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ALTA MAREA E TREMARELLA

Arrivata l’ “Alta Marea” a qualcuno è venuta la tremarella: c’è poco tempo per costruire
argini e protezioni innovative. E’gioco forza utilizzare quello che c’è anche se si tratta
solo di cortine fumogene e fuochi d’artificio. E’ questa l’immagine che ha evocato in
noi lo sminuimento delle preoccupazioni sull’impegno aziendale a ridurre le emissioni
di diossina dall’impianto di agglomerazione di Ilva. Noi ignorantelli, che ci siamo
svezzati dando una mano al Padreterno per quell’inarrestabile fenomeno marino,
intravediamo, tra il lusco e il brusco, cosa vorrebbero offuscare i fumogeni dell’
“approfondimento degli aspetti sulle tecniche utilizzate, ancorché in fase sperimentale,
in ambito europeo su impianti similari”, della “necessità di approfondire gli aspetti
giuridici ad essa collegati” (Ndr: “essa” è la legge regionale sulla diossina), dell’
“ostacolo al raggiungimento degli obiettivi prefissati con il crono-programma di
adeguamento dello stabilimento alle B.A.T.” (Ndr: l’ostacolo è la legge regionale).
Questi fumi vorrebbero offuscare che, per oltre un decennio, tanti “soloni e solini
siderurgici”, romani compresi, non hanno saputo (o non hanno voluto sapere?) che la
diossina può essere immessa in atmosfera dall’impianto di agglomerazione definito
come “digestore di un’acciaieria a ciclo integrale” e che questo terribile inquinante
può essere abbattuto a meno di 0,4 ngTEQ/Nmc. Non hanno saputo che “l’impianto
Airfine (Voest Alpine Stahl Linz) è in funzione dal 1993, con una capacità di 600.000
Nm3/h, con una efficienza di riduzione delle emissioni di diossina fino a 0,2-0,4 ng
TE/m3”. Non hanno saputo che, al contrario delle astrusità delle norme italiane, nella
normativa europea “le emissioni dei vari congeneri dei PCDD e dei PCDF sono
espresse in equivalenti di tossicità (TE) rispetto alla 2,3,7,8-tetracloro-dibenzo-p-
diossina”, che “nel valore limite di emissione, le unità di misura scelte, in ogni caso,
dovrebbero essere chiaramente definite, preferibilmente riconosciute a livello
internazionale e adatte ai relativi parametri, applicazioni e contesti” e che “le
caratteristiche di affidabilità e confrontabilità devono essere garantite e verificate”
mentre in Italia non si capisce niente. Non hanno saputo che sull’agglomerato, tra i
parametri da controllare con frequenza annuale, ci sono anche metalli pesanti, IPA e
PCDD/F (come TEQ). Non hanno saputo che fin dal 1996 la normativa europea, per
rimuovere resistenze interessate, stabilisce che “Gli stati membri garantiscono che
l’autorità competente si tenga aggiornata o sia informata sugli sviluppi nelle Migliori
Tecniche Disponibili”.
Eppure queste ed altre notizie sono ufficiali e sono pubblicate/ripubblicate nella
CEE/CEEA/CECA n. 259 del 19.2.2004, nell’enciclopedico D.M. (Ambiente)
31.1.2005 e nella recente Direttiva 2008/1/CE, oltre che nella marea di norme
comunitarie ed italiane sul tema (vedi riquadro accanto).
Alle strette, agli europei sono stati concessi 11 anni di tempo per adeguare gli impianti
alle Migliori Tecniche Disponibili; a Taranto si è cominciato a parlare di diossina solo di
recente, a seguito di segnalazioni di Peacelink basate su dati del registro nazionale sulle
emissioni e fonti, con stime dello stesso Gestore. Ed ora che l’Alta Marea minaccia di
sommergere tutto, vengono fuori i lamenti che non c’è tempo, che i provvedimenti
costano troppo, ecc., trascurando la salute dei cittadini e dei lavoratori.
Non va bene: le soluzioni tecniche per abbattere gli inquinanti esistono o si trovano a
seconda dell’impegno e del portafoglio che si mette in campo: finora, invece, a Taranto
sono stati propinati sedicenti piani di risanamento, altrimenti detti di “panna montata”.
Alessandro Marescotti e Biagio De Marzo - PeaceLink
Alcune norme europee ed italiane in tema di diossina ed altri inquinanti

NORME EUROPEE
a) 1986/280/CEE
b) 1996/61/CE;
c) 2001/81/CE;
d) 2001/593/COM, strategia comunitaria su diossina, furani, policrolodifenili, ecc.
e) 2008/1/CE

f) “BRef” documento di riferimento per l’identificazione delle MTD edito dall’Ufficio


IPPC della UE sito in Siviglia;
g) “IPPC – Reference Document on the general principles of monitoring – July 2003”
disponibile in italiano sul sito di APAT

NORME ITALIANE
h) DPR 1988/203

i) Legge 2002/30
j) Legge 2002/39

k) D.Lgs 1992/133
l) D.Lgs 1999/334
m) D.Lgs 1999/372
n) D.Lgs 2005/59
o) D.Lgs 2006/152
p) D.Lgs 2008/4;

q) DPCM 21.7.1989
r) DPCM 4.8.1999

s) DM (Ambiente) 8.5.1989
t) DM (Ambiente) 12.7.1990
u) DM (Ambiente 21.12.1995
v) DM (Ambiente) 5.1.1997

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