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PSICOLOGIA DELLA MUSICA

-Interpretazione d'un processo mentale-

“Un simbolo è vivo quando


fa sognare, non quando
rimanda a pensieri già
pensati”
DENIS GAITA

L'obbiettivo di questo mio scritto, aldilà do ogni velleitaria pretesa, è quello di


descrivere , dalla prospettiva d'un semplice “turista” aspirante “esploratore”, un
folgorante ed imprevisto viaggio che, in questi giorni, la mia mente si è ritrovata ad
affrontare. Imprevisto in quanto sono stato travolto da una serie di analogie e
risonanze affettive del tutto involontarie, e per questo sincere, che non ho potuto fare
a meno di gustare e assaporare in tutto il fascino di un avvenimento inaspettato e
decisamente curioso nella sua ineffabilità; folgorante in quanto la dimensione onirica
degli spostamenti mentali, ma soprattutto la capacità ( acquisita in questi mesi ) di
scorgere tali meccanismi segreti e non totalmente comprensibili, hanno scosso in me
immenso stupore e straordinaria suggestione.
Il punto di partenza è una canzone di Leonard Cohen (del 1984) reinterpretata dal
cantautore americano Jeff Buckley nell'album “Grace” del '94 : “Hallelujah” è il
titolo. Una copia del testo in lingua originale è allegata all' elaborato. Il tema trattato
è quello dell'amore. Un amore dalle dimensioni tragiche, dai risvolti amari, visto e
vissuto più come fonte di dolore che di piacere. Nell'atto di ascolto la mia mente,
percependo contemporaneamente sia la musica che le parole(cantate), si lascia
attraversare da un unico elemento sonoro(canto + musica), prescindendo l'aspetto
semantico del testo cantato privilegiandone quello sonoro. Dunque la voce, in
particolar modo quella di Buckley che è per me tra le più espressive e versatili voci
maschili della musica popolare contemporanea, viene percepita dalla mia mente
innanzituttto come esperienza musicale, come suonema ottenuto attraverso un
processo per-formante di default mentale dell'interprete. Un aspetto interessante di
tale interpretazione riguarda, inoltre, l'organico esecutivo, composto da sole chitarra e
voce: entrambe sono eseguite da Buckley che svolge quindi una doppia per-formance,
amplificando per due diverse vie musicali/sonore la propria mente.
C'è un preciso momento, nell'ultimo verso dell'ultima strofa, in cui la mia mente è
particolarmente coinvolta dal suono; ciò avviene ogni volta che ascolto il brano. Si
viene a creare un sincero collegamento, un'attrazione irriducibile, tra il suono, il mio
corpo, e la mia mente. Un nucleo ab-sorber. E' nella parola “broken” (min. 5:28) che
tutto ciò avviene.Il punto nodale di tale attrazione va decisamente aldilà di qualunque
semantica legata al significato o al significante linguistico: è nel puro suonema,
nell'interpretazione cantata di quella parola, di quel segno linguistico, che io sono
reso partecipe di una vera esperienza del tutto estranea ad ogni forma di linguaggio,
un'esperienza dal carattere sensoriale, corporea , che mi attraversa, mi pregna, mi
trama; una forte scarica affettiva sulla quale cento o mille pagine non riuscirebbero
che a dire ben poco. Un collegamento indiretto “primitivo” con la mente di Jeff
Buckley, o meglio, con il prodotto della sua mente. Una forma sonora (per me)
felice.
Oltre alla dimensione prettamente corporale, la corrispondenza tra me e il suono si
esprime anche nella mia mente, innescando un processo analogico di risonanze
affettive a carattere inconscio capace di far “vibrare”,per “simpatia”, tracce affettive
della mia memoria. Queste analogie attraversano incondizionatamente e
trasversalmente le esperienze sensoriali di diversa natura del nostro repertorio
mentale, dimostrando un carattere sinestetico.
La prima corrispondenza analogica di questo tipo è avvenuta in maniera del tutto
inconscia e lampante: mi è venuta alla mente una poesia che mi era stata letta qualche
mese addietro da un mio amico e compagno fraterno. Si tratta di un breve
componimento di un autore siciliano,mio compaesano, del tutto sconosciuto al grande
pubblico; l'autore, scomparso pochi anni fa, non ci ha lasciato alcuna pubblicazione
se non una piccola raccolta riservata ad una ristretta cerchia di amici e parenti dalla
quale ho tratto il brano che andrò a proporre.
L'autore è Vincenzo D'Angelo, poeta non per professione ma per sincerità d'animo e
profondità di sguardo e di pensiero.
I brano è del 1988: è un dialogo, semplice e toccante, diviso tra due diversi registri
linguistici che identificano chiaramente i personaggi:una bimba e il suo nonno(che è
l'autore stesso). Per meglio apprezzarla è utile un cenno biografico. Il componimento
nasce dal dolore di una tragica esperienza che segna la vita dell'autore; si tratta della
prematura scomparsa della sua unica nipotina(a soli quattro anni).E' questo ,infatti ,
un dialogo immaginario che l'autore intraprende (magari in un sogno?) con Noemi
(sua nipote) qualche tempo dopo che questa era venuta a mancare. I nomi citati nel
testo, storpiati dalla bambina, sono quelli dei familiari.

DIALOGO

-Nonno Enzo?!
-Ciao! Noemi , dove sei?
-hm... sto qua.
-Mi vedi?
-Si.
-Chi vedi?
-Tutti: mamma Aniiita, papà Viiito, nonna Etta, Totò...
-Chi?
-Nonno Totò; Ianna, Peppe, Ila pure, Ilo, Enzo, zia Tetta,
tutti tutti.
-Cosa fai?
-Boh! e... e... e... mm, la nonna.
-Nonna Pietra!
-Si.
-Ti vuole bene?
-Si!.
-Lo sapevo: come stai?
-Ehmm; Nene, nonna... amo.
-Dove?
-I bimbi...
-Ci sono i bimbi?
-Assai assai.
-Allora vai a giocare?
-No; i bimbi canta, tutti i bimbi canta; Nene pure canta, nonna pure; tu pure?!
-No: io piango...

Settembre 1988

Vincenzo D'Angelo

Confrontando i due brani sono in grado, adesso, di rintracciare delle affinità che forse
sono la spiegazione di tale corrispondenza analogica.
Quello che provo leggendo questo dialogo è molto simile a ciò che mi succede
durante l'ascolto dell'”Hallelujah” di Buckley. Tuttavia nel brano musicale il processo
affettivo è originato dal suono, dalla magia della musica, e si sviluppa,quindi, come
esperienza esclusivamente musicale; nel Dialogo invece, nell'atto del leggere, vengo
tramato a seguito d'un complicato processo simbolico, intrecciato ad affetti e ricordi,
che attraversa le mie reti fantasmatiche.
Un'affinità tra le due esperienze l'ho rintracciata nella scarica affettiva. In un punto
preciso del testo provo la stessa sensazione di “invasamento” ,”eccitazione” corporea
che ho descritto per quanto riguarda il brano musicale. Anche qui coincide con una
sola parola la porta che m' apre la via verso l'ineffabile:”...io piango.”. Un' esperienza
simbolica (questa volta non musicale) che evoca, suscita in me un surplus di senso
vitale pregno d'emozione. Ancora un nucleo ab-sorber.
Altra corrispondenza la riscontro circa il senso delle due parole chiave: “broken” e
“piango”. Entrambe sanno di dolore, di disperazione; hanno per me uno stesso
profumo. La pronuncia di quel “broken” , dove la voce sembra quasi lacerarsi,
strapparsi, rendendo l'idea d'essere in preda ad una disperzaione ed un'angoscia
represse a fatica, rispecchia in pieno la carica emotiva che il Dialogo, attraverso l'”..io
piango.” ,irresistibilmente mi trasmette.
Stavo pensando anche ad una corrispondenza in chiave religiosa tra i due testi (i
riferimenti biblici dell'”hallelujah” e un richiamo al paradiso nel Dialogo) ma non sò
quanto questa possa aver influenzato il mio collegamento inconscio.
Preferisco invece puntualizzare un'altro aspetto.
Quell'alone(o profumo) di senso che ho percepito nella pronuncia della parola
“broken” è in perfetta sintonia con lo specifico significato del termine(in quanto
significante linguistico): la voce che si strappa, si rompe , liberando il dolore che
pervade la mente del cantante(ma anche del poeta).

Sono molte le sfumature di senso che una parola profumata può evocare. Ad esempio
lo strapparsi, il rompersi e la liberazione di un dolore trattenuto possono far pensare
ad uno sfogo, ed uno sfogo può rimandare ad una sorta di “esplosione silenziosa”(non
è questa ciò che si può definire una forma felice;ciò che intendo dire non ha a che
fare con il termine “esplosione”, lo utilizzo soltanto per rendere l'idea di un
movimento in-out; “silenziosa” sta per “soffocata”, “languida” e si riferisce agli
sviluppi del suonema di “broken” e del senso di ”..io piango.”:la disperazione
espressa da entrambi non sfocia infatti in qualche aggressivo urlo di dolore e
nemmeno in una tragica o cupa descrizione poetica dell'angoscia, ma rimane
“silenziosa” . Quello che intendo è proprio ciò che è felicemente espresso
nell'immagine seguente).
Tutto questo, unito forse al carattere mistico e affascinante che permea questo
protolinguaggio edenico primitivo di cui ho finora parlato, che unisce gli uomini e le
loro opere come una sorta di universale rete telepatica inconscia e che si fa pensiero
autonomo,parallelo a quello razionale, mi ha provocato una riverberazione di
memoria che mi ha riportato tra i miei ricordi di Stoccolma. Ho pensato, infatti, di
includere un quadro (conservato in quella fredda città del nord) che mi ha attratto dal
primo momento in cui l'ho visto . Il pittore è August Malmstrom, l'opera :“Dancing
Fairies”. Siamo in pieno romanticismo.
In questo quadro io vedo una felice rappresentazione visiva di queste mie ultime
riflessioni.
Vi ritrovo sia la fantastica atmosfera di magia e inconscio che è stata un po' il tessuto
connettivo, il leit motiv di questo mio breve percorso mentale, che la
rappresentazione di quella “esplosione silenziosa” (evanescente, languida e leggera
come le fate danzanti)e liberatrice che parte da un punto(parola chiave) del
lago(l'opera) e vola attraverso il bosco (la mia mente) danzando tra gli alberi
(risonanze affettive).

Il mio naturale bisogno d'armonia, d'ordine mentale è stato momentaneamente


appagato. Le mie emozioni riassettate.

FABRIZIO MALERBA
Hallelujah – J. Buckley (L. Cohen cover)
I heard there was a secret chord
That david played and it pleased the lord
But you don't really care for music, do you
Well it goes like this the fourth, the fifth
The minor fall and the major lift
The baffled king composing hallelujah

Hallelujah, hallelujah, hallelujah, hallelujah ....

Well your faith was strong but you needed proof


You saw her bathing on the roof
Her beauty and the moonlight overthrew you
She tied you to her kitchen chair
She broke your throne and she cut your hair
And from your lips she drew the hallelujah

Hallelujah, hallelujah, hallelujah, hallelujah .... .

Baby i've been here before


I've seen this room and i've walked this floor
I used to live alone before i knew you
I've seen your flag on the marble arch
But love is not a victory march
It's a cold and it's a broken hallelujah

Hallelujah, hallelujah, hallelujah, hallelujah ....

Well there was a time when you let me know


What's really going on below
But now you never show that to me do you
But remember when i moved in you
And the holy dove was moving too
And every breath we drew was hallelujah

Well, maybe there's a god above


But all i've ever learned from love
Was how to shoot somebody who outdrew you
It's not a cry that you hear at night
It's not somebody who's seen the light
It's a cold and it's a broken hallelujah

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