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LA FIGURA

DELL’INFERMIERE IN
ANESTESIA

Corso di Laurea in Infermieristica


Anestesia e Rianimazione
Prof.ssa La Camera
La figura dell’infermiere di anestesia è di fondamentale
importanza all’interno di un complesso operatorio.
I suoi compiti vanno dal controllo delle apparecchiature e
dei vari presidi sanitari, al monitoraggio del paziente dal
suo arrivo in sala operatoria fino al trasferimento nell’unità
operativa di provenienza.
Il concetto di team tra i vari operatori che ruotano attorno
ai pazienti è necessario per un’assistenza di alta qualità.
INFERMIERE DI ANESTESIA

L’infermiere di anestesia è un infermiere che ha


acquisito, attraverso un training specifico, una
competenza nella disciplina ed affianca il medico
anestesista per tutto quanto concerne l'anestesia,
dall'accoglimento del paziente in sala operatoria fino alla
sua dimissione dalla sala risveglio
L’infermiere di anestesia
prepara le apparecchiature e i farmaci dell' anestesia,
esegue la check list di tutto il materiale (pompe, sacche per
monitoraggio invasivo della pressione, gestione delle unità di sangue
presenti prima dell’intervento chirurgico, ecc...) e del respiratore,
controlla i parametri vitali,
redige una scheda infermieristica annotando tutto quello che viene
somministrato al paziente
assiste i pazienti nella sala di risveglio (recovery room).
L’infermiere di anestesia deve conoscere le varie tecniche
anestesiologiche ed il relativo materiale occorrente e deve sapere
come posizionare il paziente ed il perchè bisogna scegliere una
posizione al posto di un’altra.
Posizionamento del paziente
Lo scopo del posizionamento è quello di assicurare al chirurgo il
migliore accesso alla patologia da aggredire assicurando
contemporaneamente
 la sicurezza del paziente

 la libertà e la continuità della via aerea artificiale

 il drenaggio del sangue venoso dal campo operatorio

 prevenire le eventuali lesioni tessutali o nervose da


compressione o stiramento
Complicanze da posizionamento
Le complicanze più frequenti sono le lesioni dei nervi e delle
superfici corporee di appoggio.

Possono anche verificarsi:


 danni oculari

 danni delle articolazioni

 ipotensione posturale

 disventilazione

 atelectasia polmonare

 embolia gassosa.
La maggior parte degli eventi avversi gravi, legate al
posizionamento, sono rappresentate dalle lesioni dei nervi.
Le sedi più frequentemente interessate sono:
 Il nervo ulnare;
 Il plesso brachiale;
 Radici lombo-sacrali.

Il danno nervoso perioperatorio può essere dovuto:


 Ischemia per compressione o stiramento;
 Trauma diretto;
 Disordini metabolici.
Le principali cause dei danni oculari intraoperatorie sono:

 La compressione dei bulbi oculari dovuta alla posizione prona


 L’incremento della pressione intraoculare dovuta a edema bulbare
 L’embolia arteriosa retinica
 L’ipoperfusione da marcata e protratta ipotensione arteriosa

Una volta posizionato il paziente, è bene controllare la


ventilazione di entrambi i campi polmonari, la presenza dei
polsi periferici, l’assenza di compressione oculare e di danno
nervoso, provvedendo ai necessari aggiustamenti.
DECUBITO SUPINO
 In tale posizione, per evitare algie
lombari post-operatorie, è
necessario mantenere la normale
lordosi lombare tramite appositi
sostegni (lenzuoli, ovatta, cuscini),
per evitare l’appiattimento a causa
dell’anestesia e dell’ impiego dei
farmaci miorillasanti.
 Gli arti superiori devono essere
posti lungo il corpo, protetti da
imbottiture e tenuti fermi.
 Gli arti inferiori devono essere
sostenuti uniformemente per
ridurre la pressione sui talloni.
 La regione occipitale e quella
sacrale, in soggetti magri e in
interventi di lunga durata, devono
essere opportunamente protetti.
DECUBITO PRONO
 In tale posizione occorre fare
attenzione al posizionamento degli arti
superiori che vanno posizionati lungo i
fianchi del paziente.
 La testa deve essere posizionata su un
cuscino morbido e ruotata quanto
meno possibile.
 E’ fondamentale impedire la
compressione dell’addome che
ostacolerebbe la meccanica ventilatoria
e il ritorno venoso.
 Infine , è fondamentale fissare il tubo
endotracheale per impedire
l’estubazione intraoperatoria .
POSIZIONE A TESTA ELEVATA
 Questa posizione espone il paziente a
ipotensione arteriosa per la stasi ematica
nelle estremità inferiori. A tal proposito è
necessario applicare al paziente calze
elastiche o bendaggi costrittivi.
 Una complicanza particolarmente temibile ,
in tale posizione, è l’embolia gassosa,
evenienza che si può verificare nei casi in
cui il campo chirurgico sia più alto
dell’atrio destro.
DECUBITO LATERALE

 In questa posizione testa e collo


vanno sollevati fino ad essere in linea
con il torace e la colonna vertebrale.
 È bene posizionare un cuscino tra le
ginocchia per evitare decubiti.
 L’escursione del torace e
dell’addome deve essere garantita per
minimizzare il rischio di atelectasie
polmonari.
POSIZIONE LITOTOMICA

 In questa posizione le cosce non


devono essere flesse più di 90° e
ruotate esternamente non più di 40°
,per evitare lo stiramento del nervo
sciatico.
 Le ginocchia devono essere flesse
per non incorrere in stiramenti di
legamenti, tendini e nervi.
L’assistenza infermieristica perioperatoria include tre fasi distinte:

 fase preoperatoria: include tutte le attività necessarie per preparare il


paziente all’intervento chirurgico. Inizia quando si decide l’intervento
chirurgico e si completa quando il paziente è trasferito sul lettino
operatorio.
 fase intraoperatoria: include quelle attività che si verificano dal
momento in cui il paziente è collocato sul lettino chirurgico fino al
trasferimento nel reparto di cura.
 fase postoperatoria: inizia quando il paziente viene trasferito nella
struttura di degenza e termina con la risoluzione di tutte le conseguenze
chirurgiche. La durata di questa fase può essere molto variabile in
relazione alla natura e all’estensione dell’intervento chirurgico e alle
condizioni cliniche del paziente.
La fase pre-operatoria si svolge nella zona di preparazione, sotto
il controllo del medico anestesista e degli infermieri di anestesia.
Quando arriva il paziente in sala si verifica la presenza in cartella
degli esami diagnostici effettuati in occasione del ricovero (esami
ematochimici, ECG, consulenze particolari, ecc).
In questa fase l’infermiere ha il compito di monitorare il paziente
(ECG, pressione arteriosa incruenta, saturimetro da polso),
incannulare accessi venosi e, sotto prescrizione medica, effettua la
premedicazione, ovvero somministra farmaci sedativi per rilassare
il paziente e rendere meno traumatico il suo ingresso in sala
operatoria.
Dopo la somministrazione di questi farmaci il personale
infermieristico deve fare molta attenzione alla risposta del paziente
alla premedicazione e agli effetti collaterali. L’infermiere deve
vigilare in questa sede sulle condizioni generali del paziente, il
monitoraggio e' requisito essenziale ed indispensabile per una
assistenza di qualità.
Nel corso di questa fase l’infermiere trascrive i dati acquisiti in una
cartella anestesiologica, in modo da fornire un quadro generale sulle
condizioni del paziente e sull’eventuale somministrazione di
farmaci correttivi.
Il monitoraggio può esser classificato come non
QuickTime™ e un
invasivo,minimamente invasivo e invasivo esonoinnecessari
base alla quest'immagine.
decompressore
per visualizzare frequenza
di acquisizione,in continuo o periodico.
Monitoraggio della profondità dell’anestesia e
risveglio intraoperatorio (awareness)
Per awareness si intende la “percezione sensoriale con
memorizzazione durante l’anestesia”. Si verifica quando si crea
uno squilibrio tra la dose di anestetico, la stimolazione
chirurgica e fattori propri del paziente.
Attualmente non è disponibile un sistema di monitoraggio della
profondità dell’anestesia sicuramente affidabile.
 L’elettromiografia frontale aumenta nei pazienti che avvertono
la stimolazione chirurgica.
 I potenziali evocati uditivi permettono di valutare la profondità
dell’anestesia.
 Il bis monitor rappresenta un evoluzione

 dell’elettroencefalogramma e valuta la profondità dell’anestesia.


E’ molto importante l’aspetto psicologico ed il supporto degli
infermieri ai pazienti, i quali frequentemente arrivano in sala
operatoria con timore, paura, sia per l'intervento che devono subire,
che per la preoccupazione che provocano ai propri cari.
E' compito dell' infermiere cercare di capire la condizione
psicologica del paziente che arriva in sala operatoria e comportarsi
in modo tale da essere sia un suo " alleato", che un educatore, in
quanto deve spiegare man mano ciò che gli verrà fatto.
Il momento dell'arrivo in sala del paziente è prezioso per l'infermiere
per capire come rapportarsi al paziente e come poterlo rassicurare.

QuickTime™ e un
decompressore
sono necessari per visualizzare quest'immagine.
RECOVERY ROOM

La sala di risveglio (recovery room) è la struttura nella quale il


paziente viene trasferito alla fine dell’intervento chirurgico. Si
tratta di una sala attrezzata con tutti gli strumenti idonei e fornita
di personale specializzato affinché la ripresa delle funzioni vitali e
il recupero della coscienza avvenga nella maniera più confortevole
e sicura possibile.
Infatti la riuscita di un intervento chirurgico dipende non solo da
una corretta anestesia, ma anche dal grado di assistenza che viene
garantita al paziente dopo l’intervento.
Gli obiettivi della recovery
room sono:
assistenza fino all’esaurimento dell’effetto degli anestetici
generali
 controllo dei parametri vitali fino alla loro stabilizzazione
 controllo del bilancio idroelettrolitico
 analgesia postoperatoria
 verifica del completo recupero dell’attività motoria in caso di
anestesia regionale
 assistenza intensiva in caso di complicazioni acute
Nella fase iniziale di risveglio dall’anestesia è responsabile il medico
anestesista, mentre l’assistenza e la sorveglianza devono essere assicurate da
infermieri professionali qualificati sotto la direzione di un medico
anestesista.
Gli infermieri devono essere in grado di riconoscere tempestivamente le
modificazioni critiche delle funzioni vitali e fornire l’assistenza opportuna
sino all’arrivo del medico anestesista. È fondamentale che l’infermiere delle
recovery room abbia una buona conoscenza dei protocolli in uso.
Il rapporto infermiere/paziente è di solito di 1:3, ma nei casi complessi può
salire a 1:2 o anche 1:1.
Il ruolo dell’infermiere nella gestione della recovery room implica:
• conoscenza dell’anamnesi del paziente e degli eventuali problemi inerenti il
decorso intraoperatorio
• posizionamento del paziente sul lettino
• valutazione e registrazione dei parametri vitali all’arrivo
• monitoraggio strumentale del paziente ad intervalli prestabiliti
• controllo clinico (pupille, circolazione periferica, drenaggi)
• assistenza al paziente in ventilazione artificiale meccanica
• somministrazione della fluidoterapia e dei farmaci prescritti dal medico
• esecuzione dei prelievi ematici e di altri esami
• valutazione dell’efficacia dell’analgesia
• supporto psicologico
• informazione del medico responsabile sull’evoluzione clinica
Il monitoraggio delle funzioni vitali comprende:
 ossigenazione
 elettrocardiogramma
 pressione arteriosa
 temperatura
 stato di coscienza

inoltre si verifica il controllo del dolore.

Solo dopo che tutte le funzioni vitali sono recuperate, la stabilità


cardio-circolatoria è garantita, lo stato di coscienza e la terapia
antalgica sono ritenuti idonei, l’infermiere di anestesia riferirà al
medico anestesista che darà parere favorevole al tuo
trasferimento in reparto.
Monitoraggio temperatura corporea
 Secondo le indicazioni SIAARTI è consigliato il
mantenimento della normotermia in tutti i pazienti e ,
pertanto ,è necessaria la disponibilità di un sistema di
misurazione in continuo della temperatura corporea centrale
con sonde esofagee,auricolari, tracheali, nasofaringee,
vescicali,rettali. Il gold standard è rappresentato dalla
temperatura rilevata nelle cavità cardiache o nei vasi centrali
dal termistore presente nel catetere di Swan-Ganz.
 Anche nei pazienti sottoposti ad anestesia loco-regionale è
importante la valutazione della temperatura corporea sia intra
che post operatoria per evitare stati di ipotermia.
Terapia del dolore post-operatorio
La gestione del dolore post-operatorio dipende:
caratteristiche psicosomatiche del paziente
farmaci assunti
metodica chirurgica
L’atto chirurgico determina uno stress che rilascia in circolo
ormoni e mediatori chimici che stimolano da parte
dell’organismo la produzione di molecole che favoriscono la
sintomatologia algica e molecole che invece tendono a
frenarla, inibendone la trasmissione dalla periferia(ferita
chirurgica) e dai distretti viscerali profondi al sistema
nervoso centrale.
LE VIE DEL DOLORE
 La sensibilità algica è mediata
da milioni di vie parallele che
decorrono dalla periferia fino
alla corteccia cerebrale.
Ciascuna di queste vie è
costituita da tre neuroni:
1. Dalla terminazione stimolata al
midollo spinale
2. Dal midollo spinale al talamo ( via
spino-talamica )
3. Dal talamo alla corteccia cerebrale
(via Talamo-corticale)
La componente organico-anatomo-funzionale è costituita da un
processo che implica tutta una serie di eventi che vanno da:

STIMOLAZIONE (legata al danno cellulare)

TRASMISSIONE E MODULAZIONE (segnale che viaggia


nelle vie nevrassiali)

PERCEZIONE (elaborazione cerebrale degli stimoli in


sensazione)
Alla componente organico-anatomo-funzionale si associa la
componente psichica, che costituisce motivo di estrema
variabilità fra i soggetti nella percezione del dolore.
Nella gestione post-operatoria del dolore, i farmaci vanno dosati in
maniera oculata per ogni singola situazione clinica. Una prima
variabile da considerare è il tipo di paziente (età , sesso, soglia
soggettiva del dolore, ansia , depressione, fattori socio-culturali,
credenze religiose)
Si deve, inoltre, tenere conto delle diverse componenti
dell’intervento (sede, metodica chirurgica, tipo di anestesia)
Importante risulta pure la sede della ferita chirurgica (torace, basso
o altoaddome, strutture tegumentarie o profonde)
Infine l’ultima variabile importante è il tipo di ambiente (staff
medico-infermieristico con rapporto ottimale con il paziente)
GESTIONE DELLA TERAPIA
ANTALGICA
 Un sintomo come il dolore è difficile da stimare in maniera
quantitativa.
 Il sistema di misurazione più diffuso , affidabile e riproducibile è la
VAS (Visual Analogue Scale)

 Consiste in una scala numerica da 0 a 10 abbinata a una scala


cromatica . Il paziente dovrà indicare a quale punto della scala
cromatica pensa di riferire la propria sintomatologia dolorosa,
considerando azzurro l’assenza di dolore e rosso massima intensità
di dolore.
 Perché trattare il dolore post-operatorio ?
 Oggi è ben conosciuta l’importanza degli
effetti del dolore sul benessere e sul confort
durante il decorso postoperatorio dei pazienti
chirurgici
 Il paziente è convinto che un certo grado di
sofferenza debba far parte del suo iter
terapeutico
 Quindi è dovere degli operatori sanitari
riuscire a fare cambiare le aspettative del
malato per il sollievo del suo dolore e a
soddisfare in tal senso le sue richieste
COMPITO
DELL’INFERMIERE
Adeguata istruzione pre-operatoria verbale
L’infermiere ricopre un ruolo centrale
nell’informazione e nel trattamento del dolore
L’infermiere meglio di altri può valutare
l’efficacia della terapia analgesica impostata
La principale responsabilità dell’infermiere
professionale è quella di impedire che il
paziente soffra senza motivo.
Il suo compito è quello di rilevare i segni del
dolore, valutare la sua intensità ed iniziare,
quando prescritto, la terapia..
Un buon trattamento richiede quindi
 • la conoscenza della fisiopatologia del dolore

 • la valutazione regolare e sistematica del


dolore • una pronta risposta alle richieste del
paziente misurata sulle singole necessità
 • la conoscenza dei farmaci utilizzati

 • la rilevazione immediata delle complicanze


della terapia
 • la conoscenza del funzionamento e la
capacità di usare gli strumenti tecnici
 • un buon rapporto con il paziente
SEGNI CLINICI DEL DOLORE
Nonostante il dolore non sia di per se misurabile, lo possono
essere i segni che ad esso si associano.
Si può assistere infatti ad un aumento di frequenza cardiaca e
pressione arteriosa dovuto alla risposta ortosimpatica al dolore
nonché allo stress post-chirurgico.
Inoltre è presente una iperalgesia (aumento della sensibilità allo
stimolo doloroso) alla quale si può sommare anche una
reazione vagale, caratterizzata da sudorazione e ipotensione,
dovuta alla componente parasimpatica del sistema neuro-
vegetativo.
METODICHE DI TERAPIA
ANTALGICA
 Il controllo del dolore può avvenire attraverso la riduzione o la totale
abolizione della trasmissione degli impulsi responsabili in corrispondenza di
ognuno dei livelli della trasmissione del dolore.
 Ogni tipo di farmaco ha delle caratteristiche farmacocinetiche e
farmacodinamiche che devono essere considerate in rapporto allo stato del
paziente : età , clearance epatica e renale, idratazione, protidemia, patologie
d’organo.
 Una differenza fondamentale nell’ambito della terapia del dolore nel post-
operatorio è distinguere se il paziente è in ricovero ordinario o in day-hospital.
 Nel caso di ricoveri ordinari, l’analgesia può avvenire attraverso la
somministrazione in boli ripetuti e a intervalli regolari oppure con l’infusione
continua, endovenosa o perinervosa attraverso sistemi computerizzati. Il tutto
deve avvenire in maniera omogenea evitando che il paziente viva l’attesa del
dolore.
 Un concetto fondamentale nella terapia infusionale è il MEAC
(minimum effective analgesic concentration): quando la
concentrazione ematica del farmaco è sopra il MEAC, il
dolore è controllato ;viceversa quando scende al di sotto, il
dolore ricompare, ed è proprio in questo momento che il
paziente sente il bisogno di analgesico.
 La dose iniziale è importante perché servirà come riferimento
circa il rapporto farmaco-paziente e quindi permetterà di
calibrare la dose necessaria.
 Al paziente dovremo chiedere:
 • quant’è forte il dolore (intensità)
 • che tipo di dolore è (qualità)
 • dove è localizzato (localizzazione)
 • origine del dolore (ragioni) 0 1 2 3
LE LINEE GUIDA DA
SEGUIRE SONO
• Il dolore non deve mai raggiungere intensità
elevata
• Bisogna utilizzare intervalli di
somministrazione brevi o tecniche d’infusione
continua
• E’ meglio somministrare gli analgesici a
tempo fisso e prima che il dolore ricompaia
 Lo scopo non è quello di abolire
completamente il dolore ma di mantenerlo ad
un livello accettabile così da migliorare il
comfort del paziente ed evitarne la
cronicizzazione
QUANDO VA MISURATO IL
DOLORE
Il dolore dovrebbe essere misurato regolarmente
durante il periodo postoperatorio alla stessa
stregua di come si misurano i parameri vitali
La frequenza delle rilevazioni dovrebbe
aumentare se il dolore è poco controllato o se
si è fatto un aggiustamento del trattamento
L’infusione di analgesico avviene generalmente mediante pompa
elastomerica : dispositivo meccanico caratterizzato da un
serbatoio di materiale elastico protetto da una struttura
semirigida, che rilascia un quantitativo costante nel tempo del
farmaco. Una valvola unidirezionale collocata sul dispositivo
di collegamento impedisce qualsiasi possibilità di reflusso;
inoltre l’elastomero una volta riempito non potrà essere
svuotato se non attraverso il proprio cateterino nel tempo
prestabilito.
Oltre alle pompe elastomeriche, esclusivamente meccaniche, esistono dei
presidi di tipo elettromeccanico, capaci di infondere un flusso prestabilito
attraverso un display elettronico.
Possono avere serbatoio interno oppure attingere, attraverso un deflussore, a
una sacca preparata con la soluzione antalgica.
L’uso delle pompe d’infusione ha permesso lo sviluppo di nuove tecniche per
il controllo del dolore che prevedono anche la collaborazione del paziente;
tra queste ha preso sempre più spazio la Patient Controlled Analgesia (PCA)
che consiste in una infusione continua di
analgesico impostata dal curante con la
possibilità di somministrazione di analgesico
da parte del paziente in caso di dolore
(dose e tempo tra le somministrazione
impostate dal medico per prevenire uso eccessivo
di farmaci).

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