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Il giorno del giudizio un giorno qualunque.

//Vivian M & Salvatore S a Nuoro//


Una palazzina bianca al centro di Nuoro, la sede del MAN, raccoglie una piccola parte della
sconfinata produzione di Vivian Maier, fotografa di strada e baby sitter francoamericana, vissuta
negli Usa nel secolo scorso. Una creatura misteriosa nel luogo simbolo della Sardegna. Una che non
voleva lasciare alcuna testimonianza di s, una collezionista di ossa piuttosto che una fotografa; una
raccoglitrice seriale di fotogrammi che la citt di Nuoro disseppellisce e mostra come in una visita
cimiteriale.
E come entrare in una vita vissuta senza eternit; consapevole, ogni scatto, della morte che
sopraggiunger con la dimenticanza. Il colore della mostra il giallo. Un colore luttuoso, come
unestate che lascia solo un tappeto di fiori morti. I visi dei ragazzini, quelli dei vecchi, le donne in
pelliccia, le rughe, i capelli biondi, le auto accartocciate, ombre nitide alle quali viene di
domandare: dove siete? La risposta di Vivian Maier : dentro le casse, nelle migliaia di negativi che
il caso, con la ragione ostinata di un folle, ha ritrovato ricordandoci chi era Vivian Maier.
Ora che siete qui, a Nuoro, giunto, anche per voi il giorno del giudizio, un giorno
qualunque.
Le stesse vite dimenticate, come gli scatti di Vivian Maier, sono quelle raccontate da
Salvatore Satta nel suo Il giorno del giudizio, in un punto di incontro dove due rette che non si
incontrano mai, invece, si incontrano.
Satta, come Maier, scrive quel suo capolavoro misconosciuto - incrociato a Nuoro, e
presentatomi da amici al caff Tettamanzi, per caso come chi ha scoperto le casse dei negativi di
Vivian Maier - solo per la necessit impellente di ritrarre, in una foto funeraria, una comunit gi
morta di cui nessuno aveva scritto il necrologio. Laccorto giurista nuorese, noto esclusivamente per
i suoi studi di procedura civile, in fama di insigne maestro, non aveva nessuna intenzione di rendere
pubblico il suo registro dellanagrafe mortuaria di Nuoro, lo scrisse per fissare in immagini una
vita trascorsa inconsapevolmente, la vita di chi sta al mondo solo perch c posto. E la frase
chiave, probabilmente la radice originaria che d impulso allopera di Satta. La frase con cui il
notaio Satta Carboni, personaggio che dovrebbe rappresentare il padre dellautore, apostrofa la
madre, figura simbolo di una solitudine femminile che sociale ed umana, senza per alcuna ombra
di rivendicazione, una foto marmorea che parla alla luce di un lumino. Un sussurro che Satta ascolta
e ripete a se stesso.
Non c alcuna pietas nello scritto di Satta, c una cupa esigenza a cui dare seguito.
Unincombenza da adempiere. Una sorda presa datto. Dio chiuso in una stanza. E rimasto l
dopo la morte del fratello prete di Gonaria; la piccola maestra che gioca con la follia e le fobie
scambiandosele con le sorelle come giocasse a palla prigioniera in un cortile illuminato dalla luna.
Come nelle opere dei veri reazionari, e Satta lo a pieno titolo, non un mondo di speranze,
non c un orizzonte di riscatto nella comunit umana, solo una bieca questione di interessi porter
il maestro Ricciotti a diffondere gli ideali del socialismo a Nuoro. Un affondo risentito a chi
avrebbe voluto insensatamente risvegliare i morti. Eppure limmagine dei contadini della contrada
di Suna che accorrono ad assistere allatteso discorso di Ricciotti con i loro carri trainati da bovi
con le corone di fiori intorno al collo, con i loro costumi, come se partecipassero ad una festa, una
delle poche che lascia passare un raggio di luce. Una luce che si disperde sulle mura incalcinate e
sulle imposte inchiodate delle famiglie dei maggiorenti nuoresi.
E distintamente ovvio che Satta, al di l di ci, non portatore di alcun sentimento n
politico n impolitico. E un medico che cerca di inocularsi un vaccino quando sa che ormai non c
pi nulla da fare. Il vaccino per si tramuta in unestrema unzione. Ed Satta stesso che non
nasconde il suo intento nel descrivere la sua visita al cimitero di Nuoro in unepoca che non pi
quella del racconto della comunit nuorese ma quella del tempo in cui scrisse la sua opera, i primi
anni settanta.

Nessuno della famiglia Sanna Carboni viene risparmiato dal rosario sgranato da Satta, grumi
di inchiostro nero di seppia tratteggiano ritratti impietosi, Satta li cataloga appendendo un cartellino
allalluce, come quando definisce Ludovico, il primogenito, uno a cui la vocazione della
conoscenza non corrispondeva la capacit di conoscere.
Nellassenza di qualsiasi accenno sbandieratamente lirico o folcloristico c unepica
dolente, c un racconto inevitabile del coagulo di sangue, della radice violentemente agreste del
Mediterraneo. Una vita selvaggia, come quella un animale ferito che cerca la solitudine per
andarsene a morire in un giorno qualunque. Un giorno di sole di cui rester, se il caso vuole, uno
scatto o un manoscritto dimenticato.
(Il manoscritto dellopera di Satta sar ritrovato dalla famiglia solo dopo la sua morte; ,
tutto ci che John Maloof, lagente immobiliare che ha ritrovato la sterminata produzione della
Maier, riusc a trovare nel tentativo di capire chi fosse la fotografa fu un annuncio mortuario.)
8 Settembre 2015
Rosso Malpelo

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