Sei sulla pagina 1di 55

STORIA DEL

PENSIERO
ECONOMICO
IL MERCANTILISMO
La prima vera e propria teoria economica è il
mercantilismo: tale tendenza di pensiero si sviluppò
dal XVI secolo grazie ai contributi di Colbert e Mun.
Ormai il sistema feudale è entrato in crisi, si va verso
l’affermazione degli Stati moderni e un’economia
aperta agli scambi commerciali con l’estero . Anche
grazie alle scoperte geografiche, si assiste ad una
espansione delle attività mercantili. Alla rivalità
politica tra gli Stati si aggiunge dunque una rivalità
commerciale e coloniale.
RUOLO ATTIVO DELLO STATO: il sovrano deve intervenire
nella vita economica per favorire l'accumulazione di
ricchezze e l’espansione del commercio internazionale.

LA BILANCIA COMMERCIALE DEVE ESSERE


IN ATTIVO: le esportazioni devono essere
superiori alle importazioni. Le importazioni,
comportando un deflusso di oro verso l’estero,
costituiscono una perdita di ricchezza.

AUMENTO DELLA RICCHEZZA DELLO STATO: favorendo


l’afflusso di oro dalle colonie, si accrescerà la ricchezza
dello Stato e sarà possibile consolidare la sua potenza
attraverso il finanziamento di un esercito sempre più
potente. La ricchezza, e con essa la potenza di uno Stato,
dipende dall'afflusso di metalli preziosi provenienti dalle
colonie (oro).
INCENTIVARE LE ESPORTAZIONI (mediante premi e
sussidi; mediante un sistema di prezzi interni bassi) E
SCORAGGIARE LE IMPORTAZIONI (mediante dazi
doganali): sono auspicabili politiche di carattere
protezionistico che proteggano le attività economiche
interne dalla concorrenza dei prodotti esteri.

FAVORIRE UN CIRCOLO VIRTUOSO DI BENESSERE E


CRESCITA: l’aumento di esportazioni, favorisce l’afflusso
di moneta e oro dall’estero. L’aumento della ricchezza
favorisce gli investimenti produttivi, che a loro volta
consento un aumento della produzione e un ulteriore
aumento delle esportazioni.
CIRCOLO VIRTUOSO DI BENESSERE E CRESCITA

Elevate Afflusso
esportazioni di oro

Aumento della Aumento degli


produzione investimenti
LA FISIOCRAZIA
Nel XVI e XVII secolo, i provvedimenti con cui le
monarchie assolute garantiscono l’interesse dei
mercanti e attuano le politiche suggerite dai
mercantilisti (protezionismo) finiscono per ostacolare
le attività economiche e per creare un sistema di
privilegi, corruzione, inefficienze e distorsioni che
soffoca la nascente attività industriale. 

La risposta ideale a tale stato di cose è l'eliminazione


di tutte le restrizioni al commercio che erano state
introdotte in epoca mercantile, per lasciare la
concorrenza libera di dispiegarsi su tutti i mercati .
La fisiocrazia è una scuola di pensiero economico
sviluppatasi intorno alla metà del '700. La parola
deriva dal greco e significa “superiorità della
natura” (fisis = natura e kratos = governo, potere).
Il “Tableau Economique” (1758) di Francois
Quesnay (filosofo, economista e medico della
corte di Luigi XV) rappresenta il contributo più
notevole di questa teoria economica.

La ricchezza è prodotta solo dalla terra.


Analisi della distribuzione della ricchezza: l'unica
fonte di ricchezza, l’unica attività che produce un
sovrappiù è l’agricoltura.
Il lavoro produttivo è quel
lavoro che è in grado di
creare un'eccedenza
(sovrappiù), cioè qualcosa
di più della ricchezza che
esso consuma nella
produzione.
L’industria, l’artigianato e il
commercio sono attività
sterili. La classe degli
artigiani è un ”classe
sterile”: l’artigianato non
crea "prodotto netto" (non
crea una ricchezza
superiore a quella utilizzata
in partenza), ma si limita a
trasformarlo in prodotti.
Libera economia di mercato: fiducia nell'ordine
naturale ("laisser faire, laisser passer”). La
società umana e il mercato sono governati da
leggi naturali che assicurano il massimo
benessere e l’equilibrio. I fisiocratici sono contro
qualsiasi forma di intervento da parte dello Stato.
Lo Stato deve solo favorire le attività agricole e
aumentare in questo modo il prodotto netto
dell’agricoltura.
AI contrario dei mercantilisti, dunque, i fisiocratici
sono liberisti, rifiutano cioè qualsiasi intervento
dello Stato, sulla base del principio per cui ogni
soggetto economico deve essere libero di
prendere le decisioni che ritiene più opportune.
IL LIBERISMO CLASSICO INGLESE
LA SCUOLA CLASSICA
In Inghilterra, dove la struttura produttiva è
decisamente orientata più all'industria che
all'agricoltura, la reazione al mercantilismo assume in
modo ancora più convinto e generalizzato i principi
del liberismo economico, che vengono avanzati da
Adam Smith (1723-1790) nella sua opera principale,
Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle
nazioni, pubblicata nel 1776.
Smith apprezza la crescita
economica promossa dalla
rivoluzione industriale e ritiene
che, per incrementare la ricchezza
del Paese, sia necessario liberare
le forze che guidano i mercati, e in
primo luogo, consentire il pieno
esplicarsi della libera iniziativa
economica.
LA MANO INVISIBILE
Per descrivere i benefici effetti della libera iniziativa
individuale, Smith elabora la famosa similitudine della
"mano invisibile". Egli infatti è convinto che in un
sistema di libero mercato, perseguendo il proprio
egoistico interesse, i singoli individui possano
realizzare anche il massimo benessere collettivo . Il
libero dispiegarsi delle iniziative individuali non
genera caos, ma un ordine naturale desiderabile.
Ogni tentativo da parte dello Stato di alterare tale
ordine è destinato a produrre distorsioni e
inefficienze, riducendo inevitabilmente la ricchezza
nazionale. Ne discende un programma di politica
economica, che si riassume nella formula del “ laissez
faire”.
CONDIZIONI CHE HANNO FAVORITO LA RIVOLUZIONE
INDUSTRIALE IN INGHILTERRA

INNOVAZIONI TECNOLOGICHE
(MACCHINA A VAPORE, TELAIO
MECCANICO)
ABBONDANZA DI CAPITALI RESA
POSSIBILE DAL COMMERCIO
INTERNAZIONALE
ABBONDANZA DI LAVORO IN
CONSEGUENZA DELLO SVILUPPO
DEMOGRAFICO
ABBONDANZA
DI MATERIE PRIME
RICARDO E IL PROBLEMA DELLA DISTRIBUZIONE

David Ricardo (1772 – 1823)


condivide con Adam Smith il suo
atteggiamento di fiducia nei mercati.
Ricardo si occupa della distribuzione
della ricchezza tra le classi sociali:
lavoratori, proprietari fondiari e
capitalisti. Solo un saggio di profitto
adeguato spinge i capitalisti a
realizzare nuovi investimenti,
garantendo la crescita dell’economia.
Il prodotto agricolo viene ripartito tra salari
(remunerazione per i lavoratori), profitti
(remunerazione per gli imprenditori) e rendite
(remunerazione per i proprietari terrieri).

I salari tendono a stabilizzarsi ad un livello di


sussistenza. La stabilità dei salari è garantita dal
movimento demografico.
Salari più bassi, infatti, portano ad una diminuzione
della popolazione e quindi dei lavoratori. La carenza di
lavoratori spinge i capitalisti ad aumentare i salari. Di
conseguenza la popolazione aumenterebbe e con
questa i lavoratori disponibili. I salari tornerebbero al
valore iniziale.
La rendita dipende dalla diversa
fertilità dei terreni. La rendita delle
terre più fertili tende a crescere.

Il profitto è il risultato della


relazione seguente:

PROFITTO =
PRODOTTO – SALARI - RENDITA
Le conclusioni di Ricardo sono pessimistiche.
Egli infatti è convinto che con il passare del
tempo, la crescita continua della domanda di
grano porterà a un costante incremento della
rendita a scapito del profitto agricolo, il quale in
un arco di tempo sufficientemente lungo potrebbe
anche azzerarsi, provocando la crisi dell’intero
sistema economico.
L'aumento della rendita infatti finirebbe anche per
innalzare il prezzo relativo del grano, con gravi
conseguenze sul livello dei salari pagati
nell'industria e conseguentemente sui profitti del
settore manifatturiero.
Andamento del saggio di profitto nel tempo
secondo Ricardo
Saggio
del
profitto

Tempo

18
Senza profitto i capitalisti non avrebbero più
interesse ad investire e l’intero ciclo produttivo
finirebbe per arrestarsi. L’economia si
assesterebbe così in uno stato stazionario in cui
non vi sarebbe più alcuna crescita del reddito.

Possibili soluzioni?
Cambiamenti esterni come miglioramenti delle
tecniche di produzione e innovazioni
tecnologiche.
Liberismo: lo Stato dovrebbe abolire i dazi
doganali e interrompere le politiche
protezionistiche , retaggio del mercantilismo.
L’abolizione dei dazi sulle importazioni
permetterebbe all’Inghilterra di importare il
grano dalla Francia ad un prezzo più basso
e consentirebbe all’Inghilterra stessa di
specializzarsi nella produzione dei tessuti e
di esportarli verso la Francia.
Nel commercio internazionale gli Stati
devono specializzarsi nelle produzioni dei
beni che riescono a produrre a condizioni
più vantaggiose (specializzazione nelle
produzioni con costi di produzione più
bassi).
LA TEORIA DEL VALORE IN SMITH E RICARDO

Smith distingue tra valore d’uso e valore di


scambio.

Valore d’uso: capacità del bene di


soddisfare i bisogni.

Valore di scambio: capacità del bene di


essere scambiato con altri beni.

Ad esempio l’acqua ha un alto valore d’uso e


un basso valore di scambio. I diamanti invece

Il valore di scambio e quindi il suo
prezzo sono determinati dalla
quantità di lavoro necessario a
produrlo.

Il prezzo quindi comprende il


costo del lavoro e il profitto per
l’imprenditore.
LA TEORIA DEL VALORE DEI BENI SECONDO RICARDO

VALORE = LAVORO
BENI (il valore dei beni facilmente
PRODUCIBILI producibili dipende dalle
quantità di lavoro e materie
prime necessarie a produrli)

VALORE = SCARSITA’
BENI (il valore dei beni non
facilmente producibili dipende
RARI
dalla scarsità, in quanto a loro
quantità non può essere
aumentata, aumentando il
fattore lavoro. Es. opera d’arte)
MALTHUS E LA TEORIA DELLA POPOLAZIONE

Il pessimismo ricardiano sui limiti della crescita


economica trova un autorevole precedente in
Thomas Robert Malthus (1766 – 1834).

PEGGIORAMENTO
SISTEMA DELLE CONDIZIONI
DI DI VITA DEI CETI
FABBRICA SOCIALI PIU’
POVERI
La popolazione tende a crescere secondo
una progressione geometrica, raddoppia
ogni venticinque anni.

2 … 4 … 8 … 16 … 32
La produzione di beni cresce secondo una
progressione aritmetica.

2 … 4 … 6 … 8 … 10 … 12

Il risultato di queste leggi di natura sarebbe


un inarrestabile e progressivo
impoverimento della popolazione.
Andamento della popolazione e del prodotto
secondo Malthus
Popolazione
Produzione

Tempo

26
La soluzione poteva trovarsi in alcuni strumenti che
permettessero il controllo demografico: quelli preventivi,
come la castità e l’astensione dal matrimonio, che
dovevano ridurre il tasso di natalità, e quelli successivi,
come le guerre, le malattie e la miseria, che avrebbero
alzato il tasso di mortalità.
Per questa ragione, Malthus non considera
completamente negativi tali fenomeni, che riducendo la
popolazione possono consentire migliori condizioni di
vita ai superstiti. Per lo stesso motivo, anch'egli abbraccia
i principi del liberismo economico.
Qualsiasi intervento pubblico volto a migliorare le
condizioni di vita delle classi sociali meno agiate, avrebbe
impedito agli «strumenti successivi» di controllo della
popolazione di sviluppare pienamente i propri effetti, con
grave danno per la società nel suo insieme.
JEAN BAPTISTE SAY

Un altro economista della scuola


classica è J. B. Say, che sostiene che
in un sistema di libero mercato tutto
quanto viene prodotto, sarà sempre
venduto (Legge di Say o legge degli
sbocchi). Un aumento della
produzione genera sempre un
aumento del reddito e quindi dei
consumi.
MARX E LA CRITICA AL CAPITALISMO

Karl
Karl Marx
Marx (1818
(1818– –1883)
1883)critica la
critica
prospettiva della scuola classica
la prospettiva della scuola
secondo la quale il sistema
classica secondo la quale
capitalistico è in grado di autoregolarsiil
sistema capitalistico
e di distribuire benessereè in grado
a tutta la
di autoregolarsi e di distribuire
popolazione.
benessere a tutta la
popolazione.
Questi sono i punti essenziali
dell’analisi di Marx:
il capitalismo crea un conflitto distributivo tra
capitalisti e operai (proletariato): lotta di classe;

il profitto deriva dallo sfruttamento dei lavoratori


da parte dei capitalisti;

saggio di sfruttamento = rapporto tra profitto


(plusvalore) e salario;

plusvalore di cui si appropria il


capitalista: il prodotto di una
giornata è superiore al salario;
il capitalismo è destinato a finire: sarà sostituito da
una società comunista, senza classi sociali;

anche per mantenere bassi i salari, i capitalisti tendono


a sostituire i lavoratori con i macchinari;

siccome solo il lavoro genera profitto (plusvalore),


con l’intensificarsi dell’uso degli impianti, il saggio di
profitto è destinato a diminuire (caduta tendenziale
del saggio di profitto);

la disoccupazione (esercito industriale di riserva)


tenderà ad aumentare.
ALFRED MARSHALL
Alfred Marshall (1842-1924), il più
importante tra gli autori neoclassici,
pubblica i suoi “Principi di economia” nel
1890.
Marshall si dedica allo studio della
formazione dei prezzi nei singoli mercati,
convinto com'è che l'equilibrio
complessivo del sistema economico sia il
risultato di singoli equilibri (analisi degli
equilibri parziali).
Secondo Marshall il prezzo dei beni è
determinato dalle forze che governano la
domanda e l’offerta.
Esso quindi dipende da un lato dall'utilità che il
bene può procurare al consumatore, dall'altro
dai costi che l'imprenditore deve sostenere per
realizzarlo; costi che a loro volta dipendono
dalla tecnologia disponibile.

L’incontro tra la domanda e l’offerta determina il


prezzo,
proprio come, secondo la celebre similitudine,
l’incontro tra le lame di una forbice determina il
taglio.
PREFERENZE TECNOLOGIA
INDIVIDUALI

UTILITA’ COSTI

DOMANDA OFFERTA

EQUILIBRIO
LA CROCE MARSHALLIANA
La sintesi del ragionamento di
Marshall è ben rappresentata
dalla cosiddetta “croce
marshalliana”, la quale
costituisce certamente il
diagramma economico più noto.
La croce marshalliana. Il punto di intersezione tra la curva
della domanda (D) e la curva dell’offerta (O) determina il
prezzo di equilibrio, in corrispondenza del quale la
quantità venduta è uguale alla quantità acquistata.

Prezzo CURVA DELLA CURVA


DOMANDA DELL’OFFERTA

Pe E

Qe Quantità
36
Si dice che un mercato è in
equilibrio quando, per un dato
prezzo, la quantità prodotta e la
quantità domandata sono uguali.

In tali condizioni infatti nessun


operatore, né il consumatore, né il
produttore, ha convenienza a
modificare i propri comportamenti.
JOSEPH SCHUMPETER E IL RUOLO DELL'INNOVAZIONE

Joseph Schumpeter (1883-1950)


concentra la propria attenzione sul
problema della crescita economica,
che dipende dalla capacità
dell’imprenditore di progettare e
introdurre cambiamenti nel sistema di
produzione. Senza innovazioni, il
sistema economico si riproduce
ciclicamente su scala immutata.
Ogni impresa continuerebbe a realizzare
gli stessi beni, secondo i medesimi
processi produttivi e per gli stessi
mercati. In tali condizioni, attraverso il
gioco della concorrenza, il profitto
finirebbe ben presto per uguagliarsi tra
settori e, a livello aggregato, anche per
azzerarsi (stato stazionario).
L’unico modo per invertire questa
tendenza è quella di innovare il
processo produttivo.
L’innovazione permette all’imprenditore
di conseguire profitti maggiori e di
vincere la concorrenza delle altre
imprese, Anche le altre imprese
applicheranno la stessa innovazione o ne
introdurranno altre. Questo avrà effetti
positivi sull’espansione del sistema
economico.

Secondo Schumpeter il profitto nasce


dalla capacità dell'imprenditore di
innovare i processi aziendali ed è la
remunerazione per questa particolare
abilità.
Schumpeter sottolinea il ruolo
svolto dall’imprenditore-innovatore.
Le novità proposte dall'imprenditore-innovatore
possono riguardare:
-la produzione di un nuovo bene ( innovazioni di
prodotto);
-la realizzazione di un nuovo processo produttivo
(innovazioni di processo);
-l'espansione su un nuovo mercato (innovazioni di
mercato);
-l’impiego di nuovi materiali (innovazioni di
materiali);
-la riorganizzazione dell'azienda (innovazioni di
organizzazione).
In questo processo Secondo
occupa un ruolo Schumpeter,
fondamentale il il compito
sistema creditizio. principale del
L’imprenditore, sistema creditizio è
infatti, per poter quello di finanziare
innovare deve l’innovazione.
disporre di risorse
finanziarie ed è
compito del sistema
creditizio
fornirgliele.
I FALLIMENTI DEL MERCATO E IL RUOLO DELLO STATO

Gli economisti neoclassici finiscono per


ammettere la necessità che lo Stato debba
intervenire nell’economia per regolare le
situazioni in cui i mercati non sono in gradi
da soli di produrre risultati ottimali.
Da un lato essi riconoscono l’esistenza di
alcuni possibili fallimenti del mercato.
Dall’altro, è necessario porre maggiore
attenzione al problema della distribuzione
della ricchezza tra le persone.
ECONOMISTI
NEOCLASSICI
INTERVENTO
DELLO STATO

CORREGGERE
ARGINARE I L’INIQUA
FALLIMENTI DISTRIBUZIONE
DEL MERCATO DELLA
RICCHEZZA
1

Tra i fallimenti del mercato va ricordata innanzitutto la


tendenza di alcuni mercati a configurarsi come
monopoli, con grave danno per i consumatori. Nel
monopolio infatti l'imprenditore ha convenienza a
ridurre la quantità prodotta, per venderla a un prezzo
più alto. Tale situazione diventa particolarmente
delicata quando il monopolio riguarda la realizzazione
di grandi opere o di servizi di pubblica utilità : strade,
ferrovie, acquedotti, reti di distribuzione energia ecc.
In questo caso, solo lo Stato può accollarsi i costi
elevati dei relativi impianti, senza farli ricadere sui
consumatori, garantendo a tutti la possibilità di
utilizzare questi servizi a prezzi accessibili.
2

Un altro caso di fallimento del mercato riguarda la produzione o


il consumo di beni che presentano economie esterne (o
esternalità positive) o diseconomie esterne (o esternalità
negative). A volte l’esercizio di un’attività economica comporta
la produzione di effetti positivi o negativi che ricadono su
soggetti “esterni”. Ad esempio l’inquinamento che un impianto
industriale è un caso di diseconomia esterna o esternalità
negativa. L’industria provoca inquinamento e i costi
dell’inquinamento (in termini di peggioramento delle condizioni
di vita e di salute) ricadono sulle persone che vivono nelle
vicinanze dell’impianto industriale. Lo Stato potrebbe intervenire
per impedire che tali effetti negativi vengano sopportati dalla
collettività e per obbligare l’impresa a pagare i costi dei danni
provocati. Lo Stato potrebbe intervenire applicando tributi o
sanzioni o approvando norme finalizzate ad impedire tali eventi
(ad esempio norme che obblighino le industrie ad installare
depuratori).
3

Un ultimo caso importante di fallimento del mercato


riguarda la distribuzione dei redditi tra le persone. A
proposito della distribuzione personale dei redditi, infatti, il
mercato potrebbe produrre un risultato efficiente dal punto
di vista produttivo, ma iniquo dal punto di vista sociale.
Potrebbe cioè accadere che una grande disparità nelle
condizioni sociali di partenza o nelle capacità individuali
determini situazioni di grande diversità tra i redditi
percepiti, producendo un impoverimento generale dei
lavoratori meno qualificati, anziché un miglioramento nelle
loro condizioni di vita.
Lo Stato potrebbe intervenire per correggere la
distribuzione della ricchezza creata dal mercato con tributi
più alti applicati alle persone più ricche o con sussidi e
servizi in favore delle persone in situazioni di bisogno.
LA RIVOLUZIONE KEYNESIANA
NASCE LA MACROECONOMIA MODERNA
La crisi economica (Grande depressione) che iniziò nel
1929, ebbe origine negli Stati Uniti e interessò tutti gli Stati
europei.
Tale crisi durò parecchi anni e fu caratterizzata da una
diminuzione progressiva della ricchezza e della produzione
e da altissimi tassi di disoccupazione.

Nei primi decenni del XX secolo l'incapacità della


teoria neoclassica di spiegare in maniera coerente
e accettabile il fenomeno della disoccupazione di
massa determina l'esigenza di elaborare una
nuova teoria, più coerente con la realtà storica di
quegli anni.
John Maynard Keynes (1883-1946), un economista
inglese allievo di Marshall, abbandonò la
tradizione neoclassica e formulò un nuovo
modello economico, completamente alternativo
alla teoria precedente e che da lui prende il nome
di teoria keynesiana.
Nella sua opera principale, pubblicata a Londra nel
1936, Teoria generale dell’occupazione,
dell’interesse e della moneta, Keynes esamina le
cause e i rimedi di quello che ritiene essere il
principale fallimento del sistema di mercato: la
sottoutilizzazione sistematica delle risorse
disponibili, e in particolare della forza lavoro.
Nello spiegare i motivi alla base della
disoccupazione di massa sperimentata durante la
Grande depressione, Keynes rovescia il principio
fondamentale di tutta la tradizione precedente: la
legge di Say, secondo la quale l'offerta di beni
crea sempre la propria domanda, e la sostituisce
con il principio, diametralmente opposto, della
domanda effettiva, secondo cui la produzione
delle imprese trova un limite nella domanda che
proviene da consumatori e imprese. Se la
produzione supera tale limite, si forma un eccesso
di merci invenduto che non trova sbocco sui
mercati e spinge le aziende a ridurre la propria
attività con inevitabili conseguenze sul numero
degli occupati.
Secondo Keynes, la disoccupazione di
massa è il risultato di un insufficiente livello
della domanda aggregata di beni e servizi.
L'incertezza sul futuro, la soggettività delle
decisioni di investimento degli imprenditori,
la distribuzione diseguale dei redditi che
penalizza i consumi delle classi più povere,
sono condizioni che possono determinare
un livello insufficiente della domanda
aggregata. L'insieme di questi fattori rende
del tutto naturale, in un sistema di libero
mercato, il fenomeno della “povertà nel
mezzo dell'abbondanza”.
Per arginare tale fenomeno e ridurre lo spreco di
risorse umane e sociali implicito nella
disoccupazione di massa, è necessario
l'intervento di un soggetto esterno al mercato, che
sappia guidarlo verso l'obiettivo fondamentale del
pieno impiego. Tale soggetto non può essere che
lo Stato, uno Stato peraltro liberale e progressista,
in grado di predisporre le misure necessarie per
eliminare il principale fallimento strutturale del
mercato.

La piena occupazione delle risorse deve diventare


l'obiettivo prioritario delle autorità che governano
l'economia e il Paese.
Keynes sostiene che la "mano invisibile" di Smith non
esiste. Secondo Keynes i mercati non si riequilibrano da
soli, ma devono essere governati per evitare sprechi di
risorse e inefficienze.
Nell'individuare i rimedi più appropriati contro la
disoccupazione, Keynes introduce un'altra innovazione,
di portata rivoluzionaria, spostando il centro di interesse
dal ruolo macroeconomico della tassazione a quello
macroeconomico della spesa pubblica.
In effetti, se la causa della disoccupazione è un livello
troppo basso della domanda aggregata, per migliorare la
situazione lo Stato deve agire in modo da farla crescere.
Secondo Keynes, ciò si può ottenere con un'espansione
della spesa pubblica, la quale, aumentando la domanda
dì beni e servizi, permetterà di espandere la produzione
delle imprese e con essa il volume dell'occupazione.
AUMENTO
DELLA SPESA
PUBBLICA

AUMENTO
DELLA
PRODUZIONE

AUMENTO
DELL’OCCUPAZIONE
L'analisi di Keynes delinea così le premesse di una
nuova disciplina, la politica di bilancio, il cui scopo
è proprio individuare i rimedi più opportuni contro la
disoccupazione, per portare il sistema economico al
pieno impiego di tutte le risorse disponibili.
La politica di bilancio riguarda infatti l'insieme degli
interventi con cui il Governo modifica la
composizione delle proprie entrate e delle proprie
spese. Una politica di bilancio espansiva, per
esempio consiste in un incremento della spesa
pubblica e/o nel taglio dei tributi. AI contrario, una
politica di bilancio restrittiva, consiste in una
riduzione della spesa pubblica e/o in un aumento
dell'imposizione fiscale.

Potrebbero piacerti anche