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25 giugno 2012

Cercando Lewis e Clark

Sto nella casa cantoniera abbandonata, adesso. S, quella tra le due grandi fabbriche. Sono ingrassato duna quindicina di chili, sai? Ho messo la giacca, quella in lino color oliva, la settimana scorsa quando la russa, la nuova donna di Gabriele, mi ha portato di nascosto la bambina, per farmela almeno vedere. Si presa un rischio per me, pensa. Un gesto di piet. Vengono sempre dalle persone da cui non te li aspetti, no? Ho messo la giacca perch non volevo che la bambina pensasse a suo padre come a uno del tutto allo sbando, ma naturalmente proprio quello sembravo. La giacca tirava come se il bottone stesse per esplodere, e insomma avevo laria stazzonata e ben poco rassicurante. La sera guardo spesso le luci delle fabbriche, sai, e ripenso a quando mio padre andava a lavorarci, svegliandosi a met della notte; penso che lha fatto tutta la vita e mi chiedo come potesse sopportarlo. Io e Gabriele ci venivamo a giocare, qui, in questi campi. Ci avevano regalato il libro sugli esploratori: nelle nostre avventure eravamo Lewis e Clark, e pi in l i territori erano tutti da scoprire. Trainavamo faticosamente la canoa, in attesa di trovare i fiumi da discendere, quelli con le pericolose rapide. Star davanti io mi diceva mio fratello. Tu sei Lewis, il cartografo, sar io che dovr occuparmi di te, sar io a uccidere gli orsi che ci assaliranno. Tu da solo non ce la faresti mai. Una sera guardando le luci delle fabbriche si ferm. Il giorno dopo avrebbe fatto tredici anni. Entro dieci anni quella fabbrica sar nostra disse serio (aveva gi smesso di scherzare da un po) indicando quella pi luminosa. Anzi, ce ne avremo una pi grande ancora, e con pi luci. La costruir io per noi due. Anche Lewis e Clark a un certo punto hanno finito il loro grande viaggio, sono tornati a casa, hanno dovuto continuare con il resto della vita. Uno ce lha fatta, laltro no. cos che va. Ricordo quando sono tornato dal viaggio, lultimo, undici giorni nellest a cercare di vendere gioielli di cattivo gusto a signore che dovevano sfoggiare la recente ricchezza dei loro uomini pericolosi. Sono entrato nellufficio e Gabriele sera comperato una poltrona nuova, imponente, beige,

vistosamente molto costosa. Mha fatto portare il caff da una ragazza nuova, scoprir poi che era anche lei un pezzo della sua nuova vita. Anche la tazzina non lavevo mai vista, sar venuta dal servizio buono della nonna di qualcun altro. Non voglio pi che tu vada a fare questi viaggi, dice dopo avermi abbracciato un po troppo a lungo. Ci mandiamo della gente che abbia voglia di farsi il culo, cerchiamo dei ragazzi affamati come lupi. Io e te stiamo qui e dirigiamo. Lo dice guardando nel vuoto, un po sopra la mia spalla. La russa mi aveva portato il caff gi zuccherato, non poteva sapere che io non lo metto. Giravo lo zucchero e nel silenzio si sentiva solo lattrito del cucchiaino contro la tazza, mentre pensavo che a me viaggiare piace, incontrare persone piace, vendere piace. Non me la sento ancora di finire il grande viaggio e continuare con il resto della vita, non sono in grado, pensavo. Ti sei comperato una poltrona nuova, gli dico dopo secondi che sembravano non finire mai. Avevo appoggiato, senza bere, la tazzina sulla scrivania lucidissima e gli aveva dato fastidio. Cosa te ne fai? Mi ci siedo. Sto nella casa cantoniera abbandonata da pi di due mesi, ormai. Da quando me ne sono andato. Se piove scende un po dacqua da qualche coppo rotto, su sul tetto, ma per il resto sono riparato, ci sono perfino quasi tutti gli scuri, ed successo solo una volta che qualcuno cercasse di entrarci. Alla sera quando fa bello mi siedo fuori e guardo per ore le luci delle fabbriche. E le trovo comunque bellissime. Beppe Giuliano, 22 giugno 2012
Ecco, questo il racconto che "espongo" al Lab121, mostra import e export"

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