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TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM, 98 d. C.



TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM; CAP. 2
Lorigine dei Germani e il loro nome
Ipsos Germanos indigenas crediderim minimeque aliarum
gentium adventibus et hospitiis mixtos, quia nec terra olim,
sed classibus advehebantur qui mutare sedes quaerebant, et
inmensus ultra utque sic dixerim adversus Oceanus raris ab
orbe nostro navibus aditur. Quis porro, praeter periculum
horridi et ignoti maris, Asia aut Africa aut Italia relicta
Germaniam peteret, informem terris, asperam caelo, tristem
cultu adspectuque, nisi si patria sit?
Celebrant carminibus antiquis, quod unum apud illos
memoriae et annalium genus est, Tuistonem deum terra
editum. Ei filium Mannum, originem gentis conditoremque,
Manno tris filios adsignant, e quorum nominibus proximi
Oceano Ingaevones, medii Herminones, ceteri Istaevones
vocentur. Quidam, ut in licentia vetustatis, pluris deo ortos
plurisque gentis appellationes, Marsos Gambrivios Suebos
Vandilios adfirmant, eaque vera et antiqua nomina. Ceterum
Germaniae vocabulum recens et nuper additum, quoniam qui
primi Rhenum transgressi Gallos expulerint ac nunc Tungri,
2. Propendo a credere i Germani una razza indigena, con scarsissime mescolanze
dovute a immigrazioni o contatti amichevoli, perch un tempo quanti volevano
mutare paese giungevano non via terra ma per mare, mentre l'Oceano, che si stende
oltre sconfinato e, per cos dire, a noi contrapposto, raramente solcato da navi
provenienti dalle nostre regioni. E poi, a parte i pericoli d'un mare tempestoso e
sconosciuto, chi lascerebbe l'Asia, l'Africa o l'Italia per portarsi in Germania tra
paesaggi desolati, in un clima rigido, in una terra triste da vedere e da starci se non
per chi vi sia nato? In antichi poemi, unica loro forma di trasmissione storica,
cantano il dio Tuistone nato dalla terra. A lui assegnano come figlio Manno,
progenitore e fondatore della razza germanica e a Manno attribuiscono tre figli, dal
nome dei quali derivano il proprio gli Ingevoni, i pi vicini all'Oceano, gli
Erminoni, stanziati in mezzo, e gli Istevoni, cio tutti gli altri. Alcuni, per la libert
che tempi tanto antichi consentono, ritengono pi numerosi i figli del dio e pi
numerose le denominazioni dei popoli, cio i Marsi, i Gambrivii, gli Svevi, i
Vandilii, e che questi siano i nomi genuini e antichi. Invece il termine Germania
stato introdotto nell'uso di recente, perch i primi che varcarono il Reno,
cacciandone i Galli, quelli che ora son detti Tungri, si chiamavano a quel tempo
Germani. Cos a poco a poco prevalse il nome di una trib, non dell'intera stirpe:
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tunc Germani vocati sint: ita nationis nomen, non gentis
evaluisse paulatim, ut omnes primum a victore ob metum,
mox etiam a se ipsis, invento nomine Germani vocarentur.
dapprima tutti, per la paura che incutevano, furono chiamati Germani dal nome dei
vincitori, ma poi, ricevuto quel nome, finirono per attribuirselo essi stessi.
TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM, CAP. 3
Il canto di battaglia
3. Fuisse apud eos et Herculem memorant, primumque
omnium virorum fortium ituri in proelia canunt. Sunt illis
haec quoque carmina, quorum relatu, quem barditum vocant,
accendunt animos futuraeque pugnae fortunam ipso cantu
augurantur. Terrent enim trepidantve, prout sonuit acies, nec
tam vocis ille quam virtutis concentus videtur. Adfectatur
praecipue asperitas soni et fractum murmur, obiectis ad os
scutis, quo plenior et gravior vox repercussu intumescat.
3. Si ricorda che anche Ercole ebbe a stare con loro e, al momento di andare in
battaglia, lo celebrano come il pi valoroso fra tutti gli eroi. Hanno pure canti di
battaglia che intonano - la modulazione la chiamano bardito - per esaltare gli animi
e dal canto traggono presagi sull'esito della battaglia. Infatti atterriscono, o son loro
a tremare, a seconda di come si leva il grido di guerra; e non sembra un complesso
di voci, ma un unanime incitamento al valore. Puntano soprattutto all'asprezza del
suono e a produrre un'onda sonora tutta franta, e accostano lo scudo alla bocca,
perch la voce, per risonanza, rimbombi pi forte e cupa.
TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM, CAP. 9
Le divinit
9. Deorum maxime Mercurium colunt, cui certis diebus
humanis quoque hostiis litare fas habent. Herculem et Martem
concessis animalibus placant. Pars Sueborum et Isidi
sacrificat: unde causa et origo peregrino sacro, parum
comperi, nisi quod signum ipsum in modum liburnae
figuratum docet advectam religionem. Ceterum nec cohibere
parietibus deos neque in ullam humani oris speciem
9. Sopra tutti gli di onorano Mercurio, cui ritengono lecito, in certi giorni, fare
anche sacrifici umani. Placano Ercole e Marte con sacrifici d'animali consentiti.
Parte degli Svevi sacrifica anche a Iside.
Dell'origine e del motivo di questo culto straniero ho potuto accertare ben poco al
di fuori di un dato, e cio che il simbolo stesso della dea, rappresentata in forma di
nave liburnica, dimostra che il culto stato importato. Non ritengono per altro
conforme alla maest degli di rinserrarli fra pareti e raffigurarli con sembianza
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adsimulare ex magnitudine caelestium arbitrantur: lucos ac
nemora consecrant deorumque nominibus appellant secretum
illud, quod sola reverentia vident.
umana: consacrano loro boschi e selve e danno nomi di divinit a quell'essere
misterioso che solo il senso religioso fa loro percepire.
TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM, CAP. 10
La divinazione
Auspicia sortesque ut qui maxime observant: sortium
consuetudo simplex. Virgam frugiferae arbori decisam in
surculos amputant eosque notis quibusdam discretos super
candidam vestem temere ac fortuito spargunt. Mox, si publice
consultetur, sacerdos civitatis, sin privatim, ipse pater familiae,
precatus deos caelumque suspiciens ter singulos tollit, sublatos
secundum impressam ante notam interpretatur. Si prohibuerunt,
nulla de eadem re in eundem diem consultatio; sin permissum,
auspiciorum adhuc fides exigitur. Et illud quidem etiam hic
notum, avium voces volatusque interrogare; proprium gentis
equorum quoque praesagia ac monitus experiri. Publice aluntur
isdem nemoribus ac lucis, candidi et nullo mortali opere
contacti; quos pressos sacro curru sacerdos ac rex vel princeps
civitatis comitantur hinnitusque ac fremitus observant. Nec ulli
auspicio maior fides, non solum apud plebem, sed apud
proceres, apud sacerdotes; se enim ministros deorum, illos
conscios putant. Est et alia observatio auspiciorum, qua
Pi di qualsiasi altro popolo rispettano gli auspici e le sorti. Per queste ultime il
procedimento semplice. Tagliano un rametto di albero fruttifero in piccoli
pezzi, li contraddistinguono con certi segni e li buttano a caso su una veste
bianca. Dopo di che il sacerdote della trib, se il consulto per la comunit, o il
capofamiglia, se ha destinazione privata, invocati gli di con lo sguardo volto al
cielo, ne raccoglie tre pezzi, uno per volta, e li interpreta secondo il segno
impresso. Se il responso contrario, non si interrogano pi le sorti, per quel
giorno, sul medesimo argomento; in caso invece di segni favorevoli, si richiede
un'ulteriore conferma degli auspici. noto anche in Germania l'uso di interrogare
le voci e i voli degli uccelli. specialit di quelle genti ispirarsi ai presagi e ai
moniti dei cavalli. Essi sono nutriti, a spese della collettivit, nelle foreste e nei
boschi sacri prima ricordati, bianchissimi e non contaminati dal lavoro prestato
all'uomo: aggiogati al carro sacro, sono accompagnati dal sacerdote, dal re o dal
capo di una gente, i quali ne osservano nitriti e fremiti. Non esiste auspicio al
quale pi ci si affidi, non solo da parte della gente comune, ma dei notabili e dei
sacerdoti: ritengono infatti s ministri degli di e i cavalli depositari del volere
divino. Esiste anche un altro modo di trarre gli auspici, impiegato per prevedere
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gravium bellorum eventus explorant. Eius gentis, cum qua
bellum est, captivum quoquo modo interceptum cum electo
popularium suorum, patriis quemque armis, committunt:
victoria huius vel illius pro praeiudicio accipitur.
l'esito di guerre importanti. Un prigioniero del popolo con cui sono in guerra,
comunque catturato, lo oppongono a combattere contro un campione del loro
popolo, ciascuno con le proprie armi: la vittoria dell'uno o dell'altro ha valore di
pronostico.
TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM, CAP. 40
Il culto della dea Nerthus
40. Contra Langobardos paucitas nobilitat: plurimis ac
valentissimis nationibus cincti non per obsequium, sed proeliis
ac periclitando tuti sunt. Reudigni deinde et Aviones et Anglii
et Varini et Eudoses et Suardones et Nuithones fluminibus aut
silvis muniuntur. Nec quicquam notabile in singulis, nisi quod
in commune Nerthum, id est Terram matrem, colunt eamque
intervenire rebus hominum, invehi populis arbitrantur. Est in
insula Oceani castum nemus, dicatumque in eo vehiculum,
veste contectum; attingere uni sacerdoti concessum. Is adesse
penetrali deam intellegit vectamque bubus feminis multa cum
veneratione prosequitur. Laeti tunc dies, festa loca,
quaecumque adventu hospitioque dignatur. Non bella ineunt,
non arma sumunt; clausum omne ferrum; pax et quies tunc
tantum nota, tunc tantum amata, donec idem sacerdos satiatam
conversatione mortalium deam templo reddat. Mox vehiculum
et vestes et, si credere velis, numen ipsum secreto lacu abluitur.
40. Il numero esiguo nobilita, all'opposto, i Longobardi: pur circondati da
numerosi e valenti popoli, trovano la loro sicurezza non nella sottomissione,
bens nei rischi delle battaglie. Seguono i Reudigni e gli Avioni e gli Anglii e i
Varini e gli Eudosi e i Suardoni e i Nuitoni, protetti da fiumi e foreste. Nessuna
caratteristica di rilievo in ciascuno di questi, se non il culto comune di Nerto,
ossia della madre terra, che, secondo loro, interviene nelle vicende umane e
scende su un carro in mezzo ai popoli. Esiste in un'isola dell'Oceano un intatto
bosco sacro e, dentro, un carro consacrato alla dea, ricoperto da un drappo:
toccarlo consentito al solo sacerdote.
Questi percepisce la presenza della dea nel profondo del bosco e, quando
compare trainata da giovenche, la accompagna con profonda venerazione. Sono
allora giorni di gioia, sono luoghi di festa quelli cui si degna di giungere come
ospite. Non si iniziano guerre, non si impugnano armi; ogni ferro riposto; solo
allora conoscono pace e quiete, allora solo le amano, finch quel sacerdote
riconduce all'area sacra la dea, sazia del contatto dei mortali. Quindi il carro, il
drappo e, se vuoi crederlo, la divinit stessa si purificano in un lago appartato.
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Servi ministrant, quos statim idem lacus haurit. Arcanus hinc
terror sanctaque ignorantia, quid sit illud, quod tantum perituri
vident.
Addetti a questo servizio sono alcuni schiavi che poi il lago inghiotte. Da qui un
misterioso terrore e una santa ignoranza di ci che pu esser visto soltanto da chi
destinato a morire.
TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM, CAPP. 13-15
Liniziazione dei giovani - Listituto del comitatus
13. Nihil autem neque publicae neque privatae rei nisi armati
agunt. Sed arma sumere non ante cuiquam moris, quam civitas
suffecturum probaverit. Tum in ipso concilio vel principum
aliquis vel pater vel propinqui scuto frameaque iuvenem ornant:
haec apud illos toga, hic primus iuventae honos; ante hoc domus
pars videntur, mox rei publicae. Insignis nobilitas aut magna
patrum merita principis dignationem etiam adulescentulis
adsignant: ceteris robustioribus ac iam pridem probatis
adgregantur, nec rubor inter comites adspici. Gradus quin etiam
ipse comitatus habet, iudicio eius quem sectantur; magnaque et
comitum aemulatio, quibus primus apud principem suum locus, et
principum, cui plurimi et acerrimi comites. Haec dignitas, hae
vires, magno semper et electorum iuvenum globo circumdari, in
pace decus, in bello praesidium. Nec solum in sua gente cuique,
sed apud finitimas quoque civitates id nomen, ea gloria est, si
numero ac virtute comitatus emineat; expetuntur enim
legationibus et muneribus ornantur et ipsa plerumque fama bella
13. Nessun affare trattano, n pubblico n privato, se non armati ma, per
consuetudine, nessuno prende le armi se non quando la comunit l'ha
giudicato idoneo. Allora, in assemblea, uno dei capi o il padre o un parente
ornano il giovane dello scudo e della framea: questa per loro la toga, questo
il primo attestato d'onore per i giovani: prima di quel momento sono
considerati parte della famiglia, poi dello stato. Il titolo di nobilt o le grandi
benemerenze degli antenati conferiscono dignit di capo anche agli
adolescenti; gli altri si aggregano ai capi pi maturi e gi sperimentati, senza
vergognarsi di figurare nel seguito che, secondo il giudizio di chi comanda,
comporta una gerarchia. Di conseguenza esiste una grande emulazione per
conquistare il primo posto presso il capo, e, fra i capi, per avere i seguaci pi
numerosi e combattivi.
Questo il prestigio, questa la potenza dei capi: essere attorniati sempre da
una folta schiera di giovani scelti d decoro in tempo di pace e in guerra. Ed
motivo di gloria e di rinomanza, non solo presso la propria gente, ma anche
agli occhi delle popolazioni vicine, segnalarsi per il numero e il valore del
seguito. I capi sono ricercati nelle ambascerie, colmati di doni e spesso con la
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profligant. loro fama decidono le sorti della guerra.
14. Cum ventum in aciem, turpe principi virtute vinci, turpe
comitatui virtutem principis non adaequare. Iam vero infame in
omnem vitam ac probrosum superstitem principi suo ex acie
recessisse. Illum defendere, tueri, sua quoque fortia facta gloriae
eius adsignare praecipuum sacramentum est. Principes pro victoria
pugnant, comites pro principe. Si civitas, in qua orti sunt, longa
pace et otio torpeat, plerique nobilium adulescentium petunt ultro
eas nationes, quae tum bellum aliquod gerunt, quia et ingrata genti
quies et facilius inter ancipitia clarescunt magnumque comitatum
non nisi vi belloque tueare; exigunt enim principis sui liberalitate
illum bellatorem equum, illam cruentam victricemque frameam.
Nam epulae et quamquam incompti, largi tamen apparatus pro
stipendio cedunt. Materia munificentiae per bella et raptus. Nec
arare terram aut exspectare annum tam facile persuaseris quam
vocare hostem et vulnera mereri. Pigrum quin immo et iners
videtur sudore adquirere quod possis sanguine parare.
14. In battaglia poi disonorevole per un capo lasciarsi superare in valore ed
disonorevole per il seguito non eguagliare il valore del capo. Inoltre
costituisce un'infamia e una vergogna, che dura per tutta la vita, tornare dal
campo di battaglia, sopravvivendo al proprio capo: difenderlo, proteggerlo,
attribuire a sua gloria anche i propri atti di valore l'impegno pi sacro: i capi
combattono per la vittoria, il seguito per il capo. Se la trib in cui sono nati
intorpidisce nell'ozio di una lunga pace, molti giovani nobili raggiungono
volontariamente le trib che al momento sono impegnate in qualche guerra,
sia perch la gente germanica non ama la pace, sia perch pi facilmente si
acquista fama in mezzo ai pericoli, e si pu mantenere un grande seguito solo
con la forza e la guerra.
Dalla generosit del capo pretendono quel cavallo adatto alla guerra o quella
cruenta framea vittoriosa; infatti cibo e imbandigioni, non raffinati ma
abbondanti, valgono come paga. I mezzi per largheggiare in doni derivano
dalle guerre e dai saccheggi. ben pi difficile indurli ad arare la terra e ad
aspettare il raccolto dell'anno che a provocare il nemico e a guadagnarsi ferite;
pare anzi loro pigrizia e vilt acquistare col sudore quanto possono avere col
sangue.
15. Quotiens bella non ineunt, non multum venatibus, plus per
otium transigunt, dediti somno ciboque, fortissimus quisque ac
bellicosissimus nihil agens, delegata domus et penatium et
15. Quando non sono in guerra, dedicano molto tempo alla caccia, ma pi
all'ozio, abbandonandosi al sonno e al cibo; i pi forti e bellicosi non fanno
nulla, delegando la cura della casa, della famiglia e dei campi alle donne, ai
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agrorum cura feminis senibusque et infirmissimo cuique ex
familia; ipsi hebent, mira diversitate naturae, cum idem homines
sic ament inertiam et oderint quietem. Mos est civitatibus ultro ac
viritim conferre principibus vel armentorum vel frugum, quod pro
honore acceptum etiam necessitatibus subvenit. Gaudent
praecipue finitimarum gentium donis, quae non modo a singulis,
sed et publice mittuntur, electi equi, magna arma, phalerae
torquesque; iam et pecuniam accipere docuimus.
vecchi e alle persone pi deboli della famiglia: essi restano inattivi, in
stupefacente contrasto con la loro natura, perch gli stessi amano l'inattivit e
detestano la pace. usanza che, nelle trib, ciascuno porti volontariamente ai
capi una quota di bestiame o di prodotti della terra e tutto ci, accettato come
segno di onore, serve anche ai loro bisogni. Si compiacciono soprattutto dei
doni dei popoli confinanti, mandati da privati ma anche dalla collettivit:
cavalli scelti, belle armi, decorazioni metalliche e collane; ma ormai abbiamo
loro insegnato a prendere anche denaro.
TACITO, DE ORIGINE ET SITU GERMANORUM, CAPP. 20-21
La famiglia
20. In omni domo nudi ac sordidi in hos artus, in haec corpora,
quae miramur, excrescunt. Sua quemque mater uberibus alit, nec
ancillis ac nutricibus delegantur. Dominum ac servum nullis
educationis deliciis dignoscas: inter eadem pecora, in eadem humo
degunt, donec aetas separet ingenuos, virtus adgnoscat. Sera
iuvenum venus, eoque inexhausta pubertas. Nec virgines
festinantur; eadem iuventa, similis proceritas: pares validaeque
miscentur, ac robora parentum liberi referunt. Sororum filiis idem
apud avunculum qui ad patrem honor. Quidam sanctiorem
artioremque hunc nexum sanguinis arbitrantur et in accipiendis
obsidibus magis exigunt, tamquam et animum firmius et domum
latius teneant. Heredes tamen successoresque sui cuique liberi, et
20. In ogni casa crescono nudi e sporchi, per poi svilupparsi in quelle membra
e in quei corpi che tanto ammiriamo. Ogni madre allatta al seno i propri figli e
non li affida ad ancelle o nutrici. Impossibile distinguere il padrone o il servo
da cure particolari nell'educazione. Vivono tra il medesimo bestiame e sullo
stesso terreno, finch l'et separa i giovani nati liberi e il valore li fa conoscere
tali. I rapporti sessuali non sono precoci e quindi la loro virilit inesauribile.
Non c' fretta di far sposare le giovani; identico ai maschi il vigore giovanile,
simile la statura: si maritano quando hanno prestanza e robustezza pari al loro
compagno e i figli rinnovano la forza dei genitori.
Lo zio materno tiene nella stessa considerazione di un padre i figli delle
sorelle. Certe trib privilegiano questo legame di sangue e, quando ricevono
ostaggi, lo preferiscono, perch, secondo loro, i nipoti impegnano pi in
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nullum testamentum. Si liberi non sunt, proximus gradus in
possessione fratres, patrui, avunculi. Quanto plus propinquorum,
quanto maior adfinium numerus, tanto gratiosior senectus; nec
ulla orbitatis pretia.
profondo gli affetti e in modo pi esteso la famiglia. Gli eredi dei beni e i
successori sono per i figli che ciascuno ha e non si fanno testamenti. In
mancanza di figli, subentrano, in ordine di successione, i fratelli, gli zii paterni
e gli zii materni. Pi numerosi sono i parenti di sangue e acquisiti, pi onorata
la vecchiaia; e a non aver eredi non c' vantaggio alcuno.
Suscipere tam inimicitias seu patris seu propinqui quam amicitias
necesse est; nec implacabiles durant: luitur enim etiam
homicidium certo armentorum ac pecorum numero recipitque
satisfactionem universa domus, utiliter in publicum, quia
periculosiores sunt inimicitiae iuxta libertatem.
Convictibus et hospitiis non alia gens effusius indulget.
Quemcumque mortalium arcere tecto nefas habetur; pro fortuna
quisque apparatis epulis excipit. Cum defecere, qui modo hospes
fuerat, monstrator hospitii et comes; proximam domum non
invitati adeunt. Nec interest: pari humanitate accipiuntur. Notum
ignotumque quantum ad ius hospitis nemo discernit. Abeunti, si
quid poposcerit, concedere moris; et poscendi in vicem eadem
facilitas. Gaudent muneribus, sed nec data imputant nec acceptis
obligantur: victus inter hospites comis.
21. un dovere assoluto far proprie le inimicizie e le amicizie del padre o di
un parente; gli odii non sono per implacabili: anche l'omicidio infatti
riscattabile con un certo numero di buoi o di ovini e l'intera famiglia riceve
questo atto di soddisfazione, con vantaggio per la comunit, perch le
inimicizie sono pi pericolose in un paese libero.
Nessun altro popolo ha pi spiccati il senso conviviale e quello dell'ospitalit.
inammissibile per loro respingere qualcuno dalla propria casa. Tutti
accolgono l'ospite alla propria tavola, imbandita secondo i propri mezzi. Finita
la disponibilit di cibo, chi aveva offerto l'ospitalit gli indica un'altra casa e
ve lo accompagna; pur senza invito, entrano nella casa vicina, e non c'
differenza: vengono accolti con lo stesso riguardo. In fatto d'ospitalit nessuno
fa distinzione tra persona conosciuta o sconosciuta. Quando l'ospite parte,
usanza concedergli ci che chiede, e la franchezza nel chiedere altrettanta. I
doni sono per loro una gioia, n chi dona si sente in credito, n chi riceve in
obbligo. [Il tenore di vita, quando si con gli ospiti, quello comune.]

I brani latini con la relativa traduzione sono tratti da: Cornelio Tacito, Agricola Germania Dialogo sulloratoria- Introduzione, traduzione e note
di Mario Stefanoni. Con un saggio di Mario Pani, Milano Garzanti 1991, VII edizione 2011.

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