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Se questo mondo fosse una festa, non vorrei essere invitato, grazie, cos penso leggendo i titoli dei giornali in un'edicola, e io di feste me
ne intendo.
Riprendo a camminare.
E ti vedo, da lontano ti vedo, mentre decido di non avvicinarmi.
Sono in anticipo, penso.
Ho ancora qualche minuto a disposizione e, li user, per osservarti, capire o, tentare di farlo, cosa significhi, tu, dall'alto della tua
storia, faccia di pietra colorata dal tempo, allora ti osservo, non ti sei
ancora accorta di me che sono arrivato girandoti intorno, tu non ti
accorgi che mi siedo in un bar, di fronte a te, che ordino una birra,
piccola chiara alla spina, grazie, non ti accorgi, scusi, anche un po' di
noccioline, cos io al cameriere, penso indiano, che serve ai tavoli, meglio affrontarti a stomaco pieno e con i freni inibitori affievoliti dai pochi gradi della birra e dal caldo di questa giornata troppo calda per
essere primavera.
Penso, chiss se la maggior parte delle persone sedute in quel
caff stanno pensando a te, con la mia medesima missione, incontrarti,
cos penso, allora li osservo, osservo la gente intorno a me, la gente, le
persone, il mio prossimo, individui, la massa, piccola e media borghesia,
alta borghesia, proletariato, professionisti, studenti, nullatenenti, romantici, cinici, arrivisti, egoisti e altruisti, cantanti, poeti, malfattori, puttane e
suore e, suore e puttane, mah.
In sintesi dovrebbe essere umanit punto
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mi sono seduto qua, non lo farai, come non ti accorgi di nessuno che ti
passa davanti, con la sufficienza di chi tanto sa che prima o poi, anche
solo per cultura, bisogna passare da te, e tu attendi indifferente, come
faccio io in questo bar, aspetto, ancora qualche minuto che devo riempire, allora cerco di condividermi nelle facce dei passanti, oh Amore, dio
dell'ingenuit, non mi abbandonare, e, penso alle cose che amo di pi,
l'inizio di Manhattan, le Variazioni Goldberg suonate da Gould, Happy
Days, Pessoa, il sorriso dei figli che spero di avere in futuro, Estate, il culo di Moana Pozzi, Sostiene Pereira, Harry ti presento Sally, Don Camillo e Peppone.
Dieci, mi devo fermare a dieci, di sicuro ho scordato qualcosa ma
non la posso fare troppo lunga, la lista e, mi accorgo che tra le dieci cose
che amo non c' il motivo che mi ha portato qui, oggi, seduto, a bere
birra, piccola chiara, sapientemente accompagnata da noccioline salate.
Proviamo con le cose che non amo, anche queste, per, devono
essere dieci, sono un giusto, cos penso, Holliwood, la politica estera
americana, la televisione di oggi, il gossip, la new economy, l'esasperazione,
la musica House, il wonder-bra e le mistificazioni in generale, forse questo
vale per due, il commercio e, basta, non mi viene in mente nient'altro da
non amare, solo che in questo secondo raggruppamento, cos sento, se
cerco bene, perch si nasconde, subdolo, riesco a trovare il motivo che
mi ha condotto qua, me come tanti altri, ad incontrare te, che mi farai
ombra, sempre di pi mentre mi avviciner, entrer, percorrer la navata centrale fino in fondo, attraverser il tuo transetto, mi lascer la
Cappella di San Brizio a destra e la Cappella Corporale a sinistra e, subito dopo, il Coro, dove mi aspetta Padre Nunzio, il parroco che prima di
noi ha sposato i genitori della mia futura moglie, loro ci tengono tanto
che ci sposi lui, avrete un matrimonio felice come il nostro, sar di buon
auspicio, cos dicono, e dopo ha battezzato i loro figli, comunione e cresima.
Global Service.
II
che ci seguivano erano cos incazzati, per non aver avuto il tempo di riflettere, capire cosa stava succedendo, la gente ha bisogno di capire, vuole il tempo per capire, a volte lo reclama inerme, altre volte lo esige.
O forse avevano solo fretta e un coglione ha deciso di sentirsi male alle otto del mattino, ora di punta per l'ingresso delle scuole e l'apertura degli uffici. Ha deciso di sentirsi male in piena fila all'altezza di
Sant'Agnese sulla Nomentana, cullato dal rumore dei tergicristalli che
tentano di opporsi alla cecit della pioggia, vomitando davanti l'ingresso
di una chiesa.
Poi passa, questo tempo passa, e la fila con lui, e la pioggia con
lui, insinuandosi tra i sanpietrini e, come la pioggia, anche il tempo s'insinua, opponendosi alla diga creata dal mio evento intestino, e si insinua.
Altre stazioni ci sono state dopo questa, altre fermate, altri
clacson e tergicristalli, e pioggia e ombrelli, e bestemmie e, dove cazzo
mi fermo, trattieniti se puoi. E sudore, e lacrime come sudore, e come ti
senti, e radio-giornali, e semafori rossi, e la festa di questa sera, e incroci
bloccati, e lava-vetri divini che, senza posa, continuano a bagnarci, e timori, e incoscienza, e voglia di tornare a casa, e mamma non c'era
quando siamo usciti, e solitudine affollata di lamiere e pistoni, e bambini
per mano, e nausea.
Altre volte ci siamo fermati, forse due, forse tre, penso oggi, forse
l'ultima davanti al Pronto Soccorso, siediti qua, io vado a parcheggiare
meglio, cos Carlo.
Il dottore scrive nome e cognome, e sono io, indirizzo, il mio,
et diciotto anni, la mia, cos lui all'infermiera e, continua.
Anamnesi.
C' un letto libero ad Otorino, lo ricoveriamo, ma posso raccontare.
Fallo sedere accanto alla ragazza qua fuori, cos il camice di cui
non ricordo il volto, dice all'infermiere appoggiato, stanco, sulla sedia a
rotelle che mi ha carontato dalla sala d'attesa del Pronto Soccorso, alla
sala visita numero ....boh. Vorrei ricordare di pi, e, dove non ricordo,
invento, cos penso, perdendo la percezione della flebile differenza tra
inventato e vissuto, sentito e raccontato, visione, visto ed osservato. Come una tromba d'aria che raccoglie dal suolo tutto quello che trova,
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lo mischia, lo risbatte a terra nella sua definitiva, nuova collocazione, fino all'arrivo degli spazzini dell'anima che lasciano in giro solo poche cose e, la maggior parte di queste, poco interessanti.
Mi gira la testa.
Accanto alla ragazza. Quale ragazza, ne vedo molte, e loro
accanto ad altri uomini, donne, vecchi, tutti in attesa che il ciclone, chiamato amministrazione sanitaria, ti restituisca il corpo per la definitiva sistemazione, cos io.
Ne vedo tante di ragazze, ora accanto a me, ed io in mezzo a loro,
ma dicono che sia solo una, o almeno il camice che ha deciso il mio ricovero, cos avrebbe giurato, ma io ne vedo molte.
Tutte belle.
il male, oppure gli ormoni, che sono un male, penso, se non
puoi dargli un seguito, e continuo a pensare, sono tante e tutte belle.
Come sto, sicuramente uno straccio, vestito di corsa, puzzo di vomito, perch di vomito ho parlato, non mi noter mai e, se mi parler,
devo girare la testa dall'altra parte, per non anestetizzarla con i fumi del
mio ventre, e continuo, voltarmi, girare la testa, solo al pensiero riprendo a piovere e, penso, non il massimo come approccio.
Che sfiga.
Diciotto anni, puzzolente, vestito peggio, con una faccia e delle
borse sotto gli occhi, tanto grandi da poterci mettere dentro tutta la mia
vita, cos io. Per non parlare dei capelli, quelli poi, gi allo stato normale
sono arruffati, incasinati, non posso nemmeno pensare cosa sembrano
ora, se li potessi vedere, quindi almeno sistemare, forse potrei sembrarle
almeno simpatico, cos, se dovessi incontrarla fuori di qua, potrei dirle ti
ricordi di me, sono quello simpatico seduto accanto a te, il giorno in cui
ci hanno ricoverati, lei farebbe sicuramente una faccia sorpresa, poi sicuramente riderebbe, io le ragazze le faccio ridere spesso, stanno bene con
me, dopo la inviterei ad uscire per parlare di come sta ora, di quello che
ha passato, se ha avuto paura, questo impossibile, a diciotto anni non
si ha paura, si sta male e basta.
I miei capelli, chiss come mi stanno, mentre lei bellissima, o cos mi sembra, loro sono bellissime.
Sorride, forse mi ha sentito pensare ed ha trovato tutto molto divertente, l'ospedale, l'attesa, i malati, io che tento di piacerle, o meglio,
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io che vorrei fare qualcosa per piacerle o sogno di farlo, cos io,
appoggiando la testa indietro.
Sorride, ma forse una smorfia di dolore, dimenticavo che non
siamo in discoteca, lei non seduta sul divanetto accanto al mio,
sorseggiando un Bellini, sta soffrendo e, se smetto di pensare a lei, si
sentir sicuramente meglio.
Che cazzone. Mi viene da vomitare, ma dovrei inventarmi qualcosa da tirare fuori.
Sono vuoto.
Cos'hai, perch sei qui, cos i miei ormoni diventano suoni, musica, pi precisamente. Ormoni, questi maledetti, si ostinano a entrare nei
miei sogni, facendomi credere che sta accadendo veramente qualcosa, li
odio, cos penso, e, continuo ad ascoltare, ora il viso della ragazza seduta
fuori la sala visita, accanto alla quale mi sarei dovuto sedere e mi sono
seduto, rivolto verso di me, in attesa, perch sei qui, continua.
Moderata felicit.
Scusa, non ti avevo sentita, cos io, rivolto a lei, incurante o dimentico dell'umore che proviene dalla mia decomposizione intestina,
ma sembra non darle pena.
Forse solo educazione, penso e, continuo, non so cos'ho, sto male, mi gira tutto, anche te, anche se mi fa molto piacere vederti girare
intorno, questo lo penso, non lo dico. Ho anche vomitato, non so
quante volte, cos io, anzi scusa, non devo avere un aspetto piacevole,
intendendo con questo anche l'odore, ma non lo dico.
La ragazza seduta accanto al ragazzo, seduto accanto a lei, non
sembra fare caso al coacervo di brutture maleodoranti espresso cos magistralmente dalla mia persona, come se la sofferenza che l'ha portata fino a sedersi accanto a me, ma prima, le avesse ostruito i sensi, almeno la
vista e l'olfatto, come spero che le funzioni la chimica dell'epidermide,
grazie alla quale, e continuo a sperare, lei si rivolta a me con elegante
interessamento, mentre continua a girarmi intorno insieme con uomini,
donne, vecchi, sedie, suppellettili, infermieri, dottori erranti di reparto in
reparto, bacilli, mucose espulse, braccia rotte, nasi sanguinanti, astenici,
non vorrei essermi dimenticato di qualcuno, nel caso cos fosse, non me
ne voglia nessuno.
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Sedia a rotelle.
Un infermiere prende la sedia a rotelle sulla quale sono seduto e
mi parcheggia di nuovo, questa volta dall'altro lato della ragazza seduta
accanto a me. Lo ringrazio, penso, il lato destro della ragazza non ha
niente da invidiare al suo lato sinistro, giusto per avere una panoramica
completa.
Adesso ti portano al reparto, cos Carlo, io torno a casa, ti prendo
quello che ti serve, pigiama, pantofole, vestaglia, spazzolino, e torno,
conclude.
nervoso, lo vedo da come si muove.
Forse ha paura.
Io no, sono solo preoccupato di riempirmi la vista il pi possibile
con la ragazza seduta accanto a me, questa volta alla mia sinistra, me la
voglio ricordare, cos se la dovessi incontrare di nuovo, Roma piccola
in fondo, potrei riconoscerla, in realt non riconosco mai nessuno,
quindi non saluto.
Lei me la voglio ricordare, cos penso, sperando pi nel fatto che
lei si ricordi di me per via della mia faccia cos particolare, dicono i miei
estimatori, mamma e, forse, qualche altro parente stretto. Sei pronto, cos l'infermiere afferrando da dietro, o da tergo, come direbbero adesso i
commentatori di calcio, la mia sedia a rotelle e portandomi verso un'uscita diversa dall'entrata, dove, cos le voci di corridoio, si dice che mi stia
aspettando un'ambulanza per portarmi al reparto di Otorino-Laringoiatria.
stato tutto cos veloce, l'infermiere, mio fratello, tutto, che non
sono riuscito a salutare la ragazza seduta prima alla mia destra, poi alla
mia sinistra, e cos anche lei, non mi ha salutato, nemmeno un imbocca
al lupo, niente, penso mentre l'ambulanza parte, accanto a me un
infermiere, un altro. Non le ho chiesto nemmeno che cosa avesse, cazzo.
Sempre cos, perdo l'attimo.
La testa mi gira adesso velocissima, la nausea mi ha riempito fino
alla punta dei capelli, vomiter dentro l'ambulanza, cos penso, ma non
succede, faccio in tempo a scendere davanti l'edificio dove si trova la
mia destinazione e a regalare all'umido asfalto quello che ho di pi intimo e pi puzzolente.
Di nuovo, qualche millilitro di succhi gastrici.
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III
Commercio, mi ricordo che c'era anche un avvocato, tutti insieme a preparare una tesi di architettura. Io giravo per i tavoli. Marzio si doveva
occupare del plastico in creta, ma spesso si finiva con palle di creta
attaccate ai muri, e, una sera a settimana, grande festa. Si, perch con
Marzio siamo diventati dei veri organizzatori di feste, grandi feste. Dalle
prime per il pomeriggio, alla sera. In seguito ci siamo uniti ad altri organizzatori di feste, diventando i pi forti elargitori di divertimento sulla
piazza. Tutti i locali e localari ci vogliono, ma noi andiamo solo dove ci
divertiamo, non una questione di soldi. Pi non una questione di
soldi, pi si guadagna, strano.
Le prime feste in notturna le facevamo in un locale che si chiamava il Casanova, a piazza della Maddalena.
Oggi non esiste pi.
Vicino al Casanova c'era un bar, le Cornacchie, dove penso, si riunisse tutta Roma prima di andare da qualsiasi altra parte, o in qualsiasi
altra festa, la piazza era piena, non ci si muoveva.
Certe sere, quando non c'erano feste, io uscivo da solo, mi muovevo di casa verso le undici e mezzo e andavo alle Cornacchie, l incontravo tutta Roma e, tutta Roma incontrava me, si spacciavano biglietti per
la prossima festa, ci si invitava alla festa a casa di qualcuno a Port'Ercole
o Ansedonia, queste ultime quasi sempre a casa di Marcello, in occasione dellinizio dell'estate o per la fine.
Le feste pi belle alle quali ho partecipato, ricordo.
Marcello e Luca arrivavano prima per preparare la sangria, alle
otto di sera, prima che la festa iniziasse, erano ubriachi come zucchine.
Poeti.
Dopo qualche anno, le Cornacchie non andavano pi, cos come
il Casanova e nella piazza era rimasto solo qualche fedelissimo, romantico dei tempi che furono, qualche distratto che non si era accorto del
cambio di giro e qualche ritardatario. A Roma funziona cos, i locali
hanno una vita molto breve, al massimo un paio di stagioni e, poi, il diluvio.
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IV
Faccio in tempo a sedermi sul letto, e, senza dovermi sforzare, vomito unaltra volta.
la terza da quando sono entrato nel recinto dellospedale.
Il reparto di Otorino sembra in ordine, rispetto alle fantasie che in
questi anni mi sono fatto sugli ospedali, pulito, gli infermieri sono in
divisa, divisa da infermiere, impeccabili. Nella mia stanza ci sono sei letti
messi di fronte, in batterie da tre, tutti occupati da colleghi con le pi
fantasiose patologie, setti nasali rotti, o forse si tratta di plastica, non ho
ancora indagato, un signore anziano con dei tubi infilati nel naso che
rantola rumorosamente.
Questa notte non dormir, penso.
C anche un timpano perforato, questo l'ho chiesto durante un
intervallo pi lungo tra due conati, il resto potrebbero essere tonsille o
adenoidi, o chiss cos'altro, non mi interessa, sono i dirimpettai, altra
gente. Insomma, sembra che tutto funzioni qua dentro, mi dico, tutto
tranne me, sono riuscito a sporcarmi i pantaloni. Linfermiera gentile,
mi mette un braccio sotto l'ascella destra, con l'altro mi cinge la schiena
e, mi solleva, scusami, cos lei, siedite pi qua, senn non riesco a pulire,
cos conclude parcheggiandomi qualche decina di centimetri pi a destra, verso i cuscini.
Oggi la giornata dei parcheggi.
Mi accascio sopra i cuscini. Stordito. Non ho pi niente in corpo e
continuano i conati. Mio fratello non torna, e da un momento allaltro
arriver tutta la famiglia al completo o quasi. Come ti chiami, con voce
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nasale mi chiede il naso rotto, o plasticato ancora non so, del letto
accanto al mio, non rispondo, ma lui non se la prende, penso abbia capito.
Arriva un altro infermiere, dovrebbe chiamarsi Vittorio o qualcosa
del genere, cos mi sembrato sentirlo chiamare dal corridoio, guida spericolato una sedia a rotelle, pi con la pancia, particolarmente protesa a
sbalzo, che con le mani. La faccia di Vittorio, o di come si chiama, per
me rimarr Vittorio per quel poco di tempo che durer in questo reparto, mi sembra buffa e continua a girarmi intorno come se danzasse
per ingraziarsi gli dei delle lettighe.
Dai vieni che ti faccio fare un giro, cos mi dice mentre ferma e gira la sedia a rotelle verso di me, con piacere, rispondo io sussurrando, e
Vittorio continua, ci sono dei dottori che ti vogliono conoscere.
Non so quanto tempo sia passato da quando Carlo tornato a casa a prendere quello che ha detto che doveva prendere, ancora non
tornato. Che ore sono, non lo so, probabilmente l'ora esatta in cui c'
pi traffico, forse non trova il mio pigiama, o lo spazzolino. Arriver e
non mi trova al parcheggio riservato al diciottenne con le vertigini e vomito, numero, numero, non riesco a leggerlo, anche il numero del letto
mi gira intorno, forse perch piccolo, ma mi sembra che giri pi velocemente della faccia di Vittorio, vuole arrivare prima di tutti agli dei della
lettiga, oppure il numero ha altri dei da ingraziarsi.
A diciotto anni si come rocce, dei veri duri, e, io lo sono o lo
ero, non lo so, adesso mi sembra di essere solo uno stronzo, un povero
stronzo, che vorrebbe accanto a se la mamma, il fratello e una sorella da
abbracciare, penso, e se fosse qui, mia sorella appunto, l'abbraccerei
talmente forte, chiamando in aiuto tutte le ultime forze che mi sono rimaste, da farle mancare il fiato.
Voglio una persona da abbracciare, una persona che amo e che mi
ami, invece mi tocca essere circondato da personaggi in divisa da
infermiere, con, nella migliore delle ipotesi, una paresi facciale che gli dipinge un sorriso stantio, da distribuire come fosse un volantino.
Forse Carlo ha perso tempo per telefonare a tutti, mamma, pap,
sorella, amici e parenti, vicini e lontani.
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Cerco di fermare il mondo che mi gira intorno appoggiando la testa lateralmente sulla spalla sinistra, a questo punto non credo pi che
esistano solo gli dei della lettiga, confido nel dio che protegge i portantini, che lo guardi dal mandarmi a sbattere contro qualcosa, potrei vomitare sulla pista, non sarebbe corretto.
Sento Vittorio lasciare la presa delle maniglie, continuando a
spingere con la pancia, mentre, con le mani, mi afferra la testa sui due
lati, le mani sono calde, almeno la sinistra, dellaltra percepisco solo la
pressione, e mi tira in su la testa, sei gia stanco, chiede Vittorio.
Cos vomito, penso io.
Con le mani ancora sul mio volto, arriviamo a met del corridoio,
sulla sinistra c' una porta oltre la quale, cos dice Vittorio, mi aspetta il
dottore.
A parte loperazione per levarmi tonsille e adenoidi, le mie esperienze in campo medico si limitano a varicella, scarlattina, orecchioni e,
al massimo, qualche bronchite. Oltre al fatto che la malattia mi permetteva di non andare a scuola, era piacevole perch oziavo tutto il giorno nel
letto dei miei genitori guardando cartoni animati. Il cuscino di mio padre aveva un odore fortissimo, in quel periodo si tingeva i capelli con
una lozione, rinova for men mi sembra di ricordare, che, oltre a macchiare
la federa del cuscino, aveva una fragranza che, seppur forte, in quegli
anni mi sembrava piacevole, ma, appena entrato nel periodo dell'adolescenza, mi era diventata disgustosa e me ne rimanevo in camera mia, il
mio mondo, come sarebbe diventato da l a pochi anni, isolandomi
sempre di pi dal resto della famiglia, prima solo fisicamente, poi non
partecipando pi, in modo attivo, a feste o discussioni, litigate forse
meglio, a volte anche violente e, queste ultime, se possibile, molto pi
frequenti delle feste.
Da qualche anno, prima del mio ricovero, mia madre e mio padre
hanno iniziato a litigare nel senso totale del termine, e, ogni giorno
tornando da scuola, la sensazione, mettendo la chiave nella serratura per
aprire la porta di casa, era quella di trovarmi di fronte a chiss quale disgrazia, botte, sangue, o cose del genere, in verit un evento di questo tipo, sarebbe capitato molti anni dopo, facevo l'universit, cos ricorder,
ma un altro capitolo.
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Molto fico ricordo, non io, ma il fatto di uscire la sera con ragazzi
pi grandi di me, eccitante. Purtroppo, mi dicono di aver lisciato per pochi anni Barry White, immensa lacuna nella mia adolescenza, ma mi sarei rifatto abbondantemente, qualche anno pi tardi.
Alla fine delle riprese, in quel meraviglioso set che era il mercedes
di mia madre, mi era chiara solo una cosa, tutti i problemi derivavano
dal fatto che lei non si curava della religione. E si, perch il dio delle
mamme che non hanno pi figli da crescere, perch anche il minore ,
senza rendersene conto, diventato un ragazzo di quasi diciotto anni, indipendente, ha anche una fidanzata con cui parla di pi che con sua madre, questo dio, il dio del golf appunto, golf come gioco non come
indumento, se trascurato, si incazza e, te ne manda di tutti i colori.
Penso si chiami depressione.
Con enorme sollievo di tutti, ma solo, sfortunatamente, tardi, mia
madre ha scoperto la religione, fino, era ora, ad adorare il dio del golf,
passando per il dio del tennis, quello del burraco, dello yoga, e, senza dimenticare il dio delle associazioni di beneficenza, si trovata anche ad
adorare quella grande fregatura che il dio delle mamme di ragazze meravigliose.
Per un periodo, quello della speranza, l'ho adorato anch'io questo
dio, fino a quando non ho capito che un dio, incapace di realizzare i sogni di uno fra suoi maggiori sostenitori, me, non un buon dio, e, per
fargli un dispetto, mi sono messo ad adorare, con frequenza disarmante,
il dio degli adolescenti, l'unico, maestoso, grande, magnanimo, onnipresente, comprensivo dio.
Il dio della sega.
Il dottore, ha un cartellino appeso sulla tasca del camice, ma non
riesco a leggerlo, quindi non sapr mai come si chiama, inizia a farmi domande, riempiendo dei fogli.
Anamnesi, unaltra volta.
Nome e cognome , cos lui, vediamo, si Claudio Goru, di et diciotto anni, esatto, cos mi chiede mentre nella stanza entrato un
altro medico, una donna, alta, abbastanza magra, mi sembra, per il resto
non potrei dire niente, i miei occhi fanno fatica a fermarsi su un qualsiasi particolare. Alla domanda del dottor non sapr mai come si chiama,
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l'ho sentita, sulla guancia destra, non ho sentito il pizzico, cos io, ma un
senso di fastidio, ora mi viene da grattarmi, quasi come le anestesie ai
denti, che ti viene da morderti il labbro.
Il dottore continua a prendere appunti sulle mie parole, poi mi dice, continuando a scrivere, adesso ritorna a letto, ti riposi un po, continuiamo pi tardi, cos mi licenzia, il dottore che non chiamer mai.
Carlo non ancora tornato, mentre mi accorgo che durante la visita
interrotta, hanno distribuito il pranzo.
Non ho fame.
Claudio Goru, sei tu, mi dice un infermiere porgendomi una pillola ed un bicchiere dacqua, e continua, ti chiami come il regista, mio padre, cos io tirando gi la testa dopo aver ingoiato la pillola, ci avrei
giurato che eravate parenti, non un cognome comune, conclude
linfermiere, di dove siete, non mi va di conversare, mi distendo sul letto,
non mi levo le scarpe, e rimango in silenzio, penso, se non gli rispondo
prima o poi se ne andr, se non lo fa gli vomito sui piedi, cosa molto
probabile.
Nulla di personale.
Carlo, finalmente Carlo, poi, mamma, e, riesco ad intravedere in
coda, ma si lei, Costanza. Mamma, senza un filo di trucco, piange,
penso che le faccia bene la mia malattia, almeno per oggi ha un qualche
motivo per distrarsi, e sapr col tempo, che avr di che distrarsi per diversi mesi. Pap ti manda un bacio enorme, quando te la senti lo chiamiamo in albergo, cos mia madre, oggi a Berlino, ha trovato un posto
in aereo solo per domani mattina, se ci sar domani, dico scherzando, a
me piace scherzare, ma mia madre alle mie parole apre le chiuse del canale lacrimale e, in un crescendo di pianto, desta dal sonno il dio della
commozione insieme al vecchio del rantolo ed al setto nasale rotto o di
plastica, non so, provocando il disappunto dei presenti che, rumoreggiando, palesano il loro dissenso per un cos brutto risveglio
dall'intorpidimento del dopo pranzo. Mia madre, com nel suo carattere, non si nemmeno accorta di aver disturbato qualcuno.
Tuo padre ha detto, cos lei tra un singulto ed un altro, che ha telefonato ad un suo carissimo amico, primario di ortopedia alla Quisisana,
domani mattina quando sar tornato, ti far trasferire in clinica, io domani sar a scuola, mamma, cos le rispondo, con un filo di voce, non ho
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forza, ma nel frattempo, forse alla vista dei piatti vuoti dei miei vicini e
dirimpettai, mi venuto un certo appetito.
Sono sempre stato cos, con febbre, mal di stomaco, o qualsiasi
altro tipo di malattia, non mi mai mancato l'appetito, ed ancora cos.
Forse perch il mio nome, in un'altra lingua, significa bambino dai grandi
occhi figlio del dio lasagna.
Domani torner a scuola, ripenso, oggi i mie compagni crederanno che ho fatto sega, magari sono a piazza di Spagna o a villa Ada,
eppure oggi non avevo interrogazioni, anzi, mi dovevano consegnare le
prevendite per la festa di gioved prossimo al Piper, devo in qualche modo avvertire Marzio.
Marzio il mio socio in affari, noi due insieme vendiamo pi prevendite degli altri organizzatori.
Carlo, puoi avvertire Marzio che sono qui, lascia perdere Marzio e
infilati il pigiama, mi risponde Carlo. Costanza dov andata, chiedo,
andata a cercare un dottore per parlargli, sempre Carlo che mi risponde, mamma non riesce a proferire verbo, troppo occupata a
singultare. seduta sul lato sinistro della sedia riservata al mio letto, ha
il gomito sinistro appoggiato sullo schienale della sedia, struttura questa
sapientemente adoperata per sostenere la testa, mentre con la mano destra, quindi libera, tiene un fazzoletto che, di tanto in tanto, si porta in
un non meglio specificato luogo della regione occhio-naso-bocca.
Ho un tempismo eccezionale, mi sono appena cambiato, mi
hanno finalmente portato qualcosa da mangiare, e, cosa succede, mi viene da vomitare, il dubbio a questo punto sostenibile, prima vomito e
poi mangio, oppure prima mangio e, forse, poi vomito.
Decido di mangiare.
Se hai appetito buon segno, cos Carlo.
Non hai capito un cazzo, lo penso ma non gli dico, rosicchiando
la mia fetta biscottata.
E continua, forse una semplice influenza intestinale. Se l'hanno
ricoverato forse perch sono preoccupati per le vertigini, cos mia madre, me l'hai detto tu, Carlo, che ha le vertigini.
tornata Costanza.
Domani mattina gli fanno una TAC, poi lo spostano di reparto,
cos Costanza. In quale reparto lo portano, chiede Carlo.
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Neurologia.
A Neurologia ci sono i matti, penso, non voglio andare con i
matti, e, mentre continuo a pensare, mia madre ricomincia a piangere.
finita l'ora delle visite, dovete uscire, dice un'infermiera sulla
porta.
Cos, carico di succo di frutta, baci di mamma e una copia di
Gente, sono pronto ad affrontare la mia prima notte in ospedale, l'ultima in questo reparto, guardando, in ordine, Carlo, Costanza e mamma
mentre si allontanano.
Mio padre a Berlino, sta girando un film in Germania, cos adesso ricordo e ricordo anche altre cose.
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dal Senegal, anzi, fuggito dal Senegal e, in tutti gli anni che vivr fino ad
oggi, ancora non mi capitato di incontrare una persona che regali la
stessa allegria di Mimmo. sposato con una ragazza italiana, ed ha la
stessa serenit di colui che ha figli e, li ama.
Tu fratello, tutto bene?
Si Mimmo, tutto bene, si visto qualcuno o siamo solo noi. arrivato Giancarlo, cos Mimmo mentre mi accompagna dentro il locale,
andiamoci a bere qualcosa. Se iniziamo a bere adesso, come arriviamo ai
conti, oppure tu sei pagato da Aldo, ci fate bere come spugne da
quando arriviamo, cos Aldo fa carta vince carta perde, noi non ci capiamo pi niente e ci frega sui soldi. Mimmo ride, forse vero, ma bello
vederlo ridere, i suoi denti sono come stelle nella notte di San Lorenzo,
e si, anche perch qualcuno gli caduto.
Giancarlo gia dentro con in mano un bicchiere di vodka-tonic,
lui cos, inizia presto a bere, si interrompe per ballare, cos riesce a sudare tutto l'alcool che si trangugiato in attesa dell'inizio della festa, poi,
intorno alle quattro, lo si rivede muovere gli ultimi passi di danza, con in
mano un nuovo bicchiere di vodka-tonic, rigorosamente Absolut vodka,
perch l'unica vodka a non lasciarti un alito cattivo.
Siamo dei teorici, nessuno ci tocchi.
Come la vedi questa sera, cos io a Giancarlo, bene, ho circa duecentocinquanta persone in lista e, continua, ho sentito Luca, anche a lui
l'ha chiamato tanta gente.
In effetti, in almeno una decina di anni di onesta attivit nel settore, abbiamo bucato cos si dice quando una festa va male soltanto
un paio di volte, in questo modo sono riuscito a pagarmi l'universit, le
poche vacanze che mi sono fatto, quando mi restavano soldi dopo aver
pagato gli studi, e, nemmeno molto frequenti, vezzi del tipo cena e cinema con qualche amica.
La serata iniziata bene, quasi tutti quelli che mi hanno chiamato
sono venuti, e cos per i miei colleghi.
Quello che si dice un successo.
Il tempo scorre, la musica lo misura, la gente lo sa, sembra non volerlo perdere e, inizia a ballare da subito, questo per chi vuole ballare, chi
vuole rimorchiare inizia a farlo, da subito, chi vuole bere inizia a farlo, da
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subito.
Chi vuole fuggire sta l, le feste servono a questo, ci si arriva dopo
avere chiuso la porta di casa, lasciandosi dietro tutto quello che accade
dentro, per alcuni cose belle, per altri cose brutte, per altri ancora cose
drammatiche.
Le feste servono a questo, si sta insieme, stretti e sudati, al buio, la
musica copre qualsiasi rumore che la nostra anima produce, anche i pi
molesti, l'alcool infine li annichilisce. L dentro siamo tutti uguali, tutti
sorridenti, il segreto del nostro successo, il successo nellessere un ragazzo.
Benedetto buio, dio del corteggiamento, tu, che riesci a non farci
vedere in faccia.
Benedetta musica, dea delle movenze, tu, che fai i miracoli. La musica fa muovere, alcuni bene, altri male, guarda chi si muove bene,
guardati da chi si muove male. Di quest'ultimo gruppo fa parte chi, passandoti vicino, ti regala, in un gesto di estremo altruismo, gomitate in
quantit industriale, cos stato.
Benedetta musica, dea delle movenze, anche di quelle scoordinate,
tu che di miracoli te ne intendi, sicuramente grazie a te che, ricevendo
una gomitata in mezzo al costato da parte di un fighettino occhialuto,
mi hai fatto voltare e, voltandomi, ho visto un viso, purtroppo accanto
al fighettino occhialuto al quale stavo per versare il bicchiere di Absolut
che avevo in mano, un volto che sicuramente gi appartenuto al mio
mondo onirico, lo stesso mondo dove trovano casa la fata turchina e i
mostri che da piccolo non ti fanno dormire. Con una piccola differenza,
questa volta ho la netta sensazione che questo volto, un giorno indefinibile, abbia fatto una scappatella fuori dai sogni, senza avvertire nessuno.
Sinceramente, adesso che lo guardo meglio, mi viene in mente che, tanto
tempo fa, ho pensato di averlo perduto e, adesso, qualcuno l'ha trovato
al posto mio.
O sono ancora in tempo.
Maledetto buio, dio del corteggiamento, tu, che riesci a non farci
vedere in faccia.
Almeno cos pensavo.
Il bar pi illuminato, Andrea, il barman-pittore, mi sta preparando un Margarita, il DJ suona gli Incognito, quasi tutto perfetto,
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ancora non lo so, ma fra qualche minuto diventer tutto drammaticamente perfetto.
Mi puoi dare un bicchiere di acqua tonica, cos una ragazza appena arrivata al bancone.
Finalmente ho capito, grazie bar, dio della luce, adesso il suo volto
tornato nel mio mondo onirico, con una puntatina nel luogo dove
ancora si mescola la realt con la finzione, ma sento di essere vicino alla
verit.
Mi ci avvicino ogni istante che passa, sempre di pi, con la
certezza che anche lei ha capito di appartenere ad una mia vita talmente
lontana, da sembrare sogno, almeno in questo locale.
Adesso anche lei si volta verso di me, io ti ho gia visto, forse, dico
io e continuo, magari qua dentro. Impossibile, la prima volta che ci
vengo, cos lei, mentre io cerco di trovare nel cassetto delle possibilit,
cose da dire, che mi permettano di prendere tempo.
Devo capire, sento che sono vicino, ma mi manca ancora qualcosa, non so cosa, questo drammatico.
Per fortuna lei pi ostinata di me, conosci per caso, e mi dice un
nome e cognome a me sconosciuti, no mi dispiace, ho paura di dire a
questo punto una cosa cretina che la faccia scappare via e tornate dal fighettino occhialuto.
Bar, dio della luce, fino a quando non ci si mettono le luci stroboscopiche a non far vedere pi niente, sembra di muoversi allinterno di
fotogrammi, adesso il suo volto lo vedo un po' di qua, un po' di la, mi gira intorno.
Benedetta stroboscopica, dea dei ricordi.
Illuminazione.
L'illuminazione ha le note di Jamiroquai.
Non sono amico di nessuno che conosci, cos le dico, o almeno
non ci siamo conosciuti per tramite di qualcuno. Probabilmente non ti ricordi di me.
Eppure la tua faccia la ricordo, cos lei interrompendomi, ma non
riesco a capire dove e quando.
Si parla di diversi anni fa, tu eri seduta nel corridoio del Pronto
Soccorso dell'Umberto I, io sono quel ragazzo che si era seduto accanto
a te e che dopo un po' hanno portato via, cos io, adesso ti ricordi
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VI
Alla destra del corridoio d'accesso - dall'ingresso principale sarebbe a sinistra - ci sono le camere femminili, l'et media alta. A met
del primo corridoio, sulla sinistra, parte un altro corridoio dove, sempre
sulla sinistra, si apre l'unica stanza maschile, con sei letti, in batterie da
tre, destino. In fondo al secondo corridoio, c' una porta, dietro quella
porta c' Neurochirurgia. Dicono che i vicini sono simpatici, il rapporto
con loro non male.
Buon vicinato.
Eccoci siamo arrivati e la mia felicit di trovarmi in quel luogo,
non tarda a farsi apprezzare. Vomito un'altra volta, e un'altra volta ancora, mi gia capitato prima e dopo la TAC. Sono da solo, la famiglia ancora non mi ha raggiunto, pap forse in aereo, chiss che tempo c' a
Berlino, qua piove, anche oggi come ieri, ma dentro ormai burrasca,
temporale, uragano. Sono solo le nove del mattino e ho gia dato il meglio di me, escluso la colazione, tre volte.
Al reparto mi prende in consegna la caposala, ha chiamato tua madre, cos lei, chiedeva se eri arrivato. Indoviniamo cosa ha risposto,
penso.
Le ho detto che saresti arrivato a momenti, cos continua, lei viene
subito, e conclude.
Subito, se trova qualcuno che la passa a prendere, che dici Claudio, dico che mia madre guida raramente e mai per tragitti pi lunghi di
casa e fioraio sotto casa. Non ti preoccupare, e chi si preoccupa, penso,
mi ha detto che veniva con tua sorella.
Non vedo l'ora, penso sarcastico, non per Costanza, mia sorella, la
sola che vorrei accanto adesso, ma mia madre no, adesso che ho metabolizzato l'evento, mia madre proprio no, lei riuscirebbe a rendere pesante
un battesimo, un matrimonio, un compleanno, qualsiasi festa in genere,
figuriamoci qua dentro, dove ricoverato in mezzo a matti e affini c' il
suo ultimogenito, amato, caro, quanto indesiderato ultimogenito.
Indesiderato, e continuo, tra diversi anni, non ricordo esattamente
in quale occasione, mia madre mi confider che sono venuto per sbaglio,
non ero stato programmato, insomma, stato un incidente. Non ricordo esattamente quando sar illuminato da questa rivelazione, ma ricordo esattamente che sar in conferenza stampa, mia madre usa fare
cos, anche le pi piccole stronzate le espone come se stesse in confe38
VII
che, dopo qualche anno da questa estate, non lo frequenter pi, cos
penso, in realt di barche non ce ne sono, tranne il traghetto che da Napoli ci porta direttamente a Vulcano, in un viaggio che durer una notte
intera, ma di traghetto si tratta, niente vele, alberi, crocette, winch, ponte
in teak, timone, silenzio, onde rotte dalla prua della barca, di traghetto si
tratta, puzza di nafta, sudore, folla, poltrone sporche, ponte sporco, bagni sporchi, stiva piena di automobili dove non si riesce a passare in
mezzo, cornetti o tramezzini in polivinilcloruro, pioggia di umidit, ossa
rotte, notte insonne, ma sti cazzi, sono in vacanza e c' Cinghiale con la
chitarra punto
Il traghetto, o bi-albero di Marzio, ha appena lasciato Napoli, sono le sei del pomeriggio, il sole sembra ancora alto. Le prime ore le passo andando in giro per la nave, come fanno gli animali quando vengono
portati in un posto nuovo, studio il territorio, sui ponti un viavai di comitive di ragazzi che perderemo nei vari porti che questa nave toccher
prima di Vulcano, l'atmosfera piacevole, il vento, la confusione della
giovent, perfino il rumore del motore con lodore nauseabondo dei
suoi scarichi sembrano piacevoli e, continuo a girare, pensando, le immagini che ci rimangono per pi tempo nella memoria sono legate alle vacanze, in qualsiasi et della nostra esistenza, poi ci ricorderemo del
giorno del matrimonio, vacanza, della nascita del primo figlio, in realt
vacanza anche quella, insomma, ci che rimane sono solamente i momenti legati alle vacanze o alla spensieratezza in genere, tutto il resto,
l'ordinario, rimosso, cancellato, estorto violentemente alle cellule della
memoria, penso e, per questo motivo, mi sforzo di assaporare ogni
istante, ogni piccolissimo particolare, tutto, a partire da questa nave
puzzolente e carica di astanti del tempo libero, gente svuotata da undici
mesi di ordinariet, nessuno escluso, anche le famiglie, bambini frignanti, padri arrapati da ventenni in calzoncini, sfigati che non trombano nemmeno a pagare, con la speranza che questa sia la volta buona,
non dico una trombata intera, completa, ma cazzo, almeno un bacio
pace, andr meglio il prossimo anno, e cos via, mentre continuo a
pensare, l'ordinario mascherato, questo il nemico e, non ce ne rendiamo conto, abbiamo paura della routine ma non la fuggiamo, ci aggrappiamo a pseudo-vacanze, della durata di pochi minuti o di qualche ora,
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reality, trasmissioni demenziali, ricchi premi e cotionnes, gratta e vinci, locali, lotterie miliardarie, donne patinate, siliconi vari, alcool, droghe,
macchine ruggenti, cellulari riflettenti, orologi accecanti e, penso, ci sono cascato anch'io, basta il mare fino all'orizzonte, la brezza, il tramonto
e divento un filosofo, riflettendo sul senso della vita, mi guardo intorno
e mi accorgo di essere in buona compagnia, intorno a me facce disperse
nei meandri dellesistenzialismo.
Mare, brezza e tramonto, prendendoli separatamente il danno
piccolo, con il mare si pensa al senso delluomo nell'universo, ci si sente
insignificanti, la brezza in un luogo aperto porta con se particelle che
interagiscono con i nostri neuroni, creando un senso vago di insoddisfazione e di desiderio, il tramonto un amplificatore di quanto di peggio
c' nellamore, in tutte le sue rappresentazioni e accadimenti. Combinati
insieme, mare, brezza e tramonto, sono esplosivi, creando danni che, a
volte non si riescono a recuperare nemmeno alla fine della vacanza, ma
ci sono, in vacanza e voglio godere di questa nave con il suo bagaglio di
puzza e umidit, umidit che appiccica la carne ai pensieri, creando una
poltiglia che tra qualche anno chiamer catarsi, voglio goderne, perch
io di vacanze ne ho fatte poche, voglio goderne, penso e, sento, non
perch non me le potessi permettere, o meglio, la mia famiglia me le
pu permettere, ma per il mio maledetto viziaccio dell'indipendenza, e
continuo, di solito la prima vacanza senza i genitori quella del diploma,
di solito la prima vacanza senza genitori, quella del diploma appunto,
in Grecia, cos i miei amici, quella l'ho saltata, a pi pari perch ero stato
molto male linverno, l'anno dopo, quella del primo anno all'universit,
avrei potuto rifarmi se non avessi litigato con mio padre, il regista di
culto, al quale non ho pi chiesto un soldo, nemmeno per pagarmi l'universit.
Determinato.
Qualcuno mi chiama stronzo e, forse gli credo punto
quasi ora di cena, non so se proprio ora di cena, per il mio stomaco ora di cena.
ora di cena.
Per non farmi irretire dal polivinilcibo che staziona nei due o tre
bar della nave da un paio di settimane, cos penso, mi sono munito di pa43
diventare sogno, per i ricordi che verranno, questo momento. Tre ragazze di Napoli si sono unite a noi, non ricordo quando esattamente ma
adesso cantiamo insieme, una di loro ha una voce meravigliosa, canta
piano, come se non volesse disturbare ci che sentiamo e canta, il mare
il suo elemento, si capisce, come fosse una sirena, Cinghiale inizia ad
arpeggiare, riconosco le prime note, qualsiasi rumore zittisce, come se il
frastuono del mondo e di questa nave, avesse coscienza della magia che
si sta per compiere e la rispettasse, Cinghiale continua ad arpeggiare, il silenzio si impadronito delle nostre corde vocali, Cinghiale suona come
non ha mai suonato, Pino Daniele, Napule , la ragazza inizia a cantare, piano, piano ma la sentir per tanti anni ancora, piano, annichilendo
tutto il brutto di questa vita .....
Napule mille culure
Napule mille paure,
.
Il resto della vacanza sar poca cosa, umiliata dal sapore di questa
notte, di questa voce, un sapore che per molto tempo mi rimarr nella
bocca, nelle orecchie, negli occhi e sulla pelle, penetrandola, fino ad arrivare ai polmoni, fegato, pancia, intestino, testa e, cuore, invadendo infine tutti gli angoli, anche i pi remoti, dell'anima, dove rimarr, in un
coacervo di sogni e lacrime punto
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VIII
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IX
ormai tradizione incontrarsi la domenica pomeriggio al Parnaso. Incontrarsi l non aggiunge niente di particolare rispetto a quanto
accaduto la sera prima, o le domeniche precedenti, o le sere prima delle
domeniche precedenti, ma si usa cos, e pi non domandare. Sperare
che accada qualcosa di nuovo sarebbe troppo, anche per i pi ottimisti,
le persone sono sempre le stesse, i loro vestiti non sono da meno, il luogo sempre lo stesso, gli argomenti di conversazione anche.
Noi, gli organizzatori di feste, si va l, oltre a fare pubbliche relazioni per le prossime feste, anche per sentire i commenti sull'evento
della sera prima o del venerd.
Oggi sembra diverso, cos sento, e fra qualche minuto avr la
certezza della bont del mio sentire, l'atmosfera diversa, ma solo per
me. Tra tutti noto subito il fighettino con gli occhiali che stava con la ragazza dell'ospedale la sera che l'ho incontrata nel locale, non dovrebbe
essere difficile sapere duepunti se un suo amico, oppure se , malauguratamente, il suo ragazzo. Devo soltanto vedere con chi parla, capire se
conosco le persone con cui il fighettino con gli occhiali parla, se le conosco, le informazioni che mi servono non dovrebbero essere di difficile
reperimento, se non le dovessi conoscere, dovrei osservare con chi queste persone, a loro volta parlano, e cos a cascata, fino a quando, con un
po' di fortuna, arrivare allanelata verit, con la speranza che nel
frattempo non sia diventato troppo vecchio. Un lavoro certosino, da fare con pazienza.
Sono gia stanco, solo a pensarci, penso.
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sul tipo di rapporto che hanno quei due, la conosco, mi informo e valuto, invece no, devo sempre prima impazzire a cercare di capire, anzi, di
prevedere, quando sarebbe molto pi facile vivere e, vedere come va a finire.
sempre stato cos.
Quando incontro una ragazza che mi piace, e lei mi sorride, inizio
a pensare a quale immaginifica rivelazione si nasconda dietro quel sorriso, forse lo ha fatto per cortesia, o riflesso condizionato nel salutare, fino ad arrivare a paresi facciali o varie ed eventuali. Che io le possa
essere simpatico, quindi ottimo inizio per costruire ogni tipo di relazione, non lo prendo assolutamente in considerazione. Questa cattiva abitudine, crescendo, sono riuscito a carontarla in tutti gli aspetti della vita
che mi coinvolgono, prendendo in esame solo le ipotesi pi assurde, sul
perch degli accadimenti che mi girano intorno. Parlando con i miei amici, ho saputo di non essere l'unico a farsi queste pippe mentali, sicuramente un'abitudine diffusa.
Problema generazionale, forse.
Un mio professore di Storia all'universit, un grande professore, ci
raccontava di essere diventato famoso scrivendo dell'ovvio, lui parlava
della storia raccontando le sue ovviet, evitando la costruzione di congegni
pi o meno ben funzionanti.
Il risultato di questo assurdo e macchinoso modo di pensare, il
mio, la costituzione preconcetta di gradi di vincolo inesistenti che,
inconsapevolmente, riescono a costringerci in perimetri definiti, forse
questo pu dare sicurezza, ma annichilisce ogni tentativo innato di libera
costruzione delle proprie esistenze.
Problema sociale, sicuro, ma ci sto lavorando sopra, almeno con
me.
Adesso la ragazza dellospedale mi vede e mi sorride, dal suo tavolo in fondo alla sala, io rispondo con un altro sorriso e con un accenno
di saluto con la mano, lei usa la sua mano nel medesimo modo. Ho il
tempo di notare che, accanto a lei, seduto un ragazzo che conosco, il risvolto peggiore che poteva avere questa storia, lei la ragazza di uno
che conosco. Come non detto, sono ricaduto, come al solito, nel tranello
delle conclusioni affrettate.
Io non mi avvicino, lei non si alza e, vado al mio tavolo, non sono
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vicino quando avr una delusione, quando dovr prendere una decisione e, quando io dovr amare, lo far con tutto il corpo, con tutti i sensi
che il mio corpo mi mette e metter a disposizione.
Cara costanza, voglio utilizzare il linguaggio dei sentimenti in modo elementare, il pi semplice possibile, ti amo vuol dire ti amo, ti odio
vuol dire ti odio e cos via e non voglio cambiare punto
Pensare all'amore, mentre si vomita, come sto facendo in questo
istante, lo trovo divertente, come diventa divertente cercare di capire se
il vomito conseguente al pensiero dell'amore, oppure ci penso perch
vomito e sto male. Succhi gastrici, deit intestine, lasciatemi capire dalla
vostra configurazione una volta all'aria aperta, cos come si fa per leggere il futuro attraverso i fondi di caff, come mi suggerite di pormi nei
confronti di questo sentimento che ancora non ho compreso, prima che
gli inservienti dell'hotel neurologico, con la loro solerzia, vi destinino ad
altra e, non meglio specificata sede, vi prego, abbiamo poco tempo,
sento gia le voci degli uomini scopa fuori, in corridoio, insieme alle urla
della caposala che, come tutte le mattine, in questo modo cos morbido,
impartisce ordini a tutti, anche ai medici, forse lo fa perch senn nessuno le darebbe retta e la sua voce, della caposala appunto, questa mattina
si arricchita di un tintinnio strano, come lo sbattere di scodelle, non so,
abbiamo poco tempo, vi prego, le forze stanno per abbandonarmi e, vomito, nuovamente.
Adesso il tintinnio strano lo sento pi vicino, sempre accompagnato dalle urla di Edda Clara detta Eddaclara, la caposala, anche quelle
le sento pi vicine, fino a quando, finalmente, mi appare dalla porta
della camera, e, grazie alle ultime forze rimaste che ho sapientemente destinato al senso della vista, il tintinnio adesso ha nome e cognome,
anche soprannome, provocato dalla percussione di un cucchiaino, o
forchetta, sulle pareti di una tazza, di quelle per fare colazione, non di
quelle che danno in ospedale, di quelle da casa, cucchiaino mosso vorticosamente da una mano, attaccata ad un braccio, attaccato, come supponevo, a Eddaclara, la caposala e, come sapr tra qualche istante, lo
strano e ancora ignoto contenuto della scodella abilmente armeggiata da
lei, proprio destinato a me. Ciao Claudio, cos lei, arrivata la colazione, mentre dagli occhi trasferisco le ultime forze al verbo, lo so ma non
sono riuscito a mangiare niente, scusi.
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barba, che si sposi Costanza, che ritorni Giordana e lasci quel coglione
di Marco, il giorno dopo il mio ricovero mi sono venuti a trovare insieme, non mi hanno detto che si sono fidanzati ma io l'ho capito e sapr
che non mi sbaglio, aspetto Marzio che mi porta i biglietti delle feste,
aspetto le feste e, altre Giordana se non lei, cos sar, aspetto, quanto sar necessario, adesso sono stanco.
Aspetto il riposo.
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XI
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XII
Attraverso il tempo, tutto ci che nasce come ricordo, si trasforma in sensazione, o, come stato detto durante un convegno ad
Aquisgrana, percezione di ricordo. Questo processo, come ho gia detto,
nelluomo ricoverato avviene contemporaneamente alla sua trasformazione
strutturale.
In altre varianti della specie, avvengono processi simili tra loro ma
con effetti differenti, ad esempio nelluomo innamorato, la trasformazione
dei ricordi crea un impazzimento delle cellule che costituiscono lorganismo stesso, queste iniziano a muoversi disordinatamente in tutte le direzioni, fenomeno chiamato, in un recentissimo articolo, entropia
emozionale o teoria del caos sentimentale.
Drammatico.
Ancora non lo so, ma sapr che il mio organismo destinato a
passare attraverso alcune tra queste modificazioni, a volte in modo repentino e violento, cos sapr, altre in modo quasi inavvertibile.
La mia trasformazione in uomo ricoverato stata violenta, lho
avvertita mentre si realizzava, ho sentito e, sento, diventare sensazione
tutto ci che sarebbe stato ricordo.
Quello che vivo, da quando mi trovo qua dentro, non sar mai ricordo ma percezione di esso e, tale dovr essere per me, con tutto
quello che ne fa parte, corridoi, camici, infermieri e portantini, e medicine, e bagni inospitali, visite, speranza di uscire presto, amici, parenti,
pioggia, ancora pioggia, piatti insipidi, vomito, la caposala con il suo uovo sbattuto per la mia colazione, gli infermieri del reparto di Neurochirurgia, adiacente a Neurologia, il mio reparto, che la sera mi vengono a
prendere di nascosto per farmi vedere le partite nella loro televisione, a
colori.
La televisione a Neurologia in bianco e nero.
Apprezzo la buona volont, ci vado a vedere le partite, ma non vedo niente, vedo solo un televisore che mi gira intorno come un satellite
e malati come satelliti e infermieri come satelliti e gamberoni ai ferri,
tanti gamberoni, polposi, gustosi, tutti intorno, sono disteso in un letto
di gamberoni ai ferri che per non posso mangiare perch vomito, vomito tutto, tranne luovo sbattuto della mattina al sapore di grembo della
caposala. Posso solo sognare, volti giovani, probabilmente amici, che mi
parlano, poi se ne vanno, infermieri che mi parlano, mi raccontano, poi
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se ne vanno, apprezzo il tentativo, e Carlo, e Costanza, e mamma e, pap, mi parlano, poi se ne vanno, apprezzo il tentativo ma se ne vanno
tutti, anche i medici, mi guardano, mi scrutano, mi studiano, parlano tra
loro e se ne vanno, mi girano intorno e se ne vanno, tutto mi gira
intorno, in una danza disordinata fatta di gesti, oggetti e, lamenti, i miei
lamenti che sento dentro anche se non emetto suoni, i lamenti dei miei
colleghi, lamenti sindacali dei portantini, infermieri, visitatori, lamenti
dei parenti ai quali i medici non dicono nulla, il cibo fa schifo, a saperlo
riuscendo a mandare gi qualcosa.
Lamenti.
Poi cambia tutto.
Arriva Eddaclara per la colazione, il suo grembo diventa il mio
mondo, un mondo morbido, accogliente, sicuro, la sua mano che mi
accarezza lo difender questo mondo, sensazioni appunto, meglio di
mille ricordi, di qualsiasi ricordo, la prima comunione, la prima fidanzata, la prima volta che ho fatto lamore, questi sono ricordi, le sensazioni sono amore, di chi le causa, anche inconsciamente, voglio
costruirci la mia casa sulle sensazioni, dalle fondamenta al tetto e, se questo significa stare male per sempre, sono pronto, non mi schioder da
qui nemmeno a cannonate, non cambierei mai il ricordo di una carezza
con la sensazione che ti da il gesto eterno di una mano sconosciuta,
quando ti avvolge il viso, poggiandolo sul suo grembo.
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XIII
fondi.
Sono occhi, a guarnire un volto, assente da troppe feste, anche il
corpo, appendice di quegli occhi, si fa largo tra la gente, non per ballare,
cos mi sembra e si avvicina, sempre di pi.
Dovrei salutarla, io per primo, forse, vicino a me, invece lo fa lei.
Ciao Claudio, cos strilla per farsi sentire, ciao, le rispondo che
fantasia e continuo, perch tu sai il mio nome e io non conosco il tuo.
facile, mi dice, basta sapere chi sono gli organizzatori di questa
sera, gli altri li conosco, bene o male, per esclusione rimani tu, Claudio.
Ma io continuo a non sapere il tuo, per, questa cosa mi mette a
disagio, vogliamo risolverlo il problema, oppure hai altri progetti.
Non so, ci bevo sopra, poi vediamo.
Bene, dico io e, con un sorriso scemo, la lascio andare.
A questo punto ho due possibilit, o lei stava andando al bar, e io
mi sono trovato tra lei ed il bar, oppure voleva che io laccompagnassi a
bere qualcosa. Se fosse vera la prima, pace, ma se per caso, la seconda
ipotesi fosse quella giusta, sarei veramente un imbecille, solo per non dare soddisfazione o, come si dice, per tirarmela.
Sono un imbecille.
Ma la festa continua, io giro, parlo, e non la vedo.
La festa continua e sta per terminare, esco fuori per salutare gli
amici che se ne vanno e per prendere un po daria, bevendo un vodkatonic e fumando una sigaretta.
Com andata la serata, cos mi dice la ragazza del pronto
soccorso. Anche lei era fuori, probabilmente ha avuto la mia stessa idea,
ma molti minuti prima, non lho pi vista dentro il locale ormai da un
po di tempo, pensavo che se ne fosse andata.
Penso bene, le rispondo, il locale stato sempre pieno.
Dovrei trovare qualcosa di interessante da dire ma mi sento neurologicamente sterile, sono sicuro che anche se riuscissi a fare uscire dalla
mia bocca qualche frase articolata, questa sarebbe una cazzata.
Anche la rima.
Mi butto.
Come ti andato poi lesame, le chiedo.
Quale esame?
Lultima volta che ci siamo incontrati, in pizzeria, mi sembra di ri78
quelle che fa le orecchie alle pagine quando smetti di leggere, oppure usi
il segnalibro, segnalibro mi risponde e continua, le orecchie le faccio solo per ricordarmi che in quella pagina c scritto qualcosa che mi interessa.
Non fai prima a sottolineare.
Il gioco li, se sottolineassi mi ricorderei cosa ho sottolineato,
quindi il concetto o la frase che mi ha interessata, invece, se trovo
qualcosa di interessante mentre leggo, faccio la classica orecchia, dandomi un aiuto per, lorecchia in alto, se quello che mi interessa si trova
nella prima met della pagina, orecchia in basso se nella seconda, poi,
quando il libro lho finito lo rimetto a posto, dopo un po di tempo, riprendo lo stesso libro, rileggo le pagine segnate e cerco di ritrovare le
parti che mi hanno attratta la prima volta.
Questo vuol dire che ti ricordi tutto quello che leggi.
No, ho detto che cerco di ritrovare, non sempre mi succede e,
quando accade non lo sapr mai, perch non mi ricordo, appunto,
quello che mi ha interessata la prima volta.
Allora perch lo fai.
Mi diverte il fatto che tutte le emozioni della lettura, di un film, e,
forse di tutto in generale, sono legate allo stato danimo del momento in
cui le vivi.
Questo significa che se tu, adesso, stai passeggiando con me, praticamente uno sconosciuto, alle quattro del mattino, tra i vicoli di Roma,
deserti e poco illuminati, lo devo allo stato danimo che avevi quando mi
hai incontrato, che culo.
Non proprio cos, ma ti ci sei avvicinato.
Adesso ci sediamo sopra alcuni gradini in travertino davanti una
porticina in legno a via della Vetrina, mentre continuiamo a raccontarci
di noi, se per la narrativa abbiamo poco o niente in comune, con la musica c la vera sorpresa. Tranne il jazz, lei possiede la maggior parte dei
dischi che ho anchio, adora Gould, ama Silvestri, passando per Nyman,
io le racconto che mi piacerebbe scrivere una canzone di Neffa e
cantarla insieme a lui durante un suo concerto, lei mi dice che non si
mai divertita come al suo concerto.
Cos proseguiamo, mentre senza rendercene conto, la luce
dellalba ormai alle nostre spalle, portandosi dietro un crescendo di ru82
non aveva gambe n braccia e non provava dolore, era felice, specialmente quando la madre lo veniva a trovare e giocavano a carte. Simone non parlava, ma attraverso i suoi occhi, la madre riusciva a capire
quali carte scartare e, tante altre cose riusciva a capire di Simone, e lui
era felice, era felice quando io raccontavo una barzelletta e lo sentivo ridere, era felice quando lInter vinceva, era dellInter come me, era felice
quando sorgeva il sole, rideva sempre la mattina, perch sapeva che la
mamma sarebbe arrivata presto ed era felice quando lei lo lasciava la sera, perch si sarebbe addormentato con il suo viso negli occhi, un viso
che avrebbe ritrovato il mattino seguente.
Vivevo i dolori altrui, da quei giorni, solo da quei giorni, ho iniziato a vivere i dolori altrui, i miei erano diventati benzina per andare
avanti, nel miglior modo possibile.
Fino al mattino, abbiamo camminato fino al mattino e, parlato, la
luce si era intromessa nel nostro momento senza che ce ne rendessimo
conto e, torno a casa, da solo in macchina, mi sforzo di non pensare alle
ore appena trascorse con .. con, cazzo, ancora non so come si chiama
la ragazza del pronto soccorso, ma non ci penso, questa notte un quadro, meglio, una fotografia, da guardare quando ne avr bisogno, insieme a quelle dei carnevali passati, dei compleanni, delle vacanze, con la
speranza di riuscire a riempire un album intero di notti come questa.
Sono le otto, devo passare a prendere Letizia alle nove, non sono
sicuro di riuscire a lavorare per il concorso oggi, dopo la notte passata in
bianco, per cos dire, ma non posso rimandare, sincazzerebbe come una
iena e lo finirebbe da sola, il concorso, cos penso e, ne sono sicuro.
Al citofono mi risponde lei, sali, cos mi dice.
Non sei ancora pronta.
I miei non ci sono, non sono riuscita a svegliarmi ma ci metto poco, dai vieni su.
Sono appena uscita dalla doccia, mi dice aprendo la porta, non ha
laccappatoio, indossa una camicia troppo grande per essere sua, forse
del padre, non abbastanza grande da celarmi le sue gambe che riesco a
vedere nellattimo prima di salutarla, come riesco a vedere una goccia
dacqua liberata dai capelli bagnati, la goccia cammina, assecondando il
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pu separare e, insieme a lei, si dedica ora alla schiena fino al suo limite
meridionale, inizio di un sedere che si rivela arrotondato e, morbido, degna fine di una schiena disegnata e, audace inizio di due gambe lunghe,
snelle.
Letizia partecipa ai mie movimenti chiudendo gli occhi, voltandosi
verso di me fino ad appoggiare il suo seno destro sulla parte sinistra del
mio torace, lo sento, il suo viso tra la mia spalla e la testa, mi annusa il
collo, per lei gli odori sono importanti, hai ancora addosso lodore della
notte, cos lei, adesso la mia mano non pi sola, laltra la sostiene accarezzandole il collo, il tutto accompagnato da una musica, piena, calda e
disordinata, come un borbottio di note naturali e non armoniche, che lasciano disattesa la curiosit di gesti bramosi, amaro risveglio, il caff si
brucia, cos io a Letizia, mentre lei, lentamente, si allontana da me per
andare a prendere le tazzine, zucchero, cucchiaino, insomma tutto il necessario per gustarsi lanelato prodotto di una Moka da due tazze.
Non un sogno, accade, tutto, non solo a me, anche a lei, che mi
viene di fronte, poggiando le tazzine piene sul tavolo, appoggia il suo
ventre sul mio, le sue braccia sulle mie braccia e, le sue labbra sempre
pi vicine alle mie, vicine, talmente vicine che i nostri respiri non riescono pi ad allontanarsi da noi, sento i suoi seni spingere su di me, io,
ancora occupato dalla notte appena trascorsa, ancora occupato dallaccadere di un evento desiderato, a stento percepisco le sue labbra, non riesco a goderne ma la stringo a me, come farebbe un bambino con il suo
palloncino per non farlo volare via punto
86
XIV
89
XV
sconveniente non sentirsi in armonia con ci che ti circonda, come se io girassi ad una velocit diversa da tutto il resto, poco importa se
pi veloce o pi lenta. Diversa.
Mi capitato altre volte, e altre volte mi capiter.
Appena uscito dallospedale, a diciotto anni, non pensavo allo
scampato pericolo, a quello che sarebbe potuto accadere se fosse andata
diversamente, a diciotto anni non si pensa alla morte, e basta.
Pensavo solamente a reintegrarmi con i mie amici e, non era facile.
Loro non si svegliavano con le urla di una donna, malata terminale di cancro al cervello, non dormivano nella stessa stanza con un uomo
di trentanni malato di Morbo di Parkinson, ricordo, ed altre cose, altri
esami, e dottori, e infermieri, rumori, lamenti e risa, e visite di parenti e
amici a tutte le ore del giorno.
Insomma, non si pu dire che non ci ho provato, i primi tempi
uscivamo insieme, mi portavano in giro, locali, feste di amici, ma niente,
il dio dellausterit mi aveva irretito.
Prima di essere ricoverato, lunica cosa che volevo realmente era
rendermi indipendente dalla mia famiglia, il prima possibile, non volevo
fare lo stesso lavoro di mio padre, e nemmeno che lui intervenisse sul
mio futuro, sfruttando la sua posizione di autorevole intellettuale.
Mi iscrissi ad un istituto tecnico, per geometri. Essere geometra
mi avrebbe permesso di trovare facilmente lavoro, almeno cos pensavo,
fino a quel momento, il momento in cui ho acquistato consapevolezza.
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bri, vivevo attraverso i libri, vivevo delle loro esperienze, mi nutrivo con
le loro esperienze, era bello e, per niente faticoso.
Libri e amici.
Anzi, posso dire solo amici, perch i libri sono diventati i migliori,
tra gli amici che ho.
Anche oggi, a distanza di molte vite da quel momento, il rumore
del reparto di Neurologia non mi abbandona, ha iniziato a sovrapporsi a
tutti i rumori della mia vita, prima in modo discreto, poi sempre pi
forte, da non farmi sentire nientaltro. Lultima festa che ho fatto, laltro
ieri, mi sembrava uno di quei programmi della televisione dove, a comando, si ride, si applaude, ci si alza e si balla, insomma, ci si diverte, a
comando e, il comando in questo caso la porta di casa che si chiude
dietro di te, tu inizi, chiudendo la porta, a ridere, applaudire, insomma a,
divertirti.
Sono dovuto andare via prima della chiusura, molto prima della
chiusura, la festa era iniziata da poco. C un piccolo ristorante in centro,
lho conosciuto un po di tempo fa, ero con Letizia, in una delle nostre
tante passeggiate serali, cera un uomo alla porta, la faccia simpatica,
abbiamo iniziato a parlare, cos, senza dire niente e, in mezzo al niente,
cerano anche cose intime. abbastanza facile parlare della propria intimit con degli sconosciuti, pi facile che con gli amici, cos penso, siamo
entrati e abbiamo fatto le due di notte bevendo vino, vini, accompagnati
con formaggi diversi. Da quella sera, prima di tornare a casa quando
uscivo con Letizia, si faceva sempre un salto da loro, cos, solo per
addormentarsi pi sereni.
Cos ho fatto appena uscito dal locale, l'altra sera, mi sono diretto
in centro, stavano chiudendo il ristorante, non era tardi per una discoteca ma per un ristorante si, hanno comunque abbassato le serrande, noi
dentro a, bere e parlare, come se fossimo amici di vecchia data.
I rumori del mio reparto erano spariti, cos come i rumori di risate, applausi, insomma divertimento, potevo tornare a casa.
La strada lunga, mi devo mettere delle scarpe comode, penso.
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XVI
Sono due giorni che sto meglio. Stare meglio significa vomitare di
meno e, forse, meno vertigini. La diretta conseguenza del mio miglioramento il ritorno nella mia vita del dimenticato appetito, ho fame,
mangio con avidit, anche il cibo dellospedale, perch oltre al rinforzino
mattutino preparato da Eddaclara, mia madre mi fa preparare da Ena, la
nostra governante, pietanze su misura per me, dal primo al dolce, dal coniglio alla zuppa inglese, passando per melanzane alla parmigiana, risotti
ai funghi porcini, varie ed eventuali. Ora, tenendo presente che Ena viene dal Salvador, che mia madre non sa cucinare, che il cibo che mi portano da casa non , come si pu dire, ottimo, penso che, in verit,
proprio mia madre a mettersi ai fornelli, con indegni risultati, cos
penso, e il fatto che, sempre mia madre, mi spaccia il tutto come opera
di Ena, la porta a pensare che io mangi tutto con molto pi desiderio,
cosa che invece non accade, consideriamo inoltre che provengo da almeno una settimana, dieci giorni, non so bene, di digiuno forzato e di vomito altrettanto forzato e involontario, che il mio stomaco si disabituato
a trattare con estranei che non siano luovo sbattuto la mattina con
zucchero, che ho i succhi gastrici incazzati come iene, non penso, cos
penso, ed facilmente intuibile, che tutte queste prelibatezze mi facciano bene, cos, questo accade, vengono ridistribuite tra Pippo linfermiere, Maria linfermiera anziana, lei prende senza chiedere, mia madre
pensa che sia cleptomane, qualche ricoverato con stomaco di ferro e,
specializzandi fuori sede. Io mi accontento, lo trovo buonissimo - mia
nonna diceva che la fame buona - meglio dei pasti dellospedale, carne
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insipida, patate lesse, sempre insipide, brodini di dado ed altre cose dello
stesso tipo di quelle appena nominate. Prescindendo dal sapore, forma
esteriore, ingredienti, ogni cosa che mangio entra solido e, lo restituisco,
con meno frequenza dei giorni passati, in una forma molecolare prossima allo stato liquido, cos .
Un altro aspetto fondamentale del sentirmi meglio, con una
forma fisica pi prossima alla minima attivit celebrale piuttosto che allo
stato vegetativo, il poter di nuovo rendermi conto di quello che mi
accade intorno, quasi partecipando, non allarghiamoci, rimango ancora
solo un osservatore esterno, ma i miei neuroni hanno smesso di litigare
riprendendo a collaborare tra loro e, partecipare bello, come mi ha
insegnato Simone, lui, fermo, in un letto, un tronco con una testa
attaccata, senza arti, non parla, una testa meravigliosa attaccata a quel
maledetto tronco, una testa che ride quando arriva la mamma, la mattina
presto, prima delle pulizie, una testa meravigliosa che ha un unico modo
per comunicare, gli occhi, ma quegli occhi sono letteratura, poesia, una
testa meravigliosa tifosa dellInter, una testa meravigliosa che rimpicciolisce la mia, sempre di pi, fino a trasformarla in uno stato informe da
persona normale, che balla la sera nei locali, che ha una fidanzata, aveva,
adesso Giordana sta con un mio amico. Da persona normale, che studia,
che va al cinema, che comunica, come pu, attraverso luso della parola,
che va a correre a Villa Ada, correre a Villa Ada nelle mattine di primavera bellissimo, che in futuro avr una macchina e un motorino,
mentre Simone una testa meravigliosa che sa ridere e fa ridere con la
sua serenit, e ride, gli basta che ci sia la mamma e, lui ride, felice del
suo mondo, cos capisco, la mamma il suo mondo e, basta, lui ride, come ieri ad esempio, era di turno Pippo, il nostro Pippo, il pi simpatico
tra gli infermieri, il Pippo che appena ricoverato mi portava a Neurochirurgia a vedere le partite con la loro televisione, a colori, il Pippo che ieri, mentre rifacevano i letti, ha preso Maria, la pensionanda, lha messa
sul letto e, appena ha fatto il gesto di salirle sopra, lei ha alzato le gambe
lasciando vedere tutto, calze, mutandoni, sottoveste, insomma, tutto ci
che di pi intimo Maria possiede, di fronte a questo spettacolo, io, non
riuscivo a capire se i conati di vomito fossero causati dalla mia patologia
o, dalle immagini che si stavano impressionando sulla mia retina, il tutto
guarnito con le risate di Simone, piene, musicali.
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Serene.
Sono un paio di giorni che mi sento meglio, lho gia detto, lo so,
ma ne sono euforico quindi lo ripeto, questo mi da la possibilit di
prendere la mia sedia a rotelle, messa a disposizione dal Servizio Sanitario Nazionale, per andare a conoscere un po tutto, a partire dai miei
compagni di sofferenza, le donne, non conosco niente del braccio dedicato alle donne, non conosco niente dei locali igienici, bagni, fino a
laltro ieri ho fatto con la padella, la stanza dove stazionano i medici di
turno e i paramedici, insomma, mi faccio un giro. Nel girone femminile
non c niente di interessante, let media molto alta e, tranne la donna
che ci svegliava allalba di tutte le mattine strillando, malata terminale di
tumore al cervello come ho saputo in seguito, la maggior parte di loro
sono signore anziane, ex mogli, ex madri, ex nonne, depositate qua da
famigliari pigri, cambio aria.
La stanza dei medici un locale piccolo con un armadio, un lavandino, una scrivania e una lettiga per far riposare chi di turno, anche
questo poco interessante, prossima tappa i bagni. Se non fosse per Antonio, giovane cinquantenne ricoverato da poco per esaurimento nervoso
che, stancamente mi ostacola, sarei gi arrivato ai bagni, ciao, cos io, il
suo fiacco ciao ha la pretesa di essere una risposta al mio saluto, come
stai, continuo e, penso rispondendomi, come uno che non ha voglia di
parlare visto che, oltre a sollevare le spalle, non d altri segni di vita neurologica ma io, imperterrito, continuo, lhai vista la partita della Juve ieri,
cos chiedo, juventino, non lha detto era scritto nelle sue note caratteriali, scusa, non ho sentito, come hai detto, niente, non hai detto niente,
mi hai scansato e te ne sei andato girandomi intorno, spalancandomi cos la strada per i servizi igienici del reparto di Neurologia, belli, come in
albergo, mi ricordano un viaggio fatto a New York, io ero piccolo, avevamo accompagnato mio padre alla presentazione di un suo film, il bagno
dellalbergo dove eravamo ospitati era pi grande del nostro soggiorno
o, cos mi sembrava, quando si piccoli tutto sembra pi grande, proprio uguale ai bagni delledificio della Prima Clinica per Malattie Nervose e Mentali del Policlinico Umberto I di Roma. Uguali.
Bagni piccoli e angusti, corridoi sofferenti, visi svuotati, corpi caricaturali, vestaglie dei giorni di festa, pantofole nuove di mercato, pigiami
cinesi, lamenti, improbabili parenti, come la figlia di Antonio, unica
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100
XVII
Dal pranzo con Marzio venuto fuori che, la festa nel bosco sar
bellissima, saremo in otto ad organizzarla, il DJ sar nel bosco anche lui
e, l si baller, continuo, adesso operazione appartamento, direzione
Parioli, mentre arrivo vedo Letizia che mi aspetta, seduta ad un tavolo in
un bar, mi siedo vicino a lei per un caff e si parte.
Letizia emozionata, in ascensore mi tiene la mano, il suo primo, vero incarico da quando si laureata, da quando ha passato lesame
di stato, si volta e mi bacia sulle labbra.
Ah lemozione.
Lappartamento dellamico dei genitori di Zia veramente
grande, disposto come ormai non si usa pi, ma grande, doppio ingresso, lungo corridoio centrale, stanze a destra e sinistra, cos vedo e, vede
anche Letizia, in silenzio, ancora per poco, ti piace, cos lei, io non rispondo, giro la testa da una parte allaltra, in verit mi piace, sar un bel
lavoro, ma non voglio fare leuforico, prendo tempo, bello, penso e dico, Letizia mi lascia la mano che dallascensore ha sempre tenuto nella
sua e inizia a girare per le stanze vuote e ingiallite della casa, hai visto
quant grande, cos lei unaltra volta.
Si, bello.
La cucina la spostiamo, la mettiamo al posto della prima camera,
questo muro lo buttiamo gi cos viene un salone gigantesco, e continua, queste due camere sono per i bambini, segue una serie consistente
di spostamenti, modifiche, rivestimenti in un modo, no, in un altro, poi
gli impianti, filodiffusione in tutte le stanze, telefono, computer, poche
luci, non ci piace la luce artificiale, cos, alternando propositi architettonici ad un rilievo dettagliato dei locali, oltre a baci e strusciamenti vari,
siamo di nuovo in strada.
Il progetto per la nuova casa dellamico dei genitori di Letizia v
avanti, discretamente, le prime idee sono piaciute molto, anche perch
lenfasi messa da Letizia nel raccontarle, pari solo allenfasi che
avrebbe nel parlare della sua futura casa, questo sembra, ed un aspetto
piacevole di come affronta il lavoro che, cos penso, se da una parte ti
porta ad appassionarti alle cose che fai, dallaltra rischia di farti prendere
delle immense delusioni, spero ne tenga conto ma, fatta cos, inutile
dirglielo, inutile dirle che sarebbe meglio, per lei, prendere le cose con
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Malinconia.
Malinconica anche Letizia, per motivi differenti penso, oggi mi voleva vedere, non mi ha detto il motivo, sorpresa, forse, mi piacciono le
sorprese, pi farle che riceverle in verit, nel fare regali o sorprese, provo un appagamento profondo del mio Es, lui si sente soddisfatto, cos,
come quando ho conosciuto Letizia, il primo anno di universit, mi
sembra, mi sono presentato a casa sua con un mazzo di fiori, cosa banale, certo, lo so, ma diventa sorpresa quando laltra persona non se
laspetta e, lei, non se laspettava, sapevo che i genitori non cerano, era
met pomeriggio, passavo dalle parti di casa sua, in realt ci sono partito
da casa mia ma, a lei non lho detto, Letizia scesa non mi ha fatto salire, cos ho capito che forse non era sola, i suoi occhi, per, dicevano
unaltra cosa, mi parlavano di stupore, felice, mi dicevano sali, ci prendiamo un Tea, poi ci andiamo a mangiare una cosa insieme e, magari un cinema, questo mi dicevano, le stesse cose che mi dicono oggi, insieme a
tante altre cose che, col tempo, si sono aggiunte e, quando gli occhi
parlano, limportante avere cuore per ascoltarli, come, cos ricordo, la
mamma di Simone.
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XVIII
Meraviglia.
Continuo a stare sempre meglio.
No, la meraviglia non perch mi sento meglio, che si traduce, in
termini pratici, nello scorrazzare con il mio potente mezzo, sedia a rotelle, per i corridoi del reparto, mangiare con appetito, ricevere visite, vietate fino a qualche giorno fa, parlare, dormire e, sognare, poi Marzio,
con i suoi biglietti per le prossime feste, da distribuire a chi mi viene a
trovare, ne ho il comodino pieno, mamma con i suoi singulti. No, la meraviglia non per tutto questo o per tutto ci che il mio stare meglio
pu significare, la meraviglia per il fatto che i medici, ad oggi, ancora
non hanno capito niente di quello che mi successo, passando da una
quindicina di vomitate al giorno, con conseguente dimagrimento di una
dozzina di chili in una settimana, vertigini, parestesie varie, danza
dellocchio, degli occhi. Mi hanno fatto di tutto, riempito di esami e di
medicine ad ampio spettro, per arrivare alla condizione attuale di sei o
sette vomitate giornaliere, ma almeno riesco a mandare gi qualche
boccone, con un conseguente miglioramento del tono muscolare e
dellumore, cosa questa fondamentale per un buon decorso ospedaliero,
ma, decorso di cosa, questo che non si capisce, i medici hanno assistito alla mia parabola sanitaria come spettatori, svuotati da qualsiasi nozione patologica. Si, impegnare si sono impegnati, non lo posso negare,
con scarsi risultati per, come sapr appena mi dimetteranno, cos mi diranno, sono passato dal tumore alla sclerosi a placche, attraversando pagine intere di trattati di patologia clinica ma niente, appena fatta una
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Ancora no.
E per cosa mi stanno curando.
Non ti stanno curando, ti stanno dando delle medicine per contrastare i sintomi di quello che hai.
C possibilit di saperlo nel breve periodo, ho dei progetti per il
futuro e, penso mentre do libero sfogo al mio verbo, che non potevo
usare una locuzione pi infelice di quella che mi appena uscita, ho dei
progetti per il futuro, che cazzata, in un luogo dove la maggior parte di
coloro che entrano, ha solo la speranza di un futuro, nella migliore delle
ipotesi.
E Domenico mi risponde, sorvolando sulla mia incoscienza di ragazzo fortunato.
previsto per te un esame che dovrebbe darci qualche risposta,
era previsto gi da tempo, ma si pu fare adesso che ti senti meglio.
Di cosa si tratta, cos io a Domenico.
Si chiama Risonanza Magnetica Nucleare, il nome sembra un po
strano ma non niente di particolare, tipo la TAC, che tu hai gi fatto,
mi pare.
Sembra anche a me e, per quando sarebbe prevista, continuo nelle
domande.
Non lo so, non c qua al Policlinico, la dovrai fare a Marino, dovrebbero averti messo in lista, hai diciotto anni, passerai davanti ad altri
pi anziani, penso che sar tra pochi giorni. Let ti aiuta.
Let mi aiuta, penso e, continuer a pensarlo ancora tante volte in
futuro, un concetto semplice, banale se vogliamo, ma non ci avevo mai
pensato, a mia discolpa dico che non facile pensare ad unet mentre la
si vive, si d per scontata, oppure cos solo per i diciottenni e dintorni.
Altre cose mi racconta Domenico, sotto questo caldo sole di novembre, mi racconta che un fuori sede, gi lo sapevo, mi racconta che
si sta specializzando sul Morbo di Parkinson, mi racconta che gli piace il
calcio, del Milan, mi racconta che da due mesi non pi fidanzato, mi
racconta che il caso di rientrare, stanno per portare il pranzo.
Io mi racconto che Domenico una brava persona, difficile trovarne di cattive qua dentro punto
Stranamente oggi non ho ancora ricevuto visite, gli amici vengono
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nel pomeriggio, ma la mattina, di solito, mia madre c sempre, poco male, vuol dire che riesco a gustarmi in santa pace il brodo di dado, il mio
preferito, zucchine lesse e una mela cotta, oggi mangio sul tavolino della
stanza, seduto su una sedia, una vera sedia.
Edonista.
E il pranzo scorre e, come il pranzo, quei minuti leggeri della digestione, fatti di veglia, sogni, sogni che si mescolano a veglia, pascoli
sterminati di letti occupati da pazienti stanchi, tutto un brulicare di
carrelli che tornano alla stalla con il loro carico di stoviglie sporche, di
medici neanche lombra, di mamme si, la mia che, senza smentirsi, si
conferma lEssere con il peggiore tempismo che io conosca, mi stavo
per addormentare, cosa che anche i miei colleghi stanno tentando di fare, forse loro ci riusciranno, a parte un breve saluto mia madre si dirige
subito da me. Scuasami se non sono venuta questa mattina, cos mi dice,
figurati, penso ma non lo dico, e continua, visto che ti senti meglio ho
pensato di andare dal parrucchiere, sono tre settimane che non ci vado,
con tutto quello che successo, ma adesso sono qui, e questo
limportante, cos le dico.
Senti mamma, sai niente di questo esame che mi devono fare, cos
le chiedo.
Quale esame, mi risponde chiedendomi.
Risonanza Magnetica Nucleare.
Si si, dovresti farlo la prossima settimana, ce lo confermano domani o dopodomani.
Me ne ha parlato Domenico, lui dice che vista let me lo faranno
fare durgenza.
Non lo so, se ne occupato un amico di pap, primario in un
ospedale a Torino.
Let aiuta, meglio se incoraggiata, penso, da una personalit
influente nellambiente, bene e, continuo a pensare, anzi, meglio di no,
non voglio pensare.
Pensa, cos mia madre, che il Primario di Neurologia, dove sei ricoverato tu, non scende mai in reparto, lamico di pap lha chiamato e lui
ti ha visitato, dormivi quasi, non te ne sei nemmeno accorto, ma lui ti ha
visitato.
Le brillano gli occhi, mentre parla del Primario di Neurologia,
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XIX
tari, dei figli che avevano o che avrebbero voluto avere, di come gli sarebbe piaciuta la cucina, grande, piccola, angolo cottura, il bagno poi, vasca da bagno o doccia, filosofie diverse, penso, la razza umana si divide
in due categorie, vascari o docciari e, da l si capisce tutto, anche larredo, pensavo mi dicesse anche qualcosa sullarredo, minimalista, moderno o, chiss cosaltro, questo pensavo andando a vedere
lappartamento pi piccolo rispetto a quello dellamico dei genitori di Letizia, ti piace, mi ha chiesto appena entrati, poi, tutto come il primo, stessi commenti, stesse idee di distribuzione o quasi, le proporzioni erano
effettivamente diverse, ma poi, tutto come per laltro, niente di strano.
Mi sbagliavo.
Il progetto era solo a parole, era pi che altro un progetto di vita,
in un attimo, dal piccolo appartamento, mi ritrovo qua, allIkea, girone
infernale scartato anche da Dante, in mezzo ad unorda di dannati
dellarredare, mariti puniti per contrappasso costretti, la sera, a montarsi
camerette intere, piuttosto che tavoli, sedie e librerie, passando per cucine, lampade e, cucire tappeti, no, questo no, ci manca poco per, ed
eccomi tra divani, lumi, letti e poltrone, di questo si trattava, non di un
piccolo progetto per un piccolo appartamento, non del secondo cliente
di Letizia.
Era un film, questa la verit.
Non posso dire di essere dispiaciuto allidea di condividere una casa con Letizia, come posso dire di essere eccitato a trovarmi in questo
luogo carico di tensioni emotive, un letto Mandal o un letto Aneboda,
sedia Henriksdal o sedia Fritz. Mi piace pensare a come sar la nostra camera, la cucina, il salone, il bagno, larmadio, quello no, ce lo regaler il
padre di Zia, mio suocero, in un altro negozio, la suocera di Letizia,
invece, ci regaler il divano, sempre in un altro negozio.
Per fortuna il piccolo appartamento dove andremo a vivere, non
ammobiliato, dopo avere visto la nostra futura casa, dopo avere conosciuto il vero obbiettivo del nostro sopralluogo al piccolo appartamento,
ne abbiamo visitati altri, lannuncio diceva ammobiliato, che, tradotto
nella lingua corrente degli arredatori, significa una cucina in stile tirolese,
quando non in formica anni settanta, armadi sgangherati sempre in
formica anni settanta, alla formica anni settanta non si sottraggono
nemmeno tavoli, sedie, credenze, scarpiere e bagni, insomma, il bi-loca114
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XX
a Lisbona, aveva conosciuto un suonatore di chitarra portoghese, chitarra classica, non ricordo se si era innamorata del chitarrista perch gi
innamorata di Lisbona, o si era innamorata di Lisbona di conseguenza al
chitarrista portoghese, in ogni modo non ho mai capito questa sua passione per Lisbona, la capir fra molti anni, quando diventer anche una
mia passione, non sogno ma passione, non conoscer nessuna chitarrista portoghese, mi ricordo che inizier tutto con un film, Sostiene Pereira, poi con il libro, Sostiene Pereira, il Libro, poi con un viaggio premio a
Lisbona, in seguito sar un altro film, Lisbon Story, infine saranno i Madredeus, che mi aiuteranno a sostituire sogni irrealizzabili con sogni
ancora da cercare di realizzare.
Tra un semaforo e un altro.
Costanza in cuor suo continua a sognare, clandestinamente, glielo
leggo negli occhi, parte del suo essere, sognare, e penso, nelle mie riflessioni sui sogni non c mia madre, forse lei ha smesso di sognare
quando ha lasciato la carriera cinematografica per dedicarsi alla famiglia,
eppure mi viene da pensare che gli unici veri sogni realizzabili di un
adulto dovrebbero essere i figli, o qualcosa del genere. Lei non sogna,
per me, nelle mie riflessioni, non sogna, forse sveglia, forse il suo
sonno terminato nel momento in cui ha messo su famiglia, lunica
sveglia tra noi tutti, grande scoperta, mi devo ricordare di chiederle come si vive il mondo in questo stato di non sonno.
Mi ricorder di questo viaggio verso la Risonanza, ho scoperto
una cosa in pi su mia madre, ho scoperto una cosa su mia madre.
Ho scoperto quanto le costato rinunciare e mi sento in colpa.
Tra un semaforo e un altro passiamo, senza rispettare il rosso,
abbiamo la sirena, sono un malato urgente.
Il viaggio termina con una brusca fermata davanti allingresso del
Pronto Soccorso, cos, finalmente, sono stato carontato nel luogo dove
avverr il mio battesimo alla diagnostica nucleare. Il posto non molto
diverso dal Policlinico, forse un po pi in ordine, laffollamento il medesimo. Laltoparlante parla spesso, richiamando allordine medici, paramedici e manutentori, linfermiera Elisa al reparto maternit, e ripete,
linfermiera Elisa al reparto maternit, o chiss quale altro reparto, si
capisce poco, il manutentore Giacomo dovrebbe rimettere a posto gli
altoparlanti grazie, il malato Claudio, ripeto, il malato Claudio non capi124
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XXI
Oppure sei tu, oppure sei tu, ma che timporta, non stiamo bene.
Ci devo ancora pensare.
A queste mie parole, Zia ha iniziato a menarmi e, abbiamo fatto
lamore. I suoi metodi di persuasione sono eccezionali, almeno con me,
cos me la sposo, quando, rispondendo a mio padre, non lo so, non
abbiamo ancora deciso, preferiremmo in autunno, quando cadono le foglie, in una piccola chiesa di campagna.
In chiesa, lho pronunciato io questo pensiero, autonomamente,
stento a credermi, non abbiamo mai parlato di dove in effetti, n di come, fino a quando ho sentito pronunciare da me la parola chiesa, ho
sempre pensato che mi sarei sposato civilmente, cos penso, invece a
mio padre ho detto chiesa, una chiesa di campagna, piccola, raccolta,
spoglia, come gli alberi in autunno appunto. E il ricevimento, cazzo, a
questo non ho mai pensato, come sono sicuro che ci penser mia madre
insieme alla sua consuocera, artista e nobildonna calabrese, dai modi cosmopoliti ma dalla cultura tradizionale, come se il matrimonio fosse il loro, penso, cos sceglieranno il luogo, le portate, bomboniere e chiss
cosaltro.
Quando, in autunno, cos a mio padre, certo di un suo mero interesse dufficio, invece mi sbagliavo, alla parola autunno gli si sono illuminati gli occhi, deformazione professionale per una immagine della scena
che solo ai registi pu venire in mente, ed era cos, se non ti dispiace
vengo con te a vedere la chiesa, cos mio padre, dicendo chiesa ma voleva dire location, e cos sar, verr a vedere la chiesa e, la chiesa scelta.
Una piccola chiesa di campagna vicino Roma, con annesso un
piccolo convento, un orto, un piccolo spaccio dove i piccoli fratini arrotondano vendendo i vari piccoli prodotti delle loro piccole fatiche quotidiane.
Carini.
Abbiamo fatto i conti senza loste, cos sapr.
Trovata la chiesa si deve decidere per tutto il resto, subito, poco
importa se mancano ancora sette mesi allevento. Si passati da uno
scontato niente addobbi, fregandosene delle ire di mia madre, ad un, il
fotografo sar il mio fotografo di scena, cos mio padre. Non si deve celebrare il matrimonio del figlio pi piccolo del famoso regista, ma il suo
prossimo film.
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penso.
Forse solo andata in bagno.
Cos la rivedo, mentre mia madre annuncia che tra cinque minuti
sar pronto, possiamo accomodarci in sala da pranzo dove, in bella mostra, c un quadro di mia suocera, quadro che, mia suocera appunto, ha
voluto regalare ai miei genitori lo scorso Natale e, fino la settimana
scorsa non cera. Bel lavoro, mamma.
Diplomazia.
Ruffianeria puntointerrogativo
Come spesso accade a tavola, i discorsi si alternano presto con rumori mandibolari, e ognuno fa del suo meglio per ostentarli discretamente. I rumori mandibolari li preferisco a quelli verbali, penso,
specialmente quando questi producono concetti come quelli di Alfonso
Nonricordoilrestofacciad, parlando della musica che mia madre ha
scelto come colonna sonora di questo evento, Mozart, scontato e prevedibile, cos lui parlando di Mozart, lasciando attoniti i presenti, anche
mia madre, notoriamente un'intellettuale da fiera, rimane basita alle parole di Alfonso Eccetera, se non altro per le nozioni acquisite per induzione da illustri esponenti del mondo musicale, e non finisce qui, Wenders
non esisterebbe senza Antonioni, questo forse vero, e tante altre cose
dice Alfonso Eccetera ma io mi sforzo a chiudere i canali uditivi e, altre
portate, altre parole, altri masticamenti e, finalmente, il matrimonio. Iniziamo a parlare del matrimonio, non lavrei mai pensato, ma parlare del
mio matrimonio rappresenta la fine di un incubo, un incubo iniziato con
Mozart e finito con Mina sopravvalutata. Che a parlare del mio matrimonio siano le stesse persone che hanno dato vita allincubo di questa
serata, un altro discorso. Cos ho scoperto duepunti che la chiesetta di
campagna, con molte probabilit, se ne v a farsi benedire, si parla di un
prete ad Orvieto, si parla del Duomo di Orvieto, e continuano, che la
nostra cerimonia sar soggetta alle rigidissime restrizioni della regia di
mio padre e, nulla possono gli attori, che mia suocera, futura suocera, ha
unidea per il men, idea condivisa totalmente dalla moglie del regista, cos si continua percorrendo le tortuose strade che portano ai migliori luoghi per il banchetto, ipotesi su liste di nozze, viaggio di nozze e, invitati,
terminando con sar il momento pi bello della vostra vita, frase che apre
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XXII
Ho quasi smesso di vomitare, vedo un po meglio, anche il formicolio alla parte destra del corpo si ridotto, riacquisto peso, lentamente,
ma comunque un buon risultato. I dottori dicono che uscito un po
di sangue da questa cosa che ho in testa, ed colpa del sangue che,
comprimendo i centri nervosi, mi ha creato tutti i disturbi che ho avuto.
Adesso, sempre i medici, stanno studiando in quale modo liberarmi da
questa cosa che ho da quando sono nato, parlano di radioterapia, o forse
laser-terapia, non ho capito bene, poco importa, comunque niente di
chirurgico, studiano il mio caso.
Nel frattempo Simone se n andato, questa mattina, con la madre, era felice e mi ha sorriso, per tanto tempo mi ha sorriso e, era felice
anche se sapeva che tra meno di quattro mesi ritorner, cos sar ancora
per chiss quanto tempo, forse per tutto il tempo della sua breve vita, cos pensavo mentre lui continuava a guardarmi, forse si aspettava che gli
sorridessi anchio, ma non ci sono riuscito, avrei voluto farlo, ho pensato
di farlo, ma si sorride quando si felici e, io non lo ero, non potevo essere felice pensando a me fuori di qua, quando rivedr gli amici, andremo
a ballare, a bere, fare sega a scuola, andr a comprare i regali per Natale
ubriacandomi di luci e vetrine, giocher a calcetto, amer mille Giordana, andr in vacanza e dormir in spiaggia, verr svegliato dai caldi
raggi del sole della Grecia o della Spagna, o di chiss quale altro posto,
avr il privilegio di fare tante cazzate, far tante altre cose, tante quante
sono quelle che non potr fare Simone, a lui riservato, come unico piacere, lamore cosmico della madre e se lo fa bastare, questo gli basta per
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essere felice, una cosa che io ho sotto gli occhi, e a mia disposizione, da
quando sono nato e che non sono riuscito mai a farmi bastare.
Non potevo salutarlo con un sorriso, non ero abbastanza felice.
Lho invidiato.
Si, lho detto, vedendolo cos felice di niente, ho provato una cosa
che non conoscevo prima, un sentimento nuovo, invidia della peggiore
specie, cos penso e, non gli ho sorriso, continuo ad invidiarlo, continuer ad invidiarlo fino a quando non riuscir a vivere come lui, se ci riuscir, lo invidier fino a quando non riuscir a provare quello che prova lui
nel vedere la madre, fino a quando non imparer anchio a parlare con
gli occhi, con la pelle e, ad ascoltare. Fino a quando non imparer ad essere felice, solo allora non lo invidier pi, solo allora potr sorridergli,
penso.
Simone se n andato e io giro per il reparto in attesa del verdetto
dei medici su quale terapia sia la pi idonea per me, ne nato un
mercato clandestino di scommesse, la laser-terapia la pi gettonata,
alcuni puntano sulleventualit che io non venga toccato, in ogni modo
le scommesse si dovranno chiudere questa sera, probabile che durante
il giro di visite di domani, il dottore se ne esca con il risultato sulla terapia migliore. Anche a casa c fermento, mamma dice che mio padre ha
iniziato a telefonare a tutti i medici, primari ovviamente, che conosce,
stato chiesto anche un parere al veterinario un giorno che mia madre si
trovata dal parrucchiere con la di lui moglie seduta accanto, in realt sarebbe pi preciso dire, che il parere della moglie del veterinario, oppure che il veterinario ha parlato per bocca della sua consorte che, come
un oracolo, le ha sparse, le parole del veterinario appunto, per casa mia
come frumento per le galline, da quel momento sono nati i dubbi, non
su una terapia, ma su tutte le eventuali terapie alle quali io potrei essere
sottoposto, ognuna presenta dei rischi, dei problemi, nessuna va bene
per Claudio.
Si accettano consigli, uno in pi che male pu fare.
Cos passo il tempo, parlo con gli altri malati, quando questi non
sono in piena crisi di Parkinson, oppure quando un barlume di lucidit
si fa strada tra i percorsi tortuosi di un esaurimento nervoso e, ancora,
tra unischemia transitoria e unaltra, mi dedico a pi costruttivi discorsi
calcistici con infermieri e dottori specializzandi, questi ultimi per la
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sto caso il consiglio del medico di lasciare la scuola per questanno, evitare stress termici che potrebbero causare repentine dilatazioni o restringimenti delle vene, in questo caso il consiglio del medico quello di
uscire nelle ore del giorno in cui la differenza di temperatura tra
linterno e lesterno minore, ma la cosa peggiore da evitare, mai detta
dai medici, perch compresa nei primi due casi secondo loro, quella di
evitare la masturbazione. Niente pippe Claudio, cos un dottore mi ha risposto alla mia domanda specifica e, penso, se non mi concessa la masturbazione, non mi concesso nemmeno fare lamore, il problema non
nellimmediato, visto che Giordana questo tipo di attivit, pare la
svolga ormai con un altro, ma quanto tempo durer questo stato di agonica lucidit.
Sapr che durer ben poco, infatti dopo il primo mese di libert,
passato ad osservare rigidamente tutte le prescrizioni dettate dai medici,
passer subito ai fatti, in fondo per una sega cosa mi potr succedere,
cos penser nella solitudine del bagno adiacente la mia camera da letto,
e cos sar, tolto il primo dente il resto una passeggiata, inizier a fare
sempre pi tardi il pomeriggio, fino alla prima uscita serale, da quel momento torner tutto come prima, tranne la scuola, quella sar una pratica un po pi complicata , dopo il mio ritiro il Preside non vorr pi
riaccettarmi a scuola perch, cos lui, non riuscirai a prepararti sufficientemente per gli esami di maturit. Sar costretto a scrivere una lettera al Ministero dellIstruzione, raccontando il mio caso. Solo cos
riuscir a farmi riammettere a scuola e a non buttare lanno, ma tutto
questo lo sapr quando sar uscito dallospedale, per il momento cos
passo il tempo, imparando a viaggiare da fermo, uscendo da qua con la
mente prima di portarmi appresso il corpo e, vado lontano, incontro
gente, amici e sconosciuti, luoghi visti e luoghi mai visitati.
Viaggi da fermo, sono come i depliant turistici che sfogli con
lobbiettivo di visitare quei luoghi descritti con foto e parole
ammiccanti, con un'unica differenza, i viaggi da fermo mi permettono
di arrivare nei luoghi delle emozioni, gli unici luoghi che vale la pena
raggiungere.
Claudio, c il direttore di reparto che ti vuole vedere, cos la caposala, mettendomi a sedere sulla sedia a rotelle e, penso, il grande
giorno oggi, il giorno delle mie dimissioni, mi vuole parlare per ricapito142
lare quello che ho avuto e per dirmi quello che potr o non potr fare,
cos continuo a pensare, forse mi chiama oggi per farmi uscire domani e
cos pensano anche i miei compagni di corsia che mi dicono, dai che
esci, cos dicono, al mio passaggio trionfale sulla sedia a rotelle, come
fosse un carro regale al rientro da una campagna di conquista, dai che
esci, penso.
La caposala mi staziona in un ufficio al piano del reparto, adesso
arriva il dottore, mi saluta e se ne v, in effetti il dottore arriva, dopo
circa un quarto dora, ma con una coda di sei studenti, il paziente ha un
bla, bla, bla, cos il dottore ripete, con precisione, quanto mi sento dire
da un mese, alla compagine di lecchini, suppongo, e inizia una trafila
insostenibile di osservazione del fondo oculare, del nistagmo, di prove
di equilibrio, descrizione dei vari sintomi accusati durante levoluzione
della malattia e, spiegazioni, unocchiata alla Risonanza Magnetica Nucleare, altri sguardi al paziente, io, che penso, cazzo, volevo uscire invece
non se ne parla, solo una fiera di quattro stronzi, sei, magari raccomandati, che devono preparare un esame su chiss quali patologie, cos,
dopo quasi due ore di rotture di palle e adulazioni al dottore, mi riportano in corsia, lumore pessimo, ad aspettarmi trovo mia madre che, malamente, tenta di tranquillizzarmi dicendo che ha parlato con il primario
e, forse, mi dimetteranno tra pochi giorni, nel frattempo mi aggiorna
sulla ricerca di un centro specializzato in laser-terapia nel mondo.
Addirittura.
Le mie fotografie magnetiche nucleari, viaggiano in lungo e in
largo per il globo, dagli Stati Uniti al Sud Africa, dalla Francia, Germania, Inghilterra, Russia, al Canada, dove sembra ci sia il centro migliore
al mondo per questo tipo di pratiche, ma ancora niente di niente. Cos
passo il tempo.
E il tempo passa, in reparto, tra giornali, chiacchiere, amici, famiglia, e passeggiate in cortile, scherzi tra gli infermieri e pettegolezzi da
corridoio, ma oggi un giorno speciale, oggi mi hanno detto che, visto
il mio miglioramento, domenica avr un giorno di permesso, potr
tornare a casa a pranzo, gi fervono i preparativi. Ena ha studiato il men, mia madre andr a fare la spesa, il resto della famiglia ha precettato
parenti ed amici per levento. I giornalisti non sono invitati.
Arriva Carlo a prendermi, quasi lora del pranzo, il suo viso
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gente ad aspettarmi, alcuni li vedo per la prima volta come i genitori del
fidanzato di Costanza, c mamma, c pap che parte di nuovo questa
sera, sar lui a riportarmi in ospedale. C tanta gente, la confusione non
mi permette di salutare Costanza come vorrei, allora lo immagino, immagino di abbracciarla, forte e, a lungo, anzi, vorrei passare la giornata
abbracciato a lei, e poi camminare, parlare, ogni tanto abbracciarla di
nuovo, le racconterei di quello che sto provando, le parlerei di come non
riconosco niente, di come vedo tutto come se fosse la prima volta e, lei
mi ascolterebbe, in silenzio, ma capirebbe, perch lei capisce, dopo potrei tornare in ospedale, invece saluto gente mai vista, sopra un tavolino
in salone, mia madre ha radunato tutte le mie foto, facendolo diventare
un altarino, mancano le candele.
Ena ha preparato un pranzo che andrebbe bene per una trattoria
dei Castelli, tutto molto buono, ma sono stanco, mi vado a riposare nella
mia stanza, ancora presto.
Il riposo durato quanto basta per non volere andare via, anche
se in camera, appena entrato, non ho toccato un oggetto, aperto un cassetto, come se farlo significava invadere uno spazio altrui, ma la mia camera, cazzo, ci voglio restare. Andiamo Claudio, cos mio padre,
dobbiamo rientrare, e inizia la fiera dei saluti, alcuni commossi, Costanza mi abbraccia.
Cos passo il tempo, in taxi, perch mio padre v direttamente
allaeroporto, mi racconta di come stanno andando le riprese del film,
mi racconta di come la Germania, Berlino, il muro ha ancora un po di
tempo prima di cadere, cos sapr, e io guardo fuori, buio e il buio
crea unaltra prospettiva, se allandata mi sembrava tutto diverso rispetto
al mondo che frequentavo prima del mio ricovero, a questora lo ancora di pi, ci sono le luci, il traffico, i motorini che passano da tutte le
parti, ci sono pi ragazzi per strada. Diverso.
Mio padre lo saluto davanti la porta del reparto, senza accorgersene mi lascia la sua mano appoggiata sulla mia guancia per qualche secondo, non tanti, quanti mi saranno sufficienti per addormentarmi
serenamente, i miei colleghi mi chiedono come andata, io inizio il
racconto, ma sono un po stanco rinviando il resto a domani, cos mi
metto a letto e, mi addormento, con la mano di mio padre punto
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XXIII
Un malato.
Credo che una percentuale di tutto ci che facciamo deve, al
contrario, essere donata al caso, al caso destinata, il caso che lo reclama, come se fosse un sacrificio al dio della creativit, un momento in cui
lordine delle cose deve farsi da parte e lasciare il posto allinvenzione, al
disordine congenito delluomo, lordine deve essere sacrificato, si deve
immolare per permetterci di andare avanti, di creare, di migliorare, cos
credo, lho sempre pensato e me lo stavo dimenticando, vale la pena
pensare ogni tanto, pensare, cose nuove, cose vecchie, in questo caso si
chiamano ricordi. Vale la pena pensare, ricordare, non dimenticare, che
non la stessa cosa di ricordare, pensare, pensare ti fa svegliare dal
sonno, altrimenti si chiamerebbe sognare, serve, ma unaltra cosa.
Il sonno non ti permette di percepire il mondo come in realt.
Pensare, e, devo pensarci ogni volta che mi capita, non lo devo dimenticare, il sonno non ti fa capire chi sei, sognare ti fa capire dove
vorresti arrivare, pensare ti fa capire chi sei e come raggiungere la mta
del sogno, sognare da sveglio sarebbe lideale, alternare sogni a pensieri,
pensare ai sogni, usare il pensiero per realizzare i sogni, penso, mentre
continuo a guardarti seduto, bevendo birra, continuo a pensare, io ho
mai sognato tutto questo puntointerrogativo certo, ma non adesso, ho
anche pensato di realizzare tutto questo, ma non adesso, lho sognato
tanti anni fa, sorridendo, insieme a tante altre cose che avrei voluto fare
nella mia vita, tanti anni fa lho sognato al termine del mio primo sonno,
poi mi sono riaddormentato, poco tempo fa lho pensato, ma non me
ne sono accorto, stavo sognando.
Smetto di pensare per vedere Claudia che si avvicina, non credevo
che venisse anche lei, oggi, ma certo, lassistente di Alfonso Nonricordoilrestofacciadacazzo, dove v uno v laltra, cos la saluto, lei si scusa per il ritardo, la rassicuro, sono anchio in ritardo, in realt sono
arrivato in anticipo, ma ho deciso di bere qualcosa prima di incontrare
Padre Nunzio, cos il tempo passato, Claudia si siede accanto a me,
ordina una coca cola, finalmente il cameriere penso indiano smette di lustrare i tavolini per un altro incarico di rara fiducia, le nostre ordinazioni, per me basta birra, forse meglio. tanto che non ci vediamo, cos
io per rompere il ghiaccio, che originale, veramente ci siamo visti a casa
dei tuoi genitori poche settimane fa, mi dice, intendevo prima di allora,
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non sei pi venuta alle mie feste, cos continuo evitando di accennare
alle mie teorie psico-sociologiche su frequenza di uscite serali e fidanzamenti, da molto che state insieme puntointerrogativo
Lho conosciuto a casa di unamica, siamo usciti per qualche
giorno, e ci siamo messi insieme subito dopo.
Colpo di fulmine.
Colpo di fulmine, cos mi conferma Claudia, mentre ci portano la
coca cola a lei e, noccioline a me, libera iniziativa del mio amico penso
indiano, e continua, dopo un po che stavamo insieme siamo partiti,
abbiamo fatto un viaggio in America Latina, siamo rimasti fuori per
circa quattro mesi, cos Claudia anticipando le mie domande, tornati a
casa siamo andati a vivere insieme.
E si, un colpo di fulmine, anche se non capisco come ci si possa
far fulminare da Alfonso Eccetera, se fossi maligno penserei al suo
conto in banca, ma non sono maligno e, lho pensato lo stesso, sono un
rosicone, cos occupo la mente mangiando noccioline e guardando Claudia dissetarsi con la sua coca cola, quando si dice il caso, mi dice Claudia, quale caso, rispondo io mentre lei continua, dal pronto soccorso al
tuo matrimonio, un caso, strano vero, cos continua, ma io non
lascolto pi, penso al caso, vero, un caso, penso, come un caso che
io abbia perso tempo in questo bar, questo il momento di sacrificare
lordine al caos, il momento dellinvenzione.
il momento di ascoltarmi.
Allora la interrompo, una volta ho fatto lamore con una ragazza,
senza toccarla, cos le parlo, durato una notte intera, parlando, ridendo,
camminando, quella notte ho imparato a conoscere il suo respiro, il rumore dei suoi passi, che avrei riconosciuto tra i milioni di passi che mi
circondano, lodore dei suoi pensieri tra miliardi di altri odori, la musica
dei suoi occhi, la pi melodica tra quelle che ho mai ascoltato, i suoi
capelli, i suoi capelli poi .. Tutto in una notte. La notte
importante, non inquinata dai rumori del giorno, rumori fatti di ansie
da appuntamenti mancati, traffico, smog, telefonate, colazioni, lavoro,
ancora telefonate, e traffico, tutto questo nella notte non c, mancano i
colori, senn sarebbe perfetta, come perfette sono le notti che ho vissuto, due duepunti la prima, sopra un traghetto per Vulcano, mi ha insegnato a vivere aspirando ai sogni, senza averne paura, la seconda,
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