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A MOMENTARY FLASH OF REASON LA VISIONE FREGEANA RIGUARDO GLI INDICALI.

di GIULIA DELPRATO, 1 anno - corso di laurea in Filosofia.

Anche il momento in cui si parla parte dell'espressione del pensiero. [] occorre la conoscenza di certe circostanze concomitanti che possono venire utilizzate come mezzo per esprimerlo. (G. Frege in Der Gedanke. Eine logische Untersuchung, trad. it. pag. 53)

I. Intro cenni sulla distinzione Sinn/Bedeutung II. Il Dr. Lauben III. Indicali? cosa sono? la posizione di Frege in Logik la posizione di Frege in Der Gedanke IV. A Momentary Flash of Reason V. Bibliografia

Parole Chiave: Indicali - Sensi Incompleti - Fatti - Io - Sensi Incomunicabili.

In questo breve documento, intitolato non a caso Un guizzo momentaneo di razionalit (da una libera reinterpretazione di un brano dei Pink Floyd), riferendomi alle sue ricerche nel campo della filosofia del linguaggio, intendo esporre la posizione che Frege assunse rispetto alla problematica dei cosiddetti indicali, che rappresentano da un lato uno dei punti pi critici/criticabili del suo pensiero in tale materia, dall'altro una di quelle domande rimaste aperte che pi hanno contribuito allo sviluppo della filosofia successiva. Vorrei mettere in risalto, in particolare, quante e quali controversie l'opinione fregeana vada a suscitare nel momento in cui si inserisce nel contesto del binomio Sinn/Bedeutung, che il filosofo tedesco poneva, in uno dei suoi scritti pi importanti e destinati a generare pi frutti (Senso e Riferimento), come linee guida per la comprensione completa di una espressione linguistica e, di conseguenza, per giungere a definire le leggi logiche dell'esser Vero. Riguardo a questi argomenti, ho scelto di vedere in dettaglio quelle che sono le posizioni di Frege sia in Logik (in cui egli affronta la questione degli indicali solo parzialmente) sia in Der Gedanke (dove invece vengono proposte delle soluzioni, nonch poste ulteriori domande), sempre basandomi sulle teorie di Senso e Riferimento, possibilmente per delineare un percorso che vada dagli enunciati ad abbracciare anche la dimensione dei termini singolari, nell'ottica di sottolineare l'evoluzione del pensiero del filosofo tedesco.

L'opera filosofica di Gottlob Frege ha fornito innumerevoli spunti di discussione alla pi attenta e sensibile tradizione successiva, non limitandosi ad esercitare la sua influenza soltanto nel proprio habitat naturale (filosofia), ma andando a proporre nuove visioni in campi quali la matematica, la logica, la semantica. Al di l, infatti, di ci che delle sue teorie risulta ormai anacronistico o superato (certe concettualizzazioni razionalistiche del pensiero, ad esempio, per cui l'idea di soggettivit e di intenzionalit [mentre appunto in quegli anni Husserl formulava la propria visione fenomenologica] vengono totalmente rifiutate), Frege ancor'oggi fonte di discussioni e questioni critiche, risultando a tutti gli effetti uno dei pi fertili e interessanti pensatori del secolo scorso. Come fondamentale punto di partenza, terremo ferme quelle nozioni di senso [Sinn] e riferimento [Bedeutung] che ho poc'anzi citato. Frege (come si legge chiaramente nella seminale lettera a Husserl del 18911) estendeva tale dicotomia ad ogni categoria sintattica della lingua, ossia termini singolari (in cui sono inclusi anche i nomi propri e le descrizioni definite), enunciati e termini concettuali, bench senso e riferimento di questi ultimi non siano mai stati effettivamente chiariti in uno scritto edito2. In ciascuno di questi casi, senso e riferimento hanno diverso valore. Per quanto riguarda i termini singolari, il riferimento non altro che l'oggetto da essi designato (ad esempio, la Bedeutung de la stella al centro del sistema solare il Sole); analogamente, per ci che concerne il nome proprio, esso si riferisce alla sua descrizione oggettiva (per cui il riferimento di Johann Sebastian Bach il compositore tedesco vissuto a met del 1700 a Lipsia, in carne ed ossa, concretamente).

Dall'altra parte, il senso di un termine singolare invece il modo di presentazione attraverso cui esso ci offerto. In altre parole, esso la mediazione essenziale che ci permette di arrivare al riferimento, e comprenderne il significato: per esempio, sempre parlando del Sole, esso pu essere benissimo definito sia come la stella attorno a cui ruota la Terra sia come la stella attorno a cui ruota Marte - penseremo sempre e comunque al corpo celeste che ci garantisce l'abbronzatura d'estate (ed ecco un terzo senso!).

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Cfr. Lettera a Husserl del 24 maggio 1891 in Senso, funzione e concetto, pp. 28-31. Tuttavia, essa discussa sia nell'epistolario di Frege che in alcune pagine dei suoi Scritti Postumi.

importante tenere presente anche cosa siano senso e riferimento in relazione agli enunciati, partendo dal fatto che Frege tratta questi ultimi come fossero una sorta di nome complesso. In sostanza, cio, il senso di un enunciato diviene il pensiero che esso esprime, e rimane rigorosamente sul piano astratto. Il riferimento di una Satz, invece, definito dai riferimenti dei vari termini che lo compongono, il valore di verit di tale enunciato; il che significa che tutti gli enunciati falsi avranno come riferimento il Falso, e tutti quelli veri avranno il Vero, venendo di fatto a considerare il valore di verit, fondamento della correttezza di un pensiero, come se fosse un oggetto. Non staremo qui a esaminare n i casi particolari di cui Frege si occup (come ad esempio nel caso di un assenza di un riferimento reale) n le problematiche definizioni di Sinn e Bedeutung in merito ai concetti. Ci faremo bastare questa sommaria spiegazione, per addentrarci nel territorio selvatico degli indicali. Solo un suggerimento: tenete d'occhio la parola Io!

II La storia3 potrebbe cominciare benissimo un tardo pomeriggio, fra le pareti di legno scuro di un salotto tedesco; un piccolo pianoforte verticale, in buone condizioni, occhieggia dalla parete alla nostra sinistra, mentre quattro personaggi siedono, divisi tra due bassi e comodi divani. Sembrano piuttosto preoccupati, e si fissano a turno gli uni gli altri. Un individuo alto, dai capelli corti, un braccio avvolto dalle bende e una postura lievemente scomposta, prende la parola. il dottor Gustav Lauben, il padrone di casa. Io sono stato ferito. L'asserzione, di per s, per noi che lo guardiamo, non presenta particolari problemi ma, anzi, ci d ragione di quella medicazione vistosa e della sua posizione inconsueta, e fa anche nascere in noi un certo grado di compassione; non c' alcun dubbio che, dicendo Io, il dottor Lauben non stia parlando che di se stesso, vittima di una ferita di guerra. Tutti annuiamo, e la conversazione si sposta sulle circostanze del funesto evento, sulle condizioni di salute del dottore, sullo stato della guerra e simili argomenti. La serata trascorre piacevole, la cena deliziosa e il dottore ha molta voglia di conversare, tanto che piuttosto tardi quando, dopo l'ultimo giro di schnapps, ci congediamo. A noi, studiosi di filosofia blandamente informati, rimane in testa soltanto quell' Io, conteso fra
Mi riferisco qui all'esempio e ai protagonisti di tale esempio che Frege stesso fa all'interno di Der Gedanke, per cui cfr. pp. 53-55 dell'edizione italiana.
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suggestioni psicologiste e l'idea che, di sicuro, quel termine non l'avremmo capito nel suo senso autentico se non fossimo stati presenti; ci rendiamo conto di quanto la nostra comprensione sia dipesa dal contesto signore e signori, abbiamo appena incontrato un indicale. L'indomani, pare che la notizia del ferimento del dottor Lauben sia sulla bocca di tutti i presenti in piazza: persino Leo Peter, che solitamente persona riservata e silenziosa, parlando col suo amico Rudolf Lingens non si trattiene dal raccontargli che Il Dr. Gustav Lauben stato ferito. evidente che la comprensione corretta di tale enunciato strettamente connessa alla conoscenza che l'interlocutore ha del significato dell'espressione Il Dr. Gustav Lauben, che Leo Peter ha sostituito a quell' Io che gli era stato comunicato precedentemente. Se e soltanto se, infatti, sia Peter che Lingens intendono per Dr. Gustav Lauben lo stesso individuo, il contenuto dell'enunciato risulter pienamente comprensibile, condivisibile e accettabile come vero (come di fatto, in questo caso, ) da entrambi. I due, infatti, hanno connesso lo stesso pensiero all'identit del soggetto dell'affermazione pronunciata da Peter. Tuttavia, gi a questo livello preliminare si presenta un problema: infatti il signor Rudolf Lingens non ha mai incontrato di persona il dottore, ma si limita a conoscerne il nome e la discreta fama; di conseguenza, non sa che stato il Dr. Lauben a dire il giorno prima Io sono stato ferito, ed ecco perch, secondo Frege, il pensiero espresso con questa frase da Lauben e quello comunicato da Leo Peter a Lingens, non lo stesso, bench il riferimento lo sia. Ci troviamo di fronte, infatti, a pensieri coreferenziali ma differenziati sia sul piano semantico sia su quello logico dal fatto di contenere uno un indicale, l'altro un nome proprio. Ci che interessa a Frege, qui, dimostrare come sia differente la relazione che hanno con il senso gli indicali rispetto ai nomi propri. Cosa che viene perfettamente esemplificata dall'incontro che, quel pomeriggio, fa il nostro Leo Peter: egli conosce il signor Herbert Garner, cui comunica nuovamente che Il Dr. Lauben stato ferito. Garner ha una reazione piuttosto confusa: egli conosce un certo Gustav Lauben, nato a N.N. Il 13 settembre del 1875, ma dubita possa essere lo stesso medico su cui si espresso Leo Peter. Quest'ultimo, per contro, non ha la pi pallida idea di quando o dove sia nato il Dr. Lauben, di cui in fondo non nient'altro che un abituale paziente, da poco passato al grado di amico. E, di fatto, i due si stanno riferendo con due sensi (intesi come modi di presentazione) alla stessa persona, ossia i loro pensieri sono coreferenziali, ma non possono saperlo. Risultato? Come sar ormai chiaro, anche i loro pensieri sono considerati da Frege differenti. Una volta afferrato questo, seppure con riluttanza, ci sentiamo in dovere di informare Garner che s,

purtroppo il Lauben che lui conosce proprio colui che stato ferito in guerra e che da qualche giorno nuovamente in patria; in un certo modo, abbiamo spezzato l'ambiguit dell'affermazione e abbiamo appianato le differenze di senso presenti nella concezione di Dr. Lauben che Peter e Garner possedevano, riunendole in una sorta di terzo modo di presentazione, ossia colui che stato ferito. I due ci sono molto grati per aver risolto l'equivoco ma, mentre torniamo a casa, le domande incominciano ad affastellarsi senza sosta nella nostra mente.

III

Questa breve introduzione servita per accennare, almeno in parte, alle due problematiche che pi stanno a cuore al filosofo tedesco per quanto riguarda il tema specifico degli indicali. Da un lato, infatti, sta la questione pi strettamente connessa con Senso e Riferimento, ossia la riproducibilit del riferimento di Io in un contesto differente rispetto a quello in cui tale parola viene pronunciata; in tale occasione, Io deve per forza essere sostituito da un modo di presentazione che dia agli interlocutori un terreno d'appoggio su cui incontrarsi e condividere il pensiero effettivo ad esso connesso ad esempio, nella nostra storia, al dottor Lauben. Il problema sussiste non solo nel momento in cui i due sensi non riescono ad unirsi sul terreno della coreferenzialit, ma anche a monte quando pensiamo al senso dell'enunciato completo. Frege giunger ad argomentare che chi parla in possesso di una rappresentazione interna [Vorstellung] di se stesso, che concretamente incomunicabile agli altri il cosiddetto senso incomunicabile di cui scrive, ad esempio, John Perry4. Dall'altro lato Frege affronta una problematica pi complessa, che esula e dall'ambito linguistico e da quello meramente concettuale: che ruolo d, di fatto, colui che parla, alla parola Io nel momento in cui la pronuncia? Da quali condizioni dipende il suo utilizzo in sostanza, perch ci servono gli indicali? E come si usano?

III.1

Nella Logik del 1897, che precede di alcuni anni il gi abbondantemente citato Il Pensiero, Frege si dedica principalmente a definire la connessione tra pensiero, verit ed enunciati, intesi come via per formulare giudizi e asserzioni l'ossatura della logica, oltrech della lingua. Prendiamo per buono ci che Frege afferma riguardo al pensiero, e cio che sia impersonale e che la
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Cfr. J. Perry, Frege On Demonstratives

sua verit sia indipendente da colui che lo esprime: nel momento in cui, riprendendo l'esempio di prima, il dottor Lauben dice Io sono stato ferito, non sembra forse che quest'idea sia messa in crisi? Lauben, infatti, sta dicendo il vero; ma se, mettiamo il caso, Peter dicesse allo stesso modo Io sono stato ferito, sebbene la frase grammaticalmente non sia cambiata di una virgola, egli starebbe affermando il falso. Come piuttosto evidente, ci dato dal fatto che questo enunciato esprime pensieri differenti a seconda della persona che parla, in una, apparente, diretta antitesi rispetto a quell'indipendenza dall'individuo che Frege ascriveva al pensiero. Per mantenere valida tale teoria, allora, il filosofo tedesco, evitando religiosamente di incorrere in ipotesi soggettiviste, viene a definire (forse per la prima volta in modo compiuto in un testo filosofico) l'idea di enunciati indicali dotati di un senso incompleto, che dev'essere necessariamente integrato dalle circostanze reali (Umstaende) in cui esso proferito5. In pratica, parlare di io o ora non significa nient'altro che determinare la relazione con la realt che ha il pensiero dai noi espresso, senza per, ed bene sottolinearlo, andare ad aggiungere alcunch sul piano del riferimento, ossia senza generare un cambiamento riguardo al proprio valore di verit; di questo parler pi approfonditamente quando tratteremo Der Gedanke, ma basti sapere che, poich ci che ci interessa soddisfare lincompletezza dellenunciato a livello di senso, per quanto siano le circostanze a permetterci di farlo, esse non dovranno n potranno mai utilizzare come mezzo di saturazione una Bedeutung. L'integrazione di parametri circostanziali, svolta al livello del senso, non determina alcun valore di verit, non ha corrispettivo sul campo del riferimento, poich esso per definizione indipendente dal senso. E, viceversa, l'oggetto, ossia il riferimento, non pu determinare il senso di un enunciato, oppure saremmo di fronte a una evidente contraddizione della semantica fregeana; le cose reali, infatti, non possono entrare nel contenuto dei pensieri, rigorosamente astratti! Frege, di fatto, nella Logik, si ferma a sottolineare la dipendenza dal contesto degli enunciati indicali senza per affrontare direttamente il problema se tale relazione sussista anche sul piano del riferimento, se e in che misura essa venga a generare un valore di verit, e soprattutto come essa possa risultare plausibile nel contesto della sua filosofia del linguaggio.

III.2

A parole come 'qui' e 'ora' viene conferito un senso completo sempre e soltanto dalle circostanze in cui vengono impiegate (G. Frege, Logik, ed. it. pag. 124)

Il filosofo si spinge oltre soltanto parecchi anni pi tardi, nel 1918, con la pubblicazione di Der Gedanke (Il Pensiero), che possiamo considerare come il proseguimento naturale dei ragionamenti svolti nelle pagine della Logik. Nell'opera, il piano del ragionamento si estende al livello concettuale piuttosto che soltanto linguistico, e mentre da una parte Frege si spinge a considerare gli indicali, ossia le parti di una frase incompleta in grado di saturarla, come 'oggetti', s, ma particolari, ossia non del tutto appartenenti al livello del riferimento sorta di portatori di senso, dall'altra (come anticipato) entra nel territorio insidioso delle rappresentazioni e si interroga su quella che, in particolare, apparterrebbe alla parola Io. Partendo dal presupposto che enunciati come qui fa caldo, dove Qui un indicale, possano essere completati al livello del senso soltanto dalle circostanze (ossia il luogo, lo spazio, il tempo, chi sta parlando etc.) in cui sono pronunciati, il problema di fondo rimane quello della natura di queste parole particolari. Non sembrano, infatti, poter essere dei riferimenti concreti, degli oggetti, sia perch cambiano a seconda di quei fattori sopra citati, sia perch, ancor pi importante, la completezza per quanto riguarda il senso non pu in alcun modo essere compiuta da un Bedeutung, a meno che non si decida di andare contro le teorie fregeane. Piuttosto, potremmo considerare gli indicali come una sorta di mezzo per giungere al senso completo di un enunciato6, ossia per esprimere un pensiero, piuttosto che come oggetti reali; stiamo parlando allora di qualcosa che sembra permettere l'espressione di un pensiero, cio di segni. A questo punto, la domanda sorge spontanea: e non sono i segni stessi degli oggetti? Non ripiombiamo proprio in quella contraddizione autodistruttiva che stiamo cercando di evitare? No, perch tali segni noi li accogliamo primariamente come elementi di senso, in grado di saturare quello di cui difettivo l'enunciato incompleto, e soltanto in un secondo momento come oggetti. Gli indicali, allora, hanno per Frege una sorta di natura anfibia, legata al fatto che il loro essere oggetti muniti di senso possibile in quanto essi sono da noi conosciuti effettivamente in ultima analisi, poich appartengono al contesto, e per questo ci arrivano direttamente come senso, soddisfacimento della necessit dell'enunciato incompleto. Il filosofo, in Der Gedanke, chiama questi elementi fatti o anche pensieri veri: veri perch concretamente riscontrabili nella realt delle Umstaende in cui sono pronunciati7, ma anche perch in grado di giustificare il valore di verit stesso del contesto. I fatti realizzano nella realt le condizioni di verit di un enunciato, per cui entrano a far parte
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Mittel des Gedankenausdruck Per saperne di pi su questa visione, ripresa in particolare da Kaplan, pu essere utile consultare su internet la voce Indexicals della Stanford, per cui cfr. bibliografia.

effettivamente del livello del riferimento, ma solamente dopo che sono stati riconosciuti, per prima cosa, come quei sensi che possono completare il nostro pensiero: in questo modo, il riferimento non entra a far parte del contenuto dell'enunciato e la teoria fregeana rispettata. Se, ad esempio, prendiamo la frase qui fa caldo, il suo senso sar completato dal fatto che ci che abbiamo appena detto avvenga proprio qui il fatto, cio, che parliamo in questo o in quel posto. La componente oggettuale, di riferimento, ossia il luogo stesso in cui stiamo parlando e dove fa realmente pi o meno caldo, determinata poi su questa base e non pertiene al livello del senso. Abbiamo risolto cos il problema che in ci si era presentato fin dalle pagine della Logik. Ma c' un'altra questione che viene sollevata in Der Gedanke, e che non trova una altrettanto felice risoluzione: essa si riferisce all'indicale Io e alla difficolt, che Frege stesso porta alla nostra attenzione, di definire chiaramente un riferimento condivisibile di tale parola. Leggiamo infatti che [...] ciascuno dato a se stesso in un modo particolare e originario nel quale non dato a nessun altro. Allorch il Dr. Lauben pensa di essere stato ferito, si basa probabilmente su questo modo originario [] e non vi che il Dr. Lauben che pu capire il pensiero determinato in questo modo.8. E gi qui storciamo la bocca: Frege aveva detto e ridetto che il pensiero qualcosa di impersonale, di astratto rispetto a chi lo esprime! Ma i veri guai cominciano quando il filosofo scrive che [...] ecco che egli vorrebbe comunicare con altro. Non pu comunicare un pensiero che solo lui pu capire. [] deve utilizzare 'io' [] nel senso di 'colui che vi sta parlando in questo momento'. Egli mette cos al servizio dell'espressione del pensiero le circostanze che accompagnano il suo parlare9.! Entra qui in gioco un'idea di pensiero, cio senso, incomunicabile agli altri, che in pratica contraddice l'impalcatura che Frege ha appena creato e che ci permetteva di dotare di un senso completo ogni indicale: se la nostra comprensione, al livello del senso, di un indicale veniva a dipendere dalle circostanze, che fare se queste circostanze non si possono condividere? Saremo soltanto noi ad afferrare il pensiero, senza in pratica poterlo esprimere se non parzialmente, attraverso una sorta di perifrasi come colui che parla in questo momento? Dovremmo allora forse mettere in questione non soltanto l'indicale Io ma tutti i nomi propri quasi fossero degli indicali non dichiarati, e ritrovarci perennemente a essere come Peter e Garner, che non sanno di star parlando della stessa persona? Su questo punto, mi trovo a divergere da Frege e sono d'accordo con quanto dice Perry 10: non c' alcuna ragione per pensare che esistano dei sensi incomunicabili, e che Io perch lo degradiamo
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Cfr. G. Frege, Der Gedanke, ed. it. pag. 55 Ibid. Cfr. J. Perry, Frege On Demonstratives pp. 489-490

nel pronunciarlo assuma a un senso diverso (falso?) rispetto a quello che possiede nella nostra realt interiore. cosa ovvia, a mio parere, che ognuno abbia una rappresentazione interna di se stesso divergente rispetto a quella che gli altri possono avere dall'esterno, ma non vedo come essa possa giungere a determinare una diversit di senso tale da generare una sorta di divaricazione del riferimento: noi stessi ci identificheremmo allora con un prodotto dalla nostra percezione interna, che per non un oggetto come quelli che Frege ascrive all'ambito dei riferimenti, mentre gli altri, per cos dire, ci comprenderanno sempre come ci che possono toccare, vedere, riscontrare nella realt, presentato attraverso quel senso mutilato di cui parla il filosofo.

IV

In conclusione, Frege risulta pregnante e convincente quando si tratta di trovare lo spazio per gli indicali nella propria teoria di senso e riferimento, introducendo l'idea di un fatto dalla duplice natura, che per rimane rispettosa della sua teoria per il fatto di vivere una sorta di evoluzione temporale, nella misura in cui dapprima funziona come senso e soltanto dopo va a costituire valore di verit sul piano del riferimento. In fondo, dalla lettura di questi testi, mi sembra che Frege risolva la problematica degli indicali con il sottolineare una sorta di guizzo (da cui, finalmente, la spiegazione del titolo di questo documento) di pensiero che la nostra mente deve compiere per arrivare a completare dei sensi insaturi, tirando in mezzo cio quelle circostanze fattuali in cui gli enunciati vengono pronunciati. Dunque in questo caso sembrerebbe venire prima la pragmatica, intesa come studio degli enunciati dando la precedenza al contesto di trasmissione del pensiero, a chi parla, alla situazione reale in cui il parlante calato, piuttosto che la semantica. Non altrettanto riuscita mi sembra l'idea, che Frege lega in particolare all'indicale Io, cio che esistano dei sensi incomunicabili, alieni dalla realt e totalmente incondivisibili con gli altri: sebbene la Vorstellung che noi possiamo avere di noi stessi sia chiaramente diversa da quella che possono avere i nostri interlocutori, essa a mio parere non sufficiente a determinare un senso, o meglio un pensiero, che non sia possibile afferrare da altri da noi. Altrimenti, ci troveremmo di fronte al crollo clamoroso della teorizzazione fregeana del pensiero stesso.

- G. Frege, Senso, funzione e concetto. Scritti filosofici, a cura di C. Penco ed E. Picardi, Laterza, Bari, 2001

- G. Frege, Nachlass, trad. it. in Scritti postumi, a cura di E. Picardi, Bibliopolis, Napoli, 1986 - G. Frege, Der Gedanke Eine logische Untersuchung, tr. it. in Ricerche Logiche, a cura di M. Di Francesco, con
introd. di M. Dummett, Guerini e Associati, Milano, 1988

- J. Perry, Frege on Demonstratives, da The Philosophical Review, vol. 86, n. 4 (10/1977), pp. 474-497 su http://www.jstor.org/stable/2184564 - J. Perry, Indexicals, su http://www-csli.stanford.edu/~jperry//PHILPAPERS/demon-enc.pdf, 1994 - V. Tripodi, La distinzione fregeana tra senso e riferimento, su http://www.aphex.it/public/file/Content20100621_verasensorifconpagine.pdf, 2010 - http://plato.stanford.edu/entries/frege/ - http://plato.stanford.edu/entries/indexicals/ - M. Dummett parla di Frege su rai.edu, all'indirizzo http://www.conoscenza.rai.it/site/it-IT/? ContentID=756&Guid=2c6959ea59664400ba002e3b08103bf0

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