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L'alba Vis Matutina Campanello La citt La locanda Rita Sempre a sinistra Il ratto Il cane La cena La botte Ombre Il fazzoletto A casa La festa A scuola Il vicer La cura Le oche La messa Chiodo schiaccia chiodo Il crocefisso Il frutto maturo La barca Il buco La peste La promozione Din Don Dan

02 06 10 13 18 22 27 33 39 46 57 62 68 76 93 95 101 114 128 135 145 157 169 177 185 200 205 217

Lalba. -Guardali, stanno aspettando che dica qualcosa. -E ovvio Signore, vogliono sempre sentire un Vostro incoraggiamento prima. -E naturalmente il mio compito quello di darglielo. -Sono i Vostri uomini Signore. -Lo so. Dovrei incitarli, come faccio ogni volta. Dovrei andare in mezzo a loro, schiarirmi la voce, impostarla, come fanno gli attori di quegli spettacoli per contadini, e riempire i loro cuori di fiero coraggio, in modo che vadano a farsi ammazzare col sorriso sulle labbra. -Signore? -Sono stanco, Gerbert. Sono veramente stanco. Dovrei considerarli miei fratelli. Dovrei correre da loro, spronarli a non temere di morire per la loro patria, ricordare quanto giusto e bello sia combattere per un ideale. -Ma veramente, Signore... -Siamo Lanzichenecchi Gerbert, non lho dimenticato. Noi non abbiamo un re. Non muoviamo guerra agli oppressori. La nostra fede ha per altare il baule pieno doro con cui ci pagano. Quattro fiorini, ecco quanto vale la vita di ogni uomo che vedi davanti a te. -Signore, la cavalleria sta aspettando un Vostro ordine per schierarsi. -Ancora un momento Gerbert, aspettiamo ancora un po. Guarda, lo vedi quel ragazzo, laggi vicino a quel cannone? Sai come si chiama? -No Signore. -Nemmeno io. Ma non importa, oggi morir. -Non da Voi essere cos pessimista, se volete io potrei parlare -Non osare Gerbert. Sono ancora io il comandante, fino a prova contraria.

-Mi scusi Signore. -Lo vedi quel ragazzo? Lo sai perch credo che morir? Perch ho trentatr anni Gerbert, e combatto da quando ne avevo sedici. Ho visto molte volte un viso come quello: il figlio di un contadino che ha capito di non voler passare la propria vita a mangiare patate, pregando che la peste, o un inverno troppo freddo, o soldati come noi non facciano quello che ha visto fare fin da quando era bambino a tutti i contadini come lui. Si unito a noi due settimane fa, quando siamo passati vicino a Lugano. Non hanno aspettato un minuto. Lo hanno spaventato con i racconti di tutti i modi terribili di cui si pu morire in guerra. Poi lo hanno rassicurato che se avesse seguito i loro consigli tutto sarebbe andato bene. Gli hanno detto dove mettersi quando lassalto comincer. -Chi Signore? -I lupi, Gerbert, i lupi. I veterani che hanno imparato come usare i nuovi arrivati per sopravvivere un altro giorno, Gerbert. Li fanno avanzare davanti a loro, per farli prendere dalla prima scarica di pallottole. Mors tua vita mea, Gerbert. -Io non -Tu non cosa? Non ci hai mai fatto caso? E per questo che io comando questo esercito e tu sei solo il mio secondo, Gerbert. Guarda il suo viso. E terrorizzato. Non ha la pi pallida idea di cosa lo aspetti. Potresti raccontargli che se corre abbastanza veloce potrebbe schivare le palle dei fucili, e lui ti crederebbe. In questo momento vuole solo una cosa, un sorriso, una guida. Sono io quella guida Gerbert ? -Se diceste qualche parola agli uomini Signore sono sicuro che -Non sono io la sua guida, non oggi di sicuro. Hanno gi deciso tutto, come spartirsi le sue monete doro, cosa raccontare ai compagni. Guardali Gerbert, sono l. Stanno sempre in gruppo, sono i lupi. Hanno uninfinita ingordigia di denaro, molte battaglie alle spalle, qualche cicatrice, nessun rispetto della

vita. Hanno capito una cosa: per quanto tu possa essere forte, se sei solo, sei morto. Quando la notte dormi in una tenda, il tuo compagno il tuo nemico. Quando i cannoni smettono di cantare, chi fino a quel momento era al tuo fianco, potrebbe preparare un coltello, nel caso ti svegliassi mentre cerca di sfilarti il sacchetto di monete da sotto il pagliericcio. Serve qualcuno che stia sveglio e ti sorvegli. Fanno a turni, sentinelle di un esercito nellesercito. Guarda i loro visi. Lodio li ha marchiati. Ho sempre creduto che sia folle giudicare una persona dalla sua faccia, ma fino ad ora non ho mai sbagliato. Osservali, stanno seduti attorno al fuoco, fanno battute, sognano le razzie che potranno fare nei villaggi che attraverseremo. Dai tuoi occhi vedo che cominci a capire di quale tipo di soldato sto parlando. Ho visto il modo in cui giri lo sguardo dallaltra parte, quando li vedi stuprare le ragazze dei paesi, sventrarle con il coltello, e poi appiccare fuoco alle case dove vivevano. Perch non li fermi Gerbert? Sei il loro superiore, perch non hai mai detto nulla? -Signore, io vorrei, ma -Ma che cosa? Ma sai che se lo facessi, che se tentassi di togliere il divertimento a quelle bestie, la prima volta grugnirebbero, la seconda alzerebbero la voce, ed alla terza, durante una carica, una pallottola ti colpirebbe. Quanti sergenti hai visto attraversati da pallottole entrate dal verso sbagliato, dalla schiena verso il petto, eh Gerbert? -Troppi Signore. Mi state facendo venire i brividi, Signore -E cos giri la testa dallaltra parte, eh Gerbert? La cecit, la migliore amica della coscienza di ogni soldato. -Non tutti i nostri uomini sono cos Signore! Alcuni sono dei prodi, e non si abbassano a tali atti di bestialit! -Tu per primo, naturalmente, eh Gerbert? Ed per questo che sei il mio secondo e non un semplice fante. -Grazie Signore. -Non voleva essere un complimento.

Vis matutina. Il comandante Corrado rimase a guardare le colline verso occidente, dove a poche leghe di distanza lesercito francese stava accampato in attesa di una sua mossa. Accarezz la criniera del suo cavallo, che sbuffava annoiato un vapore vitale dalle narici, quasi a voler sottolineare la sua estraneit a tutto quel freddo. Gli piaceva il rumore di quegli zoccoli: scandiva il tempo della guerra; questo scalpiccio nervoso era un adagio, che poteva maturare in un crescendo al muoversi delle truppe, fino a trasformarsi in una sinfonia di morte durante la carica . Non si vedeva nulla, la notte era quasi finita ma il sole non sorgeva ancora, e poteva solo usare la fantasia per immaginare cosa ci fosse dietro al muro verde che lo separava dalla carneficina. Roma era vicina, molto vicina, ma le truppe lasciate da Francesco I in difesa dello Stato Pontificio non si lasciavano travolgere troppo facilmente: questa maledetta Italia divisa in decine di principati, ducati e quantaltri regni poteva vantare un numero di fortezze e bastioni da poter gareggiare con quello di chiese e granai. Molti dei suoi uomini erano morti nel logorante lavoro dassedio, ma presto sarebbe stato diverso. Niente mura da assaltare. Niente olio bollente e pietre sulla testa. Una piana libera dalla visuale perfetta dove le due cavallerie si sarebbero scontrate a viso aperto, senza alberi dietro cui difendersi, uno scontro corpo a corpo allarma bianca dopo la scarica iniziale dei fucili, il che sarebbe significato un massacro da entrambe le parti: un lavoro da Lanzichenecchi. Sorrise a Gerbert: -Le vedette cosa dicono? -Nulla, ovviamente, Signore, o pretendete forse che vedano

nella notte come i gufi? -Osserva bene, Gerbert, lo vedi quel rosso laggi ad oriente? Indovina cosa sta succedendo? -Sta sorgendo il sole, pochi minuti e sar lalba. Tra quante ore avete intenzione di portare lattacco? Dovremmo aspettare che la bruma di questa pianura si diradi, o non vedremo nemmeno dove sparare. Il comandante sorrise e il suo secondo abbozz una smorfia di rimando, non sapendo bene perch, quasi automaticamente. Corrado si gir, spron il cavallo e part al galoppo verso la collina mentre Gerbert rimase allibito a guardare il suo comandante arrancare sul crinale, fino alla cima. Arrivato alla vetta si volt: -Sveglia gli uomini! Attacchiamo, ORA ! Gerbert lo vide sparire diretto verso le luci del campo nemico. Nel silenzio della notte il suo cavallo scivolava veloce sullerba bagnata ed il rumore stentava ad arrivare alle orecchie delle sentinelle; allinizio non ci fecero caso, scambiandolo con quello dei loro cavalli riuniti in un recinto vicino alle tende, costruito probabilmente per le mucche dal proprietario del terreno che avevano confiscato. Ma presto si resero conto che qualcuno stava arrivando, molto veloce, troppo veloce, proprio dalla direzione di quegli schifosi mercenari. -Staranno mandando qualcuno a parlamentare? -Non lo so. Io corro ad avvisare il Prefetto, non voglio grane, ci manca solo di dovermi fare qualche giorno ai ferri perch non lo abbiamo avvisato in anticipo e non ha avuto tempo di svegliarsi e mettersi in ghingheri. Corse in direzione della tenda del superiore. Il rumore si era trasformato in una figura veloce ed il soldato rimasto allung il braccio per prendere le redini del cavallo in arrivo: non era abituato a pensare ed aveva abbracciato la soluzione del messo senza porsi troppi problemi. La sciabola gli tagli di netto la testa e Corrado fu molto

contrariato dalla fitta al polso che prov nellimpatto: probabilmente Dio lo aveva voluto punire per la brutta azione che aveva compiuto; pensava questa cosa ogni volta che si faceva male, infatti era convinto che il dolore fosse proporzionale al peccato che aveva commesso: nella sua follia era convinto che Dio lo amasse. Probabilmente quel soldato non doveva valere poi molto agli occhi della giustizia divina. Il Prefetto sbadigli molto rumorosamente per sottolineare a quella vedetta il disturbo arrecatogli, come se ce ne fosse bisogno, considerata la sua nota pigrizia. -E questo messo come si sarebbe presentato? -Veramente non ancora arrivato signor Prefetto. -Spero tu abbia mandato qualcuno dal tuo compagno prima di venire qui! La risposta fu una torcia sulla sua tenda che entrambi stettero a guardare allibiti mentre le fiamme attaccavano il panno grigio e davano inizio al concerto. Gerbert, dopo un attimo di smarrimento, si volt verso lesercito e mise la mano sul corno di segnalazione, ma la ritrasse subito: con quel gesto aveva appena salvato la vita del suo comandante. Iniziare a quellora significava solo una cosa, un attacco a sorpresa: i Lanzichenecchi non erano soliti rispettare le regole ufficiali di combattimento tra eserciti che prevedevano scontri aperti solo durante il giorno. Il passaparola raggiunse tutti gli uomini in una frazione del tempo impiegato dai francesi per svegliarsi e riorganizzarsi. Quando ancora stavano annaspando nel buio cercando le loro armature e i loro moschetti, Gerbert stava gia cominciando a scendere il crinale della collina, seguito dai Lanzichenecchi: una moltitudine cenciosa scivolava come unombra lungo il crinale, una nebbia rossa punteggiata dacciaio che presto avrebbe sepolto i francesi.

Il Prefetto pensava di essere gi morto quando, vicino alla pira che poco prima era il suo guardaroba, sent il terreno tremare sotto il peso dei cavalli al galoppo; erano gia arrivati, ma si allontanavano? Come era possibile? Il comandante rimise il coltello nel fodero e si appoggi al cancello aperto: rimase a guardare compiaciuto i cavalli dei francesi scappare nella notte. Il Prefetto trov in fondo al cuore un lampo di coraggio quando vide ancora integro il baule che conteneva la sua armatura da parata e la spada della sua famiglia: suo padre che gli spiegava le origini della famiglia, i suoi primi tiri di scherma nella tenuta in Loira, laccademia militare, la promozione, il re che gli affidava la Prefettura. Si bard di tutto punto: se doveva morire, doveva farlo con lonore che ci si aspetterebbe da un membro del suo casato. Fu accontentato poco dopo.

Campanello -Mettiti questo attorno al collo! -A cosa serve? -Ma allora non sai proprio niente! Quando carichiamo, i fucilieri cominciano a tirare, ma per prendere bene la mira devono concentrarsi: con questo farai un rumore fastidioso e li distrarrai. -Voi non lo mettete? -Noi urleremo come dei forsennati, tu sei troppo spaventato, non vedi? Riesci a malapena a parlare! Capisci perch ci devi stare vicino? -Grazie mille! Grazie veramente! Il ragazzo si leg il campanello attorno al collo, e non fece caso alle macchie scure che puntinavano il metallo del macabro giocattolo dei Lupi. Il comandante filava veloce verso i suoi uomini, adesso era abbastanza esaltato per trovare le parole giuste da dire. Gerbert lo vide arrivare notando con meraviglia due particolari: era ancora vivo, e sorrideva. -Come al solito mi avete fatto prendere un bello spavento, comandante. Gli abbracci a dopo Gerbert, adesso andiamo ad uccidere qualcuno. Si vedeva che si stava divertendo. Si gir, gett uno sguardo al ragazzo nella prima fila, smise di sorridere e ripart al galoppo. Pochi minuti dopo la terra della pianura divenne acqua di mare, unondata schiumosa di uomini che si frangeva contro lo scoglio francese, travolgendolo e sgretolandolo pian piano. Il comandante era rosso di furia e di sangue, e si era gi ampiamente guadagnato la sua paga giornaliera, quando not ancora quel ragazzo, in palese difficolt: si diresse verso di lui facendosi largo tra la mischia, corpo dopo corpo, una

sciabolata dietro laltra. Quando si svegli era sera inoltrata, e le stelle gi si scorgevano nel cielo, un ipnotico luccichio che gli cattur lo sguardo, soprattutto da quella posizione sdraiata. Scost i rovi che lo avvolgevano, e si gir di scatto al rumore di un campanello, e vide che era legato ad un ramo che la brezza notturna scuoteva dolcemente; oltre a quello, il silenzio. -Adesso ho capito che mi prendevano in giro. Il ragazzo stava addentando un tozzo di pane secco, cominci a masticare, ne tolse un altro pezzo dalla sacca e glielo porse. Il comandante rifiut con un gesto, aveva la nausea, ed era interessato principalmente al dolore fortissimo che aveva alla nuca; si port una mano alla testa: sangue. -Ecco il vostro elmo, credo sia da buttare. Sulla parte posteriore era ben visibile il segno del colpo ricevuto. -Abbiamo vinto? -Non saprei dirlo... -Vorresti farmi credere che non ti sei reso conto se abbiamo vinto o perso? Si guard intorno, e si rese conto di essere in un fosso asciutto coperti dai rovi, ad una certa distanza dalla piana dello scontro. -Dov lesercito? -Ripartito. -E di grazia, perch non hai avvertito qualcuno quando se ne sono andati? -Vedete, io avrei voluto, ma tutta quella gente, e quel sangue, e poi avrei dovuto lasciarvi qui per andare -Grazie Campanello. Mi chiamo Michele. -Michele Campanello. -NO! Solo Michele! Il comandante si alz di scatto: -In nome di Dio! Dobbiamo raggiungere lesercito, penseranno

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che sono morto. Gerbert mi avr gi fatto il funerale. Suppongo che tu non abbia preso dei cavalli? Giusto? Allora per questa notte dormiremo in citt. Si tolse larmatura e le insegne da Lanzichenecco, ma tenne la spada; Campanello lo guardava e cominci a seguirlo: gli sembrava incredibile aver salvato la vita al comandante Corrado.

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La citt. Corrado camminava in silenzio davanti a Campanello, che lo seguiva sgranando gli occhi e fermandosi ogni tre passi: non cera strada, negozio o persona che in qualche modo non fosse pi grande o pi lussuosa di quelle del piccolo paese da cui proveniva. - E adesso cosa facciamo? - Cerchiamo una locanda per la notte. - Siete gi stato in questa citt? - Mai prima dora. E mai pi ci sarebbe tornato. - Non pensa che dovremmo chiedere a qualcuno la direzione, e da un bel po che stiamo camminando. - Dobbiamo prima trovare a chi chiedere. - Una persona non vale laltra? - No. Ci serve un esperto di locande. Campanello si rimise a camminare con gli occhi socchiusi, sforzandosi di immaginare che faccia dovesse avere un esperto di tal genere. Pochi metri pi avanti videro un capannello di persone, che con sguardi meravigliati seguivano i movimenti agili ed eleganti di un saltimbanco, che non senza una certa perizia faceva giochi di colori con dei fazzoletti, mossi abilmente per distogliere lattenzione dalle croste di lercio che li ricoprivano. Corrado non ci mise molto a distinguere tra la piccola folla quellometto secco e curvo che li alleggeriva di qualche moneta, oramai in totale estasi per la grazia ricevuta di tutta quella gente farlocca; probabilmente avrebbe regalato una moneta a quel saltimbanco benedetto. Non fece a tempo, perch Corrado lo prese per un braccio e lo trascin in disparte, ma mentre lo strattonava gli stamp un sorriso a pieni denti dritto in faccia, in modo che non avesse il

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tempo di capire e di mettersi a scappare. - Siete proprio luomo che cercavo. - Io signore? Lometto pos gli occhi sulla spada del comandante e decise che per il momento era meglio ascoltare. - Mi sembrate un tipo sveglio, buon conoscitore di queste zone, e vedete si d il caso che io ed il mio compagno siamo in cerca di un loco ove ristorarci e passare la notte. Campanello rimase molto perplesso nel sentire Corrado parlare a quel modo: gli vennero in mente i bifolchi arricchiti che spesso aveva visto con suo padre alle fiere del paese, di solito contadini che avevano fatto fortuna e che cercavano di imitare malamente i vezzi dei nobili. Ma di sicuro aveva qualcosa in mente. Nel frattempo lometto gi si fregava le mani, e annuiva servilmente a Corrado che non smetteva un attimo di parlare: ai suoi occhi questo strano tizio era una botte di vino bucata sotto cui mettersi e aprire la bocca. Pochi minuti dopo erano tutti e tre sulla strada maestra, con lometto che si atteggiava a Cicerone, camminando quattro passi avanti agli altri ed enunciando fantastiche conoscenze architettoniche, palesemente inventate al momento, su questo o quel palazzo. Basti dire che lopera di maggior rilievo fu la scritta che qualche buontempone aveva fatto con un pezzo di carbone sul muro vicino ad una bottega: I borsaioli amano i viandanti. Campanello camminava mesto, e continuava a non capire. Corrado si ferm e si fece serio: - Chi quelluomo? - Quale mio Signore? Il suo tono stava passando dal servile allo scocciato, avevano gi superato tre taverne e nessuna andava bene per questo strano tizio. - Quello accasciato l in fondo.

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Corrado indic un mendicante che stava sdraiato nella polvere, e che sembrava scrivere nella terra secca. - Quello il Reverendo! Ma non curatevi di quello straccione, ha fatto la fine che meritava. - Cosa intendete dire? - Dicono che una volta fosse un professore, o un poeta, insomma uno di quei tizi che passa la vita col naso tra i libri; un giorno decise che il mondo era troppo corrotto e si mise a predicare per le strade. Peccato che decise di farlo davanti alla residenza di un marchese, proprio durante uno dei tanti balli che tanto piacciono ai nobiluomini: si d il caso che questo marchese fosse amico del Vescovo, che naturalmente si oper con cristiana metodicit per fermare quelleretico; dopo qualche giorno le mani del Signore lo bastonarono fino a storpiarlo e gli strapparono la lingua. Sempre sia lodato. Adesso mendica per strada e nessuno si ricorda pi del suo nome. Ma il comandante non lo stava gi pi ascoltando, e si mise a camminare verso lo storpio. Cera una cosa in quelluomo che lo differenziava da tutti gli altri straccioni: sorrideva, e sembrava molto compiaciuto di quello che stava scrivendo. Non appena vide Corrado avvicinarsi, pass il braccio, quello che ancora riusciva a muovere, nella terra, e cancell tutto. -Non dovete avere paura di me. Lindice si mosse veloce nella polvere: -Non ne ho. -Cosa state scrivendo? -Io canto lodio del mondo. -Da quel che mi hanno raccontato, avete gi pagato duramente questa vostra volont di fare sermoni. Non avete paura che altri possano trovare sconveniente questo vostro risentimento? -La loro stessa superbia la mia salvezza.

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-Prego? -Quando passano per le strade, pieni della gloria degli uomini, non si degnano di abbassare lo sguardo verso la nuda terra, poich la ritengono indegna della loro grandezza. Fece una pausa e si sgranch il dito, poi cancell quello che aveva gi scritto, ma non prima di essersi assicurato che Corrado avesse letto tutto. -Ecco, io ora vergo nella polvere la disperazione degli uomini comuni, e non temo lira degli stolti potenti, perch mai si abbasserebbero a scendere da cavallo per leggere le mie parole. Pausa. Cancellatura. - Lumilt la mia salvezza. Ed ora ti prego lasciami alla mia preghiera. Corrado non disse niente, tolse una moneta doro dalla tasca e gliela porse; lo storpio la fece sparire velocemente sotto i suoi cenci. Il suo volto ritorn disteso e sorridente come prima e ridiede inizio alla sua opera. Laltro si alz, rimase in piedi e cominci leggere quello che il Reverendo era intento a scrivere nella sabbia, e cio unaccozzaglia di lettere senza capo ne coda. Assieme alla lingua, gli uomini del Vescovo gli avevano portato via il senno. Corrado sorrise a sua volta, e ritorn dallometto che stava cercando di convincere Campanello a dargli qualche moneta doro, con grande tormento del povero ragazzo. -Allora, vi ha soddisfatto parlare con quel muto mio Signore? -Infinitamente. Infinitamente. Le sue parole mi hanno portato un passo avanti verso lilluminazione. Lometto lo guard storto, ma poi sorrise a sua volta: pi sono pazzi, pi facile fregarli.

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La locanda. -Io in questo posto non ci entro. Campanello non riusciva a togliersi dalla testa la scena disgustosa a cui aveva appena assistito: un omone enorme era uscito dalla porta della taverna tenendo sollevati da terra due ubriachi e li aveva gettati sulla strada; uno aveva picchiato la faccia su un sasso, e sputava una schiuma rossastra dalla bocca, laltro vomitava quella che si sarebbe detta la cena di un intero plotone. Entrambi ridevano. - Questa va bene. Corrado sorrideva compiaciuto. - E io ti dico che in questo posto non voglio entrare, n tantomeno passarci la notte! - Credo che dobbiate ascoltare il vostro giovane amico, mio Signore, non certo questo un luogo degno di voi! In realt lometto era preoccupato dal fatto che un frolloccone come quello, in tale tana di tagliagole, avrebbe perso ogni denaro nellarco di pochi minuti e per lui non sarebbe rimasto nulla: contro i coltellacci lastuzia serve a ben poco. Ma Corrado stava gi entrando, e Campanello lo seguiva, attaccato con una mano alla sua spada. Dentro era anche peggio: lodore di sego delle candele purtroppo copriva solo in parte il tanfo degli avventori, sicuramente in eccesso rispetto alla capienza di quel buco, ma perlomeno nessuno alz lo sguardo quando entrarono, e gi questo a Campanello fece molto piacere. Il suo comandante stava parlando con lomone visto prima, che annuiva senza dire una parola; rimpianse presto questo silenzio, quando sent il terribile fetore provenire dalla bocca di quel bestione: - Allora vorresti una camera per te e il ragazzino? Ti dico subito che qui le usanze greche non sono ben viste, ma due

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monete doro coprono entrambi gli occhi. Fortunatamente Campanello non cap. - Messer Ciccione, siete in errore, costui s mio buon amico, tuttavia siamo entrambi dediti alle arti cavalcatorie di diritta natura, anzi a tal proposito vi domando se offriate anche mercanzia di scopereccia specie, siamo stanchi del viaggio ma non a tal punto da disdegnare buona compagnia. Campanello questa volta ci arriv. Il locandiere rimase un po offeso per lepiteto che gli era stato rivolto, ma fece finta di nulla, sembravano clienti buoni, forse i primi da anni. Fece un fischio, e Campanello quasi svenne: da una porticina dietro lomone uscirono due baldracche dallaspetto terribile, una era una tremebonda cicciona di et indefinibile, laltra una donna assai matura e dalla dubbia salute, a giudicare dal tremolio della testa e dal colorito cinereo. -Non lasciatevi ingannare dallaspetto di queste due madame, riservano pi sorprese di quante possiate immaginare! Ecco a voi Elka, la scrofa di Francoforte, grassa e putrida come la terra dei cimiteri: e come quest ultima se ne parla sempre male, ma prima o poi tutti ci finiscono sotto! La risata che segu fu corale e coinvolse gli avventori del locale, evidentemente oramai abituati a sentire quella frase, ripetuta ogni volta alla presentazione della scrofa. - E questa delizia Teresina, la sposa di tutti: cucinarammenda-fotte-ingoia tutto in una sola volta! Si dice che anche il Re una volta se la sia fatta, e lui non mai venuto a smentire! Altra risata. Campanello fissava le due disgraziate, che a sua volta lo guardavano mostrando la dentatura alterna, testimonianza di scorbuto e percosse. - Quale vuoi? - Vi prego andiamocene comandante!

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Corrado stava gi salendo le scale, la cicciona da una parte e la sifilitica dallaltra. Campanello rimase un attimo perplesso, non era certo attratto dallidea di entrare in una stanza con quelle due, e a dirla tutta, durante quella giornata, buona parte dellammirazione verso Corrado si era trasformata in una pungente sensazione di disagio, simile a quella che si prova quando si entra in una stanza piena di sconosciuti, o in un lazzaretto. I denti giallastri del tizio a fianco a lui fugarono ogni dubbio: probabilmente i letti erano separati, e se aveva superato indenne una battaglia avrebbe passato anche questo; si fece forza e si mosse, tremando, ma si mosse. Non fece molta strada, lometto lo tratteneva per la giacca e lo guardava con aria truce: -Non crederai davvero di andartene cos? Ho camminato tutto il giorno, e credo proprio di meritare un compenso per tanta fatica. Li conosco quelli come voi, sempre pronti ad approfittare della brava gente! Campanello rimase sorpreso, ma non della richiesta, ma dalla reazione istintiva che stava provando in quel momento: gli veniva da ridere. In confronto ai musi che riempivano quella locanda lometto aveva lespressione di un bimbo crucciato per il suo giocattolo rotto; il ragazzo fu mosso da un impeto dorgoglio, capiva che questo tizio era perfettamente alla sua portata. Tolse dalla cinta un piccolo pugnale, prese lometto per il bavero e gli appoggi le labbra allorecchio, sussurrando la sua minaccia con un filo di voce: -Io sono un tipo ragionevole, ma il mio comandante ha un pessimo carattere, e come avrai notato non ha tutti i venerd registrati, ti consiglio di filare. A meno che tu non voglia attaccar briga con un lanzichenecco. Lometto ringhi, si gir e usc maledicendo lui, tutta la sua razza bastarda, la cagna che lo aveva messo al mondo e altre

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cose che Campanello non riusc a sentire, coperte dal rumore di fondo. Corse pimpante su per le scale, e quasi si ammazz scivolando con ancora il coltellino in mano, apr la porta di scatto e Corrado sgran gli occhi: quel pulcino aveva un sorriso che gli andava da un orecchio allaltro, un temperamatite in mano e un taglietto sul braccio. Rimase un attimo in silenzio, abbastanza da sincerarsi se le dal piano di sotto venisse rumore di guai, ma la caciara era costante e uguale a prima. -E di grazia, la mia guardia personale cosa avrebbe combinato? -Niente comandante, niente. -Che fine ha fatto lometto? Prendi questa moneta e portagliela, se la merita, dopotutto labbiamo fatto camminare per tutto il giorno! Campanello si fece di colpo pensieroso. -Credo che se ne sia andato, Signore, non ha voluto niente... -E naturalmente il coltello che hai in mano non ha niente a che fare con il suo compassionevole disinteresse vero? Campanello stava con gli occhi bassi, alz lo sguardo e vide Corrado sdraiato nel letto con le due donne: lo guardava scuotendo la testa, mentre cercava di trattenere un sorriso compiaciuto, ottenendo come risultato una buffa smorfia. -Mi ha minacciato! -Sei proprio un lanzichenecco.

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Rita. I letti non erano separati, e quello presente era gi troppo affollato, decise quindi di fare una passeggiata, almeno fino a quando la festa non fosse finita, e si mise a camminare per il corridoio; not una seconda scala, pi piccola di quella principale. Era finemente decorata, perlomeno da quanto si riusciva a scorgere in quella penombra, e tutta latmosfera era molto pi rilassata: i rumori dal piano terra arrivavano ovattati attraverso le assi di legno, e lodore del sego della candele era quasi del tutto assente, sostituito da quello pi familiare di una vecchia soffitta. Ci si avventur incuriosito, ma anche con il timore di trovarci qualche altro avventore, o peggio ancora qualche altra madama di piacere. Invece si ritrov su una specie di terrazzina ricavata nel tetto, come a volte si usa nelle case di questa parte dellItalia. In un angolo, illuminata da una candela, una ragazza seduta su una seggiola prese una patata da un secchio e cominci a pelarla, fingendo di non vederlo. Doveva essere la sua occupazione principale, considerato che dappertutto cerano bucce di patata che mostravano un diverso livello di irrancidimento: da appena sbucciata a totalmente raggrinzita. Lui si avvicin per guardarla meglio, e quel che vide gli piacque molto: dei riccioli castani le scendevano fino alle spalle, bei boccoli naturali che avrebbero fatto morire dinvidia tutte quelle donne che cercano con ogni tortura di dare ai propri capelli quella forma. Un corpicino esile si muoveva dentro un vestito troppo grande e rattoppato troppe volte, come ben poteva osservare Campanello da attraverso la scollatura. Gli occhi neri e lucidi lo guardavano con aria disinteressata,

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mentre lui non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, e sorrideva come un idiota. Si avvicin un altro po, era veramente molto carina, Campanello pens che doveva avere circa sedici anni, e not anche unaltra cosa: puzzava da morire, un fetore veramente insopportabile, che gli fece venire in mente un episodio accadutogli anni prima quando, camminando per un bosco con suo padre, avevano trovato la carcassa di un cinghiale coperta di muschio. Non si crucci pi di tanto, in fondo, se era riuscito a scacciare con un coltello un furfante che lo minacciava, avrebbe sopportato anche questo. La guard, sorrise, e le mise in grembo, tra le bucce di patata, la moneta che Corrado gli aveva gettato poco prima: il ragazzo imparava alla svelta. Lei appoggi il coltello nel secchio delle patate, prese la moneta e la rimir per qualche istante; si alz in piedi, si ripul, e gli diede un calcio negli stinchi, dimostrando una forza e un agilit non comune: sedici anni di taverna trasformano anche uno scoiattolo in una volpe. Campanello si mise a saltellare su un piede, massaggiandosi la gamba colpita, totalmente allibito dalla velocit con cui la ragazza era scappata; guard la sedia su cui era seduta, cercando di confrontare lespressione mite e triste che aveva fino a pochi attimi prima con il ghigno luciferino che era riuscito a scorgere per un istante. Il suo orgoglio prese il sopravvento, e cominci a correre nella stessa direzione della sua moneta, che sentiva sempre pi lontana dalla sua borsa; pass oltre la porta della stanza di Corrado, da cui uscivano gemiti inequivocabili: sicuramente aveva ancora un po di tempo da spendere nellinseguimento. Fu molto felice di sentire un rumore di passi veloci venire dalla direzione opposta a quella del piano terra: se fosse stato il contrario probabilmente avrebbe rinunciato nel suo intento.

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Si ritrov in quella che doveva essere la cucina, a giudicare dallodore di cavolo e dalla massa di pentole accatastate in un angolo: non cerano altre porte e lunica finestra era chiusa. Su un tavolaccio lercio vari tipi di verdure aspettavano con aria rassegnata la loro fine, allietate dallo squittire dei topi e dal borbottio di una pignatta, sospesa su un gancio dentro il caminetto. Campanello tratteneva il fiato, analizzando con cura ogni angolo in cui si potesse nascondere la ragazza: la stanza era molto buia, illuminata solo dal fuoco, e le pareti annerite dalla cenere rendevano latmosfera ancora pi lugubre. Si avvicin ad una grossa cesta, la apr lentamente: carbone. Lodore della zuppa gli ricord che non aveva ancora cenato, ma era troppo intento nella sua caccia per distrarsi, o perlomeno questo era quello che pens fino a quando non vide su una credenza un piatto con alcune patate bollite e una salsiccia, probabilmente fredda e gustosa. Si avvicin furtivo, e la sua coscienza cominci ad elaborare vari sotterfugi per giustificare il furto, per poi culminare nel geniale pensiero che, in fondo, la moneta presagli valeva bene quel piatto, e magari anche un tozzo di pane. Evidentemente il destino aveva voluto dargli questa compensazione, un piccolo tassello nell ordine delle cose, un piccolo morso a quella salsiccietta gustosa... Fece appena in tempo ad allungare la mano verso il piatto, prima di ritrovarsi per terra a pancia sotto, schiacciato sotto il peso di un animale nero come la pece che ringhiava e lo graffiava: se la lev di dosso e la blocc per i polsi, notando con curiosit che era molto carina anche se coperta di carbone. Lomone lo sollev di peso e lo guard dritto negli occhi: -Cosa stai facendo a Rita? -Ha rubato una moneta! -E vero Rita? La ragazza scosse la testa e si mise a singhiozzare, in un modo

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che a Campanello sembr un po troppo forzato. -Io ho come limpressione che il ladro sia tu! Luomo stava guardando la mano del ragazzo, e Campanello si rese conto che stringeva ancora la salsiccia; balbett qualcosa ma non riusc a finire, il sonoro ceffone che si prese gli fece perdere i sensi. Corrado si infil i pantaloni, si stiracchi e guardava Campanello con un espressione assonnata e distante, mentre le due prostitute sgattaiolavano fuori dal letto, ancora completamente nude, ma nessuno ci fece caso, tranne laccusato. Corrado si fece serio, ma in un modo molto diverso da quello che aveva visto Campanello durante la battaglia, era pi un espressione da maestro di scuola. -Dunque ricapitolando: prima sei entrato nella stanza di questa signorina... -Era una terrazza, non una stanza! -Poi lhai inseguita fino alle cucine, hai mangiato la sua cena, e poi hai cercato di violentarla. Ho dimenticato qualcosa? -Non ho mangiato la sua cena, guarda! Mostr la salsiccia che si ostinava a stringere, ormai completamente spappolata. -Credevo di allevare un pulcino, invece era un cucciolo di lupo! Corrado prov una sensazione sgradevole nel sentire la sua stessa voce pronunciare quella battuta. -Signore, sper si render conto della gravit della situazione! Dovrei chiamare le guardie e far sbattere questo criminale in galera! Lindignazione era palesemente falsa, anche solo considerando la feccia che al piano di sotto continuava a ragliare: piuttosto che far entrare le guardie nella sua taverna, avrebbe preferito regalare lincasso della serata agli orfani, e probabilmente questo era un punto che avrebbe trovato anche Corrado

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daccordo. -Sono sicuro che potremo trovare una soluzione che eviti ogni scandalo. Il comandante aveva gi capito, e si prepar ad allargare i cordoni della borsa. Rita intanto se ne stava seduta per terra con le gambe incrociate, sembrava molto divertita, malgrado lo spettacolo fosse solo una delle tante repliche degli ultimi anni. Campanello pass la notte a girarsi nel letto, divorato da pensieri terribili sulla follia della societ moderna, sulla ipocrisia della razza umana e sulla cattiveria intrinseca del genere femminile; giunse alla conclusione che in fondo violentandola non avrebbe commesso peccato in quanto aveva gi pagato per un crimine non commesso, e quindi era in credito con la societ di uno stupro. Si masturb, giungendo allilluminata verit che questa pratica, se esercitata con regolarit da regnanti e generali, avrebbe di molto limitato il numero delle guerre nel mondo.

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Sempre a sinistra. Campanello si svegli molto riposato, e con una piacevole sensazione di pace nel cuore, che dur il tempo di vedere Corrado gi vestito e con uno sguardo eloquente: ripartivano. Pian piano il piacevole torpore notturno lasci il campo ai ricordi della giornata precedente: eppure non riusciva ad infervorarsi come avrebbe voluto, tanto che cerc di sforzarsi di far riemergere la rabbia, concentrandosi sul pensiero di quella maledetta ragazza: riusc solo a provocare una pallida bestemmia, che non gli diede alcuna soddisfazione. -Campanello, oggi affitteremo un paio di cavalli e ci recheremo verso Piacenza: fino a ieri il piano infatti era di proseguire fin l, dove lasceremo passare l'inverno, sempre che il Bande Nere non si intrometta. -E chi sarebbe costui? -Un caro amico che ci aiuter a non annoiarci. Campanello si ricord della teoria sulla masturbazione: anche questa gli sembr molto meno brillante dopo una notte di sonno. Mentre uscivano dalla stanza vide una calza da donna ai piedi del letto di Corrado: era tutta consumata e sformata, e Campanello inorrid al pensiero del contenuto, e si chiese se fossero state tutte le battaglie ed i morti visti ad aver foderato di piombo lo stomaco del suo comandante. Arrivati al piano di sotto entrambi i compagni rimasero allibiti nel constatare che non era cambiato nulla rispetto alla scena vista la sera precedente: era mattino presto eppure gi un gran numero di avventori si avvelenavano di fumo e vinaccio, giocavano a carte e urlavano allegramente; solo lodore di cera era diminuito, il sole entrava dalla porta principale, che lomone aveva spalancato per mescere lodore fetido della sala con quello leggermente pi respirabile della strada. La vide: stava pulendo un tavolo ed era girata, quindi non si era

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accorta della loro presenza; a Campanello sembr di vedere un leggero gonfiore nella tasca della sua gonna, e la fantasia gli faceva quasi sentire il tintinnio delle monete che Corrado aveva dovuto sborsare. Ovviamente il denaro laveva lomone nel suo borsello, ma il ragazzo era contento perch finalmente era riuscito ad arrabbiarsi di nuovo, non come il giorno precedente, ma comunque in modo accettabile. Questo era proprio il momento adatto per cantargliene quattro: non avrebbe fatto scenate, ma molto signorilmente le avrebbe fatto capire quanto fosse stato squallido il suo comportamento, ma che daltronde non ci si sarebbe potuto aspettare altro da una sguattera di locanda; che si tenesse quel gruzzolo, lui aveva il suo onore, che valeva molto di pi. Fece un passo, e laltro lo prese per il colletto: -Le tue smanie verso quella ragazza mi sono costate gi due scudi: ti piace davvero cos tanto? Se ti fossi accontentato di una delle mie amiche avremmo speso un quarto e ti saresti divertito uguale! Sorrideva, gli piaceva punzecchiarlo. Rita si volt giusto in tempo per vedere Campanello tirare col collo, ma fece finta di nulla: pass per i tavoli verso la cucina, ma si premur di passare il pi vicino possibile al ragazzo, come fanno a volte i gatti quando vedono un cane legato alla catena. Loste si mosse con passo veloce verso di loro, non sarebbe stata la prima volta che qualcuno avesse cercato di sgattaiolare via senza pagare il conto. A Corrado non piacque lo sguardo dellomone, aveva capito cosa gli passava per la testa, e gli dava fastidio che potesse anche solo pensare una cosa del genere: non si poneva problemi a spiccare teste ma su certe questioni era particolarmente suscettibile; si ferm ritto in piedi davanti al bancone, a sottolineare la sua precisa intenzione di pagare.

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Mise mano al borsello, quando un movimento colto con la coda dellocchio attir la sua attenzione e lo fece voltare: sulla porta cera lometto secco del giorno prima che li guardava con gli occhi sbarrati e la bocca aperta; rimase cos per un secondo, poi si mise ad urlare. -Eccoli! Sono loro! Corrado sbianc quando vide apparire alle spalle dello spione alcune guardie con le insegne francesi. Prese Campanello per un braccio e scatt verso le scale prima che il ragazzo potesse rendersi conto di quello che stava succedendo. -La terrazza! Dov? Andiamo! -Quella di ieri sera? E di qui, ma perch? Cosa sta succedendo? Pochi attimi dopo erano allesterno: Campanello vide le bucce di patata sul pavimento, che continuavano inesorabili e metodiche nella loro opera di ricopertura; era terrorizzato, quel maledetto oste non aveva mantenuto la parola e lo aveva denunciato! Si chiedeva quanti anni di galera avrebbe dovuto scontare per tutti i reati che sicuramente quei due furboni si erano inventati. Corrado lo trascin sul tetto e cominciarono a correre verso il bordo esteriore: non pens nemmeno di mettersi a discutere col ragazzo per convincerlo a saltare, lo prese per la schiena e lo stava gi quasi buttando dallaltra parte, quando una voce sottile lo fece girare. -Da questa parte! Da un abbaino spuntava Rita che faceva loro segno di seguirla. Correvano come forsennati, ma Campanello riusc in pochi istanti a cogliere qualche frammento di immagine: distingueva a fatica le forme dei mobili, ma quando si abitu al passaggio dalla luce alla penombra cap che si trovavano nella stanza della ragazza. In un angolo cera un letto che sembrava abbastanza pulito, le

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pareti erano ricoperti di disegni infantili ormai scoloriti, e su una credenza un gran numero di bambole di varie dimensioni stavano sedute tutte in fila, ben ordinate e rattoppate, quasi non si sarebbe detto che venivano tutte dalla spazzatura. Lodore per era quello inconfondibile che lo aveva colpito la sera precedente; non not un particolare che invece colp Corrado, le corde che penzolavano dalla porta, di cui era facile intuire la funzione di chiavistello di fortuna, una volta legate a dei chiodi piantati nel muro: loste molto probabilmente non era il padre naturale della ragazza. Rita fremeva e li condusse gi per delle scale ripide e buie; non erano quelle principali, si trovavano in una zona della casa disabitata e separata dalla locanda, dove le imposte erano chiuse e filtrava solo qualche fessura di luce. Ad un tratto Corrado si ferm e si mise ad ascoltare, dal tetto sent arrivare il rumore di qualche tegola che scoppiava sotto il peso delle decorate armature, ma la cosa non lo stup particolarmente: sul campo di battaglia aveva capito che i francesi saranno anche potuti essere dei boriosi, ma sicuramente non erano stupidi. Ricominciarono a correre, e Campanello sent che il capitano stringeva il suo polso pi di prima; era capace di cavalcare incontro ad una schiera di fucilieri a braccia aperte, ma tremava se inseguito: non tutti i giorni erano uguali per morire, e in alcuni momenti la morte lo attirava maggiormente. Probabilmente tutta la situazione non era dotata della sufficiente teatralit per spingere il suo animo romantico verso il coraggio di azioni ardite, o semplicemente quel giorno non era abbastanza depresso. I passi dietro di loro si facevano sempre pi vicini, ma dun tratto sbucarono nel corridoio poco prima della cucina: Rita non smetteva di correre. Spost la cesta del carbone e sotto di questa videro una botola di legno: effettivamente era ben visibile anche con la cesta

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sopra, tuttavia loscurit della stanza e il carbone caduto a terra ne dissimulavano la presenza. Il fetore che saliva dalle fogne era nauseabondo, e Campanello inorrid nel togliere il piede dallultimo gradino della scala e poggiarlo nel liquame maleodorante: -Ma non possiamo passare da questo posto! Corrado si volt verso di lui e gli piant lo sguardo dritto in faccia: -Idiota! Ti sembra puzza questa? Hai schifo di una fogna? E allora spiegami come farai sul campo di una vera battaglia, non una scaramuccia come quella che hai visto, ma un bel assedio di qualche settimana. Come farai quando dovrai camminare sui cadaveri dei tuoi compagni, belli caldi per la putrefazione, morbidi sotto i tuoi piedi che buttano liquame da tutti i buchi? Eh ragazzino? Campanello non fu terrorizzato dalla descrizione di Corrado, ma dallespressione terrorizzata che gli vide in volto, non era pi il suo capitano, ormai non lo guidava pi, lo tirava e basta. Il fragore dei piatti rovesciati per terra mise le ali ai tre fuggitivi, la cui corsa era per rallentata dalla fatica di correre con lacqua alle ginocchia. Arrivarono ad un bivio che Rita conosceva molto bene: aveva usato spesso le strade sotto per muoversi attraverso la citt, soprattutto quando aveva le tasche piene di oggetti luccicanti: -Seguite sempre la sinistra! Ci vorr un bel po ma arriverete fuori dalle mura, e non andate mai dove lacqua alta! -Tu non vieni con noi? Campanello si stava quasi mettendo a piangere, gli altri due si guardarono, pensando entrambi quanto fosse infantile quel dispiacere in una situazione come quella. -No! Io devo tornare alla locanda! Si gir e si mise a correre verso laltra direzione, stringendo tra le mani la moneta che aveva preso al ragazzo la sera prima, e che non avrebbe mai pi speso.

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Il ratto. -Ordinatemi di scendere e io la far! La recluta se ne stava dritta e impettita davanti al suo sergente, ad un passo dal buco maleodorante in cui quei mercenari si erano infilati. Il superiore lo guard sornione, avevano corso un bel po e il fiato corto raddoppiava leffetto di quel fetore: -Sono sicuro che ti sacrificheresti per il tuo re ed il Papa, ma per oggi abbiamo fatto abbastanza. Prima di tutto non sono neppure sicuro che quei due siano davvero Lanzichenecchi, considerata lattendibilit della nostra fonte Gett uno sguardo verso lometto che giungeva solo adesso, ansimante e piegato in due con le mani sulle ginocchia, troppo stremato per cogliere linsinuazione. -Seconda cosa, il nostro compito quello di tenere ordine nella citt: ficcando quei tizi in questo buco direi che abbiamo dato ordine naturale alle cose. Se ne andarono con gran sollievo della recluta e dello stesso sergente che, guardandosi le ghette immacolate, inorrid al pensiero della reazione di sua moglie, se fosse tornato a casa dopo aver camminato l sotto. Lometto rimase allibito dal fallimento del suo piano di vendetta e cerc di rivolgere una qualche lamentela verso la guardia, ma riusc solo ad emettere un rantolo sibilante e qualche vocale. Se avessero assistito a questa scenetta probabilmente i due fuggitivi non avrebbero corso per delle ore, allucinati dalla paura e convinti di aver sentito pi volte lansimare dei soldati e lo sciabordio dei loro passi, terrorizzati in realt dalla loro stessa eco. Sfinito, Corrado si sedette su di un gradino, tutto lesercito papale non sarebbe riuscito a fargli fare un altro passo, sentiva il sapore metallico del sangue in bocca e respirare quei miasmi

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gli ottenebrava la mente; Campanello era anche pi stanco di lui, ma ladrenalina lo spingeva avanti e procedeva ormai totalmente privato della ragione. -Fermo! Smise di camminare, ma non si volt. -Vieni qui e riposati un po. -I soldati... dobbiamo scappare! E si rimise a correre. Corrado si alz, lo raggiunse e lo sbatt a sedere per terra: fortunatamente da almeno mezzora la strada era asciutta. -Dove siamo? -Sottoterra. -Quanto manca? -Poco, vedrai. Scoppi a piangere. -E tutta colpa mia! Se non mi fossi fatto fregare da quella ragazza adesso avremmo preso i cavalli e saremmo in viaggio! -Cosa hai detto a quel tizio di ieri? Campanello lo guard perplesso: effettivamente non aveva ancora capito cosa ci facesse lometto con quelle guardie. -Lho minacciato col coltello. -E poi? -Gli ho detto che tu lo avresti ammazzato, e che non era il caso di mettersi contro il nostro esercito. Corrado era troppo stanco per arrabbiarsi, lo avrebbe storpiato di botte pi tardi. -Hai ragione, tutta colpa tua, stuprando quella ragazza hai commesso un gravissimo reato. -Ma io non lho toccata! -Quelle guardie la pensavano in modo diverso. Campanello pieg la testa con fare pensieroso. -Perch ti sei unito ai Lanzichenecchi? Campanello lo guard, riabbass gli occhi, e rimase un poco a pensare, cercava le parole giuste.

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- Lestate scorsa mio padre, mentre mieteva il grano, si azzoppato tagliandosi una coscia con la falce: io e mio fratello abbiamo dovuto lavorare come dei muli per riuscire a mettere qualcosa da parte per superare linverno. A primavera stava meglio, riusciva a camminare, ma piuttosto che passare tutto il resto della mia vita a faticare quel modo cos quando ho sentito che stavate passando vicino al nostro villaggio sono scappato e mi sono unito a voi. -Quindi hai abbandonato la tua famiglia proprio nel momento di maggiore bisogno. -Ormai se la potevano cavare da soli! -E magari gi che ceri hai preso qualche moneta dalla credenza, giusto per lasciarli ancora pi in miseria. -Solo il minimo per mangiare durante il viaggio! Corrado si zitt, laveva detto solo per scherzo, non pensava che lo avesse potuto fare davvero. -Adesso sei un mercenario fuggitivo, ancora qualche mese e sarai tu ad attaccare campanelli ai nuovi arrivati! Il ragazzo spalanc gli occhi, si frug nei pantaloni, e ne tir fuori un fazzoletto da cui spunt loggetto suo omonimo. -Lo hai tenuto! Perch? -Quei bastardi sicuramente presto moriranno, sono troppo cattivi perch Dio li lasci vivere, lo legher al collo del primo a cui capiter cos la gente vedendo il suo cadavere si metter a ridere. Teneva gli occhi bassi e sorrideva. Corrado glielo prese dalle mani e lo gett lontano con un gesto istintivo: una parte di lui sperava di lanciare lontano la paura che quel ragazzo gli stava facendo; il tintinnio risuon lugubre in quel silenzio, ed entrambi smisero di respirare e rimasero con le orecchie tese, temendo che quel rumore potesse attirare lattenzione dei loro inseguitori. Lentamente la tensione si dissolse, questultima emozione aveva stremato Corrado che si sdrai per terra cercando di

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cogliere nella foschia i particolari del soffitto; avevano corso per parecchio tempo ma solo adesso si rendeva conto della bellezza dellopera di ingegneria in cui erano finiti: una serie infinita di gallerie in cui dei mattoni, disposti secondo uno schema ben preciso, formavano una volta a botte, intervallata regolarmente da delle fessure di scarico da cui provenivano i rumori della strada. La cosa incredibile era la bellezza di alcune colonne poste nei punti di maggior carico, sicuramente non avevano la maestosit di quelle presenti in una chiesa, tuttavia era incredibile come mantenessero uno stile piacevole alla vista, considerato che si trattava di una fogna che probabilmente mai nessuno avrebbe visitato tranne gli operai che l'avevano costruita e qualche disgraziato atto alla manutenzione: si vedeva che era opera di una persona che amava il suo lavoro. Il suo torpore si dissolse in un attimo quando un pensiero si fece strada nella sua testa: non aveva idea di dove fossero. Si ricord dellindicazione della ragazza di seguire sempre la sinistra, ma non era assolutamente sicuro di aver sempre adottato questo metodo; cerc invano di ricordare gli innumerevoli passaggi che avevano preso, ma lunica cosa che riusciva a tirar fuori dalla sua mente erano la sensazione di angoscia e tutto quel buio. -Tu ti ricordi se abbiamo sempre tenuto la sinistra? Lespressione allarmata del ragazzino valse pi di mille parole. -Eri tu che mi tiravi! Il tintinnio del campanello li fece voltare entrambi di scatto: un grosso ratto di fogna teneva in bocca il legaccio di cuoio, probabilmente reso gustoso dalle gocce di sangue dei precedenti proprietari e da chiss quale altro odore che quella bestia nauseabonda riusciva a sentire. L guard per un attimo, poi scapp, tenendo ben stretta la sua preda tra i denti. Campanello non voleva credere ai suoi occhi: Corrado aveva

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ricominciato a correre e stava inseguendo quel topo. -Adesso mi spieghi perch di colpo quel coso diventato tanto importante? -Zitto e corri! Non aveva il tempo per spiegargli che quel ratto probabilmente conosceva la via duscita e che inseguendolo sperava di spingerlo proprio verso quella direzione. Lanimale era avvantaggiato dal fatto che lui in quelloscurit ci era nato, tuttavia per quanto potesse essere veloce le sue zampe erano decisamente pi corte di quelle dei suoi inseguitori, senza contare che con quel coso in bocca lo avrebbero potuto sentire anche a decine di metri di distanza. Si ferm di colpo, come se anche lui non sapesse pi che direzione prendere: pos il campanello e rimase per qualche secondo ritto sulle zampe posteriori a fiutare laria; i due si fermarono a loro volta e mantennero una certa distanza, incerti sul da farsi. -Forse dovremmo spaventarlo, cos si rimetterebbe a correre. -Lascialo pensare per Dio, dagli tempo! Era curiosa laffezione che gi stavano cominciando a provare verso quella bestia. Con la stessa velocit con cui si era fermato ripart, e il ragazzo, mentre passavano, ebbe cura di raccogliere da terra quello che il topo aveva lasciato e se lo ficc in tasca. Cominciarono a scorgere una luce in lontananza che ben presto si rivel per quello che era: luscita. Rimasero entrambi zitti per un po, e fu finalmente Campanello a esprimere ad alta voce quello che entrambi stavano pensando: -Come faremo a tagliare queste sbarre? Luscita infatti era chiusa con una griglia di ferro: anche se un po arrugginita era ben salda nel muro. Il topo era facilmente passato tra le maglie metalliche ed adesso scorrazzava nei campi davanti a loro, ma questo non li rese particolarmente felici.

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-Dammi un po di tempo per pensare, in fondo lidea del topo era giusto, no? Risolver anche questo. Si sedette e cominci a massaggiarsi il mento con unespressione molto concentrata, anche se in realt non aveva la pi pallida idea di cosa avrebbero fatto. Campanello presto cominci ad annoiarsi, e si mise a gironzolare l attorno; non aveva paura di perdersi, forte del fatto che la luce del giorno indicava in modo inequivocabile la strada principale. A Corrado quasi venne un colpo quando se lo vide spuntare davanti, ma dallaltra parte della grata: -Ma come? -Torna indietro e svolta a destra: c unuscita come questa ma senza le sbarre. Sorrideva alquanto compiaciuto. Una volta assicuratosi che fossero ben lontani, il ratto rientr nella fogna desideroso di ritornare al suo nido: era arrivato fino a quel punto spinto unicamente dalla paura, cambiando direzione in base a quella da cui sentiva avvicinarsi i suoi inseguitori.

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Il cane. Corrado camminava tenendo gli occhi bassi, in parte perch il basso sole autunnale lo abbagliava, in parte per non vedere Campanello camminare davanti a lui con quel passo baldanzoso: gli vedeva solo la nuca, ma avrebbe scommesso tutto loro del mondo che stava sorridendo. La strada di campagna era deserta, e questo era un bene, non erano certo nella predisposizione mentale per incontrare qualche persona: qualsiasi domanda sul loro viaggio o sulla loro provenienza sarebbe stata decisamente sgradita. -Comincio ad avere fame. Corrado teneva le mani in tasca e tirava dritto. -Ho detto qualcosa che ti ha offeso? Sorrideva. -Potresti dire qualcosa! Fu gelato dallo sguardo dellaltro che continuava a non profferire parola. Dal fosso che costeggiava la strada schizz fuori un cagnaccio randagio che si piant davanti a loro: li guard, si mise a scodinzolare e cominci a seguirli, prima da lontano, poi si fece coraggio e li affianc. Campanello si mise a fantasticare su quanto dovesse essere bella la vita di un cane: libero da ogni impegno, poteva bighellonare dove voleva, acchiappare un coniglio se avesse avuto fame, accucciarsi e dormire se avesse avuto sonno; ancora un po perso in quei pensieri e si sarebbe messo a scodinzolare. Anche Corrado guard il cane, e vide la pelle tirata sulle costole, la lingua penzolante e lespressione disperata del mendicante: senza un padrone disposto a mantenerli e bastonarli a dovere, la maggior parte dei cani non potrebbe sopravvivere; ripens ai suoi soldati, e si chiese come se la stesse cavando Gerbert.

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Campanello si ferm: da quando erano usciti da quella fogna era talmente inebriato dallaria fresca e dalla bellezza del paesaggio che non si era nemmeno posto il problema della direzione da prendere: si rese conto in quel momento che aveva freddo, infatti il tiepido sole novembrino non era abbastanza forte per scalfare l'aria gelida delle montagne, e non avevano vestiti pesanti. -Sei proprio sicuro che Piacenza sia da questa parte? -Assolutamente no. Daltra parte la cosa importante allontanarsi dalla citt, e questa lunica strada che abbiamo visto. In realt si era orientato col sole, ed aveva calcolato che allincirca la direzione era giusta, ma non aveva intenzione di dirglielo: sicuramente avrebbe dovuto spiegargli come aveva fatto e non ne aveva voglia. -Ma allora adesso cosa facciamo? Il cane abbai, quasi volesse partecipare anche lui al discorso. -Continueremo fino a quando non avremo trovato un paese, e poi si vedr. Campanello si ferm a bere dalla roggia che costeggiava la strada, e subito il cane e Corrado lo imitarono; proprio mentre erano piegati furono investiti dallo schizzo sollevato dal cane, che si era appena gettato nellacqua. -E' impazzito? -Deve aver visto una rana! -Lha presa almeno? -S! Stringeva tra le fauci un grosso rospo, fecero appena in tempo a vederlo perch se lo ingoi in un boccone. Corrado gli diede un calcio cos forte che Campanello avrebbe giurato di aver sentito il rumore delle costole che si spezzavano: il cane rimase per un secondo a guardarlo con gli occhi spalancati e lespressione allibita, poi scapp correndo di lato e latrando con tutto il fiato che aveva in corpo.

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-Perch lhai fatto?! -Ringraziami piuttosto, non hai visto come ci guardava quel bastardo? Stanotte ci avrebbe attaccato alla gola! Il ragazzo si zitt e strinse il campanello che teneva in tasca. Era ancora bagnato quando, ormai sera, incrociarono un frate: li vide da lontano, e al momento di incrociarsi si guard bene dall alzare lo sguardo da terra, per non rischiare che quei due pezzenti gli chiedessero lelemosina: le fogne li avevano imbruttiti non poco, e la camminata al freddo aveva completato lopera. -Fratello! Pace a te. -Pace a te figliuolo. Campanello riconobbe il tono che Corrado aveva gi usato col borseggiatore, ma questa volta il frate, pi furbo della precedente vittima, mangi subito la foglia. -Se volete rapinarmi vi dico subito che non ho denaro con me. Corrado cambi subito tono: -Per quel che mi riguarda mai pensiero fu pi lontano dalla mia volont, e credo che anche al mio amico non passi minimamente per la testa una cosa del genere. Campanello annu vigorosamente e con gli occhi spalancati. -Mi chiedevo piuttosto se il vostro convento fosse disposto ad ospitarci per una notte o due, siamo veramente molto stanchi ed estremamente affamati. -Perch non andate in una locanda? -In verit abbiamo quasi speso ogni denaro, non potremmo permettercelo. Campanello sapeva che non era vero, ma cap che non poteva certo dire che erano inseguiti dai francesi! Il frate ci pens un attimo: lidea non gli piaceva, ma dopotutto era un bel po che non si esercitava in azioni di cristiana misericordia, ed ogni tanto era bene mettere in pratica gli obblighi del suo voto, dopotutto allinferno ci credeva ancora. -Sto proprio tornando dalla questua giornaliera, seguitemi, il

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convento non lontano. Tutti e tre notarono che poco prima aveva mentito. Arrivarono poco prima del buio; il monaco si ferm e infil il bastone nella fessura tra il portone e il terreno, agitandolo un po: da uno spioncino spunt il viso secco e stanco di un vecchio che, senza dire una parola, guard lui, i due compagni e poi richiuse. Non succedeva nulla, e Campanello cominciava a chiedersi cosa stesse accadendo; il monaco lo anticip: -Sta pensando cosa fare, non convinto delle vostre facce, ma purtroppo vecchio e rimbambito, quindi ci vorr un po prima che si decida. -Non potreste chiedergli di aprire? -Non ne vedo lutilit, sordo. Pass qualche minuto, e Corrado si dovette sforzare non poco per trattenere la rabbia: non erano nella condizione di fare gli spacconi, ma almeno Campanello laveva presa bene, stava seduto per terra e aspettava tranquillo. Finalmente il portone si spalanc e poterono entrare: videro il vecchietto seduto su una sedia giusto a fianco delluscio, teneva una bottiglia di vino in mano, sbocconcellando un tozzo di pane. Lo guardarono mentre gli passavano davanti, ma lui non ebbe nessuna reazione, rimase con gli occhi bassi a masticare la sua cena. Il monaco si incammin lungo il porticato della corte interna, procedeva lentamente con la tranquillit di chi si sente a casa propria. Corrado not le erbacce che spuntavano tra le pietre del pavimento, ed anche gli stucchi sulla volta non se la passavano bene: si chiese a che ordine appartenesse quel convento, ma l'importante era che di sicuro non erano Benedettini. Entrarono in una porticina e proseguirono lungo un corridoio ben illuminato da ampie finestre, lungo il quale si susseguivano

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le porte delle celle dei monaci. -Aspettate qui. Spar dietro un angolo. -Credi che avremo dei problemi? -Cosa intendi dire? -Non so, gente di chiesa, e non credo che vedano di buon occhio chi cerca di ammazzare il Papa -Ed allora tu cerca di non farti scappare che siamo mercenari. Si ricord del suo intento di storpiarlo di botte, ma decise di rimandare il gravoso compito ad altra occasione, adesso era troppo stanco. Passarono altri minuti, e lattesa stava diventando davvero noiosa, anche perch non avevano idea di dove fosse andato quel monaco, e per fare che cosa; questa volta Campanello si sent troppo a disagio per sedersi a terra. Finalmente lo videro spuntare dallo stesso angolo da cui era sparito, e si era portato dietro un altro monaco: -Sono questi qui? -Vedi altri straccioni in giro? Corrado apr la bocca, ma la richiuse prima di parlare. -Dove siete diretti? -Stiamo facendo un pellegrinaggio lungo tutti i santuari dItalia, e adesso siamo diretti a Roma, per vedere il Papa. Campanello giunse le mani e abbass gli occhi, e rimase per un bel pezzo in quella posizione. -E lo fate a piedi? -Su lasciali in pace fratello! Mostra loro una cella libera e lascia che si riposino un po prima della cena. Il primo monaco si era messo tra laltro e Corrado, non riusciva a sopportare che quellidiota dovesse criticare ogni sua idea, e se aveva deciso di ospitare quei due lavrebbe fatto anche se fossero stati briganti! Laltro fece una smorfia e si mise a camminare:

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-Seguitemi. Campanello e Corrado si avviarono inchinandosi e ringraziando il loro difensore, e chiedendosi se avrebbero dovuto camminare ancora molto prima di potersi buttare in un letto: la risposta fu una rampa di scale e un paio di altri corridoi. -Tu ti metterai qui, nella stanza di fratello Alvaro, che adesso in pellegrinaggio, come voi due. Corrado ringrazi ed entr, chiudendo la porta a chiave. -E tu ti metterai qui. Disse indicando la porta accanto. -Dove stava il povero fratello Michele, pace allanima sua. -E morto? -Si, settimana scorsa. -Era molto vecchio? -No, ma era tisico. Se ne and canticchiando. Campanello entr nella stanza, non aveva mai visto una cella monacale, e pens che in fondo non era poi male, anche se un po piccola. Unico decoro un crocefisso fatto un po male, Ges aveva una strana espressione, quasi un ghigno, e non gli sembrava proprio come quello che aveva visto nella chiesa del suo paese. Su un comodino stava una brocca con un po di acqua: puzzava di muffa, doveva essere l dalla settimana precedente; in parte cera una candela mezza consumata, ma niente con cui accenderla. Si chiese se dormendo in quel letto si sarebbe beccato la tisi, anzi gli sembrava gi di avere un po di tosse. La temperatura era giusto di poco superiore a quella esterna, e solo le pareti spesse impedivano che l'acqua ghiacciasse: probabilmente la stanza era cos piccola per scaldarsi pi velocemente col calore del proprio respiro. Prese la coperta ruvida che stava sopra al letto e se la avvolse

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sulle spalle. Corrado stava sdraiato e guardava il soffitto; era gi la seconda sera che dormiva in un letto invece che in un giaciglio per terra: se non si fosse riunito al pi presto coi suoi avrebbe fatto molta fatica a riabituarsi alla vita del campo. Si sorprese a pensare con nostalgia allodore della minestra di cavolo nero, ma si rese conto che probabilmente il ricordo era cos piacevole per via della fame. Si mise a sedere e buss alla parete, nella direzione dellamico: -Tutto bene? -C uno scarafaggio. -Portamelo che lo dividiamo. -Lo sai che il tizio che dormiva qui morto di tisi? Probabilmente nello stesso letto in cui sono adesso. -Allora dormi con la testa dalla parte dei piedi! -E come faccio a capire quale la parte dei piedi? Ma si rispose da solo.

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La cena. Corrado stava sognando: una feroce battaglia dove naturalmente lui aveva la meglio su ogni nemico, anche perch poteva compiere balzi straordinari e con un solo colpo faceva letteralmente volare via chiunque gli si fosse parato davanti, un sogno cos bello come non ne faceva da tempo. Di conseguenza fu estremamente contrariato di essere riportato alla realt dal fragore che proveniva dalla sua porta: chiunque fosse non si stava semplicemente limitando a bussare, ma sembrava che stesse cercando di sfondarla. Si ricord del bastone del monaco e, complice lesaltazione della battaglia appena combattuta, gli mont una rabbia feroce che lo fece schizzare ad aprire: si ritrov davanti Campanello, trafelato e tutto sudato per limpegno con cui stava picchiando i pugni. Era talmente eccitato per la notizia ricevuta che non riusciva pi a controllarsi: proprio come certi cani viziati, al solo pensiero della cena imminente perse ogni controllo e Corrado non sarebbe riuscito a farlo star fermo nemmeno bastonandolo. Si limit a dargli uno scappellotto sulla nuca, chiedendosi per lennesima volta dove trovasse la forza di contenersi. Dietro di lui un monaco mai visto prima guardava tutta la scena assai divertito: -Prego, seguitemi. Il nostro amato abate vi aspetta per la cena, non il caso di farlo aspettare. Percorsero in silenzio il tragitto fino alla zona di refezione; l'unico rumore era quello di un monaco che stava tagliando dei ciocchi di legno e li accatastava in modo ordinato. Il frate apr la porta, e si ritrovarono in un salone enorme: avevano limpressione di essersi rimpiccioliti di colpo, Campanello stava col naso per aria e gli girava la testa. Corrado si rese conto che quelle dimensioni erano date dal fatto che il pavimento del primo piano era stato tolto ed era tutto un

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unico spazio dal terreno fino alle travi della soffitta. Le pareti erano bianche, nessuna decorazione concessa allaustera vita monacale, e lunico mobilio era dato da una lunga tavolata in legno massello, coperta da una tovaglia, anchessa bianca. Tutto quel candore era sporcato dalla fuliggine di un enorme camino che da solo riscaldava tutto l'ambiente; la luce della fiamma dava un colorito livido ai volti dei monaci pi freddolosi che si scaldavano fregandosi le mani. Uno addirittura mostrava il sedere al fuoco e se lo batteva vigorosamente, ma smise immediatamente quando li vide entrare. Quello che per colp i due compagni fu la struttura che doveva avere la funzione di panca: era dotata di altissimi schienali di legno, intarsiati con scene sacre che a Corrado suscitavano vaghi ricordi della sua passata religiosit, ed ogni posto era distinto dal vicino grazie a dei massicci poggiabraccia. Ce nerano due, una per ogni lato lungo della tavolata, e la loro vicinanza creava una sorta di corridoio chiuso, quasi una stanza nella stanza. Corrado si rese conto che usavano come sedie dei cori da chiesa, tolti alla loro originaria funzione per chiss quale motivo. Tutti i monaci del convento stavano in piedi davanti al loro posto, e al rumore di passi si voltarono per guardarli: sui loro volti non si espresse nessuna emozione, semplicemente perch la notizia del loro arrivo era gi stata ampiamente diffusa ed avevano gi avuto il tempo di assimilare la novit. Videro giusto due posti a sedere in fondo alla tavolata, e ci si infilarono con movimenti lenti e misurati per non dare troppo nellocchio. Un colpo ti tosse sforzato attir la loro attenzione: il frate che li aveva accompagnati li guardava con aria perplessa. -Ed io dove dovrei sedermi?

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Effettivamente non cerano pi posti liberi, e non avevano idea di come uscire dallimbarazzante situazione. -Tu, seguimi, non questo il tuo posto. Campanello guard Corrado in modo interrogativo, prima che il monaco lo prendesse per il braccio e lo aiutasse ad alzarsi, in un modo che entrambi considerarono troppo brusco. Campanello camminava voltandosi ogni metro per cercare lo sguardo di Corrado, di cui vedeva spuntare solo la testa dietro allenorme paratia di legno. Lo misero proprio dalla parte opposta del tavolo, esattamente a fianco del capotavola, e dal lato di fronte a quello dellamico. Si guard attorno e vide solo grosse pance marroni sostenute da una cordicella, ma non ebbe la presenza di spirito di rialzarsi in piedi. Corrado nel frattempo cercava di sorridere pensando alla faccia spaventata dellamico, tuttavia lui stesso provava uno sgradevole presentimento, accentuato da quella apparentemente ingiustificata separazione. Cerc di distrarsi osservando le figure scolpite alle sue spalle dei frati: dietro il ciccione suo dirimpetto Mos era intento a scrivere uno dei comandamenti, probabilmente il decimo, a giudicare da come il frate guardava il pane davanti al suo vicino, dopo aver gi divorato il suo. Le altre scene erano meno interessanti, in quanto rappresentavano eventi di cui non si ricordava o che la sua coscienza aveva rimosso, cos si mise a giocherellare con le posate: cos a occhio sembravano proprio dargento, informazione che lo rese felice non tanto per il futuro guadagno, quanto per limpegno mentale che avrebbe dovuto mettere nel progettare il furto, una distrazione che lo avrebbe aiutato durante quella lunga e sicuramente noiosa cena. Si specchi nel cucchiaio, e la sua figura capovolta lo spavent un po: non si era ancora reso conto di quanto fosse sfatto e sporco, nella sua mente era ancora un fiero comandante in sella

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al suo cavallo e con la barba curata. La sua espressione si fece meno sicura, il suo aspetto fisico era parte integrante del suo carattere: come avrebbe potuto incutere rispetto in quelle condizioni? Cerc di non pensarci, e si rimise a giocherellare col cucchiaio: cambiando di poco langolazione vide lintarsio dietro la sua schiena, ma non riusciva bene a distinguerlo, era troppo elaborato, ed il fatto di vederlo sottosopra non lo aiutava di certo; ne rimase affascinato, ma non riusc a distinguervi la raprresentazione della vicenda di Giuda. Si chiese per quanto tempo ancora avrebbero dovuto aspettare questo abate, che si faceva desiderare peggio di una donna. Lo scranno vuoto a capotavola vicino a Campanello da solo bastava per incutere timore: non era alto come i cori ai lati, ma pi che una sedia sembrava un trono; era lunico posto in cui ci si sedeva non sul duro legno ma su morbido broccato viola, sontuoso filtro per innumerevoli peti ecclesiastici. Questa idea lo fece divertire a tal punto che prese il bicchiere davanti a s e cominci a bere, sperando in quel modo di riuscire a nascondere la sua espressione: riusc a suscitare linvidia del ciccione davanti a lui che dopo aver mangiato il suo pane e quello del vicino adesso moriva di sete. Un rumore sordo spezz il silenzio, una grossa porta si era spalancata e un piccolo corteo entr nella stanza: labate aveva fatto la sua comparsa seguito dai suoi accompagnatori e si dirigeva al suo posto sotto gli sguardi degli altri monaci. Spost lo scranno ma non si sedette, uno dei suoi gli sussurr qualcosa allorecchio: volsero i loro sguardi verso i due estranei, poi si dilegu assieme a tutti gli quelli che lo avevano accompagnato. La sua espressione era serena, e dopo aver coperto con lo sguardo tutta la tavolata pronunci il suo saluto: tutti i monaci risposero in coro con una frase in latino che i due compagni non capirono.

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-Vedo che questa sera abbiamo due ospiti con noi. Sono molto contento di questa novit, finalmente i discorsi stasera non verteranno come al solito sulla salute di uno dei nostri confratelli o sulle riparazioni da fare al convento! Un frate molto anziano toss, contrariato dallo sconvolgimento del suo piano di proporre come argomento principale della serata la sua malattia; si consol pensando che in fondo gli ospiti se ne sarebbero andati, a differenza dei suoi problemi, per cui non sarebbero mancate altre occasioni. -Vedo con piacere che siete molto giovani, un fatto che mi rallegra molto: so che siete in pellegrinaggio, bello vedere come qualcuno ancora dotato di buon animo cristiano! Si chin su Campanello mostrando un sorriso compiaciuto, guastato solo da uno strano sguardo: gli occhi erano stretti tra le palpebre, e il ragazzo ebbe la sensazione che stesse cercando di guardargli attraverso. Campanello era molto a disagio, e si limit ad annuire; Corrado cercava invece di sentire qualcosa, labate stava praticamente sussurrando e lui era troppo lontano, quindi coglieva solo in parte quello che veniva detto. Una cosa per la not: mentre tutti i monaci indossavano il classico saio marrone, il suo era bianco, candido, una chiara prova della sua volont di distinguersi. Tutti si sedettero, e finalmente il pranzo inizi; i monaci che prima erano spariti ritornarono, ma questa volta portarono con loro ogni genere di ben di Dio. Latmosfera austera e dimessa del convento si dilegu nelle salse da intingere, sepolta sotto i vassoi di frolle salate e divorata dalla cacciagione: di colpo ogni differenza sociale, ogni attrito furono annullati e tutti si unirono nelleucarestia del maiale arrosto. La fame ebbe il sopravvento sopra ogni altro pensiero, e buona met del pranzo pass accompagnato solo da rumore del metallo contro la porcellana e da quello dei denti che

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masticavano: per un oretta almeno nessuno ebbe il coraggio di interrompere quellidillio. Questo fino a quando labate prese un tovagliolo, si asciug la bocca, pos la forchetta con ancora un pezzo di carne attaccata, e sorrise: -Bene! Decine di sguardi si alzarono dal proprio piatto verso la fonte dellesclamazione, e pi di un muso lungo fece capolino tra i commensali: purtroppo era giunto il momento della discussione che, per gli sfortunati a cui avrebbe rivolto la parola, avrebbe significato la fine della cena. Si volse ancora una volta verso Campanello, questa volta i suoi occhi erano pi aperti e luccicavano, per la felicit del frate che si occupava della cantina, ancora una sera implicitamente elogiato del suo lavoro. -Hai mai sentito parlare di Platone? Un silenzio di tomba croll sulla sala, il ritm del lavoro mandibolare si ridusse a pochi movimenti al minuto, nessuno di loro avrebbe osato farsi cogliere impreparato e con la bocca piena, per cui dai grossi bocconi di qualche momento prima si scese a piccoli morsi facilmente deglutibili. Contrapposto alla mancanza di rumore, un esplosione di pensieri scatur nelle menti dagli astanti, dal primo della fila gi fino Corrado, sufficienti da soli a dare impegno a tutti i confessori del convento per i successivi tre giorni: -Ges Cristo proteggici! -Platone no, Sant Agostino magari, ma Platone no! -Ma non la sera dei malanni di fratello Giosu? -Io mangio e me ne fotto, ho raccolto uva da stamane alle sette per farlo ubriacare, e adesso dovrei interrompermi prima del dolce? Tanto sono di sbieco e se mi sposto allindietro non mi vedr. -Per fortuna che oggi sono indisposto e ho poca fame, mi andata bene. Probabilmente domani star un po meglio, ma

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non del tutto; questi due ci saranno ancora ma gli argomenti principali li esaurir tutti stasera, quindi comincer a parlare pi tardi e potr mangiare di pi, perfetto! -Maledetto ragazzino, non potevi essere un ranocchio lentigginoso? No, dovevi nascere biondo e pasciuto! Adesso quel maiale non terminer pi fino a domani mattina per mostrarti la sua conoscenza degli autori antichi. Lultimo impropero veniva dal ciccione davanti a Corrado, talmente arrabbiato per essere stato interrotto nel momento pi bello della sua giornata che i suoi sentimenti gli si leggevano in volto: il posto in ultima fila non gli era stato affibbiato per caso. Per un tempo indefinibile che a tutti parve un eternit labate discett di svariati argomenti filosofici, legati tra loro unicamente dalle vinacce dei grappoli duva, con buona pace di Campanello che si limitava ad annuire e bofonchiare risposte insensate, ma facendolo con un tono abbastanza basso da essere sicuro di non essere sentito. Corrado si limit a chiedere cosa stesse succedendo, e sentendo la risposta fu molto contento di come si era svolta la disposizione dei posti. La foga della discussione, il piacere di ascoltare le sue stesse parole avevano fatto dimenticare allabate il bicchiere, tanto che dopo tutto quel discorso la lucidit lo stava di nuovo accompagnando, la voce ritorn quella misurata e composta della sua apparizione: -Hai mai pensato di entrare in un convento? Questa volta Campanello drizz le orecchie, sia perch finalmente gli era stata rivolta una domanda con un senso logico, sia perch si stup di quanto sentito. -Veramente no, non ho mai avuto inclinazioni di questo genere. Un brusio sommesso si propag per la tavolata, fino a raggiungere Corrado che poteva sentire solo quanto gli veniva riportato dopo il passaggio attraverso qualche decina di

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bocche. -Non ti dovresti pi preoccupare della fatica, delle guerre, non avresti pi fame. Non dico che la vita di un monaco sia semplice: la sveglia al mattino presto, ma quanti contadini e fornai si devono alzare alla stessa ora? Passiamo ore a lavorare la terra, a trascrivere libri e altri mille lavori necessari in un convento, ma di certo non pi di quello che faccia una qualsiasi persona fuori di qui. Campanello non aveva mai guardato la questione da questa prospettiva; gli ritorn in mente il motivo per cui si era unito con i Lanzichenecchi, la battaglia di tre giorni prima: stringeva ancora quel feticcio nella mano sinistra. -La Chiesa protegge tutti noi: nessuno oserebbe attaccare un convento come il nostro! Lo sai che pochi giorni fa, non lontano da qui, si combattuta una battaglia, un attacco da parte di mercenari assassini? Il ragazzo si limit ad annuire. Anche se con un certo ritardo dovuto alla distanza, dallaltra parte della tavola si lev una voce: -Mi scusi eccellenza! Potrei avvicinarmi? Questa discussione mi interessa molto! Corrado era spaventato dalle domande di quellabate: poteva essere molto pi furbo di quel che sembrava e Campanello non disponeva certo della retorica necessaria per sopportare un interrogatorio, con il rischio di lasciarsi sfuggire qualcosa. Fece per alzarsi ma il monaco in parte a lui lo trattenne vigorosamente; dallaltra parte del tavolo giunse la risposta dopo i soliti passaggi: -Il diletto abate dice che siete il benvenuto nella discussione, tuttavia sarebbe buona cosa che abbassaste il tono della voce e che rimaneste al vostro posto. Io e i miei fratelli faremo giungere le vostre parole in vece vostra. Intanto labate insisteva: -Lo sai che produciamo il miglior miele dItalia? E che il

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nostro vino viene bevuto anche dal Papa? Ovviamente non era vero, tuttavia Campanello ne fu comunque molto colpito. Non era certo intenzionato a farsi frate, tuttavia non avrebbe mai pensato che questa scelta potesse comportare una simile serie di vantaggi. -E cosa bisognerebbe fare per diventare monaco? Mentre laltro gli illustrava liter di cerimonie e confessioni varie da seguire, questultima domanda giunse anche alle orecchie di Corrado: -Naturalmente il mio amico sta scherzando! Figuriamoci, farsi frate! Il tizio in parte a lui sgran gli occhi, e pass il messaggio, che di bocca in bocca arriv al monaco alla destra dellabate: -Dice che non crede possibile una conversione cos repentina del suo amico. -E di grazia, perch? Abate, monaco, monaci, Corrado: -Perch lo conosco bene e non certo il tipo da rimanere chiuso per degli anni nello stesso buco! -Perch linclinazione a viaggiare del ragazzo incompatibile con la vita monastica. -Non credete dunque che la vita in un monastero possa portare alla felicit? E come credete di raggiungerla, vagabondando senza una meta, accattonando un tozzo di pane dove capita? -Se non altro possiamo esprimere le nostre opinioni senza dover essere terrorizzati delle conseguenze! -La vita monacale sicuramente degna di lode, tuttavia il nostro spirito libero mal si concilia con il seguire regole troppo rigide. Questa volta il monaco aveva sudato per riuscire a trovare una traduzione accettabile. -E cosa ve ne fate della vostra libert? Un giorno dovrete rendere lanima a Dio, pensate forse che vi chieder quali

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stupendi viaggi avete fatto, o quante cose meravigliose avete visto in vita? Vi chieder conto delle vostre azioni! E la vita nel monastero, con tutte le sue regole, aiuta gli uomini a non cadere in tentazione! Sbatt il pugno sul tavolo, ed uno schizzo di salsa manc di poco Campanello, ma riusc ad imbrattare la figura di Caino scolpita alle sue spalle. -Certo, basta vedere come regolate la vostra gola, la vostra superbia e lira -Non sempre la vita in convento sufficiente per limitare le proprie passioni Labate si alz, lo guard minaccioso, poi si risedette. -Padre Terenzio vi chiede di calmarvi. Corrado si meravigli di questultima frase riportata dal suo vicino, poich aveva visto distintamente che laltro non aveva proferito parola: gli venne il dubbio che quel sistema di comunicazione non fosse molto efficiente. -La discussione interessante, ma il vino sa di piscio. Il frate sbianc: -Scusate, come avete detto? -Avete capito benissimo. Riferite, riferite pure! -Il viandante esprime le sue lodi per il buon cibo e si scusa se vi ha offeso. Labate sorrise, e Corrado cap che ogni discorso era inutile: per troppi anni quelluomo aveva vissuto solo con i suoi pensieri, senza dei veri interlocutori, ed ormai era capace solo di ascoltare la sua stessa voce, riflessa nelle vacue risposte dei suoi asserviti; quella stanza cos grande era necessaria per avere una eco sufficiente per riascoltarsi. Poco dopo fu pronunciata la preghiera finale, e tutti si alzarono muovendosi nella direzione delle proprie celle; Corrado si stava avvicinando a Campanello, e vide che labate si era chinato sul ragazzo e gli stava sussurrando qualcosa nellorecchio, poi gli mise una mano sulla testa e se ne and.

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-Cosa ti ha detto quelluomo? -Niente, mi ha chiesto se la cena mi era piaciuta. Si incamminarono in silenzio verso le loro stanze, per tutta la strada nessuno dei due disse una parola, fino ad arrivare davanti alle porte. -Ti sei lasciato sfuggire qualcosa? -No! -Bene. Corrado chiuse a chiave.

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La botte. Corrado si addorment subito, aveva mangiato parecchio, ma soprattutto voleva essere ben riposato per il giorno dopo: voleva partire al pi presto, laria del convento faceva male a lui ed al ragazzo. Campanello rimase sdraiato a guardare il crocefisso che ghignava davanti a lui, non riusciva a dormire, ma questa volta non per paura della tisi: labate gli aveva proposto di raggiungerlo nelle sue stanze, dove gli avrebbe spiegato quali sono i veri benefici dellentrare in convento. Quelluomo non gli piaceva, tuttavia la mangiata di quella sera aveva portato una luce tutta nuova alla causa monacale, e non era certo per fedelt ai Lanzichenecchi che avrebbe rifiutato una buona occasione. Tuttavia non era ancora assolutamente convinto: latmosfera che si respirava era s tranquilla, ma non come quella di un pomeriggio estivo sdraiati tra le spighe di grano, piuttosto gli ricordava quella della domenica in chiesa durante la funzione, dove il silenzio era guidato dalla paura di uno scappellotto sulla nuca. Proprio per questo motivo voleva stare a sentire cosa gli avrebbe raccontato quelluomo, forse non aveva ancora ben considerato tutti gli aspetti della questione. Attese di sentire Corrado russare, e quando inizi aspett ancora un poco, non voleva correre rischi, poi sgattaiol fuori dalla porta. Era buio, molto pi di quanto sperasse, e cominci a camminare tastando il muro e piegato in avanti, temendo di inciampare in qualcosa. Ben presto le indicazioni dategli dallabate per raggiungere la sua stanza cominciarono ad annebbiarsi nei suoi ricordi, ed inizi a vagare senza una direzione precisa senza nemmeno accorgersene.

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Si ferm, doveva trovare una soluzione pi pratica al suo problema: rimase a pensare qualche minuto, anche se le idee che gli venivano erano pi il frutto della sua fantasia di ragazzino che non dei veri ragionamenti; finalmente decise che avrebbe passato al setaccio tutto il convento piano per piano: ovviamente era una fesseria, ma fu lunico pensiero che riusc a distrarlo dalla paura che stava cominciando a provare. Il problema era ritrovare le scale che poco prima aveva lasciato: fu fortunato, e vi arriv mettendoci solo pochi minuti. Cominci a scendere verso quello che credeva essere il piano terra, tuttavia man mano che passava per i corridoi si rese conto che qualcosa non funzionava, non cerano finestre, e la temperatura era pi bassa di prima: era in cantina. Arriv a delle botti: erano enormi, non ne aveva mai viste di cos grosse, ed erano anche in gran numero. Non riusciva a vedere la fine del corridoio, le torce illuminavano solo la parte iniziale, accese probabilmente dal monaco addetto alla mescitura quando, qualche ora prima, era venuto a preparare per la cena passata. Lidea di un sorso di vino non gli dispiaque affatto, e si avvicin al colosso di legno: non aveva idea ne di come spillare il vino, ne di dove metterlo; a cena aveva visto che veniva portato in grosse brocche di terracotta, di cui per l non cera traccia. La cosa che per lo lasciava pi perplesso era lassenza del rubinetto, cosa evidentemente impossibile: gir intorno alla botte e finalmente lo trov proprio sul lato contro la parete. Lo spazio tra la botte e le pietre era molto stretto, prov ad infilarci la testa, ma riusc solo a graffiarsi; osservando da vicino not dei capelli nello stesso punto in cui anche lui aveva picchiato: evidentemente quella disposizione non era casuale. Un sibilo lo fece sobbalzare: -Psstt! Rimase pietrificato, e sper che non muovendosi e stando in

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silenzio forse sarebbe riuscito a farla franca. -Tu ragazzo! Si volt, ma non vide nessuno. -Vorresti bere del vino? Sforz gli occhi nella penombra, e scorse qualcosa muoversi in una finestrella a livello del terreno: era poco pi che una fessura, e grosse sbarre di metallo ne chiudevano il passaggio. Spunt una mano che teneva una tazza di legno: -Cerchi questa? Campanello si avvicin e la mano si ritrasse velocemente nel suo buco. -Promettimi che ne porterai una tazza anche a me. -Daccordo. -Giura! Un viso di ragazzo si avvicin alla grata: era sudicio, ma i lineamenti erano quelli di un giovane di bellaspetto, anche se decisamente denutrito; un timido sorriso si dipinse sul suo volto, e sembrava pieno di speranza. -Lo giuro sul Papa. -Blasfemo! Campanello prese la tazza portagli, e dopo averla esaminata da vicino pens che un po di vino si sarebbe potuto sacrificare per risciacquare gli insetti che la popolavano. Si avvicin alla botte e spill una prima sorsata, e dopo aver pulito il contenitore si mise a bere, prima una volta, poi unaltra. -Ehi! Ragazzo! Non lo finire! Riemp di nuovo la tazza e la riport al proprietario; dovette rifare il viaggio tre volte. -Chi sei? Campanello era curioso di sapere chi fosse quel disgraziato, e perch stesse chiuso l dentro. -Chi sei tu, piuttosto? Io comunque sono fratello Giacomo. -Io mi chiamo Michele, e sono ospite del convento.

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-Oh... Il recluso lo guard, annu distrattamente e scomparve nel buio. -Cosa ci fai qui sotto? Ricomparve alla luce: -Rifletto sulle mie colpe. -Ma ti hanno messo in prigione? -No! E solo un modo per non essere distratto dalle tentazioni del mondo durante la mia preghiera. -Ma cosa hai fatto? -Ho offeso lAbate con il mio comportamento. -Sarebbe a dire? Rimase un attimo in silenzio, teneva le sbarre tra le mani e stava a testa bassa. -Lo ho... offeso. -Hai bestemmiato? -Una cosa del genere... -Quanto devi rimanere qui? -Non lo so. Fino a quando non avr deciso che ho riflettuto abbastanza. -E da quanto sei qua sotto? -Non ricordo. -Ma non ti sembra assurdo? Questo un convento, non una prigione. -No! E giusto che sia cos! Ho infranto le regole, non merito la luce del sole! -Aspetta. Provo ad aiutarti. Campanello si alz e si guard in gir: poco pi a destra stava una porta, probabilmente proprio quella della cella. Si avvicin alla maniglia e la osserv, tutto linsieme dava lidea di essere molto robusto, e non aveva attrezzi con cui scassinare. Si appoggi al legno massiccio e prov a spingere per provarne la resistenza e quasi cadde a terra: era aperto. Una breve scalinata di pietra scendeva ad un livello pi basso,

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e illuminato dalla finestrella stava il ragazzo che lo guardava. -Ma aperto! -Certo. Come hai detto tu questo un convento, non una prigione. -E allora perch non scappi? -Per andare dove? Vivo qui da quando avevo sette anni, e loro sono la mia famiglia. Fino a quando non avr capito il mio errore dovr rimanere qui. -E quando hai intenzione di capirlo? -Quando me lo dir lAbate. Campanello richiuse la porta e stava quasi per andarsene, ma poi corse indietro: -Ma perch hai aspettato me per bere il vino, di certo fare quei quattro passi che ti separano dalla botte non avrebbero compromesso la tua espiazione! -Sei tu che mi hai tentato con quel vino, la colpa tua, io fino ad adesso non ci avevo mai pensato. Vattene Diavolo! Il pazzo gli lanci il boccale, e campanello scapp.

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Ombre. Corrado apr la porta trascinandosi lentamente, questa volta non ebbe bisogno di pensare molto per capire chi era che bussava. -Che c? -Andiamocene. Subito. -Che ti prende? Corrado si fece serio, temeva il peggio. -Questo posto non mi piace. Aveva il fiato che puzzava di vino, gli occhi lucidi ed un vago sentore di muffa, tremava. Era notte fonda, ma lidea di andarsene senza dire nulla e quindi far imbufalire quelluomo lo attirava parecchio: -Va bene, partiamo. Campanello fu particolarmente contento di non dover stare troppo tempo a convincerlo, gli bast sapere che si stavano allontanando da quel posto. Corrado prese Campanello per un braccio e cominciarono a camminare in silenzio per i corridoi dellabbazia, illuminati dalla luce della luna che filtrava dalle ampie finestre, un debole chiarore sufficiente a malapena a delineare i contorni delle figure nel chiostro interno. Il lauto pranzo della sera precedente aveva reso pesante il sonno degli abitanti del monastero e difficilmente avrebbero svegliato qualcuno: il riposo un bene molto prezioso per chi si deve svegliare alle cinque del mattino. Corrado si stava dirigendo verso la porta da cui erano entrati, ma si dovette fermare ad una certa distanza: sulla sedia stava ancora seduto il vecchio del giorno precedente, dormiva a braccia conserte in una posizione che non doveva certo essere comoda: quella posizione suggeriva che non si trattava sicuramente di un monaco e si chiese quale triste storia si nascondesse dietro quel volto inespressivo, tale da impietosire

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labate al punto da convincerlo a tenerselo nel convento, anche a se a quelle condizioni. -Hai visto qualche altra uscita durante le tue scorribande nelle cantine? -Ma come fai a? -Puzzi di vino proprio come un monaco, pensavo quasi di averti perso ormai. Allora, hai visto qualcosa? -No niente. Corrado si ferm un po a pensare: durante la cena aveva sentito il ciccione davanti a lui parlare dellorto e del cancelletto da riparare, altrimenti qualche cane randagio sarebbe potuto entrare nelle cucine; quella era la loro direzione. Entrarono ancora una volta nella sala della cena, che fortunatamente trovarono ancora aperta: ebbero entrambi la stessa speranza di trovare qualche avanzo, ma i monaci erano troppo ordinati per lasciare la tavolata sporca. Mentre attraversavano la stanza Campanello fu avvolto dalla sgradevole sensazione che si prova quando si fa qualcosa di vietato con il rischio di essere scoperti, ma allo stesso tempo era elettrizzato perch si comportavano in un modo che gli altri monaci non avrebbero mai potuto fare: si avvicin al coro intarsiato e rest fermo un attimo a pensare col sorriso sulle labbra, poi tolse una moneta dalla tasca e incise un disegnino sconcio sul bracciolo dello scranno a capotavola. -Cosa stai scrivendo? Sei un vandalo! Corrado rimase stupito da quellidea, non lo incoraggi, ma era curioso di vedere lopera finita. -Perch lo stai facendo? -Me lha chiesto un amico. Corrado prefer non indagare, e dopo aver lodato la fine tecnica di incisione raggiunsero laltro lato della stanza; sicuramente la porta da cui avevano fatto la spola i prediletti dellabate doveva essere collegata alle cucine, ed anche questa volta furono fortunati, era aperta.

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Si ritrovarono al buio, e dovettero procedere a tentoni: non si capiva bene dove fossero finiti, nessun mobile intralciava la strada, era tutto vuoto. -Cosa sar questo posto? -La prigione dove mettono i monachelli disobbedienti! Campanello non sorrise, sapeva che Corrado si sbagliava, quella era al piano di sotto. Trovarono unaltra porta e finalmente arrivarono alle cucine: era ancora buio, ma lodore non lasciava spazio ad errori. Una piccola finestra non permetteva una luce sufficiente ad illuminare il cammino, ma perlomeno dava idea della direzione da prendere. -Ahhh! Corrado quasi schizz sul soffitto dalla paura, quellurlo gli era arrivato a una spanna dallorecchio: -Ma sei impazzito! Shhht! -C la gamba di un morto! Lho toccata! Poteva sentirlo tremare e battere i denti, per cui non fu difficile trovarlo al buio. -Fammi sentire. Dopo qualche secondo si sentivano solo gli sbuffi che non riusciva a contenere, mentre rideva a crepapelle tappandosi la bocca con la mano: -E un prosciutto! Per hai ragione, sembra la coscia di quella puttana che mi sono fatto alla locanda, questa qui per pi soda. Tieni questo, non perderlo. Gli mise in mano un grosso salame, che aveva trovato sul tavolo mente tastava larto sospetto. -E non farti venire strane idee, non quello che pensi. Continuava a ridere a crepapelle. Si ritrovarono in un cortile molto ampio, cintato da un muro abbastanza alto che correva lungo i lati dellenorme quadrato; non cerano cancelletti di legno di nessun tipo, era tutto chiuso. -E adesso?

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-E adesso stai zitto. Ma prima che Campanello potesse ribattere aveva gi ricominciato a camminare. Passarono attraverso le zone coltivate con diversi ortaggi: tutto era suddiviso in modo molto ordinato ed anche qui si poteva scorgere la mano rigorosa dellabate: malgrado ci fossero solo cavoli e patate, erano suddivise in modo curato, con file ben definite. Il salame che stringeva fece passare in secondo piano a Campanello i pensieri riguardo a quelle verdure, che oltretutto non gradiva particolarmente: gli anni da contadino gli avevano insegnato che la carne ha un valore molto pi elevato di qualsiasi altro alimento. Arrivarono sotto un grosso fico a ridosso della parete, oramai senza foglie. -Vuoi scavalcare il muro passando di qui? -No, voglio fare la marmellata di fichi, vai su e prendimene un po. Campanello si arrampic con una certa agilit, non era certo la prima volta in vita sua che faceva una cosa del genere, e conosceva bene le insidie dei rami di fico e la loro robustezza apparente, per cui si tenne su quelli pi grossi e vicino al fusto. Poco dopo era sulle tegole che coprivano il muro, molto pi spesso di quanto ci si sarebbe aspettato da una recinzione di un monastero; guardava salire Corrado dietro di lui, decisamente pi impacciato. Lo guard cadere col sedere per terra tenendo in mano il ramo che gli si era spezzato sotto i piedi: -Stai vicino alla tronco, senn i rami si rompono! Corrado gli tir il ramo addosso. Saltarono gi dal muro e si ritrovarono finalmente liberi: era ancora notte inoltrata, ed avevano un po di tempo prima che qualcuno si accorgesse della loro fuga, non che temessero comunque che qualche monaco gli sarebbe corso dietro per

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riprendersi il salame. Alla loro destra videro una recinzione di legno, e subito notarono il cancelletto rotto che penzolava attaccato per un solo cardine; si avvicinarono incuriositi, e non ci volle molto per capire che si trattava del cimitero. -Ma come fanno a portare le salme qui fuori se non c nessuna porta duscita? -Magari mettono i morti nellorto e questi poi scavano da soli fino alla loro tomba! -Smettila, non dirle nemmeno certe cose! Se avesse fatto meno buio probabilmente Campanello avrebbe evitato quella paura e Corrado il dolore al sedere, poich entrambi non avevano visto la piccola porta proprio vicino a quella della cucina. Avevano fatto circa un centinaio di passi quando una figura si mosse davanti a loro: si arrestarono impietriti, non cerano molte possibilit che un buon cristiano se andasse a spasso a quellora, come daltronde loro stessi dimostravano. -Chi l? -Cosa fai, la vedetta adesso? Ma Corrado fu contento che qualcuno avesse detto qualcosa per rompere quel silenzio. Alla luce della luna si par davanti a loro quello che sembrava un lupo, e non avevano nessuna arma con cui difendersi; si avvicin lentamente e notarono che zoppicava: era il cane che aveva conosciuto il cattivo carattere del comandante. Anche lui li riconobbe, e si mise prima a ringhiare, e poi ad abbaiare a squarciagola, evidentemente questa volta non intenzionato a fare amicizia. I due scapparono a gambe levate, spaventati pi dal rumore che stava facendo che dalla paura di essere morsi: non tent nemmeno di inseguirli, si limit a latrare fino a quando non scomparirono nel bosco. Non si fermarono fino a quando non furono esausti, anche se

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questa volta non arrivarono al punto di rimbambirsi come nelle fogne; si accovacciarono sulle foglie umide e si addormentarono immediatamente.

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Il fazzoletto. -Svegliati! Scosse il ragazzo con vigore, ben contento di essere lui questa volta ad interrompere il suo riposo. -Cosa? Dove siamo? -In galera! Le guardie ci hanno preso mentre dormivamo e ci hanno portato qui! Siamo spacciati! Campanello si drizz a sedere con unespressione che per qualche momento fece dimenticare la fame a Corrado. -Ma non vero! Balbettava, un p per l'emozione, un p per il freddo: si misero a camminare in cerchio per scaldarsi. -Dammi il salame, ho fame. Dio santo! Ma devi stringere ogni pezzo di carne che trovi a quel modo? Non hai delle mani, hai degli artigli! Effettivamente aveva dormito con linsaccato stretto nelle grinfie, e probabilmente a causa dei brutti sogni che lo avevano accompagnato aveva spappolato una certa quantit di salame. -Tu mangi quello che hai tra le dita prima! Campanello obbed in silenzio, era troppo affamato per protestare. Corrado tolse da sotto la maglia una serie completa di posate, bicchiere compreso, e prese lucidarle con finto disinteresse davanti allamico; poi prese il salame e ne tagli qualche fetta con il suo coltello dargento, con una espressione da nobile annoiato. -Dove le hai prese quelle? -Guarda che le ho sempre avute! Le porto sempre con me quando viaggio. Stava quasi per credergli, ma osserv meglio il bicchiere e vide che era proprio uguale a quello della sera precedente. Finita la poco salutare colazione si scoprirono molto assetati, e dovettero vagabondare per un bel po prima di trovare un

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ruscello a cui abbeverarsi; Corrado naturalmente non manc loccasione di sfoggiare il suo bel bicchiere nuovo. -Dove andiamo adesso? -Il piano sempre lo stesso, cerchiamo di trovare il paese pi vicino, ci procuriamo dei cavalli e ci dirigiamo verso Piacenza, sempre che lesercito sia ancora l. -Ma in che direzione? -Basta che sia dalla parte opposta da dove veniamo. -E un piano che ho gi sentito -Zitto e cammina soldato! Il calore dei primi raggi di sole e la pancia piena li avevano resi di buon umore, ma soprattutto si erano lasciati alle spalle latmosfera lugubre di quellabbazia, per cui si spostavano a passo veloce, e a mezzogiorno avevano gi percorso un bel pezzo di strada. Giunsero sul crinale di una collina, i campi erano abbandonati al loro destino dopo aver esaurito la loro annuale utilit con la mietitura, si respirava quellaria pungente e placida di met autunno, quando la natura sembra tirarsi la coperta sul volto prima di addormentarsi sotto la neve; videro il profilo di una piccola citt, molto pi piccola della prima in cui erano stati, ma abbastanza grande da potercisi confondere senza dare troppo nellocchio. Cera aria di festa, la gente vociava per le vie e si intratteneva in piccoli capannelli agli angoli delle strade, intenta nell occupazione perfetta per una domenica come quella: far le pulci a tutti gli sfortunati che fossero passati l davanti. In quel brusio si poteva per distinguere un accenno dordine, una direzione ricorrente nei passi delle persone che sembravano accomunate da una meta comune. Non ebbero la forza danimo di resistere alla curiosit, e si mossero anchessi verso la piazza del paese. Arrivarono giusto in tempo per vedere il mangiafuoco scaldare il cuore degli astanti con la sua fiammata alcolica: i bambini e i

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vecchi in prima fila, sostenuti da dietro dagli uomini sposati che ormai non avevano nulla di cui vergognarsi, a loro volta spinti dalle mogli che chiocciavano sul vestito di quella o questaltra parente; in fondo i ragazzi pi grandi che mostravano con varie smorfie il disprezzo per quello spettacolo da ragazzini, e che alternavano il loro sguardo tra il mangiafuoco e le ragazze col fazzoletto della festa. Questa volta nessun borsaiolo, doveva trattarsi di uno di quei paesi fortunati dove qualcosa da mangiare e di cui parlare non manca mai a nessuno. Lo spettacolo era ben lontano dallessere terminato, anzi si pu dire che fosse appena iniziato: si presentarono infatti sul palco prima unacrobata che fece dei numeri con dei bastoni di legno e delle palle di stracci, poi due giullari che diedero fondo a tutto il repertorio di versacci, toccatine equivoche e battute oscene che il teatro popolare conosce da millenni. I saltimbanchi se ne andarono tra gli applausi e ci fu una pausa; la folla cominci dapprima ad aspettare pazientemente, ma dopo qualche minuto un brusio diffuso inizi a levarsi dagli astanti, fino ad arrivare agli insulti lanciati verso la compagnia, prima dai pi maleducati, poi anche dalla gente per bene. Campanello fremeva come tutti gli altri nellattesa della novit che sarebbe apparsa sul palco, al contrario di Corrado che era molto pi divertito dalle espressioni contrariate del volgo; anche la sua attenzione per venne catturata nel momento in cui fece la sua comparsa sul palco lattrice principale. Dei lisci capelli neri incorniciavano un viso dalle fattezze nobili, ancora pi accentuate dallo sguardo fiero con cui sorvol la folla da destra a sinistra: aveva un espressione seria e assorta, nel pieno della preparazione mentale della sua prova dattrice. Lo spettacolo inizi con la sua voce che narrava le gesta del marito morto in guerra e delle difficolt nel sopravvivere da vedova, e continuava poi con tutta una serie di dialoghi con i

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vari loschi figuri che di volta in volta la pretendevano come sposa solo per la sua bellezza e facendo leva sulla sua povert: un polpettone noiosissimo che naturalmente appassion da morire gli astanti. Recitava in modo superbo, o perlomeno questo era quello che pensava Corrado, a cui pareva che spiccasse di molto sul livello del resto della compagnia. Tutto linsieme in s ai suoi occhi dava limpressione di un certo squallore, i vestiti di scena erano logori e alcune macchie vecchie di anni non potevano ormai pi essere nascoste in alcun modo. Le sue calze di seta erano rattoppate in troppi punti, e i gioielli finti che i nobiluomini portavano addosso gli parevano proprio arrugginiti. Eppure non riusciva ad abbassare lo sguardo anche solo per un secondo, quel profilo, quellaria fiera, quegli occhi pieni di collera erano troppo veri per essere una mera finzione scenica. Lo spettacolo fin nel modo consueto, con applausi, fischi, qualche moneta lanciata sul palco ed un buon numero di proposte volgari nella direzione della protagonista, che si inchinava assieme a tutti gli altri mantenendo lo sguardo ben al di sopra delle teste del pubblico. Pian piano la massa deflu attraverso le vie circostanti, ed i componenti della compagnia di saltimbanchi si misero a smontare la scena, costituita da una serie di assi di legno sostenute da pali su di un lato, e dal carro con cui viaggiavano sullaltro. -Non ce ne andiamo? -Aspetta, voglio parlare con una persona. Campanello intuiva quali fossero le intenzioni del comandante, e si stup che anche lui fosse capace di simili pensieri; poi per si ricord di quello che era successo alla locanda e gli sembr meno strano. Corrado si diresse verso il gruppetto degli artisti cercando con

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lo sguardo la ragazza, ma fu trovato prima lui da uno dei saltimbanchi: -Che cerchi? -Vorrei parlare con lattrice protagonista della vostra rappresentazione. -Rossella? Lo squadr dalla testa ai piedi. -Gira al largo, non vedo cosa potrebbe dire un pezzente come te a Rossella. La vide che se ne stava seduta a pochi passi di distanza, ma prefer non sollevare troppo lattenzione su di loro, cos fece un inchino e se ne and. -E adesso? Campanello sottoline la domanda con uno sguardo molto annoiato, a lui lo spettacolo non era piaciuto particolarmente. -Hai ancora del salame la sotto? Il ragazzo mostr orgoglioso il pezzo di carne: Corrado lo prese, lo spezz in due parti quasi uguali, e andarono a pranzare sotto un albero ai margini del paese. Passarono il pomeriggio a dormire, dovevano recuperare la levata della sera precedente e la notte passata nel bosco; il torpore dato dal sole pomeridiano fece il resto. Alla sera ci fu la replica dello spettacolo, e per la seconda volta Campanello si dovette sorbire tutta la rappresentazione: ebbe limpressione che le battute fossero leggermente diverse da come se le ricordava, si distinguevano solo per dei piccoli dettagli ma erano sufficienti per notare la differenza, ed anche lordine degli avvenimenti gli sembrava differente. Anche Corrado se ne accorse, ma cap che solo gli altri attori improvvisavano sul canovaccio, mentre lei ricordava perfettamente le frasi che con impegno aveva elaborato durante tutti quegli anni. Corrado chiese ad un grasso signore se conosceva la strada per Piacenza, e quello gli diede una serie di indicazioni.

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Campanello si volt e vide solo il tizio che si infilava le dita nel naso; Corrado era scomparso, ma non se ne crucci pi di tanto, questa volta immaginava dove fosse finito. Lo spettacolo era ancora in pieno svolgimento e cos ne approfitt per avvicinarsi di soppiatto dietro il palco, si mise sotto al carro e aspett che lattrice uscisse di scena. -Buonasera signorina Rossella! Vi prego permettetemi di farvi i miei complimenti! Era sbucato allimprovviso e se ne stava in ginocchio dopo aver fatto un inchino: alla ragazza quasi venne un colpo. -Chi siete? Come conoscete il mio nome? -Sono solo un amante dellarte, e come potrei non conoscere il nome della pi famosa attrice di teatro itinerante dItalia? Quel tizio la spaventava non poco, non di rado a fine spettacolo qualche gonzo in preda al coraggio da vino aveva cercato di molestarla, tuttavia nessuno si era mai comportato in modo cos galante; forse anche troppo, quella sceneggiata sapeva di diamante di vetro, e quella faccia non prometteva niente di buono. -Andatevene, non vedete che sono ancora nel pieno del mio lavoro? Adesso devo tornare in scena! Ma la voce, inizialmente dura, termin con un sorriso. Corrado si rimise sotto al palco e aspett pazientemente, ma sapeva gi di aver vinto. Gli applausi e le urla lo svegliarono dalla sonnolenza, lo spettacolo era molto meno interessante se ascoltato soltanto. -Siete ancora qui? -Ve lho detto, vorrei solo complimentarvi con voi. -Bene adesso lhai fatto, quindi adesso vattene a fare un giro! Questa volta a parlare fu il figuro che gi lo aveva scacciato al primo tentativo, ma un gesto della ragazza fortunatamente lo mise a tacere: questa volta Corrado non avrebbe reagito bene ad un interruzione. Il ragazzo fece una smorfia e se ne and, chiss come questa

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reazione se laspettava, i parla svelto erano proprio il tipo che piaceva a sua sorella. -Chi siete? -Vengo dalla Svizzera, trasporto dei filati in giro per lItalia ed assieme al mio assistente commercio i miei prodotti; quando posso mi reco in un teatro o al cielo aperto, come stasera, per godere dellopera di artisti come voi. Rossella cap immediatamente che era una menzogna, quegli stracci che portava erano ridicolmente in contrasto con quella tesi, e lui stesso ripensandoci poi ci sarebbe arrivato. -Sono esterrefatto dalla vostra bravura! Avete forse studiato alla scuola di Lione? Ma no, che dico! Sicuramente sarete allieva del maestro Ridelli di Bologna! Non aveva mai sentito parlare di quelle scuole, ed in verit non aveva mai sentito parlare di nessuna scuola, tuttavia non le sembrava importante, sicuramente anche questa era una balla, tuttavia le piaceva come parlava questuomo, e voleva vedere dove sarebbe andato a parare. -I realt sono un autodidatta, o per meglio dire sono allieva della scuola di mio padre: la recitazione una tradizione che si tramanda in famiglia da generazioni. In realt a sei anni suo padre, sfaccendato ubriacone, aveva avuto lidea di mettere in piedi il baraccone coi pochi soldi rimasti, e fu lunica cosa indovinata di tutta la sua vita. A lei tocc scegliere tra fare il saltimbanco, la domatrice di pulci e lattrice di operette che il suo fratellino tisico scrisse prima di morire. Le aveva lasciato quegli scritti in eredit, forgiati su misura per lei, unico pensiero felice della sua breve vita, cos ogni sera Rossella recitava la preghiera in sua memoria davanti a cento persone, invece che inginocchiata al letto. Ora, poich la farina da mettere sul viso le dava irritazione e di pulci ne conosceva gi a sufficienza, fu cos che ebbe inizio la

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sua sfolgorante carriera di vedetta delle sagre. -Permettetemi di essere allibito: proprio vero allora che il talento un dono di nascita e non si acquisisce con l'artificio! -Vi ringrazio. Il palco mi riempie di soddisfazioni, anche se non sempre si trova il pubblico adatto. -Cosa intendete dire? -Intendo dire che spesso devo recitare di fronte a persone che di teatro non capiscono nulla: vedo la noia nei loro occhi, e spesso ci dobbiamo interrompere per ridare spazio al mangiafuoco. Proprio in quel momento arriv Campanello che aveva aspettato abbastanza e se ne voleva andare. -Questo il mio assistente. Presentati! -Piacere. Ma era troppo interessato all'odore della zuppa che veniva dal gruppetto poco distante, dove il resto della compagnia stava mangiando. -Certo che siete proprio fortunati! -In che senso? Campanello parlava senza guardarla, col naso rivolto verso il pentolone. -S, insomma: quando ero contadino per riuscire a mangiare tutti i giorni mi dovevo spaccare la schiena fino a sera, mentre a voi attori basta parlare per qualche ora ed finita l. Mi piacerebbe fare l'attore. -Ma lo sai il tempo che ci vuole per riuscire a mandare a memoria tutto? Sai quante volte siamo stati presi a uova in faccia, cos, solo per sfizio? Sai cosa vuol dire dover fare miglia e miglia su questo carro, anche d'inverno, e patire il freddo? Ogni anno noi viaggiamo senza avere una casa, e tutti ci trattano come fai tu, perch anche se le persone vengono volentieri a vedere il nostro spettacolo, alla fine siamo sempre e solo i giullari, i saltimbanchi, i musici: gente senza onore! -Ma il vostro non un vero lavoro, se guadagnate poco

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perch fate poco! Non potrete mai essere rispettati perch anche se soffrite la fame e il freddo, queste cose le devono sopportare tutti, e solo che voi faticate di meno. Siete passivi: sopportate ma non fate niente per cambiare, quindi vi va bene cos. Ho cambiato idea, non mi piacerebbe questa vita: proprio un lavoro da donna. Non fece tempo a continuare nella sua invettiva, perch Corrado gli diede un tale cazzotto che cadde a terra stordito. -Spero vogliate scusare il mio amico, rozzo e stupido, e non capisce nulla della vita. Ma Rossella, se aveva odiato il ragazzino per quelle parole offensive, fu' ancora pi spaventata dalla violenza con cui Corrado lo aveva steso e soprattutto dalla freddezza con cui ora le parlava. -No, non si preoccupi, non fa niente! Ma ora scusi, devo proprio andare. -No la prego! Ma la ragazza stava gi scappando a passo veloce verso i suoi parenti, teneva lo sguardo basso e per un momento temette che la prendessero per un braccio e la portassero nel bosco; nella foga le cadde un fazzoletto, che Corrado subito raccolse: -Signorina Rossella! Le caduto questo! -Lo tenga, lo tenga pure! Era terrorizzata. A casa. Campanello piagnucolava a bassa voce, massaggiandosi la faccia livida non tanto perch alleviasse davvero il dolore, ma per sottolineare la sua contrariet. -Perch mi hai picchiato? -Hai rovinato tutto! Cosa credevi di fare? Come ti saltato in mente di dire certe cose? Nemmeno tu sei cos idiota da non

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capire che l' avresti fatta arrabbiare. Effettivamente si rendeva conto che le sue parole erano state decisamente offensive, ma i modi di quella ragazza, con quel tono di voce contraffatto, come se stesse ancora recitando, e quel modo di muovere le mani gli ricordava le movenze di un nobile, razza maledetta che avrebbe dovuto bruciare all'inferno. Parlano tra loro, non fanno nulla ma sono sempre ricchi, ovvio che rubano, anche se non aveva mai capito bene come funzionasse la cosa. La cosa peggiore era che lei nobile non lo era nemmeno, per cui se un tale comportamento si poteva tollerare da parte loro, di certo non lo si poteva fare da una popolana! -Ma le cose che ho detto sono tutte vere! -E allora? Certo che sono vere! Ma cosa significa? La maggior parte delle persone meriterebbe di essere insultata fino allo sfinimento se si dovesse stare a guardare le cose che fa o dice, ma non per questo glielo si deve rinfacciare! Non ti hanno insegnato la buona educazione? Sorridi, inchinati e menti! Guarda me invece, con la mia gentilezza ho ottenuto il suo favore! Mostr con orgoglio il fazzoletto depredato alla ragazza. -Che animale che sei. E da che pulpito poi! Da un Lanzichenecco, stupratore e ladro! -Non sono un ladro! -E il salame? Rimasero in silenzio per un p, con Corrado davanti che passeggiava per la citt ormai deserta; Campanello aveva l'impressione che non avessero una meta, si accorse infatti che erano passati due volte davanti alla bottega del falegname. Le ultime luci nelle case si spegnevano, ed il silenzio aveva lasciato il posto alle chiacchere delle ragazze pi indipendenti, rimaste sulla porta fino all'ultimo prima di andare a letto. Si diressero di nuovo verso la compagnia teatrale, e bench non avesse idea di cosa volesse fare il suo comandante non disse

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nulla, si limit ad abbassarsi e camminare accucciato quando anche l'altro cominci a farlo. Il fuoco era spento e a giudicare dal rumore dei respiri dormivano tutti, anche Rossella. Corrado tolse il suo coltello dalla tasca, e si avvicin furtivo; Campanello era pronto a scappare a gambe levate in qualsiasi momento, non pensava a nulla, aveva troppa paura delle cose che gli sarebbero potute venire in mente. L'altro si avvicin al carro, prese le redini e le tagli, poi fece all'amico il gesto di avvicinarsi: salirono sul cavallo e si allontanarono il pi lentamente possibile, trattenendo il respiro ad ogni colpo degli zoccoli sulla terra dura e secca. Quando furono ad una certa distanza diede un colpo nei reni dell'animale che part al galoppo, ben riposato dopo un'intera giornata di ozio. -Visto? Alla fine l'abbiamo trovato un cavallo! Campanello sorrideva, abbracciato dietro a Corrado. -Adesso s che si innamorer di te. Ma l'altro non lo sent. Per tre giorni consecutivi non fecero che cavalcare, facendo delle pause ogni tanto solo per fare riposare il cavallo, quel tanto che bastava per non fargli esplodere il cuore. Passarono campi e boschi, evitarono la strada principale, cambiando direzione ogni volta che intravedevano qualcuno all'orizzonte. Gli unici argomenti di discussione erano la stanchezza e il dolore al sedere, mangiarono solo qualche noce che Campanello aveva comprato alla fiera: la sua golosit aveva gli evitato il digiuno totale. Il terzo giorno erano nel fitto di un bosco quando il cavallo si ferm da solo: sbavava, e non ci fu verso di farlo muovere; dopo qualche minuto si accasci a terra e mor. Erano a piedi, a non si sa quale distanza dal loro esercito,

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stremati da quel viaggio: l'umore era sotto i piedi. -E adesso? Ma Corrado non gli rispose: fiutava l'aria come un animale, ed aveva un'espressione concentratissima. Dopo qualche secondo anche Campanello sent l'odore di fumo: non era il semplice odore di un fuoco come quello che fanno i contadini per bruciare rami e foglie, era diverso, pi acre, con una nota speziata di fondo, che al ragazzo suscit un ricordo sgradevole. Corrado si mise a correre in direzione del limite del bosco, Campanello lo segu trafelato, ma non aveva idea di cosa stesse succedendo. Gli alberi cominciavano a diradarsi e una colonna di fumo nero si alzava nel cielo, e quando giunsero ad un punto dalla visuale libera l'incendio era all'apice della sua devastazione: un paese, simile a quello che avevano lasciato, bruciava in un'enorme palla di fuoco. Campanello si ricord dove aveva gi sentito quell'odore: quando era ancora bambino suo padre lo aveva portato ad una fiera dove aveva visto vacche e maiali di ogni genere, ed alla sera su di un enorme braciere avevano cucinato per ore la carne; l'odore era quello che si sent alla fine, quando tutte le ossa rimaste furono buttate nelle fiamme. -Maledizione, dall'altra parte! Corrado si rimise a correre, questa volta nella direzione opposta; arrivarono al cavallo e poi proseguirono verso l'altra estremit del bosco, sempre correndo a perdifiato. Di colpo si fermarono, Campanello aveva il sole negli occhi e ci mise un p prima di mettere a fuoco ci che vide: due eserciti si fronteggiavano su una piana erbosa, immobili e silenziosi; a poca distanza si ergevano le mura di Pavia. Da una parte i francesi, in file talmente ordinate che, anche se ancora lontani, si potevano distinguere i vari reparti che formavano l'esercito: i picchieri davanti, poi i fanti, seguiti

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dagli arcieri, sui lati la cavalleria. Dall'altra parte i Lanzichenecchi brulicavano come formiche, una massa scura in cui si distinguevano correnti di uomini che si muovevano in direzioni diverse, dando l'impressione alla vista come quella che si ha alla foce dei grandi fiumi, dove il mare incontra l'acqua dolce e si rimescolano con colori diversi. -Li abbiamo trovati. Corrado sorrideva e si mise a camminare verso alcuni soldati distaccati dalla massa centrale, che camminavano tranquilli con la lancia in mano. Appena li videro anche quelli si misero a correre, e quando furono a poca distanza da loro si misero ad urlare e mostrarono i loro volti inferociti: Campanello si ferm impietrito; Corrado riusc a prendere la lancia che lo stava per trafiggere e a far cadere il primo uomo, gli si gett sopra e gli piant il muso dritto in faccia: -Mi riconosci? MI RICONOSCI? Il soldato non disse nulla, muoveva le labbra ma non uscivano parole, parl per lui uno di quelli che arrivarono qualche secondo dopo: -comandante! Ci avete raggiunto finalmente! Si gir verso l'altro: -Te l'avevo detto che non l'avevano ammazzato! Non aveva mai detto una cosa del genere, ma non voleva finire con le ginocchia del comandante sul petto come il suo compare. -Siete fortunato ad aver trovato noi! Stiamo facendo un giro di perlustrazione per cercare di capir meglio come son disposte le truppe di Francesco I: ormai non crediamo manchi molto all'attacco, e dobbiamo prepararci a difendere la citt. Seguiteci, c' una strada nascosta per tornare dentro, ma fate piano! Con molta cautela riuscirono a ritornare al sicuro dentro le mura: Corrado non diceva nulla, l'esercito francese era

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veramente numeroso. Con passo tranquillo si mossero in direzione degli ufficiali: Gerbert stava ritto sul suo cavallo mentre impartiva gli ultimi ordini quando lo scorse. Prima spalanc gli occhi con espressione sorpresa, poi sorrise e continu nel suo lavoro come se niente fosse, fino a quando non gli fu proprio in parte. -Buongiorno comandante. Si riposato in questi giorni? -Vedo che hai fatto carriera. Purtroppo ti dovr degradare: non mi sembra che tu abbia fatto un gran lavoro, questa marmaglia sembra pi disordinata del solito. Spero che il grado di vice comandante ti piaccia ancora. -Per fortuna arrivato lei a togliermi questo gran peso dalle spalle! Scoppiarono a ridere. Arriv un cavallo per Corrado, che vi sal immediatamente reclamando anche una nuova armatura e una spada. -Io adesso cosa faccio? Campanello era ancora stordito e non riusciva bene a mettere a fuoco la situazione. -Che domande! Vai al tuo posto, tra i fanti. Non vedi che la battaglia sta per iniziare? Non ti preoccupare, questa volta andr meglio dell'altra. Si volt e si mise a parlare con Gerbert. Campanello esit per un attimo, poi si fece forza e si avvi verso le facce che conosceva. I pi curiosi lo guardarono per un secondo, e poi si dimenticarono della sua presenza. -Chi stiamo fronteggiando? -Francesco I in persona accompagnato dal Bande Nere. E' arrivato ieri sera e si piazzato nella rada. Per adesso non fa nulla, credo aspetti una nostra mossa. Corrado guardava verso il nemico con espressione assorta,

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attirato da due colonne di fumo che salivano proprio dalla parte delle tende del campo: stavano affumicando i propri vessilli. -Vedo che il bastardo non ha perso la voglia di fare la sua solita scenetta. Sono sicuro che sia molto adatto per guidare quella accozzaglia di genti: tra francesi, italiani, svizzeri e quant'altro, sembra di stare alla fiera di Milano. -Le avete visti? Ci sono anche loro. -Lo so. Rimase qualche secondo a guardare i traditori che si erano uniti al nemico. -Il resto dell'armata? -Il generale Frundsberg ha portato gli altri Lanzichenecchi a sud delle mura, e dice di aspettare il suo segnale: abbastanza contrariato della tua assenza. Gli spagnoli sono pronti coi loro moschetti, sono tiratori formidabili. Credo che anche i cittadini ci daranno una mano. -Per contrariato intendi dire pronto a farmi impiccare? -Qualcosa del genere... -Cosa successo durante la mia assenza? -Niente di che. Abbiamo proseguito verso Sud e questa la prima resistenza che abbiamo trovato. -E il villaggio in fiamme qui dietro? -Provviste. Ma anche quelle son quasi finite, siamo praticamente senza viveri. -Vedo che hai imparato subito. Non gli rispose. Corrado prese le redini e port il cavallo al trotto, si muoveva tra gli uomini per essere sicuro che tutti potessero vedere il suo ritorno. Forse avrebbe dovuto inventare qualche storia per giustificare la sua assenza, ma probabilmente avevano gi interrogato il ragazzo e quindi sarebbe stato inutile. Campanello lo guard passare e sper fino all'ultimo che si fermasse per dirgli qualcosa, ma pass oltre: gli fece giusto un

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cenno con la mano e abbozz un sorriso. Tornato dal suo giro si mise un'altra volta a fianco di Gerbert, che non gli aveva tolto gli occhi di dosso per tutto il tempo. -Stai tranquillo, non ho intenzione di fare un'altra sceneggiata come l'altra volta. Piuttosto, raduna tutti quelli che hanno un cavallo e falli portare sul fianco destro, in cima a quel boschetto. Per Dio! Sembriamo un' armata di ciechi che si muovono a casaccio! Da quanto hanno mangiato? -Un paio d' ore, credo. -Tieniti pronto, vorranno cominciare verso mezzod. Posso usare la tua tenda? -Naturalmente. -Come vi siete spartiti i miei soldi? -Il baule sotto la branda. Si diresse verso l'accampamento e si mise a riposare un po'; non dormiva, ma lo stato tra il sonno e la veglia lo portava in una condizione in cui fantasia e realt si fondevano: percorreva mentalmente tutte le mosse, le situazioni in cui si sarebbe potuto trovare in battaglia e cercava di trovarne la soluzione, in modo da non essere mai impreparato. Volava come un uccello e studiava la forma delle colline, dei corsi d'acqua, schivava un colpo, ne assestava un altro: come penetrare quelle nuove armature che aveva visto l'ultima volta? Sotto l'ascella sembrava esserci uno spazio sufficiente per una spada corta. Ogni volta, prima di una battaglia, combatteva questa partita a scacchi con s stesso, cercando sempre di separare quelle che potevano essere mosse reali dalle semplici costruzioni della sua fantasia: sarebbe riuscito davvero a colpire cos forte? Ad essere cos veloce? I suoi uomini, il nemico, avrebbero davvero reagito nel modo in cui si aspettava, o lo sperava soltanto? La frenesia, l'esaltazione cominciarono a impadronirsi di lui, sorrideva, si muoveva a scatti nel suo letto, e sotto le palpebre gli occhi si muovevano veloci, quasi tremava.

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A questo punto pensieri tremendi si impadronivano di lui, e non solo non opponeva resistenza, ma anzi cercava di concentrarsi su immagini sempre pi violente: assaporava con feroce follia ogni ferita, tortura e barbarie che la mente umana pu concepire; doveva per stare attento a non esagerare, perch a volte arrivava al punto di immaginare tali follie che lui stesso ne rimaneva turbato, tanto da svegliarsi da quel torpore estatico che gli era necessario per affrontare, ogni volta, la morte col sorriso. I mercenari pi anziani fiutarono la vicina battaglia e cominciarono a prepararsi: chi l'aveva tolse dai sacchi la panciera d'acciaio che copriva solo il petto, e si aiutavano l'un l'altro a vestirsi. Il metallo gelato era separato dalla pelle solo da strati di stracci sovrapposti, e qualcuno addirittura metteva della paglia per riempire le fessure rimaste e impedire che il vento ci passasse attraverso. Le gambe erano strette da calzoni di cuoio, imbottiti di crine di cavallo per cercare di dare un minimo di protezione dai colpi di spada, anche se era una soluzione che aiutava pi lo spirito che non il corpo. Erano mercenari rozzi e violenti, ma non rinunciavano al vezzo di vesti colorate e sbuffi di cotone, sebbene resi lerci dalla vita nel campo. Ringraziando il cielo non pioveva, combattere affondando nel fango fino alle ginocchia sarebbe stato uno strazio, in pratica dei bersagli fissi per le palle dei moschetti. Qualcuno chiedeva, qualcun altro rispondeva, e pian piano tutti cominciarono ad entrare nello spirito di chi sta per morire. In poco tempo si ritrovarono in file ordinate, suddivisi in parte per grado, in parte per l'arma impugnata: in prima fila, fieri e folli, quelli che brandivano una alabarda, due metri di legno che terminavano con una grossa lama simile ad un ascia. I moschetti facevano capolino da dietro, meno vistosi,

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timidamente aspettavano il segnale di inizio per vomitare con fragore la palla che portavano nascosta in bocca. Ai lati i cavalieri trattenevano a stento i cavalli, talmente abituati ormai alle battaglie da riuscire a capire quando stava per iniziarne una. I meno coraggiosi, non necessariamente quelli meno forti, spingevano gli onagri e i falconetti sul crinale della collina, cercando di darsi un contegno studiando le traiettorie, i venti, nella speranza di impressionare quelli che si sarebbero invece gettati nella mischia. Con il passaparola i soldati si riunivano i gruppi di quaranta, cinquanta uomini che avrebbero formato le varie compagnie in cui si sarebbero suddivisi durante l'attacco. Molti pregavano: non erano attratti solo dal denaro, dalla fuga da una impiccagione o dalla lussuria della guerra, erano pronti a sacrificare le loro vite per guarire il mondo dal cancro di quello Stato Pontificio che per secoli aveva dimenticato il cuore degli uomini, una protesta che non si sarebbe pi esaurita in qualche foglio appiccicato su una cattedrale, ma sarebbe arrivata direttamente al cuore della Chiesa. Corrado, per primo, invocava Dio e Lutero, unico Santo concessogli dalla sua fede, affinch potesse sopravvivere anche a questa prova. Naturalmente queste pulsioni religiose sgorgavano tanto pi forte quanto pi si avvicinavano quei momenti in cui sentivano che avrebbero reso l'anima a Dio. La palla di piombo squarci la terza fila dei moschetti, e la successiva solo per un soffio manc il bersaglio: urlando a squarciagola Francesco I guidava i suoi cavalieri verso l'esercito di Corrado. Usc dalla tenda, anche se aveva gi perfettamente capito cosa stava succedendo, e fece appena in tempo a vedere le fila degli svizzeri muoversi in ritardo all'inseguimento dei loro alleati: evidentemente il suo nemico aveva capito che era meglio non

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dire nemmeno a loro il momento in cui avrebbe dato il segnale di partenza, perch con i loro goffi preparativi avrebbero cancellato ogni sorpresa. Corrado salt sul suo cavallo e galopp diritto verso la linea della prima fila: fortunatamente Gerbert aveva gi preso la situazione in mano e gli uomini avevano gi ripreso ordine. -Vai con la cavalleria, guidali tu, io rimango qui. -S Signore. Ad uno spettatore che avesse assistito alla scena da lontano, lo spettacolo si sarebbe presentato con i due fronti che lentamente si avvicinavano, compatti verso lo scontro iniziale: due labbra nere si chiudevano una sull'altra, pronte ad inghiottire i due eserciti macinandoli con denti di metallo. Il ballo inizi: le picche fecero conoscenza delle alabarde, troppo grandi per loro, e la differenza di bravura sarebbe stata notata anche da un occhio non esperto; non ci volle molto prima che le prime perdessero il tempo e rimanessero sopraffatte dalla testa pesante delle loro compagne, che si chinava su di loro con bonaria fermezza, spaccandole in due con facilit. Si formarono le prime coppie, e le danze cominciarono a farsi frenetiche, mescolandosi tra loro ballerini esperti e novellini dell'ultima ora, ansiosi di imparare quei passi cos importanti per riuscire ad arrivare al premio cos ambito, riuscire a vedere un'altro giorno. Nessuno si faceva pregare, non esisteva timidezza tollerata, e chi si nascondeva standosene in disparte prima o poi veniva comunque trovato da qualcuno, o qualche suo compagno che lo spronava bestemmiando a non tirarsi indietro, o qualche maestro che vedendolo cos ritroso non si lasciava sfuggire l'occasione di mostrare la sua bravura con una cos facile preda. Purtroppo non tutti sono portati per natura alla danza, e la goffaggine era un'imperdonabile mancanza in situazioni come questa: ben presto cominciarono a cadere i primi esclusi, che

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rimanevano per terra alla merc dei piedi degli altri ballerini, troppo concentrati sulla competizione per permettersi il riguardo di non calpestarli. La musica era assordante, i cannoni facevano vibrare l'aria con i loro rintocchi, talmente forti che a volte qualche coppia saltava per aria dall'emozione che quei boati riuscivano a procurare, arrivando a fargli vibrare tutto il corpo. I moschetti tenevano il ritmo, attenti allo stesso tempo a richiamare qualche svogliato che avesse cercato di allontanarsi dalla pista: non era un compito facile, dato che tutti quei corpi si mischiavano in un unico ammasso tremolante in cui era impossibile riconoscere gli amici dai nemici, ma c'era sempre qualcuno che commetteva l'errore di uscire dalla mischia e attirare l'attenzione su di s. Campanello cercava di abbozzare qualche passo, principiante alle prime armi, eppure cos appassionato nel tentare di imitare il suo maestro che riusc ad attirare l'attenzione di Corrado: senza fermarsi, lo teneva sotto controllo con la coda dell'occhio. Arriv il turno dei cavalieri che, grazie al varco creato tra la folla dalle alabarde, entrarono in scena gettandosi nella mischia trinciando e colpendo ora con la spada, ora con un urlo, generando il caos dove passavano: le coppie si scioglievano, le danze si fermavano per farli passare e poi ricominciavano. Gerbert non mancava di stupire con la sua fredda determinazione, un vero professionista, eppure cos lontano dalla perfezione di Corrado: l'impegno messo, le ore d'allenamento non bastavano per raggiungere il livello del suo comandante, condannato a rimanere perenne secondo, per via dell'invalicabile differenza tra genio e maestria. In pochi si accorsero quando uccise il duca di Suffolk, capo dei Lanzi Neri. Corrado, come sempre, dava spettacolo, talmente bravo che a volte chi era intorno a lui si fermava per guardarlo scivolare

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leggero sopra ogni cosa, pieno di grazia; sapeva muoversi talmente bene ed aveva un espressione cos assorta che era impossibile, per chiunque lo guardasse, non provare una naturale invidia, e domandarsi se quel livello fosse solo frutto di un dono di natura o dell'impegno profuso. Naturalmente, come ogni campione, era colpito da una forma morbosa di superbia che lo portava a cambiare compagno molto spesso, intimamente convinto che nessuno fosse alla sua altezza. D'altra parte la maggior parte dei partecipanti era talmente intimorita da quello sguardo fiero che preferiva scegliersi qualcuno che non lo umiliasse come avrebbe fatto lui. -Corrado di Bemelberg! Eccoti finalmente, temevo che uno dei miei ti avesse gi finito! -Mi stupisce che tu dica questo, avevo avuto l'impressione che girassi in tondo con il tuo cavallo e te ne stessi ben lontano per evitarmi! Vuoi che ti dia una mano a fumigar le tue bandiere? I miei cannoni sono al tuo servizio. Alla bisogna sono disposto io stesso a prestarmi per l'ingrato compito. -Sporco mercenario eretico! Non arriverete mai a Roma! -Ti conviene frenar la lingua, o i lanzi neri che ti fan da guardia potrebbero sentirti e offendersi, per non parlar degli svizzeri che ti porti appresso. Andarono avanti cos per qualche minuto, scambiandosi gesti di cortesia mentre attorno a loro mulinavano le spade. Campanello aveva visto la scena da lontano e cerc di avvicinarsi, per quanto fosse possibile in quella bolgia, si perse cos il battibecco iniziale, ed arriv a duello gi iniziato. Erano scesi da cavallo e si fronteggiavano, stando immobili uno davanti all'altro, aspettando di vedere chi avrebbe fatto la prima mossa. Il Bande Nere alla fine si decise e corse urlando verso Corrado, su cui vibr un fendente con la sua spada: il comandate lo blocc con la sua flamberga; i colpi di entrambi erano, se non

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lenti, comunque ampiamente prevedibili, per via del peso delle due spade che non permetteva certo movimenti repentini o particolarmente elaborati. Oramai intorno a loro si era creato uno spazio in cui nessuno soldato delle due parti metteva piede, ben felici di riposare qualche minuto, durante il tacito accordo di interrompere ogni scontro per poter assistere al duello. Entrambi erano catturati ormai dalla passione, e soffiavano versi bestiali uno contro l'altro, frenati solo dalla terribile fatica di sollevare tutto quell'acciaio. Nessuno dei due prevaleva sull'altro, e se non fosse stato per qualche colpo fortunato che diede agli spettatori la soddisfazione di vedere un po' di sangue, si sarebbe potuto quasi scambiare per un incontro sportivo. Si fermarono un po' di tempo, lasciando nel dubbio gli astanti che non sapevano come interpretare quella interruzione, e soprattutto se significava dover ricominciare a combattere. Faceva freddo, ed entrambi sbuffavano vapore che subito si condensava sulle armature ghiacciate. Corrado stringeva i denti, gli faceva male la pancia, gi dal mattino la tensione della battaglia imminente gli aveva stretto lo budella come una morsa, come spesso gli accadeva in quei momenti; una botta proprio in quel punto datagli da quell'altro aveva completato l'opera. Avrebbe dato qualsiasi cosa per potersi calare i calzoni e pisciare. Per entrambi la rabbia e l'esaltazione iniziale erano sfumate via via combattendo, coperte dal sapore metallico della saliva impastata e dal puzzo di mattatoio di cui cominciavano a prendere coscienza. -La tua fede non ti sostiene pi? Ti arrendi gi? -Non cercare di mettere in capo a me le paure che invece mordono il tuo cuore! Ma fu tutto inutile, gli insulti non riuscivano pi a creare l'effetto sperato.

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Alla fine, consci di avere su di s lo sguardo dei rispettivi eserciti, ricominciarono di malavoglia gettandosi uno sopra l'altro, con foga, ma senza esagerare. L'esplosione scaravent entrambi per terra, e ci volle un po' perch Corrado riuscisse ad alzarsi da terra, e qualche minuto per riuscire a sentire di nuovo qualcosa che non fosse il fischio acuto che gli riempiva la testa. Fece in tempo per a vedere degli uomini portare via il suo sfidante, trascinandolo per le braccia; era quasi tutto intero, tranne che per il piede destro: da met stinco in gi si vedevano i brandelli dei pantaloni anneriti. Corrado si sent sollevare, e si ritrov un braccio intorno al collo di Campanello che cercava di sorreggerlo nel modo pi gentile possibile, mentre gli altri suoi uomini si prodigavano nel creare un passaggio sicuro verso il campo. Aveva la testa pesante e cammin con lo sguardo rivolto verso la terra, felice di poterla guardare dal verso giusto. A quella scena segu il passaparola che diffuse la notizia, ed in poco tempo tutti sapevano cosa era successo; la guerra lentamente scem in una scaramuccia: in genere la voglia di combattere, dopo qualche ora, calava paurosamente, ed ogni scusa per interrompere le ostilit veniva sfruttata di buon grado. La notte cal sui volti dei vivi e dei morti, senza fare distinzione, portando un' inquieto senso di pesantezza, un riposo incerto tormentato dai pensieri per il giorno successivo. Il mattino seguente Corrado and da Gerbert, gi sveglio da un pezzo per osservare qualsiasi movimento sospetto: -Chi stato ieri a sparare? -I nostri, un falconetto. -S lo so. Intendevo dire: quale soldato? -Non ne ho idea. Guardal, sono tutti l a dormire, vaglielo a chiedere direttamente. Il comandante si avvicin al gruppetto addormentato vicino ai

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cannoni, e con una pedata ne svegli uno. -In piedi, dillo a tutti i tuoi amici. Pochi secondi dopo se ne stavano ritti davanti a lui: li guardava con un' espressione seria ed imperscrutabile. -Ieri, durante il mio duello, un colpo partito da qui, colpendo in modo grave il mio avversario. Voglio sapere chi ha sparato quel colpo. Nessun si fece avanti, stavano tutti a faccia bassa. -Non ho intenzione di ripeterlo, chi era il tiratore del pezzo in questione? Una mano si alz. -A cosa stavi mirando? -All'esercito nemico! Vi giuro, io non volevo assolutamente interferire o rischiare di colpirvi, solo che impossibile prendere la mira precisa, non si pu mai sapere dove si sparer! Corrado sorrise, tolse tre monete d'oro dalla tasca e gliele mise in mano. -Grazie dell'aiuto. Il resto della giornata pass scandito dal rumore sibilante delle lame che venivano passate sulle pietre per affilare, accompagnato da brevi discorsi necessari per occupare il tempo e scacciare i brutti pensieri. A mezzogiorno un sole pallido scald un poco i visi dei soldati, che mangiavano la loro zuppa calda avidamente ed in silenzio. Corrado vide Campanello avvicinarsi e fu felice di poter aver accanto qualcuno con cui parlare. -Come me la sono cavata? -Sei vivo e senza ferite, e non perch tu ti sia nascosto da qualche parte: direi che sei stato bravo, molto bravo. -Ti ho visto sai, intendo dire ieri: incredibile come ti riesca facile ammazzare la gente. Non facevano in tempo a vederti arrivare che cadevano gi a terra. -Ti stupiresti di quanto conti la fama in questo mestiere. La paura fa pi della spada, a volte. E i lupi?

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-Stanno l. Uno morto. Corrado lo guard di traverso. -No tranquillo! Io non c'entro niente! Scoppiarono a ridere, attirando l' attenzione dei vicini, che invidiarono un po' quei due, anche se erano ovviamente pazzi, a ridere in un momento come quello. I cittadini di Pavia intanto osservavano dalle mura il campo imperiale, chiedendosi chi avrebbe vinto e dominato sulla citt.

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La festa. Il dottore strinse il laccio attorno alla ferita, facendo sobbalzare Giovanni, che riusc per a non urlare. Un soldato port fuori il pezzo amputato e lo gett in un fosso, per non ammorbare con quel puzzo di cancrena le tende vicine. Nessuno parlava, non sapevano dove guardare, non potevano neppure tenere timidamente lo sguardo verso terra perch alla loro vista si sarebbe presentato il lago di sangue perso dal loro comandante. Ci avevano messo tre giorni per trovare quel maledetto dottore, e chiss cosa stava succedendo a Pavia. -Smettetela di fare quelle facce! Dio Santo mettereste di malumore anche una sposa alle sue nozze! Portatemi fuori! Nessuno si oppose, e prendendolo sotto le ascelle lo aiutarono ad alzarsi: il resto lo fece da solo, zoppicando fino al tavolaccio che era stato allestito per la mensa degli ufficiali. -Portate da bere! Stasera si festeggia! -E cosa vorreste festeggiare? A parlare era stato uno degli ufficiali francesi, irritato per il gran numero di perdite che aveva avuto, e che ora non sopportava di dover far la veglia anticipata a quel pazzo. -Si festeggia la nostra futura vittoria! E cos'altro altrimenti? Lo scontro di oggi, la mia ferita, non sono altro che la prova della vilt di quelle carogne che hanno bisogno dell'inganno per poter ottenere qualche risultato! Quindi mettete da parte quello sguardo, domani cadranno, ne sono certo! Il dolore era insopportabile, e sperava che quell'idiota non facesse altre domande, non sapeva se avrebbe avuto la forza di rispondergli a tono per una seconda volta. Fortunatamente l'arrivo dei primi boccali di vino cancell ogni malumore: all'inizio solo i pi servili ebbero la faccia tosta di unirsi al comandante, ma ai primi timidi sorrisi segu un'atmosfera pi rilassata, che si propag tra i soldati.

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Anche chi non aveva nulla da bere fu contagiato da quel clima di festa, e le notizie viaggiavano veloci tra la truppa, mescolandosi a tal punto con la fantasia che qualcuno arriv a capire che era il loro comandante ad aver ferito l'avversario. Giovanni stava seduto, ma sorrideva sempre meno e cominci ad appoggiarsi con tutti e due i gomiti al tavolo. -Federico. -S? -Nella mia tenda, sotto alla mia branda. Nel baule di legno, portami quello che c' dentro, gi aperto. Il secondo torn in fretta, preoccupato dal tono con cui gli aveva chiesto quel favore. L'altro prese il vessillo, l'unico scampato al rito del fumo celebrato dopo la morte di Leone X, e se lo avvolse attorno alle spalle come una coperta; se non riusc il cotone a scaldarlo, in parte lo fecero i ricordi che quei colori gli suscitavano. Stava nevicando, e Giovanni ne fu felice: era la prima nevicata di quell'anno, perlomeno la prima che vedeva lui, ed ogni volta lo metteva di buon umore, un sentimento che gli era rimasto dall'infanzia. -Queste bende mi stringono. Toglimele, sto soffocando. Il dottore protest un po', ma alla fine acconsent. -Venite qui, tutti, non voglio stare da solo. I suoi ufficiali si strinsero attorno a lui, erano tutti cari amici scelti personalmente quando aveva formato le prime bande di soldati; quelli sopravvissuti gli erano rimasti legati in modo fraterno, ed ora piangevano con dolore sincero la morte del loro amico.

A scuola.

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La situazione era in stallo, dopo sei mesi di combattimenti il tutto si era trasformato in un assedio di sfinimento rispetto alle truppe lasciate a difesa della citt; I lanzichenecchi non si lasciavano demoralizzare, ed in parte contribuiva alla loro determinazione l'avvicinarsi della data di scadenza del loro contratto: dovevano dare il meglio di s se avessero voluto vedere rinnovato l'impegno. Il clima nel campo degli assalitori era ormai di malcelata sicurezza, tanto da far sembrare cosa di poco conto i carri carichi di morti che, comunque, ritornavano regolarmente dalle scaramucce. Questo senso di vittoria fu quello che probabilmente spinse Corrado a prendere Campanello con s, e portarselo dietro mentre andava a creare scompiglio tra gli avversari: non erano alla disperazione ma poco ci mancava, oramai le provviste per la citt erano quasi finite e bisognava trovare un modo per risolvere la situazione. Decise di prendere un piccolo capannello di uomini e cercare, nottetempo, di attraversare il campo francese: non sapeva bene cosa avrebbero ottenuto, ma sperava almeno di creare un po' di scompiglio, di sicuro si sarebbero divertiti. Non si sarebbero gettati nella mischia, ma sarebbero dovuti rimanere sulle ali esterne dello scontro, dove i meno organizzati ed esperti si sparpagliavano in gruppetti che avrebbero potuto facilmente sopraffare, o almeno cos sperava. Una breccia nelle mura gli permise di passare inosservati, e rifecero la strada che avevano visto il primo giorno, quando erano arrivati; si infilarono in un boschetto che correva lungo tutta la piana. Si aspettava di incontrare una certa resistenza: qualche guardia avrebbe sicuramente cercato di fermarli e di dare l'allarme. Mentre camminavano in silenzio guardava Campanello che proseguiva piegato in due davanti a lui; aveva fatto progressi

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incredibili da quando si erano conosciuti, ma fortunatamente riusciva a mantenere un'incoscienza dei fatti che stavano accadendo che lo faceva rimanere allibito: era come se tutto per lui fosse un gioco, quasi non capisse in realt cosa significasse essere un Lanzichenecco. -Statemi a tutti a sentire. Il gruppetto si ferm e rimase in attesa degli ordini. -Io e il ragazzo andiamo avanti da soli, voi rimanete ad una certa distanza, se troveremo delle sentinelle sar pi facile non farsi notare. Si misero in avanscoperta, e come previsto si trovarono davanti una guardia. Se ne stava seduta su un sasso, doveva essere un picchiere svizzero, e sembrava mezza addormentato; una vescica afflosciata stava gettata ai suoi piedi, e si reggeva al manico dell'arma. -Guarda e impara. -Cosa? Si piazz dietro al nemico, e gli diede uno spintone: questo si svegli e cominciarono ad azzuffarsi. Da buon maestro lo lasciava stare in disparte, e a voce alta gli descriveva con minuziosit di particolari i vari segreti del mestiere, rallentando volontariamente i colpi per meglio permettergli di coglierne appieno tutti i movimenti. A quel primo incontro ne seguirono altri, e per un paio d'ore continuarono cos: spesso i soldati nemici si infuriavano al sentire quel folle parlare come se fossero in una scuola d'armi, e si gettavano con foga ancora maggiore su di lui, ma inutilmente. Agli occhi di Campanello tutta questa farsa risultava estremamente eccitante, ma soprattutto era felice di vedere Corrado sorridere ancora e parlargli come aveva sempre fatto prima di ricongiungersi con l'esercito. La boriosit con cui eseguiva questi gesti in un paio di

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occasioni rischi di costargli molto cara: non tutti gli opponenti erano diciannovenni di bassa esperienza, e gli capit di trovarsi di fronte qualche avversario di pasta un po' pi dura; naturalmente Corrado si era premonito ed aveva chiesto ad un paio di veterani di rimanere nascosti l appresso, tenendo sempre un occhio sul comandante e pronti ad intervenire in qualsiasi momento di bisogno. -Vieni qui, prova tu adesso. -Non credo ce ne sia bisogno. Guarda che in queste settimane ho gi avuto modo di scontrarmi con un bel numero di avversari, non credere che io sia proprio senza esperienza. -D'accordo. Fammi vedere. Aspettavano che qualcuno degli altri si avvicinasse, e ne richiamavano l'attenzione con insulti e sputi, invocando il duello. Corrado li affrontava, li sfiancava, e li faceva finire al ragazzo. -Colpiscilo al garrese, cos cadr a terra e non potr pi muoversi. -Una botta sul collo, guarda, scoperto. -Questo non ha neppure l'armatura, fai un po' come ti pare. Campanello provava un sincero senso di disgusto nel fare tutto quello, non tanto nell'uccidere in s: erano comunque nemici, e gli si gettavano contro urlando, armati e furiosi, per cui la paura zittiva ogni tentativo della coscienza di farsi sentire. Tuttavia non sopportava di farlo cos, senza onore, aiutato dal suo amico. Non disse nulla per, per non offendere Corrado, ma soprattutto perch si fidava di lui: la maggior parte di quelli che vedeva erano molto giovani, quindi se lui era rimasto in vita per tutti quegli anni, ed era pure diventato comandante, evidentemente doveva conoscere il modo giusto di fare le cose; gli altri due intanto vigilavano. Gerbert osservava divertito la scena da lontano, ormai non si chiedeva neppure pi cosa fosse quell'ultima uscita di far da

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scuola al ragazzo, ma in fondo andava bene cos: da quando era tornato Corrado aveva ripreso a fare il suo dovere, e senza una figura come la sua difficilmente sarebbe riuscito a contenere quelle bestie. A questo proposito per si poneva un problema fondamentale, di cui non aveva ancora parlato al comandante: aveva dato un'occhiata al forziere delle paghe e dopo un rapido calcolo aveva scoperto che non ce n'era abbastanza per tutti; aveva fatto una previsione tenendo conto anche dei morti che in teoria ci sarebbero ancora stati, ma non risultava ancora abbastanza, doveva parlargliene presto, ma decise di aspettare che avesse finito di divertirsi. -Guarda! Questo qui avr la tua et! Te lo lascio per intero, dai, fammi vedere! Verso di loro si stava avvicinando un ragazzo biondo, chiuso in una armatura un po' stretta: era decisamente alto, giusto un po' pi di Campanello, e sembrava abbastanza intimorito; arrivato per a poca distanza si lanci con forza su Corrado, che con un calcio lo butt a terra: -Non contro di me, contro di lui. Il ragazzo rimase un secondo a pensare, ed arriv alla conclusione che aveva decisamente pi probabilit di riuscita con quello pi giovane. Campanello lo guard per un attimo e poi rimase di sasso: lo conosceva. Era del suo stesso villaggio, aveva un anno pi di lui, e a dire la verit non si ricordava neppure il suo nome; si ricordava per di quanto avesse pianto sua madre quando aveva scoperto che si era voluto unire ai Lanzichenecchi: fu la prima volta che ne sent parlare. Non era certo un suo amico, forse un paio di volte avevano tirato assieme qualche sasso alle oche del vecchio Lance, ma frequentava il gruppetto di quelli che rubavano le focacce al fornaio, e lo aveva sempre considerato un bulletto.

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Eppure quel volto familiare gli fece diventare i piedi di piombo: gli entr in testa il pensiero assurdo che qualcuno sarebbe andato a raccontare a sua madre che aveva ucciso il figlio della vicina, e lei non sarebbe pi potuta andare a messa dalla vergogna. L'altro gli salt addosso, svegliandolo dal suo sogno, e per poco non lo ammazz: per fortuna il suo maestro lo aveva gi infilzato alla schiena, e Campanello se lo ritrov sopra, morto. -Che ti preso? Sei impazzito? -Lo conoscevo. Corrado si zitt di colpo, conosceva la sensazione. Il suono di un corno squarci il silenzio della notte: non si erano accorti che il ragazzo aveva un compagno che aveva assistito a tutta la scena, e che ora stava dando l'allarme. Tutto l'esercito francese si svegli, e Francesco I si lanci all'attacco. Il giorno successivo la situazione si volse in modo repentino a favore dei francesi: la loro cavalleria era nettamente superiore e travolsero buona parte degli spagnoli che erano usciti dalle mura; i cannoni fecero il resto, distruggendo in buona parte l'artiglieria tedesca. Francesco I splendeva nella sua armatura, sormontata dalla medaglia dell'ordine di San Michele; le storie che si raccontavano sulla sua bravura non furono smentite: con facilit disarmante, dall'alto del suo cavallo, falciava i suoi avversari, nel pieno rispetto del mito cavalleresco del re condottiero. Ma la fortuna si volse perch mentre oramai si vedeva vittorioso, cadde da cavallo, rompendosi un polso. Il re era a terra, e per qualche secondo tutti i suoi uomini rimasero sgomenti ad osservare la scena del loro condottiero sdraiato su una spalla, mentre si teneva la mano destra con una smorfia di dolore.

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La stessa armatura, fino a pochi attimi prima suo orgoglio, lo tradiva: lo sfarzo che la rendeva cos bella rese impossibile non accorgersi della sua mancanza tra quelle dei suoi cavalieri: amici e nemici capirono immediatamente cosa era accaduto. Una moltitudine di uomini si rivers nella direzione di quella facile preda: ogni cavaliere, fante e uomo d' arme abbastanza sveglio da capire cosa significasse catturarlo si gett a capofitto nell'impresa. Immediatamente la nobilt francese si mise a scudo del proprio sovrano, dando inizio ad una furibonda zuffa: ogni ordine e grado furono dimenticati e il tutto si trasform in una bestiale caccia all'uomo. Corrado, da lontano, osservava divertito la scena, sperando che fosse uno dei suoi a catturarlo, anche se la cosa non gli interessava poi molto. Si accontent di esultare quando lo vide portare in trionfo dentro le mura, e sent il corno che segnava la resa dei francesi: Pavia era salva.

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Il vicer. Assieme a Campanello cominci a muoversi verso la citt; mentre camminavano Gerbert si avvicin a Corrado con un' espressione seria, e gli si mise accanto porgendo il viso al suo orecchio. -Signore, credo che abbiamo un problema. -Che ti succede? E perch parli a quel modo? Hai paura che qualcuno ti senta? -Non abbiamo oro a sufficienza per pagare tutti. -Lo so. Lo so. L'ho visto anch'io. Ma non ti preoccupare: domani voglio scambiare due parole col generale, sono sicuro che avr gi messo tutto a posto. -Lo spero proprio: abbiamo vinto e non vorrei dover dire ai soldati che dovranno festeggiare con le tasche vuote. -Non ti preoccupare, si risolver tutto. Gli uomini cominciarono a festeggiare e per tutta la sera gli unici discorsi verterono sul vino, sulle donne che li aspettavano e sulla commemorazione degli amici morti. Eppure qualche voce si levava stonata dal coro: non a tutti interessava far festa, volevano solo metter le mani sul loro oro. Corrado vide negli occhi lucidi dei soldati l'occasione che gli serviva, si alz in piedi su un tavolo e cacci un lungo urlo per attirare l'attenzione su di s: -Uomini! Valorosi combattenti! Ancora una volta la furia dei Lanzichenecchi ha travolto i corrotti che si sono posti sulla nostra strada verso Roma! Ed ora guardate cosa ci attende: davanti a noi questa brava gente aspetta solo di festeggiarci con fiumi di vino e carne, la giusta ricompensa per il lavoro che abbiamo svolto! Un coro festante rispose a quelle parole, anche se il dubbio assal qualcuno dei soldati pi esperti, che per non dissero nulla, attratti comunque dalla bont dell'offerta. Campanello si avvicin a Corrado che si stava vantando con

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Gerbert della sua geniale idea. -Senti, ma allora anche io ricever qualcosa? -Stai scherzando? Ma certamente! Tutto quello che riuscirai a mettere sotto le tue grinfie te lo potrai portare a casa. Mi raccomando per, stavolta cerca di stare lontano dalle ragazze! Si misero tutti e tre a ridere, compreso Gerbert che non sapeva niente della storia, ma era talmente sollevato per il rischio risolto che avrebbe riso per qualsiasi cosa. Al mattino, malgrado il festino della sera precedente, tutti erano gi in piedi, pronti a quella nuova scorribanda ed impazienti di mettere le mani su qualsiasi cosa avesse potuto avere un po' di valore. Cominciarono a muoversi verso le mura della citt, guidati da Corrado in sella al suo cavallo, procedevano senza fretta, quasi a voler allungare al massimo l'attesa per pregustare fino in fondo il piacere di quell'idea. Le porte della citt erano aperte, dopo la vittoria dell'esercito imperiale gli abitanti si sentivano al sicuro. Erano quasi arrivati, quando il rumore di una tromba li fece voltare: era il richiamo del vicer di Napoli, a capo dell'esercito. Corrado fece fermare tutti, e si diresse al trotto verso il superiore; i soldati non presero affatto bene questa interruzione, ed un brusio sommesso accompagn un malcelato senso di delusione. -Felice di vedervi! Siete arrivato giusto in tempo per gustarvi lo spettacolo. -Quale spettacolo? Il vicer guard con sospetto quel mercenario, non si sa mai cosa aspettarsi da un Lanzichenecco. -Il sacco della citt. L'ho promesso ai miei uomini. Sono sfiniti dopo la battaglia vinta, e reclamano il giusto compenso. -Voi non farete nulla di tutto questo. L'imperatore stanco di sentire messi che implorano la sua piet; per via dell'opera di

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distruzione che vi state lasciando alle spalle le regioni conquistate sono piene di rancore. Voi non toccherete quella citt: sarete pagati secondo quanto pattuito. Fateli pure entrare dentro le mura, ma che non torcano un capello a nessuno. Non capisco come il generale Frundsberg vi permetta tutto questo: di tutti i Lanzichenecchi, voi siete la compagnia peggiore! Corrado torn da Gerbert: non disse nulla, vedendolo arrivare con quella faccia aveva gi capito tutto, si stava scervellando per cercare di trovare una soluzione. I soldati cominciarono a fremere, non era una facile rimanere freddi dopo essere stati eccitati a quel modo, un po' come succede quando una donna ci ripensa e cambia idea, e molti erano gi pronti a commettere qualche sciocchezza. -Uomini! La fortuna dalla nostra! L'oro arrivato! Non c' pi bisogno di mettere a fuoco questa citt! Non vi dovrete accontentare di qualche vaso vecchio e delle poche monete di qualche grasso mercante, ma avrete denaro sonante in giusta parte per ognuno di voi! Entriamo pure nelle mura, ma siate con gentili con questa povera gente! Han gi dovuto patire la paura di veder arrivare le nostre brutte facce, direi che per oggi gi a sufficienza! Qualcuno rise, la maggior parte cap quello che era successo, ma nessuno protest, nemmeno questa volta: erano molto stanchi dopo la lunga battaglia, ed un saccheggio richiede comunque un certo impegno fisico. I pi si infilarono in qualche taverna, riempiendole fino all'orlo e cominciando a bere fino a gonfiarsi come otri. In parte per l'ebbrezza, in parte volontariamente, i boccali venivano pagati uno s e due no, ma nessun oste os protestare. I sederi e le poppe di tutte le ragazze che ebbero la sfortuna di incrociarli furono consumati da quelle mani callose, e Corrado fece una gran fatica a star dietro a quella bolgia eccitata: si erano dispersi per le vie della citt e la sua voce si perdeva, infrangendosi contro le pareti delle case.

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A mezzogiorno molti erano sdraiati per le strade, dormendo come sassi, pieni di carne alla brace, svegliati di quando in quando dai piedi di qualcun' altro che li calpestava. Corrado e Campanello cercavano un posto pi tranquillo, e stavano giusto discutendo se fosse meglio chiedere consiglio a qualche abitante o semplicemente entrare in una casa e dichiararsi ospiti, quando furono interrotti da un uomo. Era ben vestito, aveva la pancia della giusta dimensione per essere uno importante, tant' che un paio di uomini armati lo seguivano, volendo rappresentare forse una specie di guardia personale, pi un vezzo che una vera difesa. Li guard con sguardo perplesso, poi prese coraggio: -Siete voi il comandante Corrado? -Indovinato. L'uomo di colpo cambi atteggiamento, si mise a sorridere e si profuse in mille smancerie: era stato guardingo perch da un paio d'ore almeno rivolgeva quella domanda a tutti i Lanzi che incontrava, ricevendone in risposta insulti, sputi e minacce. -Dio sia lodato! Finalmente vi ho trovato. Sono il marchese Guido di Ripafratta, e vi accolgo con ogni onore nella nostra cittadina. -Arrivate al punto. -Ecco, dunque, il vostro generale mi manda a cercarvi, desidera conferire al pi presto con voi, non so per quale questione. Negli occhi spaventati di quell'uomo Corrado vide la rabbia del suo superiore. -Andiamo Campanello, direi che ora che anche tu faccia la conoscenza del Frundsberg. -E chi sarebbe? -Come sarebbe a dire chi sarebbe! E' il mio diretto superiore, il generale che comanda tutti i Lanzichenecchi, o pensavi che fossi io guidare il nostro esercito? Noi siamo solo una divisione, la maggiore comunque. Effettivamente il ragazzo non si era mai posto il problema, da

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quando si era unito a loro aveva visto solo Corrado al comando. -Marchese di Ripafratta, facci strada. Arrivarono ad un castello circondato da soldati, e Campanello not che ce n'erano di due tipi diversi: alcuni portavano armature elaborate e lunghe spade ai fianchi, erano gli spagnoli, tutti gli altri erano Lanzichenecchi. Salirono per delle scale e si ritrovarono in un ampio salone affrescato; Corrado si mise ad osservare le decorazioni, e fu felice che la battaglia si fosse fermata al di fuori delle mura, sarebbe stato un peccato rovinare delle opere cos belle. -Mi raccomando, quando arriver, tu non dire niente: lascia parlare me, e stai con la testa bassa. Non annuire. A Campanello sembrava strano l'atteggiamento del suo amico: stringeva il pollice tra le altre dita, e camminava avanti e indietro, lentamente, ma senza fermarsi. Delle urla arrivarono dalla stanza accanto, due uomini stavano litigando, e Corrado cominci a leccarsi le labbra. Una porta si spalanc e ne usc il generale che fece loro cenno di avvicinarsi: mentre camminavano Campanello vide subito l'espressione arcigna di quell'uomo; doveva avere sui cinquant'anni, aveva i capelli brizzolati, tagliati corti, e portava un folto pizzo che dava al volto un'espressione ancora pi accigliata. Il portamento era fiero e deciso, anche troppo, quasi ostentato, e questo malgrado zoppicasse vistosamente; gli occhi gli luccicavano, come se avesse bevuto, doveva essere stata una sfuriata memorabile. Quella figura richiedeva una voce forte e possente, e fu abbastanza sorpreso nel sentire invece un'intonazione controllata e con una leggera inflessione dialettale, ma che part fin da subito con un tono aspro e seccato. -Dove sei stato? -Mi hanno ferito e ho perso i sensi, il ragazzo qui mi ha preso

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da parte, e vi abbiamo... -Non me ne frega niente dei vostri giochi, tu vedi solo che non accada di nuovo. -Cercher di usare la massima prudenza. -Cercher un bel niente! Tu devi fare quello che ti dico io e basta, ho mandato a spasso comandanti per molto meno. Adesso basta con queste stupidaggini: il vicer ha detto che non ha portato l'oro con s perch serviva per i cannoni e poi c' la guerra e via dicendo. I tuoi uomini come sono? -In che senso? -Nel senso di che umore hanno! Alza la voce, per Dio! Non ti sento nemmeno! Corrado cerc di far uscire tutta l'aria che aveva nei polmoni, ma erano bloccati come se avesse un masso sul petto: riusc a malapena a raggiungere un tono normale; quasi balbettava. -Sono molto stanchi, non accetteranno un altro ritardo. -Nemmeno i miei! Proprio mentre discutevano dalla porta da cui era uscito il generale arriv a grandi falcate il vicer, che li super gettando loro un'occhiata sdegnosa, ma non os rallentare nemmeno di un passo e fil via dritto. -Prendilo! Il generale stava urlando a Corrado. -Allora? Che cosa stai aspettando? Prendilo, cos', devo corrergli dietro io? Si indic la gamba malata con un gesto. Corrado schizz dietro al panciuto nobiluomo che aveva sentito benissimo la frase e quindi era schizzato alla massima velocit, che per fortuna di Corrado non era troppo elevata. Gli si mise davanti e lo guard minaccioso, anche se in cuor suo era abbastanza spaventato dalle conseguenze politiche del gesto che stava per compiere: in qualsiasi modo si fosse risolta quella questione, non si sarebbe scordato della sua faccia, per cui cerc di tenere un tono gentile.

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Fortunatamente anche l'altro mostrava molto pi coraggio di quanto non ne avesse nel cuore, e segu Corrado senza fare troppe storie. Il generale sorrideva, ma una luce stonata rimaneva nei suoi occhi, anche lui temeva le conseguenze di quel gesto. -Mi dispiace, ma rimarrete nostro ospite fino a quando non avr la certezza che i miei uomini saranno pagati. -Voi non potete! -Posso eccome. Tu: prendi quest'uomo e portalo in quella stanza. Siamo in alto e non pu certo gettarsi dalla finestra, per cui devi solo stare attento che non scappi dalla porta. Si stava rivolgendo a Campanello, che rimase qualche secondo a bocca aperta, cercando consiglio nello sguardo di Corrado. -Non hai sentito cosa ha detto il generale? Obbedisci subito. -S. -Corrado, adesso torna dai tuoi uomini e prendi quelli che non sono gi troppo ubriachi, poi torna qui e disarma la guardia personale del vicer; cerca di fare meno morti possibili. Io mi occuper di quelli che stanno fuori le mura: qui tra un ora. Corrado corse via e prima di uscire gett uno sguardo alla porta di Campanello, terrorizzato dall'idea che potesse combinare qualche guaio. Ripercorse all'indietro la strada che aveva fatto ed arriv nella piazza principale: aveva gi in mente gli uomini che avrebbero fatto al caso suo. And dritto da Gerbert, che stava cantando a squarciagola per il diletto di alcuni soldati. -Vedo che ti stai divertendo. Adesso rimettiti i calzoni e cerca di tornare in te: abbiamo un problema. Le parole che gli sussurr all'orecchio gli fecero l'effetto di un secchio di acqua gelata, ridivent subito serio e si mise a cercare gli uomini che gli aveva indicato. Corrado si diresse verso il capo dei Lupi: stavano tutti assieme e confabulavano tra loro, e quando lo videro arrivare si

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zittirono immediatamente; not che non avevano bevuto. -Cosa state complottando? -Niente comandante, niente. Ai vostri ordini. -Se state pensando di far scoppiare una razzia vi avviso subito che vi farei impiccare all'istante. Per un attimo uno di loro spalanc gli occhi, poi gir lo sguardo dall'altra parte. -Credo che abbiate gi capito cosa stia succedendo: vi propongo un' alternativa: se riusciamo a convincere il vicer i soldi arriveranno, ma mi serve qualcuno che tenga a bada la sua guardia; lui lo abbiamo gi preso. Naturalmente verrete ben pagati. -Ben pagati quanto? Era il capo che parlava, e gli altri si alzarono in piedi, mettendoglisi ai fianchi. -Ad ognuno dar tante monete quanto il numero di voi che riuscir a non farsi ammazzare moltiplicato per dieci. -Ci stiamo. Si misero a correre verso il castello, e qualcuno dei lupi fece tutta la strada con gli occhi per aria e contando con le dita, cercando di calcolare quante monete gli spettassero. Corrado correva a perdifiato, aveva negli occhi la scena del vicer che li aspettava sulla porta tenendo in mano la testa di Campanello e urlando ordini ai suoi uomini. Invece trov tutto come prima: le guardie stavano passando il tempo giocando ai dadi, lanzi mischiati con spagnoli. Url un ordine in tedesco: i suoi lo guardarono allibiti perch avevano capito cosa aveva detto, gli spagnoli anche, ma perch non avevano capito niente. Si ritrovarono con le spade sguainate puntate al petto, e non poterono fare nulla se non arrendersi. Corrado cerc di essere il pi cordiale possibile, e spieg al loro capitano tutta la situazione, quasi cercando di far leva su uno spirito di comunione tra uomini d'arme.

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Per tutta risposta si sent coprire di insulti, e gli tocc ascoltare una bella paternale sull'onore, sulla fedelt all'imperatore e via dicendo; si meravigli nel desiderare di veder arrivare il generale. -Da dove vieni? -Lugano. -Eri un contadino, vero? -S. Come lo avete capito? -Ti piacerebbe tornare a casa pieno di oro? -Mi vuole corrompere? -Lasciami scappare e far in modo ti darti tanti di quei soldi che potrai vivere come un nobile per il resto della tua vita! Anzi sarai nobile! Se voglio posso farti marchese all'istante! Guarda: non racconto storie! Tir fuori dalle brache una borsetta di cuoio finemente ricamata, e vers sul tavolo una manciata di monete d'oro, qualche anello e una perla. A Campanello scintillavano gli occhi: non era moltissimo denaro, ma sicuramente pi di quanto ne avesse mai visto in vita sua. -Lo vedi questo anello? Lo vedi il sigillo che c' sopra? E' il sigillo imperiale: io adesso prendo una pergamena, ci scrivo sopra il tuo nome e ti dichiaro marchese delle terre che vuoi tu, e nessuno potr mai eccepire nulla. D'un tratto si vide arrivare in carrozza al suo paesello, e camminare con babbucce di seta nel fango delle vie, gettare monete ai suoi vecchi compagni di giochi e comprare con il gesto di una mano le terre in cui i suoi genitori erano mezzadri. Senza accorgersene, stava guardando per aria con una espressione ebete, e sorrideva con un angolo della bocca. Il volpone lo guardava compiaciuto di s, come tutte le volte che riusciva a siglare un accordo durante qualche trattativa diplomatica.

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-Vedo che sei un ragazzo intelligente: ascoltami, quanto credi di poter resistere ancora tra quegli animali? Sei vivo per miracolo, i mercenari non durano a lungo in piedi in questi tempi di guerra. Dammi retta, aiutami a fuggire e accompagnami fino alle truppe fedeli all'Imperatore! I tuoi compagni sono tutti traditori, verranno tutti impiccati! Vuoi morire anche tu appeso ad una corda? Lo hai mai visto un impiccato? Lo aveva visto s, quando era piccolo, e per notti intere aveva sognato quegli occhi strabuzzati fuori dalle orbite e la lingua viola che penzolava dalla bocca. -Il primo sar quel maledetto che mi brancato per un braccio mentre stavo uscendo, quel falso! Cercava di fare il gentile, quel cane rognoso! Campanello gli si mise davanti e gli diede uno schiaffo. -Non insultate mai pi il comandante Corrado, un uomo valoroso, lui non cercherebbe di corrompermi come fate voi! L'altro si rintan in un angolo e per un po' non disse pi nulla. Dopo qualche tempo per riprese coraggio, e si riavvicin al ragazzo: -Ho sete! Portami qualcosa da bere, ti prego! -Non posso. -Senti, se questa storia va male, io morir, per cui trattami pure come una bestia, tanto che ti importa. Considera per che i tuoi superiori non vorranno certo tornare a dire ai loro uomini che non s' risolto nulla e che non verranno pagati, quindi credimi, alla fine un accordo si trover. Mi hai gi schiaffeggiato, e io potrei chiedere, come postilla all'accordo che sigleremo, di farti impiccare. Portamene un bel boccale, ho parlato fin troppo per oggi. -Mi date la vostra parola che non tenterete di fuggire? -La parola di un vicer lega pi di ogni giuramento. Prometto. Corrado guardava con aria preoccupata in direzione delle mura:

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non aveva sentito nessun rumore provenire da quella direzione, e le cosa gli sembrava parecchio strana. Stava per mandare qualcuno a controllare, ma da dietro un a casa spunt il generale: non era solo, con lui c'era un ufficiale spagnolo; camminavano fianco a fianco con espressione seria. -Corrado, questo il comandante delle truppe spagnole: gli ho spiegato la situazione, ed anche lui trova che un impegno pi deciso riguardo il pagamento dei due eserciti sia una richiesta pi che giustificata. Andiamo, il vicer ci aspetta. Mentre camminavano verso il portone, una scena li pietrific: da una finestra il vicer si stava calando lungo degli arazzi arrotolati tra loro, ed era quasi arrivato in fondo, ma per colpa del suo peso e dell'et non pi acerba si ritrov col sedere per terra. Si mise a correre come un forsennato proprio mentre Campanello si affacciava dalla stessa finestra, tenendo in mano una brocca: -Mi ha ingannato! Mi ha ingannato! Anche lui si cal dalla stessa corda, e mentre scendeva poteva sentire la via crucis di bestemmie che il generale e Corrado gli lanciavano in coro. Su ordine dei due ufficiali una ventina di lanzichenecchi riusc ad accerchiare il fuggitivo, e lo tenevano immobili tenendogli puntate contro le alabarde. Campanello arriv poco dopo con una faccia infuriata, si fece strada tra i soldati e strapp ad uno di loro la sua lancia, e la punt al petto del vicer. -Spergiuro, falso ipocrita di un nobile! Siete i peggiori di tutti! Siete i peggiori di tutti! Dei vostri giuramenti son pieni i pavimenti delle stalle! Adesso t'ammazzo! Ah! Se lo faccio! Corrado stava veramente per infilzare Campanello questa volta, ma la mano del generale lo trattenne: si gir, aspettandosi di trovarsi di fronte il suo viso furioso, e questo invece sorrideva. -Lascialo fare. Non l'han convinto le mie minacce, vediamo se

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ci riesce il ragazzo. Le parole di Campanello non riuscirono a scalfire l'autocontrollo del vicer, ma il pezzettino d'acciaio che si ritrov tra le costole e che gli macchi il panciotto con qualche goccia di sangue ebbe un certo effetto. -Piet! Piet! Firmer tutto! Firmer tutto! Corrado finalmente potette andare a recuperare Campanello che nel frattempo si era un po' sbollito e non aveva pi voglia di ammazzare nessuno, ed aveva cominciato a tremare pensando alla punizione per esserselo lasciato sfuggire. Il generale si avvicin e gli piant gli occhi dritto nei suoi. -Com' che te lo sei fatto scappare? -Ma lui mi aveva detto che... -Cosa ti avevo ordinato io? Di non lasciarlo nemmeno per un secondo. Lo hai fatto? -Per un attimo... -Lo hai fatto? -No. -E quindi cos' successo? -E' scappato. -Ecco, appunto. Stavolta andata bene perch questo qui pi idiota di te, ma certi errori nel nostro esercito non si commettono due volte. Adesso va, va col tuo compare, qui, che siete proprio una bella coppia. Campanello e Corrado si allontanarono di buon passo senza dire nulla, e Campanello stava con gli occhi bassi. Li alz dopo un po', e vide Corrado che lo guardava con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta, senza rendersi conto che lo stava facendo da qualche minuto ormai. -Perch fai quella faccia? -Gli devi essere proprio simpatico. Non riusciva a capacitarsi che fosse ancora vivo.

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La cura. Gerbert ascoltava e sorrideva, e non emise un suono fino alla fine della storia: Corrado gli fece un resoconto per filo e per segno di quanto era accaduto, non risparmiando nessun particolare. -E davvero l'ha lasciato andare cos? -Te lo giuro. -Cambiando discorso, adesso cosa credete che succeder? -Il vicer ha firmato un impegno scritto in cui si impegna solennemente a fare in modo che tutti vengano pagati. Considerato il numero di sigilli apposti su quella carta, direi che possiamo ritenerla cosa fatta ormai. -Proseguiremo verso Roma? -Direi proprio di s. Dopo questa vittoria, e con Francesco I in mano nostra, abbiamo accumulato un vantaggio evidente. La senti la puzza di incenso? E' Roma che brucia! -A me sembra solo il sego delle candele! Ma se lo dite voi! Scoppiarono a ridere, finalmente dopo tanto tempo potevano rilassarsi un po'. Campanello stava con la testa appoggiata al tavolo e dormiva, stremato dall'emozione; quando qualcuno cacciava un urlo pi forte del normale alzava la testa, guardava Corrado con gli occhi intorpiditi, e poi la riappoggiava sulle braccia. -E' ancora un ragazzo. -Vedessi come sa mulinare la spada quando serve. -L'ho visto. L'ho visto. Ma saper muovere un pezzo di ferro non significa certo essere maturi, me l'avete detto voi una volta. -E te lo ripeto ancora adesso. -Vi ci siete affezionato? -Lo sai che tengo a tutti i miei soldati. -Avete mai pensato di smettere? -Smettere di fare che cosa? -Di combattere intendo. Ritirarvi, usare i soldi che avete

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ricevuto per comprare un pezzo di terra e coltivarlo. -E' questo quello che ti piacerebbe fare? -Pu darsi, a volte ci penso, voi no? -Non proprio il genere di pensieri che ho di solito. E poi non mi ci vedo a fare il contadino, troppa fatica. Meglio fare il mercenario: lavori qualche giorno, cammini molto, e poi gozzovigli per altrettanto tempo. -Se sopravvivi... -Se sopravvivi. Si accorsero di avere davanti a loro un bel po' di brocche vuote ormai, e decisero di andare a fare una bella passeggiata all'aria gelida della sera, tanto per svegliarsi un poco; lasciarono Campanello a dormire. Si sedettero sul bordo di una fontana, e Corrado pass le mani sulle pietre fredde; fece scorrere sotto le dita gli intarsi, e gli torn alla mente il suo paese natale: quei disegni gli ricordavano quelli che vedeva ogni domenica sulla facciata della chiesa. La mano calda di sua mamma che stringeva la sua gli sembr una cosa talmente lontana, talmente distante, che per un attimo si chiese se fossero davvero dei ricordi o solo una fantasia che aveva creato una delle volte che era stato sul punto di morire. Si guard gli stivali: erano logori, ma sicuramente suo padre sarebbe stato capace di metterli a nuovo, tutti i ricchi borghesi della zona andavano da lui per farsi fare un paio di scarpe nuove, o aggiustare quelle vecchie. Mentre spalmava, tagliava e cuciva li intratteneva con delle battutacce da osteria piene di doppi sensi; qualcuno si irritava, ma la maggior parte rideva sotto i baffi e ricambiava. Gli piaceva da morire farsi passare per zotico molto pi di quanto non lo fosse, era un suo modo per prenderli in giro dopotutto. Eppure per quanti anni si era arrabbiato per quelle frasi, si vergognava che le dicesse e cercava di convincerlo a non fargli

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pi fare quelle brutte figure. Adesso per invidiava la calma che gli era propria e la pi totale indifferenza a quello che pensava la gente di lui, un calzolaio con la saggezza di un filosofo. Sput nella fontana e si accorse che lo scaracchio non fece il rumore che si aspettava: faceva cos freddo ormai che l'acqua si era gi tutta ghiacciata. Un urlo lontano lo fece ridestare dallo stato di torpore: si volt, e vide una luce rossastra provenire da dietro i tetti. Guard Gerbert, ed un secondo dopo stavano gi correndo verso l'incendio. Arrivarono giusto in tempo per vedere un soldato uscire tutto soddisfatto da una casa in fiamme, tenendo un quadro in mano; un' altro lo stava sgridando urlandogli di prendere qualcosa di pi facile da trasportare. Riconobbe in un angolo il marchese di Ripafratta, che se ne stava inginocchiato a piangere. Si piazz davanti ad uno degli uomini e gli intim di fermarsi: quello, riconoscendolo, si blocc, ma degli altri vennero a dargli man forte. -Signore, non cercate di fermarci, abbiamo tutto il diritto di prenderci quel che ci spetta! -Idioti! Non avete sentito la notizia? Il vicer ha firmato un impegno, il denaro arriver in pochi giorni! Smettetela immediatamente! -Io so soltanto che adesso c' una carta scritta da un fetente che promette qualcosa, so che ho combattuto per tre mesi rischiando la pelle ogni giorno e so che adesso non ho quasi pi denaro nemmeno per pagarmi il vino. Corrado tir fuori dalla tasca il suo borsello e glielo lanci ai piedi. -Tieni, baster a te e ai tuoi per i giorni necessari. Adesso andatevene! L'altro diede un calcio al sacchetto, e si mise a ridere.

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-Risparmiaci la tua carit, comandante! In quel momento Corrado si rese conto che erano almeno una ventina, e lui aveva con s solo Gerbert. Da dietro i soldati si ud il sibilo di una freccia, e poi il tonfo di uno di loro che cadeva per terra: il generale era arrivato con un manipolo di uomini; in pochi minuti fu tutto finito. -Vedo che non sei pi capace nemmeno di mettere fine a una rivolta adesso. -Se avessi avuto qualche uomo in pi... -Da quanto sei tornato con quel ragazzo mi sembri rammollito, che diavolo ti successo? -Ma se avr ammazzato decine di uomini durante la battaglia! -A usar la spada sei ancora buono, la voce che hai dimenticato come esce da un comandante! Ma c' l'ho io la cura per il tuo male: domani presto parti con i tuoi tremila e te ne vai a Parma, a svernare come le oche. Io rimango qui fin quando non ci pagano, poi vi raggiungiamo. E il ragazzo rimane con noi. -Ma generale! Non pronto! -Non pronto? Pronto per cosa? A morire? E allora cos'ha scelto a fare di esser Lanzichenecco? Va a dormire adesso, che domani gi vicino. Corrado si inchin e ritorn alla locanda. -Come glielo dirai? -Non glielo dir. Domani si sveglia e lo scopre. -Stai scherzando! E come credi reagir? -Si metter a frignare e obbedir agli ordini. Lo conosco bene ormai. Campanello fu svegliato dal rumore degli altri soldati che mangiavano la colazione, bestemmiando e ruttando, e rimase un attimo a massaggiarsi il collo: dopo una notte in quella posizione quasi non riusciva pi a muoverlo. Non vide ne Gerbert ne Corrado. -Scusa, hai visto il comandante?

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-Eccolo l. Gli indic un ufficiale seduto al tavolo che beveva birra con lo sguardo perso. -No, non quello, Corrado. L'altro lo guard un attimo perplesso, poi scoppi a ridere. -Guardate questo! Ha perso la sua divisione! Bamboccio: son partiti stamattina presto quelli del Bemelberg! Adesso ti tocca rimanere con noi che siamo sotto il generale! Non t' mica andata tanto bene mi sa! Dopo qualche strattone, molti insulti e un paio di boccali riusc a farsi spiegare bene quello che era successo: non riusciva a capacitarsi che Corrado fosse partito cos, senza dirgli nulla. Usc dalla locanda tutto trafelato, e si mise a correre verso la porta nelle mura. Lo trov prima il generale, che non appena lo vide lo apostrof e lo fece avvicinare. -Il tuo amico l' andato a Piacenza, a svernare come le oche. Fece una pausa, lisciandosi il pizzo e sorridendo. -Tu da oggi passi sotto il mio diretto comando: unisciti agli altri e non fare storie. -Se per quello che successo col vicer, vi chiedo umilmente scusa, vi giuro che non succeder mai pi una cosa del genere, vi giuro che... -Oh! Ma guarda tu questo! Ma lo sai cos' un ordine? C' hai bisogno della balia per caso, che non sai ammazzar la gente senza qualcun che te lo spieghi in parte? Va a mangiar qualcosa, perch o sei debole o sei stupido, e se continui a star qui a frignare sei solo morto! Va! E guarda che il tuo amico era ben d'accordo con me a lasciarti qui, altrimenti perch non t'avrebbe detto niente? Campanello perse ogni speranza di convincerlo e ritorn sui suoi passi, fino ad arrivare alla locanda da dove era partito. Rientr, e il soldato di prima alz il boccale in sua salute: -Al pulcino smarrito!

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E tutti si misero a ridere. Pass due giorni cos, a cercar di far bisboccia e scherzare assieme agli altri che aspettavano la paga, ma la maggior parte del tempo beveva da solo e pensava, pensava senza mai smettere, fino a farsi scoppiare il cervello. Intanto la rabbia covava dentro di lui: ogni spiegazione logica non riusciva a giustificare il comportamento di Corrado che lo aveva lasciato l da solo. Lo stupido era lui, che aveva creduto davvero di poter fare amicizia con un ufficiale, qualcosa di simile ad un nobile: di sicuro adesso era con quel Gerbert a ridere di lui, s'era divertito per bene. Aveva fatto la parte del fratellone premuroso che gli faceva scuola di vita, ma era solo un diversivo, qualcosa con cui scacciar la noia: e dopo la figuraccia che gli aveva fatto fare con quel pasticcio del vicer, proprio davanti al generale di cui aveva tanto paura, si era liberato di lui. Un brusio lo svegli dalle sue riflessioni: i soldati parlottavano tra loro, poi cominciarono ad uscire a gruppetti di due o tre dalla locanda. Campanello si un alla processione di uomini che a passo veloce si muovevano verso la piazza principale: il generale se ne stava in mezzo, ritto sul suo cavallo, a controllare che non scoppiassero risse durante il pagamento. Anche Campanello si mise in fila come gli altri e si ritrov dopo un po' con un bel sacchetto di monete in mano: erano pesanti da tenere e davano una bella sensazione. A mezzogiorno tutti avevano ritirato la loro parte, e il generale prese la parola: -Adesso che siete stati pagati sarete ben contenti, no? Boato. -Allora usateli bene i vostri soldi per festeggiare, perch domani partiamo per il campo invernale, e ci sar un bel po' da camminare.

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La folla si disperse e tutti si riversarono nelle locande da dove erano usciti, tranne Campanello, che rimase da solo nella piazza. Era deserta, ed il cielo grigio e pesante le dava un' aspetto spettrale, sembrava quasi di essere in una citt disabitata. Campanello si mise a camminare senza una meta, non aveva proprio voglia di unirsi agli altri; arriv davanti ad un fornaio, e si rese conto che non aveva mangiato nulla dalla sera prima: entr cautamente attirato dall'insegna, che rappresentava un grosso pane. Il fornaio appena lo vide fece una smorfia, e Campanello capendo i timori dell'uomo tir fuori una moneta dalla tasca e si mise a farla scivolare tra le dita, in modo che la potesse vedere bene. -In cosa la posso servire? -Cosa avete? -A dirla tutta m' rimasta solo questa focaccia di pane azzimo: dopo mesi di assedio non c' rimasto molto, anzi gi bello che c' ancora qualcosa. Quanta? Campanello la osserv e cerc di indovinarne il profumo, ma sentiva solo quello di farina che impregnava tutta la stanza. -Abbastanza per tre pasti. -Tre pasti di quaresima se mangiate solo quella! Usc a mangiarla e si mise a sedere per terra con la schiena contro un albero, cercando di scaldarsi un poco con un filo di sole che aveva fatto capolino dalle nuvole. Aveva voglia di fare un pisolino, ma faceva troppo freddo, e pens che in fondo, dopo non aver fatto altro che dormire e mangiare per quattro giorni di seguito, poteva anche farne a meno. Non appena cal il buio mise in atto il suo piano: si diresse verso la porta della citt, e aspett che le guardie non vedessero per sgattaiolare fuori; non dovette sforzarsi troppo, dato che di guardie non ce n'erano.

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Si mise a correre per i campi, terrorizzato all'idea di sentire da un momento all'altro il rumore degli zoccoli di un cavallo dietro di lui, e la voce del generale che lo chiamava. Si ritrov in un bosco, ansimava, e il gelo gli bucava i polmoni come aghi di ghiaccio; si mise a ridere pensando a quanto fosse idiota: aveva corso tutto quel pezzo con l'armatura addosso. Se la tolse e la gett per terra, tanto non gli sarebbe servita mai pi, la vita da Lanzichenecco era finita. Aveva abbastanza soldi per vivere qualche tempo, e di sicuro avrebbe trovato lavoro come garzone da qualche parte. Si rimise in cammino, cercando di scacciare il pensiero sul problema di come passare la notte; la pass camminando, dato che non riusc a trovare nessun riparo. Al mattino si sorprese di buon umore, un bel sole tiepido fece capolino dalla linea della pianura e i campi attorno a lui gli indicavano che si stava avvicinando a qualche paese. Si ferm e tir fuori da sotto la maglia il pezzo di focaccia rimasta: pens di essere stato stupido a non averne presa di pi, anche perch era veramente buona. Sent un rumore impercettibile provenire da dietro di lui: si volt e vide uno scoiattolo che se ne stava ritto su un ceppo marcio, guardandolo incuriosito. Lo invidiava, perch aveva una bella pelliccia folta, un buco dove rintanarsi pieno di ghiande e magari anche una compagna che lo aspettava. Gli gett una briciola di focaccia, e questo si avvicin per prenderla; con uno scatto si gett su di lui ma l'animale riusc a fuggire, si mise a rincorrerlo e fin su di un crinale scosceso senza accorgersene: proprio mentre lo acchiappava per la coda si sent mancare la terra sotto i piedi e cominci a ruzzolare graffiandosi tra i rovi. Ad un certo punto rimase incastrato, ma poi ricominci a cadere e si ritrov col sedere per terra e pieno di graffi; lo scoiattolo gli era scappato dalle mani e stava fuggendo su un

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albero. Campanello si alz in piedi e si volt per vedere da dove era ruzzolato: si era bloccato a met perch la spada si era impigliata tra i rovi, ed ora penzolava qualche metro sopra di lui. Stava quasi per mettersi ad arrampicare per recuperarla, ma poi pens che anche quella non gli sarebbe pi servita. Portarsela al fianco gli aveva dato un falso senso di sicurezza, ma in fondo, se avesse incontrato un gruppo di Lanzichenecchi, gli sarebbe servita a molto poco. Decise di seguire quella direzione, l'una o l'altra non faceva differenza; non fece a tempo di fare cento passi che si ritrov davanti una bambina. Lo guardava fisso con la bocca aperta, come fanno spesso i ragazzini, ma alla fien riusc a tirar fuori la voce. -Chi sei? -Mi chiamo Michele. -Non ti ho mai visto prima, da dove vieni? -Stai facendo la legna? Effettivamente teneva in mano un grosso mazzo di rami di varie dimensioni, che davano l'idea di essere parecchio pesanti. La bambina lo guardava incuriosita: poteva essere un ladro, ma in quella stagione di frutta o verdura da rubare non ce n'era, e la legna non era certo una cosa che si ruba; soldi di sicuro non li aveva, per cui non rischiava niente. -Se vuoi ti aiuto a portarla. Ci pens sopra un secondo. -No, io porto la mia, ma tu se vuoi puoi prenderne dell'altra, cos ne portiamo a casa di pi. Michele si mise cercare tra gli alberi qualche pezzo caduto, che non fosse proprio bagnato, e riusc dopo un po' di tempo a raggrupparne una discreta quantit. La bambina lo stava a guardare seduta. -Tu non mi aiuti? Perch stai seduta l?

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-Io la mia l'ho gi raccolta! Doveva essere proprio stupido per obbedirle cos! Di sicuro non era un contadino, per era bello. Quando ne ebbero entrambi abbastanza cominciarono a camminare verso casa, con la bambina davanti che saltellava felice e gi preparava tutto il discorso da fare alle sue amiche, prevedendo le infinite domande che le avrebbero fatto su quello sconosciuto. La madre vedendola arrivare con un ragazzo subito corse loro incontro: da lontano le sembr che potesse essere il Gianni della cascina di riva fiorita, ma gli sembrava strano che un musone come quello facesse il piacere di aiutare la sua Anna. Rimase abbastanza stupita di vederla arrivare con quel forestiero, tutto lacero poi. -Ma cosa ti sei portata dietro, la scorta? -Questo qui Michele e mi ha aiutata a portare la legna. Guarda quanta! Cos domani non devo andare a prenderla! La madre lo guard di traverso. -Cerchi da mangiare? -Un po' di fame l'avrei. -Mio marito ha male allo stomaco, e tante cose non riesce pi a farle. Se lavori e mi aiuti con le bestie, un po' di polenta per te si trova. -A me va benissimo. -Ma guarda che se cerchi di rubare qualcosa, ti dico subito che ti va male: primo perch non abbiamo niente, secondo perch col forcone non ci rivolto solo il fieno, ma metto allo spiedo anche chi mi fa arrabbiare! Anna si mise a ridere e fece cadere un po' di legna. -E' vero vero! Non dice le bugie! Chiedilo al Nanni in paese che c' ha ancora i buchi sul culo, che quando estate e si piega per raccogliere il grano gli si vedono! Lo fecero entrare in casa e gli ci volle un po' per abituarsi alla penombra, le due donne invece si muovevano veloci, i

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movimenti ormai automatici dopo anni nella stessa casa, facendo gli stessi gesti. La madre si rimise a impastare sul tavolo, mentre Anna buttava qualche legnetto sul fuoco per ravvivarlo. Non c'erano mattoni per terra, ma solo polvere battuta, e si sentiva il freddo che saliva da sotto i piedi; Michele prese una sedia e si mise vicino al camino, ma non fece a tempo ad accomodarsi perch la madre lo chiam subito: -Vieni vieni che ti aiuto io a scaldarti! Toh, prendi il mattarello, stendila tu la pasta che io vado a vedere come sta il vecchio. Scomparve dietro una porta e Michele rimase in piedi a guardare nella direzione in cui era andata. -Ma lo sai fare almeno? Anna lo guardava con un sorrisetto sulle labbra. -Certo! Aiutavo sempre la mia mamma quand'ero piccolo! E cio l'anno prima. Si guard attorno e si sent subito a casa: per terra, sulle pareti, non c'era nulla: non un mobile, nessun elemento d'arredo di qualsiasi genere che non fosse quel tavolo, una cassapanca che doveva contenere tutti i vestiti di tutta la famiglia e le sedie per sedersi. Gli attrezzi da lavoro erano appoggiati alla parete accanto alla porta, e quelli che non ci stavano rimanevano fuori, o nella stalla; le finestre erano tappate con la paglia. I piatti e i bicchieri di legno stavano dove dovevano stare quando non sono sul tavolo, e cio nel secchio dove si lavano: insomma, la casa di un contadino. Anna si alz in piedi e si mise a rigirare dei fagioli secchi che stavano a bagno in una scodella, ne prese uno e se lo mise in bocca: -Sono ancora troppo duri, questi li mangiamo domani. Stasera polenta. Prese il paiolo di rame da un angolo e usc fuori dalla casa; dopo qualche minuto rientr barcollando sotto il peso di tutta

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quell' acqua, e a fatica lo mise sul gancio nel camino. -Certo che potevi aiutarmi! La pasta bella tesa ormai! -Scusa! Apparve la madre, che si avvicin seria a Michele: -Vieni, ti vuol vedere. In una stanzetta, steso sopra un giaciglio di paglia, stava il padre: non appena entr l'uomo lo segu con lo sguardo, sdraiato nel suo giaciglio, senza muovere la testa. Aveva un colorito pessimo, e non serviva essere dottore per capire che era conciato molto, molto male. -Tu vai, che ci parlo io col ragazzo. Michele si avvicin e non pot fare a meno di storcere il naso quando fu investito da una zaffata di orina che veniva dal letto. -Sei un mercenario disertore, vero? Non iniziar nemmeno a contarmi balle, sono contadino ma mica scemo. Se arrivavi l'anno scorso adesso avevi gi una bella pedata nel culo, ma adesso diverso. Io sono malato, e le donne han bisogno di qualcuno che le aiuti con le bestie: non si pu tenere la casa a portare il fieno tutte due assieme, e l'Anna un angelo ma l' ancora troppo piccola. Adesso va bene che inverno, e c' poco da fare, ma quest'estate il campo non si ara mica da solo. Tu le aiuterai? C' hai gli occhi buoni, si vede che sei un bravo ragazzo. Si alz aiutandosi con un braccio, si sporse dal bordo e sput, poi si rimise sdraiato. -Ma ti cercano? -Non credo, hanno cose pi importanti da pensare. Io tanto non conto niente. -Bene. Mi raccomando, se fai qualcosa di sbagliato o mi tocchi la moglie, vado dritto dal sagrestano e gli racconto tutto, che a lui quelli come te piacciono davvero tanto e viene subito a confessarti, ma assieme alle guardie per. Michele si rendeva conto della gravit del momento, e ci mise tutto l'impegno possibile per non scoppiargli a ridere in faccia,

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quando gli si visualizz nella mente l'immagine di lui che palpeggiava il donnone che di l stava girando la polenta bestemmiando. Annu con la testa e vide che l'uomo aveva chiuso gli occhi; si alz ed era quasi uscito quando quello lo chiam ancora: -Perch sei scappato? -Ero stufo d'esser soldato. -Bravo. Ritorn nell'altra stanza e si sedette vicino al fuoco, ad ascoltare le chiacchiere delle due donne, e pian piano la mente cominci ad intorpidirglisi. Si riebbe subito quando la porta si apr, ed entr un ragazzino di dodici, tredici anni, che lo guard curioso, e poi rivolse un'occhiata interrogativa alla madre. -Ah ecco, sei tornato. Guarda che sorpresa che ha trovato la Anna nel bosco. Star un po' con noi e ci aiuter nei lavori. Ti va bene no? -Mi va bene s, ma speriamo che abbia voglia. Ce n' di roba da fare! Io sono il Piero. Gli porse la mano, e Michele si stup di quella stretta forte e callosa. -Sei suo fratello? Indic Anna. -Certo! Chi vuoi che sia? Il ragazzo sorrise e gli gett uno sguardo come quelli che si rivolgono ai matti o agli stupidi.

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Le oche. Michele prese l'ultimo pezzo di legno e lo aggiunse in cima alla catasta, stando bene attento che fosse ben allineato con tutti gli altri. Si pieg per raccogliere l'accetta e rimase qualche secondo in quella posizione per trovare il coraggio, poi si raddrizz strizzando gli occhi dal dolore: dopo un paio di ore a spaccar legna provava un ben meritato senso di orgoglio nel guardare la sua opera finita. Anna arriv sbuffando, seccata di dover camminare in tutta quella neve alta, e diede al ragazzo una tazza bollente piena di brodo di pollo. -La mamma m' ha detto di dartela per scaldarti. -Ne vuoi un po'? -No no. Io torno subito in casa. Si gir di scatto e se ne ritorn sui suoi passi con un andatura che fece sorridere Michele, saltellando a gambe larghe e tenendo la gonna sollevata per non bagnarla. And nella stalla e vide che una delle due mucche aveva mangiato poco fieno: non sembrava malata, era abbastanza grassa, ma non si poteva mai sapere. Prese un po' di foraggio in mano e glielo avvicin alla bocca, ma la mucca si volt dall'altra parte; cerc di aprirgliela a forza ma quella mugg e lui desistette. Usc e and al recinto delle oche: camminavano in tondo sulla loro pozza ghiacciata, ed una cercava di beccare la superficie, forse per bere. Si chiese come facessero a non congelare andandosene in giro a zampe nude, e pens che probabilmente dovevano avere il sangue pi caldo di quello degli uomini. La madre lo chiam per il pranzo e Michele corse in casa prima che riuscisse ad urlare una seconda volta: il brodo di pollo lo aveva scaldato ma gli aveva messo anche molto appetito.

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Era domenica, ma purtroppo di carne non ce n'era molta lo stesso, tranne quella di un polletto che per l'occasione la madre aveva sgozzato: si vergognava di non far avere a Michele nemmeno quella soddisfazione. Al mattino presto lo aveva scelto tra quelli pi in carne, e poco dopo una chiazza rossa nella neve rimase a testimoniare il sacrificio. -Le oche non riescono a bere con l'acqua ghiacciata, dopo gli devo portare un secchio, senn muoiono. -Va bene, ma dopo. Adesso siediti. Anzi, va prima prendere il vecchio e aiutalo a camminare fino a qui. Michele entr nella stanza e si avvicin al letto, poi prese una pezza umida e gliela pass sulla fronte. Quello si svegli e lo guard senza espressione, poi si fece mettere il braccio attorno alle spalle. Arrivarono poco dopo e Michele lo aiut a sedersi a capotavola, come sempre. Piero girava la polenta sul fuoco, e ogni tanto tirava fuori il mestolo e gli dava una leccata, poi ci pensava un attimo e se usciva con la stessa frase: -L' mica pronta. Ancora un po'. La madre lo guardava e lo lasciava fare senza dire niente, era grande ormai e non lo si poteva sgridare pi di tanto. Prima di iniziare il padre giunse le mani e disse una preghiera: gli altri lo imitarono ed anche Michele non fu da meno, poi mosse la bocca senza emettere per nessun suono, annusando l'aria affamato. Fu un pasto frugale, ma molto apprezzato, tanto che nessuno apr bocca fino alla fine. Anna si ingozzava e un paio di volte cominci a tossire, quasi strozzandosi, e gli altri ne imitavano l'esempio, tranne il padre che mangiava lentamente, quasi controvoglia. Fecero passare tra loro un piattino su cui era appoggiata una alice affumicata vecchia di chiss quanto tempo, e a turno ci

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passavano sopra una fetta di polenta, per assorbirne un po' di aroma. Anna corse via dal tavolo e si avvicin al caminetto, era impaziente di prendere la pentola coi buchi e metterci le castagne: ne avevano raccolte un bel po' quell'autunno, tutti assieme, quando il pap non stava ancora cos male. Michele si mise a sedere vicino al fuoco, intorpidito, e gli altri lo imitarono. -E le oche, ti sei gi dimenticato? La madre lo guardava sospirando e gettando gli occhi al cielo. -Lascialo stare, ha appena mangiato! -No, no, ha ragione, adesso vado subito. Usc di buon passo portando il secchio che aveva messo vicino al camino, dove la neve si era sciolta, ed entr nel recinto delle oche, che si misero a scappare ma non fecero nessun rumore, faceva troppo freddo anche per loro. Stava per ritornare in casa quando vide che tutti stavano uscendo e si dirigevano verso la stalla: la legna era poca, e con due belle mucche che sbuffano uno spreco far andare il camino quando non si cucina. Il Piero si fece un bel giaciglio di paglia, prendendo la pi asciutta, quella che stava sopra, ma gli altri non protestarono, ce n'era a sufficienza per tutti, e la pancia piena assopiva ogni rancore. Michele rimase per un po' infastidito dall'odore delle vacche, ma poi ci si abitu e non ci fece pi caso. La giornata pass cos, con il padre che raccontava le storie di quando era giovane, mischiandole a quelle che gli aveva raccontato il nonno e ad un po' di fantasia, fino a generare una serie di racconti sempre uguali negli anni, eppure sempre diversi. Alla sera una zuppa di cavolo, pi la solita polenta, posero fine alla domenica pi serena che Michele avesse avuto da molti mesi ormai, e forse da anni, e quella notte riusc per la prima

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volta a dormire senza sognare nulla. Il mattino dopo si svegli presto, nel senso che questa volta Anna non dovette tirarlo gi a forza dal letto, e di buon umore si vest e cominci a svolgere i lavori di sua competenza. Ripass dalle mucche, e si rallegr nel vedere che tutte e due avevano mangiato, e pens che forse la compagnia del giorno prima aveva migliorato l'umore di quella riluttante. Arrivato al recinto delle oche si blocc, e rimase a guardare esterrefatto il cancelletto aperto, e le inequivocabili tracce nella neve che sparivano verso il fiume. -Sono scappate! -Chi? -Le oche! -Oh Madonna Santa! Come sono scappate? Chi le ha fatte scappare? Il Piero scatt come una molla: -Sei tu che sei andato al recinto ieri, quando gli hai portato l'acqua. Non lo avrai chiuso bene! Michele si fece rosso e lo prese per il colletto: -Non vero! Cio, si vero, per mi ricordo benissimo di averlo chiuso! -Basta! Smettetela! Piero, tu va a rivoltare il fieno, e invece tu e l'Anna andate a cercare quelle benedette oche! Signore speriamo che non siano troppo lontane! Michele e Anna si coprirono il meglio possibile e si misero a camminare nella direzione delle impronte; dopo pochi metri sparirono. -Stanotte ha nevicato, si saranno cancellate. Ma gli avete tagliato le penne a queste oche? Anna ci pens un attimo: -S, mi sembra, l'anno scorso il Piero. Per a volte fan dei salti che sembra quasi che volano. Michele camminava e non diceva niente, riusciva solo a pensare ai movimenti che aveva fatto il giorno prima, e pi si

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cercava di sforzare, pi i ricordi si facevano confusi, mescolandosi con il desiderio di averlo chiuso davvero, rendendo impossibile risalire alla verit. Anna camminava invece con lo sguardo basso cercando di trovare qualcosa, e intanto calcolava quante volte ci si mangiava con quelle oche, e se ce l' avrebbero fatta ad arrivare a primavera senza. Michele si ferm: -Ma non mica detto che se ne stiano tutte assieme! Magari sono andate per delle strade diverse! -Ma no scemo! Non lo sai mica che le oche non si separano mai? Sono come una famiglia: c' l'oca mamma, l'oca pap e quelle figlie. -E se ne mangi una cosa succede? Anna non rispose, non aveva capito la domanda: se ne mangi una ce n' una in meno, cosa vuoi che succeda; a volte faceva proprio delle domande stupide. Camminavano ormai da un' ora, e Anna continuava a lamentarsi perch aveva i piedi gelati; Michele non sapeva che fare, dato che non aveva avuto altre idee se non quella di costeggiare il fiume, sperando di scovarle da qualche parte sulla riva. Gli alberi si fecero pi fitti, il bosco stava iniziando. Cominciarono a perdere ogni speranza di ritrovarle ormai, ma almeno sotto le fronde degli alberi la neve era bassa, ed era pi facile camminare. Sentirono un rumore, un fruscio, che proveniva proprio dalla parte del fiume: senza dire niente si guardarono negli occhi e sorrisero, poi si avvicinarono lentamente, fino a scoprire da dove proveniva. Rimasero molto delusi nel vedere due monaci che procedevano a passo sostenuto ed in silenzio. Il pi anziano dei due li guard, e poi sorrise. -Le vostre tre oche non sono molto distanti da qui, si sono

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riparate sotto un albero caduto. Michele e Anna rimasero a bocca aperta, ammutoliti dalle parole del frate; Michele si inchin e a voce bassa chiese spiegazioni: -Ma come avete fatto a capire che stavamo cercando delle oche? -E' molto semplice! Poco fa, mentre camminavo con il mio fratello, siamo passati vicini al fiume, nella neve ho visto delle impronte d'oca: le oche selvatiche sono tutte scappate al caldo ormai, quindi si tratta sicuramente di animali da cortile. Le orme andavano dritte verso un grosso albero caduto che finiva nelle acque di un fiume, un ottimo riparo per un animale infreddolito. Poco dopo vi ho visti arrivare in punta di piedi per non farvi sentire. Ora, chiaro che volevate cogliere di sorpresa chiunque steste immaginando ci fosse qui, e dato che non avete la faccia dei briganti, ma quella dei contadini, ne ho dedotto che il vostro interesse fosse rivolto alle oche viste prima. Infine ho pensato che tu, ragazzo, ne potresti portare al massimo due in braccio e tu, bambina, al massimo una, ergo le oche sono tre. I due ragazzi ringraziarono animosamente il monaco e corsero nella direzione che gli era stata indicata: sotto il tronco enorme descritto dal monaco trovarono le oche, tutte rannicchiate e appiccicate una all'altra. Michele rimase un secondo ad ammirare la bellezza di quella pianta, che come un braccio spuntava dalla terra e infilava le sue dita nel ghiaccio del fiume, come se si fosse piegata dalla sua posizione originaria per raccogliere qualcosa nell'acqua ma il freddo l'avesse bloccata nel compimento di quell'atto. Si riprese allo schiamazzo delle oche e di Anna che ne aveva acchiappata una per il collo ed ora starnazzava terrorizzata, ma alla fine si fecero prendere senza opporre troppa resistenza, ormai sfinite dalla fatica. Camminare con quelle bestie in mano non era per niente facile,

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ma l'animo era alle stelle perch ormai avevano proprio perso la speranza, ed ora invece le stringevano tutte e tre. -Michele? -S? -Cosa vuol dire ergo?

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La messa. Michele stava ancora dormendo quando Anna entr nella stanza, e di questo lei fu molto contenta, perch cos pot svegliarlo con un sonoro scossone, sicura di farlo arrabbiare. La guard con gli occhi lucidi per un po' mentre tornava in s, poi vide dalla finestra che il sole era sorto da poco. -Perch mi hai svegliato cos presto? Oggi domenica! -La mamma ha detto che anche tu oggi vieni a messa. -Cosa? Perch? Una voce da fuori la porta rispose per lei. -Perch la domenica di Natale! Ma da che razza di posto vieni che nemmeno a Natale vai a trovare il Signore! Michele si alz dal letto deciso a discutere della questione, ma il padre che stava sdraiato accanto a lui lo prese per un braccio e lo trattenne. -Falla contenta, almeno oggi. Teneva gli occhi chiusi, ma la stretta era incredibilmente forte. Michele raggiunse gli altri al tavolo e mangi latte e castagne, e intanto pensava ad un argomento che fosse abbastanza convincente. -Ma non capisci? Non posso farmi vedere! -Senti, ormai lo sanno anche i sassi che teniamo un aiutante in casa, ti hanno visto il Gianni quando ha portato le galline e l'Antonia quando venuta a trovarmi. E se lo sa l'Antonia, lo sa tutto il paese. Guarda che fa molto pi sospetto uno straniero che non va mai a messa la domenica, di Natale poi, piuttosto che uno che si fa vedere: cos non sembra che ti vuoi nascondere. Il ragionamento non faceva una piega e poi, ripensando a tutte le storie che si erano bevuti nei villaggi che aveva visitato con Corrado, confidava nella stupidit di quei paesani. -Ma cosa devo fare? -Maria proteggici! Ma tu a messa ci sei mai stato?

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-Certo! C'era stato s, ma a quelle del suo paese, in una chiesa protestante; la madre, nella sua ingenuit, non conosceva quei cavilli di teologia che tanto piacevano agli ecclesiastici ed ai politici, e l'idea di uno scisma tra cristiani le era inconcepibile, come d'altronde ignorava l'esistenza di qualsiasi religione che non fosse quella insegnatale dal parroco: semplicemente, tutti gli altri, o erano mori o andavano all'inferno, che era poi la stessa cosa. Pietro si stava sistemando il vestito della festa, che consisteva in un paio di pantaloni di fustagno e una camicia pulita; in pratica gli stessi abiti di ogni giorno ma senza toppe e macchie. -Tu ti metterai quello del pap! Anna si avvicin a Michele e gli porse dei vestiti: sopra c'era qualche pagliuzza a testimonianza dei mesi passati nella cassapanca. Se li mise, ed anche se non c'era uno specchio cap di essere ridicolo in quelle braghe troppo larghe ma allo stesso tempo corte, e con quella maglia scolorita: non disse nulla. -Ti stanno bene. Il padre se ne stava seduto sulla sedia, con i gomiti appoggiati al tavolo; lo guardava e sorrideva. Ci misero poco ad arrivare alla chiesa, e mentre camminavano Michele era terrorizzato all'idea di tutti quegli sguardi che lo avrebbero seguito, delle voci sommesse e delle domande che gli sarebbero state rivolte. Non ci fu nulla di tutto questo: l'Antonia aveva fatto un buon lavoro ed ormai non c'era persona che non sapesse della sua esistenza, per cui non era pi un forestiero, ma solo quello nuovo, e con questo cambio di ruolo anche l'interesse era scemato. Non che le comari non gli facessero le pulci sul suo aspetto, su come camminava o come teneva gli occhi, ma aspettavano che fosse davanti a loro e che non potesse vederle: professioniste

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del pettegolezzo, sapevano anche essere discrete. Arrivarono abbastanza presto da poter scegliere dove sedersi, ma Michele rimase perplesso nel vedere nel bel mezzo della navata un enorme panno scuro che divideva i banchi di destra da quelli di sinistra. Vedendo le persone prima di loro cap che serviva per separare gli uomini dalle donne, e quando Anna lo guard sorridendo con quello sguardo saputello la ferm prima che potesse dire una sola parola. -Guarda che lo so che devo andare a destra, con gli uomini. Stava per entrare quando si accorse che Piero non era pi accanto a lui: lo vide parlare animatamente con degli altri ragazzi, probabilmente il gruppetto di amici con cui a volte spariva; li stava guardando quando anche loro si voltarono e incrociarono lo sguardo: Michele li fiss finch non si voltarono dall'altra parte e ricominciarono a parlare. Si mise a sedere sulla panca di legno e se ne stette per un po' col naso per aria, ad osservare tutte quelle decorazioni, quelle colonne che sembravano proprio di marmo vero ed i dipinti appesi alle pareti: come facevano quei contadini ad avere una chiesa cos sfarzosa? Se questa era la semplice chiesetta di campagna, come doveva essere S. Pietro? I discorsi che aveva sentito dai suoi compagni sulla corruzione della Chiesa e su tutte le ricchezze del Papa gli sembrarono meno lontani: la differenza con l'edificio spoglio e lugubre del suo paese era davvero notevole. L'odore per era lo stesso, quello delle candele che gocciolavano dal soffitto e del sapone che aveva pulito le orecchie dei fedeli, per sentire meglio le parole del sermone. Nelle file davanti quelli vestiti meglio, e dietro tutti gli altri: in fondo non c'era poi tutta questa differenza. Rimase affascinato dalle parole in latino, dai canti che non capiva ma che lo divertivano, perch c'era sempre una vecchietta che voleva farsi notare e sforzava al massimo la sua

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voce stridula, stonando e rovinando l'atmosfera, sicuramente a provocazione di qualche sua compaesana. In parte a lui si era messo un vecchio che continuava a tossire e scatarrare per terra, senza porsi il minimo problema: doveva essere un'abitudine consolidata dato che nessuno gli si era messo a lato, evidentemente prevedendo in anticipo quello che sarebbe successo. Durante la preghiera mosse la bocca e cerc di emettere dei suoni che fossero il pi possibile assonanti con quello che dicevano le altre persone, si vedeva benissimo che stava barando, ma dato che lo facevano quasi tutti nessuno ebbe niente da rimproverargli. Non gli dispiacque in fondo quel diversivo, e riusciva quasi a sentirsi parte della comunit: faceva quello che facevano tutti, guardava nella loro stessa direzione ed era vestito al loro stesso modo. Quel telo nero per era proprio fastidioso e non poter vedere le ragazze dall'altra parte lo innervos parecchio, dato che ne aveva vista una mentre camminavano nella piazza che non era niente male davvero: si ripromise di guardarla meglio una volta uscito. Ad un certo punto tutti si alzarono in piedi e si misero in fila verso l'altare: Michele cap che si trattava della Cena del Signore e si mischi agli altri. Arrivati all'altare si rese conto che il panno non era sufficientemente lungo per arrivare fino a quel punto, per cui lanci una sbirciatina dall'altra parte, cercando Anna o la mamma, ma non le riconobbe; si gir e ritorno verso il suo posto tutto contrito e sorridente, e fece in tempo a vedere Piero in fondo alla chiesa, sempre assieme ai suoi amici. Si inginocchi e rimase a guardare il pavimento, attendendo che qualcun altro accanto a lui si alzasse per primo. Nel legno delle panche il segno di decine d'anni di penitenza aveva lasciato dei solchi scoloriti, accoppiati a due a due e

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distanziati in modo regolare; anche il pavimento aveva dei punti particolarmente consumati, e pian piano la sua indignazione per lo sfarzo di quelle decorazioni si andava scrostando come il colore sulle colonne: in alcuni punti si intravedeva il gesso sottostante, povero sostituto del marmo. Le ginocchia cominciarono a fargli male, e si sorprese nel vedere certe vecchiette rimanere in quella posizione impassibili, senza fare un smorfia: Ah! Il potere della fede! Finalmente la cerimonia continu, ma per sua sfortuna si trasform in una interminabile predica, ed ormai aveva terminato ogni giochino mentale che potesse aiutarlo a passare il tempo: aveva contato i simboli della via crucis lungo le pareti, cercato di leggere le scritte in latino sui dipinti pi lontani, incrociato gli occhi guardando la luce delle candele per creare un caleidoscopio di colore. Quando finalmente vide la gente che cominciava ad uscire tir un sospiro di sollievo e si mise in fila con tutti gli altri, e vide nei volti di molti uomini la sua stessa felicit. La luce gli faceva male agli occhi ma almeno c'era un po' d'aria fresca che gli ripul i polmoni dall'odore ammorbante di incenso e sudore. Piero se ne stava poco lontano, sempre assieme ai compagni, ed aveva una strana espressione preoccupata che non gli aveva mai visto prima in faccia. Questa volta li pot osservare bene e not subito il modo di camminare del ragazzo pi grande: le braccia larghe a penzoloni lungo i fianchi, le gambe un po' storte, lui davanti e gli altri dietro a seguire: non erano amici, erano una banda. Il ragazzo gli si par davanti, avr avuto pochi anni meno di lui ed era di una spanna pi basso, ma da come lo guardava cap immediatamente che era venuto per attaccar briga. -Mi han detto che sei il nuovo figlio del vecchio Antonio. Si gir e sorrise agli altri che lo imitarono immediatamente, tranne Piero che rimase con gli occhi bassi e le mani in tasca.

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-Li aiuto, han bisogno, il pap malato. -Ti sei confessato prima di prender l'Ostia? -Cosa? -Hai fatto la comunione senza confessarti!? Fece un volto severo e la voce come quella di un professore. -Ma lo sai che peccato mortale quello che hai fatto? Michele non aveva idea di cosa stesse parlando, ma sapeva benissimo che non faceva differenza. L'altro cominci a spintonarlo e i ragazzi si misero a cerchio attorno a loro due. -Tu sei strano, si vede che non sei di qui! Sei biondo e hai gli occhi come quelli delle ragazze, ma sei pieno di cicatrici. Lo so io chi sei! -Chi sono? -Sei un galeotto! Sei scappato da qualche prigione e adesso ti vuoi nascondere qui, ma in questo paese siamo brava gente e tu non ci devi stare! Hai capito! Il ragazzo aveva preso Michele per il bavero e lo strattonava, in un ridicolo tentativo di sollevarlo da terra: a lui veniva quasi da ridere, aveva ammazzato tanta di quella gente che la rissa di un ragazzetto di paese gli sembrava una cosa talmente infantile, talmente lontana, da non riuscire ad arrabbiarsi nemmeno un po'. Piero si fece avanti e appoggi una mano sulla spalla del ragazzo: -Lascialo stare, non ha fatto niente! Ci ha aiutati bene, ha voglia di lavorare e non si lamenta mai! Lascialo stare! L'altro si gir e gli diede un pugno, non molto forte, ma abbastanza da fargli scendere qualche lacrima. Non fece in tempo a bullarsi, perch Campanello gli assest un tale colpo allo stomaco da lasciarlo disteso a terra senza fiato: rantolava con un espressione terrorizzata, senza riuscire nemmeno a piangere. Si scaten il finimondo: le madri dei ragazzi, che fino a quel

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momento avevano osservato in silenzio, accorsero urlando e scagliandosi immediatamente contro la madre di Piero, ovviamente diretta responsabile di quell'incidente: lo sapevano tutti che era stata lei a portare quel forestiero, prima al paese, e poi alla messa. Campanello non riusciva a rendersi conto di quello che stava accadendo: quando era ancora a casa sua non era certo una cosa rara una scazzottata tra ragazzi, ma mai aveva visto reazioni come quella. Certo, il ragazzo a terra sputava un po' di sangue, ma per Dio! Malgrado tutto il finimondo che accadeva nelle terre attorno in quei mesi, si sarebbe detto che quella gente non avesse mai visto nessuno farsi male! Un uomo gli si par davanti e presto ne seguirono altri: -E' meglio che te ne vada, non vogliamo degli attaccabrighe in paese. Prendersela cos con un ragazzino! Sapeva benissimo che era inutile discutere con quegli idioti, qualsiasi cosa avesse raccontato non avrebbe avuto importanza, per cui si limit ad annuire e fece per andarsene; Anna lo prese per un braccio e lo trattenne: -Dove stai andando? Non puoi lasciarci cos! Mamma! Digli qualcosa! -Se vuole andare... Non riusc a dire altro, piangeva. Campanello si mise a correre, e continu per parecchio, a testa bassa, fino a quando non si ritrov al tronco delle oche. Era stremato e aveva sete, cos si mise in ginocchio e con le mani a coppa prese un po' d'acqua dal fiume. Si specchi nel riflesso, e di colpo cap: non era pi il ragazzo che aveva lasciato il suo paese che vedeva davanti a s, ma era il viso di un uomo, con le guance leggermente incavate, una barba fitta e uno sguardo che non riusc a sopportare; aveva gli occhi cattivi, come quelli dei poco di buono che aveva incontrato durante tutto il suo viaggio, come quelli dei tizi nella

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locanda, come quelli dei lupi. Rimase atterrito dalla incredibile differenza tra l'immagine che aveva di s, dal ricordo del lui ragazzo, e quello che invece ora era stampato negli occhi delle madri del paese. Possibile che il suo aspetto fosse cambiato in cos poco tempo? Si riguard, cercando di distendere il volto, e riusc ad addolcire l'espressione che aveva visto prima ed a farla ritornare normale, e questo lo rassicur un po'. Ritorn sui suoi passi, e si mise a cercare una pietra piatta sotto un olmo: mesi prima gli era sembrata una buona idea, ma adesso cominciava a pensare di essere stato un idiota. Probabilmente qualcuno l'aveva trovato e se l'era preso, o semplicemente non era pi in grado di ricordarsi dove l'aveva sepolto. Alla fine invece riusc a ritrovarlo e si mise a scavare, fino a quando non arriv al sacchetto delle sue monete. Lo apr, e si mise a contarle, come se fosse possibile che qualcuno ne avesse prese solo qualcuna e avesse lasciato l le altre. Stette a fare qualche calcolo, cercando di immaginare quanto denaro gli sarebbe servito per andare avanti per un po', ed ogni volta arrivava ad una cifra diversa; alla fine mise una mano nel sacchetto, ne estrasse tante monete quante gli stavano in mano e se le mise in tasca. Ritorn alla casa, si nascose dietro la stalla e prov ad ascoltare: se avesse sentito un solo singhiozzo gli sarebbe scoppiato il cuore, ma non un solo rumore proveniva da dentro. Aspett fino a sera e finalmente vide Anna uscire per andare a dar da mangiare alle oche: la segu e le arriv da dietro, poi le mise una mano sulla bocca e le disse di non urlare. Non ce ne sarebbe stato bisogno, era talmente terrorizzata che non riusciva ad emettere un suono. Le mise in mano il sacchetto delle monete. -Tieni, dentro ci sono tanti soldi, cos non avrete bisogno di

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me. -Vai via? -Vuoi che rimanga? -No! Il pap mi ha detto chi sei veramente! Non voglio che rimani qui! Sei un uomo cattivo. Campanello allung una mano per prendere la sua ma lei la ritrasse immediatamente. -Mi devi fare un favore. -Non voglio! -Me lo devi fare, altrimenti mi arrabbio e ti picchier come con l'amico del Piero! Devi andare in casa e prendere i miei vestiti, quelli che avevo quando sono arrivato. Lo farai? Lei annu e scapp via; poco dopo riapparse sulla soglia di casa con un fagotto in mano e ritorn da lui. -Quelli del pap non ce li ridai? -No. Devo dormire all'aperto e fa freddo. -La mamma dice che devi entrare per salutare il pap. Ma lui si stava vestendo, mettendo i vecchi vestiti su quelli della festa; mentre stava indossando la maglia il campanello cadde tintinnando a terra, facendo voltare le due mucche. -Cos'? L'hai rubata in chiesa? Le sembrava la campanella che si suonava durante la funzione. -No, un regalo. Un regalo che mi hanno fatto i miei amici per ricordarmi quello che sono. -Stai tornando da loro? -Non lo so ancora. Digli che gli voglio bene. Si gir e scapp via di corsa.

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Chiodo scaccia chiodo. Nella sua corsa a testa bassa era arrivato al crinale da cui era ruzzolato, e decise allora di recuperare la sua spada: dovendo andarsene in giro da solo gli sarebbe potuta servire. La vide nel punto dove l'aveva lasciata, sempre appesa a quei rovi; cominci a salire usando le stesse piante come appiglio, ferendosi le mani e scivolando un paio di volte sulla terra secca e polverosa. Finalmente arriv alla sua arma, ma rimase molto deluso: guardandola da vicino si accorse che si era tutta arrugginita, non al punto da renderla inservibile, ma certamente abbastanza da farla sembrare vecchia e poco affilata. Decise di lasciarla dov'era, perch in quelle condizioni non avrebbe fatto impressione nemmeno su un contadino, e la sua idea invece era quella di portarsela dietro solo come deterrente. Nei giorni successivi cominci a camminare senza una meta precisa, passando il tempo a fantasticare delle possibili alternative che aveva in quel momento: la realt era che non aveva la pi pallida idea n di dove andare, n di come sopravvivere una volta finito il denaro. Pens anche di tornare a casa, ma l'idea gli sembr subito irrealizzabile: forse sua madre l'avrebbe anche perdonato, ma i suoi fratelli e suo padre, dopo essere scappato a quel modo, lo avrebbero cacciato fuori di casa a pedate, ne era sicuro. Campanello aveva percorso un bel po' di strada ormai, sempre in direzione del fiume: non sapendo che direzione prendere, aveva deciso semplicemente di usare quel percorso naturale. In realt una parte di lui aveva sempre sperato di incontrare qualche Lanzichenecco, ma allo stesso tempo era terrorizzato da quell'idea: non sapeva se lo avrebbero accolto di nuovo, come sarebbe stato punito o se semplicemente si fossero dimenticati di lui. Di sicuro non l'aveva fatto il generale, perch con quel modo di

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fare dava proprio l'idea di uno che se le lega al dito. Pass qualche piccolo paese dove pot mangiare e dormire in qualche osteria, e intanto osservava la reazione delle persone alla sua divisa: fin a quel momento non c'era stato nessun segno particolare, tranne qualche occhiata storta. Un giorno aveva chiesto anche informazioni ad un uomo che aveva conosciuto tra un bicchiere di vino ed un alice salata, e quello lo aveva guardato come se fosse matto quando gli aveva domandato se aveva visto un esercito di mercenari da quelle parti: di certo non lo sapeva, e da gente del genere era meglio stare lontani; pass il resto della serata a guardargli i pantaloni a righe, chiedendosi se c'era un nesso tra quell'abbigliamento e le strane domande. Era quasi primavera ormai, ed il calore delle prime giornate di sole rendeva viaggiare molto pi piacevole; tuttavia prese una ferma decisione: se entro dieci giorni non avesse ritrovato il suo esercito sarebbe tornato al nord, dalle sue parti, dove i suoi capelli biondi non avrebbero destato nessun sospetto. Arriv ad un paese, e questa volta cap di essere sulla strada giusta: appena entrato la gente si fece da parte, qualcuno si mise a sputare per terra, e quando entr da un fornaio per prendere un pezzo di pane da mangiare, quello glielo diede senza bisogno di dire niente. Quando lo pag per l'uomo rimase allibito, e lo ricambi con un grosso sorriso, ringraziandolo come se quell'ovvio gesto fosse una cortesia fuori dal comune. Era evidente che quella gente aveva avuto a che fare con l'esercito; il suo presentimento fu presto confermato: svoltando in un vicolo si ritrov dietro un carro colmo di vettovaglie, guidato da due Lanzichenecchi. Si nascose in un lampo, ma cap subito che non poteva lasciarsi sfuggire un'occasione come quella: erano sicuramente diretti al campo. Si mise a seguirli, tenendosi ad una certa distanza e mettendosi

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nelle zone in ombra, come gli aveva insegnato Corrado. Passarono attraverso la via principale, e malgrado fossero solo in due la gente faceva una faccia spaventata, evidentemente ricordando qualche brutto episodio che era successo; una serie di case bruciate sul limitare della cinta di abitazioni gli diede un' idea compiuta di ci che era accaduto. Usciti dal paese entrarono in un bosco e Campanello, forte della protezione delle piante, pot avvicinarsi di pi e sentire quello che dicevano: -Quando ripartiremo secondo te? -Non lo so di preciso, ma di sicuro ormai manca poco: la neve s' tutta sciolta, noi siamo belli riposati e a giudicare da tutti quei personaggi che vanno e vengono dalla tenda del generale e poi scappano via a cavallo, direi che quel volpone ha gi stretto un bel po' di accordi con i signori delle terre che attraverseremo. -Dici? Sarebbe bellissimo! Cos non faremo nemmeno fatica! Ma ci pagheranno di meno allora secondo te? -Ah guarda! Un modo per fregarci lo troveranno di sicuro come sempre. Ci va bene poi che anche il comandante tutto preso da questa nuova mania e non rompe pi come una volta! -E' vero! Non esce pi dalla tenda! E' proprio andato ormai, beato lui che ha trovato da divertirsi. Speriamo per che al momento giusto si dia una bella svegliata! -Tranquillo che quello l quando si tratta di farsi vedere non secondo a nessuno. Campanello rimase turbato da quelle parole, perch conoscendo Corrado aveva capito che si stava consolando con qualche prostituta, magari bella come quelle della prima locanda. Di colpo gli torn alla memoria Rita: chiss cosa stava facendo in quel momento e se stava ancora nascosta in quella stanza lercia e buia; se la immagin sdraiata nel letto abbracciata ad una di quelle sue bambole di pezza.

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Si riprese da quel sogno e continu a tallonare i due soldati, fino a quando non cominci a intravedersi la fine del bosco: rimase deluso nel vedere che non c'era ombra del campo. Si poneva ora il problema di come continuare a seguirli in piena campagna senza essere visto: per forza di cose fu costretto ad aumentare la distanza tra loro. La pianura era brulla ed aveva ancora un'aria spettrale, eppure qualche timida foglia cominciava a spuntare dalle piante e qualche goccia di verde alleggeriva tutto quel grigio. Vide un coniglio che gli ricord quanto fosse affamato, ma non c'era il tempo per fermarsi a mangiare il pezzo di pane che aveva comprato, e di certo non lo voleva sprecare consumandolo cos, camminando e ingozzandosi velocemente. La pancia gli gorgogli talmente forte che si appiatt per terra, spaventato dall'idea che i due lo avessero potuto sentire, da tanto era agitato. Era sera quando finalmente arrivarono, e proprio mentre il sole stava tramontando il carro pieno di cibo entr al campo, accompagnato dalle grida entusiaste degli uomini. Erano una moltitudine, e rimase sorpreso nel vedere quel mare di uomini: non si ricordava che l'esercito fosse cos numeroso. Poi cap: le varie parti che prima erano separate adesso si erano ricongiunte, e finalmente adesso formavano la vera armata dei Lanzichenecchi. Si rese conto che non aveva la pi pallida idea di che cosa avrebbe fatto: non poteva certo entrare cos, salutare e pretendere che nessuno facesse caso a lui! Rimase a pensare per un bel po', tanto che ormai si era fatta notte e le fiaccole illuminavano le tende. Questo particolare gli fu molto utile perch gli permise di distinguere quella con l'insegna di Corrado. Si fece coraggio, e decise per la soluzione pi stupida ma anche pi ovvia: sarebbe entrato di nascosto e filato dritto da Corrado, che in qualche modo lo avrebbe protetto.

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I mesi trascorsi con il suo comandante non erano passati senza risultato: con perizia riusc a superare le guardie, e si sorprese lui stesso della sua bravura, o forse della stupidit dei suoi compagni. La luce che disegnava delle ombre sul panno gli permisero di vedere che Corrado non era solo: si ferm proprio prima di scostare il lembo della tenda. Probabilmente era Gerbert, ma forse si trattava del generale! Se fosse stato cos il suo piano probabilmente sarebbe miseramente fallito. Si ricord delle parole dei due soldati e immagin allora di trovarlo abbracciato con una donna e di vederlo alzarsi di scatto coprendosi dalla vergogna: l'idea lo fece sorridere, si fece coraggio ed entr. -Pedone in a sette. -Bella mossa. Corrado e Gerbert stavano piegati su una scacchiera, talmente presi dalle loro mosse da non accorgersi del nuovo arrivato. Campanello attrasse la loro attenzione con un colpo di tosse; si voltarono di colpo e rimasero a bocca aperta vedendolo l in piedi che li guardava con un ghigno in faccia e gli occhi bassi, come un bambino che sa di aver combinato un guaio, ma non troppo preoccupato delle conseguenze. -Bene. Ecco il fuggitivo. -Sono scappato, pensavo che fare il mercenario non facesse pi per me. -Certo. Per hai sperimentato cosa significa lavorare davvero, cos adesso hai cambiato idea. -Mi sono reso conto che in fondo non poi cos male. -Quindi vorresti tornare alla piacevole vita del campo, giusto in tempo per la presa di Roma. -Esatto. Ma credi che il generale far delle storie? -Lui non si ricorda nemmeno chi sei, basta che te ne stai abbastanza lontano da lui in modo che non ti veda in faccia. Il

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problema sono tutti gli altri. -In che senso? -Nel senso che sei un disertore, e non posso certo riprenderti cos su due piedi. Per adesso mettiti l e aspetta; domani mattina andiamo a parlare con loro. Campanello si distese in un angolo, non troppo lontano dalla torcia che illuminava tutto; si tolse il pezzo di pane dalla tasca e finalmente se lo pot divorare tutto. Gerbert non aveva detto niente ma tra una mossa e l'altra guardava Corrado con aria interrogativa: non poteva certo riprendersi il ragazzo a quel modo, la sua credibilit e il rispetto degli uomini ne sarebbero stati troppo colpiti. Corrado non sembrava curarsene e se ne stava totalmente concentrato sulla strategia da adottare: da quando avevano trovato quella vecchia scacchiera nella canonica di una chiesa sembrava che non riuscisse a pensare ad altro. Se ne stava cos, con la schiena curva su quel minuscolo tavolino di fortuna che si era fatto fare, roba da farsi venire la gobba da tanto rimaneva in quella posizione, e a volte neppure chiamandolo si riusciva a distrarlo dal torpore che lo avvolgeva. Lo obbligava a giocare per ore e ore e per la prima volta da quando lo conosceva la sua compagnia cominciava a stargli pesante. Capiva la necessit di un po' di svago, ma quella era una vera mania ormai, anche se per il momento non sembrava aver intaccato la sua lucidit e i risultati in battaglia. Non beveva neppure quasi pi, ma questo per fortuna era facile da nascondere, bastava farsi portare lo stesso numero di brocche e versarle nell'erba: passi un comandante con la passione per gli scacchi, ma astemio no! I soldati non lo avrebbero mai pi ascoltato! Finalmente prese un pezzo di legno e ci scarabocchi la posizione dei pezzi rimasti, poi li raccolse e gett tutto in un

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sacco di tela. -Continuiamo domani? -Certo comandante. Campanello fu svegliato dal solito calcio nelle costole, si rizz arrabbiato ma la stizza si dissolse subito nel ricordo della quotidianit di quel gesto, che aveva odiato per mesi ma che negli ultimi tempi gli era mancato. -Vieni, devo chiedere agli altri cosa ne pensano del fatto di riprenderti con noi. Lo prese per mano e praticamente lo sollev di peso, poi uscirono dalla tenda, sotto il sole del mattino. -Attenzione! Attenzione tutti! Presto, adunata! La voce pass veloce tra le fila della sua compagnia e in poco tempo un bel numero di soldati si accalc attorno ai due. La maggior di loro non aveva idea di che cosa stesse accadendo, qualcuno pens che era giunto il momento di lasciare il campo invernale e rimettersi in viaggio per Roma, ma qualcun' altro not il ragazzo dietro al comandante e lo riconobbe, rendendosi conto solo in quel momento che era un bel pezzo che non lo vedeva in giro. -Lo vedete questo bastardo? E' un maledetto disertore! E sapete cosa ha avuto il coraggio di fare? E' tornato stanotte strisciando nella mia tenda, e mi ha implorato di riprenderlo con noi, sicuramente perch dopo essersi divertito con i soldi che aveva preso, adesso si ritrova a bocca asciutta e vorrebbe riprendere a fare il Lanzo. Secondo voi che trattamento gli dovrei riservare? La risposta fu una sola, quasi se si fossero accordati prima su che cosa dire: -Alla forca! Alla forca! -Gerbert! Vai a prendere la corda! Oggi avremo uno spettacolo nuovo con cui divertirci! Mi dispiace ma dovremo rimandare la partita a scacchi a dopo. Aveva urlato in modo che tutti sentissero bene.

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Gerbert era allibito, non gli importava pi di tanto del ragazzo, ma ammazzarlo a quel modo non gli sembrava la soluzione migliore. Sicuramente ne avrebbe guadagnato moltissimo in rispetto con una certa parte degli uomini, ma sapeva che molti altri non avrebbero ben digerito certi episodi di giustizia sommaria, soprattutto eseguiti a quel modo cos spettacolare, palesemente per dar soddisfazione ai pi animali: aveva scelto una strada molto rischiosa. -Eccola comandante, ho gi fatto il nodo. Corrado la mostr alla folla urlante alzandola in alto, tenendo Campanello nell'altra mano che cercava di divincolarsi senza troppa forza, atterrito dalla piega che aveva preso la situazione. Poi la gett per terra e si mise a ridere: -Guardatelo come trema! Guardatelo! Cosa dite, in fondo non era un cattivo soldato se non ricordo male! Potremmo anche decidere di tenercelo. Per una bella lezione se la merita, giusto? -Giusto! Non tutti questa volta risposero, qualcuno era deluso per la mancata esecuzione. -Voi! Laggi! Venite qui. Si stava rivolgendo proprio ai Lupi. Si accost al pi anziano e gli parl in un orecchio: -Fategli passare la voglia di scappare un'altra volta, andateci pure pesante, ma che possa ancora impugnare una spada e camminare da solo. Il lupo lo guard e sorrise compiaciuto per il piacevole compito che gli era stato affidato, e pass l'ordine anche a tutti gli altri. Corrado si gir verso Campanello che se ne stava sdraiato per terra senza riuscire a muoversi e che, tra un singhiozzo e l'altro, lo implorava di aiutarlo. -Ti ricordi tutte le volte che ti avevo promesso di storpiarti di botte? Adesso manterr la promessa.

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Subito cominciarono a pestare Campanello con molta forza, con calci, pugni e bastonate, sotto l'incitamento del resto dell'esercito che era accorso per vedere quel nuovo fatto che finalmente aveva alleggerito un po' la noia al campo. Gerbert sorrideva e corse dietro a Corrado che intanto era rientrato nella tenda, e lo trov che montava la sua scacchiera. -Ricominciamo da dove eravamo rimasti? -Certo comandante, con vero piacere. Gerbert fece la prima mossa e guard Corrado rimanere a pensare un secondo, muovendo poi lentamente l'alfiere: ebbe la netta impressione che gli stesse tremando la mano. Campanello cerc di aprire gli occhi, ma il sangue aveva reso appiccicose le palpebre e le ciglia ormai erano unite in un unico grumo. Emise un gemito, e subito sent una pezza umida che gli passava sul volto, rinfrescandolo un poco. Con grande sforzo riusc finalmente a uscire da quelle tenebre e la prima cosa che vide fu il cielo: era bellissimo, tutto blu e con qualche nuvola. Si rese conto solo in quel momento di essere su un carro: era sballonzolato di qua e di l, ma andavano piano e non era fastidioso, anzi, era come essere cullati. Vide il dottore del campo chino su di lui che gli strizzava con una pezzuola un po' di acqua nella bocca riarsa, e bevve avidamente quelle poche gocce. Nessuno dei due disse niente, Campanello semplicemente perch non riusciva a muovere ancora la bocca, ed il dottore perch non aveva niente da dire: svolgeva il suo compito con l'indifferenza che accumula ogni medico dopo il primo centinaio di pazienti. La colonna procedeva verso sud, a passo sostenuto ma neppure troppo veloce, per evitare di stancarsi troppo: Roma era ancora abbastanza lontana, ma il morale era alto e il bel tempo aiutava.

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-Come sta? -Direi bene. Ha passato la notte e non bianco, quindi emorragie interne non ne ha. Prima l'ho visto muovere le dita dei piedi. Insomma direi che non ha niente. Campanello si meravigli di quella diagnosi, totalmente in contrasto con i dolori lancinanti che aveva per tutto il corpo, e gli sembr cos ridicola che se avesse potuto sarebbe scoppiato a ridere. Gerbert lo guardava stando dritto sul cavallo e tenendo le redini per farlo stare al passo del carro, mentre il dottore sbucci una mela grinzosa, la tagli in piccoli spicchi e se la mangi. -Quando potr alzarsi e camminare? Sento i primi mugugni e non credo che lo lasceranno stare qui sdraiato ancora per molto, mentre loro devono farsela a piedi. Il dottore alz le spalle e dato che aveva la bocca piena fece due volte il gesto di cinque con le dita. Gerbert guard Campanello e non disse nulla, l'ipotesi sembrava abbastanza ottimistica considerato quello che vedeva. Torn da Corrado in cima alla carovana ma si tenne ad una certa distanza: stava parlando col generale e non aveva voglia di partecipare alla discussione. -Allora Bemelberg, m' han detto che t' venuta la passione per gli scacchi. Bravo, un bel modo di passare il tempo, anch'io ogni tanto mi ci diverto: un ottimo allenamento per uno che deve comandare, come far la guerra ma per finta. Magari un giorno facciamo una partita. -Certo Signore, sarebbe molto interessante. In realt l'idea lo disgustava per pi motivi: per prima cosa avrebbe dovuto passare intere ore a parlare con quel bastardo, e poi non sapeva se fosse veramente bravo o si trattasse di una delle sue solite sparate. Nel primo caso non avrebbe sopportato di perdere, nel secondo non avrebbe sopportato di doverlo far vincere. Cavalcavano fianco a fianco e l'atmosfera era come al solito

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pesante: Corrado non poteva far finta di niente, era l'altro che si era avvicinato ed aveva attaccato bottone, quindi non poteva starsene zitto e basta, ma doveva trovare qualche stupido argomento di conversazione. -Ieri tornato il ragazzo. -Quale? -Quello della storia col vicer. Il generale si volt lo guard torvo, e lui si pent immediatamente di aver tirato fuori quella storia. -In che senso tornato? Effettivamente non l'avevo pi visto in giro. -Quel cretino era rimasto indietro e s'era perso, ieri l'ho fatto bastonare un poco dai veterani, cos non la perde pi la strada. -Adesso ho capito cos'era tutto quel rumore che ieri veniva dalla tua parte! Pensavo fosse la solita rissa. Che disgrazia di soldato! Ma com' che t' tanto simpatico? -Non so. E' tutto il contrario di come sono io, anzi un po' come vorrei essere. L'altro fece finta di niente e non rispose, seccato da tutta quella confidenza. Corrado tir le redini del suo cavallo e rallent per mettere distanza tra loro, e subito Gerbert gli fu accanto. -Il dottore dice che sta abbastanza bene, ma gli ci vorr un po' per rimettersi. -Il dottore direbbe la stessa cosa di qualcuno con una spada infilata nel cuore. A te come sembrato? -Mai visto uno pestato a quel modo. Per si muoveva e gemeva un poco, credo fosse cosciente. -Bene. Sono preoccupato. -Stessa storia? -Stessa storia. Speriamo che si riprenda in tempo per salvarci come l'altra volta. Scoppiarono a ridere di gusto, con molta invidia dei soldati l attorno che camminavano da ore.

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Il crocefisso. -Che giorno oggi? Gerbert armeggi con una foglio che aveva nella tasca della sella, facendo passare il dito sui numeri minuscoli che lo ricoprivano. -Il 9 marzo, credo. Veramente da qualche giorno che ho dimenticato di segnarlo sul calendario. -Quanto credi che ci vorr ad arrivare a Roma? -Di questo passo? Se non troviamo resistenza, direi un paio di mesi. Ma non ci sono mai andato, non sono sicuro. -C' qualcosa su cui riusciresti a darmi una risposta precisa? -S, ho fame. Si avvicinarono al carro del ragazzo e Corrado lo pot vedere bene questa volta: era sempre sdraiato, ma stava parlando col dottore, non si era accorto di loro due. -Come stai? Campanello prov a girare il collo nella direzione da cui era arrivata la voce, ma si blocc con una smorfia di dolore; aveva comunque riconosciuto la voce di Corrado. -Va meglio, presto ti potr ancora essere utile, sempre che tu non mi voglia uccidere definitivamente questa volta. Corrado non cap se fosse ironico o serio, anche perch biascicava le parole e non era facile capire quello che diceva. Si avvicin al carro e scost la coperta che copriva la roba da mangiare: era molto diminuita da quando erano partiti, e lanci un'occhiataccia al dottore vedendo parecchi torsoli di mela nascosti dietro ad un barile. -Tu cosa vuoi? Gerbert lo guard seccato. -Ho scelta? Corrado prese due pezzi di carne salata e ritornarono a consumare il loro frugale pasto in cima alla fila. L'incolto cominciava a lasciare spazio a qualche campo da cui

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spuntavano dei timidi germogli verde smeraldo, e non pass molto tempo prima di intravedere un piccolo paese davanti a loro. Anche tutto il resto dell'esercito a poco a poco venne a conoscenza della notizia, e un brusio cominci a levarsi dai soldati. Corrado raggiunse il generale, indeciso sul da farsi. -Dovremmo avvisarli di starsene buoni, qualche testa calda potrebbe creare scompiglio. -Lasciali fare. Corrado non si aspettava certo una risposta come quella, e lo guard stupito; l'altro se ne accorse e gli diede spiegazione, seccato per dover giustificare il suo ordine. -Sono stanchi, arrabbiati e annoiati: se hanno voglia di sfogarsi, lasciali fare. Non dico di incitarli, anzi fai finta di rimproverarli un po', ma non essere troppo convincente. Anzi, fallo fare al tuo secondo, tu non dire niente. -Va bene signore. Corrado ritorn da Gerbert, e subito l'altro cap che stava per recargli qualche brutta notizia, come ogni volta che parlava col generale. -Ho un bel lavoretto per te. -S Signore! Corrado trov quel tono formale un po' esagerato, ma Gerbert era cos, non riusciva mai a lasciarsi andare del tutto, e quando annusava odore di guai si irrigidiva come un bastone. -Come avrai capito anche tu stiamo per entrare in un paese, prevedo un po' di rumore da parte dei soliti: bisogna lasciarli fare, ordini dall'alto. Naturalmente dobbiamo salvare la faccia con gli altri della lega per cui fai finta di strillarli, ma usa la voce da prete, quella per i peccati veniali. -Credo di aver capito. E se esagerano? -Io me ne frego. Gli ordini sono ordini. Gerbert guard Corrado e prov una sensazione sgradevole:

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non gli piaceva l'atteggiamento che prendeva in certe occasioni, quasi non gli interessasse di niente e nessuno. Era capace di discorsi cos pieni di ideali, e di solito non si tirava indietro nel realizzare coi fatti le sue parole, ma a volte sembrava svogliato, ed usava la durezza del generale come giustificazione del suo cinismo. Doveva odiarlo davvero, ed aveva spesso l'impressione che esagerasse nei giudizi su di lui: in fondo non era un condottiero malvagio, faceva il suo lavoro; era molto duro, ma non pi di quanto ci si sarebbe aspettati da qualcuno in quella posizione. Gerbert part al trotto verso le fila posteriori, dove sapeva si riunivano le teste calde per poter parlare liberamente, senza essere sentiti dai superiori. Arrivarono dunque al paese: una folla di persone li guard sfilare, e le facce erano quelle di gente molto spaventata: evidentemente la nomea dei Lanzichenecchi era arrivata fino a l. Non ci volle molto prima che le previsioni che avevano fatto si avverassero: un maledetto prete aveva avuto la bella idea di prendere la pisside d'oro, la cosa pi preziosa della sua chiesa, e nascondersela sotto la tonaca mentre cercava di scappare per una viuzza laterale. Immediatamente quelli che avevano gi certe idee in testa lo notarono e si staccarono dalla fila per raggiungerlo. Pochi attimi ed era morto a terra, e tutto quell'oro riempiva gli occhi e le voci dei Lupi. Una moltitudine si lanci sulla chiesa nella ricerca di altri oggetti simili, e niente fu risparmiato in quel terribile atto sacrilego: la porta fu sfondata per permettere di portare fuori chiss cosa si erano immaginati. Rovesciarono a calci il fonte battesimale, sicuri che dietro il marmo della vasca avrebbero trovato oro e gioielli, poi passarono al confessionale che fu spaccato in tanti pezzi di legno quanti erano i peccati che c'erano passati.

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Presero le spade per la lama, tenendole con degli stracci, ed usarono l'elsa come mazza per sfondare gli affreschi: nella loro mente malata, quelle rappresentazioni sarebbero servite ai preti per ricordarsi dove avevano murato il denaro. Quadri e tende furono stracciati con una metodicit che avrebbe affascinato anche il pi distaccato degli osservatori, e nemmeno le panche furono risparmiate: tutto ci che in teoria fosse abbastanza grosso o colorato da attirare l'attenzione non ebbe scampo. L'altare fu lasciato per ultimo, non per rispetto ma per mera distanza dalla porta d'ingresso: il piccolo sportello dell'eucarestia finalmente diede soddisfazione a quelle bestie: era solo latta dorata, ma luccicava, e questo per loro era sufficiente. Anche i candelabri d'ottone sparirono nelle mani dei pi fortunati, che poterono uscire brandendo qualcosa in mano da mostrare a quelli che erano rimasti fuori. La sagrestia non ebbe fortuna migliore, ma la povert dell'arredo li demoralizz velocemente e si accontentarono di prendere la navicella ed un sacco di incenso: uno di loro disse che aveva sentito dire che l'incenso bruciato scacciava i pidocchi, cos ebbero l'idea di fumigarsici per bene quella sera stessa. Un urlo squarci il silenzio e tutti si voltarono: in una nicchia nascosta dietro un quadro uno dei tanti cercatori aveva trovato una sorta di coppa, tutta d'oro e sormontata da una palla di vetro che conteneva quelli che sembravano dei piccoli pezzi di osso. Il fortunato corse fuori dalla porta urlando e alzando al cielo il clamoroso bottino: i suoi compagni gli furono subito attorno, e inizi la lotta per la spartizione. La voce dei pi forti prevalse sul diritto di ritrovamento e alla fine si decise per un equa spartizione a colpi di accetta: della sacra reliquia rimasero solo i ricordi nella mente degli abitanti

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che assistettero impotenti alla scena. Gerbert se ne stava a cavallo, ritto sotto la stipite dell'entrata, e guardava quella desolazione ripetendo ad intervalli regolari le stesse frasi. -Basta! Smettetela! Ritornate subito assieme al resto dell'esercito! All'inizio us un tono abbastanza convincente, ma poi cominci ad essere una nenia senza intonazione, fino a diventare un sussurro che solo lui poteva sentire, perso nei suoi pensieri sulla stupidit di quei soldati. Non si accorse del generale che arrivava alle sue spalle e che gli si mise a fianco, guardandolo con due occhi inferociti: -Tu! Ti sembra questo il modo di richiamare all'ordine i tuoi sottoposti?! Gerbert quasi cadde da cavallo spaventato da quell'urlo, e in modo ridicolo si mise a strillare, questa volta con tutto il fiato che aveva in corpo. -Dov' il tuo comandante? Gerbert rimase pietrificato, non ne aveva la pi pallida idea: mosse la bocca e annu facendo spallucce, e quello si volt facendo il gesto di trattenersi a fatica dal dargli uno schiaffo. Intanto l'ultimo gruppetto di sciacalli usciva indisturbato dalla chiesa stringendo quel che poteva, mentalmente incapace di accettare di andarsene a mani vuote. -Come va adesso? Campanello guardava Corrado e non sapeva cosa dire. Aveva passato dei giorni terribili, e ancora adesso i dolori non lo lasciavano, anche se ormai riusciva a muoversi quasi normalmente. -So che lo hai fatto perch cos potessi tornare nell'esercito, e credo che prima o poi riuscir ad accettare il ricordo di te che entri nella tenda e mi lasci senza dire niente. Non conosco ancora bene le regole di questo esercito, ma certe cose ormai le

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ho imparate. Quello che non riuscir mai a capire perch lo hai fatto fare a quei maledetti. Stringeva il Campanello tra le mani e tremava, ma non si sentiva nessun rumore perch le dita tenevano fermo il piccolo batacchio. -Sai quante ossa hanno spezzato? Sai quanti hanno ucciso a calci e pugni durante le risse che scoppiano al campo? Sapevano benissimo quello che volevo fare, e loro erano gli unici ad essere abbastanza esperti in quel genere di cose per riuscire a capire quale sia il punto da non superare, il sottile confine tra una costola rotta e un polmone bucato. -Ne eri proprio sicuro? -No, ma di certo non avrei potuto farlo io, anche perch non sarei stato credibile. Adesso ti hanno battezzato, sei uno di loro. -Che stai dicendo? -Credo che per loro sia una specie di rituale: chi vuol essere parte del gruppo paga pegno con gli altri, un bel pegno di cazzotti e calci. Non credo ci sia un senso preciso, ma solo lo sfogo di rabbia di quelle bestie. -Ma io non voglio far parte di quegli assassini! -Lo sai che il loro capo venuto a chiedermi come stavi? Comunque non credo che ti verranno a cercare, non crederti troppo importante. Il discorso fu interrotto da Gerbert che arriv al trotto, e quasi non riusciva a parlare come se a correre fosse stato lui, e non il cavallo: -Il generale ti cerca, molto arrabbiato. -Cosa successo? Gerbert esit un attimo, poi raccont senza nascondere nulla quello che era successo. Corrado lo guard esterrefatto poi scoppi a ridere mettendogli una mano sulla spalla: -Chi l'avrebbe mai detto che proprio tu, il signor perfezione, il

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bravo soldatino obbediente, si sarebbe fatto sgridare per essersela presa comoda! Vado a vedere cosa vuole quel bastardo, tu tieni compagnia al ragazzo, oggi ha voglia di parlare. Corrado si diresse verso la chiesa, non fu difficile trovarla con tutte le persone del paese che si accalcavano l attorno, piangendo il sacrilegio. Nessuno per osava entrare, perch qualche Lanzichenecco era rimasto fuori a dividersi gli ultimi pezzi di valore, facendo un gran baccano e spaventando i poveri fedeli. Entr, e trov solo la desolazione di fiamme e mobili spaccati che i suoi compagni avevano lasciato. Una parte di s sorrise perch comunque il suo odio verso la corruzione cattolica era sincero, eppure non pot fare a meno di sentire una morsa allo stomaco quando vide il crocefisso storto su un lato: un colpo alla base lo aveva piegato, un' altro gli aveva staccato di netto un piede. Lo vide per terra e prov l'impulso di raccoglierlo, ma si ferm: sentiva tutto il peso della sua coscienza provenire da quella croce sbilenca, ma la paura che qualcuno lo potesse vedere lo tratteneva; alle sue spalle la porta era spalancata, e sentiva su di s gli occhi dei suoi compagni e quelli degli abitanti del paese. La sua forza di volont riusc solo a farlo inginocchiare in un pezzo di banco rimasto intatto, e si mise a pregare giungendo le mani e appoggiando la fronte sulle dita incrociate. Cominci a provare una strana sensazione, che non sentiva pi da molto tempo: pian piano gli giunse il ricordo di quando, molti anni prima, aveva cominciato a frequentare i ragazzi pi grandi di lui, ed assieme andavano a far scorribande per i campi, quasi ad allenarsi per quello che sarebbe diventato poi. Era rispettato da tutti, non era certo un semplice tirapiedi, e ben presto era riuscito a farsi voler bene dai suoi compari: non era secondo a nessuno quando si trattava di far danno o rubare. Ma quando li sentiva bestemmiare, quando imprecavano in

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quel modo colorito come solo i ragazzi e i vecchi sanno fare, provava sempre un senso di disagio perch non riusciva a scrollarsi di dosso gli insegnamenti di quel catechismo che fino a non molto tempo prima aveva seguito con cos poca voglia. Lui non si era mai lasciato andare a quel modo, eppure si sentiva quasi in colpa per non tentato almeno di fermarli, anche se alla fine non diceva mai niente perch sapeva bene quale sarebbe stata la reazione dei suoi compagni ad un rimprovero del genere. Il silenzio che lo circondava cominci a diventare opprimente; si alz, perch non voleva rimanere troppo in quella posizione, anche quello sarebbe stato interpretato come un gesto di debolezza. Proprio mentre apriva gli occhi il suo sguardo cadde sul piede monco che gli stava davanti: si gir per vedere se qualcuno stesse guardando, poi lo raccolse e lo gett in direzione del crocefisso. Lo aveva avvicinato un po', gli sembr almeno qualcosa. Una volta uscito si trov di fronte il generale che lo guardava serio, ma stranamente non dava idea di essere arrabbiato: si limit ad annuire impercettibilmente, poi guard la gente attorno a loro. -Certo che non facciamo proprio niente per farci voler bene dalla gente che incontriamo. Quel tuo Gerbert, t' venuto a raccontare tutto? -Si, mortificato per quanto successo. Le posso assicurare che di solito un ottimo soldato e ... -S, s, lo conosco. Niente da dire. Ma la prossima volta magari stai anche te l vicino, non che devi demandare e basta, bisogna anche controllare i propri sottoposti. -Certamente. Corrado intu che stava parlando anche, e soprattutto, a se stesso.

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-C' molto danno l dentro? -Non rimasto quasi niente di sano, ma rimane sempre una chiesa. Il generale si limit ad annuire e a passarsi la mano nel pizzetto un tempo nero come la pece, ma ormai screziato da un certo numero di peli grigi; senza guardarlo lo conged, e rimase solo a pensare.

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Il frutto maturo. -Siete sempre della vostra idea? -Dopo lo spettacolo che mi si para davanti ne sono ancora pi convinto. Questa solo la prima della rappresentazione che verr replicata nei prossimi giorni, tanto che mi chiedo se da queste parti rimarr anche solo la reliquia di un santo da poter pregare. Questi atti di violenza basteranno a malapena a placare la fame di pochi bastardi, ma presto il resto degli uomini, alla vista di tanti piccoli tesori, trover ancora pi insopportabile la mancanza del loro pagamento che, anche questa volta, tarda ad arrivare. Non dobbiamo fare altro che aspettare e presto il loro esercito si sgretoler sotto il peso della loro stessa bestialit. Lanzichenecchi, spagnoli e tedeschi assieme nello stessa lega: che assurdit! Non dureranno certo ancora molto. Non siete d'accordo forse? L'altro non os certo contraddirlo e annu vigorosamente mentre si copriva la bocca e il naso con un fazzoletto, disgustato dall'aria irrespirabile, impregnata dell'odore di legno bruciato e di carogna. Un solo giorno di viaggio li distanziava dall'esercito imperiale, e non era difficile intuire la direzione che stava seguendo, considerata la scia di morte che si lasciava alle spalle. Il generale francese rimase a guardare la desolazione di quel paese dato alle fiamme, chiedendosi se veramente la sua previsione avrebbe avuto seguito: si sarebbe rallegrato molto nel vedere la scena che a poche miglia di distanza si stava svolgendo nel campo nemico. -Come sarebbe a dire che l'altezza conta? E da quando? -Da sempre! Mi vorresti dire che un nanetto come te dovrebbe mangiare tanto quanto uno alto e grosso? -E il fatto che quello alto e grosso sia tu naturalmente non ti tocca minimamente, eh bastardo?

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-Rognoso pezzente, ma pensa quante storie per tre pezzi di cavolo e una carota bollita! Si vede proprio che sei uno di quelli che si fa passare bene i vestiti dei compagni morti quando gli altri non guardano! E non negare, te l'ho visto fare pi di una volta! Il colpo arriv cos forte da piegare l'elmo e sfracellare il cranio del suo amico, mentre le urla degli astanti copriva l'ultimo gemito del poveretto. Da semplice litigio per una mestolata di minestra si era arrivati prima ad una zuffa, e poi ad un vero e proprio combattimento tra alcuni dei soldati. Tutto si era svolto come al solito, se non che stavolta qualcuno si era lasciato prendere la mano, e impugnata la mazza aveva ammazzato quello che fino a pochi minuti prima era il suo compare di sempre. Il sangue cominci a bollire nelle vene e la rabbia si estese a macchia d'olio tra tutti i reparti, diventando la scintilla che diede fuoco a settimane di malumore. Gli ufficiali tentarono invano di sedare la rivolta, ma ogni sforzo venne vanificato da un gruppo degli stessi che si un alla voce dei riottosi, dando loro il coraggio di andare fino dal generale a rivendicare le loro paghe, perch alla fine sempre di quello si trattava, di raccattare qualche altra moneta d'oro. Corrado e Gerbert si voltarono nella direzione delle urla, e tutti e due si guardarono preoccupati perch avevano avuto lo stesso pensiero: il carro con Campanello era proprio sulla linea della rivolta, e sicuramente lo avrebbero gettato all'aria cercando qualcosa di valore, a dimostrazione che ai soldati si nascondeva il bottino migliore. Corrado salt in sella al cavallo e Gerbert lo segu subito, e per un pelo riuscirono ad arrivare da Campanello prima degli altri. Il dottore se l'era gi svignata e il ragazzo se ne stava con espressione indifferente a guardare lo spettacolo di tutti quegli uomini che venivano verso di lui: ai suoi occhi non aveva nulla

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da temere perch non si sentiva addosso nessuna colpa, che cosa poteva centrare lui con tutto quel trambusto? Corrado lo prese per un braccio e lo butt di traverso sul cavallo come se fosse un sacco, poi ripart a tutta velocit verso le tende degli ufficiali. -Ahia! Mi fa male se mi tieni in questa posizione! Ma che ti prende? Sei impazzito? -Zitto e guarda. Erano gi arrivati e Corrado aveva fatto voltare il cavallo per permettere anche a Campanello di vedere quello che stava accadendo: come un branco di locuste si erano tutti riversati sul piccolo barroccio di legno e lo avevano letteralmente spolpato. Campanello rimase a bocca aperta dimenticando il dolore che sentiva alle costole, totalmente incapace di darsi una spiegazione per quello che aveva appena visto. -Ma perch lo hanno fatto? -Cercavano qualcosa di valore. -Sul carro della roba da mangiare? -Non ragionano pi, non vedi? Sono in troppi a pensare contemporaneamente, quindi come se non pensasse nessuno. Ognuno fa quello che dice l'altro e viceversa. -Ma assurdo! -Riesci a camminare? Campanello scese dal cavallo e prov ad appoggiare i piedi: si sentiva debole ma ormai era quasi del tutto a posto, e riusc perfino a fare un breve scatto di corsa, ma poi si blocc massaggiandosi la coscia. -Vai nella mia tenda e non uscire. Durer un bel po' questa volta. Gerbert gli si affianc e nella sua espressione c'era tutto quello che voleva sapere da Corrado. -Credo che il generale abbia gi preso accordi, ma non so se e quando arriver il denaro. Non credo che stavolta baster fare la voce grossa. Ormai sono mesi che siamo a zonzo per questo

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maledetto paese e non siamo neppure in vista di Roma. Mi chiedo cosa si inventer questa volta quell'uomo. A volte non lo invidio proprio. -Io sinceramente non lo invidio mai. Credi che potrebbe essere pericoloso? -In che senso? -Lo sai che i francesi ci stanno alle costole. -Non lo so. Potrebbero attaccarci facilmente in una situazione come questa, ma ricordati sempre che abbiamo il loro re come prigioniero, non credo saranno cos stupidi. E poi li abbiamo gi strapazzati per bene in altre occasioni, ci penseranno due volte prima di cercare lo scontro aperto: siamo pi di trentamila adesso che ci siamo riuniti, almeno in teoria siamo imbattibili. -In teoria. -Se non ci ammazziamo tra di noi. Una delegazione aveva ormai raggiunto il Frundsberg, che li aspettava ritto sul suo cavallo con gli occhi sbarrati e gli angoli della bocca piegati in una smorfia di rabbia, anche se in cuor suo tremava alla vista di quell'orda ingovernabile. Mise a frutto trent'anni di esperienza di comando e non si lasci scappare l'occasione di essere il primo a parlare: -Cosa fate qua, con quelle facce da cani rabbiosi, perch non siete al vostro posto? Non c' bisogno che mi rispondete, tanto lo so gi che siete qui a batter cassa! Soldi non ce ne sono, e lo sapete bene anche voi, quindi tornate subito ai vostri posti! -Non cos alla svelta, generale. Era il capo dei lupi, e parlava con tono sprezzante, anche se avrebbe fatto volentieri a meno di doversi prendere sulle spalle quel compito: sapeva per che se non l'avesse fatto avrebbe perso ogni ascendente sui suoi compagni. Aveva visto le loro facce e non c'era voluto molto per capire che non avevano la minima intenzione di parlare in prima persona: si sarebbe dovuto prendere il rischio di ritrovarsi

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impiccato ad un ramo. Il generale incuteva comunque un forte timore reverenziale, non legato semplicemente al suo ruolo o al suo potere: quello sguardo, quella voce, un suo solo gesto era capace di gelare il sangue in qualsiasi soldato. Mai come in quel momento gli sembr cos alto su quel suo cavallo da cui non scendeva mai, se non per andare a dormire. Eppure proprio in questa occasione tolse un piede dalla staffa, e con un gesto veloce si ritrov a terra: con andatura lenta e gli occhi fissi in quelli dell'interlocutore si avvicin al gruppetto, fino ad arrivargli ad un metro. -Dai, parla. Dimmi tutto. Sentiamo cosa mi vuoi dire. L'altro riusc a sostenere il suo sguardo, e questo gli diede nuovo vigore. Anche se il tono questa volta fu molto diverso: -Generale, noi non abbiamo intenzione di continuare in questo modo. E pi di un mese che stiamo camminando senza ricevere nulla, la roba da mangiare comincia ad essere poca. Lo sa che uno appena morto perch han litigato per un pezzo di pane? Non si pu andar avanti cos. Ci servono rifornimenti e vogliamo essere pagati. Qualche spavaldo sottoline la sua approvazione ad alta voce, sicuro di non essere visto, mischiato tra la folla. Il generale lo guard, si gir e ritorn al suo cavallo: mise la mano nella sacca appesa alla sella e ne trasse un fagotto, poi ritorn indietro. Volt il sacchetto nel palmo della sua mano che si riemp di monete d'oro: si pieg all'indietro e ne gett una manciata sopra le teste della folla davanti a lui, poi un'altra ed un'altra ancora fino a finire il contenuto del sacchetto. La piana ricominci a ribollire di soldati che si azzuffavano per accaparrarsi uno dei pezzi d'oro, e le grida del loro capo non servirono a farli calmare. Cominciarono i primi litigi e questa volta fu il delirio: voci incontrollate cominciarono a passare tra la folla e ben presto la

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notizia era che li stavano pagando ma qualcuno si stava prendendo pi monete degli altri; tutti si accalcarono verso quella direzione e la rissa fu inevitabile. -Perch l'ha fatto? Cos si ammazzeranno tra di loro! -Gerbert, se si ammazzano tra di loro, non ammazzeranno noi. Solo in quel momento il secondo si rese conto della gravit della situazione, e rimase senza parole a fissare quella battaglia non prevista. Il generale era risalito sul suo cavallo e nel frattempo anche il comandante spagnolo era arrivato con molti uomini per vedere cosa stava accadendo: non ci mise molto a capirlo. -Ci serve un aiuto esterno per tenerli buoni e un qualche tipo di promessa ufficiale di pagamento. Spero che queste bestie si sfoghino un po' e abbiano sonno dopo essersi divertiti per qualche ora, ma ho paura che la voglia di romper l'anima non gli passer. Se almeno avessi una citt bella grossa da fargli prendere! L'altro lo fissava inorridito, totalmente incapace di concepire un esercito come quello Lanzichenecco, cos distante dal suo modo di pensare e dal comportamento dei suoi uomini: anche da loro spesso erano partiti segnali di malcontento e rivendicazioni, ma niente che potesse in qualche modo paragonarsi a quello che aveva sotto i suoi occhi in quel momento. Non sapeva se ammirare il generale perch riusciva a comandare un tale esercito o disprezzarlo come capo e degno rappresentante di quel genere di uomini. -Frundsberg, non so come si possa sedare una rivolta come questa, ma per piacere lasciamene fuori: gi difficile tenere a bada i miei uomini senza dover pensare anche ai tuoi. Tutto quello che posso fare mandare un messo dall'Imperatore e chiedere direttamente consiglio a lui. Le imprecazioni che seguirono a questa risposta tolsero ogni buon proposito dal cuore dello spagnolo che volt il cavallo e

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torn al suo campo, ben felice di essersi potuto sollevare la coscienza grazie al comportamento violento dell'altro. Gerbert e Corrado se ne stavano in disparte e osservarono la scena con apprensione, chiedendosi che conclusione avrebbe potuto avere quella storia. Corrado riponeva comunque molta fiducia nel generale: odiava il suo modo di fare, ma era cosciente che solo grazie a quello era riuscito a portarli fino a quel punto. -Riuscir a farli ragionare, vedrai! Dovessi prenderli uno per uno per la collottola ma ci riuscir! Corrado non pot fare altro che annuire e guardarlo mentre saliva ansimando sul fianco della collina che sovrastava la piana dov'erano. Arrivato in cima, inizi il suo discorso: -Lanzichenecchi! LANZICHENECCHI! Fermatevi un secondo per Dio! Ascoltate quello che ho da dirvi! Ci volle qualche minuto prima che tutti riuscissero a capire quello che stava accadendo, ma quando intuirono che stava per fare un discorso ufficiale si zittirono, perch quando parlava a quel modo non lo faceva mai per nulla. Qualcuno si mise seduto sull'erba, altri si appoggiavano stremati alla spalla del compagno con il quale fino a poco prima si stavano azzuffando, e trentamila facce si voltarono tutte nella stessa direzione in attesa della sua voce. -Uomini! Dovr sopportare ancora per molto queste vostre freghe che periodicamente vi assalgono? Non vi hanno forse sempre pagato alla fine? E' vero, spesso l'oro arrivato in ritardo, ma cosa pretendete? Siamo in terra straniera, invasori, e dietro di noi lasciamo morte e distruzione, credete sia facile trasportare forzieri pieni di valori attraverso centinaia di leghe di boschi e pianure? Quanto ancora volete stare qui a perder tempo prima di arrivare a Roma, dove non ci sar bisogno di aspettar nessuno, perch di tesori ce ne saranno talmente tanti, che non avrete nemmeno bisogno di litigare per spartirveli.

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-Basta con questa favola! Ci siamo stufati! Roma Roma Roma! Prima di riuscire a prenderla ci vorranno mesi, e poi molti saranno morti ormai. L'oro lo vogliamo adesso! Siamo soldati, mercenari, il futuro per noi non esiste, esiste solo il presente! Se voglio andar con una donna, la devo pagare, adesso! Se voglio andar in un'osteria, la devo pagare, adesso, non domani! Non posso dire all'oste che il vicer di Borbone passer a pagarlo domani! Una risata fragorosa si sollev dall'esercito ed il capo dei lupi sentiva ormai di non aver pi paura del suo superiore. -Bestie! Solo a quello sapete pensare? E' vero, siamo mercenari, ma mercenari timorati di Dio, che non combattono solo per l'oro, ma anche per pulire la cristianit dalla lordura del Papa Re che siede sul trono di Pietro! Ve ne siete dimenticati? Siete solo delle... Non fece a tempo di finire la frase, perch la testa gli si fece pesante, ed un fischio gli spacc le orecchie prima di cadere a terra privo di sensi. Il silenzi che segu fu insopportabile, ma nessuno os esprimere a voce alta il timore che tutti ebbero. Corrado corse dal generale e lo trov riverso a terra, con gli occhi semiaperti e un filo di bava che gli usciva dalla bocca. Respirava ancora, ma quando prov a sollevarlo vide che tutta la parte destra del suo corpo era contratta come presa da un unico crampo che andava dalla testa ai piedi. -Gerbert, porta una coperta e un cavallo, e tieni lontani tutti, non devono vedere cosa successo. Lo portarono nella tenda e lo misero sulla branda dove fino a pochi istanti prima stava seduto Campanello, che per tutto il tempo era rimasto a guardare la scatola degli scacchi di Corrado, disinteressandosi di tutto quello che accadeva l fuori. L'espressione che aveva assunto nella paralisi era quasi comica, e mentre Corrado lo adagiava sul giaciglio una parte di lui si chiedeva se avrebbe mai pi avuto l'occasione di rivederlo fare

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quella faccia, perch una volta guarito sarebbe ritornato l'arcigno generale di sempre. Non riusciva nemmeno a pensare che potesse morire, perch l'idea della suo potere gli si era talmente radicata nel cervello da farglielo considerare praticamente immortale, come poteva non esserlo il generale dei Lanzichenecchi? Il dottore finalmente arriv, e rimase a lungo a far passare i suoi strumenti sul corpo dell'illustre paziente: in realt aveva capito dopo pochi istanti che si trattava di un colpo apoplettico e che non c'era pi speranza, ma non poteva certo dare una notizia del genere senza fingere un'accurata diagnosi da almeno quindici minuti. Si alz in piedi e prese un tono serio, in modo da facilitare a tutti la comprensione di quello che stava accadendo: diede la notizia in modo secco, senza nemmeno accorgersi che il moribondo aveva aperto l'occhio che ancora riusciva a muovere ed aveva ripreso conoscenza. -Sta morendo. -Portatemi a casa. Sobbalzarono nel sentire la sua voce, bassa e biascicata, ma con il tono di comando che gli era solito. -Portatemi a casa, non voglio morire qui. Tutti gli si strinsero attorno, ed in poco tempo organizzarono il suo ritorno, sdraiato su una lettiga, in direzione del suo castello in Bavaria. -Corrado, portali tu a Roma, io non ce la faccio. Prese fiato, riusciva a malapena a finire una frase. -Ho gi preso accordi. Pagheranno tutti. Fidati, l'oro arriver. Corrado usc dalla tenda, e torn sulla cima della collina dove il fatto era accaduto: tutti pendevano dalle sue labbra e aspettavano l'annuncio di morte. -Il generale vivo! Un brusio si lev dai soldati, sorpresi da quell'inizio. -Tuttavia non potr guidarci, ne ora, ne mai pi. Il suo cuore

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non ha retto lo strazio di vedervi sbraitare per l'ennesima volta contro di lui, che vi ha sempre difesi e portati alla vittoria. Fate quello che volete adesso, la situazione non cambia: i pagamenti arriveranno, e la marcia verso Roma continuer, chi vuole prosegua, gli altri tornino pure indietro se vogliono. Deglut a fatica, cercando di non far trasparire la paura dalle sue parole, e la voce misurata con cui declam quell'annuncio in realt era il massimo che i suoi polmoni, strizzati dall'emozione, riuscirono a produrre. Gli veniva da ridere ripensando al suo tentativo di toccare il cuore di quelle bestie per convincerli a calmarsi, e fu felice di aver evitato il pezzo in cui faceva riferimento al generale come un padre amorevole, ma d'altronde in cos poco tempo non era riuscito a mettere insieme un discorso decente. Eppure quelle parole smossero i soldati gi spaventati, come Corrado, dalla visione del loro terribile generale che si afflosciava a terra come un frutto maturo: erano talmente allibiti a quell'idea da aver quasi dimenticato la storia dell'oro. Per un po' le voci si rincorsero nel campo, nessuno aveva un'idea precisa di cosa fare, e tutti cercavano consiglio nel vicino sperando di potersi uniformare a quella che sarebbe stata la scelta della maggioranza. Alla fine vinse l'idea di proseguire, e la stessa delegazione che aveva dato il via a tutto and da Corrado e gli comunic la notizia; non ci fu bisogno di ufficializzare il passaggio di consegne, era implicito che da quel momento a comandarli sarebbe stato lui.

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La barca. -E' Roma! Guardala, Roma! Campanello correva avanti e indietro agitato, puntando il dito verso il profilo della grossa citt che si vedeva all'orizzonte. -No, non Roma! Non lo vedi che siamo in riva al mare? Roma all'interno. Ma fai bene ad essere esaltato, comunque molto vicina, siamo davvero quasi arrivati. Corrado scese da cavallo e con un gesto della mano fece fermare tutto l'esercito; il campo fu preparato in poco tempo, e quando arriv sera i paioli di rame erano gi pronti, attirando attorno al fuoco i soldati e le falene. Corrado voleva fare il punto della situazione con Gerbert, ma stranamente non lo trov nella loro tenda: si mise a cercarlo e lo scopr intento a scolarsi un'intera bottiglia di vino. Straparlava, e malgrado si meravigli di quel comportamento, lo lasci fare, invidiandolo un po' per l'idea che gli era venuta. Assieme a Campanello cen abbondantemente, sapeva che di l a qualche giorno le cose sarebbero molto cambiate, e non voleva lasciar scappare l'occasione di passare una serata tranquilla. -Ti va di fare due passi sulla spiaggia? L'aveva chiesto cos, tanto per dire qualcosa, e non si aspettava l'espressione di giubilo che fece il ragazzo: si rese conto solo in quel momento che sicuramente era la prima volta che vedeva il mare. Lo osserv divertito mentre camminava chino sulla sabbia, raccogliendo tutte le conchiglie che scovava alla luce del tramonto, e rispose con un po' di fantasia alle domande che gli fece sull'estensione del mare e sulle terre che si trovavano dall'altra parte. -Ma davvero c' la Spagna? -Non solo, anche la Francia. -E quanto ci vuole per raggiungerle?

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-Dipende dalla barca. Un bel po' di giorni comunque. -Tu ci sei mai andato? -In Francia? -Intendevo dire in barca. -Si certo. Ma non per tragitti cos lunghi, solo per brevi tratti lungo la costa. -E le conchiglie, da dove vengono? Gli mostr le mani piene e rimase in attesa della risposta, pendendo dalle sue labbra. Quella domanda gli sembr infantile, ma si rese conto che neppure lui lo sapeva di preciso, e ci dovette pensare un attimo prima di rispondere, e lo fece con tono stizzito. -Sono gli scheletri di certi pesci morti. La risposta deluse un po' Campanello che si ficc per in tasca le pi belle, deciso a tenerle. La luce era scomparsa, ed un minuscolo spicchio di luna era salita nel cielo, illuminando a stento il cammino. Furono attratti da delle luci, e dopo aver camminato un po' scoprirono che si trattava di alcuni pescatori che si stavano preparando per andare in mare. -Ma pescano al buio? -Certo, i pesci vanno in giro di notte: le lampade li attraggono, come le farfalle. -E di giorno che fanno? -Dormono. -E i pescatori? -Anche. Delle grida interruppero il discorso, uno degli uomini stava sbraitando qualcosa: da come si comportava si capiva subito che era il capo. -Dai con quelle reti! Dai pi veloci! Adesso il momento migliore, che la luna quasi morta stanotte! Ma guarda questo che lena! Oh, ma che c' hai stasera? Dagli con la schiena, spingila sta barca!

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Quasi a sottolineare i suoi ordini diede una manata al pescatore pi vicino a lui, ma quello non ebbe nessuna reazione e continu nel suo lavoro come se niente fosse. Campanello prov un moto di rivolta contro quel gesto, ma si ferm subito. Erano in cinque, tutti piegati nello sforzo di spingere sul bordo di legno, e affondavano nella sabbia ad ogni passo: malgrado questo la barca si muoveva, e lentamente si spostavano verso il mare. Una lanterna oscillava appesa alla prua dell'imbarcazione e Corrado rimase a guardare il volto rassegnato di quegli uomini, che a quella luce livida sembravano ancora pi bruciati dal sole. Erano sicuramente dei padri: solo l'amore per una famiglia pu obbligare un uomo a sforzi come quelli, e si chiese se un giorno anche lui avrebbe potuto gioire del dono di un figlio, ed avere qualcuno con cui giustificare la fatica di vivere. Pass davanti a Campanello e and verso una barca che se ne stava arenata a pochi passi dalla risacca: si mise a spingerla. -Non mi aiuti? Non vuoi venire a fare un giro? -Ma possiamo? Non dovremmo chiederlo prima? Corrado si ferm e lo guard con una espressione mista tra lo stupore e il divertimento. -Devo ricordarti cosa siamo? Poco dopo stavano galleggiando sul mare liscio come l'olio, con Corrado che cercava di remare verso il largo e Campanello che si strizzava i pantaloni che gli si erano bagnati durante l'abbordo. -Ma la sai portare davvero? -Se so condurre un esercito, sapr ben farlo anche con una barchetta di legno! Non era per cos semplice e ci mise un po' prima di riuscire a prendere un ritmo che non li facesse girare semplicemente in tondo.

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Si ritrovarono in secca, e Campanello si mise a scherzare l'amico. -Bravo, invece di ridere, adesso scendi e spingici verso il mare aperto. L'altro obbed a malincuore, anche perch l'idea di infilarsi in quell'enorme vuoto oscuro lo spaventava parecchio; pass i primi minuti intento ad ascoltare il rumore della risacca che si allontanava piano piano, e gli sembr di muoversi verso il cielo, non vedendo pi dove iniziava quello e finiva l'orizzonte. Dopo un po' per il movimento della barca lo cull e si lasci andare sdraiato sul fondo di legno. Corrado tir i remi in barca e si mise anche lui nella stessa posizione, con le teste orientate ai due estremi opposti. -Come faremo a trovare la strada per tornare? Corrado si sporse verso di lui, gli mise una mano sulla testa e gliela gir a forza verso le luci del campo, che nel buio della notte brillavano come fari. Si mise a guardare il cielo e tutte quelle stelle, senza il disturbo delle torce del campo, parevano senza fine, e gli sembr veramente ridicolo che qualcuno potesse davvero distinguere dei carri, dei cavalli o altre cose in quella massa densa di puntini brillanti. -Lo sai che qualcuno dice di poter prevedere come sar di carattere una persona a seconda di quando nato? E' per via dell'influenza delle stelle. -Credo di aver sentito qualcosa del genere. Tu ci credi? -No, tanto poi non mi ricordo il giorno esatto di quando sono nato. Era d'agosto, mia madre ogni anno per festeggiarmi mi faceva la torta con le pesche, questo me lo ricordo bene. Campanello non gli rispose: aveva gli occhi chiusi e si beava di quel momento, chiedendosi quando sarebbe potuto riaccadere di nuovo e cercando di scacciare dalla testa il pensiero della guerra imminente. Rimasero per alcuni minuti in silenzio, e Corrado si chiese se

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l'amico si fosse addormentato; proprio in quel momento riprese a parlare. -Perch deve essere sempre cos? -Cos come? A cosa ti riferisci? -Alla scena che abbiamo visto poco fa sulla spiaggia. Intendo dire: perch nei rapporti tra chi comanda e i suoi sottoposti c' sempre questa violenza? Non basterebbe chiedere, magari anche con fermezza, ma senza dover per forza urlare e alzare le mani? -Adesso che sei tu quello sotto ti sembra una cosa ingiusta, ma se un giorno ti troverai dall'altra parte capirai che non c' altro modo. -Perch? -Perch tutti hanno ragione, ma uno solo comanda. -E tu perch allora non fai lo stesso con me? Corrado stava quasi per ricordargli che era mezzo morto per le botte che gli aveva fatto dare, ma prefer evitare quell'argomento, anche se rimase perplesso da quella domanda. -Mi hai salvato la vita, non ti ricordi? -S, ma sono sicuro che anche Gerbert te l'ha salvata mille volte. -Ormai noi siamo amici. -Ma davanti agli altri mi comandi sempre per. -Sei pur sempre un mio soldato. -Non pensi che queste due cose siano incompatibili? -A me non sembra: sei mio amico e mio sottoposto, che c' di male? -Di sicuro per te comodo. -Vorr dire che ti far generale non appena torniamo. Scoppiarono a ridere assieme, e ci fu un'altra pausa. Campanello si mise a giocherellare con un pezzo di rete che aveva trovato: la gett nell'acqua tenendola per un angolo, e si mise a farla andare su e gi. Non si aspettava certo di prendere qualcosa, ma gli piaceva il

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pensiero di fare il pescatore, anche se solo per una sera: da quello che aveva visto, non era certo il mestiere adatto a lui. La ritir a bordo, ovviamente vuota, e si gir verso Corrado. -Ti piaciuto? -Cosa? -Vedere quel vecchio bastardo morire a quel modo. Corrado si tir su a sedere in modo cos violento che quasi rovesci la barca, e guard esterrefatto Campanello. -Come ti permetti di dire una cosa del genere? Ma per chi mi hai preso? Io non godo del dolore altrui. -Vorresti farmi credere che dopo tutte le maledizioni che gli hai lanciato alle spalle, dopo le ore che hai passato a raccontarmi di quanto fosse violento e supponente, non hai provato un po' di felicit nel vederlo schiattare? Corrado si rese conto che lui stesso si era posto quella domanda, ma aveva sempre trovato qualcos'altro a cui pensare per evitare di rispondere alla sua coscienza. Ci pens un po' prima di riuscire a dire qualcosa. -Odiavo quell'uomo: mi ha reso la vita impossibile. Di sicuro non pianger la sua morte e non mi metter a elogiarne le qualit adesso che morto come fanno certi ipocriti. Ma ti assicuro che vederlo accasciarsi a quel modo mi ha stretto il cuore. A volte, quando mi urlava contro, mi sembrava di vedere nei suoi occhi un espressione che voleva quasi dire capiscila accidenti! Smetti di fare certe idiozie cos non ti dovr pi trattare a questo modo. Molto del suo carattere era dovuto al suo ruolo, e viceversa: le due cose sono inscindibili. -E tutto questo lo hai capito dai suoi occhi? -Dagli occhi di una persona si capisce tutto di quello che prova, ricordatelo. -E dai miei cosa capisci? -Che sei meno scemo di quello che sembra. -Adesso che comandi tu, non hai paura allora di diventare come lui?

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Corrado non rispose, prese i remi e cominci a dirigersi verso il campo. Una brezza leggera si era alzata dalla direzione della costa, e Corrado si rese conto che non riusciva pi a tornare a riva: per quanto si sforzasse i suoi gesti erano troppo maldestri e la forza che ci metteva non riusciva a compensare la mancanza di coordinazione. -Credo che dovremo tornare a nuoto. Campanello non si gir nemmeno e continuava a guardare le luci sulla spiaggia. -Non sto scherzando. Non riesco a portarla indietro. Tu sai nuotare? Questa volta il ragazzo lo guard, ma si limit a scuotere la testa in segno di disapprovazione. -Bell'idea che t' venuta, se cos che ci guiderai verso Roma allora mi sa che mi nasconder in un casolare e aspetter che finisca tutto! Comunque s, so nuotare, vicino a casa mia c' un lago e ci andavo spesso d'estate. -Ecco bene perch allora sorge il secondo problema: io invece non so nuotare. -O Signore! E adesso? Ma riesci almeno a stare a galla? Usa il remo, ti ci attacchi e muovi le gambe, tanto non siamo lontani, in una decina di minuti dovremmo farcela. Campanello aiut Corrado a scendere dalla barca, e poi lo raggiunse stando bene attento a non stargli troppo vicino: si ricordava ancora bene di quella volta in cui un suo amico si era fatto prendere dal panico e quasi portava gi anche lui cercando di aggrapparsi. Corrado non diceva niente, ma aveva gli occhi sbarrati ed era avvinghiato a quel pezzo di legno in un modo tale che Campanello si ripromise di guardare il mattino seguente se ci fossero rimasti i segni delle unghie. Non disse nulla ne tanto meno lo prese in giro, tanto si sarebbe ampiamente rifatto una volta a riva, e non voleva infierire su

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quello che in fin dei conti rimaneva sempre il suo comandante. -E poi, adesso che ci penso, non detto che sia morto! L'hanno riportato al suo castello, ed vero che non abbiamo pi avuto notizie, ma forse il dottore s' sbagliato! Sai com' quello, preferisce sempre buttarla sul tragico, cos poi se uno si salva si prende il merito della guarigione miracolosa. In realt, mentre loro due facevano il bagno nel mare, a molta distanza il generale era a sua volta immerso in una tinozza riempita di olio caldo in cui era stata fatta bollire una volpe, un efficacissimo rimedio che l'oramai troppo debole uomo non ebbe il modo di rifiutare.

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Il buco. Gerbert diede le ultime disposizioni per fissare le tende nella piana, ma mentre parlava non riusciva a distogliere lo sguardo da Corrado, che da ore ormai era seduto su una seggiola di legno a fissare le mura della citt. Avrebbe voluto rassicurarlo un po' ma lui stesso era teso e spaventato, e sapeva che se avesse cercato di mentire Corrado lo avrebbe capito subito, e di certo non lo avrebbe sopportato. Sperava almeno che la compagnia del ragazzo avesse potuto calmarlo ma quel maledetto se ne stava a dormire nella tenda, e non dava segno di voler cacciare la testa fuori. D' un tratto Corrado si alz e and verso Gerbert, sorridendo con la bocca ma non con gli occhi, e gli mise una mano sulla spalla. -Domani attacchiamo. Cos, subito, non voglio perder tempo. Tanto strategie non ce ne saranno, lo sanno da mesi che stiamo arrivando e si saranno preparati con chiss quanta roba da mangiare nelle mura interne. Fai preparare gli uomini, dagli almeno il tempo di pregare un po'. -Questa volta direte qualcosa? -Certo, sta tranquillo. Entr nella tenda e trov Campanello che stava sdraiato con gli occhi aperti a guardare la tela sopra di lui. -Non riesci a riposare? -Proprio no. Pensi che sar difficile? L'attacco, intendo. -Di sicuro sar bello lungo. -Molti giorni? -Molti mesi. -Davvero cos tanto !? -Ma l'hai vista quant' grossa? Siamo zanzare che vogliono pungere la pancia ad un gigante che dorme. -Ma siamo a migliaia! E poi figurati, con la fama che ci saremo fatti in questi mesi, ti immagini come sar spaventata la gente

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all'interno? Corrado sorrise, anche lui aveva pensato quelle cose, ma sentirsele dire era comunque piacevole, sembravano ancora pi vere a quel modo. Si sdrai anche lui e cerc di dormire. Il mattino seguente ogni dubbio sembrava essere svanito dalla mente di Corrado e Gerbert tir un sospiro di sollievo quando lo vide che discuteva allegramente con alcuni soldati. Le possibili ipotesi sullora di attacco furono cancellate dalla disperazione dei difensori, che in un impeto di coraggio mandarono una piccola guarnigione allattacco del loro campo: iniziava cos, senza ordine, in un gran baccano di proiettili e urla la presa di Roma. Campanello stava affondando il colpo, quando una strana scenetta attir al sua attenzione: un gruppetto di uomini correva lungo le mura tenendo in mano alcune galline, erano palesemente terrorizzati e camminavano curvi come ladri per non attirare l'attenzione; scomparvero dietro la curva di un torrione. Si mise a correre per seguirli, ma una voce lo richiam: -Dove credi di andare? Stavi scappando vero? Bastardo, ti insegno io a disertare! Erano i Lupi: lo guardavano ghignando perch avevano trovato un ottimo diversivo, una buona scusa per potersi fermare un secondo a prendere fiato: malgrado il rito di iniziazione, il comportamento distaccato di Campanello e la sua amicizia con Corrado lo avevano tenuto nelle antipatie del gruppo. -Stai zitto! Non sto disertando. Ho visto qualcuno fuggire da quella parte, e voglio vedere dove sta scappando, stringeva qualcosa e da come correva sembrava roba di valore. Quella piccola bugia zitt quei mercenari, che di colpo diventarono pi gentili: -Mostraci dove. Ti seguiamo.

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Arrivarono al punto in cui li aveva visti girare l'angolo, ma subito dopo trovarono solo le mura che proseguivano per metri e metri. Cercarono per un po', ma non trovarono nessuna fenditura, ne nient'altro che potesse in qualche modo dare l'idea di un passaggio; l vicino i campi confinavano con un bosco, e la soluzione fu trovata subito. -Buono a nulla, quanto tempo ci hai fatto perdere! Avanti, torniamo! Campanello non gli rispose nemmeno, osservava con interesse un grosso mucchio di letame: ci si gett letteralmente dentro, e cominci ad affondare le mani nel sudiciume, e quando arriv alla spalla appoggi anche il resto del corpo, ficcandoci anche tutta la faccia. Gli altri lo guardarono allibiti, poi scoppiarono a ridere: non era la prima volta che vedevano qualcuno perdere il senno durante la battaglia, e ogni volta era uno spettacolo molto divertente. -Guardatelo! E' impazzito! Stiamo a vedere cosa fa, adesso magari se la mangia anche! Il ragazzo si mise in ginocchio, poi si alz in piedi, stringendo in mano una corda: si gett all'indietro e cominci a tirare, gemendo per lo sforz. Di colpo dei grossi assi di legno si alzarono da sotto scoprendo una botola abbastanza grossa da farci passare due uomini comodamente; prese un respiro tale da gonfiare tutti i polmoni, si gir dalla parte dell'esercito e diede il segnale: -BRECCIAAAA! Gli altri lo guardarono allibiti, ma quando sentirono quella parola si misero anche loro ad urlare ed a ripeterla a squarciagola, fino a quando i primi soldati non cominciarono ad arrivare, fermandosi a guardare quella meraviglia, incerti sul da farsi. Arriv anche Corrado, cavalcando il pi in fretta possibile per

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accertarsi che non fosse solo un errore. Vide subito che non lo era. -Chi l'ha trovata? Il capo dei veterani si avvicin a lui sorridendo, poi indic Campanello, con la mano che gli tremava come una foglia dall'eccitazione: -Lo vedete quel pulcino pieno di letame? E' stato lui. Corrado scese da cavallo e gli si avvicin, cos conciato non lo aveva neppure riconosciuto, e rimase stupito nel capire chi era. -Credo che tu ti sia appena fatto qualche migliaio di amici. Allarg il braccio mostrandogli la direzione. -A te l'onore. Campanello sorrise e si butt dentro al passaggio, urlando come un dannato; subito dietro di lui lo seguirono i suoi compagni, e ben presto le loro urla cominciarono ad arrivare da sopra le mura, dalle strade. Campanello si ritrov a guidare quella fiumana di uomini e si rese conto che non aveva la pi pallida di quello che doveva fare: si era aspettato di trovare della resistenza ma vide solo dei disperati che fuggivano allibiti alla loro vista. Lesercito decise per lui e la sua breve carriera di comandante fu interrotta dalla bramosia di ricchezze dei Lanzichenecchi che diedero il via al loro lavoro: cominciarono a bruciare le case e la guerra si trasform in saccheggio. Ogni ordine fu perso e si divisero in piccoli gruppetti di amici che si dividevano le zone da depredare a seconda di una gerarchia interna tutta diversa da quella ufficiale. Per la prima volta Campanello prov una sensazione che fino ad allora lo aveva risparmiato: ogni volta che aveva assistito ad un saccheggio da parte dei suoi compagni, il disgusto e la pena per le persone vittime di quella violenza erano state le uniche cosa che era riuscito a provare. Ora per quella citt vuota e cos tanto cantata nelle sere al campo esercitava un richiamo che non riusciva pi a contenere:

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si immagin dentro a ricche stanze piene di arazzi, mentre rovistando sotto un letto a baldacchino si riempiva le mani di perle ed oro. Di colpo si rese conto di essere rimasto indietro e la paura di perdere qualche buona occasione gli mise le ali ai piedi. Non tutti i soldati avevano dimenticato cosa erano venuti a fare ed un manipolo di uomini era riuscito, dopo una breve scaramuccia, ad aprire una porta laterale nelle mura, da cui il resto dellesercito si rivers come un fiume; per ultimi entrarono Corrado, Gerbert ed un gruppo di ufficiali. -Vattene pure con gli altri, io di certo non ti trattengo. Corrado si era rivolt ad uno di quelli che era con lui, che da quando erano entrati non faceva altro che guardare i soldati che si sparpagliavano stringendo i denti e muovendo lo sguardo da Corrado alle case avanti a loro. Non appena Corrado pronunci quella frase si limit a ringraziare e si butt anche lui nella mischia. -Tu non vai Gerbert? -Signore, sapete bene che non mi lascio andare a questo modo, io. E poi quando entreremo nelle sale del Papa ci saranno ben altre cose che delle brocche e qualche moneta di rame. -Mercenari s, ma pur sempre con stile, per Dio! Si misero a ridere anche se Gerbert non pot fare a meno di notare il colorito cinereo dellamico, che se ne stava dritto sul suo cavallo ma non aveva mollato le redini nemmeno per un secondo da quando era iniziato tutto e non aveva nemmeno cercato di partecipare in alcun modo alla battaglia. Corrado si guardava in gir e Gerbert lo rassicur: -Sar da qualche parte a divertirsi, sono sicuro che ha gi arraffato qualcosa e adesso in un angolo a sognare su come spendere il suo piccolo tesoro. -S, sicuramente cos. Campanello entr dalla porta principale e si ritrov in una

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grossa stanza: si guard in giro e vide che i cassetti, le ante dei mobili erano tutte aperte e pens che quella casa doveva essere gi stata visitata; osservando meglio per not che malgrado la roba di valore era gi stata portata via tutte le suppellettili erano intatte e non cerano segni di nessun tipo di violenza. Gli abitanti se ne erano andati di corsa portandosi via le loro cose e avevano lasciato tutto in quello stato. Si mise a guardare i piccoli oggetti che rendevano unica quella abitazione rispetto alle altre: una bambola gettata per terra, un capello appeso alla parete, un paio di zoccoli vicino al tavolo della cucina. Provava una sensazione stranissima: non stava rubando nulla eppure il fatto di starsene cos nella casa di qualcun altro, il fatto di violare a quel modo lintimit di una famiglia lo eccitava. Stava rubando il senso di familiarit di quella casa, si stava appropriando del calore domestico di qualcun altro. A volte, mentre marciavano lungo le strade di una citt o quando si accampavano fuori da qualche paese, scorgeva le luci dentro le case e invidiava le persone al riparo dal freddo di un campo abitato solo da mercenari. Rimase cos, a camminare per le stanze vuote passando la mano sui cuscini, sui mobili, cercando di immaginare come dovevano essere fatti i componenti della sua famiglia. Si ritrov davanti al letto ed esit per qualche istante, poi ci si gett sopra e si mise sdraiato, con gli occhi chiusi. Si rialz subito e si mise a camminare perch restare in quella posizione gli permetteva di cogliere tutto il silenzio che riempiva quel posto e che gli ricordava di essere solo. Un tonfo lo fece voltare: dietro di lui cera solo un armadio chiuso, e cominci a tremare; si rese completamente conto di essere un ladro solo in quel momento. Si avvicin ed apr lentamente le ante, e si ritrov davanti una ragazza rannicchiata che tremava come una foglia.

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-La prego non mi mandi fuori! Stavo scappando ma la brocca della nonna era rimasta in casa e allora sono tornata a prenderla, ma poi non ho pi visto mio padre e ho cominciato a correre, poi li ho visti arrivare e allora sono entrata, ma non volevo fare niente di male! Non mi cacci fuori! Campanello non disse nulla e rimase a fissarla; lei lo guard meglio e vide anche la spada che teneva al fianco, spalanc gli occhi e si nascose la testa sotto le mani, sempre tenendo ben stretta una vecchia brocca sbeccata. Richiuse le ante dellarmadio e scapp fuori di corsa, non sapendo bene neppure lui che cosa fare: cominci a vagare per le strade cercando Corrado, ma non aveva idea di dove poterlo trovare. Si ritrov sulla sponda di un grosso fiume, e cominci a seguirla, sperando che in quella direzione ci fosse il centro della citt: non aveva idea del perch, ma era convinto che Corrado sarebbe andato proprio in quella direzione. Gerbert fu il primo a vederli e diede subito lallarme: presto tutta la guarnigione si ritrov a cavalcare nella direzione in cui quei cardinali stavano correndo. La carrozza se ne stava piegata su un lato con il mozzo spezzato appoggiato a terra, proprio allinizio del ponte che attraversava il Tevere e portava alla fortezza; stavano in fila indiana, ed ai due estremi un piccolo gruppo di guardie dava loro un minimo di protezione. Corrado stava pensando con divertimento quanto fossero ridicoli quegli uomini grassocci che correvano tenendosi la veste porpora per non inciampare, affannandosi a percorrere quei pochi metri che li separava dalla salvezza con una passione che doveva essere totalmente estranea al loro modo di vivere, quando not che uno dei cardinali teneva uno strano copricapo in mano, e non doveva sollevare la veste che anzi sembrava troppo corta.

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Gli altri lo sostenevano per le ascelle, e Corrado cap linutile espediente organizzato dai fuggitivi. I Lanzi non fecero a tempo e i portoni di Castel S.Angelo si chiusero prima che riuscissero a raggiungerli. -E un vero peccato, sarebbe stato un colpo grosso pescarli a questo modo. Gerbert osservava con lo sguardo pensieroso le alte mura della fortezza, e si massaggiava il mento sbarbato. -Non era comunque una possibilit su cui contavo, ma almeno adesso sappiamo dov, e che si trova ancora a Roma. Come siete messi a dardi? Si era rivolto ad un ufficiale decisamente anziano ma dallaria fiera, che aveva il compito di governare i balestrieri, un gruppo ormai sparuto soppiantato dallavvento dei fucili, ma che continuava ad esercitare per amore della tradizione. Quello lo guard estasiato, con lespressione gongolante di chi finalmente pu mostrare le sue qualit: -Signore, abbiamo tanti colpi da farne croci a sufficienza per dare degna sepoltura ad ogni abitante di questa citt. -Credo che dentro a quella fortezza il successore di Pietro sia accaldato dopo la corsa sotto a questo sole, fate piovere un po, cos da rinfrescarlo. Decine di colpi partirono in direzione del cortile interno delle mura, mirando a casaccio e sperando che la mano della provvidenza desse la giusta direzione a quei dardi punitori. Nessun rumore venne dallaltra parte, ma la soddisfazione degli occupanti fu comunque grande. Forse quella dimostrazione non ebbe leffetto sperato, ma almeno serv a Campanello per orientarsi e trovare finalmente i suoi compagni. -Eccoti qui, hai fatto buon bottino? -Corrado, devi venire subito! Ho trovato una cosa. Guard Gerbert con fare sospetto, cosa che gli diede molto fastidio.

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-Io vado col ragazzo a scoprire quale incredibile tesoro ha scovato. Tu cerca di radunare tutti quelli che puoi, ma non calcare troppo la mano, lasciali sfogare un po, tanto questi non scappano di certo. Ci vediamo qui tra qualche ora. Corrado fece salire Campanello sul suo cavallo ed insieme ripercorsero allindietro la strada verso quella casa. -Si pu sapere cosa c l dentro di tanto importante? -Una ragazza. -E quindi? -Dobbiamo salvarla! -Da chi, dai tuoi compagni? Ferm il cavallo e fece il gesto di tornare indietro, ma Campanello si fece pi deciso: -Senti, l da sola chiusa in un armadio, dobbiamo fare qualcosa per farla ricongiungere con la sua famiglia! Corrado spron il cavallo e continu a seguire le indicazioni che da dietro Campanello gli dava, curioso se non altro di vedere che aspetto avesse questa ragazza. Campanello aveva un groppo in gola, terrorizzato di poter trovare qualcun altro dentro labitazione, ma fortunatamente lo scompiglio presente allentrata aveva fatto cadere ogni interesse a quelli che, dopo di lui, ci avevano messo il muso dentro. Percorsero velocemente il corridoio che portava alla stanza da letto, e la trovarono ancora chiusa nellarmadio, tremante come una foglia. Corrado la guard e storse il naso: era giovane e bella. -E adesso cosa facciamo? -Stuprala. Campanello e la ragazza ebbero la stessa espressione allibita, e nessuno dei due riusc a spiaccicare parola. -Hai sentito bene, fallo. Se non lo fai tutto lo faranno gli altri, ma se la prendi tu diventa roba tua e non te la toccheranno, perch sanno che sei vicino a me.

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-Ma sei impazzito?! Non potrei mai fare una cosa del genere! Non c bisogno di arrivare a questo punto, baster mentire! -Non la prima volta che un cuore tenero cerca di salvare una fanciulla indifesa: finisce sempre male. Hanno come un intuito bestiale per queste cose, lo capiranno subito se stata presa con la forza o no, stai tranquillo che non potrai ingannarli. -Fallo tu, bestia! Lo dici come se fosse la cosa pi normale di questo mondo! -E a te che piace, o non mi avresti portato qui. In fondo lo so che lo vuoi. E poi meglio tu che qualche altro soldato: sei giovane, bello, magari alla fine vi sposerete anche Campanello era spaventato dallespressione di Corrado: parlava in modo strano, come se fosse affaticato, e guardandolo bene not che aveva un colorito tuttaltro che roseo. -Guardati, inutile che cerchi di fare la parte delleroe: non appena siamo entrati in citt ti sei messo a saccheggiare come tutti gli altri, e se avessi trovato il padre invece che la figlia? Saresti corso da me a implorare aiuto o gli avresti tirato una coltellata? Adesso hai visto solo la parte divertente, quella senza morti. Ma fra un po arriveremo alle case dove si sono nascosti tutti gli altri, vedrai che spettacolo, vedrai. Sorrideva, con un sorriso folle e compiaciuto e gli occhi persi nel vuoto. Campanello cap che cera qualcosa che non andava nel suo amico, quel modo di fare cos cinico gli ricord uno di quei vecchi arrabbiati col mondo che si divertono a sputare veleno su ogni cosa. -Corrado, smettila, ti prego, aiutami a portarla via. Corrado lo guard, e sembr riprendere conoscenza: -Va bene, proviamoci, in fondo, che mi importa. Si pieg e prese la ragazza in spalla, poi uscirono e la buttarono sul cavallo ormai priva di sensi. Tornarono al campo e passarono davanti ai soldati tornati per prepararsi la cena dopo il saccheggio, in modo che tutti

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vedessero la sua propriet. Dovettero sfilare attraverso una serie di occhi stretti di invidia, e un leggero brusio si lev al loro passaggio. Corrado camminava a passo filato e guardando dritto davanti a s, non os spostare lo sguardo ai lati. Campanello si butt sulla branda, esausto per lemozione, e si mise a guardare la ragazza ancora priva di sensi sdraiata per terra. -Rimani qui a guardarla, io devo tornare da Gerbert. -Corrado, hai visto che andato tutto bene? Valeva la pena provare, no? -Si Campanello, valeva la pena. Campanello la stava guardando da un bel pezzo ormai, e finalmente anche lei si svegli: le si mise subito accanto porgendole il pezzo di pane che aveva recuperato poco prima. Lei lo prese con le mani che gli tremavano, e cominci a rosicchiarlo in silenzio. -Hai visto, ti abbiamo portato via di l. Per tutta risposta lei schizz in piedi e corse fuori dalla tenda, e Campanello non fece in tempo ad alzarsi per seguirla che era gi rientrata. Aveva un espressione terrorizzata, dovuta alla vista del campo dei mercenari tutto attorno a loro. Si mise a singhiozzare in ginocchio e non ci furono parole di Campanello che riuscirono in qualche modo a tranquillizzarla; si trascin verso la branda e strinse la brocca della nonna senza smettere di singhiozzare. Corrado la trov ancora in quella posizione quando rientr, e guard divertito Campanello che fece spallucce con laria di chi ha gettato la spugna. -Hai usato la carota, adesso prova col bastone, si addomesticano cos gli animali. -Smettila, fai il serio. Come la riportiamo dai suoi?

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A quella frase la ragazza si gett ai piedi di Corrado e cominci a supplicarlo di lasciarla vivere e che voleva rivedere la sua famiglia. -Sai dove sono andati? -S, sono scappati al paese della mamma. -E lontano da qui? -Un giorno a piedi, ci andiamo sempre destate e quando -Campanello, adesso usciamo da qua e la portiamo al bosco, e poi la lasciamo andare, a meno che tu non voglia tenertela qui ancora per un po. Il ragazzo la guard perplesso, il fatto che non lo avesse considerato e si fosse rivolta solo a Corrado lo aveva indispettito un bel po. -La vorresti davvero tenere? La ragazza scoppi in lacrime e si gett alle ginocchia di Campanello strillando come un ossessa, con gran divertimento suo e dei Lanzi fuori dalla tenda che si lasciarono andare a tutta una serie di battute irripetibili. Soddisfatto, la prese per mano e la fece alzare, giurandole sul suo onore che lavrebbe portata in salvo. La ragazza si profuse in mille ringraziamenti sgrammaticati, e Campanello aveva gi perso interesse verso di lei, perch si era reso conto che quel carattere cos lagnoso e supplichevole non gli piaceva affatto. Uscirono come prestabilito ed in realt nessun fece caso pi di tanto allo strano trio che attravers il campo, lei e Corrado a cavallo e Campanello che seguiva a piedi. Arrivarono al margine del bosco e Campanello si rivolse a Corrado: -Prestami il cavallo, faremo prima. Laltro lo guard sorridendo. -Scordatelo, figuriamoci, stiamo conducendo un assalto e tu, oltre ad andartene a spasso, vorresti anche un cavallo per fare il grande con la tua contadinella? Cammina che ti fa bene!

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I due ragazzi si misero in viaggio, anche se Campanello era un po dubbioso sulle capacit di orientamento della fanciulla, che oltretutto non aveva ancora smesso di singhiozzare, e la cosa cominciava a dargli veramente sui nervi. Camminarono per qualche ora in totale silenzio, interrotto di quando in quando dalle indicazioni sulla direzione da prendere: effettivamente sembrava che la ragazza conoscesse bene la strada. Si fece sera e Campanello non volle proseguire, malgrado le lamentele dellaltra. -Potremmo incontrare qualche poco di buono. Lei pens che la stesse prendendo in giro, dato che non riusciva ad immaginarsi qualcuno di pi pericoloso di un Lanzichenecco, dopo che per mesi non aveva fatto altro che sentire storie terribili su quella gente. Campanello si sedette sul muschio secco dietro una pianta, e tolse da una sacca lennesimo tozzo di pane: si ricord con rimpianto del viaggio con Corrado e del buon salame di quei monaci. La ragazza stava in piedi e lo guardava, sospettando qualcosa. -Adesso cosa facciamo? -Cosa vuoi fare, ci mettiamo qui e dormiamo fino a domattina, che vorresti fare? Campanello non si accorse che stava sorridendo: lei gli sorrise di rimando e gli si sdrai accanto. -Tu non ce lhai una famiglia? -Sapessi, ne ho due! -E non ti mancano mai? -A volte. -Come fai ad uccidere delle persone, sapendo che anche loro sono padri, madri di qualcun altro? Il nostro parroco dice che andrete tutti allinferno. -Tanto baster che qualcuno paghi unindulgenza e sar a posto, no?

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-Quelle valgono per i peccati non gravi, non certo per cose come uccidere qualcuno o addirittura bruciare una chiesa! -Ma i vostri Papi forse non impugnano a volte anche loro la spada e vanno a combattere, e non mandano eserciti a conquistare altri stati? -Ma quelle sono guerre contro i peccatori! Si possono fare! -Ma il tuo parroco non ti ha detto che nessuno senza peccato? Scagli la prima pietra eccetera, quindi ogni guerra si pu fare, no? Laltra incroci le braccia e non parl pi, mentre lui si compiacque assai della sua sagacia, finalmente aveva potuto mettere a frutto mesi di insegnamenti sulla corruzione papale; si sent un piccolo Lutero che schiacciava con la sua retorica la povera contadinella ignorante. Quando si rese conto che lei non gli avrebbe pi rivolto la parola non si sent pi cos intelligente, e nella sua folgorante carriera di filosofo pass direttamente alla fase del cinismo, in cui si odia il mondo e il genere umano, troppo corrotto per comprendere la parola dei pochi illuminati. Non lo sent arrivare, ma il mattino seguente sent benissimo il mal di testa lasciato dalla botta: non ci mise molto a capire cosa era successo quando vide sparsi per terra i cocci della brocca con il suo sangue sopra. Rifece la strada allindietro recitando tutto un rosario di bestemmie sufficiente a far realizzare la maledizione del parroco, e si sorprese tuttavia nel pensare con rammarico che, in tutto quel trambusto, non si era nemmeno ricordato di chiederle come si chiamava. Corrado lo vide arrivare e prima ancora che potesse parlare scoppi a ridere, intuendo cosa era successo, ma Campanello fu attirato maggiormente dallespressione preoccupata di Gerbert, che non smetteva di fissare il volto grigio del loro comandante.

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La peste. Campanello e Corrado stavano camminando da un bel pezzo ormai, e la speranza di ritrovare la posizione precisa di quella casa li stava abbandonando. -E un peccato, sembrava davvero promettere bene. Qualche giorno prima, mentre si dirigeva alla fortezza papale per lassedio giornaliero, Campanello era passato per una strada diversa dal solito e si era imbattuto in un'abitazione un po isolata, dietro una piccola chiesa che nascondeva lentrata. Gli era sembrato che fosse stata risparmiata dal saccheggio e si era ripromesso di visitarla nei giorni successivi. Era rimasto molto deluso da come erano andate le cose la volta precedente, e voleva rifarsi agli occhi di Corrado dopo la magra figura fatta. Oltretutto gli serviva un diversivo per cercare di stare un po con l'amico che ormai, dopo quasi un mese di assedio, sembrava fisicamente e moralmente stremato. Aveva dovuto insistere parecchio perch questultima seccatura della peste lo aveva preso parecchio: qualche idiota si era messo a raccontare che la gente cominciava a morire della malattia, ma Campanello sapeva che era impossibile perch lui stesso aveva partecipato alla pulizia delle strade, e si erano dati un bel da fare a gettare tutti quei cadaveri nel Tevere per non lasciarli marcire al sole. Corrado sembrava aver preso la questione molto sul serio, ma anche Gerbert lo rassicurava e sembrava molto pi interessato a catturare il Papa che a occuparsi di queste cose. Fu proprio la fiacca che oramai avevano preso questi assalti a convincere Corrado a prendersi qualche ora di svago: in realt non aveva il minimo interesse alla cosa, ma Campanello sembrava tenerci talmente che non se la sent di rifiutare. Il problema era che ora non riuscivano pi a ritrovare quella maledetta casa, ma lintelligenza del comandante venne loro in

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aiuto: -Non avevi detto che era vicino ad una chiesa? -S, esatto. -Allora forse dovremmo orientarci con i campanili. Quella semplice idea permise loro di arrivare a destinazione, e Corrado si premur di sottolineare pi volte quanto fosse invitante quella casa, e chiss quali incredibili tesori ci avrebbero trovato, anche se Campanello non colse la sottile provocazione. -Allora vuoi proprio entrare? -Certo, altrimenti cosa siamo venuti a fare? Campanello si mise dimpegno per sfondare la porta, e in pochi minuti ebbe ragione del chiavistello. Una volta dentro Corrado fu sopraffatto dallaria fetida di quella casa chiusa, impregnata dellodore di marcio della roba da mangiare lasciata dagli occupanti. -Campanello, tu cerca quello che vuoi, io mi butt un po sul letto. Campanello rimase deluso da quella proposta, dato che il divertimento sarebbe stato quello di rovistare dappertutto assieme allamico. Corrado trov la stanza da letto e si mise subito sdraiato, era debole, e la camminata non prevista lo aveva stremato. Prov una sensazione familiare nel sentire la forma del corpo del proprietario di quel giaciglio sotto la sua schiena, e trov che si adattava perfettamente alla sua. Chiuse gli occhi ed il sonno lo avvolse immediatamente. Quando riapr gli occhi non sapeva dire quanto tempo fosse passato: si sentiva intontito eppure era come se non avesse riposato per nulla. Si mise a cercare Campanello e con suo grande stupore non lo trov: guard dappertutto, lo chiam, ma quello non rispose. Usc dalla casa e cominci a guardarsi in gir, ma la sua attenzione fu attirata da un rumore di voci che proveniva da

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qualche parte l attorno. Si lasci guidare dall udito e non ci mise molto a trovarne la provenienza: in una via laterale un assembramento di folla stava accerchiando qualcosa per terra, urlando e bastonando con ferocia qualcuno. Si avvicin, in un disperato tentativo di correre in aiuto della vittima di tanta violenza. Si accorse con grandissima sorpresa che il gruppo di giustizieri era estremamente eterogeneo nella sua composizione: Lanzichenecchi e popolani romani si affiancavano e si davano una mano a vicenda nella realizzazione della loro opera, totalmente presi dal loro dovere; l'emozione del momento aveva cancellato ogni differenza. -Dagli alluntore! -Ammazziamolo! Corrado riusciva a malapena a vedere le braccia del povero disgraziato che si agitavano sotto la gragnuola di bastonate, quando rimase pietrificato nello scorgere Campanello, primo della fila, che partecipava al linciaggio. Lo prese per un braccio e lo stratton via dal gruppo, e il ragazzo lo guard allibito non capendo il perch di tanta rabbia. -Ma non eri tu a dire che la storia della peste era tutta una stupidaggine? -Si, ma non lhai visto? -Visto cosa? -Nella casa di prima, i cadaveri? Erano per terra, in cucina: erano tutti gonfi e viola, e sotto le ascelle e la gola cerano due grosse bolle nere! Sono scappato, volevo chiamarti, ma mi sono spaventato troppo! -E cos mi hai lasciato nella tomba. Grazie. Questo non spiega per la tua nuova passione per il gioco della mazza. Gli agit sotto il naso il bastone che aveva impugnato fino a poco prima. -Quando sono uscito, mi sono imbattuto in questa gente: mi

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hanno spiegato che la malattia si propaga attraverso dei maledetti che si divertono a portarla in giro, con non so che polverina o liquido. Vanno ammazzati, altrimenti la diffonderanno dappertutto. -Campanello, ma tu credi davvero a queste idiozie? Ma ti rendi conto che non hanno senso? -Cosa ne sai tu? Sei dottore? Guarda questa gente, guarda quanti sono! Tutte queste persone non si possono sbagliare! Campanello cambi di colpo espressione, sembrava terrorizzato dallamico, e cerc di divincolarsi dalla sua stretta. -Anche tu anche tu sei malato! Qualcuno del gruppo si volt, e il colorito cinereo di Corrado fu una prova pi che sufficiente per la sua condanna. I lanzichenecchi presenti lo riconobbero subito, e malgrado la paura della malattia non osarono alzare la mano sul loro comandante; al contrario gli abitanti sfruttarono quelloccasione per rifarsi di mesi di assedio e si gettarono allattacco. Corrado ebbe facilmente la meglio su quei miseri avversari, ma lespressione dei suoi compagni lo fece rabbrividire, non aveva idea di come sarebbe andata a finire quella storia. Campanello cerc di avvicinarsi, consapevole dellidiozia che aveva commesso, ma Corrado si gir, e fece ritorno al campo, scacciandolo in malo modo. And da Gerbert che lo accolse con una aria mesta. -So gi tutto. Quelli che erano l sono tornati a cavallo e hanno gi cominciato a spargere la notizia. Li ho fatti prendere e adesso sono ai ferri, ma i soldati cominciano ad avere paura. Corrado, hanno davvero cominciato a trovare dei morti per peste, cosa facciamo? -Non facciamo niente. Fa parte del gioco, o credevi anche tu che un assedio sarebbe stata una cosa facile? -No di certo, no, per Piuttosto, tu, come stai? Mi sembri -Sto benissimo Gerbert, sto benissimo. Non sono un appestato

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se questo che stavi per chiedermi. Si diresse alla sua tenda, sperando che il secondo non lo seguisse, e non appena dentro si gett in ginocchio e vomit.

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La promozione. Il portone si richiuse ed il messo papale pot finalmente respirare, dopo aver passato una mezzora buona con il cuore in gola. -Perch lhai lasciato andare? -Cosa avrei dovuto fare, ammazzarlo? E un semplice messo. -Si ma le cose che ha detto erano ridicole, non penserai certo di accettare? -Questo ovviamente no, ma almeno si smosso qualcosa. -Cosa intendi dire? -Senti, sono mesi ormai che stiamo cercando di entrare, e non abbiamo cavato un ragno dal buco. Ho met degli uomini che si danno malati perch hanno paura della maledetta peste, e rimangono fuori dalla citt a gozzovigliare e aspettare chiss che cosa. Almeno adesso successo qualcosa che ha smosso le acque: forse faranno qualche mossa azzardata, facciamogli credere di essere pi stremati di quanto non siamo in realt. Campanello annuiva ma gli sembrava poco credibile come discorso, e rimase dellidea che quel messo sarebbe stato proprio un bellesempio per quelli che li avevano osservati dallalto delle mura. La sua opinione era la stessa di quella dei soldati rimasti al loro posto, che oramai, esaurito ogni saccheggio, cominciavano ad avere a nausea quella citt morta e infetta. Gerbert si avvicin a Corrado con un espressione che il comandante cominciava a non sopportare pi: -Ho ascoltato parecchie opinioni tra gli ufficiali rimasti, Signore. -E naturalmente sono tutte in disaccordo con me, giusto? -Corrado: questa fortezza troppo ben difesa. O forse non lo sarebbe se tutto lesercito fosse compatto, ma sai meglio di me come la situazione. Se almeno ti sforzassi di cedere un po, se provassi ad ascoltare: ritiriamoci fuori dalle mura per qualche

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tempo, riprendiamo fiato, lasciamo che il morbo faccia il suo corso dentro la citt, e poi riproveremo! -Gerbert, non ho percorso tutta lItalia per arrivare ad uno sputo dal Papa, per poi scappare tra le risate di quei preti che mi guardano da quella torre. Si rimane. Il discorso fu interrotto da un boato, lesercito stava assalendo il portone principale, ma non fu questo a lasciare di stucco i due uomini: alla testa di quei folli videro Campanello ed il capo dei lupi. Linsolita alleanza era nata casualmente poco prima, mentre Corrado parlamentava con il messo: malgrado i dissapori, il ragazzo aveva trovato nel veterano un assonanza di idee che gli era subito piaciuta. Entrambi si erano basati sulla sopravvalutazione delle capacit di Campanello: il lupo, vedendolo sempre accanto a Corrado, riteneva ormai che fosse una sorta di suo secondo, e Campanello, per lo stesso motivo, credeva fosse giunto il momento di poter dire la sua nella questione dellassalto. La cosa sarebbe finita in una disfatta totale, se non fosse per una coincidenza che risult fatale per i romani: decine di giorni di assalto e solitudine avevano lasciato nei difensori una sete di novit che vide nel messo appena rientrato unoccasione irripetibile. Le guardie lasciate al controllo del portone lasciarono i loro posti, e impazienti di sapere gli esiti del colloquio seguirono il messo fin dentro la mura interne. Quando sentirono il fragore dellattacco era ormai troppo tardi, e non riuscirono a porre sufficiente spinta per impedire ai Lanzichenecchi di entrare. Trattenuti per troppo tempo, si gettarono nella battaglia senza considerare nessuna tattica, eppure sbaragliarono le poche truppe rimaste allesterno della fortificazione principale. Corrado si trascin fino al portone principale, ma non entr: rimase a guardare imbambolato quello spettacolo, e fissava con

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un sorriso ebete Campanello, provando un misto di orgoglio ed invidia nel vederlo combattere. Non prov nemmeno ad impugnare la spada, n lidea gli venne neppure. Gerbert gli rimase al fianco per tutto il tempo, anche perch lidea di prendere ordini da uno di quei due personaggi lo disgustava. Quel bagno di sangue diede nuovo vigore alle truppe tedesche, malgrado fu chiaro fin da subito che con quellattacco non sarebbero certo riusciti ad arrivare fino al Papa. Eppure finalmente ebbero qualcosa da festeggiare, e provarono ancora quella sinistra emozione che prendeva ogni soldato dopo la battaglia, il fatto di poter guardare i morti sul campo e sapere di essere ancora vivi, sopravvissuti anche a quella prova. Quando tutto fu finito Campanello corse da Corrado raggiante, e lui lo accolse con un sorriso. -Hai visto, bastava avere fiducia! Riunisci gli uomini, facciamo un altro attacco! Se tu gli parlerai, se farai uno dei tuoi discorsi, loro ti seguiranno! -Calmati adesso. Avete preso le muraine, un bel risultato, ma ci vorr ben altro per entrare. Campanello scosse la testa e mise una mano sulla spalla dellamico. -Non hai una bella cera, Corrado, coshai? -Non ho niente, ho solo schifo di tutto questo. Mi passer. Quando tutto sar finito mi passer.

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Corrado si svegli e si mise a cercare Campanello con lo sguardo, ma la tenda era vuota. Si alz, e non appena usc trov una delegazione ad attenderlo: erano gli stessi della rivolta con il generale. Di colpo si chiese se anche lui si sarebbe accasciato a terra, se fosse una specie di maledizione legata al fatto di comandare i Lanzichenecchi. Prese fiato, e cerc di ricordare come si muoveva, come parlava il suo predecessore, che tante volte era uscito da situazioni come quella. Fece un passo ma un giramento di testa lo fece barcollare: riusc a non svenire, ma il capo dei lupi approfitt delloccasione e si mise subito a parlare: -Signore, credo che lei non sia pi adatto al comando. -E cosa ti ha portato a questa conclusione, se non chiedere troppo saperlo? -Ultimamente il vostro comportamento diventato, come dire, strano. E poi c il fatto della vostra malattia. -Malattia? Quale malattia? Cosa vorresti insinuare? E se anche fosse vi comanderei comunque fino alla morte, vorresti forse impedirmelo tu? Campanello usc da dietro gli altri e si fece avanti. -Corrado, ti prego, dagli ascolto. I soldati non ti daranno pi retta. Passa il comando a Gerbert, almeno per un po, fino a quando non starai meglio. Corrado non disse nulla: tutto si aspettava fuorch vederselo spuntare da quel manipolo di animali. Questultimo colpo gli fece perdere ogni forza di combattere. -Va bene. Se cos che volete. Va bene. Gerbert, da adesso comandi tu i Lanzichenecchi, che Dio tassista. Ma non crediate che me ne rimarr qui a guardare mentre questa grandiosa armata se ne va a scatafascio per la stupidit di alcuni dei suoi componenti. Prese un cavallo e ci mont goffamente in groppa, e i suoi

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movimenti ormai esprimevano tutto meno che nobilt e passione. Spar verso il centro della citt, piegato in due sulla sella. Campanello fece per seguirlo, ma Gerbert lo trattenne: -Credo che tu debba lasciarlo andare. Si riunirono in una tenda e cominciarono a discutere animatamente delle questioni che per troppo tempo erano state lasciate in sospeso, ed ognuno, senza pi un moderatore, si mise ad urlare pretendendo di avere ragione sulle questioni dellaltro. Per ore parlarono di piccole cose, e finalmente, messi daccordo gli ufficiali, si arriv alla questione fondamentale. -Non credo di potercela fare. -Cosa stai dicendo Gerbert? -Non posso comandare lesercito. Non ce la faccio. Ascolta: io non sono fatto per prendere decisioni, ho bisogno che qualcuno mi guidi, mi dica cosa fare. Con Corrado era semplice, dovevo solo mettere in pratica le sue idee, e non sbagliavamo mai. La verit che non sono adatto al comando. Sono il secondo di qualcuno, e mi va bene cos. Prendi tu il mio posto. Il capo dei lupi annu: -Mi sembra unottima idea. Avete gi mostrato le vostre capacit nella presa delle mura esterne. Per noi ufficiali va bene. In realt quel vecchio furbone temeva almeno quanto Gerbert lidea di doversi prendere quella responsabilit sulle spalle: razzie e guadagno personale erano i suoi obiettivi, difficilmente perseguibili da chi deve agire sotto gli occhi di tutti. Campanello rimase allibito, ma lidea superba di poter comandare lesercito lo chiamava in un modo a cui non seppe resistere. -Solo fino a quando non ritorna Corrado. -Va bene. -Mi sembra giusto.

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Il soldato si stava gustando la scena di quel bastardo agonizzante, e si chiedeva come fosse possibile che il suo compagno fosse stato ferito da un tipo talmente mingherlino. Gli vennero in mente le parole che quell'altro suo amico gli ripeteva spesso mentre marciavano verso una citt: -A far saccheggio non si mai tranquilli: ricordati, anche luomo pi debole diventa una tigre quando deve difendere la sua famiglia e le sue cose. Non voltar loro mai le spalle, anche se sono a terra che tremano, e nel dubbio accoppali. Era proprio un tipo sveglio, aveva sempre avuto ragione su tutto, tranne la volta che perse la gara di velocit con quella pallottola. In compenso avevano trovato proprio un bel sacchetto di monete doro con cui festeggiare la morte del loro compagno, e lo spettacolo che stava gustando lo aveva un po rinfrancato dal dolore della perdita. Corrado rimase qualche attimo a guardare luomo ferito, sdraiato a terra, che gemeva per il dolore. Poi si avvicin ai soldati che lo videro arrivare e si scansarono subito, spaventati dalle fattezze di quello che una volta era il loro comandante. Mise mano allelsa della sua spada, ma non la trov: non si ricordava neppure di averla persa; raccolse un sasso da terra, lo sollev e con un urlo fracass il cranio del disgraziato. Cadde in ginocchio, ma sollev unaltra volta la pietra, e poi un altra, ed unaltra ancora: la prima fu per liberare dal dolore la vittima dei suoi soldati, la seconda la diede al padre che lo aveva venduto ventanni prima a quellesercito di animali, la terza al viso del primo uomo che aveva ucciso, che a volte veniva a trovarlo in sogno per ricordargli quale fosse il destino degli omicidi, e poi una per ogni volta che aveva sentito il suo cuore esplodere di rabbia per la vita che conduceva. I soldati rimasero allibiti nel vedere la ferocia con cui si

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accaniva sul corpo straziato di quel povero uomo, scelto dal destino per subire ventanni di odio represso. Anche se erano stati loro ad aver inflitto le ferite mortali, non poterono fare a meno di rimanere disgustati alla vista di quello spettacolo: anche nellomicidio ci sono regole di comportamento ben precise, e quel modo assurdo di accanirsi era a dir poco spaventoso. Scapparono terrorizzati, ed arrivati al campo non ci volle molto perch ad ogni orecchio giunse voce della follia di Corrado. Gerbert corse incontro a Campanello che stava gi salendo a cavallo, e fece appena in tempo ad augurargli buona fortuna. Campanello si diresse verso la zona da cui erano arrivati i soldati, ma la citt era enorme e non riusciva ad orientarsi. Dopo qualche ora trov il risultato della follia dellamico, ma scapp oltre, inorridito; Corrado non era comunque l. Ritorn stremato dallemozione al campo, e si gett nella tenda a dormire, assolutamente deciso a riprovarci il giorno dopo. La notte pass tra incubi di vario genere, ma la luce che filtrava dallentrata lo mise di buon umore e scacci i dubbi che con il buio si erano insinuati nella sua mente; gli ufficiali entrarono nella tenda e con deferenza chiesero di poter parlare con lui. -Signore, ci dovete dare istruzioni sul da farsi. -Cosa volete che vi dica? Fate come avete fatto fino adesso, va benissimo cos. -Si, ma per quel che riguarda le vettovaglie, non credete sia necessario richiedere di far portare altro olio? Sapete, i furieri dicono che non ce n rimasto molto, e forse sarebbe meglio farne scorta. La mattinata pass cos, tra mille domande idiote di quegli uomini che non sembravano in grado di decidere neppure quando andare a pisciare. Campanello si ricord con rammarico di quanto fosse stato stupido ad arrabbiarsi quando Corrado lo mandava fuori dalla tenda durante queste riunioni: credeva lo facesse per

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nascondere chiss quali segreti, ma in realt era solo per evitargli quella noia mortale. Il pensiero dellamico solo da qualche parte lo faceva impazzire, e gli sembr essere passata uneternit quando finalmente pot mettersi a cavallo e cercare ancora. Questa volta aveva un piano ben preciso: conosceva la devozione di Corrado e cominci quindi a far passare tutte le chiese che riusc ad individuare dalla cima di uno dei colli della citt; erano s chiese cattoliche, ma pur sempre il posto pi vicino a Dio che riusciva ad immaginare in quel momento. Quello che trov furono solo rovine, fiamme e distruzione. Si sorprese con quale metodicit lesercito Lanzichenecco avesse assolto al suo compito di redenzione della citt corrotta, e pens che Corrado doveva essere ben contento di poter vedere finalmente realizzato il suo sogno, con il Papa rinchiuso nella fortezza e tutto il lusso delle sue chiese distrutte. Ma anche quella giornata pass e Gerbert rimase deluso nel vederlo arrivare unaltra volta a mani vuote. Non disse nulla, ma lespressione del suo comandante era pi che eloquente: stava perdendo la speranza. -Gerbert, e se i monatti lo avessero preso e portato via? -Impossibile signore: qualcuno dei soldati lo avrebbe riconosciuto, ed avrebbe dato la notizia. -Probabilmente hai ragione. Credi che dovremmo pregare? -Come? Non saprei, non sono la persona pi adatta per questo genere di cose. Non credo tuttavia che far male provare. -Domani ci riprover. Gli ufficiali cosa dicono? -Se la prendono comoda signore, adesso che ci siete voi a decidere al loro posto. -Una qualit molto diffusa di questi tempi, eh Gerbert? Laltro non rispose. Campanello stava cercando ormai da ore, ed il terzo giorno era quasi passato: ogni tentativo era stato inutile, e non aveva pi

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idee ormai. Il suo cavallo, come se riuscisse a capire i sentimenti del padrone, camminava a testa bassa con passo lento, ed ogni tanto si fermava a brucare qualche ciuffo derba che oramai cominciavano a spuntare tra le pietre delle strade, non pi calpestate. Doveva dargli dei colpi di sperone ogni cento passi, e quello lo guardava con un espressione quasi a volergli dire: ma non hai ancora desistito? Scese da cavallo, gli stacc la sella e lo lasci andare, e quello si mise subito a galoppare lasciando Campanello incredulo: se avesse saputo che aveva ancora tanta forza in corpo, non lavrebbe certo liberato! Cominci a camminare per quelle strade deserte, e not che i cadaveri cominciavano ad aumentare, e nessuno ormai si prendeva la briga di portarli via. Fu proprio il contrasto con quel paesaggio ad attirare la sua attenzione: un bambino, che avr avuto dieci anni circa, stava in piedi davanti alla porta di una casa. Non piangeva, non disse nulla: si limitava a guardare con gli occhi sbarrati la porta aperta di una casa. Campanello entr, e vide su una sedia il cadavere di una donna: sembrava morta da poco, ed immagin la tragedia che si era appena consumata. Usc dalla casa e cerc di parlare al bambino. -Non possiamo pi fare nulla per la tua mamma, vieni con me, ti porto in un posto dove c da mangiare. -Quelluomo entrato in camera mia. La mamma sta dormendo in cucina E scapp via prima che Campanello riuscisse a fermarlo. Rientr nella casa, e si diresse verso lunica altra porta presente. La sfond e rimase impietrito quando vide quello che aveva trovato: accucciato in un angolo, mezzo nudo, c'era Corrado

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che tremava con lo sguardo fisso nel vuoto; era pieno di croste, di un colore livido, diverso da quello degli altri malati che aveva visto in quei giorni: sembrava gi morto. -Chi c' ? -Sono io! Campanello! -Tu! Tu qui! Sei venuto a salvarmi? Ti prego, portami via! Si mise a gattonare come un neonato, senza una direzione precisa: era cieco. -Portami via! Portami via... Campanello rimase un po' a pensare, non sapeva come aiutarlo, non lo sapeva fare senza toccarlo. Vide una coperta per terra: la prese e gliela gett sopra, poi lo agguant per una caviglia, stando attento a tenere in mano solo la stoffa. Cominci a trascinarlo di peso per le strade ormai deserte, nessuno osava pi camminare in quei luoghi infetti, la peste era riuscita a fare quello in cui qualsiasi esercito avrebbe fallito: salvare Roma dall'orda, anche se solo temporaneamente. Il corpo di Corrado era molle e lui lasciava scivolare la testa sulle pietre sconnesse che cos gli ferivano la nuca, l'unico rumore che si sentiva era quello del corpetto di metallo che strideva sul selciato. Gli occhi erano fissi verso il cielo, ma ormai poteva solo scorgere le ombre e non riusciva a trovare niente di bello in tutto quel blu e quelle nuvole. -Mi stai facendo male! Non cos, trova un altro modo, non voglio che mi trascini cos! -Anche a me piacerebbe non essere qui, piacerebbe non essere diventato un lanzichenecco, anche a tutta questa gente sarebbe piaciuto non essere morta, e il Papa avrebbe volentieri fatto a meno di correre in vestaglia nel bel mezzo della notte a nascondersi a Castel Sant Angelo, mentre noi gli bruciavamo la citt e le sue chiese, ma purtroppo non riusciamo sempre ad ottenere ci che vogliamo, quindi adesso stai zitto.

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L'altro si mise a singhiozzare sommessamente, oramai non capiva pi nulla. Lentamente arriv fino al campo fuori le mura, e tutti videro lo spettacolo del comandante che trascinava un cencioso appestato, che perdeva sangue e piangeva. Finalmente qualcuno riconobbe Corrado e la voce si propag in un lampo per tutto l'esercito: si formarono due file lungo il sentiero di terra battuta che portava alle tende, nessuno os aiutarlo, stavano tutti a guardare. Lo lasci per terra, accanto alla branda, cercando di convincere s stesso che era troppo stanco per sollevarlo da solo. Gerbert stava sulla porta e fissava Corrado, ormai privo di sensi. -Non rimanere l impalato, chiama il dottore! -Certo. Poco dopo torn accompagnato dal medico del campo, bardato ne pi ne meno che gli altri soldati, dato che neppure lui poteva esimersi dal dovere di ammazzare qualche uomo. -Come messo? -Male. Non passer la notte. Dategli questo, lo stordir. Gli allung un fazzoletto che conteneva delle foglioline di assenzio, secche e appallottolate. -Questa peste ci ammazzer tutti. -Lui no di certo. -Che intende dire? -Non ha la peste, sifilide. E comunque sono andato a fare un giro per la citt ieri: l'epidemia quasi passata ormai. Ha fatto il suo corso. Campanello fece una smorfia: -Teresina La Sposa di Tutti sarebbe triste se sapesse che il bel soldato che l'ha fatta tanto divertire quella notte morir per colpa sua, ma non potr certo dirglielo, ormai anche lei star gi all'inferno, non come il nostro vecchio comandante, lui da buon difensore della vera cristianit protestante voler nel cielo

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con gli angioletti, vero dottore? -Probabilmente cos. Non si sbilanci pi di tanto, aveva visto ormai ogni genere di reazione alla morte, e l'ironia era solo una delle tante; in fondo lui curava i corpi, non le anime. -Gerbert, vai fuori e d agli uomini di mettersi a pregare. -Scusate? Io non credo che... -Tu non devi credere, devi andare fuori e dire a quei bastardi di tirare fuori il libriccino delle preghiere e recitarlo tutto dall'inizio alla fine fino a quando non verr io a dirgli di smettere, hai capito?

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Din Don Dan -Campanello! Riusciva a parlare solo con un filo di voce, ma fu sufficiente per svegliare Campanello, ormai addormentato da ore, seduto su una cassa accanto al letto. -Sono qui, non ti preoccupare. -Ho fatto un sogno! Io ero vecchio e parlavo con qualcuno, e poi... e poi... Non mi ricordo tanto bene. Per era un bel sogno! -Mi fa piacere. Non ti preoccupare, prendi questo. Gli diede un po' delle foglioline, ma lui le rifiut. -Ascoltami. Campanello si pieg su di lui, e porse lorecchio alle sue labbra; rimasero cos per qualche minuto, il tempo sufficiente perch Corrado potesse dettargli ogni parola. Chiuse gli occhi per un secondo, poi li riapr. -Mi fa male! Ti prego aiutami, mi fa tutto male! -Vado a chiamare il dottore. -No! Resta qui! Non voglio morire! Aiuto, non voglio morire! Mi fa tanto male! Lo guardava con gli occhi sbarrati, e si mise a farfugliare frasi sconnesse. Rimase a stringerli la mano, piansero insieme per qualche minuto, ed infine pianse solo Campanello. Usc dalla tenda e trov l'esercito ad aspettarlo, ansioso di avere qualche notizia. Tutti notarono con orrore che portava l'armatura di Corrado: erano uomini d' arme abituati ad ogni genere di violenza e scelleratezza, ma indossare l'indumento di un appestato andava decisamente oltre il limite del coraggio, anche per gente come loro; era una di quelle cose che pongono definitivamente il marchio di follia al nome di un uomo: ora erano veramente pronti ad ubbidirgli. -Sapete perch morto? Sapete perch il vecchio comandante

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morto? Perch era debole! La peste non ferma i Lanzichenecchi! Aveva paura e il dubbio lo ha divorato, lasciando spazio nel suo cuore alla malattia, che cos ha avuto facile gioco a conquistare il suo corpo! Volete voi finire come lui? Volete stare qui, a morire di fame e sete in questo campo, mentre dentro alle mura la Chiesa corrotta ride di noi? Cosa vedete alle mie spalle? Io vedo oro! Io vedo gioielli! Vedo dei Lanzi ridere ed urlare per le sale del Vaticano, mentre si siedono sul trono di Pietro e pisciano negli angoli vino vecchio di cento anni! L'incenso non si consumer pi nei bracieri, venduto per le indulgenze di qualche ricco mercante, ma sar solo polvere nelle fiamme delle chiese al rogo! Per troppi secoli questa grassa meretrice sta seduta su questi colli, ingozzandosi con le ricchezze che Papi corrotti le gettano nella bocca, succhiandone dalle poppe il fiele della corruzione, tenendo il Vangelo in una mano e la spada nell'altra! Lo sentite? E' il pianto dei vescovi chiusi in Castel Sant Angelo, che invocano piet per tutti i loro peccati! E chi siamo noi per negargli la giusta ammenda? E' Roma che io vi offro! E' la gloria di Dio a cui vi guido! Con un gesto teatrale picchi il pugno sul petto, facendo risuonare l'armatura. -E' questo che vedete anche voi? Un boato si lev da tutto l'esercito, esaltato da quelle parole come non lo era da mesi. Stava salendo sul suo cavallo quando Gerbert gli si avvicin. -E' stato veramente un bel discorso signore. Era proprio quello di cui la truppa aveva bisogno. Sono contento che siate tornato tra noi. Il comandante gli rispose con un gesto, poi fu quasi travolto dai suoi stessi soldati che avevano gi preso a correre verso l'ultimo bastione dove i superstiti si erano chiusi. Marciavano battendo i piedi ed urlando, qualcuno agitava l'alabarda al cielo; ormai erano senza pi controllo, e

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generavano un tale rumore da far tremare tutte le mura. Quasi nessuno sent il tintinnio di quel campanello che si agitava nel vento, attaccato alla sella del cavaliere che li guidava, ma in molti notarono sul suo volto quel ghigno soddisfatto: si vedeva che si stava divertendo.

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