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Primato e sovranit delle culture

Quando si parla di cultura, ma pi corretto parlare di culture al plurale, mi viene in mente luomo vitruviano di Leonardo, il simbolo antonomastico dellumanesimo. Lemblema della centralit della figura umana nelluniverso. La rappresentazione del miracolo del microcosmo che contiene il macrocosmo. Il segreto della simbiosi di natura e cultura che ha reso lItalia un paese unico al mondo. E inevitabilmente, il pensiero di questo immaginifico disegno a matita e inchiostro mi risveglia dentro una pena sottile perch quella centralit, la centralit dellessere umano nel mondo, sembra oggi irrimediabilmente e colpevolmente perduta. Perch tutto il patrimonio di passione delluomo che ha innalzato cattedrali e inciso capolavori sulla tela e sulla carta, tutta la passione di quel demiurgo che ha attraversato i secoli, una passione imprescindibile quando si parla di cultura vale a dire quando si parla di esseri umani, tutta quella passione mi sembra ormai prosciugata, disseccata in poche formule stentate di sopravvivenza. Mi viene anche da dire che rispetto alla questione culturale, paradossalmente sempre pi povera e minoritaria che mai, la cenerentola delle cenerentole, tra lItalia della tanatocrazia, lItalia del governo del lutto, e il Molise del funerale consociativo della cultura, le differenze patologiche sono davvero poche. Stesso pensiero debole sulla bocca di tutti, governanti e governati, lo stesso presente disertato da tutti tristemente in viaggio verso un futuro deserto. Peccato, perch fino a qualche tempo fa era lecito pensare a Molinsania come ad una sorta di laboratorio culturale specularmente invertito rispetto a quello nazionale. Da un po di tempo invece, con i teatri che chiudono e le Pompei che crollano, lItalia sembra avere ampiamente eguagliato i tradizionali standard molisani di investimento nella cultura. Personalmente provengo da una formazione, e quindi da una cultura, intessuta di studio e di curiosit intellettuale per lo studio della condizione umana. In questo senso, pur non essendo le mie radici di matrice ebraica, mi sento pi ebraico, talmudiano, che gentile. Come ha avuto modo di raccontare Moni Ovadia, il Tlmud afferma che il mondo si sostiene e si nutre del respiro dei bambini che studiano. E probabilmente questa la causa remota della conclamata eccellenza ebraica nella storia della cultura. Sono dunque abituato a concepire il primato assoluto della cultura e dello studio intesi come sapere e come sapere ascoltare un primato originale non solo sul credo confessionale ma anche sul credo economico. E oggi, guarda caso, non esiste, per lo meno alle nostre latitudini occidentali, religione o meglio confessione pi integralista e fanatica dello spread. E lo spread la gogna mediatica inversamente proporzionale al mantra della responsabilit nazionale per salvare il paese dalla crisi innescata dagli stessi gabellieri che ci governano. Ma io mi chiedo: per salvare quale paese? Vale a dire quale oggi il progetto culturale della giunta Monti-Napolitano e di tutte le forze politiche, non solo dei partiti che la sostengono, ma di tutte le forze politiche, come si diceva un tempo, dellarco costituzionale? E ammesso che tale progetto sia diverso dal perpetuare i privilegi e dal combattere lo spettro della crisi facendosi eleggere consiglieri o deputati, ammesso insomma che in questo paese e in questa regione un progetto ci sia, questo un progetto culturale o anticulturale, un progetto che pone al centro luomo, la sua condizione, i suoi valori oppure la tara genetica e cancerogena della debitocrazia? In altre parole, resteremo per sempre catturati con le parti basse strette nella gogna dello spread e smetteremo per sempre di parlare di uomini e di valori? Vale a dire non agiremo mai pi culturalmente, dal momento in cui, al di l di tutte le definizioni settoriali antropologiche e sociologiche, in realt la cultura fatta proprio di questo: delluomo al centro del mondo e dei suoi valori. O meglio, dal momento in cui la vulgata filosofica e i grandi digestori televisivi e paratelevisivi da sempre sostengono in via definitiva e incondizionata il disegno assassino di sostituzione dellessere con lavere, di sottrazione delluomo nelladdizione del profitto, allora mi 1

chiedo piuttosto: fino a che punto sopporteremo di vivere condannati a morire di sete nel deserto popolato di bond e derivati della globalizzazione totale? Arriver infine il giorno in cui accetteremo rassegnati una ciotola di minestra e la palla al piede come salario perch il risanamento della spesa pubblica nazionale e sovranazionale lo esige? In questo senso e in questa prospettiva, siamo veramente pronti ad accettare la bancarotta della cultura, in altre parole la bancarotta dei nostri valori e delle nostre vite, pur di evitare la bancarotta del Gruppo Bilderberg? Ora, se il disegno di questa economia della tenebra dannare novantanove vite su cento per salvarne una, in altre parole per arricchirne una, siamo certi che questo quello che vogliamo, che questa la sola strada percorribile, la sola visione possibile? La cultura, oltre ad essere un problema di memoria e identit e un inesauribile serbatoio di senso della specie umana, anche un problema di sguardo, di visione. La cultura un problema di visione e di visione sensata prima ancora che un problema economico. Non a caso laltro mantra tossico (nazionale e molisano) quello della pressoch universale mancanza di risorse. Niente di pi falso e fuorviante, naturalmente. Le risorse per la cultura (come quelle per la scuola e la sanit, una scuola e una sanit pubbliche degne di questo nome) ci sono, a patto solo che le si voglia vedere. sotto gli occhi di tutti che la classe dirigente di questo paese e di questa regione (e non parlo solo della classe politica ma anche e soprattutto della classe intellettuale, dei cosiddetti comunicatori, compreso i pennivendoli un tanto al chilo e i burocrati della triplice sindacale) una classe affetta da una grave forma di glaucoma (forse di eziologia senile, considerata let media). Questa classe dirigente non vede i colossali sprechi della partitocrazia, non vede lo strafinanziamento pubblico di uneditoria che nessuno legge pi o nessuno ha mai letto, non vede le centinaia di milioni di euro dispersi nelle fogne a cielo aperto della corruzione, non vede la vergognosa e rapinosa politica della difesa nazionale con un programma per lacquisizione degli F35 che gi ci costato due miliardi e settecentomila Euro e ne coster altri quindici miliardi o forse solo dieci miliardi nel caso della riduzione del numero dei caccia. Dunque la cultura un problema di visione, vedere laddove ci sono le risorse economiche e vedere anche la vocazione ambientale, considerato che lItalia pur sempre un immenso giacimento, un immenso patrimonio, il pi grande museo a cielo aperto del mondo. Come simboleggia luomo vitruviano, questo paese una straordinaria simbiosi di natura e cultura che lo ha reso unico al mondo. Cos come accade per la terra di Molise. Nel nostro particolare, penso per esempio a San Vincenzo al Volturno, alla sontuosa cripta di Epifanio che pochi conoscono, nonostante limpegno scientifico e divulgativo di Volturnia Edizioni, ma anche ad altre realt culturali e creative (dal teatro di ricerca di Abraxas alla letteratura contemporanea di AltroVerso), realt sorprendentemente misconosciute e condannate allinedia. Certamente mai sostenute nel fare impresa o indotto (tanto per esprimersi alla Matteo Renzi), nonostante il loro potenziale innovativo e strategico. Altro stereotipo regionale e nazionale, idiota e volgare quanto difficile da combattere quello della cultura nellaccezione catechistica delle buone letture, delle biblioteche e dei musei, e bene che vada dei concerti musicali e del teatro ottocentesco. Ma la cultura non solo un atteggiamento di curiosit intellettuale, una scelta di dolce vita nel bel paese. Non solo un pur imprescindibile atteggiamento di ascolto e rianimazione del passato, visto che chi dimentica il passato condannato a riviverlo. La cultura non solo il luogo dellidentit e della dignit delluomo. La cultura anche il nucleo fondante e lo sguardo significante, la visione che conferisce senso a ogni comportamento e ad ogni scelta politica. Sotto questo profilo la cultura o meglio le culture dellarte sono gli strumenti sociali per affrontare il trauma del cambiamento, sono i luoghi protetti per mettere in scena il conflitto al fine di prevenirlo. La cultura lantidoto al male di vivere. E in ogni comportamento insita una scelta culturale. Esiste una cultura industriale, ad 2

esempio: non a caso una cosa la cultura di un imprenditore visionario come Steve Jobs e unaltra cosa la cultura di un Marchionne, se Dio vuole. indiscutibile, allora, che il problema culturale il vero grande problema di questo nostro paese e di questa nostra regione. Perch la cultura e le culture al plurale sono il grande sestante che guida luomo alla comprensione del mondo e al benessere delle generazioni presenti e future.. C una parola tedesca che forse rende meglio di altre gli effetti che la cultura e i vari modelli e processi di acculturazione hanno sulluomo. La parola bildung. Bildung rende bene il senso di questo processo di autodefinizione, di autoformazione, attraverso lo studio, larte, la musica, il teatro, la letteratura, i viaggi. Questo processo di messa in forma del nostro s grazie alla cultura genera una personalit complessa e articolata, una persona ricca di senso e immaginazione. Una persona dotata degli straordinari strumenti di lettura del mondo che sono propri delluomo: la passione e la compassione. Una persona, in altri termini, verso la quale ciascuno di noi dovrebbe tendere, perch la relazione con la cultura prima di tutto relazione con laltro, incontro con laltro da me. Un processo di scambio simbolico, di accettazione del diverso e quindi di adattamento alla realt che importante per luomo quanto il respirare. Si obietta sempre che la cultura costa e non facile, soprattutto di questi tempi, investire in cultura. Niente di pi cieco e falso del mantra idolatra della cultura che non paga. Un esempio su tutti: si pensi a quanto costato a suo tempo alla collettivit il museo Guggenheim, edificato in una citt economicamente depressa, isolata come quella che allepoca era Bilbao. Le polemiche furono perfino feroci: si parl di cattedrale nel deserto. Ebbene, il costo iniziale stato recuperato dalla comunit in soli sette anni. Negli ultimi anni il Guggenheim ha incassato diciotto volte il suo investimento. E tutti gli indicatori economici in vari paesi del mondo rivelano che un paese, una comunit che investe sulla cultura investe sulla propria prosperit, sul benessere e sulla crescita dei consociati. Ne consegue che la cultura la maggior ricchezza di questa regione e di questo paese e chi non investe nella cultura o un pazzo o in malafede. Ma ne consegue anche un sillogismo elementare: chi non vede di buon occhio linvestimento di risorse nella cultura e si professa nei fatti nemico della cultura nemico della prosperit, ergo nemico del suo paese. un alienato nemico del suo paese. Poco importa se oggi in Italia, non diversamente che in Molise, alienata, pericolosamente allogena e deviante lo sia la grande parte dei decisori pubblici o comunque di chi dovrebbe rappresentarci. Per non parlare del cancro sociale costituito dalla petulante e famelica corte di chierici e parassiti partitocratici di tutti i partiti, senza alcuna differenza di schieramento. Ma questa materia per gli studiosi di psicopatologia sociale e politica. Resta, purtroppo, un solo fatto compiuto: la cancellazione della sovranit della cultura, la rimozione delle culture, con leffetto dello svuotamento della nostra umanit e del nostro orizzonte di aspettative. E questo non altro che il naturale compimento dello stupro della sovranit dei popoli.

28 settembre 2012 Luigi Fabio Mastropietro

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