a indicare i candidati valorizzando sensibilit, storie e professionalit differenti che si ritrovavano su alcuni principi di fondo. 5. Magistratura democratica e Area. A cavallo tra novembre e dicembre del 2012, siamo stati promotori di una importante novit: la prima Assemblea Generale di Area. Si tratta di una tappa importante a dimostrazione che in questi ultimi due anni un certo percorso, nonostante grandi difficolt, andato avanti. Veneto, Puglia e Milano non sono pi esperienze isolate. Alla componente di Area presso il Csm si aggiunto limpegno per la costituzione di una lista unica di Area in vista delle elezioni del CdC dellAnm e poi la condivisione del sostegno alla nuova giunta dellAnm. A tutto questo si affiancano numerose iniziative di Area su specifici temi: dalla formazione dei magistrati (anche nella prospettiva della nuova Scuola della magistratura) ad innovazione per Area, dalla funzione dei consigli giudiziari ai rapporti allinterno degli uffici requirenti; dagli osservatori della giustizia civile alle elaborazioni del gruppo Europa. Attraverso documenti, comunicati, denunce e seminari di approfondimento, si fatta vivere una realt associativa che va ben oltre la mera sommatoria dei gruppi di Md e Movimento per la giustizia/Art.3, e che ha lambizione di coinvolgere magistrati non iscritti ai due citati gruppi. In
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questo senso lelezione di Maurizio Carbone come segretario generale dellAnm ha un valore simbolico molto forte. Tutto questo non significa rinunciare al patrimonio di idee, ai metodi di lavoro e alla struttura di Magistratura democratica. La nostra identit, anche nellambito di Area, resta infungibile per rendere pi incisiva liniziativa di contrasto ad un modello di magistrato tutto proiettato sui suoi bisogni personali, anche a discapito del servizio pubblico che quotidianamente rendiamo alla collettivit e delle prerogative di indipendenza allinterno della istituzione e nei rapporti con altri poteri dello Stato. Resta il fatto che un potenziamento della esperienza di Area pu contribuire positivamente alla organizzazione di un servizio giustizia degno di un paese civile, dove i processi hanno una durata ragionevole e dove le decisioni sono il frutto di un confronto tra parti che operano su un piano paritario. In questa prospettiva, due importanti questioni richiamano quotidianamente limpegno di Area: carichi di lavoro e sistema di autogoverno. Il tema dei carichi di lavoro coinvolge da vicino le questioni della dignit e della efficienza della funzione giudiziaria, i rapporti tra i capi degli uffici, i semidirettivi e gli altri magistrati; la tutela della maternit (e della paternit), la formazione professionale. Sono in gioco non solo interessi morali, professionali ed economici dei singoli ma anche la qualit del servizio, soprattutto sul versante della tempestivit delle risposte ai cittadini. Gli interventi legislativi pi recenti (ad esempio lart. 37 legge 111/2011) riversano sul singolo magistrato lonere della celere definizione delle controversie, spesso senza alcun intervento efficace su mezzi, strutture, personale. In questa ottica, la magistratura associata chiamata a denunciare lequivoco secondo cui il doveroso impegno per il funzionamento del sistema si traduca nella ricerca di una produttivit aziendale, basata solo su dati numerici, prescindendo anche dalla considerazione della qualit della risposta, oltre che delle condizioni in cui ciascuno opera (sedi disagiate e organici scoperti o inadeguati, ad esempio). E, poi, dobbiamo fare i conti anche con un sistema di autogoverno, soprattutto a livello locale, che spesso dispone di armi spuntate. Un sistema che porta i consigli giudiziari a doversi occupare di una miriade di microfascicoli che non lasciano il tempo per impegnarsi sulle questioni davvero gravi. Ad esempio, nelle locali articolazioni associative e a livello di Anm centrale, bisogna promuovere la formulazione di osservazioni collettive a progetti organizzativi inadeguati. Sarebbe una iniezione di fiducia per quanti avvertono lisolamento di fronte al dirigente che indossa le vesti del padre-padrone e nello stesso tempo costituirebbero un aiuto davvero efficace al lavoro sempre pi difficile del dirigente. Per questi motivi nata Area. E su queste ragioni quel percorso va continuato con convinzione. Naturalmente sulla base di alcune chiare precondizioni: lattenzione alla tutela dei diritti fondamentali nello spazio giuridico nazionale e europeo; la valorizzazione del ruolo della giurisdizione come strumento di uguaglianza e di pari dignit delle persone anche nella loro dimensione sociale; la difesa intransigente dei valori costituzionali e dellassetto costituzionale con riferimento anche agli equilibri fra le varie parti del testo e alla tutela delle norme contenute nella seconda parte che, di fatto, vanno ad incidere in modo inaccettabile sulla norme contenute nella prima parte; la difesa della indipendenza e dellautonomia della magistratura necessari per la tutela e il rafforzamento dello Stato democratico di diritto. Quella di Area una sfida che il gruppo di Magistratura democratica ha raccolto con seriet e nella consapevolezza dei tanti rischi che si corrono nella condivisione di iniziative importanti con colleghi che provengono da storie diverse e con una sensibilit differente dalla nostra anche su questioni importanti, quali ad esempio il rapporto tra magistratura e politica. Anche in tale prospettiva vanno interpretate le Assemblee generali di Area in agenda per i prossimi mesi. Non c lobiettivo della fusione dei gruppi di Magistratura democratica e Movimento per la Giustizia/Art.3 in quelle iniziative. Piuttosto, si avverte lesigenza di stabilire con una maggiore continuit momenti di confronto con i rappresentanti di Area presso il Consiglio
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superiore della magistratura, i Consigli giudiziari, il Comitato direttivo centrale dellAnm che non possono essere affidati solo agli incontri con le dirigenze dei gruppi. La delicatezza delle questioni da affrontare richiede, tempestivamente, la pi ampia riflessione sulle prospettive di Area, sugli obiettivi politico-culturali che si propone, sul rapporto con i gruppi fondatori di questa esperienza, nel luogo che statutariamente prevede la massima espressione della pluralit dei punti di vista. 6. Lagire sociale del magistrato. Limpegno politico. Uno dei tratti fondanti di Magistratura democratica il rifiuto di unidea sacrale del magistrato e la rivendicazione del suo pieno coinvolgimento nellagire sociale. Da questa convinzione siamo partiti per sviluppare la nostra idea di giurisdizione, linterpretazione delle norme, la difesa dei diritti dei pi deboli, la critica ai provvedimenti giudiziari, il modo di organizzare la risposta a fenomeni criminali presenti nel nostro Paese (terrorismo, mafia, corruzione, ad esempio). Su quei temi abbiamo fornito la nostra visione delle cose e ci siamo differenziati dagli altri magistrati, entrando talora in conflitto con segmenti significativi del mondo politico-istituzionale. Limpegno politico del magistrato, e ancor prima il rapporto del magistrato con la politica, si poneva come un corollario necessario del suo agire sociale, della teorizzazione e dellesercizio del diritto/dovere di partecipare attivamente alla vita del Paese. Daltra parte limpegno politico del magistrato, fino a ventanni fa era, da un lato, prolungamento naturale di percorsi intrapresi prima di entrare in magistratura e, dallaltro, naturale estrinsecazione di una visione generale. La situazione, oggi, per molti versi cambiata. Ma permane in tutta la sua attualit il riconoscimento della intrinseca politicit della professione del magistrato, come stato felicemente ricordato di recente dai coordinatori del gruppo lavoro in risposta alla preoccupazioni di un commentatore giuslavorista sulla presunta non terziet per motivi ideologici dei magistrati che si riconoscono nella rivista Questione Giustizia. Resta centrale il tema dei rapporti tra magistratura e politica ma propone ulteriori implicazioni rispetto al passato. Ci sembra dipendere dal moltiplicarsi delle indagini e dei processi che coinvolgono il mondo politico-istituzionale e dalle esternazioni mediatiche dei titolari del procedimento, nonch dalla discesa in politica di qualche magistrato, magari divenuto personaggio pubblico proprio a causa dellattivit giudiziaria svolta. In questo contesto il gruppo ha avvertito lurgenza di una riflessione generale non collegata alle emergenze e capace di confrontare le opinioni, anche profondamente diverse, allinterno del pianeta giustizia. Da sempre Magistratura Democratica sostiene che non possono essere imposti vincoli o preclusioni al magistrato in ordine alla libera manifestazione del proprio pensiero, anche nellambito di manifestazioni promosse dalle organizzazioni partitiche, in quanto ci nulla toglie alla terziet e all'imparzialit del giudice. Ma questa tradizionale posizione deve misurarsi, innanzitutto, con la capacit dimostrata dalla magistratura degli ultimi ventianni di affrontare un alto numero di indagini e processi che vedono protagonista il mondo della politica in modo trasversale, toccando rappresentanti pi o meno illustri dei diversi schieramenti. Tale novit va coniugata con il radicale mutamento dei modi in cui i media rappresentano la magistratura e il suo lavoro: luso sempre pi disinvolto dei mezzi di comunicazione di massa, i fenomeni dei processi mediatici svolti in parallelo ai processi veri, la tendenza a sovraesporre certe figure di magistrato. Tutto ci impone di ripensare al rapporto con i mass-media e di trovare strumenti per veicolare informazioni corrette sulla nostra attivit senza venire coinvolti nella spettacolarizzazione e nella personalizzazione della giustizia.
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Abbiamo cominciato questo percorso di aggiornamento di analisi e proposte con il seminario di Napoli del novembre scorso e con un forum sul nostro sito aperto ai contributi di tante sensibilit. Cos emersa la consapevolezza della rilevanza delle scelte comunicative e della necessit di unanalisi seria di come si fa informazione giudiziaria e di cosa si deve fare per evitare la distorsione e la mistificazione della vicenda processuale nella divulgazione mediatica. Si avvertita lesigenza di superare le confusioni che spesso contraddistinguono il dibattito in materia, tenendo distinti i diversi piani della politicit della giurisdizione, dellimpegno politico del magistrato e dellimpegno in politica del magistrato. Abbiamo, innanzitutto, rivendicato con forza lintrinseca politicit dellattivit giurisdizionale e della interpretazione della legge, con il solo limite del rispetto dei principi di imparzialit e sobriet, evitando sovraesposizioni mediatiche ed escludendo dai dibattiti pubblici l'oggetto delle indagini che si stanno conducendo. Abbiamo riaffermato che la partecipazione al dibattito politico da parte del magistrato non incide certo sulla sua indipendenza, sottolineando tuttavia il senso di responsabilit che deve ispirare il magistrato in occasione dei suoi interventi pubblici perch il magistrato non pu comportarsi come un comune cittadino che non ha analoghe responsabilit . E stata, inoltre, evidenziata lopportunit per il magistrato di astenersi da qualsiasi forma di collateralismo con i movimenti politici che rischierebbe di svilire il senso politico autonomo della funzione giudiziaria. E quanto allimpegno in politica del magistrato, il tema risente inevitabilmente della diversa e mutata sensibilit sociale: lopinione che si debbano elaborare strumenti per garantire uneffettiva e visibile separazione tra lesercizio dellattivit giurisdizionale e lesperienza politica (quali ad esempio il divieto di candidarsi nel luogo ove si esercitata la funzione, il divieto di fare rientro nei medesimi uffici, ecc,) per non incorrere in forme pi o meno mascherate di conflitto di interessi. In conclusione, siamo di fronte ad un tema complesso in cui sono in gioco libert costituzionali, quali ad esempio il diritto allelettorato passivo del magistrato-cittadino. Occorre aggiornare le elaborazioni degli anni settanta e ottanta perch sono cambiate la societ e le istituzioni. Non si tratta di ridurre tutto alla immagine dei magistrati o a non chiare ragioni di opportunit. Ci sono questioni pi profonde che riguardano non solo il modo di interpretare la funzione giudiziaria prima dellincarico politico ma anche la natura dei rapporti derivanti dalla esperienza politica e il loro riflesso sulla condotta del magistrato destinato a ritornare nella giurisdizione. Conclusioni. Il congresso di Napoli ha affidato a questo Segretario generale, al Comitato Esecutivo e al Consiglio Nazionale il compito di assecondare il percorso di superamento di una fase critica che aveva condotto ad una convocazione anticipata del momento congressuale. Le difficolt politiche sono state affrontate con il pi ampio coinvolgimento delle tante preziose sensibilit del nostro gruppo nella convinzione che le ragioni di Magistratura democratica siano ancora oggi una risorsa imprescindibile per la qualit della intera giurisdizione e per la difesa dei valori costituzionali della nostra democrazia. Limpegno profuso ha prodotto prese di posizione pubbliche su una variet di questioni, dagli interventi sui nodi pi spinosi dellautogoverno alla intransigente opposizione alle riforme epocali, dal sostegno del ruolo politico alto dellAnm alla difesa dei diritti dei lavoratori, dei carcerati, dei manifestanti e degli immigrati. Probabilmente non siamo riusciti a fornire risposte esaustive su tutti i versanti, da quello interno a quello dei rapporti con gli altri gruppi dellAnm, dalle articolazioni dellautogoverno ai rapporti tra la magistratura e le altre istituzioni, ma pensiamo di esserci messi in discussione con la
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volont di porre le condizioni affinch Magistratura democratica sia ancora oggi un punto di riferimento non solo tra i magistrati ma anche nella vita civile e democratica del nostro Paese. In questa prospettiva la nostra posizione oggi resa pi visibile anche dalla importante novit del sito, che ci ha consegnato una ulteriore chance per conoscere la societ in cui operiamo e per farci conoscere. Piergiorgio Morosini Segretario generale di Magistratura democratica

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