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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI MESSINA

FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN FILOSOFIA

Guerra, lavoro e totalit nel pensiero di Ernst Jnger

Tesi di Laurea di: Relatore:

Mirko Andaloro Chiar.ma Prof. Caterina Resta

Anno Accademico 2012 2013

Introduzione
Ernst Jnger nasce nel 1895 e attraversa per intero il XX secolo, vivendo entrambe le guerre mondiali da protagonista; la sua vita e le sue opere sono tra le espressioni pi radicali di un decisivo momento storico, sconvolto da grandi cambiamenti e vissuto dallautore nellinfuocato scenario politico della Germania. Forse riferendosi alla sua straordinaria longevit, in unintervista rilasciata nel 1995, Jnger ha definito luomo uno strano essere che attraversa il tempo1; daltronde, lautore tedesco sopravvissuto ad innumerevoli pericoli e ha affrontato in prima persona le tappe cruciali del secolo scorso. Dalla potenza di fuoco della Grande guerra alla dittatura nazista, Jnger ha attraversato gli eventi pi tragici del secolo, uscendone incolume ed addirittura rafforzato nella sua attivit di scrittore. Non c dubbio, infatti, che lesperienza della guerra abbia ispirato la scrittura del giovane Jnger; ma pur vero che il suo primo capolavoro, Nelle tempeste dacciaio2, la sua opera forse pi nota, gli ha affibbiato letichetta di scrittore di guerra, che limita e predetermina lorizzonte entro cui collocare i suoi primi scritti. Jnger, infatti, non semplicemente uno scrittore di guerra. Sin dallinizi degli anni Venti, egli si occupa principalmente della tecnica, un problema tipicamente novecentesco, che riguarda il soldato solo in uno dei suoi molteplici aspetti. A questo proposito, nella prima parte di questo lavoro, viene illustrata la metamorfosi del soldato in un tecnico della morte, delineata nella figura del milite ignoto che assurge, cos, a simbolo per eccellenza della guerra di materiali. Lintento principale di Jnger mostrare come nella guerra totale la quantit vinca sulla qualit; il milite ignoto, infatti, rappresenta una cifra emblematica di quel complesso meccanismo che la guerra nellepoca della tecnica. Per questo motivo, nel primo capitolo, dedicato al gigantesco processo lavorativo rappresentato dalla guerra, si prenderanno in esame gli scritti di Jnger relativi alla prima guerra mondiale, fondamentali per la comprensione di tutte le sue opere successive. Nel decennio a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, Jnger elabora la figura del Krieger, del guerriero, che, scampato al fuoco della prima guerra mondiale, continua a combattere anche in tempi di pace nei panni del reduce. Nonostante gli scritti politici

A. Gnoli E. Volpi, I prossimi titani. Conversazioni con Jnger, Adelphi, Milano, 1997, p. E. Jnger, Nelle Tempeste dacciaio, tr. it. di G. Zampaglione, Guanda, Parma 2007.

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siano legati agli ambienti di destra frequentati dallautore e caratterizzati da un acceso nazionalismo, Jnger, in questo periodo, mantiene una certa distanza da tutte le ideologie politiche e pensa il guerriero come il simbolo di una radicale rottura con la societ. Egli stesso esperisce in prima persona la condizione del reduce in un paese sconfitto e ci lo spinge a ridefinire il significato della guerra in un modo davvero originale. La guerra rappresenta per Jnger una profonda esperienza interiore, una prova spirituale di vasta portata, che sconvolge il singolo individuo e rivoluziona la societ, modificandone le istituzioni. A crollare scrive Jnger non fu questo o quello stato, questo o quel sistema, bens una visione del mondo, il fondamentale atteggiamento morale di un intero capitolo culturale3. Per questo motivo, tra le prime vittime della Grande guerra, Jnger poteva annoverare non solo le monarchie, ma anche la borghesia e tutti i modi di vivere appartenenti al passato. Nel celebre saggio La Mobilitazione totale4, discusso nel secondo paragrafo del presente lavoro, Jnger descrive la prima guerra mondiale non pi con gli occhi di un reduce, ma con la consapevolezza di un filosofo; gi nel 1930, infatti, lautore parla apertamente di una svolta metafisica e individua nello Stato il luogo privilegiato della Mobilitazione totale, intesa come destino della tecnica. Ma nel 1932, con la pubblicazione de Loperaio5, che Jnger abbandona definitivamente ogni visione nazionalista, dedicandosi alla questione della tecnica da un punto di vista prettamente filosofico. La differenza principale rispetto alle opere precedenti consiste nella teorizzazione della Gestalt, ovvero del concetto di Forma, che, da allora, costituir un elemento decisivo di tutto il suo pensiero. Proprio a partire dal rapporto con la Forma, loperaio legittima il proprio potere e vanta un dominio incontrastato sulle altre figure storiche; utilizzando il linguaggio universale della tecnica, tale figura metafisica riesce ad imporre il proprio dominio sullintera realt. A differenza del borghese, infatti, loperaio dispone della forza elementare e in questo senso egli ancora un guerriero, animato da un forte vitalismo e dotato di una disciplina metallica. In realt, Jnger annuncia, con la figura delloperaio, lavvento delluomo della tecnica.
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E. Jnger, La battaglia come esperienza interiore, in Scritti politici e di guerra (1925), tr. it. di A. Iadicicco, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana 2003-2005, vol. I, p. 122. 4 E. Jnger, La mobilitazione totale, in Foglie e pietre, tr. it. di F. Cuniberto, Adelphi, Milano 1997. 5 E. Jnger, LOperaio. Dominio e Forma, tr. it. di Q. Principe, Guanda, Parma 2010.

Queste riflessioni, dunque, sono ancora oggi attuali e quasi profetiche, perch anticipano il processo di globalizzazione e la sua origine essenziale nella guerra mondiale come istanza di livellamento e nellaffermarsi della civilt della tecnica e del lavoro totale. La figura delloperaio ha attirato linteresse di Martin Heidegger e il confronto con Jnger rappresenta uno dei nodi cruciali della riflessione sulla tecnica del filosofo di Mekirch. Per questo motivo, nellultima parte del primo capitolo, viene analizzato il lavoro come principio metafisico; una caratterizzazione, questa, largamente condivisa da entrambi i filosofi, che attribuiscono al lavoro una dimensione totalizzante. Ripercorrendo il lungo cammino di Jnger, della sua vita e nelle sue opere, dagli anni 20 fino agli anni 70, si riscontra in maniera evidente una svolta a cavallo della seconda guerra mondiale. Lautore stesso ha suddiviso la sua vasta produzione in due grandi periodi e in questo lavoro si cerca di seguire attentamente entrambe le fasi della sua produzione6. Infatti, solo dopo aver attraversato lesperienza drammatica della seconda guerra mondiale, che il trionfo delloperaio si rivela a Jnger nel suo volto pi sinistro e distruttivo. La tecnica conduce inevitabilmente allautomatismo e mina la libert dellindividuo, in particolar modo, quando si minacciati da un regime totalitario, come quello nazista. Di qui la necessit di una via di fuga, di una resistenza interiore, che si pu riscontrare nella vita di Jnger cos come nelle sue opere. A questo proposito, nel secondo capitolo verr esaminato il saggio La pace7, e i diari Irradiazioni8, in cui Jnger manifesta i primi sintomi di una sua conversione, maturata nella catastrofe e orientata alla difesa del singolo. Lopera di Jnger, infatti, appare significativa non solo in quanto riflessione filosofica sulla tecnica; il suo pensiero si misurato anche con le grandi sfide del secolo, come quella dellEuropa unita, di cui stato un attento precursore.

Corrispondentemente a questa partizione, il presente lavoro suddiviso in due capitoli: nel primo, Il gigantesco processo lavorativo, vengono analizzate le opere di Jnger dal 1920 al 1932 ed posta particolare attenzione sul problema della guerra totale e della tecnica (vegnono analizzate le figure del Krieger e quella dellArbeiter); nel secondo capitolo, Lo stato mondiale, si analizzano le opere della seconda met del secolo, in cui Jnger, avendo superato lottimismo nei confronti della tecnica, cerca di individuare degli spazi di resistenza per il singolo. Nei diari della seconda guerra mondiale, Jnger stesso individua una sorta di frattura rispetto alle sue opere giovanili: I miei libri sulla prima guerra mondiale, Loperaio, La mobilitazione totale e in parte anche il saggio sul Dolore compongono il mio Vecchio Testamento, al quale non mi consentito aggiungere altro. Sono su altri piani (E. Jnger, Irradiazioni. Diario 1941-1945, tr. it. di H. Furst, Guanda, Parma 1993, p. 130). 7 E. Jnger, La Pace, tr. it. di A. Apa, Guanda, Parma 1993. 8 E. Jnger, Irradiazioni. Diario 1941-1945, cit.

La libert deve regnare nella variet9. Questa convinzione accompagna Jnger anche nelle opere in cui, invece, lautore aveva descritto il mondo delluniformit, come nel saggio Lo Stato mondiale10 del 1960. Facendo leva anche sulle sue doti di entomologo, egli paragona la situazione dello Stato mondiale alle organizzazioni del mondo animale, delle api e delle termiti, e si accorge che alluomo non dato raggiungere tale perfezione, neppure con lausilio della tecnica. Da questo momento in poi, Jnger diffider della definizione delluomo come animale politico, preferendogli quella di uomo naturale, per sottolineare limperfezione che propria di ogni civilt, di ogni ordinamento umano. La salvezza riposa nel singolo e di questa tematica si occupa lultima parte di questo lavoro, che si conclude con lanalisi del Waldgnger e dellAnarca, due figure che resistono al dominio delloperaio, preservando spazi per la libert del singolo. Questo percorso nel pensiero e nelle opere di Jnger si confronta con una straordinaria interpretazione del Novecento e tenta di sollevare questioni ancora oggi attuali: in un mondo sempre pi dominato dal tecnicismo politico e dal pensiero economico, Jnger era ben consapevole dellestremo pericolo che questi processi storici comportano; nellultima parte della sua vita, egli sembra riporre ogni speranza nel singolo e nel suo mondo interiore, in cui possibile rintracciare una sorta di viatico per sfuggire al dominio totale degli elementi titanici presenti nella societ. Nella sua vasta produzione letteraria, Jnger si confrontato con due temi opposti, ma profondamente interdipendenti: il problema dellordine e dellorganizzazione tecnica, affrontato nella prima parte della sua produzione, e quello della libert dellorganismo, sviluppato nella seconda met del secolo. In entrambi i periodi, Junger si dimostrato un pensatore originale e radicale. In questo lavoro ci si limita a ripercorrere il suo itinerario, sottolineandone gli aspetti considerati pi significativi per la nostra epoca.

Ivi, p. 53. E. Jnger, Lo Stato Mondiale, Organismo e Organizzazione, tr. it. di Q. Principe, Guanda, Parma 2010.
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Capitolo I Il gigantesco processo lavorativo

Un nuovo ordine mondiale che sia conseguenza di un dominio mondiale non il frutto di un dono dal cielo n il prodotto di una ragione utopica, bens il risultato laborioso di una catena di guerre e di lotte civili. La straordinaria mole di armamenti visibile in tutti i campi e i settori della vita mostra come luomo sia deciso a proseguire in quel tipo di lavoro. Questo ci che riempie di speranza chiunque ami intimamente luomo. E. Jnger, LOperaio.

1. Guerra e tecnica Lesperienza della prima guerra mondiale segna profondamente la vita di Ernst Jnger; limmensa produzione letteraria dellautore tedesco scaturisce, infatti, da questo evento che rimane per anni il punto di riferimento di ogni sua riflessione sulla tecnica e allo stesso tempo sulla politica, nellattivit di scrittore e di reduce, di guerriero e di filosofo. Quando nel 1914 scoppia il primo conflitto mondiale, Jnger appena maggiorenne, si offre volontario e viene assegnato al 73 reggimento fucilieri. Le gesta eroiche e il coraggio dimostrato sul campo di battaglia gli varranno alla fine del conflitto unimmensa fama e contribuiranno ad additarlo come un mito per le generazioni successive. Ferito quattordici volte sul fronte occidentale, viene decorato nel 1917 con la croce di ferro e lanno successivo con lordre pour le mrite, massima onorificenza militare prussiana. La fama di grande guerriero precede sensibilmente e sostanzia quella di scrittore: infatti, impossibile separare il contenuto delle sue opere dalle vicende autobiografiche. La prima guerra mondiale sancisce il battesimo spirituale di Jnger: le fatiche e il sangue versato durante lo scontro, assumeranno con la scrittura un tono profetico e vibrante, delineando uno dei pi alti contributi letterari del Novecento1. Appena deposte le armi, nel 1920, leroe pluridecorato della prima guerra mondiale si afferma anche come scrittore, pubblicando il suo primo capolavoro: Nelle tempeste dacciaio2.
Nel 1980 Jnger riceve il prestigioso premio Goethe che lo consacra tra i massimi scrittori tedeschi del 900. 2 Il diario di guerra, In Stahlgewittern (E. Jnger, Nelle Tempeste dacciaio, tr. it. di G. Zampaglione, Guanda, Parma 2007), che copre lintero arco del primo conflitto mondiale, riscuote un immenso successo nellimmediato dopoguerra soprattutto fra i reduci e negli ambienti di destra. Frutto di
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Il titolo del diario di guerra anticipa il nucleo tematico delle opere immediatamente successive: per tutti gli anni 20 Jnger si occuper principalmente della condizione del soldato in trincea; ogni opera di questo periodo un contributo alla figura del Krieger; da ci deriva la tonalit epica e mitica di questi scritti3. Tale figura al centro della riflessione di Jnger sul nuovo concetto di azione che si forma sui campi di battaglia della Grande Guerra. In effetti, le caratteristiche rivoluzionarie del conflitto come lartiglieria pesante, le raffiche di mitragliatrici e i bombardamenti dallalto consegnano una nuova immagine dello scontro, che Jnger si propone di analizzare e comprendere nel suo senso pi celato. soprattutto la dimensione tecnologica ad attribuire al guerriero connotati inauditi: resistere alle tempeste di fuoco equivale per luomo a porsi in stretto contatto con la tecnica, che si manifesta per la prima volta in tutta la sua potenza distruttiva nella prima guerra mondiale. Non semplicemente il campo di battaglia il vero interesse di Jnger; esso rappresenta solamente un punto di partenza, lo scenario privilegiato mediante cui cogliere la vera natura della distruzione, che, per, secondo lautore tedesco, racchiude sempre in s i germi di una possibile rinascita. la tecnica, la caratteristica distintiva della prima guerra mondiale, il vero grande interesse di Jnger, che riconosce nella sua potenza la vera svolta dinizio secolo4. La tecnica rivoluziona le metropoli anche in tempo di pace, anima lottimismo delluomo con lo spirito del progresso; ma influisce in modo palese e profondo anche sul campo di battaglia. Questa la pi comune ed evidente esperienza di tutti i soldati della prima guerra mondiale. Essa diviene, cos, la grande questione con cui misurarsi, come in guerra cos in pace nel ventesimo secolo. La prima guerra mondiale, da questo punto di vista, pu definirsi come un esperimento cruciale non solo per i combattenti ma anche per ogni singolo uomo; in questo evento si manifestano i grandi sommovimenti di unepoca intera, segnata, nel bene o nel male,
ben sei revisioni e, nellultima versione molto diverso rispetto alloriginale (il testo quasi raddoppiato), esso considerato uno dei pi grandi capolavori del genere diaristico. 3 Al capolavoro In Stahlgewittern seguono altri scritti sulla Grande guerra altrettanto significativi; negli anni Venti pubblica: La guerra come esperienza interiore (1922), Il tenente Sturm (E. Jnger, Il tenente Sturm, Parma, Guanda, 2000) e Boschetto 125 (E. Jnger, Boschetto 125, Una cronaca delle battaglie in trincea nel 1918, Parma, Guanda 1999). Tra il 1920 e il 1925 Jnger contemporaneamente impegnato in unintensa attivit pubblicistica su periodici mi litari e politici. Si vedano, soprattutto, i contributi per le riviste Militar-Wochenblatt e Die Standarte in E. Jnger, Scritti politici e di guerra, tr. it. di A. Iadicicco, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana 2003-2005, vol. I e II. 4 In unintervista rilasciata nel 1998, Jnger conferma il motivo del suo grande interesse nei confronti della Grande guerra: Vorrei precisare che il vero grande motivo per me stata la tecnica, la cui potenza si manifestata in modo particolarmente impressionante nel conflitto mondiale del 1914-18 (A. Gnoli - F. Volpi, Il filosofo e lanarca. Intervista a Ernst Jnger, in Lultimo sciamano. Conversazioni su Heidegger, Bompiani, Milano 2003, p. 41).

dallirruzione di una nuova potenza: Come pure il suo secolo, anche questa guerra stata una partita con la tecnica, precipitosa e soverchiante. la tecnica ci che fondamentalmente la distingue da tutte le guerre precedenti5. Lo sviluppo tecnologico aveva radicalmente trasformato lapparato bellico: in un breve arco di tempo si erano rinforzati gli armamenti, creati nuovi veicoli, procurate armi di distruzione di massa. Jnger, che ha modo di sperimentare sulla propria pelle questi cambiamenti, fra i grappoli di shrapnel e il fuoco delle mitragliatrici, si accorge di come la guerra abbia improvvisamente cambiato volto e con essa il destino delluomo in essa coinvolto. Le differenze fra questo conflitto e quelli precedenti sono molteplici: la guerra franco-prussiana di appena quarantanni precedente non regge neppure il confronto. Limmagine del mondo, quale si era strutturata nellepoca moderna, sembra ora andare in frantumi; le speranze di tutta lumanit e ogni sua energia sono dirottate in questo conflitto. Si assiste a una svolta epocale che si palesa nellestensione, nella durata e nei mezzi tecnici che per la prima volta vengono impiegati a fini bellici. Si tratta, infatti, di una guerra totale che sconvolge il mondo intero. Latteggiamento delle masse alla vigilia dello scoppio della guerra ambiguo, quasi ingenuo, sicuramente non curante delle conseguenze di un conflitto a cos alta densit tecnologica. Lo stesso Jnger non nasconde un certo entusiasmo e nelle prime battute di Nelle tempeste dacciaio lascia intendere quanto il mito della guerra avesse soggiogato unintera generazione, compreso lui stesso:
Avevamo lasciato le aule universitarie, banchi di scuola, officine; e poche settimane distruzione militare avevano fatto di noi un sol corpo brulicante d entusiasmo. Cresciuti in tempi di sicurezza e tranquillit, tutti sentivamo l irresistibile attrattiva dellincognito. La guerra ci aveva afferrati 6 come unubriacatura. [] Non v al mondo morte pi bella cantavamo .

Lincredibile afflusso di volontari e di entusiastiche adesioni allo scontro, fa risaltare, secondo Jnger, in maniera evidente lo scarto fra le aspettative dei giovani accorsi alla guerra e la cruda realt di ci che poi avvenne. Lingenuit dei pi consistette nellidealizzare la guerra come il luogo di azioni eroiche e nel concepire il progresso della tecnica come un indubitabile miglioramento generale delle condizioni di vita. Eppure sono proprio le innovazioni tecniche a pesare drasticamente sulla vita di ogni soldato: lillusione di condurre una battaglia tradizionale viene meno, man mano che aumenta la potenza del fuoco, basti osservare i cambiamenti verificatisi durante la

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E. Jnger, La tecnica nel combattimento futuro, in Scritti politici e di guerra, cit., p. 31. E. Jnger, Nelle Tempeste dacciaio, cit., p. 5.

Grande guerra sul piano tattico e strategico. Jnger non si lascia sfuggire il peso di questa svolta: la tecnica ha radicalmente trasformato il campo di battaglia. Non basta pi, come in passato, un gesto eroico o unazione decisa da un singolo a determinare lesito dello scontro, ma bisogna adesso fare i conti con la tecnica che fa mutare contemporaneamente lo stile di guerra, il ruolo dellindividuo e le strategie dei singoli Stati. La tecnica il denominatore comune di cambiamenti di portata globale, le cui conseguenze pi evidenti appaiono nelle mutate geometrie della guerra, quanto mai paradossali per il singolo combattente: sebbene la priorit del soldato rimanga sempre la stessa, ossia quella di avere la meglio sul nemico, con lirruzione della tecnica cambiano le regole del gioco e lo scenario in cui si svolge lo scontro: La guerra impregnata dello stesso spirito che crea la macchina7. Nel 1930 Jnger pubblica il saggio Fuoco e Movimento, in cui la tecnica riveste un ruolo fondamentale. Jnger osserva che, a causa della accresciuta potenza di fuoco, si verifica una paralisi che impedisce alle truppe di muoversi in campo aperto. Nei campi di battaglia della prima guerra mondiale si pu registrare unaggressione pi o meno esplicita allindividuo, la cui volont di movimento paralizzata da armi che andavano ben al di l della sua portata. In effetti la mitragliatrice, i gas tossici e i bombardamenti dallalto vanificano gli sforzi del singolo che vede radicalmente annullata la sua forza durto rispetto alla potenza dei mezzi pesanti. Il risultato pi sconcertante di questo connubio fra luomo e la macchina la trincea, simbolo della prima guerra mondiale ed espressione evidente di come alle innovazioni tecnologiche non si fosse accompagnata una altrettanto nuova strategia di guerra. Proprio lo squilibrio fra mezzi tecnici sofisticati e una tattica ancora arcaica avrebbe determinato la straordinaria violenza degli episodi bellici. Jnger, testimone e protagonista di questa modalit di combattimento praticata soprattutto sul fronte occidentale, non ha dubbi riguardo i motivi che condussero alla cosiddetta paralisi dei fronti. Il divario crescente fra gli uomini e i mezzi a loro disposizione, determinato dallo sviluppo della tecnica, costringe inevitabilmente alla guerra di posizione, il cui tratto peculiare consiste nel fatto che i due contendenti, in possesso entrambi della massima potenza di fuoco, sono quasi costretti allimmobilit8.

E. Jnger, Fuoco e Movimento, in Foglie e pietre, tr. it. di F. Cuniberto, Adelphi, Milano 1997, Ivi, p. 84.

p. 90.
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Come sottolinea Jnger, nel primo conflitto mondiale si fa esperienza dellimpossibilit di coniugare Fuoco e Movimento: la mutata potenza delle armi da fuoco causa un paradossale sviluppo dello stile di guerra che diviene prevalentemente difensivo dal momento che lo scontro dominato dalla presenza di armi di distruzione di massa. Inizialmente la guerra di posizione appare come una pausa, ma, laddove il fuoco raggiunge la sua massima intensit, come sul fronte occidentale, si verifica un dominio assoluto di artiglieria e mitragliatrici a discapito del movimento della fanteria. Dopo pochi mesi di guerra, gli uomini non riescono pi ad avanzare e la situazione del fronte occidentale rimane immobile per oltre tre anni. Jnger considera la mitragliatrice lemblema di questo tipo di conflitto: larma automatica, grazie alla sua elevata cadenza di tiro, in grado di uccidere moltissimi soldati e in una breve frazione di tempo. Se non si vuole soccombere in campo aperto, diventa necessario nascondersi sottoterra, rifugiarsi in un ambiente dominato dal fango e dallattesa in cui si costretti a condurre una vita mortificante. Neppure la terra, peraltro, pu reggere la soverchiante potenza della tecnica: i gas asfissianti e le granate penetrano anche nelloscurit della trincea, le cui pareti argillose sono solo metafora di una morte meccanica e anonima. Il logoramento della trincea resta per il soldato lalternativa obbligata allattacco; latteggiamento eroico di Jnger durante la guerra rimane uneccezione destinata al fallimento, come lui stesso ammette quando afferma: quando si tenta il colpo di forza succedono catastrofi9. Nella prima guerra mondiale per il soldato impossibile intraprendere una tradizionale battaglia campale: gli eserciti schierati e relativamente vicini sono divisi dalla terra di nessuno, una sottile striscia di terra larga spesso meno di cento metri e tuttavia invalicabile10. Rifugiarsi in trincea non una libera scelta dellindividuo, ma quasi un istinto di conservazione: dopo poco tempo appare palese che il fronte non pi fatto a misura duomo. Secondo Jnger la trincea anche conseguenza di un radicale cambiamento di strategia: alla guerra di movimento si preferisce la guerra difensiva, ma la brutalit dello scontro non viene, tuttavia, meno con linerzia dei fronti contrapposti. La strategia bellica infatti orientata allesaurimento delle risorse materiali, fisiche e spirituali dellavversario: non potendo pi battere il nemico in campo aperto si cerca di assediarlo. Una tattica simile non di certo risolutiva e rimane, secondo Jnger,
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Ivi, p. 85. Ibidem.

dispersiva e provvisoria. Infatti, egli crede che, nella prima guerra mondiale, luomo dimostri di non essere allaltezza dei suoi stessi mezzi, che presentavano comunque, come vedremo, alcune imperfezioni. In La tecnica del combattimento futuro11, lautore sottolinea, infatti, come i mezzi abbiano conosciuto uno sviluppo cosi repentino, da non permettere alluomo di trovare modalit di combattimento ad essi adeguate. La guerra di posizione o di trincea la conseguenza di uneccessiva fiducia nelle capacit umane, di tattiche superate e inefficaci di fronte alla potenza della tecnica: Il nostro stile di combattimento a prescindere dallurgenza della situazione non forse rozzo e dispendioso, magari gi superato? Non ci affidiamo forse in misura eccessiva alla forza delluomo? [...] non un errore voler contrapporre luomo alla macchina? Non una lotta impari?12. Lassenza di una tattica adeguata allo spirito tecnico della nuova guerra, non solo paralizza il fronte, ma moltiplica il lavoro del soldato in trincea, non ancora esperto nella gestione dello strumentario tecnico. Limpreparazione delluomo di fronte alla funzionalit della macchina bellica appare palese; lassetto del combattente ancora sperimentale: sia i volontari, privi di esperienze, che i veterani non riescono, infatti, a gestire al meglio larsenale tecnico. Jnger registra linanit delluso tradizionale della fanteria13; lunica arma in grado di rompere il fronte paralizzato della guerra di posizione laviazione, ma per questarma manca ancora una strategia e gli apparecchi aerei non sono abbastanza numerosi e potenti per decidere da soli il conflitto. Anche nel tank, grande innovazione della prima guerra mondiale, si nasconde ancora una funzione obsoleta: esso , ad esempio, incapace di oltrepassare il filo spinato, lento e vulnerabile nelle strettoie della trincea. Ci che Jnger constata nello stile di guerra di quegli anni la mancanza di collaborazione fra i vari reparti: linesperienza a sfruttare larsenale tecnico impedisce lo sviluppo di unazione unitaria e di conseguenza gli attacchi perdono di efficacia. Il tentativo tedesco di attuare una guerra lampo [Blitzkrieg] si traduce allora in un fallimento: n i mezzi n tanto meno luomo erano pronti per un attacco combinato che richiedeva un superiore adattamento alla macchina, un lavoro pi proprio di un automa
E. Jnger, La tecnica nel combattimento futuro, cit. p. 32. Ibidem. 13 In un articolo del 1923, Jnger sostiene che il nuovo ruolo affidato alla fanteria ha unimpronta assolutamente meccanica e di conseguenza viene superato il suo uso tradizionale: La dissoluzione della fanteria, un obbiettivo contro il quale, seppure non vogliamo crederlo, ci dirigiamo verso un percorso obbligato. innegabile: il reggimento di fanteria che prima della guerra costituiva unarma unitaria [] divenuto un corpo composito e sviluppato. (E. Jnger, Lordine di addestramento per la fanteria, in Scritti politici e di guerra, cit., p. 46).
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che di un uomo. Come lo stesso Jnger sar costretto ad ammettere, nel secondo conflitto mondiale luomo scomparir dal campo di battaglia, la sua presenza individuale, nellambito bellico, diverr sempre meno necessaria14. Una volta che i mezzi acquisiscono sempre maggiore mobilit, per il soldato diventa inutile anche opporvisi; avviene un vero e proprio passaggio di mano: il singolo uomo perde progressivamente di significato a favore dellapparato tecnico e del milite ignoto. Il nuovo guerriero del XX secolo deve possedere innanzitutto capacit tecnica, la sua abilit non dipende pi dalle capacit individuali ma dalla freddezza con cui sar in grado di assimilarsi alla macchina ed eliminare gli avversari: Il futuro campo di battaglia apparterr a colui che, oltre i materiali sommamente sofisticati, sapr adoperare uomini dotati di una suprema abilit fisica, spirituale, morale e tecnica15. Come abbiamo visto, un simile grado di sviluppo era soltanto prefigurato nella prima guerra mondiale: da un lato la mancanza di esperienza pratica, dallaltro una certa ostinazione a pensare lo scontro in chiave eroica impedivano il corretto funzionamento dellapparato bellico. Per questo motivo luomo fu lasciato solo nel suo destino di morte, la mancanza di preparazione comport necessariamente un surplus di lavoro e la sostituibilit meccanica dei soldati, avvinti da un ritmo martellante. Jnger individua nella prassi bellica della Grande guerra lentrata in scena di un personaggio, la cui condizione essenziale risulta essere lanonimato. Lincessante lavoro della trincea corrisponde infatti allannullamento e alla spersonalizzazione dellindividuo che, privato della sua umanit, acquisisce caratteristiche fredde e sempre pi omologate. Luniforme militare esprime in massimo grado questa tendenza livellatrice, che pone luomo sullo stesso piano della macchina e lo rende facilmente sostituibile. In un siffatto paesaggio di morte, il coraggio non pi decisivo, prestazioni eroiche come quelle di Jnger rappresentano uneccezione per il soldato in trincea, nella maggior parte dei casi vincolato alla ferrea esecuzione dellordine ricevuto. Non a caso Jnger ritrova nel milite ignoto lunico protagonista della guerra, quanto mai lontano da ogni

Le previsioni di Jnger sono confermate dai recenti sviluppi della guerra tecnologica. Gli Stati Uniti dAmerica, ad esempio, hanno intenzione di installare il Muos, Mobile User Objective System, con lo scopo di automatizzare completamente entro il 2048 gli attacchi missilistici, per controllare su tutta la superficie terrestre droni senza uomini a bordo. Per ulteriori approfondimenti: A. Mazzeo, Un ecomuostro a Niscemi. Larma perfetta per i conflitti del XXI secolo, Sicilia Punto L, Catania 2012. 15 E. Jnger, La tecnica nel combattimento futuro, cit. p.34.

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carattere eroico-cavalleresco, impegnato a combattere nella terra di nessuno16 e costretto, alla fine, a cedere alla potenza soverchiante del fuoco. La presenza della tecnica sul campo di battaglia annulla le qualit individuali del soldato: ci che conta in fondo soltanto il numero, la quantit e il calcolo delle prestazioni. Il lavoro, la disciplina e la noia rappresentano lesperienza quotidiana del milite ignoto; con questa figura si eclissa la singola azione audace e vengono meno i tratti distintivi dellindividuo in veste eroica. Secondo Jnger, la condizione di anonimato e lestrema precariet da cui deriva questo modo di combattere sono da additare ad una trasformazione non ancora compiuta. Il lavoro del milite ignoto richiede una dedizione totale e questo non si verifica ancora del tutto nella prima guerra mondiale: Tecnica azione congiunta di fuoco e movimento, paragonabile ad un processo che lavora per esplosione ed espansione. [] Tecnica lo stesso procedere delle truppe dassalto in cui ciascun uomo gioca il ruolo che gli rigidamente prescritto17. Jnger, tuttavia, ritiene che il milite ignoto non intrattenga ancora un rapporto totale con la tecnica: questa figura lemblema di un lavoro ancora individuale, nonostante lo sviluppo tecnologico richieda tuttaltro che un rapporto limitato e condizionato con la macchina. La mancanza di totalit pregiudica il funzionamento dellesercito e pesa drasticamente sullesperienza del soldato al fronte. Non potendo distinguersi per meriti individuali, schiacciato dalle macchine e dai materiali, il singolo ridotto a cifra, misura, puro materiale umano ed dunque sullo stesso piano delle forze meccaniche ed energetiche. Al milite ignoto negata persino lesperienza autentica della morte. Con la tecnica si eclissa ogni atto esistenziale unico ed irripetibile e di conseguenza svanisce anche la possibilit di morire in modo autentico: il rapporto con la morte si alterato: la sua estrema vicinanza rinuncia a ogni stato danimo che possa essere definito solenne. [] Il singolo viene colto di sorpresa dallannientamento []. La sua energia combattiva un valore non individuale ma funzionale18.

Jnger sottolinea come il guadagno di queste pericolose manovre sia di fatto inutile in confronto alle gravi perdite subite dagli eserciti: La forza di gravit della zona di fuoco ormai tale che lultimo sforzo bellico dei grandi imperi si esaurisce nel conquistare brandelli di terra sconvolta, tratti di bosco devastati e villaggi distrutti. [] Lago di questa bi lancia la terra di nessuno, una sottile striscia di terra larga spesso meno di cento metri e tuttavia invalicabile. (E. Jnger, Fuoco e movimento, cit. p. 85). 17 E. Jnger, Lordine di addestramento per la fanteria, cit., p.47. 18 E. Jnger, LOperaio. Dominio e Forma, ed. it. a cura di Q. Principe, Guanda, Parma 2010, p. 101.

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Con queste parole Jnger definisce il carattere essenziale del milite ignoto: la sua sostituibilit. In effetti nella Grande guerra il materiale gioca un ruolo decisivo, non solo per quanto riguarda i rifornimenti di armi e di munizioni ma soprattutto in riferimento agli uomini a disposizione sul fronte e nelle retrovie. Luomo ridotto a materiale umano ed quindi a sua volta egli stesso un Bestandstck, un pezzo di riserva. Questa espressione, coniata da Martin Heidegger, spiega al meglio il rapporto che il soldato intrattiene con il processo di annientamento bellico dei campi di battaglia della prima guerra mondiale19. Nessuno rimane escluso dal vortice di terrore innescato dalla morte meccanica: non un caso che proprio in questa guerra venga meno la distinzione tra militari e civili. Il milite ignoto non solo il combattente in trincea ma anche linnocente vittima di turno in un villaggio o in un luogo di culto. La macchina annienta il milite ignoto con una terribile freddezza e lo rende affine alla produzione meccanica: poich egli stesso entra in gioco come una massa da misurare e impiegare. Quelli che inizialmente furono interpretati come fortuiti incidenti di percorso, ad esempio uccisioni di massa, divennero ben presto una triste consuetudine della guerra. La logica impietosa dello scontro obbligava gli stati belligeranti a colpire bersagli facili, con il minimo dispendio di forze e il maggiore impatto psicologico. Da ci risulta un rapporto con la morte significativamente alterato: la tecnica responsabile di questa trasformazione perch priva levento della morte di autenticit, rendendolo quotidiano e banale, quasi una cruda realt da accettare. Il soldato in trincea non muore, smette essenzialmente di funzionare. Luomo diventa unappendice della macchina, un mero ingranaggio cui non concessa alcuna possibilit di decisione. La guerra, che alla sua vigilia appariva come lepopea della civilizzazione contro le barbarie, si mostr, gi dopo pochi mesi come una terribile battaglia di materiali (Materialschlacht), la cui logica prevede non solo la paralisi dei fronti ma anche lasservimento totale delluomo alla macchina:
Queste possenti battaglie si svolgevano dunque come monotoni spettacoli di materiale e fin dallimmediato loro risultato finale, la conquista o la perdita di pochi chilometri quadrati di terreno distrutto, o di certi villaggi di cui esiste ormai solo il nome, indicava come si fosse consumato un

Luomo insieme il soggetto e loggetto delle sue produzioni, il milite ignoto equivale a ci che Heidegger chiama Fondo (Bestand) e che indica la modalit ontologica propria del reale nellepoca del dominio della tecnica: Un pezzo di riserva sostituibile dallaltro. In quanto pezzo, il pezzo gi posto in vista della sostituibilit. [] Nellevo del dominio della tecnica, luomo a partire dalla propria essenza, nellessenza della tecnica, nellimpianto, e ne ordinato. A suo modo egli pezzo di riserva, nel senso stretto delle parole riserva e pezzo. (M. Heidegger, Limpianto, in Conferenze di Brema e Friburgo, tr. it. di G. Gurisatti, Adelphi, Milano 1990. p. 60).

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rilevamento di potenze meccaniche, il calcolo del peso di masse di munizioni di cui essenziale era la 20 portata e rispetto a cui luomo stesso entrava in gioco come una massa da misurare .

Nella prima guerra mondiale Jnger intuisce che il materiale bellico a determinare lesito dello scontro; a decidere, cio, non pi il valore dei combattenti ma la potenza di fuoco di cui sono forniti e che essi stessi forniscono. La battaglia di materiali non tuttavia solo responsabile del livellamento del soldato come milite ignoto, ma ha il merito di innescare in patria una trasformazione generale della societ soprattutto attraverso lorganizzazione lavorativa, che rivoluziona il fronte interno di ogni nazione. Gli sconvolgimenti sul campo di battaglia precedono una trasformazione ben pi amplia: nel sacrificio di sangue della prima guerra mondiale, Jnger coglie lo spirito di questa metamorfosi, che realizza la fusione totale di tecnica e lavoro attraverso il conflitto stesso. Quando nel 1930 Jnger pubblica il saggio Die Totale Mobilmachung21, la prima guerra mondiale non pi pensata come un semplice scontro fra nazioni, ma come la manifestazione storica di una svolta di tipo metafisico. Dopo il 1914 il mondo non sarebbe stato pi lo stesso e Jnger ne pienamente consapevole. Non a caso egli paragona la Grande guerra ad una vera e propria rivoluzione, che solo nelle sue fasi iniziali sconvolge il campo di battaglia, ma finisce poi attraverso la tecnica ed il lavoro per imporsi come una forza dirompente in ogni ambito vitale:
Limmagine stessa della guerra come azione armata finisce per sfociare in quella di un gigantesco processo lavorativo.[...] In questo impiego assoluto di energia potenziale, che trasforma gli Stati belligeranti in fucine vulcaniche, si annuncia nel modo forse pi evidente il sorgere dell et del 22 lavoro; esso fa della Guerra mondiale un evento storico pi significativo della rivoluzione francese .

Il gigantesco processo lavorativo consegna luomo ad una nuova epoca dello spirito: Jnger ritiene che il coniugarsi di genio della guerra e genio del progresso sar allorigine della nascita di una nuova razza. Con la mobilitazione totale, lautore abbandona la figura del Krieger, per dedicarsi ad una lettura metafisica della Grande guerra, intesa soprattutto come promotrice di una trasformazione senza eguali nella storia delluomo. Fin qui si parlato dei cambiamenti riguardo lo stile di guerra e il ruolo dellindividuo, tuttavia possibile constatare che si tratta di aspetti subordinati
20 21

E. Jnger, La battaglia di materiale, cit. p. 67. E. Jnger, La mobilitazione totale, in Foglie e pietre, tr. it. di F. Cuniberto, Adelphi, Milano Ivi, p. 118.

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allirruzione di una soverchiante potenza metafisica, la mobilitazione totale che ci accingiamo adesso ad analizzare.

2. La Mobilitazione totale La Mobilitazione totale il testo in cui Jnger tira le somme e rintraccia una profonda unit dietro lapparenza frammentaria e caotica della prima guerra mondiale. Lintento primario di Jnger mostrare come, al di l di unesigenza puramente bellica nel quadro della Grande guerra, la mobilitazione totale non sia un mero espediente tecnico o una pi proficua strategia per condurre vittoriosamente la guerra, quanto piuttosto il nuovo ed ineludibile destino del mondo. La mobilitazione totale non quindi una misura da eseguire, ma qualcosa che si compie da s23; essa riguarda indistintamente ogni uomo perch segna il passaggio ad una nuova epoca dello spirito. Jnger annuncia una profonda metamorfosi: anche in tempi di pace, la mobilitazione sar proseguita, perch essa si esercita attraverso la tecnica e il lavoro: lespressione di una legge misteriosa e inesorabile, a cui ci consegna let delle masse e delle macchine24 . La prima guerra mondiale diviene, in virt della mobilitazione, un enorme banco di prova per gli stati belligeranti, perch questultimi sono chiamati ad esplicare la maggiore potenza possibile, nellurgenza di una condizione su cui incombe un immane pericolo. Fu proprio durante il corso di questa guerra che la Mobilitazione, da uno spazio puramente militare si estese ad ambiti che allinizio sembravano esserne lontanissimi. La funzionalit degli armamenti richiedeva infatti, per produrre una quantit di fuoco cosi elevata, una generale e costante disponibilit lavorativa e dunque una sapiente organizzazione del fronte interno. Il moderno arsenale tecnico necessita di una conversione radicale di tutto il settore industriale: per attuare questo sforzo illimitato occorreva sacrificare gran parte della nazione non solo per sostituire gli uomini al fronte (decimati da una morte meccanica), ma soprattutto per fornire i mezzi tecnici senza i quali nessun esercito del XX secolo potrebbe dirsi tale. Cos come per il soldato non si tratta di una scelta nelladoperare o meno la mitragliatrice, allo stesso modo per lo Stato, realizzare la Mobilitazione diventa un incombente necessit: o ci si adatta, oppure si destinati a soccombere.

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Ivi, p. 122. Ibidem.

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Il concetto di mobilitazione totale strettamente connesso con quello di guerra totale: ci pone in stretta connessione lopera di Jnger con quella di Ludendorff, pubblicata nel 193625. Entrambi hanno vissuto in prima linea lesperienza della Grande guerra e non a caso concordano sulla dimensione totalizzante che, in virt dellirruzione della tecnica, viene assegnata alla guerra novecentesca. Jnger ritiene che la mobilitazione sia lunica strategia in grado di assorbire una pluralit di intenti; da un lato provvede a reclutare sul fronte milioni di uomini, dallaltro riesce ad innescare in patria una produzione senza limiti, necessaria per sostenere una battaglia di materiali. Questapproccio risulta indispensabile qualora si voglia affrontare una guerra ad alta densit tecnologica; la potenza degli eserciti deve essere infatti costantemente rinnovata mediante un lavoro a flusso continuo e con il minimo grado di dispersione. Secondo Jnger, modellare lo Stato sullimpronta della mobilitazione totale, equivale ad adeguarlo alle esigenze della tecnica: a questo fine si abbatte ogni vincolo e si consegna la societ ad un dinamismo assoluto: Nella guerra totale ogni citt, ogni fabbrica una piazza fortificata, ogni nave mercantile una nave da guerra, ogni derrata alimentare merce di contrabbando, ogni provvedimento attivo o passivo ha un significato bellico26. Nella prima guerra mondiale il fattore decisivo consiste nel grado di coinvolgimento di tutta la popolazione: gli operai nelle fabbriche, i dottori negli ospedali, gli ingegneri dietro i ponti di comando sono chiamati a contribuire allo scontro, cosi come le donne; solo impiegando in maniera totale ogni energia disponibile e ogni risorsa possibile avere qualche speranza di successo. La mobilitazione coinvolge di conseguenza tutta la forza-lavoro e trasforma lintero apparato produttivo della nazione; ogni singolo settore, industriale, agricolo e finanziario chiamato a dare il suo contributo; non esiste un solo ambito che rimanga neutrale:
Una mobilitazione totale di queste proporzioni all inizio della guerra non era stata prevista. La preannunciavano tuttavia alcune singole misure, come il forte impiego di volontari e riservisti fin dallinizio del conflitto, il blocco delle esportazioni, i provvedimenti di censura, le variazioni nel corso delle valute. Durante la guerra questo processo si intensific: citeremo a titolo di esempio il controllo

Il concetto di guerra totale viene ripreso nel 1936 da Erich von Ludendorff, capo di stato maggiore dellesercito tedesco durante la Grande guerra. Ludendorff riprende tematiche molto care a Jnger; lex comandante ritiene infatti che la guerra totale comporti oltre larruolamento di tutto il popolo al servizio delleconomia di guerra, lutilizzo della politica e della tecnica come strumenti della guerra stessa. (E. Ludendorff, Der totale Krieg, Luderdorffs Verlag, Mnchen 1935). 26 E. Jnger, LOperaio, cit., p.133.

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pianificato delle materie prime e delle derrate alimentari, la militarizzazione del lavoro, il servizio civile 27 obbligatorio, larmamento delle navi mercantili [...] .

Tutti questi provvedimenti iscrivono il corso degli eventi nel medesimo carattere di Lavoro totale. Jnger individua nello Stato il luogo privilegiato della mobilitazione in quanto unico organo istituzionale in grado di fare da collante a tutta la forza-lavoro. Lo Stato diventa dunque lorgano supremo di guerra, coordinatore di molteplici intenti tutti indirizzati ad un medesimo fine: la trasposizione della vita in energia, pi propriamente energia bellica. Da questo momento, per, anche dopo la fine della guerra, sar sempre pi difficile distinguere attivit civili ed attivit belliche;ogni professione e ogni attivit sar, infatti, militarizzata, anche lindustria apparentemente pi innocua, come ad esempio la profumeria, dovr servire la guerra, producendo armi chimiche. Lesigenza dellarsenale tecnico ha degli effetti paradossali sul fronte interno che diventa via via pi importante della prima linea. Secondo Jnger proprio questo il primo risultato della mobilitazione: come se venisse invertito lordine di importanza: il vero guerriero diventa loperaio. La mobilitazione del quarto stato sul fronte interno una vera e propria linfa vitale per le operazioni militari che dipendono in larga misura dal grado di conversione raggiunto dalla nazione. Obbiettivo della Mobilitazione infatti fare in modo che non ci sia un solo uomo che non sia a lavoro 28. Jnger ritiene che: Nellultima fase gi adombrata verso la fine della guerra mondiale, non vi pi alcun movimento fosse anche quello di una lavoratrice a domicilio dietro la sua macchina da cucire che non possieda almeno indirettamente un significato bellico29. Durante e anche dopo la Grande guerra, dietro ogni uomo si nasconde il volto di un tecnico che lavora, ora per distruggere, ora per fornire gli strumenti necessari alla distruzione: si tratta, in ogni caso, di assolvere con disciplina ad una funzione dello Stato. La Mobilitazione totale conduce inevitabilmente alla sovrapposizione di fronte interno e campo di battaglia, ad ambedue le parti infatti richiesta la massima utilizzazione delle risorse: lo sforzo sovraumano del soldato in trincea proporzionale al coinvolgimento dei cittadini in patria, chiamati a supportare il ritmo di una produzione massacrante. Lo Stato, durante la prima guerra mondiale, si trasforma in un gigantesco laboratorio di produzione di morte di massa. Lesercito pu ormai vantare alle sue dipendenze ogni forza della nazione: lagricoltura, lalimentazione, il traffico, la propaganda, la scienza e lindustria vengono dirottate verso ununica meta. Guerra e
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E. Jnger, La mobilitazione totale, cit., p. 119. Ivi, p. 121. 29 Cfr. ivi, p. 118.

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lavoro diventano identici. Il tutto a discapito del singolo, a cui spetta una restrizione considerevole della libert individuale, intaccata dalla priorit della mobilitazione. Non a caso Jnger in altri testi nomina questo meccanismo come Arbeits-Mobilmachung30, intendendo con ci lesperienza, condivisa dalloperaio e dal soldato, del lavoro totale:
Allo stesso modo, infatti, in cui la vita del soldato al fronte andava sempre pi trasformandosi in quella di un lavoratore, di un tecnico che lavorava in condizione operative sempre pi pericolose, cosi anche la vita delloperaio in patria si commutava nella vita di un soldato. Lespressione legislativa di questo rapporto rappresentata dalla legge sul servizio civile obbligatorio. Una delle conseguenze che ne derivano lallargamento, oltre che agli abili delle armi, a tutti gli abili del lavoro; il servizio con le armi, dunque, diventa solo lonorevole caso particolare di un dovere significativamente molto pi 31 esteso .

La crescente militarizzazione del lavoro, dettata dalle esigenze belliche, causa di disordini sociali paragonabili a quelli di una vera e propria rivoluzione. La mobilitazione totale, agli occhi di Jnger, non sovverte solamente la vita dell individuo, chiamato a svolgere nuovi compiti, ma anche e soprattutto la natura dello Stato sconvolto dal punto di vista burocratico ed economico. Lallargamento del servizio militare obbligatorio dimostra lacuirsi di questa tendenza: si assiste allaffermazione dello Stato in ogni ambito della vita pubblica, ma questo movimento destinato a cambiare lo Stato stesso. Per finanziare la guerra e pagare la macchina degli eserciti popolari, ogni governo costretto a ricorrere al credito, la guerra si trasforma, quindi, in una gigantesca impresa economica. Lapprovvigionamento di un numero esorbitante di uomini indebita la macchina statale e trasforma al tempo stesso la nazione: le masse una volta mobilitate devono essere rifornite con scrupolo e senza riserva; tutto questo provoca sconvolgimenti a lunga durata. Per questo motivo, secondo Jnger, si ricorre alleconomia pianificata; sia prima che dopo la guerra affiorano tentativi di monopolizzare lattivit produttiva: il programma Hindemburg e il piano quinquennale russo rimangono a questo proposito dei celebri esempi. Queste misure drastiche che trascendono qualsiasi legge economica e infrangono lequilibrio della maggior parte della nazioni, sospingendole ad una concorrenza sfrenata, sono riconducibili allo spirito della mobilitazione che, come abbiamo visto, mira a conquistare la totalit dello spazio lavorativo.

Die Arbeits-Mobilmachung, la mobilitazione totale del lavoro, il titolo assegnato successivamente da Jnger ad un intervento chiamato inizialmente Das Antlitz des Weltkrieges. Fronterlebnisse deutscher Soldaten (tradotto in italiano con il titolo Il grandioso quadro della guerra, in Scritti politici e di guerra, cit., qui: p. 211. Da notare che questo articolo venne pubblicato nel 1930, lo stesso anno di Die totale Mobimachung). 31 E. Jnger, Il grandioso quadro della guerra, cit., p. 211.

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Ma il processo di mobilitazione non si arresta con la fine della guerra, anzi una volta cessate le ostilit prosegue e si insinua come condizione normale in ogni nazione industrializzata. La stretta collaborazione fra gli stati maggiori e il sistema industriale, vigente in America gi prima della guerra, dimostra laffermarsi di una nuova priorit anche nelle democrazie apparentemente meno inclini ad uno scontro armato. Questo percorso porta al ribaltamento dialettico del pensiero economico: mentre originariamente leconomico era fondato sul rapporto sociale, ora ogni rapporto sociale in funzione al dispiegamento della potenza. Jnger ritiene tutti gli stati complici di questa subordinazione, perch la Mobilitazione totale mira alla soppressione di ogni differenza fra guerra e pace32 e solo infrangendo ogni vincolo possibile adempiere a questo imperativo. A questo punto si delinea con maggiore chiarezza la funzione di spartiacque rappresentata dalla Mobilitazione totale nella storia dellumanit; non si tratta semplicemente di un fenomeno tecnico; Jnger assolutamente consapevole della radicalit di questo processo che invade ogni angolo del globo e consegna luomo allepoca delle macchine e del lavoro. Dal rapporto fra guerra e tecnica non dipende solamente lesito della battaglia, la mobilitazione muta essenzialmente lo Stato, erigendo una nuova pietra di paragone con cui bisogna dora in avanti confrontarsi. I paesi pi tecnicizzati saranno al tempo stesso i pi adatti a servire la macchina bellica, non solo in termini di produzione ma soprattutto rispetto alla mobilit e alla plasticit che viene richiesta. A questo scopo le monarchie non erano preparate; non solo mancava in esse una gestione pianificata delle risorse, ma vi era anche una certa impossibilit di riconoscere la potenza abissale della mobilitazione. Jnger vede nella tecnica unarma a doppio taglio per il vecchio Stato assoluto, ancorato a convinzioni di guerra ormai superate e ad una struttura gerarchica non idonea allomologante spirito tecnico. Alla mobilitazione totale non gradito alcun ordine gerarchico: la suddivisione in tre classi un limite per una guerra indifferenziata e totale. Come sottolinea Jnger, non un caso che il pretesto della guerra sia stato lattentato di Sarajevo: il principe appartiene ad una categoria non particolarmente amata nellepoca delle masse e delle macchine. Osservando le strutture istituzionali delle potenze in campo risulta evidente che le democrazie liberali, ed in particolare gli stati con democrazie molto avanzate (fra cui

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E. Jnger, La mobilitazione totale, cit., p. 119.

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primeggiano gli Stati Uniti), sono i pi adatti alla realizzazione della Mobilitazione Totale, in contrapposizione alle monarchie che sono, invece, in grado di azionare solo parzialmente la macchina bellica e sono dunque destinate alla sconfitta:
Accanto a innumerevoli corone minori rotolano nella polvere quella tedesca, quella prussiana, quella russa, quella austriaca e quella turca. [] Cosi negli Stati unit i, paese dal regime costituzionale democratico, la mobilitazione pot procedere con misure di una drasticit che era risultata impossibile in uno Stato militare come la Prussia, paese dal suffragio censitario diviso in tre classi. [] Perch gi durante il conflitto non era pi questione se uno Stato fosse o meno uno Stato militare, ma in che misura 33 fosse capace di mettere in atto la Mobilitazione totale .

Secondo Jnger il grado solo parziale di Mobilitazione raggiunto dalle monarchie indice di una mancata adesione fra progresso e compagine statale. Laddove alla struttura dello Stato non sovrapponibile quella della Mobilitazione, non solo si assiste ad un inesorabile decadenza, ma si va anche incontro ad una sconfitta certa e prevedibile. Lo sgretolamento delle vecchie strutture e degli imperi provocato da una potenza cos impetuosa da porre fine a tradizioni secolari: la vecchia Europa sta per tramontare. Le sorti di nazioni come la Germania, per cui Jnger combatteva, e limpero austro-ungarico, con cui la sua patria aveva stretto alleanza, sono gi segnate; non di certo per mancanza di uomini valorosi o di spirito eroico ma per una fredda necessit storica. La mobilitazione totale esprime questo cambiamento di rotta: la guerra, da questo punto di vista, non uno scontro fra nazioni, ma il punto di collisione fra due epoche diverse che decidono di darsi battaglia: lepoca declinante, incarnata dalla figura del monarca, destinata a perire, perch sottosta ai precetti tradizionali di un confronto bellico ormai appartenente al passato; ogni monarchia inadatta a servire la tecnica anche in tempi di pace. La cesura storica registrata da Jnger irreversibile, un punto di non ritorno che liquida le categorie politiche tradizionali. Solo la democrazia sembra resistere agli urti della mobilitazione. Jnger, infatti, ritiene che essa sia la forma di governo pi adatta ad assecondare il circuito lavorativo, la sola ad offrire vantaggi allaffermazione ed al funzionamento dellapparato tecnico. Non solo la democrazia non conosce lordinamento in caste, ma anche in grado di schierare masse di lavoratori sul fronte interno: essa solidale con lo spirito del progresso e del lavoro totale34. Nel progresso

Ivi, pp. 123-124. La stretta correlazione fra democrazia e guerra totale viene colta anche da Roger Callois, esperto scrittore di guerra: Ogni progresso della guerra reale, appassionata, implacabile e sanguinosa, coincide con un balzo in avanti della democrazia e si traduce nell'accresciuta importanza delle armi da
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infatti insita la sostituzione del principio di legittimit dinastica attraverso il principio democratico di autodeterminazione dei popoli. Il soldato in trincea rappresenta se stesso ed il popolo a cui appartiene, non di certo il suo principe: egli combatte in nome dellumanit, della civilizzazione e della ragione. La prima guerra mondiale segna, dunque, il trionfo delle democrazie nazionali e il tramonto della sovranit monarchica. Jnger constata in questo processo la progressiva scomparsa di ogni differenza fra uno stato e laltro. La totalit dello spazio tecnico-lavorativo si rivolge agli stati come una cruda necessit da accettare. In ogni caso, tutte le parti in causa cercano di assecondare la potenza della tecnica: attorno a questo concetto si gioca per Jnger lesito della guerra, il destino dei vinti e dei vincitori. Sistaura una sorta di selezione: resistono solamente i pi adatti, la monarchia soccombe in quanto capace di realizzare a malapena una mobilitazione parziale, che pu ottenere un successo soltanto limitato:
La Mobilitazione parziale corrisponde dunque alla natura stessa della Monarchia, la quale travalica i propri limiti nel momento in cui costretta a coinvolgere nell apparato militare le forme astratte dello spirito, del denaro e del popolo, in altre parole le potenze della nascente democrazia nazionale35.

La monarchia non adatta a servire lo spirito della Mobilitazione: per arruolare masse sul fronte interno occorre ben altro che uno sforzo limitato; bisogna attuare un coinvolgimento tale da assorbire qualsiasi risorsa umana. Leconomia pianificata, il sistema creditizio e il servizio di leva universale sono misure ostili allo Stato assoluto, in quanto infrangono la struttura sociale e vanno al di l di una specifica ragion di stato36. Per questo motivo le forme monarchiche sono ovunque costrette a tramontare: limpreparazione sul fronte interno si riflette perfettamente sul campo di battaglia e segna un decifit molto evidente rispetto alle nazioni pi avanzate nel processo di mobilitazione. Il cambio di velocit imposto dal progresso non pu essere eseguito da organi di media potenza, abbisogna di un sistema costruito su misura per soddisfare esigenze praticamente illimitate. Il rimprovero che Jnger muove ad ogni monarchia, ivi compresa la Germania, quello di non aver saputo sviluppare uno sfruttamento totale delle risorse. Non si tratta tuttavia di una semplice questione di arretratezza: il monarca trova preferibile un

fuoco [...]. L'avvento della democrazia virtualmente quello della guerra totale (R. Callois, Guerre et dmocratie, in La Nouvelle Revue francaise, 1 Febbraio 1943, p. 239). 35 E. Jnger, La mobilitazione totale, cit., p. 117. 36 Ivi, p. 116.

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atteggiamento limitato, perch vede nella Mobilitazione totale una minaccia per la sua stessa esistenza. Una sorta di istinto naturale limita la drasticit dei provvedimenti decisi dalla Corona; la sicurezza borghese non permette loltrepassamento di vincoli ben definiti, perch segnerebbe la fine di privilegi perpetuati nel corso di secoli e secoli. Vanno in questo senso le parole di Jnger: Ogni progresso della armi da fuoco in particolare della gittata nasconde un attacco indiretto alle forme della monarchia assoluta37. Jnger interpreta la Mobilitazione totale come la forza metafisica che sancisce il definitivo tramonto della monarchia: in quanto nella prima guerra mondiale ogni Stato sperimenta come il coinvolgimento totale del popolo negli affari di guerra fosse inevitabile. Il 1917 un anno decisivo e sintomatico, non solo perch la guerra volge al termine con lo sbarco delle truppe americane, ma soprattutto perch la rivoluzione russa dimostra, secondo Jnger, lemergere di questo processo storico intrattenibile sotto forma di un rivolgimento che avrebbe cambiato per sempre gli equilibri internazionali. Il progresso non poteva essere arrestato: la rivoluzione bolscevica cerca di stabilire un legame con esso, tentando di colmare lo scarto tra la Russia ed il mondo occidentale con la modernizzazione dellindustria e leconomia pianificata38. In Germania questo rivolgimento assunse forme diverse e si pales invece in una sconfitta schiacciante al termine della Grande guerra, portando tuttavia al medesimo risultato: laccettazione dello spirito trionfante dellepoca, attraverso gli obblighi imposti dalle potenze vincitrici con lumiliante trattato di Versailles. Secondo Jnger, la prima guerra mondiale pone fine ad ogni logica reazionaria e disvela il progresso per ci che : un elemento favorevole alla democrazia quanto ai totalitarismi, ma assolutamente ostile alla Monarchia. A questo punto della discussione risulta chiaro come la tecnica non sia semplicemente la somma delle innovazioni tecnologiche, ma abbia una portata rivoluzionaria e metafisica. questa la grande intuizione di Jnger:
probabile che il nostro pensiero debba fare ancora singolari scoperte intorno all essenza di quel che si nasconde sotto il concetto vago e luccicante di progresso .[] Oggi si pu certo sostenere con ottime ragioni che il progresso non un progresso, ma forse pi importante di questa affermazione domandarsi se il suo vero significato non sia pi segreto e assai diverso da quello che ama nascondersi dietro la maschera, in apparenza cosi limpida della ragione39. Ibidem. Secondo la nota formula leninista, il bolscevismo corrisponde a: potenza dei soviet + elettrificazione. 39 E. Jnger, La mobilitazione totale, cit., pp. 114-115.
38 37

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Ne La Mobilitazione totale Jnger coglie in pieno il volto ambiguo del progresso, dispositivo apparentemente neutrale ma responsabile di cambiamenti sconvolgenti non solo sul campo di battaglia, ma direttamente nellanimo umano. Il progresso come un Giano bifronte: il volto demoniaco che provoca morte meccanica esprime sicuramente il suo lato distruttivo, tuttavia la sua trama nascosta collocata ad un livello pi profondo, la chiameremo qui disponibilit alla Mobilitazione40. La cieca approvazione delle masse nellaccogliere questo nuovo dogma testimonia la vera natura della mobilitazione totale che, ben lungi dallessere soltanto un fenomeno tecnico, riguarda lo spirito delluomo e cattura in profondit anche le energie meno inclini allo scontro armato. Il versante religioso della mobilitazione totale coincide con il culto del progresso, la vera e propria religione popolare del XIX secolo
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. in nome di questa fede che i popoli scendono in campo: lottimismo

professato dal positivismo e dal sorprendente sviluppo tecnico avevano, per cosi dire, trasformato luomo e lo avevano reso nellintimo della sua coscienza disponibile alla mobilitazione. Da questo punto di vista, la prima guerra mondiale assume un aspetto programmatico; infatti lo spirito del progresso ha per Jnger la stessa funzione dei pezzi di stoffa colorata con cui, nelle battute di caccia, si attira la selvaggina verso le bocche di fuoco42. Per soddisfare il versante tecnico della mobilitazione totale occorre avere fede e le monarchie anche in questo caso non erano adatte, in quanto prive dei sofisticati sistemi di propaganda di cui dispongono invece le democrazie. Lo spirito del progresso rispecchia un dogma apparentemente libero da ogni logica di potenza: infatti simbolo di una crociata della ragione, che tuttavia non riesce a recidere i legami, pi o meno velati, con i mezzi di distruzione tipici della guerra. Jnger non ha dubbi riguardo alla natura mortifera di questo nuova dogma. Laccostamento del progresso agli ideali illuministici (e di questi ultimi ai simboli della morte: patibolo e mitragliatrice) conferma laffermarsi incondizionato degli ideali della rivoluzione francese e ci costituisce un tema ricorrente nella produzione dellautore tedesco43.
Ivi, p. 123. Ivi, p. 115. 42 Ibidem. 43 Jnger coglie appieno il volto ambiguo della modernit e della dialettica illuminista : Come lilluminismo non soltanto illuminismo ma qualcosa di pi profo ndo, cos anche il progresso non privo di retroscena e di spessore. [] C unebbrezza della conoscenza, la cui origine non soltanto logica, e c un orgoglio di conquiste tecniche, lorgoglio del primo passo verso uno sconfinato dominio dello spazio, in cui si avverte un presagio di recondita volont di potenza ancora in germe (E. Jnger, LOperaio, cit., p. 43).
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La prima guerra mondiale smentisce definitivamente linnocenza del mito del progresso, divenuto un vero e proprio culto popolare; lo smascheramento di questo ideale ha per un prezzo altissimo: un bagno di sangue che costa il sacrificio di quindici milioni di uomini. La mobilitazione per questo motivo non soltanto un fenomeno tecnico, ma piuttosto una svolta metastorica e culturale che, attraverso la guerra, inaugura un mondo nuovo, totale e tecnicizzato. Il progresso aveva ununica meta da raggiungere: realizzare il lato religioso della Mobilitazione totale, per permettere ad essa di penetrare nellintimo delle coscienze, di conquistare finanche il pi sottile nervo vitale. a livello spirituale, infatti, che si colloca la svolta decisiva: Jnger avverte tutto questo nella Germania del primo Novecento, che sembrava, invece, lemblema delladesione soltanto parziale allo spirito del progresso44. La profonda differenza fra la Germania e il resto dEuropa consiste nel fattore che determina il coinvolgimento delle masse: appelli alla nazione e alla fedelt nibelungica sono sicuramente meno efficaci rispetto al dogma del progresso, che sinonimo di civilizzazione e di benessere. Jnger stesso non esente da questo spirito: la prima versione della Mobilitazione totale, quella del 1930, testimonia quanto lautore fosse sottoposto a influssi nazionalistici, che interpretano lentusiasmo e il senso della battaglia in un senso opposto alla mobilitazione e basato soprattutto sulla tradizione guerriera germanica45. Nella prima versione della mobilitazione totale, Jnger rimprovera la Germania di aver imparato a parlare una lingua diversa da quella dorigine e di non sapere perseguire in una direzione sua propria ed opposta alla spirito dominante. Queste affermazioni vengono ribaltate da Jnger nella versione qui presa in esame del 1980: ogni tendenza reazionaria e nazionalistica viene reputata inattuale nellepoca della Mobilitazione totale; lunico scopo di questo processo di alimentare lafflusso di uomini e materiali, ma la sentenza del campo di battaglia scontata e
Jnger esamina anche da un punto di vista culturale uniniziale distanza della Germania dallideologia del progresso: Chi potrebbe contestare che la civilisation pi intimamente legata al progresso della Kultur []? La Kultur non si lascia sfruttare a scopi propagandistici []. Alla Germania rimasta preclusa la possibilit di volgere efficacemente a proprio favore lo spirito del tempo, di qualunque natura esso fosse (E. Jnger, La mobilitazione totale, cit., p. 127). 45 Nella prima versione della Mobilitazione totale, pubblicata all'interno di Krieg und Krieger, Jnger ancora legato a motivi nazionalistici: il nuovo armamento nel quale gi da tempo siamo impegnati deve essere una mobilitazione totale dellelemento tedesco e nientaltro che questo . (La mobilitazione totale del tedesco, in Scritti politici e di Guerra 1929-1933, cit., p. 175). Mentre nell'ultima, quella retrospettiva del 1980, l'autore chiarisce come il progresso dovesse essere semplicemente accettato dalla Germania in quanto compimento della parte religiosa della Mobilitazione totale. Per un ulteriore approfondimento di questo tema cfr. C. Galli, La mobilitazione totale e il nichilismo, in AA.VV., Ernst Jnger e il pensiero del nichilismo, Herrenhaus, Milano 2002, pp. 68-69.
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assume le sembianze di un destino ineluttabile. Con il passare del tempo, Jnger intuisce che la trionfante avanzata del progresso avrebbe messo a tacere qualsiasi tentativo di resistenza: quella della Germania non pi vista come una semplice sconfitta, ma come laccettazione del fallimento di una determinata concezione del mondo. Nonostante la Germania fosse, infatti, pi incline alla soluzione bellica rispetto alle altre nazioni; essa condannata a perdere la guerra, in quanto, rifiutando lo spirito del progresso, non realizza la mobilitazione totale sul fronte interno. La prima guerra mondiale realizza un estremo livellamento; lo scontro ideologico, semmai ci fosse stato, si annulla con la fine delle ostilit e segna linarrestabile ascesa del progresso anche nelle nazioni che, come la Germania, gli si erano inizialmente opposte:
Il giubilo con cui da noi lesercito segreto del progresso e il suo invisibile Stato Maggiore salutarono il crollo della Germania, mentre gli ultimi combattenti stavano ancora affrontando il nemico, assomigliava al giubilo per una battaglia vinta. [] Nelle deboli proteste con cui le autorit costituite si affrettarono a cedere le proprie posizioni di comando si esprimeva l accettazione del nuovo spirito. Tra le 46 forze che si erano disputate la partita non vi era alcuna differenza essenziale .

Il tradimento di Novembre e il successivo crollo della Germania sono espressione di una tendenza generalizzata che si propaga a macchia dolio su tutto il globo terrestre. La Mobilitazione totale aveva questo scopo nascosto: sovvertire in nome del progresso lordine costituito e procedere a mobilitare ogni Stato, ogni uomo e ogni forma di vita sulla terra. Jnger non si lascia sfuggire il carattere totale di questa svolta: in ogni paese del mondo si afferma progressivamente la medesima logica, che consegna gli uomini ad una crescente uniformit, sul piano collettivo ed individuale. La mobilitazione non una misura tecnica, ma un destino. Ci che inizialmente appariva come un movimento caotico e privo di fini, si afferma come una svolta necessaria e annuncia sconvolgimenti politici, destinati a cambiare per sempre il futuro delle nazioni. Caduta la forma-stato si palesa un nuovo modo di fare politica; nonostante la sua impalcatura ideologica continui a durare, i concetti e i valori tipici della sovranit statale vengono svuotati di significato: la mobilitazione elimina, peraltro, anche ogni differenza fra destra e sinistra. In tutti i movimenti messi in moto dalla Grande Guerra (Nel fascismo, nel bolscevismo, nellamericanismo, nel sionismo, nei movimenti dei popoli di colore47), Jnger vede lannunciarsi di un ribaltamento ideologico derivante dallo spirito della

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E. Jnger, La mobilitazione totale, cit., p. 132. Ivi, p. 134.

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tecnica, la quale inizia a sottomettere i popoli sino ad arrivare al controllo totale di ogni ambito dellesperienza umana. La totalit che si afferma nel primo conflitto mondiale destinata a determinare il futuro dellumanit. Le ultime pagine della Mobilitazione totale esprimono un quadro compiuto dotato di unit e destinato a caratterizzare lideologia di fondo di ogni nazione. Il successo di un determinato tipo umano travalica ogni frontiera e definisce il destino dei popoli allinsegna di un nuovo percorso, lunico percorribile:

Se consideriamo il mondo cosi come uscito dalla catastrofe, quale unit di intenti, quale rigorosa consequenzialit storica! Davvero, se si fossero colte in uno spazio ristretto tutte le forme fisiche e spirituali non toccate dalla nostra civilt e sopravvissute fra di noi ben oltre la fine del XIX secolo e poi si fosse aperto il fuoco contro di esse con tutti i cannoni del mondo, il successo non avrebbe potuto essere pi totale. Il vecchio carillon del Cremlino regolato adesso sulle note dell Internazionale. A Costantinopoli i bambini nelle scuole imparano a sillabare, anzich gli antichi arabeschi del Corano, i caratteri dellalfabeto latino. A Napoli e a Palermo i poliziotti fascisti regolano la brulicante vita meridionale secondo le norme del traffico moderno. Edifici parlamentari vengono inaugurati 48 solennemente nei pi remoti esotici paesi del mondo [] .

Queste vibranti parole esprimono la profonda consapevolezza di Jnger in merito alla sentenza pi marcata della prima guerra mondiale: la totalit. stato riconosciuto, infatti, nel fenomeno della Mobilitazione la compenetrazione di guerra e tecnica: questo processo, servendosi dellillusione ottica del progresso, garantisce il presupposto metafisico per un mondo completamente tecnicizzato. La mobilitazione totale il preludio di un cambio di rotta che annuncia la nascita di un nuovo Tipo umano. Alla contrapposizione fra Monarchia e Democrazia, manifestatasi attraverso la mobilitazione, corrisponde lopposizione fra due figure antagoniste: quella del borghese e delloperaio, che si contendono il mondo uscito dalla catastrofe. LOperaio consacra lautore, da esperto scrittore di guerra a filosofo. Ernst Jnger nelle pagine di questo saggio abbandona la prima guerra mondiale, per dedicarsi al dominio totale della Forma del lavoro: Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt49 il capolavoro dellautore tedesco perch tratteggia in tale figura epocale i caratteri del processo tecnico-lavorativo affermatosi nella Grande guerra attraverso la mobilitazione totale e responsabile della nascita di una nuova era. Da questo punto di vista, la Mobilitazione totale pu essere considerata un premessa a ci che Jnger avrebbe scritto appena due anni dopo; e ci risulta abbastanza chiaro in una frase contenuta ne LOperaio e ripetuta con la frequenza di
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E. Jnger, La mobilitazione totale, cit., pp. 133-134. E. Jnger, LOperaio, cit.

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uno slogan: La tecnica la mobilitazione del mondo attuata dalla forma delloperaio50.

3. LOperaio, il nuovo tipo umano Nella forma delloperaio si condensa la nuova immagine dellumanit. Jnger ritiene che questa straordinaria figura sia il Tipo umano del futuro, in esso sincarna il pi alto funzionario della tecnica, luomo che manovra le macchine, completamente assorbito e dedito alla mobilitazione totale, dunque, il protagonista delle metropoli dellavvenire. Per comprendere la fisionomia e le caratteristiche delloperaio necessario adottare un nuovo metro di paragone: il parametro individuale ormai abbondantemente superato e la prima guerra mondiale, come abbiamo visto, lo dimostra prima sul campo di battaglia, dopo con la mobilitazione totale applicata alla societ intera. Le caratteristiche principali del tipo umano delloperaio sono: lo stretto rapporto con il numero e la quantit, [] la sua predilezione per le strutture matematiche, lassenza di distinzioni e diversit psichiche51. Loperaio un essere ibrido, privo di qualit spiccate e assolutamente estraneo alle gerarchie morali e sociali che reggono il mondo borghese. Jnger intuisce che con lavvento di questo tipo umano si afferma un nuovo modo di esperire il reale e allinsegna delluniformit si eclissano le differenze individuali su cui si basava la multiforme ricchezza del mondo borghese. Mentre nelle epoche passate, lesistenza del singolo era unica e irrepetibile, con laffermarsi della forma delloperaio, essa diventa chiara e tipica e corrisponde dunque alluniformit del pensiero tecnico. Ma la pi profonda differenza fra loperaio e le altre figure storiche dellumano consiste nel rapporto che la figura intrattiene con la totalit: Jnger ritiene infatti che solo il tipo umano delloperaio sia in grado di realizzarla, in quanto la sua struttura metafisica (derivante dal suo rapporto con la forma) supera ogni differenza e gerarchia di tipo individuale. Elemento distintivo delloperaio infatti lassenza di valori: non essendo sottoposto a gerarchie valoriali, loperaio non solo incarna la totalit, ma sancisce anche la fine di una determinata storia umana, che si chiude definitivamente con la prima
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Ivi, p. 168. Ivi, p. 203.

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guerra mondiale. Lindividuo borghese la prima vittima delloperaio. Non si tratta di una contrapposizione dialettica fra vecchio e nuovo, scrive Jnger, ma dellimpossibilit di proseguire secondo vecchi sentieri52. Le rappresentazioni del mondo borghese sono ormai inattuali: la massa e lindividuo sono scomparsi nel fuoco della Grande guerra, perch essendo grandezze individuali fanno ancora riferimento a determinate gerarchie, che sono invece definitivamente superate dalla figura totale delloperaio:

Il tipo umano non toccato in alcun modo da quelle gerarchie di valori, poich la sua configurazione l dove egli appare in sembianza di comunit, e non quella della massa; l dove egli entra in scena come singolo, e non quella dell individuo. La rinuncia allindividualit palesemente un impoverimento soltanto dellindividuo, che vede in quella rinuncia la propria morte. Per il tipo umano, essa la chiave che schiude un altro mondo, incomprensibile a una critica che usi tradizionali criteri di misura. Del resto un errore credere che il tipico sia di grado inferiore rispetto all individuale53.

Lassenza di una disposizione morale nelloperaio permette, secondo Jnger, la completa realizzazione di un mondo nuovo, in cui tecnica e lavoro assorbono la totalit dellesistenza e colonizzano, senza distinzioni, lintera condizione umana. Non possibile cogliere questo cambio di rotta, se non a partire da una svolta metafisica: la totalit, infatti, non si fonda esclusivamente sulloperaio, ma piuttosto sulla forma, che conferisce senso al mondo appena uscito dalla catastrofe. Il concetto di Gestalt una costruzione fondamentale del pensiero di Jnger: attraverso la forma, infatti, loperaio riceve la sua legittimazione, in quanto lunico tipo umano in grado di coglierla. Non un caso che la forma non possieda alcuna qualit54: lassenza di valori nelloperaio deriva dalla partecipazione alla forma e vale lo stesso per tutte le altre caratteristiche del tipo umano. Lingresso nel mondo della forma modifica totalmente la vita: non si tratta di sintesi dialettiche, scrive Jnger, ma di processi di natura totale55. La forma delloperaio segna lavvento di un nuovo dominio. Per cogliere questa svolta epocale non giova n il nesso di causa ed effetto, n i concetti di evoluzione e neppure uninterpretazione marxista della realt. Secondo Jnger, la forma istanza di totalit e di conseguenza non sidentifica semplicemente con un tutto, in quanto essa sempre pi della somma delle parti. La forma si colloca al di l della dialettica, unentit sovrastorica che regola il corso degli eventi; questo comporta che qualsiasi uomo pu divenire strumento di essa: la sua dignit dipende dal modo in cui egli sar in grado di corrispondergli.
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Cfr. ivi, p. 18. Ivi, p. 203. 54 Ivi, p. 76. 55 Cfr. ivi, p. 211.

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Secondo lautore tedesco la prima guerra mondiale la prima espressione storica del dominio della forma, di cui loperaio il solenne protagonista, lunico a possedere lattributo di figura totale. Jnger definisce la storia e levoluzione come il commento dinamico della forma, che non deve essere considerata il prodotto della storia, quanto piuttosto ci che influenza lo sviluppo storico56. Partecipare alleternit della forma permette alloperaio di avere la meglio sulle altre figure storiche. Infatti, la dignit del singolo e quella della collettivit dipendono dalla misura in cui la forma trova in essi rappresentanza. Nel mondo post-bellico, solo loperaio pu aspirare ad identificarsi in modo autentico con la forma; le forze politiche e i giochi di potere tipici della societ borghese esprimono un vuoto che deve essere colmato. Il nazionalismo e il materialismo non colgono nemmeno la superficie del fenomeno; restando interni alle categorie borghesi, essi non hanno alcun legame con leternit della forma, non meno che con loperaio. Il borghese assolutamente privo di un autentico rapporto con la forma: per questo motivo, secondo Jnger, destinato a scomparire, cedendo il passo alloperaio. Jnger arriva a identificare la forma con la totalit, che si esprime appieno solo attraverso il tipo umano:
Autentiche forme sono riconoscibili dal fatto che ad esse consacrata la somma di tutte le forze, dedicata la pi intensa venerazione, riservato l odio pi implacabile. Poich esse custodiscono in se la totalit, esigono la totalit. Ne deriva che l uomo, con la forma, scopra in pari tempo la propria definizione e il proprio destino, e questa scoperta lo rende pronto al sacrificio, che raggiunge la sua pi significativa espressione quando diventa sacrificio di sangue 57.

Secondo Jnger, solo quando loperaio sar in grado di rappresentare se stesso in quanto forma, diventer possibile esercitare un domino totale sulle figure del passato. Questo momento sidentifica con la perfezione della tecnica: che non deve essere pensata come il pieno sviluppo dei mezzi, ma come uno stato di compiutezza in cui loperaio rappresenta se stesso in modo corretto, ossia nella solennit della forma58. Per ultimare questa trasformazione, secondo Jnger, occorre disfarsi di sbagliate interpretazioni delloperaio, da additare in gran parte al mondo borghese. Vedere il tipo umano come una stato o come una classe sociale significa, infatti, ignorare il suo legame con la forma; questo modo di pensare tipicamente borghese e Jnger ritiene

La storia non produce forme ma si modifica in virt della forma ( ivi, p. 75). Ivi, p. 32. 58 Cfr. ivi, p. 158. Lo stato di perfezione occupa perci un posto di secondo piano, proprio come levoluzione; al di la di entrambi questi termini si cela, grandezza superiore e immutabile, la forma (ibidem).
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che non rispecchi altro che una maschera dellinteresse59, che tenta di sfruttare loperaio negli accordi e nelle trattative. Infatti, nonostante la guerra avesse sancito il fallimento delle monarchie e di ogni logica reazionaria, lo stile di vita del mondo borghese si perpetuava ancora nelle citt dEuropa, pur trattandosi comunque di un dominio apparente. Soprattutto in Germania, Jnger constata il predominio della borghesia: la guerra non aveva eliminato gli ultimi residui di un potere ormai privo di un autentico centro. La diversit fra borghese e operaio radicata innanzitutto in due differenti modi di vivere: mentre loperaio non si sottrae al pericolo, il borghese lo evita essendo pi incline alla rinuncia60. nel rapporto che intrattengono con lelementare, che Jnger riscontra la profonda lontananza fra loperaio ed il borghese; il conflitto fra queste figure somiglia ad una disputa generazionale fra padre e figli: eppure lautore ritrova in esso la stessa distinzione che intercorre fra ascesa e declino. Vanno in questo senso le parole di Jnger:
Ci che, piuttosto, merita la massima attenzione, il fatto che tra il borghese e loperaio la distinzione non soltanto depoca, ma soprattutto di rango. Loperaio, cio, in rapporto con le forze elementari di cui il borghese non hai mai avuto neppure il presentimento: neppure della loro pura e semplice esistenza61.

Lelementare la dinamo che sospinge loperaio ed in generale ogni individuo ad agire, la forza motrice che sinsinua nei meccanismi umani, irradiando potenza. Lelementare lo stesso battito del cuore, lanelito di avventura, lazzardo, lamore e lodio; elementare secondo Jnger una forza dionisiaca, vicina alla natura e dunque presente anche nelleros. Ogni uomo possiede forze elementari e persino il borghese non ne escluso: non possibile, infatti, eliminare completamente lelementare dalla propria vita; esso riaffiora, sempre e comunque, perch stato assegnato come dote inalienabile ad ogni individuo62. Jnger rintraccia manifestazioni del mondo elementare anche nella figura del borghese; tuttavia, il difensore per vocazione colloca limpulso

Cfr. ivi, p. 18. Esistono due tipi duomo, uno dei quali si mostra ad ogni costo pronto alla trattativa, laltro ad ogni costo pronto al combattimento (ivi, p. 37). 61 Ivi, p. 18. 62 Cfr. ivi, p. 48. Nel passo sopra citato, Jnger sottolinea come lelementare sia una dote inalienabile delluomo: Luomo vive in modo elementare, in quanto egli un essere naturale e in egual misura demonico. Nessun ragionamento filosofico pu sostituire lattivit dei reni, e non esiste alcuna grandezza, e sia pure la stessa ragione, che non si assoggetti qualche volta ai bassi e ai superbi istinti vitali (ibidem).
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dellelementare al di l del suo orizzonte, in una strana posizione difensiva, cio in quella del romanticismo63. Nel mondo borghese, ogni azione dellindividuo e la stessa societ mossa da un ideale di comodit e di sicurezza; secondo Jnger, il borghese nega la pericolosa realt dellessere e sospinge le forze elementari nel dominio dellerrore e dellassurdo. La potenza suprema grazie alla quale il borghese vede garantita la propria sicurezza la ragione. Ogni conflitto considerato per questo motivo evitabile e nel caso si presentasse, rappresenta un errore da risolvere mediante leducazione e la filosofia dei lumi. Jnger rintraccia latteggiamento difensivo del borghese persino durante la Grande guerra: il borghese rifiuta infatti laggressione e indossa solo mal volentieri luniforme di guerriero, nel caso in cui fallissero gli accordi e le trattative. Secondo Jnger, lo scopo di questo processo inaridire le fonti del pericolo, considerandolo come qualcosa di irrazionale ed immorale per definizione. Tuttavia la visione romantica della borghesia destinata a scontrarsi con la cruda realt dei fatti: il pericolo, scrive Jnger, domina ora il presente e irrompe nella scena del mondo con lo scoppio della prima guerra mondiale64. La trasformazione dello spazio romantico in spazio elementare si verifica attraverso questo conflitto: lingresso in una vita nuova e pericolosa assimilabile allavvento delloperaio, che segna allo stesso tempo il dominio della forma. Jnger precisa che la profonda decadenza della borghesia non sia provocata soltanto dal modo in cui essa ostacola la forza elementare; ma piuttosto dal fatto che il borghese non appartiene al mondo della forma, e perci il tempo lo divora65. Essendo loperaio invece, intimamente legato alla forma; le forze elementari di cui si serve gli garantiscono il dominio sulla figura storica del borghese, che invece soccombe nei catastrofici eventi della Grande Guerra. Il borghese non capace di attuare una mobilitazione totale, perch evita ad ogni modo il pericolo e non ha alcun rapporto metafisico con la forma del lavoro. Anche nel modo in cui il borghese si serve dei mezzi, Jnger riscontra un errore fatale: vedere la tecnica come uno strumento del progresso, significa non riconoscere in essa la sua vera natura, che si cela nella forma delloperaio e non in un ideale di sicurezza. Proiettare allinfinito lo sviluppo della tecnica non altro, secondo Jnger, che un surrogato della religione: nel mondo

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Ivi, p. 49. Cfr. ivi, p. 53. 65 Cfr. ivi, p. 36.

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borghese la conoscenza assume un compito redentore; dovrebbe condurre, infatti, lumanit verso una meta in cui levoluzione garantisce legemonia universale della ragione e del benessere. Eppure, come sottolinea lautore tedesco,

il discorso che vien fatto sul cammino vittorioso della tecnica il residuo di una terminologia illuminista. Pu essere accettabile se si pensa ai cadaveri che questa marcia lascia sulla propria strada. Non si pu parlare di una tecnica in s, cosi come non esiste una ragione in s . [] La tecnica delle macchine deve essere considerata il simbolo di una particolare forma, quella delloperaio 66.

Levoluzione della tecnica, al contrario di ci che pensa il borghese, non illimitata; essa si conclude nel momento in cui la tecnica si presta alle speciali esigenze che la forma delloperaio le impone. La tecnica non dunque lo strumento intellettuale della comodit e del progresso, ma deve essere pensata come linguaggio elementare, che congeniale soltanto al tipo umano. Infatti, ci che per il borghese oscuro e inaccessibile, per loperaio ha una dimensione metafisica: solo ad un pensiero tipico concesso di sfruttare realmente i mezzi della tecnica. Il tentativo borghese, imposto dal trattato di Versailles, volto a controllare gli armamenti delle nazioni sconfitte, diventa allora inutile ed illusorio, in quanto, secondo Jnger, questo processo non pu essere arrestato da una semplice volont individuale ma deve essere mediato e orchestrato dalla forma delloperaio. Luomo non possiede un rapporto diretto con la tecnica e non ne pu disporre a suo piacimento; gli strumenti tecnici, infatti, senza la forma delloperaio alle loro spalle, non sono altro che giocattoli. La tecnica la mobilitazione del mondo attuata dalla forma delloperaio67. Secondo Jnger, dunque, soltanto il tipo umano ha una speciale vocazione nei confronti della tecnica; questo rapporto modellato, infatti, dalla forma delloperaio e possiede un carattere metafisico solo per mezzo di essa68. Il borghese non riconosce, invece, la vera potenza che si nasconde al di l degli strumenti di cui si serve; in quanto la tecnica non fabbricata su misura per lindividuo, ma ha bisogno, per essere realmente attuata, della struttura tipica che solo loperaio possiede. Tecnica infatti: padronanza del linguaggio valido nellambito del lavoro69; anche in questo caso il borghese non in grado di esplicare la dimensione totalizzante, che il lavoro acquista, quando viene effettuato dal tipo umano. Tecnica e lavoro assumono nella forma delloperaio una propriet metafisica: la prima fornisce il
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Ivi, p. 69. Ivi, p. 168. 68 Cfr. ivi, p. 239. 69 Ibidem.

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linguaggio70, luniforme delloperaio; il secondo ne regola il principio e sinsinua come uno speciale modo di vivere71. Non a caso, secondo Jnger, loperaio rappresenta appieno nel proprio essere, ci che potrebbe essere definita a buon diritto, una metafisica del lavoro:
Il corso degli eventi in virt del quale una nuova forma, la forma dell operaio, viene alla luce come particolare espressione di umanit, si presenta, in vista del dominio sul mondo, come l entrata in scena di un nuovo principio, che dobbiamo chiamare lavoro. Mediante questo principio vengono determinate le uniche forme di controversia possibili nella nostra epoca; esso fornisce la sola piattaforma sulla quale ci si pu sensatamente incontrare, ammesso poi che ci si voglia incontrare 72.

il lavoro [Arbeit] il principio cardine delloperaio: questa straordinaria figura riesce ad incarnare attraverso il sistema del lavoro la totalit dellesistenza. Secondo Jnger, nel linguaggio del lavoro si riassume tutto ci che pu essere pensato, sentito o voluto; anche quando si al di fuori di esso si rimane intrappolati dal pensiero calcolante e dal principio di prestazione che accompagna loperaio anche nei momenti di ozio e di riposo. Nel mondo delloperaio entrano in gioco, in qualit di lavoro, ambiti apparentemente molto distanti come lo sport, lo svago e persino il tempo libero. Con la diffusione della tecnica in qualsiasi aspetto dellesistenza quotidiana, la giornata lavorativa dura ventiquattro ore. Pertanto, non sussiste alcuna differenza fra i giorni di lavoro e i giorni festivi: in qualsiasi momento si operai e di conseguenza anche il riposo e lo sport, scrive Jnger, non saranno mai e in nessun caso il contrario del lavoro73. Nella sfera pubblica come in quella privata, il lavoro assume una dimensione esistenziale a cui non dato sfuggire. Jnger sostiene che nellepoca delloperaio il mondo diventa un ambiente in cui concesso soltanto lavorare. Elevando il lavoro al rango di principio metafisico, Jnger di fatto rifiuta la concezione ottocentesca del lavoro, inteso come fondamentale unit di misura del mondo economico. Il divenire storico non pu essere determinato interamente dalleconomia: esso dipende, come detto, dalla forma delloperaio che pu decidere e disporre dellintera realt economica, non una ma mille volte74.

Questo linguaggio non meno significativo, non meno profondo di qualunque altro, poich ha in se non solo una grammatica ma anche una metafisica (ivi, p. 140). 71 Ivi, p. 81. 72 Ibidem. 73 Cfr. ivi, p. 83. Nel saggio, Sul dolore, pubblicato nel 1934, Jnger ribadisce come lo sport deve essere considerato come lavoro nel mondo delloperaio: Lo sport una componente del sistemalavoro, di cui anzi fornisce unimmagine molto nitida proprio per il suo carattere gratuito. [] Ma non c alcun dubbio che la pratica sportiva sia oggi una professione a pieno titolo (E. Jnger, Sul dolore, in Foglie e pietre, cit., p. 181). 74 E. Jnger, LOperaio, cit., p. 82.

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Jnger decreta laffinit del marxismo con il pensiero borghese, nel tentativo di inquadrare il concetto di operaio in quello di coscienza di classe. Con il materialismo storico si tenta di assegnare alloperaio una finta posizione difensiva, allinterno della quale assicurato lordine borghese nelle sue norme decisive. Questatteggiamento il perno di una dittatura del pensiero economico, che non permette alloperaio di liberarsi delle false interpretazioni che gli sono state assegnate. Il tipo umano non un prodotto industriale e neppure una merce di scambio, ma lespressione di una nuova forma e di una superiore legittimit. La rivolta degli operai non si verificher a partire da una contrapposizione dialettica fra sfruttatori e sfruttati, ma dal totale riconoscimento della relazione tra operaio e forma del lavoro75. Solo attraverso la forma del lavoro, loperaio potr subordinare a s ogni legge economica, cosi come ogni altro aspetto della vita. Jnger ritiene che il lavoro domini la sostanza delluomo, in quanto si afferma nel tipo umano come modalit di pensiero e linguaggio universale. La totalit dello spazio lavorativo assume attraverso la forma delloperaio la totalit dellesistenza. Di conseguenza, il lavoro non una semplice attivit economica, in quanto comprende tutto:
doveroso sapere che in unera operaia, [] non pu esistere nulla che non sia concepito come lavoro. Lavoro il ritmo della mano operosa, dei pensieri, del cuore, la vita diurna e notturna, la scienza, lamore, larte, la fede, il culto, la guerra; lavoro lorbitale atomico che muove i sistemi planetari 76.

4. Lavoro e libert In questo celebre passo del LOperaio, Jnger chiarisce come la realt sia interamente condizionata dal principio universale del lavoro, mediante cui ogni cosa partecipa del mondo della forma, ricevendone senso e articolazione. Eppure, Jnger non lunico autore del Novecento ad attribuire al lavoro una dimensione totalizzante; anche Martin Heidegger dello stesso avviso: entrambi gli autori concordano nellassegnare al principio del lavoro una straordinaria potenza metafisica.

Noi per abbiamo visto che una coscienza di classe in questo senso non basta, e che essa invece, cosi come fa parte del pensiero borghese, pu dar luogo soltanto ad una condizione borghese pi estesa ed annacquata. Insomma, si tratta assai di pi che della coscienza di classe, poich il dominio, che al centro della questione, pu trovare un suo plausibile modo di rappresentazione soltanto acquistando maggiore respiro e colpo dala, non gi mediante un contrasto dialettico o sulla scia di unultima conseguenza allinterno del vecchio mondo (E. Jnger, LOperaio, cit., p. 84). 76 Ivi, p. 62.

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Nel saggio di Heidegger Oltrepassamento della metafisica77, il riferimento a Jnger addirittura esplicito ( uno dei rari casi in cui Heidegger menziona un autore di riferimento): Il lavoro, infatti (cfr., Ernst Jnger, Der Arbeiter, 1932) perviene oggi al rango metafisico di oggettivazione incondizionata di tutte le cose presenti78. Con queste parole Heidegger dimostrava di aver imparato al meglio la grande lezione di Jnger, non solo per aver compreso il carattere di totalit del lavoro, ma soprattutto per aver intuito quanto questo processo avesse causato un clamoroso sovvertimento della libert individuale e del connesso statuto dellumano. Allinterno dello stesso saggio, Heidegger definisce infatti luomo come lanimale da lavoro, che abbandonato alla vertigine delle sue produzioni si distrugge e si annienta nella nullit del niente79. Il lavoro responsabile di una profonda metamorfosi antropologica, poich installa nelluomo una sorta distinto, una pulsione al calcolo che sprigiona la sub-umanit e rende luomo simile allanimale, questa volta tecnologicamente evoluto80. Il lavoro totale caratterizza le riflessioni di Jnger quanto quelle di Heidegger: lanimale che lavora molto simile alla figura delloperaio, non solo perch dispiega la tecnica in modo distruttivo, ma soprattutto perch privato della tradizionale libert di cui luomo poteva ancora godere nelle epoche precedenti. Limpossibilit di sfuggire al mondo del lavoro determina nuovi scenari. Allo stesso modo dei valori, anche la libert muta il proprio significato, mostrando ancora una volta il riflesso gelido del pensiero unico. La disciplina che caratterizza il campo di battaglia diventa cogenza delle regole e dei ritmi di lavoro nel dopo-guerra; loperaio, secondo Jnger, imprime il sigillo del lavoro anche laddove non sembrerebbe possibile. Lo spazio proprio del lavoro sconfinato e totale; la stessa libert delluomo si configura ora come unesigenza di lavoro, in quanto esiste in fin dei conti soltanto una forma nella quale si pu volere81. Al contrario di quanto possa apparire, la dittatura delloperaio non consiste nella realizzazione di un totalitarismo; mentre nel fascismo o nel nazismo la libert viene automaticamente repressa, nel mondo delloperaio la libert sidentifica con il

M. Heidegger, Oltrepassamento della metafisica,in Saggi e discorsi, tr. it. di G. Vattimo, Mursia, Milano,1992. 78 Ivi, p. 46. 79 Cfr., ivi, p. 47. 80 Listinto quel potenziamento dellintelletto in una incondizionata facolt calcolante che appartiene alla sovraumanit. Poich questo calcolare domina completamente la volont,[...] la prima regola del calcolo 'calcolare tutto'. [] Lincondizionata presa di potere da parte della sovraumanit comporta anche la completa liberazione della subumanit. L impulso dellanimalit e la ratio delluomo divengono identici (M. Heidegger, Oltrepassamento della metafisica, cit., p. 629). 81 Cfr. LOperaio, cit., p. 61.

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servizio ed sinonimo di ubbidienza. Secondo Jnger non possibile godere della libert laddove non vi sia attivit operante: il lavoro esprime una necessit uguale per tutti gli individui, anche perch essere al di fuori di esso significa non partecipare alla forma delloperaio. Da questo punto di vista, le lotte per lemancipazione femminile condotte nel mondo del lavoro, sottolineano come talvolta una maggiore domanda lavorativa possa essere scambiata per unesigenza di libert. Jnger molto chiaro a riguardo: nellepoca del lavoro totale anche la pi naturale distinzione biologica cade in disuso, in favore di una sempre pi spiccata disponibilit lavorativa. In una catena di montaggio assolutamente indifferente sapere se, sotto luniforme di operaio, si nasconde il volto di un uomo o di una donna; occorre solamente che venga ricoperta con disciplina lintera giornata lavorativa al di l di ogni distinzione fisico-biologica: Nella parificazione dei sessi sono il modo di pensare, di agire e spesso anche la capacit lavorativa maschile a costruire un criterio di misura. Si tratta dunque, essenzialmente, di portare la donna ad adeguarsi ai ritmi di un mondo pensato e creato per luomo82. La nascita del terzo sesso, loperaio, non pone affatto fine alla distinzione elementare fra uomo e donna, ma dimostra essenzialmente quanto unesigenza di lavoro possa cambiare profondamente il modo di vivere di ogni essere umano 83. Jnger ritiene che la totalit dello spazio lavorativo si affermi definitivamente quando inizia a mutare il rapporto fra i sessi; infatti in un mondo patriarcale non sarebbe possibile mobilitare lintera condizione umana, perch le donne rimarrebbero escluse. La realizzazione del carattere di lavoro totale uno dei momenti conclusivi della mobilitazione; un successivo passo consiste nellappropriazione da parte delloperaio delle forme di potere a cui ancora non ha accesso. Non infatti esclusivamente il lavoro a dover raggiungere un certo grado di perfezione: in questo processo conta anche il potere. La situazione politica del dopoguerra era invece espressione di un mondo mutevole e instabile: il potere ancora in mano alla borghesia e allo stato di matrice liberale, di conseguenza il lavoro e la produzione dei mezzi risultano dipendenti da leggi economiche. Jnger riconosce in ogni nazione il dominio di una concorrenza
E. Jnger, Lo Stato Mondiale, Organismo e Organizzazione, ed. it. a cura di Q. Principe, Guanda, Parma 2010, p. 57. 83 Jnger ritiene che nel mondo del lavoro si annulli ogni differenza di sesso: Lomogeneit dellabito si estende non solo a tutte le et ma travalica anche le differenze di sesso, e viene spontanea lidea curiosa che alla scoperta del lavoratore si accompagni la scoperta di un terzo sesso (E. Jnger, Sul dolore, cit., p. 159). Lautore tedesco rimane tuttavia convinto che un mu tamento simile non sia possibile in assoluto: Non lo certamente, nel senso in cui questo rapporto (uomo-donna) rientra nel novero delle opposizioni elementari e primordiali, come il combattimento (E. Jnger, LOperaio, cit., p. 96).
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sfrenata: lintera societ assume dunque un carattere anarchico e provvisorio, tipico di un paesaggio da officina. Lo stato nazionale , secondo Jnger, obbligato alla concorrenza: la corsa agli armamenti non pu essere ostacolata da organi come la Societ delle nazioni perch la tecnica non uno strumento fabbricato su misura per la nazione84. Questo non significa che il clima teso della prima guerra mondiale debba persistere allinfinito; infatti, ogni progresso conosce un suo punto di arresto e anche la distruzione sar sostituita da un ordine sommamente ordinato con la forma delloperaio, questa volta protagonista. Loperaio un distruttore feroce ma sa essere al contempo ordinatore del mondo. Jnger ritiene che una volta distrutto lo stato di matrice liberale sar possibile un dominio incontrastato delloperaio attraverso la democrazia del lavoro85. Sostituendo i vecchi ordinamenti con quelli legittimi, la concorrenza e leconomia potranno essere facilmente controllate e saranno al completo servizio delloperaio. La democrazia del lavoro suggerisce lavvento di una societ totale: la diversit dei partiti politici immaginaria86, in quanto al di l di ogni divisione si cela la figura delloperaio che ingloba la politica come leconomia. Allinterno di questo progetto, i mezzi di informazione si trasformano in pure grandezze di lavoro: la stampa e la radio diventano organi dello Stato e non divulgano la libera opinione degli individui ma un punto di vista concluso e fortemente omogeneo87. Con il programma di lavoro, lorganizzazione della societ risponde compiutamente alle esigenze delloperaio: ogni singolo individuo incarna il carattere di lavoro totale e ci possibile soltanto attraverso ci che Jnger chiama la costruzione organica. Egli ritiene che, a partire da questo importante concetto si profili la possibilit per loperaio di creare un ordine nuovo, funzionale alla sua stessa natura,
Jnger riscontra nella sorti della Germania post-bellica le contraddizioni della Societ delle nazioni: Lo Stato nazionale obbligato alla concorrenza, e la prova il fatto che non si voluto disarmare del tutto la Germania: le hanno lasciato soldati, navi, cannoni in quantit sufficiente perch almeno la finzione di una concorrenza potesse mantenersi in piedi. Nello spazio governato da principii liberali, lideale la strapotenza, non palese ma velata, controbilanciata da una velata schiavit (ivi, p. 173). 85 Nel passaggio dalla democrazia liberale alla democrazia del lavoro si compie un salto di qualit: da modo di vivere, il lavoro si trasforma in stile di vita. Per quanto possano essere cangianti le molteplici sfumature in cui avviene questa metamorfosi, il senso sempre uno e medesimo: sta cominciando il dominio delloperaio, nascosto dietro quelle sfumature (ivi, p. 237). 86 Cfr. ivi, p. 227. Ogni contrapposizione fra partiti va a finire sempre nel medesimo risultato. La loro apparente diversit serve al singolo, poich gli rende possibile un cambio di prospettiva e il sentimento del consenso (ibidem). 87 Cfr. ivi, p. 242. Allinterno dello stesso paragrafo, Jnger aggiunge: Come il giornalista si trasforma da individuo borghese in tipo umano, cosi la stampa, da organo della libera opinione, si trasforma in organo di un preciso e severo mondo del lavoro ( ivi, p. 243).
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ossia modellato sulla totalit. infine questo il compito supremo delloperaio, il momento conclusivo della mobilitazione totale: con la costruzione organica, tecnica e natura sintegrano sempre di pi e si realizza compiutamente la totalit del tipo umano. Secondo Jnger, la costruzione organica promuove unintima e coerente fusione delluomo con gli strumenti a sua disposizione. [] la tecnica raggiunge quel supremo grado di naturalezza che presente nelle membra degli animali e nelle articolazioni delle piante88. Lingresso nella costruzione organica comporta il definitivo passaggio da uno schema individuale a uno schema totale, sia nella rappresentazione del singolo come individuo, che in quella dello Stato come collettivit. Jnger prevede, cos, il destino globale delluomo contemporaneo; queste parole anticipano lo Stato mondiale89 e delineano il compito pi arduo delloperaio:
Il corso di questa vicenda esige, dinanzi alla crescente perfezione dei mezzi, una sempre pi omogenea fusione delle forze organiche e meccaniche: una fusione che indichiamo come costruzione organica. Questa fusione d nuovi contorni al modo di vivere del singolo, cosi come determina il genere di mutamento da attuarsi negli Stati. Nella situazione attuale solcata da resistenze che devono essere eliminate, e che sono allopera per un semplice motivo: il singolo si concepisce ancora come individuo, lo Stato si interpreta ancora come Stato nazionale plasmato su un modello individuale. Ma in quanto il singolo operaio e si muove allinterno di grandezze di lavoro, non si pu parlare di contrapposizione tra lui e i suoi mezzi. A questo punto, i mezzi rivoluzionari diventano legittimi, ed sintomo di nuovi ordinamenti sul nascere il fatto che la loro assunzione in servizio dia buon esito. [] La loro origine comune la forma delloperaio90.

Ivi, p. 166. E. Jnger, Lo Stato Mondiale, Organismo e Organizzazione, tr. it. di Q. Principe, Guanda, Parma 2010. In alcuni passi dellOperaio si prefigura gi lo Stato mondiale, saggio che viene scritto da Jnger nel 1960: Lo spazio naturale cui si riferiscono dominio e forma delloperaio ha una dimensione planetaria. [] Lassalto al pianeta gi cominciato, e, bench le sue fasi rivoluzionarie siano ancora in corso, anche in tal caso non si pu trascurare una prospettiva planetaria (E. Jnger, LOperaio, cit., p. 201). 90 E. Jnger, LOperaio, cit., pp. 193-194.
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Capitolo II Lo stato mondiale


1. La pace
Sembra che si consideri paradossale se un combattente parla della pace. Si pu rispondere che soltanto la sua firma da credito alla sua parola. E. Jnger, Irradiazioni.

Nel 1939, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, Ernst Jnger richiamato alle armi dal regime nazista; la vita dello scrittore tedesco si intreccia ancora una volta con i drammatici eventi del XX secolo. Appena due anni dopo, infatti, Jnger assegnato, in qualit di ufficiale, alle truppe di stanza nella Parigi occupata: lontano dallazione e dal campo di battaglia, egli intrattiene rapporti con gli esponenti della cultura francese e si dedica soprattutto alla riflessione e alla stesura dei suoi diari. Se si confronta limpavido combattente della Grande guerra con lo Jnger maturo del secondo conflitto mondiale, sono innegabili le differenze. Il giovare eroe delle Tempeste dacciaio ha riposto la sua uniforme di guerriero: durante il soggiorno parigino, viene addirittura accusato di disfattismo, tuttavia egli combatte un diverso tipo di battaglia, una battaglia solitaria 1 , differente da quella combattuta dallesercito tedesco e ancor meno conforme a quella della propaganda nazista. Durante gli anni della seconda guerra mondiale, infatti, Jnger, piuttosto che condividere lesperienza del fronte, frequenta artisti e letterati dellambiente parigino e si confronta con le profonde radici interiori da cui il mostro della guerra si genera. La personale battaglia di Jnger si svolge, infatti, soprattutto attraverso il mondo dei libri e della letteratura, come se si fosse creata una frattura incolmabile con il mondo esterno, un profondo distacco spirituale2. Pur essendo un intellettuale, Jnger non diventa uno spettatore passivo: si allontana sempre di pi dallimpegno diretto ma consegna ai diari tutta la sua indignazione ed il suo sconcerto per le azioni compiute dal regime nazista,

Nella seconda guerra mondiale, Jnger combatte: Una battaglia solitaria, ma non per questo privata: essa non riguardava infatti la propria personale sopravvivenza o vittoria, ma il destino dellOccidente e della sua storia, come pure lessenza stessa delluomo (C. Resta- L. Bonesio, Passaggi al bosco. Ernst Jnger nellera dei Titani, Mimesis, Milano, 2000, p.15) . 2 La realt che per me contava era unaltra rispetto a quella degli eventi. Si era creata una distanza, una frattura incolmabile. Di qui il mio ripiego in me stesso, nel mio mondo interiore, nella realt dei libri e della letteratura. Come se lattore di u n tempo fosse sparito e restasse soltanto lo spettatore (A. Gnoli E. Volpi, I prossimi titani. Conversazioni con Jnger, Adelphi, Milano 1997, pp. 77-78).

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fino ad essere coinvolto se pure non in prima persona nellideazione dellattentato ad Hitler del luglio 1944. Nella raccolta dei sei diari di guerra, Irradiazioni3, emergono chiaramente le ragioni di questo distacco: larrogante e violenta dittatura nazista, le drammatiche persecuzioni razziali e i bombardamenti nelle citt dEuropa influenzano profondamente il giudizio di Jnger e tutte le sue opere successive. Negli anni della seconda guerra mondiale, egli assiste al trionfo di una tecnica omicida sul campo di battaglia e alla sospensione del diritto negli stati totalitari. Unesperienza ancora pi drammatica della Grande guerra sconvolge lumanit e, proprio a partire dalla seconda guerra mondiale, possibile individuare una svolta nel pensiero e nellopera di Jnger. Nei diari parigini, lautore scrive pagine cariche di sdegno e denuncia per i crimini che venivano atrocemente commessi. Terribili sogni e visioni apocalittiche affliggono lo scrittore tedesco, sconvolto dalle inquietanti notizie sullo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento. Il processo di revisione che conduce Jnger ad allontanarsi dalla posizione di fiducioso ottimismo nei riguardi della tecnica, espressa in particolare ne LOperaio, dettato anche dagli sconvolgimenti osservati sui campi di battaglia della seconda guerra mondiale. Rispetto alla Grande guerra, infatti, Jnger accerta la definitiva scomparsa di ogni eroismo individuale e prende atto di un ulteriore imbarbarimento delle pratiche di guerra utilizzate a discapito dei civili. Mentre nella prima guerra mondiale, il problema era stabilire chi fosse pi forte fra luomo e la macchina; nella seconda scrive Jnger si tratta piuttosto di vedere se alluomo o allautoma spetti il dominio del mondo4. Jnger intuisce che la tecnica, al culmine del suo progresso meccanico, sfocia nellautomatismo 5 ; di conseguenza nella seconda guerra mondiale, luomo non pi in grado di arginare la distruzione e riveste un ruolo sempre pi marginale rispetto alla macchina. Come documentano gli stessi diari, Jnger constata la fine della cavalleria; le seguenti parole attestano anche un deciso superamento del suo passato di combattente:
Parlarono ancora delle gallerie di gas velenosi, nelle quali vengono inoltrati i treni carichi di ebrei. Sono voci che corrono; ma senza dubbio si compiono stragi in grande stile. [] Chi ha conosciuto certi singoli destini e considera quale siano le proporzioni delle stragi, che si consumano in questi nidi di carnefici, si sente naufragare in una mare di sofferenza senza speranza. Allora mi assale lo schifo delle uniformi, delle spalline, delle decorazioni, del vino, delle armi, di cui un tempo amai tanto lo splendore.

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E. Jnger, Irradiazioni. Diario 1941-1945, tr. it. di H. Furst, Guanda, Parma 1993. E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 97. 5 E. Jnger, Trattato del Ribelle, tr. it. di F. Bovoli, Adelphi, Milano 1990, p. 36.

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La vecchia cavalleria che dette nobilt alla potenza nelle guerre napoleoniche, e perfino nella guerra 6 mondiale, finita per sempre. Le guerre sono dirette dai tecnici .

Limpareggiabile violenza del secondo conflitto mondiale, la crudelt dello scontro e le sue dimensioni, suggeriscono a Jnger una nuova interpretazione della guerra. Durante loccupazione parigina, egli scrive il saggio La pace7, in cui possibile rintracciare una profonda svolta spirituale dellautore. Con questo testo, infatti, Jnger compie un significativo cambio di rotta rispetto alle opere precedenti, poich la guerra assume ai suoi occhi un valore catartico: Jnger valuta la seconda guerra mondiale come un immenso sacrificio che pu generare una profonda purificazione. Attraverso il conflitto, gli uomini potrebbero conseguire una nuova stabilit, una sorta di rinascita. Infatti, secondo lautore tedesco, tanto sangue non stato versato inutilmente: un grande tesoro di sacrifici si accumulato a fondamento della nuova costruzione del mondo8. Nel saggio La pace, Jnger tenta di cogliere il senso di questo sacrificio, immergendosi nel puro dolore e nella sofferenza che affligge i popoli di ogni paese. I caduti della seconda guerra mondiale vengono considerati da Jnger come vittime sacrificali: cadendo, esso sono cos diventati il buon seme che dar un ricco raccolto9. Ispirandosi a questa metafora, lautore articola questo scritto in due parti: nella prima, intitolata la semina, Jnger si interroga sul sacrificio; la seconda, il raccolto, riguarda invece la costruzione di nuovi ordinamenti. Prima di analizzarne i contenuti, occorre innanzitutto sottolineare che il sacrificio di cui parla Jnger non riguarda esclusivamente i soldati caduti sul campo di battaglia. Negli anni della seconda guerra mondiale, il terrore regna sulluomo come una legge suprema: infatti, al di l della guerra stessa, atrocit e persecuzioni razziali opprimono la vita di intere generazioni. Soprattutto negli stati totalitari, Jnger assiste al tramonto della civilt: nel considerare il sacrifico, infatti, non lecito dimenticare coloro che soffrono senza colpa alcuna e sono stati massacrati per sete di sangue e senza

E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 199. E. Jnger, La pace, tr. it. di A. Apa, Guanda, Parma, 1993. Nei diari, lautore stesso commenta: Questo scritto (La pace) rappresenta un cambiamento significativo nel mio lavoro; in una certa maniera un libero collegamento alla gerarchia della morale, connaturata alla creazione (E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 305). 8 E. Jnger, La pace, cit., p. 10. 9 Ivi, p. 25.
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motivo10. Nello scritto La pace, la denuncia ai campi di concentramento e allo sterminio degli ebrei palese: secondo Jnger, questi antri di orrore rimarranno impressi per sempre nella memoria delluomo, come monito per le guerre future 11 . Durante la seconda guerra mondiale, le fiamme hanno sparso ovunque i segni dellodio e della vendetta ed innumerevoli sono state le vittime innocenti. Infatti, ogni ordinamento e ogni conquista dello spirito umano si sono trasformati in strumento di oppressione12. Il dolore e la violenza hanno tormentato ogni popolo: secondo Jnger, i grandi carnefici si somigliano tutti; ci che muta in fondo solo lideologia politica, ma non il volto sempre identico della tirannia13. Proprio a partire da una sofferenza universalmente diffusa, Jnger sostiene che la figura simbolica della seconda guerra mondiale sar radicata pi a fondo rispetto a quella della prima:
Allora essa fu incarnata dal milite ignoto. [] Ma ora la sofferenza era avviluppata in modo universale e pi oscuro: affondava le sue radici nel sostrato materno.[] Come la vittima che aveva conquistato forma nel milite ignoto ha elevato la sensibilit dei popoli, cos il nuovo sacrificio risulter 14 efficace e costruttivo ben oltre i loro confini, in quanto sacrificio della terra stessa .

Come emerge dalle parole di Jnger, il sacrificio della terra connesso alla sofferenza materna che fu uguale in ogni paese, in quanto nelle madri si raccoglie il dolore di tutta lumanit. Per questo motivo, la seconda guerra mondiale risulta pi violenta rispetto alla prima: gli avversari sono divisi da un fattore ideologico; si tratta, secondo lautore tedesco, di una guerra tra fratelli. Per la prima volta, Jnger si sente coinvolto in un intrico di conflitti ben diverso da quello degli stati nazionali in lotta fra loro15. Infatti, ad animare lo scontro non tanto la contrapposizione fra totalitarismo e democrazia, quanto piuttosto la lotta fratricida; bisogna valutare la seconda guerra

Cfr. E. Jnger, Irradiazioni, cit., p.304. Cfr. E. Jnger, La pace, cit., p. 20. 12 E. Jnger, La pace, cit., p. 18. In un altro celebre passo del saggio La pace, Jnger spiega come, durante il conflitto, il senso degli alti doveri delluomo si fosse drasticamente trasformato: il lavoro e le scienze si erano volti al servizio della morte, la spada salvaguardava l ingiustizia, il giudice [] degradava il diritto a strumento delle tribune, gli insegnati inv ece di costituire un esempio distruggevano nei bambini limmagine di Dio e i medici, invece di guarire, mutilavano i deboli, uccidevano i feriti (ivi, p. 22). 13 Cfr. ivi, p.16. E come nei grandi incendi ad alimentare le fiamme ora un vento ora l altro, cosi ci furono paesi in cui il terrore rosso prese il posto del terrore nero, e le vittime caddero ora sotto i colpi del proprio despota, ora sotto quelli della potenza straniera. [] Per quanto le idee nel cui nome si reclamano teste si nascondano dietro maschere differenti, le grandi fosse comuni sono tutte uguali (ibidem). 14 Ivi, p. 24. 15 E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 158.
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mondiale non solo come un evento bellico tra popoli e stati, tra nazioni e razze ma, in misura assai maggiore, come una guerra civile di portata mondiale, che ancora una volta ha diviso il pianeta in fronti pi occulti, ma per ci stesso pi spaventosi16. La guerra civile mondiale segna lingresso in una nuova epoca; Jnger ritiene che nella lotta fratricida sia in gestazione un nuovo senso della terra. I sintomi di questa trasformazione sono dimostrati dal conflitto stesso che acquista dimensioni planetarie, in quanto ogni paese assolve totalmente i processi di mobilitazione. Al di l di ogni divisione ideologica, gli avversari sono accumunati ancora una volta dalla presenza sul campo di battaglia degli eserciti del lavoro. Nella seconda guerra mondiale, le fiamme hanno saldato il globo con cuciture incandescenti17; di conseguenza, gli obbiettivi dei popoli si sono fusi tra loro e le differenze fra gli Stati si sono ulteriormente ridotte. Da questo punto di vista, lautore ritrova un senso di continuit rispetto alla Grande guerra. Infatti, il secondo conflitto mondiale rappresenta per Jnger il passo decisivo verso lunificazione tecnica del mondo: per la prima volta la terra come globo, pianeta, diventata campo di battaglia, e la storia delluomo spinge verso un ordine planetario, al quale ci si avvia tramite la suddivisione della terra in grandi spazi vitali18. Questi grandi spazi vitali o imperi, che sembrano riecheggiare il sogno nazista, in realt ne rappresentano la contraddizione e il superamento, sia in senso storico che in senso politico. Infatti, la sostanza nazionale dei popoli si consuma definitivamente con la fine della seconda guerra mondiale; questa la grande intuizione di Jnger. Mentre alla Francia erano bastati i sacrifici della Grande guerra per comprendere questo trapasso; la Germania con il nazionalsocialismo manifestava ancora sete di conquista. Tuttavia, Jnger intuisce come, in realt, la Germania non avrebbe mai potuto vincere la guerra, se non nella sua vera natura di guerra di unificazione19. Durante lultima fase della seconda guerra mondiale si fa palese la contrapposizione tra stati nazionali, come le democrazie e i totalitarismi, ed ordini universali, come gli imperi di Russia e

E. Jnger, La pace, cit., p. 14. La guerra tra fratelli comporta ogni sorta di violenza; in questo senso, Jnger individua una netta differenza rispetto alla Grande guerra: Si spiega cosi perche nel corso di questi anni gravidi di destino si giunse a combattimenti ben pi terribili della battaglie dei mezzi e degli scontri a fuoco della Prima guerra mondiale. Perch pi spietato chi crede di lottare per idee e pure dottrine rispetto a chi si limita a proteggere i confini della patria ( ibidem). 17 Cfr. ivi, p. 11. 18 Ivi, p. 35. 19 Cfr. ivi., p. 43. La ragione che la Germania non poteva non perdere la guerra di conquista in qualit di stato nazionale: quanto pi manifest le proprie aspirazioni, tanto pi si videro crescere le resistenze. Ora si tratta di sapere se la Germania, insieme a tutti gli altri, sar in grado di vincere la guerra nella sua natura di guerra di unificazione (ibidem).

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America. Questa convinzione viene espressa da Jnger gi nei diari: si trattava in ultima analisi di sapere se lo stato nazionale nel ventesimo secolo avesse ancora un avvenire ragionevole davanti a s o no. Il quesito stato risolto a favore degli imperi, come era da prevedere20. Le democrazie, che pur avevano sconfitto le monarchie nella Grande guerra, rappresentano ora per Jnger un approdo imperfetto dello spirito universale che tende allunificazione: le frontiere nazionali figurano infatti come residuo di un ordine antico, la cui dinamica scandita da strategie di reciproca sopraffazione che gli stati nazionali avevano da sempre perseguito, testimoniando quelle divisioni che solo la costituzione di imperi pu superare. Nel saggio La pace, Jnger assume una prospettiva universale; i terribili conflitti mondiali sono il risultato di un identico processo di sfaldamento che pone fine alle vecchie strutture per creare un ordine totale. Jnger, cos, pu annunciare la fine degli Stati nazionali e lavvento di nuovi imperi; queste parole riassumono in modo emblematico quarantanni di lotte fratricide, a cui seguir finalmente lunificazione della terra:

Dopo anni di guerra totale che hanno generato rancori di un asprezza prima mai conosciuta tra i popoli di antica civilt. E, tuttavia, per molti aspetti questi anni hanno avvicinato gli avversari luno allaltro. La trasformazione del mondo, visibile soprattutto come livellamento proseguita. Nella prima guerra mondiale le monarchie furono sconfitte dalle democrazie, e in modo analogo in questo secondo e pi imponente conflitto gli imperi trionferanno sugli stati nazionali vecchio stile. Ci favorito dal fatto che la sostanza nazionale dei popoli si consuma nel fuoco delle ultime vittime, il cui sacrificio mai pi potr ripetersi in questa forma. Laspetto positivo in questo processo che esso allenta le vecchie frontiere e rende possibile un progetto spirituale, che ne travalichi i confini. Il corso del grande divenire, 21 lazione dello spirito universale tendono al consolidamento .

La guerra civile mondiale sar conclusa solo quando verr coronata da una pace mondiale: tutti i popoli hanno condiviso i dolori e le sofferenze, ci significa che la guerra dovr portare frutto a ciascuno. Jnger ritiene che il nuovo processo di costituzione degli imperi sfoci nella sintesi, nellintegrazione: esso rappresenta lunica via per porre fine alle lotte fratricide e al dramma della guerra stessa. Per questo motivo, fondamentale che gli stati concludano trattati stabili e duraturi, in cui a guidare la penna sia la ragione e non la sete di vendetta22. Secondo Jnger, la nuova pace non deve essere imposta in modo violento e di conseguenza non pu favorire un moto che faccia

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E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 9. E. Jnger, La pace, cit., pp. 30-31. 22 Cfr. ivi, p. 30.

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ritorno al vecchio mondo. Per ristabilire lordine non sufficiente tornare allo stato liberale. Occorre piuttosto che la pace sia assicurata in modo tale da risultare inviolabile; essa dovr, dunque, essere molto diversa da quella stipulata subito dopo la Grande guerra. Infatti, diversamente dal Trattato di Versailles che aveva reso pi visibili le vecchie frontiere, il nuovo trattato di pace non solo canceller i confini, ma sancir in tutti i continenti un nuovo ordine sovranazionale, in cui le guerre despansione saranno finalmente superate a vantaggio di tutti i paesi. Nel regno di pace auspicato da Jnger, non sar pi possibile invadere territori a discapito di potenze straniere e imbattersi in guerre di conquista per accrescere legemonia di un solo stato. Il bisogno di spazio delle varie patrie verr eliminato grazie allunione dei popoli: gli stati nazionali saranno dunque inglobati in imperi pi vasti e molto pi stabili. Come scrive Jnger, dopo la seconda guerra mondiale, necessario che la pace venga rispettata con la stessa solennit di un accordo sacro: la logica della violenza deve compiersi affinch possa manifestarsi la logica superiore dellalleanza 23 . Ci sar possibile solo in virt di trattati di rango supremo che somiglino nella loro essenza al matrimonio: grazie a una comunione del corpo e dei beni nella quale le singole nazioni portino in dote se stesse alla nuova casa che apparter a loro24. Lideale verso cui tende la nuova costruzione del mondo improntato allassenza di frontiere ed soprattutto in questa direzione che Jnger si augura un futuro assetto politico del nostro continente, evocando un tema ancora oggi di grande attualit. Infatti, nonostante la seconda guerra mondiale fosse ancora in corso, Jnger riconosce gi nel 1944 come tra gli avversari fosse, in alcuni casi, nato un certo rispetto. La scarsa resistenza dimostrata dalla Francia in occasione delloccupazione tedesca documenta quanto i due paesi fossero diventati complementari e dimostra che il conflitto non era considerato alla stregua di quelli in cui ci si batte fino allultimo 25. Malgrado tutte le sofferenze, gi durante la seconda guerra mondiale, cominciava a manifestarsi tra gli uomini una volont superiore: il sogno di un Europa unita. Cos si esprime lautore tedesco:
Ebbene, oggi giunta lora dellunificazione, e con essa anche lora in cui lEuropa fonda se stessa nel matrimonio dei suoi popoli, si dota di sovranit e di costituzione. Laspirazione a questa unit

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Ivi, p. 33. Ibidem. 25 Cfr. ivi, p. 42.

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pi antica della corona di Carlo Magno, e tuttavia non mai stata cosi tanto ardente, tanto pressante come in questo nostro tempo26.

Come dimostrano queste parole, il saggio La pace pu essere considerato un appello alla giovent europea, un appello alla giovent del mondo27. Jnger ritiene che allindomani della seconda guerra mondiale, gli stati europei si debbano riunire sotto un nuovo ordine, che supera le frontiere nazionali e promuove una forte unit. Queste opinioni procurano a Jnger letichetta di occidentalista 28 ; eppure lautore fa notare come unificare lEuropa fosse soprattutto una fredda necessit storica, lunico modo per scongiurare il pericolo di ulteriori terribili conflitti mondiali. Infatti, lEuropa un territorio diviso dallevoluzione storica, penalizzato dai suoi confini, perch frammentato in innumerevoli stati nazionali. I motivi per cui bisogna superare queste divisioni sono molteplici: nel vecchio continente al libero corso dei mezzi si oppongono le frontiere, si oppongono diversi sistemi statali ed economici che frenano la circolazione di uomini e merci 29 . Le frontiere nazionali, secondo Jnger, non sono adatte, soprattutto, allo spirito della tecnica: da un lato frenano il commercio e dallaltro sono causa di attrito e di tensione, in quanto provocano uneccessiva competizione fra gli Stati. Tuttavia, proprio dallEuropa dipende il futuro equilibrio mondiale: non un caso sostiene Jnger che essa sia stata lepicentro del grande terremoto da cui sono divampate le ultime due guerre30. Il nuovo ordine territoriale europeo non potr mai essere realizzato per mezzo della violenza o con un diktat; le due guerre mondiali e la storia della Germania dimostrano linefficacia di simili imprese. Infatti, il Reich tedesco, nella sua ambiziosa politica despansione, ha allargato il proprio spazio vitale fino a inglobare gli altri stati europei; eppure, le conquiste che nella strategia di Hitler avrebbero dovuto dar vita alla nuova Europa, agli occhi di Jnger non erano altro che il travestimento imperialistico di uno stato nazionale in guerra, e non una lega fondata su uguali diritti e doveri 31. La vera soluzione per unificare lEuropa pu essere trovata solo nellaccordo, nellalleanza pacifica 32 . Secondo Jnger, infatti, le guerre despansione sono condannate a fallire,

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Ivi, p. 32. E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 299. 28 Ivi, p. 9. 29 Ivi, p. 37. 30 Ivi, p. 50. 31 Ivi, p.42. 32 Ivi, p. 50.

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poich imboccano la strada del mero dispiegamento di forze e non producono alcuna stabilit. Le nazioni dEuropa devono fondersi per mezzo di alleanze in un unico impero; questa la sola strada che conduce alla pace. I modelli e gli esempi a cui lEuropa pu attingere sicuramente non mancano: gli Stati uniti e lUnione sovietica riuniscono popoli, lingue e culture diverse e hanno accumulato una somma di esperienze politiche a cui si pu fare ricorso. Jnger affida allEuropa un ruolo fondamentale nel futuro assetto mondiale: la presenza di una terza forza33 necessaria per garantire la pace ed evitare uno scontro fra gli imperi di Russia e America. Infatti, oltre a divenire partner dei grandi spazi imperiali, lEuropa dovrebbe anche rappresentarne il punto di mediazione. Linfluenza delle due potenze mondiali sullEuropa in ogni caso sar notevole. Da questo punto di vista, nel saggio La pace, Jnger anticipa la contrapposizione in blocchi della guerra fredda:
Nel momento in cui lEuropa si innalzer a continente, si avvertir anche la forza di gravit esercitata dallAmerica. [] Napoleone aveva profetizzato che ai nostri giorni il mondo sarebbe stato repubblicano o cosacco. Se avesse previsto la nostra situazione nei dettagli avrebbe detto: americano o 34 russo come gi aveva annunciato Tocqueville .

2. Lo Stato mondiale Ne Lo Stato mondiale 35 , Jnger affronta lultima fase del lungo processo di trasformazione innescato dalle guerre novecentesche, e proseguito mediante rivoluzioni che egli connota come metafisiche, attraverso il dominio dellOperaio e la Mobilitazione totale. In questo saggio, lautore si interroga sul tramonto della formastato e ritorna sulla questione della tecnica in riferimento al nuovo ordinamento politico

Non escluso che lunit del pianeta si possa raggiungere per mezzo di accordi. Ci potrebbe essere favorito dalla nascita di una terza forza, e lEuropa unita pensabile come tale (E. Jnger M. Heidegger, Oltre la linea, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1989, p. 82). Secondo Jnger, lEuropa dovr svolgere unimportante opera di mediazione tra gli imperi di Russia e America: una distensione non pu avvenire n con la soluzione atlantica, n con quella orientale, ma soltanto da una terza possibilit: lunione delle varie nazionalit in uno spirito europeo. Bisogna cercare il terzo giocatore, che sappia far incontrare e fondere sul suo terreno non soltanto gli interessi, ma anche i motivi dell oriente e delloccidente. [] LEuropa sola pu compiere questopera di mediazione (E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 10). 34 E. Jnger, La pace, cit., p. 58. 35 E. Jnger, Lo Stato Mondiale, Organismo e Organizzazione, tr. it. di Q. Principe, Guanda, Parma 2010.

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che andava configurandosi. Per Jnger, gi nel 1960 la trasformazione tecnica del mondo era quasi compiuta. Nonostante il contesto storico e la crisi della guerra fredda, lautore sostiene che lo Stato mondiale si sarebbe presto realizzato, superando definitivamente il concetto di nazione, di confine e in un certo senso anche il concetto stesso di guerra. Lo Stato mondiale, secondo le parole di Jnger, il corrispettivo politico della tecnica36; infatti esso risulta il sistema pi congeniale per reggere agli urti di un mondo dominato da una crescente accelerazione. Nelle prima parte di questo scritto, l autore rintraccia la presenza di un movimento che non solo attraversa luomo, ma che si compie nonostante e contro di lui. innanzitutto questo movimento che sancisce una chiusura con il passato, in quanto luomo che ne totalmente coinvolto, perde il suo sguardo storico e gode di una minore libert rispetto a colui che, invece, si erge in stato di quiete. La tecnica responsabile dellimprovviso cambio di velocit subito dalluomo moderno: laccelerazione, infatti, modifica il rapporto con il tempo, annulla le distanze spaziali e impedisce una visione unitaria dei fenomeni storici. Non pi possibile, come in passato, rappresentarsi una grandezza plastica: il monumento scrive Jnger non un fenomeno di tutti i tempi. Appartiene alluomo che fonda la storia e alla sua potenza37. La libert che contraddistingue luomo storico e si riflette nellarte e nella filosofia, rappresenta unistanza lontana e irraggiungibile per coloro che invece sono sottoposti ad una crescente accelerazione. Secondo Jnger, infatti, luomo della tecnica non costituisce pi il centro del suo universo e, anche quando occupa una posizione assai elevata e di comando, la sua presenza risulta del tutto accidentale: ognuno, in quanto membro dellapparato della tecnica, , di fatto, sostituibile 38 . La ragione fondamentale di questa perdita di senso dovuta allindebolirsi delle forze che fondano la storia, in favore di un movimento che annulla le qualit dellindividuo rendendolo uniforme. Come scrive Jnger, non pi luomo che domina un luogo, ma il luogo che, insieme con la sua costellazione, conferisce alluomo una potenza funzionale39. Per questo motivo necessario interrogarsi sulla libert del volere: il movimento infatti

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A. Gnoli F. Volpi, I prossimi Titani, Conversazioni con Ernst Jnger, Adelphi 1997, pp. 66-

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Cfr. E. Jnger, Lo Stato Mondiale, cit., p. 22. Cfr. ivi, p. 24. 39 Ibidem.

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non pu essere respinto, coinvolge lintero genere umano e trasforma indistintamente tutta la societ, compreso lo Stato che senza dubbio vi contribuisce. Jnger sostiene, anzi, che proprio dallo Stato dipenda quella parte del movimento determinata dalla pianificazione e dalla libera volont umana. Questo aspetto fondamentale, in quanto lo Stato attraverso il movimento subisce una trasformazione qualitativa: per la prima volta, esso vive nei grandi spazi, determina la forma della societ e pone tutto sullo stesso livello sconvolgendo anche i ritmi naturali, come lalternarsi del giorno e della notte e lavvicendarsi delle stagioni40. Lo Stato, cos, diventa sempre pi gravoso per il singolo in quanto determina fin nei dettagli la sua esistenza: esso il leone che non solo pretende la prima porzione, ma decide anche della ripartizione di ci che rimane41 . In fondo, il movimento che Jnger descrive, riceve spinta e accelerazione proprio attraverso lo Stato. Tuttavia, il piano del mondo, in cui si assommano i piani statali, rappresenta solo una componente del grande movimento che si compie accelerando; laltra, invisibile, ma non di minore portata, garantita dallirruzione di forze cosmiche42. Secondo Jnger, infatti, laccelerazione del nostro tempo provocata anche dallattrazione di un destino ineluttabile. Luomo sta per prendere parte ad una profonda trasformazione geologica: egli coinvolto in un processo che si sottrae alla libera volont umana e modifica ogni organizzazione politica. La prospettiva di uno Stato mondiale qualcosa di assolutamente nuovo nella storia delluomo. Jnger ritiene indispensabile raggiungere lunificazione del pianeta ed consapevole che in questo processo cooperino diverse tendenze. Da un punto di vista politico, il movimento provoca lestensione planetaria delle potenze mondiali e il tramonto della forma-stato; tuttavia, sul piano metafisico che luomo si trova dinnanzi ad unautentica svolta. Per la prima volta, infatti, al di l di ogni divisione ideologica, il

Jnger ritiene che lo Stato mondiale faccia mutare il rapporto delluomo con la natura: Non la societ che nello Stato prende la sua forma, ma lo Stato che determina la forma della societ, fin nelle sue cellule, nelle famiglie. Alla fine lo Stato dispone tutto sullo stesso livello e attira verso di s anche quelle esigenze che la natura desta negli uomini e nei popoli: le cure che ruotavano e che sono ruotate da sempre, con lavvicendarsi degli astri, attorno alla semina e alla raccolta, lestate e lin verno, le emergenze imposte dallacqua, dal fuoco, dalla fame (ivi, p. 27). 41 Ivi, p. 26. 42 Jnger stesso si interroga sulla duplice natura del movimento: Il metafisico, ma non solo il metafisico, si chieder in che misura a un unico, identico processo concorrono lazione umana da una parte e il destino dallaltra. Il che, tradotto nel nostro linguaggio significa: in che proporzione le forze umane e le forze cosmiche contribuiscono allaccelerazione della nostra svolta? In che modo il piano del mondo, in cui si assommano i piani statali, coordinato al piano della terra, o in che modo la rivoluzione del mondo coordinata alla rivoluzione della terra? (ivi, p. 25).

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mondo pronto per essere ricongiunto sotto un unico ordine. Jnger non si lascia ingannare dallapparente contrapposizione in blocchi della Guerra fredda: in realt, le due potenze mondiali, Russia e America, si equivalgono alla radice in quanto pur avendo ideologie diverse, sono mosse da un identico ideale di potenza e condividono la medesima organizzazione tecnico-lavorativa. Secondo lautore tedesco, infatti, queste superpotenze sono le due facce di una medesima Forma, da impiegarsi per costruire lo Stato mondiale43. Jnger ravvisa addirittura una vicinanza tra i due simboli della stella bianca e della stella rossa. La divisione tra oriente e occidente lascia trasparire quel comune movimento che spinge verso una configurazione unitaria del globo e che rende, al di l degli antagonismi di superficie, le due potenze mondiali sempre pi simili tra loro, dal momento che parlano il medesimo linguaggio della tecnica:

Chi guardi in maniera pi spregiudicata noter con stupore una notevole e crescente uniformit che va estendendosi al di sopra dei singoli paesi, e non in quanto monopolio dell una o dellaltra delle due potenze concorrenti, ma in quanto stile globale. [] Ununica e medesima tecnica viene fatta progredire 44 verso la perfezione .

Come emerge dalle parole di Jnger, lo stato di tensione della guerra fredda destinato a placarsi, in quanto risulta evidente lidentit formale dei due blocchi contrapposti. Lo stile globale che si impone attraverso la tecnica attua un livellamento totale del genere umano, a cui dovrebbe seguire finalmente lunificazione della terra. Lo Stato mondiale, infatti, non ammette al suo interno alcuna forma di pluralit: la divisione tra oriente e occidente destinata a svanire e la crisi della guerra fredda potrebbe essere risolta, secondo Jnger, anche per mezzo di un contratto45. Come ancora ribadir in unintervista del 1995, dopo la caduta del muro di Berlino: La mancanza di un nemico, di una forza di pari intensit, la ragione per la quale, prima o poi, dovr subentrare la situazione di uno Stato mondiale46.

Cfr. ivi, p. 31. Ivi, p. 30. 45 Cfr. ivi, p. 39. Lunificazione politica del mondo potrebbe seguire diverse vie. Jnger elabora alcune ipotesi sulla formazione dello Stato mondiale: in Oltre la linea, lautore non esclude che lunit possa essere raggiunta per mezzo di accordi (E. Jnger, Oltre la linea, cit., p. 82). Ma soprattutto nel saggio Al muro del tempo che Jnger fornisce diverse prognosi attraverso le quali lo Stato mondiale potrebbe realizzarsi. Nella prima ipotesi, lautore non esclude una possibile catastrofe, la minaccia di una terza guerra mondiale: si arriver a grandi distruzioni e lo Stato mondiale verr fondato da una generazione post-diluviana (E. Jnger, Al muro del tempo, tr. it. di A. La Rocca, Adelphi, Milano, 2000, p. 158). Di contro a questa inquietante previsione, Jnger si augura che lunificazione venga raggiunta mediante trattati, sottoscritti vuoi sulla base di un intesa pacifica, vuoi con mezzi coercitivi, ovvero in entrambi i modi (ibidem). 46 J. Hervier, Conversazioni con Ernst Jnger, tr. it. di A. Marchi, Guanda, Parma 1987, p. 70.
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Anche negli anni della guerra fredda, Jnger era fermamente convinto che questo processo di unificazione non si sarebbe arrestato: Lordine planetario gi compiuto, tanto nel modello quanto nella realizzazione. Manca solo il suo riconoscimento, la sua dichiarazione finale47. Infatti, se un da punto di vista politico, lunit del mondo registrava ritardi; lorganizzazione dello Stato mondiale, sul piano della tecnica, sembrava a Jnger pienamente conclusa 48 . Secondo lautore tedesco, durante la guerra fredda, la tensione costituisce un momento di costruzione e il movimento alla ricerca di un punto di equilibrio: il dualismo che si impone con le potenze mondiali il segno di una sostanziale evoluzione. La divisione tra oriente occidente lultima tappa del lungo periodo di guerra che ha caratterizzato la prima met del Novecento, e che ha visto gli Stati nazionali soccombere per lasciare libero campo alle potenze mondiali. Il movimento scrive Jnger spinge verso lo Stato mondiale, verso un ordinamento planetario o globale; in fondo, questo percorso rappresenta per luomo della tecnica un destino metafisico. Jnger intende sottolineare che non si tratta, nella costituzione di uno Stato mondiale, di obbedire a un imperativo della ragione da realizzare attraverso lazione conseguente di un volere , bens di qualcosa che sopraggiunge49. Piuttosto che frutto della volont degli uomini, lunificazione del mondo un destino ineludibile, perch obbedisce a quella ferrea necessit del grande movimento della terra che si sottrae al libero volere50. Secondo Jnger, infatti, il piano del mondo e il piano della terra si incontrano nello Stato mondiale. Per la prima volta nella storia, luomo ha la possibilit di partecipare ad una rivoluzione cosmica, poich la terra stessa che aspira a cambiare pelle51. Per questo motivo, Jnger, piuttosto che utilizzare categorie storiche, analizza i segni premonitori che annunciano lo Stato mondiale; questultimo incarna la volont della terra che, a sua volta, travolge e delimita lazione delluomo. Tuttavia, scrive Jnger: il nostro pensiero, estremamente raffinato, addestrato secondo il legame di causa ed effetto, ci ha resi quasi daltonici davanti a questi fenomeni 52 . Secondo lautore tedesco, infatti, lanalisi storica tradizionale non dispone degli strumenti adatti
E. Jnger, Lo Stato Mondiale, cit., p. 77. La sola soluzione lo Stato mondiale. Tecnicamente gi realizzato, ma la politica segue levoluzione tecnica zoppicando (J. Hervier, Conversazioni con Ernst Jnger, cit., p. 111). 49 E. Jnger, Lo Stato Mondiale, cit., p. 37. 50 Ivi, p. 45. 51 Cfr. ivi, p. 35. 52 Ivi, p. 36.
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per cogliere lapprossimarsi dello Stato mondiale, che non semplicemente una conseguenza del presente ma piuttosto il segno premonitore di qualcosa che sta per sopraggiungere53. Locchio di chi osserva, dunque, deve essere proiettato verso il futuro: per Jnger lo Stato mondiale gi visibile laddove luomo, attraverso la tecnica, spezza le norme che lo governano e al tempo stesso ha bisogno di un nuovo diritto. Infatti, solo lo Stato mondiale garantisce la legittimazione dei mezzi cresciuti oltre la possibilit di controllo degli Stati nazionali. A questo proposito, lautore si interroga sui viaggi spaziali che erano motivo di competizione tra le potenze mondiali durante la guerra fredda. In un mondo che si muove accelerando, i veicoli spaziali sono i simboli pi credibili di dominio, in quanto sfruttano attraverso la tecnica linfinita potenza della natura. Jnger ritiene che i viaggi nello spazio e la classica divisione in confini della terra sono evidentemente in contraddizione tra loro. Infatti, per stabilire lo statuto giuridico di un satellite non sono sufficienti n il diritto romano, n il diritto internazionale; secondo lautore tedesco, questo non che un esempio del progressivo approssimarsi del nuovo che sopraggiunge54. In fondo, Jnger ritiene che i viaggi nello spazio anticipino una futura evoluzione delluomo. Infatti, lo spazio cosmico, per sua natura, non conosce confini e dovrebbe essere ancora pi libero delloceano: qui luomo, quale che sia la sua provenienza, entra in gioco in quanto figlio della terra e in quanto suo messaggero. [] solo nellallontanamento apparir chiara al figlio lunit della madre55. Luomo in quanto figlio della terra potrebbe partecipare, nelle pi rosee previsioni di Jnger, ad unautentica spiritualizzazione della terra. Con la realizzazione dello Stato mondiale, secondo lautore tedesco, si verifica unesperienza simile ai viaggi spaziali: per la prima volta, luomo, osservando la terra da una grande distanza, si accorge che i confini e le frontiere non hanno un significato universale e che la terra pu essere concepita sotto una nuova unit. Secondo Jnger, infatti, laspetto positivo di un tale sviluppo che esso indebolisce limmagine classica della guerra da una parte e lidea di confine dallaltra56.

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Ivi, p. 37. Ivi, p. 38. 55 Ivi, p. 38. 56 Cfr. ivi, p. 32.

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Tuttavia, lautore tedesco non smette di pensare ai pericoli che questa trasformazione comporta. Durante la guerra fredda, infatti, luomo vive nellangoscia poich limpiego di mezzi titanici mette in dubbio la stessa sopravvivenza della specie. In realt, secondo Jnger, il pericolo viene anche sottovalutato: non esclusivamente una minaccia di tipo fisico che incombe sulluomo; si tratta di un pericolo metafisico. Infatti, la pianificazione dello Stato mondiale colpisce la caratteristica peculiare del genere umano, vale a dire la libert del volere. Per Jnger, il vero rischio consiste nella possibilit che lorganizzazione guadagni una perfezione tale da rendere superflua la libert delluomo; infatti, la pianificazione della tecnica e lo Stato mondiale mettono in gioco la variet tipica del mondo organico:
Il fatto che la terra cominci a comportarsi in una maniera insolita nella storia dell uomo, e aspiri a ununit, non solo in un senso politico, ma in un senso pi amplio, che mette in gioco il suo stesso organismo, si pu collegare con difficolt al fatto che, contemporaneamente, la tendenza allorganizzazione si lascia avvertire con la tensione di una forza e di una intensit prima dora 57 sconosciute .

Come emerge da queste parole, nello scontro tra organismo e organizzazione, si oppone la libert al dominio: il mondo erotico e il mondo della natura sono costantemente minacciati dalla tecnica e dalle sue leggi. Jnger riscontra, analizzando lo Stato mondiale, un vero e proprio assalto dellorganizzazione a spese dellorganismo. Non a caso, lautore ritiene di trovarsi in unepoca di livellamento finalizzata ad incrementare le prestazioni lavorative dellindividuo. Oltre alla parificazione dei sessi gi descritta ne LOperaio Jnger pu adesso scorgere anche un livellamento delle razze, dei ceti e delle classi sociali. Gli interventi che lo Stato intraprende nei confronti del singolo mirano a rescindere ogni esigenza di carattere naturale; lorganizzazione tende ad eliminare le differenze, ma lorganismo delluomo sembra resistere. Secondo Jnger, ad esempio, la famiglia riesce a sottrarsi alla trasformazione che la pianificazione di uno Stato vuole imporle. Leducazione individuale costituisce un limite nella divisione del lavoro e rappresenta un ostacolo nella formazione degli Stati. Per questo motivo, quando nei popoli e nelle civilt umane si tenta di formare uno Stato, la famiglia scrive Jnger si rivela essere il vero punto cruciale dove esso pu far presa e dove incontra resistenza58. Tutto ci appare in modo abbastanza evidente nelle istituzioni conformi allo Stato, come ad esempio nellesercito: ci si spinge fino a

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Ivi, p. 70. Ivi, p. 52.

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immaginare di sottrarre il bambino alla famiglia per tipizzarlo e normalizzarlo in una determinata direzione, a costo di sacrificare una formazione individuale59. Simile tendenze appartengono, secondo Jnger, al mondo della tecnica e al processo di uniformazione automatica che essa esercita attraverso il lavoro. Tuttavia, lorganismo delluomo sembra resistere agli abusi dellorganizzazione. Lo statuto biologico rimane estraneo al livellamento; ci lascia intravedere un principio pi forte. Infatti la parificazione dei sessi incontra non soltanto una resistenza spirituale, ma anche lostacolo di una reale condizione fisiologica: Nellambito dellumano stato del lavoro le trasformazioni sono limitate alle funzioni. Una donna pu divenire minatore, soldato, fisico, presidente della Corte. Questo cambia il suo statuto sociale, ma non quello biologico60. Per effetto di una legge generale, lorganizzazione coinvolge lorganismo solo in superficie; infatti le difficolt nella formazione degli Stati sono tanto maggiori quanto pi elevato lo sviluppo degli organismi. Ci vale soprattutto per luomo, che essendo dotato di libero volere, si definisce un animale politico. La caratterizzazione di zoon politikon indica per Jnger una differenza essenziale rispetto alle altre specie viventi: mentre negli insetti e nelle api il problema dellorganizzazione sembra completamente risolto, per luomo, invece, la decisione ancora in sospeso e questo rappresenta la sua salvezza61. Nella seconda parte dello Stato mondiale, Jnger paragona i fragili ordinamenti umani a quelli realizzati in modo perfetto nel regno animale. Lautore riscontra interessanti analogie nella formazione degli Stati, soprattutto in riferimento ai sacrifici che la statalizzazione comporta indistintamente per tutte le specie. Infatti, al pari di quanto accade nelle altre specie viventi, anche nella societ umana se si fa pi stringente lorganizzazione, aumenta la sicurezza, ma cos diminuisce la libert dellindividuo:

Quando entro le specie viventi, come nel caso delle spugne, si costituiscono colonie, aumenta la sicurezza, ma si riduce la libert degli individui impiegati in tali formazioni. Se tra gli insetti sociali lordinamento e la divisione del lavoro d incremento alleconomia in misura tale da rendere possibile laccumulo di risorse di cibo, tale ricchezza acquisita al prezzo di sorprendenti sacrifici. L operaia una piccola femmina mutilata, allevata ricorrendo a una serie di imputazione; la minaccia di morte costituisce un modello di spietata ragion di Stato. Tra le termiti e le formiche ritroviamo forme che non solo 62 precorrono lagricoltura, ma anche lidea di schiavit .

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Ivi, p. 53. Ivi, p. 60. 61 Ivi, p. 51. 62 Ivi, p. 48.

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Il mondo della natura e la variet dellorganismo rischiano, per la prima volta nella storia delluomo, di essere sopraffatti dallorganizzazione e dalla pianificazione statale. Eppure, secondo Jnger, diversamente dagli animali, luomo ha la possibilit di partecipare e modificare entro certi limiti la propria evoluzione. In ultima analisi, lautore cerca di capire se, con la realizzazione dello Stato mondiale, l uomo possa mantenere o meno la propria libert di volere; infatti, lo specifico delluomo scrive Jnger consiste nellimperfezione, nella possibilit di commettere un errore: la perfezione, al contrario, rende superflua la libert63. Gli spazi organici, che si sottraggono al dominio della tecnica, rappresentano per Jnger lunica possibile via di fuga in un mondo totalmente mobilitato dalla tecnica e dal lavoro. La figura dellAnarch64, evocata da Jnger nelle ultime pagine de Lo Stato Mondiale, richiama limmagine delluomo naturale, cio di colui che ricerca lautentica realizzazione di s nei tempi preistorici, anteriori al mito e alla societ. Paradossalmente, tra le posizioni dellAnarca e lo Stato mondiale esiste, secondo Jnger, una qualche connessione:

Con il raggiungimento della sua grandezza finale, lo Stato non guadagna soltanto la sua massima estensione spaziale, ma anche un nuova qualit. Lo Stato in senso storico cessa di esistere. Esso si avvicina perci alle utopie anarchiche o, almeno, la loro possibilit non contraddice pi la logica dei fatti. Le questioni di potere sono risolte65.

Nello scontro tra organismo e organizzazione, che trova la sua piena espressione nello Stato mondiale, Jnger avverte la possibilit di un ritorno a qualcosa di originario e autenticamente umano. Alla fine dello Stato storico, infatti, si connette ogni speranza di Jnger: cadendo definitivamente i confini, aumenta la sicurezza e diversamente da quanto accade nel mondo animale non diminuisce la libert. In realt, la tesi che a Jnger preme sostenere che nello Stato mondiale si realizzer lemancipazione dellorganismo dallorganizzazione: eppure, pi che una speranza anarchica, la prospettiva dello Stato unico potrebbe favorire la fine di ogni questione legata al potere. Ancora una volta, emergono dalle osservazioni sulla guerra le

Ivi, p. 63. Lanarchico nella sua forma pura colui che riesce a risalire con la memoria a estreme lontananze: a tempi preistorici, anteriori al mito. Egli crede che in quel tempo luomo abbia realizzato la sua determinazione autentica. Egli vede questa possibilit anche per lesistenza attuale delluomo, e ne trae le sue conseguenze (ivi, p. 74). 65 Ivi, p. 78.
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intuizioni pi sconvolgenti di Jnger: luomo ha portato armi da sempre, e tuttavia abbiamo ragione di pensare, che agli inizi della formazione degli Stati, ci che oggi chiamiamo sicurezza militare avesse unimportanza molto modesta, forse addirittura nessuna66. Essendo la sicurezza la ragione fondamentale per cui si sono sviluppati gli Stati, Jnger ritiene che, realizzando un ordine planetario, lo stesso fenomeno della guerra in assenza di nemici e confini debba necessariamente eclissarsi. In conclusione, la perfezione dellorganizzazione potrebbe portare ad un riscatto dellorganismo; infatti, con lo Stato mondiale la sicurezza sarebbe quasi assoluta. Le seguenti parole descrivono uno dei pi alti insegnamenti di Jnger; la situazione dello Stato mondiale suggerisce un ritorno alluomo naturale e potrebbe concedere una maggiore libert allorganismo:

La forma dello Stato umano determinata dal fatto che accanto a esso vi sono altri Stati. Non cosi da sempre, ne, si spera, lo sar sempre in futuro. Quando lo Stato sulla terra era uneccezione, quando era insulare, o unico nel senso dellorigine, gli eserciti combattenti erano superflui, stavano al di fuori dellimmaginazione. La stessa situazione deve presentarsi dove lo Stato diventa unico in senso finale. Allora, lorganismo delluomo, nel senso di ci che autenticamente umano, potr manifestarsi nella sua purezza, libero dalla costrizione dellorganizzazione67.

3. Il Ribelle e lAnarca
Dalla societ vi abbastanza poco da sperare che dallo Stato. La salvezza nel singolo. E. Jnger, Eumeswil.

Il riferimento allAnarca, nelle ultime pagine de Lo Stato mondiale, non rappresenta un caso isolato nella produzione di Jnger. Gi nei primi anni 50, lautore aveva coniato un modello di resistenza spirituale con la figura del Waldgnger,

Jnger suppone che i primi Stati fondati dalluomo sulla terra, essendo insulari, non avessero lesigenza di tenere eserciti: Il tipo di sicurezza garantito dallesercito deve essersi reso necessario solo pi tardi. Il Mediterraneo orientale, con i suoi paesi costieri e di confine una madre che ha dato origine a molti fenomeni, tra cui anche la guerra. Prima di allora per, molto prima che Abramo uscisse dalla sua terra, quella zona deve aver conosciuto culture prive di eserciti guerrieri (ivi, p.79). Il fenomeno della guerra strettamente legato allidea di confine; Jnger affronta questo tema anche nel saggio MaximaMinima: Il terreno dello Stato mondiale non corrisponde al territorio di uno Stato nazionale grande come il mondo, bens alla terra stessa. Suo sovrano non questo o quel popolo, bens l uomo in quanto tale, in ununit che andata perduta dalla comparsa della specie.[...] Lo Stato patria, il paese natio terra madre. Se la terra conquista unit, i principi paterni dovranno ritirarsi, e con essi i loro simboli: il confine, la corona, la spada, la guerra (E. Jnger, Maxima-Minima, tr. it. di A. Iacidicco, Guanda, Parma 2012, p. 109). 67 E. Jnger, Lo Stato Mondiale, cit., pp. 79-80.

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letteralmente colui che passa al bosco, introdotta nel saggio Trattato del Ribelle68. Nel secondo dopoguerra, Jnger si occupa principalmente della libert del singolo, avendo ormai intuito come tutti gli ordinamenti politici minaccino luomo nellintimo della propria natura. Con lausilio della tecnica, infatti, lo Stato esercita sullindividuo un potere che omologa e distrugge ogni differenza qualitativa. In ogni parte del mondo si istaura, al di l del regime politico, il regno della quantit: totalitarismo e democrazia di massa appaiono agli occhi di Jnger come due sfumature diverse, due diverse tonalit di una medesima omologante uniformizzazione69. Alla figura del Waldgnger, letteralmente colui che passa al bosco, affidato il compito di resistere allautomatismo della tecnica. Essendo un uomo dazione, egli abbandona la societ e decide di rifugiarsi nella terra selvaggia [die Wildnis], riuscendo, se pure con estremo rischio, a guadagnare uno spazio di sovranit interiore inattaccabile dalla soverchiante potenza della tecnica. Jnger pensa il mistero del bosco come spazio simbolico di liberazione e al tempo stesso di profonda solitudine; ma non si tratta di una via di fuga e neppure di una svolta ascetica: colui che passa al bosco, infatti, abbandona la societ per mantenere la propria libert individuale e sfuggire al capillare controllo dello Stato. Secondo Jnger, dunque, il passaggio al bosco non implica alcuna rinuncia, semmai conduce allincontro con il proprio s e alla riscoperta della propria singolarit: proprio qui, condannato, messo in fuga, egli (il singolo) incontra di nuovo se stesso nella sua sostanza indivisibile e indistruttibile70. Come emerge dalle parole di Jnger, nella figura del Waldgnger riaffiora tutta la potenza del singolo; la metafora del bosco sta a indicare un territorio vergine, uno spazio segreto in cui coltivare la libert perduta. Jnger chiarisce in un intervista che il bosco segreto non solo nel senso che nasconde, ma soprattutto perch protegge il singolo71. Ma la fuga dalla metropoli non nasconde mai un doppio fine politico: il Ribelle, infatti, un partigiano senza partito, in quanto resiste e fa anche a meno del supporto della comunit. Figura solitaria e dissociata, il Ribelle rappresenta una prima risposta di

Cfr. E. Jnger, Trattato del Ribelle, cit. Su questo tema cfr., C. Resta- L. Bonesio, Passaggi al bosco, cit., p. 49. Lo stesso Jnger in unintervista si esprime su tale questione: A rigore, dal punto di vista dellAnarca, del grande Solitario, totalitarismo o democrazia di massa non fanno molta differenza (A. Gnoli F. Volpi, I prossimi Titani, cit., p. 55). 70 E. Jnger, Trattato del Ribelle, cit., p.72. 71 Il bosco segreto non solo nel senso che nasconde, ma anche nel senso che, nascondendo protegge (A. Gnoli F. Volpi, I prossimi Titani, cit., p. 54).
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Jnger alla questione cruciale del nostro tempo, che pu essere cosi formulata: come pu sopravvivere il singolo alle insidie del Leviatano e allincontrastato dominio dellOperaio? Come e dove poter trovare scampo? Il percorso del Waldgnger non si arresta al Trattato del Ribelle; verso la fine degli anni 70, Jnger pubblica il romanzo Eumeswil 72 , in cui teorizzata la figura dellAnarca, definita dallautore un deciso passo in avanti rispetto alla figura precedentemente affrontata del Ribelle73. Anche l'Anarca, in quanto interprete di istanze naturali, resiste al potere dello Stato e della societ, ma, a differenza del Waldgnger, egli vive apparentemente integrato nel sistema sociale e politico in cui si trova, sebbene realmente sia del tutto indifferente ad esso. LAnarca di Jnger sceglie di passare al bosco solo quando la societ diviene insopportabile, ma di solito vive tranquillamente in essa perch ha bandito la societ da se stesso74. Un particolare talento di questa figura consiste nel diventare invisibile, nel comportarsi in modo neutrale, cos da non destare sospetti di dissenso politico. Infatti, mentre lAnarchista75 combatte la societ e il ribelle decide di abbandonarla, lanarca si nasconde esteriormente nella normalit e pu svolgere qualsiasi professione lavorativa, sebbene rimanga sempre sovrano di se stesso. Come si sar gi intuito, lanarca diffida di qualsiasi ideologia politica e non combatte in nome di idee; il ruolo che pi gli si addice, infatti, quello dellosservatore distaccato. Jnger pensa ad una figura capace di convivere con il Leviatano, mantenendone le distanze e riuscendo, cos, a preservare la propria libert individuale. Di conseguenza, per quanto riguarda i diversi sistemi politici, lanarca passa attraverso le loro sequela come attraverso una fuga di saloni76. Non essendo un nemico della societ, lanarca non combatte per migliorarla ed anzi convinto che ogni dominio sia destinato alla rovina a causa della corrosione del tempo e che, dunque, non serva immolarsi perch ad un regime ne succede sempre un altro; questa la differenza fondamentale che lo distingue dallanarchista, il nemico dellautorit77. Per Jnger, il vero modello dellanarca quello delluomo naturale, una

E. Jnger, Eumeswil, tr. it. di M.T. Mandalari, Guanda, Milano 1981. Sono dellavviso di essermi spinto un passo oltre con lanarca. Questi pu trasformarsi in Waldagnger, ma pu vivere tranquillamente al riparo di una funzione oscura (A. Gnoli F. Volpi, I prossimi Titani, cit., 56). 74 E. Jnger, Eumeswil, cit., p.141. 75 La traduttrice di Eumeswil utilizza il termine anarchista per meglio caratterizzare questa figura in chiave ideologico-politica. 76 Ivi, p. 119. 77 Lopposizione tra anarca e anarchista assolutamente centrale nel romanzo Eumeswil. Jnger definisce lanarchista il vero antagonista del monarca e attribuisce a questa figura un forte idealismo
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dimensione originaria praticamente irraggiungibile, che non pu essere perseguita facendo ricorso alla violenza. Per questo motivo, lanarca non condivide nessuna ideologia politica e non si impegna nel tentativo di minare il potere costituito: egli scrive Jnger lotta da solo, da individuo libero, che ben lontano da desiderare il sacrificio perch unincapacit si sostituisca ad unaltra e un nuovo potere trionfi su quello antico78. Il pensiero apolitico dellanarca, tuttavia, non corrisponde ad uno atteggiamento meramente passivo e non si identifica con il moderno stoicismo. Secondo Jnger, lindifferenza e il disimpegno di questa figura sono il risultato di una nuova consapevolezza. Infatti, nel futuro metafisico di Eumeswil, il mondo ha visto soccombere diverse civilt e luomo non ha mai decretato una vittoria sul tempo. Jnger immagina in questa finzione letteraria unepoca successiva al tramonto dello Stato mondiale, in cui ogni possibilit per luomo sembra essersi esaurita e le grandi idee sono ormai consunte dalla ripetizione79. Lanarca intimamente convinto dellinutilit di ogni sforzo, in quanto consapevole che limperfezione e limpossibilit di resistere al tempo sono delle costanti nella storia delluomo. Queste le parole in proposito di Manuel Venator, il protagonista di Eumeswil: In quanto anarca, io sono deciso a non lasciarmi catturare da nulla, e non prendere in fondo nulla sul serio non in modo nichilistico, ma piuttosto come una sentinella confinaria, che in terra di nessuno aguzza occhi e orecchie in mezzo alle maree80. Analizzando la figura dellanarca, Jnger intuisce che ogni ordinamento umano corroso dal tempo e sospeso nelleterno avvicendarsi di sorgere e tramontare. Non c modo di sopravvivere a questo gioco e non esiste una soluzione definitiva; lanarca ne profondamente consapevole e, per questo motivo, rinuncia alla volont, alla presa di posizione81. Infine, lanarca sublima la lotta esteriore in resistenza spirituale e la sua battaglia molto simile a quella affrontata da Jnger, nellarco di un secolo di vita82; la

(cfr. ivi, p.38). La differenza fondamentale tra due queste figure consiste nel rapporto che intrattengono con il potere: Lanarchista, nemico nato dellautorit, si infranger contro di essa dopo averla pi o meno danneggiata. Lanarca, invece, si appropriato dellautorit: egli sovrano. Pertanto si comporta di fronte a Stato e societ come una potenza neutrale (ivi, p. 240). 78 Ivi, p.131. 79 Ivi, p. 67. 80 Ivi, p. 81. 81 Ivi, p. 156. 82 Lanarca Jnger stesso, solo, nella sua esperienza, nella sua unicit, di cui si compiace risolvendo in essa le contraddizioni, cedendo al ricordo e al fascino della propria vita inimitabile, pur con

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sua posizione ricorda quella dellavamposto perduto, una sentinella smarrita nel tempo, che combatte, sullestremo limite del nulla, una battaglia solitaria83.

discrezione (A. Predieri, La guerra, il nemico, lamico, il partigiano. Ernst Jnger e Carl Schmitt, La Nuova Italia, Firenze 1999, p. 77). 83 Se chiudo gli occhi vedo talvolta un paesaggio oscuro con pietre, rocce e montagne allorlo dellinfinito. Nello sfondo, sulla sponda dun mare nero, riconosco me stesso, una figurina minuscola che pare disegnata col gesso. Questo il mio posto davanguardia, sullestremo limite del nulla: sullorlo di quellabisso combatto la mia battaglia (E. Jnger, Irradiazioni, cit., p. 104).

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Bibliografia

a)

Opere di Ernst Jnger:

Politische Publizistik (1919-1933), Klett-Cotta, Stuttgart 2001; Scritti politici e di guerra, tr. it. di A. Iadicicco, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana 2003-2005, voll. I e II. In Stahlgewittern (1920), in Smmtliche Werke, Bd. 1, Klett-Cotta, Stuttgart 1978; tr. it. di G. Zampaglione, Nelle tempeste dacciaio, Guanda, Parma 1990. Sturm (1923), in Smmtliche Werke, Bd. 15, Klett-Cotta, Stuttgart 1978; tr. it. di A. Iacidicco, Il tenente Sturm, Guanda, Parma 2000. Das Wldchen 125 (1925), in Smmtliche Werke, Bd. 1, Klett-Cotta, Stuttgart 1978; tr. it. di A. Iacidicco, Boschetto 125. Una cronaca delle battaglie in trincea nel 1918, Guanda, Parma 1999. Die totale Mobilmachung (1930), in Smmtliche Werke, Bd. 7, Klett-Cotta, Stuttgart 1980; tr. it. di F. Cuniberto, La mobilitazione totale, in Foglie e pietre, Adelphi, Milano 1994. Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt (1932), in Smmtliche Werke, Bd. 8, Klett-Cotta, Stuttgart 1981; tr. it. di Q. Principe, Loperaio. Dominio e forma, Guanda, Parma 1995. Bltter und Steine (1934), in Smmtliche Werke, Bd. 14, Klett, Stuttgart 1980; tr. it. di F. Cuniberto, Foglie e pietre, Adelphi, Milano 1994. Der Friede (1945), in Smmtliche Werke, Bd. 7, Klett-Cotta, Stuttgart 1980; tr. it. di A. Apa, La pace, Guanda, Parma 1993. Strahlungen (1949), in Smmtliche Werke, Bd. 2-3, Klett-Cotta, Stuttgart 1979; tr. it. di H. Furst, Irradiazioni. Diario 1941-1945, Guanda, Parma 1993. ber die Linie (1950), in Smmtliche Werke, Bd. 7, Klett-Cotta, Stuttgart 1980; tr. it. di F. Volpi, Oltre la linea, in M. Heidegger E. Jnger, Oltre la linea, Adelphi, Milano 1989. Der Waldgang (1951), in Smmtliche Werke, Bd. 7, Klett-Cotta, Stuttgart 1980; tr. it. di F. Bovoli, Il trattato del Ribelle, Adelphi, Milano 1990. An der Zeitmauer (1959), in Smmtliche Werke, Bd. 8, Klett-Cotta, Stuttgart 1981; tr. it. di C. DAltavilla, Al muro del tempo, Adelphi, Milano 2000. Der Weltstaat. Organismus und Organisation (1960), in Smmtliche Werke, Bd. 7, Klett-Cotta, Stuttgart 1980; tr. it. di A. Iadicicco, Lo stato mondiale. Organismo e organizzazione, Guanda, Parma 1998.

Maxima-Minima: Adnoten zum "Arbeiter", in Smmtliche Werke, Bd. 8, Klett-Cotta, Stuttgart 1983; tr. it. di A. Iacidicco, Maxima-Minima, Guanda, Parma 2012. Eumeswil (1978), in Smmtliche Werke, Bd. 17, Klett-Cotta, Stuttgart 1980; tr. it. di M. T. Mandalari, Eumeswil, Guanda, Milano 1981. b) Opere su Ernst Jnger:

AA.VV.

Ernst Jnger e il pensiero del nichilismo, Herrenhaus, Milano 2002.

AA. VV.

Ernst Jnger. Un convegno internazionale, a cura di P. Chiarini, Shakespeare and Company, Napoli 1987. Diorama letterario, 222, Ernst Jnger nel suo secolo, Firenze 1999. Loperaio fra di e titani. Ernst Jnger sismografo dellera della tecnica, Trasgressioni, 18, 1994. L'Operaio nel pensiero di Ernst Jnger, Mediterranee, Roma 1960. Il filosofo e lanarca. Intervista a Ernst Jnger, in Lultimo sciamano. Conversazioni su Heidegger, Bompiani, Milano 2003. I prossimi titani. Conversazioni con Jnger, Adelphi, Milano, 1997.

AA. VV.

De Benoist, A.

Evola, J.

Gnoli, A. Volpi, F. Gnoli, A. Volpi, F.

Gorgone, S. Lavoro, tecnica e resistenza. Studi sul pensiero di Ernst Jnger, Amato, P. Mimesis, Milano 2008. Guerri, M. Hervier, J. Terrore e Libert, Agenzia X, Milano 2007. Conversazioni con Ernst Jnger, tr. it. di A. Marchi, Guanda, Parma 1987. Jnger e Schmitt. Dialogo sulla modernit, Armando, Roma 2009. Heidegger e il tecnototalitarismo planetario, in AA. VV., Heidegger e gli orizzonti della filosofia pratica. Etica, estetica, politica, religione, a cura di A. Ardovino, Guerini e Associati, Milano 2003. Passaggi al bosco. Ernst Jnger nellera dei Titani, Mimesis, Milano 2000.

Iannone, L. Resta, C.

Resta, C. Bonesio, L.

c)

Altre opere consultate:

AA. VV.

Storia sociale della guerra, tr. it. di L. Sosio, Mondadori,Verona 1973. Limpianto, in Conferenze di Brema e Friburgo, tr. it. di G. Gurisatti, Adelphi, Milano 1990. Oltrepassamento della metafisica, in Saggi e discorsi, tr. it. di G. Vattimo, Mursia, Milano 1992. Terra di nessuno, tr. it. di R. Falcioni, il Mulino, Bologna 1995.

Heidegger, M.

Heidegger, M.

Leed, E.

Indice

Introduzione I Capitolo Il gigantesco processo lavorativo 1. Guerra e tecnica 2. La mobilitazione totale 3. Loperaio, il nuovo tipo umano 4. Lavoro e libert

p. I p. 5

p. 5 p. 15 p. 27 p. 34

II Capitolo Lo stato mondiale 1. La pace 2. Lo stato mondiale 3. Il ribelle e lanarca

p. 39 p. 39 p. 47 p. 56

Bibliografia

p. 61

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