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Anita Desai

Traduzione di Anna Nadotti Titolo origin air Fire On The Mountain Pubblicato per la prima volta nel 1993, in altra traduzione, da Donzelli editore. 1977 Anita Deai Giulio Ei natali editore s.p.a., Torino

Fuoco sulla montagna

Indice Nota editoriale.......................................................................2 FUOCO SULLA MONTAGNA.....................................................................3 Parte prima Nanda Kaul a Carignano...................................3 1.........................................................................................3 2.........................................................................................5 3.........................................................................................7 4.........................................................................................9 5.......................................................................................12 6.......................................................................................14 7.......................................................................................15 8.......................................................................................18 9.......................................................................................20 10......................................................................................22 Parte seconda Raka arriva a Carignano.............................24 1.......................................................................................24 2.......................................................................................25 3.......................................................................................27 4.......................................................................................28 5.......................................................................................30 6.......................................................................................31 7.......................................................................................34 8.......................................................................................37 9.......................................................................................39 10......................................................................................41 11......................................................................................43 12......................................................................................45 13......................................................................................47 14......................................................................................49 15......................................................................................50 16......................................................................................54 17......................................................................................55 18......................................................................................56 19......................................................................................57 20......................................................................................61 21......................................................................................63

Parte terza Ila Das lascia Carignano.................................65 1.......................................................................................65 2.......................................................................................67 3.......................................................................................69 4.......................................................................................71 5.......................................................................................73 6.......................................................................................75 7.......................................................................................77 8.......................................................................................78 9.......................................................................................80 10......................................................................................81 11......................................................................................82 12......................................................................................85 13......................................................................................88 Nota editoriale
Poi non fu pi possibile dilazionare lincontro ed entrambe si mossero in direzione dellaltra e si abbracciarono perch pensavano di doverlo fare. Si ud un rumore di ossa che si urtano. Tutte e due pensarono a quanto laltra era ossuta, spigolosa e poco accomodante e si separarono rapidamente. Due donne anziane e una bambina sono le protagoniste di Fuoco sulla montagna, il romanzo della scrittrice indiana Anita Desai apparso per la prima volta nel 1977 e ripubblicato adesso con una nuova traduzione. Non sappiamo let di Nanda Kaul: la bisnonna della piccola Raka, ma ci si sposa giovani in India o almeno questo era il costume in passato e forse Nanda non poi cos vecchia. Vive da sola a Kasauli, una piccola localit tra i monti, in una casa che ha un nome singolare, Carignano: una nota sul retro copertina spiega che fu luomo daffari italiano Federico Peliti a dare questo nome alla sua abitazione indiana verso la fine dell800. Questa condizione di solitudine importante e viene sottolineata fin dalla prima pagina, quando Nanda osserva con apprensione il postino che si avvicina sperando che passi oltre, perch vuole essere lasciata sola con i pini e le cicale. E invece c una lettera per lei da sua figlia che le annuncia che Raka, sette anni e convalescente di tifo, verr a passare del tempo a Kasauli. Non un personaggio amabile, Nanda Kaul. Forse la vita che lha inaridita, forse il suo legoismo di chi deve in qualche modo sopravvivere: ai troppi figli, ai troppi ospiti, alle troppe richieste avanzate da troppe persone, ai troppi oggetti da cui si circondati. Nanda Kaul ha chiuso con tutto, vuole essere lasciata in pace. E non la commuove larrivo di quella bimbetta magra che sembra un insetto, non vuole lasciarsi disturbare, non spreca parole e neppure cibo per lei. Quello che non ha previsto che Raka possa essere amante della solitudine quanto lei. Dapprima Nanda sollevata dalle lunghe assenze della bambina, poi incuriosita da quella figurina che scompare per i dirupi e riappare con le ginocchia graffiate, infine prova un filo di gelosia nel vederla ascoltare intenta quello che il servitore le racconta. E si mette a gareggiare con questo, parlandole di suo padre (il trisnonno della bambina) e dei suoi viaggi in Tibet e, quando lattenzione di Raka sembra scemare, tira fuori storie di un fantastico zoo che avrebbero avuto in casa. Larrivo dellamica di Nanda, la patetica Ila Das dalla voce stridula, segna una svolta importante in questa storia fatta di silenzi interrotti dal flusso di parole di Nanda, dallo scroscio della pioggia e dal canto degli uccelli. Perch Ila Das parla, parla per uscire dalla

sua solitudine fatta di miseria, rievoca un passato di gloria e di decadenza, svela qualche segreto a cui per Raka, annoiatissima, non bada. Lattenzione della Desai sempre centrata sulle donne: donne oberate dalla vita e dai figli, donne sole o trascurate, tradite dai mariti, donne senza risorse economiche perch, come nel caso di Ila Das, i fratelli hanno ereditato e dilapidato il patrimonio, donne bambine che vengono vendute come spose. Gli uomini restano sullo sfondo, padroni e tiranni, reggono le sorti delle donne. E allatto di violenza finale che inconsciamente attendevamo si accompagna lincendio che risale i fianchi della montagna, a ridurre in cenere quello che resta del passato e ad illuminare le menzogne.

Fuoco sulla montagna


Per Ruth e Jhab

Parte prima Nanda Kaul a Carignano


1. Nanda Kaul sost sotto i pini per goderne il sibilo profumato e ascoltare le cicale che frinivano invisibili sotto il tappeto di aghi, quando vide il postino zigzagare lentamente su per il Mall. Non era uscita per vedere lui, non voleva che si fermasse a Carignano, non desiderava ricevere lettere. La vista delluomo, che avanzava inesorabile con la sacca rigonfia, fece rotolare un groppo dirritazione nella fresca cavit della sua giornata ostruendola stupidamente: sacche e lettere, messaggi e domande, richieste, promesse e problemi, aveva chiuso con tutto ci, venendo a Carignano. Voleva essere lasciata sola con i pini e le cicale. Sper che luomo passasse oltre. Aveva tutto ci che voleva, l a Carignano, a Kasauli. L sul crinale del monte, in quella tranquilla dimora. Era il luogo, la fase dellesistenza che aveva desiderato e preparato per tutta la vita se ne era resa conto fin dal primo giorno trascorso l, sentendo sbocciare un grande, pacato sollievo e finalmente ci era arrivata. Non voleva nessuno, non voleva nientaltro. Qualunque cosa fosse sopraggiunta o accaduta, sarebbe stata unintromissione indesiderata, un fastidio. Fu ci che cerc di trasmettere al postino che arrancava su per la salita, fissandone dallalto del crinale lonesto dorso taurino con occhi gelidi e penetranti. Purtroppo luomo non guardava verso di lei ma fissava ostinatamente la polvere che gli si andava accumulando sulle scarpe. Un toro, uno stupido bue, pens Nanda Kaul con acredine, poi distolse gli occhi. Torn in giardino dove allimprovviso si sollev il vento gonfiando i rami dei pini come una tenda, quasi volesse proteggerla. Capelli grigi, alta e magra, avvolta in un sari di seta che emetteva un ampio fruscio, fantastic di confondersi con i pini, di essere scambiata per un pino. Essere un albero era ci che si riprometteva, niente di pi, niente di meno. Ci che pi le piaceva e lappagava, di Carignano, era la nudit. Era ovviamente la principale virt di tutta Kasauli, un aspro rigore. Cerano le rocce, i pini. Cerano laria e la luce. La vista spaziava in ogni direzione: a

nord sulle montagne, a sud sulla pianura. Di tanto in tanto unaquila volteggiava in quella massa chiara e ininterrotta di luce e daria. Nullaltro. Anche Carignano, la sua casa sul crinale, non aveva che quello. Cosaltro avrebbe dovuto avere? Il sole brillava sui muri bianchi. Le finestre erano aperte: quelle a nord si aprivano sui picchi blu dellHimalaya che sinnalzavano diseguali sopra la linea di ghiacci e neve stagliata nel cielo; quelle a sud si affacciavano sul burrone a strapiombo sulla pianura che si stendeva, piatta e riarsa, fino allorizzonte indistinto. Certo, vicino alla casa cerano alcuni albicocchi. Cerano le macchie di iris che avevano terminato la fioritura. Cera la voluta di fumo che si levava dal camino della cucina e una catasta di legna fuori dalla porta. Ma erano cose secondarie, quasi insignificanti. Nanda Kaul non le teneva in gran conto, anche se in quel momento si era chinata sullerba bassa e secca per raccogliere una luminosa albicocca. Siera schiacciata cadendo e la gett via. Unupupa scorse quel repentino bagliore e si lanci con prontezza sul frutto strappandone la polpa splendente, poi vol via con il boccone nel becco. Aveva fatto il nido sotto la gronda della finestra della sua stanza, Nanda lo sapeva, ma non si trattenne a guardare il pasto degli uccellini implumi. Era una scena che non le dava alcun piacere. Mal sopportava i loro gridolini striduli. Si arrampic invece sulla collinetta, il punto pi elevato del giardino, dove il vento era pi pungente e la vista pi ampia. Si ferm a prendere fiato e guard gi proprio nel momento in cui il postino sbucava da dietro una falda ombrosa del monte. Arrancava, cupamente, avvicinandosi sempre pi al cancello di Carignano. Le narici della donna si strinsero e sbiancarono per la disapprovazione. Il postino rallent, irritandola ulteriormente: camminava dietro un ragazzino, uno scolaro che si era materializzato sullerta salita e ciondolava verso la scuola senza curarsi troppo della meta e della direzione, fermandosi di tanto in tanto a raccogliere un sasso liscio, e poi di nuovo per scagliarlo contro uno scoiattolo, quindi risaliva met collina per strappare i lamponi dagli arbusti spinosi e poi si lasciava scivolare sul sedere fino al fosso, in cerca di scarabei dorati. Pareva che il postino non riuscisse a superarlo: ipnotizzato dal bizzarro incedere del ragazzo, luomo si ferm, poi gli rimase dietro, mentre Nanda Kaul fremeva sulla collinetta, gli occhi ridotti a due fessure. Forza postino, sbrigati, lo apostrofava mentalmente con asprezza, falla finita! Infine, non riuscendo pi a sopportare quellassurda esitazione, si gir e si mise a fissare la casa, sobria, bianca e splendente sul crinale incolore. Il muro a nord era coperto dallombra blu degli albicocchi tozzi e folti. Sul muro a oriente, il sole brillava nitido e forte. Era una casa cos adatta a lei, appagava completamente il suo cuore. Comera potuta appartenere a

qualcun altro? Comera immaginarlo. 2.

prima che

ci

arrivasse lei? Non

riusciva

Il postino non immaginava niente ma sapeva alcune cose. Conosceva la casa da prima che appartenesse a Nanda Kaul. Non tutta la storia, no, perch era stata costruita nel 1843, da un certo colonnello Macdougall, per la moglie che non sopportava il caldo della guarnigione militare di Ambaia nella pianura e sperava di salvare i suoi figli sinistramente pallidi portandoli in montagna destate. Lo racconta il colonnello nelle sue memorie, da lui pubblicate e diffuse privatamente ma ormai introvabili. Conclude il resoconto della sua vita di soldato e delle molte spedizioni militari alle quali aveva partecipato descrivendo la casa che aveva chiamato Carignano e raccontando di una sera in cui, seduto accanto alla finestra insieme con la moglie Alice lei malaticcia avvolta in uno scialle di cachemire, lui con la pipa e il tabacco guardava al di l della valle verso Sabathu dove, tra le chiazze bianche delle lapidi del cimitero militare erano stati sepolti i loro sette figli, uno dopo laltro. La casa era rimasta disabitata per alcuni anni dopo che il colonnello e sua moglie Alice erano stati a loro volta portati al cimitero di Sabathu, finch un giorno, durante uno spaventoso temporale, aveva quasi cessato di esistere. Lintero tetto fogli di lamiera ondulata che il colonnello Macdougall aveva fatto dipingere di verde ma che col tempo si erano scoloriti, tornando al naturale grigio rugginoso era stato sollevato dal perimetro dei muri di pietra e scagliato gi per la collina fino a Garkhal, dove il bordo tagliente aveva tranciato la testa di un coolie che stava cercando riparo dietro una catasta di legna sul ciglio della strada. Alla fine il tetto era stato rimesso a posto ma non la testa del coolie e la casa acquistata dal pastore dellunica chiesa di Kasauli. Il pastore trovava triste che la posizione della casa sul crinale non gli consentisse di creare un piccolo giardino, ma piant comunque tre albicocchi in un punto in cui ledificio creava un riparo dalle tempeste peggiori, ed essi fiorirono nel terreno pietroso e diedero frutti. Per proprio diletto compr anche una vasca di marmo a una svendita che si tenne alla Garden House quando le proprietarie, le anziane sorelle Abbott, morirono a una settimana di distanza luna dallaltra e i loro beni vennero messi allasta, e la sistem sotto gli alberi. Era una gioia per lui guardare i bulbul e le upupe che venivano a banchettare sugli albicocchi e poi si tuffavano nella vasca lisciandosi le piume e schizzando acqua tuttintorno. La sua gioia sarebbe stata completa se la moglie gli avesse fatto la marmellata di albicocche. Invece no. Lo odiava troppo per fargli la marmellata. Pi durava il matrimonio e pi lo odiava e quasi ogni giorno tentava di assassinarlo. Ma lui riusciva a sopravvivere. Quando lei gli dava le spalle, versava in un vaso di gerani accanto alla poltrona il t che gli aveva

preparato e osservava in silenzio i fiori che appassivano. Gli accadde di svegliarsi un attimo prima che abbassasse su di lui un coltello da cucina e impar a dormire con un occhio aperto finch non divenne cieco, ma questo fu dopo che Mavis mor: scivol mentre andava alla cucina esterna, precipit lungo il pendio e si sfracell su una roccia, cos il pastore fu salvo e mor in pace, come si suol dire, in un letto del sanatorio di Lady Linlithgow. Si diceva che il suo fantasma si aggirasse nella casa, o almeno ci si aggirava la sua pipa, perch a una certa ora della sera la veranda si riempiva del robusto aroma di un invisibile tabacco stagionato appena acceso. La nubile signora che occup in seguito la casa, una certa Miss Appleby che era stata governante in casa di Lady Stuart ricevendone un lascito sufficiente a comprare Carignano e a sottrarsi al clima inglese per il resto della sua vita, sentiva certamente lodore di quel tabacco. Avvezza agli ottimi sigari di casa Stuart, la faceva saltar su, pestare i piedi e strillare di rabbia. Il fantasma comunque non si fece mai vedere, altrimenti Miss Appleby gli avrebbe scagliato contro lintero servizio di piatti con la decorazione di salici: era famosa per il suo temperamento. Una volta non solo aveva preso a staffilate il giardiniere per aver piantato dei tageti un altro odore che non sopportava ma gli era montata sulla schiena e laveva frustato per tutto il giardino urlando: Niente tageti, capito? Niente tageti nel mio giardino! Fu la prima di una lunga serie di nubili signore che abitarono Carignano, tutte inglesi ovviamente perch a quellepoca i proprietari delle case del Mall erano tutti inglesi mentre agli indiani non era neppure consentito di camminarvi, dovevano percorrere i sentieri della collina e abbassare rispettosamente gli occhi quando i sahib e le mernsahib inglesi passavano loro accanto al piccolo galoppo. Cera una leggenda connessa a ognuna di quelle nubili signore e il postino ne conosceva alcune. Cera stata una certa Miss Lawrence che aveva attraversato a cavallo il deserto dei Tartari con cappello di lino e veletta, forse pensando che fosse il Sahara. Le due Miss Hugh conosciute in loco, e giustamente, come le due Miss Huge [1] le cui uniche occupazioni erano giocare a bridge al club e fare una marmellata di albicocche la cui fama andava dalla Lawrence School di Sanawar fino alla guarnigione militare di Sabathu. Avevano riempito la casa di divani rivestiti di chintz e di grandi brocche e bacinelle su cui sintrecciavano garofani rosa e celesti e che ancora occhieggiavano vezzose nelle umide e muffite stanze da bagno di Carignano. Avevano anche piantato una rosa rampicante gialla a ridosso del parapetto che impediva alla casa di precipitare nel burrone. Durante il resto dellanno la pianta era una massa grigia e pelosa che si agitava e stormiva come se fosse abitata da una colonia di topi, ma in aprile si librava nellaria una nuvola spumeggiante di pallide rose gialle, una stravaganza di pinnacoli vegetali, un trionfo di rose di un giallo cremoso che aveva il profumo delle foglie di t bagnate. Ogni anno Nanda Kaul la guardava con stupore, domandandosi da dove venisse tanta 1 - Gioco di parole intraducibile: Huge significa enorme [N.d.T.].

grazia di gale e merletti nel suo giardino arido e roccioso, aspro e battuto dai venti. La pianta si arrampicava sulla cucina esterna, sulla legnaia, si allungava su ogni sbarra, cancello e balaustra, dormendo e sospirando per tutto lanno tranne quellunico mese in cui rinasceva come un dolce, angelico infante tra gale e nastri pastello. Allora Nanda Kaul per un po smetteva di rimuginare sulle due Miss Hugh. Dopo di loro, Miss Jane Shrewsbury produsse un infuso pi tristemente noto da ci che coltivava o scavava dal giardino: riteneva che curasse i morsi di scorpione e si vantava di aver salvato molti abitanti del villaggio che erano stati portati fin l tra urla di dolore. Miss Jane Shrewsbury aveva anche ficcato una forchetta nel collo del cuoco che stava soffocando a causa di un osso di montone, pensava di praticargli unapertura per farlo respirare. Malauguratamente il cuoco era morto e cera stato un grande scandalo finch il dottor Hardy, autorit medica locale, aveva dichiarato che era stato losso di montone a ucciderlo, non la forchetta come suggerivano i locali fomentatori di scandalo. Ci accadeva nel 1937 e due anni pi tardi anche Miss Shrewsbury era stata sepolta sotto un alto cipresso nel cimitero di Kasauli, subito dopo era scoppiata la guerra. Negli anni del conflitto una vivace Miss Weaver e una Miss Poison di dubbia reputazione svolazzarono nelle stanze di Carignano in abiti a fiori e cappelli a larga tesa, intrattenendo i soldati inglesi con t e cocktail. Organizzavano vendite di beneficenza e sabati danzanti al club situato proprio sotto Carignano. Fu il periodo pi gioioso che Kasauli conobbe, quello in cui somigli di pi a Simla. Memsahib in vacanza e soldati inglesi mandati a ristabilirsi dalle fatiche belliche ballavano e amoreggiavano con ignoto abbandono. Improvvisamente tutto fin. Era il 1947. Si ritenne che le nubili damigelle non fossero pi al sicuro. In gran fretta, prima della fatidica dichiarazione dindipendenza, vennero stipate sui piroscafi e rispedite in. Inghilterra: verginit intatta, onore salvo, i nativi tenuti a bada. Si lev un gran sospiro, di sollievo, di rimpianto. Era opinione comune di quelle signore che Kasauli somigliasse alle cittadine di campagna inglesi dei loro ricordi. Di ritorno, cos inaspettatamente e prematuramente, nelle loro cittadine di campagna, si avvidero sospirando che no, non somigliavano affatto a Kasauli, e tanto meno a Simla. Ma non ci fu niente da fare, tornare indietro era impossibile. Carignano venne messa in vendita e fu comprata da Nanda Kaul, La cittadina torn ai nativi. 3. Quando giunse ai piedi del colle, al castagno sul quale era inchiodato un cartello con la scritta CARIGNANO in lettere dottone, il postino usi improvvisamente dallo stato dipnosi, perse la pazienza e lanci un grido rabbioso.

Muoviti! url agitando minacciosamente una mano. Sono le dieci passate e sei ancora qui a bighellonare. Il ragazzo fece un balzo e scapp, distinto. Dopo una corsa a perdifiato gi per il pendio, si ferm a raccogliere svelto un filo derba, lo accost alle labbra e soffi forte producendo un rumore volgare per dimostrare al postino ci che pensava della sua repentina intrusione. Poi, fischiettando allegramente, riprese quel suo bizzarro saltellare, con i calzoncini cachi troppo grandi che gli ballonzolavano intorno alle cosce magre, e i capelli impolverati che si sollevavano e ricadevano sulla testa minuta. Ram Lal, il cuoco di Carignano, risaliva ora la collina con una sporta in cui erano ammucchiati al caldo una zucca, del pane e carne di montone tritata. Camminava lentamente, fissando le scarpe da tennis troppo grandi per lui che affondavano nella polvere bianca, formando una serie di piccoli crateri pronti per essere investigati da cani oziosi. Vedendolo avvicinarsi, il postino si lasci cadere su un muretto sotto il castagno frondoso. Avrebbe proseguito in compagnia di Ram Lal. Sistem meglio la sacca sulla spalla. Era il primo giorno di maggio veramente caldo e sudava copiosamente. Avrebbe potuto consegnare la lettera a Ram Lal, ma si asciug la fronte con le dita e decise che non lavrebbe fatto, malgrado il caldo. Era stato nellesercito per quindici anni prima di passare al servizio postale e amava attenersi rigorosamente alle regole, come se dietro di lui ci fosse ancora un sergente maggiore che gli urlava ordini ogni volta che si fermava, incitandolo a procedere, puntuale e obbediente. Il suo ideale era il mulo, e come tale viveva, per cui sedette aspettando Ram Lal che avanzava sulla strada polverosa ciondolando da un cratere allaltro. Se non altro avrebbero percorso insieme lultimo tratto di salita, ripido da spezzare le reni. Non che Ram Lal fosse una gran compagnia. Era rigido quasi quanto il postino e altrettanto cupo. Quando lo vide seduto allombra del castagno si limit a un grugnito e si ferm solo il tempo necessario a spostare la sporta da una mano allaltra. Il postino emise un grugnito di risposta e si alz, sistemandosi di nuovo la sacca sulla spalla. Pass luomo dei pony seguito da un quieto scalpiccio, teneva per la cavezza un pony con in groppa un bimbetto biondo ospite dellalbergo e fece loro un cenno accompagnato da un grido di saluto. Cuoco e postino gli rivolsero il medesimo sguardo di forzato riconoscimento e di riprovazione per i suoi modi spensierati e chiassosi, borbottarono qualcosa e attaccarono la salita. Luomo dei pony tir dritto fischiettando e agitando un ramo di ginestra. Il bambino biondo annuiva involontariamente, sotto il sole a picco. I due arrancavano insieme sul sentiero facendo rotolare i sassi sotto i piedi, la schiena curva, un atteggiamento che faceva infuriare Nanda Kaul,

scesa incontro al postino fino al cancello, lei infatti si piccava di salire sempre con la schiena dritta come un fuso. Vedendola, grigia e quasi immobile sotto i tre pini che svettavano drammaticamente accanto al cancello, come uomini avvolti dalle fiamme, con i rami protesi e bruciacchiati a ridosso del tronco, il postino avvert qualcosa di minaccioso aleggiare nella densa luce estiva e borbott: Ancora nessun ospite? Ram Lal si limit a scuotere il capo. Il postino scoppi a ridere. Ram Lal si gir a guardarlo con i suoi occhietti venati di rosso e quello gli rivolse immediatamente unocchiata di scuse. Tutte le case di Kasauli sono piene di gente, spieg estate. Da noi non c nessuno, tagli corto Ram Lal. Al cancello si separarono. Il postino rimase l a rovistare tra le lettere e Ram Lal, chinando leggermente il capo coperto, pass davanti a Nanda Kaul e si diresse in cucina dove alcune enormi galline nere, magre e impolverate, lo festeggiarono saltando gi dalla catasta di legna. Lui le allontan agitando la sporta ma quelle, pur chiocciando allarmate, gli si fecero ancora pi vicine. Si diceva che fossero le discendenti delloriginario pollaio di Miss Jane Shrewsbury e in effetti avevano unaria antica e coriacea. Quando lui spar nelloscurit fumosa della cucina, si assieparono sulla soglia, raspando eccitate il terreno con le zampe a uncino per ottenere la sua attenzione. Dopo un po il cuoco prese a lanciare loro scarti di verdura, accompagnando ogni lancio con imprecazioni oscene. Nel frattempo il postino estrasse una lettera dalla sacca e la porse silenziosamente a Nanda Kaul che disse con voce chiara ma dolente: Grazie . Poi, tenendo la busta fra le dita, a una certa distanza dal corpo, risal adagio il sentiero lastricato lungo il quale fiorivano sparse emerocallidi, prosegu allombra degli albicocchi fino alla veranda dove stava la sua vecchia poltrona di bamb. Era arrivata una lettera e doveva aprirla. Decise di rispondere no a qualunque domanda o richiesta contenesse. No, no, no. 4. La veranda era immersa nellombra. Le lastre del pavimento irregolare erano fresche. Sui gradini di pietra vasi di gerani e fucsie fiorivano al riparo dal sole, avvolti dallombra degli albicocchi bassi e frondosi. L cera la sua vecchia poltrona di bamb e Nanda Kaul ci si sedette, abbandon la lettera in grembo e guard invece le albicocche quasi mature e un paio di bulbul che se le contendevano, finch caddero al suolo in un turbinio di piume sollevando un piccolo vortice di polvere e poi sfrecciarono in direzioni opposte, brontolando e ingiuriandosi finch furono distratti dalle contorsioni di un verme. Allora si ud solo il frinire delle cicale, un suono talmente monotono e incorporeo che pareva affiorare direttamente dal terreno, o

dallestate: un profumo di aghi di pino fattosi udibile, la rotazione della luce solare o del globo sul proprio asse. Guardando oltre i rami frondosi degli alberi, oltre gli aghi argentei dei pini al cancello, Nanda Kaul riusciva a vedere i tetti rossi della Lawrence School sulla sommit del colle dallaltra parte della vallata, con la guglia sottile della chiesa che spuntava dallappartata vegetazione di Sanawar. Era un panorama confortante di cui godere dalla propria veranda pi confortante di quello dalle finestre sul retro affacciate sul burrone che con un tuffo di duemila metri raggiungeva le pianure del Punjab , ma Nanda Kaul non ne fu confortata. Guard la scena con lintensit abituale finch una grande farfalla bianca e gialla interruppe la sua concentrazione inducendola ad abbassare gli occhi sulla busta. Lindirizzo era scritto dalla mano della figlia. La meno amata, o comunque la pi esasperante delle sue figlie. La bella Asha, che aveva dedicato la vita alla cura dei lunghi capelli lucenti e di una pelle senza rughe e a cui era rimasto ben poco tempo per la propria figlia sfortunata, quella che aveva sposato un diplomatico e che come conseguenza dei maltrattamenti del marito, con le sue avventure, labitudine al bere, la brutalit, si era ridotta a una gelatina inerme, messa da parte come un ingombro, che tuttavia avrebbe potuto ritrovare se stessa, se solo avesse provato. Nellultima lettera Asha le aveva scritto, con la consueta insensibilit, che aveva persuaso Tara a riprovare. Il marito era stato destinato a una nuova sede, Ginevra stavolta, e Asha aveva convinto la figlia ad andare con lui, a dargli unultima opportunit. Cera per il problema della bambina, che si era appena rimessa da un attacco di tifo quasi fatale, ma Asha non dubitava di trovare una soluzione anche a quellostacolo meno grave. Ci che contava, aveva sentenziato, era che Tara reagisse e facesse un altro tentativo di essere una buona moglie per un diplomatico. Perch, perch non dovrebbe essere felice? aveva scritto, e Nanda Kaul non le aveva risposto, era troppo disgustata per rispondere. Provava unenorme riluttanza ad aprire quella nuova busta. La fiss a lungo con ostilit e con un brutto presentimento prima di decidersi a farlo e a estrarne un fascio di fogli celesti sui quali era vergata la grafia imponente di Asha. Una grafia che non aveva nulla della bellezza dellautrice: si allungava e dilatava in unaggressiva proclamazione di sicurezza e padronanza di s. Con quella grafia la figlia comunicava una serie di disastri e sciagure che la madre lesse a labbra cos strette che due linee profonde le solcarono la pelle dagli angoli delle narici agli angoli della bocca, due scuri rigagnoli di disapprovazione. Cara mamma, scriveva Asha, e Nanda Kaul stentava a credere che ci fosse mai stata unepoca in cui aveva accettato quellappellativo con naturalezza e serenit. Solo poche righe perch sono di corsa. Adesso che

ho persuaso Tara ad andare a Ginevra e Rakesh a portarcela (un giorno ti spiegher come ho fatto, ho avuto una lunga conversazione con lui, non poi cos terribile come Tara lascia credere, lei semplicemente non lo capisce, non capisce gli uomini in genere, e in effetti la moglie sbagliata per uno come Rakesh, perci non riesco a biasimarlo del tutto, anche se vero che beve), insomma adesso devo aiutare Tara nei preparativi per la partenza. Questanno non ha fatto nulla, mamma, si lasciata completamente andare, e la sua casa con lei, e anche la piccola Raka, come tu sai. E ora conta su di me per chiudere casa, fare i bagagli e comprare tutto il necessario, dice che non ci riesce, non sa far altro che starsene seduta accanto al letto della bambina e leggerle delle storie. Cos sono io la poveretta che deve correre per tutta Delhi, con la calura e le tempeste di polvere estive, a comprarle sari, gioielli, farle confezionare corpetti, riparare le valigie, tutto! Ma non voglio lamentarmi, mamma, sai bene che lunica cosa che voglio che Tara sia felice e faccia una bella vita. Perci mi occupo di tutto senza lamentarmi. Ma c un problema che non posso risolvere, la lettera andava a parare esattamente dove Nanda Kaul aveva previsto, sent le ginocchia irrigidirsi sotto le pieghe del sari, ovviamente si tratta di Raka. Come sai a fine mese devo correre a Bombay per dare una mano a Vina che sta per partorire (vedi come devono correre le vecchie nonne di questi tempi), e Tara pensa che potrei portare con me la bambina. Ma fuori discussione. Quella povera piccola sembra un fantasma e non si ancora rimessa del tutto. ancora molto debole e il caldo e lumidit di Bombay peggiorerebbero le cose. Tutti quelli che la vedono dicono che dovrebbe andare in montagna per rimettersi. Perci io e Tara abbiamo deciso che la cosa migliore mandarla da te per lestate. Pi avanti, quando Tara si sar sistemata a Ginevra e avr messo su casa, la mander a prendere. Adesso la piccola non in condizioni di viaggiare e vivere in albergo. Non riusciamo a immaginare un modo migliore perch si riprenda che passare unestate tranquilla con te a Kasauli. E so quanto sarai felice di avere una pronipote a farti compagnia in quella casa solitaria, a questo punto la grafia di Asha raddoppiava in altezza e si dilatava fino a debordare dal foglio celeste. Ora il fratello di Rakesh ha molto cortesemente acconsentito a portare Raka con s, va con la famiglia a Simla per una breve vacanza e Raka pu viaggiare con loro fino a Kalka. Li la metter su un taxi e la mander a Kasauli. Dovrebbe essere abbastanza sicuro. Arriver il... Nanda Kaul socchiuse gli occhi seguendo i dettagli del viaggio della pronipote. Quindi ripieg con decisione i fogli celesti, come per arginare limpeto frettoloso degli entusiastici progetti della figlia, e li rimise nella busta. Pos di nuovo la lettera, scrut gli albicocchi lungo il sentiero fino al cancello, le nuvole di ortensie, i pini che si espandevano e stormivano nella brezza, pi oltre i tetti rossi della Lawrence School, sul colle verdeggiante di Sanawar. Un dito affusolato vagava come un insetto in perlustrazione sulla busta che teneva in grembo, un movimento involontario mentre tentava di

scacciare la collera, il disappunto e il profondo disgusto per linvadenza intrigante della figlia, per labietta inettitudine della nipote e limminente arrivo della pronipote. Cerc di distogliersi da quei pensieri, concentrandosi su quella scena sempre uguale eppure rasserenante. Cerc di guardarla come la guardava prima dellarrivo della lettera, con gioia e soddisfazione. Ma ormai si era distratta. Tutto ci che voleva era starsene sola, avere Carignano tutta per s, in quel periodo della vita in cui non desiderava che silenzio e pace. 5. Alla fine si alz, and lentamente sul retro della casa e si appoggi alla balaustra di legno sulla quale la rosa gialla rampicante, fiorita cos giovanilmente il mese prima, era di nuovo ridotta a un ammasso esausto di grigi scricchiolii e borbottii. Guard il burrone con i suoi squarci di terra rossa, le rocce, i canaloni e le agavi dalle punte acuminate, fino alla pianura del Punjab, una foschia argentea nella calura estiva che si allungava fino allindistinto orizzonte giallo, e si domand: sbagliato? Non ho fatto e avuto abbastanza? Non voglio altro. Non voglio pi niente. Perch non mi lasciano con questo niente ? Ma non ebbe risposte, n se le aspettava. Ripensando a tutti gli anni che aveva vissuto e sopportato, li visualizz, ma non avevano il nudo splendore della pianura sottostante, erano ingombri, stipati come il burrone, scuriti da innumerevoli facce di figli e nipoti, domestici e ospiti che spuntavano ovunque, vociando intorno a lei. Ripens alla veranda della loro casa nella piccola citt universitaria del Punjab, la casa del rettore che lei governava con unautorevolezza che incuteva timore agli ospiti lasciandoli per un po senza parole. Anche l aveva la sua poltrona di bamb dove sedeva, non immobile e inoperosa, ma aggiustando abiti, riattaccando nastri e bottoni e allungando orli ai suoi piedi un piccolo braciere a carbonella dove cuoceva una pentola di kheer tagliando fili e ordinando alla giovane domestica di rimestare, rimestare, non smettere di rimestare altrimenti il riso e il latte sarebbero bruciati, e bisognava chiamare qualcuno perch portasse via il bambino pi piccolo che rischiava di cadere nella pentola bollente e quello strillava pi forte che se si fosse ustionato. Una volta in mezzo a quel trambusto era arrivato un tonga e aveva scaricato una folla di ospiti nei loro sari migliori: erano le mogli e le figlie dei docenti e dei lettori sui quali governava il marito, e si erano sedute in cerchio intorno a lei sventolando i ventagli di foglie di palma. Ripens a quella baraonda, a come se lera cavata e a come tutte dicevano, sottovoce per non farsi sentire mentre era proprio ci che desideravano: Non splendida? Non sembra una regina? davvero fortunato il rettore ad avere una moglie che amministra le cose come lei. Poi ripens ai lampi dei suoi occhi, sentendo quei commenti, due lame nere vogliose di tagliar corto, perch disprezzava quelle cimici grigie che strisciavano ai suoi piedi

sdegnosi. Uno sguardo, il suo, che nessuno aveva mai osato cogliere o ricambiare. Guardandosi le nocche, due schiere di ossa gialle sulla balaustra, pens ai figli e alle figlie, ai parti, alcuni molto spiacevoli in casa e altri nel piccolo, sudicio ospedale della missione, ai medici e le infermiere che cercavano di rendersi utili senza riuscirci, alle innumerevoli bambinaie sciatte e nevrotiche che era costretta a tenere per via di quella montagna di panni da lavare e stirare, e a Mr. Kaul, che la voleva sempre vestita di seta, allaltro capo del lungo tavolo di palissandro della sala da pranzo, a intrattenere gli ospiti. Mentalmente ripercorse con portamento altero le stanze di quella casa (la casa di lui, mai la sua) chiudendo cautamente le zanzariere metalliche, controllando meticolosamente che i mobili scuri, tutti di palissandro, fossero stati lucidati e che le ante degli enormi armadi fossero state opportunamente chiuse. Annusando laria per sincerarsi che il cuoco non stesse fumando un biri in cucina e per verificare che le stoviglie di metallo odorassero di Brasso. Le pareva ancora di udire gli strilli acuti provenienti dalle aiuole di canne nel giardino un bambino era caduto dallaltalena, un altro era stato punto da una vespa, un terzo era stato picchiato dal quarto e uscendo sulla veranda li vedeva salire i gradini piagnucolando per un labbro spaccato, un ginocchio sbucciato, i denti rotti, e si chinava su di loro con quel rigido, ironico inchino al dovere che nessuno notava o metteva a fuoco. Doversi inchinare di nuovo, permettendo che il cappio le scivolasse ancora una volta attorno al collo che aveva creduto libero per sempre. Dover sentire il silenzio della sua casa infranto da lamenti e schiamazzi e mettere a soqquadro le stanze spoglie con la miriade di oggetti di cui ogni bambino apparentemente ha bisogno o che comunque richiede. Dover conversare quando desiderava soltanto silenzio, dover fare domande e occuparsi di un altro essere, confortare e ingiungere, farsi coinvolgere e coinvolgere. Le pareva duro, ingiusto, voleva solo il suono delle cicale e dei pini, la vista di quella scarpata rosso sangue che si tuffava nella pianura argentea. Unaquila volteggiava sulla pianura, molto sotto di lei, almeno trecento metri pi in basso, le ali spiegate, planando sulle correnti daria senza mai sbilanciare limponente e robusta apertura alare. Aveva desiderato, ricord, imitare quellaquila, planare a occhi chiusi. Poi ud il richiamo di un cuculo, vicinissimo, l nel suo giardino, molto dolce, molto musicale, ma inconfondibilmente un richiamo: ne riconobbe il tono familiare. Fece per lennesima volta quellironico, impercettibile inchino e and in cucina a vedere cosavesse preparato il cuoco per pranzo, e per annunciargli la visita della pronipote. Ram Lal sbatt le palpebre, con un certo nervosismo, pens Nanda Kaul.

6. Era tornata a sedersi nella veranda e osservava un raggio di sole che si allungava sul pavimento di pietra come lacca splendente, troppo luminosa, troppo asciutta, quando squill il telefono. Squillava cos di rado, a Carignano, che il suo squillo parve incredibile, sinistro. Impettita nella sua poltrona, tremando leggermente, Nanda Kaul premette luno contro laltro i palmi delle mani, incerta se punire lapparecchio lasciandolo squillare fino a che si zittiva oppure mettere fine alla propria angoscia rispondendo subito. Quel suono stridulo e insistente era cos fastidioso che opt per la seconda soluzione, bench le sembrasse uningiustificata debolezza. Strinse maldestramente la cornetta, infastidita dalla pressione sulle ossa minute dellorecchio, tormentando tetramente le pagine dellelenco telefonico e guardando fuori dalla finestra dove una grossa gallina raspava sotto unortensia. Lo sguardo che le si accese in viso era lo sguardo che nessuno aveva mai colto, quello che non aveva mai consentito a nessuno di cogliere. Unesplosione di scricchiolii, di fruscii, come di oche risvegliatesi allimprovviso, un breve silenzio, poi una voce che la fece annaspare e rabbrividire stringendo le dita a pugno. La voce non solo raschiava e strideva, ma raschiava e strideva come nessunaltra voce al mondo tranne quella di Ila Das. Allontanando prudentemente la cornetta di qualche centimetro, Nanda Kaul sospir rassegnata. Sapeva che quella voce era la tragedia della vita di Ila Das e si domand, come sempre quando le accadeva di udirla, se Ila ne fosse consapevole. Erano andate a scuola e al college insieme e lamica non aveva mai dato segno di nutrire un tale spaventoso sospetto su se stessa, n allora n in seguito. Lo choc di quella voce tremenda le imped per un paio di minuti di seguire quello che le stava dicendo. Da dove chiami, Ila? le domand quando ci fu una pausa nel pigolio stridulo e acuto della povera Ila, pareva ununghia lunga che gratta follemente un vetro, o un bambino arrabbiato che balbetta allinfinito con una voce che era impossibile ascoltare senza rabbrividire. Sono al sanatorio, mia cara, e sto mangiando con la responsabile dellinfermeria, url Ila Das, e ho pensato, che bello, ora posso fare qualche telefonata e parlare con gli amici. Sai, non mi allontano quasi mai dal mio villaggio... mi tiene talmente occupata, non ho mai un minuto libero... continu a farfugliare mentre Nanda Kaul spostava la testa a destra e sinistra cercando di sottrarsi. Osservava la gallina bianca che stava faticosamente dissotterrando un verme, centimetro dopo centimetro, finch si spezz in due. Nanda Kaul si sentiva esattamente come quel verme, la cui mutilazione la fece sussultare.

Quando posso venire a trovarti? strill Ila Das. Sono secoli che non ci vediamo, mia cara, ho un sacco di cose da dirti, sono stata talmente occupata, devo raccontarti tutto... Si, sospir Nanda Kaul nella cornetta, con una voce avvilita quanto il suo viso, solo che a fine settimana viene a trovarmi una pronipote. Sono piuttosto occupata anchio, devo predisporre una stanza e... Ma Nanda, magnifico, gracchi la voce toccando un nuovo picco, ed era assai probabile, pens NandaKaul, che lamica stesse saltellando per leccitazione. Hai detto una pronipote? magnifico... devo venire a vederla, Subito! Posso? Posso, vero? Il viso di Nanda Kaul pareva sul punto di creparsi, attraversato in tutta la sua lunghezza da profonde rughe di sconforto. Premendosi una mano sulla fronte la sent umida. La sua voce si abbassava sempre pi mentre lasciava cadere le parole nella cornetta come freddi sassolini. Certo che devi venire, Ila, ma non subito, quando la piccola sar sistemata te lo far sapere. Ti scriver due righe... e abbass prontamente il telefono. Sempre osservando la gallina che inghiottiva golosamente i pezzetti di verme, ripens alla faccia del marito e al modo in cui intrecciava le dita sullo stomaco e abbassava pesantemente le palpebre quando Ila veniva per il t, traballando nei suoi stivaletti eleganti, e roteando vorticosamente lombrellino. Il ricordo di quella faccia, di quellespressione, riusc quasi a farla sorridere. Allaltro capo del filo, Ila Das attribu limprovviso silenzio a nulla pi che unaccidentale caduta della linea, ma si chiese anche se dalla voce di Nanda Kaul non trasparisse una totale mancanza di entusiasmo per larrivo della pronipote, se la voce dellamica esprimesse realmente fastidio e ansia, o se fosse frutto della sua immaginazione. Tormentandosi un ricciolo giallo, Ila Das rimugin borbottando tra s per qualche istante. 7. La luce del sole si ispessiva. Non pi lacca, era diventata colla. Le mosche, troppo pigre per volare, restavano impigliate nella tela vischiosa del meriggio e ronzavano languide e voluttuose, quindi liberando le zampette avanzavano lentamente sul soffitto, sui vetri delle finestre e sui mobili verniciati. Dentro, le mosche. Fuori, le cicale. Ogni cosa strideva, ronzava e friniva finch quella musica aspra e bizzarra parve materializzarsi nellaria stessa, nella calura. Nanda Kaul giaceva sul letto perfettamente immobile, le mani giunte sul petto, gli occhi chiusi per ripararsi dalla luminosit della finestra, in attesa di essere rianimata dalla prima brezza pomeridiana. Fino a quel momento sarebbe rimasta immobile: un tronco carbonizzato nella foresta, una colonna di marmo spezzata nel deserto, una lucertola su un muro di pietra. Un tronco dalbero non pu nutrire irritazione, n una colonna di marmo nutrire fastidio. Avrebbe imitato la morte, come una lucertola. Nessuno avrebbe osato svegliarla. Chi del resto poteva osare?

I pappagalli osarono. Tra le fronde degli alberi scoppi una lite improvvisa, per un attimo strillarono tutti insieme rimbrottandosi, quindi saettarono via come razzi, disseminando pinoli, sparendo nella luce, disintegrandosi nella calura. Poi si riaddens il silenzio, come colla che si secchi al sole, solidificandosi, prese corpo, si trasform in piombo. Il calore aveva un peso reale, lo sentiva sul petto che si alzava e abbassava al ritmo lento del respiro. Gemette sotto quel peso, lievemente, ma tenne gli occhi chiusi. Si era allenata per anni a quellimmobilit, a quella compostezza, unora ogni pomeriggio: era unarte acquisita a fatica. I pi difficili erano stati gli anni in quella casa indaffarata in cui le porte non erano mai chiuse e i piedi correvano o si aggiravano con passo pesante, senza tregua. Ricordava i suoi tentativi di chiudere fuori il rumore chiudendo fuori la luce, le ore insonni passate a ripercorrere la direzione di un grido, di uno scoppio di risa, di un ringhiare sinistro dei cani, di un getto di ghiaino sotto le ruote di una bicicletta nel viale, di una lite tra scoiattoli sugli alberi di guaiava nel frutteto, il rumore secco delle foglie degli eucalipti sotto il sole, una goccia, poi uno spruzzo e infine uno scroscio dacqua dal rubinetto. Tutto in sordina, ma nulla era immobile. Da ogni parte quei rumori invadevano la sua stanza che era nel centro, e non bastavano le zanzariere metalliche n i tendaggi di cotone rigato dellOrissa sulle porte a tenerli fuori. In casa tutti sapevano che era la sua ora di riposo, che non doveva essere disturbata. Ma udiva comunque la voce sonnacchiosa di unayah che sibilava ai bambini: Buoni, fate un sonnellino, finirete per svegliare vostra madre. Udiva la voce ostentatamente bassa del marito che diceva a qualcuno: Pi tardi, devo consultare mia moglie in proposito. Glielo far sapere pi tardi. Udiva i figli che passavano in punta di piedi con gli scarponi pesanti e scaraventavano le cartelle a terra con grossi tonfi. Tutto ci andava avanti per unora, durante la quale lei teneva gli occhi rigorosamente chiusi, le mani conserte sul petto, dinverno sotto una trapunta, destate esposta alla pigra brezza del ventilatore a pale, decisa a non reagire. Lo sforzo di non reagire aumentava di minuto in minuto, sempre pi faticoso, pi insopportabile, finch le premeva sul petto, le stringeva la gola. Alle quattro saltava su affannata. Daccordo, mormorava sedendosi sul bordo del letto, mettendo gi i piedi in cerca delle ciabatte e aggiustandosi i capelli, daccordo, sospirava, venite, venite tutti, eccomi, sono vostra, sono di nuovo vostra. Di solito non faceva in tempo a spruzzarsi il viso con un po dacqua e a pettinarsi che gi il piccolo entrava gattonando, era il primo a sentirla muovere, il pi esigente. Lo prendeva in braccio e andava in cucina dove un domestico estraeva il latte dalla ghiacciaia, toglieva lo strato di panna, riempiva una fila di grosse tazze sul vassoio e lo portava sul tavolo verde della veranda, attorno al quale i bambini erano gi seduti sui bassi sgabelli di

bamb: le femmine ancora con le trecce e gli abitini di cotone abbottonati, e i maschi che si spingevano allindietro sulle sedie dando calci alle gambe del tavolo e rumoreggiando affamati. Poi bisognava imburrare il pane, aprire i vasi della marmellata e tirarla fuori a cucchiaiate, togliere i coltelli dalle mani dei piccoli e dei maschi mentre le femmine facevano domande siui compiti, bisognava chiamare i domestici perch asciugassero il latte versato e andassero a prendere il t, e la vita riprendeva il suo andamento turbinoso, un vortice di cui lei era locchio immoto, fisso nel centro. Erano mai stati zitti? O assenti? Intrecci le dita, strinse le palpebre, cercando di trovare un ricordo positivo che non la turbasse, non la urtasse, un ricordo che le desse quiete e serenit. Le pareva di ricordare una sera, o forse era notte, certamente era buio, ed era primavera, quando solo le sere erano fresche e le ultime phlox fiorivano intorno al prato, una bordura folta, bianca e lucente al chiaro di luna, da cui scaturiva un profumo intenso e vivo che percepiva camminando sullerba riarsa. Faceva fresco, si, e lei si era stretta le braccia intorno al corpo mentre passeggiava sul prato, quasi incappando nella rete del badminton che pendeva grigia e filiforme, pressoch invisibile nella luce spettrale. Tornando sui suoi passi, aveva girato intorno al palo di sostegno seguendo la linea di calce spruzzata sullerba fitta e secca, aveva calpestato un volano abbandonato accanto a unaiuola di petunie bianche su cui le falene svolazzavano in una sorta di estasi frenetica. Prima, durante il giorno, avevano giocato a badminton, non i bambini, no, erano venuti a giocare i docenti, gli amici del campus. Ora se nerano andati. Il campo era deserto. Una luna cerea saliva oltre i grigi rami spettrali degli eucalipti sul viale, immerso in un silenzio misterioso. Cera un odore derba, di phlox, di foglie di eucalipto frammisto allodore di calce, di abiti sportivi impregnati di sudore, di catgut e scarpe da tennis umide. Laveva annusata a narici strette perch la trovava ripugnante, priva di logica e armonia. Camminando avanti e indietro sul prato, avanti e indietro sempre pi svelta, era rimasta l fuori finch non aveva udito lautomobile, una vecchia Rover marrone, svoltare al cancello, poi i fasci di luce gialla dei fari avevano illuminato i festoni della quisqualis rampicante che ornavano il portico, quindi le colonne bianche della veranda, le aiuole di phlox e la linea irregolare di calce sul prato. Fari spenti, silenzio, poi la portiera dellauto si era spalancata ed era sceso suo marito. Era andato ad accompagnare qualche ospite... no, si corresse con asprezza, una precisa ospite. Laveva guardato mentre saliva i gradini della veranda tirando grosse boccate dal sigaro, le giungeva lodore robusto del tabacco. Era rimasta immobile nellombra diffusa dal nespolo in un angolo del prato. Non si era mossa, non aveva fatto rumore. Laveva guardato mentre percorreva la veranda ed entrava in salotto, aveva atteso finch le luci di quella stanza si erano spente e se nera accesa una in camera da letto, che era stata solo un piccolo spogliatoio finch lei non ci

aveva fatto mettere un letto. Poi aveva ripreso a passeggiare sul prato, piano, sempre pi piano. Una pavoncella era balzata su dal campo di senape al di l della siepe del giardino, e si era levata, gridando, nellaria. Perch mai quelluccello nervoso, agitato aveva pensato Nanda Kaul osservandone il volo irregolare e scattante nel funereo chiarore lunare si era slanciato cos ansiosamente nellaria, per poi planare sulle zampette nervose con un verso roco e decollare di nuovo nella notte che riecheggiava delle sue strida? Un uccello tormentato, impaurito, inquieto e inquietante. Fattasi gatto grigio, predatore notturno, lei era rimasta a osservarlo fino a che era scomparso in direzione del fiume e le sue strida si erano affievolite. Allora, strusciando i piedi sullerba, aveva assaporato la sensazione di essere di nuovo sola. Quello era stato un momento in cui era rimasta sola: un attimo di trionfo personale, freddo e fiero. Il ricordo gett unombra su di lei... faceva fresco. Sent il bisogno di muoversi, port le mani alle guance, ai capelli, poi lentamente si mise a sedere. Dalla finestra penetrava ora la brezza gentile del tardo pomeriggio, facendo ondeggiare la tenda con movimenti danzanti. Nanda Kaul si avvicin alla finestra e guard il burrone arrossato, la pianura liquefatta, la tenue luce bronzea del cielo in cui il sole fluttuava come un pallone illuminato, dando agli aghi di pino un luccicore di seta, di bava. Era lora del t. 8. Seduta in veranda nella penombra pomeridiana, Nanda Kaul allontan il vassoio del t e si mise a leggere, centellinandoli, frammenti dalle Note del guanciale di Sci Shnagon. Un brano attrasse subito il suo sguardo: Labitazione ideale per una donna che viva sola dovrebbe essere in un luogo del tutto selvaggio con un muro incompleto, e se ci fosse un laghetto dovrebbe essere lussureggiante di alghe, il giardino non invaso dalle artemisie, ma con ciuffi di tenera erbetta che spuntino qua e l tra la sabbia, in una semplicit davvero elegante. Al contrario, se le si vuol conferire un aspetto rispettabile, curando diligentemente il giardino e facendo sprangare il portone, si ottiene un risultato decisamente squallido. [2]. Nanda Kaul alz gli occhi con un vago sorriso, quindi chin nuovamente il capo e rilesse il brano. Ogni volta le scendeva in gola lasciando una scia luminosa, come vino bianco secco e ghiacciato. La luce pomeridiana si era attenuata. Dopo un po, usc in giardino, sempre con il libro in mano, e scese fino ai pini vicino al cancello. I monti erano ancora illuminati dal sole, ma la luce era pi incerta, velata. Parevano coperti da una lanugine dorata e si fondevano in lontananza in blu e violetti tenui. 2 - Sri Shnagon, Note del guanciale, traduzione di Lydia Origlia, Mondadori

Le sarebbe piaciuto, laveva pensato spesso, invitare un acquarellista inglese dellOttocento a dipingere il panorama dal suo giardino. Erano maestri, a suo avviso, nel combinare la luce e lo spazio, i due elementi della vista da Kasauli. O forse la scena era troppo rarefatta per un artista inglese? si domand. Nessun pittore indiano di nessuna epoca sarebbe stato in grado di riprodurla, certamente no, ma aveva qualche dubbio anche sugli inglesi. Aveva visto alcune litografie ottocentesche di quelle che allepoca erano conosciute come Kussowlie Hills, le aveva trovate divertenti, ma non lavevano convinta. Forse per un incisore erano necessari contorni pi netti, un orizzonte pi definito. Qui le montagne si confondevano con il cielo, il cielo con la neve, la neve con laria. Si appoggi al cancello, pensosa, posando lo sguardo sui pendii malva e viola, in quello che al marito, un uomo erudito che leggeva in varie lingue, piaceva chiamare Abend-beleuchtung. Le vacche pascolavano tornando ai minuscoli villaggi nascosti nelle vallate, tutto si fece pi fioco e grigio finch fu completamente buio e le luci spuntarono in luoghi in cui non immaginava che ci fossero delle abitazioni lumi solitari qui e l a Kasauli, capocchie di luce in direzione di Sanawar, pozze di luce indistinta verso Sabathu e Dagshai, e in lontananza il tenue, magico luccichio di Simla. I grilli si zittirono. Il vento cess. Nanda Kaul rientr lentamente e and ad accendere la luce nel piccolo salotto. Sedette a leggere i repertori di Sci Shnagon: Strumenti musicali a fiato; Cose piacevoli; Cose vergognose; Cose sgradevoli a vedersi; Particolari pietosi: Una grossa barca abbandonata sulla spiaggia dalla marea. Un albero strappato dal vento che giace a terra con le radici protese; Cose che non si possono raffigurare bene in un dipinto: le rose selvatiche, gli iris, i fiori di ciliegio; Soggetti ideali per un dipinto: Il pino, un campo in autunno, un villaggio montano, un sentiero; Cose splendide; Piante erbacee; Insetti; Uccelli; Alberi; Feste; e si ritrov a sua volta a comporre dei repertori. Poi torn al brano della donna che vive sola e le sfugg di nuovo un sorriso mentre si domandava se Carignano avrebbe soddisfatto i gusti epicurei della dama giapponese di mille anni prima. Non proprio, dal momento che non era n squallida n trascurata. Tuttavia aveva la sensazione che la dama ne avrebbe apprezzato la sobriet, il nitore, lausterit. La sua casa di un tempo, la casa zeppa e affollata di quando era la moglie del rettore e il centro di un universo circoscritto ma indaffarato e impegnato, non le era mai piaciuta. Anzi, la soffocava. Cerano troppi alberi nel giardino: alberi di guaiava e di mango, scuri, polverosi, presi dassalto da troppi pappagalli e scoiattoli predatori e da bambini in cerca di frutti che facevano indigestione o cadevano dai rami pi alti. Cerano troppi domestici nella lunga schiera di basse capanne intonacate sul retro della cucina, e spesso le fognature sintasavano e

traboccavano, e le sere si riempivano del rullio festoso dei tamburi, di canti e schiamazzi ebbri, di bagni e bucati e bambini frignanti. Cerano troppi ospiti che andavano e venivano, i tonga e i risci si assiepavano sotto gli eucalipti e le bouganvillee, con i conducenti addormentati sui sedili, i piedi penzoloni oltre la barra. Le numerose stanze della casa erano sempre tutte occupate e bisognava preparare letti di fortuna, spesso in angoli non troppo appartati del salone o della veranda, con una perdita dintimit che langustiava. Troppi vassoi del t da portare nello studio di suo marito, nella camera da letto di sua suocera, nella veranda che era il luogo di ritrovo di tutti, a tutte le ore del giorno. Troppi pasti, troppi piatti in tavola, troppo da rigovernare. Avevano avuto cos tanti figli, che erano andati in tante scuole e universit diverse, con orari diversi, e avevano avuto tanti precettori diversi: uno di matematica, severo, che schiaffeggiava i ragazzi indisciplinati, uno di disegno, pigro, che sorrideva e non faceva nulla, e tanti altri ugualmente incompetenti e fastidiosi. Poi cerano gli amici dei figli, di et, dimensioni e famiglie diverse. Lei pativa quella pletora di gente, il disordine, gli eccessi imprevedibili e fluttuanti. Era stata felice di chiudere con tutto ci. Felice di lasciarsi tutto alle spalle, in pianura, come quando si gira lultima pagina di un grosso libro impegnativo che non c bisogno di rileggere. Larrivo di Raka avrebbe comportato la riapertura di quel vecchio, faticoso libro mastro? Sospirando, and a letto, strascicando un piede come non le accadeva mai. Lasciatemi in pace, mugugn. Ho assolto tutti i miei doveri. Lasciatemi in pace. 9. Nanda Kaul aveva perso labitudine di accudire gli altri. Era stata una vocazione religiosa in cui aveva creduto finch non le era apparsa falsa. Una vocazione fattasi improvvisamente opaca e arida, come se la sorgente a cui attingeva si fosse prosciugata. Era accaduto il primo giorno in cui era rimasta sola a Carignano. Dopo la morte del marito i figli e le figlie lavevano aiutata a svuotare la casa del rettore, a impacchettare e imballare i loro averi e a suddividerli, poi lavevano accompagnata a Kasauli. Si erano trattenuti qualche giorno a Carignano, come arredi superflui. Non sapeva cosa farsene di loro. Poi per fortuna se nerano andati. Educati da lei a essere impegnati e responsabili, tutti avevano famiglia e lavoro. Nessuno poteva restare con lei. Quando erano partiti, si era messa a camminare su e gi con aria da padrona, tastando iI pavimento di pietra con i piedi nudi.

Si era aggirata nel giardino. A differenza di qualunque nuovo proprietario di una casa o un giardino non si era detta, qui pianter un salice, l strapper una ginestra e al suo posto metter lerba delle pampas. No, aveva accolto con gioia la nudit, il vuoto di quella casa. Il ghiaino le era piaciuto come a unaltra sarebbe piaciuto un fitto tappeto erboso. Non le importava di aggiungere un altro albero al gruppo di albicocchi accanto alla veranda o ai tre pini al cancello. Si sarebbe detto che il giardino, come lei, fosse giunto a uno stadio di elegante perfezione per un semplice processo di invecchiamento, di sfioritura. Era composto da pochissimi elementi, ma erano elementi precisi e pertinenti come i tratti di un disegno giapponese. Non desiderava aggiungerne altri pi di quanto non desiderasse aggiungerne alla propria vita consunta, essenziale e radiosamente solitaria. In quella cornice perfetta e naturale non riusciva a immaginare una bambina, una bambina sconosciuta, pi di quanto non riuscisse a immaginare una pergola di rose, un fauno di marmo o una fontana. Non voleva niente di tutto ci. Al contrario, la sola ipotesi la nauseava, come accade a volte di fronte a una scatola di dolciumi. Agitata e in ansia, and in cucina per parlare con Ram Lal, che era tornato dalla sua quotidiana spedizione al bazar. Mentre lui smistava cipolle e patate sul tavolo di legno, gli si rivolse con tale nervosismo che lo allarm come lavrebbe allarmato un temporale imminente. Domani verr una mia pronipote, Ram Lal, esord intrecciando le mani sudate. Si, annu lui, cercando invano un tono rassicurante. Cosa le cucinerai, Ram Lal? domand stranamente preoccupata. Sembrava che non avesse mai organizzato stupende cene per le feste di laurea, con cinquanta o anche settanta invitati, e non avesse mai ricevuto elogi per la magnificenza dei suoi Icebab o la sontuosa variet dei suoi dolci. Aveva perso il quadernone in cui raccoglieva consigli alla moda e ritagli di giornali e riviste di cucina con cui soleva compiacere la sua numerosa famiglia. Non le restava una sola idea con cui nutrire una sola piccola pronipote. Era incredibile quante cose della sua vita avesse buttato via. Cosa posso cucinare, memsahib? borbott Ram Lal a occhi bassi. Non lo so, Ram Lal, non lo so, sospir lei stringendo improvvisamente il bordo del tavolo. Dimmi tu. Suggerisci tu qualcosa. A un tratto lui alz gli occhi arrossati in cui brillava unimprovvisa ispirazione. Patatine fritte, memsahib, annunci fiero. A tutti i bambini piacciono le patatine fritte. Davvero? mormor lei guardandolo con la segreta speranza che le patatine potessero saziare la bambina, tranquillizzarla e farne unestranea educata e innocua. S, le patatine fritte con il ketchup. Con...?

Ketchup, memsahib, salsa di pomodoro agrodolce. Ne comprer una bottiglietta al bazar. Preparer questo per pranzo. Arriver per pranzo? S, annu Nanda Kaul afflitta, e si diresse verso la porta aggrappandosi alla visione delle patatine fritte e del ketchup come a una salvezza per tutti. Parevano terribilmente confortanti ma anche, doveva ammetterlo, inadeguate. Ram Lal si mise a smistare cipolle e patate con rinnovata lena, tuttavia teneva docchio la signora che tornava in casa strascicando i piedi sulla ghiaia e sugli aghi di pino con unesitazione ignota al suo passo deciso. Vecchi, vecchi, borbott quando Nanda Kaul, ormai allombra degli albicocchi, non poteva pi udirlo. vecchia, io sono vecchio. Siamo vecchi, vecchi, ripet, tutta un tratto privo di speranza. Una gallina ossuta si affacci alla porta con un chiocciare roco e particolarmente insistente. Le lanci addosso rabbiosamente la sporta lurida e la gallina svolazz sulla catasta di legna, fissandolo meravigliata con i suoi occhietti gialli. 10. Nanda Kaul decise che non sarebbe andata a prendere Raka al posteggio dei taxi. Mand Ram Lal al posto suo. Sapeva che avrebbe dovuto andarci. Sapeva che se si fosse incamminata molto lentamente, con molto anticipo e con il parasole, ce lavrebbe fatta. Ma non sopportava lidea degli sguardi curiosi che lavrebbero seguita, delle bocche che si sarebbero aperte interrogativamente al suo passaggio per richiudersi subito dopo. Rimase l, andando pi volte nella stanza degli ospiti a controllare gli asciugamani puliti sul cassettone, a spalancare le ante degli armadi annusando lodore umido e fresco di muffa, a dare un colpetto al materasso sentendo il crine pungente sotto le lenzuola lisce. Pens di mettere un vaso di fiori accanto al letto, ma quando si avvicin alla finestra e guard fuori vide solo fiori che vivono allaperto, dentro casa nessuno di quei fiori avrebbe mantenuto forma e colore. Avviandosi alla porta, urt contro un sostegno del letto. Un colpo che quasi le tolse il respiro. Boccheggiante, and zoppicando nella sua camera, con un leggero senso di nausea. In camera, sollev la sottoveste per controllare la coscia. Nessun osso rotto, ma sulla pelle contusa si stava gi disegnando un livido arcobaleno. Oggi blu, domani viola, poi verde, poi sarebbe sbiadito fino al giallo e infine la pelle avrebbe riacquistato il solito colore perlaceo. Colori putridi della carne vecchia. Gemette di autocommiserazione e dolore, certa di essere sola e che nessuno lavrebbe sentita. Massaggiandosi il livido con tenerezza, cerc di distrarsi ricordando qualcosa di Raka. Ma i bambini della sua vita si mescolavano nei confusi colori delliride rosa, celeste, lividi, ossa a stento distingueva i suoi dagli

altri. Chi era, Milon o Nikhil, quello a cui unayah, di notte, propinava loppio che si passava sotto le unghie? E quale di loro, aggrappandosi alle sue ginocchia o seduto con aria sognante in braccio a lei, aveva detto: Quando io sar grande tu sarai piccola e mi prender cura di te? Poteva essere Asha, lautrice di queste lettere tremende? Possibile, perch Asha era stata una bambina con la testa piena di ricci e mani paffute che accarezzavano con approvazione la madre quando indossava sari e gioielli di suo gusto. Quando morirai prender io tutti i tuoi sari, aveva detto con aria compiaciuta. Quella era certamente Asha. Ma cerano gli altri... i figli e poi i nipoti.. Ultimamente era Tara quella che suscitava in lei pi simpatia e comprensione, infelice e depressa comera. Ma anche Vina, che era incinta, aveva bisogno di attenzioni. Durante la prima gravidanza aveva preso il tifo. Incline alle sciagure, durante la seconda gravidanza si era rotta una gamba ed era sopravvissuta a un attacco di appendicite. Pareva che i figli di Asha si attirassero tutte le disgrazie che la madre era riuscita abilmente a evitare. Ora era in arrivo un nuovo pronipote. Come poteva ricordare con certezza quando era nata Raka, in quale citt e ospedale? A suo tempo aveva ricamato cos tanti vestitini di mussola e camicie da notte di cotone che ora certo non poteva ricordare se aveva accolto Raka con unochetta blu o con un topolino rosa, se aveva mandato un braccialetto di corallo o un boccale dargento. Era impossibile, pens Nanda Kaul, con tutti quei bambini che si somigliavano come sempre si somigliano gli esseri umani. Non riusciva a far emergere Raka da quella visione sfocata. Non era che una macchiolina particolarmente scura e fastidiosa in un paesaggio nebuloso: una zanzara, un grillo, o un granello di sabbia in un occhio. Chin la testa avvilita. Le pareva troppo dover incontrare Raka adesso, doverla scoprire come persona, peggio, come parente a carico. Avrebbe dovuto spronarla a mangiare le uova con gli spinaci. Metterla in guardia dallo smuovere i sassi del giardino sotto i quali poteva esserci uno scorpione addormentato, accompagnarla a letto la sera e stendersi nella stanza attigua domandandosi se la piccola dormiva, cercando di cogliere i rumori provenienti dalla sua camera, mentre i loro diversi pensieri si scontravano nellaria come pipistrelli impauriti in volo. Non sarebbe mai riuscita a dormire, gemette tra s Nanda Kaul, come poteva dormire con unaltra persona in casa? Non ci era pi abituata, lavrebbe agitata troppo. Inoltre avrebbe dovuto ordinare dei veri e propri pasti, anche se a lei bastava una fetta di pane tostato e qualche albicocca del giardino. Probabilmente la bambina si sarebbe annoiata e avrebbe dovuto intrattenerla. Ma come? Un tempo conosceva filastrocche e giochi di parole, un tempo ci sapeva fare con carta, stoffa, spilli e forbici... ma tutto ci era sparito, sepolto sotto strati di polvere, non aveva pi lenergia per ripescare certe cose. E allora? Le sarebbe toccato di portarla a spasso? Al club? Di invitare dei bambini a giocare? Non conosceva nessuno a Kasauli, meno che

mai dei bambini. Aveva vissuto in religioso isolamento, gelosa di unintimit conquistata solo al limite estremo della vita. Del suo passato restava solo Ila Das, solo Ila Das veniva ancora a trovarla. Doveva invitarla a conoscere la bambina? Bast il pensiero a provocarle una smorfia di disgusto. Abbass la sottoveste, si guard intorno nella stanza e poi zoppic verso la veranda. Cera un gran silenzio. Ram Lal era andato a prendere la bambina. Presto sarebbe stata l. Sulla collina e accanto al cancello il vento scompigliava gli aghi di pino che lanciavano bagliori argentati sotto i raggi del sole. Un cuculo cantava tra i rami del castagno, gi lungo la strada, reiterando il suo grave richiamo familiare.

Parte seconda Raka arriva a Carignano


1. Raka... un nome veramente poco appropriato, pens Nanda Kaul, dritta allombra degli albicocchi con le mani congiunte sul petto, guardando la bambina varcare il cancello mentre i pini mossi dal vento sinchinavano ondeggiando bizzarramente come se mimassero il benvenuto in un balletto satirico moderno. Raka significa luna, ma il viso della bambina era tuttaltro che rotondo, calmo e radioso. Seguiva Ram Lal su per il vialetto strascicando i piedi, con una borsa a tracolla che le faceva inclinare la spalla magra e i piedi infilati in vecchi sandali coperti di polvere. Nanda Kaul pens che sembrava uno di quei grilli scuri che saltellano spaventati senza cantare, o una zanzara minuta e sottile, su gambe magre e incerte. Tuttavia la chiam: Raka, sperando in qualche modo di collegare quel nome alla bambina e domandandosi se si sarebbe mai abituata a vedere quellestranea nel proprio giardino. Raka trattenne il passo, quindi venne verso la bisnonna senza dir nulla. Cera una sorta di disperazione nel suo atteggiamento, succhiava lelastico allentato di un logoro cappello, di sghimbescio sui capelli cortissimi, che faceva pensare a una borsa di paglia. Gir un paio docchi straordinariamente grandi e leggermente sporgenti inducendo la vecchia signora a paragonarla pi che mai a un insetto. Guardandosi intorno con quegli occhi, Raka osserv Ram Lal che saliva i gradini della veranda con la sua valigia, le scarpe da tennis troppo grandi che alternativamente squittivano e sciabattavano sul pavimento di pietra. Voltandosi un po, scorse una gallina dal collo scheletrico che becchettava frammenti di porcellana bianca sotto un cespuglio di ortensie celesti. Allora sollev la testolina tosata sul collo sottilissimo e delicato e guard gli albicocchi, la veranda, Carignano. Con quelle sue orecchie a sventola miseramente grandi, ascolt il vento tra i pini e il frinire incessante

delle cicale sotto il sole pensando che non aveva mai ascoltato prima la voce del silenzio. Poi non fu pi possibile dilazionare lincontro ed entrambe si mossero in direzione dellaltra e si abbracciarono perch pensavano di doverlo fare. Si ud un rumore di ossa che si urtano. Tutte due pensarono a quanto laltra era ossuta, spigolosa e poco accomodante e si separarono rapidamente. Bambina mia, sei stata cos malata! esclam involontariamente Nanda Kaul, indugiando un istante sullo scudo duro della spalla ossuta. Cos malata. Sei cos magra. Raka, a disagio, tir lelastico allentato e rote gli occhi per seguire il volo di unupupa che si era levata da un albero. La vecchia signora che le aveva sussurrato quelle parole sembrava anche lei un pino, e il suo sari grigio una roccia, tutti elementi della nuda immobilit del giardino di Carignano. Per Nanda Kaul la bambina restava unintrusa, unestranea, una zanzara volata fin l dalla pianura per disturbarla e tormentarla. Con palese mancanza di calore, sospir: Be, sar meglio che entriamo, e lungo le malferme lastre di pietra della veranda la condusse nella sua camera. 2. Lasciata a se stessa, nel pomeriggio Raka familiarizz con la stanza a piedi nudi. Si aggirava come fanno gli animali selvatici appena intrappolati, appena addomesticati, scivolando da una parete allaltra su zampe silenziose, indagatrici. Sfiorava uno spigolo di legno qui, una bordura di stucco l. Vide un ragno che si lisciava la peluria in un angolo, incontr gli occhi di una lucertola ammiccanti da una fessura buia. Verific lo spessore della polvere su scaffali e ripiani, diede una leccatina a un vetro per rinfrescarsi la punta della lingua. Si stese sul letto a pancia in gi, con la testa che penzolava dalla sponda, ma il sole le si insinuava negli occhi come un cuneo giallo, impedendole di chiuderli. Lattir alla finestra, la trascin lungo il percorso di un raggio fino al davanzale e lei appoggi il capo su quella confortevole ghigliottina. Sotto la finestra vide un cumulo di pietre, qualche fiore privo di interesse, un guscio di lumaca abbandonato. Non granch. Ma qualche metro pi in l, sotto lo sgangherato parapetto di legno, la cengia sinterrompeva e allimprovviso si apriva il burrone rosso disseminato di rocce che precipitava fino alla vasta, densa pianura, che faceva pensare alla pelle polverosa di un animale ansante sotto il sole. Raka socchiuse gli occhi. La conosceva... quella pianura, quella pelle, quella polvere estiva gialla. Scavalc il davanzale della finestra, atterr in unaiuola di emerocallidi e and silenziosamente ad affacciarsi al parapetto. Sapeva che la finestra della bisnonna aveva lo stesso affaccio. Avanz con cautela per non far

scricchiolare la ghiaia. Accucciata accanto al parapetto, esamin i dettagli che davano perimetri, angoli e interesse a quella scena caliginosa. Cumuli di lattine arrugginite, fasci di giornali sporchi, bucce, stracci e ossa compressi nelle scanalature, nelle cavit, nei crepacci, da cui talora straripavano. Pini dai tronchi bruciacchiati e i rami contorti assumevano posture drammatiche, da palcoscenico. Cerano massi bloccati a met del pendio, svettanti, o pronti a precipitare. Qui e l, tetti di lamiera luccicanti. Seguendo con lo sguardo la cengia frastagliata, Raka not che lungo il bordo si allineavano muri posteriori e alloggi della servit, baracche di lamiera e cucine da campo. Sulla curva i fabbricati si facevano pi possenti e si gonfiavano negli enormi muri di cemento di quella che sembrava una fabbrica, sottili ciminiere lanciavano infatti guanciali e nastri di fumo nero nellazzurro lattiginoso del cielo pomeridiano. Dal muro posteriore uscivano dei piani inclinati che parevano fatti per scaricare nel burrone i rifiuti della fabbrica e immediatamente sotto cerano piccoli edifici bassi che sembravano fornaci di mattoni tra le foglie acuminate e curve delle agavi giganti, la sola vegetazione, oltre ai pini, di quella gola deturpata. Raka gir la testa sul suo stelo, perplessa. Suo padre e la nonna avevano lodato le bellezze e i piaceri di un luogo di villeggiatura sullHimalaya, ma non avevano fatto parola di fabbriche. Invece li ce nera una cos enorme che Raka non capiva come la si potesse ignorare. Le sembrava piuttosto che dominasse il paesaggio, un drago quadrato, inscatolato, murato e alimentato. Come una lucertola, tenendosi stretta al parapetto, scivol per tutta la sua lunghezza fino alla cucina esterna per vedere se Ram Lal era l e se poteva illuminarla. Ma era vuota, un antro nero di fuliggine in cui brillava e rosseggiava un fiero occhio infiammato. Una gallina bianca che si era intrufolata di soppiatto in cucina, vedendo ondeggiare il suo abito bianco emise un verso roco e le sfrecci accanto facendola ritrarre per la sorpresa. Nello stanzino attiguo, ancora pi piccolo ma in qualche modo rischiarato da innumerevoli immagini ritagliate da riviste e calendari e appese alle pareti, Ram Lal giaceva su una branda, mani e piedi penzolanti ai quattro angoli, il berretto sul naso che si sollevava e abbassava al ritmo dei suoi potenti grugniti e sbuffi improvvisi. Lasciandolo dovera, Raka si scost dalle pareti della cucina per arrampicarsi sulla collinetta aggrappandosi alle felci ruvide e alle rocce sporgenti, fin sulla sommit dove i pini crescevano in cerchio tra le rocce. Soffiava una brezza fresca, asciutta e resinosa. Raka si addoss a un tronco con la corteccia spessa e bruciacchiata come pane abbrustolito, ne sentiva la superficie rugosa strofinandoci contro le scapole. Pi in basso, sullaltro versante del colle, si vedeva, allombra di una deodara gigante, il tetto verde di un vasto edificio basso con vivaci gerani nelle verande e tende di mussola bianca che le finestre alternativamente aspiravano ed espiravano, e sullaltro lato della strada

campi da tennis appena spazzati e con le linee tracciate di fresco, deserti, in attesa. Doveva essere il club di cui le aveva parlato la nonna, ma in quel momento sembrava addormentato. Pareva che tutta Kasauli dormisse, tranne le cicale che frinivano senza interruzione. In cielo, enormi avvoltoi volavano in cerchio oziosi e furtivi, galleggiando sulle correnti in cerca di preda. Raka si accucci su un masso piatto ai piedi dellalbero. Poggiando i piccoli nodi della spina dorsale contro lalbero, pass in rassegna Sanawar adagiata nellombra densa della vegetazione, poi Dagshai e Sabathu, manciate di pietruzze lucenti sulle cime dorate dei colli. Un grillo accanto a lei ruppe raucamente il silenzio e lei pass il resto del pomeriggio sollevando le pietre per cercarlo. 3. Quando infine ud Ram Lal che rumoreggiava in cucina preparando il t quel tintinnio incerto annunciava limminenza del t, non di pasti pi sostanziosi Raka lasci la collinetta e and a interrogarlo sulla fabbrica. Mentre disponeva le tazze su un vecchio vassoio di noce, attizzava il fuoco e disperdeva nuvole di fumo con un logoro canovaccio da cucina, Ram Lal raccontava. lIstituto Pasteur. Dove i dottori preparano il siero per le vaccinazioni. Quando qualcuno viene morsicato da un cane rabbioso, lo portano l a fare le iniezioni... quattordici, nella pancia. Le ho fatte anchio. Una volta hanno radunato e portato l un intero villaggio... un cane si era preso la rabbia e aveva morsicato tutti gli abitanti. Dovettero ammazzarlo. Gli tagliarono la testa e la spedirono allistituto. I dottori le aprono e ci guardano dentro. Hanno anche conigli e cavie, laggi, molti animali. Li usano per gli esperimenti. Sinterruppe per versare nella teiera lacqua di un grosso bollitore nero e Raka osserv il getto sibilante puntellandosi al bordo del tavolo con le unghie. Perch c tanto fumo? domand con voce flebile. Oh, bollono il siero in continuazione, l dentro... bollono, bollono. Fanno il siero per tutta lIndia. Uscendo con il vassoio in equilibrio sul palmo di una mano, da vero professionista, sost accanto alla ringhiera e indic col capo i muri di cemento dellistituto che avevano turbato Raka per via della loro mole incongrua e minacciosa in quel contesto. Vedi quegli scivoli? Svuotano nel burrone le ossa e le ceneri degli animali morti. un brutto posto. Tieniti lontana. Perch? Perch di notte gli sciacalli vengono a rosicchiare le ossa. Poi si prendono la rabbia e mordono i cani del villaggio. I cani rabbiosi vanno in giro a mordere la gente. Stai lontana da l, capito? Specialmente di notte. Di

notte si sentono ululare gli sciacalli e qualcuno ha visto dei fantasmi... abbass la voce. I fantasmi delle persone uccise dai morsi dei cani e dei serpenti vagano sulle pendici dei colli. pericoloso, capito? Raka strinse le labbra pallide e annu. Poi lo segu nella veranda dove Ram Lal deposit il vassoio, e sedette rigida e immobile mentre la bisnonna le versava una tazza di latte con dentro un goccio di t. Porgendole la tazza, Nanda Kaul strinse gli occhi e disse: Come sei pallida, bambina mia. Non hai riposato neanche un po? Raka si chin sulla tazza e se lavvicin alla bocca. Che la bisnonna interpretasse quel gesto come voleva. Dopo che ebbero vuotato le tazze, Nanda Kaul formul tra s la domanda Come occuperai il tuo tempo, Raka? avendo notato che la bambina fremeva silenziosamente sul piccolo sgabello, fremeva come se fosse fatta di migliaia di zanzare nere, un agglomerato ronzante dinsetti, incerta se contenere o dar sfogo a quellatroce fermento. Decise di non dir nulla. Non voleva farsi di nuovo coinvolgere in un mondo infantile: reale o immaginario che fosse, lavrebbe tradita. Sospirando sotto il peso del proprio destino, si vers unaltra tazza di t nero bollente e mormor: Che caldo! Troppo caldo. Ti piacerebbe fare una passeggiata o troppo caldo? Che provvedesse da sola a contenere o sfogare lirrequietezza, pens Nanda Kaul, bevendo unultima sorsata amara. 4. Nanda Kaul non scopr mai ci che Raka faceva di se stessa. Scopi solo che la bambina aveva un talento per scomparire, allimprovviso, silenziosamente. Se ne andava, punto e basta, e non tornava per ore. Di tanto in tanto lintravedeva mentre si arrampicava su un pendio roccioso aggrappandosi ai ciuffi derba o alle ginestre, le mutandine bianche bene in vista mentre puntava disperatamente i calcagni nel terreno. O mentre vagava sul sentiero con quieta noncuranza, fermandosi a spogliare un cespuglio spinoso delle sue poche bacche o a esaminare un insetto sotto una foglia. Poi girava intorno a un masso o saltava dallorlo di una roccia e si dileguava. Tornava con le gambe scure coperte di graffi, le ginocchia sbucciate, succhiandosi un dito punto dalle ortiche, uno strato di polvere sulla zazzera bruna, gli occhi fissi e pensosi come se avesse visitato strani paesi e visto cose fantastiche, inverosimili, che indugiavano tuttora nella sua mente. Era contrario ai metodi della vecchia signora farle domande, tuttavia era terribilmente infastidita di ritrovarsi per lennesima volta nei panni di chi costretto a interessarsi delle azioni altrui ed essere responsabile delle loro conseguenze e dei loro risultati. Non sarebbe mai finita? Scrisse una lettera ad Asha con la sua grafia slanciata e tratto uniforme, inchiostro verde su grandi fogli di carta bianca, informandola

concisamente che Raka era arrivata bene, ma senza dir nulla che lasciasse trapelare il suo risentimento e rammarico. Mentre piegava il foglio e lo infilava in una grande busta, strinse le labbra e decise di mettere in chiaro con Raka se non altro aveva capito che Raka era una bambina perspicace che non faceva parte della sua vita e che doveva stre al suo posto. Vedendola affiorare dalloscurit come una nottua silenziosa, o ciondolare sul sentiero tenendosi stretta una mano gonfia e arrossata dal contatto con le ortiche, Nanda Kaul si voltava e diceva a Ram Lal: pronta lacqua calda per il bagno della bambina? e Raka le scivolava acanto dirigendosi verso la stanza da bagno. Escogitarono cos un sistema di convivenza ed entrambe ritenevano di fare del proprio meglio per evitare laltra, ma non era semplice esistere e nello stesso tempo fingere di non esistere. Nanda Kaul trovava inquietanti le prolungate assenze della bambina almeno quanto trovava irritante la sua presenza. Ogni tanto si sorprendeva ad andare avanti e indietro da una stanza allaltra o da un capo allaltro del giardino non perch cercasse la bambina non era da lei cercare un altro , ma perch era turbata dal modo in cui Raka spariva e compariva. Sembrava il coniglio esibito dal mago: estratta di malavoglia dal cappello magico, sfrecciava oltre la bisnonna e svaniva nel buio di una valigia da prestigiatore. Nulla era pi insopportabile della magia, per Nanda Kaul. Perch mai la sua tranquilla esistenza doveva essere sconvolta dalle congetture sui vagabondaggi di quella bambina? Cos, quando Raka spuntava dal nulla, in ritardo, con le gambe graffiate e le tasche del vestito macchiate di succo dilamponi, Nanda Kaul le rivolgeva unocchiata pi di rimprovero che di bentornata. Ma Raka la ignorava. La ignorava in modo cos pacato, cos totale da lasciarla senza fiato. La scrutava adesso con apprensione, interrogandosi su quel rifiuto assoluto, cos naturale, istintivo e spontaneo se paragonato al proprio rifiuto di lei, pianificato e volontario. Vedendo Raka chinare il capo su una pigna che stringeva in mano, le palpebre abbassate come conchiglie color malva e i capelli cortissimi che parevano uno zucchetto impolverato, Nanda Kaul si rendeva conto che la bambina era il modello compiuto, perfezionato di ci di cui lei non era che un audace, difettoso esperimento. Le si dilatavano le narici, le si contraevano le dita, ma doveva ammettere che Raka era diversa da tutti i bambini che aveva conosciuto, diversa da tutti i suoi figli e da tutti i suoi nipoti. Tra loro, pareva una mutante perch non aveva mai richieste da fare. Sembrava del tutto priva di bisogni. Come gli insetti che scavano tra largilla sabbiosa e gli aghi di pino, come la sua bisnonna, Raka voleva una cosa sola: essere lasciata in pace e vivere la sua vita segreta tra le rocce e i pini di Kasauli.

Se Nanda Kaul era diventata uneremita per vendicarsi di una lunga vita di obblighi e doveri, la sua bisnipote era uneremita per natura, per istinto. Non era arrivata a tale condizione dopo un lungo percorso di rifiuti e sacrifici: era nata cos. Dritta accanto al parapetto sul retro della casa, Nanda Kaull osservava la bambina scendere con cautela tra le rocce verso le fornaci, le agavi e i rifiuti lungo la scarpata, e provava una certa ammirazione per la disinvoltura con cui si muoveva. 5. Raka si avventurava gi, sempre pi gi nella scarpata. Pi scendeva, pi il calore aumentava. La polvere rossa le sinfilava tra le dita dei piedi e le incrostava i sandali. Rivoli di sudore le gocciolavano dalle ascelle e dallincavo delle ginocchia. La pianura sottostante spalancava le fauci gialle e il suo fiato ardente si espandeva su per il pendio e lavvolgeva. Raka per ignorava la vasta pianura sottostante. I suoi occhi si concentravano sul cuore delle agavi con il loro obelisco protetto da un cerchio di foglie acuminate e ricurve, sui tronchi contorti e carbonizzati dei pini, sulle rocce che parevano paralizzate. Le interessavano anche i rifiuti che si accumulavano negli interstizi del burrone, dal quale venivano lentamente divorati e digeriti. Cerano macchie di sangue, chiazze gialle che affioravano a poco a poco sulla carta, cerano ossa e ceneri farinose di ossa. Scatolette di prosciutto Tulip e barattoli di marmellata Kissan. Oggetti di porcellana sbrecciati, bollitori bruciati, copertoni e ruote contorte. Una volta simbatt in un grosso serpente giallo scuro attorcigliato su se stesso che si riscaldava sulla sommit soleggiata di un masso. Rimase a osservarlo a lungo, con le dita dei piedi infilate nel terreno rosso e scivoloso, senza muovere il ramo di ginestra che aveva in mano. Aveva gi visto code di serpenti sbucare dalle fenditure tra le rocce, e fessure docchi sbirciare da grotte dombra, aveva gi udito il fruscio delle squame sul terreno, ma non aveva mai visto lanimale intero. E ora eccolo in tutte le sue parti, sistemato sul masso come un sacco, un molle sacco di serpente. Lo lasci a rosolarsi al sole e scivol ancora pi gi senza far rumore. Adesso era sudata anche in viso e il sudore gocciolava tra le radici dei capelli. Si fece schermo dal sole con le mani per guardare le ciminiere dellIstituto Pasteur che trafiggevano il cielo bianco, sferzato qua e l da nere fruste di fumo. Annus laria, sent lodore delle scorie, lodore del siero che bolliva, lodore del cloroformio e dellalcol, lodore dei cervelli di rane che bollivano nelle vasche, delle budella delle cavie, delle secrezioni di terrore dei conigli nelle gabbie piene di serpenti attorcigliati, tenuti sotto controllo da ricercatori in camice bianco.

Si pass la lingua sulle labbra secche e sent scaglie salate di sudore. Abbass lo sguardo sulla pianura avvolta nella polvere, tanto che non si distinguevano gli abitati, i fiumi, le strade. Solo il lago di Chandigarh riluceva fosco, metallico, un vigile occhio di serpente. Vortici di polvere spazzavano la pianura. sollevando le nuvole gialle sempre pi su lungo il fianco del monte. Raka cominci a risalire. Mentre si arrampicava, imperversando tra terriccio e ghiaia, provocava piccoli smottamenti e valanghe sferraglianti di lattine vuote, disturbando grilli che alzarono la voce allarmati. Come un coro che continua a cantare sul fondo del palcoscenico, cantavano in una lingua difficile che non aveva mai sentito, n a Ginevra n a New York, n in altri luoghi di quel mondo poliglotta in cui lavevano trascinata. Era sanscrito? Greco? Era un coro complicato, stridulo e incessante. Raka scosse il capo per liberarsi di quel ronzio, socchiuse gli occhi per proteggersi dal sole abbagliante e dalla polvere e sent la lama crudele di unagave che le feriva una coscia. Stille di sangue sprizzarono lungo la linea bianca del graffio. Si pieg su se stessa per leccarle via quindi si iss sulla cengia. Per un piccolo errore di calcolo, non sbuc nel giardino di Carignano bens nel cortile sul retro del club di Kasauli. Si ferm, incespicando, un po sorpresa del proprio errore, poi vide che le porte e le finestre del fabbricato dal tetto verde erano tutte chiuse e che non cera nessuno in giro. Costeggi la cucina, lanciando un rapido sguardo allenorme forno annerito, alle distese di tavoli di legno, alle credenze con le porcellane umide e largenteria opaca: tutto appariva cadente e senza vita a quellora del giorno. A capo chino percorse il portico rivestito di caprifoglio, sfrecci attraverso il giardino in cui appassivano le ortensie e la salvia, non innaffiate, e raggiunse la strada che portava a Carignano. 6. Ram Lal aveva riempito lhamam, la caldaia, con schegge di legna da ardere e il capiente bidone di ottone con lacqua per il bagno di Raka. Dopo averlo acceso sedette su una pietra piatta fuori dalla cucina fumandosi quietamente un biri. Fu allora che Raka, lasciandosi scivolare gi dalla collinetta, quasi plan sopra di lui uccello caduto dal nido, nido caduto da un albero con fili derba tra i capelli e spine conficcate nelle suole dei sandali. Succhiandosi un dito che incorreva spesso in brutte avventure, sedette accanto allhamam ascoltandone il borbottio che ricordava quelli dei battelli a vapore. Quando lacqua era calda, Ram Lal apriva un rubinetto laterale, riempiva un secchio dottone e lo portava nella sua stanza da bagno. Poco dopo, dal buco di scarico la polvere e il sudiciume cominciavano a scorrere in una fanghiglia saponosa nellaiuola dei gigli allesterno. Fino a quel momento i due se ne stavano l seduti insieme. Ho visto un serpente, Ram Lal, gli disse. Luomo si tolse il biri di bocca. Qui?

No, gi nel burrone, gli disse indicando la scarpata che si andava dissolvendo in una caligine arancione ora che il sole calava a occidente tra. le nubi di polvere della pianura. Un cobra? Era grosso, grosso cos, disse la bambina indicandone le dimensioni col braccio, e giallo. Dormiva. Giallo? Grande cos? disse Ram Lal. Allora era un daman. Un serpente da topi. un bene averne uno intorno. In realt era molto pi gi. Non andare cos lontano, disse seccamente Ram Lal. Ti ho detto che non ci devi andare. Volevo vedere uno sciacallo. Non ne ho mai visti. Di notte li sento. Perch vuoi vedere uno sciacallo ? Ti ho gi detto che hanno la rabbia. Se ti mordono dovrai andare allIstituto Pasteur a farti quattordici iniezioni... nella pancia. A me gi successo, te lho detto. Gli sciacalli mordono? Certo. Sono feroci come i cobra. Quel posto laggi, indic tra la polvere dove ormai si distinguevano a stento le sagome dei pini scossi dal vento, molto brutto, pericoloso. Perch non vai al club a giocare con i baba? Ci sono andata, ma non cera nessun baba, neanche uno. Dovresti andarci la sera, allora giusta, replic lui con aria compassata, rammentando allimprovviso giorni migliori, a servizio in case pi ricche. Dovresti avere unayah. Alle quattro del pomeriggio ti farebbe il bagno, ti farebbe indossare dei vestiti puliti e ti accompagnerebbe al club. Incontreresti dei baba simpatici. Ci vanno la sera con le loro ayah. Giocano sui dondoli mentre i genitori giocano a bridge o a tennis. Poi bevono limonate e sciroppi in giardino. Ecco cosa dovresti fare, concluse severo Ram Lal. Raka ascoltava quella descrizione idilliaca della vita di un club in un luogo di vacanze montane pi per educazione che per curiosit. Era una vita che aveva osservato dallesterno a Delhi, a Manila, a Madrid, ma non aveva mai provato a parteciparvi. Le era sempre sembrato di essere senza biglietto. Mmm, disse grattandosi una crosta deliziosamente dura del gomito. Non toccarla, le disse Ram Lal brusco, continuando a parlare da quel mondo compunto e ordinato al quale un tempo era appartenuto anche lui. La farai sanguinare di nuovo e ti rester una brutta cicatrice. Guarda in che stato ti riduci andando su e gi per i burroni. Adesso faccio il bagno, lo rassicur Raka scostandosi un po dopo quel nuovo rimbrotto. Si, meglio che porti dentro il secchio prima che arrivi la bufera di polvere. Ecco, guarda, sta arrivando, url tenendosi il copricapo calato sulle orecchie mentre il vento avanzava furioso.

Raka sal su un masso per guardare la polvere gialla che si addensava sulla pianura, occultava i radi villaggi e i boschi di mango, si scagliava contro la base del monte quindi, in un impeto di rabbia nel vedersi sbarrare la strada, risaliva il pendio sollevandosi sempre pi in alto finch, raggiunto lorlo del burrone, avvolse Kasauli confondendo il paesaggio, il cielo e laria in una foschia sabbiosa. Ram Lal la prese per le spalle e la spinse in cucina chiudendo la porta dietro di s. Raka and immediatamente alla finestra, strofin la patina sudicia e sbirci fuori. Una gallina bianca fu sollevata in aria e scagliata oltre la finestra in un folle arco starnazzante, mentre strida rauche le venivano strappate dal becco e frantumate come vetro. Il sole spuntava e annegava tra le nubi di polvere accendendole in una sorta di grandiosa conflagrazione: un magnifico fal che bruciava nel cuore delle nuvole gialle. Il mondo intero appariva livido, in fiamme. Solo i pini pi vicini erano visibili, sagome scure che si piegavano violentemente da una parte allaltra. Lhamam si rovescer! url Ram Lal. Tutta quellacqua bollente e il fuoco! Dar fuoco al giardino? grid Raka. Appiccher il fuoco alla collinetta? Non lo so, non lo so, borbott lui preoccupato, sfregandosi i palmi delle mani. cos che iniziano gli incendi nelle foreste. Non hai idea di quanti incendi vediamo ogni anno a Kasauli. Alcuni sono arrivati fin quass, fino al parapetto. Basta vedere quanti alberi e quante case carbonizzati ci sono. Una volta la casa ai piedi del colle, South View, crollata al suolo prima che arrivasse il carro dei pompieri. Sono riusciti a scendere fino a South View con il carro? S, lhanno rimorchiato con le jeep, ma non cera acqua. Kasauli resta senzacqua ogni anno, destate. Non cera acqua per alimentare le pompe e la casa stata rasa al suolo dal fuoco, e anche la stalla con dentro due bufali. Ho visto una capanna carbonizzata su quel colle lass, nella parte alta del Mall, disse Raka. Una capanna? Era un villino bellissimo. Ci viveva una memsahib inglese. Fu distrutto da un incendio e la donna impazz e fu portata in manicomio con le braccia e i piedi legati. Dicono che si era bruciata completamente i capelli, e anche le ciglia, rientrando in casa per salvare il gatto. Il custode dice che sente ancora il gatto urlare tra le rovine di notte. Lo sente davvero? E tu, lo senti? A mezzanotte? Ma in quel momento Ram Lal era troppo preoccupato per il suo hama colmo di acqua bollente per raccontarle storie di fantasmi. And alla finestra e guard fuori, cercando di individuarne la sagoma dottone tra la polvere

rovente. Udivano la sabbia e il ghiaino che si sollevavano sbattendo contro i muri di pietra e il tetto di lamiera, rauchi fantasmi della bufera. Se si rovescia, tutta quellerba secca prender fuoco, disse agitato. E io sono vecchio, gemette a un tratto, ficcandosi un dito in un orecchio e scuotendo il capo. Non posso correre dai pompieri. Non posso correre a prendere lacqua.. Mi fanno male le ginocchia. Ci andr io, Ram Lal, grid Raka. Io posso correre, Ram Lal, forte forte. Ma la polvere si stava placando, e anche il ruggito del vento. Riuscivano a sentirsi senza urlare. La massa densa si sgretol e si assottigli, cominci a calmarsi come collera che si esaurisce. Laria assunse un pallore tenue. Ram Lal si precipit fuori per controllare lhamam. Raka lo segu. Adesso laria immobile era fresca, quasi pungente. Il calore del sole era scomparso come un granchio furioso che, messo in fuga, abbandona sulla sabbia il candido guscio opaco, innocuo. Le colline si stagliavano austere nella luce fredda. Pappagalli storditi si levarono dalle fronde degli alberi, stormo fosforescente che guizz via, con uneco di strilli. Ram Lal diede dei colpetti ai solidi fianchi del vecchio hamam. Abbiamo fatto bene a portarlo con noi. quass a Kasauli, disse con fierezza. Oggi non se ne trova pi di ottone come questo. Vieni, lacqua alla temperatura giusta per il bagno e io devo andare a spazzare tutta quella polvere da casa . Apr il rubinetto con allegria e sollievo, riemp un grosso secchio e lo port attraverso il cortile fino alla porta verde del bagno mentre Raka gli saltellava dietro come un piccolo insetto. Sulla stessa nota di gaio sollievo, un cuculo lanci il suo richiamo dalla sommit della collina. Nanda Kaul, in piedi dietro una finestra chiusa, li guard attraversare il cortile: lui barcollante sotto il peso del secchio dal quale schizzavano gocce dacqua lucenti, e Raka che gli stava alle calcagna con le gambe sottili che si aprivano e chiudevano come forbici. Estrasse repentinamente una mano dalle pieghe del sari e colp due mosche che vagavano sul vetro. Caddero entrambe sul davanzale, ronzando allarmate. 7. Posando diligentemente la tazza sul vassoio, Raka si alz con quel furtivo movimento laterale che precedeva ogni sua sparizione, sempre evanescente, discreta. Anche Nanda Kaul saffrett a deporre la propria tazza, poi fece una mossa scomposta e urt il piano del tavolo con le ginocchia provocando un tintinnio di stoviglie.

Credo che oggi verr con te, disse decisa, sollevando autorevolmente il mento. Verr a fare una passeggiata. Raka rimase interdetta. Palesemente interdetta. Nanda Kaul cap che la sua compagnia non era gradita. Ci che non sapeva era che quando la bambina si alzava dal tavolo del t non era mai realmente sazia, e le sue escursioni serali tra le colline erano motivate anche dalla ricerca di cibo, andava infatti in cerca di bacche e di pinoli per lenire la fame che le gorgogliava nel piccolo ventre piatto. Non mangiava mai abbastanza per arrivare al pasto successivo. E non sopportava lidea di chiedere dei biscotti. Perci si teneva la fame fino allora di cena, a meno di trovare un cespuglio di bacche mature ancora in bella mostra tra i rovi o un ciuffo di foglie asprigne di acetosella da masticare. Trattenuta dallimprevisto e inopportuno capriccio della bisnonna, indugi sul primo gradino della veranda, indecisa. Aspetta un momento, disse Nanda Kaul energicamente. Mi metto le scarpe da passeggio. Raka sospir e si lasci scivolare lungo la rampa fino a un vaso di fucsie e con aria scoraggiata titill le infiorescenze purpuree delle campanelle. Udiva la bisnonna muoversi nella sua stanza da letto, ed era come se udisse i rumori di collare e catena. Non aveva alcun servilismo canino per la compagnia e strinse le labbra con irritazione. Pensava che, proponendole una passeggiata, lanziana signora intendesse un giro nel bazar, tra la folla dei turisti, o al club a bere una limonata e chiacchierare con gli ospiti estivi attorno a un tavolo in giardino, ipotesi che la rendevano ancora pi ansiosa. Ma Nanda Kaul ricomparve con un paio di scarpe da ginnastica grigie e scalcagnate e un robusto bastone da passeggio. Ti va di andare a Monkey Point? domand allegra, facendo oscillare leggermente il bastone. Non avevano mai camminato insieme prima di allora e formavano una strana coppia, a volte si urtavano, subito scusandosi educatamente, a volte procedevano cos discoste che non sembravano neppure insieme. Camminavano tutte e due rigide e impettite, senza mai abbandonarsi a unandatura naturale. Era un pomeriggio mite, i pendii riarsi costellati di tronchi carbonizzati, rocce precipitate e grandi massi tondeggianti. Il sole e la polvere estiva si fondevano in un ammasso opaco e farinoso in cui ogni luminosit si estingueva, tranne il luccichio degli aghi dei pini quando il vento li scompigliava. Di tanto in tanto Nanda Kaul si fermava con il viso teso e il respiro affannoso, ma non per riprendere fiato, lasciava capire, bens per sollevare il bastone e indicare a Raka delle cose interessanti. Guarda, da qui nelle giornate limpide si ha una vista magnifica della pianura.. Se non ci fosse questa foschia potresti vedere fino ad Ambala. Lass vedrai lo scheletro carbonizzato di una casa. Fu distrutta da un

terribile incendio unestate in cui non cera una goccia dacqua per spegnerlo. Ci viveva unanziana signora sola, dicono che impazz e venne ricoverata in manicomio. Povera donna, mi chiedo se non avrebbe preferito morire nel rogo. Batt il bastone sui sassi prima di brandirlo nuovamente in aria. orribile, pare sempre che stia per crollare, ma la pioggia far fiorire centinaia di fiori, gigli, dalie, probabilmente piantati da lei. Prima o poi li vedrai. E hai notato quel cottage laggi? Lhanno rilevato alcuni ricercatori dellIstituto Pasteur, parecchi di loro. Un peccato, era bellissimo e invece guarda com ridotto. C ancora un campo da tennis, ma lo usano come recinto per i polli. E la Garden House sullaltro lato della strada... sembra incredibile, ma aveva il pi bel giardino di Kasauli. Ora ci vengono alloggiati i militari. C lesercito dappertutto. Vedo che sono arrivati anche su quel monte. Cos quello strano aggeggio sulla cima? Spaventoso. Sembra un reattore nucleare. O una qualche mostruosit scientifica. E tutto quel filo spinato intorno. Una vergogna! Camminarono in silenzio sugli aridi pendii punteggiati di massi bloccatisi in precario equilibrio mentre rotolavano a valle. Sul terreno cosparso di aghi di pino crescevano solo rari cespugli spinosi di lamponi selvatici e agavi giganti dalle forme curiosamente contorte. Spesso i turisti e i passanti incidevano i propri nomi sulle foglie carnose e l restavano, nomi e date, incongrui e inopportuni come il filo spinato. Troppi turisti. Troppo esercito. Lo stanno rovinando completamente questo. questo posto tranquillo, disse amaramente Nanda Kaul. un peccato. Sarebbe stato cos bello mantenerlo comera, un... rifugio, avresti dovuto vederlo. Quando venni qui la prima volta pensavo sempre a una poesia di Gerald Manley Hopkins, la conosci? Mi tornava in mente di continuo: Ho desiderato andare Dove le sorgenti non si prosciugano In campi dove non cade obliqua grandine pungente E fioriscono i gigli. E ho chiesto di essere Dove non scoppiano temporali, Dove la verde massa dacqua muta nel cielo, Fuori dallondeggiare del mare. Naturalmente non si riferiva a un luogo, a un luogo preciso, ma a una vocazione, in questo caso la vocazione di una monaca, eppure avevo limpressione che gli si addicesse. Su questultima osservazione la voce di Nanda Kaul divenne pi limpida e vivace. Scoppi a ridere forte. Guarda, Raka, grid, ma non ebbe bisogno di indicare con il bastone perch nel bosco di castagni il tumulto divenne a un tratto udibile e anche visibile. Loscillare vibrante dei rami, il fruscio del fogliame e la pioggia di castagne chiar inequivocabilmente la

causa della sua ilarit, ovvero unorda di langr dal muso nero, le fiere e agili pantere del mondo delle scimmie, pi feline che scimmiesche. Anche Raha butt indietro la testa e scoppi a ridere vedendo la smorfia di un anziano langr che le osservava dalla cima di un albero digrignando i denti, e brontolava molleggiandosi sul posteriore, rabbioso e testardo. Entrambe ammirarono con crescente entusiasmo largentea e placida immobilit di una madre che se ne stava allungata su un ramo e con gli eleganti arti anteriori cullava un piccolo dal muso grinzoso. Il piccolo langr aveva unaria stranamente vecchia, come se avesse ansie e preoccupazioni eccessive per la sua et, il musetto nero e rugoso, gli occhi lucidi di tristezza. Altri langr facevano i clown, saltavano e si dondolavano con aggraziata vanagloria, giocando a fare Tarzan tra gli alberi. Battendosi una zampa sulla bocca lanciavano richiami come gli eroi cinematografici della giungla, quindi balzarono in branco sul tetto di lamiera di una casa semidistrutta, con tale fragore che i bambini corsero fuori dalla casa e i domestici dalla cucina, tutti urlando, finch il branco se la diede a gambe e si dilegu al di l del crinale. Raka e Nanda Kaul scesero il pendio di buon passo, ridendo, rinvigorite. Quella vecchia casa viene usata come ostello per le vacanze estive degli scolari di Delhi, a Raka dispiacque che la bisnonna assumesse di nuovo quel tono da visita guidata. Non sembra un posto sicuro per dei bambini, non trovi? Non ci sono quasi pi vetri alle finestre e i legni sono marci. Eppure hanno laria di divertirsi. Vedo che vanno a fare passeggiate e picnic, vanno perfino in chiesa la domenica, con unaccompagnatrice indiana che cristiana. Ti piacerebbe andare a scuola a Kasauli? Magari in collegio a Sanawar? Raka rimase talmente sbigottita che riusc solo a scuotere il capo in silenzio, detestava quelle astuzie, rifiutava categoricamente il pensiero stesso della scuola, il collegio, la disciplina, lordine e lubbidienza. Affrett il passo, super Nanda Kaul e corse git per il pendio, guardandosi le dita dei piedi che sporgevano oltre lorlo dei sandali e pestavano dolorosamente la polvere e gli aghi di pino secchi. Ai piedi del colle si ferm ad aspettare la bisnonna, che in realt la raggiunse poco dopo, impolverata e ansante e per nulla alterata dal repentino ed esplicito rifiuto di quello che voleva essere un invito a restare con lei, su quei monti, facendone la propria casa. 8. Erano arrivate in un folto di vecchi mirti contorti e senza fiori, ai piedi del Monkey Point. Lamministrazione comunale aveva fatto sistemare sotto gli alberi delle panchine e delle tettoie di cemento simili a pensiline. Il luogo aveva laria misera e negletta di una fermata dautobus abbandonata. Ciononostante Nanda Kaul si lasci cadere su una panchina. Sopra di loro, la

cima frastagliata del Monkey Point si stagliava nel chiarore smaltato del cielo al crepuscolo. Non credo che riuscir a fare quella salita, disse Nanda Kaul con un leggero affaticamento nella voce. Va tu, se ne hai voglia, io ti aspetto qui e ti guardo. Cos rimase l a riposarsi seguendo con ansia e ammirazione la bambina che sinerpicava abilmente sulla parete quasi verticale del colle, ora rannicchiandosi con le ginocchia che le sfioravano il mento, ora allungandosi al massimo, poi saltando di scatto su una cengia pi alta. Quasi si scontr con una capra che non aveva visto, poi con un capretto, infine con lintero gregge che scendendo a balzi verso la piana la scavalc e vol via come uno stormo duccelli, planando ai piedi di Nanda Kaul e proseguendo agilmente verso lovile, incalzato di tanto in tanto dai fischi di un giovane capraio. In un attimo la bambina era in vetta e lottava contro il vento che cercava di sollevarla e spazzarla via. Non avrebbe voluto venire li con la bisnonna.. Aveva programmato di venirci da sola, in una delle sue spedizioni solitarie, allinsaputa di tutti. La segretezza era una condizione irrinunciabile per Raka, che aveva listintiva gelosia e circospezione degli esploratori, degli scopritori: non sopportava il fatto che la bisnonna avesse potuto scrutare ogni istante della sua ascensione, stringendosi nervosamente le mani quando le capre lavevano quasi fatta cadere o quando era scivolata sul ghiaione. Mentre si arrampicava, le premeva ancora sul petto, pesante come una pietra, il risentimento per laccenno al collegio di Sanawar. Ora per si era volatilizzato lasciandola leggera e felice, trasportata nellaria come un seme o un filo derba. Il vento la faceva ondeggiare e minacciava di buttarla a terra, ma Raka si premette i capelli sulle orecchie e con le dita dei piedi si artigli a una roccia, mentre il vento le sferzava il vestito, ed era sicura che se si fosse lasciata andare, se avesse allargato le braccia e mollato la presa dei piedi, avrebbe preso il volo, sarebbe volata gi dalla sommit del colle, sulle correnti daria, come le aquile che volteggiavano in cerchio, regali, sotto di lei. Era pi in alto delle aquile, pi in alto di Rasatili e di Sanawar e di tutti gli altri colli: lontani sotto di lei, bassi e morbidi come banchi di muschio dorato. A sud la pianura si stendeva allinfinito, non pi torrida e plumbea sotto il sole estivo, ma quieta e immobile e striata di grigio nel crepuscolo, rastrellata dal fluire lucente dei cinque fiumi del Punjab e con il lago di Chandigarh appuntato sul cuore come una spilla dargento opaco non fermo ma leggermente fluttuante sopra quella piana, sospeso nel crepuscolo. Il panorama aveva un respiro straordinario, una vasta e sconvolgente profondit. A Raka sembrava unantica pergamena srotolata ai suoi piedi perch lei la esaminasse.

A nord la morbida ondulazione dei monti, onda dopo onda, oro, blu, viola e indaco, come il mare. Il rumore del vento che saliva impetuoso tra i pini, poi calava, sembrava mare. Sono una naufraga, esult Raka, una naufraga solitaria. Si aggrapp a una roccia... la mia barca, sola sulla mia barca... cantava. Rimase l, beccheggiando, con i piedi divaricati, il rombo delle onde e del vento che le tambureggiava nei timpani, finch non seni un dolore alle orecchie, vide che si stava facendo buio, si ricord della vecchia signora che laspettava seduta sulla panchina e con riluttanza cominci a scendere, lasciandosi semplicemente scivolare lungo il pendio sul sedere. Era ormai molto buio ai piedi del colle, nel boschetto di mirti. La vecchia signora le and incontro agitata. Quando vide che la bambina era sana e salva, con le ossa integre, mormor qualche rimbrotto di sollievo e poi si avviarono verso casa in un gran silenzio spezzato di tanto in tanto dal trillo limpido di un uccello invisibile che sfidava la notte. Quando giunsero a Carignano le luci erano accese. Le colline erano onde nere nella notte, e i villaggi e le citt sembravano navi illuminate sul mare. Un succiacapre prese a schiamazzare. Ram Lal venne di corsa ad aprire il cancello. Cosa c per cena? grid Raka correndo avanti. 9. Dopotutto la passeggiata a Monkey Point non era stata un successo e Nanda Kaul non ne propose altre. Dopo il t di solito si metteva a leggere aveva sempre tre o quattro libri su un tavolino accanto a lei, Anime morte di Gogol, una raccolta di poesie cinesi tradotte da \Valey, un libro di Salim Ali sugli uccelli indiani e quando Raka si alzava e si allontanava furtivamente dalla veranda, voltava una pagina aggrottando la fronte con aria concentrata. Tuttavia, appena Raka spariva alla vista, posava il libro e si precipitava sulla collinetta da dove riusciva a controllare gran parte del Mall serpeggiante da un crinale allaltro. Vi passeggiavano con aria posata signori e signore in vacanza, mentre i loro figli montavano a turno i due pony di Kasauli, Rani e Rolo, con aria altrettanto posata. Raka per non andava quasi mai al Mall. Appena poteva farlo senza essere vista, sinfilava sotto il parapetto che impediva a pedoni e cavalli di precipitare nel burrone e spariva lungo i sentieri appena tracciati sullerba secca e gli aghi di pino, che usavano solo le capre e gli abitanti dei villaggi. Arriv cos a conoscere una Kasauli che n i visitatori estivi n i cittadini conobbero mai. Non evitava n le cascate di rifiuti n le latrine metalliche dei domestici tra le ortiche. Scendeva nei villaggi delle valli dove si trebbiava il grano con attrezzi agricoli trainati dagli animali, e il frumento e le zucche venivano messi a seccare sui tetti. Le donne e i bambini dei villaggi la

guardavano ma non le rivolgevano mai la parola. Una volta vide la pelliccia fulva di una volpe accesa per un attimo da un raggio di sole prima di sparire di nuovo tra giganteschi roccioni. Unaltra volta ud uno sparo e poco dopo fu superata da un ragazzo con un fucile in spalla e un fagiano che gli penzolava dalla mano. Distolse gli occhi e abbandon il sentiero tuffandosi tra i lamponi e le ginestre. Non incontrava quasi mai nessuno. Aveva un talento innato per evitare ci che considerava superfluo. Nanda Kaul se ne accorse e ne fu turbata. Chiss perch voleva costringere la bambina a uscire allo scoperto. Non era da lei quel repentino desiderio di imporsi, o imporre i suoi modi a Raka. Eppure non riusciva a lasciarla in pace. Il genio di Raka. Il demone di Raka. Ne era infastidita. Allora del t le domand: Perch non vai al club, qualche volta? Una proposta che allarm Raka quanto quella di andare in collegio a Sanawar. Tua madre e tuo padre non ti hanno mai portato al club, alle feste? indag Nanda Kaul, e mentre si chinava in avanti per esprimere quellinconsueta curiosit, il suo naso parve allungarsi. Raka scosse il capo, mentendo. Suo padre aveva fatto qualche tentativo di tirarla fuori dal guscio, come diceva lui, portandola al ristorante e insistendo, a Madrid, perch sua madre invitasse dei bambini il giorno del suo compleanno. Erano state occasioni penose, sia per Raka sia per quella donna avvilita e apprensiva che era sua madre. Non si erano ripetute. La lunga malattia a Delhi e lestrema debolezza durante la convalescenza le avevano risparmiato qualunque obbligo di socializzazione . Le pareva di essere stata a letto per mesi, con i capelli rasati a zero, laria soffocante smossa dalle pale del ventilatore elettrico, gli occhi chiusi mentre sua madre le leggeva dei racconti con una voce sepolcrale e monocorde che non la distraeva mai dai suoi pensieri pi intimi e segreti. Si sarebbe detto che continuasse a muoversi in sogno, scandito ora dal frinire delle cicale e dal fruscio del vento tra i pini invece che dalla voce da martire di sua madre e dal ventilatore. Fissandosi il mignolo di un piede dove un morso di zanzara aveva provocato un leggero gonfiore rosso, disse a bassa voce: Ma non ci vai mai neanche tu, Nani. Il piede di Nanda Kaul ebbe un fremito di stupore sotto la cascata di seta grigia del sari. Poi fece una risatina. Si chin allaltezza del viso della bambina rannicchiata allungando il naso sottile e disse: Sei proprio una mia pronipote! Mi assomigli pi di tutti i miei figli e nipoti. Sei identica a me, Raka! Ma Raka di fronte a quellapproccio arretr precipitosamente. Era troppo esplicito, troppo manifesto per lei che amava la segretezza pi di ogni altra cosa. Il suo visetto sbianc e le labbra si strinsero in una smorfia di disgusto.

Nanda Kaul fu altrettanto sconvolta. Si raddrizz sulla sedia e assunse rapidamente la consueta posizione impettita. Dal modo in cui sirrigid, mentre due solchi le calavano sul viso e intrecciava le mani in grembo silenziosamente, era chiaro che stava cercando di recuperare la sua autorevolezza, il suo contegno, la distanza dellet. Distolsero lo sguardo luna dallaltra. Nanda Kaul pass in rassegna il profilo morbido dei colli. Raka fiss il nido dellupupa celato tra le gronde, tradito solo dal frullio e dal clamore dei neonati implumi. Solitamente zitti, si animavano allimprovviso quando la madre arrivava col cibo nel becco. Lupupa passava le giornate svolazzando in cerca di insetti per i piccoli, il becco pronto a chiudersi su una libellula o una farfalla. Fino a qualche giorno prima cerano le albicocche mature sullalbero accanto alla soglia di casa e quasi non cera frutto, tra quelli che Raka raccoglieva da terra, che non portasse il segno del suo lungo becco. La mattina presto, quando Raka usciva sul prato umido di rugiada prima di colazione e vagava cercando il frutto pi dolce e maturo, lupupa la fissava con gelosia dallalto dellalbero. Ma ne erano rimasti pochi, ora che Ram Lal aveva fatto la marmellata e aveva sistemato sui ripiani della dispensa i grandi vasi color del miele, e lupupa doveva colmare il vuoto acchiappando farfalle nellaria e dissotterrando vermi. A volte le veniva in aiuto il maschio. Le due upupe combattevano tremende battaglie contro i piccoli impertinenti bulbul, cresta e pettorina gialle, posteriore giallo, oltraggiosamente sfrontati. Mentre Raka e la bisnonna cercavano un modo per separarsi e allontanarsi, le upupe se ne stavano tristemente appollaiate sullalbicocco, con unaria stupita e afflitta. Alla fine Raka sbott: Se non ce ne andiamo non riusciranno a dar da mangiare ai piccoli. Chi? domand Nanda Kaul guardandosi intorno sospettosa. Le upupe! Lass. Oh, quelle, disse Nanda Kaul. Non capivo a chi ti riferissi. Gi, i piccoli... la sua voce si fece sprezzante. Be... vai pure, avrai voglia della tua passeggiata serale. 10. Alla fine ci and davvero, al club, meravigliata di trovarsi l. Non di pomeriggio, con smorfiose ragazzine di New Delhi in abiti adorni di gale e scarpe nuove, non a bere limonata ridacchiando o a guardare i giocatori di biliardo nella sala sul retro, ma nelloscurit della notte in cui aveva luogo il grande ricevimento estivo. Ram Lal gliene aveva parlato. Certo non pi come una volta, le raccont tirando grandi boccate dal suo biri, seduto accanto allhamam ormai spento, quando erano i sahib e le memsahib inglesi a dare i balli, ma lesercito un po gli somiglia. Fanno venire la banda della guarnigione per la serata, bevono whisky e ballano.

E allora cosa c di diverso? domand Raka. Accoccolata sui talloni accanto a lui tentava di estrarre un quadratino di quarzo dal mosaico di insignificanti pietruzze sul terreno. Aliment la conversazione solo perch Ram Lal non aveva niente di pi interessante da raccontare, quella sera. Avevano labitudine di arrostire allo spiedo unintera pecora, le disse spalancando gli occhi cisposi e arrossati. Una pecora intera. E scolavano centinaia di bottiglie di liquore, centinaia. E adesso? Adesso, sentenzi Ram Lal, tutto diverso. Ma non avrebbe saputo spiegare in che modo le cose fossero cambiate, in che modo fossero degradate o comunque peggiorate. Di fatto non aveva rapporti con i cuochi del club ed era a corto di informazioni. Si limit a rendere lidea con gesti sdegnosi e sputando frammenti di tabacco. Cos una sera, sentendo la banda che attaccava a suonare sullaltro versante della collinetta, Raka, spinta dalla curiosit, sinfil un golf sopra il pigiama e usc dalla finestra. Atterr tranquillamente nelle tenebre, assai fitte a Kasauli dove le luci erano rare e distanziate, e silenziose ora che il vento era caduto, rotte solo dai lugubri latrati degli sciacalli gi nella scarpata e dai tamburi e fiati altrettanto lugubri della banda a cui i succiacapre replicavano con strida aspre e roche dagli alberi e dai cespugli. Era troppo buio per vedere, ma Raka non ebbe difficolt a orientarsi su per la collinetta poi gi per il pendio, arrivando praticamente sul tetto delle cucine del club che rimbombava e mugghiava per il fracasso, il viavai e lardore di molti fuochi e molti cuochi stizziti. I suoi piedi erano troppo piccoli e leggeri per far scricchiolare il ghiaino, sembrava che lo sfiorassero mentre aggirava ledificio da dietro, superava la fila di porte verdi dei bagni, tutte chiuse ed emananti una verde umidit, e raggiungeva la sala da biliardo inondata di luce dove giovanotti dai baffi incerti facevano scivolare le palle sulla distesa verde del tavolo. Non cerano tende alle finestre, da sotto il paralume di ceramica bianca la luce cadeva sul ghiaino scuro in lame bianche e sottili e Raka temette di essere scoperta da quegli uomini poco meno che imberbi, con lunghe braccia e gambe goffamente asincrone e sconnesse a causa della loro giovinezza, la inquietavano pi dei latrati degli sciacalli o dei repentini strilli dei succiacapre nel buio. Quanto era pi amichevole il buio. Oltrepass le finestre illuminate camminando furtiva in un tunnel scuro tra il club e il pendio. Le felci le si strusciavano addosso. Inciamp in un mucchio di zappe, vanghe e cesti dei giardinieri. Giunta sullangolo si rese conto che per raggiungere la sala da ballo allaltro capo delledificio doveva attraversare il giardino. Valut la possibilit di tornare indietro, poi si ricord di quello che le aveva raccontato Ram Lal sui fantastici balli in maschera, con le signore in abiti da regine e gli uomini vestiti da principi che bevevano liquori spumeggianti che li facevano cantare. Cos prese lo slancio e corse convulsamente, a testa china per non

vedere la gente che andava e veniva in gruppi pi o meno numerosi: ridevano tutti e nessuno la guardava, come se linforme golf grigio che si era tirata sul capo la rendesse invisibile. Giunta sulla veranda su cui affacciava la sala da ballo, sintrufol tra i vasi di geranio e le casse di vino vuote accatastate a formare una parete e si nascose in uno spazio angusto tra pezzi di gesso e una vecchia lavagna coperta di numeri del bingo. Infil il naso tra i pesanti tendaggi verdi e, soffiando via la polvere muffita, chiuse un occhio e con laltro mise a fuoco la scena illuminata allinterno, dovera in pieno svolgimento la festa della guarnigione. 11. Si accasci sbigottita. Non era certo quello che aveva immaginato ascoltando i racconti di Ram Lal. Altro che re e regine in una corte fiabesca. Al ritmo euforico dei tamburi, una massa di gaudenti saltellava, sinchinava, ondeggiava in una giga sfrenata, con i costumi svolazzanti, suonando trombette di carta. Una folla orgiastica. Raka si prese la testa tra le mani, pensava che si sarebbe spaccata in due. Avrebbe voluto chiudere gli occhi, essere a mille chilometri di distanza da l. Prov a immaginare che fosse un incubo che la visitava nel sonno. Ma un uomo vestito di verde sbuc quasi sotto il suo naso e fece un balzo verso il soffitto battendo i piedi infilati in calzettoni verdi. Avrebbe dovuto frinire come una cavalletta, invece cantava come un gallo... o era la sua tromba? Una donna con un secchio in testa ci rideva dentro dando limpressione di un mestolo che sbatte in un recipiente vuoto. Una figura in nero rispose al suo richiamo e le si avvicin con un inchino. Quando si risollev, Raka vide che aveva un teschio bianco sul petto. Sotto il braccio reggeva una falce che irradi dardi di luce quando luomo la lev in alto per tagliare la testa della donna del secchio. Sotto i capelli arruffati, la gola rosa della donna si squarci mentre lei scoppiava a ridere. Il secchio rotol fragorosamente a terra e venne a fermarsi accanto a un piede di Raka. Le dita si contrassero. Sopraggiunse unenorme scimmia con la coda rigida e ricurva e diede un calcio al secchio, poi fece una capriola e tra gli evviva della banda un uomo in nero sbiadito e bianco ingiallito inton: Oh, portami alla partita di pallone, Portami al lunapark. Grappoli di palloncini gemevano fluttuando a ritmo di musica, e a un tratto si alzarono verso il soffitto con un cigolio lasciando allo scoperto una donna travestita da topo che si mise a correre con baffi vibranti come antenne e una lunga coda che lasciava manciate di pelo sul pavimento, inseguita da un uomo con i capelli sugli occhi e una sciarpa annodata intorno al collo come un cappio ancora allentato. Prese per la coda la donna topo che gli salt in braccio, poi galopparono via ridendo. Due palloncini che nessuno

aveva forato esplosero, bang bang, sfilacciandosi a terra come lacrime di gomma. Rotolando verso la fessura da cui locchio di Raka spiava la scena, un animale marrone, con aculei da istrice e occhi lucenti come bilie nere con serpenti bianchi arrotolati nel mezzo, grid: Hip hip hip, poi si rialz e tracann un grosso boccale di birra. Una schiuma bianca gli si rapprese agli angoli della bocca. In quella ressa si fece avanti un uomo altissimo n camice bianco, con uno stetoscopio al collo e le mani in guanti di gomma rosa... molto rosa, troppo rosa. Raka si irrigid, luomo Infatti aveva sollevato le mani rosa e lei pens che avrebbe zittito tutta quella gente, li avrebbe fatti stendere in terra e avrebbe compiuto un intervento chirurgico che li avrebbe travolti tutti in un fiume di sangue. Invece la banda prese il suo gesto come un segnale, cambi ritmo e il cantante prese a gorgheggiare: Sei tu il mio sole Il mio unico sole, Seeei la mia felicit... Il medico abbass le mani per cingere la vita di un pesce argenteo agghindato con centinaia di tappi di bottiglie di soda e i due si allontanarono danzando mentre la coda metallica del pesce sferragliava come un ammasso di bottiglie rotte. Una donna mascherata da albero della cuccagna volteggi a suon di musica, mentre i nastri rosa, blu e gialli si annodavano e snodavano intorno allo stelo verde del suo corpo. Comparve poi una gabbia di ottone, una grossa testa in sembiante duccello, tenuta al suo posto con pinze da bucato di plastica. Entr sottobraccio a un Pierrot in bianco e nero con labbra scarlatte che allimprovviso si strapp la maschera, rivelando occhi rosa come un maiale, la lanci in aria e si mise a saltare goffamente cantando: La mamma ama pap Pap ama la mamma... Al che tutti scoppiarono a ridere ridere ridere ondeggiando il sedere, grossi sederi massicci e pesanti, tutti rivolti verso locchio allibito di Raka tra le tende. Poi la schiera di sederi si apr per lasciar passare una figura con un mantello marrone che veniva dritta verso di lei come se la vedesse. Il che era impossibile perch non aveva testa, solo uno scialle zuppo di sangue che le gocciolava intorno al collo. Reggeva la testa nellincavo di un braccio e sghignazzava esibendo unabnorme chiostra di denti. Allora Raka si lasci sfuggire un piagnucolio, simile al piagnucolio dei baccelli, dei germogli quando vengono intaccati, premuti, e scoppiano. Schizz fuori dal suo angolo co me un seme dal baccello, rovesci la lavagna, calpest i gessi, aggir dun balzo le rastrelliere accatastate e fugg come un animale braccato. Li odio, li odio, singhiozzava correndo, percuotendosi i

fianchi con i pugni sudati e ferendosi i piedi sulla ghiaia, tra le felci e i rovi. Tutti quegli uomini e donne mostruosi, ingabbiati, artigliati, decapitati, la inseguivano saltellando sullaria del Ponte sul fiume Kwai: Tara, tara, tara. Da qualche parte dietro di loro, dietro tutto ci, cera suo padre che, di ritorno da una festa, inciampava rumorosamente nelle tenebre notturne, vomitava un fiotto maleodorante di insulti e aggrediva sua madre con tale violenza che Raka, rannicchiata sotto le coperte, bagnava il letto per la paura e sentiva il rivolo caldo di urina tra le gambe, mentre sua madre restava distesa sul pavimento a occhi chiusi, in lacrime. E ora, nel buio, le sembrava di pestare la sostanza molle, gelatinosa di sua madre schiacciata a terra tremante, cos non sapeva dove posare i piedi e piangeva cercando di liberarsene. Davanti a lei, non pi sul terreno ma ormai a una certa distanza, sua madre urlava. Poi si ud lululato di uno sciacallo. Raka svolt bruscamente. Era stata sul punto di scendere nella scarpata. Ma era di l che veniva lurlo dello sciacallo. Finalmente trov a tastoni il davanzale della finestra, la scavalc e fu nella sua stanza. Non udiva alcun rumore se non il suo cuore che alternativamente simpennava e rimbombava in un pozzo nero, soffocando la musica della banda sullaltro versante della collinetta. 12. Dopo quella sera sul suo viso smunto di convalescente si accese qualcosa. Gli occhi si scurirono come per un segreto che non intendeva rivelare. Non era pi la bambina insetto, la bambina cavalletta. Divenne quieta come un ramoscello. Poi il ramoscello ritrov lenergia dellinsetto. Osservandola furtivamente, dalla sua finestra e dal parapetto, Nanda Kaul, che aveva colto il cambiamento, la vedeva scivolare lungo la cascata di detriti e terra rossa verso una delle sinistre fornaci di mattoni dellIstituto Pasteur, aggrappandosi ai ciuffi derba per non precipitare. Cosa diavolo cercava? Nanda Kaul non capiva n riusciva a immaginarlo, vedeva solo la tensione delle gambe e delle nocche sbiancate. Un ramo di pino sinclin. Sollevando leggermente gli artigli e allungando il collo simile a un tubo di gomma, un avvoltoio aveva sputato. La bambina, interdetta, si scost dallalbero e si gir di scatto, poi si mise carponi e risal il pendio talmente in fretta che Nanda Kaul fece appena in tempo a rientrare in cucina per non farsi vedere. Ma Raka non spunt allorlo del pendio. Evidentemente aveva scelto unaltra via di fuga, ne conosceva parecchie. Quando la bisnonna si azzard di nuovo fuori per cercarla, nella scarpata cera solo un gregge di capre che brucava con pacata avidit e nervosa avarizia i rari cespugli e le ortiche. Sulla sommit del colle, lIstituto Pasteur sbuffava verso il cielo contorti serpenti di fumo. Nanda Kaul serr le labbra, quella vista deturpava terribilmente il paesaggio. E accresceva la calura del pomeriggio estivo. Cosa ci trovava Raka? Cosera che la affascinava tanto? Rinunciando al t, che la

deludeva ogni volta perch non era accompagnato da nulla di solido, Raka varc il cancello verso sera, giocherellando con una castagna e canticchiando provocatoriamente, seppur sottovoce: Non me ne importa... non me ne importa... non me ne importa niente di niente! Si blocc vedendo la bisnonna passeggiare avanti e indietro in giardino con ostentata indifferenza. Notando i capelli impolverati e le ginocchia graffiate della nipote, si limit a dire: Se non si decide a piovere, le ortensie moriranno. Raka venne a vedere e insieme esaminarono il cespuglio di fiori coriacei che cominciavano a brunire sui bordi. Nascosta tra i rami del cespuglio una cicala cantava e vibrava freneticamente. Cera ancora luce, era ancora caldo, cos passeggiarono affiancate, entrambe con le mani intrecciate dietro la schiena. Udirono i due pony trottare sul Mall verso lhotel Alasia con in groppa due bambini biondi. Ti piacerebbe fare una passeggiata sul pony? domand Nanda Kaul. Potresti montarne uno fino al Monkey Point. No, rispose Raka seccamente. Non sarebbe divertente, quelluomo ti sta sempre appiccicato. Oh, luomo dei pony... hai ragione, non sarebbe divertente, riconobbe Nanda Kaul. Guarda, disse Raka allimprovviso, tra i denti le affioravano bollicine di saliva. la luna? La luna piena? Indic un bagliore ramato che fece risaltare il crinale di una collina a oriente e poi ascese rapidamente nel cielo della sera, un chiarore livido in quel crepuscolo cinereo. N... no, disse Nanda Kaul incerta. Siamo ancora lontane dalla luna piena. Poi dei puntolini luminosi si staccarono dalla mole nera del colle. Esplodevano qui e l e si disperdevano nellaria, rilucevano bruciando. Pi si faceva buio, pi il bagliore aumentava. un incendio nel bosco, disse infine Nanda Kaul. Un grosso incendio, si direbbe, ce ne sono sempre in questa stagione. Ma per Raka era il primo. Fu scossa da brividi che le lasciarono addosso rivoli di sudore. Stringendosi il corpo con le braccia rimase a guardare, dritta su una gamba poi sullaltra. Era molto lontano, sullaltro versante: non si sentiva n lodore n lo scricchiolio sibilante dei pini che bruciavano. Sembrava di sognare: un incendio taciturno, rapido, minaccioso. Vedendola saltellare prima su un piede poi sullaltro, Nanda Kaul le disse: Se devi andare in bagno corri, Raka. Raka scosse il capo, ma poi corse via. Nanda Kaul la segu lentamente. Mentre si richiudeva la porta alle spalle diede unultima occhiata allincendio che ora si riversava lungo il crinale in rivoli di scintille, ruscelli di calore. Chiss se i pompieri riusciranno a fare qualcosa, mormor scuotendo il capo quando Raka fu di nuovo al suo fianco alla finestra.

E se non ci riescono? Cosa potrebbe succedere? Oh, si spegner durante la notte, suppongo. Raggiunger una zona brulla e rocciosa e si fermer. O forse proveranno a fermarlo creando delle barriere frangifuoco... non credo che abbiano acqua sufficiente per spegnerlo. Non c una goccia dacqua di riserva, sui colli di Simla,in giugno. E le case? Cosa succede se le case prendono fuoco? Nanda Kaul si morse un labbro e socchiuse gli occhi. Bruceranno. Un incendio come quello pu bruciare interi villaggi. Raka continu a fissare quei bagliori, simili a fuochi artificiali in lontananza. E il silenzio era soprannaturale. Per fortuna lontano sia da noi, sia da Kasauli e Sanawar. Ci sono stati degli incendi anche qui, appena fuori dallabitato. Raka annu. S, ho visto dei pini carbonizzati. Quella notte continu a correre avanti e indietro, dal letto alla finestra per contemplare lespandersi dellincendio. Nanda Kaul, distesa sul letto, udiva i piedi nudi della bambina sul pavimento, un rumore simile a quello di un panno bagnato. Un andirivieni ossessivo che le impediva di prendere sonno. Raka sapeva che la bisnonna era sveglia. Udiva i suoi sospiri esausti, ma aveva preso labitudine di ignorarli. Continu ad andare avanti e indietro per vedere se il fuoco si stesse avvicinando a Carignano, a Kasauli. Di tanto in tanto, nuvoloni di fumo luminoso si gonfiavano ed esplodevano nellaria. Pi a valle si vedevano solo dei puntini, lucciole di luce che si affollavano e disperdevano incessantemente. Con lorecchio incollato al vetro freddo, le pareva di udire le strida degli animali e degli uccelli che bruciavano nel rogo. Ma quando lo staccava, udiva solo il crepitare del silenzio. E una volta il grido lieve di un gufo. Quel cielo alterato, livido, la teneva sveglia, cera troppa luce. Temeva che se si fosse addormentata le fiamme sarebbero strisciate fin l e lavrebbero catturata di sorpresa. Aveva le stigmate del sogno... della catastrofe, i fantasmi di un incubo che ti inseguono, ti intrappolano. Tuttavia alla fine croll, sfinita da quellandirivieni incessante, e la mattina dopo Ram Lal la trov addormentata sul divano in camicia da notte. Svegliandosi, vide i colli nascosti dal fumo e dalla caligine estiva. Anche il fuoco era sparito. Il vento che soffiava da nord portava con s un odore acre e uno strato di cenere che ricopr Kasauli come una pellicola grigia. Raka vagabond pensierosa tracciando con lindice delle linee nella cenere. 13. Si sarebbe detto che Raka cercasse la compagnia di Ram Lal. Di certo non seguiva o aspettava nessun altro, pens con amarezza Nanda Kaul guardando dalla veranda la bambina che si aggirava per la cucina aspettando

che il cuoco finisse il suo lavoro e uscisse per accendere lhamam. Aveva notato che i due avevano preso labitudine di sedersi brevemente, per la verit accanto allhamam nella luce ramata di quelle sere di giugno. Accoccolati sui talloni, osservavano le aquile volteggiare nellaria e scivolare silenziosamente nella gola e conversavano con aria sognante. Ram Lal sapeva destare e trattenere lattenzione di Raka, mentre Nanda Kaul non ne era capace. Sapeva suscitare il suo interesse e nello stesso tempo darle sicurezza, e con i bambini bisogna saper combinare le due cose, ma lei non ci riusciva, o non voleva combinarle, mentre Ram Lal lo faceva con affettuosa naturalezza. Le loro voci in sordina comunicavano la piacevolezza di conversazioni che non poteva udire, solo osservare. Ti ho vista scendere laggi ieri sera, disse Ram Lal, tirando una boccata dal biri che proteggeva nel pugno. Hai fatto male. Perch? Cera la luna, ci vedevo benissimo. Ma ti si poteva anche vedere. Non cera nessuno che potesse vedermi. Ram Lal scosse il capo con laria di chi la sa lunga. Le churail cerano. E loro ti vedono. Chi! ? Le churail, le streghe. Non lo sai che vivono nella gola? Vivono in mezzo ai morti. Si nutrono della loro carne. Banchettano con i cadaveri che i dottori dellistituto buttano via dopo che hanno tagliato in due i cani rabbiosi e bollito il loro cervello. Quando di notte senti dei rumori improvvisi, come degli spari, sono le churail che rompono le ossa. Raka strabuzz gli occhi. Gli pos una mano su un ginocchio e domand: E come sono? Molto grandi. Pi grandi di un essere umano. Vestite di nero per non essere viste nel buio. Solo i loro occhi rossi brillano come tizzoni ardenti. E hanno i piedi rivolti allindietro. il modo pi sicuro per riconoscerle, i piedi rivolti allindietro. Ma come faccio a vedere i piedi, se buio? Ora fu Ram Lal a strabuzzare gli occhi. No, disse, non devi guardare i piedi. Se vedi due occhi rossi che brillano nelle tenebre devi semplicemente scappare. So di una donna che si tramutata in pietra perch aveva visto i piedi di una churail. Stava andando a Gurkhal a mezzanotte, cera la luna e ha incontrato una churail. Se vieni con me posso mostrarti la pietra sul ciglio della strada. Davvero? Davvero lo faresti? grid Raka. Le rispose un fragore improvviso, come se le churail, nere pipistrelle, fossero sopraggiunte per vendicarsi: tra sferzate e fischi, lacerando laria con i loro balzi e tuonando sul tetto era arrivata una banda dilangr. Pierrot in bianco e nero, clown e briganti nello stesso tempo, sfacciati, rauchi e predatori. A un tratto ogni albero ne fu pieno, le code a scudiscio e gli occhi come gemme, il muso a mascherina e i sottili arti ragneschi, neri, grigi,

argentei. Si lanciarono dai rami dei pini agli albicocchi e da l sul tetto, rincorrendosi sulla lamiera ondulata. Percorsero agilmente il parapetto, si tuffarono allinterno dalle finestre e sinfilarono nelle porte. Sebbene Ram Lal e Raka si fossero messi a correre in mezzo al branco agitando le braccia e urlando, quelli strappavano le foglie degli albicocchi in cerca dei frutti, facevano a pezzi le ortensie, entravano e uscivano dalla cucina facendo incetta di patate, mostrando i denti a chiunque cercasse di ostacolarli. Ladri, briganti, i langr non dimenticano mai di fare i buffoni e di sbalordire gli astanti con fantastiche acrobazie. Alla fine Ram Lal corse allhamam e ne percosse un fianco con un bastone, un tum tum tum dallarme, e immediatamente dal burrone accorsero i giovani pastori, nemici naturali dei langr, con i sassi in mano, affannandosi per unirsi alla rissa. Hroo hroo hroo, strillarono fino a che i langr si radunarono tutti insieme e si diedero alla fuga con balzi e giravolte incredibili, attraversarono il Mall e sparirono nella valle. Soltanto una femmina corpulenta rimase indietro, sul pino accanto al cancello, con il suo piccolo prudentemente aggrappato alla pancia, il musetto raggrinzito e ansioso. Ram Lal raccolse una pietra e stava per lanciargliela addosso, ma Raka gli si appese al braccio con tutta la sua forza, dondolandosi come se fosse anche lei una scim mia ansiosa. Lasciala, lasciala stare! supplic. Hroo hroo! E perch dovrei lasciarla stare? Perch spezzi i rami degli alberi e ci rubi le patate? borbott Ram Lal, ma gett via il sasso e battendo le mani url: Via, via maledetta churail, via di qui hubshee dal muso nero, demonio duna scimmia! La langr digrign i denti, si cal lungo il tronco dellalbero facendo ondeggiare il ventre e il posteriore con insolente lentezza, scal con noncuranza il cancello e fugg via con il piccolo sempre aggrappato alla pancia che sbirciava intorno con luminosi occhi perlacei. Al clamoroso arrivo e alla messa in fuga delle scimmie segu una immobilit impietrita. Nanda Kaul si alz in piedi nella veranda e disse freddamente a Ram Lal: Ora vedi di cacciare quei pastori dal nostro giardino. Aveva sofferto vedendo la nipote che correva dietro a Ram Lal e gli si appendeva al braccio. Non aveva neppure chiamato la sua Nani a vedere i langr. 14. Quando arriv la lettera con cui la si informava che Tara, la madre di Raka, aveva avuto un altro crollo nervoso ed era ricoverata in una clinica di Ginevra, e che Asha, la nonna di Raka, dopo aver visto venire al mondo un altro nipote in perfetta salute, era volata in Svizzera per stare vicina alla figlia, Nanda Kaul strinse le labbra, ripieg i fogli azzurrini coperti da quella grafia disgustosa e li nascose nella sua scrivania.

Se Raka aveva dei segreti, li avrebbe avuti anche lei. Tuttavia la notizia accrebbe la sensazione che Raka dipendesse da lei. Non riusciva a stabilire se il fatto che la bambina fosse completamente ignara di tale dipendenza, e anzi fosse pi autonoma e solitaria che mai, suscitasse in lei commozione, ironia o semplicemente fastidio. Guardandola vagabondare tra le rocce e le agavi passandosi ritmicamente una castagna dIndia da una mano allaltra, Nanda Kaul si chiedeva se la bambina fosse consapevole della propria solitudine. Certo non faceva domande, n si preoccupava mai di sapere se ci fosse posta per lei, o notizie. La solitudine non la turbava. Nanda Kaul non aveva mai conosciuto alcun bambino che preferisse starsene per conto proprio, vagabondare, sparire, invece di farsi coccolare e accudire. Tutti i bambini che aveva conosciuto volevano sempre essere al centro dellattenzione, Raka no. Anche a letto andava da sola, ogni sera, come Nanda Kaul non aveva mai visto fare ad alcun bambino, ci andava silenziosamente, e si addormentava da sola. Nanda Kaul restava seduta in poltrona sfogliando il suo libro al momento Il milione di Marco Polo e fingendo di non vedere quando la bambina si alzava, usciva e percorreva il corridoio fino alla propria stanza. Unantica abitudine le suggeriva di seguirla, di rimboccarle le coperte, di leggerle un racconto perch si addormentasse tranquilla. Invece si lasciava andare sullo schienale e restava dovera. Non era venuta a Carignano per farsi schiavizzare ancora una volta. Era venuta per stare sola. Caparbiamente sola. Pi tardi restava distesa a letto, sveglia. Non erano gli sciacalli che ululavano nella scarpata a tenerla sveglia. N il repentino ticchettio delle pigne sul tetto o le grida smorzate delle civette. Era il pensiero di Raka nella stanza attigua, in casa sua. Non era stata invitata a Carignano. Eppure era l, si era ambientata perfettamente e con discrezione, come un topo o un grillo. Un giorno Carignano le sarebbe appartenuta? si domand Nanda Kaul, passandosi le dita sul petto. Doveva lasciare Carignano a Raka? Certo non apparteneva a nessun altro, non aveva alcuna importanza per nessun altro. Raka era lunica che ne conoscesse il significato. Pens di fare testamento. Un pensiero assai sgradevole. Bisognava chiamare lavvocato e lei non voleva che venisse nessuno. N voleva che qualcuno se ne andasse, certamente non Raka. 15. Un vento forte gemette tra i pini per tutto il pomeriggio, sferzando i rami e sparpagliando le pigne. Sulla collinetta, Raka sedeva con le braccia strette attorno alle ginocchia osservando i parrocchetti dalla lunga coda e il collarino rosato che afferravano le pigne e ne estraevano col becco i pinoli, strillando come forsennati quando, investiti dal vento, dovevano mollare la presa e le pigne rotolavano nel burrone. Piccole farfalle bianche venivano

sollevate in aria come pezzi di carta sullerba calcinata, ma le coppie non si lasciavano separare, ogni volta si riavvicinavano e riprendevano a svolazzare insieme, due a due. Quando Nanda Kaul usc in giardino dopo il riposo pomeridiano e chiam Raka per il t, il grigiore allorizzonte si era coagulato in cirri bianchi e grigi che il vento spingeva sempre pi in basso verso le colline di Simla. Rimasero insieme, a guardare. in arrivo una tempesta da nord. Strano, in questo periodo dellanno. In giugno arrivano da sud le tempeste di polvere, seguite dai monsoni. Di solito il vento da nord soffia pi tardi, rimugin la vecchia signora. Il vento le frustava il sari scomponendone le pieghe, cos prefer tornare nella veranda. Mentre prendevano il t le nuvole si abbassarono nel cielo, pesante e gonfio di freddo come un grosso orso polare che si acquattava sulle cime dei colli, stendendo sui tetti la pelliccia bianca, sfiorando i pendii, avvolgendo i pini. Poi fu sopra di loro. E con lui la pioggia. E che pioggia! La casa tremava, il tetto scricchiolava, goccioloni colarono allinterno. Si alzarono e si trasferirono in salotto con il vassoio del t. Dentro era buio. Accesero una lampada. La stanza assunse laspetto di un rifugio caldo, lucente. Lacqua scrosciava assordante sul tetto di lamiera. Lumidit dellaria era rinfrescante, eccitante, un getto di vino ghiacciato in pieno viso. Raka non riusciva a star ferma. Andava alla finestra a guardare, il naso premuto contro il vetro. Si aggirava nella stanza toccando gli oggetti. Di solito non toccava nulla. Nanda Kaul si vers unaltra tazza di t, senza farci caso. Anche lei provava una sorta di irrequietezza, di liberazione. Potremmo essere due naufraghe, disse con un sorriso cos insolito che apparve rigido, franto. Acqua, acqua dappertutto. Che tempesta! Il vento scagliava la pioggia contro il vetro. Raka si ritrasse, venne a sedersi su uno sgabello e carezz con un dito un piccolo Buddha di bronzo sul tavolino, sorrideva misteriosamente mentre contava immobile i grani del rosario. Nanda Kaul abbass gli occhi su quel dito graffiato e scuro con lunghia sporca che carezzava la testa bronzea e liscia. Non trovi che sia bellissimo? disse a un tratto con una voce acuta e musicale che non sembrava sua. Viene dal Tibet. Lo port mio padre. Raka, il mento nel cavo della mano, scrut la vecchia signora con un certo stupore. Nessuno le aveva mai detto che quel bisbisnonno, o chiunque fosse, aveva visitato il Tibet. O forse si, ma lei non aveva prestato ascolto. Era molto selettiva, nellascolto. Ma adesso si. stato moltissimo tempo fa, in unepoca in cui non ci si provava neppure, ad andare in Tibet. Solo il governo poteva organizzare simili spedizioni, che richiedevano un consistente supporto militare. I mercanti ci

andavano, naturalmente, soprattutto per il muschio, quella preziosa essenza cos apprezzata in tutto il mondo. Portavano anche altre cose, turchesi, oro e argento, broccati, idoli scolpiti. Ma mio padre non ci and n come militare n come mercante. Ci and come esploratore, per curiosit . Parlando, si strofinava la punta delle lunghe dita affusolate, nervosamente, e non guardava Raka bens il piccolo, pacifico Buddha. Avevamo passato lestate in Kashmir, come sempre. Allinizio dellautunno ci port tutti con s fino al passo di Zoji-La. Orti e frutteti esibivano tutti i colori dellautunno, scarlatto, cremisi e ruggine. Ce li lasciammo alle spalle, insieme ai villaggi con le loro case di legno, salimmo verso i boschi di noci, aceri, sicomori e castagni. Poi, superata una fascia di pini e betulle, raggiungemmo le rocce nude e i ghiacci. Sembrava di viaggiare in paradiso con lui. Ma una mattina, dopo che ci eravamo accampati sulla riva di un fiume dacqua verde e gelata in una distesa erbosa che pareva non essere mai stata calpestata, sotto un cielo di una purezza cristallina, mio padre mont sul suo cavallo, Suleiman, vestito di cuoio e pelliccia e si diresse verso il passo, lasciandoci l. La sua voce si era ridotta a un sussurro che Raka stentava a sentire. Sembrava anzi che si fossE spenta del tutto, poich si udiva solo il rumore della pioggia che scrosciava contro i vetri e tambureggiava sul tetto. Poi la voce si un alla pioggia, al ruscellare. Quando si allontan a cavallo indossava stivali di cuoio alti fino al ginocchio e le ali del copricapo di pelliccia sembravano orecchie, per un lungo tratto. Il suo cane, un bhotiya nero che chiamavamo Demonio, lo segu. Sollevarono grandi spruzzi sul fiume ghiacciato e poi sparirono tra le rocce. Noi tornammo a Srinagar. Rimase in Tibet... oh, per anni, anni. Fece lintero tragitto a cavallo, o a piedi. Il passo Mustagh, il ghiacciaio Hal-toro, il passo Anghil... un percorso durissimo, pericoloso. La pioggia si stava placando e la voce della vecchia signora si alz innaturalmente: Viaggi per tutto il Tibet, ebbe ogni tipo di esperienza. Pass le notti in foreste di bamb infestate dalle tigri dove i nativi solevano bruciare virgulti di bamb molto verdi perch i nodi esplodevano con botti cos potenti da spaventare le belve per miglia e miglia. Partecip alle loro famose gare di tiro con larco... devi sapere che in Tibet ci sono arcieri leggendari, capaci di scagliare frecce a distanze considerate impossibili. Andava a caccia con loro, a volte con i falconi, altre volte con mute di cani grossi come asini, cacciavano i moschi, la cui odorosissima secrezione viene venduta ai mercanti in cambio di argento. Non ci crederesti, ma i mercanti vengono fin da Parigi in cerca di muschio per i loro profumi, ne compravano fino a un milione di once dargento per volta. Li vide estrarre oro dai fiumi e sale dalle sorgenti salate. Poi il sale viene fatto seccare e confezionato in panetti preziosi quanto loro. In effetti con quaranta o sessanta panetti di sale si pu acquistare un lingotto doro. E poi lass amano molto le pietre e i metalli preziosi, turchesi e corallo, oro e

argento. Le donne si coprono di gioielli quanto gli uomini di pellicce: ermellino e zibellino. In certe zone cerano alberi di pepe garofanato, molto simile al lauro, ci disse, e zenzero e cassia. Sulle rive dei fiumi li vide cacciare i coccodrilli piantando nel terreno delle aste sulle quali gli animali restavano infilzati, cos li si poteva tagliare a pezzi ancora vivi: la bile veniva usata come medicamento contro i morsi dei cani rabbiosi, i foruncoli e le pustole, e la carne si mangiava. Oh, la mangiava anche lui, e beveva vino di riso caldo insieme a loro. Compr cavalli tibetani a coda mozza che cavalcava come i nativi, con staffe abbastanza lunghe per cavalcare in piedi e lanciare frecce da cavallo. Lequitazione era tenuta in grande considerazione in tutto il Tibet, e anche gli sport di caccia. E per fortuna lui eccelleva nelluna e negli altri. And a Lhasa, vide il Potala. [3]. Collezion pergamene, bronzi, tappeti... tocc il Buddha silenzioso con un dito sottile, e simbatt in personaggi stranissimi, lama e stregoni... Raka divorava le sue parole, ormai dimentica della pioggia. Stregoni con poteri stranissimi. Facevano magie, sapevano far parlare gli idoli, trasformare il giorno in notte... Come?! sbott Raka, unesclamazione pi che una domanda. Come? Non saprei spiegartelo. Non ci riusciva neanche mio padre. Ma ci disse che aveva visto scendere le tenebre a mezzogiorno, il cielo diventava cinereo, il sole spariva, gli uccelli e tutti gli altri animali si zittivano e la terra giaceva in ombra finch lo stregone sollevava una mano, pronunciava la formula magica e lincantesimo cessava. Cosa ancora pi straordinaria, erano capaci di far scoppiare una tempesta anche in un giorno di sole. Si levavano venti improvvisi abbastanza forti da strappare le tende dai picchetti e lacerare le cavezze dei cavalli, e fulmini e tuoni solcavano il cielo. Per gli stregoni era un divertimento, niente di pi, ma la gente si buttava a terra e pregava impaurita. Mio padre osservava tutto, e poi ce lo raccont... Ha scritto un libro? Un libro? Nanda Kaul rise. No! Lui non era un erudito, come mio marito. Era un esploratore. Viaggiava, andava a caccia, collezionava oggetti magnifici che alla fine ci port a casa. Osserv le pareti nude di Carignano. un peccato che non abbia conservato quasi nulla. Eravamo una famiglia numerosa... cos le sue cose si sono sparpagliate. Uno dei miei fratelli and a vivere alle Mauritius, un altro a Ceylon. E le mie sorelle erano tutte appassionate collezioniste, nelle loro case vedresti preziose tankha, le pitture religiose tibetane, trombe ricavate da femori umani, tappeti e pellicce. Io ho conservato solo... questo.

3 - Il palazzo dei Dalai Lama

Entrambe guardarono il Buddha, unico sopravvissuto di tanto splendore, lolocausto che lo circondava sembrava pesargli meno della polvere. 16. Nanda Kaul continu a raccontare, alzando la voce per sovrastare il fragore della pioggia e il rombo echeggiante del tuono tra le colline che seguiva la pioggia come corni da caccia. La casa che avevo nella pianura era stipata, troppo stipata: cose dei miei genitori, cose di mio marito, della sua famiglia. Cerano i tappeti persiani che suo padre aveva comprato in Iran quando era l con lambasciatore, i vetri di Murano comprati da sua madre a Venezia, le miniature moghul che collezionava mio marito... Si copr gli occhi con una mano, come se fosse abbagliata, e chin il capo. Un tuono galopp sul tetto inseguendo le nubi lanose e la pioggia che si andava mitigando. Era troppo, Raka. Io non sono una collezionista. Dovevo liberarmi di tutti quegli oggetti, perci ho deciso di venire qui senza niente. Li hai lasciati l? No, no, ho ceduto la casa... and a viverci il nuovo rettore. E ho distribuito tutto... a tua nonna, e alle sue sorelle e fratelli. Per anni non ho pi visto niente, concluse rapidamente vedendo Raka sempre pi irrequieta sullo sgabello, a lei interessavano i fatti, non le propriet. Allargando le mani come se volesse liberare la bambina, si alz di scatto e and alla finestra. Sta smettendo, disse, e subito Raka la raggiunse. Guarda le ortensie, sono tutte ammaccate dalla pioggia, disse Nanda Kaul, la voce di nuovo naturale e arrotondata dal sollievo e dal piacere. Guarda come la pioggia ne fa risaltare il colore. Sono di nuovo celesti. Dopo un po tornarono nella veranda strada facendo Nanda Kaul ripose sullo scaffale Il milione di Marco Polo e videro le ultime gocce di pioggia che si diradavano nella luce improvvisamente tersa del sole. Il temporale era finito. Le nuvole scomparvero: vennero ripiegate ciocca a ciocca e fatte sparire nel blu, e spunt una sera dolcissima., trasparente, i colli freschi, umidi e boscosi, blu e verdi come spire di colore premute fuori da un tubetto. In lontananza, a nord, scintillava la linea delle nevi, qua e l interrotta dalle rocce. A sud si vedevano centinaia di clilometri di pianura, venata di corsi dacqua e punteggiata di luminose pozze di pioggia. Mentre scendevano in giardino, con una voce incredibilmente diversa e incrinata da un vero ricordo, Nanda Kaul disse: Che buffo, Raka, mi sono appena ricordata che tua madre, quando veniva a trovarmi da piccola, canticchiava sempre I giorni di pioggia sono giorni di gigli! I giorni di pioggia sono giorni di gigli!

Giorni di gigli? si stupii Raka. Cosa voleva dire? Lo vedrai, disse Nanda Kaul, con una strana smorfia al pensiero dei fogli azzurrini nel cassetto della sua scrivania. Adesso vai a fare la tua passeggiata, vai, disse brusca. 17. La mattina dopo Raka cap cosa voleva dire sua madre, da bambina, quando si svegliava e guardava fuori dalla finestra. In un primo momento li scambi per fogli di carta crespata stropicciati e sparsi da qualcuno lungo il pendio, magari dopo unaltra assurda festa al club. Poi ricord quello che le aveva detto la bisnonna e vide che si trattava di zefiranti sbocciate durante la notte, dopo che era finalmente piovuto. Si videro a colazione, davanti al grosso bricco del latte che Ram Lal aveva riempito di quei gigli e sistemato sul tavolo. Erano ancora lustri di pioggia e portavano con s lodore acre della terra bagnata. Di un rosa acceso, i fiori si ergevano rigidi sugli steli cremisi compressi nel bricco. La tovaglia bianca era spruzzata qua e l di polline color zafferano. Sembravano disegnati da un bambino, con pastelli a cera rosa e gialli. Rosicchiando una fetta di pane tostato, Raka domand: Mia madre veniva spesso, da piccola? No, disse Nanda Kaul lentamente. Non molto spesso. Tua nonna preferiva portarla a Simla o a Mussoorie, sai com, sono posti pi vivaci. Qui non le piaceva? A tua madre? Oh, credo di s, disse Nanda Kaul cauta, le dispiaceva ammettere che stentava a distinguere un nipote dallaltro, quello dei gigli era il suo unico ricordo chiaro della madre di Raka. Cerc di ricordare se Tara usciva a raccogliere i gigli, come aveva fatto Ram Lal, ma inutilmente. Ricordava solo la bambina che correva fuori dopo la pioggia, gridando di gioia. arrivata una lettera, disse Raka a un tratto, spezzando in due la fetta tostata. Era sua? No, disse la vecchia signora, rabbuiandosi in volto. Era di tua nonna. Non dice niente della mamma? domand Raka con apparente noncuranza. Sta di nuovo male, dovette dire Nanda Kaul, frettolosamente, allontanando la tazza di caff. di nuovo in clinica, a Ginevra. Nel silenzio che segu, Nanda Kaul rimpianse amaramente la sua incapacit di consolare i bambini, la sua incapacit di immedesimarsi in un altro e agire di conseguenza. Sapeva benissimo che la fantasia e le fiabe sono importanti nella vita. Perch dunque aveva detto a Raka la verit? Chi la voleva, la verit ? Chi poteva sopportarla? Nessuno. Neanche lei. Perch avrebbe dovuto sopportarla Raka?

Ma Raka non disse altro. Era pallida ma composta. Se si mostrava indifferente, aveva le sue ragioni. Dopotutto aveva sempre visto sua madre malata, misteriosamente malata, per lo pi a letto, sotto una grande coperta rosa che odorava di umido, come i gigli. Era abituata a quel tipo di notizie. Cera qualcosa di piatto, nella sua voce, not Nanda Kaul, quando Raka si alz in piedi dicendo: Credo che andr fuori, Nani. La vecchia signora annu, con sollievo, anche se dispiaciuta. 18. Raka schizz fuori di casa come un proiettile. Era diretta alla casa bruciata sul colle, ci sarebbe andata, si, ci sarebbe andata da sola, nessuno poteva fermarla, nessuno lavrebbe accompagnata. Si affrett su per il Mall. Si arrampic decisa, smuovendo sassi e terriccio, in un guizzare di salamandre e lucertole e un crepitare di grilli. Si fece largo tra grovigli di rose canine, impigliandosi tra i frutti e le spine, evit le ortiche e le agavi con le loro taglienti foglie seghettate e vol sopra i ciuffi di zefiranti rosa che ondeggiavano ovunque, spuntati come per miracolo tra le pietre, trionfanti per un giorno. Sulla sommit del colle cera la casa bruciata che era venuta a vedere. Era solo lo scheletro carbonizzato di un piccolo cottage di pietra. Il tetto della veranda era crollato e rotolato nella forra, le lastre del pavimento erano incrinate e scheggiate. Le porte di legno marcio oscillavano sui cardini, le intelaiature delle finestre pendevano di traverso, i vetri rotti giacevano tra la cenere. La scala era ridotta a un ammasso di erbacce e macerie. Sal comunque in una stanza annerita e vuota con il soffitto paurosamente imbarcato e tese lorecchio al mormorio inquietante del silenzio con lespressione tesa di chi tende lorecchio in attesa di unesplosione. A poca distanza vide le pietre acquistate per costruire una casa che non era mai stata costruita, una catasta di pietre sotto i pini scorticati dal vento e avvolta in un sudario di licheni. Si diceva che i proprietari del terreno si fossero spaventati dopo lincendio che aveva distrutto il cottage e avessero rinunciato a costruire. Non ci veniva mai nessuno, tranne Raka e i cuculi che cantavano senza posa, invisibili. Non erano gli zelanti uccelli domestici che richiamavano Nanda Kaul a Carignano. Erano uccelli deliranti che con il loro grido roco attiravano Raka in un territorio senza suoni, solo silenzio, senza luce, solo ombre e scheletri in letti di cenere sui quali fiorivano le orme grigie degli sciacalli. Quel colle, con quelle due case, una distrutta e laltra non costruita, sotto i pini marchiati dal fuoco, attirava Raka con la forza travolgente di unimpetuosa corrente marina. Cera qualcosa di illecito, in quel luogo, qualcosa di irriducibile e sfrenato che la eccitava. Quello scenario devastato per qualche ragione lattraeva, la ispirava. Non cos le nursery e le stanze da letto della sua infanzia, con lodore nauseabondo di malattia, tristezza, bevande, medicine, latte e ansia. Non

cos i club e i parchi delle citt in cui aveva vissuto ma di cui nessuno le aveva mai fornito la chiave daccesso. Carignano aveva molto da offrirle fu pronta ad ammetterlo, dondolando il capo come una bacca sul ramo era senzaltro il posto migliore in cui aveva vissuto. Tuttavia cera qualcosa di limitante, di coercitivo, nella sua ordinata austerit. Era secco e pulito come una noce ma lei sbucava dal guscio come un gheriglio impaziente, piccolo ed esplosivo. Erano gli spazi devastati, derelitti e nudi di Kasauli che lattiravano: il burrone dove i serpenti gialli dormivano al riparo di rocce grigie e le agavi crescevano tra la polvere e i detriti; i pini scheletrici che stormivano al vento; le cime dei colli livellate dal vento e i resti miserabili delluniverso sicuro, confortevole e civilizzato in cui Raka non aveva parte alcuna e per il quale non provava alcun attaccamento. In quello stato danimo, dentro la carcassa annerita di una casa che la prossima bufera avrebbe probabilmente abbattuto, scrutava il fondo della scarpata, la pianura brunita che crepitava nella calura, ancora pi greve dopo la pioggia, e il lago di Chandigarh che sembrava una colata di piombo fuso. Si sollev sulle punte dei piedi alta, alta come un pino e distese le braccia finch sent la luce gialla accendere una scintilla che le corse lungo le dita e le braccia fino a che ne fu illuminata, infiammata. Poi si rilass e corse gi a precipizio, poi di nuovo su, tra i pini, in un silenzio assordante. Cuc , cuc, cantavano gli uccelli folli chiss dove. Il custode della casa bruciata, uscendo dalla sua baracca di lamiera con un boccale di latta in mano, la vide correre. La pazza, brontol. La pazza di Carignano. 19. I gigli rosa appassirono e scomparvero. La pianura fu di nuovo inghiottita dalla caligine gialla. Il sole arse lerba dei prati e lustr le rocce di Kasauli. Tutto appariva calcinato e annerito dal calore e dalla luce abbagliante. Talora la gente si domanda, disse Nanda Kaul con quella voce insolitamente acuta che dava a Raka una strana inquietudine, che cosa ci trovo in questo posto arido, polveroso, monotono. Il Kashmir dove vivevo da bambina era cos diverso Non la guardava, ma sapeva che la bambina aveva alzato il viso e lascoltava. lacqua che fa la differenza, i torrenti bordati di pioppi, che scorrono spumeggianti tra le rocce fredde, i laghi in cui si riflettono i salici, i fiumi con le case galleggianti ancorate lungo le rive. Acqua dappertutto. Scandisce la vita degli abitanti del Kashmir. Vivevi in una casa galleggiante? domand Raka scostando ciocche di capelli impolverati, si stavano allungando e le ricadevano caldi e spessi sul collo.

No, no, rispose Nanda Kaul mangiando con garbo una pera. Le case galleggianti sono solo per i turisti. Avevamo una vera casa, sul lago Dal. Ma ce ne andavamo in giro sul lago con le shikan, quelle barchette a remi che anche i bambini di quattro o cinque anni sono in grado di portare, e lo fanno. Destate s, affittavamo una casa galleggiante. Quando arrivavano i nostri parenti di Lucknow e Allahabad ne affittavamo una, talvolta due, e venivano spinte con le pertiche fino al lago Nagin. Era ancora pi bello del lago Dal, con i frutteti e i campi di zafferano che arrivavano a sfiorare la riva, e le ciliegie mature. Pescavamo nel lago e andavamo a cavallo nei campi raccogliendo le ciliegie. Per i picnic, andavamo con le shikan ai parchi di Shalimar o di Nishat e bevevamo il t dai samovar sui prati intorno alle fontane. Oh, era un mondo molto diverso da questo, concluse con un certo stupore. La domanda di Raka, in netto contrasto con quella visione idilliaca, venne brusca e diretta: E allora perch sei venuta a Kasauli, invece di tornare in Kashmir? Nanda Kaul si limit a scuotere il capo con lespressione incerta di chi affronta pensieri cupi, da solo. Non si torna indietro, disse alla fine. No, non si torna indietro. Tanto varrebbe provare a tornare giovani. Ti piacerebbe? la incalz Raka, cosa insolita per lei, ma la bisnonna laveva stuzzicata. Nanda Kaul si sent tenuta a rispondere e disse ridendo: No, no. Non credo che mi piacerebbe. Non sarebbe... prudente. Ma hai detto che ti divertivi tanto, in Kashmir. S, s, gli occhi della vecchia signora ebbero un lampo. Era bellissimo. Devi sapere che cera un corso dacqua, sul retro della casa, orlato di pioppi e salici, dove nuotavano le nostre oche e le anatre. Prima della stagione delle piogge era poco profondo, e noi ci sguazzavamo. Qualche volta le anatre si allontanavano troppo abbandonandosi alla corrente e arrivavano nel giardino di qualche vicino e dovevamo andare a riprenderle. Con le piogge il corso dacqua si gonfiava e a volte straripava in giardino, e allora la porta sul retro si affacciava su un lago. Gli adulti si agitavano, invece noi bambini ci divertivamo moltissimo. Tuttintorno alla casa cera un frutteto. Erano perlopi meli, ma a mio padre piaceva fare esperimenti, era un altro dei suoi passatempi, anche se non il termine adatto per definire il suo appassionato interesse, che dava anche ottimi risultati. Per esempio innest un susino su un pesco e il risultato fu un frutto stranissimo e squisito, con la buccia vellutata delle pesche, ma il sapore delle susine. Poi cerano le mandorle che mangiavamo quando erano ancora acerbe e lattee, non ne lasciavamo maturare quasi nessuna. Mia madre si rattristava perch le piaceva riempire la dispensa di sacchi di frutta secca e mandorle, noci, nocciole, scorte da consumare per il resto dellanno e da mandare ai nostri parenti di Allahabad e di Lucknow. Ma le mandorle acerbe ci piacevano

pi di quelle mature. Le noci no, nessuno mangia le noci acerbe. Cerano solo tre alberi di noce, in un folto vicino al pozzo, ma ognuno era grande come una casa, davvero, piu grande di Carignano, una casa di rami e foglie.., e riempivamo grossi sacchi di noci. In casa cera una dispensa che mia madre teneva chiusa a chiave, ma se per caso la lasciava aperta ci infilavamo dentro di nascosto e seduti tra i sacchi ci rimpinzavamo di mandorle, noci, pistacchi e pinoli. Cera ogni ben di dio: gucchi, li conosci.., quei funghi secchi neri e arricciati, albicocche secche e uva passa. Quella dispensa custodiva un tesoro, un piccolo tesoro. Di certo il tesoro a cui mia madre teneva di pi. Non credo che gliene importasse molto del frutteto, se non perch incrementava il suo tesoro. Mio padre era diverso. Era un uomo avventuroso. Non gli piaceva per niente stare in casa. Anche quando doveva occuparsi di carte e documenti e di solito lo lasciava fare allamministratore si faceva portare un tavolo e una sedia sotto il noce, vicino al pozzo. Da l poteva tener docchio la propriet senza sentirsi recluso. A lui piaceva viaggiare, esplorare. Aveva interessi vastissimi, lo si vedeva nelle sue collezioni. E sai cos che gli piaceva di pi nella casa? disse Nanda Kaul abbassando gli occhi su Raka che si stava spazientendo, perch quel pasto andava troppo per le lunghe. Fino a quel mattino avevano consumato i pasti in una sorta di frettolosit taciturna, ciascuna ansiosa di andarsene per i fatti propri. Ma adesso sembrava che Nanda Kaul non avesse alcuna intenzione di smettere di parlare, o di perdere di vista Raka. E la bambina si dimenava sulla sedia come un boccheggiante pesciolino in cerca del proprio elemento naturale, ma la vecchia signora la teneva stretta allamo un amo aguzzo e lucente e ogni volta che dava uno strattone tirava un po la lenza, la riavvicinava, restia a lasciarla andare. Pos sul tavolo le mani affusolate prendendo fiato. Il suo zoo privato, disse solennemente, e fu gratificata nel vedere che Raka la sbirciava, un po sospettosa, ma con il guizzo dinteresse del pesce verso unesca appena individuata. Si, collezionava anche animali, ho dimenticato di dirtelo, Nanda Kaul fece una risatina. Oh, la nostra casa in Kashmir era piena, piena di animali, dei pi strani. Aveva un orso, un grande orso himalayano, laveva trovato che era ancora un cucciolo andando a caccia nella foresta. Il cucciolo era cresciuto moltissimo, e quando lo ricordo io era diventato enorme, troppo grande per la sua gabbia, un animale enorme, villoso, con un ferro di cavallo bianco sul petto nero. Ma mio padre non poteva farne nulla, non cera uno zoo in Kashmir a cui affidarlo, n poteva lasciarlo andare nella foresta. Aveva perso la paura istintiva per gli esseri umani e se si fosse avventurato nei villaggi in cerca di cibo avrebbe spaventato gli abitanti, o addirittura fatto loro del male. Cos viveva in casa nostra, dentro una gabbia, un King Kong domestico. Sempre in gabbia?

Be, mio padre lo lasciava uscire tenendolo legato a una lunga catena di ferro, ma naturalmente era lunico che osava farlo, e in quelle occasioni i cani impazzivano. Bisognava rinchiuderli al piano di sopra ogni volta che si liberava lorso. Erano cani da caccia, grossi mastini feroci, e non sopportavano la vista o lodore dellorso. E cosa poteva succedere, se li lasciavate insieme ? domand Raka socchiudendo gli occhi. Oh, un massacro, sarebbe stato un massacro... rispose Nanda Kaul dispiaciuta dellespressione della bambina. Largomento orso pareva esaurito e Raka si preparava a tagliare la corda, ma ancora una volta Nanda Kaul tir la lenza. Lorso comunque non era la bestia pi selvaggia, e neppure la pi puzzolente del nostro zoo. Erano i gattopardi a detenere quel primato. Mio padre diceva che i gattopardi sono le creature pi feroci del mondo e anche loro, come lorso, non si abituarono mai a noi. Li teneva sul pianerottolo, appena fuori dalla sua stanza, e ogni volta che qualcuno si avvicinava soffiavano minacciosi e ruggivano. Neanche lui poteva toccarli senza i guanti di pelle. Li nutriva personalmente. Amavano il pesce. Noi andavamo a pescare pesci nel ruscello ma non osavamo dar loro da mangiare... avevano zampe cos scattanti, pericolose. Sembrava per che a Raka non piacesse quella storia degli animali in gabbia che divoravano il pesce. Nanda Kaul colse qualcosa di dolente nel suo sguardo e fu svelta a sostituire quellimmagine con unaltra. Per quanto nuova a quel gioco, stava diventando esperta. Scopr di avere un certo talento nelloffrire alla nipote uno spettacolo con diapositive colorate e bizzarre. Qualcuna compariva a rovescio, o unintera serie scorreva troppo rapidamente, ma di tanto in tanto eccone una ferma, nitida e seducente che la inorgogliva. Poi cerano i pavoni in giardino, e forse erano gli unici animali addomesticati, o quasi, che avevamo. Non lavresti detto, sentendo le loro strida selvagge nel frutteto, ma se ci vedevano mangiare in terrazza, destate, venivano di corsa a beccare avidamente il riso dai nostri piatti, spesso rompendoli, cosa che faceva arrabbiare mia madre, ma a noi piaceva condividere il cibo con i pavoni. A te sarebbero piaciuti moltissimo i lori, continu con un tono insolitamente vivace e sognante. Certo... dormivano tutto il giorno e bisognava star svegli di notte per giocare con loro. Sembravano lattanti, per come ti si aggrappavano al collo o al braccio, con quegli occhi immensi e tondi che brillavano nel buio quando si aggiravano per la stanza. Per la stanza? Oh, si, tutti gli animali di mio padre vivevano in casa. Sono convinta che teneva a quelle bestie quanto teneva a noi. Anche al pangolino. Sembra impossibile che ci si possa affezionare a una bestia cos dura, sempre

rannicchiata nella sua armatura di squame, ma mio padre ci si era affezionato. Lo ammirava, ammirava tutto ci che era fuori del comune... Mentre continuava quel suo mormorio, spostando coltelli e forchette sulla tavola, con gli occhi che vagavano in un grigio boschetto di sogni, Raka si agitava ansiosa di andarsene, guardava fuori dalla finestra, il sole che illuminava la collinetta e i rami degli alberi che si abbassavano sotto il peso dei pappagalli irrequieti. Non capiva le ragioni di tanta loquacit da parte della bisnonna che fino a qualche giorno prima preferiva non parlare, e che non le si parlasse. Adesso invece era incapace di smettere. Invece smise, di colpo e con aria colpevole, come se avesse trasgredito involontariamente e non sapesse spiegarsi perch. Se ci avesse badato, Raka avrebbe visto una tempesta devastatrice attraversare quel vecchio volto ingiallito con la sua mappa di rughe sottili. Ma non ci fece caso. Il suo unico desiderio era andarsene. Si separarono precipitosamente, quasi con rabbia. 20. Nanda Kaul non riusciva a rilassarsi. Andava su e gi nel giardino al crepuscolo, con lorlo del sari che scivolava sui sassi, srrrs srrs srrs, come un serpente velenoso. Lanci unocchiata al Mall, in entrambe le direzioni, aspettandosi di vedere arrivare Raka con la sua andatura ciondolante, lanciando la solita castagna dindia da una mano allaltra, canticchiando sommessamente. Invece Raka spunt allimprovviso dallorlo del burrone, tutta graffiata, ansante e impolverata. Quando si accorse di essersi accidentalmente imbattuta nella bisnonna si morse un labbro. Non ho mai visto una bambina cos poco somigliante a una ragia... una luna, disse Nanda Kaul con un sorriso che voleva essere dolce ma si irrigid vedendo lespressione di Raka. Creatura saltellante, non sorgi certo calma e lucente! Raka arretr imbarazzata, perplessa. Ma Nanda Kaul si mise subito a parlare. Restiamo qui, presto si sentiranno le civette, disse, costringendo la bambina a camminarle accanto mentre nel giardino si addensavano le ombre e il silenzio, e i colli si oscuravano. Nel cielo terso e verde si affollavano i corvi neri, cercavano un luogo in cui riposare, volteggiavano in tondo gracchiando e rincorrendosi, quasi fossero incapaci di posarsi per la notte. Nanda Kaul si rese conto che si stava tormentando le mani dietro la schiena nello sforzo di trovare un argomento che interessasse la bambina. Non doveva farla sentire a disagio, annoiarla. In un certo senso non sopportava lidea che sgattaiolasse via. Si sarebbe detto che lindifferenza di Raka fosse diventata una sollecitazione, una sfida: un pesciolino inafferrabile, una preda dorata.

Di nuovo si trov a parlare come un fiume in piena, con unanimazione e una leggerezza di eloquio che Raka percep come una nota falsa. Anchio, sai, tenevo degli animali per i miei figli. Ricordando quanto mi piacevano da piccola, disse precipitosamente. Non solo cani e gatti, anche animali insoliti. Scimmie. Avevamo un paio di scimmie che tenevamo legate alla balaustra della veranda con una catena... combinavano troppi guai per lasciarle libere. Erano gibboni: arti lunghi, muso nero e argento come i langr, altrettanto comici. I loro strilli si sentivano a chilometri di distanza. Il tuo bisnonno sosteneva di sentirli fin dal suo ufficio, allaltra estremit del campus, e lo disturbavano, ma non ci faceva gran caso. Sapeva che ci divertivano e cos ci permetteva di tenerli. I bambini se li portavano sempre dietro durante le gite in bicicletta. Avevano anche dei cavalli: il tuo bisnonno era contento che andassero a cavallo, pensava che fosse una cosa sana e non gliene importava della spesa. Alcuni cavalli erano davvero belli... Continu quel suo mormorio, piegando e ripiegando le dita dietro la schiena, e se solo avesse abbassato gli occhi e incontrato quelli di Raka, si sarebbe zittita di fronte alla sua espressione dubbiosa, alla sfiducia di quello sguardo rannuvolato, ma listinto le sugger di non guardarli mentre dipanava le sue fantasie incantate. Tenne lo sguardo rigidamente discosto dalla bambina, fissando il cielo foderato di falene dove volteggiavano gracchiando i corvi, e continu a parlare imperterrita finch i corvi tacquero, spinti dalle tenebre sulle cime degli alberi, e le civette si arrischiarono a lanciare i primi urli. Gli piaceva andare a cavallo con i bambini. A quellepoca il campus era circondato dai campi e si poteva cavalcare per chilometri e chilometri, bastava attraversare i canali e imboccare i sentieri tra i campi di grano, di canna da zucchero e di senape. Poi fece unaltra cosa per i bambini, fece approntare un campo di volano, una distesa erbosa su cui facevamo delle magnifiche partite, tutti insieme, a volte anche al chiaro di luna. Proprio in quel momento, quasi a confermare la veri dicit del suo racconto, spunt la luna, una grande luna rosso rame che si gonfi come una bolla nel crepuscolo, splendendo sui colli e inondando la pianura e le valli con tale prodigalit che le luci degli abitati impallidirono sfaldandosi, come se fossero sottacqua. Gi nel burrone, gli sciacalli lanciavano lugubri ululati alla luna e al resto del branco. Raka distolse lo sguardo delusa, sperava che fosse un altro incendio. Colta da un tremito inspiegabile, la vecchia signora balbett: Potevamo avere tutto ci che volevamo da lui, tutto... Raka sospir girandosi per vedere se per caso Ram Lal non veniva a liberarla da quella sgradevole intimit. No, non lo si vedeva. Doveva cavarsela da sola. Doveva riconquistare la sua libert. Non sopportava di

essere intrappolata nel mondo fantastico della bisnonna mentre la realt lattraeva cos tanto. Pens con disperata nostalgia alla casa carbonizzata sul crinale, pens alla cima del monte arsa dal fuoco, a quel silenzio misericordioso rotto solo dallo stormire dei pini e dai richiami frenetici di quei cuculi folli. Invece era li, circondata, repressa, soffocata dalle parole, sogni e ancora parole della vecchia signora. Sbadigli per la noia. Sei stanca, disse Nanda Kaul con tristezza. 21. Nanda Kaul passava da una finestra allaltra guardando malinconicamente lincerta foschia pomeridiana al di l dei vetri. Non era unora in cui di solito stavano insieme. Nanda Kaul aveva labitudine di riposare, a quellora. E anche Raka. Ma poco prima, sbirciando attraverso una fessura della porta, aveva visto la stanza vuota, il letto liscio e intatto. Non sapeva che le sonnolente ore del pomeriggio erano quelle che Raka prediligeva per le sue scorribande. E badava sempre a tornare per il t. Ma Nanda Kaul la voleva ora, subito. Si adombr infantilmente. A volerci credere, si sarebbe detto che era giunta alla seconda infanzia. Si aggirava impettita nella casa calda, immobile, sembrava una bambina contrariata che reclama unattenzione che non le viene concessa. Poi uno strillo dilani la casa da parte a parte. Era il telefono. Nanda Kaul fu costretta a rispondere per impedire che le stanze venissero fatte a pezzi da quella lama tagliente. Sollev la cornetta con odio. Naturalmente era Ila Das. Ma cosera peggio? Lo stridore perentorio dellapparecchio o lassurda gaiezza della voce tremenda della vecchia amica? Difficile a dirsi, pens Nanda Kaul portandosi una mano sulla fronte madida di sudore per lo spavento. Non ti ho svegliata, vero, Nanda? Oh, spero proprio di no, sarei troppo, troppo indiscreta, gorgheggi Ila Das. Ma sai... mi capita cos di rado di avere un telefono sottomano che quando capita devo cogliere loccasione. Dove sei? chiese Nanda Kaul stancamente, lasciandosi andare su una sedia per fermare il tremito delle ginocchia. Indovina! strill Ila Das. Prova a indovinare! Oh, Ila, come faccio a saperlo? Potresti addirittura vedermi, se uscissi sulla veranda e guardassi davanti a te... ora riesci a indovinare? No, disse Nanda Kaul brusca. Ma... a Sanawar, Nanda cara. Pranzo con Miss Wright, lhai conosciuta? la direttrice dellIstituto di economia domestica. No. Ma devi conoscerla, ti piacerebbe moltissimo, talmente allegra, Miss Wright...

Ila, tagli corto Nanda Kaul, ho qui ospite la mia pronipote, te ne ricordi? Direi che alla mia et pi che sufficiente. Certo, certo che me ne ricordo, strill Ila Das agitandosi come un corvo ferito. Non mi ero dimenticata di lei, ma volevo lasciarvi in pace per un po, darle il tempo di ambientarsi. Adesso per vorrei proporti, cara... e cominci a elencare impegni, incontri e appuntamenti che Nanda Kaul non fece neppure lo sforzo di ascoltare. Allontanando la cornetta dallorecchio, si asciug il viso e cerc di scacciare dagli occhi una sorta di velo grigio. Avrebbe dovuto fare il sonnellino pomeridiano, pens tra s, sfidando il calore del letto e il fastidio delle mosche. Alla sua et quelloretta di riposo era ben pi importante che correre dietro a una bambina che sapeva badare a se stessa. Tronc linterminabile cantilena di Ila Das con un brusco: Be, allora vieni domani a prendere il t. Sei libera domani? Domani? Domani? un altro strillo. Oh, no, mia cara, non hai idea di come siano le mie giornate, piene zeppe di impegni, impossibile... Domani, dicevi? rise eccitatissima e tutta un tratto, con quella che per lei era una voce pacata, disse: Allora daccordo, facciamo domani. Ti va bene se vengo alle cinque? Nanda Kaul conferm con scarso entusiasmo e interruppe la comunicazione prima che quella voce irritante si abbandonasse ad altre chiacchiere frenetiche. And a sedersi nella veranda piuttosto che stendersi sul letto che le mosche avevano nel frattempo occupato, ronzandoci intorno allegramente e appiccicandosi al cotone bianco delle lenzuola. Sperava di vedere Ram Lal per dirgli di portare il t pi presto. Voleva un t al limone, oggi. Pens al t al limone, alla sua asprezza rivitalizzante e chiara, una tazza dopo laltra. Raka sarebbe tornata per il t. Dovera Raka? Stizzita, Nanda Kaul guard il giardino immobile, deserto, da dove giungeva lo sfrigolio delle cicale, sembrava che friggessero nella grande padella dorata del sole. La bambina non cera, non cera mai. Non le piaceva stare l. Porse non le avrebbe lasciato la casa. E perch avrebbe dovuto? A Raka non serviva una casa, non pi che a uno sciacallo o una cicala, e del resto non la voleva. Era una creatura selvaggia, selvaggia, completamente selvaggia, pens. Forse avrebbe dovuto rifiutare di ospitarla. Forse doveva lasciare la casa a Tara che aveva bisogno di un rifugio in cui rintanarsi e morire. Forse, forse... le alternative erano molte e fastidiose, come le mosche. Nanda Kaul le scacci. Guard le cime abbagliate e caliginose dei colli verso Sanawar, che si stendeva linda e nitida come sempre sotto le chiome degli alberi. Lupupa scortava Nanda Kaul nella sua passeggiata sotto gli albicocchi, aprendo e chiudendo con eleganza il ventaglio rigato che le coronava il capo. I suoi piccoli avevano preso il volo e pareva che stesse celebrando, addirittura

esibendo la sua indipendenza, la sua rinnovata giovinezza e libert. Si butt su una cavalletta e la infilz a morte con il becco vittorioso. Nanda Kaul sprofond nella poltrona di bamb. Il cuore le sobbalzava nel petto come se fosse strattonato da una corda. Era meglio togliere il telefono che rischiare un altro spavento, pens. Denudare la casa, eliminare il telefono con i suoi cavi neri e attorcigliati e i suoi imperdonabili strilli. Liberare la casa, lasciarla spoglia, silenziosa e tranquilla., pens Nanda Kaul. Una vena le pulsava alla tempia, rossa e gonfia. Pens a come aveva riempito le sue case, non quella, tutte le case del passato. Per intrattenere ora la bambina ci aveva stipato mobili, tesori, trofei, perfino, buon Dio, uno zoo. Rabbrivid dorrore a quel pensiero e si tranquillizz solo pensando, con dignit, che aveva risparmiato Carignano. Anche durante i tentativi pi disperati di sedurre Raka non aveva abusato di Carignano. Laveva mantenuta pulita, reale, aperta al soffio del vento. Le si abbassarono le palpebre. Tra le ciglia intravedeva il luccichio degli aghi di pino sotto il sole, brillavano e luccicavano in cima alla collinetta, scintillavano sul cancello del giardino. Liberare la casa. Liberarla da Raka? No, questo no. Liberarla da se stessa? S, presto, abbastanza presto.

Parte terza Ila Das lascia Carignano


1. Il tavolo della veranda era apparecchiato per il t. Sui vassoi rotondi e nelle ciotole di porcellana, ogni cosa trasudava sotto tovagliette tenute ferme dal peso delle bordure di pizzo e perline. Le mosche ronzavano costernate annusando la bella tovaglia in cerca di una macchia di marmellata o di una briciola di torta. Raka, seduta sul suo sgabello con uno scacciamosche di plastica verde, si succhiava un labbro incerta se schiacciarle rovinando una tartina o non schiacciarle lasciando che perforassero un pasticcino con la proboscide. La bisnonna misurava a lunghi passi il pavimento malfermo, le mani dietro la schiena, borbottando rabbiosamente: Naturalmente arriver in ritardo, e io voglio un t. Potrebbe anche immaginarselo che io voglio disperatamente il mio t. Ma quando mai Ila Das non in ritardo? Per una volta anche Ram Lal era di vedetta. Accovacciato sulla soglia della cucina, scrutava il sentiero che si snodava tra i castagni fino al cancello, lorecchio teso al bollitore nero che fischiava e sobbalzava sul fuoco, pronto ad afferrarlo e a versare lacqua sulle foglie crespe del t non appena avesse visto lospite saltellare nella polvere bianca del Mall. Fu annunciata da un trambusto simile a quello di un branco di langr. Ora per si presentavano in veste di scolari malauguratamente fatti uscire da scuola proprio quando Ila Das, che indossava scarpe bianche un tempo eleganti, si affrettava verso Carignano col suo passo sbilenco e puntava nella polvere lombrello marrone facendo mostra di grande sicurezza. I ragazzini le

volteggiavano intorno simili a langr, braccia lunghe, beffardi, insultanti. Ridevano della sua crocchia grigia in precario equilibrio sulla sommit del capo, degli occhiali che le scivolavano sul naso trattenuti solo da un nastrino porpora avvolto intorno alle orecchie, della sottogonna grigia che spuntava inopportunamente dal bordo di pizzo del sari. Ridevano insomma di tutto ci che Ila Das era. Con brutali schiamazzi e un biascicare bovino, le giravano intorno bloccandosi allimprovviso a destra o a sinistra e girandosi altrettanto allimprovviso per urtare quella fragile figurina, ora facendo ondeggiare la vecchia borsa alluncinetto corrosa dalle tarme, ora facendo dondolare lombrello. Lei allora lo impugn e glielo agit contro, e commise lerrore di aprire bocca. Disse solo cose innocue come: Lo dir al vostro insegnante... conosco il direttore della vostra scuola, mio amico._ gli dir come vi comportate... ma qualunque cosa avesse detto, i ragazzi avrebbero comunque sghignazzato, poich era quella la reazione che la sua voce provocava in chiunque. La memsahib va a una festa, la schern uno con i capelli unti e armato di fionda. Merletto, merletto, la sgualdrina caduta dal letto, cantilen un altro armato di una bilia grossa come una castagna. Piantatela, barrdar, scimmie! strill Ila Das. Apr di scatto lombrello e part alla carica, riparandosi dietro quella barricata di seta lacera con punte dovutamente aguzze, o cos credeva. Ahim, le punte erano spezzate. Lombrello gemette in segno di protesta. I ragazzini ci si avventarono contro, cadde nella polvere e rotol nella ghiaia, spinto a calci fin sul margine della strada. Se non ci fosse stato il parapetto sarebbe volato nel burrone, triste pallone rigonfio del passato di Ila Das. Ruggendo di gioiosa aspettativa, i ragazzi cercarono di spingerlo oltre il parapetto, ma lombrello si incastr tra le sbarre, resistendo a quel gioco selvaggio come una signora in crinolina. Ila Das strillava come una bisbetica furiosa, gli occhietti lucidi dietro le lenti. Vandali! urlava, la voce rotta dai singulti. Vado dritto filato dal direttore. Vi denuncio alla polizia... A quel punto la banda si divise e si ritir, sempre ululando, e il vecchio ombrello rimase incagliato tra due sbarre, una posizione poco dignitosa dalla quale lo liber poco dopo Ram Lal, venuto a soccorrerla con passo poliziesco per ordine di Nanda Kaul che dallalto, dritta accanto al cancello, aveva assistito alla scena con aria disgustata. Badmash! Badtameez! Teppisti, mascalzoni! rugg Ram Lal e, districando lombrello ormai curvo e deforme come una gobba, come una strega daltri tempi legata e pronta per il tuffo fatale nello stagno, lo brand contro quei posteriori laceri, rattoppati e impertinenti che si allontanavano svelti. Quando furono al sicuro in fondo alla strada, i monelli ripresero a sghignazzare e fischiare, piegandosi in due dalle risate e giocando allegramente a saltare la cavallina.

Ma n Ram Lal n Ila Das fecero caso ai loro sberleffi. Ram Lal chiuse quel povero ombrello arrugginito e lo porse a Ila Das con un certo sussiego. Grazie, sussurr lei stridula e, sollevando il sari sopra le caviglie, e i calzini, affront lerto sentiero sassoso tra i castagni di Carignano. Ram Lal la segu. Ne udiva il respiro affannoso, da vecchio animale braccato dai cani. Girandosi rispettosamente, sput tra i cespugli di lamponi. Doveva sbrigarsi, pens, lospite aveva veramente bisogno di un t. 2. Ila Das tuttavia non era nuova a simili scene: bastava che uscisse a imbucare una lettera e si ritrovava inseguita, o ostacolata, da una torma beffarda come quella che laveva scortata a Carignano. Non diversamente dai regnanti, che non possono andare in giro nella loro carrozza dorata senza che una folla esultante li acclami lungo il cammino, Ila era sempre stata minacciata e derisa. Forse, pens Nanda Kaul che laspettava impaziente sotto i pini, sorridenti e sprezzanti anchessi, Ila lattante in carrozzina era stata circondata da unanaloga folla, che le aveva strappato il sonaglio e laveva fatta strillare esattamente come era accaduto poco prima sulla strada polverosa. Per la verit non era facile immaginare Ila in fasce. Nanda Kaul ci prov, ma riusciva a vedere solo una versione in miniatura della vecchia amica avvizzita, appoggiata a un cuscino orlato di pizzo in una carrozzina blu, identica a ora, solo priva della smagliante dentiera di porcellana. Quanto alla carrozzina e ai pizzi, non aveva dubbi. La famiglia di Nanda Kaul conosceva quella di Ila Das fin dallepoca in cui limpero britannico consentiva che qualche briciola della propria gloria si riflettesse su pochi nativi privilegiati. Simili famiglie abitavano vasti bungalow in strade tranquille. In casa loro si serviva lo sherry prima di pranzo, e il porto dopo. I domestici portavano guanti di cotone bianco. Le signore facevano giri serali sul fiume, dapprima su carrozze cigolanti, in seguito su automobili che ronzavano pomposamente. Perci cera stata senzaltro una carrozzina blu, unayah che la spingeva con aria solenne sotto gli alberi di jacaranda, e una bambinaia in gonna e camicetta che misurava il tempo della passeggiata su un grosso orologio con il quadrante di ceramica, dono dei suoi datori di lavoro. Era questa la contraddizione della vita di Ila Das che irritava Nanda Kaul come un sassolino che si ostina a infilarsi nella scarpa. La vita di Ila Das non era fatta di un solo pezzo, Nanda Kaul ne aveva visti parecchi, disseminati nelle pianure del nord, ed ora ecco lultimo lacero brandello, infilzato da unagave sul ciglio del sentiero che portava a Carignano. Ram Lal corse ad aiutare la vecchia signora a liberarsi di quello spunzone acuminato, un gesto che aliment un fiume di striduli

ringraziamenti per tutta la salita fino al cancello, simile al chiacchiericcio petulante di un pappagallo. Proprio quel chiacchiericcio, quegli strilli, tenevano insieme i molti pezzi della vita di Ila Das, come un laccio o una catena. Erano linconfondibile leitmotif della sua esistenza. Un timbro di voce che nessun essere umano dovrebbe avere: antisociale emettere suoni come quelli che la povera Ila Das emetteva per comunicare. Faceva uno strano effetto pensare che un tempo cera stata una bambina che, balbettando le filastrocche come fanno tutti i bambini occidentali o occidentalizzati, faceva gelare il sangue agli adulti che la cullavano sulle ginocchia. Era pi facile Nanda Kaul strinse gli occhi fissando quella testa bianca e quasi calva china per lo sforzo di salire il pendio nella calura pomeridiana immaginare Ila Das elegante in un vestito adorno di nastri blu e merletto bianco, che con i suoi suoni inconcepibili fa rabbrividire gli ospiti e i parenti invitati a sentirla recitare le filastrocche. Nanda Kaul non solo riusciva a immaginare la scena, ma ricordava benissimo quegli anni. Lei e Ila Das giocavano insieme da bambine, cantavano filastrocche e limerick e cucinavano per le bambole allombra dei golmohur, usando i fiori rossi e le bacche gialle come cibo. E andavano a scuola insieme, pedalando impettite nelle strade tranquille fino al convento, mentre i monelli analfabeti le apostrofavano urlando: Pappagallo, pappagallo, cantaci qualcosa! Ila Das se ne stava muta sulla sua magnifica Raleigh argentea, mordendosi il labbro per paura di essere buttata a terra. A scuola purtroppo doveva parlare. Gli insegnanti rabbrividivano, stringendo i denti come se unallieva avesse passato una matita o un gessetto o ununghia sul vetro della finestra, mentre le compagne si tappavano la bocca con una mano, abbandonandosi per a unincontenibile ilarit quando Ila, quasi sollevandosi sulle punte dei piedi, recitava The boy stood on the burning deck. [4]. Gli insegnanti si affrettavano a zittirla, pregandola di lasciar spazio alle compagne, i cui mormorii e borbottii erano pi normali. La povera Ila aveva studiato a memoria lintera poesia e desiderava tanto recitarla per intero. Tuttavia doveva frenarsi con un singulto, inghiottire le parole e sedersi, con le mani in grembo, mentre altre farfugliavano una parodia , una parvenza di testo poetico. I genitori di Ila, disperati, avevano comprato un pianoforte e assunto una nuova istitutrice che le insegnasse a suonare. Forse speravano di far tacere la figlia, durante le feste, dandole dei brani da suonare anzich dei testi da recitare. Nanda Kaul si port involontariamente le mani alle orecchie sotto le ciocche ordinate di capelli bianchi, ricordando quei t pomeridiani 4 - Primo verso di Casa bianca, una poesia di Felicia Hemans (1793-1835) ispirata a un episodio delle guerre napoleoniche. Nel 1798, durante la battaglia sul Nilo, una nave francese, lOrient, venne attaccata e and a fuoco. li figlio del comandante, Giocante Casablanca, appena dodicenne, rimase al suo posto sulla nave e mor tra le fiamme .

accompagnati dal tremendo, insopportabile strimpellio della piccola Ila, con i codini che le balzellavano allegramente sulla schiena mentre faceva tintinnare i tasti come se rovistasse in un baule pieno di stoviglie, zanne di porco e dentiere, gnaulando come un gatto furioso: Darling, I am growing old! Silver threads among the gold... Ed eccola, Ila Das, la piccola Ila Das di sempre, con ci che restava dei suoi codini avvolto sul capo come un copriteiera, un copriuovo ingiallito anzich sbiancato dagli anni, e Nanda Kaul la guardava dallalto, dal momento che laveva invitata, dal momento che non era riuscita a togliersela dagli occhi, dalla mente. Eccola, ultimo logoro brandello di una vita assurda, che svolazzava sulla ghiaia come un brandello di carta stropicciata. Ila... sospir curvandosi per spalancare il cancello recalcitrante. Entra, Ila. E Ila, strizzando i suoi bottoncini docchi per la gioia di vedere lamica durante tutta la sua vita sfilacciata Nanda Kaul era stata un punto fermo, un faro, un ideale si affrett a entrare e si aggrapp allamica coprendone di baci la guancia fredda, rigida, e assordandola con gridolini di gioia e di affetto. 3. Carissima, strill Ila Das, carissima, ma com che non ci siamo viste in tutta lestate? Perch non ci siamo viste prima? Santo cielo... e dire che viviamo cos vicine, tu qui nel tuo maniero e io nel mio tugurio gi al villaggio. Sapessi quante cose ho da dirti, Nanda... e tu? E tu? Ma Nanda Kaul non aveva intenzione di restare l in piedi sul cancello a fare la commedia ad uso dei monelli: sapeva benissimo che si erano nascosti, a spiare, dietro le agavi e i cespugli di ginestra. Lanci loro unocchiata infastidita e, presa con fermezza Ila per un gomito, la sollecit a dirigersi verso casa, dove Raka si spenzolava dalla veranda per capire chi fosse responsabile di quei suoni disumani. A un tratto Ila Das rote allegramente il suo ombrello sgangherato una mossa che faceva pensare a pomeriggi domenicali nei parchi, quando la banda suona e i fiori si mettono in mostra nelle aiuole accenn un saltello e infine si appese a un braccio di Nanda Kaul nella manica lunga di seta abbottonata ai polsi con due opali, e disse: Oh, che belli questi albicocchi! Danno molti frutti, Nanda? Hai fatto quella tua squisita marmellata? Mmm, quando ci penso... la punta rosea e birichina della lingua spunt tra le labbra e le lecc lentamente, poi si ritir con uno schiocco. Com bella questa casa, la tua adorata Carignano. Vedessi il mio, di castello... e si abbandon a una sequela di risate che ricordavano la lugubre sirena dei pompieri. Due colombi sfrecciarono via sbigottiti e scomparvero, e perfino Raka si ritrasse sgomenta. Ila Das scorse il movimento del suo vestito bianco nella veranda ombrosa. Si copr la bocca con una mano e rimase l impalata. Oddio,

disse affannosamente sbarrando gli occhi. Me nero dimenticata. Solo per un attimo... ma mi ero dimenticata della bambina, Nanda, tanta era la gioia di rivedere te. Non so come ho potuto dimenticarmene... Scosse il capo facendo cadere le forcine metalliche che tenevano fermo lo chignon e prosegu. La pronipote di Nanda! Chi lo direbbe, vedendoti, si gir a guardarla. No, decisamente no. E invece si, proprio la mia pronipote, disse seccamente Nanda Kaul e chiam: Raka. Raka pos lo schiacciamosche e le raggiunse trascinando i piedi, somigliava pi che mai a una zanzara. Ila Das fece una corsetta verso di lei e, allungandosi, le intrappol la mano che pendeva abbandonata sul fianco e la scosse su e gi con vigore, lo stesso che Nanda Kaul ricordava nel padre dellamica, un piccolo signore baffuto in giacca da casa che aveva labitudine di stringere la mano a tutte le bambine invitate alle festicciole di Ila Das, facendole barcollare e ridacchiare. E adesso Ila Das scuoteva la mano senza vita di Raka con gridolini che facevano sussultare e ritrarre la bambina. Noi due siamo destinate a essere amiche, si, cara, destinate. Conosco la tua bisnonna da... oh, quanti anni saranno? Beh, non voglio tediarti contandoli... non so neppure se sarei in grado di contarli, disse con una maliziosa strizzatina degli occhi che le lenti bifocali ingigantivano come quelli di una libellula. Ma quando si conosce una persona da cos tanto tempo si praticamente parenti. Anzi, parenti a tutti gli effetti, e insisto, insisto... la morsa si strinse sulle dita contratte di Raka, per te sono una prozia, mia cara, carissima bambina! Poi si chin in avanti, era appena pi alta di Raka, e le stamp un rapido bacio sulla guancia. Ecco, esclam con un sorriso radioso e lasciando andare la mano di Raka che cadde allindietro tra i gigli, senza fiato e scuotendosi come se i peli, o peluria, le si fossero drizzati a quel contatto. Nanda Kaul le osservava con una piega ironica sulle labbra. Lei non aveva mai osato stringere la mano di Raka, e tantomeno baciarla, comera possibile che Ila Das avesse osato? Era presunzione, la sua. Il fremito evidente della bambina e il suo improvviso pallore dimostravano quanto fosse stato presuntuoso quel gesto. Nanda Kaul prov una duplice sensazione, di sdegno e di compiacimento. Finalmente qualcuno aveva abbassato il retino su quella scaltra piccola zanzara. Sullo sfondo, Ram Lal volteggiava, scacciando le mosche, posando la teiera e il bricco del latte, togliendo le tovagliette per mettere in mostra il frutto di quella giornata di insolito lavoro. Non capitava spesso di avere ospiti per il t. Ram Lal aveva quasi dimenticato come ci si comporta in tali occasioni e Nanda Kaul si era addirittura sorpresa alla sua proposta di preparare dei dolci e dei salatini, ma ora se ne stava velocemente ricordando. Fu con una certa cerimoniosit che tir indietro la sedia pi bassa per Ila Das, le prese lombrello e infine lasci le signore al loro t

lanciando unultima occhiata dubbiosa a Raka, come se dubitasse di come si sarebbe comportata una simile ragazzina. Raka effettivamente non aveva idea di come ci si dovesse comportare. Aspettava. Quando si avvicin alla sua seggiolina, scopr che Ila Das ci si stava abbandonando sopra come una scolaretta, una scolaretta che si siede ben indietro facendo dondolare i piedi in aria. Anche la sedia di Raka era troppo alta per le sue gambe corte. Le scarpe un tempo eleganti e ora consunte ondeggiavano a pochi centimetri da terra, allegramente, sembrava una bambina di cinque anni allennesima festicciola. Ci fu un po di confusione al momento di posare la borsa a tracolla... dove doveva metterla? Doveva forse appenderla? Alla fine si ud un sospiro, e di nuovo Ila Das emise un suono che fece schizzare via le upupe dal prato, mentre i grilli si nascondevano ritraendo il capo. 4. Mmm, mmm, mmm, mormorarono le labbra di Ila Das, poi si spalancarono sulla dentatura lucente. Oh, Nanda, qui tutto mi ricorda moltissimo casa nostra, voglio dire... la nostra infanzia, quando ci davano il miele a merenda e dopo giocavamo a badminton sul prato. Nanda Kaul sollev di nuovo lelegante sopracciglio, e con esso anche la pesante teiera bianca che Ram Lal aveva comprato a poco prezzo al bazar. Mi domando cosa, di Carignano, possa ricordarti tutto ci, disse. Ohhh, sbott Ila Das dentro una tazza colma di t bollente che zampill nellaria. Oh, Nanda, laria, latmosfera, che mi riporta indietro. Mi sembra di vedere la tua bellissima madre con quella meravigliosa carnagione kashmira e il filo rosso brahmanico alle orecchie mentre ci versa il t, con i cagnolini ai piedi... la adoravano. Tutti la adoravamo. E poi tuo padre che torna dal frutteto con una pesca speciale raccolta per lei e le tasche piene di noci per noi, ci chiamava e diceva... Raka pareva appassita. Le braccia le pendevano tra le ginocchia e il capo era reclinato sullo stelo sottile del collo. Pareva che le due vecchie signore volessero giocare per tutto il pomeriggio al gioco dei bei tempi andati, ricostruendo, un cubetto dorato dietro laltro, il precario castello dellinfanzia, arredandolo poi con mobili da casa di bambole, assurdi divani dorati foderati di velluto rosso e testiere dipinte, che sempre odoravano di polvere e di topi, e con i quali non le era mai piaciuto giocare. Ci che desiderava era mangiare, visto che per una volta cera qualcosa da mettere sotto i denti, ma evidentemente doveva guadagnarselo. Osserv una formica sotto il tavolo, si allontanava reggendo sul dorso un cristallo di zucchero, e sospir. Ila Das ud quel sospiro, fece un balzo sulla sedia e fu pronta a rivolgere il megafono verso la bambina. Come ti sarebbe piaciuta quella casa, mia cara! strill. Era un paradiso per i bambini, un vero paradiso. Bastava entrare e chiudersi alle spalle quel cancello enorme, batt le mani

con uno schiocco legnoso, per sentirsi nel paese delle fate. A volte ci portavano a raccogliere peperoncini verdi per i pappagalli, ma bisognava stare attente perch davano beccate tremende. Oppure si decideva di andare in bicicletta nel viale o di arrampicarsi sul fico e dondolarci tra i rami come scimmie. Oh, tutto era permesso, tutto... Ma la testa di Raka continuava a ciondolare stancamente e ciuffi di capelli inariditi, di una fredda sfumatura castana con striature rossicce sulle punte, ondeggiavano ai lati del viso malinconico. Per non parlare del pianoforte! strill Ila Das congiungendo le mani sotto il mento e guardandosi intorno come se sbirciasse montagne di regali. Giochi di societ e t grandiosi, e il pianoforte! A quel punto, sotto gli occhi sbalorditi di Raka e quelli inorriditi di Nanda Kaul, con uno svolazzo del braccio che ricordava quello di un prestigiatore che allimprovviso rivela il coniglio magico sotto un fazzoletto di seta, Ila Das sollev il coperchio di un pianoforte immaginario, poi si butt su unimmaginaria tastiera allargando le dita e contemporaneamente premette i piedi minuti su pedali immaginari e gettando indietro la testa, inton: Mia cara, sto diventando vecchiaaa! Nanda Kaul pareva un pallido blocco di cemento. Sembrava che il peso di quel passato si fosse riversato in lei come cemento fluido solidificandosi allistante e imprigionandola nel suo malinconico grigiore. Immobile sulla sedia, le labbra contratte e gli occhi sgranati, pareva incredula di fronte a quella rauca apparizione che intonava Honeysuckle Rose con una voce che, come una freccia, le trafisse le tempie e penetr nelle mascelle facendole battere i denti. La freccia venne ritratta e ci fu silenzio, ma le dita orribilmente nodose e ingiallite di Ila Das restavano aperte sui tasti e i piedi restavano sui pedali. Chin appena il capo, quasi sentisse una brezza, mentre quei bottoni docchi assumevano la vetrosit di vecchi ciondoli e infine, aprendo la bocca ad O, si avventur in un: Ye banks and braces o bonny Doon, How can ye bloom sae fresh and fair... I pini sul colle fremettero spargendo scrosci silenziosi di aghi lucenti. Le cicale strisciarono sotto le pietre roventi con un frinire lamentoso e stento. Alcuni sassi si staccarono allimprovviso dal pendio e rotolarono nel burrone. Nella veranda, Raka e la bisnonna fissavano sbigottite Ila Das che canticchiava accompagnandosi con limmaginario pianoforte, mentre lacrimoni rotondi le sgorgavano dalle palpebre, rotolavano lungo le guance e gocciolavano dalla punta del naso. how can ye chant, ye little birds, And I sac weary fu o care [5] Poi frug nella borsa in cerca di un fazzoletto. Ci strombazz dentro, un rumore mostruoso per una creatura cos piccola e rinsecchita, poi si 5 - Come fate a cantare, uccellini, mentre io sono qui stanco e
addolorato

rimise a sedere, si asciug gli occhi e tra i singulti dondol le gambe e sorrise: Non sono spaventosa... semplicemente spaventosa?! Raddrizzando la schiena con mossa regale, centimetro dopo centimetro, Nanda Kaul domand seccamente: Latte o limone, Ila? 5. Ila Das rimise nella borsa il fazzoletto e, aggredendo avidamente un piatto di fette tostate e imburrate, lanci a Raka unocchiata maliziosa. Non farci caso, piccola, disse. Mi capita sempre quando faccio musica. Ha avuto un ruolo cos importante nelle nostre vite, vero, Nanda? Purtroppo tutto passato di moda, quelle dolci canzoni, quelle serate musicali in cui le famiglie si riunivano intorno al piano e cantavano. Una tragedia, a mio avviso, una vera tragedia, proclam triturando con i denti finti unenorme fetta tostata. Non lo so, disse Nanda Kaul, sempre impettita e regale. Non me n mai importato molto della musica. Mi mette a disagio. Preferisco di gran lunga il silenzio. Ila Das prefer non sentire. Rifiutava nel modo pi assoluto di sentire, Spazzando dal vassoio unaltra fetta di pane e ficcandosela in bocca, prosegu la sua azione da betoniera. In casa tua era impensabile, Nanda. Voi eravate dei custodi della tradizione. Oh, la casa del rettore... chiuse gli occhi con unespressione di intenso piacere, mi sembrava di essere a casa mia. Le antiche tradizioni, le vecchie abitudini riprendevano a vivere in casa del rettore. Riapr gli occhi con un lampo di ammirazione, quellammirazione che Nanda Kaul da sempre accendeva nellamica. Lultima incantevole casa allantica, Nanda... Raka pos il piatto sul tavolo senza aver toccato nulla, fece una piccola disperata contorsione poi rimase immobile, prostrata. Sembrava che il noiosissimo gioco del t delle due vecchie signore non dovesse finire mai: non cera via duscita da quel ragnesco labirinto. Negli ultimi tempi la bisnonna laveva esasperata giocando a quel gioco con un ardore cos teatrale da renderlo irreale quanto il teatro. Lei invece si struggeva al pensiero della casa vuota sulla collina bruciata, del vasto panorama della pianura straziata dallestate, il burrone con i serpenti, le ossa e le fornaci fumanti... Tutto silenzioso, e un incendio che spazzasse via tutto, lasciando cenere e silenzio. Vuoi ancora un po di t? le sussurr la bisnonna sullo sfondo della parlata torrenziale di Ila Das. Raka scosse il capo e la osserv. La stanchezza aveva steso una ragnatela grigia su quel vecchio viso. Sembrava che anche Nanda Kaul si fosse stancata di quel gioco. Lasciava che Ila Das giocasse da sola. Ila Das non se ne accorse. Non ci fece caso. Ti ricordi che peste ero, Nanda? Come me la filavo volentieri dalla mia stanzetta nel pensionato degli insegnanti, ohhh, cera un tale chiasso!

Rimbomba ancora oggi nelle mie povere orecchie... e pedalavo gi per quel meraviglioso viale fiancheggiato dagli eucalipti, fino alla casa del rettore. Era una delizia sapere che ero sempre benvenuta. Una delizia mettere da parte libri, carte e compiti da correggere, metterli semplicemente da parte, inforcare la bicicletta e pedalare verso una casa che non era mai chiusa, mai. Ero sempre sicura di trovarti sulla veranda, con un t bollente dinverno e una limonata destate, i vostri cuccioli che scorrazzavano ovunque e i bambini che giocavano a cricket sul prato con i loro amici, e per una sera dimenticavo ogni preoccupazione. Non fu un periodo facile. Cominciare a insegnare a quarantanni non facile, credimi, Nanda. Mi pareva di essere incapace di sorvegliare le ragazze. Gli insegnanti sembravano... beh, lo sai, di unaltra classe. Tu mi capisci, vero? E la mia vista si stava gi allora indebolendo. E tutti quei guai famigliari... sospir, o fu piuttosto un sibilo, come di un pallone che si sgonfia di colpo, e si accartocci sulla sedia. Ma, riprese spaventando un bulbul che vol via dallalbicocco, cera sempre la casa del rettore, e ne facevo buon uso, vero? Ohhh, trill girandosi verso quella bambina cupa e scontrosa, sperando di rallegrarla perch, certo, i bambini devono essere vivaci. Lei stessa era ancora molto vivace, malgrado tutto quello che le era capitato. Tu non ci crederai, bambina mia, ma ero capace di correre fuori, strappare una mazza da cricket dalle mani dei maschi e mettermi a giocare . A quel ricordo sorrise a Raka come davanti a un leccalecca. Raka rabbrivid. Dinverno dovevamo stare in casa e si faceva musica. Tutte le ragazze studiavano musica, anche la tua bisnonna, fece locchiolino a Raka, piano, flauto, vina, sitar, tante voci che cantavano in tante lingue. Sono ricordi da tenere cari, canticchi come se fosse il verso di una canzone, e forse lo era. E la tua bisnonna sembrava un quadro. Era sempre vestita di seta, sempre con perle e smeraldi, quale che fosse loccasione. Avresti dovuto vederla, un quadro! Nanda Kaul si appoggi allo schienale e la fiss senza aprir bocca. Non intendeva stare al gioco. No, era un gioco spregevole. Aveva deciso che era spregevole, e comunque non divertiva la bambina, che non giocava mai a nessun gioco. Ma il meglio era lestate, Ila Das riprese a gorgheggiare. Malgrado il caldo e la polvere, lestate era la stagione migliore. Quei meloni enormi che maturavano nel vostro giardino, i bambini li spaccavano e li mangiavano seduti sui gradini della veranda. E gli alberi di litchi carichi di frutti, oh no, stracarichi, quei grappoli di frutti rosa maturi. E lalbero di jamun, mmm... mmm, gloglottava. E dopo il calore della giornata, quelle piacevoli serate sul prato appena innaffiato. E il campo di badminton. Che magnifiche serate passavamo su quel campo! Tutti gli insegnanti aspettavano con ansia di ricevere un invito per una partita di badminton a casa del rettore. Organizzava tornei il tuo bisnonno, lo sai, cara? Facevamo

dei doppi misti. Ricordo che una volta giocai con uno dei tuoi prozii contro il rettore e Miss David. Miss David era bravissima... una campionessa, per noi fu un ko... Ma a quel punto la linea sinterruppe, come quando viene tagliato un cavo, troncata di netto. Stava zitta. Raka alz gli occhi, incapace di credere alle proprie orecchie. Vide che la bisnonna aveva minuziosamente costruito una gabbia con le lunghe dita affusolate, una gabbia di ossicine bianche che crocchiavano. Vide Ila Das seduta in silenzio, la bocca scioccamente spalancata, dalla quale il discorso era stato rapinato e buttato via. Quali forbici affilate erano intervenute in quel garbuglio senza fine? Il campo di badminton... doppi misti... Miss David, eccole l, Ila Das e Nanda Kaul, sconfitte, mute. 6. Nanda Kaul si alz in piedi dando prova della sua classe, della sua educazione. Era giunto il momento di rimettere tutto a posto, come la dea di una terra maledetta che torna a sedare il caos. Si era lasciata sfuggire di mano le cose, aveva permesso che scivolassero via assumendo contorni vani e grotteschi. Ora basta, doveva troncare il discorso, mostrare il suo carattere: comera, e di cosa era fatto, e come si era conservato. Poich si era conservato. Raka, va a chiamare Ram Lal, per favore, digli di portare via tutto. Queste mosche sono una seccatura, disse con un tono argentino, chiaro come la linfa di una pianta, il suo freddo cuore bianco. E tu, Ila, dimmi di te. Come va il lavoro al villaggio? Quando Raka balz su e corse via, inciampando per il sollievo e il timore di essere catturata di nuovo, le due donne si guardarono con volti sofferenti, finalmente pacati, e quando Ila Das riprese a parlare, lasprezza della verit si tradusse in unincrinatura amara, dolente della voce. Accantonati i litchi rosa, i tornei di badminton e le melodie al pianoforte, restava solo un esserino grinzoso e tremante. Poco a poco tutte quelle dolcezze, quelle raffinatezze svanirono, lasciandola ad ogni istante pi avvizzita, pi polverosa e disperata. Nanda Kaul conosceva la storia: aveva seguito abbastanza da vicino quel progressivo decadimento. Ila Das poteva dunque parlarle con una cruda onest che era sincera e reale quanto i ricordi di poco prima. Nanda Kaul sapeva che erano reali entrambi, e che andavano di pari passo: un lato amaro, logoro si connetteva allaltro formando quellinsieme drammatico. Quando Ila Das era arrivata al campus universitario come insegnante di economia domestica, su proposta di Nanda Kaul e su invito del rettore, Mr Kaul, quegli anni floridi e luminosi erano gi finiti. Sua madre marciva in un letto con un femore fratturato che rifiutava di saldarsi, e il padre era morto dinfarto. Il patrimonio famigliare, diviso, come in un romanzo, tra tre figli ubriaconi e dissoluti, e di cui non un soldo era andato a Ila e Rima, le due

figlie intelligenti, parsimoniose e lavoratrici, si stava gi dissolvendo, anzi era solo un ricordo di un passato irrecuperabile e a stento credibile. I figli erano stati mandati a studiare in universit straniere, Heidelberg, Cambridge, Harvard, e dovunque erano riusciti a non frequentare una sola lezione, a bere fino ad ammalarsi, a scovare lippodromo pi vicino e sperperare le loro rendite su cavalli che non vincevano mai. Dapprima il padre aveva pagato i debiti, poi aveva cominciato a vendere i cavalli, la carrozza, la casa, le terre. Quando era morto, nessuno dei figli era andato al funerale. Sapevano che non restava pi nulla. Allora si erano messi a spillare soldi alla madre e alle sorelle, costringendole a vendere fino allultimo gioiello e riducendole a vivere in stanze daffitto e pensionati, e infine sotto qualunque tetto caritatevole. Poi per fortuna erano morti. O si erano dileguati. Nanda Kaul aveva visto quelle due ragazze spaventosamente brutte, terribilmente svantaggiate, dar prova della loro educazione, del loro carattere. Si erano tagliate i capelli, si erano messe in coda alla fermata dellautobus ed erano andate a lavorare. Rima, il cui talento al pianoforte era altra cosa rispetto a quello della sorella, dava lezioni private e correva da un alunno allaltro, poi correva a casa per assistere la madre con il femore in cancrena. Quanto a Ila, non avrebbe trovato nulla senza laiuto di Nanda Kaul, che aveva suggerito al marito di trovarle un posto nellIstituto di economia domestica. Lui si era dimostrato comprensivo e gentile, ed era a quel periodo relativamente fortunato della sua vita in cui come docente godeva di una certa tranquillit, con vitto e alloggio garantiti che si riferiva il gioioso racconto di Ila sul badminton e le feste in giardino. Magari, sospir, magari fossi rimasta l. Non sai quante volte ho ripensato a quel periodo, e ora so, lo so adesso, che non avrei dovuto essere cos impulsiva. Oh, nella mia situazione sarebbe stato saggio, molto pi saggio mostrare un po dumilt ... e si gir a pescare il fazzoletto nella borsa e a soffiarsi il naso tra le sue pieghe. Non cera alcun bisogno di umilt, disse Nanda Kaul. Con la tua esperienza sarebbe stato giusto nominarti direttrice, quando la signora Chatterji and in pensione. Lo pensavano tutti e tutti in seguito hanno saputo che il nuovo rettore non ti nomin solo perch eri stata assunta dal suo predecessore, e lui voleva dimostrare la propria autonomia. Non potevi tollerare una cosa simile! Infatti non la tollerai, url La Das. Perci diedi le dimissioni, Nanda, era lunica cosa che potevo fare. Ma la carne debole, e lo sai anche tu come mi sono andate le cose da allora. Non ho fatto che correre a destra e a sinistra per guadagnare cinquanta rupie qui e cinquanta l, quasi sempre senza una stanza che potessi definire mia, e poi le cose non hanno fatto che peggiorare... Nanda Kaul annu. Era al corrente. Aveva seguito quella ricerca degradante, inutile, dal momento che Ila a quellepoca era ormai prossima allet della pensione e per quanto riducesse le sue pretese, cerano sempre

ragazze brillanti e senza problemi che accettavano salari ancora pi bassi. Quanto ai titoli, quelli di Ila Das erano di quella nobile specie che non si mette sulla carta, tanto meno sulla carta bollata, per cui veniva regolarmente congedata dallufficio di collocamento e da qualunque datore di lavoro decidesse di affrontare. Per un po laveva mantenuta la sorella, dividendo letteralmente ogni boccone di pane per fortuna la madre era morta prima di essere ridotta alla fame poi Nanda Kaul aveva sentito parlare di un corso per assistenti sociali che, se Ila avesse accettato di seguirlo, le avrebbe assicurato un impiego statale, e con esso la pensione, il fondo di previdenza e lassistenza sanitaria, tutte cose che adesso le sembravano pepite doro. Ila aveva frequentato il corso e ottenuto trionfalmente il diploma in carta bollata, ed era arrivata sulle colline himalayane per prestare servizio tra i contadini, i taglialegna, gli sterratori e i caprai. Ancora una volta era sconfinata nel regno di Nanda Kaul, scoprendo per che l Nanda Kaul non governava: si era ritirata. 7. Nanda Kaul ruppe finalmente il riserbo per chiedere, a bassa voce: Ma ce la fai, Ila? Riesci a sbarcare il lunario? Ila Das tir su col naso nel fazzoletto, poi lo ripieg in quadratini sempre pi piccoli. Quando fu impossibile piegarlo di pi lo strinse nel pugno e disse: Non da quando i problemi di Rima si sono aggravati. Sai com... i giovani non suonano pi il piano, anche nelle famiglie cristiane preferiscono studiare la chitarra, la musica pop... tutte cose ignote alla cara Rima, naturalmente. Ha perso un allievo dopo laltro, e adesso le venuta anche una cataratta che ne fa praticamente uninvalida. Ho chiesto a Mrs Wright di aiutarla... ti ricordi di Mrs Wright, era una governante... no, una tata, in casa nostra, anni fa, e ha un piccolo appartamento a Calcutta. Beh, ha offerto a Rima un letto di fortuna in un angolo della casa. Finora le ho mandato una piccolissima somma per vitto e alloggio, il minimo dei minimi, ma... prese a ridacchiare, emettendo lievi sbruffi, il minimo dei minimi tutto quello che avevo. E come pensi di provvedere in futuro, Ila? Come te la caverai? Sto cercando, sto cercando, cantilen Ila Das scuotendo il capo finch la crocchia non si disfece. Osservandola da dietro i cespugli di ortensie, Raka ripens al ballo che aveva spiato quella sera al club, alle figure grottesche che saltellavano e ballonzolavano. Anche Ila Das le pareva un fantoccio che suona da s la musica pazza al cui ritmo saltella e ballonzola. Mordicchiando un petalo marrone, rimase a osservarla tra le ciglia socchiuse. Ila Das riprese a dondolarsi ottimisticamente: Ho scritto a riviste e giornali. Chiss che non ce ne sia uno interessato a una rubrica di consigli domestici, una rubrica mensile... o anche settimanale, potrei guadagnare

venti o trenta rupie in pi. Trenta rupie, rote gli occhi dietro le lenti bifocali, trenta rupie mi coprirebbero le spese del vitto. Sarebbe magnifico! esplose in uno zampillo di sputi gioiosi, dimenando le gambe corte. Non lo trovi assurdo, Nanda, gracchi, la nostra educazione ci ha rese del tutto inette. Credevamo di avere avuto il meglio del meglio, lezioni di francese, lezioni di piano, istitutrici inglesi... per poi scoprire di essere assolutamente inette, praticamente handicappate. La sua risata pareva lo scricchiolio di un guscio duovo vecchio. Credo che me la passerei meglio se fossi un contadino del mio villaggio. Potrei coltivare le zucche, allevare una capra, raccogliere la legna nel bosco, e forse potrei ridurre le trenta rupie di cui ho bisogno a venticinque, a venti... meno di venti non credo. Quasi piangendo, si gir verso Nanda Kaul. Credi che potrei farcela con meno? Nanda Kaul scosse il capo senza proferire parola. Si aggrapp saldamente al bracciolo della poltrona sforzandosi di parlare, di dire: Vieni a stare con me, Ila, poi lo strinse ancora pi forte per impedirsi di dirlo, le avrebbe rovinato lesistenza a Carignano. Continu a scuotere il capo. 8. Mi vergogno talmente! strill Ila Das. Se penso a come me la passo io rispetto alla gente veramente povera che mi circonda, mi vergogno. Non immagini quello che vedo, Nanda. Come assistente sociale alle dipendenze dello stato, io ho un minimo di sicurezza, un minimo di status... rise di se stessa, mentre quelli, se le mucche non danno latte o i curculioni distruggono il raccolto di patate, crepano di fame, ma non solo questo, sono le spaventose condizioni in cui vivono... spaventose, Nanda, credimi, la voce si abbass, sprofond nelle tenebre. Se ci penso, dopotutto riesco a vedere il valore della nostra educazione. Se non altro a noi risparmiato quel tipo di degrado. Sai, Nanda, mi hanno educata come cristiana, e vedere quella povera gente ignorante strisciare nella polvere davanti ai loro idoli unti dolio e agghindati con vesti di latta mi d il voltastomaco. Proprio cos. E quel santone untuoso che si aggira per il villaggio... non combina niente di buono. Io lo odio! sbott allimprovviso fuori dalla dentiera. Raka, che passeggiava nellerba alta allombra degli albicocchi, udendo quella violenta invettiva si ferm a guardare. Lo odio, lo odio! lui il responsabile della morte di quel bimbetto delizioso, il figlio di Mayadevi. Te lho gi raccontato? Stava giocando a piedi nudi nel vicolo, come fanno tutti questi bambini, e si tagliato con un chiodo arrugginito. Ho detto a Mayadevi di portarlo immediatamente alla clinica per unantitetanica, ma non ne ha voluto sapere. O meglio, il santone non ne ha voluto sapere. No! ha detto, le iniezioni sono opera del diavolo e Mayadevi non doveva portare il bambino allambulatorio. Beh, il bambino morto,

naturalmente, e tu sai cosa significa morire di tetano. Adesso lo sa anche Mayadevi. Era una narratrice drammatica: bisognava avere nervi saldi per ascoltare le sue agghiaccianti esperienze di assistente sociale, e Nanda Kaul sedeva pi rigida e impettita che mai, come se lorrore la stesse a poco a poco paralizzando. Se tu vedessi, Nanda, il massacro di bambini provocato da congiuntivite e tracoma, quanti di loro sono condannati alla cecit! Ma credi che mi ascoltino quando dico loro che bisogna andare allambulatorio e curarli? No, mia cara, pensano che una manciata di polvere di peperoncino sia una cura pi che adeguata, o un impacco di sterco di vacca, o... o... meglio non scendere nei dettagli. Credo che le donne mi darebbero ascolto se non ci fosse quella specie di prete. molto pi difficile insegnare qualcosa a un uomo, Nanda... le donne, poverette, vorrebbero almeno provare a cambiare la loro spaventosa esistenza, ma credi che i loro uomini le lascino fare? No, neanche un po. Adesso mi sto cacciando in un sacco di grane per cercare di mettere fine ai matrimoni infantili. una legge del nostro paese, giusto? E io sono qui per far rispettare la legge, giusto? Il governo mi paga per questo. Cos continuo per la mia strada cercando di fare il mio dovere, vado di casa in casa, soprattutto dove so che si sta preparando un matrimonio infantile, arrivo perfino a minacciarli, spiego che un reato e si pu andare in prigione. Sono convinta che le donne mi darebbero ascolto, se c qualcuno che sa cosa significa sposarsi a dodici anni e allevare dei figli a quellet, sono loro, giusto? Ma dovunque vado, quella specie di prete mi sta alle calcagna, e disfa quello che faccio. Mi odia, Nanda... mi odia. Ila, disse Nanda Kaul con preoccupazione. Sta attenta, Ila, ti prego. Ridacchiando, Ila Das dondol le gambe e batt le mani. Attenta? Non penserai che mi faccia paura, quel vecchio caprone! No, neanche un po. Ma perfido, perfido. Mi aizza contro i giovanotti del villaggio. E come faccio a fare il mio lavoro se i giovanotti del villaggio non prendono le mie parti e non mi sostengono? Alla fine le donne danno retta a loro, se non al santone, e sempre ai loro mariti. Ho appena saputo di una famiglia che vive nel mio villaggio, stanno combinando il matrimonio della figlia, una bambina di appena sette anni, con un vecchio del villaggio vicino perch possiede un campo di un quarto di acro e due capre. vedovo e ha sei figli, ma per un campicello e due capre non vedono lora di sacrificare la loro bambina, Nanda, ti pare possibile? Ho discusso moltissimo con la madre e laltro giorno ho perfino affrontato il padre, Preet Singh, nel campo di patate. Ma uno zoticone astioso. Ho capito che non ne avrei cavato nulla. Cos vanno le cose, purtroppo, mia cara, concluse, messa a tacere dallo sconforto e dallapparizione di Ram Lal.

9. Stava accendendo lhamam per scaldare lacqua del bagno di Raka e non si era preoccupato di venire prima. Ora si affaccendava a riporre le tovagliette punteggiate di mosche, ad ammucchiare le stoviglie su un vassoio di legno, a scuotere lantica tovaglia inamidata che quasi scricchiolava, mentre le due signore in sua presenza parlavano del tempo, come erano state educate a fare, domandandosi ad alta voce quando il caldo sarebbe cessato e quando sarebbe iniziato il monsone. tutto cos secco, cos secco, quasi non oso accendere un fiammifero per paura che tutto prenda fuoco, disse Ila Das, alzandosi e cercando la borsa. Neppure unassistente sociale pu fronteggiare gli incendi della foresta, rise, cercando lombrello. Nel frattempo nessuno bad a Raka. La bambina si era inerpicata sulla collinetta, aggrappandosi alle erbacce e scivolando sugli aghi secchi, fino alle rocce sotto i pini. Per un po rimase seduta lass, il mento sulle ginocchia, a guardare le linee dei colli che scorrevano davanti a lei fino allorizzonte, e ad ascoltare il vento che soffiava rumorosamente tra gli alberi, poi si ritirava mugghiando come il mare. Stringeva gli occhi e i blu e grigi della scena si mescolarono insieme, finch onde e colli, mare e vento furono tuttuno. Era in una barca che rollava, da sola. Poi ci fu un movimento davanti alla casa. Ila Das e Nanda Kaul scendevano i gradini della veranda, camminavano sotto gli albicocchi e lungo il sentiero lastricato: Nanda Kaul dritta e rigida, con movimenti argentei e setosi, mentre la piccola Ila Das le balzellava accanto, facendo dondolare la borsa alluncinetto e lombrello, e la crocchia sul capo. Rannicchiata sotto i pini, Raka guard quella coppia diseguale che si dirigeva al cancello. Poi, facendo scivolare le gambe da sotto il corpo, lanci unocchiata alla veranda dove Ram Lal si dava da fare spazzando briciole, schiacciando mosche e ammucchiando i piatti. Con mossa repentina si rialz e vol gi per il pendio, con le punte rossastre dei capelli inariditi che scintillavano come fiamme nel vento, gir intorno allhamam e si tuff in cucina. Si ferm un istante, per abituare gli occhi alla spessa oscurit fumosa. Quando fu in grado di vedere, allung una mano sul tavolo, afferr la scatola dei fiammiferi e se linfil in tasca. Riemerse con aria indifferente, le mani dietro la schiena, un po rigida. Sbirci di nuovo per vedere se stesse arrivando Ram Lal e se le signore si fossero salutate. No, conversavano ancora, ferme sul cancello. Un balzo rapido e, come una lucertola, scavalc il parapetto e si lasci cadere gi, oltre lorlo del dirupo, e scomparve. Il solo rumore fu quello delle pietre e della ghiaia smossi dai suoi salti. Ma non cera nessuno che potesse udirli.

10. Sei stata molto gentile, Ila, disse Nanda Kaul appoggiando una mano al cancello e spingendolo con garbo, a trovare il tempo per venire a... Nanda, Nanda, la interruppe Ila e, afferrata una mano dellamica, la tenne stretta. Trovare il tempo? Mia cara, non sai cosa significa per me averti qui a Carignano, venire a trovarti oggi. stato un po come far rivivere un pezzo di passato. Come se qui il passato esistesse ancora e io potessi semplicemente venirlo a trovare e prendere un t in sua compagnia in un momento di stanchezza del presente! Le labbra sottili di Nanda Kaul si contrassero in una smorfia che Ila Das not ma non riusc a interpretare. Cos strinse con forza le mani dellamica che tanto ammirava, facendo stridere due grossi anelli, e prosegu: E poi... conoscere la tua pronipote stato un gran piacere! Roteando gli occhietti simili a bottoni, aggiunse: Una strana bambina. Non sono riuscita a capirla... riservata come un uccellino selvatico, o un insetto che si nasconde, non trovi? un po timida, mormor Nanda Kaul. Ma stata malata... di tifo. E ora sua madre che sta male. Oddio, mi dispiace, cara, mi dispiace molto. Emise lennesimo gigantesco sospiro. Non trovi che il mondo sia pieno di guai, dovunque si guardi? Nel mio villaggio, fuori dal mio villaggio... lo stesso dappertutto . Lasciando andare la mano di Nanda Kaul, si sistem saldamente a tracolla la borsa alluncinetto, dondol per lultima volta lombrello e disse: Beh, dobbiamo fare quanto di meglio possiamo. Non credi? Dobbiamo assumerci le nostre responsabilit e fare quello che possiamo. Beh, Nanda carissima, e sollevandosi sulle punte dei piedi, diede un rapido bacio sulla guancia di Nanda Kaul e si avvi gridando: Grazie, grazie, tantissime grazie, mia cara. Ciao ciao ciao, continu a ripetere, come un cuculo ritardatario, fino a quando raggiunse i castagni che fiancheggiavano il Mall. Nanda Kaul si appoggi al cancello con entrambe le mani, osservando quel goffo dimenarsi. Rimase l, rigida, pensosa, quasi tremando per lorrore di quel pomeriggio che finalmente finiva. S, Ila Das portava con s lorrore ed era orrore ci che le aleggiava intorno mentre si allontanava, con quei movimenti convulsi da vecchia marionetta, con lantico ombrello e la borsa lacera. Non aveva mai conosciuto nessuno disgraziato e minacciato quanto Ila Das, pens Nanda Kaul, e come riuscisse a sopravvivere a tutto per un pelo, un amen era al di l delle sue capacit di comprensione. La sua chiassosa esistenza pareva cos precaria che una sola pietra, un solo bastone sarebbero stati sufficienti a troncarla. Nanda Kaul restava a osservarla con una sorta di ferocia. Lei, in buona salute, forte e diritta, avrebbe dovuto proteggerla. Avrebbe dovuto combattere almeno alcune delle sue battaglie. Con lo sguardo percorse il Mall, in su e in gi, per accertarsi che il percorso fosse sicuro per lamica, e

se in quel momento fosse sbucato un ragazzino maligno, o un langr si fosse calato da un albero addosso a Ila Das, Nanda Kaul si sarebbe lanciata allattacco e lo avrebbe messo in fuga. Avrebbe attaccato qualunque monello beffardo, qualunque langr malintenzionato, anche a costo di gettarsi nella polvere rovinando il sari e rendendosi ridicola. Ma la strada era deserta. Salvo un amichevole cane rosso con una bella coda a forma di piuma che correva annusando sul bordo della strada, sul Mall non cera anima viva. Ila Das procedeva col suo passo stentato, oltre il club, una figurina che con il passare dei minuti diventava sempre pi minuscola e simile a una marionetta, finch raggiunse la deodara gigante accanto alla cassetta delle lettere e spar. Nanda Kaul si rilass e lasci andare il cancello che si richiuse gemendo. Sent che il pericolo era passato per la terza volta quel pomeriggio. Cera stato il momento in cui Ila Das blaterava maniacalmente di doppi misti nei tornei di badminton a casa del rettore, ed era passato. Poi cera stato il momento in cui si era sentita in dovere di invitare Ila Das a stare da lei, ed era passato. E ora anche il pericolo finale era passato: solo una nuvola che veleggiava sulle colline, seguita dalla sua piccola ombra fredda, indaco su azzurro. Sollevando il capo, le mani intrecciate dietro la schiena, Nanda Kaul prese ad andare su e gi nel giardino. Sperava di veder comparire Raka, ma non ci contava. Vide unemerocallide in fiore e le si avvicin lentamente per congratularsi della bella forma e del giallo luminoso del fiore, che lindomani sarebbe appassito. Mentre lo esaminava, sottili filamenti verdi si aggrapparono ai petali gialli tirandoli verso il basso, e con estrema cautela una mantide religiosa si inerpic sul fiore rinunciando alla propria perfetta mimetizzazione per esibire il verde brillante del corpo, della testa, delle zampette e degli occhi sul morbido sfondo giallo dei petali. Poi, percependo la presenza immobile, opalescente di Nanda Kaul, la mantide si sollev sulle zampette posteriori, come sulla difensiva, e sollev due microscopiche manine sotto il mento, volgendo solennemente il capo da una parte allaltra mentre la studiava con la stessa serena curiosit che si era dipinta sul viso di Nanda Kaul. Nanda Kaul allung una mano inanellata e scosse leggermente il fiore per far ricadere linsetto tra le foglie. L sarebbe stato al sicuro dagli uccelli. 11. Ila Das non prese la strada di Garkhal, che dalla collina portava al suo villaggio, no. Incoraggiata dallamichevolezza di Nanda Kaul e dal t, sempre dondolando allegramente lombrello decise di fare un giro nel bazar. Forse avrebbe trovato qualcosa a buon mercato. Chiss, se il prezzo della farina di granturco era calato poteva comprarne mezzo chilo, i roti di farina di granturco erano buoni, nutrienti. O delle patate... quanto potevano costare, adesso? si domand. Ma anche se non trovava nulla alla portata delle sue

tasche, poteva dare unocchiata in giro e vedere se cera qualcosa per il giorno in cui le avrebbero pagato il salario. Giorno felice! Quel pensiero diede ali ai piccoli piedi che, arrancando nella polvere estiva, superarono i capannelli di turisti che non riuscivano a trattenere un moto di stupore e anche qualche risata vedendo quella bizzarra figurina sbilenca. Pensando a Nanda Kaul, a comera ancora bella, alla sua grazia nel versare il t, alla sua affettuosa comprensione, Ila Das non ci badava. Poi un ragazzo che giocava con una vecchia ruota di bicicletta come fosse un cerchio, le url dietro rabbiosamente e la spinse da parte, quasi dentro il fosso antistante il cancello dellIstituto Pasteur. Ila Das tuttavia si limit a guardare lenorme edificio la cui mole faceva pensare a una fabbrica e si domand se da li potesse venirle un qualche lavoro. Era il caso di presentare una domanda al direttore? Chiedere un appuntamento? Ma quali titoli poteva accampare, a quale tipo di lavoro poteva aspirare? A tale audacia fece una smorfia mordendosi le labbra con la dentiera smagliante. Una jeep ingran la prima e rugg su per la salita coprendola di polvere dalla testa ai piedi. Accecata e ansante, dovette togliersi gli occhiali e pulirli con un fazzoletto prima di poterli rimettere di sbieco sul naso e vedere qualcosa. La prima cosa che vide fu un gruppo di scolare in vivaci salivarkameez color indaco, ridevano piegate in due vedendola annaspare e scuotersi come una piccola civetta che si avventurata fuori allora sbagliata. Le ignor e tir dritto, seppur meno pimpante di prima. Passando accanto ai mercanti di scialli tibetani che esponevano sulla strada la loro modesta mercanzia di lana multicolore, osserv i bambini che sgambettavano in mezzo alla strada insieme ai cagnolini con unallegra noncuranza che lei invidiava. Cera una gioia, un fuoco vitale che bruciava nei loro corpi miseri, sudici, un fuoco che in lei si era spento molto tempo prima, lasciando quel mucchio di cenere, quella sofferenza. Saltellando e incespicando percorse il vicolo tortuoso del bazar, ma era tremendo sentirsi urtare da tutti, o spingere di lato tra scherni e commenti beffardi, come se dei suoi sentimenti non importasse niente a nessuno. Credevano che non se ne accorgesse? Cos sollev il mento, molto in alto, sbattendo freneticamente gli occhi dietro le lenti bifocali, strinse lombrello e prosegu. Nessuno not nulla di maestoso e deciso nel suo mento tremante, in quella posizione incerta o nel suo passo frettoloso. Nessuno tranne il mercante di granaglie davanti alla cui bottega Ila Das si ferm perch era meno affollata della bottega di recipienti di plastica, di quella del calzolaio, di quelle di abiti confezionati o di ferramenta. Il mercante, un uomo anziano, baffuto, con una camiciola e pulitissimi pyjama di cotone bianco, sedeva selezionando pigramente i legumi con le dita, di tanto in tanto arricciandosi i mustacchi senza perdere docchio la scena. Guard benevolmente Ila Das che si curvava sui sacchi. La conosceva. Ogni volta che riceveva il salario, Ila Das veniva a fare quelle che

probabilmente erano le sue provviste mensili, e solo lui sapeva che non potevano durare pi di due settimane, nemmeno a una creatura alta come una bambina e raggrinzita dal tempo. Ci aggiungeva sempre una manciata di peperoncini rossi o qualche spicchio daglio, un gesto molto generoso perch erano costosi, ma purtroppo Ila Das non mangiava n gli uni n gli altri. Tuttavia lo ringraziava sempre con entusiasmo, facendolo sentire molto gentile. Anche sua figlia era zoppa, perch avrebbe dovuto ridere delle deformit di quella poveretta? Quasi pavoneggiandosi per la sua particolare deformit, Ila Das ragli: Questa farina di granturco... il prezzo calato? Lui si protese a raccoglierne un po con una paletta metallica: Solo quattro rupie al chilo, rispose. Le scivolarono gli occhiali mentre arretrava inorridita, ma fu svelta a risistemarseli sul naso e a ricomporsi, e il modo distaccato con cui scosse il capo e si spost verso i cesti di patate e di cipolle non avrebbe fatto sfigurare la sua elegantissima madre. Ma cosa poteva comprare per cena, si domand mordendosi nuovamente il labbro inferiore con la dentiera lucente. Pens alle poche monete sul fondo della borsa alluncinetto che si aggiust sulla spalla e decise di non spenderle. Dovevano durare ancora parecchio. Chiss che tornando a casa non riuscisse a trovare qualcosa che le era sfuggito, sul ripiano di cucina o in un angolo buio dove non aveva guardato bene. Si abbandon a un borbottio distratto e si volt salutando il mercante con apparente spensieratezza, Achha, torner. E lui subito: Va a casa adesso, memsahib? Si, disse lei sorpresa, distogliendo gli occhi. Non dovrebbe andare a casa cos tardi, disse luomo con unespressione preoccupata dietro i lunghi mustacchi. Non bene che una memsahib vada in giro da sola quando fa buio. Perch? rise Ila Das, i denti smaglianti e la voce roca, toccata dalla gentilezza delluomo. Sono sempre sola, e non ho mai paura. Lui non insistette, si limit a scuotere il capo seguendo con lo sguardo la donna che usciva dal bazar con la borsa vuota schivava i cani che abbaiavano dimenandosi in un viluppo fangoso, e superava la folla davanti alla bottega dei dolciumi dove il latte bolliva dentro grandi casseruole e nugoli di mosche svolazzavano posandosi sulle piramidi di dolci rosa, gialli e verdi, e sui tovagliolini e le coppette di carta gettati nel canale di scolo a cielo aperto. Il mercante pensava a Preet Singh, che viveva nello stesso villaggio di Ila Das e che proprio quella mattina era stato l da lui e gli aveva detto che quella donna stava cercando di impedirgli di dare la figlia in sposa a un ricco proprietario terriero che aveva fatto una buona offerta. Preet Singh gli aveva parlato con disprezzo di Ila Das, usando espressioni oscene e violente che lo avevano sprofondato in un silenzio ostile. Sapeva riconoscere una

memsahib, lui, quando ne incontrava una. Simili volgarit lo deprimevano quanto un pasto mal cucinato. E ora, osservando Ila Das che si faceva goffamente strada in un gioco di bilie, aggrott la fronte impensierito. Era sempre pi buio. Messa in guardia dal mercante di granaglie, Ila Das si affrett a lasciare il bazar e oltrepass i negozi del Mall in preda a una sorta di panico, le tremava il mento e le guance cave ciondolavano. Era stato un errore non andare subito a casa, perdere tempo al bazar. Una sciocchezza, andare a far compere quando non aveva un soldo in tasca! Furiosa con se stessa, scosse violentemente il capo. La crocchia le scivol sul collo. Gli ospiti estivi dellhotel Afasia, guardando dalla terrazza dove sorseggiavano i loro drink, pensarono che fosse la solita pazza che si aggira traballando e parlando da sola, quella che si incontra in ogni luogo di villeggiatura, per la piet o il divertimento dei turisti. Si scambiarono sorrisi dintesa e ripresero a bere. Giunta sotto il castagno, nella parte inferiore del Mall, Ila Das cerc di scrollarsi di dosso il panico. Perch aveva paura? E di chi? Non aveva debiti con nessuno, al bazar. Non avrebbe contratto un debito per nessuna ragione al mondo. Cosa ne avrebbe detto, suo padre? Le venne da ridere al pensiero di suo padre panciotto beige e catena doro pendente dal taschino informato che la figlia a suo tempo accudita da una schiera di governanti e di ayah si era indebitata con qualche bottegaio villoso e seminudo. Ma a quel punto si ferm. Perch pensava al mercante gentile e sinceramente in pena per lei come a un essere villoso e seminudo? Quando sarebbe riuscita a liberarsi della sua pomposa educazione, lasciandosela finalmente alle spalle e imparando a vedersela con il mondo, il suo mondo ormai, per quello che era? Beh, ci stava provando. Evitando allultimo di pestare uno sterco di vacca, si affrett nellombra fredda e discontinua dei castagni, senza quasi udire le risate di scherno dei ragazzini che lavevano vista scavalcare, come una capra, lescremento. Sarebbero stati felicissimi di vedercela finire dentro. Santo cielo, non avrebbe saputo dire se temeva di pi i monelli di strada o gli aggressivi langr che talora le tendevano agguati e la spaventavano digrignando i denti e urlandole contro. Il cammino era zeppo di imprevisti, pieno zeppo di imprevisti. Il mercante di granaglie aveva ragione. Arrivata al bivio imbocc, senza fermarsi, il ripido sentiero in discesa che lavrebbe condotta gi, fino al villaggio. 12. Lasciandosi alle spalle lultima catapecchia e i giardini aridi e maltenuti della citt, Ila Das prese a scendere, a saltellare scivolando lungo il sentiero che portava al villaggio, gi smarrito tra le ombre crepuscolari delle montagne. Sperava di arrivare a casa prima che facesse buio.

Lungo la strada restavano solo alcune fattorie: solide case squadrate in pietra di Kasauli, con le zucche e il granturco messi a seccare sui tetti, le capre legate ai montanti delle porte, le donne che immergevano rumorosamente le brocche di ottone nei serbatoi dacqua. I cani abbaiavano vedendola passare. Alcune donne la apostrofarono, ma senza ostilit, come si fa piuttosto con una strana bambina. Lei sventol lombrello proprio quella mattina era stata l a spiegare lutilit delle vaccinazioni poi prosegui lungo il sentiero, tra grandi massi e pini neri sferzati dal vento. Lultimo sprazzo di luce aveva lasciato la valle, tinta ormai di un viola intenso. Solo il crinale di Kasauli, dove sorgeva invisibile Carignano, brillava ancora sotto un raggio di sole, rossastro, dorato, rame e ottone. Unaquila si lev dalla vetta del Monkey Point, si accese come una torcia in cielo e plan lentamente nella valle, sempre pi gi, finch non fu che una foglia secca, un brandello di carta bruciata che ondeggiava silenziosamente sulle correnti daria. Bench fosse stata una giornata molto calda, il freddo cominciava ad affiorare come una foschia lattiginosa dalle ombre delle rocce frastagliate, a filtrare tra i pini facendo rabbrividire Ila Das nelle sue sete e pizzi sfilacciati e logori. Svanito il giorno, svanita la luce, svanito il calore della vita, le sembrava di vagare in un paesaggio cinese, un austero arabesco a china, con rocce, pini e cime montuose velati da foschia e oscurit. Cos triste, pens Ila Das battendo i denti e stringendosi lombrello al petto, incespicando sui sassi e le rocce. Essere sola, vecchia, dover percorrere a piedi quel sentiero lungo e triste, su quel pendio desolato, era pi di quanto potesse sopportare. Oh, per ora ce la faceva, si disse mordendosi il labbro inferiore, ma per quanto ancora, per quanto? Lultimo corvo nero aveva abbandonato il cielo, aveva smesso di volteggiare al di sopra dei pini e si era posato per la notte. Non vi era pi alcun segno di vita, alcun rumore. Solo la piccola Ila Das correva in quel paesaggio cinese, piccolo ragno sgomento in quella vasta, agghiacciante ragnatela. Correva, correva per sottrarvisi. Si rammaricava di non aver chiesto eppure si era sforzata a Nanda Kaul di darle una stanza, di ospitarla a Carignano, o almeno di aver pregato quel bottegaio gentile di darle un mezzo chilo di mais per la cena. Invece lassurdo orgoglio di essere figlia di suo padre, la sua incapacit di dimenticarselo, le aveva ancora una volta impedito di chiedere, di elemosinare, cos si ritrovava l da sola a incespicare sui sassi, scavalcando i tronchi carbonizzati che ostruivano il sentiero, fino alla misera capanna di fango e canne accanto alla montagnola terrosa del villaggio, dove avrebbe cercato rimasugli di cibo sulla mensola vuota prima di stendersi su una branda infestata dalle pulci. Ma era tutto ci che possedeva. E l era diretta. Santo cielo, era tardissimo. E quella foschia... destate? Quel freddo? Strinse lombrello al petto ossuto, aggir unagave particolarmente grossa e acuminata e discese una sassaia disseminata di escrementi di capra.

E finalmente raggiunse lultima piega del colle. Superata quella, sarebbe stata a casa. Quasi correndo, quasi lanciandosi oltre lultimo sperone roccioso, Ila Das riusc a vederlo, il villaggio, proprio sotto di lei. Vide la fattoria, lunga, bassa, di pietra con il tetto rosso, e tuttintorno le capanne cadenti, con la copertura di canne e fastelli di mais color zafferano appesi alle gronde ad asciugare. Eccolo, il villaggio, appollaiato sopra una schiera di campi terrazzati dove ondeggiava il grano maturo, biondo e fragile, e i sarmenti delle patate si aggrappavano al terreno fertile. Ecco il grande serbatoio di acqua piovana in cui le rane si tuffavano gracidando ininterrottamente, sotto i melograni con i piccoli pon pon scarlatti in fiore. Ecco le vacche sul sentiero pi in alto, scendevano accompagnate dal suono lugubre dei campanacci e dallodore dolce del fieno masticato. Le tallonava, abbaiando e saltellando, il bel cane rosso con la coda piumata che Nanda Kaul aveva visto gironzolare sul Mall. Nessuna lampada era stata accesa la gente era povera e frugale , ma tra poco nel buio sarebbe spuntato il primo puntino, poi un altro e un altro ancora. Anche Ila Das avrebbe acceso il suo, dove restava qualche goccia di cherosene. Al pensiero della lampada che fioriva di luce nella sua capanna buia, al pensiero delle vacche che muggivano e ruminavano nello stazzo attiguo, Ila Das sost a riprendere fiato sotto una cengia e socchiuse i piccoli occhi per il piacere, il sollievo. In quel preciso istante una sagoma nera si stacc dalla roccia frastagliata, lultima roccia tra lei e il villaggio, e le si avvent contro silenziosamente. Ila Das barcoll e un rantolo le risal in petto. Quello le serrava la gola. Lott, sentendosi soffocare, cercando di prolungare prolungare prolungare il rantolo affinch si trasformasse in un grido che gli abitanti del villaggio potessero udire, che il cane rosso potesse udire, un grido di aiuto. Ma le dita strinsero di pi. Ila Das spalanc la bocca per prendere fiato, spalanc gli occhi strabuzzandoli finch parvero esplodere, saltar fuori dalle orbite quando, nellombra fredda, riconobbe Preet Singh, le labbra tirate sui denti, gli occhi fiammeggianti di collera, una collera furiosa. Ila Das alz le mani per staccarsi dalla gola quelle delluomo. E le stacc. Ma quelle mani lasciarono la presa solo per afferrare la sciarpa di cotone che gli pendeva al collo e avvolgerla intorno alla gola di Ila Das, stretta, stretta, pi stretta, finch lultimo rantolo sferragli dentro di lei, si smorz, sferragli di nuovo, poi ci fu silenzio. I suoi occhi continuavano a roteare nelle orbite, bilie bianche e nere atterrite, allora lui lasci andare la sciarpa, le strapp gli abiti di dosso, con lunghi strappi sibilanti finch la raggiunse, raggiunse lo stecco avvizzito e affamato avvolto negli abiti e la violent, la premette tra la polvere e gli escrementi di capra e la violent. Schiacciata sul dorso, schiacciata a terra, Ila Das giacque violata, rotta, immobile, finita. Era buio, adesso.

13. Quando lo squillo acuto del telefono squarci il crepuscolo, Nanda Kaul si ferm e batt le mani per la rabbia. Il telefono, di nuovo... no! Ma non poteva essere ila Das. Se nera andata da poco pi di unora, non poteva essere di nuovo lei. Forse avevano sbagliato numero. Non intendeva entrare in casa. Era un tale incanto, l fuori. Le ombre blu della notte si stendevano sul giardino come acqua fresca, i grilli si esibivano nelle loro infinite melodie, le luci fiorivano confusamente sui colli lontani. Che suoni! Suoni, suoni, suoni! Poi Ram Lal lasci la cucina, attravers il cortile con passi che le ombre facevano sembrare perfino pi lunghi, entr in casa e zitt, decapit il telefono. Nanda Kaul si rilass. Riprese a passeggiare, disturbando una falena spruzzata dargento su una fucsia, che vol via ruotando su se stessa. Che rispondesse Ram Lal, che rispondessero gli altri a quelle richieste, quelle intrusioni. Lei voleva starsene sola in giardino, al buio. Ma Ram Lal usc sulla veranda e con la sua voce profonda riprodusse la lacerante perentoriet del telefono. Memsahib, per lei! Intrecci con fastidio le dita inanellate. Ma non potevano lasciarla in pace? Dopo quellorribile, caotico pomeriggio con Ila Das che le strillava e ragliava dentro le orecchie, non potevano concederle unora di quiete per riprendersi, respirare la brezza profumata di pino e riprendersi? Guizz sulle pietre del sentiero come un serpente risvegliato, sai i gradini della veranda e and al tavolino su cui giaceva il telefono, due met separate, accanto alla finestra aperta dalla quale occhieggiava il cielo, pallido e opaco. Sedette sullo sgabello, prese la cornetta e disse: S? Parla P. K. Shukla, signora, ufficiale del posto di polizia di Garkhal, disse una voce decisa, svelta, che spazz via i suoi sospiri, il suo malumore. Lei conosce Miss Ila Das, assistente sociale del distretto di Garkhal? S, rispose Nanda Kaul portandosi una mano alla tempia. S. Il suo nome e numero di telefono sono stati trovati nella borsetta che la signorina aveva con s. Abbia la cortesia di venire al pi presto al posto di polizia per identificarne il corpo. La testa di Nanda Kaul pencol allindietro, pi indietro. Tolse la mano dalla tempia e se la port alla gola. Ila? disse. Ila Das? Si, signora, ripet la voce decisa, un po spazientita dal suo tono teatrale. Il corpo stato ritrovato sul sentiero che porta al villaggio di Timarpur. Lha trovata la gente del villaggio. stata strangolata. C qui il dottore. Sostiene che stata stuprata. morta. Abbia la cortesia di venire al pi presto al posto di polizia per identificarne... Ma Nanda Kaul non ascoltava pi. Aveva lasciato cadere il ricevitore. Con la testa sempre buttata allindietro, molto indietro, ansimava: no, no, una menzogna! Non pu essere, Ila non poteva essere morta, stuprata. Tutto era una menzogna, tutto. Aveva mentito a Raka, mentito su tutto. Suo

padre non era mai stato in Tibet, aveva comprato il piccolo Buddha da un venditore ambulante. Non cerano orsi e leopardi in casa loro, solo cani troppo nutriti e pappagalli di cattivo carattere. E non era vero che suo marito laveva amata, adorata e trattata come una regina, si era limitato a tenerla buona continuando a vivere la sua relazione con Miss David, linsegnante di matematica che non aveva sposato perch era cristiana, ma che aveva continuato ad amare per tutta la vita. E i figli... i figli erano cos estranei, cos diversi da lei. Non li aveva mai capiti, n amati. Non viveva li da sola per sua scelta: ci viveva perch era ci che era costretta, ridotta a fare. Tutte le grazie e i trionfi con cui aveva cercato di catturare Raka erano pura invenzione: laiutavano a dormire la notte, come tranquillanti, pillole. Aveva mentito a Raka. E anche Ila Das aveva mentito, o aveva cercato di mentire. No, avrebbe voluto dire alluomo al telefono. No, avrebbe voluto gridare, ma non riusc a emettere suono. Quel no le si blocc e poi gonfi in gola. Gir il capo, poi lo lasci pendere, pendere. Si ud raschiare alla finestra, poi bussare, poi tamburellare. Nani, Nani, mormorava Raka, che tremava rannicchiata nellaiuola dei gigli, sbirciando dal davanzale. Guarda, Nani, ho dato fuoco al bosco. Guarda, Nani, guarda... il bosco brucia. Buss, tamburell, alz la voce, poi alz la testa per guardare dentro e vide Nanda Kaul accasciata sullo sgabello, la testa reclinata, il ricevitore nero che pendeva, il lungo filo che dondolava. Nel dirupo, le fiamme lanciavano faville e crepitavano tra i rami e lerba secca, e spirali di fumo risalivano il fianco del monte.

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