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LE VISIONI PRECOCI

di Micaela Veronesi

Il problema dei cortometraggi (d'ora in poi c.m.) è sempre stato quello di essere

identificati per lo più come opere prime di autori esordienti che con pochi capitali

riescono a realizzare un film breve, ma dal quale si può già intravvedere il talento che

poi, forse, verrà sviluppato nei lungometraggi successivi.

Così abbiamo dei c.m. culto, come quelli di Godard, Wenders, Greenaway, ed altri, una

marea, che vengono presentati nei festival che dedicano una sezione a questo genere, e

poi dimenticati, perchè il c.m., come forma cinematografica è trascurato soprattutto dai

distributori, non ha quasi mai un commercio nelle sale cinematografiche, e ancor meno

è possibile vederlo in televisione, salvo che consideriamo valida l'operazione

divulgativa dei corti di Telepiù, accessibile a pochi, o l'ancora più elitaria presenza di

qualche c.m. d'autore a Fuori Orario su Rai Tre.

C'è poi la parte giocata dal grande pubblico che sa poco o nulla di questo genere e che è

diffidente se un film corto viene abbinato alla proiezione di un lungometraggio.

Un episodio recente è rappresentato dal caso del film della regista tedesca K. von

Garnier, Donne senza trucco, che, per la sua breve durata di un'ora circa, era preceduto

da un c.m. di dieci minuti, Emily Muller. Accadeva che molti in sala restassero sorpresi

quando iniziava perchè non era il film che si aspettavano e si ritraevano un po' di fronte

alle sue immagini in bianco e nero.

Eppure il c.m. è stato la prima forma filmica, erano c.m. i film dei fratelli Lumière, e

quelli di George Méliès, e un film come La grande rapina al treno (1903) di Porter

durava appena...

Oggi il c.m. si pone su due diversi livelli: c'è il c.m. descrittivo, breve esplosione di

immagini, dove poco o nulla accade, nel quale conta soprattutto la rappresentazione; e

c'è quello narrativo, che si basa quasi sempre sul colpo di scena.

La presenza del colpo di scena è fondamentale per questi piccoli film, nei quali l'azione

deve per forza essere condensata in pochi brevi momenti, e per non appiattirsi sullo
schermo necessita di un finale forte, esplosivo, che colpisca lo spettatore all'improvviso

e lo sorprenda in modo da non fargli sentire quel senso di impotenza che deriva da una

visione tanto fulminea. Il già citato Emily Muller fa parte di questo tipo di film, pochi

personaggi, macchina da presa quasi immobile, andamento lineare fino alla sorpresa

finale: la protagonista, invitata ad improvvisare su di un tema, ha ingannato tutti,

personaggi e spettatori, inventando tutto, anche il tema.

Si è dibattuto tanto su questo punto, ma se un c.m. può essere paragonato all'aforisma in

letteratura, o più profanamente a una barzelletta, resta fra queste brevi forme espressive

una radicale differenza: il nutrimento che nel nostro secolo ci hanno donato le immagini

è sempre più necessario e non ci possiamo appagare con storie di dieci minuti.

Per questo il c.m. è un po' come un atto mancato. Rappresenta quei primi minuti di

preliminari della visione ai quali siamo abituati veder seguire un intero percorso filmico,

ma si esaurisce tutto lì in quelle poche inquadrature.

Certo l'amore per il cinema lascia spazio anche per i piccoli film, che sono, abbiamo

visto all'inizio di questo articolo, una forma da rivalutare anche al di là dei festival. Ci

sono dei c.m. che sono dei veri e propri tributi all'arte cinematografica, e altri che hanno

il grande merito di essere delle palestre per tanti giovani che vogliono imparare a fare

cinema.

Un cineasta come Wim Wenders, noto a tutti per la notevole lunghezza delle sue opere,

si diverte ancora oggi, dopo tanti anni di esperienza, a fare c.m., il suo Arisha, the bear

and the stone ring dura appena ventinove minuti, ma è un condensato di emozioni, idee

e impressioni sul cinema e sul mondo, un assaggio che il regista ci dà della sua poetica.

Ma questo splendido film non è stato distribuito nei cinema italiani, lo hanno presentato

a Venezia, nella sezione Finestra sulle immagini, poi lo hanno trasmesso, la settimana

successiva, in gran segreto su Telepiù uno, mentre in Francia lo si poteva vedere al

cinema, abbinato a un altro film di trenta minuti, ...

Problemi di distribuzione, dibattiti sulle regole di regia di un c.m., il fatto è che al

cinema, come in pittura e in letteratura, non esistono formati prestabiliti, come un libro
può essere lungo o corto e i quadri variano di dimensioni, così i film hanno tutti pari

dignità.

La fine precoce di un film obbliga lo spettatore ad amare ancora di più il cinema in

generale.

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