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Appunti di Fisica
Elettromagnetismo
Universit degli Studi del Salento, Facolt di Ingegneria
ii
iii
INTRODUZIONE
Questa raccolta di appunti originati dalle lezioni di Fisica Generale tenute in vari anni nasce dalla
richiesta formulata dagli studenti di possedere un testo che fornisca un ausilio didattico per lo studio
degli argomenti presentati durante il corso. Tali appunti, pertanto, non devono essere intesi quale
sostituto di un trattato di Fisica, di cui ne esiste gi un cospicuo numero specialmente in lingua
straniera, ma uno strumento di studio che raccoglie in un solo testo gli argomenti affrontati a
lezione e che solleva lo studente dallimpegno di prendere affrettatamente degli appunti a scapito
della indispensabile concentrazione necessaria alla comprensione delle lezioni.
Non tutti gli argomenti delle lezioni sono trattati e contemporaneamente, alcuni concetti
sviluppati in questi appunti non rappresentano necessariamente degli argomenti di lezione; ci
dovuto alle diverse scelte didattiche fatte di anno in anno. Per questi motivi tali appunti hanno una
struttura dinamica, nel senso che si arricchiscono continuamente di nuovo materiale o si modificano
in relazione ai suggerimenti ed alle proposte formulate dagli studenti.
Lo stato attuale di questi appunti si deve infatti in larga misura al contributo degli studenti che
sistematicamente hanno rilevato errori o imprecisioni stimolandone un progressivo perfezionamento
sia di carattere formale che sostanziale. A loro va tutto il mio ringraziamento e a loro dedicato
questo lavoro.
iv
v
INDICE
1 Il campo elettrostatico
1.1 Propriet delle cariche elettriche 1-1
1.2 La legge di Coulomb 1-5
1.3 Il campo elettrico 1-6
1.4 Distribuzioni continue di carica 1-7
1.5 Linee di forza del campo elettrico 1-10
1.6 Flusso di un vettore 1-11
1.7 La legge di Gauss 1-12
1.8 Formulazione puntuale della legge di Gauss 1-18
1.9 Conduttori in equilibrio elettrostatico 1-19
1.10 Differenza di potenziale e potenziale elettrico 1-20
1.11 Campo elettrico uniforme 1-22
1.12 Potenziale elettrico ed energia potenziale per cariche puntiformi 1-23
1.13 Potenziale elettrico dovuto a distribuzioni continue di carica 1-24
1.14 Relazione tra campo elettrico e potenziale 1-26
1.15 Espressione della conservativit del campo elettrostatico 1-27
1.16 Conduttori carichi isolati 1-28
1.17 Sviluppo in serie di multipoli 1-30
1.18 Equazioni di Maxwell per il campo elettrostatico 1-36
2 Capacit elettrica e dielettrici
2.1 Capacit elettrica 2-1
2.2 Calcolo di capacit 2-2
2.3 Collegamenti tra condensatori 2-4
2.4 Energia immagazzinata in un condensatore, energia del campo elettrico 2-5
2.5 Forze elettrostatiche sui conduttori 2-7
2.6 Dielettrici polari e apolari 2-9
2.7 Polarizzazione 2-10
2.8 Il vettore spostamento elettrico 2-12
2.9 Condizioni di raccordo allinterfaccia tra due dielettrici 2-18
3 Corrente elettrica e circuiti
3.1 Corrente elettrica e densit di corrente 3-1
3.2 Equazione di continuit 3-3
3.3 Legge di Ohm 3-4
3.4 Caratteristiche dei conduttori in regime stazionario 3-7
3.5 Modello della conduzione, effetto J oule 3-8
3.6 Forza elettromotrice, legge di Ohm generalizzata 3-12
3.7 Collegamenti tra resistori 3-15
3.8 Analisi delle reti elettriche 3-18
3.9 Circuiti in regime quasi stazionario 3-23
vi
3.10 Carica e scarica di un condensatore 3-24
4 Il campo magnetico statico
4.1 Forza di Lorentz 4-3
4.2 Effetto di un campo magnetico su una corrente 4-8
4.3 La legge di Biot-Savart 4-12
4.4 Elettromagnetismo e sistemi di riferimento 4-16
4.5 Forza magnetica tra due conduttori paralleli 4-21
4.6 La legge di Ampre 4-24
4.7 Legge di Gauss per il magnetismo 4-31
4.8 Formulazione differenziale della legge di Ampre 4-31
4.9 Equazioni di Maxwell per il campo magnetico statico 4-32
5 Propriet magnetiche dei materiali
5.1 Magnetizzazione 5-3
5.2 Il vettore H
5-5
5.3 Propriet del vettore H
5-7
5.4 Sorgenti del campo H
5-11
5.5 Classificazione dei materiali magnetici 5-12
5.5.1 Sostanze diamagnetiche 5-13
5.5.2 Sostanze paramagnetiche 5-14
5.5.3 Sostanze ferromagnetiche 5-14
5.6 Isteresi magnetica 5-16
5.7 Condizioni di raccordo allinterfaccia tra due materiali magnetici 5-18
5.8 Circuiti magnetici 5-19
6 Induzione elettromagnetica
6.1 Legge di Faraday-Henry 6-2
6.2 Legge di Lenz 6-3
6.3 Induzione di movimento 6-4
6.4 Convenzioni relative allapplicazione della legge di Faraday-Henry 6-7
6.5 Autoinduzione 6-8
6.6 Energia immagazzinata in una bobina, energia del campo magnetico 6-11
6.7 Mutua induzione 6-13
6.8 Carica e scarica di una bobina 6-15
6.9 Forze elettromotrici e campi elettrici 6-18
6.10 Formulazione differenziale della legge di Faraday-Henry 6-20
6.11 Legge di Ampere-Maxwell 6-23
6.12 Equazioni di Maxwell 6-27
7 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
7.1 Circuito RLC 7-2
7.2 Bilanci energetici nel circuito LC 7-4
7.3 Circuito RLC forzato 7-6
7.4 Metodo simbolico 7-7
7.5 Soluzione del circuito RLC forzato a regime 7-8
7.6 Impedenza 7-10
vii
7.6.1 Impedenza resistiva 7-12
7.6.2 Impedenza induttiva 5-12
7.6.3 Impedenza capacitiva 5-13
7.7 Risonanza 7-16
7.8 Fattore di merito 7-17
7.9 Potenze 7-20
7.10 Potenza complessa 7-23
7.11 Il trasformatore 7-25
7.12 Serie di Fourier 7-27
8 Onde elettromagnetiche
8.1 Equazione delle onde 8-1
8.2 Onde armoniche 8-3
8.3 Onde elettromagnetiche 8-5
8.4 Energia di unonda elettromagnetica 8-10
8.5 Intensit di unonda elettromagnetica 8-11
8.6 Teorema di Poynting 8-12
8.7 Sorgenti di onde elettromagnetiche 8-14
8.8 Trasmissione di segnali 8-16
8.9 Linee di trasmissione 8-18
9 Relativit
9.1 Trasformazioni di Lorentz 9-3
9.2 Formule di trasformazione della velocit 9-7
9.3 Conseguenze cinematiche della trasformazione di Lorentz 9-8
9.4 Leggi di trasformazione del campo elettromagnetico 9-11
9.5 Dinamica relativistica 9-12
9.6 Equivalenza massa-energia 9-17
Appendice
A.1 Operatori differenziali e relativi teoremi A-1
A.2 Numeri complessi A-3
A.2.1 Operazioni tra numeri complessi A-3
A.2.2 Rappresentazione geometrica A-4
A.2.3 Rappresentazione esponenziale A-5
A.2.4 Rappresentazione fasoriale A-5
viii
1 IL CAMPO ELETTROSTATICO
1.1 Propriet delle cariche elettriche
La capacit di alcuni materiali come lambra, una resina naturale, o il vetro quando strofinati
sulla lana di attrarre piccoli pezzi di carta era nota sin dallantichit. Platone, nel 4 secolo a.C.
considerava lorigine di tali effetti simile a quella dei fenomeni magnetici. Nel 1 secolo a.C.
Lucrezio ipotizzava che la resina strofinata emetteva dei fluidi in grado di rarefare laria per cui
laria pi densa tendeva a spingere i corpi verso il vuoto parziale prodotto da tali fluidi. Plutarco,
nel 1 secolo d.C. credeva che il fluido emesso dalloggetto strofinato allontanasse laria intorno ad
esso cos, quando laria colpiva un corpo leggero posto nelle vicinanze vi rimbalzava e risucchiava
il corpo verso loggetto strofinato. Plutarco osserv inoltre che la natura di questi effetti doveva
essere dissimile da quella dei fenomeni magnetici poich mentre la magnetite sembrava attraesse il
solo ferro, lambra strofinata attrae differenti oggetti purch leggeri.
Allinizio del 16 secolo si sapeva che oltre allambra ed al vetro altri
materiali manifestavano analoghi comportamenti. Nel 1600 William Gilbert,
medico personale della regina Elisabetta I, nel suo libro De Magnete
compil una lista dei materiali allora noti che godevano di tale capacit e
introdusse laggettivo elettrico per indicare questa classe di fenomeni, dal
nome greco dellambra, ; x qc tov in particolare Gilbert formul una
teoria che giustificava questo fenomeno, detto di elettrizzazione per strofinio,
ipotizzando che per effetto del riscaldamento dei corpi a causa dello
strofinio, veniva emesso dal corpo un fluido che aveva la capacit di attrarre
gli oggetti leggeri posti nelle vicinanze. Per provare tale ipotesi Gilbert
effettu molteplici esperimenti e verific tra laltro che la forza di attrazione
elettrica diminuisce col crescere della distanza; tale propriet fu giustificata
affermando che il fluido elettrico tendeva a disperdersi con la distanza e di
conseguenza i suoi effetti si affievolivano allontanandosi dal corpo elettrizzato. Gilbert non cerc
azioni elettriche di tipo repulsivo e probabilmente per tale motivo non le trov e inoltre non osserv
neanche effetti attrattivi reciproci, cio egli assunse che i corpi elettrizzati erano in grado di attrarre
degli oggetti ma tali oggetti non attraevano i corpi elettrizzati, ci derivava probabilmente dal fatto
che il principio di azione e reazione fu formulato da Newton circa 100 anni
dopo. Le teorie che ritenevano laria il vettore del fenomeno elettrico
furono smentite intorno al 1675 quando Robert Boyle, utilizzando una
pompa a vuoto, prov che questi fenomeni persistevano allassenza
dellaria; Boyle inoltre verific che lazione elettrica sui corpi era
reciproca. Riprendendo gli esperimenti di Gilbert, nel 1629 il gesuita
ferrarese Niccol Cabeo per primo osserv la presenza di effetti elettrici di
tipo repulsivo.
Nel 1729 Stephen Gray, un pensionante di un istituto caritatevole
inglese scopr che il fenomeno dellattrazione elettrica di piccoli corpi
poteva manifestarsi allestremit di una corda inumidita lunga varie decine
di metri quando un corpo elettrizzato, come una bacchetta di vetro
strofinato, veniva posto a contatto con laltra estremit. Circa sessanta anni
prima il tedesco Otto von Guericke, borgomastro di Magdeburgo,
WilliamGilbert
Copertina della seconda
edizione del De Magnete di
W. Gilbert
1-2 Il campo elettrostatico
utilizzando una rudimentale macchina elettrostatica da lui
sviluppata, aveva osservato che dei pezzi di spago collegati
a questa macchina si elettrizzavano per tutta la loro
lunghezza, tuttavia egli non dedusse come Gray la
propagazione del fenomeno elettrico lungo gli spaghi. Gray
inoltre scopr che se la corda era sostenuta con fili metallici
gli effetti elettrici cessavano di essere trasmessi, mentre lo
stesso non accadeva se le sospensioni erano fatte con
cordicelle di seta, cos dedusse che mentre i fili metallici
disperdevano le propriet elettriche, lo stesso non accadeva
per i fili di seta. Questa capacit fu descritta da un suo collaboratore, J ean Thophile Desaguliers
introducendo la terminologia dei conduttori e degli isolanti.
Nella prima met del 18 secolo lo scienziato francese Charles Franois Cisternay Du Fay
stimolato dai lavori di Gray inizi una metodica attivit di ricerca intorno alla fenomenologia
elettrica e partendo da un riesame storico dellattivit svolta dai suoi predecessori formul un
preciso programma di ricerca. Attraverso tale studio Du Fay verific che tutti i materiali, eccetto i
metalli potevano essere elettrizzati per strofinio deducendo che lelettricit una propriet della
materia; come altri prima di lui, Du Fay not che gli oggetti strofinati non sempre attraevano piccoli
corpi ma, in certi casi li respingevano. A partire da tale constatazione
realizz un esperimento in cui una sottile asta di legno imperniata come un
ago magnetico aveva fissata ad una estremit un pezzo di materiale resinoso
elettrizzato, avvicinando a questo un altro pezzo dello stesso materiale
elettrizzato osservava che il primo veniva respinto mentre un pezzo di vetro
elettrizzato lo attraeva. Da qui Du Fay dedusse che dovevano esistere due
tipi di elettricit che denomin elettricit resinosa ed elettricit vitrea e
propose una teoria secondo la quale i corpi non elettrizzati hanno i due tipi
di elettricit in uguale misura. Se due corpi posseggono lo stesso tipo di
elettricit si respingono mentre se posseggono tipi diversi si attraggono.
Infine verific che i metalli e gli oggetti bagnati sono buoni conduttori del
fenomeno elettrico mentre i materiali che si elettrizzano facilmente, come
lambra o il vetro, non lo sono.
Durante tutto il 18 secolo furono sviluppate molteplici macchine elettrostatiche e linteresse
verso questi effetti si estese rapidamente anche alla gente comune, cos erano frequenti le
dimostrazioni pubbliche di tali fenomeni. Al di la dello spettacolo, lattenzione degli scienziati era
rivolta ai possibili impieghi di questi effetti e in questo periodo si ebbero i primi tentativi di
applicazione dellelettricit alla medicina. Probabilmente, nel tentativo di valutare gli effetti sulla
salute dellacqua elettrizzata, il canonico Ewald J urgen von Kleist, in Pomerania, nel 1745 inser un
chiodo nel collo di una bottiglia riempita con acqua e con esso tocc il conduttore di una macchina
elettrica in funzione. Poi, dopo aver interrotto il contatto sfior con laltra mano il chiodo
avvertendo unintensa scossa. Nello stesso anno, indipendentemente, il ricercatore olandese Pieter
Van Musschenbroek a Leyda ripet il medesimo esperimento e
a questo dispositivo in grado di immagazzinare il fenomeno
elettrico fu dato il nome di bottiglia di Leyda. Tale dispositivo
fu successivamente migliorato disponendo dei fogli di materiale
conduttore sia allinterno che allesterno della bottiglia
ottenendo limmagazzinamento dellelettricit anche per alcuni
giorni.
Le pubbliche esibizioni del fenomeno elettrico attirarono
lattenzione di Benjamin Franklin nelle colonie dellAmerica
del nord. Franklin ripet molti degli esperimenti ormai ben noti
in Europa ma formul una teoria dei fenomeni elettrici dissimile
Esperimento di S. Gray sulla conduzione elettrica
Charles Franois Cisternay
Du Fay
Carica di una bottiglia di Leyda attraverso
una rudimentale macchina elettrostatica.
Il campo elettrostatico 1-3
da quella di Du Fay. Egli ipotizz che nello strofinio tra due corpi non vi
fosse creazione di elettricit ma ci che accadeva era che uno dei corpi
perdeva dellelettricit che laltro acquistava; pertanto secondo Franklin
c un solo tipo di elettricit anzich due. Franklin inoltre constat che
lelettricit si disponeva sui conduttori interno ed esterno della bottiglia di
Leyda in quantit uguali ma di segno opposto, ossia un conduttore
presenta un eccesso e laltro un difetto di elettricit. Attraverso tali
esperimenti Franklin arriv alla conclusione che il fulmine aveva natura
elettrica e per provare tale ipotesi caric una bottiglia di Leyda utilizzando
lelettricit immagazzinata nelle nubi durante
un temporale facendo uso di un aquilone
trattenuto da un filo metallico.
Nella seconda met del 18 secolo la fenomenologia relativa
allelettrostatica poteva considerarsi nota; secondo Du Fay si riteneva
che esistessero due tipi di cariche, una positiva e laltra negativa
oppure, come sosteneva Franklin la carica era di un solo tipo e poteva
essere aggiunta o sottratta ad un corpo inizialmente neutro. Era nota la
conservazione della carica, cio che la somma delle cariche positive e
negative si mantiene costante. I materiali potevano essere distinti in
conduttori, nei quali il fenomeno elettrico si spostava liberamente e in
isolanti. Infine era noto che cariche dello stesso tipo si respingono e
cariche di tipo diverso si attraggono e inoltre si sapeva che la forza di
attrazione o di repulsione diminuisce di intensit con la distanza tra i
corpi carichi.
Nel 1788 Charles Augustin Coulomb, un ingegnere francese, servendosi
di una bilancia a torsione da lui realizzata circa nove anni prima, verific
che la forza di attrazione o di repulsione tra due corpi carichi puntiformi
dipende dallinverso del quadrato della distanza tra i corpi. La bilancia di
torsione costituita da una leggera sbarretta isolante alle cui estremit sono
collocate due uguali sferette metalliche; questa sbarretta sospesa tramite
un lungo filo sottile e, in assenza di forze, la sbarretta si dispone in una
certa posizione di equilibrio. Se una delle due sferette viene caricata ed
avvicinata ad unaltra pure carica, la forza elettrica agente sulla sferetta
mobile determiner la rotazione della sbarretta fino a quando la torsione del
filo equilibrer la forza agente. Siccome il filo sottile, lazione di una
debole forza sulla sferetta mobile in grado di determinare una notevole
deviazione della sbarretta rispetto alla posizione di equilibrio originaria e langolo di rotazione
risulter proporzionale a tale forza. Utilizzando diverse quantit di carica e
variando la distanza tra le sferette Coulomb verific la legge ora nota col
suo nome.
A partire dalla formulazione della legge di Coulomb la fenomenologia
elettrica nota divenne classificabile attraverso uno schema teorico di
carattere generale e contemporaneamente si aprirono nuove direttrici di
indagine guidate da tale schema.
Con la scoperta dellelettrone attraverso la determinazione del rapporto
tra la sua carica e la sua massa da parte di J oseph J ohn Thomson nel 1887 e
lidentificazione dellatomo come componente fondamentale della materia
fu possibile fornire una spiegazione della fenomenologia dellelettrizzazione
per strofinio. In corrispondenza dello strofinio della bacchetta con un panno
di lana alcuni elettroni della bacchetta sono strappati dallazione abrasiva e
vengono trasferiti al panno. Pertanto la bacchetta acquisisce una carica netta
Bilancia a torsione per la
verifica della legge di
Coloumb
Benjamin Franklin
Riproduzione dellesperimento di
B. Franklin per lo studio del-
lelettricit atmosferica
Charles Augustin Coulomb
1-4 Il campo elettrostatico
diversa da zero. Nel 1909 il fisico americano Robert Millikan verific sperimentalmente che la
carica elettrica si presenta sempre in multipli interi di ununit fondamentale di carica e, ovvero la
carica che si osserva risulta quantizzata esistendo sempre in quantit discrete. Pertanto la carica q di
un corpo si pu sempre esprimere come Ne , dove N un numero intero. In particolare un
elettrone ha carica e mentre un protone ha carica e + ; un atomo neutro contiene lo stesso numero
di elettroni e di protoni.
Alla luce di queste considerazioni possiamo riassumere brevemente le propriet delle cariche
elettriche stazionarie:
1. Ci sono due tipi di cariche elettriche, con la caratteristica che cariche diverse si attraggono
mentre cariche uguali si respingono.
2. La carica si conserva.
3. La carica quantizzata.
4. La forza tra cariche puntiformi inversamente proporzionale al quadrato della mutua distanza.
Il motivo per il quale originariamente si riteneva che i corpi metallici non potessero essere
caricati, ad esempio per strofinio, era dovuto al fatto che in tali materiali la carica si distribuisce
rapidamente in tutto il corpo; pertanto la carica che si determina sul corpo fluisce rapidamente verso
la terra attraverso la mano delloperatore. Solo nel 1778 il fisico olandese J hon Ingenhousz mostr
che interponendo un apposito sostegno isolante tra il metallo e la mano veniva impedito questo
flusso consentendo la conservazione della carica sul corpo metallico. Cos vetro e resina sono detti
isolanti: In tali materiali la carica viene a localizzarsi in una regione del corpo e non si sposta;
viceversa, i metalli sono conduttori: la carica tende a ridistribuirsi rapidamente nel corpo.
Collegando attraverso un filo conduttore un materiale conduttore a terra (messa a terra) si agevola
il flusso delle cariche verso tale corpo che agisce, quindi, come una sorta di serbatoio infinito di
carica.
Un procedimento alternativo allelettrizzazione per strofinio, correttamente interpretato da Franz
Ulrich Theodor Aepinus nel 1759, prende il nome di elettrizzazione per induzione. Avvicinando un
corpo carico, ad esempio negativamente, ad una sfera conduttrice isolata neutra, la regione della
sfera pi prossima al corpo carico si carica di segno opposto mentre quella pi lontana si carica
dello stesso segno (di fatto gli elettroni della sfera neutra si spostano lasciando scoperta della carica
positiva). Se la sfera, anzich essere isolata connessa a massa, alcuni elettroni fluiscono verso
massa, per cui, interrompendo la connessione la sfera resta carica positivamente. Allontanando
successivamente il corpo carico, la carica della sfera si distribuisce uniformemente per effetto della
mutua repulsione delle cariche uguali.
Infine un isolante pu caricarsi per polarizzazione. Nelle molecole neutre i baricentri delle
cariche positive e negative in genere coincidono; tuttavia in presenza di un corpo carico i baricentri
si spostano caricando in modo non uniforme la molecola. Ci determina la formazione di una carica
indotta sulla superficie dellisolante. Una descrizione efficace di tale fenomeno fu proposta nel 1837
dal fisico inglese Michel Faraday.
Il campo elettrostatico 1-5
1.2 La legge di Coulomb
La legge che esprime lintensit della forza elettrica che si esercita fra due particelle puntiformi
cariche, rispettivamente di carica
1
q e
2
q , a riposo, poste alla mutua distanza r data dalla
relazione:
1 2
2
q q
F k
r
= ,
tale formula esprime la legge di Coulomb. La limitazione di tale legge alle sole cariche puntiformi
fu mostrata circa sessanta anni dopo la sua formulazione, da William Thomson. Lunit di misura
della carica il coulomb (C); per motivi di carattere pratico tale unit definita come la carica che
scorre in un secondo attraverso un conduttore percorso dalla corrente di un ampere (1 1 1 C A s = ).
La costante k che compare nellespressione della legge di Coulomb vale:
2
9
2
8.98 10
N m
k
C
~
e, per definizione risulta:
0
1
4
k
tc
,
dove
0
c prende il nome di costante dielettrica del vuoto ed pari a:
2
12
0
2
8.85 10
C
N m
c
~ .
La carica libera pi piccola quella dellelettrone e risulta:
19
1.60 10 e C
~
cos 1C la carica di circa
18
6.2 10 elettroni.
Esempio: Negli esperimenti didattici di elettrostatica le cariche coinvolte risultano essere solitamente molto minori di
1 C, ad esempio dellordine di 1 C, che corrisponde alla carica di circa
9
6.2 10 elettroni. Ad esempio, se questa
carica viene fornita ad un corpo di rame, siccome in 1
3
cm di rame ci sono circa
23
10 elettroni, la carica di 1 C
determinata dalla variazione di un elettrone ogni 16000 miliardi circa. Nondimeno, dalla legge di Coloumb segue che
due corpi che posseggono tale carica interagiscono con una forza di circa 90 N quando sono posti alla distanza di 1 cm.
Vettorialmente, se r rappresenta il versore diretto da
1
q a
2
q , allora la forza
elettrica esercitata su
2
q per effetto di
1
q (si veda la figura):
1 2
21 2
0
1
4
q q
F r
r tc
=
, (1.1)
r q
2
q
1
r
F
r
21
1-6 Il campo elettrostatico
inoltre dalla terza legge di Newton segue che la forza agente su
1
q per
effetto di
2
q :
( )
1 2 1 2
12 21
2 2
0 0
1 1
4 4
q q q q
F r r F
r r tc tc
' = = =
,
essendo r r ' = (si veda la figura). Se ci sono pi cariche, la forza tra una
coppie di cariche pu essere ricavata dalla legge di Coulomb e la risultante
quindi la somma vettoriale delle forze dovute alle singole cariche; cio le
forze elettriche obbediscono al principio di sovrapposizione.
1.3 Il campo elettrico
Lespressione (1.1), analogamente a quella della forza gravitazionale che descrive linterazione
tra due masse puntiformi, sottintende che lazione che si esercita tra due corpi carichi si manifesta
direttamente e istantaneamente senza alcun meccanismo di mediazione (azione a distanza). Nel
1846 Faraday, riprendendo le idee del gesuita slavo Rudjer Boscovich, ipotizz che le cariche
riempissero lo spazio circostante con unentit alla quale attribu il nome di campo. Pertanto in un
sistema di cariche elettriche, una carica contribuisce al campo in tutto lo spazio e, allo stesso tempo,
sensibile al campo risultante di tutte le altre cariche.
Si definisce vettore campo elettrico E
, (1.2)
questa grandezza si misura in C N . La carica di prova
0
q deve essere sufficientemente piccola da
non perturbare la distribuzione di carica che genera il campo; cos, a rigore, E
va definito come:
0
0
0
lim
q
F
E
q
,
sebbene il limite
0
0 q risulti fisicamente privo di senso poich la carica pi piccola ottenibile
quella dellelettrone. Assegnata una carica puntiforme q posta a distanza r dalla carica di prova
0
q ,
dalla (1.1) si ha:
0
2
0
1
4
qq
F r
r tc
=
,
cos dalla relazione (1.2) segue che il campo elettrico prodotto dalla carica puntiforme q dato da:
2
0 0
1
4
F q
E r
q r tc
= =
,
q
2
q
1
r
F
r
21
F
r
12
q
2
q
1
r
F
r
21
F
r
12
Il campo elettrostatico 1-7
(si veda la figura in cui mostrato il vettore campo elettrico prodotto in
corrispondenza di una carica di prova da una carica puntiforme positiva, in alto,
e negativa, in basso).
Come conseguenza del principio di sovrapposizione, se
1
E
,
2
E
, ...,
N
E
sono i
campi prodotti da N cariche in un certo punto dello spazio, allora il campo
complessivo punto vale:
1 2 N
E E E E = + + +
.
In particolare, per un sistema di N cariche puntiformi
1
q ,
2
q , ...,
N
q , poste
rispettivamente alle distanze
1
r ,
2
r , ...,
N
r dal punto in cui stata posta la carica
di prova, si ha:
2
1
0
1
4
N
i
i
i
i
q
E r
r tc
=
=
1.4 Distribuzioni continue di carica
Qualora la separazione fra le singole cariche di un certo insieme molto
piccola rispetto alla distanza dal punto in cui si vuole calcolare il campo
elettrico, possibile considerare tale insieme come una distribuzione
continua di carica. Consideriamo pertanto una certa distribuzione di carica
e valutiamo il campo elettrico in un punto P. Il contributo al campo di un
elemento q A di carica :
2
0
1
4
q
E r
r tc
A
A =
,
dove r la distanza dellelemento q A da P. In virt del principio di sovrapposizione, il campo
totale prodotto dallintera distribuzione di carica approssimativamente dato da:
2
0
1
4
i
i
i
i
q
E r
r tc
A
~
dove
i
q A rappresenta l esimo i elemento di carica che costituisce la distribuzione. Se la
separazione fra tali elementi piccola rispetto alla distanza dal punto P, la distribuzione pu
ritenersi continua, cos, nel limite 0
i
q A si ha:
2 2
0
0 0
1 1
lim
4 4 i
i
i
q
i
i Q
q dq
E r r
r r tc tc
A
A
= =
,
dove lintegrazione estesa a tutta la carica Q che costituisce la distribuzione. Allo scopo di poter
eseguire tale integrale si rende opportuno introdurre il concetto di densit di carica. In particolare,
se la carica distribuita in un volume si definisce:
Dq
P
r
r
E
r
D
q
0
+
r
E
r
q
0
-
r
q
q
E
r
1-8 Il campo elettrostatico
dq
dV
,
che prende il nome di densit di carica volumetrica e si misura in
3
C m ; se distribuita su di una
superficie:
dq
dS
o ,
che prende il nome di densit di carica superficiale e si misura in
2
C m ; infine, se la carica
distribuita lungo una linea si definisce:
dq
dl
,
che prende il nome di densit di carica lineare e si misura in C m . Qualora una carica Q
uniformemente distribuita in un volume V o su di una superficie S o lungo una linea l, allora si ha,
rispettivamente, Q V = o Q S o = o Q l = .
Esempio: (Campo elettrico prodotto da una bacchetta carica).
Consideriamo una bacchetta di lunghezza l lungo la quale
uniformemente distribuita una carica Q con densit . Stabiliamo
lintensit del campo elettrico in un punto situato lungo lasse della
barretta, ad una distanza d da un estremo. Consideriamo unascissa con
origine nel punto O in cui si vuole determinare il campo. Allelemento infinitesimo dx della sbarretta, posto a distanza
x dallorigine, corrisponde una carica (si veda la figura):
dq dx =
cos il campo elettrico nel punto O dovuto a tale elemento vale:
( )
2 2
0 0
1 1
,
4 4
dq dx
dE x x
x x
tc tc
= =
essendo dE
orientato nella direzione opposta dellasse x. Integrando questa espressione tra d e d l + si ha:
( )
2
0 0 0 0
1 1 1
4 4 4 4
d l d l
d d
dx l
E x x x x
x x d d l d d l
tc tc tc tc
+ +
( | |
= = = =
|
(
+ +
\ .
}
,
e, in modulo:
( ) ( )
0 0
1
4 4
l Q
E
d d l d d l
tc tc
= =
+ +
,
poich, essendo la caricaQ uniformemente distribuita lungo la bacchetta, di ha l Q = . Si osservi che, a grande distanza
dalla bacchetta, ovvero per d l , risulta:
2
0
1
4
Q
E
d tc
~
,
cio, a grande distanza la bacchetta assimilabile ad una carica puntiforme.
x O
E
r
x
dq
d l d +
Il campo elettrostatico 1-9
Esempio: (Campo elettrico prodotto da un anello carico). Consideriamo
lanello di figura, di raggio R lungo il quale uniformemente distribuita la carica
Q. Ci proponiamo di stabilire lintensit del campo elettrico su un punto situato
sullasse dellanello. Consideriamo unascissa x coincidente con lasse e con
origine O nellintersezione tra lasse e il piano dellanello. Se il punto P situato
a distanza x dallorigine, il campo elettrico dovuto ad un elemento di carica dq
sullanello risulta:
2
0
1
4
dq
dE
r tc
=
dove r la distanza della carica infinitesima dq dal punto P. Il vettore dE
(
= = =
(
(
(
=
(
+
}
(si veda la figura). Si noti che, nellespressione precedente, facendo tendere 0 x o R si ottiene:
0
,
2
E
o
c
=
tale relazione rappresenta il campo elettrico prodotto da una distribuzione di carica piana di estensione infinita.
1.5 Linee di forza del campo elettrico
Allo scopo di permettere una immediata visualizzazione della
distribuzione spaziale del campo elettrico Faraday introdusse il concetto di
linee di forza. Le propriet delle linee di forza sono:
1. Il vettore campo elettrico tangente alle linee di forza in ogni punto.
2. Il numero di linee di forza per unit di area che attraversano una
superficie ad esse perpendicolare proporzionale allintensit del campo elettrico in
corrispondenza della superficie.
Nellesempio di figura, siccome la densit delle linee che attraversano la superficie (matematica) A
superiore a quella delle linee che attraversano la superficie (matematica) B, il campo elettrico in A
maggiore del campo in B. Le regole per disegnare le linee di forza per una distribuzione di carica
sono:
1. Le linee di forza devono avere origine dalle cariche positive e terminare sulle cariche negative o
allinfinito qualora il sistema abbia un eccesso di carica.
2. Il numero di linee di forza che entrano o escono da una carica proporzionale alla carica.
3. Due linee di forza non si possono incrociare.
Per verificare che quanto sopra in accordo con la legge di Coulomb,
consideriamo una sfera di raggio r concentrica con una carica q (si veda la
figura). Per simmetria il campo elettrico avr la stessa intensit su tutti i punti
della sfera. Il numero N di linee che escono dalla carica pari a quello delle
linee che entrano nella superficie sferica, cos, poich la superficie della sfera
in questione
2
4 r t e lintensit del campo elettrico proporzionale al
numero di linee per unit di superficie, sar:
2
4
N
E
r t
B A
E >E
A B
q
r
O x
E
x
Il campo elettrostatico 1-11
inoltre, siccome il numero di linee proporzionale alla carica ( N q ),
allora, in accordo alla legge di Coulomb:
2
4
q
E
r t
.
Poich la carica quantizzata, il numero di linee di forza che escono
da un qualsiasi oggetto materiale deve essere 0, ke , 2ke , , dove k
una costante di proporzionalit arbitraria. Fissata k, il numero di
linee di forza non arbitrario. Se, ad esempio, un oggetto ha carica
1
Q
ed un altro ha carica
2
Q , allora il rapporto
1 2
N N tra i numeri delle
corrispondenti linee di forza sar pari al rapporto delle cariche
1 2
Q Q .
Il metodo di rappresentazione del campo elettrico attraverso le linee di forza
presenta tuttavia alcune limitazioni. Innanzitutto la sua efficacia circoscritta
alla descrizione di campi statici essendo
piuttosto complessa la rappresentazione dei
campi generati da cariche in movimento;
inoltre con questo metodo impossibile
applicare il principio di sovrapposizione. Si
faccia riferimento infatti alla configurazione di linee di forza
originate da una singola carica (si veda la figura); in principio il
campo prodotto da due cariche uguali ma di segno opposto si
dovrebbe ottenere affiancando due configurazioni di linee di
una singola carica e invertendo la direzione delle frecce per una
delle due cariche. Tuttavia tale metodo determinerebbe delle
linee che si incrociano a cui corrisponderebbero due direzioni
del campo elettrico nello stesso
punto. La rappresentazione delle
linee di forza per tale sistema di
cariche comunque possibile ma
richiede un preventivo calcolo
matematico (si veda la figura).
1.6 Flusso di un vettore
Consideriamo un campo vettoriale v
attraverso la superficie S:
v S | = .
Qualora la superficie forma un angolo 0 con le linee di forza di v
risulter:
Rappresentazione delle linee di forza del
campo elettrico prodotto da due cariche
puntiformi di segno uguale (in alto) e opposto
(in basso).
Rappresentazione delle linee di
forza del campo elettrico prodotto
da una carica puntiforme.
+q
-q
+q
S
v
r
1-12 Il campo elettrostatico
cos v S | 0 = ,
essendo il numero di linee che attraversa S pari al numero di linee che
attraversa larea proiettata ' S , perpendicolare al campo (si veda la figura).
Se si introduce un versore normale n alla superficie S, come mostrato in
figura, si pu definire il flusso | come:
v nS | =
,
ovvero, definendo un vettore S nS
si ha:
v S | =
.
Nel caso generale il vettore v
pu essere
considerata trascurabile, allora il flusso elementare di v
attraverso
ds sar:
d v nds v ds | = =
,
dove si posto ds nds
(si veda la figura). Pertanto la misura del numero di linee di forza del
campo v
4
q
E n
r tc
=
dove n il versore normale uscente dal generico punto posto sulla superficie. Il flusso elementare
attraverso un elemento di superficie ds
n
v
r
S
v
r
q
r
S
E
r
r
s d
S
S'
J
v
r
S
J
J
S' v
r
n
Il campo elettrostatico 1-13
2 2
0 0
1 1
4 4
q q
d E ds n nds ds
r r
|
tc tc
= = =
,
cos, il flusso attraverso lintera superficie S vale:
2
2 2 2
0 0 0
1 1 1
4
4 4 4
S S S
q q q
E ds ds ds r
r r r
| t
tc tc tc
= = = =
} } }
,
essendo pari a
2
4 r t la superficie della sfera, cos:
0
q
|
c
= .
Quindi il flusso del campo elettrico attraverso la superficie della sfera
proporzionale alla carica interna alla superficie. Il risultato appena
conseguito, che sar esteso nel seguito ad una qualsiasi superficie
chiusa contenente la carica, risulta consistente con la definizione di
flusso e con le caratteristiche delle linee di forza; infatti il flusso
attraverso una superficie proporzionale al numero di linee di forza
che attraversano tale superficie, daltra parte tale numero
proporzionale alla carica che le origina, cos il flusso risulta
proporzionale alla carica. Dalla costruzione di figura evidente che il
numero di linee di forza che attraversano le superfici non sferiche
2
S
e
3
S pari al numero di linee di forza che attraversano
1
S , cos il flusso totale attraverso qualsiasi
superficie chiusa indipendente dalla forma della superficie stessa. Se la carica esterna alla
superficie chiusa (si veda la figura) il numero di linee di forza entranti pari a quello delle linee
uscenti, cos il flusso totale del campo elettrico che attraversa una superficie chiusa che non
contiene alcuna carica nullo. In formule si ha:
0
,
0 .
S
q
se q interna a S
E ds
se q esterna a S
c
}
Questo risultato fu dimostrato dal fisico tedesco Karl Friedirch Gauss
nel 1835 nellambito di uno studio di carattere generale relativo alle
forze agenti in modo inversamente proporzionale al quadrato della
distanza; per tale motivo prende il nome di legge di Gauss. Di seguito
ne data una dimostrazione analitica.
Consideriamo una superficie S contenente la carica q. Sia ' S una superficie sferica concentrica
alla carica e contenuta in S (si veda la figura); dal risultato conseguito nel paragrafo precedente,
il flusso attraverso ' S vale:
'
0 ' '
S
S S
q
E ds E ds |
c
' ' ' ' = = =
} }
,
dove E'
il campo elettrico sulla superficie S' . In particolare se r' il raggio della sfera di
superficie S' , si ha:
S
1
S
2
S
3
+q
Karl Friedirch Gauss
S
+q
q
S
S'
r
r'
J
E
r r
s d
r
s d '
E
r
'
1-14 Il campo elettrostatico
2
0
1
4
q
E
r tc
' =
'
(1.3)
mentre, in un punto a distanza r sulla superficie S risulta:
2
0
1
4
q
E
r tc
=
, (1.4)
cos, dividendo membro a membro le equazioni (1.3) e (1.4) si ottiene:
2
.
E r
E r
'
| |
=
|
'
\ .
(1.5)
Con riferimento al cono di figura risulta che larea A della base e larea ' A di una sezione del cono perpendicolare
allasse possono essere espresse in funzione dei corrispondenti raggi delle base e della sezione come:
2
2
,
,
A l
A l
t
t
' ' =
=
pertanto il rapporto tra le aree A' e A vale:
2
;
A l
A l
' '
| |
=
|
\ .
daltra parte, valendo la relazione di proporzionalit l l r r ' ' = si pu scrivere:
2
.
A r
A r
' '
| |
=
|
\ .
(1.6)
Applicando tale relazione alle superfici infinitesime ds
e ds'
dove si fatto uso della (1.5) per mettere in relazione il campo E
. Se la carica
situata allesterno della superficie considerata, con riferimento alla figura risulta:
2
cos cos ;
r
ds ds
r
0 0
'
| |
' ' =
|
\ .
facendo uso di tale formula ed esprimendo il flusso infinitesimo del campo elettrico attraverso S come la somma dei
flussi infinitesimi attraverso la superfici contrapposte ds
e ds'
, si ha:
2 2
cos cos cos cos 0,
S
r r
d E ds E ds E ds Eds E ds Eds
r r
| 0 0 0 0
'
| | | |
' ' ' ' ' = + = + = + =
| |
'
\ . \ .
e siccome questo risultato vale per ogni coppia di elementi ds
e ds'
, risulter:
q
S
r
r'
J
J'
E
r r
s d
r
s d '
E
r
'
r'
r
l'
l
A'
A
Il campo elettrostatico 1-15
0.
S
| =
Questa dimostrazione mette in luce un importante collegamento tra la legge di Gauss e la legge
di Coulomb. Infatti la dimostrazione basata sul fatto che il rapporto tra i campi elettrici prodotti da
una carica puntiforme in corrispondenza di due superfici sferiche concentriche alla carica e di raggi
r e r' (1.5) uguale allinverso del rapporto tra le aree delle due superfici (1.6). Concludiamo
quindi che la legge di Gauss conseguenza della proporzionalit con linverso del quadrato della
distanza espressa dalla legge di Coulomb. Supponiamo che internamente alla superficie chiusa
considerata S vi siano N cariche
1 2
, , ,
N
q q q , allora se
1 2
, , ,
N
E E E
rappresentano i campi
prodotti da ciascuna di esse prese singolarmente (si veda la figura), si ha:
1
1
0
2
2
0
0
,
,
,
S
S
N
N
S
q
E ds
q
E ds
q
E ds
c
c
c
=
=
=
}
}
}
cos, sommando membro a membro, per il principio di sovrapposizione, se:
1 2 N
E E E E + + +
,
1 2 int N
q q q q + + + ,
segue:
0
int
S
q
E ds
c
=
}
.
Cio il flusso del campo elettrico totale attraverso una qualunque superficie chiusa uguale alla
carica totale contenuta allinterno della superficie, divisa per
0
c .
Esempio: (Campo elettrico prodotto da una sfera carica). Consideriamo una sfera isolante di
raggio R caratterizzata da una distribuzione di carica uniforme di densit. Calcoliamo il campo
elettrico in ogni punto dello spazio. Consideriamo una superficie sferica di raggio r concentrica
con la sfera data e valutiamo il campo per r R > e per r R < . Se r R > , (si veda la figura in alto)
dallapplicazione della legge di Gauss segue:
( )
0
,
S
q
E E ds |
c
= =
}
dove
2
4 S r t = la superficie della sfera di raggio r e q la carica contenuta nella sfera isolante.
Da tale relazione si ricava:
2
0
4 ,
S S
q
E ds E ds E r t
c
= = =
} }
cio:
S
q
2
q
1
q
3
E
r
2
E
r
1
E
r
3
r
R
R
r
1-16 Il campo elettrostatico
2
0
1
.
4
q
E
r tc
=
(1.7)
Quindi allesterno della sfera il campo lo stesso che si avrebbe qualora la sfera fosse sostituita da una carica
puntiforme di uguale valore posta al centro della sfera. Inoltre, siccome r uniformemente distribuita nel volume V
della sfera, si ha:
3
4
,
3
V V
q dv dv R t = = =
} }
e quindi:
3
2
0
.
3
R
E
r
c
=
Se r R < , (si veda la figura, in basso) dallapplicazione della legge di Gauss segue:
( )
2
0
'
4 ,
S
q
E E ds E r | t
c
= = =
}
dove ' q rappresenta la carica contenuta allinterno del volume ' V delimitato
dalla superficie S di raggio r :
3
' '
4
' ,
3
V V
q dv dv r t = = =
} }
quindi, sostituendo si ha:
0
,
3
E r
c
=
in figura mostrato landamento del campo elettrico al variare di r.
Esempio: (Distribuzione di carica a simmetria cilindrica). Consideriamo un filo di lunghezza
infinita lungo il quale uniformemente distribuita una carica con densit lineare . Stabiliamo il
valore del campo elettrico in tutto lo spazio. La simmetria della distribuzione di carica suggerisce
che il campo elettrico deve essere perpendicolare al filo carico e uscente. Consideriamo una
superficie cilindrica S di raggio r e lunghezza l coassiale col filo (nella figura, in alto; in basso la
superficie mostrata in sezione); il flusso attraverso le superfici di base nullo essendo il campo
elettrico parallelo a tali superfici, quindi:
( )
2 .
S S
E E ds E ds rl E | t = = =
} }
Daltra parte per la legge di Gauss risulta:
( )
0 0
2 ,
q l
E rl E
| t
c c
= = =
pertanto:
0
1
.
2
E
r
tc
=
(1.8)
Si osservi che se il filo non infinito viene a cadere la simmetria diventa inutile lapplicazione della legge di Gauss
per la determinazione del campo elettrico; tuttavia questo risultato resta valido per un filo di lunghezza finita L nel
limite r L per punti sufficientemente distanti dalle estremit del filo.
E
O R r
S
l
r
S
E
r
r
s d
E
r
Il campo elettrostatico 1-17
Esempio: (Campo prodotto da un guscio sferico). Consideriamo un guscio sferico di
materiale isolante di raggio R sul quale uniformemente distribuita una carica con densit o.
Con riferimento ad una superficie sferica S di raggio r concentrica al guscio (si veda la figura),
possiamo affermare che per r R < il campo elettrico nullo poich non presente carica
allinterno del guscio. Per r R > , se q la carica distribuita sul guscio, si ha:
2
4 , q R t o =
e quindi, poich:
( )
2
0
4 ,
S
q
E E ds E r | t
c
= = =
}
segue:
2
2 2
0 0
1
.
4
q R
E
r r
o
tc c
= =
(1.9)
in figura mostrato landamento del campo elettrico al variare di r
1
.
Esempio: (Piano infinito uniformemente carico). Consideriamo un piano isolante indefinito
sul quale uniformemente distribuita una carica positiva con densit superficiale o.
Stabiliamo il valore del campo elettrico in ogni punto dello spazio. Per simmetria il campo
elettrico su entrambe la superfici del piano sar normale ed opposto in verso (si veda la
figura). Consideriamo una superficie cilindrica S con asse perpendicolare al piano e superfici
di base di area A equidistanti dal piano come mostrato in figura. Il flusso del campo elettrico
attraverso ciascuna base EA, cos il flusso totale attraverso la superficie S vale:
( )
2 ; E EA | =
daltra parte la carica q interna a questa superficie pari a quella distribuita
sullintersezione tra il volume definito dal cilindro di superficie S ed il piano carico:
, q A o =
cos, essendo
( )
0
E q | c =
, segue:
0
.
2
E
o
c
=
Questo risultato, per altro gi ottenuto attraverso un approccio diverso in un precedente
esempio, pu essere applicato ad una importante configurazione di carica rappresentata da
una coppia di piani infiniti e paralleli uniformemente carichi e recanti su di essi cariche di
segno opposto. Con riferimento alla figura si osserva che allesterno della regione
compresa tra i due piani, i campi prodotti da ciascun piano sono uguali ma hanno verso
1
Losservazione secondo cui una sfera piena ed una vuota ugualmente elettrizzate esercitano la stessa forza di
attrazione su corpi carichi fu fatta nel 1773 da Giambattista Beccaria. Nel 1755 Franklin verificava che un corpo carico
non risentiva di forze di natura elettrica quando veniva posto allinterno di una sfera cava elettrizzata. Circa settanta
anni prima, Newton aveva dimostrato che la forza gravitazionale tra un corpo cavo ed un oggetto situato al suo interno
nulla. Da tale propriet J oseph Priestley nel 1766, senza fornire alcuna dimostrazione, ipotizz che le azioni elettriche si
esercitassero nella stessa maniera di quelle gravitazionali, secondo la legge dellinverso del quadrato della distanza,
anticipando di quasi ventanni il risultato ottenuto sperimentalmente da Coulomb.
E
O R r
s
E
r
E
r
S
A
A
s
E
r
E
r
R
r
S
+s -s
s
2e
0
s
2e
0
s
2e
0
s
2e
0
s
2e
0
s
2e
0
1-18 Il campo elettrostatico
opposto; allinterno i campo hanno lo stesso segno e si sommano. Pertanto:
0
0,
.
ext
int
E
E
o
c
=
=
Questa configurazione elettrostatica consente quindi di confinare un campo
uniforme in una regione limitata dello spazio.
1.8 Formulazione puntuale della legge di Gauss
Supponiamo che allinterno del volume V racchiuso da una superficie S vi sia una distribuzione
continua di carica con densit ( ) , , x y z (si veda la figura). Allora la carica totale contenuta
allinterno del volume V vale:
V
q dv =
}
;
sostituendo q nellespressione della legge di Gauss si trova:
0 0
1
S V
q
E ds dv
c c
= =
} }
.
Questa espressione mette in relazione il campo elettrico, definito su una superficie, con la densit di
carica, definita in un volume. Sebbene risulti utile in numerose circostanze, tale formulazione della
legge di Gauss, detta integrale, presenta lo svantaggio di non poter fornire, in generale, indicazioni
di carattere puntuale circa le grandezze coinvolte.
Applicando il teorema della divergenza (si veda lAppendice) al primo membro dellespressione
precedente, si trova:
0
1
S V V
E ds E dv dv
c
= V =
} } }
,
ovvero:
0
1
0
V
E dv
c
| |
V =
|
\ .
}
;
dovendo valere questa relazione per ogni dominio di integrazione V, deve essere:
0
1
E
c
V =
.
S
r
Rappresentazione delle linee di forza del
campo elettrico prodotto da due piani
uniformemente carichi.
Il campo elettrostatico 1-19
Laddove nullo, 0 E V =
ed il campo elettrico E
o meno solenoidale e, di
conseguenza, stabilisce lassenza o meno di sorgenti del campo elettrico in quei punti. Pertanto se,
ad esempio, osserviamo delle linee di forza di E
che
originano da un punto, che funge quindi da sorgente del
campo (si veda la figura a destra), possiamo dedurre che
esiste un punto in cui risulta 0 E V =
. Viceversa, se le linee
di forza del campo non originano da alcun punto (si veda la
figura a sinistra), concludiamo che il campo solenoidale.
1.9 Conduttori in equilibrio elettrostatico
Dal punto di vista microscopico, un buon conduttore elettrico pu essere generalmente
rappresentato come un reticolo atomico immerso in un gas di elettroni liberi di muoversi allinterno
del materiale. In assenza di un moto netto degli elettroni in una particolare direzione, il conduttore
detto in equilibrio elettrostatico. In tale circostanza valgono le seguenti propriet:
1. Il campo elettrico allinterno del conduttore ovunque nullo;
2. Un qualunque eccesso di carica su conduttore deve localizzarsi superficialmente.
3. Allesterno del conduttore, in prossimit della superficie, il campo elettrico perpendicolare alla
superficie ed ha intensit pari a
0
o c , dove o la densit superficiale di carica.
4. Su un conduttore di forma irregolare la carica tende ad accumularsi laddove la curvatura della
superficie maggiore, ovvero sulle punte.
La prima propriet conseguenza del fatto che qualora il campo non fosse
nullo si determinerebbe il moto degli elettroni liberi e non ci sarebbe equilibrio.
Inoltre, se viene applicato un campo elettrico esterno, gli elettroni liberi si
spostano causando degli accumuli di carica in corrispondenza delle superfici
del conduttore (si veda la figura). Tali accumuli creano un campo elettrico
opposto al campo esterno; la densit superficiale di carica cresce fino a che
lintensit di questo campo non uguaglia quella del campo esterno, annullando
quindi il campo allinterno del conduttore; per un buon conduttore i tempi tipici
per conseguire questa condizione di equilibrio sono dellordine di
16
10 s
.
Consideriamo un conduttore carico in equilibrio elettrostatico; allinterno del
conduttore consideriamo una superficie chiusa S prossima quanto si vuole alla
superficie del conduttore (si veda la figura). Poich allinterno del conduttore il campo
elettrico nullo, dalla legge di Gauss segue che allinterno della superficie S, e quindi
del conduttore, la carica netta nulla. Pertanto se il conduttore carico, tale carica deve
situarsi sulla superficie. Questa propriet fu osservata nel 1769 da Beccaria e
successivamente dimostrata da Coulomb.
Consideriamo un conduttore carico allequilibrio e facciamo riferimento ad una superficie S a
forma di cilindro con le superfici di base A sufficientemente
piccole da potersi ritenere localmente parallele alla superficie del
conduttore e con parte del cilindro contenuta nel conduttore.
Attraverso la parte interna il flusso del campo elettrico nullo
essendo nullo il campo elettrico internamente al conduttore.
Inoltre il campo normale alla superficie perch qualora vi fosse
una componente tangenziale determinerebbe un moto delle cariche
E
r
E
r
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
S
S
A
E
r
1-20 Il campo elettrostatico
e quindi una condizione di non equilibrio. Perci nullo il flusso anche attraverso la superficie
laterale del cilindro. Cos il flusso attraverso la superficie del cilindro vale E A, dove il campo
elettrico E
diretto lungo n ,segue:
0
E n
o
c
=
; (1.10)
Coulomb per primo, nel 1788 verific che la forza elettrica in
punto prossimo ad un piano carico proporzionale alla densit
superficiale nelle vicinanze del punto e pertanto tale risultato
prende il nome di Teorema di Coulomb. Questo teorema fu
rigorosamente dimostrato nel 1811 da Simon-Denis Poisson e
da Pierre-Simon de Laplace. Nel 1813 Laplace prov anche il
carattere vettoriale dellespressione precedente, mostrando che
la forza elettrica in prossimit della superficie del conduttore
diretta perpendicolarmente alla superficie stessa.
Lultima propriet elencata dei conduttori in equilibrio sar
provata nel seguito.
1.10 Differenza di potenziale e potenziale elettrico
Le forze di tipo centrali, che dipendono funzionalmente dalla sola distanza da un centro, sono
conservative; poich la forza espressa dalla legge di Coulomb appartiene a questa categoria, allora
la forza elettrostatica conservativa e di conseguenza il campo elettrostatico detto conservativo.
Se una carica
0
q immersa in un campo elettrico E
, la forza F
; tale forza
conservativa essendo la somma di tutte le forze conservative agenti tra
0
q e le cariche che
determinano il campo E
della
carica vale:
0
dL F dl q E dl = =
;
in corrispondenza di tale lavoro lenergia potenziale
e
U del sistema costituito dalle cariche che
determinano il campo E
conservativo. La differenza di
potenziale
B A
V V tra i punti B e A definita come la variazione dellenergia potenziale per unit di
carica, ovvero:
0
B
B A
B A
A
U U
V V V E dl
q
A = =
}
; (1.11)
si noti che, analogamente allenergia potenziale, tale definizione relativa soltanto a differenze di
potenziale. Spesso si usa assumere che la funzione potenziale sia nulla in un punto particolare, ad
esempio allinfinito; allora, ponendo:
( ) 0 V = ,
il potenziale in corrispondenza di un generico punto P vale:
P
P
V E dl
=
}
,
espressione che pu essere riguardata come il lavoro necessario per trasportare una carica unitaria
dallinfinito al punto P. Lunit di misura del potenziale il volt (V) e risulta 1 1 1 V J C = , cos 1J
rappresenta il lavoro che deve essere fatto per far superare ad una carica di 1C una differenza di
potenziale di 1V . Lintroduzione del volt consente inoltre di riscrivere lunit di misura del campo
elettrico in V m che rappresenta lunit tradizionalmente adoperata per questa grandezza. Il
concetto di potenziale fu introdotto dal matematico inglese George Green nel 1828 attraverso la
generalizzazione di precedenti lavori di J oseph-Louis Lagrange, Pierre-Simon de Laplace e Poisson
relativi al campo gravitazionale.
In fisica atomica e nucleare duso comune per la misura dellenergia lelettronvolt (eV), definito come lenergia che
un elettrone (o un protone) acquista quando viene accelerato mediante una differenza di potenziale di 1V . Siccome
1 1 1 V J C = e la carica dellelettrone (protone) in modulo di
19
1.6 10 C
, allora
( ) ( )
19 19
1 1.6 10 1 1.6 10 . eV C V J
= =
Esempio: Nel cinescopio di un apparecchio televisivo un elettrone del fascio ha una velocit di
7
8 10 m sec circa.
Poich la massa dellelettrone
31
9.1 10 kg
.
Cosi tale elettrone per raggiungere questa velocit, partendo da fermo, deve essere accelerato tramite una differenza di
potenziale di 19kV .
1-22 Il campo elettrostatico
1.11 Campo elettrico uniforme
Consideriamo un campo elettrico uniforme diretto lungo lasse x di figura:
E E x =
e calcoliamo la differenza di potenziale tra i punti A e B separati dalla
distanza d:
( ) ( )
B B B
B A
A A A
V V V E dl E x x dx E dx Ed = A = = = =
} } }
. (1.12)
Il fatto che 0 V A < indica che il potenziale di B inferiore a quello di A, ossia
B A
V V < . La
variazione di energia potenziale di interazione tra una carica di prova
0
q ed un campo elettrico
uniforme, quando la carica si muove tra A e B :
0 0 eB eA e
U U U q V q Ed = A = A = .
Quindi se
0
0 q > allora 0
e
U A < ovvero
eB eA
U U < , cio il sistema perde energia potenziale in
corrispondenza del moto di una carica positiva nella direzione del campo elettrico. Se venisse
abbandonata in A, la carica, per effetto della forza
0
q E
uniforme, si ha:
( ) ( )
B B B
A A A
V E dl E x x dx y dy E dx Ed A = = + = =
} } }
,
cos il risultato conseguito lo stesso del caso precedente. Ne segue che i
punti perpendicolari alla direzione del campo (B e C ad esempio, nella figura)
sono equipotenziali e definiscono una superficie detta superficie
equipotenziale.
x d
E
r
A C
B
d'
A B
x d
E
r
Il campo elettrostatico 1-23
1.12 Potenziale elettrico ed energia potenziale per cariche puntiformi
La differenza di potenziale tra i punti A e B di figura situati in
prossimit di una carica puntiforme q vale:
B
B A
A
V V E dl =
}
,
in cui:
2
0
1
4
q
E r
r tc
=
;
siccome la proiezione del vettore dl
, si ha:
2 2
0 0 0 0
1 1 1 1 1
.
4 4 4 4
B
B
A A
r
r B
B A
B A A r r
q q q q
V V r dl dr
r r r r r tc tc tc tc
| |
= = = =
|
\ .
} }
Si noti che lintegrale appena calcolato risulta indipendente dal percorso
seguito, a motivo della conservativit del campo. Assumendo che il
potenziale sia nullo per
A
r , dalla relazione precedente segue il
potenziale di una carica puntiforme:
0
1
4
q
V
r tc
= ;
tale espressione pu essere interpretata come il lavoro per unit di carica che si effettua per
trasportare una carica dallinfinito ad un punto posto a distanza r dalla carica q. Poich V uniforme
su una superficie sferica di raggio r (cio
A B
r r = nella precedente relazione), concludiamo che le
superfici equipotenziali per una carica puntiforme sono delle sfere concentriche alla carica stessa e
tali superfici risultano, punto per punto, perpendicolari alla direzione del campo. Nelle figure
mostrata la sezione (in tratteggio) delle superfici equipotenziali per una carica puntiforme e per due
cariche puntiformi di segno opposto. Come conseguenza del principio di sovrapposizione, il
potenziale in un certo punto, dovuto a pi cariche
puntiformi pari alla somma dei potenziali di ciascuna
carica calcolati in tale punto:
0
1
4
i
i
i
q
V
r tc
=
, (1.13)
sempre nellipotesi che il potenziale sia nullo allinfinito.
Questa espressione costituisce la definizione originaria
fornita da Green per la funzione potenziale.
B
q
J
dr
A
r
r
r
dl
r
B
r
r
A
r
r
1-24 Il campo elettrostatico
Sia
1
V il potenziale determinato dalla carica
1
q nel punto P distante
12
r da
1
q . Il lavoro necessario per portare una seconda carica,
2
q ,
dallinfinito a P vale
2 1
q V . Poich per definizione tale lavoro pari
allenergia potenziale
e
U del sistema quando le due cariche sono
separate dalla distanza
12
r , allora:
1 2
2 1
0 12
1
4
e
q q
U q V
r tc
= = .
E possibile generalizzare questa espressione ad un sistema di pi cariche trovando, ad esempio, per
tre cariche:
1 3 2 3 1 2
0 12 13 23
1
4
e
q q q q q q
U
r r r tc
| |
= + +
|
\ .
,
ovvero, per N cariche:
, 1 1 1 1
0 0 0
1 1 1 1 1 1 1
4 2 24 2 4 2
N N N N N N
i j j j
e i i i i
i j i i j i i j i
ij ij ij
i j
q q q q
U q q q V
r r r tc tc tc
= = = = = =
=
| |
= = = =
|
|
\ .
.
1.13 Potenziale elettrico dovuto a distribuzioni continue di carica
Per il calcolo del potenziale di una distribuzione continua facciamo
riferimento alle espressioni gi trovate per le cariche puntiformi. Sia
dq un elemento di carica della distribuzione Q, allora, il contributo al
potenziale nel punto P posto a distanza r da questo elemento :
0
1
4
dq
dV
r tc
= ,
cos, per ottenere il potenziale generato da tutta la distribuzione occorre integrare su tutta la carica
Q della distribuzione:
0
1
4
Q
dq
V
r tc
=
}
.
In relazione al tipo di distribuzione di carica possibile esplicitare il differenziale dq ; cos, qualora
la carica distribuita in un volume con densit dq dv = , allora:
0 0
1 1
4 4
Q
dq dv
V
r r
tc tc
= =
} }
.
Un approccio alla determinazione del potenziale di un corpo alternativo al precedente prevede la
diretta applicazione dellespressione (1.11) della differenza di potenziale in termini di integrale di
P
r
12
q
1
q
2
V
1
dq
P
r
S
Il campo elettrostatico 1-25
linea di E
tc tc
= =
+
,
cos, integrando da 0 a l si trova:
( )
2 2
12
2 2
0 0 0
ln .
4 4
l
l l y dx
V
y
x y
tc tc
| |
+ +
| = =
|
+
\ .
}
Esempio: (Potenziale elettrico dovuto ad un anello uniformemente carico).
Consideriamo un anello uniformemente carico e calcoliamo il potenziale in un
punto P posto sullasse dellanello. Il contributo al potenziale di un elemento di
carica dq posto sullanello :
( )
12
2 2
0 0
1 1
,
4 4
dq dq
dV
r
x R
tc tc
= =
+
il termine
( )
12
2 2
x R +
comune a tutti i punti sullanello, cos,
integrando, segue:
( ) ( )
( )
12 12
2 2 2 2
0 0
12
2 2
0
1 1 1
4 4
1
.
4
Q Q
dq
V dq
x R x R
Q
x R
tc tc
tc
= = =
+ +
=
+
} }
(1.14)
Il cui grafico mostrato in figura.
Esempio: (Potenziale elettrico di una sfera uniformemente carica). Consideriamo una sfera uniformemente carica di
raggio R e calcoliamo il potenziale in un punto della sua superficie. Assumendo che il potenziale sia nullo allinfinito,
dalla relazione (1.7) e dalla definizione (1.11) segue:
( )
2
0 0
1 1
;
4 4
r
Q Q
V r d
r
,
tc , tc
= =
}
in particolare, in corrispondenza di un punto posto sulla superficie della sfera risulta:
0
1
.
4
Q
V
R tc
=
(1.15)
x O
x
dq
l
y
y
r
O
x
x
P
dq
r
R
O x
V
1-26 Il campo elettrostatico
1.14 Relazione tra campo elettrico e potenziale
Nota che sia lespressione del campo elettrico possibile ricavare il corrispondente potenziale
attraverso la relazione:
( ) ( )
0
0
P
P
V P E dl V P = +
}
;
da questa espressione segue:
E dl dV =
(1.16)
e, sviluppando i due membri in coordinate cartesiane, si ha:
x y z
V V V
E dx E dy E dz dx dy dz
x y z
| | c c c
+ + = + +
|
c c c
\ .
,
cos, confrontando le due espressioni, segue:
,
,
,
x
y
z
V
E
x
V
E
y
V
E
z
c
=
c
c
=
c
c
=
c
ovvero, vettorialmente:
E V = V
. (1.17)
Sostituendo questa relazione nella (1.16) si trova:
( )
cos dV V dl V dl o = V = V
in cui o rappresenta langolo compreso tra i vettori V V
e dl
.
Da tale relazione segue:
cos
dV
V
dl
o = V
,
cio la variazione per unit di lunghezza di V nella direzione di
dl
nella direzione di dl
.
Se a partire da un punto ci si sposta di un tratto dl
ortogonalmente a V V
un vettore
a
V+dV
V
dl
r
V
D
r
Il campo elettrostatico 1-27
perpendicolare alle superfici equipotenziali in cui V costante. Infine, se dl
diretto
perpendicolarmente alle superfici equipotenziali, ovvero parallelamente a V V
, siccome o nullo e
cos 1 o = , segue che la derivata direzionale dV dl risulta massima e pari al modulo del gradiente:
dV
V
dl
= V
.
Inoltre il verso di V V
| |
= V = = = + =
|
\ .
+ +
che coincide con quanto gi determinato attraverso lapplicazione della legge di Coloumb.
1.15 Espressione della conservativit del campo elettrostatico
Dalla conservativit del campo elettrico segue che lintegrale di linea di E
calcolato da un punto
A ad un punto B risulta indipendente dal percorso che porta da A a B, cio
( ) ( )
B
A
E dl V A V B =
}
,
ovvero lintegrale dipende dai soli valori estremi del percorso. Se il percorso tale che i punti A e B
coincidono, ossia la curva chiusa, allora si ha:
0 E dl =
}
.
Quindi, lintegrale di linea del campo elettrostatico, calcolato lungo una curva chiusa nullo. Se
applichiamo a questultima espressione il teorema del rotore, si ha:
( )
0 E dl E ds = = V
} }
;
fissata la curva chiusa , questa relazione vale per ogni superficie che abbia per contorno ,
pertanto deve risultare:
0 E V =
,
2
Infatti, ad esempio, per una carica puntiforme positiva, V V
Si noti che a prescindere dallo sviluppo del prodotto vettoriale V VV
in coordinate cartesiane, tale
risultato poteva essere conseguito considerando V
e V V
rappresenta la
differenza tra il vettore OP
, pari a r
, ed il vettore
posizione dell esima i carica,
i
d
:
;
i i
r r d =
pertanto la distanza
i
r pu esprimersi come:
( )
12
2
12
2 2
2 cos 1 2cos
i i
i i i i i
d d
r r d r d r
r r
0 0
(
| | | |
= + = +
(
| |
\ . \ .
(
,
cos:
12
2
1 1
1 2cos .
i i
i
i
d d
r r r r
0
(
| | | |
= +
(
| |
\ . \ .
(
(1.18)
Sfruttando lespressione dello sviluppo in serie del binomio
3
in cui 12 n = e
( ) ( ) ( )
2
2cos
i i i
y d r d r 0 = + , la quantit in parentesi quadre diventa:
12
2
2
2 2
1 2cos
1 3
1 2cos 2cos
2 8
i i
i
i i i i
i i
d d
r r
d d d d
r r r r
0
0 0
(
| | | |
+ =
(
| |
\ . \ .
(
( (
| | | | | | | |
= + + + +
( (
| | | |
\ . \ . \ . \ .
( (
e sviluppando, si ottiene:
3
( )
( )
2
1
1 1 ,
2!
n n n
y ny y
+ = + + +
x
z
y
O
P
r
r
i
d
r
i
r
r
J
i
q
i
Il campo elettrostatico 1-31
( )
12
2
2
2
1 2cos
1
1 cos 3cos 1 .
2
i i
i
i i
i i
d d
r r
d d
r r
0
0 0
(
| | | |
+ =
(
| |
\ . \ .
(
| | | |
= + + +
| |
\ . \ .
Infine, sostituendo nella relazione (1.18), si ottiene:
( )
2
2
1 1 1
1 cos 3cos 1 .
2
i i
i i
i
d d
r r r r
0 0
(
| | | |
= + + +
(
| |
\ . \ .
(
Dalla (1.13), lespressione del potenziale del sistema di cariche nel punto P considerato , quindi:
( )
( )
2
2
1 1 0 0
2
2
2 3
1 1 1 0 0 0
1
1 1 0
1 1 1
1 cos 3cos 1
4 4 2
1 1 1 3cos 1
cos
4 4 4 2
1
cos .
4
N N
i i i
i i i
i i i
N N N
i
i i i i i i
i i i
n N
i i
n i n
n i
q d d
V q
r r r r
q q d q d
r r r
q d
P
r
0 0
tc tc
0
0
tc tc tc
0
tc
= =
= = =
+
= =
(
| | | |
= = + + + =
(
| |
\ . \ .
(
= + + + =
=
(1.19)
In cui ( ) cos
n i
P 0 rappresenta l esimo n polinomio di Legendre
4
. La relazione precedente prende
il nome di sviluppo in serie di multipoli e consente di stimare il potenziale prodotto da una generica
distribuzione di carica a grandi distanze dalla distribuzione stessa. Ciascun termine dello sviluppo
ha ordine
1
1
n
r
+
, con 0,1, 2, n = e pertanto trascurabile rispetto al termine precedente, tuttavia
se il termine esimo n nullo, allora diventa significativo il temine ( ) 1 esimo n + ; in particolare,
il primo termine, corrispondente a 0 n = , detto termine di monopolo, il secondo, con 1 n = , detto
4
I polinomi di Legendre sono definiti attraverso la relazione:
( )
( )
( )
2
1
cos cos 1 ,
2 !
cos
n
n
n n n
d
P
n
d
0 0
0
=
e, in particolare, i primi 6 polinomi sono:
n ( ) cos
n
P 0
0 1
1 cos0
2
2
3cos 1
2
0
3
3
5cos 3cos
2
0 0
4
4 2
35cos 30cos 3
8
0 0 +
5
5 3
63cos 70cos 15cos
8
0 0 0 +
1-32 Il campo elettrostatico
termine di dipolo, il terzo, con 2 n = , termine di quadrupolo, il successivo, termine di ottupolo, e
cos via.
Il numeratore del termine di monopolo rappresenta la carica totale Q della distribuzione, quindi,
se 0 Q = , tutti gli altri termini dello sviluppo diventano trascurabili per punti sufficientemente
lontani dallorigine O e la distribuzione determina un potenziale uguale a quello prodotto da una
carica puntiforme situata nellorigine O.
Se il sistema di cariche neutro, 0 Q = , il termine di monopolo nullo ed il termine dominante
dello sviluppo quello di dipolo
( )
2
0
1
1 4 cos
N
i i i
i
r q d tc 0
=
della direzione di r
, cio
( )
2
0
1
1 4
N
i i
i
r q d r tc
=
.
La circostanza non banale pi semplice in cui 0 Q = quella in cui la distribuzione di carica
costituita da sole due cariche, una opposta dellaltra. Tale distribuzione prende il nome di dipolo
elettrico.
Esempio: (Campo prodotto da un dipolo elettrico) Stabiliamo il campo elettrico in
un punto situato lungo la linea mediana perpendicolare alla congiungente le cariche
del dipolo e posto alla distanza x dalla congiungente (si veda la figura). Indicando
con E
e E
+
, p qd k
x
y
O
+
-
J
J
J J
r
x
q
q
E
r
+
E
r
-
E
r
d - 2 /
d + 2 /
Il campo elettrostatico 1-33
dove
k un versore orientato dalla carica negativa a quella positiva (si veda la figura). Il vettore cos
definito prende il nome di momento di dipolo elettrico e, in modulo, pari al prodotto qd .
Esempio: (Momento di dipolo elettrico di una molecola) Il momento di dipolo elettrico una propriet di numerose
molecole, ossia di aggregati atomici contenenti una carica positiva ed una negativa separate da una certa distanza. Ad
esempio la molecola di cloruro di sodio (NaCl) pu essere rivista come linsieme di uno ione Na
+
ed uno Cl
separati
da una certa distanza
NaCl
d
e rispettivamente di cariche e + e e . Dalle misure si evince che:
0.236 ,
NaCl
d nm ~
cos il relativo momento di dipolo dovrebbe essere:
( ) ( )
19 9 29
1.6 10 0.236 10 3.78 10 .
NaCl NaCl
p ed C m C m
= = =
Tuttavia il valore misurato :
29
3.00 10 ;
NaCl
p C m
~
ci evidenzia che lelettrone del sodio non completamente ceduto allatomo di cloro ma risulta condiviso tra questi
due atomi.
Esempio: (Campo elettrico asintotico di un dipolo) In applicazioni come quella mostrata nellesempio precedente
risulta utile stabilire il campo elettrico a grande distanza dal dipolo, ossia per:
. x d
Dalla relazione (1.20) segue:
3 2
2
32 3
2
0 0
2
1 1
1 ,
4 4 2
2
p p d
E
x x
d
x
tc tc
(
| |
= = +
( |
\ . ( (
| |
+
( |
\ .
(
facendo uso dellespressione dello sviluppo in serie del binomio (si veda la nota 3) con 3 2 n = e
( )
2
2 y d x =
, si ha:
2
3
0
1 3
1
4 2 2
p d
E
x x tc
(
| || |
= + +
(
| |
\ .\ .
(
ed arrestando lo sviluppo al primo termine segue:
3
0
1
.
4
p
E
x tc
~
(1.21)
Analogamente si prova che per un punto posto lungo lasse y, a grande distanza da dipolo, si ha:
3
0
1
.
2
p
E
y tc
~
(1.22)
I due risultati appena riportati costituiscono lindicazione di una caratteristica generale del dipolo; proveremo infatti nel
seguito che a distanza r dal dipolo, con r d , il campo elettrico varia come
3
1 r .
Esempio: (Azione di un campo elettrico su un dipolo) Supponiamo che un dipolo elettrico sia immerso in un campo
elettrico esterno uniforme E
e supponiamo inoltre che il dipolo non perturbi significativamente le linee di forza del
campo. Le forze
1
F
e
2
F
k
p
r
1-34 Il campo elettrostatico
1 2
, F F qE = =
tuttavia, sebbene abbiano la stessa direzione, sono opposte in verso (si veda la figura) cos
il centro di massa del dipolo non soggetto a movimento. Nondimeno le forze esercitano
una coppia sul dipolo che tende pertanto a ruotare per allinearsi con la direzione del
campo. Se
1
r
e
2
r
sono i raggi vettori delle due cariche rispetto al centro di massa del
dipolo, con
1 2
,
2
d
r r = =
i momenti delle due forze rispetto al centro di massa del dipolo
1
t
e
2
t
hanno moduli:
1 1 1 2 2 2
sin ;
2
d
r F qE r F t 0 t = = = =
inoltre
1
t
e
2
t
risulti parallelo ad E
dove r pari a r r
; se
1
q q e
2 1
q q , segue:
( )
1 2
1 1 2 2 1 2
2 2 2 2 2
1 0 0 0 0 0
2
0
1 1 1 1 1
cos
4 4 4 4 4
1 cos
,
4
N
i i i
i
q d d r
q d r q d r qd r qd r p r
q d
r r r r r
p
r
0
tc tc tc tc tc
0
tc
=
+
= = = = =
=
essendo
( )
1 2
p q d d =
e quella di p
. Dalla relazione
(1.23) segue che il potenziale nullo per 2 0 t = , ovvero nel piano equatoriale del
dipolo, pertanto il campo elettrico del dipolo non compie lavoro quando una carica viene
portata dallinfinito ad un punto su questo piano, attraverso un qualsiasi percorso. A
partire dalla relazione (1.23), facendo uso della (1.17), possibile ricavare lespressione
generale del campo elettrico prodotto dal dipolo in tutto lo spazio. Allo scopo risulta
opportuno adoperare lespressione del gradiente in coordinate sferiche (si veda
lAppendice); le componenti del campo elettrico sono quindi:
2 3
0 0
2 3
0 0
1 cos 1 cos
;
4 2
1 1 1 cos 1 sin
;
4 4
1
0.
sin
r
V p p
E
r r r r
V p p
E
r r r r r
V
E
r
0
|
0 0
tc tc
0 0
0 tc tc
0 |
c c
= = =
c c
c c
= = =
c c
c
= =
c
Dal fatto che la componente
E
|
del campo elettrico nulla segue che il campo ha simmetrica cilindrica, come poteva
banalmente prevedersi dalla forma della distribuzione di cariche. Il modulo del campo elettrico vale pertanto:
2 2
2 2 2 2 2
3 3 3
0 0 0
2
3
0
1 cos 1 sin 1
4cos sin
2 4 4
1
3cos 1;
4
r
p p p
E E E E
r r r
p
r
0 |
0 0
0 0
tc tc tc
0
tc
| | | |
= + + = + = + =
| |
\ . \ .
= +
si osservi che lungo una direzione perpendicolare allasse del dipolo e passante per il suo punto medio, corrispondente a
2 0 t = , lespressione del campo uguale alla (1.21) mentre, lungo lasse del dipolo, per 0 0 = , lespressione uguale
alla (1.22). Consideriamo un dipolo di momento p
r
V = 0
q +
q -
1-36 Il campo elettrostatico
( )
0
0 0
0 0
' sin ' ' cos ' cos cos . U U d pE d pE pE
0 0
0
0
0 0
t 0 0 0 0 0 0 = = = =
} }
La costante
0
0
dipende dallorientazione iniziale del dipolo per cui, assumendo
0
0
pari a 2 t e ponendo quale
riferimento per lenergia potenziale
0
0 U = per
0
2 0 t =
, si ha:
cos , U pE 0 =
ovvero:
. U p E =
Il grafico dellenergia potenziale in funzione dellangolo 0 mostra
la presenza di un minimo per 0 0 = , per cui tale angolo corrisponde
ad una posizione di equilibrio stabile del dipolo nel campo elettrico.
Lespressione dello sviluppo in serie di multipoli (1.19) pu essere generalizzata al caso di una
distribuzione continua di carica. In tale circostanza alla sommatoria sul numero di particelle della
distribuzione corrisponde un integrale calcolato sul volume contenente la carica con densit ,
cio:
( )
2
2
2 3
0 0 0
1 0
1 1 1 3cos 1
cos
4 4 4 2
1 1
cos .
4
n
n n
n
V dv d dv d dv
r r r
d P dv
r
0
0
tc tc tc
0
tc
=
= + + + =
=
} } }
in cui dipende, in generale, dal punto allinterno della distribuzione di carica.
1.18 Equazioni di Maxwell per il campo elettrostatico
Assegnata una certa distribuzione statica di carica nello spazio vuoto, di densit descritta dalla
funzione ( ) , , x y z = , il campo elettrico soddisfa le equazioni integrali:
0
1
,
0;
E ds dv
E dl
c
=
=
} }
}
nella prima una superficie chiusa contenente il volume ; nella seconda una generica
curva chiusa. La prima equazione lespressione della legge di Gauss mentre la seconda
conseguenza della conservativit del campo elettrostatico. In forma puntuale queste equazioni si
scrivono:
0
, E
c
V =
(1.24)
0. E V =
O J
U
-p
- pE
+p
2 +p /
2 -p /
Il campo elettrostatico 1-37
Queste relazioni sono dette equazioni di Maxwell per il campo elettrostatico. Il fatto che il campo
elettrostatico irrotazionale implica lesistenza di una funzione potenziale V tale che:
V E V =
,
cos, sostituendo nella relazione (1.24) segue
( )
2
0
V V c V V = V =
, ovvero:
2
0
V
c
V = , (1.25)
dove loperatore
2
V , detto laplaciano, definito come:
2 2 2
2
2 2 2
x y z
c c c
V + +
c c c
.
La relazione (1.25), dimostrata da Poisson nel 1813, compendia le due equazioni di Maxwell e
prende il nome di equazione di Poisson. Fissata che sia la funzione , localizzata in una regione
definita dello spazio, si prova che lequazione di Poisson ammette una sola soluzione che soddisfi le
specificate condizioni al contorno nel dominio di definizione. In assenza di cariche localizzate,
ovvero per 0 = , lequazione precedente si scrive:
2
0 V V =
e prende il nome di equazione di Laplace, che la riscopr nel 1796 dopo che Leonard Eulero la trov
nel 1756.
1-38 Il campo elettrostatico
2 CAPACIT ELETTRICA E
DIELETTRICI
2.1 Capacit elettrica
Gi lanno dopo la costruzione della bottiglia di Leyda da parte di Kleist
e Musschenbroek ci si rese conto che lacqua contenuta nella bottiglia
poteva essere sostituita da fogli metallici disposti sia sulla faccia interna che
su quella esterna della bottiglia, ottenendo cos un dispositivo facilmente
trasportabile. Collegando tra loro separatamente le facce interne e quelle
esterne di una batteria di bottiglie di Leyda, Franklin comprese conto che
era possibile aumentarne gli effetti, inoltre Franklin scopr che si
ottenevano effetti uguali a quelli della bottiglia di Leyda caricando due
piani conduttori separati da un foglio sottile di vetro (quadro di Franklin).
Nel 1758 Beccaria verific che materiali resinosi o a base di zolfo potevano
efficacemente rimpiazzare il vetro dei quadri di Franklin, osservando inoltre che lintensit degli
effetti elettrici erano dipendenti dal materiale di separazione adoperato.
Sebbene gran parte dei suoi risultati non furono resi noti che nel 1879, circa
settantanni anni dopo la sua morte, il fisico inglese Henry Cavendish
intorno alla fine del 18 secolo aveva per primo introdotto una grandezza,
la capacit, in grado di fornire una misura degli effetti dovuti alla bottiglia
di Leyda e aveva studiato diverse geometrie per realizzare le bottiglie di
Leyda, stabilendone per ciascuna la relativa capacit. Alessandro Volta,
probabilmente ispirato da alcuni lavori pubblicati da Cavendish nel 1771,
nel 1782 prov che la differenza di potenziale tra due piatti metallici
separati da un sottile strato resinoso aumenta quando i due piatti vengono
allontanati; a questo sistema di conduttori Volta attribu il nome di
condensatore. Inoltre Volta verific che la
differenza di potenziale ai capi del condensatore varia in ragione
inversa della capacit.
Consideriamo due conduttori tra i quali stabilita una certa
differenza di potenziale V; sperimentalmente si osserva che la
carica Q che essi assumono proporzionale alla differenza di
potenziale V. Il sistema costituito da due conduttori tra i quali c
induzione completa, cio il valore assoluto della carica su ciascun
conduttore lo stesso ma il segno opposto, prende il nome di
condensatore. Si definisce capacit elettrica C del condensatore il
rapporto:
Q
C
V
, (2.1)
inoltre tale rapporto risulta, in generale, indipendente dalla differenza di potenziale applicata ma
dipende unicamente dalla geometria dei conduttori e dalla caratteristiche del mezzo circostante; per
Quadri di Franklin
Henry Cavendish
Descrizione delluso dellapparato
(elettroforo) adoperato da Volta per lo
studio del condensatore
2-2 Capacit elettrica e dielettrici
il momento assumiamo che tale mezzo sia il vuoto. Lunit di misura della capacit il
Farad (F) e risulta
1
1 1 1 F C V . In figura mostrato il simbolo adoperato nella
schematizzazione dei circuiti elettrici per rappresentare il condensatore.
2.2 Calcolo di capacit
Tale calcolo si esegue assegnando un valore arbitrario di carica ai conduttori, che relativamente
ai condensatori prendono il nome di armature, e valutando la corrispondente differenza di
potenziale che si origina. Di seguito si svolger tale determinazione per alcune geometrie notevoli.
Esempio: (Capacit di un condensatore piano). Consideriamo due armature piane,
parallele, della stessa superficie S e distanti d. Se sulle armature sono presenti delle cariche
Q + e Q , la densit con cui distribuita la carica su ciascuna armatura , in valore
assoluto, Q S . Se la distanza tra le armature molto pi piccola della lunghezza e
larghezza delle armature, si possono trascurare gli effetti ai bordi ed assumere che il campo
elettrico nella regione compresa tra le armature sia uniforme e, dalla relazione (1.10) vale:
0 0
Q
E
S
= =
pertanto dalla (1.12) la differenza di potenziale tra le armature :
0
Q
V E d d
S
= =
,
cos, applicando la definizione (2.1), segue:
0
,
Q Q
C
Q
V
d
S
= =
ovvero:
0
S
C
d
=
. (2.2)
Esempio: (Capacit di un condensatore cilindrico). Consideriamo due conduttori
cilindrici coassiali di raggi
1
R e
2
R , con
1 2
R R < e sia l la lunghezza della
superficie su cui depositata la carica. Se sui conduttori sono presenti delle
cariche, come mostrato in figura, dalla relazione (1.8) il campo elettrico nella
regione compresa tra le armature :
1
Si noti che introducendo questa unit di misura si pu esprimere lunit della costante dielettrica del vuoto
0
come:
| |
2
0 2
1 1 C C C F
C
N m N m m V m m
= = = =
,
e, in particolare:
0
8.85
pF
m
.
C
d
S
Q + Q -
Apparato per lo studio delle carat-
teristiche del condensatore a facce
piane e parallele.
Capacit elettrica e dielettrici 2-3
0
1
2
E r
r
,
dove la densit con cui distribuita la carica per unit di lunghezza e r, con
1 2
R r R < < , la distanza dal comune asse dei cilindri. La differenza di potenziale tra due
punti sulle armature :
1 1
2 2
2
1 2
0 0 1
ln
2 2
R R
R R
R dr
V V E dr
r R
| |
= = =
|
\ .
.
Si noti che
1 2
0 V V > essendo larmatura interna a potenziale maggiore di quella esterna. La
carica distribuita sulle superfici dei conduttori in valore assoluto l , cos dalla (2.1) si ha:
0
1 2 2 2
0 1 1
2
.
ln ln
2
l Q l
C
V V R R
R R
= = =
| | | |
| |
\ . \ .
Se
1 2
, R R d e la differenza
2 1
R R d si mantiene costante, si ottiene:
0 0 0 0 1
0 0
2 1
1
1 1 1
2 2 2 2 2
,
ln ln ln 1
l l l l lR S
C
d
d d R R d d
R
R R R
= = = = =
| | | | | | +
+
| | |
\ . \ . \ .
dove
1
2 S lR = la superficie dellarmatura interna; cos, in questo limite, lespressione della capacit la stessa di
quella del condensatore piano (2.2).
Esempio: (Capacit di un condensatore sferico). Consideriamo due sfere conduttrici con carica,
in valore assoluto pari a Q e di raggi
1
R e
2
R , con
1 2
R R < . Il campo elettrico interno al volume
compreso tra le armature dalla (1.9) :
2
0
1
,
4
Q
E r
r
=
cos la differenza di potenziale tra il conduttore interno e quello esterno vale:
1 1
2 2
2 1
1 2 2
0 0 1 2 0 1 2
1 1
,
4 4 4
R R
R R
R R Q dr Q Q
V V E dr
r R R R R
| |
= = = =
|
\ .
pertanto dalla relazione (2.1) la capacit vale:
1 2
0
2 1
1 2 2 1
0 1 2
4 .
4
R R Q Q
C
R R Q
V V R R
R R
= = =
Anche in questo caso, se
1
R e
2
R sono molto maggiori della differenza
2 1
d R R = , si ha:
2
1 2 1 2 1
0 0 0 0
2 1
4
4 4 ,
R R R R R S
C
R R d d d
= = =
dove
2
1
4 S R =
la superficie del conduttore interno; in questa maniera si ottiene quindi
lespressione della capacit del condensatore piano (2.2).
Bottiglia di Leyda di
forma cilindrica.
l
V
2
V
1
Q -
Q +
V
2
V
1
R
2
R
1
Q -
Q +
V
2
V
1
R
2
R
1
2-4 Capacit elettrica e dielettrici
Si pu definire la capacit di un conduttore isolato immaginandolo circondato da una superficie
conduttrice posta a distanza infinita, il cui potenziale sia nullo. Se Q la carica sul conduttore e V il
suo potenziale, allora dalla (2.1) segue C Q V = .
Esempio: Nel caso di una sfera di raggio
1
R , mandando
2
R allinfinito nellespressione della capacit del condensatore
sferico, si trova:
0 1
4 . C R =
Per valutare gli ordini di grandezza della capacit, se pensiamo la Terra come un conduttore, poich il suo raggio circa
6
6.4 10 m , la corrispondente capacit vale 667 F circa.
2.3 Collegamenti tra condensatori
Consideriamo due condensatori, rispettivamente di capacit
1
C e
2
C collegati
come mostrato in figura. Quando le armature sono sottoposte ad una comune
differenza di potenziale V la connessione detta in parallelo. Dalla relazione (2.1),
le cariche presenti su ciascun condensatore sono:
1 1
2 2
,
,
Q CV
Q C V
=
=
allora la carica totale Q immagazzinata su entrambe le coppie di armature dei due condensatori
collegati in parallelo , in valore assoluto pari a:
( )
1 2 1 2
Q Q Q C C V CV = + = + = ,
ove si posto:
1 2
C C C + .
Cio i due condensatori connessi in parallelo sono equivalenti ad un unico condensatore di capacit
pari alla somma delle capacit di ciascun condensatore. Per un sistema di N condensatori in
parallelo, rispettivamente di capacit
1 2
, , ,
N
C C C , la capacit equivalente quindi:
1
N
i
i
C C
=
=
.
Consideriamo due condensatori originariamente scarichi, rispet-
tivamente di capacit
1
C e
2
C collegati come mostrato in figura. In tale
connessione, detta in serie, il valore assoluto della carica su ciascuna
armatura deve essere la stessa. Ci conseguenza del fatto che la carica
totale racchiusa nel volume tratteggiato di figura deve essere nulla;
infatti la carica inizialmente presente su queste armature nulla e, siccome lapplicazione di una
differenza di potenziale determina la sola separazione delle cariche, la carica totale su queste
armature resta nulla. Se si esclude che attraverso i condensatori abbiano luogo delle scariche, non
C
1
C
2
+Q
1
-Q
1
+Q
2
-Q
2
V
V
Q +
Q -
Q +
Q -
C
1
C
2
A C
B
Capacit elettrica e dielettrici 2-5
c alcuna possibilit che della carica penetri o fuoriesca dalla regione racchiusa dal volume
tratteggiato. Dalla relazione (2.1) si avr quindi:
1
2
,
,
A C
C B
Q
V V
C
Q
V V
C
=
=
cos la differenza di potenziale per la combinazione in serie :
( ) ( )
1 2
1 1
A B A C C B
Q
V V V V V V V Q
C C C
| |
= = + = + =
|
\ .
,
ove di posto:
1 2
1 2
1 2
1
1 1
C C
C
C C
C C
=
+
+
.
Cio la capacit totale del sistema linverso della somma dei reciproci delle singole capacit. Per
un sistema di N condensatori in serie si ha:
1
1
1
N
i i
C
C
=
=
.
2.4 Energia immagazzinata in un condensatore, energia del campo
elettrico
Consideriamo un condensatore costituito da due conduttori di forma
generica, uno con carica q + e potenziale
1
V e laltro con carica q e
potenziale
2
V , con
1 2
V V > . Supponiamo di accrescere, attraverso un dispositivo
esterno, la carica in valore assoluto su entrambi i conduttori di una stessa
quantit dq , ossia, in particolare, di portare la carica del primo conduttore da
q + a q dq + + e la carica del secondo conduttore da q a q dq . Ovvero
come se la carica dq fosse stata spostata dallarmatura a potenziale minore
allarmatura a potenziale maggiore. Tale processo non avrebbe modo di
svilupparsi in maniera spontanea ma richiede una certa energia affinch
possa essere svolto; infatti sarebbe spontaneo il processo inverso che
porterebbe la carica dal conduttore a potenziale maggiore a quello a
potenziale minore. Il lavoro che necessario spendere contro la forza del
campo elettrico dato dallespressione (1.11):
( )
1 2
dL V V dq =
V
1
V
2
+ q
- q
V
1
V
2
+ q + dq
dq
- q - dq
2-6 Capacit elettrica e dielettrici
dove, attraverso la relazione (2.1), la differenza di potenziale
1 2
V V pu essere espressa tramite la
capacit C del sistema come:
1 2
q
V V
C
= .
Il lavoro svolto incrementer in eguale misura lenergia potenziale
e
U del sistema, ovvero
e
dU dL = , cos:
e
q
dU dq
C
= .
Lintegrazione del secondo membro di questa espressione tra una carica iniziale nulla ed una finita
Q corrisponde alla circostanza in cui da un conduttore originariamente neutro viene prelevata la
carica Q e trasportata su di un altro, anchesso originariamente neutro, per ottenere linduzione
completa tra i due conduttori. Assumendo che lenergia potenziale sia nulla quando entrambi i
conduttori sono scarichi, risulta:
2
0
1
2
Q
e
q Q
U dq
C C
= =
ed utilizzando la relazione (2.1) in cui V indica la differenza di potenziale tra i due conduttori,
questa energia pu anche essere espressa come
2
2
1 1 1
2 2 2
e
Q
U CV QV
C
= = = , (2.3)
relazione scoperta da Hermann von Helmholtz nel 1847 nellambito di uno studio generale sugli
scambi energetici.
Consideriamo un condensatore piano tra le cui armature, di superficie S e separazione d,
applicata una differenza di potenziale V. La densit con cui accumulata lenergia nel campo
elettrico tra le armature :
e
e
U
u =
V
,
dove S d V il volume compreso tra le armature, quindi, dalla relazione (2.2) si ha:
2
2 2
0 0 2
1 1 1 1 1 1
2 2 2
e e
S V
u U CV V
Sd Sd d Sd d
= = = = .
In questo caso, dalla (1.12) la differenza di potenziale V tra le armature vale,:
V Ed =
cos, sostituendo nella relazione precedente si trova:
Capacit elettrica e dielettrici 2-7
2 2
0 2
1
2
e
E d
u
d
= ,
da cui segue:
2
0
1
2
e
u E = .
Sebbene provata in un caso particolare, si verifica che tale relazione di validit generale ed indica
che in presenza di un campo elettrico esiste, allo stesso tempo, una distribuzione di energia con
densit
e
u . Pertanto, lenergia immagazzinata in un volume V in cui presente un campo elettrico
E
poich, se vi fosse
una componente tangenziale determinerebbe il moto delle cariche
del conduttore. Per valutare lintensit della forza elettrostatica F
consideriamo un conduttore allequilibrio sul quale distribuita una
carica con densit superficiale ed il cui campo elettrico in prossimit della superficie valga E
.
Dal teorema di Coulomb (1.10), tale campo vale ( )
0
n . Tuttavia la forza sullelemento di carica
ds non E ds
= =
e dalla (1.10), la densit di forza superficiale sul conduttore, o pressione elettrostatica, vale:
2
2
2
0 0
0 0
1 1
2 2 2
e
dF
p E u
ds
| |
= = = = =
|
\ .
; (2.4)
ds
s
e
0
2
n
-
s
e
0
2
n
s
e
0
2
n
2-8 Capacit elettrica e dielettrici
cio la pressione elettrostatica pari alla densit di energia del campo elettrico. La forza
elettrostatica complessiva agente su un conduttore in equilibrio di superficie S, sul quale
distribuita una carica, data da:
2
0
1
2
S
F E ds =
.
Poich il vettore ds
(2.5)
x
dx
x
O
F
r
V
Capacit elettrica e dielettrici 2-9
Infine, dalle relazioni (2.1), (2.2) (2.3) e (1.12) il lavoro del dispositivo esterno :
2
2 2 2 2
0 0 0 0 2
1
( ) .
dC d S V
Vdq Vd VC V dx V dx V dx Sdx E Sdx
dx dx x x x
| | | | | |
= = = = = =
| | |
\ . \ . \ .
Dal principio di conservazione dellenergia risulta allora:
,
e
dU dL qdV = +
cio:
2 2
0 0
1
,
2
E Sdx F dx E Sdx =
da cui segue:
2
0
1
,
2
F E S =
che coincide con lespressione (2.4). Lo stesso risultato deve, ovviamente, ottenersi anche qualora si consideri il
condensatore carico isolato; in tale circostanza dalle relazioni (2.1), (2.2), (2.3) e (1.12) la variazione di energia
elettrostatica del condensatore vale:
2
2 2 2
2 2 2
0
0 0 0
2
0
1 1 1 1 1 1 1 1
2 2 2 2 2 2
1
.
2
e
Q d d x C V V
dU d Q dx Q dx Q dx dx Sdx
C dx C dx S S S x
E Sdx
| | | | | |
| | | |
= = = = = = =
| | | | |
\ . \ .
\ . \ . \ .
=
che uguagliata al lavoro (2.5) porta al risultato gi conseguito.
2.6 Dielettrici polari e apolari
Un dielettrico un materiale isolante che, introdotto tra le armature di un
condensatore ne determina un aumento della capacit. Se il dielettrico satura lo
spazio compreso tra le armature, la capacit aumenta di un fattore adimensionale
r
che prende il nome di costante dielettrica relativa del materiale. I fenomeni
che hanno luogo in un materiale dielettrico coinvolgono i momenti di dipolo
elettrico elementari presenti normalmente nel materiale o indotti dallapplicazione
di un campo elettrico esterno.
Esempio: Nellacqua (si veda la figura) il momento di dipolo della molecola presente anche
senza che vi sia applicato alcun campo elettrico esterno; siccome la molecola pu essere assimilata
ad un sistema rigido, i due momenti
1
p
e
2
p
di intensit pari a
3
6.2 10 Cm
circa.
Le molecole caratterizzate da un momento di dipolo intrinseco si dicono polari; lapplicazione di
un campo elettrico E
= .
Supponiamo di riempire lintercapedine tra le armature con un materiale dielettrico; in tale
circostanza si verifica sperimentalmente che la capacit diventa:
0 r
C C = ,
dove 1
r
> una costante caratteristica del materiale dielettrico interposto e pertanto prende il
nome di costante dielettrica relativa. Ponendo:
0 r
,
lespressione della capacit del condensatore in questa nuova situazione vale:
0
r
S S
C
d d
= = , (2.6)
dove prende il nome di costante dielettrica (assoluta) del materiale. Fissata la carica presente
sulle armature del condensatore, dalla relazione (2.1) si ha che laumento della capacit relativo
allinserimento del dielettrico tra le armature corrisponde alla diminuzione della differenza di
potenziale V presente tra le armature. Siccome V nel condensatore piano pari al prodotto del
campo elettrico tra le armature per la distanza d tra queste, ne segue che lintroduzione del
dielettrico comporta una diminuzione dellintensit del campo elettrico nella regione compresa tra
le armature del condensatore.
2
Il baricentro delle cariche definito in analogia col caso meccanico. Dato un sistema di cariche
1 2
, , ,
N
q q q
,
rispettivamente di vettori posizione
1 2
, , ,
N
r r r
+ + +
.
p
r
E
r
- +
Capacit elettrica e dielettrici 2-11
Gli effetti microscopici che hanno luogo nella regione di dielettrico
compresa tra le armature del condensatore furono descritti
fenomenologicamente da Faraday nel 1837 e successivamente, in
termini analitici dal matematico italiano Ottaviano Fabrizio Mossotti
nel 1846. Allapplicazione di una differenza di potenziale tra le
armature del condensatore, su queste si origineranno delle
distribuzioni di carica superficiale di densit pari (in valore assoluto) a
. Il campo elettrico
0
E
diretto come
0
E
e
P
E
sono paralleli:
0 P
E E E = ,
cos risulta che il campo elettrico agente sul materiale dielettrico ha
intensit inferiore a quella del campo prodotto dalle sole cariche libere.
Utilizzando la relazione (1.10) lintensit del campo
0
E
pu essere
espressa attraverso la densit della carica libera come
0
e
lintensit del campo prodotto dalle cariche di polarizzazione pu
essere espressa tramite la densit della carica di polarizzazione
P
come
0 P
. Pertanto la relazione precedente si esprime come:
0 0
P
E
=
e, vettorialmente:
( )
0 0 0
1
P
P
E n n
| |
= =
|
\ .
, (2.7)
dove n rappresenta il versore normale alle armature del condensatore.
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
s > 0 s < 0
r
E
0
s
P
< 0 s
P
> 0
r
E
P
r
P
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
s > 0 s < 0
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
+ -
r
E
0
s
P
< 0 s
P
> 0
2-12 Capacit elettrica e dielettrici
2.8 Il vettore spostamento elettrico
Un materiale dielettrico caratterizzato da molecole dotate di un
momento di dipolo intrinseco o di un momento di dipolo prodotto
dallapplicazione di un campo elettrico esterno al materiale. Pertanto in
assenza di un campo elettrico esterno applicato, i dipoli elementari o sono
orientati a caso oppure sono del tutto assenti. Si osservi che lazione di
allineamento del campo elettrico esterno risulta comunque incompleta per
effetto dellagitazione termica. Il grado di allineamento aumenta al diminuire
della temperatura e allaumentare dellintensit del campo elettrico. Il
risultato dellapplicazione di un campo esterno lacquisizione da parte di
ogni molecola di un momento di dipolo parallelo al campo esterno
0
E
. Sia n
il numero di molecole per unit di volume e p
definito
come:
P n p
.
Tale grandezza denominata vettore polarizzazione e si misura in
2
C m . Si noti che in generale,
per effetto di eventuali disomogenie nel materiale o per la presenza di cariche libere interne al
dielettrico, il vettore P
, quindi il modulo del vettore polarizzazione la risultante di tutti i dipoli, ovvero il prodotto
della carica di polarizzazione per la distanza
P
q d diviso per il volume compreso tra le armature
Sd :
P P
P
q d q
P
Sd S
= = = ; (2.8)
vettorialmente, se n la normale (uscente) al dielettrico:
P
P n =
. (2.9)
Si noti che, con riferimento alla figura, n coincide con x , allora, siccome
0
P
< , segue che il vettore P
tale che:
D n
; (2.10)
dimensionalmente D
si esprime in
2
C m . E possibile verificare che nel condensatore descritto
questo vettore ha la stessa direzione del campo elettrico E
, quindi
D
e n sono paralleli:
p
r
= 0
r
r
r
E
0
p
x
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
s > 0
s
P
< 0
r
P
n'
Capacit elettrica e dielettrici 2-13
D =
e inoltre, siccome il modulo di P
vale
P
, sostituendo nella (2.7) si trova:
0
D E P = + .
Sebbene ricavata in una accezione unidimensionale, si prova che tale relazione ha validit generale
e risulta pertanto:
0
D E P = +
. (2.11)
Nella maggior parte dei dielettrici P
:
0 e
P E =
; (2.12)
i dielettrici che soddisfano tale relazione in cui
e
uno scalare, sono detti lineari, e sono dei
materiali amorfi caratterizzati da isotropia spaziale. La quantit adimensionale
e
prende il nome di
suscettivit dielettrica del mezzo materiale e fornisce unindicazione della capacit che ha il mezzo
di polarizzarsi sotto lazione di un campo elettrico
3
. Consideriamo, per semplicit, un dielettrico
lineare; esprimendo la densit di carica di polarizzazione
P
tramite la (2.8) e la (2.12) come
0 e
E e sostituendo tale quantit nella (2.7), si ottiene:
0
0 0 0 0
1
P
e
E E
= = ,
da cui segue:
( )
0
1
e
E
=
+
,
3
La relazione (2.12) viene anche scritta nella forma P E =
, sottintendendo con tale espressione la relazione:
x xx xy xz x
y yx yy yz y
zx zy zz z
z
P E
P E
E
P
| | | |
| |
| |
|
=
| |
|
|
| |
\ .
\ . \ .
.
In questo modo possibile descrivere i materiali in cui il vettore polarizzazione non si allinea nella direzione del campo
elettrico. La matrice:
xx xy xz
yx yy yz
zx zy zz
| |
|
|
|
\ .
,
prende il nome di tensore di polarizzabilit. I dielettrici lineari sono quelli in corrispondenza dei quali il tensore di
polarizzabilit una matrice diagonale con gli elementi tutti uguali (
ii jj
=
,
0
ij
=
, per , , , i j x y z = e i j ).
2-14 Capacit elettrica e dielettrici
che esprime lintensit del campo elettrico nel condensatore piano col dielettrico. Daltra parte in un
condensatore piano la differenza di potenziale V tra le armature vale Ed , pertanto:
( ) ( )
0 0
1 1
e e
d Q d
V Ed
S
= = =
+ +
,
dove Q rappresenta la carica distribuita sulle armature. Dalla (2.1) si ha, infine:
( )
0
1
e
S Q
C
V d
= = + .
Confrontando questa relazione con la (2.6) segue quindi:
1
r e
= + ; (2.13)
si prova che questa identit, sebbene ricavata per il condensatore piano, ha validit generale;
pertanto, sostituendo la (2.12) nella (2.11) e facendo uso di tale identit, si ha:
( )
0 0 0 0 0
1
e e r
D E P E E E E = + = + = + =
. (2.14)
Consideriamo un conduttore sulla cui superficie S' presente una carica libera
q distribuita con densit ; supponiamo che il conduttore sia immerso in un
materiale dielettrico omogeneo ed isotropo, privo di cariche libere al suo interno,
di costante dielettrica relativa
r
(si veda la figura). La carica q pu esprimersi
attraverso la densit come:
S'
q ds =
;
daltra parte, facendo uso dellespressione (2.10), siccome ds
. (2.16)
s, q
S'
S
s
P
+
s
P
-
Capacit elettrica e dielettrici 2-15
Questa espressione, che rappresenta la legge di Gauss per i materiali dielettrici, pu essere
interpretata affermando che il flusso del vettore spostamento attraverso una superficie chiusa,
contenente in generale sia cariche libere che cariche di polarizzazione, dipende unicamente dalle
cariche libere presenti allinterno. Il valore della precedente relazione nel fatto che, in generale, la
superficie chiusa S pu intersecare il dielettrico, invece che contenerlo interamente, per cui la carica
di polarizzazione contenuta allinterno di S non , in generale, nulla. Sostituendo lequazione (2.14)
nella (2.16) si ha:
0 r
S S
D ds E ds q = =
,
dove, facendo lipotesi che il mezzo sia omogeneo ed isotropo si portato fuori dal segno di
integrale la costante
r
. Quindi nei materiali dielettrici la legge di Gauss per il campo elettrico si
esprime come:
0 r S
q
E ds
=
. (2.17)
Alla luce di quanto appena mostrato, concludiamo che limpiego del vettore spostamento per la
descrizione dei dielettrici permette di non considerare la carica di polarizzazione.
Esempio: Consideriamo un blocco di materiale dielettrico omogeneo e isotropo di
costante dielettrica
r
, allinterno del quale praticata una cavit sferica. Supponiamo che
al centro della cavit sia posta una carica puntiforme q positiva e stabiliamo la carica di
polarizzazione
pol
q
che si origina sulla superficie della cavit. Indicando con
P
la
densit di carica di polarizzazione, risulta:
2
4 ,
pol P
q R =
dove R il raggio della cavit. La densit
P
pu essere dedotta dal vettore polarizzazione P
attraverso la relazione
(2.9), pertanto dalla (2.12), esprimendo la suscettivit dielettrica tramite la (2.13), segue:
( )
0 0
1
e r
P E E = =
e moltiplicando ambo i membri per la normale alla superficie della cavit n , si ha:
( )
0
1 .
r
P n E n =
Dalla (2.9) segue che il primo membro di questa identit pari a
P
, inoltre, siccome la carica positiva, il campo
elettrico E
n'
E
r
q +
2-16 Capacit elettrica e dielettrici
1
.
r
pol
r
q q
=
Tale espressione prova che la carica di polarizzazione ha segno opposto rispetto a q e, in valore assoluto sempre
minore di q.
In generale, lespressione della legge di Gauss allinterno di un materiale dielettrico, in cui sono
presenti sia cariche libere q che di polarizzazione
P
q vale:
( )
0 0
1
P
P
S V
q q
E ds dv
+
= = +
,
dove e
P
rappresentano rispettivamente la densit volumetrica delle cariche libere e la densit
volumetrica delle cariche di polarizzazione. Facendo uso del teorema della divergenza si verifica
che a tale relazione integrale corrisponde lespressione puntuale:
0 0
1 1
P
E
= +
e, alla relazione (2.16) corrisponde lespressione puntuale:
D =
.
Daltra parte, applicando loperatore divergenza ad ambo i membri della (2.11) si ottiene:
0
D E P = +
(2.18)
cos, sostituendo E
e D
dalle precedenti relazioni si perviene allidentit:
0
0 0
1 1
P
P
| |
= + +
|
\ .
,
da cui segue:
P
P =
. (2.19)
La presenza di cariche volumetriche di polarizzazione, dipendendo dalla
variazione del vettore P
| |
= = =
|
\ .
+
Siccome il dielettrico non omogeneo, in questo caso la densit volumetrica delle
cariche di polarizzazione allinterno del dielettrico diversa da zero. Se q la
carica presente sullarmatura positiva, dalla (2.10) segue che il vettore spostamento vale:
,
q
D x x
S
= =
poich q S = la densit con cui distribuita la carica libera sullarmatura positiva. Dalla (2.12), facendo uso della
(2.14) per esprimere il campo elettrico E
| |
( |
= = = = = (
( |
| +
\ .
pertanto, dalla (2.19) segue che la densit volumetrica della carica di polarizzazione
P
vale:
( )
( ) ( )
2 1
2
2 1
1
1
.
r r
P
r r
r
dP x q
x P
dx hS
x
h
= = =
| |
+
|
\ .
dx
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
r
D
O
( ) x
x
e
r
2
e
r
1
e
r
h
2-18 Capacit elettrica e dielettrici
2.9 Condizioni di raccordo allinterfaccia tra due dielettrici
Consideriamo la superficie S di separazione tra due dielettrici
diversi di costanti dielettriche relative
1 r
e
2 r
. Supponiamo che
tale superficie sia priva di cariche libere. Consideriamo inoltre un
cilindro infinitesimo di basi ds parallele a S la cui altezza dh sia
un infinitesimo di ordine superiore a ds . Trascurando il flusso
attraverso la superficie laterale, il flusso del vettore D
attraverso
lintera superficie del cilindro vale:
( ) ( )
1 2 1 2
n n
d D D nds D nds D D ds = + =
,
dove
1
D
e
2
D
e
2
E
n
r
D
1
2
e
r
1
e
r
r
D
2
r
D
1
S
2
e
r
1
e
r
r
E
t1
r
E
t2
r
E
2
r
E
1
dn
dl
dn
dl
t
Capacit elettrica e dielettrici 2-19
1 2
1 2
t t
r r
D D
= .
Cio, attraversando la superficie di separazione fra due dielettrici diversi
la componente del campo elettrico parallela allinterfaccia non subisce
alcuna discontinuit mentre la componente parallela del vettore
spostamento discontinua.
Pertanto, le relazioni di raccordo allinterfaccia tra due dielettrici
diversi sono, per il campo elettrico:
1 1 2 2
1 2
,
r n r n
t t
E E
E E
=
,
e per il vettore spostamento:
1 2
1 2
1 2
,
.
n n
t t
r r
D D
D D
=
Esempio: Una lastra di dielettrico di costante dielettrica relativa pari a 2 posta, nel vuoto, a 45 rispetto alle linee di
forza di un campo elettrico esterno uniforme
0
E
=
cos, sostituendo a
1 r
, 1 e a
2 r
, 2, rispettivamente le costanti dielettriche relative del vuoto e del mezzo materiale
considerato, si ha:
2 1
1
2
n n
E E =
quindi, facendo il rapporto membro a membro con la (2.21)
2 1
,
t t
E E =
siccome
1 1
,
n t
E E =
si ha:
2 1
2 1
tan 2 2 ,
t t
n n
E E
E E
= = =
essendo langolo compreso tra la direzione del campo elettrico E
e
langolo tra ds
e
d
v
, (3.2)
allora, dalla (3.1) segue:
dq
dI d J ds
dt
| |
= =
|
\ .
;
quindi, integrando sulla sezione S dellintero conduttore, si ha:
S
I J ds =
.
Pertanto, il flusso del vettore J
(3.3)
e in questo caso i vettori J
e
d
v
= =
in cui indica la densit del rame, cos la concentrazione di elettroni di conduzione vale:
29 3
2 1.94 10 .
A
n n elettroni m = =
La densit di corrente attraverso il conduttore :
6 2
6 2
200
2 10 ,
10
I A
J A m
S m
= = =
cos, dalla relazione (3.3) segue:
( ) ( )
6 2
5
29 3 19
2 10
6.45 10 ,
1.94 10 1.60 10
d
J A m
v m s
ne elettroni m C
= = =
cio un elettrone di conduzione impiega poco meno di 3 minuti per percorrere un centimetro di lunghezza nel
conduttore. Un valore cos basso della velocit media degli elettroni non deve essere ritenuto contraddittorio con la
velocit con la quale si propagano le variazioni del campo elettrico in seno al conduttore, che risulta essere dello stesso
ordine di grandezza della velocit della luce nel vuoto. Analogamente, in corrispondenza dellapplicazione di una
pressione ad una estremit di un tubo pieno dacqua, un onda di pressione viaggia molto rapidamente lungo il tubo,
sebbene la velocit con la quale si sposta lacqua dentro il tubo notevolmente inferiore.
3.2 Equazione di continuit
Consideriamo un volume V racchiuso in una superficie S sottoposto
ad un flusso di cariche con densit J
;
in particolare, nelle regioni di S in cui il prodotto J n
.
Il segno meno giustificato dal fatto che se lintegrale complessivamente positivo, la carica
allinterno diminuisce, cos 0
int
dq dt < (e viceversa se lintegrale negativo). Daltra parte, se
la densit di carica interna a V, si ha:
S
V
n
J
r
3-4 Corrente elettrica e circuiti
int
S V V
dq d
J ds dv dv
dt dt t
= = =
;
applicando quindi il teorema della divergenza al primo membro, si ha:
V V
J dv dv
t
=
,
ovvero:
0
V
J dv
t
| |
+ =
|
\ .
;
dovendo essere valida per qualunque volume V, da tale relazione segue:
0 J
t
+ =
. (3.4)
Questa espressione, nota col nome di equazione di continuit, esprime in maniera generale il
principio di conservazione della carica elettrica. In condizioni stazionarie la densit di carica
indipendente dal tempo, cos 0 t = e, di conseguenza:
0 J =
, (3.5)
che esprime lequazione di continuit della carica elettrica in regime stazionario.
3.3 Legge di Ohm
Gi nel 1772 Beccaria si rese conto che non era corretto distinguere i
corpi semplicemente in isolanti e conduttori, per cui introdusse il concetto
di resistenza elettrica per caratterizzare i materiali in relazione alla loro
capacit di condurre pi o meno efficacemente il fenomeno elettrico.
Beccaria not inoltre che la resistenza proporzionale alla lunghezza del
conduttore. Cavendish nel 1776 mostr che collegando le armature di una
bottiglia di Leyda a pi conduttori di diversa resistenza, la corrente
attraversa tutti i conduttori ma in misura maggiore in quelli di resistenza
pi bassa. Cavendish misur la resistenza di varie soluzioni acquose e di
alcuni metalli e inoltre not che tale grandezza indipendente dalla
corrente. Gli studi sulla conduzione ripresero circa ventanni dopo la costruzione della pila; nel
1827 il fisico tedesco Georg Simon Ohm pubblic un resoconto delle misure svolte su conduttori
filiformi attraverso le quali aveva stabilito la dipendenza dellintensit della corrente dalla sezione e
dalla lunghezza dei conduttori. Inoltre, basandosi su una analogia tra il flusso di calore e quello di
corrente elettrica Ohm giunse alla conclusione che la differenza di potenziale applicata ai
conduttori a determinare la corrente e che questa varia direttamente con la differenza di potenziale e
inversamente con la resistenza. Solo nel 1850 Gustav Robert Kirchhoff prov che la differenza di
potenziale, denominata da Ohm forza elettroscopica, era la stessa introdotta da Poisson e Laplace
Georg Simon Ohm
Corrente elettrica e circuiti 3-5
Consideriamo un tratto di conduttore filiforme di
lunghezza l e sezione uniforme S percorso da una corrente di
intensit I. La misura della differenza di potenziale V agli
estremi del filo evidenzia lesistenza di una relazione di
proporzionalit tra questa grandezza e la corrente I:
A B
V V V RI = , (3.6)
il coefficiente di proporzionalit R detto resistenza del tratto di conduttore
considerato; tale espressione prende il nome di legge di Ohm. In figura mostrato il
simbolo elettrico della resistenza. Per conduttori metallici R indipendente sia da V
che da I, ma dipende dalla geometria del conduttore, dal materiale che lo costituisce
e dalla temperatura. In particolare, si verifica che per il conduttore filiforme
considerato la resistenza direttamente proporzionale alla sua lunghezza e
inversamente proporzionale alla sua sezione:
l
R
S
= , (3.7)
dove la resistivit del conduttore. Lunit di misura della resistenza lohm ( ) e risulta
1 1 1 V A = , cos la resistivit si esprime in m . Linverso della resistenza
1
G
R
= ,
detto conduttanza.
Consideriamo un conduttore metallico
rettilineo e cilindrico di lunghezza l, sezione S e
resistivit . Se V la differenza di potenziale
applicata ai suoi estremi, allinterno del materiale sar presente un campo elettrico E
tale che:
V El = .
Daltra parte, la corrente che percorre il conduttore pu essere espressa come il flusso del vettore
densit di corrente J
sia
uniforme in corrispondenza dei punti della sezione del conduttore, si ha:
I JS = .
Daltra parte, dalla relazione (3.6) risulta:
El R JS = ,
e dalla (3.7) segue:
l
El JS
S
= ,
ovvero:
I
A
B
l
S
i
R v
R
Ri =
I
l
A B
I S
3-6 Corrente elettrica e circuiti
E J = .
Sebbene ricavata in una accezione unidimensionale, si prova che tale identit valida anche
vettorialmente. Introducendo la conducibilit, definita come:
1
,
la relazione precedente si scrive come:
J E =
. (3.8)
Questa espressione da interpretare come una formulazione di tipo puntuale della legge di Ohm, in
quanto, assegnato il valore di in una data posizione del conduttore, fornisce il valore della
densit di corrente J
.
Nella tabella sono rappresentati i valori della resistivit e del coefficiente termico per alcuni
materiali. Facendo uso della relazione (3.7), per un conduttore di sezione uniforme possibile
scrivere la legge di variazione della resistenza con la temperatura:
( )
0 0
1 R R T T = + (
.
La dipendenza della resistenza dalla temperatura trova applicazione nella realizzazione di
termometri di precisione.
Materiale Resistivit ( m )
Coefficiente
Termico (
1
C
)
Argento
8
1.59 10
3
1 10
Rame
8
1.68 10
2
6.8 10
Alluminio
8
2.65 10
3
4.29 10
Tungsteno
8
5.6 10
3
4.5 10
Ferro
8
9.71 10
3
6.51 10
Platino
8
10.6 10
3
3.927 10
Grafite
*
5
3 60 10
4
5 10
Germanio
*
3
3 500 10
3
5 10
Silicio
*
0.1 60
2
7 10
Vetro
9
1 10000 10 -
Quarzo fuso
17
7.5 10
-
Gomma indurita
13
1 100 10 -
* In questi materiali, denominati semiconduttori, la resistivit
fortemente condizionata dalla presenza di impurit nel materiale.
Corrente elettrica e circuiti 3-7
Esempio: Consideriamo due conduttori cilindrici, coassiali, di
lunghezza L pari a 10cme di raggi
1
r e
2
r rispettivamente pari a
10cm e 20cm la cui intercapedine riempita con della grafite, di
resistivit pari a
5
1.38 10 m
. Stabiliamo la resistenza
corrispondente al flusso di una corrente nella grafite per effetto
dellapplicazione di una differenza di potenziale tra i due
conduttori. Applicando la legge di Gauss ad una superficie
cilindrica concentrica ai due conduttori e di raggio r con
1 2
r r r < < si ricava che il campo elettrico E
nellintercapedine
pari a
( ) 2 Q Lr
, dove Q indica la carica presente sul
conduttore pi interno ed la costante dielettrica della grafite. La differenza di potenziale V tra i due conduttori pari
allintegrale E
di tra
1
r e
2
r , ossia
( ) ( )
2 1
2 ln Q L r r (
, cos il campo elettrico pu esprimersi come:
2
1
.
ln
V
E
r
r
r
=
| |
|
\ .
(3.9)
La densit di corrente J nella grafite pu essere espressa come I S , dove I la corrente che attraversa lo spazio
compreso tra i due conduttori e S una generica superficie cilindrica di raggio r (
1 2
r r r < < ) e altezza L, concentrica ai
due conduttori:
2 , S rL =
cos, adoperando la relazione (3.8), la corrente I vale:
2 2
1 1
2 2
,
ln ln
rL V LV
I SJ S E
r r
r
r r
= = = =
| | | |
| |
\ . \ .
dove si fatto uso delle relazioni (3.8) e (3.9). Pertanto, dalla legge di Ohm (3.6) segue che la resistenza R vale
1
:
5
5 2
1
1.38 10 0.10
ln ln 1.52 10
2 2 0.10 0.05
r V m m
R
I L r m m
.
| | | |
= = =
| |
\ . \ .
(3.10)
3.4 Caratteristiche dei conduttori in regime stazionario
Lequazione (3.5) che definisce il regime stazionario ha importanti
conseguenze. Una di queste che il vettore J
non ha componenti
perpendicolari alla superficie del conduttore; infatti se cos non fosse
e J
| |
= =
|
| |
\ .
|
\ .
possibile dimostrare che questa identit lega, in maniera generale, la capacit e la resistenza del volume compreso tra
due conduttori.
r
r
1
r
2
L
J
r
J
r
3-8 Corrente elettrica e circuiti
figura, allora si manifesterebbe localmente un progressivo accumulo di carica e, conseguentemente
risulterebbe 0 t . Dalla relazione (3.8) risulta inoltre che pure il campo elettrico allinterno
del conduttore non ha componenti perpendicolari alla superficie del conduttore.
Consideriamo un conduttore percorso da una corrente
stazionaria di densit J
attraverso S
provengono dalle sezioni
1
S e
2
S :
1 2
S S S
J ds J ds J ds = +
, (3.11)
ma, per il teorema della divergenza e dalla (3.5), si ha:
0
S V
J ds J dv = =
, (3.12)
essendo V il volume contenuto in S, cos, con riferimento ai versi indicati in figura, siccome
1
S
J ds
pari alla corrente
1
I che attraversa la sezione
1
S e, analogamente
2
S
J ds
la corrente
2
I che attraversa
2
S , dalla (3.11) segue:
1 2
I I = .
Questa relazione, verificata sperimentalmente da Peter Barlow nel 1825, afferma che in condizioni
stazionarie la corrente attraverso ogni sezione del conduttore la stessa. Tale risultato si presta ad
una immediata generalizzazione al caso di n fili conduttori, ciascuno percorso, rispettivamente,
dalle correnti
1 2
, , ,
n
I I I , che convergono in uno stesso punto, detto nodo. Applicando la relazione
(3.12) ad una generica superficie chiusa S che racchiude il nodo, segue:
1
0
n
k
k
I
=
=
, (3.13)
cio, in regime stazionario, la somma algebrica delle correnti che confluiscono in un nodo nulla.
Pertanto, assumendo, ad esempio, positive le correnti che entrano nel nodo e negative quelle uscenti,
questa legge, detta legge di Kirchhoff per le correnti (o prima legge di Kirchhoff), afferma che la
somma delle correnti entranti nel nodo uguale alla somma delle correnti uscenti.
3.5 Modello della conduzione, effetto Joule
Dalla evidenza di una proporzionalit diretta tra densit di corrente in un conduttore e campo
elettrico applicato (3.8), segue che deve esistere una analoga relazione di proporzionalit tra la
velocit v
; infatti, dalle
relazioni (3.2) e (3.8) segue che possibile esprimere tale velocit come ( ) nq E (
. Daltra parte,
S
J
r
J
r
S
1
S
2
Corrente elettrica e circuiti 3-9
siccome il campo elettrico proporzionale alla forza F
. Da tali considerazioni emerge unapparente contraddizione con la seconda legge
della dinamica che afferma che lazione di una forza su di un corpo ne determina laccelerazione.
Quindi, a differenza delle cariche poste nel vuoto, le cariche nei conduttori non accelerano sotto
lazione di un campo elettrico. Unanalogia con tale fenomeno si incontra nello studio della caduta
di un corpo materiale attraverso un mezzo viscoso; per effetto della forza di gravit il corpo
inizialmente accelera, tuttavia, agendo su di esso anche una forza proporzionale alla velocit, la
forza di attrito viscoso, la velocit del corpo non cresce indefinitamente ma, da un certo istante in
poi, diventa costante.
Nel 1900 il fisico tedesco Paul Drude formul un modello del
fenomeno della conduzione elettrica secondo cui un conduttore
metallico pu essere schematizzato come un reticolo ionico immerso
in un gas di elettroni. Per effetto della presenza di impurit nel
materiale che lo costituisce ed a causa dellagitazione termica che
sposta continuamente le posizioni di equilibrio degli ioni del reticolo,
gli elettroni subiscono numerosi urti, cambiando ogni volta direzione
in maniera casuale ed assumendo velocit dellordine di
6
10 m s .
Pertanto, in assenza di un campo elettrico applicato, il flusso netto
degli elettroni attraverso una qualsiasi sezione del conduttore nullo.
Allapplicazione di un campo elettrico E
su ciascun elettrone
si esplica, di fatto, tra due urti successivi, per cui, in tale fase il moto dellelettrone pu ritenersi
libero. La velocit v
,
dove
0
v
varia in
maniera casuale, il suo valor medio nullo, cos la velocit media
degli elettroni, cio la velocit di deriva, :
d
e
e
v v E
m
=
.
Quindi, dalla relazione (3.3) segue:
Paul Drude
E
r
Moto degli elettroni in un conduttore
secondo il modello di Drude: in
assenza di campo elettrico (in alto)
ed in presenza di un campo elettrico
(in basso)
3-10 Corrente elettrica e circuiti
2
d
e
ne
J env E
m
= =
,
e, confrontando tale espressione con la legge di Ohm puntuale, (3.8), segue:
2
e
ne
m
= ; (3.14)
questa relazione indica che la conducibilit di un materiale aumenta sia col crescere del numero di
elettroni disponibili alla conduzione che con laumentare del tempo , poich in tal caso gli
elettroni posseggono un tempo maggiore per orientare il proprio moto nella direzione del campo
elettrico.
Il modello di Drude incompleto in quanto assume che linterazione tra gli elettroni liberi ed il reticolo ionico del
conduttore metallico si esplichi solo attraverso il meccanismo degli urti; di fatto esistono altre forme di interazione,
spiegate nellambito della meccanica quantistica, che possono essere considerate modificando la relazione (3.14) nella
maniera seguente:
2
*
nq
m
=
,
in cui
*
m e q prendono il nome, rispettivamente, di massa efficace e carica efficace dei portatori di carica che
determinano la conduzione. Nel caso estremo, come per alcune leghe di uranio, linterazione col reticolo tale che la
massa efficace dei portatori risulta essere anche cento volte superiore a
e
m , mentre in altri solidi, come nelle
eterostrutture di arseniuro di gallio, la massa efficace pari ad appena il 7% circa di
e
m . Nei materiali superconduttori,
in cui, al di sotto di una certa temperatura critica la corrente circola senza resistenza, la carica efficace pari a 2e . In
tali materiali si genera una debole forza attrattiva tra coppie di elettroni, formalmente analoga a quella che lega i due
elettroni in uno ione H
(un atomo di idrogeno al quale stato aggiunto un elettrone); lorigine di questo legame,
identificata nel 1957 da John Bardeen, Leon Cooper e John Schrieffer, determinata dalle deformazioni locali che si
generano nel reticolo ionico di questi materiali in corrispondenza del passaggio di un elettrone; tale modificazione, che
permane per un certo tempo dal passaggio dellelettrone, crea una regione di carica positiva che attrae un altro elettrone.
Si forma cos una coppia di elettroni (coppia di Cooper) che, spostandosi attraverso il reticolo incontra una minore
resistenza di quanta ne trovi un elettrone isolato. Ci accade in quanto per tutte le coppie di elettroni allinterno del
materiale lo stato favorito quello per il quale lenergia la medesima, siccome gli urti con il reticolo determinano una
variazione dellenergia dei singoli portatori, tali processi sono inibiti e le coppie si spostano senza incontrare alcuna
resistenza. Nei materiali semiconduttori i portatori di carica sono rappresentati sia da elettroni che da altre entit, dette
lacune, la cui carica pari, in modulo, a quella dellelettrone, ma ha segno opposto. Infine, studiando la conduzione
attraverso catene lineari di poliacetilene, un polimero dellacetilene, sono stati rilevati portatori la cui carica pari a una
frazione di e.
Il modello di conducibilit test descritto suggerisce lesistenza di un
processo di dissipazione energetica intrinseco al meccanismo della
conduzione. Infatti, lenergia fornita alle cariche attraverso lapplicazione
di un campo elettrico non ne determina lincremento dellenergia cinetica
che, a quanto appena visto, resta in media costante. Cos questa energia
viene, di fatto, trasferita al reticolo ionico costituente il conduttore,
attraverso gli urti con gli elettroni; tale energia risulta quindi dissipata in
calore, determinando laumento della temperatura del conduttore percorso
da corrente. Questo processo, detto effetto Joule, fu descritto nel 1840 da
James Prescott Joule e riscoperto indipendentemente da Heinrich Lenz
due anni dopo. In generale, la potenza impiegata da una forza F
per
imprimere una velocit
d
v
ad un corpo vale
d
F v
, pertanto:
James Prescott Joule
Corrente elettrica e circuiti 3-11
e d d
P F v eE v = =
,
dove si specificato che F
su di un elettrone. Cos,
se n indica la concentrazione di elettroni di conduzione allinterno conduttore, la potenza dissipata
per unit di volume :
e d
p nP enE v J E = = =
,
in cui si fatto uso della relazione (3.3). Questa relazione esprime la legge di Joule in forma locale
e p prende il nome di densit di potenza. Per un conduttore rettilineo, di sezione S e lunghezza l
in cui la densit di corrente J
,
che rappresenta la legge di Joule per un conduttore. Applicando la legge di Ohm (3.6) a questa
espressione, risulta inoltre:
2
2
V
P VI I R
R
= = = . (3.15)
3.6 Forza elettromotrice, legge di Ohm generalizzata
Consideriamo un conduttore di resistenza R percorso da una corrente I, la differenza di
potenziale ai capi AB di tale conduttore si esprime attraverso la legge di Ohm come:
B
A B
A
V V E dl RI = =
; (3.16)
in particolare, applicando tale relazione ad un circuito chiuso C di resistenza complessiva
T
R ,
risulta:
T
E dl R I =
C
ossia, per ottenere nel circuito C una corrente I necessaria la presenza di un
campo elettrico la cui circuitazione diversa da zero. Tale campo non pu avere
natura elettrostatica poich in tal caso risulterebbe 0 E dl =
C
, quindi allinterno
del circuito deve agire un campo elettrico di natura non elettrostatica. Per
generatore si intende un dispositivo capace di mantenere una differenza di
potenziale e quindi un campo elettrico, tra due punti di un conduttore; in figura
mostrato il simbolo di tale componente. Consideriamo un circuito in cui un conduttore di resistenza
R connesso tra i poli AB di un generatore, sui quali costantemente presente una differenza di
i
+
-
v
G
V = V
3-12 Corrente elettrica e circuiti
potenziale, ossia sono costantemente accumulate delle cariche di segno
opposto. Il campo elettrostatico
e
E
,
dove il primo addendo della somma valutato lungo il conduttore e laltro nel generatore. Il campo
e
E
, quindi, non pu determinare il moto allinterno del generatore di una carica positiva dal polo
negativo B a quello positivo A; ci suggerisce lesistenza di un campo elettrico
*
E
di natura non
elettrostatica, agente allinterno del generatore, tale che:
( )
* *
0
B A A
e e
esterno interno interno
Circuito A B B
al generatore al generatore al generatore
E dl E dl E E dl E dl = + + =
. (3.17)
Il campo
*
E
E
detta forza elettromotrice. Adoperando tale definizione e la relazione (3.16), la (3.17) si scrive:
( )
( ) ( )
*
* *
;
B A
e e
esterno interno
A B
al generatore al generatore
A A
A B e e
interno interno
B B
al generatore al generatore
E dl E E dl
V V E E dl RI E E dl
= + + =
= + + = + +
E
(3.18)
siccome la corrente I percorre anche il generatore, introduciamo unaltra
grandezza caratteristica del generatore, la resistenza interna r, tale che:
( )
*
A
e
interno
B
al generatore
E E dl rI +
,
cos lespressione (3.18) si scrive:
( )
T
RI rI R r I R I = + = + = E , (3.19)
quindi, lintensit della corrente in seno a tale circuito data dalla relazione
I
R r
=
+
E
,
inoltre dalla (3.16) segue:
+ -
r
E
e
r
E
e
r
E
e
r
E
e
r
E
*
A B
I
R
r
E
B
A
+
-
I
Corrente elettrica e circuiti 3-13
A B
V V RI rI = = E .
Il valore di E pu essere stabilito attraverso linterruzione del circuito; in questo modo nel
generatore si raggiunge un equilibrio, in quanto laccumulo di carica sui morsetti impedisce ulteriori
spostamenti di carica, ne segue che la corrente I nulla e, pertanto:
A B
V V =E ,
cio la forza elettromotrice la differenza di potenziale che si
rileva ai capi del generatore a circuito aperto.
In figura mostrato landamento del potenziale V lungo il
circuito considerato. Siccome lenergia potenziale di una carica q
qV , tale grafico illustra anche landamento dellenergia potenziale
di una carica unitaria che percorre il circuito. Come si pu
osservare dal grafico, dal punto B al punto A la carica acquista
unenergia qE che, per effetto della resistenza interna r, perde
parzialmente allinterno dello stesso generatore, quindi, dopo
essere passata attraverso la resistenza R, degrada completamente la
sua energia
2
. Se nellespressione (3.19) moltiplichiamo tutti i
membri per la corrente I si ha:
2 2 2
T
I RI rI R I = + = E ;
questa relazione, che esprime il bilancio energetico in seno al circuito considerato, mostra come la
potenza I E erogata dal generatore di forza elettromotrice viene interamente dissipata sulla
resistenza totale
T
R offerta dal circuito.
Consideriamo il tratto di circuito percorso dalla corrente I mostrato in figura; applicando le
regole test esposte, si ha:
( )
1 1
2 2
,
,
,
A C
D C
D B
V V RI
V V r I
V V r I
=
=
=
E
E
ovvero:
1 1
2 2
,
,
;
A C
C D
D B
V V RI
V V r I
V V r I
=
= +
= +
E
E
sommando membro a membro queste espressioni, si trova:
( ) ( )
1 2 1 2
,
A B
V V R r r I + = + + E E
2
Per questo motivo, la differenza di potenziale
A B
V V RI = ai capi della resistenza R anche detta caduta di
tensione.
B C B A
B
E
r
C B
A
R
rI
V
RI
E
x
A C D B
r
1
r
2
R
E
2
E
1
I I
3-14 Corrente elettrica e circuiti
attraverso tale relazione possibile derivare una regola generale per la descrizione dei tratti di
circuito, quindi, fissato il verso della corrente I, cio il verso secondo cui il potenziale elettrico
diminuisce lungo la resistenza totale
1 2
R r r + + , la forza elettromotrice
1
E compare col segno
positivo perch la corrente I entra nel polo negativo ed esce da quello positivo, al contrario, la forza
elettromotrice
2
E compare col segno negativo in quanto la corrente entra nel polo positivo ed esce
da quello negativo, infatti, se il corrispondente generatore agisse da solo farebbe scorrere la corrente
nel verso opposto a quello scelto.
In generale possiamo scrivere per un ramo AB di un circuito, inteso come un tratto del circuito
compreso tra i nodi A e B, la legge di Ohm generalizzata:
1 1
l
s n
A B k m l
k m
V V R I
= =
+ =
E
in cui
1 2
, , ,
n
E E E rappresentano i generatori di forza elettromotrice presenti nel ramo e
1 2
, , ,
l
s
R R R le resistenze, comprese le resistenze interne dei generatori, contenute nel ramo
percorso dalla corrente
l
I . Qualora il circuito chiuso
A
V risulta uguale a
B
V , cos dallespressione
precedente si ottiene la relazione
3
:
1 1 1
l
s n r
k m l
k l m
R I
= = =
=
E , (3.20)
che prende il nome legge di Kirchhoff per le tensioni (o seconda legge di Kirchhoff).
3.7 Collegamenti tra resistori
Consideriamo due resistori di resistenza
1
R e
2
R collegati come mostrato in
figura. Analogamente al caso dei condensatori, quando entrambi i resistori
sono sottoposti alla stessa differenza di potenziale, la connessione detta in
parallelo. Le correnti che attraversano ciascun resistore sono:
1
1
V
I
R
= ,
2
2
V
I
R
= .
Facendo uso della legge di Kirchhoff per le correnti, in corrispondenza del nodo M si ha:
1 2
I I I = + ,
cos, sostituendo a
1
I e
2
I il loro valore, si ha:
3
Il circuito chiuso considerato costituito dallinterconnessione di r rami, a ciascuno dei quali compete, in generale,
una corrente differente
l
I ; pertanto, al secondo membro occorre sommare le r espressioni
1
l
s
m l
m
R I
=
che rappresentano la
caduta di tensione lungo ogni ramo.
M
I
V
N
R
1
R
2
I
2
I
1
Corrente elettrica e circuiti 3-15
1 2
1 2 1 2
1 1 V V V
I I I V
R R R R R
| |
= + = + = + =
|
\ .
,
dove si posto:
1 2
1 2
1 2
1
1 1
R R
R
R R
R R
=
+
+
.
Cio il sistema costituito da due resistori collegati tra loro in parallelo assimilabile ad un unico
resistore la cui resistenza pari al reciproco della somma dei reciproci delle resistenze di ciascun
resistore. Qualora il sistema sia costituito dalla connessione in parallelo di n resistori
1 2
, , ,
n
R R R ,
la resistenza equivalente del sistema pari a:
1
1
1
n
k k
R
R
=
.
Consideriamo una coppia di resistori collegati come in figura. In
questa connessione, detta in serie, la corrente che attraversa ciascun
resistore la stessa. Applicando la legge di Ohm ad ogni resistenza, si
ha:
1 A B
V V R I = ,
2 B C
V V R I = ,
e, sommando membro a membro, siccome la differenza di potenziale
A B
V V pari alla forza
elettromotrice V erogata dal generatore, si ha:
( )
1 2 A C
V V V R R I RI = = + = ,
dove si posto:
1 2
R R R = + .
Cio il sistema costituito da due resistori connessi tra loro in serie equivalente ad un unico
resistore la cui resistenza pari alla somma delle resistenze di ciascun resistore. Qualora il sistema
sia costituito dal collegamento in serie di n resistori
1 2
, , ,
n
R R R , la resistenza equivalente pari a:
1
n
k
k
R R
=
.
Esempio: Relativamente allesempio precedente possibile valutare la resistenza richiesta
con un approccio differente. Consideriamo due superfici cilindriche contenute
nellintercapedine tra i due conduttori, concentriche ai conduttori, di altezza L e di raggi,
rispettivamente r e r dr + ; dalla relazione (3.7), il contributo del volume di grafite,
contenuto tra tali superfici, al calcolo della resistenza R pari a:
A B
I
V
C
R
1
R
2
r
dr
r
1
r
2
3-16 Corrente elettrica e circuiti
;
2
dr
dR
rL
=
tutti questi elementi infinitesimi che si ottengono al variare di r, per
1 2
r r r < < , sono collegati in serie tra loro, pertanto
la resistenza totale sar data da:
2 2
1 1
2
1
ln .
2 2 2
r r
r r
r dr dr
R
rL L r L r
| |
= = =
|
\ .
Esempio: (Partitore di tensione) Stabiliamo la differenza di potenziale
0
V ai capi della resistenza
2
R del circuito di
figura. Dalla legge di Ohm applicata alla serie delle resistenze
1
R e
2
R , segue:
( )
1 2
, V I R R = +
per cui la corrente I vale:
1 2
.
V
I
R R
=
+
La differenza di potenziale
0
V pari alla caduta di tensione sulla resistenza
2
R :
2
0 2
1 2
.
R
V R I V
R R
= =
+
Il circuito appena descritto, detto partitore di tensione, consente di ottenere a partire da una tensione V una pi bassa
0
V
del fattore
( )
2 1 2
R R R +
, che prende il nome di rapporto di partizione.
Esempio: (Teorema del massimo trasferimento di potenza) Consideriamo un generatore di
forza elettromotrice V e resistenza interna r collegato ad un carico costituito da una resistenza
R. Stabiliamo il valore che deve assumere questa resistenza affinch si abbia il massimo
trasferimento di potenza dal generatore a tale carico. Siccome la corrente attraverso R vale:
,
V
I
r R
=
+
la potenza dissipata dal carico :
( )
2 2
2
.
R
P RI V
r R
= =
+
Per stabilire il valore di R in corrispondenza del quale si ha il massimo trasferimento di potenza, imponiamo che la
derivata prima di P rispetto ad R sia nulla:
( ) ( )
( ) ( )
2
2 2
4 3
2
0 ,
r R R r R P r R
V V
R
r R r R
+ +
= =
+ +
da cui segue:
. R r
Cio si ha il massimo trasferimento di potenza dal generatore alla resistenza di
carico quando tale resistenza uguale alla resistenza interna del generatore;
questa propriet prende il nome di teorema del massimo trasferimento di
potenza. In figura mostrato il grafico della potenza P al variare di R.
I
R
2
R
1
V
V
0
I
R
r
V
O R r
P(R)
V
R 4
2
Corrente elettrica e circuiti 3-17
3.8 Analisi delle reti elettriche
Per rete elettrica si intende linterconnessione di generatori e resistenze; per caratterizzare
topologicamente una rete elettrica si fa uso dei concetti, gi introdotti di nodo e ramo. Per nodo si
intende il punto in cui convergono almeno tre conduttori, i nodi sono collegati tra loro attraverso
rami contenenti, in generale, resistori e generatori. Un qualsiasi percorso chiuso allinterno di una
rete detto maglia. Per analisi o soluzione di una rete elettrica si intende la determinazione delle
correnti che scorrono in ciascun ramo, note che siano le caratteristiche topologiche e fisiche della
rete. A tale scopo possibile far uso delle leggi (3.13) e (3.20) formulate da Gustav Kirchhoff nel
1845:
0
k
k
I =
, (3.21)
m n l
m l n
R I =
E ; (3.22)
in questa maniera lanalisi di una rete corrisponde alla risoluzione di un
sistema di equazioni lineari. Affinch tale sistema risulti risolvibile
necessario che le equazioni siano linearmente indipendenti. Se la rete ha N
nodi e L rami, il numero equazioni (3.21) indipendenti 1 N , poich
lequazione all esimo N nodo pu sempre essere ottenuta come somma
delle equazioni relative a due o pi nodi della stessa rete; inoltre si prova
che il numero di equazioni (3.22) indipendenti 1 L N + . In questa
maniera possibile disporre in totale di un numero ( ) ( ) 1 1 N L N + +
pari a L di equazioni indipendenti, cio tante quanti sono i rami della rete.
La risoluzione del sistema formato da L equazioni in L incognite porter,
pertanto, alla determinazione di tutte le correnti circolanti attraverso i rami
della rete elettrica assegnata. Cos la soluzione di una rete elettrica
attraverso lapplicazione delle leggi di Kirchhoff, richiede che vengano
inizialmente individuate le M maglie indipendenti; a tale scopo, ad esempio, possibile scegliere
queste maglie in modo che ciascuna abbia almeno un ramo che non fa parte delle maglie scelte
precedentemente. Quindi si attribuisce arbitrariamente il verso delle correnti attraverso ciascun
ramo ed un verso di percorrenza per ogni maglia. Successivamente, con riferimento ai versi scelti
per le correnti, si scrive lequazione (3.21) per ciascuno degli 1 N nodi; quindi si scrive
lequazione (3.22) per ciascuna delle M maglie; in particolare, se il generatore di forza
elettromotrice
m
E percorso dal verso della maglia dal polo negativo a quello positivo
considerato col segno positivo, altrimenti col segno negativo; inoltre, qualora nel ramo esimo l la
corrente
l
I concorde col verso scelto per la corrispondente maglia, laddendo
n l
R I preso col
segno positivo altrimenti col segno negativo. Una soluzione negativa per
le correnti indice del fatto che il verso effettivo per la corrente nel ramo
opposto a quello arbitrariamente stabilito.
Esempio: Consideriamo la rete di figura, in cui
1
R vale 15 ,
2
R e
3
R valgono 2 ,
4
R vale 9 ,
5
R vale 10 ed il generatore eroga una forza elettromotrice
0
V di 20V ;
stabiliamo la corrente che scorre attraverso il ramo BD. La rete possiede quattro nodi e
sei rami, per cui si avranno tre equazioni ai nodi e tre alle maglie. Attribuiamo dei versi
arbitrari alle correnti in ciascun ramo cos come indicato in figura ed assumiamo quale
verso per la percorrenza di ciascuna maglia quello orario. Scegliendo i nodi A, B e C si
hanno le seguenti equazioni ai nodi:
Gustav Kirchhoff
A C
D
B
R
1
R
2
R
3
R
4
I
1
I
3
I
2
I
4
I
6
V
0
I
5
R
5
3-18 Corrente elettrica e circuiti
1 3 6
1 2 5
2 4 6
0 ,
0 ,
0 ;
I I I
I I I
I I I
=
=
=
scegliendo le maglie ABDA, BCDB e ADCA si hanno le equazioni alle maglie:
1 1 3 3 5 5
2 2 4 4 5 5
3 3 4 4 0
0 ,
0 ,
;
R I R I R I
R I R I R I
R I R I V
=
=
=
pertanto per stabilire il valore della corrente
5
I occorre risolvere il seguente sistema di sei equazioni in sei incognite:
1
2
3
1 3 5 4
2 4 5 5
3 4 6 0
1 0 1 0 0 1 0
1 1 0 0 1 0 0
0 1 0 1 0 1 0
,
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0 0
I
I
I
R R R I
R R R I
R R I V
| | | | | |
| | |
| | |
| | |
=
| | |
| | |
| | |
| | |
| | |
\ . \ . \ .
quindi, posto:
3
1 3 5
2 4 5
3 4
1 0 1 0 0 1
1 1 0 0 1 0
0 1 0 1 0 1
2.51 10 .
0 0 0
0 0 0
0 0 0 0
D
R R R
R R R
R R
si ha
5
1 3
2 4
3 4 0
1 0 1 0 0 1
1 1 0 0 0 0
0 1 0 1 0 1
1
1.05 .
0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 0
I A
R R D
R R
R R V
Si noti che siccome il valore trovato negativo, il verso della corrente
5
I opposto a quello indicato in figura.
La soluzione di una rete elettrica pu essere notevolmente semplificata qualora questa sia piana,
ovvero qualora non vi siano rami che si incrociano; una tale rete pu essere considerata come
formata da sole maglie contigue. Per la soluzione di una rete con questa caratteristica, si
identificano le maglie indipendenti e si attribuisce a ciascuna di esse una circolazione fittizia di
corrente (corrente di maglia); facendo uso di tali correnti si scrive la seconda legge di Kirchhoff per
ogni maglia. Se la rete presenta M maglie contigue, e quindi M correnti di maglia, questo metodo,
dovuto a James Clerk Maxwell, comporta la redazione di un sistema di M equazioni in altrettante
incognite, che risulta, pertanto, risolvibile. Note le correnti di maglia, le effettive correnti che
percorrono i rami costituenti la rete si ottengono come differenza fra le correnti fittizie delle due
maglie contigue che hanno in comune il ramo interessato.
Corrente elettrica e circuiti 3-19
Esempio: Con riferimento allesempio precedente, stabiliamo il valore della corrente
5
I
facendo uso del metodo delle correnti di maglia. Pertanto associamo arbitrariamente
delle correnti alle maglie indipendenti ABDA, BCDB e ADCA cos come indicato in
figura. Applicando la seconda legge di Kirchhoff a tali maglie, si ha:
( )
( )
( )
1 3 5 1 5 2 3 3
5 1 2 4 5 2 4 3
3 1 4 2 3 4 3 0
0
0 ,
M M M
M M M
M M M
R R R I R I R I
R I R R R I R I
R I R I R R I V
+ + =
+ + =
+ =
ovvero:
1 3 5 5 3 1
5 2 4 5 4 2
3 4 3 4 3 0
0
0 .
M
M
M
R R R R R I
R R R R R I
R R R R I V
+ + | | | | | |
| | |
+ + =
| | |
| | |
+
\ . \ . \ .
Si noti che in questo caso la matrice dei coefficienti simmetrica e, inoltre, lelemento di posto ii rappresenta la somma
di tutte le resistenze presenti nella esima i maglia e lelemento di posto ij , con i j , rappresenta la somma, cambiata
di segno, delle resistenze comuni tra la maglia esima i e la maglia esima j . La corrente
5
I data dalla differenza
della corrente di maglia
1 M
I e la corrente di maglia
2 M
I che valgono, rispettivamente:
5 3
2 4 5 4
0 4 3 4
1
1 3 5 5 3
5 2 4 5 4
3 4 3 4
0
0
1.05 ,
M
R R
R R R R
V R R R
I A
R R R R R
R R R R R
R R R R
+ +
+
=
+ +
+ +
+
1 3 5 3
5 4
3 0 3 4
2
1 3 5 5 3
5 2 4 5 4
3 4 3 4
0
0
2.10 ,
M
R R R R
R R
R V R R
I A
R R R R R
R R R R R
R R R R
+ +
+
=
+ +
+ +
+
pertanto:
5 1 2
1.05 2.10 1.05 .
M M
I I I A A A =
Malgrado lapplicazione delle leggi di Kirchhoff consenta in principio la
soluzione di qualsiasi rete elettrica, spesso tale approccio risulta, nella
pratica, piuttosto complesso. Sebbene esistano numerosi teoremi relativi
alla soluzione delle reti elettriche che consentono di fare a meno delle leggi
di Kirchhoff, in questa sede presentiamo il solo teorema formulato
dallingegnere francese Lon Charles Thvenin nel 1883, derivato dal
principio del generatore equivalente di Helmholtz del 1853. Il teorema di
Thvenin afferma che una qualsiasi rete elettrica contenente, in generale,
resistori e generatori, compresa tra due morsetti, risulta equivalente alla
serie di un generatore di forza elettromotrice
E
V ed una resistenza
E
R ; la
forza elettromotrice
E
V rappresenta la differenza di potenziale che si misura
A C
D
B
R
1
R
2
R
3
R
4
V
0
I
5
R
5
I
M2
I
M1
I
M3
Lon Charles Thvenin
3-20 Corrente elettrica e circuiti
tra i due morsetti della rete, quando questi sono aperti. La resistenza
E
R si valuta applicando ai due
morsetti una differenza di potenziale V e trovando la corrente erogata I dopo aver sostituito i
generatori presenti nella rete con le proprie resistenze interne, risulta allora
E
R V I = .
Esempio: Alla luce del teorema di Thvenin la rete dellesempio precedente pu essere
schematizzata, relativamente ai morsetti B e D come mostrato in figura. Il generatore
E
V eroga
una forza elettromotrice pari alla differenza di potenziale presente tra tali morsetti a vuoto,
ovvero in assenza del resistore
5
R . Con riferimento allo schema di figura, note le correnti
AB
I e
AD
I :
0
1 2
20
1.18
15 2
AB
V V
I A
R R
= =
+ +
,
0
3 4
20
1.82
2 9
AD
V V
I A
R R
= =
+ +
,
la tensione
E
V pari alla differenza di potenziale
4
BD
V :
1 3
15 1.18 2 1.82 14.01
E BD AB AD
V V R I R I A A V = = + = + .
La determinazione della resistenza equivalente
E
R
richiede che il generatore
0
V venga sostituito con la sua
resistenza equivalente, ovvero, essendo tale resistenza nulla, che venga sostituito con un
cortocircuito
5
; dopo tale operazione i punti A e C saranno collegati tra loro, pertanto la
resistenza
1
R risulter in parallelo alla resistenza
2
R e, analogamente, la resistenza
3
R
risulter in parallelo alla resistenza
4
R ; inoltre queste coppie di resistenze in parallelo
saranno collegate in serie tra loro, cos come mostrato in figura. La resistenza compresa
tra i morsetti B e D vale quindi:
3 4 1 2
1 2 3 4
15 2 2 9
3.4 .
15 2 2 9
E
R R R R
R
R R R R
= + = +
+ + + +
La corrente attraverso la resistenza
5
R sar quindi:
5
5
14.01
1.05 .
3.4 10
E
E
V V
I A
R R
= =
+ +
Al di la del vantaggio connesso al minor numero di calcoli necessari a conseguire il risultato, si
osservi che qualora si debba calcolare la corrente
5
I in corrispondenza di un altro valore della
resistenza
E
R , facendo riferimento al circuito equivalente sufficiente eseguire il solo calcolo
finale; viceversa la stessa determinazione attraverso luso delle leggi di Kirchhoff richiede
nuovamente la risoluzione di un sistema di equazioni lineari.
Esempio: (retta di carico) La determinazione della corrente attraverso il carico resistivo r e
della differenza di potenziale ai capi di tale carico nel circuito di figura possono essere
effettuate attraverso un procedimento grafico. Dallapplicazione della legge di Kirchhoff per
le tensioni al circuito considerato segue:
V v Ri =
dove v r i = . Tale relazione pu esprimersi attraverso il sistema di equazioni:
4
Con questa scrittura si sottintende la differenza di potenziale
B D
V V .
5
Cio da una resistenza di valore nullo.
D
B
R
5
I
5
R
E
V
E
A C
D
B
R
1
R
2
R
3
R
4
I
AB
I
AD
I
AB
I
AD
V
0
V
E
A C
D
B
R
1
R
2
R
3
R
4
R
E
A C
D
B
R
1
R
2
R
3
R
4
i
R
r
V
v
Corrente elettrica e circuiti 3-21
1
1
V
i v
R R
i v
r
= +
che pu essere risolto graficamente rappresentando nello stesso
piano iv le due equazioni
( ) 1 i r v =
e
( ) 1 i R v V R = +
e
determinando la loro intersezione. I valori di corrente i e tensione v
corrispondenti allintersezione, che prende il nome di punto di
lavoro del circuito, costituiscono la soluzione cercata:
,
.
V
i
R r
Vr
v
r r
=
+
=
+
.
La retta descritta dallequazione
( ) 1 i R v V R = +
denominata retta di carico. Questo
approccio risulta particolarmente efficace qualora la relazione che lega la corrente i alla
tensione v del carico collegato alla serie tra il generatore di forza elettromotrice V e la
resistenza R non sia lineare. Consideriamo ad esempio il circuito di figura in cui al posto
della resistenza r stato sostituito un componente, un diodo, la cui relazione che lega la
corrente i che lo attraversa con la differenza di potenziale v ai suoi capi non sia nota
analiticamente, ma solo in forma grafica. Lapplicazione di questo metodo corrisponde a
risolvere graficamente il sistema di equazioni:
( )
1 V
i v
R R
i f v
= +
in cui
( ) i f v =
indica lequazione del diodo, nota solo in forma
grafica. Lintersezione tra la caratteristica corrente-tensione del
diodo con la retta di carico consente di stabilire il punto di lavoro
del circuito. Si osservi che la retta di carico del circuito pu essere
tracciata rapidamente in quanto lintersezione con lasse
orizzontale rappresentata dalla valore della tensione v ai capi del
carico quando questo sostituito da un circuito aperto e
lintersezione con lasse verticale costituita dal valore della
corrente i che attraversa il circuito quando il carico sostituito con
un cortocircuito.
i
D
R
V
v
O v
i
V R
) v i = r (1
) v R (1 - i = +V R
v
i
V
O
i
) v R (1 - i = +V R
v
i
v V
V R
3-22 Corrente elettrica e circuiti
3.9 Circuiti in regime quasi stazionario
La descrizione dei circuiti attraverso le leggi di Kirchhoff consentita dal fatto che i circuiti
considerati si trovano nel regime stazionario definito attraverso la relazione (3.5). Sebbene lanalisi
dei circuiti in regime non stazionario risulti generalmente piuttosto complessa ed esula dalle finalit
di questo corso, possibile perseguire lo studio dei circuiti in condizioni tali che ad ogni istante le
correnti possono essere ritenute di intensit costante e pari a quelle che si avrebbero nelle
condizioni stazionarie in cui i campi elettromotori che le originano assumerebbero gli stessi valori
che assumono nel caso in esame allistante considerato. Ci corrisponde a ritenere che le correnti in
seno ai circuiti varino in maniera sufficientemente lenta da consentire a tutto il conduttore il
raggiungimento, ad ogni istante, delle condizioni proprie del regime di funzionamento stazionario.
In questa situazione il conduttore detto in regime quasi stazionario. Naturalmente la trattazione
che segue sar applicabile nelle circostanze in cui tale assunzione risulti legittima, ovvero ogni volta
che possibile assumere che le correnti nei circuiti siano praticamente costanti, relativamente al
tempo necessario affinch si ridistribuiscano sul conduttore gli eventuali addensamenti locali di
carica.
Esempio: Consideriamo un conduttore omogeneo e isotropo originariamente in equilibrio stazionario, ossia tale che la
densit di carica ed il campo elettrico E
al suo interno siano nulli. Supponiamo che per 0 t = venga situata una certa
carica nel conduttore, in modo che la densit di carica interna non sia pi nulla e, in particolare, risulti pari a
0
.
Stabiliamo dopo quanto tempo questo eccesso di carica si distribuisce sulla superficie del conduttore in maniera tale che
si raggiunga la condizione di stazionariet. Dalle relazioni (3.4) e (3.8), si ha:
( )
J E E
t
= = =
dove lultimo passaggio segue dallomogeneit del materiale che costituisce il conduttore. Daltra parte, siccome
E =
, dove la costante dielettrica del conduttore, si ha:
. E
t
= =
Posto:
,
integrando lespressione precedente, risulta:
0
0
1 1
,
t
d d
=
da cui segue:
0
.
t
e
=
Il tempo prende il nome di tempo di rilassamento, e rappresenta il tempo necessario affinch la carica interna al
conduttore si riduce di un fattore pari a 1 e (il 37 % circa) rispetto al valore iniziale. Per un conduttore perfetto, in cui la
conducibilit infinita, il tempo di rilassamento nullo. Per il rame, praticamente uguale a
12
0
8.854 10 F m
e
( )
1
7
5.8 10 m
, cos
19
1.5 10 s
. Daltra parte, per il quarzo fuso il tempo di
Corrente elettrica e circuiti 3-23
rilassamento di 10 giorni circa. Dopo un tempo pari a qualche costante di tempo da quando stata introdotta la carica
nel conduttore, la carica netta ed il campo elettrico nel conduttore possono essere ritenuti praticamente nulli.
Lesempio precedente mostra come, per materiali che siano buoni conduttori elettrici,
lapprossimazione di quasi stazionariet possa ritenersi soddisfacente in numerosi casi di interesse
fisico. Questo implica, ad esempio, che la corrente attraverso ogni sezione di uno stesso ramo ,
istante per istante, la stessa; daltra parte, poich i segnali elettrici si propagano attraverso i rami ad
una velocit finita e prossima a quella della luce nel vuoto, di circa
8
3 10 m s , ai fini della
descrizione dei circuiti con correnti variabili nel tempo facendo uso delle leggi proprie dei circuiti
in regime stazionario occorrer, inoltre, assumere che la variazione della corrente in seno a ciascun
ramo avvenga in un tempo trascurabile relativamente al tempo impiegato dalla luce a percorrere la
lunghezza totale del ramo in esame.
3.10 Carica e scarica di un condensatore
Consideriamo il circuito di figura in cui il condensatore C
inizialmente scarico; supponiamo che allistante iniziale 0 t =
linterruttore T venga chiuso; applicando la seconda legge di
Kirchhoff al circuito in esame, si ha:
( ) ( ) V v t Ri t = , (3.23)
in cui V indica la forza elettromotrice erogata dal generatore e ( ) v t la differenza di potenziale ai
capi del condensatore. Dal principio di conservazione della carica segue che la variazione dq della
carica ( ) q t presente sulle armature del condensatore, che si manifesta nel tempo dt , pari alla
carica ( ) i t dt che attraversa la resistenza R:
( ) dq i t dt = ; (3.24)
si noti che il segno della variazione dq positivo in quanto al passaggio della carica ( ) i t dt nella
resistenza corrisponde un aumento della carica sulle armature del condensatore. Poich:
( )
( ) q t
v t
C
= , (3.25)
sostituendo nella relazione (3.23) e, facendo uso della (3.24), si ha:
q dq
V R
C dt
= .
Separando le variabili e integrando, si ha:
0 0
1
q t
d
d
CV RC
,
R T
C V
v
i
3-24 Corrente elettrica e circuiti
posto:
RC , (3.26)
segue:
ln
t q CV
CV
| |
=
|
\ .
,
da cui si ha:
( ) ( )
1
t
q t CV e
= . (3.27)
Facendo uso della relazione (3.25) possibile ricavare la
legge di variazione della differenza di potenziale ai capi del
condensatore:
( ) ( )
1
t
v t V e
= .
La quantit ha le dimensioni di un tempo e prende il nome
di costante di tempo del circuito e rappresenta il tempo,
misurato rispetto allistante iniziale, in corrispondenza del
quale la differenza di potenziale ai capi del condensatore risulta inferiore di 1 e volte rispetto al suo
valore massimo. Lespressione della corrente attraverso la resistenza pu essere ricavata dalla (3.27)
attraverso la relazione (3.24):
( )
( )
t t t
dq t
CV CV V
i t e e e
dt RC R
= = = = ;
si noti che la corrente allistante iniziale 0 t = vale V R ,
ovvero pari alla corrente che circolerebbe nel circuito qualora
il condensatore fosse sostituito da un cortocircuito, daltra
parte, per 0 t = , dalla (3.27) segue ( ) 0 q t = e, di conseguenza,
dalla (3.25), anche ( ) 0 v t = . Qualora il condensatore possedes-
se, allistante iniziale, una carica non nulla, ossia ( )
0
0 q q ,
lintegrazione dellequazione (3.23) si effettuerebbe nella
maniera seguente:
0
0
1
q t
q
d
d
CV RC
,
da cui segue:
( ) ( )
0
t
q t CV q CV e
= + .
O t
V
t
v(t )
V
1
e
- 1
O t t
i(t )
V R
R) (e V
Corrente elettrica e circuiti 3-25
Indicando con
0
v la differenza di potenziale presente
allistante iniziale tra le armature del condensatore:
0
0
q
v
C
(3.28)
la differenza di potenziale ai capi del condensatore in un
istante generico, si scrive:
( ) ( )
0
t
v t V v V e
= + .
Nellipotesi in cui il condensatore sia originariamente scarico, lenergia U erogata dal generatore
nel processo di carica vale:
( ) ( )
2
2
0 0 0
t
V
U p t dt Vi t dt e dt CV
R
= = = =
;
al termine del processo di carica, met di questa energia diventa energia elettrostatica
immagazzinata nel condensatore:
( ) ( ) ( )
2
2 2 2
1 1 1
lim lim lim 1
2 2 2
t
e e
t t t
U u t Cv t CV e CV
= = = = ,
e laltra met risulta dissipata per effetto Joule nella resistenza, cio, facendo uso della relazione
(3.15), si ha:
( )
2 2
2 2 2 2
2
0 0 0
1
2
t t
J
V V
U Ri t dt R e dt e dt CV
R R
= = = =
.
Consideriamo il circuito di figura in cui il condensatore C inizialmente
carico, ossia ( )
0
0 q q , nellistante in cui linterruttore T viene chiuso;
applicando la seconda legge di Kirchhoff al circuito in esame, si ha:
( ) ( ) v t Ri t = ,
daltra parte, valendo ancora la relazione (3.25), risulta:
( )
( )
q t
Ri t
C
= . (3.29)
Nel tempo dt la resistenza attraversata da una carica ( ) i t dt , dal principio di conservazione della
carica segue che tale quantit deve rappresentare anche la diminuzione della carica ( ) q t posseduta
dal condensatore, cio:
( ) dq i t dt = ,
V 1
e
O t
V
t
v(t )
1
-
v
0
+
e
v
0
C R
v
i
T
3-26 Corrente elettrica e circuiti
pertanto, sostituendo nella relazione (3.29), si ha:
q dq
R
C dt
= .
Posto come dalla (3.26), separando le variabili e integrando, segue:
0
0
1
q t
q
d
d
=
,
ovvero:
0
ln
t q
q
| |
=
|
\ .
,
cio:
( )
0
t
q t q e
= .
Facendo uso della (3.25), ossia dividendo ambo i membri della
precedente espressione per C, si trova landamento della
differenza di potenziale ai capi del condensatore:
( )
0
t
v t v e
= ,
in cui
0
v , la differenza di potenziale presente allistante iniziale
tra le armature del condensatore, definita come nella (3.28).
Dalla (3.29), infine, possibile determinare landamento della
corrente attraverso la resistenza:
( )
0 t
v
i t e
R
= .
A partire da questa espressione e facendo uso della (3.15), si
pu stabilire lenergia dissipata nella resistenza a partire
dallistante in cui si chiude il tasto T:
( )
2 2 2
2 2 2 0 0 0
2
0 0 0
1
2
t t
J
v v q
U Ri t dt R e dt e dt
R R C
= = = =
;
tale quantit risulta pari allenergia elettrostatica immagazzinata nel condensatore allistante iniziale.
O t t
v(t )
v
0
e v
0
O t t
i(t )
R
R) (e
v
0
v
0
Corrente elettrica e circuiti 3-27
Esempio: Consideriamo il circuito di figura in cui
1
R vale 1k ,
2
R e
3
R valgono
entrambe 2 k ,
1
C vale 1 F ,
2
C vale 2 F ed il generatore eroga una forza
elettromotrice V di 10V ; stabiliamo le cariche
1
q e
2
q presenti sulle armature dei
due condensatori allequilibrio. In tale condizione, poich i rami contenenti i
condensatori non sono attraversati da corrente, la corrente erogata dal generatore
vale:
1 2 3
10
2 ,
1 2 2
V V
I mA
R R R k k k
= = =
+ + + +
cos le differenze di potenziale ai capi di ciascun condensatore valgono rispettivamente:
( ) ( )
1 1 2
2 1 2 6 , V I R R mA k k V = + = + =
( ) ( )
2 2 3
2 1 2 8 , V I R R mA k k V = + = + =
da cui segue:
1 1 1
1 6 6 , q CV F V C = = =
2 2 2
2 8 16 , q C V F V C = = =
Esempio: Nel circuito di figura, il condensatore
1
C di 2 F , inizialmente
caricato alla tensione di 200V , per effetto della chiusura dellinterruttore T
allistante 0 t = viene collegato alla serie costituita dalla resistenza R di 10 k
e dal condensatore
2
C di 4 F , inizialmente scarico. Stabiliamo la differenza di
potenziale presente tra le armature di
2
C , 5ms dopo la chiusura
dellinterruttore. Applicando la seconda legge di Kirchhoff alla maglia che si
ottiene alla chiusura dellinterruttore, si ha:
( ) ( ) ( )
1 2
v t v t Ri t =
ossia, se
( )
1
q t
e
( )
2
q t
sono rispettivamente le cariche al tempo t sui condensatori
1
C e
2
C :
( ) ( )
( )
1 2
1 2
.
q t q t
Ri t
C C
=
Derivando ambo i membri rispetto al tempo, si trova:
1 2
1 2
1 1
.
dq dq di
R
C dt C dt dt
=
(3.30)
Col verso scelto, la corrente
( ) i t
pari a
2
dq dt :
2
,
dq
i
dt
=
(3.31)
inoltre, dal principio di conservazione della carica risulta:
1 2
, dq dq =
da cui segue lidentit
1 2
dq dt dq dt = , pertanto la relazione (3.30) diventa:
( )
1 2
1 1
,
di
i i R
C C dt
=
R
1
R
3
R
2
C
1
C
2
V
R T
i
C
1
C
2
v
2
v
1
3-28 Corrente elettrica e circuiti
da cui, posto:
1 2
1
1.33 ,
1 1
E
C F
C C
+
risulta:
1
.
E
di
i
dt RC
=
In corrispondenza dellistante iniziale il condensatore
2
C scarico, per cui si comporta come un cortocircuito, cio
risulta
( )
2
0 0 q =
e di conseguenza
( )
2
0 0 v =
, pertanto la corrente
( ) i t
in tale istante vale
( )
1
0 v R
cos, integrando la
precedente equazione:
( )
1
0 0
1
,
i t
E v
R
d
d
RC
=
si ha:
( )
( )
1
0
.
E
t RC
v
i t e
R
=
Infine, nota lespressione della corrente
( ) i t
, possibile sostituirla nella relazione (3.31) per ricavare
( )
2
q t
e, di
conseguenza
( )
2
v t
:
( )
( )
( )
( )
( ) ( )
2 1 1
2 1
2 2 2 1 2 0 0
5
10 1.33
0 1 1
0 1
2
200 1 20, 9 .
2 4
E E
t t
RC t RC
ms
k F
q t v C
v t i d e d v e
C C C R C C
F
V e V
F F
= = = = =
+
| |
= |
|
+
\ .
Esempio: Nel circuito di figura stabiliamo la legge di variazione della differenza di
potenziale
( ) v t
ai capi del condensatore C a partire dallistante iniziale in cui viene
chiuso il tasto T. Il circuito presenta due nodi e tre rami, quindi si avranno una equazione
ai nodi e due alle maglie. In corrispondenza del nodo N, indicando con
( ) dq t dt
la
corrente che scorre nel ramo contenente il condensatore, risulta:
( ) ( )
( )
( )
( )
1 2
dq t dv t d
i t i t Cv t C
dt dt dt
= = =
; (3.32)
assumendo quale verso di percorrenza delle due maglie scelte quello orario, le due equazioni
corrispondenti sono:
( ) ( )
1 1
V v t R i t =
; (3.33)
( ) ( )
2 2
v t R i t =
. (3.34)
Ricavando
( )
1
i t
dalla (3.33) e
( )
2
i t
dalla (3.34) e sostituendo nella (3.32), si ottiene:
( ) ( ) ( )
1 2
V v t v t dv t
C
R R dt
=
,
C
T
V
v
N
M
i
1
R
1
R
2
i
2
C
dq
dt
i
1
i
2
Corrente elettrica e circuiti 3-29
da cui segue:
( )
( )
1 2 2
1 2 1 2
.
dv t R R R
C V v t
R R dt R R
=
+ +
(3.35)
Posto quindi:
2
1 2
,
E
R
V V
R R
+
(3.36)
1 2
1 2
,
E
R R
R
R R
+
(3.37)
lequazione (3.35) diventa:
( )
( ) ,
E E
dv t
R C V v t
dt
=
che risulta formalmente uguale a quella relativa alla carica di un condensatore C ad una differenza di potenziale
E
V
attraverso una resistenza
E
R , per cui, posto
E E
R C , la soluzione
( ) v t
:
( ) ( )
1
E
t
E
v t V e
=
(3.38)
Si noti che tale problema poteva essere risolto pi semplicemente applicando il teorema di
Thvenin al ramo NM. Alla luce di questo principio, una volta chiuso il tasto T la rete pu
essere schematizzata come mostrato in figura, per cui la legge di carica del condensatore sar
data dalla relazione (3.38). In questa schematizzazione, la forza elettromotrice
E
V la
differenza di potenziale che si rileva, a tasto chiuso, tra i morsetti N e M col condensatore
scollegato, ovvero il valore fornito dalla relazione (3.36); la resistenza equivalente
E
R quella
compresa tra i morsetti N e M, a tasto chiuso, quando il generatore di forza elettromotrice V
sostituito dal un cortocircuito, ovvero lespressione indicata dalla relazione (3.37).
M
N
C
v
R
E
V
E
4 IL CAMPO MAGNETICO STATICO
Analogamente al caso dei fenomeni elettrici, anche i fenomeni magnetici erano noti sin dagli
antichi greci i quali denominarono il minerale proveniente dalla regione di
in Macedonia, responsabile di tali fenomeni. Nel 600 a.c. Talete per primo formul una
teoria dei fenomeni magnetici che attribuiva le azioni attrattive al possesso di una sorta di anima; sia
Platone che Lucrezio invece ritenevano che, come nel caso elettrico, i fenomeni magnetici erano
dovuti allemissione di effluvi da parte dei materiali magnetici.
SantAgostino nel 428 per primo descrisse il fenomeno secondo cui, quando un magnete solleva
una catena di ferro, ogni anello esercita unattrazione magnetica sugli anelli successivi, inoltre
rilev come un pezzo di ferro situato su un piatto dargento viene
posto in movimento dallazione di un magnete al di sotto del piatto.
SantAgostino non formul particolari ipotesi sullorigine di tali
fenomeni attribuendone genericamente lorigine ad una manifesta-
zione della divinit.
Nell11 secolo si scopr che un ago di ferro opportunamente
magnetizzato servendosi di una calamita, quando veniva deposto
sullacqua sopra una tavoletta di legno si orientava nella direzione
nord-sud. Lago di ferro cos preparato fu successivamente sostituito
da un magnete permanente
1
e il dispositivo, dotato di un sistema di
sospensioni tale da mantenerlo sempre disposto orizzontalmente
malgrado le sollecitazioni cui poteva essere soggetto, fu chiamato bussola.
Nel 1262 Petrus Peregrinus da Marincourt, con lobiettivo di descrivere una macchina che
realizzava il moto perpetuo scrisse, sotto forma di epistola, il trattato sul magnetismo De magnete.
In questo documento Peregrinus elencava le principali caratteristiche dei magneti permanenti e
spiegava come identificare le polarit di un magnete permanente sagomato a forma di sfera. Inoltre
in questo trattato descritto il fenomeno dellinduzione magnetica, secondo cui un corpo di ferro
diventa esso stesso un magnete quando posto in prossimit di una calamita e il fenomeno secondo
cui una calamita spezzata in due parti continua ad essere una calamita, conservando le polarit.
Peregrinus rigetta unipotesi allora comune che attribuiva lorientazione dellago della bussola alla
presenza di grossi giacimenti di materiale magnetico nelle regioni
settentrionali della Terra, attribuendo invece questo fenomeno ad un
influsso del cielo. Peregrinus rileva anche la declinazione magnetica,
cio langolo tra la direzione indicata dallago della bussola e il
meridiano geografico in Italia. Solo allinizio del 16 secolo, quando
diventarono comuni i viaggi transoceanici si comprese che la
declinazione magnetica varia da luogo a luogo e, nel 1635 Henry
Gelibrand mostr che tale grandezza, in uno stesso luogo, soggetta a
lente derive temporali. Nel 1544 Georg Hartmann costat il fenomeno
dellinclinazione magnetica, secondo cui un ago calamitato in grado
di ruotare attorno ad unasse orizzontale, orienta il polo nord verso il
basso nellemisfero boreale.
Ispirato ai lavori di Peregrinus, Gilbert realizz quale modello
1
Per indicare il nord magnetico, lago era sagomato a forma di freccia, calamus in latino, da cui deriv il termine
calamita per denominare i magneti permanenti.
Bussola del 17 secolo con sospen-
sione cardanica (Robert Dudley,
Dellarcano del mare, Firenze 1646)
Bussola riprodotta da Petrus
Peregrinus da Marincourt nel trattato
De magnete
4-2 Il campo magnetico statico
della Terra un magnete di forma sferica al quale attribu il nome di
terrella. Spostando sulla superficie della terrella un piccolo ago
magnetico Gilbert era in grado di riprodurre lorientamento della
bussola verso il nord terrestre. Da tale risultato Gilbert dedusse che la
Terra si comporta come una grande calamita. Attualmente si ritiene che
il centro della Terra sia costituito da materiali ferrosi allo stato fuso i
quali, trascinati dalla rotazione terrestre generano delle correnti
elettriche che, come si vedr nel seguito, originano un asse dipolare
nord-sud. Nel De magnete di Gilbert viene riportata anche
losservazione secondo cui un pezzo di ferro, fucinato mentre
orientato nella direzione nord-sud, si magnetizza secondo tale direzione.
Per quanto riguarda le ipotesi sullorigine del fenomeno magnetico, Gilbert si rif alle idee
animistiche di Talete.
Nel 1750 il fisico inglese John Michell scopr che la forza repulsiva tra i
poli omologhi di due magneti varia con linverso del quadrato della
distanza. Tale legge fu confermata indipendentemente nel 1789 da
Coulomb adoperando una bilancia di torsione.
Lanalogia tra i fenomeni di repulsione elettrica e magnetica aveva
suggerito, gi ai primi sperimentatori, lidea dellesistenza di un qualche
legame tra questi due fenomeni. Franklin aveva notato leffetto di
magnetizzazione di una cassa contenente stoviglie metalliche colpita da un
fulmine e Beccaria riusciva a magnetizzare un pezzo di ferro utilizzando la
scarica di una bottiglia di Leyda. La disponibilit di correnti costanti di
forte intensit seguita allinvenzione della pila forn un nuovo impulso alla
ricerca della connessione tra il fenomeno elettrico e quello magnetico.
Prima del 1820 i soli fenomeni magnetici noti erano prodotti dalle calamite o dal ferro magnetizzato,
nel luglio di quellanno il fisico danese Hans Christian rsted nel corso di unesperienza
dimostrativa presso la propria abitazione, finalizzata a provare il riscaldamento di un filo conduttore
percorso da corrente, si accorse della deviazione dellago di una bussola in corrispondenza del
passaggio della corrente attraverso il filo. In particolare, in disaccordo con lopinione comune che
riteneva che tutte le interazioni di natura elettrica o magnetica si propagavano lungo la
congiungente le cariche elettriche o i poli magnetici, rsted osserv che lago della bussola si
dispone sempre perpendicolarmente al filo percorso da corrente.
In elettrostatica stato introdotto il campo elettrico come
mediatore dellinterazione tra cariche cos, in principio, potrebbe
essere perseguito un metodo analogo per lintroduzione del
campo magnetico, tuttavia, non essendo mai state osservate delle
cariche magnetiche isolate, tale approccio risulta nella pratica
insoddisfacente. Lesperienza di rsted rivela che i campi
magnetici sono prodotti da cariche in moto e, come si vedr tra
breve, i campi magnetici hanno effetto sulle cariche in moto;
pertanto unanalogia al caso elettrostatico pi adeguata alla
descrizione dei fenomeni magnetici comporta lassunzione che il
campo magnetico media linterazione tra cariche in movimento
ovvero tra correnti.
Hans Christian rsted
Lesperienza di rsted
Direzione dellago della bussola in
corrispondenza di vari punti sulla
terrella di Gilbert
Il campo magnetico statico 4-3
4.1 Forza di Lorentz
Prescindendo per il momento dalle sorgenti del campo magnetico, valutiamo
come si esplica linterazione tra un campo magnetico ed una particella carica. Allo
scopo assumiamo che la particella non sia soggetta ad altri campi al di fuori di
quello magnetico che, assumiamo, sia uniforme. Sperimentalmente, si verifica che,
qualora la carica sia in quiete su di essa non si esercita alcuna forza. Supponiamo
che la particella sia posta in movimento; in tal caso si osserva che il moto della
particella non si mantiene rettilineo uniforme; lassenza, per ipotesi, di altri campi
suggerisce lesistenza di uninterazione tra la particella in moto ed il campo magnetico presente
nella regione considerata. In una teoria sullelettrone, nel 1892 il fisico olandese Hendrik Antoon
Lorentz prov che se B
sono,
rispettivamente, la carica e la velocit della particella, la forza F
(4.1)
e, in modulo,
sin F qvB = ,
se langolo compreso tra v
e B
vale qE
, misurando F
si pu
risalire sia allintensit che allorientazione di E
sempre
perpendicolare al piano definito dai vettori v
e B
.
Poich la forza sempre perpendicolare alla direzione della velocit, il lavoro elementare
eseguito da tale forza vale:
( )
0 dL F dl F v dt qv B v dt = = = =
,
cio, il lavoro compiuto dalla forza magnetica su una particella in moto nullo; ne segue che
lenergia cinetica della particella resta invariata durante tale moto e, di conseguenza, la velocit
cambia in misura tale da lasciare invariato il modulo.
Lunit di misura del campo magnetico il tesla (T), anche noto come weber per metro quadro
(
2
Wb m ), ed definito attraverso lespressione (4.1); 1 T rappresenta lintensit del campo
magnetico che determina una forza di 1 N su di una carica di 1 C che si muove col la velocit di
1m s perpendicolarmente al campo, cos:
| |
2
Wb N N
B T
m
m A m
C
s
= = = =
;
r
B
r
v
r
F
4-4 Il campo magnetico statico
unaltra unit di uso comune il gauss (G) e risulta che 1T uguale a
4
10 G.
Se agiscono contemporaneamente un campo elettrico E
ed un campo magnetico B
su una
particella di carica q in moto con velocit v
;
bench venne ottenuta in questa forma nel 1889 dallingegnere inglese Oliver Heaviside come
generalizzazione di risultati sperimentali, F
giace su di un piano
perpendicolare alla direzione di B
= =
2
Linverso di tale espressione:
2
qB
f
m
=
,
prende il nome di frequenza di ciclotrone, per ragioni che verranno spiegate in seguito.
r
F
R
X
r
B
0
v
r
Il campo magnetico statico 4-5
e risulta indipendente dalla velocit
0
v
. Decomponendo il vettore
0
v
e
0
v
, tali
che:
0 0
sin , v v
=
0 0
cos , v v =
allora, dalla relazione (4.1), siccome
0
v
e B
= =
Quindi, il moto della particella lungo la direzione parallela a B
= =
2
.
m
T
qB
=
Pertanto, la traiettoria descritta dalla particella unelica cilindrica il cui passo p vale:
0
0
2 cos
.
mv
p v T
qB
= =
Lesempio precedente mostra un approccio per lo studio del moto di una particella carica in un
campo magnetico, tuttavia possibile risolvere questo tipo di problemi in maniera pi formale,
proiettando sugli assi coordinati lequazione del
moto:
2
2
d r dr
m qE q B
dt dt
= +
. (4.2)
Esempio: Relativamente al caso trattato nel precedente
esempio, il campo elettrico assente mentre il campo
magnetico uniforme; ponendo lasse z parallelamente alla
direzione di B
R
X
r
B
J
0
v
r
0^
v
r
0P
v
r
p
r
B
0
v
r
Traiettorie spiraleggianti di un elettrone (a sinistra) e un
positrone (a destra) in una camera a bolle. Il mezzo sensibile di
questo rivelatore di particelle costituito da un liquido ad una
temperatura prossima al suo punto di ebollizione. Il passaggio di
una particella ionizzante attraverso il liquido evidenziato dalla
scia di bolle prodotte nel liquido lungo la traiettoria.
Perpendicolarmente al piano del foglio e uscente da questo
disposto un campo magnetico che determina il percorso circolare
delle particelle e consente di stabilirne la carica; la forma delle
traiettorie in effetti a spirale in quanto durante il loro percorso
le particelle perdono energia negli urti col mezzo e di
conseguenza il raggio di curvatura delle traiettoria tende a
ridursi. Il positrone e lelettrone sono stati creati in coppia dal
decadimento di un fotone proveniente dal basso, invisibile
perch, essendo privo di carica, non produce bolle nel liquido.
4-6 Il campo magnetico statico
si perviene quindi ad un sistema di equazioni differenziali che pu essere risolto in modo tradizionale, una volta definite
le condizioni iniziali.
Esempio: (il ciclotrone) Le sperimentazioni di fisica nucleare vengono
solitamente condotte adoperando delle macchine acceleratrici in cui particelle
cariche sono portate ad elevate energie cinetiche prima di essere utilizzate
quali proiettili contro nuclei; lanalisi degli effetti delle collisioni fornisce delle
indicazioni sulle caratteristiche delle forze nucleari e delle particelle
elementari. Nel ciclotrone, inventato da Ernest Orlando Lawrence nel 1932, un
campo elettrico di piccola estensione viene ripetutamente attraversato da
particelle cariche in modo che ad ogni passaggio esse vengono accelerate
mentre un campo magnetico, normale alla direzione della velocit delle
particelle viene adoperato per incurvare la traiettoria e riportare le particelle
sotto lazione del campo elettrico per una successiva accelerazione. In figura
mostrato lo schema di tale macchina. Le particelle si muovono, sotto vuoto, in
una camera formata da due semiscatole cilindriche conduttrici cave (D)
separate tra loro in modo che, mediante lapplicazione di unopportuna
differenza di potenziale
( ) v t
, nella zona libera tra le due D si stabilisce un
campo elettrico
( ) E t
uniforme e
costante che, per effetto della forza di Lorentz impone una traiettoria semicircolare alle particelle. Una particella carica,
emessa da una sorgente di ioni S posta al centro del dispositivo, viene accelerata dal campo elettrico
( ) E t
acquistando
energia cinetica. La velocit della particella diretta verso una cavit dove il campo B
invertito rispetto a
( ) E t
normale a v
, in cui
d
v
,
dove J
la densit di corrente nel conduttore. La forza agente su ciascuna carica viene trasferita a
tutta la massa del filo conduttore attraverso gli urti con gli atomi che lo costituiscono. Pertanto, la
forza che si esplica su di un volume elementare dV pari a Sdl :
dF f dV J BSdl = =
.
Nellipotesi che il conduttore possa ritenersi filiforme, se
pu esprimersi come
vale
dl t , la
relazione precedente diviene:
( )
dF J BSdl J t BSdl J t dl BS JS dl B = = = =
.
Nellipotesi che la densit di corrente sia uniforme in tutto il conduttore e perpendicolare alla sua
sezione, il prodotto JS pari alla corrente I attraverso il conduttore, pertanto:
dF I dl B =
, (4.3)
espressione ricavata da Andr Marie Ampre nel
1820 che per primo ebbe lidea di descrivere il
conduttore percorso da corrente come un insieme di
elementi di corrente I dl
t
q
S d
v
r
r
B
Il campo magnetico statico 4-9
V
U
F I dl B =
. (4.4)
Esempio: Consideriamo un filo conduttore curvo, percorso da una corrente I, posto in un
campo magnetico uniforme B
stato portato fuori dal segno di integrale poich, essendo uniforme, assume lo stesso valore in corrispondenza
di ciascun elemento dl del conduttore. Daltra parte lintegrale tra parentesi rappresenta il vettore risultante l
di tutti
gli elementi dl
del conduttore:
,
V
U
l dl
cos la forza F
inoltre il campo B
allora, sostituendo nella (4.4), si ha:
( )
( )
0
0 ,
V V
U U
x y z
V V V V V
z z y x z z y x
U U U U U
z z y x
x y z
x y z
F I dl B I dx dy
B B B
I x B dy y B dx z B dx B dy I x B dy y B dx z B dx z B dy
x y z
I x B y y B x z B x z B y I x y I l B
B B B
= = =
| |
(
= + = + =
|
\ .
= + = =
in cui si posto:
. l x x y y +
r
B
U
V
r
l
r
l
r
dl
r
B
C
r
dl
4-10 Il campo magnetico statico
0 , dl =
C
cos, di conseguenza:
0. F =
Tale risultato ci porta a concludere che la forza magnetica totale che si esercita su una spira percorsa da corrente,
immersa in un campo magnetico uniforme, nulla.
Esempio: (forza magnetica su una spira rettangolare)
Sempre nel 1820 rsted sospendendo una piccola pila ad un
filo e chiudendo il circuito ne costat la rotazione in
corrispondenza dellavvicinamento di un magnete.
Consideriamo una spira rettangolare rigida immersa in un
campo magnetico uniforme B
| |
= + =
|
\ .
in cui rappresenta langolo tra la normale n alla spira e la direzione del vettore B
=
e, siccome entrambi i momenti hanno uguali intensit, direzioni e versi, il momento
totale
= = = =
(4.6)
in cui si sostituita lespressione di F dalla (4.5). Daltra parte, il prodotto LL
rappresenta larea S della spira, per cui, introducendo un vettore cos definito:
m IS n
, (4.7)
la relazione (4.6) diventa:
sin mB = ;
Banco di Ampre, dispositivo per
lo studio dellinterazione di un
campo magnetico con una spira
percorsa da corrente.
J
J
J
-
-
r
B
O
r
F
n
L
r
B
n
L
L
O
I
r
F
I
r
F
r
F
Il campo magnetico statico 4-11
infine, a questa espressione pu essere fatta corrispondere la relazione vettoriale:
m B =
.
Dallesame di queste ultime due espressioni, possiamo osservare che il sistema raggiunge lequilibrio meccanico
quando 0 = , ovvero per 0 = , cio quando la spira si dispone perpendicolarmente al campo magnetico, ed i vettori
B
e m
risultano allineati.
Il vettore m
, (4.8)
e rappresenta una propriet generale delle spire chiuse percorse da corrente.
Esempio: (Galvanometro a bobina mobile) Uno degli strumenti pi comuni per la misura di correnti continue
costituito dal galvanometro a bobina mobile; la realizzazione di questo dispositivo nella forma qui indicata richiese
molto tempo. Ad esempio per misurare lintensit di corrente Ohm utilizzava una sorta di bilancia di torsione costituita
da un ago magnetico sospeso verticalmente tramite un filo metallico appiattito; quando una corrente parallela allago ne
causava la deviazione Ohm torceva il filo riportando lago nelloriginale posizione di riposo ed assumeva langolo di
torsione proporzionale allintensit della corrente. Nel 1821 Ampre realizz un galvanometro insensibile allazione
magnetica terrestre, tale dispositivo venne sensibilmente migliorato da Leopoldo Nobili nel 1825. Lo strumento qui
descritto fu sviluppato da Jacques Arsne DArsonval nel 1886. Il funzionamento di tale dispositivo basato sullazione
di una forza su di una spira percorsa da corrente immersa in un campo magnetico di modulo costante. Il campo
magnetico B
determina la rotazione della spira in modo che il suo piano si disponga perpendicolarmente alle linee di
campo e langolo compreso tra la direzione di B
=
.
La misura della corrente I attraverso una misura
dellangolo risulta poco pratica in quanto la
relazione precedente non lineare. Se il campo
magnetico B
r
F
I
r
F
r
F
-
r
F
I
S
r
S
4-12 Il campo magnetico statico
dellangolo , il momento torcente avrebbe modulo:
2 ,
2
L
IBL IBS
= =
cos la condizione di equilibrio diventa:
,
k
I
BS
=
che esprime una relazione lineare tra la corrente I e langolo . Come si vedr nel seguito, un campo magnetico con le
caratteristiche richieste si ottiene sagomando le espansioni polari di un magnete permanente in modo da alloggiare un
cilindro verticale di ferro dolce intorno al quale sono avvolte un numero N di spire. Tra cilindro e magnete, il campo B
risulta costante in modulo ed ortogonale alla superficie del cilindro. Laver avvolto N spire consente di aumentare la
sensibilit dello strumento, intesa come la variazione d dellangolo corrispondente ad una variazione dI della
corrente. Infatti, dalla relazione precedente si ha in questa circostanza, che la corrente I vale
( ) k NBS
; pertanto:
,
d NBS
dI k
= =
che risulta quindi N volte pi grande rispetto al caso in cui fosse presente una sola spira. Si noti infine che pu essere
accresciuta diminuendo k; ci pi ottenersi sostituendo le molle con una coppia di fili. Se i fili risultano abbastanza
sottili, la loro costante elastica corrispondente alla torsione minore di quella delle molle. La misura dellangolo di
deviazione dalla posizione di riposo relativa ad una corrente nulla viene effettuata rilevando lo spostamento s di un
indice solidale alla bobina su una scala graduata posta a distanza d dalla bobina. Se la scala ha n divisioni e
0
s
lampiezza di quella pi piccola, lo spostamento si pu esprimere come:
0
s ns =
e siccome:
0
,
ns s
d d
= =
la corrente I vale:
0
,
ks k
I n
NBS NBSd
= =
ottenendo quindi una relazione di proporzionalit diretta tra lintensit di corrente I
e il numero di divisioni di cui si sposta lindice sulla scala graduata.
4.3 La legge di Biot-Savart
Alla fine del 1820 Jean Baptiste Biot e Flix Savart dedussero
sperimentalmente le caratteristiche della forza magnetica
prodotta dal filo percorso da corrente. Consideriamo un generico
filo conduttore percorso da una corrente I stazionaria; sia dl
un
tratto elementare del conduttore orientato nel verso di I, il campo
magnetico dB
vale:
I
r
dl
P
r
dB
r
r
d
J
s
Il campo magnetico statico 4-13
0
2
4
I dl r
dB
r
, (4.9)
dove r un versore che spicca dal tratto dl
e punta verso P e
0
la
permeabilit magnetica del vuoto e vale:
7 6
0
4 10 1.257 10
T m T m
A A
.
La relazione (4.9) rappresenta lespressione della legge di Biot-Savart,
sebbene sia stata ricavata analiticamente da Ampre. Se
t indica il versore
tangente, punto per punto, al filo conduttore, siccome dl
pu essere
espresso come
4 4
I dl r I t r
dB dl
r r
= =
.
Naturalmente, queste relazioni che forniscono lespressione di dB
, sebbene
di validit generale, devono essere intese soltanto quali strumenti di calcolo,
in quanto, sperimentalmente, non possibile misurare in alcun modo il
contributo di un elemento infinitesimo di filo che, a sua volta, non pu esistere indipendentemente
dal resto del filo. Pertanto, considerando la sovrapposizione dei contributi di tutti gli elementi dl
in
cui pu essere suddiviso il conduttore, si ha:
0
3
4
I dl r
B
r
L
,
dove lintegrale da intendersi esteso a tutto il filo conduttore. Occorre notare le somiglianze tra
lespressione della legge di Biot-Savart relativa al magnetismo e lespressione della legge di
Coloumb dellelettrostatica. Mentre una carica puntiforme determina un campo elettrico, un
elemento di corrente I dl
.
Qualora il conduttore non fosse filiforme, si considera un elemento di conduttore di lunghezza
dl e sezione ds percorso da una corrente di densit J
;
lelemento di corrente pu essere espresso come:
dI dl J dsdl J d = =
,
dove d il volume dsdl dellelemento considerato e J
parallelo a dl
4
J r
dB d
r
(4.10)
cos, integrando in tutto il volume V in cui J
4
V
J r
B d
r
.
Esempio: (Campo magnetico prodotto da una carica in moto) La densit di
carica J
ed alla loro
concentrazione n dalla relazione:
, J nqv =
dove q indica la carica dei portatori; cos, sostituendo nella (4.10) si ha:
0 0
2 2
.
4 4
J r qv r
dB d nd
r r
= =
Siccome il prodotto nd indica il numero di cariche contenute nel volume d , qualora si consideri ununica carica,
lintegrazione di tale termine deve determinare un risultato unitario, quindi:
0
2
.
4
qv r
B
r
Si osservi che il campo elettrico generato dalla stessa carica nel medesimo punto in cui calcolato il campo magnetico
vale:
2
0
1
,
4
q
E r
r
=
nellipotesi in cui per le cariche in moto continuino a valere le formule pertinenti allelettrostatica. Quindi, confrontando
queste ultime due relazioni, si trova:
0 0 2
1
, B v E v E
c
= =
dove si posto:
8
0 0
1
2.998 10 , c m s
(4.11)
cio c pari alla velocit della luce nel vuoto. Occorre altres aggiungere che tali relazioni hanno validit solo nel limite
in cui la velocit v molto minore di c, cos linteresse nelle precedenti derivazioni
risiede unicamente nel fatto che le relazioni ricavate mettono in luce come il
campo magnetico prodotto da una carica in movimento non dipenda dalle cause
che ne originano il moto.
Esempio: (Campo magnetico prodotto da un conduttore rettilineo filiforme)
Consideriamo un conduttore rettilineo percorso da una corrente stazionaria I e
stabiliamo il campo magnetico presente in un punto P posto a distanza R dal filo
conduttore. Nel sistema di riferimento di figura risulta:
( )
sin dl r dl r x dy x = =
r
r
q
r
v
r
r
B
r
B
r
E
r
E
r
dl
x
z
y
O
P
I
r
r
dB
R
J
r
Il campo magnetico statico 4-15
dove langolo compreso tra la direzione del versore r e quella dellasse y;
facendo uso di tale identit nella relazione (4.9), si ha:
0 0
2 2
sin
.
4 4
I I dl r dy
dB x
r r
= =
Inoltre, siccome r vale sin R e tan R y = , da cui segue che
( )
2
sin dy R d =
, sostituendo nella precedente espressione,si trova:
2
0 0
2 2
sin
sin sin .
4 sin 4
I I R
dB d x d x
R R
= =
Integrando su tutti gli elementi di corrente che costituiscono il conduttore, cio tra
gli angoli
1
e
2
= =
Dalla relazione precedente segue in particolare che, per un filo di
lunghezza infinita, siccome
1
vale 0 e
2
vale , risulta:
0
2
I
B x
R
; (4.12)
quindi, per un filo di lunghezza infinita le linee di forza del campo magnetico
sono circonferenze concentriche con il centro del filo e disposte nel piano
perpendicolare alla direzione del filo. Il verso del vettore B
dato dalla
relazione (4.9); daltra parte, siccome il vettore dl
coincide con dl , quindi:
0 0
2 2
4 4
I dl r I dl
dB
r r
= =
.
Il vettore dB
; quando si
considerano i contributi dB
= =
dove cos pu essere espresso come il rapporto R r ; pertanto, integrando lungo
tutta la spira, si ha:
2
0 0 0 0
2 3 3 3
cos 2 .
4 4 4 2
spira spira
I I IR I dl R R
B dl R
r r r r
= = = =
(4.13)
Infine, poich
2 2 2
r R z = + , allora:
( )
2
0
3 2
2 2
.
2
IR
B z
R z
=
+
Al centro della spira, per z pari a 0, il campo assume la massima intensit
max
B
e risulta:
0
,
2
max
I
B z
R
mentre per z il campo si annulla. Quando soddisfatta la condizione
z R , lespressione del campo diventa:
( )
2
2
0 0
3 3
2
;
2 4
I R
IR
B z z
z z
= =
(4.14)
daltra parte, dalla relazione (4.8) segue che alla spira pu essere associato
un momento di dipolo magnetico dato da:
( )
2
, m I R z =
cos, sostituendo nellespressione di B
per z R , segue:
0
3
2
.
4
m
B
z
Questa relazione simile a quella trovata per campo elettrico a grande distanza da un
dipolo elettrico, dove risulta
( ) ( )
3
0
1 4 E p z = (
; per similitudine con questo caso si
deduce che lenergia potenziale del dipolo magnetico, quando questo immerso in un
campo magnetico B
4.4 Elettromagnetismo e sistemi di riferimento
Consideriamo una particella di carica 0 q > situata a distanza r da un filo conduttore percorso
dalla corrente I. Supponiamo che sia la particella che il filo siano in quiete in un sistema di
riferimento inerziale S. Sia v
+
= ,
Q
l
= ,
pertanto si ha
+
= ; indicando con E
+
il campo elettrico
prodotto dalle cariche positive e con E
= = = ,
dove T rappresenta il tempo impiegato dagli elettroni per percorrere il tratto l del filo alla velocit v
.
Pertanto, dalla (4.12) segue che il campo magnetico in corrispondenza della particella ha intensit
pari a:
0 0
2 2
I v
B
r r
= = ;
tale campo non produce effetti dinamici sulla particella carica
essendo questa a riposo.
Consideriamo ora il punto di vista di un osservatore solidale
con un sistema di riferimento S in moto assieme agli elettroni
nel filo. In questo caso la corrente prodotta dal moto degli ioni
positivi del conduttore e inoltre la carica q sar in moto con
velocit v
, i campi elettrici E
+
e E
devono neces-
sariamente essere, in modulo, diversi e, in particolare, deve
risultare:
E E
+
> ,
per cui, in questo caso deve aversi:
+
> .
Se assumiamo che la carica contenuta nelle sbarrette sia la stessa in entrambi i sistemi di riferimento,
dalla relazione precedente si ha:
Q
Q
l l
+
>
,
dove si sono indicate con l
+
e l
,
e la forza elettrica
E
F
ha intensit:
0 0 0 0
1 1
2 2 2 2
E
Q Q
F q q q
r r r l r l
+
+
| |
= + =
|
\ .
.
Imponendo luguaglianza tra queste due intensit, segue:
2
2
1
v
l l
c
+
| |
=
|
\ .
,
-
r
E'
+
r
E'
r
v
q
S'
+
+
+
+
-
-
-
-
B
r
F'
-
l'
+
l'
Il campo magnetico statico 4-19
essendo ( )
2
0 0
1 c = dalla (4.11). Per ottenere lidentit tra i moduli di
B
F
e
E
F
, deve risultare
quindi:
E E
< ,
E E
+ +
> ;
ci si avr se:
< ,
+ +
> ,
ovvero se:
Q Q
l l
<
,
Q Q
l l
+ +
>
,
e quindi se:
l l
> ,
l l
+ +
< .
Cio la sbarretta carica negativamente, a riposo in S , ha lunghezza maggiore rispetto a S, dove in
moto; al contrario, la sbarretta carica positivamente in moto in S ha lunghezza minore rispetto a S
dove si trova a riposo. Per simmetria possiamo ipotizzare che lentit dellallungamento di l
rispetto a l
,
facendo seguito allipotesi test formulata, deve risultare:
l l
= , (4.16)
l
l
+
+
= . (4.17)
Siccome in S risulta:
l l l
+
= = ,
si ha:
-
-
-
-
+
+
+
+
S
+
+
+
+
-
-
-
-
S'
-
l'
+
l'
-
l
+
l
4-20 Il campo magnetico statico
2
2 2
1
l l l v
l l
c
+
+
| |
= = = =
|
\ .
,
in accordo con la precedente relazione.
Quanto verificato mostra che per mantenere lidentit di osservazioni nei due sistemi di
riferimento necessario assumere che le sbarrette in moto abbiano lunghezza inferiore di un fattore
rispetto alla stesse sbarrette a riposo. Tale risultato, dedotto da una esigenza di natura dinamica,
pu essere ricavato dai principi della Relativit ristretta.
Come abbiamo constatato lorigine di un campo elettrico per effetto di un cambiamento di
sistema di riferimento, possibile verificare in altre circostanze lorigine di un campo magnetico
sempre in relazione al cambiamento di sistema di riferimento. Questo ci porta a concludere che,
quale conseguenza della Relativit, i campi elettrico e magnetico non esistono quali entit
indipendenti e un campo puramente elettrico o magnetico in un certo sistema di riferimento ha
componenti sia magnetiche che elettriche in un altro sistema di riferimento. Unulteriore
conseguenza delle ipotesi fatte pu essere ricavata attraverso lesempio successivo.
Esempio: Consideriamo una carica negativa 0 q < a distanza r da un filo
conduttore percorso dalla corrente I. Supponiamo che la particella sia in moto
con velocit v
=
,
per cui dalla (4.12) il campo magnetico prodotto dal filo avr intensit:
0 0
,
2 2
I v
B
r r
= =
e, dalla (4.1) la forza agente sulla carica vale quindi:
2
0 0
,
2 2
B
v v
F qv B qv q
r r
= = =
(4.18)
ossia la particella risulter attratta verso il filo. Consideriamo un sistema di riferimento S solidale alla particella;
siccome qui la carica in quiete, non presente alcuna forza magnetica sulla particella. Tuttavia, siccome
laccelerazione la stessa in entrambi i sistemi di riferimento, essendo uno in moto rettilineo uniforme rispetto allaltro,
sulla carica in S deve agire una forza che sar di natura elettrica. Per valutare lentit di questa forza in S possiamo
applicare le relazioni (4.16) e (4.17) allo scopo per stabilire come cambiano le densit di carica in corrispondenza del
cambiamento di sistema di riferimento. Cio:
,
Q Q
l l
+ +
+ +
= = =
.
Q Q
l l
= = =
Siccome
+
, in S la forza elettrica agente sulla carica sar diversa da zero
ed avr modulo:
B
r
F
I
S
-
- -
+ +
+ +
q
r
v
r
v
r
B
-
E
r
F'
I
-
-
-
-
+ +
+ +
S'
q
Il campo magnetico statico 4-21
( )
2
0
0 0 0 0 0
2 2 2 2
0 0 0
2 2
2 2
2 2
1 1 1
2 2 2 2 2 2
1 1 1
1 1 1 .
2 2 2
1 1
E
B
q q
F q E E q q c
r r r r r r
c q c q v v
q F
r r c r
v v
c c
+ + +
+ +
+ + +
| | | | | | | |
= + = + = + = + = =
| | | |
\ . \ . \ . \ .
| | | |
= = + = =
| |
\ . \ .
Confrontando tale relazione con la (4.18) possiamo verificare che per piccole velocit, ossia nel limite v c , i risultati
sono identici. Tuttavia gli osservatori in S e in S devono constatare gli stessi effetti fisici dalle due forze, ovvero
entrambe devono determinare le stesse variazioni della quantit di moto. Cio, se:
,
B
p F t =
allora
,
E B
p F t F t = =
dove si assunto che gli intervalli di tempo nei due sistemi di riferimento S e S sono differenti. Affinch risulti
, p p =
deve aversi:
,
t
t
=
Cio gli intervalli di tempo che si riferiscono alla particella in moto risultano pi lunghi di quelli misurati nel sistema in
cui la particella in quiete. Anche questo risultato pu essere dedotto dai principi della Relativit ristretta.
4.5 Forza magnetica tra due conduttori paralleli
Siccome un conduttore percorso da corrente genera un campo
magnetico ed soggetto ad una forza quando immerso in un
campo magnetico, due conduttori percorsi da corrente risulteranno
sottoposti a forze magnetiche reciproche; tale propriet fu verificata
sperimentalmente da Ampre nel 1820. Consideriamo due conduttori,
1 e 2, rettilinei, indefiniti e paralleli, posti alla distanza d uno
dallaltro e percorsi, rispettivamente, dalle correnti
1
I e
2
I dirette nel
medesimo verso (si veda la figura). Per effetto del campo magnetico
2
B
vale:
0 2
2
2
I
B z
d
.
x
z y
d
Conduttore 1
Conduttore 2
r
B
2
r
dF
1
r
dl
1
I
2
I
1
4-22 Il campo magnetico statico
Daltra parte, con riferimento al sistema di riferimento adottato, il vettore
1
dl
risulta pari a
1
dl y ,
cos:
0 2 0 1 2
1 1 1 1
2 2
I I I
dF I dl y z dl x
d d
= =
.
Quindi, la forza esercitata per unit di lunghezza dal conduttore 2 sul conduttore 1, vale:
0 1 2 1
1
2
I I dF
x
dl d
.
Se si considera il campo magnetico prodotto dal conduttore 1, la forza per unit di lunghezza
2 2
dF dl
la
corrente che li attraversa , per definizione, di 1 A. Di fatto, tale definizione fissa il valore della
permeabilit magnetica del vuoto
0
, che vale pertanto ( )
7
4 10 T m A
.
Esempio: (Effetto Hall) Nel 1879 il fisico americano Edwin Herbert Hall
scopr che un conduttore percorso da corrente sviluppa una forza
elettromotrice trasversa alla corrente in presenza di un campo magnetico
perpendicolare al flusso di corrente. Attraverso tale esperimento si verific
lipotesi che i portatori di corrente avessero carica negativa, in accordo con
la scoperta successiva, da parte di Thomson della carica negativa degli
elettroni. Tuttavia alcuni metalli, come lo zinco, mostravano che i portatori di carica avevano segno opposto, cio
pareva che i portatori fossero dotati di carica positiva. La corrente prodotta da cariche positive fu, di conseguenza,
definita anomala essendo a quei tempi ormai accettata lidea che gli elettroni, ritenuti responsabili della corrente,
avessero carica negativa. Consideriamo una sbarretta conduttrice a forma di parallelepipedo di lati a e b percorsa da una
corrente I uniformemente distribuita sulla sezione di tale conduttore. La sbarretta situata in una regione in cui
presente un campo magnetico B
poich la corrente uniformemente distribuita su tale
sezione, si ha:
a
I
b
r
B
x
y z
r
B
r
J
S
Il campo magnetico statico 4-23
. I JS Jab = =
Siccome il vettore J
(4.19)
Per effetto del campo magnetico B
, disposto
perpendicolarmente alla direzione della corrente,
ciascun portatore di carica risulter soggetto alla
forza di Lorentz:
,
d
F qv B =
dove
d
v
dove la velocit di deriva stata espressa attraverso la densit di corrente J
come
d
nqv
. Il vettore
H
E
diretto lungo
lasse z di figura ed il suo verso dipende dal segno della carica q; in particolare risulta:
0 0,
0 0.
H
H
q E z
q E z
< <
> >
Pertanto il campo di Hall determina una deflessione delle cariche trasversalmente alla direzione della velocit di deriva
d
v
che, allequilibrio
impedisce ogni ulteriore accumulo. In tale circostanza risulta:
0,
H
E E + =
in analogia a quanto accade con un generatore di forza
elettromotrice a circuito aperto. La differenza di potenziale tra
due punti A e B situati sulle due facce perpendicolari a
H
E
data
dalla relazione:
,
B
H AB H H H
A
V V E dz E BA E b = = = =
dove il segno di
H
V
dipende dal verso di
H
E
> >
In modulo tale differenza di potenziale vale:
,
H H
JBb I Bb IB
V E b
nq ab nq naq
= = = =
(4.20)
x
y z
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
+e
r
B
r
F
r
B
r
J
q > 0
x
y z
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
r
B
r
J
q < 0
-e
r
B
r
F
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
v
d
r
v
d
r
V
H
V
H
H
r
E
H
r
E
A
B
+ + + + + +
- - - - - -
z
z
A
B
+ + + + + +
- - - - - -
z
z
-e
v
d
r
H
r
E
v
d
r
H
r
E
+e
V
H
> 0
V
H
< 0
4-24 Il campo magnetico statico
in cui J stato espresso tramite la (4.19). Se la corrente I prodotta da una
batteria di forza elettromotrice V applicata ai capi della sbarretta lunga d,
risulta:
,
V
I
R
=
in cui R la resistenza offerta al passaggio della corrente I nella direzione
considerata e vale, pertanto:
d
R
ab
=
cos, sostituendo la corrente I nella (4.20) e tenendo conto di tale valore della resistenza, si ha:
1
.
H
B B V B ab BbV
V I V
naq naq R naq d nq d
= = = =
Alla quantit 1 nq che compare in questa espressione viene attribuito il nome di costante di Hall
H
R
:
1
,
H
R
nq
per cui lespressione precedente si pu scrivere come:
.
H H
BbV
V R
d
=
Valori tipici di
H
R
sono dellordine di alcune unit di
11 3
10 m C
t un versore
tangente in ogni punto ad una circonferenza C di raggio r, concentrica ad un filo
conduttore percorso da una corrente I e orientato, in ogni punto della circonferenza,
rispetto al verso della corrente, secondo la regola della mano destra. Dalla (4.12)
segue che il campo magnetico B
2
I
B t
r
;
lintegrale di B
lungo la circonferenza :
0 0 0
0
2
2 2 2
I I I
B dl t dl dl r I
r r r
= = = =
C C C
.
Quindi, a differenza della circuitazione del campo elettrostatico, che sempre nulla, la circuitazione
del campo magnetico diversa da zero perci tale campo risulta non conservativo.
Sebbene questo risultato, noto come legge di Ampre, sia stato ricavato relativamente ad un
percorso circolare, come si dimostra nel seguito la propriet che esso evidenzia ha carattere
generale. Pertanto, la circuitazione del campo magnetico B
C
.
Quindi, nelleventualit che attraverso la superficie considerata scorra pi di una
corrente, la relazione va interpretata nel senso che I rappresenta la somma
algebrica
n
n
I
C
.
Se invece 0 I = , segue che la circuitazione di B
esprime la somma algebrica delle correnti, qualora la superficie considerata sia
attraversata da due correnti di uguale intensit ma con versi opposti, tale somma
risulta nulla. Si osservi infine, che le correnti della somma
n
n
I
sono
C
C
I
r
B
C
4-26 Il campo magnetico statico
considerate positive relativamente al verso di percorrenza della curva C in accordo con la regola
della mano destra. Di seguito data la dimostrazione della legge di Ampre.
Consideriamo un filo conduttore rettilineo indefinito percorso dalla corrente I; sia
dl
un generico vettore infinitesimo posto a distanza r dal filo. Dalla (4.12) segue
che il prodotto scalare tra il vettore campo magnetico B
vale:
0 0 0
,
2 2 2
I I I
B dl t dl rd d
r r
= = =
dove
t dl
, essendo pari alla proiezione di dl
nella
direzione di
estesa ad una curva chiusa C vale, pertanto:
0 0
.
2 2
I I
B dl t dl d
r
= =
C C C
Si presentano due possibilit: o la curva chiusa C concatena il filo conduttore, ossia gli gira intorno, oppure non lo
concatena. Nel primo caso lintegrale
d
C
vale 2 , dove il segno dipende dallorientazione relativa della linea
chiusa rispetto al verso della corrente ed positivo se tale orientazione segue la regola della mano destra o negativo
altrimenti; pertanto:
0
. B dl I =
C
Nel secondo caso, qualora la corrente I non sia concatenata con la curva chiusa C , risulta:
1 21
, B dl B dl B dl = +
C C C
dove
1
C
e
2
C
rappresentano i due tratti di linea in cui la curva chiusa C pu essere
spezzata dai punti
1
P
e
2
P
di contatto tra la curva C e le semirette tangenti condotte dal
punto di intersezione O del filo conduttore col piano contenente la curva C (si veda la
figura). Sviluppando gli integrali come nel caso della corrente concatenata, si ha:
( ) ( )
2 1
1 2
1 2
0 0
2 1 1 2
0.
2 2
P P
P P
I I
B dl d d
| |
|
= + = + = (
|
\ .
C
C C
La legge di Ampre e in particolare questa derivazione, mettono in luce come il valore della
circuitazione di B
non dipenda dalla forma della linea chiusa C , ma solo dal suo grado di
concatenazione col filo percorso da corrente. Ci consente di estendere le conclusioni appena
raggiunte nel semplice caso del filo rettilineo indefinito percorso da corrente, a tutti i possibili casi.
Se la linea chiusa concatena pi fili percorsi dalle correnti
1 2
, , ,
n
I I I che producono,
rispettivamente, i campi magnetici
1 2
, , ,
n
B B B
, il campo magnetico B
C
,
sottintendendo che la corrente al secondo membro la somma delle correnti concatenate, ciascuna
presa col segno opportuno secondo la regola mostrata in precedenza.
Siccome la corrente I pu, in generale, esprimersi come il flusso del vettore densit di corrente
J
C
, (4.21)
dove il flusso del vettore J
.
Esempio: (Campo magnetico prodotto da un filo rettilineo indefinito percorso da
corrente) Consideriamo un filo rettilineo di raggio R e lunghezza indefinita.
Consideriamo un percorso circolare
1
C
di raggio r concentrico col filo; per r R ,
dalla legge di Ampre, segue:
( )
1 1
0
, 2 B dl B dl B r I = = =
C C
essendo, lungo
1
C
, il vettore B
parallelo a dl
=
che la stessa espressione ottenuta attraverso lapplicazione della legge di Biot-Savart. Nel caso in cui r R < ,
consideriamo la superficie circolare
2
S
che ha come contorno la circonferenza
2
C
di raggio r, dalla (4.21) segue:
2 2 2
2
0 0 0
,
S S
B dl J ds J ds J r = = =
C
avendo assunto il vettore J
pu essere espresso attraverso la corrente I come:
2
,
I
J
R
=
quindi, sostituendo nella relazione precedente si trova:
R
I
1
C
2
C
4-28 Il campo magnetico statico
( )
2
2
0 2
2 ,
I
B dl B r r
R
= =
C
essendo, anche in questo caso, B
,
pertanto:
0
2
.
2
I
B r
R
=
Cos lintensit del campo magnetico prodotto da questa distribuzione di
carica al variare di r data dallespressione:
0
0
2
;
2
.
2
I
r R
r
B
I
r r R
R
<
Esempio: (Campo magnetico prodotto da una bobina toroidale) Consideriamo un supporto
toroidale attorno al quale sono avvolte N spire di filo conduttore; calcoliamo il campo
magnetico prodotto da tale configurazione, quando il filo percorso da una corrente I.
Applicando la legge di Ampre ad una circonferenza C di raggio r interna al toroide, segue
( )
0
2 , B dl B dl B r NI = = =
C C
essendo, per simmetria, il vettore campo magnetico
tangente a tale curva e di modulo costante in
corrispondenza dei punti di C . Sviluppando questa
espressione si trova:
0
.
2
NI
B
r
=
Quindi il campo magnetico non uniforme su una sezione del toroide; tuttavia se r
molto maggiore del raggio della sezione del toroide, il campo pu ritenersi
sostanzialmente uniforme. Se le spire sono avvolte strettamente attorno al supporto,
il campo esterno al toroide pu ritenersi nullo; ci perch la corrente netta
concatenata ad un qualsiasi percorso esterno alla bobina nulla, inclusa la zona
centrale. In pratica, poich lavvolgimento elicoidale, anzich essere costituito
dalla sovrapposizione di spire circolari, un piccolo campo magnetico esterno alla
bobina risulta essere sempre presente.
Esempio: (Campo magnetico prodotto da un solenoide) Per solenoide si
intende un dispositivo costituito da un filo conduttore avvolto a forma di
elica cilindrica di piccolo passo. Sia R il raggio, d la lunghezza e N il numero
di spire. Nellipotesi che le spire siano sufficientemente fitte da poterle
considerare come distribuite con continuit, in un tratto dx saranno
contenute ndx spire, dove n rappresenta il numero di spire per unit di
lunghezza, N d . Lintensit del campo magnetico B
in un punto P situato
sullasse del solenoide (si veda la figura), si determina a partire
dallespressione (4.13) del campo prodotto da una singola spira percorsa da
corrente:
2
0
3
.
2
IR
dB ndx
r
=
(4.22)
R)
O r R
B
(2p m
0
I
Rappresentazione delle linee di forza
del campo magnetico prodotto da
una bobina toroidale percorsa da
corrente.
dx
x
P
r
R
f
d
x
0
x
r
B
I
r
Il campo magnetico statico 4-29
Il vettore B
=
quindi:
2
,
sin
R
dx d
=
e, sostituendo nella (4.22), segue:
2 3
0 0
3 2
sin
sin .
2 sin 2
nIR nI R
dB d d
R
= =
Lintensit del campo magnetico nel punto P si ottiene sommando questa
espressione su tutte le spire, ossia integrando la precedente espressione da
1
a
2
(si veda la figura):
( )
2
1
0 0
1 2
sin cos cos ;
2 2
nI nI
B d
= =
posto infine
2 2
, si ha:
( )
0
1 2
cos cos .
2
nI
B
= +
(4.23)
Riferendo lascissa x al centro del solenoide, risulta:
( )
( )
( )
1
2 2
2 2
2
1
2
1
2
2
2 2 2
cos ,
1
4 2
4 2
2
2
d d
x x d x
d x
r
R d x d
R d x
R x
+ + +
+
= = = =
+ + | | + +
+ +
|
\ .
( )
( )
( )
2
2 2
2 2
2
2
2
1
2
2
2 2 2
cos ,
1
4 2
4 2
2
2
d d
x x d x
d x
r
R d x d
R d x
R x
= = = =
+ | | +
+
|
\ .
cos, sostituendo nella relazione (4.23), si ha:
( )
( ) ( )
0
2 2
2 2
2 2
.
2
4 2 4 2
nI d x d x
B x
R d x R d x
(
+
(
= +
(
+ + +
Da tale espressione segue che il campo magnetico assume la massima
intensit al centro del solenoide, per 0 x = , in cui si ha:
( )
0
2 2
0 ,
4
d
B nI
R d
=
+
(4.24)
mentre, in corrispondenza delle estremit:
d
O x x
2
f
1
f
1
r
2
r
x
d
+
2
d
+
2
x
d
-
2
d
2
P x
2
f
1
f
2
f'
Dispositivo per lo studio del campo
magnetico prodotto da un solenoide
percorso da corrente.
4-30 Il campo magnetico statico
0
2 2
.
2 2
nI d d
B
R d
| |
=
|
\ . +
(4.25)
Se la lunghezza del solenoide molto maggiore del raggio ( d R ),
dalla relazione (4.24) segue:
0
, B nI
e in corrispondenza di uno degli estremi, dalla (4.25), si ha:
0
.
2 2
nI B
B
=
In figura mostrato landamento delle linee di forza di B
attorno al solenoide. La zona in cui il campo magnetico ha
unintensit dellordine di
B
e B
daltra parte, siccome il percorso MNQP non concatena
alcuna corrente, si ha:
0,
MNQP
B dl =
cos:
( ) ( ); B MN B QP =
ci prova luniformit del campo B
e B
dove nL il numero di spire che tagliano la sezione del percorso considerato,
pertanto:
0
, B nI =
come gi provato per altra via.
4.7 Legge di Gauss per il magnetismo
Nel caso dellelettrostatica, la legge di Gauss afferma che il flusso del campo elettrico attraverso
una superficie chiusa al cui interno vi una carica proporzionale alla carica stessa; ci
equivalente al fatto che il numero di linee di forza del campo elettrico che attraversano la superficie
considerata proporzionale alla carica. Tale propriet deriva dal fatto che le linee di forza del
campo elettrico hanno origine o termine in corrispondenza delle cariche. Nel caso del campo
magnetico le linee di forza sono chiuse e quindi non hanno origine o fine in qualche punto. Pertanto,
per ogni superficie chiusa, il numero di linee di forza che escono dalla superficie uguale al numero
di quelle che entrano, cos:
0
S
B ds =
, (4.26)
dove S una qualsiasi superficie chiusa. Analogamente al caso del campo elettrico, applicando il
teorema della divergenza allespressione precedente, si trova:
0 B =
,
che rappresenta, puntualmente, il concetto che le linee di forza del campo magnetico non hanno
origine o termine in corrispondenza di qualche sorgente.
4.8 Formulazione differenziale della legge di Ampre
Consideriamo la relazione (4.21) in cui S una generica superficie che ha come contorno la
curva chiusa C :
0
S
B dl J ds =
C
,
dove J
. Applicando il teorema
del rotore allintegrale al primo membro, si trova:
( )
0
S S
B dl B ds J ds = =
C
,
ovvero:
Rappresentazione delle linee di forza del
campo magnetico prodotto da un solenoide
percorso da corrente.
4-32 Il campo magnetico statico
( )
0
0
S
B J ds =
;
dovendo valere questa relazione per ogni dominio di integrazione S, si ha:
0
B J =
. (4.27)
Laddove J
nullo, 0 B =
ed il campo B
C
,
0
S
B ds
;
nella prima equazione C una generica curva chiusa e S una superficie che ha la curva C come
contorno; nella seconda equazione S una generica superficie chiusa. In forma locale tali
equazioni si scrivono:
0
B J =
,
0 B =
.
Queste relazioni prendono il nome di equazioni di Maxwell per il campo magnetico statico.
Siccome il campo magnetico B
, detto
potenziale vettore, tale che:
B A =
. (4.28)
Cos come il potenziale scalare noto a meno di una quantit indipendente dalle tre coordinate
spaziali, il potenziale vettore definito a meno del gradiente di una generica funzione; infatti se
consideriamo il nuovo vettore:
A A +
, (4.29)
dove una funzione scalare arbitraria, si ha:
Il campo magnetico statico 4-33
( )
A A A = + =
,
quindi il campo magnetico derivato da A
. Calcolando la
divergenza di A
risulta:
( )
2
A A A = + = +
;
se si sceglie in modo da soddisfare lidentit:
2
0 A + =
, (4.30)
risulta 0 A =
. In pratica, se in corrispondenza di un certo potenziale vettore A
si sceglie la
funzione in modo da soddisfare lidentit (4.30), il potenziale vettore A
:
0.
B A
A
Facendo uso di tali relazioni possibile scrivere per il potenziale vettore unespressione analoga
allequazione di Poisson per il campo elettrico (1.19); infatti, calcolando il rotore di B
espresso in
termini di A
, risulta
5
:
( ) ( )
2
0
B A A A J = = =
,
ma siccome 0 A =
, si ha:
2
0
A J =
;
questa relazione sintetizza le tre equazioni scalari, espresse per semplicit in coordinate cartesiane:
2
0
2
0
2
0
,
,
,
x x
y y
z z
A J
A J
A J
dove
x y z
A A x A y A z = + +
,
5
Lidentit
( ) ( )
2
A A A =
, deriva dallidentit vettoriale
( ) ( ) ( )
M N P M P N M N P =
, in cui
loperatore
.
Si prova infine che in analogia al caso elettrico, dove la soluzione dellequazione di Poisson
( )
0
1 4 V dv r = (
V
, le componenti del potenziale vettore valgono:
0
0
0
,
4
,
4
4
x
x
y
y
z
z
J dv
A
r
J dv
A
r
J dv
A
r
V
V
V
e, vettorialmente:
0
4
.
J dv
A
r
V
Se il volume di integrazione costituito da un filo percorso da una corrente I pari a
S
J ds
,
lespressione precedente diviene:
0 0 0 0
4 4 4 4
S
I J dv dl dl dl
A J ds I
r r r r
| |
= = = =
|
\ .
V L L L
,
dove lintegrale esteso al circuito L attraversato dalla corrente.
5 PROPRIET MAGNETICHE DEI
MATERIALI
A seguito della scoperta di rsted dellazione magnetica prodotta da
un filo conduttore percorso da corrente lipotesi pi naturale che molti
fisici avanzarono per spiegare questo effetto fu che in tale circostanza il
filo conduttore diventa un magnete. Nel 1820 Ampre propose
uninterpretazione alternativa che, al contrario, ipotizzava che il magnete
si dovesse ritenere costituito da un insieme di correnti. In particolare
Ampre immagin che, ad esempio, allinterno di un magnete cilindrico
si situasse un complesso di correnti circolari equiverse, disposte
perpendicolarmente allasse del magnete. In tale modello, un filo
conduttore fisso percorso da corrente situato parallelamente allasse del
magnete determina una forza su questo facendolo deviare. Tale ipotesi
alla base dellinterpretazione moderna dei fenomeni magnetici. Lattuale
conoscenza della struttura microscopica della materia ci porta a ricondurre, in una descrizione
classica degli atomi, le correnti amperiane ai moti degli elettroni negli atomi. In un tale modello per
latomo di idrogeno, ad esempio, lelettrone ruota attorno al nucleo con velocit v
costante lungo
un percorso circolare. Se r il raggio dellorbita, il tempo T necessario a descrivere tale orbita :
2 r
T
v
= ,
e la corrente I associata a questo moto :
2
e ev
I
T r
= = , (5.1)
dove e rappresenta la carica dellelettrone. Dal teorema di equivalenza di Ampere, se S indica la
superficie dellorbita, il momento magnetico m
= = = .
Siccome il modulo del momento angolare L
,
dove il segno meno segue dal fatto che la carica dellelettrone negativa.
Andr Marie Ampre
r
L
r
r
v
m
r
5-2 Propriet magnetiche dei materiali
Una descrizione completa dei fenomeni atomici richiede limpiego della meccanica quantistica,
nondimeno in tale ambito possibile provare che la relazione precedente continua a restare valida,
sebbene il momento angolare possa assumere solo valori proporzionali ad una quantit pari a
( ) 2 h , in cui h, detta costante di Planck, vale
34
6.62 10 J s
.
Il momento magnetico corrispondente alla rivoluzione dellelettrone attorno al nucleo prende il
nome di momento magnetico orbitale. Siccome nella maggior parte delle sostanze il momento
orbitale di un elettrone si compensa con quello, di verso contrario, di un altro elettrone orbitante
nella direzione opposta, leffetto magnetico prodotto dal moto orbitale degli elettroni nullo o
molto piccolo. Un ulteriore contributo al momento magnetico dellatomo costituito da una
caratteristica dellelettrone che prende il nome di spin e rappresenta un momento angolare
intrinseco di questa particella. Il modulo dello spin S
.
pertanto:
2
B
e
e
m
m
=
.
Negli atomi o molecole gli elettroni sono accoppiati tra loro con gli spin in direzioni opposte con la
conseguente compensazione dei relativi momenti magnetici; tuttavia gli atomi con un numero
dispari di elettroni o quelli in cui laccoppiamento con gli spin contrapposti non favorito
energeticamente, possono avere uno o pi elettroni spaiati e, di conseguenza, un momento
magnetico non nullo. In generale il momento magnetico di un atomo la somma vettoriale,
calcolata secondo le regole della meccanica quantistica, dei momenti magnetici orbitali e di spin
1
.
1
Anche i costituenti del nucleo atomico, il protone ed il neutrone, possiedono un momento angolare di spin S
di
modulo pari a
( ) 2
e di conseguenza determinano un momento magnetico. Per il protone risulta:
2.79 ,
2
p
p
e
m S
m
| |
= |
|
\ .
dove
p
m
la massa del protone; per il neutrone si ha:
1.91 ,
2
n
n
e
m S
m
| |
=
|
\ .
Propriet magnetiche dei materiali 5-3
5.1 Magnetizzazione
Consideriamo un materiale omogeneo in cui gli atomi o le
molecole costituenti siano dotati di un momento magnetico
elementare; supponiamo di realizzare un cilindro macroscopico
molto lungo rispetto alla sua sezione. Supponiamo infine che
tutti questi momenti magnetici siano allineati parallelamente
allasse del cilindro; in tale circostanza si osserva che le correnti
elementari interne al cilindro tendono ad elidersi mutuamente,
lasciando il solo contributo delle correnti situate in
corrispondenza della superficie. Pertanto, dal punto di vista
macroscopico il cilindro magnetizzato equivale ad una
distribuzione superficiale di corrente; tale corrente prende il nome di corrente di magnetizzazione.
La corrente di magnetizzazione pu essere descritta in maniera quantitativa introducendo il vettore
di magnetizzazione M
.
Consideriamo un tratto di lunghezza l del cilindro test
introdotto; per effetto della sua magnetizzazione uniforme, il
vettore M
indica
il vettore densit lineare di corrente di magnetizzazione
(espressa in A m ), il momento magnetico associato a tale
corrente ha modulo
MS
J lS . Siccome queste sono due differenti
rappresentazioni dello stesso fenomeno fisico, le due
corrispondenti quantit devono essere uguali, ovvero:
MS
M J = ; (5.2)
vettorialmente, se n il versore normale allasse del cilindro, orientato verso lesterno, allora:
MS
J M n =
. (5.3)
Lidentit tra il modulo del vettore magnetizzazione e la densit
di corrente lineare di magnetizzazione comporta che, dal punto
di vista dimensionale, il vettore M
si esprima in A m. Sebbene
ricavata per una particolare configurazione geometrica, si prova
dove
n
m
la massa del neutrone. Poich la massa del protone e quella del neutrone sono circa 2000 volte pi grandi di
quella dellelettrone, il modulo del momento magnetico associato allo spin dei componenti del nucleo atomico risulta di
tre ordini di grandezza circa inferiore rispetto a quello dellelettrone e pertanto il loro contributo viene solitamente
trascurato nel computo del momento magnetico complessivo dellatomo.
S
r
M
l
S
r
J
MS
S
r
M
n
r
J
MS
5-4 Propriet magnetiche dei materiali
che la relazione (5.2) di carattere generale; risulta infatti che in ogni punto della superficie la
densit lineare di corrente di magnetizzazione uguale alla componente del vettore
magnetizzazione parallela ad un piano tangente alla superficie nel punto considerato. Dalla (5.3)
segue, infine, che la direzione di questo vettore sempre perpendicolare alla direzione di M
. Si
osservi che siccome
MS
J
M MS
I J dl n =
L
, (5.4)
dove lintegrazione estesa alla lunghezza L della superficie
sulla quale distribuito il vettore
MS
J
l, quindi, se
MS
J
uniforme
lungo l si ha:
M MS
I J l = .
Ci in analogia alla densit di corrente introdotta nella relazione (3.2), detta densit volumetrica di
corrente
V
J
pari a:
, m MV =
dove V il volume del disco pari a Sd , dove S la superficie delle basi. Dal teorema di
equivalenza di Ampere segue che tale configurazione equivalente ad una spira percorsa da una corrente
M
I
che genera
nel suo centro lo stesso campo magnetico B
dove n il versore normale passante per lasse del disco; uguagliando questa espressione
con la relazione precedente, si trova:
,
M
MV I S n =
da cui segue:
.
M
MV MSd
I Md
S S
= = =
Alternativamente, dalla relazione (5.3) possibile dedurre la densit lineare di corrente di magnetizzazione
MS
J
; tale
vettore diverso da zero solo in corrispondenza del bordo del disco ed ha intensit:
S
n
r
dl
r
J
MS
n
r
M
R
d
n
r
M
n
r
M
r
J
MS
Propriet magnetiche dei materiali 5-5
;
MS
J M =
infine, dalla (5.4), integrando lungo lo spessore L del bordo segue:
( )
.
M MS MS MS
I J dl n J dl J d Md = = = =
L L
Nota
M
I
, possibile ricavare B
attraverso lespressione del campo magnetico al centro di una spira circolare percorsa
da corrente:
0 0
.
2 2
M
I Md
B n n
R R
= =
5.2 Il vettore H
Consideriamo un solenoide ideale di lunghezza indefinita; se le spire di tale solenoide sono
percorse da una corrente di intensit I, linterno sar sede di un campo magnetico
0
B
di intensit
proporzionale ad I. Per un solenoide ideale (o per uno reale a grande distanza dai suoi estremi), il
campo magnetico allinterno ha intensit:
0 0
B nI = , (5.5)
dove n rappresenta il numero di spire per unit di lunghezza. In un tratto di lunghezza L del
solenoide, costituito da N spire, n vale N L , cos il prodotto nI pari a NI L ; siccome la quantit
NI pu essere riguardata come la corrente totale che scorre nel tratto L di superficie del solenoide,
il rapporto NI L , pari a nI rappresenta il modulo della densit
S
J
orientato come
0
B
nel
cilindro contenuto allinterno del solenoide sar pari alla somma del campo
0
B
prodotto dal
solenoide e del campo
M
B
= = ,
facendo uso di questo campo possibile esprimere il campo magnetico totale allinterno del cilindro
come:
( )
0
B H M = + .
Sebbene ricavata in unaccezione unidimensionale e per una particolare configurazione di corrente,
si prova che tale espressione ha validit di carattere generale e risulta:
( )
0
B H M = +
. (5.6)
Questa relazione fra i tre vettori B
, H
e M
, E
e P
e P
e E
Consideriamo un tratto di un solenoide ideale avvolto
strettamente intorno ad un cilindro magnetizzato; supponiamo
che lavvolgimento sia percorso da una corrente I' e che la
superficie del cilindro risulti sede di una corrente di
magnetizzazione di intensit
M
I . Siccome il solenoide ideale,
allesterno il campo magnetico B
che M
C
,
essendo il modulo di H
C
. (5.8)
La corrente I, somma delle nL correnti I' che attraversano il solenoide da distinguere dalla
corrente totale che attraversa la superficie del sistema (solenoide pi cilindro) considerato, che
comprensiva anche della corrente di magnetizzazione. La relazione ricavata in questo particolare
contesto pu essere provata in condizioni pi generali e rivela limportanza, dal punto di vista
pratico del campo H
, nel senso che solo tale campo, dipendendo dalla sola corrente macroscopica
I pu essere, in generale, oggetto di controllo sperimentale. Infatti, confrontando la (5.8) con
lanaloga relazione per B
:
( )
0 M
B dl I I = +
C
,
si osserva che al secondo membro compare la corrente totale
M
I I + che attraversa la superficie del
sistema; in presenza di fenomeni di magnetizzazione tale corrente non pu essere oggetto di
I'
I'
C D
F E
L
r
B
C
r
M
5-8 Propriet magnetiche dei materiali
controllo. Analogamente per il vettore D
risulta
S
D ds q =
dove q la carica libera contenuta
allinterno della superficie chiusa S, mentre per il vettore E
risulta ( )
0 P
S
E ds q q = +
, dove
P
q q + rappresenta la somma della carica libera e di polarizzazione contenuta nel volume
considerato. Lanalogia tra i vettori D
e H
decisamente pi
importante di quanto non lo sia quello del campo D
C
;
applicando il teorema del rotore allintegrale al primo membro, si ha:
( )
S S
H ds H dl J ds = =
C
e, dovendo valere tale identit per ogni superficie S, segue:
H J =
. (5.9)
Analogamente, siccome:
( ) ( )
0 0 M M
S
B dl I I J J ds = + = +
C
,
seguendo la stessa procedura, si ottiene:
0 0 M
B J J = +
.
Daltra parte, applicando loperatore rotore ad ambo i membri dellespressione (5.6), si ha:
0 0
B H M = +
, (5.10)
da cui segue:
M
J M =
. (5.11)
Si osservi che
M
J
una densit lineare di corrente, definita su una superficie e misurata in A m . La densit di
corrente
M
J
.
Le relazioni:
MS
J M n =
,
M
J M =
,
stabiliscono nel caso pi generale le relazioni tra il vettore magnetizzazione M
, introdotto per
caratterizzare il momento magnetico acquisito dal mezzo e le correnti di magnetizzazione, che
costituiscono laspetto macroscopico delle correnti atomiche, originate nel mezzo dalla presenza di
un campo magnetico esterno. Gli effetti magnetici del materiale magnetizzato possono quindi essere
dedotti da una distribuzione superficiale con densit lineare
MS
J
dalle relazioni:
P
P n =
,
P
P =
.
Esempio: Consideriamo un filo conduttore indefinito di raggio trascurabile,
percorso da una corrente stazionaria I, posto sullasse di un tubo cilindrico,
di materiale magnetizzabile, di raggi
1
R
e
2
R
. Stabiliamo landamento dei
vettori H
, B
ed M
C
cio:
1
2
I
H
r
=
. (5.12)
Per
1
r R <
si nel vuoto, pertanto possibile ricavare il campo magnetico dalla relazione (5.7) per
1
r
=
, cos:
0
0
2
I
B H
r
= =
. (5.13)
Per
1 2
R r R < <
, siccome la circuitazione del vettore H
= =
(5.14)
e infine, per
2
r R >
continua a valere la (5.13). Il vettore magnetizzazione
M
= = =
.
Pertanto il vettore H
vale:
1
0;
2
I
H r
r
= >
il campo magnetico vale:
0
1
0
1 2
0
2
0 ,
2
,
2
;
2
r
I
r R
r
I
B R r R
r
I
r R
r
< <
= < <
>
e il vettore magnetizzazione vale:
1
1 2
2
0 0 ,
1
,
2
0 .
r
r R
I
M R r R
r
r R
< <
= < <
>
Vettorialmente, H
, B
ed M
, ed esterna,
2 MS
J
, del
tubo sono date dalla relazione (5.3) e pertanto hanno i versi indicati in
figura e i moduli:
1 1
1
1
,
2
r
MS
I
J M
R
= =
2 2
2
1
.
2
r
MS
I
J M
R
= =
Per stabilire le intensit delle correnti di magnetizzazione dividiamo la corrente
che percorre le superfici del tubo in tante strisce, parallele allasse e di spessore
infinitesimo dl , ciascuna equiparabile ad un filo rettilineo percorso dalla corrente
M
dI
pari a
MS
J dl
, allora:
( )
1
2
2
1 1 1 1 1
1 0
2
2 2 2 2 2
2 0
1
2 2 1
2
1
2 2 .
2
R
r
M MS MS r
R
r
MS MS M
I
I J dl J R R I
R
I
R J R J dl I
R
= = = = =
= = = =
R
1
R
2
O r
H
R
1
R
2
O r
B
O r
M
R
1
R
2
r
H
I
n
n
r
M
2
r
M
1
r
J
MS2
r
J
MS1
I
dl
dI
M
Propriet magnetiche dei materiali 5-11
Cio alle diverse densit di corrente
1 MS
J
e
2 MS
J
lungo il
percorso C di figura vale:
, H dl HL nLI = =
C
cio:
. H nI =
Applicando la relazione (5.7) segue:
0 0
.
r r
B H nI = =
5.4 Sorgenti del campo
H
La caratteristica del campo elettrostatico di presentare dei poli, nel senso che le sue linee di forza
sono aperte, originando dalle cariche o terminando su queste, viene rappresentata matematicamente
dalla legge di Gauss che, puntualmente si esprime come
0
E =
. Lassenza di poli magnetici
sintetizzata dalla relazione 0 B =
. Daltra parte, applicando loperatore divergenza ad ambo i
membri dellequazione (5.6), siccome la divergenza del vettore B
nulla, si ha:
H M =
.
Consideriamo un magnete permanente, ossia tale da
non richiedere delle correnti libere per sostenere la
magnetizzazione; Supponiamo che il magnete abbia
forma cilindrica e sia uniformemente magnetizzato
lungo il suo asse, al quale associamo unascissa x; cos
il vettore M
soddisfa le relazioni:
0 H =
,
m
H =
;
ci mette in luce lanalogia con il comportamento del campo elettrostatico, che soddisfa le relazioni
0 E =
,
0
E
=
.
Cio entrambi i campi sono conservativi e sono generati da poli che
possono essere positivi (da essi si dipartono le linee di flusso) o
negativi (in essi convergono tali linee). Questo concilia inoltre luso
del termine polo magnetico con il fatto che il campo B
a
divergenza nulla: i poli magnetici a cui ci si riferisce alludendo alle
estremit di un magnete permanente sono, in effetti, sorgenti del
campo H
.
Lanalogia tra i due sistemi di equazioni consente di ricavare la
configurazione di linee di forza di H
generate da due
distribuzioni di carica di segno opposto separate da una certa
distanza, cio a quelle di un dipolo elettrico.
Il campo H
nullo ed i
campi B
e H
e H
si manifestano al solo
interno del materiale, dove B
e H
pari a
5
16.6 10
e
5
2.1 10
). I materiali
superconduttori raffreddati al di sotto della temperatura critica, in presenza di un campo magnetico esterno, annullano il
campo magnetico allinterno diventando dei materiali diamagnetici perfetti, con
1
m
=
o
0
r
=
(effetto Meissner).
Questo fenomeno, scoperto nel 1933 da Walther Meissner e Robert Ochsenfeld, dovuto alla generazione di correnti
elettriche superficiali in questi materiali al di sotto della temperatura critica, tali da rendere nullo il campo magnetico
totale allinterno del materiale.
Sostanze diamagnetiche 0
m
< (
5
10
m
) 1
r
<
Sostanze paramagnetiche 0
m
> (
5
10
m
)
1
r
>
Sostanze ferromagnetiche 0
m
> (
3 5
10 10
m
)
1
r
Dispositivo adoperato
da Faraday per lo studio
del diamagnetismo
(Royal Institution,
London)
1s 2s 2p
5-14 Propriet magnetiche dei materiali
La teoria per la descrizione del diamagnetismo fu proposta nel 1905 da Paul Langevin. Lazione
di un campo magnetico sugli elettroni orbitanti attorno al nucleo atomico determina un moto di
precessione antiorario del vettore momento angolare degli elettroni attorno alla direzione del campo
magnetico (precessione di Larmor). Come il moto orbitale degli elettroni produce la corrente (5.1),
al moto di precessione corrisponde una corrente che circola in senso antiorario attorno alla direzione
del campo magnetico e che, dal teorema di equivalenza di Ampere genera, di conseguenza, un
momento magnetico diretto in verso opposto rispetto al campo.
5.5.2 Sostanze paramagnetiche
Nel modello di Langevin il paramagnetismo una propriet dovuta alla
presenza di atomi dotati di un momento di dipolo magnetico permanente, di
origine orbitale o di spin. In assenza di un campo magnetico esterno i dipoli
sono allineati casualmente, determinando una magnetizzazione netta nulla.
Lorigine della magnetizzazione nel materiale una competizione tra
leffetto ordinante del campo magnetico esterno e leffetto disordinante
dellagitazione termica; si trova infatti che se i momenti di dipolo magnetico
non interagiscono tra loro, la suscettivit del materiale segue la legge di
Curie:
m
C
T
= ,
in cui la densit del materiale, T la temperatura assoluta e C un fattore di proporzionalit detto
costante di Curie. Tale legge rappresenta un caso particolare della legge di Weiss-Curie che estende
il modello anche al caso in cui i dipoli magnetici interagiscono tra loro:
m
C
C
T T
.
In tale espressione
C
T pu essere positiva, negativa o nulla; un valore positivo di
C
T indica la
temperatura di transizione (temperatura di Curie) al di sotto della quale il materiale presenta
propriet ferromagnetiche, un valore negativo di
C
T caratterizza i materiali che sono
antiferromagnetici al di sotto di una certa temperatura di critica.
Esempio: Latomo di alluminio ha 13 elettroni disposti secondo la configurazione
2 2 6 2 1
1 2 2 3 3 s s p s p ; lo spin dellelettrone spaiato sul livello 3p determina un momento
magnetico complessivo non nullo. Il piccolo valore della suscettivit magnetica per
questa classe di materiali relativamente a quella dei materiali ferromagnetici li porta ad essere considerati generalmente
come materiali non magnetici. Esempi di materiali paramagnetici oltre allalluminio sono il tungsteno, il cesio, il litio, e
il sodio.
5.5.3 Sostanze ferromagnetiche
Mentre nei materiali paramagnetici la magnetizzazione dipende dalla presenza di un campo
magnetico esterno per cui, allannullarsi del campo tale magnetizzazione viene meno, nei materiali
ferromagnetici possibile osservare una magnetizzazione anche in assenza di un campo magnetico
esterno (magnetizzazione spontanea). In tali materiali, a dispetto dellagitazione termica, presente
Paul Langevin
1s 2s 2p 3s 3p
Propriet magnetiche dei materiali 5-15
un agente ordinante dovuto alla forte interazione fra dipoli elementari vicini
che determina lorientazione dei corrispondenti momenti tutti nella
medesima direzione.
Sebbene a basse temperature la magnetizzazione spontanea risulti
sostanzialmente indipendente dalla temperatura, allaumentare della
temperatura la magnetizzazione diminuisce per effetto dellazione
disordinante dellagitazione termica sui dipoli magnetici elementari. Il
fenomeno secondo cui una calamita perde le propriet magnetiche sopra una
certa temperatura fu riportato da Gilbert nel De Magnete e studiato
successivamente da molti fisici, compreso Faraday, fino a Pierre Curie che,
nel 1895 ne formul la descrizione. La magnetizzazione spontanea si
annulla in corrispondenza della temperatura di Curie
C
T , ci comporta che
per ottenere una magnetizzazione nel materiale considerato per temperature superiori a
C
T occorre
applicare un campo magnetico esterno.
Una teoria dei materiali ferromagnetici fu proposta nel 1906 dal fisico
francese Pierre Weiss. E possibile verificare sperimentalmente che la direzione
del vettore magnetizzazione in un materiale ferromagnetico non arbitraria ma
dipende dalla direzione degli assi cristallografici. Consideriamo idealmente un
parallelepipedo di materiale ferromagnetico tagliato in maniera tale che unasse
risulti coincidente con una direzione preferenziale di magnetizzazione. A causa
della magnetizzazione spontanea la regione di spazio situata in prossimit del
solido sar sede di un campo magnetico. E possibile provare che dal punto di
vista energetico tale configurazione non la pi favorevole. Lenergia associata
al campo magnetico B
,
dove il vettore H
2
Questa relazione verr ricavata nel par. 6.6
Pierre Weiss
r
B
r
M
S
N
Pierre Curie
5-16 Propriet magnetiche dei materiali
Questa energia sar tanto maggiore quanto pi esteso il
volume entro il quale il campo magnetico assume valori
significativamente diversi da zero. Configurando la magnetiz-
zazione in due regioni separate, dette domini, possibile ridurre
il valore dellenergia poich in questa maniera diminuisce il
volume entro cui significativo il campo magnetico, in quanto
le linee di forza si chiuderanno strettamente dai poli nord di un
dominio a quelli sud dellaltro. Siccome a tale configurazione
compete unenergia magnetica inferiore a quella della
configurazione precedente, ne segue che tale configurazione
risulta favorita. E possibile naturalmente estendere questo procedimento a maggiori
frammentazioni dei domini per conseguire stati energeticamente sempre pi favorevoli. Questo
comportamento suggerisce che un materiale ferromagnetico abbia la tendenza, per motivi energetici,
ad organizzarsi in regioni, in ciascuna delle quali la magnetizzazione omogenea ma differente da
quella presente nelle regioni circostanti. Si prova inoltre che tale divisione non procede sino al
completo disallineamento di tutti i dipoli elementari che costituiscono il materiale poich,
allaumentare del numero di domini, aumentano altre forme di energia interna sino a rendere
sfavorevole le ulteriori frammentazioni dei domini; si raggiunge cos una condizione di equilibrio
corrispondente ad un numero di domini magnetici inferiore al numero di dipoli elementari.
In assenza di un campo magnetico esterno il materiale non manifesta, in generale, propriet
magnetiche perch, sebbene in un dominio sia presente una certa magnetizzazione spontanea,
leffetto globalmente annullato dalle magnetizzazioni diverse dei domini contigui. Leffetto di un
campo magnetico esterno corrisponde quindi allalterazione della struttura a domini in misura tale
da determinare lorientazione dei vettori magnetizzazione locale nella direzione del campo esterno.
Cio, a seguito dellapplicazione del campo esterno aumenter il
numero di regioni in cui la magnetizzazione orientata nella
direzione del campo, a scapito di quelle in cui orientata
diversamente. In pratica tale effetto sar determinato o da uno
spostamento delle pareti (pareti di Bloch) che delimitano i domini di
magnetizzazione concorde al campo verso i domini di differente
magnetizzazione, oppure da una specifica orientazione dei dipoli
elementari costituenti i domini, nella direzione del campo esterno.
Lesistenza dei domini magnetici fu confermata sperimentalmente
nel 1931 da Francis Bitter attraverso osservazioni al microscopio.
Nel 1932 Louis-Eugne Nel mostr che in alcune sostanze, per
temperature inferiori ad una certa temperatura critica (temperatura di
Nel), met dei momenti magnetici orientata in una certa direzione
e laltra met allineata nella direzione opposta, per cui la magnetiz-
zazione risultante nulla. Tali sostanze sono dette antiferro-
magnetiche.
5.6 Isteresi magnetica
Consideriamo un materiale ferromagnetico a temperature inferiori a quella di Curie e
supponiamo che gli effetti dei domini magnetici siano mutuamente compensati, in modo che la
magnetizzazione netta del materiale sia nulla.
Allapplicazione di un campo H
,
lintensit della magnetizzazione non diminuir passando
attraverso i valori assunti precedentemente ma, a causa della non
linearit del fenomeno della magnetizzazione, seguir un altro
andamento. Quando il campo esterno si annulla la
magnetizzazione mantiene un valore non nullo
r
M , detto
magnetizzazione residua. Per annullare questa magnetizzazione si
rende necessario, quindi, invertire il verso del campo applicato,
sino a raggiungere un valore
c
H , detto campo coercitivo.
Aumentando ulteriormente lintensit del campo, sempre in tale direzione, si raggiunge una nuova
condizione di saturazione corrispondente, in questo caso, allo stato in cui tutti i domini sono
orientati nella nuova direzione del campo H
e H
e E
nulla, si ottiene:
1 2 t t
H H = ,
e, dalla (5.7):
1 2
1 2
t t
r r
B B
= . (5.16)
Pertanto, le relazioni di raccordo allinterfaccia tra due mezzi materiali diversi sono, per il campo
magnetico:
1 2
1 2
1 2
n n
t t
r r
B B
B B
=
,
e per il vettore H
:
1 1 2 2
1 2
r n r n
t t
H H
H H
=
.
Esempio: Dalle condizioni di raccordo si evince che le linee di forza del campo
magnetico tendono ad addensarsi allinterno di un materiale ferromagnetico. Sia
la superficie di separazione tra due mezzi materiale di permeabilit magnetica
relativa, rispettivamente
1 r
e
2 r
. Con riferimento alla figura, risulta:
1
1
1
tan ,
t
n
B
B
=
2
2
2
tan ,
t
n
B
B
=
X
r
B
t1
r
t
r
B
t2
r
t2
r
B
n2
r
B
n1
r
B
2
r
r
B
1
r
m
r1
m
r2
J
1
J
2
Propriet magnetiche dei materiali 5-19
per cui, dividendo membro a membro, dalla (5.15) e dalla (5.16), si ottiene:
1 2 1 1 1
2 1 2 2 2
tan
,
tan
t n t r
n t t r
B B B
B B B
= = =
espressione nota come legge della rifrazione delle linee di forza del campo magnetico nel passaggio da un mezzo
materiale ad un altro. Se
2 1 r r
, come accade allinterfaccia tra il vuoto, in cui
1 r
vale 1, e un materiale
ferromagnetico, in cui
2 r
dellordine di
2 4
10 10 , risulta
2 1
, cio il vettore
2
B
vale 0, allora
dalla relazione precedente si ha che anche
2
sia uniforme su
tutti i punti della sezione e diretto perpendicolarmente ad essa, assumendo valida per questo
materiale la relazione (5.7), risulta:
( )
0 r
B BS SH = =
. (5.17)
Inoltre, dalla (5.8), valutando la circuitazione del vettore H
lungo la
linea mediana C del supporto (di lunghezza l), si ha:
H dl Hl NI = =
C
. (5.18)
Confrontando le relazioni (5.17) e (5.18) segue:
( )
0
1
r
l
NI B
S
=
; (5.19)
3
Tali linee di forza costituiscono il flusso disperso del campo magnetico.
John Hopkinson
r
B
I
5-20 Propriet magnetiche dei materiali
questa espressione, formulata da John Hopkinson nella seconda met del diciannovesimo secolo,
mette in luce una relazione di proporzionalit tra la corrente complessiva NI che attraversa le spire
del solenoide ed il flusso del campo magnetico
( )
B
. Tale relazione risulta formalmente analoga
alla legge di Ohm applicata ad un circuito elettrico chiuso, in cui un generatore di forza
elettromotrice determina il flusso di una corrente attraverso una resistenza. Indicando con:
0
1
r
l
S
R
e definendo inoltre:
NI F ,
la legge di Hopkinson (5.19) si esprime come:
( )
B =
F R . (5.20)
Le quantit F ed R , rispettivamente analoghe alla forza elettromotrice ed alla resistenza,
prendono i nomi di forza magnetomotrice e riluttanza. La forza magnetomotrice si misura in
amperspire ( Asp ) e, poich il flusso del campo magnetico si esprime in Wb, la riluttanza si misura
in Asp Wb.
Esempio: Consideriamo il dispositivo di figura in cui i vari tronchi del
circuito magnetico, posti a contatto tra loro come mostrato, sono
caratterizzati da diversi valori della sezione e della permeabilit
magnetica relativa; assumendo che sia trascurabile il flusso disperso, il
flusso del campo magnetico attraverso le sezioni di ciascun tronco vale:
( )
1 1 2 2 3 3 4 4
; B B S B S B S B S = = = =
inoltre, calcolando la circuitazione del vettore H
lungo la linea
mediana del circuito si ha:
1 1 2 2 3 3 4 4 1 1 2 2 3 3 4 4
, H l H l H l H l N I N I N I N I + + + = + + +
dove
1
l ,
2
l ,
3
l e
4
l rappresentano le lunghezze di ogni tronco del
circuito e
1 1
N I ,
2 2
N I ,
3 3
N I
e
4 4
N I
le forze magnetomotrici associate
a ciascuna bobina. Indicando con:
1 1 2 2 3 3 4 4
N I N I N I N I = + + + F
la forza magnetomotrice totale agente sul circuito magnetico, dalla relazione (5.7) segue:
( )
1 2 3 4
1 1 2 2 3 3 4 4 1 1 2 2 3 3 4 4 1 2 3 4
0 1 0 2 0 3 0 4
1 2 3 4
1 1 2 2 3 3 4 4
0 1 1 0 2 2 0 3 3 0 4 4
1 2 3 4
0 1 1 0 2 2 0 3 3 0 4 4
,
r r r r
r r r r
r r r r
B B B B
N I N I N I N I H l H l H l H l l l l l
l l l l
B S B S B S B S
S S S S
l l l l
B
S S S S
= + + + = + + + = + + + =
= + + + =
| |
= + + +
|
\ .
F
pertanto, indicando con
I
1
I
3
I
2
I
4
N
4
N
3
N
1
N
2
Propriet magnetiche dei materiali 5-21
1 2 3 4
1 2 3 4
0 1 1 0 2 2 0 3 3 0 4 4 r r r r
l l l l
S S S S
+ + + = + + + R R R R R
(5.21)
la somma delle riluttanze di ciascun tronco del circuito, risulta:
( )
B =
F R
.
Lespressione (5.21) analoga a quella relativa alla serie di resistenze, pertanto i tronchi del circuito
magnetico considerato e, di conseguenza, le corrispondenti riluttanze, sono detti in serie.
La relazione (5.20) pu essere generalizzata in una espressione analoga alla legge di Kirchhoff
per le tensioni:
( )
l
m n
m l n
B =
F R
la quale afferma che la somma delle forze magnetomotrici in un circuito magnetico chiuso
m
m
F
uguale alla somma delle cadute di tensione magnetica
( )
l
n
B R
dei vari tronchi che costituiscono
il circuito.
Consideriamo una porzione di circuito
magnetico in cui confluiscono pi tronchi, in
analogia al caso dei circuiti elettrici a tale porzione
in cui si uniscono le linee di flusso provenienti dai
diversi tronchi diamo il nome di nodo. Valutando il
flusso del campo magnetico attraverso una
superficie S chiusa che contiene tale nodo, ed
assumendo che sia trascurabile il flusso disperso,
dalla (4.26) risulta:
1 1 2 2 3 3
0
S
B ds B S B S B S = = + +
,
ovvero:
( ) ( ) ( )
1 1 2 2 3 3
0 B B B =
.
Questa relazione pu essere facilmente generalizzata al caso di n tronchi attraverso la relazione:
( )
1
0
n
k k
k
B
=
=
, (5.22)
dove la somma calcolata sul numero di tronchi che confluisco nel nodo. Tale espressione
rappresenta lanalogo della legge di Kirchhoff per le correnti relativa ai circuiti magnetici. Pertanto,
in generale, per lo studio dei circuiti magnetici complessi possibile ricorrere ai metodi risolutivi
propri delle reti elettriche, facendo uso della formale analogia esistente tra circuiti elettrici e circuiti
magnetici.
S
2
S
1
S
S
3
r
B
1
r
B
3
r
B
2
5-22 Propriet magnetiche dei materiali
Esempio: Consideriamo il circuito magnetico di
figura costituito da materiale ferromagnetico
omogeneo di sezione S costante dove
lavvolgimento di N spire percorso dalla
corrente I. Applicando la relazione (4.26) ad una
superficie chiusa contenente il nodo A,
trascurando il flusso disperso risulta:
1 2 3
0 ,
S
B ds B S B S B S = = + +
ovvero, posto:
1 1
2 2
3 3
,
,
,
B S
B S
B S
(5.23)
si ha:
1 2 3
. = +
(5.24)
Calcolando la circuitazione del vettore H
= + =
= + =
C
C
(5.25)
dove
1
l
,
2
l
e
3
l
rappresentano la lunghezza di ciascun tronco che costituisce il circuito. Assumendo la validit della
relazione (5.7), dalle (5.23) si ha:
1 1
1
0 0
2 2
2
0 0
3 3
3
0 0
,
,
,
r r
r r
r r
B
H
S
B
H
S
B
H
S
= =
= =
= =
e, sostituendo nelle (5.25) si ottiene:
1 2
1 2
0 0
,
r r
l l NI
S S
+ =
(5.26)
3 2
3 2
0 0
0.
r r
l l
S S
+ =
(5.27)
Risolvendo il sistema lineare tra le equazioni (5.24), (5.26) e (5.27) possibile determinare il flusso del campo
magnetico attraverso un qualsiasi tronco del circuito magnetico e, dalle relazioni (5.23) si ricavare le intensit dei campi
magnetici nei tronchi. In particolare, ad esempio:
2 3
1 0 0
1
2 3
0
0 0
,
r r
r
r r
l l
l S S
NI
l l
S
S S
| |
|
+ = |
|
+
|
\ .
(5.28)
I
N
r
B
2
l
1
l
2
r
B
1
r
B
3
l
3
A
Propriet magnetiche dei materiali 5-23
da cui segue:
1
2 3
1 0 0
2 3
0
0 0
1
.
r r
r
r r
NI
B
l l
S
l S S
l l
S
S S
=
+
+
(5.29)
Adoperando lanalogia tra circuiti magnetici e circuiti elettrici possibile ritrovare agevolmente lo stesso risultato;
associando ad ogni tronco del circuito magnetico la corrispondente riluttanza:
1
1
0
2
2
0
3
3
0
,
,
,
r
r
r
l
S
l
S
l
S
R
R
R
e indicando con F la forza magnetomotrice NI , il circuito magnetico pu essere
schematizzato cos come rappresentato nella figura. Da tale schema segue che il flusso
1
soddisfa la relazione:
2 3
1 1
2 3
| |
+ =
|
+
\ .
RR
R F
R R
che coincide con la (5.28).
La legge di Hopkinson pu continuare ad essere adoperata anche qualora nel circuito magnetico
venga asportata una porzione di un tronco di lunghezza molto minore della sezione del tronco stesso,
creando in aria un traferro. Dalla condizione di raccordo (5.15), segue che la componente normale
del campo magnetico si mantiene continua in corrispondenza di qualsiasi interfaccia, pertanto, in
prima approssimazione possibile trascurare il flusso disperso e rappresentare il traferro attraverso
la sua corrispondente riluttanza. Attraverso la realizzazione di traferri possibile quindi rendere
accessibile un campo magnetico; i circuiti magnetici dotati di traferro trovano applicazione della
realizzazione di elettromagneti, invece i circuiti magnetici chiusi si adoperano, ad esempio, nei
trasformatori.
Esempio: Consideriamo un supporto ferromagnetico omogeneo
toroidale di sezione S sul quale realizzato un avvolgimento di N
spire conduttrici percorse da una corrente I. Il circuito, di lunghezza
complessiva l presenta un traferro in aria di lunghezza
0
l
. Le
riluttanze del circuito e del traferro valgono, rispettivamente:
0
0
0
0
0
,
,
r
l l
S
l
S
=
=
R
R
dove
r
rappresenta la permeabilit magnetica relativa del materiale; poich il traferro in aria nel calcolo della
corrispondente riluttanza
0
R
si assunto
1
r
=
. Il circuito considerato pu essere schematizzato come mostrato in
figura, cos, applicando la legge di Hopkinson e considerando che le riluttanze R e
0
R
sono disposte in serie, si ha:
( )
0
, = + F R R
N
l
0
I
+
1
R
2
R
3
R
F
1
f
2
f
3
f
5-24 Propriet magnetiche dei materiali
dove la forza magnetomotrice F vale NI . Sostituendo alle riluttanze le corrispondenti espressioni
possibile, ad esempio, determinare il valore del campo magnetico nel traferro. Risulta infatti:
0 0
0
0 0
,
r
NI
l l l
S S
= =
+
+
F
R R
cos, dalla (5.17) segue:
0 0
0 0
.
r
NI
B
l l l
S
= =
+
Esempio: Il circuito magnetico mostrato in figura realizzato da
due bracci uguali di materiale ferromagnetico, di lunghezza media
S D
l l =
pari a 102 cm e da una parte centrale di lunghezza
C
l
di
36 cm, sulla quale sono avvolte 100 spire conduttrici. La sezione
di ogni parte del circuito uniforme. Nota la curva di
magnetizzazione
4
del materiale che costituisce il circuito,
stabiliamo lintensit della corrente I che deve percorrere
lavvolgimento affinch il campo magnetico attraverso i due bracci
sia pari a 0.5T . In corrispondenza del punto A il flusso del campo
magnetico attraverso il tronco centrale del circuito si riparte
equamente fra i due bracci, poich questi sono identici; pertanto,
lintensit del campo in tali tronchi,
S D
B B =
, deve essere doppia di
quella nel tronco centrale
C
B
:
2 1.0 .
D C
B B T = =
Dalla curva di magnetizzazione si deduce che a queste intensit del campo magnetico corrispondono le intensit del
vettore H
:
414 ;
196 .
D
C
H Asp m
H Asp m
Calcolando la circuitazione del vettore H
C
da cui segue:
3.5 .
D D C C
H l H l
I A
N
+
=
Esempio: Se nel circuito magnetico dellesempio precedente viene praticato un taglio
di 1mm in corrispondenza del braccio di destra, valutiamo la corrente necessaria
affinch il campo magnetico attraverso tale traferro abbia unintensit pari a 0.4 T .
Quando viene praticato il taglio, nel punto A il flusso del campo magnetico cessa di
dividersi equamente tra i due bracci laterali, siccome per effetto del taglio presentano
4
Si osservi che la curva di magnetizzazione per un materiale ferromagnetico pu essere indifferentemente
rappresentata sia attraverso la relazione funzionale tra M
e H
e H
, come in
questo esempio. Le due rappresentazioni sono collegate tra loro dalla relazione (5.6).
+
R
0
R
F
f
O H [Asp/m]
0.5
1.0
1.5
2.0k 1.0k
] B [T
I
N
A
l
S
l
C
l
D
r
B
S
r
B
D
r
B
C
Propriet magnetiche dei materiali 5-25
una riluttanza differente; dalla relazione (5.22) segue:
,
C D S
= +
dove
C
,
D
e
S
rappresentano, rispettivamente, il flusso del campo magnetico attraverso i bracci centrale, destro e
sinistro,
C
B
,
D
B
e
S
B
ha intensit:
5
0
3.2 10 ;
i
i
B
H Asp m
=
trascurando il flusso disperso, i campi
D
B
e
i
B
lungo la maglia costituita dai due bracci esterni del circuito ed osservando che
i D
l l
, risulta:
( ) 0,
i i D D i S S i i D D S S
H dl H l H l l H l H l H l H l = + + =
C
essendo nulla la forza magnetomotrice in questa maglia; da tale relazione segue quindi che lintensit del vettore H
nel
tronco di sinistra vale:
469 ;
i i D D
S
S
H l H l
H Asp m
l
+
=
a cui corrisponde un campo magnetico:
1.1 .
S
B T =
Nota quindi lintensit del campo magnetico nei due bracci laterali, attraverso la relazione (5.30) possibile stabilire
lintensit del campo magnetico nel tronco centrale:
1.5 ,
C D S
B B B T = +
a cui corrisponde:
1133 .
C
H Asp m
Infine, calcolando la circuitazione del vettore H
C
da cui segue:
5-26 Propriet magnetiche dei materiali
8.9 .
i i D D C C
H l H l H l
I A
N
+ +
=
Esempio: Un elettromagnete costruito
avvolgendo 100 spire conduttrici attorno ad
un nucleo ferromagnetico la cui curva di
isteresi mostrata in figura. La lunghezza
media del circuito magnetico che costituisce
lelettromagnete di 140 cm e lo spessore
del traferro di 10 cm. Stabiliamo lintensit
S
I
della corrente attraverso lavvolgimento,
necessaria a portare il materiale alla
saturazione, in corrispondenza del punto S
del ciclo di isteresi. In tale punto, i
corrispondenti valori dellintensit del
vettore H
sono:
3
43 10 ,
1.4 ;
S
S
H Asp m
B T
Valutando la circuitazione del vettore H
C
dove
0S
H
rappresenta lintensit del vettore H
=
Sostituendo nella precedente espressione segue:
0 0
0
1.7 .
S
S S
B l l l
I H kA
N N
= +
Esempio: Consideriamo il circuito magnetico dellesempio precedente, supponiamo che una volta raggiunta la
condizione di saturazione del materiale ferromagnetico, la corrente attraverso lavvolgimento venga progressivamente
ridotta fino al valore di 500 A. Stabiliamo le intensit del vettore H
C
dove
0
H
rappresenta lintensit del vettore H
nel traferro,
0
B
; sostituendo nella precedente espressione possibile
ricavare lintensit del campo magnetico:
0
0 0
0 0
,
l l NI
B H
l l
= +
(5.31)
facendo lintersezione di questa retta di carico con la curva di isteresi si trovano i due stati:
3
17 10 ,
9.1 ;
A
A
H Asp m
B T
I
N
l
0
l
O H [Asp/m]
0.5
1.0
1.5
] B [T
30 k 60 k 60 k - 30 k -
0.5 -
1.0 -
1.5 -
S
H
S
B
S
O H [Asp/m]
0.5
1.0
1.5
] B [T
30 k 60 k 60 k - 30 k -
0.5 -
1.0 -
1.5 -
S
H
S
B
S
Propriet magnetiche dei materiali 5-27
3
23 10 ,
0.3 .
C
C
H Asp m
B T
Il primo dei due ottenuto portando prima
lintensit del vettore H
ad un elevato valore
positivo fino a raggiungere la saturazione,
per il secondo stato, invece, tale vettore
stato portato ad un elevato valore negativo.
Si osservi che nel primo stato i vettori H
e
B
fosse
ulteriormente aumentata fino a portarla al
valore coercitivo
c
H
(in questo caso di
3
22 10 Asp m ), il campo magnetico
risulterebbe nullo; ovviamente nel traferro, i
vettori H
e B
=
e passa per lorigine. La presenza del campo magnetico in assenza
della corrente indica che il materiale diventato un magnete
permanente, in questo caso i vettori H
e B
nel materiale si
mantengono sempre discordi. Se in queste condizioni lo spessore
del traferro viene annullato, si annullerebbe di conseguenza anche
il corrispondente vettore H
; quando H
vale
0
M
e il suo modulo,
dato dallintersezione della curva di isteresi con lasse verticale,
detto campo magnetico residuo.
Esempio: Il magnete di figura costituito da una sbarra magnetizzata di
sezione S pari a
2
40 cm e lunghezza
m
l
di 30 cm e da due ncore di ferro
dolce di sezione
0
S
pari a
2
20 cm che delimitano un traferro di spessore
0
l
pari
a 4 cm. In figura mostrata la curva di isteresi del materiale che costituisce la
sbarra magnetizzata. Stabiliamo il campo magnetico nel traferro assumendo
trascurabile il flusso disperso e supponendo molto elevata la permeabilit
magnetica relativa del materiale che costituisce le ncore. Valutando la
circuitazione del vettore H
dove
m
H
,
a
H
e
0
H
indicano rispettivamente le intensit del
vettore H
e H
:
0
0
1 .
m
m
m
l S
M H
l S
| |
= +
|
\ .
Dallintersezione della retta di carico con la curva di isteresi si
ricava:
3
3
38 10 ,
183 10 .
mA
A
H Asp m
M A m
Infine, dalle relazioni (5.32) e (5.6) segue:
( )
0 0
0 0
0.36 .
m mA A
S S
B B H M T
S S
= = +
O H [Asp/m] 100k
800 k
800 k -
100k -
M [A/m]
O H [Asp/m] 100k
800 k
800 k -
100k -
M [A/m]
A
A'
6 INDUZIONE ELETTROMAGNETICA
Partendo dallipotesi di simmetria dei fenomeni naturali, per cui se una
corrente esercita uninfluenza su di una calamita cos una calamita deve
poter modificare lo stato di una corrente, Faraday tra il 1822 e il 1825
svolse una serie di infruttuosi esperimenti volti a mettere in luce questo
effetto. Lorigine degli insuccessi era legata al fatto che egli si aspettava un
fenomeno stazionario, cos come nellesperimento di rsted la corrente
determina una deviazione costante dellago magnetico. Utilizzando una
coppia di bobine toroidali avvolte su un anello di ferro, una collegata con
una pila attraverso un interruttore e laltra chiusa su un galvanometro, nel
1831 Faraday not unistantanea deviazione dellindice del galvanometro
in corrispondenza della chiusura dellinterruttore. Tale esperimento venne
successivamente ripetuto in pi modi, cos nello stesso anno Faraday
osserv che introducendo un magnete in una bobina cilindrica collegata ad un galvanometro,
lindice dello strumento subiva una deflessione e, quando il magnete veniva estratto, la deflessione
si manifestava nel senso contrario.
Da questi effetti Faraday dedusse che in un circuito chiuso si induce
una corrente quando questo, posto in movimento, taglia le linee di forza di
un campo magnetico. Se il circuito si allontana dal campo taglia le linee di
forza in senso contrario rispetto a quando si avvicina, determinando
linversione della corrente. Qualora il campo magnetico e il circuito siano
fermi, come nel caso dellesperimento delle bobine toroidali, nellistante
in cui una delle bobine attraversata da corrente avviene come se le linee
di forza del campo magnetico si muovessero, per cui la seconda bobina
risulta percorsa da corrente. Ci siccome lo sviluppo delle linee di forza
durante il transitorio seguente alla chiusura
dellinterruttore nel circuito primario analogo
allavvicinamento della bobina ad un campo
magnetico stazionario.
Il fenomeno dellinduzione elettromagnetica
venne scoperto quasi contemporaneamente dal fisico americano Joseph
Henry che tuttavia non ebbe modo di rendere pubbliche le sue ricerche.
Sempre nel 1831 Henry, mettendo in pratica il fenomeno dellinduzione
realizz il primo motore elettrico, in cui un magnete era fatto ruotare
allinterno di una bobina. Un analogo dispositivo venne costruito nel 1833
dallitaliano Salvatore Del Negro.
Gli esperimenti di Faraday e Henry misero in luce la possibilit di
avere allinterno di un circuito una corrente, detta corrente indotta, senza
che vi sia alcuna batteria. Poich sono le forze elettromotrici a determinare
il moto delle cariche in un circuito, vuol dire che attraverso il fenomeno
scoperto da Faraday, allinterno del circuito si origina una forza
elettromotrice indotta.
Michel Faraday
Bobina adoperata da Faraday
per lo studio dellinduzione
(Royal Institution, London)
Pagina del diario di Faraday
datata 29 agosto 1831 in cui
riportata la scoperta
dellinduzione elettromagne-
tica (Royal Institution,
London)
6-2 Induzione elettromagnetica
6.1 Legge di Faraday-Henry
Il flusso di una corrente tra due punti in un circuito determinato dalla presenza di una
differenza di potenziale tra questi punti. Indicando con A e B tali punti, la differenza di potenziale si
esprime come:
B
A B
A
V V E dl =
;
se si fa riferimento ad un circuito chiuso C, come negli esempi precedenti, si ha:
V E dl =
C
.
Quindi, tramite il fenomeno dellinduzione elettromagnetica in seno al
circuito si origina un campo elettromotore, cio un campo di natura non
conservativa. Sperimentalmente si osserva che la forza elettromotrice V
proporzionale alla rapidit di variazione nel tempo del flusso del campo
magnetico attraverso la superficie sottesa dal circuito in esame. La
variazione del flusso si pu avere sia a causa della variazione del campo
magnetico in prossimit del circuito, sia per una modifica della superficie
attraverso la quale si calcola il flusso sia, ancora, in corrispondenza di una
variazione dellangolo compreso tra la direzione del campo magnetico e la
direzione normale alla superficie considerata. Lintensit della forza
elettromotrice indotta V in un circuito di superficie S, per effetto del
campo magnetico B
= =
. (6.1)
Esempio: (Spira in rotazione in un campo magnetico) Consideriamo una spira rettangolare di superficie S e resistenza
R che ruota attorno ad unasse passante per il piano della spira con velocit angolare costante, in un campo
magnetico B
uniforme. Langolo tra la direzione della normale n alla superficie della spira e la direzione di B
,
varia nel tempo secondo la legge:
t =
cos, il flusso di B
quindi la forza elettromotrice indotta vale:
( )
( )
( ) sin .
d B
V t BS t
dt
= =
Pertanto, la corrente che attraversa la spira ha intensit:
Induzione dovuta al moto
di una magnete allinterno
di una bobina cilindrica
J r
B
n
Induzione elettromagnetica 6-3
( )
( )
( ) sin ;
V t BS
i t t
R R
= =
posto infine:
0
,
BS
I
R
=
la corrente
( ) i t
si esprime come:
( ) ( )
0
sin , i t I t =
ovvero la spira risulta sede di una corrente alternata di intensit
0
I
e frequenza pari a
( ) 2
.
6.2 Legge di Lenz
Come vedremo nel seguito, la polarit della forza elettromotrice indotta
pu essere stabilita a partire dallapplicazione della convenzione relativa
allorientamento della superficie attraverso la quale si determina il flusso,
rispetto al verso di percorrenza del contorno di tale superficie. Nondimeno
questa polarit si pu ricavare anche su basi fenomenologiche attraverso
lapplicazione della legge proposta da Emilij Cristianovi Lenz nel 1834, la
quale afferma che la polarit della forza elettromotrice indotta in un circuito
tale da produrre una corrente che genera un campo magnetico B
che si
oppone alla variazione del flusso attraverso il circuito stesso. In altri termini,
la corrente indotta tende a mantenere costante loriginario valore del campo
magnetico. Nel caso descritto in figura, il circuito immerso in un campo
magnetico B
varia perch B
varia nel
tempo mentre il circuito C resta fermo; oppure il flusso di B
varia
siccome cambia col tempo la configurazione del circuito C in un campo
magnetico stazionario. Questo
secondo caso detto induzione di movimento. Il circuito,
nello spostarsi, genera nel tempo dt una superficie ds che
pu ritenersi costituita dalle superfici elementari s
descritte dai singoli elementi del circuito. Sia v
la velocit
con cui si sposta il circuito, inteso, per semplicit, come un
corpo rigido; lo spostamento elementare dr
dellelemento
infinitesimo di circuito dl
, cos
la superficie s varr:
s n dl dr dl v dt = =
,
pertanto, la variazione nel tempo dt del flusso di B
ds
d B B n s B dl v dt = =
C
,
da cui, poich B
costante, segue
1
:
( )
( ) ( )
d B
V B dl v v B dl
dt
= = =
C C
dove V indica la forza elettromotrice indotta nel circuito. La relazione precedente:
( )
V v B dl =
C
, (6.2)
consente di interpretare la forza elettromotrice indotta come dovuta allazione della forza di Lorentz
qv B
n
dl
r
dr
r
C (t )
C (t ) +dt
Induzione elettromagnetica 6-5
Esempio: Consideriamo una sbarretta conduttrice di lunghezza l in moto a velocit costante
v
e B
pari a ev B
tra gli
estremi della sbarretta che, progressivamente determina una forza sugli elettroni tale da
impedirne lulteriore movimento. La condizione di equilibrio corrispondente alla situazione
in cui il moto di cariche si arresta :
, e E ev B =
ossia, siccome per ipotesi v
e B
sono perpendicolari:
. E vB =
Poich tale campo uniforme, esso sar legato alla differenza di potenziale V che si origina ai capi della sbarretta
attraverso la relazione El , cos:
, V Blv =
con la polarit indicata in figura. Quindi fra gli estremi della sbarretta presente una differenza
di potenziale fintanto essa si muove nel campo magnetico; se si inverte il verso del moto, anche
la polarit della differenza di potenziale si inverte.
Quando la sbarretta dellesempio precedente parte di un circuito chiuso, la variazione del flusso
magnetico attraverso tale circuito determina una corrente. Per esaminare tale effetto supponiamo
che la sbarretta, di resistenza trascurabile, sia in moto lungo due guide conduttrici fisse e parallele e
che questo circuito sia immerso in un campo magnetico B
, (6.3)
dove x laltro lato del circuito, cos dalla (6.1) la forza elettromotrice indotta :
( )
( )
d B
d dx
V Blx Bl Blv
dt dt dt
= = = =
;
se R indica la resistenza del circuito, la corrente I ha intensit pari a:
V
Blv
I
R R
= = ,
r
f
+
+
+
+
r
B
r
B
r
v
r
v
-
-
-
-
r
B
r
v
R
I
x x O
F
r
m
F
r
A'
A
+
r
v
V
6-6 Induzione elettromagnetica
pertanto, il dispositivo test descritto pu essere schematizzato come mostrato in
figura. Si osservi che il verso di questa corrente tale da generare un campo
magnetico diretto nel verso opposto a quello di B
= =
,
tale forza diretta nel verso contrario a quello del moto. Volendo che il moto sia uniforme, deve
risultare:
m
F F =
,
e tale forza deve fornire una potenza P pari a:
P Fv IBlv VI = = = ,
cio uguale alla potenza erogata dal generatore di forza elettromotrice indotta. Inoltre, dalla legge di
Ohm (3.6), risulta anche:
2
P I R =
ovvero, P pari alla potenza dissipata nella resistenza R.
Esempio: Riesaminiamo il precedente
esempio della spira in rotazione in un campo
magnetico allo scopo di verificare la
possibilit di stabilire lespressione della
forza elettromotrice indotta senza fare uso
della (6.1). Con riferimento ai simboli
riportati nella figura, la forza elettromotrice
indotta nella spira vale:
( )
( ) ( )
spira
Q M
P Q
V v B dl
v B dl v B dl
= =
= + +
( ) ( )
;
N P
M N
v B dl v B dl + +
(6.4)
gli integrali calcolati lungo i tratti QM e NP sono nulli essendo, ivi, i vettori v B
e dl
perpendicolari. Inoltre,
dallipotesi secondo cui B
ed il vettore dl
hanno lo stesso
verso, per cui, con riferimento alla figura, si ha:
R
I
V
r
B
r
B
OO'
r
B
L
O
N
M
P
Q
O'
dl
r
r
B
r
v
r
B
r
v
dl
r
r
v
r
v
r
B
wt p -
wt
Induzione elettromagnetica 6-7
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) sin sin sin sin 2 sin ,
Q N
P M
V vB t dl vB t dl vBl t vBl t vBl t = + = + =
(6.5)
dove l indica la lunghezza dei lati PQ e MN della spira. Indicando con l la lunghezza dei lati NP e QM , risulta:
,
2
l
v
=
cos, sostituendo tale valore nella (6.5) e indicando con S larea della spira ll , si ha:
( ) ( ) ( ) 2 sin sin sin .
2
l
V Bl t Bll t BS t
= = =
Questo approccio consente, per altro, di stabilire la localizzazione dei generatori di forza
elettromotrice indotta V in seno alla spira. Infatti lespressione (6.4) indica che tali
generatori sono situati nei lati MN e PQ secondo la schematizzazione di figura, dove
l
R
la resistenza dei lati MN e PQ e
l
R
C
;
in tale relazione S una generica superficie aperta che ha per contorno il circuito C; inoltre la
normale n deve essere scelta nella direzione corrispondente col verso con cui si percorre il circuito.
Cio, come mostrato in figura, S deve essere orientata in modo da vedere il verso
convenzionalmente scelto come positivo per C girare in senso antiorario. Quindi, fissato ad
esempio il verso della normale ad S, viene ad essere determinato di conseguenza il verso di C; tale
verso specifica la direzione (convenzionale) con cui la corrente percorre il circuito C, cos, qualora
il valore della corrente trovato attraverso lapplicazione della (6.1) risulti negativo, vorr dire che il
verso reale contrario a quello imposto dalla convenzione
2
. Naturalmente lapplicazione di tale
convenzione inutile al fine del solo calcolo dellintensit della corrente indotta, mentre diventa
indispensabile qualora occorra necessariamente stabilirne il verso o le grandezze, come le forze
agenti, che dipendono da questo verso.
2
In generale, il verso convenzionale della corrente I identifica la normale n alla sezione ds del conduttore
nellespressione
S S
I J ds J n ds = =
n
6-8 Induzione elettromagnetica
Esempio: Analizziamo alla luce di questa convenzione il problema della sbarretta in moto lungo i binari. Fissiamo
arbitrariamente il verso della normale n alla superficie S del circuito, concorde col verso del campo magnetico B
,
allora, dalla (6.3), in corrispondenza dellascissa x della sbarretta, il flusso di B
= = =
(6.6)
il fatto che questa corrente risulta negativa indica che il suo verso opposto a quello convenzionale. La forza agente
sulla sbarretta data dallintegrale:
,
A
m
A
F I dl B
si osservi che il verso di dl
sostituendo infine a I la sua espressione data dalla (6.6), si ha:
2 2
.
m
Bl B l
F vlB x v
R R
= =
6.5 Autoinduzione
Linduzione di una forza elettromotrice in un circuito si ha anche per effetto del passaggio di una
corrente variabile attraverso lo stesso circuito; infatti, in questo caso la corrente produrr un campo
magnetico variabile che si concatener col circuito determinando un flusso variabile; questa
variazione provocher di conseguenza la generazione di una forza elettromotrice che, in tale
circostanza, detta autoindotta. Per questo motivo il fenomeno test descritto prende il nome di
autoinduzione. Dalla legge di Biot-Savart, il campo magnetico B
C
,
cos il flusso di tale campo attraverso il circuito considerato vale:
( )
0 0
3 3
4 4
S S S
i dl r dl r
B B ds ds i ds
r r
| | | |
= = =
| |
\ . \ .
C C
.
Induzione elettromagnetica 6-9
La quantit contenuta nella parentesi dipende dalle caratteristiche geometriche e fisiche del circuito
e prende il nome di induttanza L del circuito; possibile pertanto definire tale grandezza attraverso
la relazione:
( )
B
L
i
. (6.7)
Lunit di misura dellinduttanza lhenry (H) e risulta
3
2
1 1 1 1 H T m A = . Nota linduttanza di un
circuito, dalla (6.1) si deduce la forza elettromotrice autoindotta nel circuito stesso; indicando con i
la corrente che attraversa tale circuito, questa forza elettromotrice sar data da:
( )
( )
d B
d
v Li
dt dt
= =
e, nellipotesi in cui la geometria del circuito e il mezzo in cui inserito non varino nel tempo, si ha:
di
v L
dt
= .
Leffetto di uninduttanza in seno ad un circuito quello di impedire
alla corrente di aumentare o decrescere istantaneamente. Tipicamente
possibile assumere che in un circuito linduttanza sia concentrata in
particolari dispositivi, come le bobine, detti induttori. Con riferimento
alla figura, la bobina L impedisce che, alla chiusura del tasto la
corrente diventi istantaneamente uguale a V R . Infatti, al crescere
della corrente nel tempo, aumenta anche il flusso magnetico concatenato col circuito e, in
particolare, con la bobina. Tale aumento induce ai capi della bobina una forza elettromotrice che,
dalla legge di Lenz, si oppone alla variazione di flusso. La forza elettromotrice indotta deve
determinare, quindi, una corrente opposta a quella originaria che rallenter laumento complessivo
della corrente. In pratica la bobina agisce in seno al circuito come un generatore di forza
elettromotrice con polarit opposta rispetto alla batteria che alimenta il circuito,
cos, relativamente ai versi della corrente e della forza elettromotrice indotta
indicati nello schema di figura, risulta:
L
di
v L
dt
= . (6.8)
3
Si noti che introducendo questa unit di misura si pu esprimere lunit della permeabilit magnetica del vuoto
0
come:
| |
2
0
1
,
T m T m H
A A m m
= = =
e, in particolare:
0
1.26 .
H
m
L
R
v
T
V
i
i
L v
L
L =
di
dt
6-10 Induzione elettromagnetica
Esempio: (Induttanza di un solenoide) Determiniamo linduttanza di un solenoide di lunghezza l, costituito da N spire
avvolte in aria; assumiamo che l sia grande rispetto al raggio delle spire. Da tali ipotesi segue che il campo magnetico
B
interno al solenoide uniforme, cos, quando il solenoide attraversato da una corrente i si ha:
0
.
N
B i
l
=
Il flusso di B
in cui S la sezione del solenoide; siccome
( )
N B
il flusso attraverso lintero solenoide, dalla (6.7) si ha:
( )
2
0
.
N B
N S
L
i l
= =
(6.9)
Qualora il solenoide fosse avvolto su di un supporto di materiale caratterizzato da una permeabilit magnetica relativa
r
nellespressione di L si ha:
2
0
.
r
N S
L
l
=
(6.10)
Esempio: (Induttanza di un solenoide toroidale) Determiniamo linduttanza di un
solenoide realizzato avvolgendo N spire su di un supporto toroidale a sezione
rettangolare, di raggi a e b ( a b < ) e altezza h. Quando il solenoide percorso da
una corrente i il volume (vuoto) interno al solenoide sar sede di un campo
magnetico B
le cui linee di forza sono cerchi concentrici con lasse del toroide. Lintensit di B
vale:
0
.
2
Ni
B
r
=
Il flusso
( )
spira
B
del campo B
| |
= = = = =
|
\ .
in cui hdr larea della striscia elementare mostrata in figura. Cos il flusso
( )
B
attraverso le N spire sar dato dal prodotto
( )
spira
N B
, pertanto, linduttanza della
bobina toroidale vale:
( ) ( )
2
0
ln .
2
spira
B N B
N h b
L
i i a
| |
= = =
|
\ .
Esempio: Attorno ad un nucleo ferromagnetico di sezione uniforme S , lunghezza media l e permeabilit magnetica
relativa
r
= + R
Sostituendo nella relazione precedente, si trova:
( )
0 0
0 0
,
r
l l l
NI B
S S
| |
= +
|
\ .
da cui segue:
( )
0 0
0 0
.
r
NI
B
l l l
S S
=
+
Lautoinduttanza dellintero avvolgimento vale quindi:
( )
2
0 0
0 0
.
r
N B
N
L
l l l
I
S S
= =
+
Si osservi che qualora la permeabilit magnetica relativa del nucleo sia elevata, la riluttanza del traferro domina su
quella del nucleo, per cui linduttanza dellavvolgimento sar approssimabile come
2
0 0
N S l
.
6.6 Energia immagazzinata in una bobina, energia del campo
magnetico
Consideriamo un circuito percorso da una corrente variabile in cui
presente una bobina di induttanza L. Siccome la legge di Kirchhoff per le
tensioni afferma che la somma delle forze elettromotrici pari alla somma
delle cadute di tensione, nella somma delle forze elettromotrici occorre
comprendere, oltre ai generatori, anche le forze elettromotrici prodotte ai
capi delle bobine, cos, indicando con Ri la caduta di potenziale totale, si
ha:
L
V v Ri = .
Sostituendo a
L
v la sua espressione, dalla (6.8), risulta:
di
V Ri L
dt
= + ;
infine, moltiplicando ambo i membri per la corrente i, si ottiene:
L
R
V
i
v
L
I
N
l
0
l
6-12 Induzione elettromagnetica
2
di
Vi Ri Li
dt
= + .
Questa relazione rappresenta il bilancio energetico del circuito; il primo membro la potenza spesa
dal generatore per far scorrere attraverso il circuito la corrente i; il secondo membro somma di due
termini, il primo dei quali la potenza dissipata nella resistenza R per effetto Joule, mentre il
secondo indica la rapidit con cui viene immagazzinata lenergia nella bobina. In particolare,
indicando con
m
U lenergia immagazzinata in un certo istante nella bobina, allora:
m
dU di
Li
dt dt
= ,
da cui segue:
m
dU Li di = ;
infine, integrando ambo i membri di tale relazione possibile ricavare lenergia totale
immagazzinata nella bobina quando attraversata da una corrente I :
2
0
1
2
I
m
U Li di LI = =
,
cio lenergia immagazzinata nel campo magnetico di una bobina percorsa da una corrente I vale:
2
1
2
m
U LI = . (6.11)
In questa relazione la corrente I pu essere, in generale, stazionaria oppure dipendente dal tempo.
A partire dalla relazione (6.11) possibile determinare lenergia per unit di volume
immagazzinata in un campo magnetico, cio la densit di energia. Consideriamo una bobina di
lunghezza l costituita da N spire avvolte in aria ed assumiamo che l sia grande rispetto al raggio
delle spire; linduttanza di tale dispositivo data dalla relazione (6.9), per cui lenergia
immagazzinata nella bobina quando percorsa da una corrente I :
2
2
2 2 0
0
0
1 1 1
2 2 2
m
N S N
U LI I I Sl
l l
| |
= = =
|
\ .
;
la quantit tra parentesi, ( )
0
N l I , rappresenta lintensit del campo magnetico B
generato dal
solenoide, cos, sostituendo, si ha:
( )
2
0
1
2
m
U B Sl
= .
Il prodotto Sl il volume del solenoide, pertanto, la densit di energia magnetica
m
u
immagazzinata in tale volume vale:
Induzione elettromagnetica 6-13
2
0
1
2
m
m
U
u B
Sl
= = ,
cio:
2
0
1
2
m
u B
= .
In tale espressione assente qualsiasi riferimento al dispositivo adoperato per generare il campo
magnetico B
=
,
dove lintegrale calcolato nel volume in cui presente il campo B
come
0 r
H
, la densit di energia pu
essere espressa come ( ) 1 2 BH . Infine possibile provare che tale relazione pu essere
generalizzata come:
1
2
m
u B H =
,
da cui segue:
1
2
m
V
U B H dv =
. (6.12)
Attraverso lespressione dellenergia associata ad un campo magnetico, facendo uso del
principio dei lavori virtuali (si veda il par. 2.6), possibile determinare le azioni meccaniche che
hanno luogo per effetto di un campo magnetico. In particolare, il calcolo della forze viene effettuato
esprimendo lenergia del campo magnetico in funzione della coordinata da cui dipende la forza e
calcolando la derivata dellenergia rispetto a tale coordinata.
Esempio: Unelettrocalamita a ferro di cavallo costituita da un materiale magnetico di permeabilit magnetica relativa
pari a 1600, su cui avvolto un certo numero di spire in modo da determinare una forza magnetomotrice F di
400 Asp . Essa attira una sbarretta dello stesso materiale e della sezione S di
2
4cm in modo da chiudere perfettamente
6-14 Induzione elettromagnetica
il circuito magnetico la cui lunghezza complessiva di 35cm. Stabiliamo la forza necessaria a staccare la sbarretta. In
relazione ad uno spostamento virtuale x della sbarretta dallelettrocalamita, la riluttanza R del circuito diventa:
0 0
2 2
;
r
l x x
S S
= + R
cos, dalla legge di Hopkinson e dalla relazione (6.7) segue che lautoinduttanza dellavvolgimento vale:
( )
( )
2 2 2
0
2 2 2
0 0
1
.
2 2
2 1
r
r
r
N B
N S
L
l x x
I I I I I l x
S S
= = = = =
+
+
F F F F
R R
Dalla (6.11) la variazione dellenergia magnetica corrispondente allo spostamento virtuale considerato vale:
( )
( )
( )
( )
2 2
2 2 2 0 0
2 2 2
2 1 1 1 1 1
,
2 2 2
2 1 2 1
r r r r
m
r r
S S dL
dU d LI I dx I dx dx
dx I
l x l x
| |
= = = =
` |
\ . + + ( (
)
F F
La forza di distacco vale quindi:
( )
( )
( )
2 2 2 2
0 0 0
2 2 2
0
0
1 1
1.0 ,
2 1
r r r r m r
x
r
x
S S dU S
F N
dx l l
l x
=
=
| |
| |
| = = =
|
|
\ . + (
\ .
F F F
essendo
1
r
.
6.7 Mutua induzione
Linduzione di una forza elettromotrice in seno ad un circuito pu avvenire
a causa del passaggio di una corrente variabile nel circuito stesso, ma come
messo in luce dalloriginario esperimento di Faraday, pu anche prodursi in
corrispondenza delle variazioni di corrente in circuiti posti nelle vicinanze.
Tale fenomeno prende il nome di mutua induzione. Consideriamo due spire
prossime una allaltra; supponiamo che una delle due sia percorsa da una
corrente
1
I . Tale corrente produrr nellintorno della spira un campo
magnetico
1
B
C
,
per cui il flusso di
1
B
attraverso il circuito
2
C vale:
( )
2 2 1 2 1
0 1 0 1 1
2 1 1 2 2 1 2 1 12 3 3
4 4
S S S
I dl r dl r
B B ds ds I ds I M
r r
| | | |
= = = = | |
| |
\ . \ .
C C
.
I
1
r
B
1
C
1
C
2
Induzione elettromagnetica 6-15
Analogamente, se la seconda spira ad essere percorsa da una corrente
2
I , il flusso del campo
2
B
prodotto, attraverso la prima spira :
( )
1 1 2 1 2
0 2 2 0 2
1 2 2 1 1 2 1 2 21 3 3
.
4 4
S S S
I dl r dl r
B B ds ds I ds I M
r r
| | | |
= = = = | |
| |
\ . \ .
C C
E possibile provare
4
che i due coefficienti di proporzionalit,
12
M e
21
M sono uguali; poniamo
quindi:
12 21
M M M = ;
il termine M prende il nome di coefficiente di mutua induzione e, in analogia al caso dellinduttanza,
pu essere definito dal punto di vista operativo come:
( ) ( )
2 1 1 2
1 2
B B
M
I I
=
. (6.13)
Anche in questo caso M dipende unicamente dalle caratteristiche geometriche e fisiche dei circuiti
accoppiati e si misura in henry.
Noto M possibile, quindi, stabilire lentit della forza elettromotrice indotta in un circuito per
effetto della variazione della corrente in un altro, ovvero, ad esempio:
1
2
di
v M
dt
=
rappresenta la forza elettromotrice indotta nel secondo circuito a causa del campo magnetico
variabile generato dalla circolazione della corrente
1
i attraverso il primo circuito. Naturalmente
4
Questa propriet pu essere facilmente verificata attraverso limpiego del
potenziale vettore. Il campo magnetico
( )
1
B r
a distanza r da un circuito
1
C
percorso
dalla corrente
1
I
si esprime attraverso il potenziale vettore come
( )
1
A r
, dove
( )
1
0 1 1
1
1
,
4
I dl
A r
r r
C
pertanto, il flusso di
( )
1
B r
attraverso un circuito
2
C
posto in prossimit del primo circuito vale:
( ) ( )
2 2 2 2 1
2 1
0 1 1
1 1 2 1 2 1 2 2
1
0 1 2
1 1 12
2 1
4
,
4
S S
I dl
B B ds A ds A dl dl
r r
dl dl
I I M
r r
= = = = =
| |
= = |
|
\ .
C C C
C C
dove si fatto uso del teorema del rotore. Dalla propriet commutativa del prodotto
scalare segue quindi:
2 1 1 2
0 0 1 2 2 1
12 21
2 1 1 2
.
4 4
dl dl dl dl
M M
r r r r
= = =
C C C C
I
1
C
1
r
dl
1
O
1
r
r
P
r
r
1
r
r
- r
r
I
1
C
1
C
2
r
dl
1
r
dl
2
O
1
r
r
2
r
r
1
r
r
2
r
r
-
6-16 Induzione elettromagnetica
esister unanaloga espressione per la forza elettromotrice indotta nel primo circuito quando il
secondo percorso da una corrente variabile.
Esempio: Stabiliamo il coefficiente di mutua induzione tra un filo conduttore, rettilineo e indefinito
ed una spira quadrata, di lato a complanare al filo il cui lato pi prossimo al filo dista b da questo. Il
campo magnetico B
dove n il versore normale alla spira. Pertanto il flusso di B
+
| |
= = = = +
|
\ .
cos, dalla (6.13) segue:
( )
0
ln 1 .
2
B
a a
M
I b
| |
= = +
|
\ .
Esempio: Consideriamo due bobine, rispettivamente di
1
N
e
2
N
spire, entrambe avvolte su uno stesso supporto
cilindrico di sezione S e lunghezza l con l S . Stabiliamo il coefficiente di mutua induzione tra le due bobine.
Lintensit del campo magnetico prodotto dalla bobina di
1
N
spire vale:
1
1 0 1
,
N
B I
l
=
e il flusso di tale campo attraverso la bobina di
2
N
spire :
( )
2 2 2
1 1 1 2
2 1 1 0 1 0 1 0 1
.
N S N S N S
N N N N
B B ds I ds I ds I
l l l
= = = =
6.8 Carica e scarica di una bobina
Consideriamo il circuito di figura in cui la corrente, nellistante iniziale
in cui viene chiuso linterruttore T, nulla ( ( ) 0 0 i = ), applicando la legge di
Kirchhoff per le tensioni, si ha
5
:
5
Si noti che questa equazione risulta formalmente analoga a quella che descrive il moto rettilineo di un punto
materiale di massa m (corrispondente a L), velocit
( ) v t
(corrispondente a
( ) i t
) in un mezzo viscoso, la cui forza
resistente
( ) v t
(corrispondente a
( ) Ri t
), sotto leffetto di una forza esterna costante di intensit F
(corrispondente a V):
( )
( ) ;
dv t
m F v t
dt
=
il moto descritto da questa equazione ammette una velocit limite, pari a F , che si raggiunge quando il secondo
membro si annulla e, di conseguenza
( ) 0 dv t dt =
. Pertanto, per analogia, come del resto verificheremo analiticamente,
R T
L V
i
I
b a
Induzione elettromagnetica 6-17
( )
( ) di t
V Ri t L
dt
= + ;
separando le variabili, risulta:
dt di
V L
i
R R
=
| |
|
\ .
,
posto quindi
L
R
,
ed integrando tra gli istanti 0 e t in cui la corrente assume rispettivamente valore nullo e un valore
generico i, si ha:
0 0
t i
d d
V
R
,
da cui segue:
( ) ( )
1
t
V
i t e
R
= ,
dove prende il nome di costante di tempo del circuito. Questa espressione della corrente pu
essere riguardata come la somma di due termini , la corrente V R che attraverserebbe il circuito sin
dallistante iniziale in assenza della bobina, e il termine ( )
t
V R e
, detto extracorrente di
chiusura determinato dal fenomeno dellautoinduzione.
Supponiamo che a partire dalla condizione di equilibrio in cui la corrente
attraverso il circuito vale V R , linterruttore T venga aperto. Per esaminare
il comportamento del circuito in tale circostanza schematizziamo lapertura
dellinterruttore sostituendolo con una resistenza R di valore molto pi
grande di R. Applicando la legge di Kirchhoff al circuito considerato si ha:
( ) ( )
( ) di t
V R R i t L
dt
= + + ,
che pu essere approssimata come:
( )
( ) di t
V R i t L
dt
+ ,
il circuito presenta un valore asintotico della corrente pari a V R . Inoltre, siccome lenergia cinetica acquisita dal punto
materiale vale
( )
2
2 mv t
, per analogia, lenergia acquisita dalla bobina
( )
2
2 Li t
, in accordo con la relazione (6.11).
1
e
1
O t t
i(t )
-
V
R
V
R
L V
i
R' R
6-18 Induzione elettromagnetica
essendo per ipotesi R R ; separando le variabili e integrando si ha quindi:
0
t i
V
R
d d
V
R
,
dove
L L
R R
=
.
Pertanto la corrente nel circuito vale:
( )
t t
V V V V
i t e e
R R R R
| |
= +
|
\ .
.
Tale corrente che si ha in corrispondenza dellapertura dellinterruttore detta extracorrente di
apertura. In questa circostanza la forza elettromotrice che si origina ai capi della bobina vale:
( )
( ) 1
t t
L
di t
V R
v t L L e V e
dt R R
| |
= =
|
\ .
;
in particolare, nellistante di apertura dellinterruttore ( 0 t = ), la tensione ( ) 0
L
v ai capi della bobina
vale ( ) V R R e, siccome R R , risulta ( ) 0
L
v V . Attraverso la scoperta del fenomeno
dellextracorrente di apertura nel 1833, Henry fu portato a introdurre il concetto di autoinduttanza di
un circuito.
Esempio: Per stimare lentit della forza elettromotrice che si induce ai capi della bobina in corrispondenza
dellapertura dellinterruttore supponiamo che la resistenza R valga 1 k, il generatore V eroghi una tensione di 10 V e
linterruttore aperto venga schematizzato con una resistenza R di 1 M. Allora la tensione
( ) 0
L
v
vale 10 kV. Nella
pratica linterruttore non si comporta nella maniera descritta ma la sua resistenza una complicata funzione del tempo
che varia da un valore molto piccolo, in teoria nullo, nella situazione in cui linterruttore chiuso ad uno molto grande,
in teoria infinito, quando linterruttore aperto. Comunque loriginarsi di questa intensa differenza di potenziale ai capi
dellinterruttore nella fase di apertura pu portare alla formazione di una breve scarica che, alla lunga, determina il
deterioramento dei contatti dellinterruttore. Per tale motivo i contatti degli interruttori che comandano grossi carichi
induttivi ad alta tensione sono generalmente tenuti in bagno dolio. Il fenomeno dellextracorrente di apertura veniva
adoperato nel passato per la generazione di alte tensioni. Ad esempio nel rocchetto di Ruhmkorff la variazione di
corrente in un circuito induttivo, prodotta per effetto di una successione periodica di chiusure e aperture di un
interruttore, provoca la generazione di una elevata tensione in un secondo circuito mutuamente accoppiato al primo.
Consideriamo il circuito di figura; qualora alla chiusura dellinterruttore T, al
tempo 0 t = , la bobina risulti attraversata da una corrente
0
I , lequazione del
circuito si scrive:
( )
( )
0
di t
Ri t L
dt
= + ,
che ha soluzione:
L R
i
T
Induzione elettromagnetica 6-19
( )
0
t
i t I e
= .
In tale circostanza lenergia dissipata nella resistenza a partire
dallistante iniziale :
( )
2 2 2 2 2
0 0
0 0 0
2 2
0 0
2
1
,
2 2
t t
J
U i t Rdt I R e dt I R e
L
I R LI
R
= = = =
= =
che costituisce lenergia immagazzinata nella bobina in
corrispondenza dellistante iniziale.
Esempio: Consideriamo una bobina piana di N spire di superficie S di resistenza complessiva R, i cui estremi siano
collegati tra loro. Supponiamo che la bobina sia originariamente immersa in un campo magnetico uniforme e costante
B
e supponiamo allistante di tempo iniziale 0 t = il campo si annulli. Stabiliamo la carica che attraversa la spira a
partire dallistante iniziale. In generale risulta:
( )
0
. q i t dt
Daltra parte la corrente
( ) i t
attraverso la spira sar dovuta al fenomeno dellinduzione, cio:
( )
1
,
d
i t
R dt
=
in cui rappresenta il flusso del campo magnetico B
| |
= = = = =
|
\ .
dove
1
e
2
rappresentano il flusso di B
= =
=
pertanto:
.
NBS
q
R
=
Si noti che, attraverso lapplicazione della legge di Felici possibile effettuare la determinazione di un campo
magnetico attraverso una misura di carica.
O t t
i(t )
e
I
0
I
0
6-20 Induzione elettromagnetica
6.9 Forze elettromotrici e campi elettrici
Sebbene fino ad ora nellapplicazione della legge di Faraday-Henry
espressa nella forma
S
d
E dl B nds
dt
=
C
,
si sia fatta coincidere la curva C con un circuito costituito da un filo
conduttore, occorre osservare che la generazione di un campo elettrico per effetto della variazione
di un campo magnetico un fenomeno che prescinde dalla presenza di cariche elettriche. Per
illustrare questo aspetto della legge di Faraday-Henry consideriamo una regione priva di cariche e
immersa in un campo magnetico B
non pu avere
componenti radiali perch, qualora ve ne fossero, il flusso attraverso una superficie cilindrica
coassiale alla direzione di B
E Et =
,
quindi, integrando lungo il percorso C, siccome
dl t dl =
, si ha:
2 E dl r E =
C
,
inoltre, se S la superficie della circonferenza C, indicando con n il versore normale a S e
assumendo che n abbia lo stesso verso del vettore campo magnetico, si ha:
2
S S
d d dB
B ds B nds r
dt dt dt
= =
,
cos lintensit del campo elettrico indotto vale:
1
2
dB
E r
dt
= .
Se lintensit del campo magnetico decrescente, cio se dB dt negativo, per la legge di Lenz
unideale corrente indotta che fluisse attraverso un circuito coincidente col percorso C dovrebbe
scorrere in senso antiorario siccome la corrispondente forza elettromotrice indotta deve opporsi a
questa variazione del campo magnetico. Di conseguenza le linee di forza del campo elettrico indotto
C
r
n
r
B
E
r
dB
dt
< 0
Induzione elettromagnetica 6-21
E
dovranno essere dirette anche loro in senso antiorario, cos come rappresentato in figura.
Vettorialmente risulta quindi:
1
2
dB
E r n
dt
=
. (6.14)
Sebbene i campi generati attraverso il meccanismo dellinduzione elettromagnetica siano in grado
di esercitare delle forze sulle cariche come quelli prodotti dalle cariche stazionarie, esistono delle
profonde differenze tra i due tipi di campi elettrici. E possibile rendersi conto di ci osservando che
i campi prodotti dallinduzione elettromagnetica sono caratterizzati da
linee di forza che possono descrivere percorsi chiusi, mentre per i campi
di natura elettrostatica le linee di forza non formano mai percorsi chiusi,
dovendo originare dalle cariche o terminare su queste. Questa differenza
indica che i campi prodotti dallinduzione elettromagnetica non sono
conservativi e, infatti, la circuitazione del campo elettrico lungo un
percorso chiuso espressa dalla (6.1) e vale
( )
d B dt
, mentre nulla
per i campi elettrostatici.
6.10 Formulazione differenziale della legge di Faraday-Henry
Consideriamo un percorso fisso C di superficie S, applicando il teorema del rotore al primo
membro dellespressione:
S
d
E dl B ds
dt
=
C
si ottiene:
( )
S S S
d B
E ds E dl B ds ds
dt t
= = =
C
,
dove la derivata rispetto al tempo stata portata sotto il segno di integrale essendo il percorso C
fisso; segue quindi:
0
S
B
E ds
t
| |
+ =
|
\ .
;
dovendo valere questa identit per ogni dominio di integrazione S, deve risultare necessariamente
nulla la funzione integranda, ovvero:
B
E
t
. (6.15)
Questa relazione fornisce lespressione della legge di Faraday-Henry in forma differenziale.
A partire da tale relazione, facendo uso del potenziale vettore introdotto nella (4.28) possibile
generalizzare lespressione (1.17). Sostituendo la (4.28) nella (6.15) si ha:
C r
r
n
r
B
E
r
dB
dt
< 0
6-22 Induzione elettromagnetica
( )
A
B A
E
t t t
| |
= = =
|
\ .
,
ovvero:
0
A
E
t
| |
+ =
|
\ .
.
Da tale identit segue che la funzione E A t +
uguale al gradiente di una funzione, cio:
A
E V
t
+ =
.
Dove V naturalmente il potenziale elettrostatico. Il campo elettrico pu esprimersi quindi come:
A
E V
t
,
cio il campo elettrico somma di due termini, V
= = = =
C C
.
Esempio: Consideriamo un campo di induzione B
, quindi:
( )
2
.
d B
dB
v S Sk r k
dt dt
= = = =
Sebbene si possa procedere attraverso considerazioni legate alla simmetria del problema, come vedremo succes-
sivamente, per la determinazione del campo elettrico indotto E
possiamo osservare che risolve la prima equazione la coppia di componenti di E
:
( )
1
, ,
2
z x
E ku y f x z = +
(6.16)
( )
1
, ,
2
y x
E ku z g x y = +
(6.17)
dove
( ) , f x z
e
( ) , g x y
sono due arbitrarie funzioni. La seconda equazione risolta dalle componenti:
( )
1
, ,
2
x y
E ku z h x y = +
(6.18)
( )
1
, ;
2
z y
E ku x l y z = +
(6.19)
dove
( ) , h x y
e
( ) , l y z
sono due arbitrarie funzioni. Confrontando la (6.16) con la (6.19), osserviamo che, siccome nella
prima
z
E
espressa tramite una funzione di y ed nota a meno di una arbitraria funzione di x e z mentre, nella seconda,
z
E
espressa attraverso una funzione di x ed nota a meno di una arbitraria funzione di y e z, possiamo assumere che la
funzione arbitraria della (6.16) sia
2
y
ku x
e che la funzione arbitraria della (6.19) sia
2
x
ku y
. Pertanto, la relazione:
( )
1
,
2
z x y
E k yu xu =
(6.20)
in accordo sia con lespressione di
z
E
indicata dalla (6.16) che con quella mostrata nella (6.19). Infine, la terza
equazione del sistema risolta dalla coppia di componenti:
( )
1
, ,
2
x z
E ku y m x z = +
(6.21)
( )
1
, ,
2
y z
E ku x n y z = +
(6.22)
in maniera analoga a quanto fatto per la componente
z
E
, dal confronto tra la (6.18) e la (6.21) e tra la (6.17) e la (6.22),
segue:
6-24 Induzione elettromagnetica
( )
1
,
2
x y z
E k u z u y =
(6.23)
( )
1
,
2
y z x
E k u x u z =
(6.24)
Facendo uso delle componenti indicate dalle relazioni (6.23), (6.24) e (6.20), il vettore campo elettrico E
pu essere
scritto come:
( ) ( ) ( )
1 1 1
,
2 2 2
y z z x x y x y z
x y z
E k u z u y x u x u z y yu xu z k u u u k u r
x y z
(
= + + = =
(6.25)
in cui r
il raggio vettore:
. r x x y y z z = + +
Pertanto, per i punti della spira, il campo elettrico tangente alla spira ed orientato rispetto al campo magnetico
secondo la regola della mano destra. Come gi anticipato, possibile conseguire lo stesso risultato in maniera analoga a
quanto fatto per ottenere la relazione (6.14); da questa formula, poich in questo caso dB dt k = , allora:
( )
1 1 1
,
2 2 2
dB
E r n k r n k n r
dt
= = =
questa espressione coincide con la (6.25) essendo n diretto come u .
6.11 Legge di Ampre-Maxwell
La legge di Ampre afferma che, nel vuoto, in presenza di una corrente I, il campo magnetico B
soddisfa la relazione:
0 0
S
B dl I J ds = =
C
dove S una generica superficie che ha come contorno la linea C che concatena la corrente I e
lungo la quale si calcola la circuitazione del campo magnetico B
C
pari a
0
I , se I la corrente che attraversa
tale superficie. Consideriamo ora una superficie
2
S
di contorno
C che si estende nella regione compresa tra le armature del
condensatore; in questo caso
2
S non attraversata dal vettore
densit di corrente, cos il flusso di tale vettore attraverso
2
S nullo e, di conseguenza, deve essere pure nulla la
circuitazione
B dl
C
, in palese contrasto col calcolo precedentemente svolto per
1
S
.
Per sanare le contraddizioni evidenziate dal precedente esempio, nel 1864 Maxwell propose di
estendere il significato del concetto di densit di corrente nel modo che segue. Modifichiamo
lespressione della (6.26) aggiungendo al secondo membro un vettore
S
J
da determinarsi in modo
da rendere compatibile tale espressione con lequazione di continuit:
0 0 S
B J J = +
,
dove il vettore
S
J
| |
= =
|
\ .
,
dove si fatto uso dellespressione differenziale della legge di Gauss,
0
E =
, per porre in relazione la densit di carica col relativo
campo elettrico E
| |
=
|
\ .
,
fra tutte le possibili soluzioni di questa equazione, scegliamo quella per cui:
0 S
E
J
t
.
James Clerk Maxwell
I
C
I
S
2
S
1
6-26 Induzione elettromagnetica
Con questa modifica, la nuova espressione della legge di Ampre :
0 0 0
E
B J
t
= +
che, in tale forma, prende il nome di legge di Ampre-Maxwell. Questa relazione coincide con la
legge di Ampre nel caso stazionario in cui i campi non dipendono dal tempo e 0 E t =
, inoltre
matematicamente compatibile, in generale, con lequazione di continuit. Il vettore
S
J
detto
densit di corrente di spostamento e il suo flusso attraverso una qualunque superficie S:
0 S S
S S
E
I J ds ds
t
= =
, (6.27)
prende il nome di corrente di spostamento attraverso tale superficie. Nel caso non stazionario, la
densit di corrente di spostamento va aggiunta alla densit di corrente di conduzione J
, ottenendo
cos una densit di corrente totale generalizzata:
0 T
E
J J
t
= +
,
che sempre solenoidale. Calcolando su una generica superficie non chiusa il flusso di entrambi i
membri dellespressione della legge di Ampre-Maxwell e applicando al primo membro il teorema
del rotore, si trova immediatamente che il teorema della circuitazione di Ampre vale, istante per
istante, anche in condizioni non stazionarie, pur di considerare in luogo della corrente di conduzione,
la corrente totale generalizzata.
Esempio: Per verificare che lapproccio test illustrato sana la
contraddizione emersa nel precedente esempio, consideriamo
nuovamente il processo di carica o scarica di un condensatore. La
legge di Ampre in forma integrale si esprime come:
( )
0
,
S
B dl I I = +
C
in cui
S
I
dato dalla relazione (6.27); se si considera la superficie
1
S
che ha per contorno C , il flusso della densit di corrente di
conduzione attraverso tale superficie vale I e inoltre, siccome
attraverso
1
S
non ci sono campi elettrici variabili, risulta:
0
. B dl I =
C
Consideriamo ora, per semplicit, una superficie cilindrica
2
S
che contiene larmatura positiva del condensatore, come
mostrato in figura. Poich il flusso della densit di corrente attraverso
2
S
nullo, non compare I nellespressione della
legge di Ampre-Maxwell. Tuttavia occorre considerare il contributo della corrente di spostamento
S
I ; infatti tra le
armature presente il campo elettrico variabile:
0 0
,
q
E n n
S
= =
I
C
I
+
S
2
S
1
n
E
r
q
- q
Induzione elettromagnetica 6-27
in cui S la superficie dellarmatura positiva; tale campo, normale alla parte di
2
S
affacciata allarmatura e nullo
altrove, varia poich sta variando la quantit di carica q sulle armature del condensatore. La densit di corrente di
spostamento vale quindi:
0 0
0
1
.
S
E q dq I
J n n n
t t S S dt S
= = = =
Siccome il flusso di
S
J
attraverso la superficie
2
S diverso da zero solo in corrispondenza della porzione di superficie
S affacciata allarmatura positiva, la corrente di spostamento :
2
,
S S
S S S
I I
I J ds n ds ds I
S S
= = = =
cio la corrente di spostamento coincide con la corrente di conduzione e, ancora una volta, vale la relazione:
0
, B dl I =
C
Questa trattazione prescinde dalla presenza di mezzi materiali; se lo spazio riempito da un
materiale dielettrico si fa uso del vettore spostamento D
= +
,
e la legge di Ampre-Maxwell si esprime come:
0 0
D
B J
t
= +
.
Inoltre, se nella densit di corrente
T
J
= +
.
6.12 Equazioni di Maxwell
Nel 1864, in una memoria intitolata A Dynamical Theory of Electromagnetic Field, estesa nel
1873 in un trattato generale, Maxwell riassunse in un insieme di venti equazioni le leggi
dellelettromagnetismo. Nel vuoto, in presenza di cariche libere e di correnti di conduzione,
distribuite rispettivamente con densit e J
=
, (6.28)
0 B =
, (6.29)
B
E
t
, (6.30)
0 0 0
E
B J
t
= +
; (6.31)
lequazione (6.28) stabilisce che il flusso del campo elettrico attraverso una superficie chiusa
determinato dalla carica racchiusa dalla superficie, tale relazione valida sia per campi statici che
variabili; lequazione (6.29) afferma che il campo magnetico sempre solenoidale e quindi che non
esistono cariche magnetiche; lequazione (6.30) mostra che un campo magnetico variabile
sorgente di un campo elettrico; infine lequazione (6.31) individua quali sorgenti del campo
magnetico le correnti di conduzione e le variazioni del campo elettrico. Applicando loperatore
divergenza alla (6.31) e facendo uso della (6.28) si ottiene lequazione di continuit:
0 J
t
+ =
,
che esprime la conservazione della carica elettrica, propriet contenuta, quindi, nelle equazioni di
Maxwell. La forza agente su di una particella di carica q espressa dalla relazione di Lorentz:
( )
F q E v B = +
e il moto soddisfa la seconda legge di Newton:
dp
F
dt
=
,
dove p
la quantit di moto associata alla particella; per piccole velocit rispetto a quella della
luce nel vuoto questa espressione diventa F ma =
, in cui m e a
rappresentano, rispettivamente la
massa e laccelerazione della particella. Ai campi E
e B
= + .
Nei mezzi materiali, la presenza dei campi E
e B
e M
;
cos, per mezzi materiali in quiete, le equazioni di Maxwell si scrivono:
D =
, (6.32)
0 B =
,
B
E
t
,
D
H J
t
= +
, (6.33)
dove le relazioni tra i vettori E
e D
e tra i vettori B
e H
sono:
0 r
D E =
,
0 r
B H =
,
e le equazioni (6.32) e (6.33) si riconducono rispettivamente alle equazioni (6.28) e (6.31)
attraverso la sostituzione formale del prodotto
0 r
in luogo di
0
e del prodotto
0 r
in luogo di
0
. Nello spazio vuoto, in assenza di cariche e di correnti, le equazioni di Maxwell si scrivono:
0 E =
,
0 B =
,
B
E
t
,
0 0
E
B
t
=
ed assumono una forma particolarmente simmetrica nei campi E
e B
,
e derivando ambo i membri segue:
( ) ( )
( )
2
2
1
0
d i t di t
R
i t
dt L dt LC
+ + = . (7.3)
Per integrare questa equazione differenziale poniamo ( )
t
i t e
e
2
t
e
e
2
t
e
= + .
Infine, se 0 < , ovvero se 2 R L C < , allora
1
e
2
sono complessi, pertanto, se si pone:
2
2
0 2
1
4
R
LC L
= ,
possibile scrivere:
1, 2 0
2
R
j
L
=
O t
i ( ) t
D > 0
D = 0
7-4 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
cos, sostituendo nellespressione di ( ) i t si ha
1
:
( )
( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
0 0 2 2
2
0 0 0 0
2
0 0
cos sin cos sin
cos sin ,
R R
t t
j t j t
L L
R
t
L
R
t
L
i t ae e be e
e a t ja t b t jb t
e a b t j a b t
= + =
= + + = (
= + + (
posto quindi:
0
sin a b I + ,
( )
0
cos j a b I ,
segue:
( ) ( ) ( )
( )
2
0 0 0
2
0 0
cos sin sin cos
sin .
R
t
L
R
t
L
i t I e t t
I e t
= + = (
= +
Si osservi che, indipendentemente dal segno del
discriminante , la corrente ( ) i t si annulla sempre nel
limite t .
7.2 Bilanci energetici nel circuito LC
Il circuito RLC nel limite ideale in cui R nulla detto circuito LC, in tale caso lequazione
differenziale che lo descrive si ricava da quella del circuito RLC (7.3) ponendo R uguale a zero:
( )
( )
2
2
1
0
d i t
i t
dt LC
+ = ,
la cui soluzione :
( ) ( )
0 0
sin i t I t = + , (7.4)
con:
0
1
LC
= ; (7.5)
1
Si fa uso della formula di Eulero:
cos sin
j
e j
= + .
O t
e
- t
2L
R
i ( ) t
I
0
I
0
w / p
0
2
D < 0
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-5
dove
0
prende il nome di pulsazione di oscillazione libera del circuito RLC. Le due costanti, e
0
I , sono ricavate a partire dalle condizioni iniziali. Assumendo che allistante iniziale la bobina non
sia percorsa da corrente, si ha:
0 = .
Poich questo circuito privo di elementi dissipativi, il valore massimo dellenergia immagazzinata
nella bobina,
2
0
2 I L , deve essere uguale al valore massimo dellenergia immagazzinata nel
condensatore,
2
0
2
C
V C , essendo
0 C
V la differenza di potenziale presente allistante iniziale tra le
armature del condensatore; pertanto:
0 0 0 C
I V C = . (7.6)
La differenza di potenziale ai capi del condensatore per 0 = si ottiene dalla (7.1) per 0 R = ,
sostituendo a ( ) i t la sua espressione dalla (7.4) con la posizione (7.6):
( )
( )
( ) ( ) ( )
2
0 0 0 0 0 0 0 0
cos cos cos
C C C
di t
v t L LI t V LC t V t
dt
= = = = ,
cos lenergia immagazzinata istantaneamente nel condensatore :
( ) ( ) ( )
2 2 2
0 0
1 1
cos
2 2
e C C
U t Cv t CV t = = ,
mentre lenergia immagazzinata istantaneamente nella bobina :
( ) ( ) ( ) ( )
2 2 2 2 2
0 0 0 0
1 1 1
sin sin
2 2 2
m C
U t Li t LI t CV t = = = ,
e lenergia totale immagazzinata istantaneamente nel circuito LC :
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
2 2 2 2 2
0 0 0 0 0
1 1 1
cos sin
2 2 2
T e m C C C
U t U t U t CV t CV t CV = + = + = ,
cio pari allenergia immagazzinata nel condensatore
allistante iniziale. In figura sono mostrati i grafici delle
funzioni ( )
e
U t , ( )
m
U t e della loro somma ( )
T
U t .
Losservazione che la scarica di una bottiglia di Leyda
non consiste nel solo passaggio di elettricit da unarmatura
allaltra ma da una serie di oscillazioni smorzate fu fatta da
Henry nel 1842. Sebbene non conoscesse tale studio,
Hermann von Helmoholtz adott questa ipotesi nella
formulazione del principio di conservazione dellenergia. Il processo di scarica fu studiato
analiticamente da Thomson nel 1855 che, utilizzando la teoria del potenziale, identific le
circostanze in cui si manifestava la scarica oscillatoria e trov lespressione (7.5) della pulsazione di
oscillazione. Infine nel 1869 Helmoholtz prov che si potevano ottenere delle oscillazioni elettriche
in una bobina collegata alle armature di un condensatore.
O t
U
T
t ) (
U
m
t ) (
U
e
t ) (
U(t )
7-6 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
7.3 Circuito RLC forzato
Supponiamo di aggiungere un generatore di forza
elettromotrice sinusoidale ( ) v t , di pulsazione , alla serie dei
componenti che costituiscono il circuito RLC. Se:
( ) ( )
0
cos v t V t = , (7.7)
allora lequazione che descrive il nuovo circuito :
( )
( ) ( ) ( )
C
di t
L Ri t v t v t
dt
+ + = .
Sostituendo a ( )
C
v t e a ( ) v t le loro espressioni, rispettivamente dalle (7.2) e (7.7), e riordinando, si
ha:
( )
( ) ( ) ( )
0 0
0
1
cos
t
C
di t V V R
i t i d t
dt L LC L L
+ + =
. (7.8)
Lequazione che esprime la legge di variazione della differenza di potenziale ai capi del
condensatore si ricava derivando ambo i membri dellequazione integrale (7.2) che lega ( )
C
v t a
( ) i t :
( ) ( )
C
dv t i t
dt C
= ,
sostituendo ( ) i t da tale equazione nella (7.8) si ha:
( ) ( )
( ) ( )
2
0 0
2
1
cos
C C C
C
d v t dv t V V R
v t t
dt L dt LC LC LC
+ + = . (7.9)
Lequazione integro-differenziale (7.8) che stabilisce la legge di
variazione della corrente attraverso il circuito e lequazione differenziale
(7.9) che stabilisce la legge di variazione della differenza di potenziale ai
capi del condensatore, definite le opportune condizioni iniziali, possono
essere risolte facendo uso dei tradizionali metodi, cos come si fatto per
il circuito privo di sollecitazione. Tuttavia nel caso di stimoli sinusoidali
conviene far uso di un metodo particolare, introdotto dallingegnere
tedesco Charles Proteus Steinmetz nel 1893, la cui applicazione si rivela
particolarmente efficace in tale ambito.
T L R
C
i t ( )
v
C
t ) ( v t ) (
Charles Proteus Steinmetz
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-7
7.4 Metodo simbolico
A partire dallequazione differenziale:
( ) ( )
( ) ( )
2
2
d y t dy t
a b cy t f t
dt dt
+ + = (7.10)
consideriamo la nuova equazione che si ottiene aggiungendo al secondo membro della (7.10) la
funzione ( ) jg t
( ) ( )
( ) ( ) ( )
2
2
d t d t
a b c t f t jg t
dt dt
+ + = + . (7.11)
Si noti che si fatto uso di un simbolo diverso, ( ) t , per rappresentare la soluzione di questa
equazione che, in generale, diversa dalla soluzione ( ) y t della (7.10). La funzione ( ) t , in
generale, complessa e pertanto pu essere espressa come:
( ) ( ) ( ) t u t jv t = + ,
dove ( ) u t e ( ) v t sono due funzioni reali. La funzione ( ) t prende il nome di estensione
complessa di ( ) u t . Sostituendo nella (7.11), si ha:
( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( ) ( )
2 2
2 2
d u t d v t du t dv t
a j b j c u t jv t f t jg t
dt dt dt dt
( (
+ + + + + = + (
( (
ed uguagliando, quindi, le parti reali e quelle immaginarie, si ha:
( ) ( )
( ) ( )
2
2
d u t du t
a b cu t f t
dt dt
+ + = ,
( ) ( )
( ) ( )
2
2
d v t dv t
a b cv t g t
dt dt
+ + = ,
ovvero la funzione ( ) u t soluzione dellequazione originaria (7.10). Queste considerazioni sono la
base della regola di soluzione di equazioni differenziali detta metodo simbolico. A partire da una
certa equazione, (7.10), scritta in forma normale, si costruisce una seconda equazione (7.11)
sommando una funzione ( ) jg t al secondo membro. Lequazione (7.11) pi semplice da risolvere
della (7.10) ed caratterizzata dal fatto che la parte reale ( ) u t della sua soluzione, ( ) t ,
soluzione dellequazione (7.10). Lindividuazione della forma funzionale di ( ) g t dipende dalla
espressione di ( ) f t ; se, ad esempio, risulta:
( ) ( ) cos f t K t = ,
allora opportuno che sia
7-8 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
( ) ( ) sin g t K t = ,
cos:
( ) ( ) ( ) ( ) cos sin
j t
f t jg t K t jK t Ke
+ = + = .
Pertanto, in questo caso, per ottenere lequazione (7.11) a partire dalla (7.10), lapplicazione del
metodo corrisponde alla sostituzione formale, nella (7.10) del termine ( ) cos t con
j t
e
.
7.5 Soluzione del circuito RLC forzato a regime
Applichiamo il metodo simbolico allequazione (7.8); pertanto sostituiamo formalmente
( ) cos t con
j t
e
:
( )
( ) ( )
0 0
0
1
t
j t C
dI t V V R
I t I d e
dt L LC L L
+ + =
,
e deriviamo rispetto al tempo:
( ) ( )
( )
2
0
2
1
j t
d I t dI t V R
I t j e
dt L dt LC L
+ + = . (7.12)
La soluzione generale di questa equazione pu essere posta nella forma ( ) ( )
O
I t I t + dove ( )
O
I t
indica la soluzione dellequazione omogenea associata alla (7.12):
( ) ( )
( )
2
2
1
0
O O
O
d I t dI t
R
I t
dt L dt LC
+ + = , (7.13)
mentre ( ) I t rappresenta una soluzione particolare della (7.12). Lequazione omogenea (7.13),
uguale alla (7.3), gi stata risolta nellambito dello studio del circuito RLC non forzato e, in
particolare, si verificato che la corrispondente soluzione si annulla nel limite dei tempi lunghi.
Essendo interessati allo studio del circuito RLC a regime, quando il transitorio si pu ritenere
esaurito, non teniamo conto del termine ( )
O
I t .
Per stabilire lespressione di ( ) I t supponiamo che sia:
( )
0
j t
I t I e
= ,
sostituendo nella (7.12) si ha:
2 0
0 0 0
1
j t j t j t j t
V R
I e j I e I e j e
L LC L
+ + = ,
da cui, dividendo per
j t
e
e sviluppando, segue:
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-9
0 0 0
0 2
2
1
1 1 1
j V V V
I
R
L j R L L L
j R j L
L LC C j L j LC j
= = =
| |
+ + + + +
|
\ .
. (7.14)
Poniamo quindi:
1
Z R j L
C
| |
+
|
\ .
,
allora, indicando con Z e rispettivamente il modulo e largomento di Z :
2
2
1
Z Z R L
C
| |
= +
|
\ .
,
1 1
tan L
R C
| |
|
\ .
, (7.15)
lespressione di ( ) I t diventa:
( )
( ) 0 0 0
0
j t
j t j t j t
j
V V e V
I t I e e e
Z Ze Z
= = = = .
Alla luce dellapplicazione del metodo simbolico, la corrente ( ) i t si valuta determinando la parte
reale di ( ) I t :
( ) ( ) { }
( )
( )
0 0
cos
j t
V V
i t I t e t
Z Z
= = =
`
)
R R e e ;
La differenza di potenziale ai capi del condensatore ( )
C
v t pu essere determinata applicando lo
stesso metodo allequazione (7.9), tuttavia, poich:
( ) ( )
0
0
1
t
C C
v t V i d
C
= +
,
applicando il metodo simbolico a tale relazione, si ha:
( ) ( )
0
0
1
t
C C
V t V I d
C
= +
;
in questa espressione
0 C
V e laddendo derivante dallestremo inferiore di integrazione
determineranno un termine il cui effetto limitato alla durata del transitorio, pertanto non ne
teniamo conto; cos, sostituendo a ( ) I t la sua espressione, si ha:
7-10 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
( ) ( )
( )
0 0
1 1 1
t t
j t j t
C
I t
V t I d I e d I e
C C j C j C
= = = =
,
la cui parte reale pari a ( )
C
v t .
A causa della scarsa preparazione matematica degli ingegneri elettrotecnici della fine del 19
secolo, il metodo simbolico non fu immediatamente accettato. Per migliorarne la comprensione
Steinmetz a partire dal 1897 pubblic diversi manuali in cui il metodo era applicato in varie
circostanze, cos, attraverso tali scritti e le lezioni tenute, il suo metodo fu gradualmente adottato
nello studio dei circuiti eccitati sinusoidalmente.
7.6 Impedenza
Nel circuito rappresentato in figura, indicando con ( )
R
v t , ( )
L
v t , e
( )
C
v t rispettivamente le differenze di potenziale ai capi della resistenza,
della bobina e del condensatore, risulta:
( ) ( )
R
v t Ri t = ,
( )
( )
L
di t
v t L
dt
= ,
( ) ( )
0
0
1
t
C C
v t V i d
C
= +
.
Per la seconda legge di Kirchhoff, se ( ) v t la forza elettromotrice erogata dal generatore, con
( ) ( )
0
cos v t V t = ,
risulta:
( ) ( ) ( ) ( )
R L C
v t v t v t v t = + + .
La descrizione del circuito in esame pu essere svolta equivalentemente attraverso luso del metodo
simbolico; applicando direttamente tale procedimento alle espressioni di ( )
R
v t , ( )
L
v t , e ( )
C
v t si
ha
2
:
R
V RI = ,
L
V j LI = ,
1
C
V I
j C
= ;
sommando membro a membro, se V rappresenta lestensione complessa di ( ) v t , allora:
2
Per comodit di scrittura si sottintendono le dipendenze temporali delle estensioni complesse.
i t ( )
v t ) (
v
C
t ) ( C
v
L
t ) ( L
v
R
t ) ( R
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-11
1
R L C
V V V V R j L I Z I
j C
| |
= + + = + + =
|
\ .
.
La quantit Z pari a ( ) 1 R j L j C + + prende il nome di impedenza del circuito in esame. Si
osservi che, a differenza della resistenza di un circuito, limpedenza non rappresenta una
caratteristica intrinseca di un circuito, poich dipende dalla pulsazione delleccitazione sinusoidale
applicata. Lunit di misura del modulo dellimpedenza lohm. La relazione
V Z I = ,
che lega lestensione complessa della forza elettromotrice applicata allestensione complessa della
corrente attraverso limpedenza detta legge di Ohm generalizzata. Dallesame della forma di Z
possibile ricavare lespressione delle impedenze associate alla resistenza, alla bobina ed al
condensatore:
R
Z R
L L
Z j L jX = , (7.16)
1 1
C C
Z j jX
j C C
= = ; (7.17)
dove
L
X pari a L e
C
X pari a ( ) 1 C prendono il nome, rispettivamente, di reattanza induttiva
e reattanza capacitiva. Alla luce dellespressione della legge di Ohm generalizzata e della validit
delle leggi di Kirchhoff possibile dedurre che lo studio delle reti soggette ad uno stimolo di tipo
sinusoidale procede in maniera analoga al caso degli stimoli continui, purch si adoperi il concetto
di impedenza per la descrizione dei componenti della rete. Pertanto il collegamento in serie di n
impedenze
1 2
, , ,
n
Z Z Z equivalente ad ununica impedenza Z di valore pari a:
1
n
k
k
Z Z
=
=
,
mentre se le n impedenze sono connesse in parallelo risulta:
1
1
1
n
k k
Z
Z
=
=
.
Osserviamo infine che, in generale, unimpedenza pu essere espressa nella forma:
Z R jX + ,
dove X detta, in generale, reattanza. Linverso di unimpedenza:
1
Y
Z
=
7-12 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
denominato ammetenza. I tre elementi pi semplici che costituiscono limpedenza sono la
resistenza, linduttanza e la capacit; nel seguito analizzeremo separatamente le caratteristiche di
ciascuno di questi componenti.
7.6.1 Impedenza resistiva
Consideriamo una resistenza R percorsa da una corrente:
( ) ( )
0
cos i t I t = + ,
dalla legge di Ohm segue:
( ) ( ) ( ) ( )
0 0
cos cos v t Ri t RI t V t = = + = + ,
dove si posto:
0 0
V RI .
Il fatto che limpedenza associata ad un resistore coincida con la sua resistenza
fa si che le relazioni tradizionali forniscano il legame tra corrente e differenza
di potenziale senza dover ricorrere al metodo simbolico. Ci implica, per altro,
che la differenza di potenziale ai capi della resistenza risulta in fase con la
corrente che la percorre.
7.6.2 Impedenza induttiva
Consideriamo una bobina di induttanza L percorsa dalla corrente:
( ) ( )
0
cos i t I t = + ;
posto
( )
( )
0
j t
I t I e
+
= ,
siccome limpedenza associata alla bobina vale:
2
j
L
Z j L Le
= ,
lestensione complessa della differenza di potenziale ai suoi capi :
( ) 2 2
2
0 0 0
j t j t
j
j t
L
V I Z I e Le LI e V e
| | | |
+ + + +
| |
+
\ . \ .
= = = = ,
dove si posto:
0 0
V LI .
R v
R
(t )
(t ) i
+f wt
I (t )
V(t )
L v
L
(t )
(t ) i
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-13
I due termini:
( )
( )
0
j t
I t I e
+
= ,
2
0
j t
V V e
| |
+ +
|
\ .
= ,
possono essere considerati rappresentativi di due vettori che spiccano
dal medesimo punto e ruotano nella stessa direzione,
convenzionalmente antioraria, con velocit angolare pari a ,
mantenendosi uno, V , sfasato in anticipo di 90 rispetto allaltro, I .
Queste entit prendono il nome di fasori. Per ricavare la differenza di
potenziale ( ) v t ai capi della bobina valutiamo la parte reale di V :
( ) { }
2
0 0
cos
2
j t
v t V V e V t
| |
+ +
|
\ .
| |
= = = + +
`
|
\ .
)
R R e e ;
quindi, la differenza di potenziale sinusoidale ai capi della bobina ha ampiezza pari a
0
V ed
sfasata in anticipo di 90 rispetto alla corrente ( ) i t . Dallespressione di
0
V segue inoltre che:
0 0
0 0
lim lim 0 V LI
= = ,
0
0
lim lim 0
V
I
L
= = ;
tali relazioni possono essere interpretate affermando che, nel
limite di uno stimolo continuo ( 0 ) la bobina agisce come
un cortocircuito mentre, nel limite delle alte frequenze ( )
la bobina si comporta come un circuito aperto.
7.6.3 Impedenza capacitiva
Consideriamo un condensatore di capacit C alimentato dalla corrente:
( ) ( )
0
cos i t I t = + ;
posto:
( )
( )
0
j t
I t I e
+
= ,
poich limpedenza associata al condensatore :
2
1 1 1
j
C
Z j e
j C C C
= = = ,
lestensione complessa della differenza di potenziale ai suoi capi :
+f wt
I (t )
V(t )
+f wt +p / 2
O t
p / 2
i ( ) t
v( ) t
C v
C
(t )
(t ) i
7-14 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
( ) 2 2
2
0 0 0
1 1
j t j t
j
j t
C
V I Z I e e I e V e
C C
| | | |
+ +
| |
+
\ . \ .
= = = = ,
dove si posto:
0
0
I
V
C
.
I termini:
( )
( )
0
j t
I t I e
+
= ,
2
0
j t
V V e
| |
+
|
\ .
= ,
rappresentano due fasori, con V , sfasato in ritardo di 90 rispetto a I . La
differenza di potenziale ( ) v t ai capi del condensatore vale:
( ) { }
2
0 0
cos
2
j t
v t V V e V t
| |
+
|
\ .
| |
= = = +
`
|
\ .
)
R R e e ,
cio tale differenza di potenziale ha ampiezza
0
V ed sfasata in ritardo di 90 relativamente alla
corrente ( ) i t . Inoltre risulta:
0 0
0 0
lim lim 0 I CV
= = ,
0
0
lim lim 0
I
V
C
= = ;
ovvero, nel limite delle sollecitazioni continue il condensatore
agisce come un circuito aperto, mentre, alle alte frequenze si
comporta come un cortocircuito.
Esempio: Nel circuito di figura il generatore
( ) v t
eroga una forza elettromotrice
sinusoidale di ampiezza
0
V
pari a 311V e pulsazione di 314 rad s . Stabiliamo
lespressione della corrente che attraversa
2
R
nellipotesi che
1
R e
2
R
valgano
rispettivamente 1 e 2 , L vale 10 mH e C , 12 F. Lestensione complessa di
( ) v t
:
0
,
j t
V V e
=
cos in corrispondenza nodo N risulta:
3 1 2
, I I I = +
(7.18)
O
i ( ) t
v( ) t
wt
p / 2
C L v t ( )
R
1
R
2
+f wt
I (t )
V(t )
+f wt -p / 2
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-15
dove
1
I
,
2
I e
3
I
rappresentano le estensioni complesse, rispettivamente, di
( )
1
i t
,
( )
2
i t
e
( )
3
i t
; alla maglia comprendente il generatore,
1
R
e L e alla maglia
comprendente L,
2
R
e C si ha:
1 1 3 0
,
j t
R I j LI V e
+ =
(7.19)
3 2 2 2
1
0 . j LI R I I
j C
=
(7.20)
Queste due equazioni risultano formalmente identiche a quelle che si scriverebbero in un circuito in corrente continua,
con lassociazione di una resistenza j L allinduttanza L e di una resistenza
( ) 1 j C
alla capacit C. Esprimiamo il
sistema delle tre equazioni in forma matriciale:
1
1 2 0
3
2
1 1 1 0
0 ,
1 0
0
j t
I
R j L I V e
I
R j L
j C
| |
|
| | | |
|
| |
= |
| |
|
| |
\ . \ .
|
|
\ .
allora lestensione complessa della corrente
( )
2
i t
vale:
1 0
2 0
1
1 2 1 2
1
2
0
1 2 2
2
1 1
1 0 1
0 0
1 1 1
0
1
0
.
1 1
1
j t
j t
j t
R V e j L
j L j Le
I V
R L
R R j LR LR
C j C
R j L
R j L
j C
V e
R R R
j
LC R RC L
= = =
| |
+ + +
|
\ .
=
| | | |
+ +
| |
\ . \ .
Posto quindi:
0
02
2 2
1
2 2
2
1 1
1
1.1 ,
1 1
1
V
I A
R
R R
LC R RC L
| | | |
+ +
| |
\ . \ .
2
1
2
2
1
1
atan 73 ,
1
1
R
RC L
R
LC R
| |
+
|
|
|
|
\ .
risulta:
( ) ( )
2 02
cos . i t I t =
In figura sono confrontati landamento di
( )
2
i t
con quello di
( ) v t
.
O
t
v t ) (
2
i t ) (
C L
R
1
R
2
v t ) (
2
i t ) (
3
i t ) (
1
i t ) (
N
7-16 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
7.7 Risonanza
Consideriamo un circuito RLC soggetto ad una eccitazione sinusoidale:
( ) ( )
0
cos v t V t = ;
a regime la corrente ( ) i t attraverso la rete data dallespressione:
( ) ( ) ( )
0
0
cos cos
V
i t t I t
Z
= = ,
in cui lampiezza
0
I rappresenta il modulo della corrente complessa
0
I data dalla (7.14):
0 0
0
2
2
1
V V
I
Z
R L
C
=
| |
+
|
\ .
. (7.21)
Lampiezza
0
I presenta un massimo quando la pulsazione assume il valore
0
pari a:
0
1
LC
= , (7.22)
ovvero in corrispondenza della pulsazione di oscillazione libera del circuito. Relativamente a questo
circuito
0
prende il nome di pulsazione di risonanza. Per uguale a
0
si ha:
( )
0
0 0
V
I
R
= ,
inoltre, dalla (7.15) segue:
( )
0
0 = ,
cos deduciamo che in corrispondenza della pulsazione di
risonanza il circuito ha un comportamento di tipo resistivo,
nel senso che la corrente ( ) i t attraverso il circuito risulta in
fase con la tensione applicata ( ) v t . La reattanza di questo
circuito vale:
1
X L
C
= ;
per
0
< risulta:
O
(w)
O
t
w
w
f( )
V
0
R /
0
w
0
w
p / 2 +
p / 2 -
I
0
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-17
0 X < ;
per cui limpedenza Z pu essere espressa come:
Z R j X = ;
daltra parte, dalla (7.17) osserviamo che il condensatore caratterizzato da unimpedenza negativa,
cos concludiamo che per
0
< il circuito RLC visto dal generatore come la serie di una
resistenza con un condensatore C' di valore:
2
1
C
C'
LC
;
per
0
> risulta:
0 X > ;
per cui limpedenza Z pu essere espressa come:
Z R jX = + ;
daltra parte, dalla (7.16) osserviamo che linduttanza caratterizzata da unimpedenza positiva,
cos concludiamo che per
0
> il circuito RLC visto dal generatore come la serie di una
resistenza con una bobina L' di valore:
2
2
1 LC
L'
C
.
7.8 Fattore di merito
Sia
M
U la massima energia che pu immagazzinare un circuito risonante
3
e
D
U lenergia
dissipata in un periodo dallo stesso circuito; si definisce fattore di merito del circuito in questione la
quantit:
0
2 ,
M
D
U
Q
U
= ,
dove si intende che il rapporto
M D
U U deve essere calcolato in corrispondenza della pulsazione di
risonanza della rete. Questo fattore fornisce un indice di come il circuito impiega lenergia che gli
viene fornita dal generatore. Per stabilire il fattore di merito del circuito RLC fino ad ora esaminato
consideriamo lenergia immagazzinata nella bobina; se la corrente ( ) i t che percorre il circuito :
3
Queste considerazioni sono di carattere generale, nel senso che si applicano a tutti i circuiti caratterizzati da una
frequenza di risonanza e pertanto detti circuiti risonanti.
7-18 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
( ) ( ) sin i t I t = ,
la massima energia immagazzinata nel circuito :
2
1
2
M
U LI = .
Per valutare lenergia dissipata in un periodo, osserviamo che lunico elemento che dissipa energia
la resistenza R e, in corrispondenza della corrente ( ) i t questo componente dissiper
istantaneamente una potenza:
( ) ( ) ( )
2 2 2
sin p t Ri t RI t = = ,
cos lenergia dissipata in un periodo, alla pulsazione di risonanza :
( ) ( )
0 0 2
2 2 2 0
0
0 0 0
sin
2
T T
D
T RI
U p t dt RI t dt RI
= = = =
,
dove
0
T indica il periodo
0
2 alla pulsazione di risonanza. Dalla definizione segue quindi che il
fattore di merito del circuito RLC vale:
2
0
2
0
1
2
2 2
M
D
LI
L U
Q
RI U R
= = = ,
inoltre valendo la (7.22) risulta anche:
0
0
1 L
Q
R RC
= = . (7.23)
La grandezza test introdotta oltre a caratterizzare il circuito risonante dal punto di vista energetico,
consente di mettere in luce altri aspetti relativi alla funzionalit del circuito. Facendo uso del
metodo simbolico determiniamo le differenze di potenziale ai capi della bobina e del condensatore
del circuito RLC in corrispondenza di uneccitazione sinusoidale di pulsazione pari a quella di
risonanza, risulta:
( ) ( ) ( )
0
0 0
2 0
0 0 0 0 0 0
j t
j t j t
L L
V
V Z I j L e jQV e QV e
R
| |
+
|
\ .
= = = = ,
( ) ( ) ( )
0
0 0
2 0
0 0 0 0 0
0
1
j t
j t j t
C C
V
V Z I e jQV e QV e
j C R
| |
|
\ .
= = = = ,
cio:
( )
0 0
cos
2
L
v t QV t
| |
= +
|
\ .
,
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-19
( )
0 0
cos
2
C
v t QV t
| |
=
|
\ .
.
Quindi, alla risonanza le differenze di potenziale ai capi della bobina e
del condensatore hanno unampiezza Q volte maggiore dellampiezza
della forza elettromotrice applicata. Daltra parte, siccome le due
tensioni oscillano mantenendosi sfasate tra loro di 180 (in controfase),
la loro somma risulta istante per istante nulla. Indichiamo genericamente
con:
( ) ( )
0
cos i t I t = +
lespressione della corrente nel circuito RLC, dove
0
I lampiezza e , pari allopposto
dellargomento dellimpedenza Z , la fase. Queste due quantit possono essere espresse come
4
:
0
0
2
2 0
0
1
1
V
I
R
Q
=
| |
+
|
\ .
, (7.24)
0
0
tan Q
| |
=
|
\ .
.
Convenzionalmente le pulsazioni
1
e
2
in corrispondenza delle quali
0
I assume un valore pari a
1 2 volte il suo massimo, cio
( ) 0
2 V R , definiscono gli estremi della banda passante ,
intesa come lintervallo:
2 1
;
questo intervallo si pu ricavare osservando che quando
0
I pari a
( ) 0
2 V R , dalla (7.24) deve
risultare:
4
Dalle relazioni (7.21), (7.22) e (7.23) segue:
0 0 0 0
0
2 2 2 2
2
2
2
0 0
0
2
2 0
0
1 1 1
1 1 1 1
1
1 1
1
1
.
1
V V V V
I
R R R
L
R L L
Q
C R C R RC
LC
V
R
Q
= = = =
| | | | | | | |
+ + +
+
| | |
|
\ . \ . \ .
\ .
=
| |
+
|
\ .
Dalla relazione (7.15), tenendo conto che la fase della corrente
( ) i t
opposta allargomento dellimpedenza Z e dalle
relazioni (7.22) e (7.23) si ha:
0
0 0 0 0 0
1 1 1 1
tan tan .
L
L Q Q Q
R C L LC LC
| | | | | |
| |
= = = = =
| | | |
\ .
\ . \ . \ .
V
L
( )
0
w
( )
0
w V
C
t
0
w
I (t )
7-20 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
0
0
1 Q
| |
=
|
\ .
,
da cui segue:
0
Q
= ;
osserviamo pertanto che la curva di risonanza risulta
tanto pi stretta, quanto pi grande il valore assunto
dal fattore di merito. Il fenomeno della risonanza fu
scoperto da Tesla nel 1890 nel corso dei suoi studi sui
circuiti alimentati con tensioni sinusoidali ad alta
frequenza; sfruttando tale effetto Tesla realizz un
dispositivo (bobina di Tesla) in grado di produrre
altissime tensioni a frequenza elevata.
7.9 Potenze
La potenza istantanea fornita ad un generico carico da un generatore di forza elettromotrice ( ) v t
che eroga una corrente ( ) i t data dalla relazione:
( ) ( ) ( ) w t v t i t = ;
convenzionalmente ( ) 0 w t > corrisponde al trasferimento di energia dal generatore
verso il carico mentre ( ) 0 w t < corrisponde ad un flusso di energia nella direzione
opposta. Consideriamo una qualsiasi rete passiva, ovvero priva di generatori e con
due morsetti; il teorema di Thevnin esteso alle correnti alternate consente di
schematizzare lintera rete compresa tra i morsetti come una sola impedenza Z di
modulo Z e argomento :
cos sin
j
Z Ze Z jZ R jX
= = + = + ,
dove si posto:
cos R Z ,
sin X Z .
Se tale impedenza percorsa da una corrente sinusoidale:
( ) ( )
0
cos i t I t = ,
Z v (t )
(t ) i
O
(w)
V
0
R /
1
I
0
0
w / w
) V
0
/ R ( 2
D
1
w
D
2
w
D
3
w
0
w /
0
w /
0
w /
O
t f( )
p / 2 +
p / 2 -
1
0
w / w
Q
3
Q
1
Q
2
Q
3
Q
1
Q
2
< <
Q
3
Q
1
Q
2
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-21
di estensione complessa I pari a
0
j t
I e
, lestensione complessa della differenza di potenziale ai
suoi capi vale:
( ) ( )
0 0 0
j t j t j t j
V I Z I e Ze I Ze V e
+ +
= = = = ,
in cui lampiezza
0
V pari a
0
I Z ; a V corrisponde la differenza di potenziale:
( ) { } ( )
0
cos v t V I Z t = = + R .
Pertanto, la potenza istantanea assorbita dalla rete cos schematizzata :
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( )
2 2 2
0 0
2 2 2
0 0
cos cos cos cos sin cos sin
1
cos cos sin sin 2 ,
2
w t v t i t I Z t t I Z t t t
I Z t I Z t
( = = + = =
=
posto quindi:
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
2 2 2 2 2
0 0 0
1
cos cos cos 1 cos 2
2
p t I Z t I R t I R t = = + (
,
( ) ( ) ( ) ( )
2 2
0 0
1 1
sin sin 2 sin 2
2 2
q t I Z t I X t = ,
risulta:
( ) ( ) ( ) w t p t q t = + ;
il valor medio
m
W della potenza istantanea ( ) w t la somma dei valori medi
m
P e
m
Q dei termini
( ) p t e ( ) q t :
( ) ( )
2 2 2
0 0 0
1 1 1 1 1
cos 2
2 2 2
t T t T
m
t t
P p d I R I R d I R
T T
+ +
(
= = + =
(
,
( ) ( )
2
0
1 1 1
sin 2 0
2
t T t T
m
t t
Q q d I X d
T T
+ +
(
= = =
(
,
cos:
2 2
0
1
2
m m m eff
W P Q I R I R = + = = ,
dove
eff
I il valore efficace
5
della corrente ( ) i t . Quindi la potenza istantanea ( ) w t la somma di
due termini; il primo, ( ) p t , detto potenza attiva istantanea, di valor medio diverso da zero,
5
Per una grandezza periodica
( ) x t
di periodo T , ovvero tale che per ogni t risulta
( ) ( ) x t x t T = +
si definisce
valore efficace di
( ) x t
la quantit:
7-22 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
rappresenta la potenza dissipata nella componente resistiva R dellimpedenza Z ; laltro, ( ) q t ,
detto potenza reattiva istantanea, di valor medio nullo, corrisponde allenergia che le capacit e le
induttanze costituenti la componente reattiva X dellimpedenza Z assorbono durante le fasi di
carica e cedono nelle fasi di scarica; se limpedenza Z costituita unicamente da un componente
reattivo, tale scambio avviene col solo generatore. Notiamo infine che il valor medio
m
W della
potenza istantanea pari al quadrato del valore efficace della corrente ( ) i t moltiplicato per la
componente resistiva dellimpedenza Z , quindi gli effetti dissipativi prodotti da una corrente
alternata sono uguali a quelli di una corrente continua di intensit pari a quella del valore efficace
della corrente alternata. Per tale motivo, quando in genere ci si riferisce allampiezza di una
grandezza sinusoidale, come ad esempio 230V per la tensione adottata in Europa nelle reti
domestiche, si intende il valore efficace di tale grandezza. Il valor medio della potenza istantanea,
pari a
m
P , pu esprimersi come:
2 2
0 0 0 0
1 1 1
cos cos cos
2 2 2
m eff eff
P I R I Z I V I V = = = = ,
inoltre il valore massimo della potenza reattiva istantanea :
2 2
0 0 0 0 0
1 1 1
sin sin sin
2 2 2
eff eff
Q I X I Z I V I V = = = = ;
facendo uso di tali quantit, si definisce la potenza apparente come:
( ) ( )
2 2
2 2
0
cos sin
a m eff eff eff eff eff eff
P P Q I V I V I V + = + = ;
tale grandezza, pur essendo priva di significato fisico, ha valore in quanto, indirettamente fornisce
un indicazione della corrente assorbita dallimpedenza Z , consentendo di determinare, ad esempio,
le sezioni dei conduttori da impiegare nei collegamenti. Convenzionalmente la potenza
m
P , detta
potenza attiva (media), si misura in watt (W), la potenza reattiva (massima)
0
Q si misura in
voltampere reattivi (VAR) e la potenza apparente
a
P si misura in voltampere (VA).
La potenza apparente
a
P coincide con la potenza attiva
m
P solo se langolo di fase nullo,
cio se cos 1 = , che corrisponde al caso di una impedenza puramente resistiva. Il termine cos
detto fattore di potenza e fornisce il rapporto:
cos
m
a
P
P
=
( )
2
1
t T
eff
t
X x d
T
+
.
Nel caso di una grandezza variabile con legge sinusoidale,
( ) ( )
0
cos i t I t =
con 2 T = , risulta:
( )
2 2 0
0
1
cos
2
t T
eff
t
I
I I d
T
+
= =
.
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-23
tra la potenza attiva e quella apparente.
Esempio: Consideriamo una bobina reale, ovvero tale da essere caratterizzata da una resistenza diversa da zero;
supponiamo che la sua impedenza Z sia pari a 100 e che la fase sia di 60 anzich di 90 come per un induttore
ideale. Tale bobina, connessa ad una rete di distribuzione elettrica che eroga una tensione efficace
eff
V
di 230V fa
passare una corrente:
230
2.3 ,
100
eff
eff
V
V
I A
Z
= = =
cos la potenza apparente vale:
2.3 230 529 .
a eff eff
P I V A V VA = = =
Con un angolo di fase di 60 il fattore di potenza cos vale 1 2 , cos la potenza attiva :
( ) cos 2.3 230 1 2 264.5 ,
m eff eff
P I V A V W = = =
cio la potenza media la met della potenza apparente. Qualora cos fosse uguale a 1, in corrispondenza della
medesima potenza attiva si avrebbe una corrente assorbita dal generatore:
264.5
1.15 ,
230
m
eff
eff
P W
I ' A
V V
= = =
pari alla met di
eff
I
. Che la corrente
eff
I
sia cos elevata a fronte di un suo non effettivo impiego non risulta
conveniente in quanto i conduttori per il collegamento al generatore, gli interruttori, i fusibili ed altri componenti
devono essere in grado di sostenere il doppio della corrente che sarebbe necessaria se il fattore di potenza fosse unitario.
A tale scopo le apparecchiature commerciali sono sempre progettate in modo tale da mantenere il fattore di potenza
della rete di alimentazione il pi possibile prossimo allunit.
7.10 Potenza complessa
Alla luce delle precedenti definizioni si evince che possibile associare alla potenza
a
P una
quantit complessa
a
P definita come:
*
a eff eff
P I V ,
dove
*
eff
I il complesso coniugato di
eff
I ; pertanto, siccome:
0
2
j t
eff
V
V e
= ,
( ) 0
2
j t
eff
I
I e
+
= ,
allora:
( ) * 0 0
0
cos sin
2 2
j t j t j
a eff eff eff eff eff eff eff eff m
I V
P I V e e I V e I V jI V P jQ
+
= = = = = .
7-24 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
Il modulo di
a
P pu essere riguardato come una misura dellipotenusa di un
triangolo rettangolo di cui
m
P e
0
Q rappresentano le lunghezze dei cateti; tale
figura geometrica prende il nome di triangolo delle potenze. Infatti la potenza
apparente
a
P pari al modulo di
a
P , ossia:
2 2
0 a a m
P P P Q = = + .
Esempio: Stabiliamo i lati del triangolo delle potenze per la rete di figura, in cui R vale 3 e
L vale 13 mH , alimentata con un generatore sinusoidale di frequenza pari a 50 Hz e ampiezza
efficace di 100V . Limpedenza della rete :
( ) 3 2 50 13 3 4 , Z R j L j Hz mH j = + = + = +
inoltre
2 2
3 4 5 , Z Z = = + =
4
atan atan 53 .
3
L
R
| | | |
= =
| |
\ . \ .
Il valore efficace della corrente
( ) i t nel circuito pertanto:
( ) 53
20 ;
eff eff j t j t j
eff
V V
I e e Ae
Z Z
= = =
la potenza apparente complessa vale quindi:
( ) 53 * 53
20 100 2.0
1.2 1.6 ,
j t j t j
a eff eff
P I V Ae V e kVAe
kW j kVAR
= = = =
= +
con
a
P
pari a 2.0 kVA. Si noti che era possibile pervenire allo stesso risultato osservando
che:
( )
2
2
20 3 1.2 ,
m eff
P I R A kW = = =
( )
2
2
0
20 4 1.6 ,
eff
Q I X A kVAR = = =
( )
2
2
20 5 2.0 ,
a eff
P I Z A kVA = = =
inoltre dal rapporto
m a
P P
si ricava il fattore di potenza:
1.2
cos 0.6.
2.0
m
a
P kW
P kVA
= = =
Supponiamo ora di applicare in parallelo allimpedenza Z un condensatore di
capacit pari a 320 F . La corrente erogata dal generatore in questa nuova
condizione ha valore efficace pari a:
,
G eff eff C eff
I I I = +
dove
R
L
i t ( )
v t ) (
f =53
=100 V
eff
V e
jwt
=20 I
eff
e
j
A
wt ( - 53)
P
m
=1.2 kW
Q
0
=
1
.
6
k
V
A
R
P
a
=
2
.
0
k
V
A
f =53
R
L
i t ( )
v t ) ( C
C
i t ) (
G
i t ) (
f
P
m
=I
eff
V
eff
cosf
Q
0
=
I
e
f
f
V
e
f
f
s
i
n
f
P
a
=
I
e
f
f
V
e
f
f
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-25
( ) 53
20 ,
eff j t
eff
V
I Ae
Z
= =
( ) 90
10 .
1
eff j t
C eff
V
I Ae
j C
+
= =
| |
|
\ .
Allora
G eff
I
vale:
( ) ( )
( )
( ) 53 90 27
20 10 12 6 13.4 ,
j t j t j t j t
G eff
I Ae Ae j Ae Ae
+
= + = =
quindi la potenza apparente in questa nuova condizione :
( ) 27 * 27
13.4 100 1.3
1.2 0.6 ,
j t j t j
a Geff eff
P I V Ae V e kVAe
kW j kVAR
= = = =
= +
cio pur restando inalterata la potenza dissipata nella resistenza, la potenza apparente
diminuita essendo ridotta la corrente erogata dal generatore.
Questo esempio mostra una situazione abbastanza comune nella pratica,
poich la maggior parte dei carichi nelle utenze domestiche e industriali
di tipo resistivo-induttivo. Come visto la potenza attiva
m
P misura il
lavoro che il carico compie nellunit di tempo mentre la potenza apparente
a
P fornisce
unindicazione della massima corrente erogata dal generatore. In teoria se un utilizzatore fosse
costituito da un carico puramente reattivo, il generatore sarebbe soggetto al carico nominale pur
erogando potenza nulla. Col procedimento mostrato in questo esempio, detto rifasamento, si
diminuisce langolo di fase dellimpedenza rendendo cos prossimo allunit, cos, pur restando
inalterata la potenza attiva dissipata si riduce la corrente assorbita. Sebbene in principio potrebbe
sembrare conveniente imporre cos 1 = , ci risulta sconsigliabile perch in tali condizioni il
circuito risultante sarebbe in condizioni di risonanza con la conseguente generazione di
extratensioni in corrispondenza degli elementi reattivi.
7.11 Il trasformatore
Il trasformatore rappresenta una delle macchine elettriche pi
importanti in quanto consente di generare la potenza elettrica ad un
certo potenziale e di trasmetterla ad un altro. La possibilit di
trasmettere la potenza in alternata ad alto potenziale con piccole
perdite e, successivamente trasformarla per lutenza ad un
potenziale pi basso, spiega fondamentalmente la superiorit della
distribuzione dellenergia per mezzo di correnti alternate rispetto
alla distribuzione in continua. Consideriamo un anello di ferro
dolce, laminato
6
secondo piani paralleli alle linee di forza del
6
La laminazione del nucleo del trasformatore necessaria per ridurre il suo riscaldamento a causa delle correnti
parassite che si generano in esso per effetto del campo magnetico variabile cui sottoposto. Si consideri, ad esempio,
un nucleo di ferro massiccio sede di un campo magnetico variabile; dalla legge di Faraday-Henry la variazione del
campo determina nel nucleo tanti percorsi chiusi sedi di forze elettromotrici indotte e quindi di correnti indotte; come
prov sperimentalmente Lon Foucault nel 1855, tali correnti determinano per effetto Joule lo sviluppo di calore nella
massa del nucleo di ferro. Cos, per ridurre lampiezza di questi percorsi, il nucleo del trasformatore viene costituito da
lamierini isolati tra loro con carta o con vernice. Inoltre, quando possibile, i lamierini sono realizzati con materiali
metallici ad elevata resistivit, come ad esempio delle leghe di ferro e silicio.
I
G eff
I
C eff
I
eff
P
m
P
m
'
' Q
0
P
a
'
P
a
53
27
27
N
1
N
2
7-26 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
campo magnetico prodotto da due avvolgimenti, rispettivamente di
1
N e
2
N spire. Sia S la sezione dellanello e l la sua lunghezza (media), allora
in assenza di flusso magnetico disperso, le induttanze dei due
avvolgimenti sono:
2
1
1
N S
L
l
= ,
2
2
2
N S
L
l
= ,
dove la permeabilit magnetica del ferro; il coefficiente di mutua
induzione tra i due avvolgimenti vale:
1 2
1 2
N N S
M L L
l
= = ,
in cui , detto coefficiente di accoppiamento, un numero compreso tra 1 e 1 + e il segno
distingue il verso di avvolgimento di una bobina rispetto allaltra. Nel seguito assumeremo che
laccoppiamento tra i due avvolgimenti sia tale che valga 1;
Convenzionalmente lavvolgimento posto a sinistra dello schema
del trasformatore detto primario e laltro detto secondario.
Supponiamo di applicare al primario del trasformatore un
generatore di forza elettromotrice sinusoidale; nellipotesi che
entrambe le bobine abbiano resistenza nulla risulta:
1 1 1
V j L I = ,
2 1
V j MI = ,
cos, facendo il rapporto membro a membro, nellipotesi di avvolgimenti concordi ( 1 = ), si ha:
2
1 1 1 1
2 1 2 2
V L N S N l
V M l N N S N
= = = .
Quindi, con le ipotesi fatte, risulta che la differenza di potenziale presente sul secondario del
trasformatore in fase con la forza elettromotrice erogata dal generatore e, inoltre:
2
2 1
1
N
V V
N
= .
Supponiamo che lavvolgimento secondario del
trasformatore sia chiuso su un carico costituito da una
resistenza R. Assumendo trascurabile la dissipazione negli
avvolgimenti, la potenza assorbita dal carico sar pari al
prodotto del valore efficace della differenza di potenziale
presente sul secondario, moltiplicato per il valore efficace
della corrente che attraversa tale resistenza,
2 2 eff eff
V I ;
R
N
1
N
2
v
2
t ) ( v
1
t ) (
1
i t ) (
2
i t ) (
N
1
N
2
v
2
t ) ( v
1
t ) (
1
i t ) (
Trasformatore da 315 MVA,
420 kV/18 kV (Comelmar Ita-
lia)
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-27
questa potenza deve necessariamente essere fornita dal generatore connesso al primario del
trasformatore, pertanto:
2 2 1 1 eff eff eff eff
V I V I = ,
ovvero:
1 1
2 1 1
2 2
V N
I I I
V N
= = .
Il rapporto
1 2
N N che caratterizza il funzionamento del trasformatore prende il nome di rapporto
di trasformazione.
Esempio: Consideriamo un generatore di forza elettromotrice
( ) v t
sinusoidale che alimenta un carico attraverso una linea di
lunghezza l caratterizzata da una resistenza per unit di lunghezza
pari a r. La potenza erogata dal generatore :
,
m eff eff
P V I =
dove
eff
I
il valore efficace della corrente erogata dal generatore;
indicando con
eff
V '
la caduta di tensione efficace lungo la linea,
la potenza dissipata attraverso la resistenza della linea vale:
2
,
d eff eff eff
P V ' I I rl = =
pertanto il rapporto
d m
P P
dato da:
.
eff
d
m eff
I rl
P
P V
=
Quindi, a parit di potenza erogata, tanto maggiore
eff
V
, tanto pi piccola la frazione di potenza persa nella linea
rispetto a quella erogata. Poich non opportuno generare forze elettromotrici con alto potenziale e nemmeno
adoperarle, si impiegano dei trasformatori per elevare il potenziale prodotto dal generatore per poi ridurlo, sempre
facendo uso di trasformatori, in corrispondenza delle utenze.
Il primo a realizzare un trasformatore fu Faraday nelle sue esperienze
sullinduzione elettromagnetica del 1831, tuttavia Faraday non si accorse
delle potenzialit di tale dispositivo. Nel 1882 il fisico francese Lucien
Gaulard e linglese John Dixon Gibbs brevettarono un sistema di
distribuzione della corrente alternata che faceva uso di un apparato,
denominato generatore secondario, funzionante sul principio della mutua
induzione e realizzato con due bobine avvolte su un supporto metallico
rettilineo. Utilizzando tale dispositivo nel 1884 venne effettuata
lilluminazione di un tratto di 12 km della metropolitana di Londra e
successivamente della linea ferroviaria Torino-Lanzo, dove la lampadina pi
lontana era situata a circa 40 km da un alternatore di 2 kV con frequenza di
133 Hz. Solo nel seguito Gaulard comprese lopportunit di adoperare un
nucleo chiuso per il suo generatore secondario, ottenendo un dispositivo in
grado convertire potenze dellordine del kW.
R
R
N
1
N
2
v t ) (
i t ) (
v t ) (
i t ) (
N
2
' N
1
'
v t ) ( ' D
N
1
N
2
> 1
N
2
'
N
1
'
< 1
Trasformatore di Gaulard e
Gibbs con nucleo rettilineo
aperto
7-28 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
7.12 Serie di Fourier
Ogni elemento dello spazio vettoriale euclideo a tre dimensioni pu essere descritto attraverso
una combinazione lineare dei versori degli assi, x , y e z ; per questo motivo si dice che i versori
formano una base per lo spazio vettoriale considerato. Analogamente possibile provare che il
sistema di funzioni trigonometriche ( ) ( ) ( ) ( ) 1, sin , cos , sin 2 , cos 2 , t t t t , con uguale a
2 T , forma una base per linsieme delle funzioni periodiche nellintervallo
| | 0, T , caratterizzate
da un numero finito di discontinuit finite in tale intervallo e con derivata continua nei punti in cui
la funzione continua. Pertanto una funzione ( ) f t che gode di tali propriet pu esprimersi come:
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )
( ) ( ) ( )
0
1
0
1 2 3
1 2 3
cos sin
2
cos cos 2 cos 3
2
sin sin 2 sin 3 .
n n
n
a
f t a n t b n t
a
a t a t a t
b t b t b t
=
= + + = (
= + + + +
+ + + +
(7.25)
Questo sviluppo, noto come serie di Fourier o serie trigonometrica fu
introdotto nel 1812 da Jean Baptiste Joseph Fourier nellambito dello studio
della propagazione del calore. Il termine
0
2 a vale:
( )
0
0
1
2
T
a
f t dt
T
=
,
ovvero uguale al valor medio di ( ) f t nellintervallo considerato; i
coefficienti
n
a e
n
b valgono rispettivamente:
( ) ( )
0
2
cos ,
T
n
a f t n t dt
T
=
(7.26)
( ) ( )
0
2
sin .
T
n
b f t n t dt
T
=
(7.27)
Nei punti
0
t di discontinuit della funzione considerata, la serie trigonometrica converge al valore
( ) ( )
0 0
lim lim 2
t t
f t f t
+
(
+
(
, cio alla media tra il limite destro e quello sinistro della funzione nel
punto di discontinuit. Conoscendo le propriet di parit
7
della funzione ( ) f t , lespressione della
serie trigonometrica pu essere notevolmente semplificata; siccome lintegrale calcolato su un
periodo di una funzione periodica dispari, nullo, allora se ( ) f t pari, il prodotto ( ) ( ) sin f t n t
7
Una funzione
( ) f t
si dice pari se risulta
( ) ( ) f t f t =
e si dice dispari se risulta
( ) ( ) f t f t =
. Ad esempio
( ) cos t
una funzione pari e
( ) sin t
una funzione dispari. Si osserva che il prodotto di una funzione pari per una
funzione dispari una funzione dispari.
Jean Baptiste Joseph Fourier
Circuiti elettrici in regime sinusoidale 7-29
una funzione periodica dispari e pertanto i termini
n
b dello sviluppo sono nulli; se ( ) f t dispari, il
prodotto ( ) ( ) cos f t n t una funzione dispari e nello sviluppo sono nulli i termini
n
a .
Esempio: Consideriamo la funzione
( ) v t
cos definita:
( )
0
0
0
0 4,
4 3 4,
3 4 ,
V t T
v t V T t T
V T t T
<
= <
<
siccome pari i termini
n
b sono nulli; inoltre, poich larea della
semionda positiva uguale a quella della semionda negativa, il valor
medio 2
n
a nullo. Pertanto, dalla (7.26) i termini
n
a valgono:
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( )
4 3 4
0 0 0
0 0 4 3 4
4 2 2
0 0 0 0 0
0 4 0 2
2 2 2 2
cos cos cos cos
4 4 4 4 4
cos cos cos cos sin .
2 2 2
T T T T
n
T T
T T n n
T n
V V V
a v t n t dt n t dt n t dt n t dt
T T T T
V V V V V T T n
n t dt n t dt d d
T T T n T n n
= = + =
| |
= = =
|
\ .
Pertanto, siccome
( ) sin 2 n
pu esprimersi come
1
( 1) 1 2
n n
j
+
(
, lo sviluppo di
( ) v t
dato da:
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )
1
0 0 0 0 0
1
4 4 4 4 4
( 1) 1 cos cos cos 3 cos 5 cos 7 .
2 3 5 7
n
n
n
V V V V V j
v t n t t t t t
n
+
=
( = = + +
In figura mostrato il grafico dello sviluppo di
( ) v t
troncato al 24-esimo
termine.
La serie di Fourier pu essere adoperata per lo studio dei
circuiti quando questi sono sottoposti a sollecitazioni
periodiche non sinusoidali. Alla luce del principio di
sovrapposizione, lo stimolo cui soggetto il circuito viene
ricavato dalla somma delle risposte della rete a ciascuno dei
termini sinusoidali in cui viene decomposto lo stimolo.
Esempio: Consideriamo la rete di figura in cui il generatore eroga una forza elettromotrice
( ) v t
variabile nel tempo
come nellesempio precedente. Lestensione complessa di tale forza elettromotrice vale:
1
3 5 7 0 0 0 0 0
1
4 4 4 4 4
( 1) 1 ,
2 3 5 7
n
n jn t j t j t j t j t
n
V V V V V j
V e e e e e
n
+
=
( = = + +
pertanto, siccome limpedenza della rete :
( ) ( )
( )
1
,
j
Z R Z e
j C
= + =
dove:
( )
( )
2
2
1
, Z R
C
= +
( )
1
tan ,
RC
=
O t
v( ) t
T T/4 T/4 3
V
0
+
V
0
-
O t
v( ) t
T T/4 T/4 3
V
0
+
V
0
-
R
C
i t ( )
v t ) ( v
C
t ) (
7-30 Circuiti elettrici in regime sinusoidale
sono rispettivamente il modulo e la fase di
( ) Z
, lestensione complessa della corrente
( ) i t
attraverso il circuito :
( ) ( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
1 1
0 0
1 1
3 3 5 5 7 7
0 0 0 0
4 4 1 1
( 1) 1 ( 1) 1
2 2
4 4 4 4
3 3 5 5 7 7
n n
j n t n n jn t n
n n
j t j t j t j t
V V j j
I e e
Z n n Z n n
V V V V
e e e e
Z Z Z Z
+ +
(
= =
( ( ( (
( ( = = =
= + +
per cui la corrente
( ) i t
vale:
( ) { }
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
1
0
1
0 0
0
4 1
( 1) 1
2
4 4
cos cos 3 3
3 3
4
cos 5 5 .
5 5
n
j n t n n
n
i t I
V j
e
Z n n
V V
t t
Z Z
V
t
Z
+
(
=
= =
( = =
`
)
= + ( (
+ + (
R
R
In figura mostrato il grafico di tale corrente. Per ricavare landamento della differenza di potenziale
( )
C
v t
ai capi del
condensatore, moltiplichiamo ciascun termine dello sviluppo dellestensione complessa della corrente I per la
reattanza del condensatore:
( )
1
, X
j C
=
calcolata in corrispondenza pulsazione del termine considerato; cos, lestensione complessa della tensione
( )
C
v t
vale:
( )
( ) ( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
1 1
0 0
1 1
1
2 0
2
1
3 3 5
2 0 0 0
4 4 1 1 1
( 1) 1 ( 1) 1
2 2
4 1
( 1) 1
2
4 4 4
9 3 25 5
n n
n jn t n jn t
C
n n
n
j n t n
n
n
j t j t
j t
V V j j
V X n e e
Z n n jn C Z n n
V j
e
C n Z n
V V V
e e e
Z CZ CZ
+ +
= =
( +
(
=
(
( (
( ( = =
( = =
= +
( )
( )
( ) 5 7 7
2 2 0
4
49 7
j t
V
e
CZ
( (
( (
+
pertanto la tensione
( )
C
v t
data da:
( ) { }
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
( )
1
2 0
2
1
0 0 0
4 1
( 1) 1
2
4 4 4
cos cos 3 3 cos 5 5
9 3 2 25 5 2
n
j n t n
n
C C
n
V j
v t V e
C n Z n
V V V
t t t
Z CZ CZ
( +
(
=
( = = =
`
)
( (
= + + (
( (
R R
la cui rappresentazione grafica mostrata in figura
Il metodo descritto pu essere ulteriormente esteso per
consentire lo studio della sollecitazione dei circuiti con
stimoli non periodici attraverso lalgoritmo della
trasformata di Fourier.
O t T T/4 T/4 3
v
C
t ) (
O t
i ( ) t
T T/4 T/4 3
8 ONDE ELETTROMAGNETICHE
8.1 Equazione delle onde
Per onda si intende una perturbazione in moto attraverso lo
spazio con una certa velocit; in un caso ideale la
propagazione non altera lampiezza e la forma della
perturbazione. Allo scopo di poter descrivere il meccanismo
della propagazione ondosa iniziamo ad analizzare la modalit
di rappresentazione di unonda. Consideriamo una certa
funzione ( ) y f x = di una variabile spaziale x rappresentata
per 0 t = . Supponiamo che ad un tempo successivo, 0 t > , la
funzione sia traslata nel verso positivo delle x mantenendo
inalterata la sua forma; se v
, (8.2)
cos:
2 2
2
2 2
d d d d
v v v v
t t t t d d d d
| | | | | |
= = = =
| | |
\ .
\ . \ .
. (8.3)
Daltra parte, la derivata prima di ( ) , x t rispetto a x vale:
d d
x x d d
= =
,
quindi, in questo caso vale lidentit:
d
x d
, (8.4)
pertanto la derivata seconda di ( ) , x t rispetto a x vale:
2 2
2 2
d d d d
x x x x d d d d
| | | | | |
= = = =
| | |
\ .
\ . \ .
; (8.5)
cos, confrontando la (8.3) con la (8.5), si ha:
( ) ( )
2 2
2
2 2
2 2 2
, , x t x t
d
v v
t d x
= =
.
Concludiamo quindi che lequazione (8.1) descrive una propagazione ondosa e, in virt della sua
linearit, ammette come soluzione generale la funzione:
( ) ( ) ( )
1 2
, x t x vt x vt = + + .
Nella maggior parte dei fenomeni fisici la propagazione ondosa un fenomeno che si esplica in tre
dimensioni (o due, come nel caso delle onde su di un liquido o sulla superficie di una membrana);
Onde elettromagnetiche 8-3
in tali circostanze dipende da tutte e le tre coordinate spaziali oltre che
dal tempo e lequazione corrispondente :
2 2 2 2
2 2 2 2 2
1
0
x y z v t
+ + =
,
che, definito un operatore:
2 2 2
2
2 2 2
x y z
+ +
,
si esprime nella forma:
2
2
2 2
1
0
v t
.
E possibile caratterizzare una generica onda attraverso il
concetto di fronte donda. Questo ente rappresenta il luogo dei
punti in cui, ad un fissato istante, la variabile
precedentemente introdotta assume lo stesso valore. Unonda
bidimensionale si dice, ad esempio, rettilinea o circolare, se i
suoi fronti donda sono rettilinei o circolari. Analogamente
unonda tridimensionale si dice piana se i suoi fronti donda,
che per ogni onda tridimensionale sono rappresentati da
superfici, sono piani; si dice sferica unonda i cui fronti sono
superfici sferiche.
Esempio: Se si considera come onda nello spazio, la funzione appena introdotta, ovvero
( ) ( ) ( ) , , , x y z t x vt = =
, rappresenta unonda piana poich, essendo largomento indipendente da y e da z,
fissati che siano x e t, assume lo stesso valore su tutto il piano perpendicolare allasse x passante per il valore di x
considerato.
8.2 Onde armoniche
Quando ( ) una funzione periodica del suo argomento, londa corrispondente detta
periodica. In particolare sono periodiche le onde armoniche o sinusoidali cos definite:
( ) ( ) , cos x t A k x vt = (
,
dove, senza perdita di generalit si considerata unonda progressiva. Si osservi che largomento
della funzione coseno stato espresso come ( ) k x vt in modo tale da risultare adimensionale. Per
verificare che tale funzione soddisfa lequazione delle onde (8.1) eseguiamo prima le derivate di
rispetto alla variabile x:
( ) sin kA k x vt
x
= (
,
Jean Baptiste Le Rond DAlembert
Formazione di onde circolari sulla superficie
dellacqua.
8-4 Onde elettromagnetiche
( )
2
2
2
cos k A k x vt
x
= (
(8.6)
e poi le derivate rispetto a t:
( ) sin kvA k x vt
t
= (
,
( )
2
2 2
2
cos k v A k x vt
t
= (
(8.7)
quindi, confrontando la (8.6) con la (8.7), segue:
( ) { }
2 2
2 2 2
2 2
cos v k A k x vt v
t x
= = (
.
Naturalmente anche qualora largomento della funzione coseno fosse differente da ( ) k x vt per
una fase arbitraria, la corrispondente funzione ( ) , x t risulterebbe soluzione dellequazione delle
onde, cos anche funzioni affini al coseno, come il seno, rappresentano moti ondosi. Sviluppando
largomento di ( ) , x t possibile equivalentemente scrivere tale funzione come:
( ) ( ) , cos x t A kx t = ,
dove prende il nome di pulsazione dellonda ed legata
alla velocit v attraverso il numero donda k:
v
k
= . (8.8)
La velocit v, che rappresenta la velocit di un qualunque
fronte donda, indica la velocit con cui si sposta la fase
dellonda e pertanto comunemente detta velocit di fase.
Dalla definizione del suo argomento x vt = , unonda
periodica, come daltra parte risulta evidente per unonda
armonica, fissato t periodica nella variabile x e fissato x
periodica nella variabile t. Il periodo spaziale prende il
nome di lunghezza donda e risulta:
2
k
mentre il periodo temporale T :
2
T
, (8.9)
cos, dalla (8.8) segue che tra queste due grandezze vale la relazione:
O x
) t
l
( y x,
t costante
O t
) t
T
( y x,
x costante
Onde elettromagnetiche 8-5
2
2
T
v
k T
= = = .
8.3 Onde elettromagnetiche
Nel 1858 Kirchhoff, a partire dalla teoria sullelettromagnetismo formulata da Wilhelm Weber
tra il 1846 e il 1848, dedusse teoricamente che la velocit di propagazione dellinduzione in un
conduttore a resistenza nulla prossima a quella della luce nel vuoto. Weber nel 1864 verific
sperimentalmente tale risultato ipotizzando lesistenza di una qualche relazione tra la velocit di
propagazione delle onde elettriche e quella della luce. Nello stesso anno, nellambito del suo trattato
sullelettromagnetismo, Maxwell formul una teoria elettromagnetica della luce deducendo dalle
sue equazioni che i fenomeni elettrici e magnetici si propagano nel vuoto con la medesima velocit
della luce e concludendo che la luce ha natura elettromagnetica.
Consideriamo le espressioni delle equazioni di Maxwell in forma differenziale, nel vuoto ed in
assenza di sorgenti:
0 E =
,
0 B =
,
B
E
t
,
0 0
E
B
t
=
;
in coordinate cartesiane tali equazioni si scrivono:
0
y
x z
E
E E
x y z
+ + =
; (8.10)
0
y
x z
B
B B
x y z
+ + =
; (8.11)
y
x z
E
B E
y z t
=
, (8.12)
y
x z
B
E E
z x t
=
, (8.13)
y
x z
E
E B
x y t
=
; (8.14)
0 0
y
x z
B
E B
y z t
=
, (8.15)
0 0
y
x z
E
B B
z x t
=
, (8.16)
0 0
y
x z
B
B E
x y t
=
; (8.17)
8-6 Onde elettromagnetiche
per semplicit cerchiamo soluzioni di queste equazioni in cui il campo elettrico diretto lungo
lasse y e il campo magnetico diretto lungo z:
y
E E y =
,
z
B B z =
.
Poich
x
E ,
z
E e
x
B ,
y
B sono nulli, lequazione (8.10) e lequazione (8.11), si scrivono:
0
y
E
y
, (8.18)
0
z
B
z
; (8.19)
mentre la (8.13) non fornisce alcun contributo, la (8.12) e la (8.14) diventano:
0
y
E
z
, (8.20)
y
z
E
B
x t
=
; (8.21)
infine, lequazione (8.17) non fornisce contributo, mentre la (8.15) e la (8.16) si scrivono:
0
z
B
y
, (8.22)
0 0
y
z
E
B
x t
=
. (8.23)
Analizziamo in dettaglio le conseguenze di queste equazioni. Dalle relazioni (8.18), (8.20) e (8.21)
concludiamo che il campo elettrico non cambia spostandosi lungo le direzioni y e z, mentre varia
lungo lasse x se presente un campo magnetico dipendente dal tempo. Dalle relazioni (8.19),
(8.22) e (8.23) segue che anche il campo magnetico resta inalterato spostandosi lungo gli assi y e z,
ma varia lungo x se presente un campo elettrico dipendente dal tempo. Deriviamo rispetto alla
coordinata x ambo i membri dellequazione (8.21):
2
2
2
y
z
E
B
x x t
=
,
e, analogamente, deriviamo ambo i membri dellequazione (8.23) rispetto al tempo:
2
2
0 0 2
y
z
E
B
t x t
=
;
confrontando queste due equazioni, siccome
2
z
B x t uguale a
2
z
B t x , si ha:
Onde elettromagnetiche 8-7
2 2
0 0 2 2
y y
E E
x t
=
.
Procedendo analogamente per il campo magnetico si trova:
2 2
0 0 2 2
z z
B B
x t
=
.
Dal fatto che entrambi i campi soddisfano lequazione delle
onde (8.1), Maxwell dedusse che il suo insieme di equazioni
ammette quali soluzioni delle onde trasversali, ossia tali che
il campo elettrico e quello magnetico oscillano su piani
perpendicolari allasse x, che rappresenta la direzione di
propagazione. Siccome i campi elettrico e magnetico non
variano su piani perpendicolari alla direzione di
propagazione (equazioni (8.18), (8.20) per il campo elettrico
e (8.19), (8.22) per il campo magnetico), londa descritta
piana. Si osservi, infine, che la scelta di assumere i campi
orientati in direzioni fisse, condizioni per le quali si dice che
londa possiede polarizzazione lineare (in questo caso E
ed a
0
il suo valore di
12
8.854 10 F m
, si trova:
8
2.998 10 c m s ;
lidentit tra il valore di questa velocit e quello della luce nel vuoto, confermata da ulteriori
verifiche sperimentali, consente di concludere che la luce unonda elettromagnetica. Nel caso di
x
fronte d'onda
y
z
r
v
r
E
r
B
x
y
z
r
E
r
B
8-8 Onde elettromagnetiche
propagazione in un mezzo materiale di costante dielettrica relativa
r
e permeabilit magnetica
relativa
r
, la velocit dellonda si esprime come:
0 0 0 0
1 1 1 1
r r r r r r
c
v
= = = = ,
posto quindi:
r r
n , (8.24)
la velocit dellonda nel mezzo materiale si scrive:
c
v
n
= , (8.25)
in cui n prende il nome di indice di rifrazione del mezzo considerato. Lipotesi che la velocit di
propagazione della luce fosse correlata alla costante dielettrica del mezzo, fu avanzata nel 1846 da
Faraday.
Siccome i campi
y
E e
z
B descrivono una propagazione ondosa lungo lasse x, il loro argomento
pu essere espresso facendo uso della funzione x vt = :
( ) ( )
y y y
E E E x vt = = ,
( ) ( )
z z z
B B B x vt = = ,
adoperando tale funzione, dalla (8.4) segue che la derivata di
y
E rispetto a x vale:
y y
E dE
x d
,
mentre, dalla (8.2) la derivata rispetto al tempo di
z
B vale:
z z
B dB
v
t d
,
cos, dalla (8.21) segue:
y
z
dE
dB
v
d d
= ,
col segno positivo o negativo, rispettivamente, se londa progressiva o regressiva. Questa
relazione una semplice equazione differenziale del primo ordine che, risolta per integrazione
diretta, fornisce come risultato
y z
E vB cost = + , dove la costante pu essere posta uguale a zero;
cos risulta quindi:
Onde elettromagnetiche 8-9
y
z
E
v
B
= .
Per le scelte fatte, il rapporto
y z
E B coincide col rapporto delle intensit dei campi elettrico e
magnetico inoltre, tenuto conto delle direzioni relative dei vettori E
, B
e v
, possiamo scrivere:
E B v =
,
E
v
B
= . (8.26)
Solitamente nel rapporto tra le intensit dei campi si fa uso del vettore H
, pari a B
:
1 E E
v Z
H B
= = = = ; (8.27)
la quantit Z cos definita ha le dimensioni di unimpedenza e viene detta, infatti, impedenza
caratteristica del mezzo materiale in cui si propaga londa; in particolare nel vuoto
r
e
r
sono
entrambi unitari e cos:
0
0
0
377 Z
. (8.28)
Limpedenza caratteristica Z pu essere espressa attraverso limpedenza
0
Z facendo uso dellindice
di rifrazione definito nella relazione (8.24) come:
2
0 0
0 0 0
0 0
r r r r r
r r r r r r
Z Z Z Z
n
= = = = = = .
Infine, nel vuoto v uguale alla velocit della luce c, cos risulta:
E cB = ;
questa relazione suggerisce che, siccome c ha un valore molto grande, gli effetti prodotti da unonda
elettromagnetica nel vuoto (ma anche nellaria, visto che in tale caso v c ) sono sostanzialmente di
natura elettrica.
Esempi: Unonda elettromagnetica piana nel vuoto, il cui campo elettrico assume un valore massimo di 6V m, sar
caratterizzata da un campo magnetico il cui valore massimo di circa 20 nT (si confronti col campo magnetico medio
prodotto dalla Terra che, alla superficie di circa 50 T , ossia 2500 volte maggiore). Per tale motivo nella descrizione
di unonda elettromagnetica ci si riferisce comunemente al suo campo elettrico; ad esempio, per londa elettromagnetica
rappresentata nella figura precedente, il piano di polarizzazione, xy, quello in cui oscilla il campo elettrico.
8-10 Onde elettromagnetiche
8.4 Energia di unonda elettromagnetica
Lesistenza simultanea del campo elettrico e del campo magnetico corrispondenti ad unonda
elettromagnetica comporta che allonda si associ unenergia. In un mezzo omogeneo di costante
dielettrica e permeabilit magnetica le densit di energia associate a ciascun campo sono
rispettivamente:
2
1
2
e
u E = ,
2
1
2
m
u B
= ;
proveremo nel seguito che sia qualora i campi siano statici che variabili, la densit complessiva di
energia allonda elettromagnetica pu esprimersi attraverso la somma:
2 2
1 1
2 2
e m
u u u E B
= + = + . (8.29)
Daltra parte per unonda piana che si propaga con velocit v
come:
2
S E v
,
tale che il suo flusso attraverso la superficie ds fornisce la potenza istantanea attraverso ds :
2
cos dP S ds S nds E v ds = = =
.
v dt
n
dV
J
ds
r
v
Onde elettromagnetiche 8-11
Questo vettore pu essere riscritto come:
1
S E B
=
, (8.30)
infatti, per unonda piana, i campi E
e B
si scrive:
( )
1
dP E B ds
=
,
per cui, integrando su di una superficie finita S, la potenza istantanea che la attraversa corrisponde
al flusso di S
= =
S S
. (8.31)
Il vettore S
si esprime in
2
W m .
8.5 Intensit di unonda elettromagnetica
Consideriamo unonda piana, armonica, polarizzata linearmente; il campo elettrico nel piano di
polarizzazione ha intensit:
( )
0
cos E E kx t =
ed il corrispondente vettore di Poynting ha modulo:
( )
2 2 2
0
cos S E v vE kx t = = .
Considerata una superficie S, tramite la relazione (8.31) possibile stabilire la potenza istantanea
che attraversa la superficie specificata. Tale grandezza risulta, tuttavia, di scarso valore pratico in
quanto gli strumenti di misura non sono generalmente in grado di apprezzare variazioni troppo
r
v
r
E
r
B
r
S
8-12 Onde elettromagnetiche
rapide dellenergia; si tenga conto che, ad esempio la pulsazione della luce visibile dellordine di
15
10 rad s . Pertanto pi utile determinare il valor medio del vettore S
calcolato in un periodo T
dato dalla (8.9):
( )
2 2 2 2
0 0
0
1 1
cos
2
T
S v E v E kx t dt vE
T
= = =
.
Il valor medio dellenergia che attraversa una sezione ortogonale alla direzione di propagazione, per
unit di tempo e per unit di area detto intensit dellenergia; cos, siccome per una grandezza
variabile sinusoidalmente il valore efficace pari allampiezza della grandezza diviso 2 , allora:
2 2
0
1
2
eff
I S vE vE = = ;
inoltre, dalla relazione (8.27) segue che 1 v Z = = = , pertanto
2
2 eff
eff
E
I vE
Z
= = .
Infine, siccome possibile esprimere limpedenza caratteristica Z del mezzo materiale attraverso
limpedenza caratteristica del vuoto
0
Z introdotta nella (8.28) e lindice di rifrazione n definito
tramite la relazione (8.24), come
0
Z n , allora, sostituendo nella precedente equazione, si ha:
2
0
1
eff
r
nE
I
Z
= .
8.6 Teorema di Poynting
Consideriamo una regione dello spazio di volume V in cui un campo
elettrico E
, allora la potenza
istantanea dissipata nel volume per effetto Joule vale
V
E J dv
. Daltra
parte dalla quarta equazione di Maxwell la densit di corrente J
pu
esprimersi come:
E B
J
t
= +
,
per cui, sostituendo nellespressione della potenza dissipata, si ha:
V V V V
E B E B
E J dv E dv E dv E dv
t t
| | | |
= + = +
| |
\ . \ .
. (8.32)
John Henry Poynting
Onde elettromagnetiche 8-13
Dallidentit vettoriale:
( )
E B B E E B =
,
in cui E
espresso come B t
, segue:
( ) ( )
B
E B B E E B B E B
t
= =
;
sostituendo tale relazione nella (8.32), si ottiene:
( )
( )
( )
2 2
2 2
V V V V V V
V V
V V
E B
E B E B B
E J dv E dv E dv E dv dv dv
t t t
E B
E B B
E dv dv
t t
E B
E B
dv dv
t
| |
= + = =
|
\ .
| |
= + =
|
\ .
( | |
= +
( |
\ .
dove si supposto che sia che non varino nel tempo; assumendo quindi che il volume V non sia
in moto, si ha:
( )
2 2
2 2
V V V
E B
d E B
E J dv dv dv
dt
| |
= +
|
\ .
.
Infine, applicando il teorema della divergenza allultimo integrale, dalla relazione (8.30), si ottiene:
2 2
2 2
V V
d E B
E J dv dv S ds
dt
| |
= +
|
\ .
S
in cui S la superficie di contorno di V. Siccome il primo membro di questa identit rappresenta la
potenza istantanea dissipata nel volume V per effetto Joule, concludiamo che tale quantit si
esprime come somma di due termini, il primo dei quali dato dalla (8.29), che si voleva provare,
rappresenta la variazione di energia contenuta nel volume e il secondo, pari al flusso di S
, la
potenza istantanea che attraversa il volume considerato. Questa identit, che prende il nome di
teorema di Poynting, si pu rappresentare in forma differenziale attraverso la relazione:
u
S E J
t
+ =
,
che esprime il bilancio energetico, affermando che la variazione dellenergia contenuta in una
superficie chiusa dovuta sia al flusso di energia prodotta dalle onde elettromagnetiche che
attraversano tale superficie che allenergia spesa per determinare il moto delle cariche elettriche
contenute nel volume interno alla superficie.
8-14 Onde elettromagnetiche
8.7 Sorgenti di onde elettromagnetiche
Dalle relazioni (8.21) e (8.23) emerge che le onde elettromagnetiche sono
originate dal campo elettrico ottenuto attraverso la variazione di un campo
magnetico e dal campo magnetico prodotto dalla variazione di un campo
elettrico. Pertanto, poich una configurazione stazionaria di carica o una
corrente continua non possono determinare la generazione di onde
elettromagnetiche, ne segue che a tale scopo necessario che la corrente sia
di intensit variabile nel tempo, cio non stazionaria. Ci porta a concludere
che le onde elettromagnetiche sono prodotte dallaccelerazione delle cariche;
cio una particella carica, una volta accelerata, perde energia per effetto
dellirradiazione di onde elettromagnetiche.
La rivelazione delle onde elettromagnetiche previste dalla teoria di
Maxwell costitu il maggiore oggetto degli studi di Hertz.
Dopo aver rielaborato matematicamente le equazioni di
Maxwell, Hertz comprese che le onde elettromagnetiche
potevano essere prodotte da oscillazioni elettriche;
daltra parte era ormai noto che la scarica di un
condensatore su una bobina produceva delle oscillazioni
elettriche, cos nel 1888 Hertz connesse un rocchetto di
Ruhmkorff ad un condensatore realizzato da due sfere
metalliche collegate da unasta metallica dotata di una
piccola interruzione alla sua met. Sugli estremi
affacciati dellinterruzione erano poste due piccole sfere
metalliche. In corrispondenza della scarica elettrica tra la
due sferette, prodotta dal rocchetto di Ruhmkorff, Hertz
gener delle onde elettromagnetiche di circa 40 MHz.
Nel dispositivo cos composto il campo elettrico
variabile prodotto dalle sfere pi grandi e il campo
magnetico variabile generato
dalle aste metalliche erano
sostanzialmente ortogonali tra
loro in corrispondenza del centro del sistema, per cui le condizioni
indicate dalla teoria di Maxwell per ottenere lirraggiamento erano
soddisfatte. Per la rivelazione delle onde elettromagnetiche Hertz costru
una spira metallica con una piccola interruzione in corrispondenza della
quale erano disposte due sferette metalliche; una variazione di flusso
attraverso tale spira avrebbe determinato linduzione di una forza
elettromotrice e, di conseguenza, tra le sferette sarebbe scoccata una
scintilla. Hertz speriment spire con differenti dimensioni, constatando
che in alcuni casi, corrispondenti ad una situazione di risonanza tra la
frequenza del campo elettromagnetico e quella propria di tale circuito, la
scintilla risultava pi intensa. Per eliminare il dubbio che leffetto
osservato non fosse dovuto ad un semplice fenomeno di induzione, Hertz
fece riflettere le onde su un pannello metallico, ottenendo nella regione
compresa tra il generatore e tale pannello linterferenza tra le onde
provenienti dalloscillatore e quelle riflesse dal pannello. Questa
interferenza determinava in tale regione una configurazione di onde
stazionarie in cui i massimi erano situati nei punti in cui le onde dirette e
riflesse si sommavano in fase e i minimi nei punti in cui le onde si
sommavano in opposizione di fase. Dalla misura della distanza tra tali
Heinrich Hertz
Esperienze di Hertz, si noti a sinistra loscillatore
collegato al rocchetto di Ruhmkorff e al centro il
rivelatore. Sul fondo disposto il pannello riflettente.
Nel disegno sono mostrati inoltre dei radiatori
parabolici ed un prisma per esperienze di ottica delle
onde elettromagnetiche (E. Desbeaux, Fisica moderna,
Milano 1902)
Riproduzione dellapparato
trasmittente dei primi esperi-
menti di Marconi. Si noti, in
alto, lantenna a pannello e in
basso, a sinistra, loscillatore e,
a destra, il rocchetto di
Ruhmkorff (Fondazione Gu-
glielmo Marconi, Collezione
Bigazzi)
Onde elettromagnetiche 8-15
massimi e minimi Hertz risal alla velocit di propagazione
delle onde, constatando che il suo valore era dello stesso
ordine di grandezza di quello della luce nel vuoto,
confermando, quindi, la teoria di Maxwell.
A partire da questa scoperta, gli sperimentatori
migliorarono lapparato di Hertz, soprattutto nella parte del
rivelatore. Sebbene Hertz attribuisse solo una valenza teorica
alla sua scoperta, nel 1894 Guglielmo Marconi ebbe lidea di
impiegare le
onde rivelate
da Hertz per
la
trasmissione a distanza di informazioni. Marconi
colleg unantenna, realizzata inizialmente con un
pannello metallico sospeso ad un palo, ad una delle
due sfere delloscillatore e colleg a terra laltra
sfera; analoga disposizione fu adottata per il
ricevitore. Con tale sistema Marconi nel 1895 riusc
ad inviare dei segnali tra due punti distanti circa un
chilometro e mezzo a Pontecchio, presso Bologna.
Una comune sorgente di onde elettromagnetiche
rappresentata da un dipolo elettrico oscillante.
Lapplicazione di una forza elettromotrice variabile,
ad esempio con legge sinusoidale, ad unantenna
metallica, determina un moto oscillatorio degli
elettroni del conduttore e, di conseguenza, provoca
lirradiazione di unonda elettromagnetica della
stessa frequenza di oscillazione; gli elettroni di una
seconda antenna, che agisce da ricevitore, sono poi
indotti a oscillare alla stessa maniera per effetto
della componente elettrica dellonda incidente: tale
oscillazione, opportunamente rilevata ed ampli-
ficata, consente la ricezione dellinformazione
trasmessa dallemittente attraverso londa elettro-
magnetica. Nella figura rappresentata la dipen-
denza angolare, (
2
sin ), dellintensit del campo
elettrico a grande distanza da un dipolo oscillante.
Naturalmente i meccanismi di generazione di
onde elettromagnetiche cambiano in funzione della lunghezza donda della radiazione emessa; cos,
mentre attraverso delle antenne possibile irradiare onde di lunghezza sino al centimetro, per
lunghezze donda inferiori, tali dispositivi si rivelano inadeguati. Ad esempio, la generazione di
luce visibile avviene stimolando atomi o molecole con campi elettrici variabili; ci provoca
loscillazione sincrona dei baricentri delle cariche negativa e positiva e la conseguente emissione di
radiazione. Solitamente si classificano le onde elettromagnetiche attraverso la loro lunghezza
donda o la loro frequenza, pari a ( ) 2 ; lo spettro della radiazione elettromagnetica viene cos ad
essere schematizzato nella tabella qui riportata.
10
0
10
1
10
2
10
4
10
5
10
6
10
7
10
8
10
9
10
10
10
11
10
12
10
13
10
14
10
15
10
16
10
17
10
18
10
19
10
20
10
21
10
22
10
8
10
7
10
6
10
5
10
4
10
3
10
2
10
1
10
0
10
-1
10
-2
10
-3
10
-4
10
-5
10
-6
10
-7
10
-8
10
-9
10
-10
10
-11
10
-12
10
-13
10
-14
VLF
LF
MF
HF
VHF
UHF
SHF
EHF
INFRAROSSO INFRAROSSO
ULTRAVIOLETTO
RAGGI X
RAGGI g
frequenza (Hz) lunghezza d'onda (m)
10
3
1 kHz
10 kHz
100 kHz
1 MHz
10 MHz
100 MHz
1 GHz
10 GHz
100 GHz
1 Hz
10 Hz
100 Hz
100 km
10 km
1 km
100 m
10 m
1 m
100 mm
10 mm
1 mm
100 m
10 m
1 m
100 nm
10 nm
1 nm
1
0.1
0.01
1 eV
10 eV
100 eV
1 keV
10 keV
100 keV
1 MeV
10 MeV
100 MeV
VISIBILE
Spettro della radiazione elettromagnetica; le sigle VLF (Very
Low Frequency), LF (Low Frequency), MF (Medium
Frequency), HF (High Frequency), VHF (Very High Frequency),
UHF (Ultra High Frequency), SHF (Super High Frequency),
EHF (Extremely High Frequency), distinguono gli intervalli di
frequenze della radiazione adoperata nelle radiotrasmissioni. La
corrispondenza tra frequenza f ed energia E deriva dalla formula
relativa al modello quantistico della radiazione, E = hf , in cui h
la costante di Planck.
x
y
z
Dipendenza angolare dellintensit del campo
elettrico prodotto da un dipolo elettrico
oscillante.
8-16 Onde elettromagnetiche
8.8 Trasmissione di segnali
Consideriamo unonda elettromagnetica piana di tipo armonico, in moto lungo la direzione x con
velocit di fase v. Il campo elettrico nel piano di polarizzazione :
( )
0
cos E E kx t = ,
dove k e sono legati alla velocit attraverso la relazione (8.8). Questa funzione caratterizzata
dallessere illimitata sia lungo lasse x che lungo lasse temporale; inoltre, essendo periodica sia
spazialmente che temporalmente, non soggetta ad alcuna variazione della forma nel corso del
tempo o lungo la direzione di propagazione. Tali caratteristiche pregiudicano la possibilit di
associare uninformazione allonda e fare si che possa essere considerata un segnale; nella pratica,
infatti, si producono o si osservano onde sinusoidali di durata finita, oppure segnali periodici non
armonici o segnali aperiodici. Tuttavia, alla luce dellanalisi di Fourier, un segnale spazialmente e
temporalmente limitato pu essere ottenuto attraverso la somma di infinite onde di tipo armonico,
ciascuna con opportuni valori di ampiezza e frequenza. Sebbene tale studio trascenda dalle finalit
di questa analisi, stabiliamo le caratteristiche di propagazione di un impulso nella semplice
circostanza che tale impulso sia generato dalla sovrapposizione di due sole onde armoniche in moto
nella stessa direzione, aventi la stessa ampiezza
0
E e caratterizzate da due pulsazioni e
vicine tra loro e da numeri donda k e k pure vicini tra loro. Londa risultante dalla
sovrapposizione sar data da:
( ) ( )
( )
0 0
0
0
cos cos
2 cos cos
2 2 2 2
2 cos cos ;
2 2
E E kx t E k x t
k k k k
E x t x t
k
E x t kx t
= + =
+ + | | | |
=
| |
\ . \ .
| |
=
|
\ .
dove
1
si posto k k k e , in cui k k e essendo per ipotesi k molto
prossimo a k e pure molto prossimo a . La
presenza del termine ( ) cos kx t , detto onda
portante, suggerisce che londa risultante dalla
composizione si propaghi con caratteristiche simili
a quelle delle onde componenti, ma con ampiezza
modulata dal termine ( ) ( )
0
2 cos 2 2 E k x t (
.
Londa portante si propaga con la velocit v pari a:
v
k
= ,
cio con la stessa velocit di fase delle componenti;
il termine di modulazione, invece, si propaga con la
velocit
g
v data da:
1
Si fatto uso dellidentit trigonometrica
( ) ( ) cos cos 2cos 2 cos 2 + = + ( (
.
t costante
x
x
x
) t (x, E
1
) t (x, E
2
+ ) t (x, E
2
) t (x, E
1
Onde elettromagnetiche 8-17
g
v
k
,
che, in generale, risulter differente da v. Con lausilio dellanalisi di Fourier questo esempio pu
essere esteso ad una sovrapposizione di infinite componenti armoniche di pulsazioni e numeri
donda compresi in intervalli definiti; in analogia al semplice caso test esaminato, il fenomeno
propagatorio pu essere caratterizzato oltre che dalla velocit di fase, anche da unaltra velocit,
detta velocit di gruppo, che rappresenta la velocit con cui si propaga la risultante della
composizione delle infinite onde armoniche. Tale risultante prende il nome di pacchetto donde. La
velocit di gruppo definita come:
g
d
v
dk
,
siccome
g
v la velocit con la quale si propaga il pacchetto donde, allora
g
v rappresenta anche la
velocit di trasmissione del corrispondente segnale e quindi dellinformazione ad esso associata.
Dalla relazione (8.8) e dalla definizione di velocit di gruppo segue:
g
d d dv
v vk v k
dk dk dk
= = = + ,
quindi, solo nei mezzi materiali in cui la velocit di fase indipendente dal numero donda (o, dalla
lunghezza donda), circostanza per cui il mezzo detto non dispersivo, le due velocit coincidono.
Risulta inoltre:
1 1 1
1
g
d v
v
dk d n n dn dn
dk
d d c c c d n d
= = = = =
+ +
, (8.33)
dove si fatto uso delle espressioni (8.8) e (8.25); questa relazione consente di confrontare la
velocit di gruppo con la velocit di fase attraverso lo studio del segno della derivata dn d , infatti,
siccome:
1
g
dn n v
d v
| |
=
|
|
\ .
,
poich il fattore n positivo, si ha:
0 ,
0 .
g
g
dn
v v
d
dn
v v
d
< >
> <
Essendo, nel vuoto, la velocit di fase per unonda elettromagnetica uguale a c, allora
g
v pu essere
maggiore o minore di c. In effetti, negli intervalli di valori di in cui 0 dn d > , detti regioni di
dispersione anomala, le approssimazioni fatte per giungere alla relazione (8.33) non sono pi valide,
cos in pratica la velocit di gruppo risulta sempre essere minore di c, coerentemente coi principi su
8-18 Onde elettromagnetiche
cui si basa la teoria della relativit. Il fenomeno della dispersione riveste una particolare importanza
nella trasmissione dei segnali. Consideriamo inizialmente un segnale ottenuto attraverso la
composizione di infinite componenti che si propaga nel vuoto; poich in tale circostanza la velocit
di gruppo del segnale coincide con la velocit di fase di ciascuna delle componenti, il segnale si
sposter attraverso lo spazio senza subire alterazioni. Se lo
stesso segnale si propaga in un mezzo dispersivo, siccome la
velocit di ciascuna componente risulta diversa dalle altre, si
determiner un allargamento ed un appiattimento della forma
del segnale stesso. Lentit di questa deformazione aumenter
col procedere dellimpulso attraverso il mezzo dispersivo, cos,
un segnale, ad esempio, basato su di una successione di impulsi,
pu venire alterato sino a diventare indecifrabile da parte di
colui che lo riceve, dopo che esso ha attraversato tale mezzo.
Per tale motivo, nella trasmissione di segnali in mezzi materiali
(come nelle fibre ottiche, ad esempio) attribuita molta
importanza alla scelta di bande di frequenza di lavoro in
corrispondenza delle quali la dispersione del mezzo risulti
minima.
8.9 Linee di trasmissione
Sebbene la trasmissione di segnali lungo linee di trasmissione fosse
stata quasi successiva allesperimento di rsted, la prima teoria
descrittiva di tali dispositivi si ebbe nel 1880 ad opera di Heaviside, il
quale sintetizz le originarie 20 equazioni di Maxwell nelle quattro ora
note e introdusse i metodi matematici di studio usati tuttora.
Una linea di trasmissione un mezzo per trasferire energia da un
generatore ad un utilizzatore. Con riferimento a generatori che erogano
forze elettromotrici sinusoidali, per basse frequenze, come in
corrispondenza della frequenza della rete di distribuzione domestica
dellenergia elettrica, si adoperano normali conduttori ed il loro studio
pu essere svolto con la teoria dei circuiti. Alle alte frequenze, quando la
rapidit di variazione delle grandezze elettriche comparabile coi tempi
che impiegano i campi a propagarsi attraverso i conduttori, si adoperano
tipicamente cavi coassiali ed il loro studio deve essere fatto con la teoria delle onde
elettromagnetiche. Consideriamo un cavo coassiale, sia C una circonferenza coassiale al cavo e
contenuta nellintercapedine tra i due conduttori e sia S la superficie circolare che ha come contorno
C ; applichiamo le leggi di Faraday-Henry e di Ampere su tali domini:
S
d
E dl B ds
dt
=
C
,
S
d
H dl I E ds
dt
= +
C
.
Se i campi E
e B
(e quindi H
C
,
H dl I =
C
;
ovvero, in questo caso il campo elettrico in un qualsiasi piano perpendicolare
allasse del cavo risulta conservativo ed analogo a quello prodotto da una
distribuzione elettrostatica di carica; inoltre anche il campo magnetico in
qualsiasi piano perpendicolare allasse analogo al campo magnetostatico
prodotto da una corrente stazionaria. Da queste considerazioni segue che
possibile applicare le tradizionali regole per la descrizione dei circuiti
elettrici in regime stazionario; cos si pu definire in maniera univoca la
differenza di potenziale tra i conduttori per ogni punto x situato lungo il cavo,
come lintegrale del campo elettrico lungo un generico percorso
V
L situato
nel piano perpendicolare allasse:
( ) ,
V
v x t E dl =
L
;
analogamente, si pu definire la corrente attraverso, ad esempio, il conduttore centrale, come
lintegrale del campo H
L
.
In particolare, qualora il cavo sia sollecitato sinusoidalmente, per la sua descrizione possibile far
ricorso al metodo simbolico.
Consideriamo un generico tratto di lunghezza infinitesima dx
compreso tra due sezioni trasversali poste, rispettivamente, alle
distanze x e x dx + da un punto di riferimento quale, ad esempio,
linizio dove connesso un generatore sinusoidale di pulsazione
. Questo tratto infinitesimo pu essere schematizzato, come
mostrato in figura, dove l, r, g e c, rappresentano, rispettivamente,
linduttanza per unit di lunghezza, la resistenza per unit di
lunghezza, la conduttanza per unit di lunghezza e la capacit per
unit di lunghezza. Siano ( ) V x e ( ) I x rispettivamente le
estensioni complesse della differenza di potenziale tra i due conduttori della linea e della corrente
nella linea, entrambi calcolati alla distanza x dallorigine scelta; alla distanza x dx + , queste
grandezze varranno rispettivamente ( ) ( ) V x dV x + e ( ) ( ) I x dI x + . La differenza ( ) dV x tra la
differenza di potenziale in x e in x dx + prodotta dalla caduta di tensione sullimpedenza
r dx j l dx + :
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) V x V x dV x r dx j l dx I x ( + = +
;
la differenza ( ) dI x fra la corrente in x e la corrente in x dx + attraverso i conduttori dovuta alla
corrente che scorre nellammettenza g dx j c dx + :
L
V
L
I
l dx r dx
c dx g dx
x x dx +
V V dV +
I d + I I
8-20 Onde elettromagnetiche
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) I x I x dI x g dx j c dx V x ( + = +
;
daltra parte, siccome ( ) ( ) dV x dV x dx dx ( =
e ( ) ( ) dI x dI x dx dx ( =
, si ha:
( )
( ) ( )
dV x
r j l I x
dx
= + , (8.34)
( )
( ) ( )
dI x
g j c V x
dx
= + . (8.35)
Derivando la (8.34) rispetto a x e sostituendo alla derivata di ( ) I x la sua espressione dalla (8.35),
si trova:
( )
( )
2
2
2
d V x
V x
dx
= , (8.36)
dove si indicato con la quantit complessa:
( )( ) r j l g j c + + ,
detta costante di propagazione. La soluzione generale dellequazione differenziale (8.36) data da:
( )
1 2
x x
V x V e V e
= + , (8.37)
dove
1
V e
2
V sono costanti complesse, determinate in base alle condizioni al contorno. Derivando
rispetto a x questa soluzione e sostituendola nella (8.34), si trova:
( )
1 2
0 0
x x
V V
I x e e
Z Z
= , (8.38)
dove si posto:
0
r j l
Z
g j c
+
,
questa quantit ha le dimensioni di unimpedenza e prende il nome di impedenza caratteristica della
linea. Poich una quantit complessa, pu essere espressa nella forma:
j + ,
dove detta costante di attenuazione e costante di fase; sostituendo questa espressione di
nelle relazioni (8.37) e (8.38), si ottiene:
( )
1 2
x j x x j x
V x V e e V e e
= + , (8.39)
Onde elettromagnetiche 8-21
( )
1 2
0
x j x x j x
V V
I x e e e e
Z Z
= . (8.40)
Per verificare che tali equazioni determinano soluzioni di tipo propagativo, consideriamo il caso in
cui
2
V nullo, condizione corrispondente alla descrizione di una linea infinita, per la quale deve
valere ( ) lim 0
x
V x
che al vettore H
, il modo
di propagazione test descritto detto TEM (transverse electromagnetic mode). Nel caso ideale di
una linea senza perdite, per cui r e g sono nulli, la costante di attenuazione nulla, mentre la
costante di fase vale:
lc = , (8.43)
8-22 Onde elettromagnetiche
daltra parte, per un cavo coassiale, linduttanza per unit di lunghezza e la capacit per unit di
lunghezza valgono, rispettivamente:
2
1
ln
2
R
l
R
| |
=
|
\ .
,
2
1
2
ln
c
R
R
=
| |
|
\ .
,
in cui
1
R e
2
R rappresentano, rispettivamente, i raggi del conduttore interno ed esterno del cavo,
cos, sostituendo nella (8.43) si ha:
2
1 2
1
2
ln
2
ln
R
R R
R
| |
= =
|
| |
\ .
|
\ .
, (8.44)
e quindi, le espressioni della differenza di potenziale e della corrente lungo la linea, sono:
( ) ( )
0
, cos v x t V x t = ,
( ) ( )
0
0
, cos
V
i x t x t
Z
= + ,
e la velocit di propagazione, dalla (8.8) e dalla (8.44)
vale:
1
v
= = .
Cavi coassiali per la trasmissione di segnali ad alta
frequenza (GEPCO).
9 RELATIVIT
Dallesigenza di mantenere la consistenza tra le osservazioni in due sistemi di riferimento, uno in
moto uniforme rispetto allaltro, nellipotesi di invarianza della carica per cambiamento di sistema
di riferimento
1
, abbiamo dedotto nel par. 4.4 che le lunghezze, nella direzione del moto, di sbarrette
in moto rettilineo uniforme con velocit v, fossero inferiori di un fattore pari a
2 2
1 v c rispetto
alle stesse lunghezze a riposo; analogamente abbiamo ricavato che intervalli di tempo misurati da
osservatori in moto rettilineo uniforme risultano superiori di uno stesso fattore rispetto agli stessi
intervalli rilevati da osservatori in quiete. Questo risultato in evidente contrasto con le relazioni di
trasformazione di Galilei:
x x vt = , (9.1)
y y = , (9.2)
z z = , (9.3)
t t = , (9.4)
secondo cui lunghezze e intervalli di tempo non cambiano in corrispondenza di cambiamenti di
sistema di riferimento. Se si adoperano queste formule di trasformazione nella seconda legge di
Newton si trova che tale legge si trasforma in una identica legge nel sistema in moto rettilineo
uniforme cio la seconda legge di Newton non modifica la sua espressione nel cambiamento di
sistema di riferimento e, di conseguenza, non possibile constatare il moto rettilineo uniforme
attraverso un esperimento di meccanica. Questa propriet della seconda legge di Newton detta di
covarianza rispetto alla trasformazione di Galileo. Da tale considerazione segue il principio di
relativit galileiano secondo il quale i moti dei corpi in un dato spazio sono gli stessi fra loro, sia
che lo spazio sia in quiete che si muova uniformemente in linea retta. Le equazioni di Maxwell
tuttavia non obbediscono al principio di relativit test enunciato e ci determina unasimmetria tra
i fenomeni meccanici e quelli elettromagnetici.
Esempio: Verifichiamo che le equazioni di Maxwell non sono invariati per una trasformazione di Galilei.
Consideriamo allo scopo le equazioni:
,
0,
B
E
t
B
che assumono la stessa forma nel vuoto e nei mezzi materiali, non contenendo le sorgenti e J
e pertanto sono pi
semplici da manipolare. A tali equazioni corrispondono le equazioni scalari:
1
Linvarianza della carica quando si passa da un sistema di riferimento ad un altro in moto rettilineo uniforme
rispetto al primo un risultato sperimentale. Consideriamo un materiale conduttore originariamente scarico e i cui
portatori di carica siano costituiti da cariche negative, gli elettroni, e positive, ad esempio degli ioni del materiale.
Siccome gli elettroni posseggono una massa sostanzialmente diversa da quella degli ioni, a seguito del riscaldamento la
loro velocit cambier in modo diverso da quella degli ioni. Se la carica dipendesse dalle velocit relative, le cariche
degli elettroni e quelle degli ioni, a seguito del riscaldamento, non risulterebbero pi bilanciate e il corpo acquisirebbe
una carica netta diversa da zero. Siccome nessun fenomeno di questo tipo stato mai osservato si conclude che la carica
elettrica di una particella una quantit che non dipende dalla velocit della particella rispetto allosservatore.
9-2 Relativit
,
y
x z
E
B E
y z t
=
(9.5)
,
y
x z
B
E E
z x t
=
(9.6)
,
y
x z
E
E B
x y t
=
(9.7)
0.
y
x z
B
B B
x y z
+ + =
(9.8)
Dalle espressioni della trasformazione di Galileo ricaviamo le seguenti regole di derivazione:
1
,
,
,
x y z t
x x x x y x z x t x v t
x y z t
y y x y y y z y t y
x y z t
z z x z y z z z t z
x y z t
t t x t y t z t t
= + + + = +
= + + + =
= + + + =
= + + + =
.
t
Applicando tali regole alle equazioni (9.5) si ha:
,
1 1
; ;
1 1
; ;
y
x z
y
x x z z z
y z
y y y
x x z
z y
E
B E
y z t
B
E E E E E
B E
z x v t t z x t v
E E E
E E B
B E
x v t y t x y t v
| |
= =
|
\ .
| |
+ = =
|
\ .
queste equazioni sono esprimibili nella forma:
B
E
t
=
,
cio come:
,
,
,
y
x z
y
x z
y
x z
E
B E
y z t
B
E E
z x t
E
E B
y x t
=
=
=
se risulta:
; ;
1
; ;
1
; .
x x x x
y y y y z
z z z z y
E E B B
E E B B E
v
E E B B E
v
= =
= =
= =
Daltra parte, siccome da tali equazioni segue:
Relativit 9-3
1
,
1
,
y y z
z z y
B B E
v
B B E
v
= +
= +
la (9.8) diventa:
1 1 1
0,
1
.
y y
x x z z
y y
x x z z
B E
B B E B
x v t y v y z v z
B E
B B B E
x y z v t y z
+ + + + =
| |
+ + =
|
\ .
Siccome il secondo membro di tale espressione in generale diverso da zero, ne segue che:
0, B
cio tale equazione non pu essere ricondotta alla forma 0 B =
.
9.1 Trasformazioni di Lorentz
Il fatto che le leggi dellelettromagnetismo non soddisfino il principio di relativit galileiano
suggerisce che, mentre per la meccanica tutti i sistemi in moto rettilineo uniforme luno rispetto
allaltro sono equivalenti, per lelettromagnetismo esiste un sistema di riferimento privilegiato,
detto etere, in cui le equazioni di Maxwell assumono la forma:
0
0 0 0
,
0,
,
.
E
B
B
E
t
E
B J
t
=
=
= +
Inoltre deve essere possibile misurare la velocit di un qualsiasi corpo rispetto a tale sistema di
riferimento privilegiato. Tuttavia i tentativi di stabilire la velocit della Terra rispetto alletere
fornirono dei risultati negativi, a dispetto dei raffinati approcci sperimentali seguiti. Inoltre, tutte le
proposte per spiegare il risultato negativo di tali misure si rivelarono largamente inadeguate.
Nel 1905 Albert Einstein, partendo da tali risultati negativi
postul la non esistenza delletere e generalizz il principio di
relativit galileiano, affermando che tutte le leggi della fisica, cio
sia quelle della meccanica che quelle dellelettromagnetismo,
devono risultare covarianti in corrispondenza del passaggio da un
sistema di riferimento ad un altro in moto relativo uniforme rispetto
al primo (principio di relativit di Einstein). Siccome le leggi
dellelettromagnetismo non sono covarianti in corrispondenza delle
trasformazioni di Galileo, se si accetta il postulato di Einstein
occorre o modificare le leggi dellelettromagnetismo oppure
modificare le trasformazioni di Galileo. I tentativi di modificare le
leggi dellelettromagnetismo in modo tale che per trasformazioni di
Albert Einstein
9-4 Relativit
Galileo il principio di relativit fosse soddisfatto fallirono poich le nuove espressioni delle
equazioni di Maxwell portarono a previsioni in disaccordo con gli esperimenti. Questo indic che le
leggi dellelettromagnetismo dovevano ritenersi corrette e pertanto non si poteva far altro che
modificare le trasformazioni di Galileo.
Nel 1904 Lorentz aveva osservato che le equazioni di Maxwell risultano covarianti in
corrispondenza della trasformazione di coordinate, nota come trasformazione di Lorentz:
2
2
1
x vt
x
v
c
, (9.9)
y y = , (9.10)
z z = , (9.11)
2
2
2
1
vx
t
c
t
v
c
. (9.12)
Esempio: Per verificare la covarianza delle equazioni di Maxwell in corrispondenza dellapplicazione della
trasformazione di Lorentz, stabiliamo inizialmente le regole di calcolo delle derivate. Allo scopo, posto:
,
v
c
(9.13)
e
2 2
2
1 1
,
1
1
v
c
riscriviamo le formule della trasformazione di Lorentz come:
( ) ,
,
,
;
x x vt
y y
z z
t t x
c
=
=
=
| |
=
|
\ .
allora risulta:
,
,
,
x y z t
x x x x y x z x t x c t
x y z t
y y x y y y z y t y
x y z t
z z x z y z z z t z
x y z t
t t x t y t z t t
= + + + =
= + + + =
= + + + =
= + + + =
. v
t x
Applicando tali regole alle equazioni (9.6) e (9.7) si ottiene:
Hendrik Antoon Lorentz
Relativit 9-5
;
;
y y
x z z
y y
x z z
B B
E E E
v
z x c t t x
E E
E B B
v
x c t y t x
+ = +
= +
da cui segue:
( )
( )
;
.
x
z y y z
x
y z z y
E
E vB B E
z x t c
E
E vB B E
x y t c
( | |
(
+ = +
| (
\ .
( | |
(
=
| (
\ .
Queste equazioni si riconducono a quelle relative al sistema in quiete, se:
( )
( )
;
; ;
; .
x x
y y z y y z
z z y z z y
E E
E E vB B B E
c
E E vB B B E
c
=
| |
= = +
|
\ .
| |
= + =
|
\ .
Ricavando
y
E
e
z
E da tali equazioni e sostituendo nella (9.5) e adoperando inoltre le regole di calcolo delle derivate, si
trova:
( ) ( )
,
x x
z y y z
B B
E vB E vB v
y z t x
+ = +
da cui segue:
.
y y
x x z z
E B
B B E B
v
y z t x y z
| |
+ = + +
|
\ .
(9.14)
Procedendo in maniera analogo per lequazione (9.8) si ottiene:
0 ,
x x
y z z y
B B
B E B E
x c t y c z c
| | | |
+ + + =
| |
\ . \ .
da cui segue:
.
y y
x x z z
B E
B B B E c
x y z y z t
| |
+ + = +
|
\ .
Sostituendo in questa equazione la (9.14), si ottiene:
0 ,
y
x z
B
B B c
v
x y z
| | | |
+ + =
| |
\ .\ .
da cui segue:
0 ,
y
x z
B
B B
x y z
+ + =
che si riconduce a quella relativa al sistema in quiete se:
9-6 Relativit
x x
B B =
,
soddisfacendo contemporaneamente anche lequazione
z y x
E y E z B t =
.
La constatazione che le equazioni di Maxwell modificano la
propria espressione a seguito di una trasformazione di Galileo
sugger ad Einstein di rigettare queste trasformazioni ed accettare
in loro luogo quelle di Lorentz, per le quali le equazioni di
Maxwell sono covarianti. Einstein mise in luce che, sebbene le
trasformazioni di Galileo apparissero ovvie e naturali, esse
sottintendevano unipotesi a priori. Consideriamo due sistemi di
riferimento S e S con gli assi x e x coincidenti e gli altri assi a
due a due paralleli, in moto rettilineo uniforme luno rispetto
allaltro. Se O e O sono le rispettive origini e
0
v
la velocit di
O rispetto a O, per un generico punto P risulta:
O P OP OO =
,
ovvero, se r OP
il raggio vettore di P in S e r O P
il raggio vettore di P in S e
0
OO v t =
il raggio vettore di O in S, si ha:
0
r r v t =
.
Tale passaggio risulterebbe ovvio se i tre vettori r
, r
e
0
v t
| |
=
|
\ .
, (9.18)
dove
0
vale
0
v c . Dividendo membro a membro le (9.15), (9.16) e (9.17) per la (9.18), si ottiene:
( )
0
0 0
0 0 0
1 1
x
x
x
dx
v
dx v dt v v dx
dt
v
dx
dt
v dt dx
c dt c c
= = = =
| |
|
\ .
, (9.19)
0 0 0
1 1
y
y
x
dy
v
dy dy
dt
v
dx dt
dt dx v
c c dt c
= = = =
| | | | | |
| | |
\ . \ . \ .
, (9.20)
0 0 0
1 1
z
z
x x
dz
v dz dz
dt
v
dt
dt dx v v
c c c
= = = =
| | | | | |
| | |
\ . \ . \ .
, (9.21)
essendo dx dt , dy dt e dz dt pari, rispettivamente, a
x
v ,
y
v e
z
v . Queste relazioni rappresentano
le formule di trasformazione relativistiche della velocit. Si noti che nellapprossimazione
0
v c ,
siccome
0
1 , tali relazioni diventano uguali a le corrispondenti trasformazioni classiche della
velocit
0 x x
v v v ,
y y
v v = e
z z
v v .
Esempio: Per verificare che la trasformazione di Lorentz lascia invariata la velocit della luce consideriamo un impulso
luminoso in moto lungo lasse x. Nel sistema di riferimento S, in quiete, la sua velocit vale:
; v c x =
la velocit nel sistema di riferimento S in moto traslatorio uniforme lungo lasse x pertanto:
( )
0 0 0
0 0
0
.
1
1 1
c v c v c v
c c
v
c v c
c c c
= = = =
Quindi, in accordo con lipotesi formulata da Einstein, la velocit della luce risulta indipendente dal sistema di
riferimento considerato.
9-8 Relativit
Esempio: Per stabilire le formule di trasformazione inversa, consideriamo la relazione (9.19) ed esprimiamo
x
v
attraverso
x
v ; moltiplicando ambo i membri della (9.19) per il termine
0
1
x
v c si ottiene:
0
0
,
x x x x
v v v v v
c
=
ovvero:
0
0
1 ,
x x
v v v v
c
| |
+ = +
|
\ .
da cui segue:
0
0
.
1
x
x
x
v v
v
v
c
+
=
| |
+
|
\ .
(9.22)
Analogamente si trovano le altre espressioni della trasformazione inversa:
0
,
1
y
y
x
v
v
v
c
=
| |
+
|
\ .
0
,
1
z
z
x
v
v
v
c
=
| |
+
|
\ .
cio tali relazioni si deducono dalle relazioni dirette sostituendo, formalmente
0
v
in luogo di
0
v
.
9.3 Conseguenze cinematiche della trasformazione di Lorentz
Consideriamo due eventi A e B che hanno luogo simultaneamente allistante iniziale nel sistema
S in quiete ( 0
A B
t t = = ) e supponiamo, per comodit, che levento A accada nellorigine del sistema
di riferimento S ( 0
A A A
x y z = = = ) e che levento B accada in un punto di coordinate ( )
B B B
x y z .
Stabiliamo attraverso le trasformazioni di Lorentz gli istanti
A
t e
B
t in corrispondenza dei quali tali
eventi sono osservati nel sistema S in moto rettilineo uniforme rispetto a S. Applicando la (9.12) si
ha:
0
A A A
t t x
c
| |
= =
|
\ .
,
B B B B
t t x x
c c
| |
= =
|
\ .
.
Quindi
A B
t t ovvero, a meno che non si verifichino nello stesso punto (cio non risulti
A B
x x = ),
eventi che per un osservatore solidale ad S risultano simultanei, non lo sono per un osservatore
solidale a S .
Consideriamo due eventi A e B non simultanei in S, per esempio assumiamo che B segue A (cio
B A
t t > ), che, per semplicit, supponiamo si manifestino entrambi sullasse x. Ci proponiamo di
Relativit 9-9
verificare se possibile identificare un sistema di riferimento s tale che lordine di progressione di
questi eventi risulti invertito (cio
B A
t t < ). Dalla (9.12) si ha, in generale:
A A A
t t x
c
| |
=
|
\ .
,
B B B
t t x
c
| |
=
|
\ .
;
Imponiamo quindi che risulti
B A
t t < :
B B A A
t x t x
c c
< ,
cio:
B A
B A AB
x x
t t T
c
< = ,
dove
AB
T rappresenta il tempo che impiega un impulso luminoso per percorrere la distanza
B A
x x .
Siccome 1 < , dalla relazione precedente si ha:
B A AB
t t T < ,
ovvero si avrebbe
B A
t t < solo se il tempo che intercorre tra gli eventi A e B in S inferiore al tempo
di propagazione della luce tra i punti
A
x e
B
x . Daltra parte, richiedere che
B A
t t < comporta una
violazione del principio di causa ed effetto, cos, per impedire tale violazione necessariamente
nessun agente fisico pu propagarsi con velocit maggiore di quella della luce.
Supponiamo che due osservatori, rispettivamente solidali con
S e S vogliano stabilire la lunghezza di una sbarra rigida
disposta parallellamente allasse x, comune tra S e S , e in quiete
rispetto al sistema di riferimento in moto S . A tale scopo,
losservatore in S, rispetto al quale la sbarra si muove con
velocit v
B
x
A
x
9-10 Relativit
( )
A A A A
x x vt x = = ,
( )
B B B B
x x vt x = = .
Pertanto:
( )
B A B A
l x x x x l = = = ,
cio la misura della lunghezza della sbarra fatta dallosservatore in moto risulta minore della stessa
misura eseguita dallosservatore in quiete, di un fattore pari a . Con un analogo calcolo possibile
provare che, per una sbarra disposta perpendicolarmente alla direzione del moto non esiste alcuna
differenza tra i risultati delle due misure.
Consideriamo due eventi successivi A e B che avvengono nello stesso punto relativamente ad un
osservatore solidale con S , ad esempio supponiamo che uno avvenga al tempo iniziale t e laltro
dopo un tempo t e che siano entrambi situati nellorigine del sistema di riferimento S :
0, ;
0, .
A A
B B
x t t
x t t t
= =
= = +
Invertendo la relazione (9.12) possibile stabilire i tempi
A
t e
B
t in corrispondenza dei quali hanno
luogo gli eventi A e B dal punto di vista di un osservatore solidale col sistema in quiete:
( )
,
.
A A
B B
t t x t
c
t t t x t t
c
| |
= + =
|
\ .
| |
= + + = +
|
\ .
Per cui, posto:
B A
t t t ,
lintervallo di tempo misurato da S tra gli eventi
A
t e
B
t , risulta:
( )
B A
t t t t t t t = = + = ,
cio:
t
t
= ,
ovvero un intervallo di tempo tra due eventi stabilito da un osservatore in moto ha durata maggiore
dellintervallo tra gli stessi eventi misurato da un osservatore in quiete.
Relativit 9-11
9.4 Leggi di trasformazione del campo elettromagnetico
Dalla richiesta della invarianza delle espressioni delle equazioni di Maxwell in corrispondenza di
una trasformazione di Lorentz, si ricavano le seguenti leggi di trasformazione del campo elettrico:
( ) ( )
( ) ( )
; ;
; ;
; ;
x x x x
y y z y y z
z z y z z y
E E E E
E E vB E E vB
E E vB E E vB
= =
= = +
= + =
in cui le espressioni inverse, a destra, si ottengono formalmente cambiando v in v e scambiando le
quantit accentate con quelle non accentate. Analogamente, per il campo magnetico risulta:
; ;
; ;
; .
x x x x
y y z y y z
z z y z z y
B B B B
B B E B B E
c c
B B E B B E
c c
= =
| | | |
= + =
| |
\ . \ .
| | | |
= = +
| |
\ . \ .
Facendo uso dei simboli e per denotare i vettori diretti, rispettivamente, parallelamente e
ortogonalmente alla direzione in cui il sistema in moto S si sposta relativamente al sistema in
quiete S con velocit v
= = =
= + = + + =
( (
= + + = +
( ) ( )
2 2
;
1 1
.
x x
y z y z z y
y z
B B x B x B
B B y B z B E y B E z
c c
B y B z v E B v E
c c
= = =
| | | |
= + = + + =
| |
\ . \ .
( (
= + + = +
( (
Da tali relazioni segue che i vettori E
e B
e B
nel sistema S si ha il campo elettrico E
pari a:
( ) ( )
,
x y z x y z z y x y z
E E x E y E z E x E vB y E vB z E x E y E z = + + = + + + = + +
9-12 Relativit
essendo il campo nel sistema S puramente elettrico. Tuttavia, dalle relazioni di trasformazione dei campi segue che in
corrispondenza del campo E
Pertanto il puro campo elettrico E
in un
sistema di riferimento inerziale, soggetta sia ad un campo elettrico E
;
daltra parte, siccome F dp dt =
, dove p
.
Nella meccanica classica la quantit di moto si esprime come:
p mv =
cos, sostituendo nella relazione precedente, si ottiene:
( )
dv
m q E v B
dt
= +
.
Affinch tale identit soddisfi il principio di relativit di Einstein essa deve risultare covariante
rispetto ad un cambiamento di sistema di riferimento inerziale, ossia in corrispondenza
dellapplicazione della trasformazione di Lorentz. Tuttavia nei paragrafi precedenti abbiamo
constatato come le formule di trasformazioni delle grandezze (la velocit e i campi) non contengono
la massa m. Pertanto se si assume, come accade nellambito della meccanica classica, che la massa
sia un invariante per cambiamento di sistema di riferimento, la precedente relazione non pu
risultare covariante per una trasformazione di Lorentz. Ne segue che occorre formulare una nuova
definizione della quantit di moto tale che la conseguente seconda legge della dinamica sia
invariante per trasformazione di Lorentz, ma che nel limite delle piccole velocit ( v c ) si
riconduca allespressione classica.
Relativit 9-13
A tale scopo consideriamo lurto
completamente anelastico tra due
particelle identiche isolate, di massa
m, osservato nel corrispondente
sistema di riferimento del centro di
massa S . In questo sistema, prima
dellurto le velocit delle particelle
sono uguali ed opposte in modulo e
di conseguenza la velocit del centro di massa nulla. Dopo lurto, siccome si conserva la velocit
del centro di massa, la particella di massa 2m si trova a riposo nel sistema di riferimento
considerato. Prima dellurto la quantit di moto del sistema :
0
i
p mv mv = =
mentre, dopo lurto, siccome la velocit del centro di massa nulla, si ha:
0
f
p =
Consideriamo ora un osservatore S
in moto relativamente al sistema
considerato come mostrato in figura
e supponiamo, per semplicit, che la
sua velocit sia uguale e concorde
con quella di una delle due particelle.
Adoperando le regole classiche di
composizione delle velocit, los-
servatore S rileva, per la particella in
moto nel verso opposto a quello del sistema, una velocit pari a 2v mentre laltra appare a riposo;
per tale osservatore, la quantit di moto prima dellurto vale quindi:
( ) 2 2
i
p m v mv = = .
Dopo lurto S osserva la particella di massa 2m in moto velocit v, cos:
( ) 2 2
f
p m v mv = = .
Se anzich adoperare le regole
classiche di composizione della
velocit applichiamo la formula
relativistica (9.22), la velocit u
della particella diretta nel verso
opposto a quello del sistema vale:
2 2
2
2 2
;
1
1 1
v v v v
u
v v
v
c c
+
= = =
+ | |
+ +
|
\ .
(9.23)
pertanto la quantit di moto prima dellurto :
prima dell' urto dopo l' urto
m m
x x'
2m
O
y
S
y
O
S
O'
y'
S'
y'
O'
S'
x x'
r
v r
v
r
v
r
u
prima dell' urto dopo l' urto
m m
x x'
2m
O
y
S
y
O
S
O'
y'
S'
y'
O'
S'
x x'
r
v 2
r
v r
v
r
v
prima dell' urto dopo l' urto
O
v
m m
v
x
y
O
S'
2m
x
y
S'
9-14 Relativit
2
2
.
1
i
mv
p mu
= =
+
Daltra parte, dopo lurto S osserva ancora la particella di massa 2m in moto con velocit v, per cui:
( ) 2 2
f
p m v mv = = .
Cio seguendo tale approccio il
principio di conservazione della
quantit di moto cessa di essere una
propriet del sistema ma diventa
dipendente dal punto di vista
dellosservatore. Cos facendo,
tuttavia, verrebbe meno un principio
fondamentale della meccanica; per
ovviare a tale eventualit occorre ridefinire il concetto di massa. Supponiamo pertanto che la massa
delle particelle sia dipendente dalla sua velocit, se ( ) m u la massa della particella diretta nel
verso opposto a quello del sistema S,
0
m , la massa dellaltra particella, a riposo in S, e ( ) M v la
massa del sistema composto dopo lurto vista in S, allora la conservazione della massa totale prima
e dopo lurto richiede che valga la relazione:
( ) ( )
0
m u m M v + = . (9.24)
Inoltre, utilizzando questa nuova definizione della massa, il principio di conservazione della
quantit di moto si esprime come:
( ) ( ) m u u M v v = . (9.25)
Ricavando ( ) m u da tale relazione come ( ) ( ) v u M v e sostituendo nella (9.24), si ha:
( ) ( )
0
v
M v m M v
u
+ = ,
( )
0
1
v
M v m
u
| |
=
|
\ .
,
da cui, sostituendo a u lespressione fornita dalla (9.23), si ottiene:
( )
( )
0 0 0 0
2
2
2
2
1
1
1 1 1 1
2
2
1
m m m m
M v
v v
v
u
= = = =
+
+
.
Infine, sostituendo questa espressione nella (9.25) e ricavando ( ) m u , si ha:
prima dell' urto dopo l' urto
m(u)
x x' O
y
S
y
O
S
O'
y'
S'
y'
O'
S'
x x'
r
v r
v
r
v
r
u
0
m m(u) M(u)
Relativit 9-15
( )
( )
( )
( ) ( ) ( )
( )
( )
2 2 2
0 0 0 0 0 0 0
0 0 2 2 2 2
2
2
2
2
0 0 0
4 2 4 2 2 2 4 2 2
2 2 2
2 2 2
0 0 0 0
2 2 2 2
2 2
2 2
2
2
2 2 1
1 1 1 1
1
1
1 2 1 2 2 2 1 4 4
1 1 1
,
2 2 1 1 4
1
1 1
1 1
1
m m m m m m m
m u m m
m m m
m m m m
u
v
c
c
+ + +
= = = = = =
+
= = = =
+ + + + +
+ + +
= = = =
| | | | | | +
|
| |
+ + \ .
\ . \ .
+
dove u rappresenta la velocit della particella misurata dallosservatore S. Pertanto possiamo
scrivere che in generale, se
0
m rappresenta la massa di una particella a riposo, quando questa in
moto con velocit v rispetto ad un sistema di riferimento inerziale, la sua massa vale:
0
2
.
1
m
m
v
c
=
| |
|
\ .
(9.26)
Sebbene le precedenti espressioni siano state dedotte studiando
il caso di una collisione anelastica, i risultati conseguiti hanno
validit generale, cio valgono in tutte le circostanza in cui un
corpo dotato di massa si muove relativamente ad un osservatore.
La formule sono state ricavate a partire da due assunzioni: la
costanza della velocit della luce nel vuoto per tutti gli osservatori
e il principio di relativit, che in questa circostanza afferma che se
la quantit di moto una grandezza conservata per un osservatore,
allora conservata per tutti gli osservatori in moto rettilineo
uniforme rispetto al primo. Per velocit v piccole rispetto a c, come accade nella pratica comune, la
differenza tra m e
0
m troppo piccola perch possa risultare evidente, tuttavia, per velocit
apprezzabili rispetto a quella della luce nel vuoto le differenze tra m e
0
m diventano sempre pi
significative, quanto pi v si approssima
2
a c. In figura mostrata la variazione di m con dato
dalla (9.13). Siccome la massa di un corpo rappresenta la relativa inerzia, ovvero la misura
dellaccelerazione che subisce il corpo quando sottoposto allazione di una certa forza, la (9.26)
comporta che per accelerare un corpo alla velocit delle luce occorre una forza infinitamente grande.
Cio una massa che si muovesse alla velocit c sarebbe caratterizzata da uninerzia infinita. La
(9.26) quindi esprime di fatto che la velocit della luce rappresenta la velocit limite per il moto dei
corpi dotati di massa.
Utilizzando la (9.26), la quantit di moto p
si scrive come:
2
Ci si ha, ad esempio, nel caso delle particelle emesse da nuclei radioattivi o nel caso delle particelle che
costituiscono i raggi cosmici o, ancora, nel caso delle particelle accelerate nelle moderne macchine acceleratici. Ad
esempio gli elettroni accelerati nel tubo catodico di un televisore con tensione di accelerazione pari a 20 kV hanno una
massa che risulta il 4% circa maggiore della loro massa a riposo.
O
m( b )
0
m
1.0 0.5
b
9-16 Relativit
( )
0 0
1 2
2 2
;
1
1
m v m v
p mv
v
c
= = =
| |
|
\ .
tale espressione, per v c tende allespressione classica
0
m v
.
A partire da questa relazione possibile generalizzare la seconda legge della dinamica. In
meccanica classica massa di un corpo assunta invariante, per cui la forza dp dt
, cio ( ) d mv dt
,
vale mdv dt
, ovvero ma
, (9.27)
pertanto nellambito della relativit la derivata della quantit di moto, ovvero la forza, non uguale
al prodotto della massa per laccelerazione. Dalla (9.26) segue:
( )
0
3 2
2
1
m dm dm d dv
dt d dt c dt
= =
,
cos, sostituendo nella (9.27) segue:
( )
( ) ( )
2
0 0
1 2 3 2
2 2
1 1
m m d v
F mv a a
dt v
= = +
. (9.28)
Tale relazione, che al solito, per v c tende allespressione classica ma
, ha quale immediata
conseguenza che la forza F
in quanto il
secondo addendo diretto secondo la velocit v
.
Esempio: Un caso particolare in cui laccelerazione parallela alla forza si ha quanto la forza F
parallela alla
velocit v
, come accade in un moto uniformemente accelerato. In tale circostanza la (9.28) si scrive nella forma:
( ) ( ) ( )
( )
( ) ( )
( )
( )
( )
( )
3 2 3
2 2
2
2 2 0 0 0 0
1 2 3 2 3 2 1 2 3 2 2
2 2 2 2 2
2
2 2 0 0
3 2 3 2
2 2
1 1
1
1 1 1 1 1
1 .
1 1
m m m m
F a a a a
m m
a a
(
(
(
(
= + = + = + =
(
(
(
(
= + =
(
per specificare che tale risultato ha valore nella sola circostanza in cui F
e a
e il termine
( )
3 2
2
0
1 m
prende il nome di massa longitudinale. Un'altra situazione in cui laccelerazione parallela
alla forza si ha quando il vettore F
perpendicolare a v
e quindi risulta 0 F v =
. In questo caso il secondo addendo
della (9.28) nullo e tale relazione si scrive nella forma:
Relativit 9-17
( )
0
1 2
2
,
1
m
F a
dove il termine
( )
1 2
2
0
1 m
prende il nome di massa trasversa.
9.6 Equivalenza massa-energia
Il lavoro elementare dL eseguito da una forza F
di un
punto materiale dato dalla relazione:
dL F dr =
,
dal teorema dellenergia cinetica noto che tale lavoro determina una variazione
k
dE dL =
dellenergia cinetica del punto, pertanto:
k
dE F dr =
,
dividendo ambo i membri di tale relazione per dt , siccome la velocit v
, si
ha:
k
dE dr
F F v
dt dt
= =
,
cio il prodotto scalare F v
rappresenta il tasso di variazione dellenergia cinetica del corpo
considerato. Dalla relazione (9.27) segue:
2 k
dE dv dm dv dm dv dm
F v m v v m v v v m v v
dt dt dt dt dt dt dt
| |
= = + = + = +
|
\ .
,
per cui la variazione infinitesima dellenergia cinetica
k
dE del punto materiale vale:
2
k
dE mdv v dmv = +
. (9.29)
Consideriamo ora la relazione (9.26), elevando al quadrato ambo i membri e moltiplicando ambo i
membri per il fattore
2 2
1 v c , segue:
2
2 2
0 2
1
v
m m
c
| |
=
|
\ .
,
ovvero;
( )
2 2 2 2 2
0
m c m v v m c =
.
9-18 Relativit
Se ora differenziamo ambo i membri di questa identit, siccome il prodotto
2 2
0
m c costante, si
ottiene:
( )
2 2 2
2 2 2 0 mdmc mdmv m dv v =
e, dividendo ambo i membri per 2m segue:
2 2
mdv v dmv c dm + =
.
Confrontando questa identit con la (9.29) si ha:
2
k
dE c dm = .
Se la forza F
.
La relazione
2 2
0 k
E mc m c = , (9.30)
rappresenta il teorema dellenergia cinetica nel caso relativistico ed possibile verificare facilmente
come tale espressione tenda alla relazione classica nel limite v c .
Esempio: Per verificare il limite classico della relazione (9.30), scriviamo tale espressione facendo uso della (9.26):
( ) ( )
2
2 2 2 2 0
0 0 0 1 2 1 2
2 2
1
1 ,
1 1
k
m c
E mc m c m c m c
(
(
= = =
(
sviluppando in serie la funzione
( )
1 2
2
1
nellintorno di
2
0 = , si ha:
( )
2 4
1 2
2
1 1 3
1 ,
2 8
1
= + + +
per cui, sostituendo nella relazione precedente si ha:
( )
4
2 2 2 4 2
0 0 0 0 1 2 2
2
1 1 3 1 3
1 1 1 ,
2 8 2 8
1
k
v
E m c m c m v m
c
(
| |
(
= = + + + = + +
|
(
\ .
e, trascurando i termini dello sviluppo successivi al primo, si ha:
2
0
1
,
2
k
E m v
che rappresenta lespressione classica dellenergia cinetica.
Relativit 9-19
Lespressione dellenergia cinetica relativistica (9.30) suggerisce un legame tra la massa e
lenergia di un corpo e indica che massa ed energia rappresentano due differenti misure di una
stessa grandezza. Tale caratteristica prende il nome di principio di equivalenza massa-energia.
Questa propriet, confermata dallesperienza, porta a concludere che in corrispondenza di una
variazione dellenergia di un sistema, anche la sua massa cambia secondo la relazione:
2
E c m = .
La presenza del fattore
2
c determina significative variazioni di massa solo in corrispondenza di
grandi variazioni dellenergia, per cui tale effetto risulta apprezzabile, ad esempio, solo nellambito
dei processi che coinvolgono le particelle elementari, mentre risulta del tutto trascurabile, ad
esempio, nelle reazioni chimiche. Il termine
2
0
m c della (9.30) prende il nome di energia di riposo,
mentre la quantit:
( )
2
2 2 0
0 1 2
2
1
k
m c
E mc E m c
= =
,
prende il nome di energia totale della particella e comprende lenergia cinetica e lenergia di riposo.
Esempio: Ad ogni massa in quiete corrisponde un elevato contenuto energetico, ad esempio lenergia contenuta in un
corpo di massa pari ad un grammo vale:
( ) ( )
2 8 8
0
1 2.99 10 8.99 10 24.97 , E m c g m s J GW h = =
cio in un grammo di materia contenuta unenergia pari a quella prodotta in 5 giorni circa da una centrale elettrica da
200MW .
Esempio: Nel processo di fusione di due nuclei atomici la massa del nucleo cos composto risulta minore della massa
dei singoli nuclei componenti. La differenza, denominata difetto di massa pari al rapporto
2
B
E c
, dove
B
E
lenergia
che si libera nel processo sotto forma di radiazione elettromagnetica o calore (energia di legame). Lenergia liberata in
questo processo di fusione nucleare responsabile dellintenso flusso luminoso delle stelle fisse.
Esempio: La relazione di equivalenza massa-energia giustifica la produzione e la trasformazione delle particelle
elementari. Ad esempio, nellinterazione di fotoni con nuclei atomici pu aversi la trasformazione di un fotone in una
coppia elettrone-positrone, dove il positrone, antiparticella dellelettrone ha la stessa massa
e
m
di questo ma carica
opposta. Questo processo avviene solo se lenergia del fotone maggiore o uguale del doppio dellenergia di riposo
dellelettrone
2
2
e
m c
; leventuale eccesso di energia del fotone rispetto a tale quantit si trasforma in energia cinetica
della coppia.
9-20 Relativit
APPENDICE
A.1 Operatori differenziali e relativi teoremi
Si definisce un operatore vettoriale (nabla) in coordinate cartesiane nella maniera seguente:
x y z
x y z
c c c
V + +
c c c
.
E possibile provare che tale operatore possiede caratteristiche analoghe a quelle dei tradizionali
vettori e si presta a definire in maniera sintetica altre grandezze utili nellambito
dellelettromagnetismo. In generale la sua espressione dipende dal particolare sistema di coordinate
adoperate e lespressione precedente relativa alle coordinate cartesiane.
Sia ( ) , , x y z una funzione definita e derivabile in ogni punto ( ) , , x y z di una certa regione
dello spazio (ossia descrive un campo scalare derivabile). Si definisce gradiente di e si indica
con V
;
cos V
e si indica con v V
o divv
la seguente grandezza:
( )
y
x z
x y z
v
v v
v x y z v x v y v z
x y z x y z
c
| | c c c c c
V + + + + = + +
|
c c c c c c
\ .
.
Si noti che loperatore nablaviene formalmente adoperato come un operatore tradizionale; tuttavia
tale operatore non soddisfa la propriet commutativa dei vettori rispetto al prodotto scalare,
risultando v V
differente da v V
e si
indica con v V
o rotv
la seguente grandezza:
A-2 Appendice
( )
.
x y z
x y z
y y
x x z z
x y z
v x y z v x v y v z
x y z x y z
v v v
v v
v v v v
x y z
y z z x x y
| | c c c c c c
V + + + + = =
|
c c c c c c
\ .
c c | | | | c c c c | |
= + +
| | |
c c c c c c
\ .
\ . \ .
Si osservi come anche in questo caso loperatore nabla agisca analogamente ad un vettore
tradizionale nel prodotto vettoriale.
Di seguito sono mostrate le espressioni del gradiente, divergenza e rotore nelle coordinate
cilindriche:
1
z
z
|
|
c c c
V = + +
c c c
,
( )
1 1
z
v
v
v v
z
|
|
c
c c
V = + +
c c c
,
( )
1 1
z z
v v v
v v
v v z
z z
|
|
|
| |
c c c | | | | ( c c c
V = + +
| | (
c c c c c c
\ . \ .
,
e sferiche:
1 1
sin
0 |
0 0 |
c c c
V = + +
c c c
,
( ) ( )
2
2
1 1 1
sin
sin sin
v
v v v
|
0
0
0 0 0 |
c
c c
V = + +
c c c
,
( ) ( ) ( )
1 1 1 1
sin
sin sin
v v
v
v v v v
0
| | 0
0 0 |
0 0 | 0 | 0
c c ( ( c ( c c c
V = + +
( ( (
c c c c c c
.
Sia V il volume delimitato dalla superficie chiusa S e u
un campo vettoriale
derivabile con derivate continue, il teorema del rotore, formulato da Ampre nel
1825 e successivamente generalizzato da George Gabriel Stokes, afferma che vale
lidentit:
( ) ( )
S S
v dr v nds v ds = V = V
} } }
,
S
C
n
Appendice A-3
dove percorsa in direzione positiva. La direzione di detta positiva se un osservatore che
cammina sul contorno di S in questa direzione e con il capo orientato nella direzione del versore
positivo n normale a S, ha la superficie S alla sua sinistra (si veda la figura).
A-4 Appendice
A.2 Numeri complessi
Lincompletezza dellinsieme dei numeri reali fu riconosciuta gi dai matematici greci che per
primi si resero conto dellimpossibilit di risolvere equazioni polinomiali del tipo
2
1 0 x + = . I
numeri complessi vennero introdotti nel 16 secolo da Niccol Tartaglia, ma soltanto quale
espediente per consentire la risoluzione delle equazioni di terzo e quarto grado, tuttavia solo nel 19,
soprattutto per opera di Gauss linsieme dei numeri complessi venne considerato a tutti gli effetti un
ampliamento di quello dei numeri reali. Introducendo lunit immaginaria j definita come:
1 j
lequazione
2
1 0 x + = ha soluzioni j .
Viene detto numero complesso un numero z espresso nella forma:
z x jy = + , (A.1)
i numeri reali x e y sono detti rispettivamente parte reale e parte immaginaria del numero z e si
indicano:
{ }
{ }
,
;
x z
y z
=
=
e
m
se il numero a nullo, z detto immaginario puro. Si definisce complesso coniugato del numero
complesso z (A.1) il numero
*
z tale che:
*
z x jy = .
La quantit:
( )( )
* 2 2
z z z x jy x jy x y = = + = +
detta modulo di z .
A.2.1 Operazioni tra numeri complessi
Consideriamo due numeri complessi
1
z e
2
z :
1 1 1
2 2 2
,
,
z x jy
z x jy
= +
= +
definiamo la somma (sottrazione)
1 2
z z come:
( ) ( ) ( ) ( )
1 2 1 1 2 2 1 2 1 2
z z x jy x jy x x j y y = + + = + ,
Appendice A-5
la moltiplicazione
1 2
z z :
( )( ) ( ) ( )
1 2 1 1 2 2 1 2 1 2 1 2 1 2
z z x jy x jy x x y y j x y y x = + + = + + ,
la divisione
1 2
z z come:
( )( )
* *
1 1 2 2
1 1 2 1 2 1 2 1 2 1 2 1 2
2 * 2 2 2 2 2 2
2 2 2 2 2 2 2 2 2
2
x jy x jy z z z z z x x y y y x x y
j
z z z x y x y x y
z
+ +
= = = = +
+ + +
.
Risulta inoltre:
1 2 1 2
z z z z = ,
( )
1
1
2
2 2
, 0 .
z
z
z
z z
= =
1 2 1 2
z z z z + s + .
A.2.2 Rappresentazione geometrica
Lespressione (A.1) suggerisce la possibilit di associare al numero
complesso z la coppia ordinata di numeri reali ( ) , x y , pertanto
possibile rappresentare un numero complesso attraverso i punti del piano;
questo tipo di rappresentazioni prende anche il nome di diagramma di
Argand, dal matematico francese J ean-Robert Argand che lo introdusse
nel 1806. Con riferimento alla figura risulta:
cos ,
sin ,
x r
y r
0
0
=
=
dove:
{ }
{ }
2 2
,
tan ,
r x y z
z
y
x z
0
= + =
= =
(A.2)
cio la lunghezza r del segmento che unisce lorigine del piano col punto di coordinate ( ) , x y
coincide col modulo z di z e langolo 0 che tale segmento forma con lasse orizzontale, detto
argomento del numero complesso, tale che la sua tangente pari al rapporto tra la parte
immaginaria e quella reale di z . Pertanto dalla (A.1) e dalle relazioni (A.2) segue che il numero
complesso z pu essere rappresentato come:
( ) cos sin z x jy r j 0 0 = + = + . (A.3)
O asse reale
a
s
s
e
i
m
m
a
g
i
n
a
r
i
o
J
x
y
r
(x , y )
A-6 Appendice
A.2.3 Rappresentazione esponenziale
Consideriamo lo sviluppo in serie delle funzioni cos0 e sin0 intorno a 0 0 = :
2 4
3 5
cos 1 ,
2! 4!
sin ,
3! 5!
0 0
0
0 0
0 0
= +
= +
moltiplicando la seconda espressione per j e sommando membro a membro si ottiene:
( ) ( )
2 3
cos sin 1 ,
2! 3!
j
j j
j j e
0
0 0
0 0 0 + = + + + + =
pertanto dalla (A.3) segue:
( ) cos sin
j
z r j re
0
0 0 = + = .
La rappresentazione di un numero complesso attraverso lesponenziale si rivela particolarmente
utile nella circostanza in cui occorre calcolare delle moltiplicazioni o divisioni tra numeri complessi.
Infatti, dati due numeri:
1
2
1 1
2 2
,
,
j
j
z r e
z r e
0
0
=
=
risulta:
( )
( )
1 2 1 2
1
1 2
2
1 2 1 2 1 2
1 1 1
2 2 2
,
,
j j j
j
j
j
z z r e r e r r e
z r e r
e
z r e r
0 0 0 0
0
0 0
0
+
= =
= =
quindi il prodotto di due numeri complessi pari al numero che ha per modulo il prodotto dei
moduli e per argomento la somma degli argomenti e il rapporto tra due numeri complessi pari al
numero che ha per modulo il rapporto tra i moduli e per argomento la differenza degli argomenti.
A.2.4 Rappresentazione fasoriale
Dalla corrispondenza tra un numero complesso ed una coppia ordinata
di numeri reali segue che possibile rappresentare un numero complesso
x jy + come un segmento orientato del piano xy che spicca dallorigine O
ed ha estremo libero nel punto di coordinate ( ) , x y . La lunghezza del
segmento coincide col modulo del numero complesso e langolo che tale
segmento forma con lasse x coincide con largomento del numero. A
O asse reale
a
s
s
e
i
m
m
a
g
i
n
a
r
i
o
J
x
y
r
z
Appendice A-7
questo segmento orientato viene attribuito il nome di fasore. Il vantaggio
della rappresentazione fasoriale sta nella possibilit di svolgere operazioni
tra numeri complessi attraverso un approccio grafico; ad esempio la
somma
1 2
z z + tra i numeri complessi
1
z e
2
z viene effettuata nella
rappresentazione fasoriale applicando la regola del parallelogramma per
laddizione di due vettori, cos come mostrato in figura.
O asse reale
a
s
s
e
i
m
m
a
g
i
n
a
r
i
o
1
z
2
z
+
1
z
2
z
A-8 Appendice