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da Adorno, Minima moralia Il desiderio della presenza di ci che pi antico, non che la speranza che la creazione animale possa

sa sopravvivere all'ingiustizia che ha subito ad opera dell'uomo, e magari all'uomo stesso, e produrre una specie migliore, destinata finalmente a riuscire. Dalla stessa speranza hanno origine i giardini zoologici, allestiti secondo il modello dell'arca di No; da quando essi esistono, infatti, la borghesia in attesa del diluvio. Divertimento e istruzione sono un sottile pretesto. I giardini zoologici sono allegorie della speranza che un esemplare, o una coppia, possa sfuggire al destino che colpisce la specie in quanto tale. Non c' nulla di buono neppure nei giardini di Hagenbeck, con fossati e senza sbarre, che tradiscono l'arca, fingendo la salvezza che solo l'Ararat promette. Essi negano tanto pi radicalmente la libert della creatura, quanto pi rendono invisibili le barriere alla cui vista potrebbe accendersi il desiderio del libero spazio. Essi stanno ai veri zoo come i giardini botanici alle serre. Quanto pi la civilt conserva e trapianta tale e quale la natura, tanto pi spietato il suo dominio su di essa. Oggi ci si pu permettere di assoggettare unit naturali sempre pi vaste, e di lasciarle in questa soggezione - apparentemente intatte, dove una volta la selezione e l'addomesticamento di singoli esemplari testimoniavano ancora della necessit di vincere la natura. La tigre che si aggira senza sosta su e gi per la gabbia, riflette negativamente, nel suo smarrimento, un minimo di umanit: ma non quella che scorrazza liberamente dietro il fossato invalicabile. L'antiquata bellezza della "Vita degli animali" di Brehms deriva precisamente dal fatto che tutti gli animali vi sono descritti come appaiono attraverso le sbarre dei giardini zoologici, anche e soprattutto quando si citano racconti fantastici di esploratori sulla loro vita allo stato selvaggio. Il fatto che, d'altra parte, gli animali soffrano di pi in gabbia che nei liberi recinti, e che Hagenbeck rappresenti effettivamente un progresso di umanit, dice qualcosa intorno all'inevitabilit della prigionia. Questa inevitabilit nella logica della storia. I giardini zoologici, nella loro forma originale, sono prodotti dell'imperialismo coloniale del secolo decimonono. La loro fioritura coincide con l'apertura dei territori selvaggi dell'Africa e dell'interno dell'Asia, che fornivano tributi simbolici sotto forma di esemplari animali. Il valore dei tributi era tutto nell'esotico, nel difficilmente accessibile. Lo sviluppo della tecnica ha fatto piazza pulita di tutto questo, e ha liquidato l'esotismo. Il leone allevato nella "farm" non meno domestico del cavallo, sottoposto da tempo al controllo delle nascite. Ma il millennio non sopraggiunto. La natura sopravvive solo nell'irrazionalit della cultura stessa, nel groviglio di mura e di vicoli a cui appartengono anche le torri e i bastioni dei giardini zoologici disseminati nelle citt. La razionalizzazione della cultura, che apre le finestre alla natura, assorbe definitivamente quest'ultima, ed elimina, con la differenza, anche il principio della cultura, la possibilit della conciliazione .

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