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I

Se questo mondo fosse una festa, non vorrei essere invitato, grazie, cos penso leggendo i titoli dei giornali in un'edicola, e io di feste me
ne intendo.
Riprendo a camminare.
E ti vedo, da lontano ti vedo, mentre decido di non avvicinarmi.
Sono in anticipo, penso.
Ho ancora qualche minuto a disposizione e, li user, per osservarti, capire o, tentare di farlo, cosa significhi, tu, dall'alto della tua
storia, faccia di pietra colorata dal tempo, allora ti osservo, non ti sei
ancora accorta di me che sono arrivato girandoti intorno, tu non ti
accorgi che mi siedo in un bar, di fronte a te, che ordino una birra,
piccola chiara alla spina, grazie, non ti accorgi, scusi, anche un po' di
noccioline, cos io al cameriere, penso indiano, che serve ai tavoli, meglio affrontarti a stomaco pieno e con i freni inibitori affievoliti dai pochi gradi della birra e dal caldo di questa giornata troppo calda per
essere primavera.
Penso, chiss se la maggior parte delle persone sedute in quel
caff stanno pensando a te, con la mia medesima missione, incontrarti,
cos penso, allora li osservo, osservo la gente intorno a me, la gente, le
persone, il mio prossimo, individui, la massa, piccola e media borghesia,
alta borghesia, proletariato, professionisti, studenti, nullatenenti, romantici, cinici, arrivisti, egoisti e altruisti, cantanti, poeti, malfattori, puttane e
suore e, suore e puttane, mah.
In sintesi dovrebbe essere umanit punto
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Devo passare il tempo e la birra finisce troppo in fretta, come le


persone sedute ai tavolini di questo bar, come le noccioline, scusi, scusi,
un'altra piccola chiara per favore, cos io al cameriere, forse indiano, che
adesso ha solo me da servire, ed iniziamo ad intrattenere un qualcosa
molto simile ad una conversazione, si chiama Nonhocapitocome, dice
che al suo paese era contadino, plausibile, arrivato in Italia dopo un
lungo viaggio, che gli ho chiesto di non raccontarmi, per favore, e continua, facendo il contadino non riusciva a mantenere la famiglia, ha una
moglie e tre figli al suo paese, cos mi racconta, tra la pulizia di un tavolo
e un altro e, allora andato in citt, anche questa non ho capito quale, si
messo a leggere la mano ai turisti, pratica che gli stata insegnata dal
nonno quando era bambino, ma, siccome i turisti scarseggiavano, anche
cos non riusciva a far campare nessuno. Il resto straccio in mano a pulire tavolini e, forse, prima ancora sono stati i semafori.
Ci sono cascato, quello che il piccolo forse indiano, si sarebbe
aspettato che io facessi, l'ho fatto. Gli ho chiesto di leggermi la mano,
con la scusa di altre noccioline.
Sei stato molto male quando eri piccolo, cos lui e, adesso sei meglio, felice
per te adesso, ti sposerai e avrai due bambini
Cos Nonhocapitocome si alza continua nelle sue faccende
affaccendato, gli chiedo quanto devo per il suo servizio, niente risponde
con un cenno della mano.
Non capisco se devo essere contento o no, il fatto che lui ha indovinato la prima parte della sua lettura significa che si avverer anche la
seconda o si buttato quindi non si avverer niente o quasi. Tutti, da
piccoli, in un modo o nell'altro, sono stati molto male, complicazioni di
qualche malattia esantematica, tipiche nei bambini, cos sapr, oppure
quando si piccoli si fanno sempre dei giochi pericolosi rompendosi le
ossa, forse, penso, non si riferiva ad un male fisico, forse pensava ad
un'infanzia tribolata, forse ho gli occhi stanchi, locandina di chiss quali
acciacchi passati.
Riprendo a guardarti, occupato come sono dalle parole del mio futuro acquisito, adesso ti guardo per in un altro modo, ora che conosco
ci che mi accadr, gi mi sembri diversa e penso fatica sprecata, tanto
non ti accorgi di me, non ti sei ancora accorta che sono arrivato e
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mi sono seduto qua, non lo farai, come non ti accorgi di nessuno che ti
passa davanti, con la sufficienza di chi tanto sa che prima o poi, anche
solo per cultura, bisogna passare da te, e tu attendi indifferente, come
faccio io in questo bar, aspetto, ancora qualche minuto che devo riempire, allora cerco di condividermi nelle facce dei passanti, oh Amore, dio
dell'ingenuit, non mi abbandonare, e, penso alle cose che amo di pi,
l'inizio di Manhattan, le Variazioni Goldberg suonate da Gould, Happy
Days, Pessoa, il sorriso dei figli che spero di avere in futuro, Estate, il culo di Moana Pozzi, Sostiene Pereira, Harry ti presento Sally, Don Camillo e Peppone.
Dieci, mi devo fermare a dieci, di sicuro ho scordato qualcosa ma
non la posso fare troppo lunga, la lista e, mi accorgo che tra le dieci cose
che amo non c' il motivo che mi ha portato qui, oggi, seduto, a bere
birra, piccola chiara, sapientemente accompagnata da noccioline salate.
Proviamo con le cose che non amo, anche queste, per, devono
essere dieci, sono un giusto, cos penso, Holliwood, la politica estera
americana, la televisione di oggi, il gossip, la new economy, l'esasperazione,
la musica House, il wonder-bra e le mistificazioni in generale, forse questo
vale per due, il commercio e, basta, non mi viene in mente nient'altro da
non amare, solo che in questo secondo raggruppamento, cos sento, se
cerco bene, perch si nasconde, subdolo, riesco a trovare il motivo che
mi ha condotto qua, me come tanti altri, ad incontrare te, che mi farai
ombra, sempre di pi mentre mi avviciner, entrer, percorrer la navata centrale fino in fondo, attraverser il tuo transetto, mi lascer la
Cappella di San Brizio a destra e la Cappella Corporale a sinistra e, subito dopo, il Coro, dove mi aspetta Padre Nunzio, il parroco che prima di
noi ha sposato i genitori della mia futura moglie, loro ci tengono tanto
che ci sposi lui, avrete un matrimonio felice come il nostro, sar di buon
auspicio, cos dicono, e dopo ha battezzato i loro figli, comunione e cresima.
Global Service.

II

Oggi mi piove dentro, come in tanti altri giorni che ho passato,


ma oggi lo posso raccontare.
Quando piove dentro di te dura, ma se piove anche fuori, almeno ti senti in armonia con quel tronco di mondo che ti gira intorno,
penso.
Oggi piove, mi ricordo. Oggi non piove pioggia ma umidit, cos
io, umidit che appiccica gli occhi al finestrino, mentre cerco di decifrare
le figure che dall'altra parte diventano grottesche. un gioco e perdo
spesso.
Ma oggi piove, cos io, oggi io, grottesco, all'interno dell'auto, oggi
sono io, con il diluvio che ho dentro e che mi ha mandato a puttane
quelle poche certezze che mi sono coltivato in diciotto anni di vita.
Poche certezze. Uniche certezze. Con le orecchie si ascolta e si riconosce, con il naso si odora e si riconosce e, continuo, con gli occhi si
guarda e si riconosce, con la lingua si gusta e, si riconosce. Queste
certezze.
Poche certezze, penso, ma fondamentali, continuo. Con le mani,
le dita, tocco e, oggi non mi riconosco, cos ricordo. Basta solo un senso
in tilt, e ti senti esterno. Non invitato. La festa due porte pi avanti, mi
dicono, ma non ci arriver mai, le gambe sono inchiodate come il tatto,
le dita, inchiodate a questo sedile, cos sentivo.
Forse il tempo trascorso da allora, tanto, che si racconta come
un sogno da sudare, da mangiato pesante la sera prima. Forse il tempo,
che sicuramente aggiusta, ma qualche pezzo rimane fuori, come quando
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a quindici anni smontavo il motorino e, alla fine, a terra, c'era sempre


una vite, una molla, e il motorino perdeva colpi.
Cos il tempo, forse, perde colpi, si distorce, diventa un film, dove non sempre mi sento protagonista, pi il ricordo lontano. Ma posso
raccontarlo.
Alieno, Non adatto a partecipare.
Ci dispiace, ma lei non adatto a questo lavoro, ci servono persone capaci di interagire attivamente con l'ambiente in cui vengono inserite, cos mi sembra di ascoltare, immobile, e continua, non so chi, ma
continua, si lei ha delle ottime referenze, spigliato, conosce bene due
lingue, riconoscibile nel gruppo, ha personalit. Ma, non sente. Non
sento.
E la mia vocina che mi sta rifiutando continua, lei non sente, non
percepisce. una pietra. Che si dice dal regno minerale puntointerrogativo
Sono una pietra, che per gira vorticosamente e la mia testa con
me. Verr lanciato, forse, come fossi un maglio.
Cerco di fissare lo sguardo e l'attenzione su qualcosa di fisso, ma
in questa cazzo di macchina niente fisso, tutto gira. Non so come
Carlo riesca comunque ad andare dritto, penso e, ricordo.
Prima stazione. La quinta quella dell'ingresso di Sant'Agnese
sulla Nomentana e, all'accenno di rallentamento, la fila di patentati al
conservatorio inizia a suonare, mandandomi il vomito di traverso.
Carlo fermati, cos io, mi viene da vomitare, e continuo, ora. La colonna sonora dei clacson delle automobili che ci seguono, mi impedisce
di sentirmi.
Non penso siamo ancora fermi quando, finalmente, riesco a dare
il meglio che ho da dare. La pioggia che ho dentro.
La pioggia che ho dentro. Faccio in tempo ad aprire gli occhi dopo la tempesta e vedo la mia pioggia mischiarsi alla pioggia degli altri,
dissolvenza, creando un numero imprecisato di rigagnoli di pioggia mista a pioggia e biscotti della prima colazione, cos io. Tutto finito, la fila di orchestrali dietro di noi passata, noi anche. Carlo ha accostato,
forse senza freccia, forse ha inchiodato dopo il mio avvertimento minaccioso di vomito in macchina, forse per questo che i musicanti
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che ci seguivano erano cos incazzati, per non aver avuto il tempo di riflettere, capire cosa stava succedendo, la gente ha bisogno di capire, vuole il tempo per capire, a volte lo reclama inerme, altre volte lo esige.
O forse avevano solo fretta e un coglione ha deciso di sentirsi male alle otto del mattino, ora di punta per l'ingresso delle scuole e l'apertura degli uffici. Ha deciso di sentirsi male in piena fila all'altezza di
Sant'Agnese sulla Nomentana, cullato dal rumore dei tergicristalli che
tentano di opporsi alla cecit della pioggia, vomitando davanti l'ingresso
di una chiesa.
Poi passa, questo tempo passa, e la fila con lui, e la pioggia con
lui, insinuandosi tra i sanpietrini e, come la pioggia, anche il tempo s'insinua, opponendosi alla diga creata dal mio evento intestino, e si insinua.
Altre stazioni ci sono state dopo questa, altre fermate, altri
clacson e tergicristalli, e pioggia e ombrelli, e bestemmie e, dove cazzo
mi fermo, trattieniti se puoi. E sudore, e lacrime come sudore, e come ti
senti, e radio-giornali, e semafori rossi, e la festa di questa sera, e incroci
bloccati, e lava-vetri divini che, senza posa, continuano a bagnarci, e timori, e incoscienza, e voglia di tornare a casa, e mamma non c'era
quando siamo usciti, e solitudine affollata di lamiere e pistoni, e bambini
per mano, e nausea.
Altre volte ci siamo fermati, forse due, forse tre, penso oggi, forse
l'ultima davanti al Pronto Soccorso, siediti qua, io vado a parcheggiare
meglio, cos Carlo.
Il dottore scrive nome e cognome, e sono io, indirizzo, il mio,
et diciotto anni, la mia, cos lui all'infermiera e, continua.
Anamnesi.
C' un letto libero ad Otorino, lo ricoveriamo, ma posso raccontare.
Fallo sedere accanto alla ragazza qua fuori, cos il camice di cui
non ricordo il volto, dice all'infermiere appoggiato, stanco, sulla sedia a
rotelle che mi ha carontato dalla sala d'attesa del Pronto Soccorso, alla
sala visita numero ....boh. Vorrei ricordare di pi, e, dove non ricordo,
invento, cos penso, perdendo la percezione della flebile differenza tra
inventato e vissuto, sentito e raccontato, visione, visto ed osservato. Come una tromba d'aria che raccoglie dal suolo tutto quello che trova,
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lo mischia, lo risbatte a terra nella sua definitiva, nuova collocazione, fino all'arrivo degli spazzini dell'anima che lasciano in giro solo poche cose e, la maggior parte di queste, poco interessanti.
Mi gira la testa.
Accanto alla ragazza. Quale ragazza, ne vedo molte, e loro
accanto ad altri uomini, donne, vecchi, tutti in attesa che il ciclone, chiamato amministrazione sanitaria, ti restituisca il corpo per la definitiva sistemazione, cos io.
Ne vedo tante di ragazze, ora accanto a me, ed io in mezzo a loro,
ma dicono che sia solo una, o almeno il camice che ha deciso il mio ricovero, cos avrebbe giurato, ma io ne vedo molte.
Tutte belle.
il male, oppure gli ormoni, che sono un male, penso, se non
puoi dargli un seguito, e continuo a pensare, sono tante e tutte belle.
Come sto, sicuramente uno straccio, vestito di corsa, puzzo di vomito, perch di vomito ho parlato, non mi noter mai e, se mi parler,
devo girare la testa dall'altra parte, per non anestetizzarla con i fumi del
mio ventre, e continuo, voltarmi, girare la testa, solo al pensiero riprendo a piovere e, penso, non il massimo come approccio.
Che sfiga.
Diciotto anni, puzzolente, vestito peggio, con una faccia e delle
borse sotto gli occhi, tanto grandi da poterci mettere dentro tutta la mia
vita, cos io. Per non parlare dei capelli, quelli poi, gi allo stato normale
sono arruffati, incasinati, non posso nemmeno pensare cosa sembrano
ora, se li potessi vedere, quindi almeno sistemare, forse potrei sembrarle
almeno simpatico, cos, se dovessi incontrarla fuori di qua, potrei dirle ti
ricordi di me, sono quello simpatico seduto accanto a te, il giorno in cui
ci hanno ricoverati, lei farebbe sicuramente una faccia sorpresa, poi sicuramente riderebbe, io le ragazze le faccio ridere spesso, stanno bene con
me, dopo la inviterei ad uscire per parlare di come sta ora, di quello che
ha passato, se ha avuto paura, questo impossibile, a diciotto anni non
si ha paura, si sta male e basta.
I miei capelli, chiss come mi stanno, mentre lei bellissima, o cos mi sembra, loro sono bellissime.
Sorride, forse mi ha sentito pensare ed ha trovato tutto molto divertente, l'ospedale, l'attesa, i malati, io che tento di piacerle, o meglio,
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io che vorrei fare qualcosa per piacerle o sogno di farlo, cos io,
appoggiando la testa indietro.
Sorride, ma forse una smorfia di dolore, dimenticavo che non
siamo in discoteca, lei non seduta sul divanetto accanto al mio,
sorseggiando un Bellini, sta soffrendo e, se smetto di pensare a lei, si
sentir sicuramente meglio.
Che cazzone. Mi viene da vomitare, ma dovrei inventarmi qualcosa da tirare fuori.
Sono vuoto.
Cos'hai, perch sei qui, cos i miei ormoni diventano suoni, musica, pi precisamente. Ormoni, questi maledetti, si ostinano a entrare nei
miei sogni, facendomi credere che sta accadendo veramente qualcosa, li
odio, cos penso, e, continuo ad ascoltare, ora il viso della ragazza seduta
fuori la sala visita, accanto alla quale mi sarei dovuto sedere e mi sono
seduto, rivolto verso di me, in attesa, perch sei qui, continua.
Moderata felicit.
Scusa, non ti avevo sentita, cos io, rivolto a lei, incurante o dimentico dell'umore che proviene dalla mia decomposizione intestina,
ma sembra non darle pena.
Forse solo educazione, penso e, continuo, non so cos'ho, sto male, mi gira tutto, anche te, anche se mi fa molto piacere vederti girare
intorno, questo lo penso, non lo dico. Ho anche vomitato, non so
quante volte, cos io, anzi scusa, non devo avere un aspetto piacevole,
intendendo con questo anche l'odore, ma non lo dico.
La ragazza seduta accanto al ragazzo, seduto accanto a lei, non
sembra fare caso al coacervo di brutture maleodoranti espresso cos magistralmente dalla mia persona, come se la sofferenza che l'ha portata fino a sedersi accanto a me, ma prima, le avesse ostruito i sensi, almeno la
vista e l'olfatto, come spero che le funzioni la chimica dell'epidermide,
grazie alla quale, e continuo a sperare, lei si rivolta a me con elegante
interessamento, mentre continua a girarmi intorno insieme con uomini,
donne, vecchi, sedie, suppellettili, infermieri, dottori erranti di reparto in
reparto, bacilli, mucose espulse, braccia rotte, nasi sanguinanti, astenici,
non vorrei essermi dimenticato di qualcuno, nel caso cos fosse, non me
ne voglia nessuno.
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Sedia a rotelle.
Un infermiere prende la sedia a rotelle sulla quale sono seduto e
mi parcheggia di nuovo, questa volta dall'altro lato della ragazza seduta
accanto a me. Lo ringrazio, penso, il lato destro della ragazza non ha
niente da invidiare al suo lato sinistro, giusto per avere una panoramica
completa.
Adesso ti portano al reparto, cos Carlo, io torno a casa, ti prendo
quello che ti serve, pigiama, pantofole, vestaglia, spazzolino, e torno,
conclude.
nervoso, lo vedo da come si muove.
Forse ha paura.
Io no, sono solo preoccupato di riempirmi la vista il pi possibile
con la ragazza seduta accanto a me, questa volta alla mia sinistra, me la
voglio ricordare, cos se la dovessi incontrare di nuovo, Roma piccola
in fondo, potrei riconoscerla, in realt non riconosco mai nessuno,
quindi non saluto.
Lei me la voglio ricordare, cos penso, sperando pi nel fatto che
lei si ricordi di me per via della mia faccia cos particolare, dicono i miei
estimatori, mamma e, forse, qualche altro parente stretto. Sei pronto, cos l'infermiere afferrando da dietro, o da tergo, come direbbero adesso i
commentatori di calcio, la mia sedia a rotelle e portandomi verso un'uscita diversa dall'entrata, dove, cos le voci di corridoio, si dice che mi stia
aspettando un'ambulanza per portarmi al reparto di Otorino-Laringoiatria.
stato tutto cos veloce, l'infermiere, mio fratello, tutto, che non
sono riuscito a salutare la ragazza seduta prima alla mia destra, poi alla
mia sinistra, e cos anche lei, non mi ha salutato, nemmeno un imbocca
al lupo, niente, penso mentre l'ambulanza parte, accanto a me un
infermiere, un altro. Non le ho chiesto nemmeno che cosa avesse, cazzo.
Sempre cos, perdo l'attimo.
La testa mi gira adesso velocissima, la nausea mi ha riempito fino
alla punta dei capelli, vomiter dentro l'ambulanza, cos penso, ma non
succede, faccio in tempo a scendere davanti l'edificio dove si trova la
mia destinazione e a regalare all'umido asfalto quello che ho di pi intimo e pi puzzolente.
Di nuovo, qualche millilitro di succhi gastrici.
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III

Ombre di consigli mi assediano, ma forse mi rimasta una canna.


Oggi mi laureo.
Fra qualche anno capir che non il matrimonio il punto di non
ritorno, il momento in cui si cambia vita, cos penso.
Non il matrimonio il luogo dellincertezza, non il matrimonio
il momento in cui il timore di non conoscere quello che perdi pari solo
al non conoscere quello che forse avrai, cos io anni dopo adesso. Che filosofo diventer.
Sorpresa.
Il matrimonio un momento sopravvalutato, indebitato di
aspettative sempre disattese.
Ma lo sapr solo domani, oggi lo immagino solamente, ma sul
matrimonio ci torner pi avanti.
E comunque, non il matrimonio lunico evento in cui parenti
stretti o amici ti arricchiscono delle loro esperienze, pillole, meglio perle,
della loro vita, grazie alle quali ti sentirai sicuramente pi preparato ad
affrontare quel sincero momento di solitudine che riesci a condividere
con una moltitudine infernale di volti appiccicati alla rinfusa a carne sostenuta da ossa.
Giammai meno solo, di quando sei solo.
Ho scoperto, ma solo pi avanti, al termine del mio sonno, che
questa tradizione, il consiglio appunto, si ripete ad ogni prima occasione,
cos continuo a pensare tra un tiro e l'altro.
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Ogni prima di qualsiasi cosa.


La prima uscita con una ragazza, la prima scopata, il primo esame,
e prima ancora il giorno prima della maturit, e cos via fino alla laurea,
al matrimonio e al primo figlio.
A tutto questo, si aggiunge chi, con le tue medesime esperienze, si
sente investito di chiss quale compito divino, penso, per il quale si crede autorizzato a saperne pi di te, non si sa di cosa, ma di pi.
Ho imparato inoltre che il primo, come momento, rappresenta solamente il vertice della piramide, subito sotto ci sono dei sottoinsiemi di
occasioni, e anche queste diventano mete di pellegrinaggio di meno
convincenti dispensatori di consigli, e cos via fino ad arrivare alla base
della piramide, ad appannaggio, per, di meno fortunati, o, come li chiamo io, dei cosiddetti giornalieri, ovvero personaggi che leggi come si
legge un quotidiano, che poi si lasciano mettere via, buoni comunque
per accendere il fuoco.
Il vero momento x la laurea, il grande giorno in cui dovr sintetizzare il mio percorso didattico maturato in otto anni di studi e, non solo.
la laurea, il momento in cui mi si spenta la canna lasci il
paradisiaco limbo dellincoscienza e dei sogni e delle ragazze cercate, a
volte trovate, ma il meglio cercarle, cos io, e delle nottate passate
camminando dietro a Santa Maria della Pace fino al mattino, e del respiro dellalba sul tavolo da disegno.
Amici gi dati, mi hanno mitologicamente parlato di stomaci
strillanti e viscere subdole nei momenti subito precedenti la discussione,
anzi fin da casa, ricordo, e, ricordo, nulla di tutto questo, a me. Grazie
canna, presto riaccesa, anche se non sono sicuro che sia merito tuo, ricordo e penso, guardandola, seduto sulla tazza del cesso.
Ore sette, doccia e apertura di finestra.
Hai finito amore, cos mia madre, non fare tardi oggi, noi siamo
quasi pronti. Non necessario che voi veniate con me, io vado prima
per portare le tavole e fare lappello, ma non penso di essere il primo a
discutere la tesi, voi potete fare con calma, mamma.
Figurati, pap ha gia le chiavi della macchina in mano, mi grida
mia madre da dietro la porta del bagno.
Cosa c' di meglio, dopo una canna, di una doccia rigenerante,
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prima di discutere la tua tesi di laurea.


Ena ti ha stirato il vestito, ma quale vestito, cos io a mia madre, il
vestito che ti devi mettere. Non mi metter nessun vestito, pantaloni e
camicia, c' troppo caldo.
Ti metterai il vestito, ti ho preso anche la cravatta.
Se non mi metto il vestito, figurati la cravatta.
Hai deciso di farmi arrabbiare proprio oggi che si laurea mio figlio.
Il tuo figlio che si laurea sono io, e non ti voglio fare arrabbiare, a
te deve interessare che mi laureo, non come sono vestito.
Anche quello conta, specialmente quando sar vecchia, e rivedr
le fotografie di oggi, come saresti bello in giacca e cravatta.
Mamma, per quando sarai vecchia, le fotografie della mia laurea si
saranno sicuramente perse.
Io ho fatto, sono pronto, ci vediamo alluniversit. Carlo e Costanza vengono qui o direttamente l, chiedo.
Stanno arrivando, perch non li aspetti, andiamo insieme.
Mamma devo andare, ciao.
In che aula , dove ti troviamo.
Ci sono attaccati gli elenchi in bacheca, ciao.
Chiss se la macchina parte oggi, penso e, tento di accendere.
partita.
Serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette sul cruscotto della
mia mini clubman e le tavole, frutto di un intenso mese di lavoro, dietro,
scarrozzate da me.
Un mese di lavoro, di intenso lavoro appunto, non tanto mio,
quanto della ventina di persone che si sono avvicendate per aiutarmi.
Tutto nato quando, un mese prima di discutere la mia tesi, ho
chiesto al professore di cambiare il mio progetto, visto che il precedente
era ormai arrivato in un punto di ristagno progettuale. Se te la senti, provaci, cos il mio relatore.
Me la sentivo.
Con l'aiuto di una ventina di amici, me la sono sentita.
Dalla prima settimana telefonava gente a studio dicendo, so che l
vi divertite, posso venire a dare una mano anch'io, cos dicevano. Alla fine c'erano una ventina di persone che si avvicendavano, tra questi
quattro o cinque che facevano chi la facolt di Lettere, chi Economia e
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Commercio, mi ricordo che c'era anche un avvocato, tutti insieme a preparare una tesi di architettura. Io giravo per i tavoli. Marzio si doveva
occupare del plastico in creta, ma spesso si finiva con palle di creta
attaccate ai muri, e, una sera a settimana, grande festa. Si, perch con
Marzio siamo diventati dei veri organizzatori di feste, grandi feste. Dalle
prime per il pomeriggio, alla sera. In seguito ci siamo uniti ad altri organizzatori di feste, diventando i pi forti elargitori di divertimento sulla
piazza. Tutti i locali e localari ci vogliono, ma noi andiamo solo dove ci
divertiamo, non una questione di soldi. Pi non una questione di
soldi, pi si guadagna, strano.
Le prime feste in notturna le facevamo in un locale che si chiamava il Casanova, a piazza della Maddalena.
Oggi non esiste pi.
Vicino al Casanova c'era un bar, le Cornacchie, dove penso, si riunisse tutta Roma prima di andare da qualsiasi altra parte, o in qualsiasi
altra festa, la piazza era piena, non ci si muoveva.
Certe sere, quando non c'erano feste, io uscivo da solo, mi muovevo di casa verso le undici e mezzo e andavo alle Cornacchie, l incontravo tutta Roma e, tutta Roma incontrava me, si spacciavano biglietti per
la prossima festa, ci si invitava alla festa a casa di qualcuno a Port'Ercole
o Ansedonia, queste ultime quasi sempre a casa di Marcello, in occasione dellinizio dell'estate o per la fine.
Le feste pi belle alle quali ho partecipato, ricordo.
Marcello e Luca arrivavano prima per preparare la sangria, alle
otto di sera, prima che la festa iniziasse, erano ubriachi come zucchine.
Poeti.
Dopo qualche anno, le Cornacchie non andavano pi, cos come
il Casanova e nella piazza era rimasto solo qualche fedelissimo, romantico dei tempi che furono, qualche distratto che non si era accorto del
cambio di giro e qualche ritardatario. A Roma funziona cos, i locali
hanno una vita molto breve, al massimo un paio di stagioni e, poi, il diluvio.

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IV

Faccio in tempo a sedermi sul letto, e, senza dovermi sforzare, vomito unaltra volta.
la terza da quando sono entrato nel recinto dellospedale.
Il reparto di Otorino sembra in ordine, rispetto alle fantasie che in
questi anni mi sono fatto sugli ospedali, pulito, gli infermieri sono in
divisa, divisa da infermiere, impeccabili. Nella mia stanza ci sono sei letti
messi di fronte, in batterie da tre, tutti occupati da colleghi con le pi
fantasiose patologie, setti nasali rotti, o forse si tratta di plastica, non ho
ancora indagato, un signore anziano con dei tubi infilati nel naso che
rantola rumorosamente.
Questa notte non dormir, penso.
C anche un timpano perforato, questo l'ho chiesto durante un
intervallo pi lungo tra due conati, il resto potrebbero essere tonsille o
adenoidi, o chiss cos'altro, non mi interessa, sono i dirimpettai, altra
gente. Insomma, sembra che tutto funzioni qua dentro, mi dico, tutto
tranne me, sono riuscito a sporcarmi i pantaloni. Linfermiera gentile,
mi mette un braccio sotto l'ascella destra, con l'altro mi cinge la schiena
e, mi solleva, scusami, cos lei, siedite pi qua, senn non riesco a pulire,
cos conclude parcheggiandomi qualche decina di centimetri pi a destra, verso i cuscini.
Oggi la giornata dei parcheggi.
Mi accascio sopra i cuscini. Stordito. Non ho pi niente in corpo e
continuano i conati. Mio fratello non torna, e da un momento allaltro
arriver tutta la famiglia al completo o quasi. Come ti chiami, con voce
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nasale mi chiede il naso rotto, o plasticato ancora non so, del letto
accanto al mio, non rispondo, ma lui non se la prende, penso abbia capito.
Arriva un altro infermiere, dovrebbe chiamarsi Vittorio o qualcosa
del genere, cos mi sembrato sentirlo chiamare dal corridoio, guida spericolato una sedia a rotelle, pi con la pancia, particolarmente protesa a
sbalzo, che con le mani. La faccia di Vittorio, o di come si chiama, per
me rimarr Vittorio per quel poco di tempo che durer in questo reparto, mi sembra buffa e continua a girarmi intorno come se danzasse
per ingraziarsi gli dei delle lettighe.
Dai vieni che ti faccio fare un giro, cos mi dice mentre ferma e gira la sedia a rotelle verso di me, con piacere, rispondo io sussurrando, e
Vittorio continua, ci sono dei dottori che ti vogliono conoscere.
Non so quanto tempo sia passato da quando Carlo tornato a casa a prendere quello che ha detto che doveva prendere, ancora non
tornato. Che ore sono, non lo so, probabilmente l'ora esatta in cui c'
pi traffico, forse non trova il mio pigiama, o lo spazzolino. Arriver e
non mi trova al parcheggio riservato al diciottenne con le vertigini e vomito, numero, numero, non riesco a leggerlo, anche il numero del letto
mi gira intorno, forse perch piccolo, ma mi sembra che giri pi velocemente della faccia di Vittorio, vuole arrivare prima di tutti agli dei della
lettiga, oppure il numero ha altri dei da ingraziarsi.
A diciotto anni si come rocce, dei veri duri, e, io lo sono o lo
ero, non lo so, adesso mi sembra di essere solo uno stronzo, un povero
stronzo, che vorrebbe accanto a se la mamma, il fratello e una sorella da
abbracciare, penso, e se fosse qui, mia sorella appunto, l'abbraccerei
talmente forte, chiamando in aiuto tutte le ultime forze che mi sono rimaste, da farle mancare il fiato.
Voglio una persona da abbracciare, una persona che amo e che mi
ami, invece mi tocca essere circondato da personaggi in divisa da
infermiere, con, nella migliore delle ipotesi, una paresi facciale che gli dipinge un sorriso stantio, da distribuire come fosse un volantino.
Forse Carlo ha perso tempo per telefonare a tutti, mamma, pap,
sorella, amici e parenti, vicini e lontani.
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Cerco di fermare il mondo che mi gira intorno appoggiando la testa lateralmente sulla spalla sinistra, a questo punto non credo pi che
esistano solo gli dei della lettiga, confido nel dio che protegge i portantini, che lo guardi dal mandarmi a sbattere contro qualcosa, potrei vomitare sulla pista, non sarebbe corretto.
Sento Vittorio lasciare la presa delle maniglie, continuando a
spingere con la pancia, mentre, con le mani, mi afferra la testa sui due
lati, le mani sono calde, almeno la sinistra, dellaltra percepisco solo la
pressione, e mi tira in su la testa, sei gia stanco, chiede Vittorio.
Cos vomito, penso io.
Con le mani ancora sul mio volto, arriviamo a met del corridoio,
sulla sinistra c' una porta oltre la quale, cos dice Vittorio, mi aspetta il
dottore.
A parte loperazione per levarmi tonsille e adenoidi, le mie esperienze in campo medico si limitano a varicella, scarlattina, orecchioni e,
al massimo, qualche bronchite. Oltre al fatto che la malattia mi permetteva di non andare a scuola, era piacevole perch oziavo tutto il giorno nel
letto dei miei genitori guardando cartoni animati. Il cuscino di mio padre aveva un odore fortissimo, in quel periodo si tingeva i capelli con
una lozione, rinova for men mi sembra di ricordare, che, oltre a macchiare
la federa del cuscino, aveva una fragranza che, seppur forte, in quegli
anni mi sembrava piacevole, ma, appena entrato nel periodo dell'adolescenza, mi era diventata disgustosa e me ne rimanevo in camera mia, il
mio mondo, come sarebbe diventato da l a pochi anni, isolandomi
sempre di pi dal resto della famiglia, prima solo fisicamente, poi non
partecipando pi, in modo attivo, a feste o discussioni, litigate forse
meglio, a volte anche violente e, queste ultime, se possibile, molto pi
frequenti delle feste.
Da qualche anno, prima del mio ricovero, mia madre e mio padre
hanno iniziato a litigare nel senso totale del termine, e, ogni giorno
tornando da scuola, la sensazione, mettendo la chiave nella serratura per
aprire la porta di casa, era quella di trovarmi di fronte a chiss quale disgrazia, botte, sangue, o cose del genere, in verit un evento di questo tipo, sarebbe capitato molti anni dopo, facevo l'universit, cos ricorder,
ma un altro capitolo.
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In realt il disagio era molto pi subdolo, non esplodeva mai in un


nemico da combattere, visibile, con nome e cognome, ma ti penetrava,
sottopelle, penso e, ricordo, fino ad attaccare gli organi pi intimi, i pi
sensibili ad invasioni di questa specie, fino anche a modificare il patrimonio genetico.
Pochi mesi prima di entrare a fare parte dellesercito dei pazienti,
protetti dal dio speranza, i miei amici andarono a parlare con mia madre,
erano ormai diversi giorni che il mio interagire col gruppo si limitava ad
una leggera flessione in avanti dell'avambraccio che, trascinandosi la mano, accennava ad un timido saluto, rivolto indistintamente, cos ricordo,
allintera costellazione della via Lattea. Solo i pi sensibili riuscivano a
percepirlo, per tutti gli altri ero un peso da doversi portare in giro.
Finalmente arriviamo ad una straordinaria scena madre, come solo molti anni dopo il cinema statunitense riuscir a produrre, mia madre
in lacrime, da grande attrice quale mi dicono sia stata, mi chiama dal finestrino della macchina, una macchina che allora mi sembrava talmente
grande, da intravedere appena mia madre sul lato opposto facendomi
cenno di salire, tutto questo davanti ai miei amici.
Oltre al catatonico, ci mancava l'umiliazione.
Imbarazzante.
Da quel momento, per i successivi, interminabili, quindici minuti,
stata una pioggia, pioggia, umida e appiccicosa, di giustificazioni, queste sono le mie ragioni, cos lei, tu non conosci tutta la verit, ora mi devi ascoltare, la mia stata una vita di inferno, non sai la mia, penso, ma
non lo dico. Almeno fino ad oggi, una vita di sacrifici e, continua, mi sono dedicata, annullata per i miei figli, e cos via fino a oggi, ora voglio
qualcosa per me.
Quando sar il mio turno, mi domando.
Me lo sono chiesto per tutto il tempo del mio sonno.
Che tempi quei tempi.
I tempi del primo sonno.
L'Acropolis il sabato pomeriggio, le prime feste di sera, i Duran
Duran, gli Wham, i Talk Talk.
Spesso uscivo la sera con Carlo, Costanza e i loro amici, molti dei
quali sono poi diventati miei amici, mi vestivo con una giacca blu sopra i
Jeans, la cravatta e un paio di Clarks.
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Molto fico ricordo, non io, ma il fatto di uscire la sera con ragazzi
pi grandi di me, eccitante. Purtroppo, mi dicono di aver lisciato per pochi anni Barry White, immensa lacuna nella mia adolescenza, ma mi sarei rifatto abbondantemente, qualche anno pi tardi.
Alla fine delle riprese, in quel meraviglioso set che era il mercedes
di mia madre, mi era chiara solo una cosa, tutti i problemi derivavano
dal fatto che lei non si curava della religione. E si, perch il dio delle
mamme che non hanno pi figli da crescere, perch anche il minore ,
senza rendersene conto, diventato un ragazzo di quasi diciotto anni, indipendente, ha anche una fidanzata con cui parla di pi che con sua madre, questo dio, il dio del golf appunto, golf come gioco non come
indumento, se trascurato, si incazza e, te ne manda di tutti i colori.
Penso si chiami depressione.
Con enorme sollievo di tutti, ma solo, sfortunatamente, tardi, mia
madre ha scoperto la religione, fino, era ora, ad adorare il dio del golf,
passando per il dio del tennis, quello del burraco, dello yoga, e, senza dimenticare il dio delle associazioni di beneficenza, si trovata anche ad
adorare quella grande fregatura che il dio delle mamme di ragazze meravigliose.
Per un periodo, quello della speranza, l'ho adorato anch'io questo
dio, fino a quando non ho capito che un dio, incapace di realizzare i sogni di uno fra suoi maggiori sostenitori, me, non un buon dio, e, per
fargli un dispetto, mi sono messo ad adorare, con frequenza disarmante,
il dio degli adolescenti, l'unico, maestoso, grande, magnanimo, onnipresente, comprensivo dio.
Il dio della sega.
Il dottore, ha un cartellino appeso sulla tasca del camice, ma non
riesco a leggerlo, quindi non sapr mai come si chiama, inizia a farmi domande, riempiendo dei fogli.
Anamnesi, unaltra volta.
Nome e cognome , cos lui, vediamo, si Claudio Goru, di et diciotto anni, esatto, cos mi chiede mentre nella stanza entrato un
altro medico, una donna, alta, abbastanza magra, mi sembra, per il resto
non potrei dire niente, i miei occhi fanno fatica a fermarsi su un qualsiasi particolare. Alla domanda del dottor non sapr mai come si chiama,
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annuisco con la testa, e continua, quando hai iniziato a sentirti male,


circa due giorni fa mi venuta un po' di nausea, cos io, ma niente di
pi. Mi girava un po' la testa, poi, da questa mattina, ho iniziato a vomitare, mi viene sempre da vomitare e ho gia rimesso quattro o cinque
volte, concludo.
La dottoressa che entrata da poco, dietro di me, inizia a
palparmi con le dita sotto il mento, appoggiando il palmo delle mani
sulle mie guance, devessere appena arrivata in motorino, penso, ha le
mani fredde, o almeno una delle mani, la sinistra, cos come con Vittorio, della sua mano destra riesco solo a percepire la pressione.
Ti ricordi di avere avuto altre volte giramenti di testa, cos il dottore, no, cos io gli rispondo.
Usi sostanze stupefacenti, continua il dottore.
No. Birichino.
La dottoressa, mentre il dottore mi fa altre domande, prende un siringone di metallo, lo riempie dacqua, mi appoggia un catino a forma di
fagiolo prima sulla spalla sinistra, per toglierti il cerume, cos la dottoressa con voce rassicurante, e mi spara tutto il siringone pieno dacqua
dentro l'orecchio. Ne esce una cosa atroce che, mi hanno spiegato, si
chiama tappo di cerume, l'acqua era gelata, poi passa a destra. La dottoressa riempie di nuovo il siringone dacqua, e, con la stessa delicatezza
usata per l'orecchio sinistro, mi fa il medesimo trattamento al destro,
questa volta non sento la temperatura dell'acqua, ma il risultato lo stesso, viene alla luce un'altro tappo di cerume.
Mettiti queste cuffie, Claudio, mi dice, porgendomele, il dottore, e
continua, adesso sentirai dei suoni e, vorrebbe continuare, ma, forse per
le siringate alle orecchie, vomito ancora, poca roba, quanto basta per
interrompere l'esame che mi stanno facendo. Il dottore scrive qualcosa
sopra un foglio, come va, te la senti di continuare, mi chiede mentre nel
frattempo entrata un'infermiera per pulire le mie esternazioni intestine, non mi sento bene, cos io, mi sono accorto adesso che non riesco a
sentire sulla guancia destra la temperatura, continuo, mentre la dottoressa mi toccava il viso, sentivo la sua mano fredda sulla guancia sinistra, a
destra non riuscivo a percepirla e, senza avvertire, la dottoressa mi da un
pizzicotto, prima sulla guancia destra, poi sulla guancia sinistra, senti
qualcosa di strano, mi chiede la dottoressa. In effetti qualcosa di strano
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l'ho sentita, sulla guancia destra, non ho sentito il pizzico, cos io, ma un
senso di fastidio, ora mi viene da grattarmi, quasi come le anestesie ai
denti, che ti viene da morderti il labbro.
Il dottore continua a prendere appunti sulle mie parole, poi mi dice, continuando a scrivere, adesso ritorna a letto, ti riposi un po, continuiamo pi tardi, cos mi licenzia, il dottore che non chiamer mai.
Carlo non ancora tornato, mentre mi accorgo che durante la visita
interrotta, hanno distribuito il pranzo.
Non ho fame.
Claudio Goru, sei tu, mi dice un infermiere porgendomi una pillola ed un bicchiere dacqua, e continua, ti chiami come il regista, mio padre, cos io tirando gi la testa dopo aver ingoiato la pillola, ci avrei
giurato che eravate parenti, non un cognome comune, conclude
linfermiere, di dove siete, non mi va di conversare, mi distendo sul letto,
non mi levo le scarpe, e rimango in silenzio, penso, se non gli rispondo
prima o poi se ne andr, se non lo fa gli vomito sui piedi, cosa molto
probabile.
Nulla di personale.
Carlo, finalmente Carlo, poi, mamma, e, riesco ad intravedere in
coda, ma si lei, Costanza. Mamma, senza un filo di trucco, piange,
penso che le faccia bene la mia malattia, almeno per oggi ha un qualche
motivo per distrarsi, e sapr col tempo, che avr di che distrarsi per diversi mesi. Pap ti manda un bacio enorme, quando te la senti lo chiamiamo in albergo, cos mia madre, oggi a Berlino, ha trovato un posto
in aereo solo per domani mattina, se ci sar domani, dico scherzando, a
me piace scherzare, ma mia madre alle mie parole apre le chiuse del canale lacrimale e, in un crescendo di pianto, desta dal sonno il dio della
commozione insieme al vecchio del rantolo ed al setto nasale rotto o di
plastica, non so, provocando il disappunto dei presenti che, rumoreggiando, palesano il loro dissenso per un cos brutto risveglio
dall'intorpidimento del dopo pranzo. Mia madre, com nel suo carattere, non si nemmeno accorta di aver disturbato qualcuno.
Tuo padre ha detto, cos lei tra un singulto ed un altro, che ha telefonato ad un suo carissimo amico, primario di ortopedia alla Quisisana,
domani mattina quando sar tornato, ti far trasferire in clinica, io domani sar a scuola, mamma, cos le rispondo, con un filo di voce, non ho
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forza, ma nel frattempo, forse alla vista dei piatti vuoti dei miei vicini e
dirimpettai, mi venuto un certo appetito.
Sono sempre stato cos, con febbre, mal di stomaco, o qualsiasi
altro tipo di malattia, non mi mai mancato l'appetito, ed ancora cos.
Forse perch il mio nome, in un'altra lingua, significa bambino dai grandi
occhi figlio del dio lasagna.
Domani torner a scuola, ripenso, oggi i mie compagni crederanno che ho fatto sega, magari sono a piazza di Spagna o a villa Ada,
eppure oggi non avevo interrogazioni, anzi, mi dovevano consegnare le
prevendite per la festa di gioved prossimo al Piper, devo in qualche modo avvertire Marzio.
Marzio il mio socio in affari, noi due insieme vendiamo pi prevendite degli altri organizzatori.
Carlo, puoi avvertire Marzio che sono qui, lascia perdere Marzio e
infilati il pigiama, mi risponde Carlo. Costanza dov andata, chiedo,
andata a cercare un dottore per parlargli, sempre Carlo che mi risponde, mamma non riesce a proferire verbo, troppo occupata a
singultare. seduta sul lato sinistro della sedia riservata al mio letto, ha
il gomito sinistro appoggiato sullo schienale della sedia, struttura questa
sapientemente adoperata per sostenere la testa, mentre con la mano destra, quindi libera, tiene un fazzoletto che, di tanto in tanto, si porta in
un non meglio specificato luogo della regione occhio-naso-bocca.
Ho un tempismo eccezionale, mi sono appena cambiato, mi
hanno finalmente portato qualcosa da mangiare, e, cosa succede, mi viene da vomitare, il dubbio a questo punto sostenibile, prima vomito e
poi mangio, oppure prima mangio e, forse, poi vomito.
Decido di mangiare.
Se hai appetito buon segno, cos Carlo.
Non hai capito un cazzo, lo penso ma non gli dico, rosicchiando
la mia fetta biscottata.
E continua, forse una semplice influenza intestinale. Se l'hanno
ricoverato forse perch sono preoccupati per le vertigini, cos mia madre, me l'hai detto tu, Carlo, che ha le vertigini.
tornata Costanza.
Domani mattina gli fanno una TAC, poi lo spostano di reparto,
cos Costanza. In quale reparto lo portano, chiede Carlo.
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Neurologia.
A Neurologia ci sono i matti, penso, non voglio andare con i
matti, e, mentre continuo a pensare, mia madre ricomincia a piangere.
finita l'ora delle visite, dovete uscire, dice un'infermiera sulla
porta.
Cos, carico di succo di frutta, baci di mamma e una copia di
Gente, sono pronto ad affrontare la mia prima notte in ospedale, l'ultima in questo reparto, guardando, in ordine, Carlo, Costanza e mamma
mentre si allontanano.
Mio padre a Berlino, sta girando un film in Germania, cos adesso ricordo e ricordo anche altre cose.

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Liste alfabetiche. In questo modo le ha chiamate Tony, un ragazzo


che faceva servizio d'ordine non mi ricordo in quale locale, credo che si
riferisse alle liste degli invitati, scritte in ordine alfabetico. Tony, come la
maggior parte dei buttafuori, un ragazzo basso, calvo, collo taurino, bicipiti possenti e, liste alfabetiche.
Non me ne voglia.
Ho appena terminato la mia di lista alfabetica, scritta al computer,
aggiungendo a penna i nomi di chi mi ha telefonato all'ultimo. Adesso
posso uscire, come tutti i venerd sera, buttarmi nel traffico delle ventidue sul lungotevere e raggiungere il locale, amici, sconosciuti che ti chiamano alla porta tentando di non fare la fila, baci e abbracci, hai qualche
consumazione, mi fai passare quella ragazza per favore, quella, quella
laggi, ti avanzata qualche consumazione omaggio, guarda che tette ha
quella, sudore, divertimento, baldoria, conoscenze, forse stasera si scopa
e, cos via, fino alle cinque, quando la musica finisce e ci si spartisce i
soldi. Gli stessi soldi che verranno spesi durante il fine settimana
portando a cena una ragazza, o meglio partendo con la ragazza.
Ognuno li spende come meglio crede.
Tutto questo, penso, mentre sto ascoltando, molti anni dopo, le variazioni Goldberg suonate da Gould.
Che sofferenza.
Ciao Mimmo, come stai, cos io a Mimmo, un ragazzo di colore
che si occupa delle liste. Mimmo, nome italiano di un ragazzo venuto
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dal Senegal, anzi, fuggito dal Senegal e, in tutti gli anni che vivr fino ad
oggi, ancora non mi capitato di incontrare una persona che regali la
stessa allegria di Mimmo. sposato con una ragazza italiana, ed ha la
stessa serenit di colui che ha figli e, li ama.
Tu fratello, tutto bene?
Si Mimmo, tutto bene, si visto qualcuno o siamo solo noi. arrivato Giancarlo, cos Mimmo mentre mi accompagna dentro il locale,
andiamoci a bere qualcosa. Se iniziamo a bere adesso, come arriviamo ai
conti, oppure tu sei pagato da Aldo, ci fate bere come spugne da
quando arriviamo, cos Aldo fa carta vince carta perde, noi non ci capiamo pi niente e ci frega sui soldi. Mimmo ride, forse vero, ma bello
vederlo ridere, i suoi denti sono come stelle nella notte di San Lorenzo,
e si, anche perch qualcuno gli caduto.
Giancarlo gia dentro con in mano un bicchiere di vodka-tonic,
lui cos, inizia presto a bere, si interrompe per ballare, cos riesce a sudare tutto l'alcool che si trangugiato in attesa dell'inizio della festa, poi,
intorno alle quattro, lo si rivede muovere gli ultimi passi di danza, con in
mano un nuovo bicchiere di vodka-tonic, rigorosamente Absolut vodka,
perch l'unica vodka a non lasciarti un alito cattivo.
Siamo dei teorici, nessuno ci tocchi.
Come la vedi questa sera, cos io a Giancarlo, bene, ho circa duecentocinquanta persone in lista e, continua, ho sentito Luca, anche a lui
l'ha chiamato tanta gente.
In effetti, in almeno una decina di anni di onesta attivit nel settore, abbiamo bucato cos si dice quando una festa va male soltanto
un paio di volte, in questo modo sono riuscito a pagarmi l'universit, le
poche vacanze che mi sono fatto, quando mi restavano soldi dopo aver
pagato gli studi, e, nemmeno molto frequenti, vezzi del tipo cena e cinema con qualche amica.
La serata iniziata bene, quasi tutti quelli che mi hanno chiamato
sono venuti, e cos per i miei colleghi.
Quello che si dice un successo.
Il tempo scorre, la musica lo misura, la gente lo sa, sembra non volerlo perdere e, inizia a ballare da subito, questo per chi vuole ballare, chi
vuole rimorchiare inizia a farlo, da subito, chi vuole bere inizia a farlo, da
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subito.
Chi vuole fuggire sta l, le feste servono a questo, ci si arriva dopo
avere chiuso la porta di casa, lasciandosi dietro tutto quello che accade
dentro, per alcuni cose belle, per altri cose brutte, per altri ancora cose
drammatiche.
Le feste servono a questo, si sta insieme, stretti e sudati, al buio, la
musica copre qualsiasi rumore che la nostra anima produce, anche i pi
molesti, l'alcool infine li annichilisce. L dentro siamo tutti uguali, tutti
sorridenti, il segreto del nostro successo, il successo nellessere un ragazzo.
Benedetto buio, dio del corteggiamento, tu, che riesci a non farci
vedere in faccia.
Benedetta musica, dea delle movenze, tu, che fai i miracoli. La musica fa muovere, alcuni bene, altri male, guarda chi si muove bene,
guardati da chi si muove male. Di quest'ultimo gruppo fa parte chi, passandoti vicino, ti regala, in un gesto di estremo altruismo, gomitate in
quantit industriale, cos stato.
Benedetta musica, dea delle movenze, anche di quelle scoordinate,
tu che di miracoli te ne intendi, sicuramente grazie a te che, ricevendo
una gomitata in mezzo al costato da parte di un fighettino occhialuto,
mi hai fatto voltare e, voltandomi, ho visto un viso, purtroppo accanto
al fighettino occhialuto al quale stavo per versare il bicchiere di Absolut
che avevo in mano, un volto che sicuramente gi appartenuto al mio
mondo onirico, lo stesso mondo dove trovano casa la fata turchina e i
mostri che da piccolo non ti fanno dormire. Con una piccola differenza,
questa volta ho la netta sensazione che questo volto, un giorno indefinibile, abbia fatto una scappatella fuori dai sogni, senza avvertire nessuno.
Sinceramente, adesso che lo guardo meglio, mi viene in mente che, tanto
tempo fa, ho pensato di averlo perduto e, adesso, qualcuno l'ha trovato
al posto mio.
O sono ancora in tempo.
Maledetto buio, dio del corteggiamento, tu, che riesci a non farci
vedere in faccia.
Almeno cos pensavo.
Il bar pi illuminato, Andrea, il barman-pittore, mi sta preparando un Margarita, il DJ suona gli Incognito, quasi tutto perfetto,
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ancora non lo so, ma fra qualche minuto diventer tutto drammaticamente perfetto.
Mi puoi dare un bicchiere di acqua tonica, cos una ragazza appena arrivata al bancone.
Finalmente ho capito, grazie bar, dio della luce, adesso il suo volto
tornato nel mio mondo onirico, con una puntatina nel luogo dove
ancora si mescola la realt con la finzione, ma sento di essere vicino alla
verit.
Mi ci avvicino ogni istante che passa, sempre di pi, con la
certezza che anche lei ha capito di appartenere ad una mia vita talmente
lontana, da sembrare sogno, almeno in questo locale.
Adesso anche lei si volta verso di me, io ti ho gia visto, forse, dico
io e continuo, magari qua dentro. Impossibile, la prima volta che ci
vengo, cos lei, mentre io cerco di trovare nel cassetto delle possibilit,
cose da dire, che mi permettano di prendere tempo.
Devo capire, sento che sono vicino, ma mi manca ancora qualcosa, non so cosa, questo drammatico.
Per fortuna lei pi ostinata di me, conosci per caso, e mi dice un
nome e cognome a me sconosciuti, no mi dispiace, ho paura di dire a
questo punto una cosa cretina che la faccia scappare via e tornate dal fighettino occhialuto.
Bar, dio della luce, fino a quando non ci si mettono le luci stroboscopiche a non far vedere pi niente, sembra di muoversi allinterno di
fotogrammi, adesso il suo volto lo vedo un po' di qua, un po' di la, mi gira intorno.
Benedetta stroboscopica, dea dei ricordi.
Illuminazione.
L'illuminazione ha le note di Jamiroquai.
Non sono amico di nessuno che conosci, cos le dico, o almeno
non ci siamo conosciuti per tramite di qualcuno. Probabilmente non ti ricordi di me.
Eppure la tua faccia la ricordo, cos lei interrompendomi, ma non
riesco a capire dove e quando.
Si parla di diversi anni fa, tu eri seduta nel corridoio del Pronto
Soccorso dell'Umberto I, io sono quel ragazzo che si era seduto accanto
a te e che dopo un po' hanno portato via, cos io, adesso ti ricordi
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qualcosa di pi, e continuo, mi pare anche di aver scambiato qualche


parola, o cos mi ricordo che mi sarebbe piaciuto fare.
Ma certo, eri ridotto un cencio, ma cosa ti era successo
puntointerrogativo
lunga da raccontare, se non hai impegni fino al mattino posso
iniziare.
Meglio di no, domani devo studiare e il sonno mi sembra un
discreto impegno. Adesso scusami torno dai miei amici, ci vediamo.
Non penso che abbia sentito il mio ciao, ma mi ricordo esattamente, come se fosse accaduto mezz'ora fa, quello che sentivo quando
ero seduto vicino a lei, facevo schifo, la mia paura di dare unimpressione brutta di me, oggi l'ho capito, non era campata in aria.
Fuori il locale c' un giardino dove si pu bere con calma e
chiacchierare senza il rumore assordante della musica. A met serata il
giardino pieno di danzatori stanchi, io sono tra loro, il fighettino
occhialuto fa parte dellesercito dei ballerini in ricarica. Non vedo lei.
Lei, di cui non conosco il nome, non potr mai sapere con quale
lista entrata, forse anche entrata con la mia, forse il fighettino occhialuto il fratello o peggio il fidanzato, ma se qualcuno lo conoscesse, potrei arrivare a conoscere il suo nome e, di conseguenza, anche il nome
della mia collega dinfortuni.
Maledette liste alfabetiche, quando servite non ci siete mai.
Cos fino ai conti.

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VI

Il viaggio tra il reparto di Otorino e la neuro stato abbastanza


breve, durato solo un lobotomizzato che, seduto di fronte a me, veniva
trasferito a Psichiatria.
Il reparto di Psichiatria al primo piano della Clinica per Malattie
Nervose e Mentali e, nello stesso edificio, al seminterrato, si trova Neurologia.
Lessere parzialmente sottoterra, per chi, come me, vede sempre il
bicchiere mezzo pieno, stata l'unica cosa piacevole della notizia sul
mio trasferimento, penso. Non ci mischiamo con gli altri. Siamo
ghettizzati, ma, con dignit. L'Elite tutta qua, al seminterrato della Clinica per Malattie Nervose e Mentali.
In effetti, come scoprir tra qualche giorno, tutto diverso
rispetto agli altri reparti, gli orari, i medici, gli infermieri, i portantini, e
mi gira ancora di pi la testa.
Troppo diverso da quello che mi aspettavo, a volte in modo eccessivamente peggiore, cos credo, ma una diversit che ho trovato, appena
l'ho capita, tra le cose pi coinvolgenti di questa vita.
Il reparto di Neurologia ha due ingressi, uno principale,
scendendo le scale dall'ingresso centrale della Clinica per Malattie
Nervose e Mentali, uno secondario, da dove entra chi, come me, stato
carontato qua, da chiss quale sperduto posto della galassia sanit. Io sono entrato dalla porta secondaria, dopo avere consegnato il mio compagno di viaggio all'ingresso principale, quello bello appunto, di
rappresentanza, su strada.
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Alla destra del corridoio d'accesso - dall'ingresso principale sarebbe a sinistra - ci sono le camere femminili, l'et media alta. A met
del primo corridoio, sulla sinistra, parte un altro corridoio dove, sempre
sulla sinistra, si apre l'unica stanza maschile, con sei letti, in batterie da
tre, destino. In fondo al secondo corridoio, c' una porta, dietro quella
porta c' Neurochirurgia. Dicono che i vicini sono simpatici, il rapporto
con loro non male.
Buon vicinato.
Eccoci siamo arrivati e la mia felicit di trovarmi in quel luogo,
non tarda a farsi apprezzare. Vomito un'altra volta, e un'altra volta ancora, mi gia capitato prima e dopo la TAC. Sono da solo, la famiglia ancora non mi ha raggiunto, pap forse in aereo, chiss che tempo c' a
Berlino, qua piove, anche oggi come ieri, ma dentro ormai burrasca,
temporale, uragano. Sono solo le nove del mattino e ho gia dato il meglio di me, escluso la colazione, tre volte.
Al reparto mi prende in consegna la caposala, ha chiamato tua madre, cos lei, chiedeva se eri arrivato. Indoviniamo cosa ha risposto,
penso.
Le ho detto che saresti arrivato a momenti, cos continua, lei viene
subito, e conclude.
Subito, se trova qualcuno che la passa a prendere, che dici Claudio, dico che mia madre guida raramente e mai per tragitti pi lunghi di
casa e fioraio sotto casa. Non ti preoccupare, e chi si preoccupa, penso,
mi ha detto che veniva con tua sorella.
Non vedo l'ora, penso sarcastico, non per Costanza, mia sorella, la
sola che vorrei accanto adesso, ma mia madre no, adesso che ho metabolizzato l'evento, mia madre proprio no, lei riuscirebbe a rendere pesante
un battesimo, un matrimonio, un compleanno, qualsiasi festa in genere,
figuriamoci qua dentro, dove ricoverato in mezzo a matti e affini c' il
suo ultimogenito, amato, caro, quanto indesiderato ultimogenito.
Indesiderato, e continuo, tra diversi anni, non ricordo esattamente
in quale occasione, mia madre mi confider che sono venuto per sbaglio,
non ero stato programmato, insomma, stato un incidente. Non ricordo esattamente quando sar illuminato da questa rivelazione, ma ricordo esattamente che sar in conferenza stampa, mia madre usa fare
cos, anche le pi piccole stronzate le espone come se stesse in confe38

renza stampa, da sempre, da quando me la ricordo, e cos sar ancora,


forse nostalgia per le conferenze dei suoi film quando recitava, anzi,
ne sono sicuro, cos penso, lei ne sente la mancanza, ogni occasione
buona per farcelo capire, dedicarsi a tre figli, crescerli senza mio padre,
lui era sempre in giro, stato un sacrificio, sacrificio stato rinunciare al
cinema, a recitare, alla popolarit, alla bellezza che giorno dopo giorno
sfiorisce e, tutto questo per cosa, crescere tre marmocchi, frignanti, esigenti marmocchi. A volte penso che non ha mai smesso di recitare,
anche con noi, in famiglia, lei recita, cos f quando viene a trovarmi in
ospedale, piange, il viso emaciato, i suoi gesti sono studiati, come le
parole che dice, studiate, da copione, quando parla con i medici poi,
eccezionale, alcuni tra questi, i pi grandi, la riconoscono e diventa magnifica, poco importa se suo figlio, il suo figlio pi piccolo, stato da poco trasferito a Neurologia, lei ritrova il suo pubblico, anche se per pochi
minuti, bastano aridi complimenti e si ritrova in passerella e, la vita per
lei una passerella, saluta pubblico, si concede ai fotografi, poi ancora
saluti, autografi, e foto e saluti, per scomparire, cos penso, inghiottita in
sala.
Sono cattivo, forse un po', ma se lo merita, per il semplice motivo
che non sono mai riuscito a capire quanto una semplice carezza da parte
sua fosse sentita o, al contrario, parte del ruolo di mamma, ed per questo che ho sempre preferito le carezze e, gli abbracci di Costanza, adesso che sono cresciuto, continuo a pensare, ne sento la mancanza, qua
dentro pi che mai, voglio sentire il palmo della sua mano calda sulla
mia guancia, sulla guancia dove sento e vorrei che rimanesse, la mano,
ferma, vorrei poi sentire le sue labbra, umide, posarsi sulla mia fronte,
per un gesto tanto semplice quanto irrituale se fatto ad un ragazzo della
mia et, un bacio, tanti baci, un gesto semplice appunto, destinato,
purtroppo nella maggior parte dei casi, solo ad un pubblico meno
adulto e, penso, per certe cose non dovrebbero esserci limiti di et, la sacralit delle carezze e dei baci svanisce, come per magia, con la
comparsa del primo brufolo, poi pi niente, anche piangere dovrebbe diventare una pratica diffusa tra gli adulti ed io, adesso che adulto ancora
non sono, vorrei piangere, per poi essere accarezzato, consolato, mitigherebbe i singulti, e, baciato.
Costanza sbrigati punto
39

VII

Ultima festa, fatta.


I soldi ci sono, o quasi, si pu partire per la vacanza che mi regaler, cos sapr anche negli gli anni che seguiranno, la notte pi bella della
mia vita.
All'inizio eravamo in due a partire, io e Marzio, poi si sa come
vanno queste cose, durante le feste estive che organizziamo a Fregene, ci
si interroga sullagognata mta estiva del resto del mondo, voi dove
andate, pensiamo di andare a Vulcano per poi fare un giro per le Eolie,
questo rispondevo alla consueta interrogazione pre-estiva, perch quella
post-estiva , voi dove siete stati. La prima domanda imperversa nei mesi di giugno e luglio, con una variante sul tema del tipo, hai pensato a dove andare questa estate, mentre la seconda la regina di settembre, con
code ad ottobre e novembre per chi non si riusciti ad incontrare appena tornati.
In effetti in questo periodo io e Marzio siamo una compagna
ambita, simpatici, caciaroni, insomma con noi ci si diverte e alla fine siamo diventati una ventina, tra cui un paio di coppie, un apprendista
cantautore, uno yuppies e, Cinghiale, vero nome Andrea, grande suonatore di contrabbasso, con cui condivido la passione per De Gregari e per il
jazz. Tutte le volte che Cinghiale suona in un club, quando mi vede
entrare accenna a Straight, No Chaser di Thelonious Monk, il nostro
pezzo.
Della vacanza che stiamo per fare a Vulcano, Marzio ne parler
sempre come della vacanza in barca alle Eolie, forse anche per questo
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che, dopo qualche anno da questa estate, non lo frequenter pi, cos
penso, in realt di barche non ce ne sono, tranne il traghetto che da Napoli ci porta direttamente a Vulcano, in un viaggio che durer una notte
intera, ma di traghetto si tratta, niente vele, alberi, crocette, winch, ponte
in teak, timone, silenzio, onde rotte dalla prua della barca, di traghetto si
tratta, puzza di nafta, sudore, folla, poltrone sporche, ponte sporco, bagni sporchi, stiva piena di automobili dove non si riesce a passare in
mezzo, cornetti o tramezzini in polivinilcloruro, pioggia di umidit, ossa
rotte, notte insonne, ma sti cazzi, sono in vacanza e c' Cinghiale con la
chitarra punto
Il traghetto, o bi-albero di Marzio, ha appena lasciato Napoli, sono le sei del pomeriggio, il sole sembra ancora alto. Le prime ore le passo andando in giro per la nave, come fanno gli animali quando vengono
portati in un posto nuovo, studio il territorio, sui ponti un viavai di comitive di ragazzi che perderemo nei vari porti che questa nave toccher
prima di Vulcano, l'atmosfera piacevole, il vento, la confusione della
giovent, perfino il rumore del motore con lodore nauseabondo dei
suoi scarichi sembrano piacevoli e, continuo a girare, pensando, le immagini che ci rimangono per pi tempo nella memoria sono legate alle vacanze, in qualsiasi et della nostra esistenza, poi ci ricorderemo del
giorno del matrimonio, vacanza, della nascita del primo figlio, in realt
vacanza anche quella, insomma, ci che rimane sono solamente i momenti legati alle vacanze o alla spensieratezza in genere, tutto il resto,
l'ordinario, rimosso, cancellato, estorto violentemente alle cellule della
memoria, penso e, per questo motivo, mi sforzo di assaporare ogni
istante, ogni piccolissimo particolare, tutto, a partire da questa nave
puzzolente e carica di astanti del tempo libero, gente svuotata da undici
mesi di ordinariet, nessuno escluso, anche le famiglie, bambini frignanti, padri arrapati da ventenni in calzoncini, sfigati che non trombano nemmeno a pagare, con la speranza che questa sia la volta buona,
non dico una trombata intera, completa, ma cazzo, almeno un bacio
pace, andr meglio il prossimo anno, e cos via, mentre continuo a
pensare, l'ordinario mascherato, questo il nemico e, non ce ne rendiamo conto, abbiamo paura della routine ma non la fuggiamo, ci aggrappiamo a pseudo-vacanze, della durata di pochi minuti o di qualche ora,
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reality, trasmissioni demenziali, ricchi premi e cotionnes, gratta e vinci, locali, lotterie miliardarie, donne patinate, siliconi vari, alcool, droghe,
macchine ruggenti, cellulari riflettenti, orologi accecanti e, penso, ci sono cascato anch'io, basta il mare fino all'orizzonte, la brezza, il tramonto
e divento un filosofo, riflettendo sul senso della vita, mi guardo intorno
e mi accorgo di essere in buona compagnia, intorno a me facce disperse
nei meandri dellesistenzialismo.
Mare, brezza e tramonto, prendendoli separatamente il danno
piccolo, con il mare si pensa al senso delluomo nell'universo, ci si sente
insignificanti, la brezza in un luogo aperto porta con se particelle che
interagiscono con i nostri neuroni, creando un senso vago di insoddisfazione e di desiderio, il tramonto un amplificatore di quanto di peggio
c' nellamore, in tutte le sue rappresentazioni e accadimenti. Combinati
insieme, mare, brezza e tramonto, sono esplosivi, creando danni che, a
volte non si riescono a recuperare nemmeno alla fine della vacanza, ma
ci sono, in vacanza e voglio godere di questa nave con il suo bagaglio di
puzza e umidit, umidit che appiccica la carne ai pensieri, creando una
poltiglia che tra qualche anno chiamer catarsi, voglio goderne, perch
io di vacanze ne ho fatte poche, voglio goderne, penso e, sento, non
perch non me le potessi permettere, o meglio, la mia famiglia me le
pu permettere, ma per il mio maledetto viziaccio dell'indipendenza, e
continuo, di solito la prima vacanza senza i genitori quella del diploma,
di solito la prima vacanza senza genitori, quella del diploma appunto,
in Grecia, cos i miei amici, quella l'ho saltata, a pi pari perch ero stato
molto male linverno, l'anno dopo, quella del primo anno all'universit,
avrei potuto rifarmi se non avessi litigato con mio padre, il regista di
culto, al quale non ho pi chiesto un soldo, nemmeno per pagarmi l'universit.
Determinato.
Qualcuno mi chiama stronzo e, forse gli credo punto
quasi ora di cena, non so se proprio ora di cena, per il mio stomaco ora di cena.
ora di cena.
Per non farmi irretire dal polivinilcibo che staziona nei due o tre
bar della nave da un paio di settimane, cos penso, mi sono munito di pa43

nini da casa, adesso il sole basso, tramonto inoltrato, si sente lumidit


che aumenta portata dal vento, ma piacevole, anche i panini preparati
questa mattina sembrano pi buoni.
Dopo l'abbondante pasto, insieme a Cinghiale ci appartiamo in un
angolo del ponte pi alto della nave, seduti a terra, buio, lui ha la chitarra, io leggo e la serata in barca verso le Eolie inizia bene.
Cinghiale parte a strimpellare, farfugliando canzoni che, insieme al
rumore di questa nave, mi cullano e mi concentrano.
Suona bene Cinghiale che, a dispetto del soprannome, una persona deliziosa, lo frega il fisico, di qualche chilo sopra il limite che si potrebbe permettere, ma in scala con il contrabbasso, il suo strumento, per
il resto eccezionale, il classico tipo che ti mette serenit, parla a basso
volume e lentamente, un grande ascoltatore lui, tra i migliori, forse la
sua dote pi grande, penso e, io lo sono diventato grazie a lui.
Cinghiale dice che ascoltare, nella vita, fondamentale, cos dice e
cos continua il suo pensiero, la verit formata da infinite e minuscole
particelle, sparse per il mondo e tra la gente, pi particelle riesci a mettere insieme nella vita, pi ti avvicini alla verit, e continua, se ascolti chi ti
sta vicino e, stai attento, in un colpo solo riesci a fare tue le particelle di
verit che, chi ti parla, a sua volta riuscito a riconoscere e recuperare,
mettendole insieme fino a quel momento e, conclude, per questo
importante ascoltare, con attenzione.
Mi raccomando, con attenzione.
Con l'esperienza, potr constatare che il contrabbassista filosofo
ha ragione, anche se, a volte, i vecchi usano un detto, quando raggiungi
la verit o l'esperienza, non ricordo questa non ti serve pi, e questo
non sono riuscito ancora a riscontrarlo. Per tutte queste qualit, Cinghiale, attira a se un numero rilevante di persone, ragazze soprattutto che,
per sua sfortuna, nella maggior parte dei casi, si fermano allamicizia
senza andare oltre.
Anche questa sera, ormai quasi notte, intorno a lui, a noi, si
formata una discreta comitiva, di sconosciuti e non solo, arrivato
anche Marzio, si inizia a cantare, io smetto di leggere e, canto, fino a
notte inoltrata, mentre il sonno, vedendoci cos presi dalle nostre cose, il
buio, il mare percepito, la brezza notturna, la poesia di quest'ora, rinuncia a impadronirsi di noi e dei nostri sogni, permettendoci cos di far
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diventare sogno, per i ricordi che verranno, questo momento. Tre ragazze di Napoli si sono unite a noi, non ricordo quando esattamente ma
adesso cantiamo insieme, una di loro ha una voce meravigliosa, canta
piano, come se non volesse disturbare ci che sentiamo e canta, il mare
il suo elemento, si capisce, come fosse una sirena, Cinghiale inizia ad
arpeggiare, riconosco le prime note, qualsiasi rumore zittisce, come se il
frastuono del mondo e di questa nave, avesse coscienza della magia che
si sta per compiere e la rispettasse, Cinghiale continua ad arpeggiare, il silenzio si impadronito delle nostre corde vocali, Cinghiale suona come
non ha mai suonato, Pino Daniele, Napule , la ragazza inizia a cantare, piano, piano ma la sentir per tanti anni ancora, piano, annichilendo
tutto il brutto di questa vita .....
Napule mille culure
Napule mille paure,
.
Il resto della vacanza sar poca cosa, umiliata dal sapore di questa
notte, di questa voce, un sapore che per molto tempo mi rimarr nella
bocca, nelle orecchie, negli occhi e sulla pelle, penetrandola, fino ad arrivare ai polmoni, fegato, pancia, intestino, testa e, cuore, invadendo infine tutti gli angoli, anche i pi remoti, dell'anima, dove rimarr, in un
coacervo di sogni e lacrime punto

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VIII

La liturgia mattutina delle pulizie si appena conclusa. Di solito,


durante questo avvenimento, me ne rimango seduto sulla sedia a rotelle
in corridoio, aspettando con pazienza che il rito si compia e che mi
venga rifatto il letto. Mi accorgo che tutto finito quando, accanto a me,
passano in processione gli inservienti armati di secchi, detersivi e spazzoloni e, subito dopo, inizia il giro delle visite. Oggi c' qualcosa di diverso,
il capo reparto, insieme a Domenico, tra i migliori specializzandi di Neurologia, seguono il corteo dei pulitori che, passando davanti a me, si dirige verso il reparto femminile. Il capo reparto col suo giovane quasi
collega, fanno tappa bloccando il mio mezzo di locomozione a braccia.
Ciao, mi dicono saltellandomi di fronte come fossero impossessati
da chiss quale dio dei camici, ma non lo fanno, sono solo i miei occhi
che, muovendosi allimpazzata, fanno danzare tutto quello che mi
circonda.
Ciao, rispondo.
Dobbiamo dirti una cosa, cos il duo con lo stetoscopio. A questo
punto la mia faccia deve somigliare a una di quelle che ti chiede di chiudere al pi presto un discorso, dove la fine non sar sicuramente niente
di buono, infatti continuano cos, necessario farti un esame, uno di
quelli un po' fastidiosi, questo dice Domenico prima di lasciare il testimone del discorso al suo capo, si, un po' doloroso ma, come dicevo,
necessario.
Di quale, tra gli esami un po' dolorosi, si tratta.
Puntura lombare, dobbiamo farti una puntura lombare.
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Avevo sentito parlare di questo esame durante i primi giorni del


mio ricovero, alcuni pazienti di Neurologia lavevano fatto e, nessuno ne
parlava bene.
Di cosa si tratta esattamente, chiedo.
Il dottore mi risponde sovrapponendosi allultima parola della mia
domanda, come se avesse fretta di continuare, o come se si aspettasse la
mia domanda, si tratta di una puntura sulla colonna vertebrale, per
estrarre il liquido che si trova allinterno, e continua, analizzandolo si potrebbe capire cos'hai.
Mentre la coppia di arcangeli parla, il giro delle visite iniziato,
partendo dalla camera dove si trova il mio letto.
Che fanno, iniziano senza di me?
Facci sapere quando vuoi farlo, cos Mimmo.
Quando andrebbe fatto?
Prima possibile, te l'ho detto.
Facciamolo adesso, cos io.
Adesso, chiede il dottore come se avesse capito tra un mese.
Adesso, si.
In un attimo il giro delle visite si interrotto, spostandosi al reparto femminile. Gli infermieri sono stati messi all'erta e la voce di una
puntura lombare al ragazzo di diciotto anni s' impadronita dei corridoi,
come qualcosa narrato nelle Sacre Scritture.
Il letto accanto al mio ospita un vecchio paralitico di novantanni,
non so esattamente di cosa soffra, non l'ho mai sentito parlare, emette
solo versi, so soltanto che la notte non ci fa dormire, inizia a strillare come un indemoniato quando sono circa le tre, la smette unora dopo, ma
ormai il sonno andato.
Il nervoso novantenne non parla, emette versi, ma ho capito che
sa scrivere. Appena rientro in camera vedo, appoggiato sul cuscino del
mio letto appena rifatto, un biglietto.
Fatti coraggio, ti far un po male, ma per il tuo bene. Stai tranquillo, Dio
ti benedica
La calligrafia incerta, mi guardo intorno ma vedo solo il para48

litico che mi osserva, mentre con suoni gutturali mi indica il biglietto


che tengo tra le dita. I suoi occhi adesso li guardo, sono azzurri e piccoli,
sono profondi e sereni.
Mi sento tranquillo, adesso sono pronto.
arrivata la squadra al completo, medici infermieri, carnefici e tabaccai, postini e prostitute, prime avvisaglie di un delirio che durer per
qualche ora.
Non potrai alzarti subito, potrebbe venirti mal di testa, cos la
dottoressa e, partiamo.
Sono rannicchiato in posizione fetale, disteso su un lato, la Caposala mi tiene fermo stringendomi la testa sulle ginocchia.
Diamo inizio alle danze.
Non mi sono alzato dal letto per un po' di tempo, mi sarebbe potuto venire un forte mal di testa.
La notte, lanziano strillone dorme sonni tranquilli e gli altri con
lui.

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IX

ormai tradizione incontrarsi la domenica pomeriggio al Parnaso. Incontrarsi l non aggiunge niente di particolare rispetto a quanto
accaduto la sera prima, o le domeniche precedenti, o le sere prima delle
domeniche precedenti, ma si usa cos, e pi non domandare. Sperare
che accada qualcosa di nuovo sarebbe troppo, anche per i pi ottimisti,
le persone sono sempre le stesse, i loro vestiti non sono da meno, il luogo sempre lo stesso, gli argomenti di conversazione anche.
Noi, gli organizzatori di feste, si va l, oltre a fare pubbliche relazioni per le prossime feste, anche per sentire i commenti sull'evento
della sera prima o del venerd.
Oggi sembra diverso, cos sento, e fra qualche minuto avr la
certezza della bont del mio sentire, l'atmosfera diversa, ma solo per
me. Tra tutti noto subito il fighettino con gli occhiali che stava con la ragazza dell'ospedale la sera che l'ho incontrata nel locale, non dovrebbe
essere difficile sapere duepunti se un suo amico, oppure se , malauguratamente, il suo ragazzo. Devo soltanto vedere con chi parla, capire se
conosco le persone con cui il fighettino con gli occhiali parla, se le conosco, le informazioni che mi servono non dovrebbero essere di difficile
reperimento, se non le dovessi conoscere, dovrei osservare con chi queste persone, a loro volta parlano, e cos a cascata, fino a quando, con un
po' di fortuna, arrivare allanelata verit, con la speranza che nel
frattempo non sia diventato troppo vecchio. Un lavoro certosino, da fare con pazienza.
Sono gia stanco, solo a pensarci, penso.
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La mia indagine al momento non ha portato niente di positivo,


strano, ma non conosco nessuno in quel giro, eppure erano venuti ad
una mia festa. Potrei chiedere a qualche amico, ma mi esporrei troppo,
non si fa.
Il Parnaso si riempito e, mi sento a disagio, sono in confusione,
parlo con gli amici senza guardarli in faccia, giro la testa nervosamente,
gli occhi la seguono in modo disordinato, mi chiedono di andare al cinema e poi a mangiare una pizza, o viceversa non so, anche questa una
consuetudine della domenica sera, pizza e cinema.
Riesco comunque a proferire qualche verbo sulla serata di ieri, dovrebbe essere piaciuta, da quello che capisco in questo momento.
Ciao Claudio, cos una voce alle mie spalle, ed Letizia.
Ne sono innamorato da sempre, di Letizia appunto, dal primo
giorno in cui lho incontrata alluniversit, lei non lo sa, o forse lo sa,
penso e, forse anche lei da sempre innamorata di me.
Presunzione.
Serve anche quella nella vita, a piccole dosi.
Cosa fai qui, non sei tipo da questi posti, cos io e concludo, stai
preparando l'esame di storia e vieni a perdere tempo in questi luoghi
dell'assenza. Li chiamo cos, luoghi dell'assenza e, se c qualcosa, viene,
da ognuno, sapientemente celato. Venivano qui alcuni amici e ho deciso
di staccare gli occhi dai libri per qualche ora, cos Letizia, poi pensavo
che forse avrei trovato anche te, ti ho cercato un po', e infatti ci sei.
Detto cos sembra brutto, mi annoveri tra quei dozzinali che si
muovono con la massa.
Cosa c'entra, io lo so che lo fai per lavoro.
Mi ama.
da qualche minuto che parlo con lei e mi accorgo che gli stessi
minuti sono quelli che ho passato senza cercare l'amica, o la fidanzata, o
la sorella, ancora meglio, del fighettino con gli occhiali e, mi piace.
In realt Letizia meriterebbe un capitolo a parte, lei era l, in
mezzo ad un gruppetto di amici, in fondo allaula, vicino alla cattedra e
rideva, io ero appena entrato nella stessa aula e, per tutto il tempo della
lezione, rimasta appiccicata ai miei occhi e per molto tempo ancora, fino alla lezione successiva, mi rimasta in mente.
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Oggi uguale a quelle lezioni, sar uguale ancora per molto


tempo, almeno fino al giorno in cui questi ricordi prenderanno forma,
diventando file nel mio computer.
La breve parentesi alla mia investigazione si chiusa, Letizia
tornata a studiare, non ha voluto che laccompagnassi, ormai tardi, il fighettino con gli occhiali mi sembra di non vederlo pi.
Pizza e cinema, o viceversa, magari si incontrato con la ragazza
dell'ospedale, si erano dati appuntamento qua ed io non me ne sono
accorto.
Santa Letizia.
Avrei potuto attaccare discorso invitandola alla prossima festa, ti
ricordi, sono il ragazzo con cui hai chiacchierato quella certa sera, in
quel certo locale. Cazzo, perch dovrebbe ricordarsene, c'erano un migliaio di persone e non penso che abbia parlato solo con me.
Ma io ero lorganizzatore.
Claudio sei un cretino, penso.
No, l'avrei solamente invitata alla prossima festa, se lei si fosse ricordata di me, in caso contrario gli argomenti non mi mancano.
Sono ormai rimaste una trentina di persone, trentuno con me,
pizza e cinema, cos succeder, trentuno persone e pizza e cinema, oltre
a quelli gi partiti, con la sola speranza che i cinema siano diversi e che si
usino le pizzerie sparse sul territorio comunale, in parti uguali.
Tra qualche ora, sapr che non sempre le speranze disattese provocano delusioni, anzi, sapr che incontrare qualcuno che si visto alcune ore prima, quando vai in posti dove speri di non incontrare nessuno
che conosci, almeno per quella sera, pu dare luogo ad eccitazione, specialmente se questi personaggi si accompagnano a ragazze particolarmente carine, che hai conosciuto tanto tempo prima, in circostanze
che non avresti mai immaginato.
Cos sar, tra qualche ora, dopo il cinema, in pizzeria, in fondo
alla sala, seduta in un tavolo da sei, non proprio accanto al fighettino
con gli occhiali, quindi potrebbe essere un'amica, o la sorella, oppure, se
fossi pessimista, una coppia consumata.
Perch fasciarsi la testa prima di rompersela, arrovellarsi il cervello
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sul tipo di rapporto che hanno quei due, la conosco, mi informo e valuto, invece no, devo sempre prima impazzire a cercare di capire, anzi, di
prevedere, quando sarebbe molto pi facile vivere e, vedere come va a finire.
sempre stato cos.
Quando incontro una ragazza che mi piace, e lei mi sorride, inizio
a pensare a quale immaginifica rivelazione si nasconda dietro quel sorriso, forse lo ha fatto per cortesia, o riflesso condizionato nel salutare, fino ad arrivare a paresi facciali o varie ed eventuali. Che io le possa
essere simpatico, quindi ottimo inizio per costruire ogni tipo di relazione, non lo prendo assolutamente in considerazione. Questa cattiva abitudine, crescendo, sono riuscito a carontarla in tutti gli aspetti della vita
che mi coinvolgono, prendendo in esame solo le ipotesi pi assurde, sul
perch degli accadimenti che mi girano intorno. Parlando con i miei amici, ho saputo di non essere l'unico a farsi queste pippe mentali, sicuramente un'abitudine diffusa.
Problema generazionale, forse.
Un mio professore di Storia all'universit, un grande professore, ci
raccontava di essere diventato famoso scrivendo dell'ovvio, lui parlava
della storia raccontando le sue ovviet, evitando la costruzione di congegni
pi o meno ben funzionanti.
Il risultato di questo assurdo e macchinoso modo di pensare, il
mio, la costituzione preconcetta di gradi di vincolo inesistenti che,
inconsapevolmente, riescono a costringerci in perimetri definiti, forse
questo pu dare sicurezza, ma annichilisce ogni tentativo innato di libera
costruzione delle proprie esistenze.
Problema sociale, sicuro, ma ci sto lavorando sopra, almeno con
me.
Adesso la ragazza dellospedale mi vede e mi sorride, dal suo tavolo in fondo alla sala, io rispondo con un altro sorriso e con un accenno
di saluto con la mano, lei usa la sua mano nel medesimo modo. Ho il
tempo di notare che, accanto a lei, seduto un ragazzo che conosco, il risvolto peggiore che poteva avere questa storia, lei la ragazza di uno
che conosco. Come non detto, sono ricaduto, come al solito, nel tranello
delle conclusioni affrettate.
Io non mi avvicino, lei non si alza e, vado al mio tavolo, non sono
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mai stato una persona invadente.


A questo punto, me la gioco tutta, dico ai miei amici di avere
scordato una cosa in macchina ed esco dalla pizzeria, adesso, forse, lei
potrebbe fare lo stesso, sarebbe un grande segno.
Che deficiente.
Alla macchina ci arrivo veramente, continuando a pensare quanto
sono stupido, tanto parcheggiata vicino, abbastanza da metterci poco,
ma non abbastanza da tenere sotto controllo la zona.
Sono minuti che sembrano eterni, cerco di fare tutto lentamente
per allontanare il pi possibile il momento della delusione che prover,
tornando in pizzeria, vedendola ancora seduta al suo tavolo da sei in
fondo alla sala.
In effetti, perch dovrebbe uscire, abbiamo scambiato solo poche
parole, anche confuse, in mezzo ad una bolgia dantesca e poi mi sembra
di avere capito che si erano seduti da un po' di tempo, che scusa avrebbe
trovato per uscire fuori, senza fare insospettire il suo presunto fidanzato
e mio conoscente.
Si avvicina il momento cruciale della serata, sto per svoltare l'angolo dietro al quale c' la pizzeria, mi accorgo di essere nervoso, chiss
perch e, ancora pochi passi, penso.
Il buio.
L'attimo che precede un evento tanto atteso, un attimo di buio,
un momento in cui tutto si cancella, il prima, il dopo, non esiste pi
niente, solo quell'attimo persevera la sua esistenza, all'infinito, cos
sembra, e la speranza che si realizzi il tuo desiderio alimenta questa esistenza, colpa sua se quest'istante dura in eterno, almeno fino a quando
non dovrai, dovr, fare i conti con la realt di quanto accaduto o che
sta per accadere, cos , subito dopo il buio, svoltato l'angolo, fare i conti
con la realt, a volte piacevole, quando si avvera ci che speri, al contrario, quando la speranza viene elusa.
Lei parla con il suo cellulare fuori la porta della pizzeria, durante i
pochi passi che mi dividono da lei, ho il tempo per formulare unaltra
speranza, che finisca la telefonata al mio arrivo.
Chi vive sperando, muore disperato.
Ciao, cos lei mentre le passavo davanti, scusami ti ho vista al telefono e non volevo disturbarti.
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bello essere disperato, penso.


Che ci fai qui, cos io stupido, cosa ci pu fare in pizzeria, mangiare una pizza no. Sono venuta a mangiare una pizza con alcuni amici, siamo stati al cinema prima, evidente, le rispondo, scusa per la domanda
cretina, non ti preoccupare, siamo in pizzeria, non ad un simposio sui
modelli semiotici, cos conclude.
Non ti ho pi vista al locale, le chiedo con distacco, ho dovuto
preparare un esame, l'hai dato lesame, le richiedo con un po' pi d'interesse, si, l'ho dato, quindi adesso puoi venire, non so se parto per il fine
settimana, se non dovessi partire vieni, magari proseguiamo la chiacchierata dell'altra volta, cos io ancora pi interessato, stato un crescendo.
Magari, conclude.
In questo modo ci siamo salutati, tornando rispettivamente ai propri tavoli, non le ho chiesto nemmeno come si chiama, cazzo, sono caduto sui fondamentali delle pubbliche relazioni.
Dall'ingresso della pizzeria al mio tavolo, avrei potuto arrovellarmi
sul perch fosse uscita, ma non l'ho fatto, mi piace concludere la serata
pensando ad un desiderio realizzato, per le delusioni c' tempo domani,
adesso mi devo dedicare ad un'altra speranza, vederla alla prossima festa.

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Sono il re del vomito.


In stato di coscienza ho contato fino a dieci volte in un solo
giorno, i risultati non si sono fatti attendere.
Solo una settimana di vacanza a Neurologia, seminterrato, e sono
dimagrito dodici chili, non riesco a mangiare, non trattengo niente, le
forze non ne parliamo, ogni tanto mando gi un succo di frutta.
I dottori mi rivoltano come un pedalino, ieri ho fatto un esame a
Psichiatria, si chiama Potenziali Evocati, ti mettono degli elettrodi, tipo
spilli molto piccoli, anche dentro l'occhio e scaricano tensioni quasi
inavvertibili, tu devi guardare fisso al centro di uno schermo un punto
rosso in mezzo ad una scacchiera in movimento, non so bene che cosa
possano capire da questo esame, capiranno forse che sto male, non ci
vuole molto, mi sento da schifo, non riesco a stare in piedi, mi gira la testa, mi prendono dei singhiozzi a raffica fino a quando mi si blocca il
diaframma e non riesco pi a respirare, si sblocca solo deglutendo, non
ho pi sensibilit in met del corpo, non penso che abbiano capito
qualcosa, oppure hanno capito tutto ma io non lo so, so soltanto che
quando mia madre viene a trovarmi, ha gli occhi lucidi e so anche che
mio padre ha temporaneamente interrotto le lavorazioni del film che sta
girando in Germania.
Appena entrato in questo luogo di gestita sofferenza, quando i
sintomi che mi stavano colpendo non erano ancora diventati violenti, ho
chiesto a mio padre un libro da leggere, lui era tornato da Berlino e alla
mia richiesta ha risposto portandomi i Sepolcri, io mi sono messo a ride57

re, trattenendo le ultime forze che avevo in corpo e che mi avrebbero


abbandonato dopo pochi minuti, non per salutarlo, muovermi, mangiare
o chiss cosa, ma per ridere, forte, cos mi hanno raccontato.
Mio padre era cos, cos, lo sar sempre, non capisce mai le situazioni, sono sicuro che non si messo a cercare un libro adatto, ha solo
preso il primo che gli capitato tra le mani, I Sepolcri appunto.
una fotografia, o meglio una cartolina, un uomo seduto dietro
una scrivania, per tutto il giorno e per tutti i giorni che si trattiene a casa,
poi parte, a girare film chiss dove e rimane fuori anche per interi mesi.
Mi sentir dire che devo capirlo, lui fatto cos, me lo dir Costanza, lei
fatta cos, capisce tutti prima di capire se stessa, forse anche per questo che da qualche anno va in analisi e ci rimarr per diverso tempo e,
continuer a dirmi, il suo modo di amare, di essere vicino alle persone
che ama, che ama penso, alle persone che gli sono capitate e con le quali
condivide lesistenza e, condivide, parola grossa, non c' mai, non c'era e
non ci sar. Cara Costanza, tu sei mia sorella, l'unica persona che da
sempre, nei momenti pi difficili, mi avrebbe fatto bene abbracciare, cos, senza dire niente, solo abbracciarti, anche adesso che sto qua dentro,
tra le righe di un libro di patologia clinica, mi fa bene anche solo immaginare di abbracciarti, sognare di farlo, cara Costanza, ma che cazzo dici,
dirai, io non devo capire, indagare, supporre, pensare e, sperare, sperare
che chi non mi accarezza mi ama lo stesso, Costanza, voglio essere
toccato, detto, pensato, accarezzato, da chi mi ama e, da chi io amo,
perdonami e tu mi perdonerai perch lo fai con tutti, ma ho necessit di
rapporti elementari, mi piacerebbe sentire che mio padre mi ama, attraverso quello che mi pu trasmettere un suo abbraccio, non supporlo.
Un bambino, cos quando lo ero e quando ne avevo bisogno, non
deve supporre, un bambino deve sentire, il bambino, cara Costanza,
sente con la pelle gli abbracci, le carezze, sente con le proprie mani le
mani del padre quando gliele prende per attraversare la strada, sente con
gli occhi, quando vede il sorriso del padre che solo per lui quel sorriso,
dio della psicanalisi, non ti credo, non ti ho mai creduto e, non ti creder mai, un bambino sente con le orecchie, quanto il padre dice ti voglio
bene. I sensi esistono e voglio usarli, non voglio interpretarli, voglio
anche che vengano usati verso di me, voglio che qualcuno mi prenda la
mano, mi accarezzi la guancia, mi sorrida, mi dica ti voglio bene, mi sia
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vicino quando avr una delusione, quando dovr prendere una decisione e, quando io dovr amare, lo far con tutto il corpo, con tutti i sensi
che il mio corpo mi mette e metter a disposizione.
Cara costanza, voglio utilizzare il linguaggio dei sentimenti in modo elementare, il pi semplice possibile, ti amo vuol dire ti amo, ti odio
vuol dire ti odio e cos via e non voglio cambiare punto
Pensare all'amore, mentre si vomita, come sto facendo in questo
istante, lo trovo divertente, come diventa divertente cercare di capire se
il vomito conseguente al pensiero dell'amore, oppure ci penso perch
vomito e sto male. Succhi gastrici, deit intestine, lasciatemi capire dalla
vostra configurazione una volta all'aria aperta, cos come si fa per leggere il futuro attraverso i fondi di caff, come mi suggerite di pormi nei
confronti di questo sentimento che ancora non ho compreso, prima che
gli inservienti dell'hotel neurologico, con la loro solerzia, vi destinino ad
altra e, non meglio specificata sede, vi prego, abbiamo poco tempo,
sento gia le voci degli uomini scopa fuori, in corridoio, insieme alle urla
della caposala che, come tutte le mattine, in questo modo cos morbido,
impartisce ordini a tutti, anche ai medici, forse lo fa perch senn nessuno le darebbe retta e la sua voce, della caposala appunto, questa mattina
si arricchita di un tintinnio strano, come lo sbattere di scodelle, non so,
abbiamo poco tempo, vi prego, le forze stanno per abbandonarmi e, vomito, nuovamente.
Adesso il tintinnio strano lo sento pi vicino, sempre accompagnato dalle urla di Edda Clara detta Eddaclara, la caposala, anche quelle
le sento pi vicine, fino a quando, finalmente, mi appare dalla porta
della camera, e, grazie alle ultime forze rimaste che ho sapientemente destinato al senso della vista, il tintinnio adesso ha nome e cognome,
anche soprannome, provocato dalla percussione di un cucchiaino, o
forchetta, sulle pareti di una tazza, di quelle per fare colazione, non di
quelle che danno in ospedale, di quelle da casa, cucchiaino mosso vorticosamente da una mano, attaccata ad un braccio, attaccato, come supponevo, a Eddaclara, la caposala e, come sapr tra qualche istante, lo
strano e ancora ignoto contenuto della scodella abilmente armeggiata da
lei, proprio destinato a me. Ciao Claudio, cos lei, arrivata la colazione, mentre dagli occhi trasferisco le ultime forze al verbo, lo so ma non
sono riuscito a mangiare niente, scusi.
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arrivata la colazione significa che la tua questa, e mi mostra lo


strano contenuto della tazza, te l'ho portata io la tua colazione, conclude
poggiando la tazza sul mio comodino, aiuta a sollevarmi mettendomi un
braccio dietro la schiena, delicatamente come, sentendo le sue urla nel
corridoio, non avrei mai pensato che potesse fare, sempre delicatamente
mi mette a sedere su un lato del letto, io non ho pi forza, nemmeno
per parlare, mentre la caposala mi muove, mi accarezza i capelli e, delicatamente, mi aiuta ad appoggiare la testa sul suo grembo, prendendola
con entrambe le mani, muovendosi lentamente, con una mano riprende
la tazza, mentre con l'altra continua ad accarezzarmi i capelli e, la
guancia, calda, questo non lo sento ma ne sono comunque sicuro, adesso non strilla pi, con nessuno, si dedica solo a me, il suo braccio sinistro mi cinge la spalla, mi abbraccia e, mi sorregge, con la mano tiene la
tazza, con la destra mi porge un cucchiaino con cui mi imbocca punto
Tutto questo accadr per tante mattine, non so quante.
Mi addormenter con la speranza che la mattina seguente si ripeta
il rituale della mia colazione, le sue urla nel corridoio, il tintinnio, la mia
testa sul suo grembo morbido, mentre mi accarezza i capelli e, mi
imbocca, dentro la tazza un uovo fresco che, tutti i giorni, prima di venire al lavoro, la caposala va a prendere da un contadino vicino casa sua, si
alza prima per passare dal contadino, arrivata in ospedale, organizza il lavoro a tutti mentre mi prepara la colazione sbattendo l'uovo con un po'
di zucchero, l'unica cosa che riesco a mangiare e, come dice Eddaclara,
la caposala, mi tira su.
La colazione non la vomito, fanculo alle deit intestine.
La colazione non la vomito, almeno nell'immediato, cosa che accade con tutto quello, solido e liquido, che mando gi durante la giornata,
giornata che ormai passo a vomitare, ad orientarmi, a non sentirmi, a
non vedermi, a dimenticare, a non percepire, a non sognare, a desiderare, questo non mi ha mai abbandonato nella vita, passata e futura, a non
dormire, a non stare sveglio, a non preoccuparmi, a non parlare.
Aspetto i miei amici, ma non vengono, adoro i miei amici, ma non
vengono lo stesso, sento l'odore di Costanza accanto a me, qualche volta
quello di mamma e, aspetto, che la tempesta passi, che mi cresca la
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barba, che si sposi Costanza, che ritorni Giordana e lasci quel coglione
di Marco, il giorno dopo il mio ricovero mi sono venuti a trovare insieme, non mi hanno detto che si sono fidanzati ma io l'ho capito e sapr
che non mi sbaglio, aspetto Marzio che mi porta i biglietti delle feste,
aspetto le feste e, altre Giordana se non lei, cos sar, aspetto, quanto sar necessario, adesso sono stanco.
Aspetto il riposo.

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XI

Ho davanti agli occhi il viso di Letizia, chino sopra un foglio di


carta lucida, intenta a farsi venire in mente un'idea per un progetto, lo
stesso mio progetto, il nostro progetto, stiamo facendo un concorso
insieme.
Adesso ci mentiamo dicendo che siamo solo amici, grandi amici, i
rispettivi migliori amici, ma non stato sempre cos, non sar sempre cos, spero, ci sto lavorando sopra.
L'ho conosciuta, Letizia, al corso di geometria all'universit, non
era la pi carina in aula, ma a me era quella che piaceva di pi punto Le
ho dato il tormento per sei mesi prima di farle decidere di uscire con
me, cos ricordo, mentre l'idea per il nostro progetto stenta ad arrivare,
mi sento quasi in colpa, lei china stoicamente sui fogli a lavorare, io a
guardarla e, a pensare, a lei. Ho una mia teoria su questo, in realt lei
non sta lavorando, ha solo paura di alzare lo sguardo e incontrare il mio
che la osserva.
Presuntuoso, lo sono spesso ultimamente.
Una volta, mentre mi aiutava a disegnare per un mio esame di progettazione, qualche tempo dopo la nostra breve, platonica e innocua
parentesi amorosa, mi disse, con la testa sempre china sul foglio e senza
alzare lo sguardo, sai, cos inizi a dire, mi potrei anche innamorare di
te, mi potrei essere forse innamorata di te, quest'ultima frase sottovoce,
dicendola con la speranza che io non la sentissi, come se le fosse uscita
per sbaglio da una vibrazione incontrollata delle corde vocali, gesto involontario, come involontario l'istinto, lo stesso istinto che elabora una
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immagine che la coda dell'occhio ha registrato, della quale non ti sei


accorto e che ti fa sterzare allultimo momento, evitando cos di investire una vecchietta sulle strisce pedonali, lo stesso istinto che a volte ti
salva la vita, altre volte hai il terrore che ti salvi la vita, questo lei sentiva,
cos penso mentre ricordo, come ricordo invece di averla sentita, quella
frase, articolata con un filo di voce, mi spiace per te cara, ma ho sentito
quello che hai detto, cos pensavo e, quello che detto detto ormai, poche parole attese con pazienza e speranza, da lungo tempo, ma ormai
erano dette, cos mi alzai dal tavolo dove stavo disegnando, mi misi dietro di lei, lei sempre con il capo chino sopra il tavolo, come oggi, senza
avere interrotto neppure per un attimo la trama del disegno che stava facendo, facendo per me, le misi una mano sopra la sua spalla, o almeno
cos avrei voluto fare quando decisi di muovere il braccio dove la mano
destinata a toccarla era attaccata, non ricordo di averla nemmeno sfiorata, vattene via, mi url sempre china sul foglio e senza interrompere la
sua opera.
Impietrito, mi ritirai verso il mio lavoro, mentre continuo a
guardarla, lei, sempre sul foglio da disegno, tira linee, dritte, curve, poi le
cancella e, riparte, altre linee, dritte e curve, idee in nuce, alle quali subito dopo rinuncia nuovamente e, altre linee, sembra non essere a suo
agio, vero che non ha mai saputo disegnare, per lei schizzare un'idea
per un progetto stato sempre un po' difficile, ma adesso questo non
c'entra, sono sempre pi convinto che si accorta che la sto guardando,
la nostra storia sempre stata cos, una storia di imbarazzi, di baci
strappati per sbaglio, fino ad un certo punto, cos penso, io non li do
mai per sbaglio, una storia di strofinamenti in stato di ebbrezza, di
sentirsi al telefono per ore intere, di essere gelosi dei rispettivi compagni, insomma, una storia di normale, tranquilla, serena e, impostora
amicizia, tra un ragazzo e una ragazza.
Impostora certo, falsa e millantatrice amicizia, ma chi vogliamo
prendere in giro, quale amicizia, sono sicuro che tra un uomo e una
donna possa esserci amicizia, dovrebbe, potrebbe, penso, ma di certo
questo non il caso, anche adesso, mentre guardo la sua testa china sopra i disegni fatti, cancellati e rifatti almeno una trentina di volte da
quando ci siamo seduti questa mattina, anche adesso, non penso certo a
quanto sarebbe bello passare il tempo insieme, a lei, parlando di
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architettura, di libri, di cinema o, stare zitti, anche adesso, l'unica cosa


che riesco a pensare di Letizia che mi piacerebbe approfondire la conoscenza dei suoi, stupendi, piccoli, seni bianchi, perlustrare i suoi capezzoli come farebbe una sonda su Marte, le terrei le mani, si, le terrei anche
le mani, ma solo mentre le bacio l'ombellico, per scendere sempre pi in
basso e sentire cos, la stretta delle sue mani che aumenta sempre di pi,
mentre con le mie labbra le percorro la pancia fino all'inguine per non
fermarmi ancora.
amicizia questa.
Certo.
Lei lo sa, mi ascolta i pensieri, anche in questo momento mi sta
ascoltando, per questo non solleva la testa dal tavolo, la sto imbarazzando, mi ascolta mentre penso e, si imbarazza, questo penso, ne sono convinto e si imbarazza solo perch, continuo a pensare, sono
riuscito a leggere i suoi desideri, sapientemente mal celati, bramosi di essere scoperti, per questo non solleva la testa e mi guarda, lei si lascia
leggere, come fosse il libro dei sogni, dei miei sogni, ne sono sempre pi
convinto e, continuo a guardarla.
Come tutte le convinzioni che si rispettano, anche questa destinata ad essere tradita, Letizia alza lo sguardo e, mi guarda negli occhi,
penso, mi ha ascoltato veramente, posa la matita, a cosa pensi, cos lei.
Rimango in silenzio, per un attimo, sperando di non aver mosso
lo sguardo, a cosa pensi punto
A cosa penso, a niente penso, penso e, dico, ti ricordi quando ti
ho raccontato del concorso che ho fatto con Sartoris, te l'ho raccontato
dai, bene, e continuo, appena arrivati a casa sua in Svizzera, ci apr lui,
aveva novantaquattro anni, ci disse che la notte non aveva dormito, noi
pensammo che ci avrebbe fatto tornare l'indomani, sai a novantaquattro
anni, invece continu dicendo e specificando che non aveva dormito
perch, prima di mettere la matita sul foglio, doveva immaginare lo spazio che voleva progettare.
Letizia continua a guardarmi senza parlare, i suoi occhi mi chiedono di pi, mi sento in imbarazzo e in colpa, come il bambino scoperto
con il dito dentro il barattolo della nutella, ma continuo, a questo pensavo, alle parole di Sartoris, le uniche che mi abbiano insegnato qualcosa,
cos io a Letizia.
65

Allora parliamone, prima di metterci a disegnare, cos Letizia a me.


Di cosa parliamo, le chiedo.
Come di cosa parliamo, di quello che vogliamo fare per questo
progetto parliamo. Se io faccio una cosa, tu ne pensi un'altra, inutile lavorare insieme.
utile, penso, mi dispiacerebbe non averti accanto, come mi
dispiaciuto non averti accanto nei giorni in cui non ti ho avuta accanto,
continuo a pensare, e di questo progetto non me ne importa niente, come non mi importa di quando mi parli del ragazzo con cui esci, come
non mi importa dei tuoi altalenanti stati di umore che mi irretiscono in
una accozzaglia di volutt ingestibili, questo penso.
Parliamo del progetto, dico, anche se adesso un po' tardi, devo
incontrarmi a pranzo con gli altri per la festa di sabato, ci vieni, cos chiedo a Letizia.
Non lo so, avevamo intenzione di andare in Toscana, mi ero dimenticata della tua festa, pensavo ci potessi venire anche tu.
Con chi vai.
I soliti che porto anche alle tue feste.
Se non venite non sar la stessa festa.
Se non vengo io, non sar la stessa festa.
Letizia si aspetta adesso che, al suo sorriso, le risponda con un
sorriso complice ma non lo faccio.
Acido coglione.
Se non vengo con voi, non sar la stessa Toscana.
Forse, ci potresti sempre raggiungere domenica, cos pranziamo
insieme.
Io penso che lei potrebbe rinunciare al suo fine settimana in Toscana, venire alla mia festa, cos da farmi capire non so bene cosa, forse
quello che voglio capire, passare insieme la sera, insieme a diverse centinaia di persone e, vissero felici e contenti, infine io rinuncer al fine
settimana, lei non verr alla festa, anche perch alle altre feste dove venuta, io non l'ho filata molto, sempre per questo vizio di non cedere
chiss quale parte fondamentale di me, io non cedo, lei non cede, non
cediamo e, non ci vedremo.
Altri due giorni persi.
66

Se lei partisse dal mio stesso, marcio, presupposto emotivo, non


arriveremmo mai da nessuna parte, insieme, cos penso mentre la saluto,
ci salutiamo e ci lasciamo in bala dei rispettivi fine settimana.
Questo non mi consola.
Non mi consola nemmeno l'idea che forse, sabato alla festa, verr
la ragazza del pronto soccorso, sempre accompagnata dal fighettino con
gli occhiali, sempre senza sapere il suo nome, cos penso in macchina,
andando verso il centro, dove ho appuntamento con Marzio e il proprietario del locale della festa di sabato, pranzeremo in un ristorante vicino a
piazza delle Coppelle, ma non riesco a pensare ad altro.
Penso che in realt Letizia la subisco, da quando l'ho conosciuta,
la subisco, subisco i suoi umori, stati d'animo, che non mi fanno essere
ci che sono quando mi sta vicino, se a questo, ci mettiamo che anche io
sono abbastanza complicato, la frittata fatta, cucinata, portata in tavola, mangiata e, digerita.
Il pranzo con Marzio e gli altri, in realt, come al solito, stato solo una scusa per cazzeggiare, a parte piccoli dettagli sulla prossima festa,
non si deciso niente di rilevante, ma ci devo essere, almeno fisicamente, oggi in particolare la mia capacit di concentrazione su quello
che mi accade intorno prossima al nulla, dentro di me, per tutta la durata del pranzo, mi sono scoperto a decidere tra Letizia e la ragazza del
pronto soccorso, come se tutte e due stessero facendo salti mortali per
accaparrarsi il posto migliore nel mio cuore e, nei miei pensieri, tutto
questo lo sto facendo da solo, come si fa per il primo amore, da solo,
sto facendo un film e, come fa mio padre, lo sto sceneggiando, girando,
montando, tutto da solo.
Forte.
Forse ho sbagliato mestiere, un altro errore, dovevo seguire le
orme del regista di culto, avrei avuto anche un canale preferenziale, non
tanto per mio padre, quanto per il nome, continuo a pensare, invece
faccio larchitetto, scelta che mi ha portato a conoscere Letizia, come, se
avessi fatto il regista, forse avrei conosciuto unaltra Letizia, forse migliore, pi diretta, pi leggibile, forse.
Pigro.
Alternando i miei pensieri al cellulare che squilla, ai semafori, al
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traffico, mi dirigo verso studio, la scusa duepunti tornare a lavorare al


concorso, cos ho detto a Letizia che avrei fatto dopo il pranzo e, ancora
cellulare, persone da mettere in lista, semafori, lavavetri, lungotevere e,
vetrine di negozi, motorini che ti tagliano la strada, come faccio io di solito, ancora traffico e lungotevere, passando accanto al cantiere eterno
dell'Ara Pacis, poi gi per i sottopassi, clacson frignanti, e, architetture
improbabili che mi accompagnano durante il ritorno, cornice di un deserto che, qualcuno chiama citt, percorsa da ammassi di cellule con
scarpe, calzini e cravatte, belle giacche e ammiccanti accessori, gente
zeppa di droghe di tutti i tipi, quando non sono quelle chimiche, ci sono
quelle elettroniche o meccaniche, attraverso le quali si raggiunge il nirvana dellultimo modello di telefonino, videogioco e, macchine sempre pi
performanti, facendoci sentire parte di un mondo che invece, proprio
per questo ci separa, ogni pezzo di silicio prodotto ci divide, ogni pezzo
di silicio prodotto e assemblato, comprato, ci allontana dalla comunit,
fino ad una distanza siderale che non potremo pi ripercorrere a ritroso
e, sono ancora semafori rossi, visi spenti di chi pensa ai cazzi suoi, poca
gente nel traffico, dentro le auto, anche le pi belle, sembra felice,
nemmeno i palazzi sembrano felici di essere stati costruiti, progettati, se
potessero parlare questo direbbero, come dicono tante persone che non
volevano nascere, non lho chiesto io di venire al mondo, cos dicono,
palazzi che dobbiamo subire, ma che ci importa, torno a casa e mi sparo
il campionato alla play-station e, ancora traffico, cazzo, cellulare che suona, tanti nomi, sar una gran festa, solo nomi, uno fra tutti, ciao 'Zia, cos io a Letizia, dove sei.
Sono a casa ma sto uscendo.
Dove vai di bello.
Devo accompagnare mia madre da nonna.
Io sto tornando a studio, spero di riuscire a tirare fuori qualcosa di
buono per il concorso.
Se vuoi posso raggiungerti nel tardo pomeriggio, poi ceniamo
insieme, se non hai programmi.
Veramente volevo andare al cinema questa sera.
Con chi.
Non lo so, ancora non ho sentito nessuno.
Ti accontenti di me.
68

Se non ho niente di meglio ......


Ma che vuoi vedere.
Lisbon story.
Bene.
Allora a pi tardi, e concludo, ma cosa mi volevi dire, vero, scusa, cos Letizia, volevo dirti che sabato veniamo, non andiamo pi fuori,
i nomi per la lista te li do quando ci vediamo.
A dopo.
Sante parole.
Sotto studio c Marzio che, come spesso capita, si scordato le
chiavi da qualche parte, mi aspetta da un po di tempo, tornato in motorino.
Ti ricordi di questa sera vero, mi dice.
Che dobbiamo fare questa sera.
Andiamo tutti al locale dove lavora Sandro, saremo una decina.
Sandro un nostro, mio e di Marzio appunto, amico dinfanzia, lavora alle luci in un locale allOlgiata, dove fanno spogliarelli, per oggi
in programma lo spettacolo di una nota pornostar italiana, allidea di
andarci, quando lo abbiamo deciso, ero abbastanza stimolato, anche
perch non sono mai stato in un locale cos e, non ci andr in futuro, fino ad oggi, cos so.
Fra qualche ora viene Letizia, ci mettiamo un po a lavorare per il
concorso, poi volevamo andare ad un cinema, mi sono completamente
dimenticato di questa sera.
Sei il solito rincoglionito.
A che ora lappuntamento, chiedo a Marzio, ci vediamo alle undici e mezzo a piazza dei Giuochi Delfici, cos lui.
Faccio in tempo, ci andiamo a mangiare una pizza poi laccompagno a
casa e arrivo, adesso la chiamo.
Che palle che fai con questa Letizia, e nemmeno te la scopi, cos
Marzio.
Letizia dopo un po arriva, questa volta riusciamo a produrre
qualcosa lavorando insieme, unidea uscita fuori da queste testoline deconcentrate.
La cena stata come tutte le nostre cene da soli, una bottiglia di vi69

no in due, risate, le racconto di come continuer la serata, poi qualche


silenzio, io tratto male lei, 'Zia tratta male me, ormai ci sono abituato,
ma dopo qualche minuto, senza rendercene conto, le nostre mani si
cercano, diventano una sola e, continuiamo a parlare, senza farci caso,
come se fosse la cosa pi naturale di questo mondo, anche accompagnandola a casa, dalla macchina al suo portone, lei ha tenuto la sua mano stretta alla mia, dentro la tasca del mio impermeabile, la sua testa
appoggiata al mio braccio e, si cammina, sotto casa poi, bacio sulla
guancia lato bocca e, via di corsa.
Mi arriva un messaggio sul telefonino, divertiti con le donnine,
Zia.
Appuntamento alle undici e mezza a piazza dei Giuochi Delfici,
sono le undici e un quarto, ce la posso fare e, con soli cinque minuti di
ritardo, ce la faccio.
Gli altri sono tutti arrivati, mancavo solo io, casualmente, sembra
una sfilata di impermeabili, bavero alzato ovviamente, aria losca di chi
sta per fare qualcosa che non si deve fare e, si parte.
Arrivati al locale, due di noi entrano per contrattare il prezzo, ci
dobbiamo sbrigare lo spettacolo sta per iniziare, chi rimane fuori, come
me ad esempio, essendo questa una zona di avventori delle nostre feste,
si allontana dallingresso del locale, con un occhio alla porta per vedere
se i nostri negoziatori tornano con notizie incoraggianti, cos , la
trattativa ha portato ad un prezzo forfetario di settantacinquemilalire a
persona.
Lidea era di mandare tutte le ragazze da Giancarlo, il pi losco tra
i nostri individui, la sua ragazza si trovava in vacanza in Abruzzo e, in
queste situazioni, ragazze seminude a grappoli, fidanzata lontana, diventa uno spettacolo, gi dalla prima ballerina, le sue mani diventano
mille, cucendole addosso un vestito di carne che non permette, a noi
guardoni, di goderci lo spettacolo delle sue nudit, cos per tutta la sera.
Al ritorno, in macchina di Giancarlo, lo spettacolo continua con la
telefonata della sua fidanzata, macch divertito, cos lui, un senso di
sporco, depravazione, squallore, non ti puoi immaginare, e conclude,
anchio ti amo.
70

Sono le tre del mattino, ho ripreso la mia macchina, non ho voglia


di andare a casa, vorrei andare a bere qualcosa passeggiando poi per il
centro, Roma di notte una poesia, i vicoli di Roma la notte sono poesia, ma sono solo e da solo non mi va, penso, mentre mi arriva un messaggio sul cellulare, forse Marzio.
Non Marzio, Letizia ancora sveglia.
Comerano le donnine, mi chiede.
Sode.
Vaffanculo punto

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XII

Luomo ricoverato uno strano essere, ancora oggi oggetto di studio


da parte della comunit scientifica. Come tutte le altre varianti della specie, tra le quali ricordiamo luomo innamorato, luomo impiegato, luomo venditore, luomo televisivo, per citarne solo alcune, ma la lista sarebbe
lunghissima, nasce normale, anzi, le ultime ricerche pubblicate sulle riviste specializzate, parlano di un unico ceppo batterico iniziale, in seguito,
crescendo, questi organismi, se sottoposti a determinate condizioni
ambientali, modificano la loro struttura per configurarsi nelle diverse varianti che sono state fino ad oggi catalogate e riconosciute. Come
lambiente possa influire sulla genetica di questi batteri, ancora non
chiaro, ci sono delle ipotesi ma niente di scientifico, non chiaro
neanche come sia possibile il ritorno, da parte di questi, ad una situazione ante-trasformazione, come in alcuni casi si verificato.
Ma torniamo al nostro uomo ricoverato, una caratteristica che lo
accomuna ad altre varianti della sua specie, quella che lui non vive di ricordi, ma di sensazioni, non appena si completa la sua trasformazione, i
suoi non sono pi ricordi, solo sensazioni, percezioni di ricordi che, luomo ricoverato, scambia sovente per ricordi e, su questi, fonda gli eventi pi
importanti della sua futura esistenza continuando, inconsapevolmente, a
prendere sensazioni per ricordi. Bisogna dire che tutto questo avviene
anche in altri organismi, con una differenza, negli altri stato scoperto
che i ricordi vengono trasformati in sensazioni appunto, in un processo
abbastanza lungo, da un elemento di cui, sempre questi altri organismi,
sono in gran parte costituiti, il tempo.
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Attraverso il tempo, tutto ci che nasce come ricordo, si trasforma in sensazione, o, come stato detto durante un convegno ad
Aquisgrana, percezione di ricordo. Questo processo, come ho gia detto,
nelluomo ricoverato avviene contemporaneamente alla sua trasformazione
strutturale.
In altre varianti della specie, avvengono processi simili tra loro ma
con effetti differenti, ad esempio nelluomo innamorato, la trasformazione
dei ricordi crea un impazzimento delle cellule che costituiscono lorganismo stesso, queste iniziano a muoversi disordinatamente in tutte le direzioni, fenomeno chiamato, in un recentissimo articolo, entropia
emozionale o teoria del caos sentimentale.
Drammatico.
Ancora non lo so, ma sapr che il mio organismo destinato a
passare attraverso alcune tra queste modificazioni, a volte in modo repentino e violento, cos sapr, altre in modo quasi inavvertibile.
La mia trasformazione in uomo ricoverato stata violenta, lho
avvertita mentre si realizzava, ho sentito e, sento, diventare sensazione
tutto ci che sarebbe stato ricordo.
Quello che vivo, da quando mi trovo qua dentro, non sar mai ricordo ma percezione di esso e, tale dovr essere per me, con tutto
quello che ne fa parte, corridoi, camici, infermieri e portantini, e medicine, e bagni inospitali, visite, speranza di uscire presto, amici, parenti,
pioggia, ancora pioggia, piatti insipidi, vomito, la caposala con il suo uovo sbattuto per la mia colazione, gli infermieri del reparto di Neurochirurgia, adiacente a Neurologia, il mio reparto, che la sera mi vengono a
prendere di nascosto per farmi vedere le partite nella loro televisione, a
colori.
La televisione a Neurologia in bianco e nero.
Apprezzo la buona volont, ci vado a vedere le partite, ma non vedo niente, vedo solo un televisore che mi gira intorno come un satellite
e malati come satelliti e infermieri come satelliti e gamberoni ai ferri,
tanti gamberoni, polposi, gustosi, tutti intorno, sono disteso in un letto
di gamberoni ai ferri che per non posso mangiare perch vomito, vomito tutto, tranne luovo sbattuto della mattina al sapore di grembo della
caposala. Posso solo sognare, volti giovani, probabilmente amici, che mi
parlano, poi se ne vanno, infermieri che mi parlano, mi raccontano, poi
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se ne vanno, apprezzo il tentativo, e Carlo, e Costanza, e mamma e, pap, mi parlano, poi se ne vanno, apprezzo il tentativo ma se ne vanno
tutti, anche i medici, mi guardano, mi scrutano, mi studiano, parlano tra
loro e se ne vanno, mi girano intorno e se ne vanno, tutto mi gira
intorno, in una danza disordinata fatta di gesti, oggetti e, lamenti, i miei
lamenti che sento dentro anche se non emetto suoni, i lamenti dei miei
colleghi, lamenti sindacali dei portantini, infermieri, visitatori, lamenti
dei parenti ai quali i medici non dicono nulla, il cibo fa schifo, a saperlo
riuscendo a mandare gi qualcosa.
Lamenti.
Poi cambia tutto.
Arriva Eddaclara per la colazione, il suo grembo diventa il mio
mondo, un mondo morbido, accogliente, sicuro, la sua mano che mi
accarezza lo difender questo mondo, sensazioni appunto, meglio di
mille ricordi, di qualsiasi ricordo, la prima comunione, la prima fidanzata, la prima volta che ho fatto lamore, questi sono ricordi, le sensazioni sono amore, di chi le causa, anche inconsciamente, voglio
costruirci la mia casa sulle sensazioni, dalle fondamenta al tetto e, se questo significa stare male per sempre, sono pronto, non mi schioder da
qui nemmeno a cannonate, non cambierei mai il ricordo di una carezza
con la sensazione che ti da il gesto eterno di una mano sconosciuta,
quando ti avvolge il viso, poggiandolo sul suo grembo.

75

XIII

La serata iniziata uguale a tutte le altre, il saluto ai ragazzi dello


staff, al proprietario, ci sono i miei colleghi organizzatori, i primi ospiti, il
DJ, le chiamate alla porta per fare entrare chi non vuole fare la fila, la fila, il locale che si riempie, la musica che parte, il primo bicchiere di vodka-tonic, altri saluti, gente non in lista che ti chiama allultimo momento,
odore di fumo, primo di un coacervo dodori che diventeranno sempre
pi insistenti, gente attesa non ancora arrivata, ed altra gente, sempre diversa da quella che ti aspetti.
La musica parte piano e, piano, sinizia a ballare.
Fuori, il locale pieno, i ragazzi alle liste stanno impazzendo, la
musica sale di tono, adesso anche il locale pieno.
Un altro successo.
Almeno cos sembra, dalle persone presenti, ci sono tutti, tranne
Letizia, lei non arriver, i suoi amici hanno deciso di dedicarsi a chiss
quali altre attivit ludiche, lasciandola sola e lei da sola non viene.
Non so in quali condizioni, vista lora che sicuramente far, ma ci
vedremo domani mattina, devo andarla a prendere alle nove a casa, cos
mi ha detto, chiesto, domani alle nove, orario che non riesce a nascondere
una volont sadica.
Marzio balla, Giancarlo beve, cos fanno un po tutti. Pochi parlano, ma stento a credere che si ascoltino.
Per una assurda alchimia, tra tutte queste persone, sono riuscito a
percepire due fari, puntati verso di me, si avvicinano, sono intensi e,
ormai inaspettati, si aprono un varco tra la gente, sono pro77

fondi.
Sono occhi, a guarnire un volto, assente da troppe feste, anche il
corpo, appendice di quegli occhi, si fa largo tra la gente, non per ballare,
cos mi sembra e si avvicina, sempre di pi.
Dovrei salutarla, io per primo, forse, vicino a me, invece lo fa lei.
Ciao Claudio, cos strilla per farsi sentire, ciao, le rispondo che
fantasia e continuo, perch tu sai il mio nome e io non conosco il tuo.
facile, mi dice, basta sapere chi sono gli organizzatori di questa
sera, gli altri li conosco, bene o male, per esclusione rimani tu, Claudio.
Ma io continuo a non sapere il tuo, per, questa cosa mi mette a
disagio, vogliamo risolverlo il problema, oppure hai altri progetti.
Non so, ci bevo sopra, poi vediamo.
Bene, dico io e, con un sorriso scemo, la lascio andare.
A questo punto ho due possibilit, o lei stava andando al bar, e io
mi sono trovato tra lei ed il bar, oppure voleva che io laccompagnassi a
bere qualcosa. Se fosse vera la prima, pace, ma se per caso, la seconda
ipotesi fosse quella giusta, sarei veramente un imbecille, solo per non dare soddisfazione o, come si dice, per tirarmela.
Sono un imbecille.
Ma la festa continua, io giro, parlo, e non la vedo.
La festa continua e sta per terminare, esco fuori per salutare gli
amici che se ne vanno e per prendere un po daria, bevendo un vodkatonic e fumando una sigaretta.
Com andata la serata, cos mi dice la ragazza del pronto
soccorso. Anche lei era fuori, probabilmente ha avuto la mia stessa idea,
ma molti minuti prima, non lho pi vista dentro il locale ormai da un
po di tempo, pensavo che se ne fosse andata.
Penso bene, le rispondo, il locale stato sempre pieno.
Dovrei trovare qualcosa di interessante da dire ma mi sento neurologicamente sterile, sono sicuro che anche se riuscissi a fare uscire dalla
mia bocca qualche frase articolata, questa sarebbe una cazzata.
Anche la rima.
Mi butto.
Come ti andato poi lesame, le chiedo.
Quale esame?
Lultima volta che ci siamo incontrati, in pizzeria, mi sembra di ri78

cordare che stavi preparando un esame.


andato bene, sono contenta perch con lo stesso professore ci
vorrei fare la tesi. Cavolo ti ricordi tutto per, bisogna stare attenti a come si parla con te.
Non vero, mi ricordo solo le cose che mi interessano mi sono
lanciato, ma non troppo .
Ti sei ricordato anche dove ci siamo incontrati la prima volta, io
non ci sarei mai riuscita.
Sento che la conversazione diventa interessante, la speranza che
non la portino via, speranza vana vista lora.
In realt, pi che un ricordo stata un'illuminazione, anche
perch alcuni particolari di quellesperienza li ho rimossi, come pensavo
di avere rimosso te.
Adesso sono io che ricordo qualcosa, la prima volta che ci siamo
visti, anzi la seconda, quando mi hai riconosciuta, ti avevo chiesto
perch eri in ospedale e non mi hai voluto rispondere.
Non vero che non ti ho voluto rispondere, ti ho solo detto che
si trattava di una storia lunga, te lavrei raccontata se tu avessi avuto la
notte a disposizione.
impossibile parlare con uno che si ricorda anche le virgole.
Me lhai fatto ricordare tu.
Forse stata unaltra illuminazione.
Forse.
Mi sbagliavo, la conversazione si mette male, non durer molto,
cos sento, sta per liquidarmi.
obbligatorio raccontarmi il motivo della tua presenza al pronto
soccorso quel giorno, ridotto un cencio, tutto in una notte, oppure possiamo farlo a puntate, cos da riuscire a dormire qualche ora?
Colpo di scena, non tutto perduto, penso.
Possiamo iniziare, vedere come va, che ora facciamo e, per loccasione mi potresti anche dire il tuo nome.
Pu essere, mi dice la ragazza del pronto soccorso sorridendo.
Sei con la macchina, le chiedo.
No, sono qui con degli amici.
Se hai pazienza per un quarto dora, potremmo andare via e fare
due passi in centro, ti prometto di riportarti a casa in un'ora decente.
79

Sono le tre, la decenza andata a dormire qualche ora fa, cos


conclude la ragazza del pronto soccorso ed io capisco che non chiuder
il locale questa sera. Leccitazione che provo per avere lopportunit di
parlare con lei con calma e serenit, per pi di dieci minuti, si mescola
alla paura di dire cazzate e farla fuggire.
Dai Claudio, forza Claudio.
In macchina lei parla, io anche, senza dire niente, tranne le
informazioni di rito come, che universit fai, varie ed eventuali.
La serata fresca, anzi, ormai la mattina fresca, sono le tre e
mezzo e, stiamo camminando lungo via del Pellegrino, la gente per strada praticamente inesistente, in questa atmosfera, le vie di Roma diventano meravigliose, sparisce lodore di smog del giorno, il silenzio
diventa il padrone degli angoli pi nascosti, lunico rumore che si percepisce, oltre ai nostri passi sui sanpietrini, quello dei miei pensieri che
corrono allimpazzata, da anfratti remoti della mia memoria per
raccontarle cosa mi aveva ridotto un cencio quando ci siamo incontrati
al Pronto Soccorso, a luoghi illuminati a giorno per cercare di non dimenticare ogni singolo istante di questa sera.
Mi viene in mente una canzone di Dalla.
la sera dei miracoli fai attenzione
qualcuno nei vicoli di Roma
con la bocca fa a pezzi una canzone
..
Latmosfera la stessa ed magica, le luci, i pensieri, il silenzio, le
nostre parole, la brezza leggera che ti penetra la pelle, poche macchine
che senti passare in lontananza, il rumore dei passi di una coppia che ti
viene incontro e ti lascia alle spalle.
Lei vicino.
difficile trovare un posto dove bere qualcosa a questora, le dico, perch hai ancora voglia di bere, cos lei e conclude, camminiamo
dai, che fa bene.
Attraversiamo corso Vittorio Emanuele, passiamo davanti ad una
libreria con le vetrine illuminate, ci fermiamo a dare un occhiata agli
80

ultimi libri usciti.


Un giorno ci sar anchio.
Sei uno scrittore.
Non ancora.
Hai scritto qualcosa, insomma, scrivi.
Non ancora, ma scriver, per il momento leggo, cos le rispondo
mentre lei mi guarda incuriosita, in realt mi piacerebbe, mi piacerebbe
diventare uno scrittore, essere uno scrittore.
Di cosa scriveresti.
Narrativa, storie o, come le chiamo io, viaggi da fermo.
Diventare scrittore da qualche anno il mio sogno e, mentre le
racconto di questo sogno, mi accorgo, mi sembra, che lei pi interessata, adesso mi guarda cercando di centrare i miei occhi con i suoi,
anche quando io guardo la vetrina della libreria, lei mi sta guardando, cos le dico il perch voglio scrivere, voglia di essere un altro, e, mentre lo
dico, mi accorgo di non essere originale, bene o male lo stesso motivo
di tutti quelli che vorrebbero diventare scrittori, un altro, tanti altri, cos
correggo il tiro cercando qualcosa di meno banale, vorrei fermare i ricordi, ho paura di perderli, e continuo, ed lo stesso motivo che mi fa
leggere tanto, con una piccola differenza, quando leggi e ti immedesimi
nei ricordi altrui, diventi lautore di questi, ma sono ricordi che qualcuno
a confezionato per il personaggio che li legger, cos dico, ma non
penso di avere rimediato alla banalit dellinizio, penso e, continuo,
quando scrivi invece, ma oggi lo posso solo immaginare, sei tu il creatore di quella fabbrica di memorie che il tuo personaggio e che, fino a
quando non hai finito, non conosci ancora e, forse, non lo conoscerai
nemmeno dopo. Il tuo personaggio nasce, cresce, parola dopo parola,
impara a stare in mezzo agli altri personaggi, sinnamora, sta male, ride,
felice, piange, vince, perde, fino a quando, ma anche questo posso solo
immaginarlo, arrivi ad un punto, fondamentale, dove non ti rendi conto
se il personaggio che hai creato alla tua merc, oppure sei tu ad esserne sottomesso.
Accompagnati dalle nostre ombre, ci dirigiamo, senza dirlo, verso
via dei Coronari, continuando a parlare di libri, anche lei legge molto, io
le chiedo quali autori preferisce, tra questi solo uno appartiene alla mia
biblioteca e, io le dico quali autori leggo, e continuo, ma tu sei una di
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quelle che fa le orecchie alle pagine quando smetti di leggere, oppure usi
il segnalibro, segnalibro mi risponde e continua, le orecchie le faccio solo per ricordarmi che in quella pagina c scritto qualcosa che mi interessa.
Non fai prima a sottolineare.
Il gioco li, se sottolineassi mi ricorderei cosa ho sottolineato,
quindi il concetto o la frase che mi ha interessata, invece, se trovo
qualcosa di interessante mentre leggo, faccio la classica orecchia, dandomi un aiuto per, lorecchia in alto, se quello che mi interessa si trova
nella prima met della pagina, orecchia in basso se nella seconda, poi,
quando il libro lho finito lo rimetto a posto, dopo un po di tempo, riprendo lo stesso libro, rileggo le pagine segnate e cerco di ritrovare le
parti che mi hanno attratta la prima volta.
Questo vuol dire che ti ricordi tutto quello che leggi.
No, ho detto che cerco di ritrovare, non sempre mi succede e,
quando accade non lo sapr mai, perch non mi ricordo, appunto,
quello che mi ha interessata la prima volta.
Allora perch lo fai.
Mi diverte il fatto che tutte le emozioni della lettura, di un film, e,
forse di tutto in generale, sono legate allo stato danimo del momento in
cui le vivi.
Questo significa che se tu, adesso, stai passeggiando con me, praticamente uno sconosciuto, alle quattro del mattino, tra i vicoli di Roma,
deserti e poco illuminati, lo devo allo stato danimo che avevi quando mi
hai incontrato, che culo.
Non proprio cos, ma ti ci sei avvicinato.
Adesso ci sediamo sopra alcuni gradini in travertino davanti una
porticina in legno a via della Vetrina, mentre continuiamo a raccontarci
di noi, se per la narrativa abbiamo poco o niente in comune, con la musica c la vera sorpresa. Tranne il jazz, lei possiede la maggior parte dei
dischi che ho anchio, adora Gould, ama Silvestri, passando per Nyman,
io le racconto che mi piacerebbe scrivere una canzone di Neffa e
cantarla insieme a lui durante un suo concerto, lei mi dice che non si
mai divertita come al suo concerto.
Cos proseguiamo, mentre senza rendercene conto, la luce
dellalba ormai alle nostre spalle, portandosi dietro un crescendo di ru82

mori e di profumi, come quelli prodotti da un piccolo bar a via


dellOrso dove ci fermiamo a fare colazione, ultima tappa prima di riportarla a casa, in un'ora decente.
Non mi ha detto come si chiama ma mi ha detto tante altre cose,
mi ha detto perch si trovava al pronto soccorso quella mattina, quando
cero anchio, mi ha detto che lei non stava male, sarei stata male dopo,
cos mi ha detto, per molto tempo e penso di non essere ancora guarita
da quel male che non ho avuto, e continuava a raccontare, ero andata ad
accompagnare mia madre, lavrebbero ricoverata quel giorno per lultima volta, aveva un tumore al cervello con metastasi ovunque, soffriva
tantissimo, lei ora non soffre pi, da tanto tempo non soffre pi, mentre
io soffro ancora, per colpa di quel suo male, soffro ancora, il dolore
costante anche se non ci faccio caso, unassenza che percepisco in ogni
istante della mia giornata, specie nei momenti in cui vorrei abbracciarla
come facevo da bambina, e lei mi abbracciava e mi baciava, lo ha fatto fino al giorno in cui morta, poi il dolore per la sua assenza diventa fisico
quando la rivedo in qualche fotografia, o quando apro il suo armadio
per indossare un suo vestito, quando esco indossando un suo vestito, mi
sembra di uscire insieme a lei, cos andiamo a bere una cosa, poi a ballare e, lei con me.
Mentre continuava a raccontarmi della madre, rimanevo in silenzio, ero annichilito dal suo dolore ma non ero triste, non potevo,
perch lei non lo era, il suo dolore non era pi tristezza, era gioia
nellandare avanti, in attesa del futuro, come un bambino aspetta la
mattina del giorno di Natale per scartare i regali e la sua gioia era uguale
alla mia anche se con un altro dolore, a differenza della ragazza del
pronto soccorso, io ho vissuto dolori altrui, le urla di sua madre mi svegliavano la mattina, per i primi giorni del mio ricovero a Neurologia, e
quando non lho pi sentita, in mente mi passato di tutto, tranne che a
quel silenzio, grazie al quale tutti i ricoverati delle corsie femminili e maschili riuscivano a riposare per qualche minuto in pi, corrispondeva il
frastuono assordante di sentimenti spezzati dal dolore di una giovane ragazza, seduta al Pronto Soccorso, qualche giorno prima, con accanto un
cretino fatto di vomito che continuava a fissarla.
Dolori altrui, come quello di Simone, nel letto accanto al paralitico, nel suo caso il dolore era diventato il mio, perch lui non lo provava,
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non aveva gambe n braccia e non provava dolore, era felice, specialmente quando la madre lo veniva a trovare e giocavano a carte. Simone non parlava, ma attraverso i suoi occhi, la madre riusciva a capire
quali carte scartare e, tante altre cose riusciva a capire di Simone, e lui
era felice, era felice quando io raccontavo una barzelletta e lo sentivo ridere, era felice quando lInter vinceva, era dellInter come me, era felice
quando sorgeva il sole, rideva sempre la mattina, perch sapeva che la
mamma sarebbe arrivata presto ed era felice quando lei lo lasciava la sera, perch si sarebbe addormentato con il suo viso negli occhi, un viso
che avrebbe ritrovato il mattino seguente.
Vivevo i dolori altrui, da quei giorni, solo da quei giorni, ho iniziato a vivere i dolori altrui, i miei erano diventati benzina per andare
avanti, nel miglior modo possibile.
Fino al mattino, abbiamo camminato fino al mattino e, parlato, la
luce si era intromessa nel nostro momento senza che ce ne rendessimo
conto e, torno a casa, da solo in macchina, mi sforzo di non pensare alle
ore appena trascorse con .. con, cazzo, ancora non so come si chiama
la ragazza del pronto soccorso, ma non ci penso, questa notte un quadro, meglio, una fotografia, da guardare quando ne avr bisogno, insieme a quelle dei carnevali passati, dei compleanni, delle vacanze, con la
speranza di riuscire a riempire un album intero di notti come questa.
Sono le otto, devo passare a prendere Letizia alle nove, non sono
sicuro di riuscire a lavorare per il concorso oggi, dopo la notte passata in
bianco, per cos dire, ma non posso rimandare, sincazzerebbe come una
iena e lo finirebbe da sola, il concorso, cos penso e, ne sono sicuro.
Al citofono mi risponde lei, sali, cos mi dice.
Non sei ancora pronta.
I miei non ci sono, non sono riuscita a svegliarmi ma ci metto poco, dai vieni su.
Sono appena uscita dalla doccia, mi dice aprendo la porta, non ha
laccappatoio, indossa una camicia troppo grande per essere sua, forse
del padre, non abbastanza grande da celarmi le sue gambe che riesco a
vedere nellattimo prima di salutarla, come riesco a vedere una goccia
dacqua liberata dai capelli bagnati, la goccia cammina, assecondando il
84

suo corpo, dalla spalla scende e, prima di nascondersi sotto la camicia,


passa in mezzo ai due piccoli seni lasciati parzialmente in vista, mi immagino il tragitto della goccia e, la rivedo proseguire la sua frenetica corsa
allinterno della coscia, non ha le mutandine, cos penso.
Aspettami in salone, o vuoi un caff.
Un caff lo gradirei, cos io e continuo, ho dormito poco questa
notte.
Allora te lo preparo, andiamo in cucina.
Aspettiamo che il caff esca, in piedi, Letizia si appoggia alla mia
spalla, oggi non ho tanta voglia di lavorare, mi dice, non sai io, penso, mi
appoggio con il braccio sul tavolo passandolo dietro la sua schiena, la
mia mano sfiora il suo fianco, da l a cingerle la vita una conseguenza
naturale, un movimento automatico e, accidentale, la mia mano, adesso,
poggiata sul suo fianco, cos mi conferma che nuda sotto la camicia,
oggi non siamo pi amici, sento mentre inizio a stringerla e, Letizia mi
asseconda, permette alla mia mano imbarazzata di perlustrarle il fianco,
scoprendo le sue gambe alla mia immaginazione, Kimbo, dio del caff,
dammi un segno, e la mano si sposta, dal fianco allinguine, al ventre,
poi di nuovo sul fianco e, riparte, alzando di poco la camicia facendola
cos gonfiare davanti, quanto basta per intravedere il capezzolo, e continua a muoversi, la mia mano, lei sa esattamente cosa fare mentre io,
incredulo e basito, rimango vittima dellequivoco dei gesti, normali tra
due amanti, strani tra due amici che vedono questi momenti con le stesse aspettative dei sogni, quasi mai condivisi, per questo sogni rimangono
o, desideri, invocazioni, come in tanti altri momenti ci sono stati tra di
noi, senza mai oltrepassare il, sempre troppo vicino, confine della ragionevolezza. Oggi non funziona cos, oggi non siamo amici, oggi Letizia
non parla, ascolta il caff che tarda ad uscire, ascolta la mia mano che si
affretta a sognare prima che il risveglio interrompa tutto, la mia mano,
unica parte di un corpo che sento paralizzato ed lei che mi parla, mi
racconta quello che succede, come fosse una partita di calcio, adesso si
sposta di nuovo, un dito riesce a penetrare sotto la camicia, tra un bottone ed un altro e sente la pelle, me ne parla, una pelle musicale che si
tende al contatto con quella del mio dito, ma non lo scaccia, lo accompagna, verso lombellico, che scopre ancora umido dalla doccia di pochi
minuti prima, adesso si ritira insieme alla mano da cui, purtroppo, non si
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pu separare e, insieme a lei, si dedica ora alla schiena fino al suo limite
meridionale, inizio di un sedere che si rivela arrotondato e, morbido, degna fine di una schiena disegnata e, audace inizio di due gambe lunghe,
snelle.
Letizia partecipa ai mie movimenti chiudendo gli occhi, voltandosi
verso di me fino ad appoggiare il suo seno destro sulla parte sinistra del
mio torace, lo sento, il suo viso tra la mia spalla e la testa, mi annusa il
collo, per lei gli odori sono importanti, hai ancora addosso lodore della
notte, cos lei, adesso la mia mano non pi sola, laltra la sostiene accarezzandole il collo, il tutto accompagnato da una musica, piena, calda e
disordinata, come un borbottio di note naturali e non armoniche, che lasciano disattesa la curiosit di gesti bramosi, amaro risveglio, il caff si
brucia, cos io a Letizia, mentre lei, lentamente, si allontana da me per
andare a prendere le tazzine, zucchero, cucchiaino, insomma tutto il necessario per gustarsi lanelato prodotto di una Moka da due tazze.
Non un sogno, accade, tutto, non solo a me, anche a lei, che mi
viene di fronte, poggiando le tazzine piene sul tavolo, appoggia il suo
ventre sul mio, le sue braccia sulle mie braccia e, le sue labbra sempre
pi vicine alle mie, vicine, talmente vicine che i nostri respiri non riescono pi ad allontanarsi da noi, sento i suoi seni spingere su di me, io,
ancora occupato dalla notte appena trascorsa, ancora occupato dallaccadere di un evento desiderato, a stento percepisco le sue labbra, non riesco a goderne ma la stringo a me, come farebbe un bambino con il suo
palloncino per non farlo volare via punto

86

XIV

Oggi c il sole, cos capisco guardando fuori, ed forse la prima


volta, da quando spendo il mio tempo in questo letto da forzato del riposo, oggi c il sole ed lunica differenza rispetto ai giorni scorsi, per il
resto virgola calma piatta.
Continuo a non trattenere niente di quello che mangio, tranne,
sempre, la mia colazione, preparata, sbattuta, dalle amorevoli mani di
Eddaclara, la caposala, e qualche succo di frutta alla pesca, per dire, su
cinque succhi, tre ritornano alla luce sottoforma di amena bevanda shakerata al gusto di succhi gastrici.
Ho iniziato a bere succhi di frutta per deglutire e farmi passare cos il blocco del diaframma a seguito degli spasmi diaframmatici, prima
questa operazione riuscivo a portarla felicemente a termine deglutendo
solo saliva, adesso la saliva ha bisogno di essere aiutata in qualche modo,
da sola non arriva nemmeno allaltezza di quello che un giorno fu il luogo delle tonsille per definizione e, cos fino a sera.
Cos fino a sera, per tutti i minuti che occorrono per arrivarci, passando per secondi, attimi e frazioni di questi. Imparo, qua dentro, a
calcolare il tempo, contarlo, osservarlo, studiarlo, prima da lontano, poi
sempre pi vicino, fino ad una distanza cos prossima ad esso, da riuscire quasi a percepirne la struttura e, ad averne rispetto.
Forse i giorni che trascorrer in ospedale non saranno sufficienti
a farmi capire in modo esaustivo la reale costruzione del tempo, una teoria di momenti che si susseguono linearmente, come i punti di una retta
sopra la quale mi sento in equilibrio, precario equilibrio, comunque in
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equilibrio, per questo lo rispetto, il tempo, merita rispetto, se lo prendi in


giro, lui, se ne accorge.
Sincazza.
E sono problemi.
Se, come me, ci stai sopra, al tempo appunto, in equilibrio precario, in un attimo, in un momento, ti butta gi e ti ritrovi per terra.
In questo luogo catartico sto imparando a rispettare il tempo, il
tempo che sembra non passare mai, svolgendosi senza sosta tra pulizie,
visite, pasti vomitati, parenti, ancora dottori, analisi, prove, forse miglioramenti o, peggioramenti, cena con purea di patate, o brodaglie sintetiche, per non appesantire il sonno, riposini, vertigini, singhiozzi, cos
ogni giorno, almeno per questi primi giorni, con piccole varianti di poco
conto e, cos, lascio che il tempo passi, lui, complice silenzioso di una
malattia improvvisa e, cazzo, non ci voleva.
Non sanno cosa fare, i medici, cos sperano, bombardandomi di
medicine, che io guarisca, li osservo nei loro gesti rituali, gesti avvolti da
camici immacolati, come se la malattia non avesse macchie o, se le ha, loro sono i portatori sani del detersivo che le distrugge, salvando i delicati,
penso mentre osservo, passano il tempo ad ordinarmi bibite a base di
cortisone che, gli infermieri mi sostituiscono senza posa, io le bevo per
via endovenosa ma non mi sento meglio, continuo a non mangiare ma,
sogno, di gamberoni alla piastra, filetti ai ferri, patatine fritte, bucatini
allamatriciana, tutto in una sola notte, ogni notte, i gamberoni sono
tanti, rosa, dolci, morbidi, mi aggrediscono, sono circondato, loro salgono sul letto, sono talmente tanti che dentro il materasso non ce la lana,
o le molle, ci sono i gamberoni alla piastra e, ne sento il profumo, sono
caldi ma incazzati, quando mi sembra di soccombere ai gamberoni, mi
viene in aiuto un filetto ai ferri, alto, rosso, poi chiama rinforzi, da solo
non ce la pu fare contro tutti quei gamberoni, allora arrivano altri filetti, alcuni ai ferri, altri al pepe verde, poi arrivano i contorni, patatine
fritte, cicoria ripassata in padella, io sono il campo di battaglia, sopra di
me si sta compiendo una pagina di storia, il generale, comandante in
capo dellesercito rosaceo, ordina alle sue truppe di riordinare le fila,
disponendosi in una determinata formazione che non capisco, mentre
vedo uno stinco di maiale, comandante delle forze sanguigne, risponde88

re di conseguenza, e lo fa con una violenza disumana, i dessert ne sono


schifati.
Sul campo di battaglia, ovvero su di me, scorrono litri di vino, rosso, bianco.
Scorgo, in lontananza, truppe di primi piatti avvicinarsi, non riesco a capire a quale esercito appartengano, ma sono in ritardo o, forse,
cos penso, tutta una strategia per disorientare il nemico, chiunque esso sia.
Allimprovviso accade una cosa strana, quando le formazioni che
da notti si stanno fronteggiando con una ferocia inaudita sono ormai
allo stremo delle forze, i primi piatti irrompono nella battaglia e, capisco
che non stanno con nessuno, adesso li vedo, si tratta di linguine allo scoglio, bucatini allamatriciana e, la fanteria composta da una meravigliosa
carbonara, cos fino al mattino, per riprendere la prossima notte, quando
il massacro si ripeter.
Al momento non ci sono n vinti n vincitori.
Mi diranno, quando rientrer in possesso delle mie facolt mentali
e render di pubblico dominio il mio mondo onirico, che la causa delle
mie notti violente era il cortisone, mah, io adesso mi sveglio stanco,
spossato e, inappetente, con un unico vero sogno da sognare, questa
volta ad occhi aperti, quello della mia colazione, un semplice uovo fresco, sbattuto con dello zucchero, preparato da Eddaclara, gi la sento,
come tutte le mattine, urlare a destra e a sinistra, con tutti, mentre, con
la tazza in mano, mi prepara il momento pi bello della giornata, dura
un momento non di pi, ma lunica occasione in cui non mi sento un
funambolo del tempo, ci sto sopra, comodo, saldo.

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XV

sconveniente non sentirsi in armonia con ci che ti circonda, come se io girassi ad una velocit diversa da tutto il resto, poco importa se
pi veloce o pi lenta. Diversa.
Mi capitato altre volte, e altre volte mi capiter.
Appena uscito dallospedale, a diciotto anni, non pensavo allo
scampato pericolo, a quello che sarebbe potuto accadere se fosse andata
diversamente, a diciotto anni non si pensa alla morte, e basta.
Pensavo solamente a reintegrarmi con i mie amici e, non era facile.
Loro non si svegliavano con le urla di una donna, malata terminale di cancro al cervello, non dormivano nella stessa stanza con un uomo
di trentanni malato di Morbo di Parkinson, ricordo, ed altre cose, altri
esami, e dottori, e infermieri, rumori, lamenti e risa, e visite di parenti e
amici a tutte le ore del giorno.
Insomma, non si pu dire che non ci ho provato, i primi tempi
uscivamo insieme, mi portavano in giro, locali, feste di amici, ma niente,
il dio dellausterit mi aveva irretito.
Prima di essere ricoverato, lunica cosa che volevo realmente era
rendermi indipendente dalla mia famiglia, il prima possibile, non volevo
fare lo stesso lavoro di mio padre, e nemmeno che lui intervenisse sul
mio futuro, sfruttando la sua posizione di autorevole intellettuale.
Mi iscrissi ad un istituto tecnico, per geometri. Essere geometra
mi avrebbe permesso di trovare facilmente lavoro, almeno cos pensavo,
fino a quel momento, il momento in cui ho acquistato consapevolezza.
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Non esiste nella vita di un uomo, momento peggiore di quando si


acquista consapevolezza, tremendo capire che tutto quello al quale
aspiravi fino a pochi minuti prima, in realt non conta niente. Non lho
capito subito, non si capisce subito, cos ricordo, e ricordo anche che nel
momento in cui mi sono sentito inadeguato a tutto quello che mi
circondava, ho passato un anno chiuso in camera mia, con lunico scopo, e mta, di capire.
Ho iniziato a leggere, pi saggi che narrativa, poi ad ascoltare musica, quella che non avevo mai voluto ascoltare, quella di mio padre, dal
jazz alla classica, solo che a differenza del grande regista, non ascoltavo
la sinfonica, solo concerti, pi intimi.
Il cinema, quello si, quello era lo stesso che guardava lui, adesso lo capivo.
Un giorno, girovagando tra gli scaffali di una libreria, mi capitato
tra le mani un libro, Il Soccombente, di Bernard, grazie a questo libro ho
conosciuto Gould, ed stata subito unaltra musica.
Adesso iniziavo a capire, continuando a ricordare, e la prima cosa
che mi diventata chiara in mente, stata che in un mese, tanto durato il mio ricovero, sono invecchiato, non dico maturato, ma
invecchiato, con cognizione di causa lo dico, e i vecchi si sa, parlano
unaltra lingua.
Devo assolutamente trovare qualcuno che parli la mia lingua.
Cos stato.
bastato trovare qualcuno della mia et, ascoltarlo, prima di parlare e, ascoltarlo di nuovo, solo cos sono riuscito a capire che la velocit
era giusta, per quello che ero diventato.
I problemi sono nati quando la mia et anagrafica ha tentato, violentemente, di riprendersi il suo spazio.
Giustissimo, penso.
Ho tentato di parlarle, ma non ha voluto sentire ragioni, come
dargli torto, poverina, a ventanni il fisico vive in sincrono con let anagrafica appunto.
Dopo avere resistito per qualche mese, ho dovuto cedere, mi sono
messo a fare quello che di solito i ventenni combinano, ma con la consapevolezza di colui che appena tornato da un lungo viaggio nel mondo
dei vecchi, e credo che questo si possa chiamare maturit, coscienza di
92

se e degli altri, con lo sguardo del bambino.


Ho sempre pensato di essere riuscito, finalmente, a trovare il segreto della pietra filosofale, fino a quando i tre elementi che mi
compongono, et anagrafica, fisico e coscienza, non hanno smesso di girare in modo armonico, con conseguente blocco dellingranaggio che
avevo faticosamente messo in piedi.
Oggi, durante le feste che organizzo, sento di non trovarmi pi a
mio agio con tutto quello che mi circonda, di nuovo, amici, ballo, divertimento e, cos via, una sensazione che conosco bene, credevo solo di
averla superata, essermela lasciata alle spalle, invece, bentornata coscienza.
Si, perch sono sicuro che colpa sua, lei che, messa da parte, si
riaffaccia prepotentemente nella mia vita, volendo essere di nuovo la
protagonista, la diva.
Maledetta consapevolezza.
Passo tutta la serata, da un po di tempo ormai, a parlare con un
amico, il mio migliore amico, e continuer ad esserlo ancora, cos sapr,
e lo facciamo come due disadattati, distanti da tutto il resto.
Forse arrivato il momento di smetterla con le feste, fare tardi e
baldorie varie, vodka, baci e abbracci, liste alfabetiche, tutti amici e, sorrisi, ballo, sudore.
Rumore.
Il rumore che si riesce a generare per non sentire se stessi, mi
guardo allo specchio, mi parlo ma non mi sento, allora urlo, continuo a
non sentirmi, le mie parole sono coperte da tutto ci che faccio, per
quanto strillo, non riesco a sentirmi. Conosco, parola per parola, tutto
quello che sto dicendo, ma non mi sento.
Dio del padiglione auricolare, aiutami.
Mi viene un dubbio, ma se io non riesco a sentire me stesso
stando cos vicino, forse anche gli altri non mi sentono, allora urlo ancora di pi, mi sembra di non avere limiti al volume che posso raggiungere
e, vado avanti, prima o poi qualcuno mi sentir, inizio a parlare male di
tutto quello che posso e che credo, le persone sono pi attente alle
brutte cose che si dicono che alle belle, al bando i baci sulla guancia da
chi non conosco, i saluti, i sorrisi, i pettegolezzi, le isole dei famosi dove
93

tra le poche cose che si pu portare non c mai il cervello, le disgrazie


altrui, di cui si ciba il pessimista, lacrime davanspettacolo, sei la donna
della mia vita ma non mi sento pronto, non ti merito, e bugie in genere,
meno tasse, pi servizi, democrazie da esportazione, bombe intelligenti,
bombe al silicone, giganti di carta, le mode e i modaioli, mentre strillo
pi forte, davanti allo specchio e, continuo a non sentirmi.
Parola, dea del verbo, fa che almeno io possa sentirmi.
Riesco a capirmi leggendo il labiale.
Dovrei fare come far Marzio, lui riuscir a muoversi nella melma
di questi oscuri personaggi che popolano il mondo della notte e,
purtroppo, anche quello del giorno, lavorando per loro, per locali e localari, e diventer insopportabile. Fra qualche anno, dopo avere interrotto
la nostra frequentazione, lo incontrer diverse volte, ad ogni nostro
incontro mi vomiter addosso frasi sconnesse, su racconti pi o meno
veri di suoi lavori, chiudendo con duepunti lultima fatica. Senza chiedermi come sto, come non te lo chiede nessuno, anche se le parole sono
quelle, ma il volto di chi pronuncia quelle due parole, come stai, significa
sbrigati a darmi questa cazzo di risposta che ho voglia di parlare di me.
Ecco, adesso il mio specchio si appannato, anche lui si rotto le
palle di sentirmi e me lo fa capire.
Ha ragione Thomas, un ragazzo austriaco conosciuto quando lavoravo per un architetto in centro, lui sostiene che se dieci persone camminano nella direzione giusta mentre un miliardo di altre persone
camminano nella direzione contraria, i dieci sono destinati a soccombere, lunica salvezza per loro quella di convincere laltro miliardo a
cambiare direzione, poi chiudeva cos, tu capisci bene che impossibile,
quindi sono i dieci della direzione giusta che, probabilmente cambieranno direzione, passando il resto della vita a darsi giustificazioni per la
scelta fatta.
Una ricaduta, cos , come quando sono stato dimesso dalla Prima
Clinica per Malattie Nervose e Mentali, reparto di Neurologia, con una
differenza, a diciotto anni pi difficile sintetizzare tutto quello che ti
accade, allora si fanno delle cose, tante cose, penso, in modo schizofrenico per, io mi ero chiuso, avevo deciso di non fare esperienze, mi bastava quella appena passata, allora mi buttavo, tappandomi il naso, in quelle
dei miei amici, pi grandi, ero diventato un grande ascoltatore, e nei li94

bri, vivevo attraverso i libri, vivevo delle loro esperienze, mi nutrivo con
le loro esperienze, era bello e, per niente faticoso.
Libri e amici.
Anzi, posso dire solo amici, perch i libri sono diventati i migliori,
tra gli amici che ho.
Anche oggi, a distanza di molte vite da quel momento, il rumore
del reparto di Neurologia non mi abbandona, ha iniziato a sovrapporsi a
tutti i rumori della mia vita, prima in modo discreto, poi sempre pi
forte, da non farmi sentire nientaltro. Lultima festa che ho fatto, laltro
ieri, mi sembrava uno di quei programmi della televisione dove, a comando, si ride, si applaude, ci si alza e si balla, insomma, ci si diverte, a
comando e, il comando in questo caso la porta di casa che si chiude
dietro di te, tu inizi, chiudendo la porta, a ridere, applaudire, insomma a,
divertirti.
Sono dovuto andare via prima della chiusura, molto prima della
chiusura, la festa era iniziata da poco. C un piccolo ristorante in centro,
lho conosciuto un po di tempo fa, ero con Letizia, in una delle nostre
tante passeggiate serali, cera un uomo alla porta, la faccia simpatica,
abbiamo iniziato a parlare, cos, senza dire niente e, in mezzo al niente,
cerano anche cose intime. abbastanza facile parlare della propria intimit con degli sconosciuti, pi facile che con gli amici, cos penso, siamo
entrati e abbiamo fatto le due di notte bevendo vino, vini, accompagnati
con formaggi diversi. Da quella sera, prima di tornare a casa quando
uscivo con Letizia, si faceva sempre un salto da loro, cos, solo per
addormentarsi pi sereni.
Cos ho fatto appena uscito dal locale, l'altra sera, mi sono diretto
in centro, stavano chiudendo il ristorante, non era tardi per una discoteca ma per un ristorante si, hanno comunque abbassato le serrande, noi
dentro a, bere e parlare, come se fossimo amici di vecchia data.
I rumori del mio reparto erano spariti, cos come i rumori di risate, applausi, insomma divertimento, potevo tornare a casa.
La strada lunga, mi devo mettere delle scarpe comode, penso.

95

XVI

Sono due giorni che sto meglio. Stare meglio significa vomitare di
meno e, forse, meno vertigini. La diretta conseguenza del mio miglioramento il ritorno nella mia vita del dimenticato appetito, ho fame,
mangio con avidit, anche il cibo dellospedale, perch oltre al rinforzino
mattutino preparato da Eddaclara, mia madre mi fa preparare da Ena, la
nostra governante, pietanze su misura per me, dal primo al dolce, dal coniglio alla zuppa inglese, passando per melanzane alla parmigiana, risotti
ai funghi porcini, varie ed eventuali. Ora, tenendo presente che Ena viene dal Salvador, che mia madre non sa cucinare, che il cibo che mi portano da casa non , come si pu dire, ottimo, penso che, in verit,
proprio mia madre a mettersi ai fornelli, con indegni risultati, cos
penso, e il fatto che, sempre mia madre, mi spaccia il tutto come opera
di Ena, la porta a pensare che io mangi tutto con molto pi desiderio,
cosa che invece non accade, consideriamo inoltre che provengo da almeno una settimana, dieci giorni, non so bene, di digiuno forzato e di vomito altrettanto forzato e involontario, che il mio stomaco si disabituato
a trattare con estranei che non siano luovo sbattuto la mattina con
zucchero, che ho i succhi gastrici incazzati come iene, non penso, cos
penso, ed facilmente intuibile, che tutte queste prelibatezze mi facciano bene, cos, questo accade, vengono ridistribuite tra Pippo linfermiere, Maria linfermiera anziana, lei prende senza chiedere, mia madre
pensa che sia cleptomane, qualche ricoverato con stomaco di ferro e,
specializzandi fuori sede. Io mi accontento, lo trovo buonissimo - mia
nonna diceva che la fame buona - meglio dei pasti dellospedale, carne
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insipida, patate lesse, sempre insipide, brodini di dado ed altre cose dello
stesso tipo di quelle appena nominate. Prescindendo dal sapore, forma
esteriore, ingredienti, ogni cosa che mangio entra solido e, lo restituisco,
con meno frequenza dei giorni passati, in una forma molecolare prossima allo stato liquido, cos .
Un altro aspetto fondamentale del sentirmi meglio, con una
forma fisica pi prossima alla minima attivit celebrale piuttosto che allo
stato vegetativo, il poter di nuovo rendermi conto di quello che mi
accade intorno, quasi partecipando, non allarghiamoci, rimango ancora
solo un osservatore esterno, ma i miei neuroni hanno smesso di litigare
riprendendo a collaborare tra loro e, partecipare bello, come mi ha
insegnato Simone, lui, fermo, in un letto, un tronco con una testa
attaccata, senza arti, non parla, una testa meravigliosa attaccata a quel
maledetto tronco, una testa che ride quando arriva la mamma, la mattina
presto, prima delle pulizie, una testa meravigliosa che ha un unico modo
per comunicare, gli occhi, ma quegli occhi sono letteratura, poesia, una
testa meravigliosa tifosa dellInter, una testa meravigliosa che rimpicciolisce la mia, sempre di pi, fino a trasformarla in uno stato informe da
persona normale, che balla la sera nei locali, che ha una fidanzata, aveva,
adesso Giordana sta con un mio amico. Da persona normale, che studia,
che va al cinema, che comunica, come pu, attraverso luso della parola,
che va a correre a Villa Ada, correre a Villa Ada nelle mattine di primavera bellissimo, che in futuro avr una macchina e un motorino,
mentre Simone una testa meravigliosa che sa ridere e fa ridere con la
sua serenit, e ride, gli basta che ci sia la mamma e, lui ride, felice del
suo mondo, cos capisco, la mamma il suo mondo e, basta, lui ride, come ieri ad esempio, era di turno Pippo, il nostro Pippo, il pi simpatico
tra gli infermieri, il Pippo che appena ricoverato mi portava a Neurochirurgia a vedere le partite con la loro televisione, a colori, il Pippo che ieri, mentre rifacevano i letti, ha preso Maria, la pensionanda, lha messa
sul letto e, appena ha fatto il gesto di salirle sopra, lei ha alzato le gambe
lasciando vedere tutto, calze, mutandoni, sottoveste, insomma, tutto ci
che di pi intimo Maria possiede, di fronte a questo spettacolo, io, non
riuscivo a capire se i conati di vomito fossero causati dalla mia patologia
o, dalle immagini che si stavano impressionando sulla mia retina, il tutto
guarnito con le risate di Simone, piene, musicali.
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Serene.
Sono un paio di giorni che mi sento meglio, lho gia detto, lo so,
ma ne sono euforico quindi lo ripeto, questo mi da la possibilit di
prendere la mia sedia a rotelle, messa a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale, per andare a conoscere un po tutto, a partire dai miei
compagni di sofferenza, le donne, non conosco niente del braccio dedicato alle donne, non conosco niente dei locali igienici, bagni, fino a
laltro ieri ho fatto con la padella, la stanza dove stazionano i medici di
turno e i paramedici, insomma, mi faccio un giro. Nel girone femminile
non c niente di interessante, let media molto alta e, tranne la donna
che ci svegliava allalba di tutte le mattine strillando, malata terminale di
tumore al cervello come ho saputo in seguito, la maggior parte di loro
sono signore anziane, ex mogli, ex madri, ex nonne, depositate qua da
famigliari pigri, cambio aria.
La stanza dei medici un locale piccolo con un armadio, un lavandino, una scrivania e una lettiga per far riposare chi di turno, anche
questo poco interessante, prossima tappa i bagni. Se non fosse per Antonio, giovane cinquantenne ricoverato da poco per esaurimento nervoso
che, stancamente mi ostacola, sarei gi arrivato ai bagni, ciao, cos io, il
suo fiacco ciao ha la pretesa di essere una risposta al mio saluto, come
stai, continuo e, penso rispondendomi, come uno che non ha voglia di
parlare visto che, oltre a sollevare le spalle, non d altri segni di vita neurologica ma io, imperterrito, continuo, lhai vista la partita della Juve ieri,
cos chiedo, juventino, non lha detto era scritto nelle sue note caratteriali, scusa, non ho sentito, come hai detto, niente, non hai detto niente,
mi hai scansato e te ne sei andato girandomi intorno, spalancandomi cos la strada per i servizi igienici del reparto di Neurologia, belli, come in
albergo, mi ricordano un viaggio fatto a New York, io ero piccolo, avevamo accompagnato mio padre alla presentazione di un suo film, il bagno
dellalbergo dove eravamo ospitati era pi grande del nostro soggiorno
o, cos mi sembrava, quando si piccoli tutto sembra pi grande, proprio uguale ai bagni delledificio della Prima Clinica per Malattie Nervose e Mentali del Policlinico Umberto I di Roma. Uguali.
Bagni piccoli e angusti, corridoi sofferenti, visi svuotati, corpi caricaturali, vestaglie dei giorni di festa, pantofole nuove di mercato, pigiami
cinesi, lamenti, improbabili parenti, come la figlia di Antonio, unica
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donna sotto i ventanni a frequentare questi luoghi, e poi, medici allegri,


infermieri allegri, sorridenti, felici di trovarsi qui, con te, ti parlano, ti
ascoltano, ti aiutano, ti curano. Tutto questo il mio reparto, dove si
permettono le visite a qualsiasi ora del giorno, perch, come dice Edda
Clara la caposala, questo gi un luogo di sofferenza, e questo, per
quanto possibile, cerchiamo di farlo dimenticare al paziente, e oggi,
che sono passati due giorni dallinizio del mio miglioramento, anche io
sar oggetto di questo trattamento, i medici mi hanno permesso di ricevere visite oltre a quelle dei familiari stretti che, detto tra me e me, avrei
evitato volentieri, tranne Costanza. Oggi sono venuti in ordine, Marzio,
mi ha lasciato dei biglietti per una festa la prossima settimana da distribuire agli amici che mi verranno a trovare, Barbara e Serena, due amiche
di Monteverde, Giordana e il mio caro amico, suo nuovo fidanzato dopo di me, loro ancora non me lo hanno detto, temendo una ripercussione sul mio cagionevole stato di salute, ma io lho capito. Poi arrivata
Costanza, con il suo nuovo fidanzato, il migliore amico del suo analista,
di Costanza appunto, come sapr in futuro, questo significa che lei usava uscire con il suo analista, erano amici, cos penso, si fa, non credo,
non penso, ma adesso c Costanza, accanto a me, oggi, con chi non
importa, ne posso godere, oggi, sono due giorni che mi sento meglio,
questo basta.

100

XVII

Il telefono, di nuovo il telefono, prima era Marzio per una festa


da fare a Sutri, nella villa con bosco di un nostro conoscente, a quanto
sembra faremo una festa in un bosco, divertente, adesso invece
Letizia.
Ciao Claudio.
Ciao Letizia.
Come stai Claudio.
Bene Letizia, e tu.
Anche io, grazie.
Ci davamo anche del lei.
No, questo no, non mi sembra amore.
Ciao scema.
Senti, ho una notizia fichissima, un amico dei miei ha comprato
una casa nuova, mi ha chiesto se mi potevo occupare del progetto, lo
facciamo insieme.
una domanda, oppure hai gi deciso.
Cretino. Dai bello, sono duecentoquaranta metri di casa, ai
Parioli, ci divertiamo.
Va bene allora.
Possiamo andarci anche oggi, ho le chiavi.
Mi ha appena chiamato Marzio, ci dobbiamo vedere a pranzo
per una festa a Sutri.
Vediamoci dopo pranzo, alle tre, tre e mezza.
A dopo, mandami lindirizzo con un SMS. Click.
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Dal pranzo con Marzio venuto fuori che, la festa nel bosco sar
bellissima, saremo in otto ad organizzarla, il DJ sar nel bosco anche lui
e, l si baller, continuo, adesso operazione appartamento, direzione
Parioli, mentre arrivo vedo Letizia che mi aspetta, seduta ad un tavolo in
un bar, mi siedo vicino a lei per un caff e si parte.
Letizia emozionata, in ascensore mi tiene la mano, il suo primo, vero incarico da quando si laureata, da quando ha passato lesame
di stato, si volta e mi bacia sulle labbra.
Ah lemozione.
Lappartamento dellamico dei genitori di Zia veramente
grande, disposto come ormai non si usa pi, ma grande, doppio ingresso, lungo corridoio centrale, stanze a destra e sinistra, cos vedo e, vede
anche Letizia, in silenzio, ancora per poco, ti piace, cos lei, io non rispondo, giro la testa da una parte allaltra, in verit mi piace, sar un bel
lavoro, ma non voglio fare leuforico, prendo tempo, bello, penso e dico, Letizia mi lascia la mano che dallascensore ha sempre tenuto nella
sua e inizia a girare per le stanze vuote e ingiallite della casa, hai visto
quant grande, cos lei unaltra volta.
Si, bello.
La cucina la spostiamo, la mettiamo al posto della prima camera,
questo muro lo buttiamo gi cos viene un salone gigantesco, e continua, queste due camere sono per i bambini, segue una serie consistente
di spostamenti, modifiche, rivestimenti in un modo, no, in un altro, poi
gli impianti, filodiffusione in tutte le stanze, telefono, computer, poche
luci, non ci piace la luce artificiale, cos, alternando propositi architettonici ad un rilievo dettagliato dei locali, oltre a baci e strusciamenti vari,
siamo di nuovo in strada.
Il progetto per la nuova casa dellamico dei genitori di Letizia v
avanti, discretamente, le prime idee sono piaciute molto, anche perch
lenfasi messa da Letizia nel raccontarle, pari solo allenfasi che
avrebbe nel parlare della sua futura casa, questo sembra, ed un aspetto
piacevole di come affronta il lavoro che, cos penso, se da una parte ti
porta ad appassionarti alle cose che fai, dallaltra rischia di farti prendere
delle immense delusioni, spero ne tenga conto ma, fatta cos, inutile
dirglielo, inutile dirle che sarebbe meglio, per lei, prendere le cose con
102

lopportuno distacco, quale immonda sciocchezza, me ne rendo conto


mentre la penso, opportuno, cosa significa, forse una misura, qual la
misura di opportuno, un limite, un confine, dov segnato, non c in
nessuna carta, devi essere pi distaccato nelle cose che fai, questo lo
sento dire da sempre, il consiglio pi venduto, confezionato da
millenni di esperienza di unumanit che ripete, sempre da millenni, gli
stessi errori, perch io dovrei essere diverso puntointerrogativo Consigli,
ombre di consigli mi assediano perdio, ma non voglio soccombere e,
non succeder, brava Zia, buttati con tutta lanima in quello che fai e
tocchi, pensi e, provi, fino a farti male poi, di nuovo, altri errori, altri limiti inopportuni da superare, insegnami come fare, come quando mi hai
detto che vuoi essere un libro aperto, senza niente tra le righe, semplice,
come una favola per bambini dove la morale chiara come il sorriso di
Simone, mio vicino di letto in ospedale, un libro aperto per tutti coloro
che vogliono leggerti, insegnami, come faccio ad appassionarmi al progetto della casa dellamico dei tuoi genitori come fosse la mia, queste sono le camere dei bambini, due, un maschio una femmina, la cucina,
con un tavolo per fare colazione tutti insieme la mattina, un salone,
grande, dove, se ci andr, concepiremo il primo figlio ascoltando Kind
of Blue e dove concepiremo il secondo, dopo che il primo si sar
addormentato, una camera da letto enorme, per non darsi fastidio lasciando le mutande per terra, poi i bagni, per ultimo, ma servono
sempre, insegnami se vorr, se non sar un subirti come, sento, a volte
accade e, mi fa paura, cos non ci penso.
E continuo ad essere distaccato, seguendo alla lettera un consiglio
bugiardo, non casa mia, non nemmeno casa tua, Letizia, anche se
lidea non ti lascia indifferente, ti conosco, cos penso, ti brillano gli
occhi quando parli delle camere dei bambini, gi li vedi, strillanti,
rincorrersi per le stanze della casa dellamico dei tuoi genitori, poi litigare, per chi possiede il diritto di propriet sul trenino, scordato in un
angolo remoto del cumulo dei giochi e ritrovato dalla donna di servizio,
li vedi, smocciolanti e allegri come solo i bambini sanno essere.
Cos , ed il lato migliore del suo carattere, di Letizia appunto,
quello che trasforma i sogni in realt, i suoi sogni nella sua realt,
creando, a tutti coloro che si imbattono nel suo mondo onirico, un
opportuno distacco, frutto di paure ataviche.
103

La telefonata di Marzio mi arriva appena rientrato a studio,


Giancarlo ha avuto un incidente in motorino, questo mi dice, lhanno
portato allUmberto I, mi passa a prendere tra venti minuti per andare
da lui. Non mi sembrato preoccupato, forse non niente di grave ma
nemmeno lui lo sa. Avverto Letizia, doveva ripassare a prendermi per
andare in un posto, non mi ha voluto dire dove, una sorpresa, cos lei,
mi sembrata un po dispiaciuta quando le ho detto che sarei andato
con Marzio da Giancarlo allUmberto I.
Avevo diciotto anni lultima volta che sono stato al Policlinico,
lesterno sempre fatiscente, come me lo ricordavo, si vedono qua e l
ponteggi allestiti, segni evidenti di una minuscola volont di sistemazione, inutile conseguenza di una pianificazione sterile, in questi luoghi
che, il dott. New, dio della concupiscenza, nasce, cresce e, si nutre senza
ritegno, cos penso mentre ci dirigiamo verso il Pronto Soccorso, perch
da l sar passato, sicuro. Il Pronto Soccorso cambiato rispetto a come
lo ricordavo io, tutto, rispetto a quello che mi ricordo, in realt lunica cosa che ho quasi chiara nella mente la ragazza del pronto soccorso che,
non ho pi visto alle mie feste, ogni tanto mi sono incrociato con il fighettino con gli occhiali, lei non cera mai, non sono pi riuscito a sapere il suo nome, chi la metteva in lista alle feste, niente, cos penso
mentre troviamo Giancarlo, fermo in un corridoio in attesa del referto,
ha una gamba ingessata e tre punti sopra locchio e, un poco alla volta,
in questo corridoio, la mia mente mi lancia segnali confortanti, Carlo mi
ha accompagnato, era nervoso, poi, la ragazza del pronto soccorso, e
ancora, la donna al reparto che urlava di dolore, mamma della ragazza
del pronto soccorso, gli infermieri, i medici, ne sento nostalgia, lamore
che ho conosciuto qua dentro ., anzi, conosco lamore grazie alle
persone che ho conosciuto qua dentro, cos ricordo mentre arriva la sorella di Giancarlo e, continuo a pensare, vorrei trovare il modo per non
dimenticare, solo cos, la prossima volta che mi capiter di incontrarlo,
lamore o qualsiasi altra cosa sia, lo sapr riconoscere e, riconoscere chi
me lo offre, riconoscere quando lo provo, lo sento e, lo vivo.
Ciao Zia, Giancarlo sta bene, no, una macchina non si fermata
allo stop e lui gli andato addosso, adesso sta bene, non si nota la differenza, rincoglionito come al solito, cos a Letizia che mi ha telefonato
mentre uscivamo dal Pronto Soccorso.
104

Malinconia.
Malinconica anche Letizia, per motivi differenti penso, oggi mi voleva vedere, non mi ha detto il motivo, sorpresa, forse, mi piacciono le
sorprese, pi farle che riceverle in verit, nel fare regali o sorprese, provo un appagamento profondo del mio Es, lui si sente soddisfatto, cos,
come quando ho conosciuto Letizia, il primo anno di universit, mi
sembra, mi sono presentato a casa sua con un mazzo di fiori, cosa banale, certo, lo so, ma diventa sorpresa quando laltra persona non se
laspetta e, lei, non se laspettava, sapevo che i genitori non cerano, era
met pomeriggio, passavo dalle parti di casa sua, in realt ci sono partito
da casa mia ma, a lei non lho detto, Letizia scesa non mi ha fatto salire, cos ho capito che forse non era sola, i suoi occhi, per, dicevano
unaltra cosa, mi parlavano di stupore, felice, mi dicevano sali, ci prendiamo un Tea, poi ci andiamo a mangiare una cosa insieme e, magari un cinema, questo mi dicevano, le stesse cose che mi dicono oggi, insieme a
tante altre cose che, col tempo, si sono aggiunte e, quando gli occhi
parlano, limportante avere cuore per ascoltarli, come, cos ricordo, la
mamma di Simone.

105

XVIII

Meraviglia.
Continuo a stare sempre meglio.
No, la meraviglia non perch mi sento meglio, che si traduce, in
termini pratici, nello scorrazzare con il mio potente mezzo, sedia a rotelle, per i corridoi del reparto, mangiare con appetito, ricevere visite, vietate fino a qualche giorno fa, parlare, dormire e, sognare, poi Marzio,
con i suoi biglietti per le prossime feste, da distribuire a chi mi viene a
trovare, ne ho il comodino pieno, mamma con i suoi singulti. No, la meraviglia non per tutto questo o per tutto ci che il mio stare meglio
pu significare, la meraviglia per il fatto che i medici, ad oggi, ancora
non hanno capito niente di quello che mi successo, passando da una
quindicina di vomitate al giorno, con conseguente dimagrimento di una
dozzina di chili in una settimana, vertigini, parestesie varie, danza
dellocchio, degli occhi. Mi hanno fatto di tutto, riempito di esami e di
medicine ad ampio spettro, per arrivare alla condizione attuale di sei o
sette vomitate giornaliere, ma almeno riesco a mandare gi qualche
boccone, con un conseguente miglioramento del tono muscolare e
dellumore, cosa questa fondamentale per un buon decorso ospedaliero,
ma, decorso di cosa, questo che non si capisce, i medici hanno assistito alla mia parabola sanitaria come spettatori, svuotati da qualsiasi nozione patologica. Si, impegnare si sono impegnati, non lo posso negare,
con scarsi risultati per, come sapr appena mi dimetteranno, cos mi diranno, sono passato dal tumore alla sclerosi a placche, attraversando pagine intere di trattati di patologia clinica ma niente, appena fatta una
107

diagnosi e ordinato il relativo esame, questo avrebbe smentito l'ipotesi di


partenza, e cos si ripete tutto, passando dal via, questo mi diranno
anche se ho capito qualcosa di simile.
I medici mi dicono, adesso che stai meglio possiamo approfondire
alcuni esami, e approfondiamo, cos io, non vedo lora, anche perch, il
risveglio del sopito, mai domo, attaccamento alla vita, mi porta ad avere
una discreta fretta di uscire da qua, fretta che per devo gestire, in
quanto il resto dei sintomi sono rimasti, tutti, alcuni migliorati, ma rimasti, il nistagmo agli occhi migliorato, il vomito migliorato, lumore
migliorato, la forza anche. Il resto, tutto come prima, penso, mentre osservo una splendida giornata di sole di fine autunno, consumarsi dietro
le finestre, fuori ci sono due infermieri in pausa che si fumano una sigaretta, qualche civile in attesa di visitare i parenti, forse, un cane, si, un cane, unambulanza parcheggiata, una lettiga vuota, un paio di oleandri
secchi.
Sono in attesa.
Laspetto peggiore dello stare meglio lattesa, ingannare il tempo
in attesa, di cosa, di uscire, passando per altri esami mentre il recupero
delle forze coincide con la presa coscienza delle cose che accadono, lo
scorrere dei momenti che, prescindendo da te che sei rinchiuso qua
dentro, comunque passano e, tu non partecipi, in una giornata di sole,
come questa, la percezione del tempo che scorre, e con il tempo tutti coloro che partecipano a questo scorrere, aumenta, come aumenta la
rabbia per esserne escluso, ieri ho anche giocato a briscola con Antonio,
il malato di depressione, o esaurimento nervoso, non lho capito.
E ho perso.
Decido di uscire e, nel mio piccolo, partecipare, vicino a me passa
Domenico, lo specializzando calabrese in Neurologia, lo chiedo a lui se
posso uscire, insieme ai due infermieri, il cane e i parenti, di chi non so,
Domenico decide di accompagnarmi, cos si mette alla guida della mia
sedia a rotelle e si esce, il sole caldo, tanto da rendere questa giornata
di novembre tiepida, si sta bene, cos io a Domenico.
una bellissima giornata, mi risponde.
Sembra bella anche qua dentro, sopra questa sedia, e continuo,
forse tu che sei del mestiere ne sai qualcosa, ma s capito cosa ho, gli
chiedo.
108

Ancora no.
E per cosa mi stanno curando.
Non ti stanno curando, ti stanno dando delle medicine per contrastare i sintomi di quello che hai.
C possibilit di saperlo nel breve periodo, ho dei progetti per il
futuro e, penso mentre do libero sfogo al mio verbo, che non potevo
usare una locuzione pi infelice di quella che mi appena uscita, ho dei
progetti per il futuro, che cazzata, in un luogo dove la maggior parte di
coloro che entrano, ha solo la speranza di un futuro, nella migliore delle
ipotesi.
E Domenico mi risponde, sorvolando sulla mia incoscienza di ragazzo fortunato.
previsto per te un esame che dovrebbe darci qualche risposta,
era previsto gi da tempo, ma si pu fare adesso che ti senti meglio.
Di cosa si tratta, cos io a Domenico.
Si chiama Risonanza Magnetica Nucleare, il nome sembra un po
strano ma non niente di particolare, tipo la TAC, che tu hai gi fatto,
mi pare.
Sembra anche a me e, per quando sarebbe prevista, continuo nelle
domande.
Non lo so, non c qua al Policlinico, la dovrai fare a Marino, dovrebbero averti messo in lista, hai diciotto anni, passerai davanti ad altri
pi anziani, penso che sar tra pochi giorni. Let ti aiuta.
Let mi aiuta, penso e, continuer a pensarlo ancora tante volte in
futuro, un concetto semplice, banale se vogliamo, ma non ci avevo mai
pensato, a mia discolpa dico che non facile pensare ad unet mentre la
si vive, si d per scontata, oppure cos solo per i diciottenni e dintorni.
Altre cose mi racconta Domenico, sotto questo caldo sole di novembre, mi racconta che un fuori sede, gi lo sapevo, mi racconta che
si sta specializzando sul Morbo di Parkinson, mi racconta che gli piace il
calcio, del Milan, mi racconta che da due mesi non pi fidanzato, mi
racconta che il caso di rientrare, stanno per portare il pranzo.
Io mi racconto che Domenico una brava persona, difficile trovarne di cattive qua dentro punto
Stranamente oggi non ho ancora ricevuto visite, gli amici vengono
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nel pomeriggio, ma la mattina, di solito, mia madre c sempre, poco male, vuol dire che riesco a gustarmi in santa pace il brodo di dado, il mio
preferito, zucchine lesse e una mela cotta, oggi mangio sul tavolino della
stanza, seduto su una sedia, una vera sedia.
Edonista.
E il pranzo scorre e, come il pranzo, quei minuti leggeri della digestione, fatti di veglia, sogni, sogni che si mescolano a veglia, pascoli
sterminati di letti occupati da pazienti stanchi, tutto un brulicare di
carrelli che tornano alla stalla con il loro carico di stoviglie sporche, di
medici neanche lombra, di mamme si, la mia che, senza smentirsi, si
conferma lEssere con il peggiore tempismo che io conosca, mi stavo
per addormentare, cosa che anche i miei colleghi stanno tentando di fare, forse loro ci riusciranno, a parte un breve saluto mia madre si dirige
subito da me. Scuasami se non sono venuta questa mattina, cos mi dice,
figurati, penso ma non lo dico, e continua, visto che ti senti meglio ho
pensato di andare dal parrucchiere, sono tre settimane che non ci vado,
con tutto quello che successo, ma adesso sono qui, e questo
limportante, cos le dico.
Senti mamma, sai niente di questo esame che mi devono fare, cos
le chiedo.
Quale esame, mi risponde chiedendomi.
Risonanza Magnetica Nucleare.
Si si, dovresti farlo la prossima settimana, ce lo confermano domani o dopodomani.
Me ne ha parlato Domenico, lui dice che vista let me lo faranno
fare durgenza.
Non lo so, se ne occupato un amico di pap, primario in un
ospedale a Torino.
Let aiuta, meglio se incoraggiata, penso, da una personalit
influente nellambiente, bene e, continuo a pensare, anzi, meglio di no,
non voglio pensare.
Pensa, cos mia madre, che il Primario di Neurologia, dove sei ricoverato tu, non scende mai in reparto, lamico di pap lha chiamato e lui
ti ha visitato, dormivi quasi, non te ne sei nemmeno accorto, ma lui ti ha
visitato.
Le brillano gli occhi, mentre parla del Primario di Neurologia,
110

le brillano gli occhi, soddisfatta si vede, fiera, anche se in ospedale,


non in clinica, il Primario mi ha visitato, non penso sia cambiato niente
dopo la sua visita, non penso che abbia capito cosa ho, nemmeno
perch sto meglio, ma lei soddisfatta, io un po meno, penso, forse
perch sono ancora un immaturo sotto le spoglie di un diciottenne moderno, disincantato, indipendente, ma sarei pi soddisfatto se il Primario
del reparto di Neurologia, scendesse sovente a visitar malati.
Dovrebbe essere il suo lavoro.
Il mio lavoro fare il malato, il suo visitarmi, con Domenico
intendiamoci, ma dovrebbe visitarmi lui. Sono un ottimista, mi piace
pensare che sto meglio perch il Primario di Neurologia mi ha visto solo
di sfuggita, grazie. Altre notizie dallesterno, cos io a mia madre,
inconsapevole del fiume di notizie che stava per inondare i miei condotti
uditivi.
Pap ha chiamato, ha chiesto come stavi, chiama tutti i giorni, due
volte al giorno, luned torna da Berlino e si ferma una settimana.
Il mio lavoro fare il malato, il suo lavoro, di pap appunto, fare
il pap, oltre che il regista, grande regista, di culto e, un pap
normalmente chiama per sapere come sta suo figlio, ricoverato non si sa
per cosa, al reparto di Neurologia del Policlinico Umberto I, normale,
non mi sembra una notizia eccezionale, penso, parlami di come gli sta
andando il film, continuo a pensare, questa sarebbe una notizia degna di
essere conversata. Cattivo, forse, un po, ma mi piacerebbe averlo
accanto.
Mia madre tenta di raccontarmi qualche altra succulenta notizia, la
interrompo subito con una tempestiva vomitata, temevo non arrivasse
pi.

111

XIX

Giancarlo una star, la sua gamba rotta diventata lattrazione


principale delle nostre feste, cos allultima, se ne stava l, fermo, seduto
sul divano a sorseggiare vodka-tonic e ricevere visite, cera la fila per
andarlo a salutare, lui come un Papa il giorno delle udienze, lho
raccontato a Letizia, ma lei non si meravigliata, fa parte del suo personaggio mi ha detto, Giancarlo cos, primadonna, e ha aggiunto, come
Marzio, cos ha aggiunto, gratuito come commento, non me laspettavo,
forse vero, non lho mai visto sotto questo aspetto, Marzio. strano cosa pu fare una pulce nellorecchio, certe cose, alle quali non avresti mai
pensato, irrompono nella tua mente e, come uno stillicidio, si scavano
una strada, fino a diventare vere. Certo, Letizia non una persona che
parla per parlare, come fanno in tanti, lei ci pensa a quello che dice,
penso e, questo mi fa pensare, ma finita cos, non ne ha pi parlato,
ma io ho continuato a pensarci, facendo nella mia mente quello che mio
padre fa per vivere, i film, come spesso mi accade e, cos fino a quando
mi sono visto con Zia, speravo che lei riprendesse largomento, ne volevo sapere di pi di quello che pensava, invece niente, solo quel come
Marzio, che dalla mattina mi girava in testa, niente di pi, perch Zia gi
non ci pensava pi, ormai pensava solo ad una nuova casa che dovevamo andare a vedere, piccolina, cos lei, questa piccola mi ha detto appena ci siamo incontrati, una casa alla quale, io pensavo in un modo,
Letizia in un altro, io pensavo che sarebbe diventata, come quella pi
grande ai Parioli, oggetto del nostro fare progettuale, questo pensavo,
pensavo anche che, una volta entrati, Zia mi avrebbe parlato dei proprie113

tari, dei figli che avevano o che avrebbero voluto avere, di come gli sarebbe piaciuta la cucina, grande, piccola, angolo cottura, il bagno poi, vasca da bagno o doccia, filosofie diverse, penso, la razza umana si divide
in due categorie, vascari o docciari e, da l si capisce tutto, anche larredo, pensavo mi dicesse anche qualcosa sullarredo, minimalista, moderno o, chiss cosaltro, questo pensavo andando a vedere
lappartamento pi piccolo rispetto a quello dellamico dei genitori di Letizia, ti piace, mi ha chiesto appena entrati, poi, tutto come il primo, stessi commenti, stesse idee di distribuzione o quasi, le proporzioni erano
effettivamente diverse, ma poi, tutto come per laltro, niente di strano.
Mi sbagliavo.
Il progetto era solo a parole, era pi che altro un progetto di vita,
in un attimo, dal piccolo appartamento, mi ritrovo qua, allIkea, girone
infernale scartato anche da Dante, in mezzo ad unorda di dannati
dellarredare, mariti puniti per contrappasso costretti, la sera, a montarsi
camerette intere, piuttosto che tavoli, sedie e librerie, passando per cucine, lampade e, cucire tappeti, no, questo no, ci manca poco per, ed
eccomi tra divani, lumi, letti e poltrone, di questo si trattava, non di un
piccolo progetto per un piccolo appartamento, non del secondo cliente
di Letizia.
Era un film, questa la verit.
Non posso dire di essere dispiaciuto allidea di condividere una casa con Letizia, come posso dire di essere eccitato a trovarmi in questo
luogo carico di tensioni emotive, un letto Mandal o un letto Aneboda,
sedia Henriksdal o sedia Fritz. Mi piace pensare a come sar la nostra camera, la cucina, il salone, il bagno, larmadio, quello no, ce lo regaler il
padre di Zia, mio suocero, in un altro negozio, la suocera di Letizia,
invece, ci regaler il divano, sempre in un altro negozio.
Per fortuna il piccolo appartamento dove andremo a vivere, non
ammobiliato, dopo avere visto la nostra futura casa, dopo avere conosciuto il vero obbiettivo del nostro sopralluogo al piccolo appartamento,
ne abbiamo visitati altri, lannuncio diceva ammobiliato, che, tradotto
nella lingua corrente degli arredatori, significa una cucina in stile tirolese,
quando non in formica anni settanta, armadi sgangherati sempre in
formica anni settanta, alla formica anni settanta non si sottraggono
nemmeno tavoli, sedie, credenze, scarpiere e bagni, insomma, il bi-loca114

le ammobiliato era, a tutti gli effetti, il magazzino del marito, o moglie a


seconda dei casi, della padrona di casa, dove venivano stipati i vecchi
mobili della suocera in fin di vita, che poi, una volta morta, venivano dismessi con le lacrime agli occhi e frasi del tipo, in quel comodino ci
mettevo le bambole, o le macchinine, dipende sempre dal caso. Il risultato di questa demenziale usanza quello di far passare della sozzeria,
nemmeno vintage, come elementi qualificanti dellappartamento,
distruggendo cos la vena creativa che chiunque ha nellarredare la propria casa e aumentando il prezzo dellaffitto.
Devo ammettere che Letizia ha i miei stessi gusti in fatto di arredamento, a conferma di quelli in fatto di progettazione, questo mi lascia
pensare in positivo al futuro, le basi sono buone per iniziare una convivenza, cos penso e concludo, chiss se basta.
No, non mi dispiace condividere la stessa casa con Letizia, per
chiss quanto tempo poi, questa una incognita, penso, come non mi
dispiace pensare di condividere con lei il dentifricio, lasciato da lei
sempre senza tappo, perch lei cos, lo so, non mi dispiace nemmeno
condividere con lei i cassetti dellarmadio lasciati aperti, da lei appunto,
dove, sicuramente sbatter le ginocchia, e, non sono per niente dispiaciuto nel pensare di condividere con lei anche gli sportelli, anche questi
lasciati rigorosamente aperti, dei pensili della cucina, dove, altrettanto sicuramente, sbatter le corna, come si dice a Roma, cos penso e, sar,
perch Letizia cos, oltre a tante altre cose, meravigliose e, altre un po
meno, lei cos, sfido chiunque ad interpretarla.
Questa la convivenza, sar la convivenza, dentifrici lasciati
aperti, promiscuit di spazzolini e, come diceva una nostra tata, peto libero sotto le lenzuola, questo no, spero, per il resto sar cos, penso, bagno occupato, tapparelle alzate o tapparelle abbassate.
Paura del vuoto.
Sono curioso di sapere se anche lei riflette delle stesse mie considerazioni, elementari certo, sulla convivenza, non credo, visto il trasporto con cui affronta questo salto, la pazienza nel cercare
lappartamento, senza dirmi niente di quello che stava facendo, la cura
che mette anche nei pi piccoli particolari, il tutto per raggiungere
unarmonia dinsieme senza pari, lappartamento deve essere distribuito
in un certo, preciso, modo, deve trovarsi vicino a certi, precisi, posti da
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raggiungere a piedi, volendo, deve essere in un palazzo con determinate


e, precise, caratteristiche, estetiche ed umane di vicinato, proprio come
quelle del palazzo dove si trova il piccolo appartamento.
Palazzetto in realt.
un piccolo edifico di quattro piani a Monteverde Vecchio, tra
villa Pamphili e villa Sciarra, penso sia stato in passato un villino, poi frazionato, rende di pi, ci sono quattro appartamenti e, da quanto ho capito, sono tutti della stessa misura.
Stranamente, per soli quattro appartamenti, c anche un portiere
fisso, anche lui, ovviamente, fa parte della ricerca maniacale del particolare e, non male, appena mi ha visto arrivare in motorino, che cade a
pezzi, mi ha subito proposto un set di ricambi, originali, gli chiedo, quasi, cos mi risponde. Quando ci conosceremo meglio, cos sapr, mi proporr in ordine, sempre pezzi di ricambio per il motorino,
occasionissime di sterei, macchine fotografiche digitali, lettori DVD ed
elettronica in genere, scommesse calcistiche, elettorali e, meteorologiche,
tutto ci coperto da un impeccabile divisa con berretto. Altri inquilini
mi diranno che un tipo affidabile, gli lasciano le chiavi di casa durante
le vacanze estive, mi immagino cos, orge itineranti di casa in casa.
Dopo aver declinato gli inviti del portiere per pezzi di ricambio
quasi originali per il mio motorino, finalmente salgo a casa, ancora
vuota, anche da Letizia, mi raggiunger pi tardi, ci sono solo una rete
ed un materasso per dormire che andranno via appena arriver il letto,
ordinato allIkea, insieme alla cucina e ad accessori vari, e uno stereo, il
mio, portato qua insieme ai libri, CD, vecchi vinili e cassette che ho iniziato a tirare fuori, ammucchiandoli nella camera dove andr il salone. I
primi ad essere stati liberati dallimballaggio in cartone, sono stati i CD,
alcuni dei quali non sentivo da una vita, cos decido di farmi fare compagnia, aspettando Letizia, da Miles Davis, il suo ultimo disco registrato,
poi i libri, ritrovo Hesse, lettura giovanile, il mio Bernard, Marias, Guareschi, mentre li tiro fuori dalle scatole provo ad aprirli, ne rileggo alcune
pagine, i passaggi sottolineati e, continuo a rileggere, sono un plebeo
dellaspirazione perch cerco di realizzare, per molto tempo mi sono sentito
cos, per molto tempo ho creduto di essere cos, prima di rendermi
conto di essere cos e, ho cercato di realizzare, anche quello che non valeva la pena di essere realizzato, e continuo a farlo, cercando,
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per quanto posso, di realizzare e, sento, pi passa il tempo, pi mi rimane difficile.


Penso, mentre continuo a tirare fuori i libri posandoli sul pavimento, non abbiamo ancora le librerie, che forse mi trovo qui,
aspettando Letizia, per quello strano istinto a realizzare, tipico dellet
adulta, cos penso, non tutti hanno la fortuna di possederlo, chi lo possiede non pu fare a meno di rappresentarlo, cos si laurea, si sposa, ha
dei figli, li crescer, andranno a scuola, si laureeranno, si sposeranno,
avranno dei figli che, saranno nipoti per il capostipite dei realizzatori,
penso e, cos via, di realizzatore in realizzatore, fino a quando la macchina non sincepper grazie ad un nobile dellaspirazione, che sognavo essere io, fino a quando ho iniziato a realizzare, laureandomi e, adesso
sono qui, allalba di una convivenza non ancora realizzata, forse saranno
figli, amore, viaggi, vacanze, pappe, pannolini, comunioni, nipotini, cos
penso, e penso anche cosa non sar, forse, adulterio, sar mai possibile
che io non andr pi con unaltra donna mentre star con Zia, strano
ma dovrebbe essere cos, ancora pi strano dal momento che i primi
tempi della storia con Letizia, ormai non solo nella mia mente, io cercavo tra la folla delle mie feste, un fighettino con gli occhiali accompagnato dalla ragazza del pronto soccorso, il fighettino lho continuato a
vedere, la ragazza, mai pi, forse ha saputo che mi ero fidanzato e,
sentendosi perduta, si suicidata.
Poco probabile.
Pi probabile, invece, lei si fidanzata, con un ragazzo che non
ama i locali, e i fine settimana parte e, meglio, si sposata e adesso vive
a Milano, o Bari.
Il fighettino con gli occhiali era suo cugino, o, il suo migliore amico dallet delle elementari, da sempre innamorato di lei, in un certo
senso come me e Letizia, ma con esiti pi sfortunati dei miei.
Cos sar, io per sempre con Letizia, cos dovrebbe essere se fossi
un realizzatore, per convinzione, se fossi un realizzatore appunto, ma
ancora sogno di non esserlo, sogno di essere un plebeo dellaspirazione
mentre cerco di realizzare una convivenza, assecondando Letizia che,
con perizia certosina, questa convivenza la sta realizzando, cos penso e,
mi vedo in futuro a pensare con commozione ai balli fino alle quattro
del mattino, alle passeggiate notturne tra i vicoli di Roma, io e Marzio, la
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primadonna, dopo una serata passata a distribuire inviti per la prossima


festa, penso a musica che ti spacca le orecchie e i pensieri, allacid jazz,
alla disco, ai baci allombra di Jamiroquai, poi penso a Letizia alluniversit, alle mille Letizie dei locali che non vedr pi, alla ricerca di due
occhi, possibilmente attaccati al volto della ragazza del pronto soccorso
nel buio di un vodka-tonic, penso ai vodka-tonic, ai mille amici, a mille
altre cose ancora e, continuo a pensare, sar come smettere di fumare,
ogni tanto, dopo il caff, ti riviene voglia di una sigaretta, ci pensi ma,
ormai sei disintossicato, qualche secondo e queste idee ti passano, vanno
via insieme alla tristezza di una vita che ormai non sembra pi mia,
unaltra vita, come tante altre vite che, nel caos, sono la mia, quella presente che, quando diventer unaltra vita anche lei, entrer a pieno diritto
nelle altre vite della mia vita che sar.
E sento.
Sento gi nel caos di altre vite, Giancarlo, Marzio e tanti altri, le feste, i locali, i proprietari dei locali, i bar, i balli, gli esami alluniversit, gli
amici delluniversit, le nottate a disegnare, a studiare, le feste ad Ansedonia, i fine settimana allArgentario, al Circeo, la Grecia con Marzio,
cercando una stanza appena scesi dal Traghetto, Ponza, i bagni in
notturna e la Sardegna, la notte per Vulcano, i privilegi della giovent, i privilegi e, la giovent, delicatamente, come solo la giovent sa fare. Un solo
attimo, lattimo in cui ti dicono che sei diventato dottore in architettura,
un attimo consapevole che, inconsapevolmente, ti spara nel futuro di milioni di anni luce, un attimo leggero come solo la giovent sa essere, e
senza farti rendere conto di niente non pi giovent, ricerca di realizzazione di tutte le aspirazioni della giovent, penso, questo . E nel
momento in cui ti rendi conto di essere diventato un plebeo dellaspirazione e cerchi di realizzare, troppo tardi, sei gi, irrimediabilmente,
uscito dal tempo in cui si fa incetta di aspirazioni, anche le pi assurde,
non importa, purch siano aspirazioni, la giovent appunto e ti ritrovi
a sognarla in unaltra forma di aspirazione, pi concentrata, matura,
consapevole, perch come sei consapevole che tutte le aspirazioni della
giovent ti puoi permettere di sognare di realizzarle, sei anche consapevole che tutte le aspirazioni alla giovent che hai quando ti ritrovi maturo, non ti puoi sognare di realizzarle, finito tutto, ci devi rinunciare, ti
rifugi in altre aspirazioni, plebeo di un plebeo. Aspirazioni da grande,
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allora i sogni realizzati di aspirazioni giovanili si mescolano a delusioni


di sogni infranti da uomo maturo, confine indistinto dellessere e del
vorrei, del sono, del sar e, non voglio ricordare cosa sono stato per non
rischiare di rifiutare cosa sar, brindi, con una bottiglia fredda di Dom in
mano, ai privilegi della maturit, sapendo che, mentre pronunci queste
parole, trovarli sar difficile, ed lunica aspirazione che ti puoi sognare
di realizzare da grande.

119

XX

Tra una processione di amici e una di parenti, mi arriva la notizia


che domani sar il grande giorno della Risonanza, sono tutti un po eccitati, iniziando dalla mia famiglia fino ai medici che, non riuscendo a diagnosticarmi niente, ripongono nella tecnologia avanzata tutte le loro
speranze, cos il tempo passa, con Costanza e il suo nuovo fidanzato,
con Carlo, Marzio e i biglietti per una festa sabato pomeriggio, sono prevendite, devo venderle a sedicimila lire luna, mille lire sono per noi come sempre, guadagno di pi qua dentro, senza stressarmi, che quando
andavo in giro per comitive a venderle. Poi arrivano i primi amici, senza
orario, fuori orario, meraviglioso, vengono a trovarmi, ad informarsi come sto, a darmi notizie della scuola, dei professori che chiedono di me, a
raccontarmi aneddoti, a prendere le prevendite per la prossima festa,
penso, forse vengono solo per quello e, questo pensiero mi accompagner per tutto il tempo della mia folgorante carriera nei locali di Roma,
quanti amici avrei se non organizzassi feste, probabilmente solo un paio
di meno, mi sempre piaciuto circondarmi di persone e, cos mi piacer
fino a quando non mi sveglier da questo sonno, la trovo un'ottima medicina alla mia famiglia, come se fosse un anti-dolorifico, una sorta di
aspirina emotiva, cos sar per tutto il tempo del mio sonno, cos sapr,
dopo mi sveglier, e il sogno del mio sonno dei miei primi anni diventer esperienza, preziosa, vitale, mia. Il rischio sar ricadere nel sonno, con
altri sogni da sognare, indifferenti a ci che mi accadr intorno ed io sar indifferente ancora, per tutta la durata del mio prossimo sonno, cos
sar se accadr, pu accadere, il sonno ti prende quando non te laspetti,
121

cos accaduto per la mia adolescenza, e la veglia diventa sogno, non ci


puoi fare niente, ti avvolge, irretisce, il sonno, e vivi, o ti sembra di farlo,
in una notte perenne fino a quando non riuscirai a svegliarti di nuovo,
come capir in futuro che mi successo qua dentro, ma io non voglio
pi dormire, dovr stare attento, il colpo di sonno la cosa peggiore per
una persona che vive, non ti rendi pi conto della strada che stai
percorrendo, di chi hai seduto accanto, e diventi un pericolo per te e per
loro, chi ti sta accanto appunto, cos il tempo passa.
Il sonno, percepito da chiunque come la panacea di tutti i mali,
in realt la culla di tutti i mali del mondo, penso, aspettando la risonanza.
Parlo, scherzo, rido e, viaggio da fermo, aspettando la risonanza.
Questa mattina, durante il giro delle visite, non mi hanno nemmeno visitato, tanto domani far la risonanza, come stai, mi ha chiesto il
medico, bene, cos io, hai dormito bene questa notte, mi chiede approssimandosi a cambiare paziente, benissimo, ma gia non mi ascoltava pi.
Anche il monitoraggio della mia condizione fisica si molto allentato,
tanto domani far la risonanza, nel frattempo sono arrivati Giordana
con il suo nuovo fidanzato, io devo sapere che sono solo amici, cos mi
hanno detto, anzi, cos mi hanno lasciato intendere, questa cosa mi fa un
po' incazzare, usarmi questo garbo come se fossi un malato terminale, o
come fa chi si sente in colpa, cos mia madre quando sono stato ricoverato, ti prometto che non litigher pi con pap, mi ha detto, come se
esistesse un rapporto causa ed effetto, almeno diretto, con quello che mi
capitato.
Ti prometto che non litigher pi con pap, cos mia madre, come se fosse vero e, il futuro mi dar ragione, una volta passata la paura,
torner tutto come prima, lassenza di mio padre e, quando c, i litigi
che scandiscono il tempo delle nostre giornate che, per me, si tradurranno nel maggior tempo possibile lontano da casa, per Costanza in
una psicoanalisi senza fine, per Carlo in un matrimonio affrettato, per
pap i film allestero e, per mamma, fino alla conoscenza del dio del
golf, il tormento a tutti coloro che si trover davanti, senza stare a sottilizzare su ceto sociale, ricchezza, cultura o chiss cosaltro, mero
tormento, dal panettiere al parrucchiere, dagli amici cineasti, scrittori,
medici e consorti di medici, anzi, consorti in generale, ai tassisti, passando per passanti, commessi e camerieri, rovinando partite di Burraco,
122

nessuna amica vorr pi giocare con lei, cene meravigliose al sapore di


astio e, non mi viene in mente nientaltro, sono esausto, mentre Giordana e il mio caro amico, suo nuovo celato fidanzato, mi parlano di quanto
gli manco, anche ai professori, a tutti ma a loro in particolare, sono
commosso mentre spero in una vomitata che possa far capire il mio piacere a trovarmeli davanti in questo momento, che invece non arriva, cos
continuano, tecnicamente non si pu parlare di adulterio, di corna, non
stavamo pi insieme da un paio di mesi, ma avevo buone possibilit di riconquistarla, la piccola Giordana. Cos trascorrer unora, con i loro
chiacchiericci e i miei svogliati ascolti, cos trascorsa unora. Unora in
meno verso la Risonanza Magnetica Nucleare, unora in meno verso la
notte, lunico sonno che aspetto con impazienza, lunico sogno che desidero, il sogno che, quando finito, non sogni che si avveri, un sogno timido, quello della notte, discreto, non invadente come quello del sonno
diurno, un sogno importuno che, senza soluzione di continuit, ti
tormenta per giorni interi, a volte per anni, i pi sfortunati per unintera
vita, un sogno tanto arrogante quanto necessario, come necessario il
respiro, il battito del cuore, il battito di ciglia, la stretta di mano e, il
contatto in genere, la parola, la vista, il tatto, lamicizia, profonda o superficiale, lo stesso e, ciao Marzio sei tornato, con altri biglietti ristampati, come necessaria la musica, ingrediente fondamentale di tutti
i sogni, i libri, mio padre, Costanza che, per liberarsi dal sogno di una famiglia finita in analisi, la pi grande sognatrice che abbia mai conosciuto, campionessa mondiale di sogni.
Costanza mi necessaria per sognare, e, forse, quando sar
grande, laiuter a tornare a sognare, cos penso mentre Marzio mi saluta e va via di nuovo.
Con Marzio vanno via anche le altre visite che ricever oggi, sono
stanco, vomito, sempre meno ma continuo a vomitare, decido di stare
male, cos, chi verr, se ne andr, presto.
Il mio taxi con la scritta al contrario mi viene a prendere di
buonora, non ho fatto nemmeno colazione, dietro di noi una processione di familiari, modello nozze, con me, in taxi, Costanza.
La strada lunga e lorario non aiuta.
Guardo Costanza e ripenso ai sogni, lei sognava di andare a vivere
123

a Lisbona, aveva conosciuto un suonatore di chitarra portoghese, chitarra classica, non ricordo se si era innamorata del chitarrista perch gi
innamorata di Lisbona, o si era innamorata di Lisbona di conseguenza al
chitarrista portoghese, in ogni modo non ho mai capito questa sua passione per Lisbona, la capir fra molti anni, quando diventer anche una
mia passione, non sogno ma passione, non conoscer nessuna chitarrista portoghese, mi ricordo che inizier tutto con un film, Sostiene Pereira, poi con il libro, Sostiene Pereira, il Libro, poi con un viaggio premio a
Lisbona, in seguito sar un altro film, Lisbon Story, infine saranno i Madredeus, che mi aiuteranno a sostituire sogni irrealizzabili con sogni
ancora da cercare di realizzare.
Tra un semaforo e un altro.
Costanza in cuor suo continua a sognare, clandestinamente, glielo
leggo negli occhi, parte del suo essere, sognare, e penso, nelle mie riflessioni sui sogni non c mia madre, forse lei ha smesso di sognare
quando ha lasciato la carriera cinematografica per dedicarsi alla famiglia,
eppure mi viene da pensare che gli unici veri sogni realizzabili di un
adulto dovrebbero essere i figli, o qualcosa del genere. Lei non sogna,
per me, nelle mie riflessioni, non sogna, forse sveglia, forse il suo
sonno terminato nel momento in cui ha messo su famiglia, lunica
sveglia tra noi tutti, grande scoperta, mi devo ricordare di chiederle come si vive il mondo in questo stato di non sonno.
Mi ricorder di questo viaggio verso la Risonanza, ho scoperto
una cosa in pi su mia madre, ho scoperto una cosa su mia madre.
Ho scoperto quanto le costato rinunciare e mi sento in colpa.
Tra un semaforo e un altro passiamo, senza rispettare il rosso,
abbiamo la sirena, sono un malato urgente.
Il viaggio termina con una brusca fermata davanti allingresso del
Pronto Soccorso, cos, finalmente, sono stato carontato nel luogo dove
avverr il mio battesimo alla diagnostica nucleare. Il posto non molto
diverso dal Policlinico, forse un po pi in ordine, laffollamento il medesimo. Laltoparlante parla spesso, richiamando allordine medici, paramedici e manutentori, linfermiera Elisa al reparto maternit, e ripete,
linfermiera Elisa al reparto maternit, o chiss quale altro reparto, si
capisce poco, il manutentore Giacomo dovrebbe rimettere a posto gli
altoparlanti grazie, il malato Claudio, ripeto, il malato Claudio non capi124

sce cosa diciamo, mentre lo sistemano su una sedia a rotelle, linfermiere


Umberto dal malato Claudio, ripeto, linfermiere Umberto dal malato
Claudio, deve essere trasferito nella stanza della risonanza e, se il manutentore Giacomo si sbriga, ripeto, se il manutentore Giacomo si sbriga a
riparare laltoparlante, forse linfermiere Umberto riuscir a capire che
deve andare al Pronto Soccorso e farsi carico del malato Claudio per
portarlo a fare la risonanza. almeno mezzora che sono parcheggiato
qui.
Il resto dei processionari si deve essere inceppato qualche semaforo dietro di noi, ancora devono arrivare, la mamma Lucia, ripeto, la
mamma Lucia pregata di recarsi al pi presto dal figlio Claudio, grazie.
Finalmente siamo tutti, finalmente linfermiere Umberto, comunque si chiami, si ricordato di me e, finalmente, facendosi largo tra
gli astanti, mi dirige con padronanza del mezzo verso lagognato esame,
una stanza enorme, pulita, con al centro un marchingegno tipo Spazio
1999, un cilindro dacciaio con un lettino telescopico sopra il quale,
penso, dovr mettermi io.
Non capisco se per colpa della tensione, ma ho un po di nausea, ho anche paura che mi prenda una botta di singulti a raffica quando
mi trover allinterno della macchina, cos chiedo se possibile fare
entrare qualcuno con me.
possibile.
Costanza mi accompagna allinterno della stanza, mentre il dottore mi sistema sopra il lettino bloccandomi la testa per non farla muovere, e mi dice qualcosa, forse per tranquillizzarmi ma non capisco cosa
mi stia dicendo, non lascolto, lei si sistema dietro il cilindro, cos mi tiene docchio, in realt c una telecamera ed un microfono, cos mi hanno
detto, non mi importa, mi sento pi sicuro con Costanza dietro di me,
dove rimarr, in piedi per tutta la durata dellesame, circa tre quarti d'ora, ogni tanto mi chiede come v, io alzo il pollice della mano destra ma
sono teso, ho paura di singhiozzare, poi di vomitare e ho la testa
bloccata, non la posso muovere, se vomitassi adesso mi strozzerei, allora
deglutisco, freneticamente, deglutisco saliva che non ho pi. Sento il rumore della macchina, trac trac trac, Costanza continua a chiedermi come
mi sento, pi preoccupata di me, s possibile, io alzo sempre il pollice
della mano destra e, il tempo non passa, non ci sono i secondi a
125

scandirlo, solo trac trac trac, e saliva ricomposta e paura di singhiozzi,


ancora Costanza, ancora pollici alzati, ancora trac trac trac, fino alla fine,
fino a quando il lettino non si anima di nuovo, riportando alla luce un
volto bianco, come mi dicono che ho, e adesso posso vomitare senza
paura di strozzarmi, Costanza fa il giro del mostro tecnologico e mi
raggiunge, mi tiene la mano e mi accarezza la fronte mentre mi liberano
dal lettino, la guardo negli occhi, sono lucidi, preoccupati dove forse
mancano i sogni, ma non lamore per me, cos vedo, sono esausto, ti
abbraccio Costanza, anche se non lo faccio e, rimarr tra le tue braccia
per tutto il giorno, sognando di farlo anche nei giorni che seguiranno.
Fuori la stanza della Risonanza c eccitazione, Carlo scherza e dice frasi sconnesse, forse sono battute che dovrebbero far ridere,
mamma al telefono con pap, ancora non tornato, ci parlo anchio
ma con un filo di voce, mi tranquillizza, intanto il falegname Giuseppe,
ripeto, il falegname Giuseppe desiderato a Ginecologia, lusciere Pietro, ripeto, lusciere Pietro deve riconsegnare le chiavi in portineria,
mentre guadagniamo luscita.
Il mio taxi sfreccia sulla strada del ritorno, io dormo, Costanza mi
tiene la mano.
In ospedale riesco ad arrivare in tempo per il pranzo, vomitando
subito dopo, giusto, sono stato graziato dal dio dei succhi gastrici durante la risonanza, giusto che adesso vomiti, per oggi niente visite.
Non so con esattezza quanto tempo sia passato, credo pochi
giorni e sono pronte le mie immagini, il Capo Reparto viene da me agitandole come un trofeo, adesso sappiamo precisamente coshai, adesso
sapete cosho, penso, ma non lo dico, lui me le mette davanti senza dire
niente, io indico un punto sulla lastra, un punto sotto il cervello, ho questo, cos io, il dottore mi guarda, poi guarda la lastra, poi di nuovo me, la
partita a tennis dura qualche minuto, esatto, cos lui, i suoi occhi mi
chiedono come ho fatto a capirlo, non lo so come ho fatto, ne ero sicuro e basta, un'angioma, mi dice, cos' un tumore, gli chiedo
interrompendolo, no, cos mi risponde, sono delle vene messe a casaccio.
Come mi venuto.
Probabilmente ce lhai da sempre, dalla nascita, congenito.
Allora cos successo, chiedo.
126

uscito un po di sangue, i sintomi che hai e che hai avuto sono


causati dal sangue fuoriuscito che ti ha compresso i centri nervosi.
Adesso sto meglio per.
Il dottore continua spiegandomi il motivo del mio miglioramento,
mi dice anche che dovr fare un altro esame per capire quanto grande
questo coso, angioma, dovr fare un'Angiografia, che, detto cos non dice
niente, quando poi mi spiega come si svolge mi assale la tristezza, ormai
vedevo la luce, pensavo che con la risonanza sarebbe finita la lista degli
esami da fare, invece non cos, serve l'Angiografia per capire come
intervenire.
E si far, con un tubo, catetere, che dall'inguine mi arriver fino al
necessario, dentro mi inietteranno un liquido che mi far venire mal di
testa, per evitarlo dovr stare sdraiato fino al giorno dopo, e sullinguine
mi posizioneranno un favoloso sacchetto di sabbia, pesante, per evitare
che mi esca sangue, in confronto anche la puntura lombare mi sembrer
poca cosa. Il giorno dell'Angiografia, nel pomeriggio, mi verranno a trovare due amiche, lo stesso giorno mi sistemeranno un aggeggio per monitorarmi il cuore e le mie amiche, cos sapr, andranno a dire in giro
che mi hanno visto in fin di vita, con mille cavi attaccati addosso come i
film americani, questo mi diranno, perch io di quel giorno mi ricorder
poco, niente.
Tutto passa, anche quest'ultimo esame passa, adesso, scoperta la
natura del mio male, alla fine niente di ch, si passa al circo delle terapie.
Come si cura la cosa.
Ogni medico ha una sua idea, si inizia con lasportazione chirurgica, poi si passa alla radioterapia, al laser, agli Sciamani, alla medicina
alternativa, alle preghiere, ai santi guaritori e, chi pi ne ha pi ne metta,
cos , io nel frattempo mi sento meglio, vomito sempre di meno, una o
due volte al giorno, mi sembra che sia anche tornata la sensibilit dove
era venuta meno, vacanza, anche lei ne ha diritto, cos, forse, in futuro
mi funzioner meglio di prima, anche gli occhi adesso mi danno meno
fastidio. Ho ripreso volentieri a ricevere visite, sono contento di vedere
gli amici, solo che adesso, dopo pochi minuti mi annoio ma non ho pi
la scusa del vomito, cos dopo il primo quarto dora di piacere, subentra
un tempo lunghissimo di insofferenza alle notizie, tempo che,
mentendo, lorologio dichiarer di circa tre quarti dora. Anche mio pa127

dre tornato, si preso unaltra settimana di vacanza dalle lavorazioni del


film, dice che quasi finito e che tutti si sono sempre informati sulla
mia salute, voglio vedere, cazzo, il figlio del regista, mi sembra il minimo, potevano venire a trovarmi.
Sono stanco, vorrei leggere un libro ma non I Sepolcri, un libro
come uno di quelli che uscir tra qualche anno, Benni, si, un libro di Stefano Benni forse adesso lo leggerei volentieri, cosa quasi impossibile
questa, da quando mi sento meglio un continuo di visite, ed ascolterei
anche della musica, anche questa come quella che ascolter tra qualche
anno, adesso, per dirne una, accompagnerei Benni con Monk, si, mi farebbe piacere, ma adesso presto, succeder solo tra qualche anno e solo tra qualche anno potr leggere tutti i libri che voglio e ascoltare tutta
la musica che voglio, non perch adesso non lo possa fare, ma solo
perch adesso non la capisco, anche se sono cresciuto tra libri, musica,
film, non li capisco, riesco a capire solo una cosa, riesco a desiderare solo una cosa, dio delle ragazze carine, amata sega, forse perch il fisico ha
ripreso a funzionarmi, forse la primavera, impossibile, siamo in autunno, forse gli ormoni che, sopiti dal male, hanno ripreso ad agitarsi, reclamando il posto nella mia vita che gli stato consegnato per diritto
divino, cos penso, forse, sono un po confuso.
Adesso, finalmente, dormo.

128

XXI

Io e Letizia ci sposiamo, cos io a mio padre.


Quando glielho detto non mi sembrato n particolarmente felice, n particolarmente infelice n, particolarmente niente, quando, mi ha
risposto, eppure mi sarei aspettato, visto la sua esperienza matrimoniale
non delle pi felici e, considerando che un uomo abbastanza di mondo,
un altro tipo di reazione come, ma chi ve lo fa fare, non state bene cos,
oppure, meglio continuare a convivere, ci sono meno rotture di scatole, o ancora, la nostra esperienza familiare ti avrebbe dovuto insegnare
che il matrimonio una grande cazzata, ti piace una ragazza, cos
sempre lui nel mio immaginario, ti ci metti insieme, ci vai a convivere e,
se funziona continuate, fate dei figli e cosissia, se non funziona, amici come prima.
Sintetico.
Invece stato ancora pi sintetico duepunti quando, cos mi ha
chiesto, evitando qualsiasi fianco a miei, eventuali, ripensamenti. E si,
perch io sul matrimonio la penso come avrei pensato che la pensasse
anche mio padre, perch sposarsi, cos ho detto a Zia.
Mia madre calabrese, sai ..
Tua madre unartista, vissuta a Parigi per ventanni, trapiantata a
Roma da quaranta e, dovrebbe ..
Il fattore Calabria pi forte del fattore artistico o globale, e sono
ormai diversi mesi che ogni volta che mi incontra mi chiede se ci sposiamo, non la sopporto pi.
Oppure sei tu che ..
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Oppure sei tu, oppure sei tu, ma che timporta, non stiamo bene.
Ci devo ancora pensare.
A queste mie parole, Zia ha iniziato a menarmi e, abbiamo fatto
lamore. I suoi metodi di persuasione sono eccezionali, almeno con me,
cos me la sposo, quando, rispondendo a mio padre, non lo so, non
abbiamo ancora deciso, preferiremmo in autunno, quando cadono le foglie, in una piccola chiesa di campagna.
In chiesa, lho pronunciato io questo pensiero, autonomamente,
stento a credermi, non abbiamo mai parlato di dove in effetti, n di come, fino a quando ho sentito pronunciare da me la parola chiesa, ho
sempre pensato che mi sarei sposato civilmente, cos penso, invece a
mio padre ho detto chiesa, una chiesa di campagna, piccola, raccolta,
spoglia, come gli alberi in autunno appunto. E il ricevimento, cazzo, a
questo non ho mai pensato, come sono sicuro che ci penser mia madre
insieme alla sua consuocera, artista e nobildonna calabrese, dai modi cosmopoliti ma dalla cultura tradizionale, come se il matrimonio fosse il loro, penso, cos sceglieranno il luogo, le portate, bomboniere e chiss
cosaltro.
Quando, in autunno, cos a mio padre, certo di un suo mero interesse dufficio, invece mi sbagliavo, alla parola autunno gli si sono illuminati gli occhi, deformazione professionale per una immagine della scena
che solo ai registi pu venire in mente, ed era cos, se non ti dispiace
vengo con te a vedere la chiesa, cos mio padre, dicendo chiesa ma voleva dire location, e cos sar, verr a vedere la chiesa e, la chiesa scelta.
Una piccola chiesa di campagna vicino Roma, con annesso un
piccolo convento, un orto, un piccolo spaccio dove i piccoli fratini arrotondano vendendo i vari piccoli prodotti delle loro piccole fatiche quotidiane.
Carini.
Abbiamo fatto i conti senza loste, cos sapr.
Trovata la chiesa si deve decidere per tutto il resto, subito, poco
importa se mancano ancora sette mesi allevento. Si passati da uno
scontato niente addobbi, fregandosene delle ire di mia madre, ad un, il
fotografo sar il mio fotografo di scena, cos mio padre. Non si deve celebrare il matrimonio del figlio pi piccolo del famoso regista, ma il suo
prossimo film.
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Il fotografo di scena di mio padre un certo Alfonso non ricordo


il resto, comunque il figlio del produttore di mio padre, lho incontrato
un paio di volte quando sono andato a trovare mio padre durante le riprese di un film che stava girando a Siena, mi pare, comunque in Toscana, faccia da cazzo e, lidea che lui, Alfonso non ricordo il resto, debba
essere il fotografo del mio matrimonio, mi fa girare un po le scatole,
ovviamente sono lunico, la mamma felice per la scelta del fotografo,
poi vedremo le bomboniere, cataring e location per il rinfresco, anche Zia
contenta e sua madre, artista e nobildonna giramondo calabrese, pure,
cos il comitato organizzativo delle nozze composto da, in ordine, mia
madre, Zia, la madre di Zia, artista e nobildonna calabrese in declino e
rompiballe, e, incredibilmente mio padre, ha organizzato una cena per
questa sera, tutti insieme ovviamente, ci sar anche il fotografo Alfonso
non ricordo il resto, per mettere appunto tutti i dettagli.
Ripeto, mancano sette mesi.
Sette mesi di un lungo ed estenuante cammino, da quelle che sono
le premesse.
Letizia passer a casa verso le sette, io faccio in tempo ad andare a
studio, non ho da lavorare, voglio solo stare un po da solo e scrivere, ho
iniziato a scrivere, mi sono anche iscritto ad un corso di scrittura creativa, voglio scrivere, voglio indossare mille vite, fare mille matrimoni, fare
mille figli, anche se, su questultimo aspetto, mi ricordo un articolo di
Kundera dove scriveva che in letteratura i protagonisti delle storie raramente hanno figli o, se li hanno, se ne parla ai margini della storia.
Vorrei essere medico, barbone, manager, commerciante, assassino,
vorrei essere padre, vorrei essere figlio, non come lo sono veramente,
vorrei essere madre, marito, amante, giornalista, presidente, vorrei essere
scrittore e, poterlo raccontare.
Quando ho detto a mio padre della mia volont di iniziare a scrivere mi ha risposto, bene, cos lui, prova anche con dei soggetti per il cinema. Ho tentano di immaginarmi la scena, io e mio padre che lavoriamo
a stretto giro, lidea non mi entusiasma affatto ma lo vorrei scrivere, in
un libro, solo che, al pensiero della cena di questa sera, non mi esce
niente dalla testa, riesco solo ad ascoltare musica, seduto sullunica
poltrona del mio studio, guardando le finestre del decimo piano del palazzo di fronte e, immagino, ad ogni finestra corrisponde una madre, un
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figlio, un marito, unamicizia tradita, un primo amore infranto, famiglie


felici, famiglie distrutte, libri da studiare malvolentieri, canne o sigarette
da fumare nel bagno, odori di broccoli, arrosti, pasta al sugo, preparativi
per uscite serali, sorrisi, pianti, la finisci con quel telefono, devi tornare
entro luna, scuse arrampicate per uscire con lamante, nonni in fin di vita, nonni morti in guerra, telegiornali e, guerre, catastrofi ambientali,
menzogne, lacrime di gioia, bambini appena nati e storie che si ripetono,
mai uguali, mille libri da scrivere, mille libri che si scrivono quotidianamente, dietro le finestre al decimo piano del palazzo di fronte, libri che
si leggeranno nellaffollata solitudine di un palazzo di quattordici piani,
ma se fossero due piani sarebbe uguale, con buongiorno e buonasera sui
pianerottoli, davanti la porta dellascensore, porte di casa chiuse, porte
socchiuse per ascoltare il vicino che rientra tardi la notte, porte sbattute
uscendo e, porte sbattute entrando.
Letizia sta per tornare a casa, devo sbrigarmi.
La trovo sotto la doccia, entro anchio e, va come deve andare,
tarderemo qualche minuto, siamo o non siamo noi gli ospiti donore
della serata, possiamo permetterci di ritardare, come fanno le primedonne alle feste, come facciamo io e Marzio, grandi organizzatori, primedonne, quando andiamo alle feste organizzate da altri, lo so, stupido,
ma cos, alcune volte, per ritardare di proposito, siamo rimasti in
macchina ad aspettare lora giusta per entrare. Cretini, vero.
Sotto casa dei miei genitori Letizia si aggiusta i capelli, forse
nervosa, cos penso, cosa si aggiusta, sono cortissimi e, si guarda sullo
specchietto retrovisore, si aggiusta i capelli e si guarda allo specchio, nel
frattempo al ritardo della doccia si deve sommare il ritardo dovuto a Letizia che, a tutti i costi, si voluta fermare a comprare una pianta per
mia madre, sua suocera, sua futura suocera, poco importa se mia madre
non ha il cosiddetto pollice verde, le piante riescono a durarle meno di
un giorno, solo lei ci riesce, cos adesso siamo in forte ritardo, pi di
unora ed io ho fame. Chiss cosa avr cucinato Ena, perch Ena, cos
chiede Zia, mi ha detto tua madre che mi sarebbe piaciuto quello che
mi avrebbe cucinato, pensavo che lo facesse lei, esatto, le rispondo,
quello che ti avrebbe cucinato, non ti a detto chi, mia madre quando
Ena non c prende tutto in rosticceria o, va al ristorante.
Pensa che ogni volta che ho mangiato a casa dei tuoi, ho sempre
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creduto che avesse cucinato tua madre, cos conclude Zia.


Si sale.
Appena entrati dentro casa noto subito qualcosa che non mi quadra, qualcosa che potrebbe avere il potere di disturbarmi la serata, c
pi gente di quella che mi aspettavo, o gente diversa, ma non riesco a
capire, allora controllo, c mia madre, con un filo di trucco che gesticola vistosamente, c Costanza senza fidanzato ma lo sapevo, ci sono i genitori di Zia, c Carlo, c anche mio padre, ma guarda, c,
fondamentale, il fotografo di scena Alfonso Nonricordoilrestofacciadacazzo, fino a qui tutto normale, poi c, finalmente con un nome, presentata da mio padre, lei Claudia, cos lui, la compagna di Alfonso,
Alfonso Nonricordoilrestofacciadacazzo penso io ma non lo dico, oltre
ad essere la sua compagna anche la sua assistente, cos sempre mio padre. E lei Claudia, penso, Claudia Prontosoccorso, la compagna di,
vabb abbiamo capito che Nonmisimpatico, alla fine si chiama come
me, chiss che mi pensavo, anche se in realt non ho mai fatto ipotesi
sul suo nome, di certo non avrei mai pensato a Claudia, forse un'Anita,
oppure un'Emma, o Alice, si, forse Alice le sarebbe stato meglio, come
le sarebbe stato meglio un altro accompagnatore vicino, uno come me
ad esempio, non bellissimo ma affascinante, dotato di una spiccata
personalit, senso dellumorismo, immensa modestia e, se questo non
dovesse bastare, sono anche abbastanza ricco, di famiglia non di mio,
grazie al regista di culto, certo non come il figlio del produttore del regista di culto, ma mi difendo.
Nel giro di pochi minuti tutti i partecipanti alla cena sapevano che
io Claudia ci conoscevamo, tralasciando la storia del pronto soccorso,
lei veniva alle mie feste, da un po di tempo non lho pi vista, e ho
anche capito il perch, capita spesso a quelli che frequentano i locali, li
vedi per un periodo fissi alle tue serate, sicuramente fissi alle serate di
tutti i giorni della settimana, li vedi ballare sommariamente fino alla chiusura del locale, a volte anche ubriachi, poi fanno delle apparizioni sporadiche con una frequenza di circa una volta al mese, forse una ogni due
mesi, meglio, in quel momento capisci che si sono fidanzati e, la loro
unione dura felice fino a quando la frequenza con cui si fanno vedere la
sera non aumenta, allora il rapporto si sta un po raffreddando, fino a
quando non inizia tutto da capo, sono di nuovo single, tu lo capisci e ti
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ci metti a parlare, a loro piace parlare e raccontare di quanto era stronza


quella stronza o, al maschile, stronzo quello stronzo, non fa differenza,
meglio se con un bicchiere di superalcolico in mano. Insomma la frequenza con cui si esce la sera diventa il gradiente per misurare la felicit
di coppia, cos penso, e cos stato anche per Claudia. Adesso sono
cattivo o, come si dice in gergo, sto rosicando, in effetti Claudia non
mai stata una grande frequentatrice di locali, di pi il fighettino con gli
occhiali che, a questo punto, non era il suo ragazzo, lei veniva ogni tanto
e, quando laspettavo raramente si faceva vedere, cos come non mai
venuta la domenica pomeriggio al Parnaso. Tutto questo fa di lei una ragazza diversa dalle altre, con una macchia, il suo fidanzato, mio prossimo fotografo di nozze, penso e, pensando, quasi pronta la cena. Mia
madre fa gli onori di casa in modo egregio, parla con la sua collega, la
mamma di Zia, del vestito, degli addobbi della chiesa, che non ci saranno, ripeto, non ci saranno, di dove fare il pranzo, o la cena, ancora
non hanno deciso, trova anche il tempo per aiutare Ena a portare degli
stuzzichini, mio padre parla di lavoro con Alfonso Nonricordoilrestoeccetera, mio suocero seduto su una poltrona da quando arrivato sfogliando un libro sui film di mio padre, Letizia accanto a lui, seduta sul
bracciolo della poltrona, guarda il libro col padre, io, io mi giro intorno,
guardo le fotografie, la casa che non mi sembra pi quella dove ho vissuto fino a ventisette anni, quando sono andato a vivere da solo. Quando
ho detto a mia madre che sarei andato a vivere con 'Zia, si disperata,
lultimo figlio casalingo se ne andava, cos rimaneva da sola con mio padre. Dopo pochi giorni sono ritornato a casa dei miei genitori per
prendere dei libri in camera, mi sono accorto che mia madre si era trasferita, non dormiva pi con suo marito ma in camera mia, nella mia ex camera e i libri che avevo lasciato si erano trasferiti in una scatola in
cantina, quando vuoi puoi tornare, amore, cos lei, e dove dormo, dormi
con me, non lo hai mai fatto quando eri piccolo.
Cos mia madre.
Cerco Claudia, non in mezzo a noi, forse rinsavita e sta
cercando tracce di me per casa, foto di quando ero piccolo, la mia camera, ormai persa per sempre, inghiottita dalloceano mamma come
Atlantide, forse cerca i miei libri, quelli di cui le ho parlato la notte della
passeggiata per i vicoli di Roma, forse cerca i miei dischi. Tracce di me,
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penso.
Forse solo andata in bagno.
Cos la rivedo, mentre mia madre annuncia che tra cinque minuti
sar pronto, possiamo accomodarci in sala da pranzo dove, in bella mostra, c un quadro di mia suocera, quadro che, mia suocera appunto, ha
voluto regalare ai miei genitori lo scorso Natale e, fino la settimana
scorsa non cera. Bel lavoro, mamma.
Diplomazia.
Ruffianeria puntointerrogativo
Come spesso accade a tavola, i discorsi si alternano presto con rumori mandibolari, e ognuno fa del suo meglio per ostentarli discretamente. I rumori mandibolari li preferisco a quelli verbali, penso,
specialmente quando questi producono concetti come quelli di Alfonso
Nonricordoilrestofacciad, parlando della musica che mia madre ha
scelto come colonna sonora di questo evento, Mozart, scontato e prevedibile, cos lui parlando di Mozart, lasciando attoniti i presenti, anche
mia madre, notoriamente un'intellettuale da fiera, rimane basita alle parole di Alfonso Eccetera, se non altro per le nozioni acquisite per induzione da illustri esponenti del mondo musicale, e non finisce qui, Wenders
non esisterebbe senza Antonioni, questo forse vero, e tante altre cose
dice Alfonso Eccetera ma io mi sforzo a chiudere i canali uditivi e, altre
portate, altre parole, altri masticamenti e, finalmente, il matrimonio. Iniziamo a parlare del matrimonio, non lavrei mai pensato, ma parlare del
mio matrimonio rappresenta la fine di un incubo, un incubo iniziato con
Mozart e finito con Mina sopravvalutata. Che a parlare del mio matrimonio siano le stesse persone che hanno dato vita allincubo di questa
serata, un altro discorso. Cos ho scoperto duepunti che la chiesetta di
campagna, con molte probabilit, se ne v a farsi benedire, si parla di un
prete ad Orvieto, si parla del Duomo di Orvieto, e continuano, che la
nostra cerimonia sar soggetta alle rigidissime restrizioni della regia di
mio padre e, nulla possono gli attori, che mia suocera, futura suocera, ha
unidea per il men, idea condivisa totalmente dalla moglie del regista, cos si continua percorrendo le tortuose strade che portano ai migliori luoghi per il banchetto, ipotesi su liste di nozze, viaggio di nozze e, invitati,
terminando con sar il momento pi bello della vostra vita, frase che apre
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scenari imprevisti sul proseguimento della discussione, tra il secondo e i


contorni, si passa cos da miraggi di matrimonio ai momenti pi belli
delle nostre esistenze, c chi parla della nascita dei propri figli, chi parla
di quando ha incontrato Claudia, inutile dire chi , chi parla di un premio ricevuto. Io mi limito a raccontare di una notte passata sul ponte di
una nave che mi avrebbe portato allisola di Vulcano, cos vedo, intorno
a me, facce smarrite, tranne una, mio padre, la prima volta che lo riconosco complice e, comprensivo, poi, lilluminazione, una persona,
sempre Eccetera, commentando il mio racconto, dice una parola, niente,
in effetti la notte pi bella della mia vita niente, rispetto alle esperienze
dei commensali, io non lo sapevo ed quello che mi mancava per capire, lo sentivo, lo percepivo ma non lo sapevo.
Il niente.
Mentre mi viene in mente un ragazzo conosciuto tanti anni fa,
quando pensavo di averlo dimenticato.
Quella notte stata la pi bella della mia vita perch mi sono
riempito di niente, questo mi accaduto e, questo mi accadr negli anni
che sar, mi sono riempito e mi riempir di niente. Col niente ci si
riempie, col tanto non ci si sazia mai.
Oggi sono pi fortunato di allora, oggi mi chiaro, mi guarder
intorno ogni giorno e, penso, non sono lunico a riempirsi di niente, solo che gli altri, come me fino a un attimo fa, e continuo a pensare, ancora non ne sono consapevoli, cos non sono mai sazi e cercano il tanto.
Saziarsi di niente sarebbe la forza di tutti, chi ha tanto lo sa, per questo,
chi ha tanto, ti bombarda col tanto, vuole che nessuno si senta mai sazio, perch chi ha fame diventa stupido e, da stupido vive, si muove,
pensa, parla, ama e, si relaziona. Ci bombardano con tanto di tutto, il
tanto una droga, dovrebbero nascere delle associazioni del tipo, tantisti
anonimi, che aiuta chi ormai non pu pi fare a meno del tanto punto
Mio padre continua a guardarmi come non mi ricordo che mi ha mai
guardato, come se in me vedesse unaltra persona, un altro figlio, un figlio che, forse, vede le cose come le vede lui, penso e, continuo a pensare, mi guarda come se in me si riconoscesse, e lo riconosco, mi guarda
come virgola avrei voluto che mi avesse sempre guardato e, cos sar fino alla fine di questa cena.
Piacere di conoscerti, pap.
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In macchina, tornando a casa, non si parla della cena, nessun


commento, Letizia solo contenta, vuole due figli, un maschio ed una
femmina.

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XXII

Ho quasi smesso di vomitare, vedo un po meglio, anche il formicolio alla parte destra del corpo si ridotto, riacquisto peso, lentamente,
ma comunque un buon risultato. I dottori dicono che uscito un po
di sangue da questa cosa che ho in testa, ed colpa del sangue che,
comprimendo i centri nervosi, mi ha creato tutti i disturbi che ho avuto.
Adesso, sempre i medici, stanno studiando in quale modo liberarmi da
questa cosa che ho da quando sono nato, parlano di radioterapia, o forse
laser-terapia, non ho capito bene, poco importa, comunque niente di
chirurgico, studiano il mio caso.
Nel frattempo Simone se n andato, questa mattina, con la madre, era felice e mi ha sorriso, per tanto tempo mi ha sorriso e, era felice
anche se sapeva che tra meno di quattro mesi ritorner, cos sar ancora
per chiss quanto tempo, forse per tutto il tempo della sua breve vita, cos pensavo mentre lui continuava a guardarmi, forse si aspettava che gli
sorridessi anchio, ma non ci sono riuscito, avrei voluto farlo, ho pensato
di farlo, ma si sorride quando si felici e, io non lo ero, non potevo essere felice pensando a me fuori di qua, quando rivedr gli amici, andremo
a ballare, a bere, fare sega a scuola, andr a comprare i regali per Natale
ubriacandomi di luci e vetrine, giocher a calcetto, amer mille Giordana, andr in vacanza e dormir in spiaggia, verr svegliato dai caldi
raggi del sole della Grecia o della Spagna, o di chiss quale altro posto,
avr il privilegio di fare tante cazzate, far tante altre cose, tante quante
sono quelle che non potr fare Simone, a lui riservato, come unico piacere, lamore cosmico della madre e se lo fa bastare, questo gli basta per
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essere felice, una cosa che io ho sotto gli occhi, e a mia disposizione, da
quando sono nato e che non sono riuscito mai a farmi bastare.
Non potevo salutarlo con un sorriso, non ero abbastanza felice.
Lho invidiato.
Si, lho detto, vedendolo cos felice di niente, ho provato una cosa
che non conoscevo prima, un sentimento nuovo, invidia della peggiore
specie, cos penso e, non gli ho sorriso, continuo ad invidiarlo, continuer ad invidiarlo fino a quando non riuscir a vivere come lui, se ci riuscir, lo invidier fino a quando non riuscir a provare quello che prova lui
nel vedere la madre, fino a quando non imparer anchio a parlare con
gli occhi, con la pelle e, ad ascoltare. Fino a quando non imparer ad essere felice, solo allora non lo invidier pi, solo allora potr sorridergli,
penso.
Simone se n andato e io giro per il reparto in attesa del verdetto
dei medici su quale terapia sia la pi idonea per me, ne nato un
mercato clandestino di scommesse, la laser-terapia la pi gettonata,
alcuni puntano sulleventualit che io non venga toccato, in ogni modo
le scommesse si dovranno chiudere questa sera, probabile che durante
il giro di visite di domani, il dottore se ne esca con il risultato sulla terapia migliore. Anche a casa c fermento, mamma dice che mio padre ha
iniziato a telefonare a tutti i medici, primari ovviamente, che conosce,
stato chiesto anche un parere al veterinario un giorno che mia madre si
trovata dal parrucchiere con la di lui moglie seduta accanto, in realt sarebbe pi preciso dire, che il parere della moglie del veterinario, oppure che il veterinario ha parlato per bocca della sua consorte che, come
un oracolo, le ha sparse, le parole del veterinario appunto, per casa mia
come frumento per le galline, da quel momento sono nati i dubbi, non
su una terapia, ma su tutte le eventuali terapie alle quali io potrei essere
sottoposto, ognuna presenta dei rischi, dei problemi, nessuna va bene
per Claudio.
Si accettano consigli, uno in pi che male pu fare.
Cos passo il tempo, parlo con gli altri malati, quando questi non
sono in piena crisi di Parkinson, oppure quando un barlume di lucidit
si fa strada tra i percorsi tortuosi di un esaurimento nervoso e, ancora,
tra unischemia transitoria e unaltra, mi dedico a pi costruttivi discorsi
calcistici con infermieri e dottori specializzandi, questi ultimi per la
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maggior parte fuori sede quindi, purtroppo, milanisti o juventini.


Cos passo il tempo, senza pi esami da fare per una diagnosi
ormai certa e con una voglia di uscire che non mi fa pensare ad altro,
anche le visite dei miei amici, vedendomi prossimo alluscita, si sono rarefatte e, cos passo il tempo.
Cos trascorro le mie giornate, da quando sto meglio, fino ad oggi,
giorno in cui mi verr comunicato quanto deciso per il mio futuro e, cos , domani mi prenderanno la mira per la laser-terapia che verr eseguita sempre al Policlinico. Lo sconcerto generale, stata una decisione
che, cos voci di corridoio, non ha trovato parere unanime tra i medici
interpellati. Mia madre inizia a vagheggiare di alti contatti nel mondo medico per ulteriori consulti, mio padre stranamente le d ragione, il resto
sono parole sparse un po come accade durante i campionati del mondo
di calcio, diventano tutti commissari tecnici, in questo caso sono diventati tutti dottori, cos penso e, continuo a pensare, lunico rimasto ai
margini di questa decisione sono io, dando per scontato, da tutti, che
lunico a non poter decidere per il mio meglio sono sempre io, nessuno
venuto da me a dirmi, Claudio la situazione questa, questi sono i pro
e i contro, se non ti curi succede questo e, se ti curi ti puo succedere questaltro, invece niente di tutto ci, conosco per sommi capi la questione
che mi riguarda attraverso parole vaganti per il reparto.
Nellincertezza, mi prendono la mira.
Prendere la mira significa che mi fanno dei segni sulla pelle con
un pennarellone nero, segni che comprendono solo loro e che mi fanno
sembrare come un indiano in partenza per una battaglia, dipinto sotto
leffetto di chiss quali sostanze stupefacenti, penso e, cos torno in reparto, tutto disegnato, pronto per farmi sparare.
Lo sapr solo domani, giorno dinizio della mia terapia, ma le ingerenze dei miei genitori porteranno, come risultato, lannullamento della
laser-terapia.
Cos continuo a passare il tempo.
I dottori mi dicono che, una volta uscito, dovr evitare sbalzi di
pressione, affaticamenti e similari, insomma tutto quello che mi potrebbe causare di nuovo una fuoriuscita di sangue, questo significa
nellordine duepunti evitare stress emotivi come interrogazioni, in que141

sto caso il consiglio del medico di lasciare la scuola per questanno, evitare stress termici che potrebbero causare repentine dilatazioni o restringimenti delle vene, in questo caso il consiglio del medico quello di
uscire nelle ore del giorno in cui la differenza di temperatura tra
linterno e lesterno minore, ma la cosa peggiore da evitare, mai detta
dai medici, perch compresa nei primi due casi secondo loro, quella di
evitare la masturbazione. Niente pippe Claudio, cos un dottore mi ha risposto alla mia domanda specifica e, penso, se non mi concessa la masturbazione, non mi concesso nemmeno fare lamore, il problema non
nellimmediato, visto che Giordana questo tipo di attivit, pare la
svolga ormai con un altro, ma quanto tempo durer questo stato di agonica lucidit.
Sapr che durer ben poco, infatti dopo il primo mese di libert,
passato ad osservare rigidamente tutte le prescrizioni dettate dai medici,
passer subito ai fatti, in fondo per una sega cosa mi potr succedere,
cos penser nella solitudine del bagno adiacente la mia camera da letto,
e cos sar, tolto il primo dente il resto una passeggiata, inizier a fare
sempre pi tardi il pomeriggio, fino alla prima uscita serale, da quel momento torner tutto come prima, tranne la scuola, quella sar una pratica un po pi complicata , dopo il mio ritiro il Preside non vorr pi
riaccettarmi a scuola perch, cos lui, non riuscirai a prepararti sufficientemente per gli esami di maturit. Sar costretto a scrivere una lettera al Ministero dellIstruzione, raccontando il mio caso. Solo cos
riuscir a farmi riammettere a scuola e a non buttare lanno, ma tutto
questo lo sapr quando sar uscito dallospedale, per il momento cos
passo il tempo, imparando a viaggiare da fermo, uscendo da qua con la
mente prima di portarmi appresso il corpo e, vado lontano, incontro
gente, amici e sconosciuti, luoghi visti e luoghi mai visitati.
Viaggi da fermo, sono come i depliant turistici che sfogli con
lobbiettivo di visitare quei luoghi descritti con foto e parole
ammiccanti, con un'unica differenza, i viaggi da fermo mi permettono
di arrivare nei luoghi delle emozioni, gli unici luoghi che vale la pena
raggiungere.
Claudio, c il direttore di reparto che ti vuole vedere, cos la caposala, mettendomi a sedere sulla sedia a rotelle e, penso, il grande
giorno oggi, il giorno delle mie dimissioni, mi vuole parlare per ricapito142

lare quello che ho avuto e per dirmi quello che potr o non potr fare,
cos continuo a pensare, forse mi chiama oggi per farmi uscire domani e
cos pensano anche i miei compagni di corsia che mi dicono, dai che
esci, cos dicono, al mio passaggio trionfale sulla sedia a rotelle, come
fosse un carro regale al rientro da una campagna di conquista, dai che
esci, penso.
La caposala mi staziona in un ufficio al piano del reparto, adesso
arriva il dottore, mi saluta e se ne v, in effetti il dottore arriva, dopo
circa un quarto dora, ma con una coda di sei studenti, il paziente ha un
bla, bla, bla, cos il dottore ripete, con precisione, quanto mi sento dire
da un mese, alla compagine di lecchini, suppongo, e inizia una trafila
insostenibile di osservazione del fondo oculare, del nistagmo, di prove
di equilibrio, descrizione dei vari sintomi accusati durante levoluzione
della malattia e, spiegazioni, unocchiata alla Risonanza Magnetica Nucleare, altri sguardi al paziente, io, che penso, cazzo, volevo uscire invece
non se ne parla, solo una fiera di quattro stronzi, sei, magari raccomandati, che devono preparare un esame su chiss quali patologie, cos,
dopo quasi due ore di rotture di palle e adulazioni al dottore, mi riportano in corsia, lumore pessimo, ad aspettarmi trovo mia madre che, malamente, tenta di tranquillizzarmi dicendo che ha parlato con il primario
e, forse, mi dimetteranno tra pochi giorni, nel frattempo mi aggiorna
sulla ricerca di un centro specializzato in laser-terapia nel mondo.
Addirittura.
Le mie fotografie magnetiche nucleari, viaggiano in lungo e in
largo per il globo, dagli Stati Uniti al Sud Africa, dalla Francia, Germania, Inghilterra, Russia, al Canada, dove sembra ci sia il centro migliore
al mondo per questo tipo di pratiche, ma ancora niente di niente. Cos
passo il tempo.
E il tempo passa, in reparto, tra giornali, chiacchiere, amici, famiglia, e passeggiate in cortile, scherzi tra gli infermieri e pettegolezzi da
corridoio, ma oggi un giorno speciale, oggi mi hanno detto che, visto
il mio miglioramento, domenica avr un giorno di permesso, potr
tornare a casa a pranzo, gi fervono i preparativi. Ena ha studiato il men, mia madre andr a fare la spesa, il resto della famiglia ha precettato
parenti ed amici per levento. I giornalisti non sono invitati.
Arriva Carlo a prendermi, quasi lora del pranzo, il suo viso
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molto pi rilassato rispetto al giorno in cui mi hanno ricoverato, anche


la sua guida sembra meno nervosa.
Oggi non piove, il traffico scorre, penso a quanto era diverso quel
giorno, una vita fa, sembra, unaltra vita, penso e, guardo fuori del finestrino con il naso appiccicato al vetro, le persone per strada mi sembrano altre persone rispetto a quelle che mi sono lasciato fuori quando
sono entrato in ospedale, o almeno mi sembrano diverse, eppure tutto
uguale, i lavavetri, i semafori, i clacson ai semafori, le facce disadattate
degli automobilisti, vecchi che attraversano la strada lentamente, ragazze
che attraversano velocemente rischiando di perdersi un tacco in mezzo
alla via, poi ogni tanto esce il sole e, quando succede, il mondo al quale
partecipavo mi sembra ancora pi diverso, ci sono dei colori che mi
sembra di non avere mai notato, abbasso il finestrino, altre allo smog riesco a sentire le voci delle persone per strada, le avevo dimenticate, rumore fra i rumori, ma voci, penso, voci che, se non ci sei abituato,
diventano musica, come musica diventano i cantieri stradali, il traffico
che, sempre di pi, ci inghiotte sulla strada di casa, una casa che non ricordavo cos lontana, una lontananza che mi scopre impaziente. Voglio
respirare come se mi trovassi in un campo sterminato di margherite, tra
le margherite c Simone, mi sorride, adesso sorrido anchio, ma lui non
pu vedermi, come non mi vede Carlo che mi chiede come mi sento, bene forse, penso ma non lo dico, mentre continuo la mia incursione nel
mondo tra altri semafori, gente con i primi regali per lormai prossimo
Natale, meglio portarsi avanti con il lavoro, penso e, continuo a sorridere, il mio respiro sta appannando il vetro ritirato su, il mondo si sfoca,
come quello che provo adesso, come se non avessi voglia di tornare a casa, mi piacerebbe scendere dalla macchina e continuare a piedi, passare
questa giornata di libert camminando, vorrei presentarmi alla gente,
ciao, io sono Claudio, cos farei e, continuerei, mi spiegate come funziona qua fuori, sono nuovo, penso, eppure sono passati solo trenta giorni,
o quasi, sono pochi per dimenticare tutto, cos sento, com possibile,
non capisco, penso e osservo, tra fazzoletti di carta tirati in macchina da
un venditore ambulante e una magnifica ragazza che attraversa la strada,
mentre Carlo guida, ascoltando la radio. tutto diverso.
Vedo tutto diverso.
In un tempo durato un delirio, siamo arrivati a casa, c tanta
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gente ad aspettarmi, alcuni li vedo per la prima volta come i genitori del
fidanzato di Costanza, c mamma, c pap che parte di nuovo questa
sera, sar lui a riportarmi in ospedale. C tanta gente, la confusione non
mi permette di salutare Costanza come vorrei, allora lo immagino, immagino di abbracciarla, forte e, a lungo, anzi, vorrei passare la giornata
abbracciato a lei, e poi camminare, parlare, ogni tanto abbracciarla di
nuovo, le racconterei di quello che sto provando, le parlerei di come non
riconosco niente, di come vedo tutto come se fosse la prima volta e, lei
mi ascolterebbe, in silenzio, ma capirebbe, perch lei capisce, dopo potrei tornare in ospedale, invece saluto gente mai vista, sopra un tavolino
in salone, mia madre ha radunato tutte le mie foto, facendolo diventare
un altarino, mancano le candele.
Ena ha preparato un pranzo che andrebbe bene per una trattoria
dei Castelli, tutto molto buono, ma sono stanco, mi vado a riposare nella
mia stanza, ancora presto.
Il riposo durato quanto basta per non volere andare via, anche
se in camera, appena entrato, non ho toccato un oggetto, aperto un cassetto, come se farlo significava invadere uno spazio altrui, ma la mia camera, cazzo, ci voglio restare. Andiamo Claudio, cos mio padre,
dobbiamo rientrare, e inizia la fiera dei saluti, alcuni commossi, Costanza mi abbraccia.
Cos passo il tempo, in taxi, perch mio padre v direttamente
allaeroporto, mi racconta di come stanno andando le riprese del film,
mi racconta di come la Germania, Berlino, il muro ha ancora un po di
tempo prima di cadere, cos sapr, e io guardo fuori, buio e il buio
crea unaltra prospettiva, se allandata mi sembrava tutto diverso rispetto
al mondo che frequentavo prima del mio ricovero, a questora lo ancora di pi, ci sono le luci, il traffico, i motorini che passano da tutte le
parti, ci sono pi ragazzi per strada. Diverso.
Mio padre lo saluto davanti la porta del reparto, senza accorgersene mi lascia la sua mano appoggiata sulla mia guancia per qualche secondo, non tanti, quanti mi saranno sufficienti per addormentarmi
serenamente, i miei colleghi mi chiedono come andata, io inizio il
racconto, ma sono un po stanco rinviando il resto a domani, cos mi
metto a letto e, mi addormento, con la mano di mio padre punto
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Cos passo il tempo, ricordandomi del pranzo di ieri, tempo che


non passa mai, da quando mi hanno detto, questa mattina durante le visite, che mercoled uscir, non in permesso, definitivamente, con una novit, non verr toccato da nessuno in nessuna parte del mondo,
arrivata la risposta dal Canada, la loro attrezzatura, per quanto sofisticata, non garantirebbe con assoluta certezza che non verranno toccati i
centri nervosi, quindi, in conclusione, ci sono nato e me lo tengo, dovr
solo fare un po di attenzione, specialmente per il primo anno, poi, comunque, sono sconsigliati alcool, sigarette, ore piccole ed eccessi vari.
Non hanno parlato di sesso.
Far passare un tempo che non ne vuole sentire parlare di passare,
unimpresa estenuante, mi aiuta Marzio, mi ha portato i biglietti per
unaltra festa sabato prossimo, io non ci sar, penso, cos mi manda un
po di amici a prenderli in ospedale, e piuttosto che di un po di amici si
pu parlare di una processione, tutti con laugurio di rivedermi presto e,
cos passo il tempo, fino a questa mattina, mattina di un giorno che non
vorrei dimenticare, mattina che mi vede vestito con abiti civili prima
della colazione, quindi prima delle visite, quindi molte ore prima della
mia uscita.
Questa volta a prendermi ci sono tutti tranne mio padre, si svolgono le pratiche di rito, si raccolgono le ultime cose, si svuota il comodino
e, dimenticavo, i saluti, ci sono tutti i mei compagni di corsia, ci sono gli
infermieri, c qualche signora del reparto femminile che nel frattempo
ho conosciuto, ci sono i medici e, c la caposala, Edda Clara, mi da un
bacio, si alza per farlo, molto bassa, mi accarezza, il suo uovo sbattuto
ancora mi sazia, ancora mi nutrir per tanto tempo.
In macchina guardo fuori, il naso sempre appiccicato al vetro del
finestrino, osservo cose nuove.
Adesso il tempo passa.

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XXIII

Ti vedo, da lontano ti vedo e, non mi muovo. Non sono pi in


anticipo, cos penso, anzi, al contrario, ho qualche minuto di ritardo, ma
ordino unaltra piccola chiara, senza noccioline questa volta. Padre
Nunzio non sar ancora arrivato, spero e, se anche fosse, mi aspetter
ancora un po, aspetter tutto il tempo che occorre, per una volta lascio
che il tempo mi rincorra e non il contrario, come spesso mi accaduto,
penso e, continuo ad osservarti, bevendo birra, con il cameriere credo
indiano che ogni tanto passa da me a chiedermi se ho bisogno di qualcosa, in questo momento non ha pi clienti da servire, anzi, non si pi
fermato nessuno da quando mi ha letto la mano, come se i turisti che vagano davanti i miei occhi, aspettano che loracolo mi dica qualche altra
parola, prima di sedersi, ma lui ha finito, quello che doveva dire lha
detto.
Il mio ritardo aumenta ad ogni sorso di birra, e con il mio, anche
quello di Alfonso Eccetera, il mio fotografo di nozze, lui deve accompagnarmi per dare unocchiata alla location, la luce, gli angoli pi suggestivi,
insomma, deve dare uno sguardo a tutto, per poi relazionare, insieme ad
un dettagliato servizio fotografico, a mio padre che poi penser alla regia dellevento e, penso, sar una regia di una precisione maniacale,
com suo solito fare, almeno a quanto si narra nellambiente. Esistono
diversi racconti mitologici sul modo di lavorare di mio padre, lui dice
che sono tutte cazzate, ma alcuni sostengono, specialmente gli attori che
ha diretto, che solo grazie al suo perfezionismo che riesce a raggiungere certi risultati, cura tutto nei minimi particolari.
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Un malato.
Credo che una percentuale di tutto ci che facciamo deve, al
contrario, essere donata al caso, al caso destinata, il caso che lo reclama, come se fosse un sacrificio al dio della creativit, un momento in cui
lordine delle cose deve farsi da parte e lasciare il posto allinvenzione, al
disordine congenito delluomo, lordine deve essere sacrificato, si deve
immolare per permetterci di andare avanti, di creare, di migliorare, cos
credo, lho sempre pensato e me lo stavo dimenticando, vale la pena
pensare ogni tanto, pensare, cose nuove, cose vecchie, in questo caso si
chiamano ricordi. Vale la pena pensare, ricordare, non dimenticare, che
non la stessa cosa di ricordare, pensare, pensare ti fa svegliare dal
sonno, altrimenti si chiamerebbe sognare, serve, ma unaltra cosa.
Il sonno non ti permette di percepire il mondo come in realt.
Pensare, e, devo pensarci ogni volta che mi capita, non lo devo dimenticare, il sonno non ti fa capire chi sei, sognare ti fa capire dove
vorresti arrivare, pensare ti fa capire chi sei e come raggiungere la mta
del sogno, sognare da sveglio sarebbe lideale, alternare sogni a pensieri,
pensare ai sogni, usare il pensiero per realizzare i sogni, penso, mentre
continuo a guardarti seduto, bevendo birra, continuo a pensare, io ho
mai sognato tutto questo puntointerrogativo certo, ma non adesso, ho
anche pensato di realizzare tutto questo, ma non adesso, lho sognato
tanti anni fa, sorridendo, insieme a tante altre cose che avrei voluto fare
nella mia vita, tanti anni fa lho sognato al termine del mio primo sonno,
poi mi sono riaddormentato, poco tempo fa lho pensato, ma non me
ne sono accorto, stavo sognando.
Smetto di pensare per vedere Claudia che si avvicina, non credevo
che venisse anche lei, oggi, ma certo, lassistente di Alfonso Nonricordoilrestofacciadacazzo, dove v uno v laltra, cos la saluto, lei si scusa per il ritardo, la rassicuro, sono anchio in ritardo, in realt sono
arrivato in anticipo, ma ho deciso di bere qualcosa prima di incontrare
Padre Nunzio, cos il tempo passato, Claudia si siede accanto a me,
ordina una coca cola, finalmente il cameriere penso indiano smette di lustrare i tavolini per un altro incarico di rara fiducia, le nostre ordinazioni, per me basta birra, forse meglio. tanto che non ci vediamo, cos
io per rompere il ghiaccio, che originale, veramente ci siamo visti a casa
dei tuoi genitori poche settimane fa, mi dice, intendevo prima di allora,
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non sei pi venuta alle mie feste, cos continuo evitando di accennare
alle mie teorie psico-sociologiche su frequenza di uscite serali e fidanzamenti, da molto che state insieme puntointerrogativo
Lho conosciuto a casa di unamica, siamo usciti per qualche
giorno, e ci siamo messi insieme subito dopo.
Colpo di fulmine.
Colpo di fulmine, cos mi conferma Claudia, mentre ci portano la
coca cola a lei e, noccioline a me, libera iniziativa del mio amico penso
indiano, e continua, dopo un po che stavamo insieme siamo partiti,
abbiamo fatto un viaggio in America Latina, siamo rimasti fuori per
circa quattro mesi, cos Claudia anticipando le mie domande, tornati a
casa siamo andati a vivere insieme.
E si, un colpo di fulmine, anche se non capisco come ci si possa
far fulminare da Alfonso Eccetera, se fossi maligno penserei al suo
conto in banca, ma non sono maligno e, lho pensato lo stesso, sono un
rosicone, cos occupo la mente mangiando noccioline e guardando Claudia dissetarsi con la sua coca cola, quando si dice il caso, mi dice Claudia, quale caso, rispondo io mentre lei continua, dal pronto soccorso al
tuo matrimonio, un caso, strano vero, cos continua, ma io non
lascolto pi, penso al caso, vero, un caso, penso, come un caso che
io abbia perso tempo in questo bar, questo il momento di sacrificare
lordine al caos, il momento dellinvenzione.
il momento di ascoltarmi.
Allora la interrompo, una volta ho fatto lamore con una ragazza,
senza toccarla, cos le parlo, durato una notte intera, parlando, ridendo,
camminando, quella notte ho imparato a conoscere il suo respiro, il rumore dei suoi passi, che avrei riconosciuto tra i milioni di passi che mi
circondano, lodore dei suoi pensieri tra miliardi di altri odori, la musica
dei suoi occhi, la pi melodica tra quelle che ho mai ascoltato, i suoi
capelli, i suoi capelli poi .. Tutto in una notte. La notte
importante, non inquinata dai rumori del giorno, rumori fatti di ansie
da appuntamenti mancati, traffico, smog, telefonate, colazioni, lavoro,
ancora telefonate, e traffico, tutto questo nella notte non c, mancano i
colori, senn sarebbe perfetta, come perfette sono le notti che ho vissuto, due duepunti la prima, sopra un traghetto per Vulcano, mi ha insegnato a vivere aspirando ai sogni, senza averne paura, la seconda,
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passeggiando con te, mi ha insegnato come provare a realizzare queste


aspirazioni, nella prima ho sognato, nella seconda ho pensato a come
realizzare il sogno della prima, lei mi guarda, non penso stia capendo
quello che dico o, forse non crede a quello che dico, con Padre Nunzio
che a questora sta aspettando me e Alfonso il fotografo, e continuo,
anche io quando non ci siamo visti, ho fatto delle cose, tante cose,
troppe per essere raccontate seduti ad un tavolo di un bar, Claudia mi
guarda, ma non parla, ci vorrebbe una notte intera, passeggiando per i vicoli di Roma, per raccontarti tutte le cose che ho fatto e quelle che non
far, un caso, incontrare prima te di Alfonso, che sta arrivando, lo vedo arrivare velocemente, in ritardo, come tutti, tranne me, io non sono
pi in ritardo, non si in ritardo per un appuntamento che non si ha.
Alfonso sta arrivando, cos dico a Claudia prima di salutarla e,
concludo, me lo saluti tu, io me ne vado.
Mi allontano, lasciandomi alle spalle un luogo che non volevo.
Volevo una chiesa piccola, spoglia, in campagna.

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