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Storia della Musica

Dal Medioevo al Cinquecento


La polifonia Fig. 1. Bassorilievo del VII° secolo a.C. a Ninive –
Nel III° millennio a.C. si usavano gli strumenti a corda
ed il tamburello presso il popolo dei Sumeri che sono
rappresentati nell’iconografia assiro babilonese
 Per polifonia s’intende l’espressione simultanea di più suoni di
altezze diverse, anche se nel vocabolario musicale questo termine
indica la sovrapposizione di più voci secondo la regola del
contrappunto.
 Il primo documento che attesti la nascita della musica polifonica
risale al X secolo, ma molti studiosi suppongono che essa fosse
praticata già nell’antichità anche se in forma rudimentale. I flauti
dei Greci permettevano, infatti, l’emissione di suoni simultanei e,
perfino nell’iconografia dell’antico Egitto, si attesta l’esistenza di
orchestre composte di flauti e arpe. Fig. 2. 1900 a.C. – la tromba, l’oboe doppio
sono introdotti in Egitto
 Il primo testo polifonico di cui si ha conoscenza è un’invocazione
a due voci «Rex coeli, Domine maris» ed è documentata nel
trattato Musica Henrichiadis: la seconda melodia priva di parole si
allontana dalla prima, mantenendosi sulla quarta superiore, per
poi avvicinarsi e raggiungere l’unisono.
Vedi: https://www.youtube.com/watch?v=nXMFBVSbeNc
Con la diffusione del canto polifonico sorse la necessità di misurare la durata dei suoni. Intorno all’XI secolo il
ritmo della musica seguì un nuovo orientamento ispirandosi agli accenti del linguaggio: quello dinamico e quello
ritmico. Si distinsero accenti forti e accenti deboli che richiamavano la metrica greca con le sue lunghe e brevi.
Questa, veniva detta MUSICA MENSURATA e i suoi schemi si riducevano a sei:

- Una breve e una lunga


- Una lunga e una breve
- Una lunga e due brevi
- Due brevi e una lunga
- Tutte lunghe
- Tutte brevi

Anche se il ritmo più semplice in natura è quello binario (battito cardiaco, pendolo), l’accento dinamico del
discorso assunse un ritmo TERNARIO, coincidente dunque con il numero TRE, considerato il numero perfetto nel
Medioevo.
Contemporaneamente si evolvevano i neumi creati da Guido D’Arezzo. I segni grafici si ingrossarono fino a
diventare dei segni neri, spessi e quadrati e ad ognuno di essi venne attribuito un valore: i primi furono la maxima,
la longa, la brevis e la semibrevis. Dal XV secolo, questi simboli vennero segnati vuoti.
IL CONTRAPPUNTO

Nel linguaggio musicale, il termine contrappunto ha un duplice significato:

1)    la presenza, in una composizione o in una sua parte, di linee melodiche indipendenti che si combinano secondo regole tramandate
dalla tradizione musicale occidentale;
2)    la parte della teoria musicale che studia queste regole.

 Nella musica contrappuntistica le diverse linee melodiche che sono affidate alle varie parti seguono per la maggior parte le regole
dell’armonia, ma può accadere che esse possano seguire intrecci anche col semplice materiale melodico, con il principio
dell’imitazione.
 Il termine deriva dal latino punctus contra punctum, ovvero nota contro nota (punctum è il termine del latino medievale equivalente al
nostro termine ‘nota’).
 Il contrappunto identifica la musica occidentale; lo sviluppo e l’evoluzione del contrappunto è infatti la caratteristica principale
distingue la musica europea dalle musiche di altri continenti.
 Il contrappunto è sviluppato durante il tardo Medioevo e il Rinascimento, ed è stato dominante nei periodi successivi, caratterizzando
in particolar modo la musica barocca.
 La stessa parola contrappunto nasce con la pratica di contrapporre ad un cantus firmus, cioè ad una voce avente una melodia tratta
generalmente dal canto gregoriano, una nuova melodia, secondo regole che pian piano si sviluppano nel corso della storia e che
giungono, attraverso varie fasi al contrappunto nella sua massima espressione nel 1500 e poi nell’epoca barocca.
 La polifonia, a partire dall’Ars Antiqua in avanti, all’inizio era attuata con delle idee e suggerimenti, più che regole, seguendo i quali
si poteva dar vita ad una composizione polifonica, dove tutte le voci dovevano essere assolutamente indipendenti l’una dall’altra.
 Esempio magistrale dell’uso del contrappunto in epoca barocca può essere considerata anche tutta l’opera di Johann Sebastian Bach.
Anche le celeberrime 555 sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti hanno un contrappunto meno evidente ma geniale.
Le principali forme polifoniche profane
 Il MOTTETTO: il termine motet, motetus nella forma latinizzata, indicava all’origine della polifonia il
testo cantato dalla voce originale. All’epoca della scuola di Notre Dame, alla voce del tenor del
preesistente canto gregoriano venivano aggiunte altre voci che interpretavano testi poetici diversi con
melodie nuove. Il mottetto si arricchì di elementi profani e in lingua volgare, di temi amorosi e conviviali
in forte contrasto con i temi intonati dal tenor. Il canto acquistò maggiore libertà.
Con l’Ars Nova, il mottetto divenne una forma autonoma con, prima fra tutte, la legge musicale
dell’isoritmia (ossia la ripetizione di una struttura ritmica in fasi successive anche se con note mutate).

 Il MADRIGALE: esso aveva fatto la sua apparizione nel XIV secolo, espressione di una rinascita
culturale di cui Firenze era il centro. Il madrigale dell’Ars Nova presentava strofe monodiche ispirate alla
grande lirica amorosa del ‘300. Lo stesso Dante scrisse dei brevi poemi lirici destinati ad essere cantati
probabilmente su musica composta dall’amico Pietro Casella, menzionato nella Divina Commedia.
L’unione della musica con la poesia si traduce nel nuovo madrigale in un’illustrazione del testo poetico
attraverso i madrigalismi, ossia rappresentazioni sonore di concetti.
Verso la fine del XVI secolo si afferma il madrigale dialogico, in cui le voci si inseguono, secondo un
procedimento contrappuntistico, creando effetti sonori.
Le principali forme polifoniche profane
 La CANZONE ALLA VILLANESCA: parallelamente al madrigale, si svilupparono in Italia le forme
minori di musica vocale a carattere popolaresco. La più nota fu la villanella, detta anche villanesca, villotta
alla napoletana, canzone alla villanesca, napoletana o aria napoletana. Il punto di partenza fu la frottola
che, in maniera meno raffinata rispetto al madrigale, prese una forma umile e vivace.

 La BALLATA: composizione inizialmente destinata al canto e alla danza, la ballata è presente nella forma
trobadorica fin dal XIII secolo e raggiunse il suo massimo sviluppo nel XV secolo. Nota come canto
monodico, divenne in seguito polifonico: è composta da strofe di strutture uguali legate da un ritornello.

 Vedi:
https://www.youtube.com/watch?v=2nx_oFD_3WY (mottetto)
https://www.youtube.com/watch?v=kIBYUpT2ms8 (madrigale)
https://www.youtube.com/watch?v=Uq6o0X6iGuc (villanella)
https://www.youtube.com/watch?v=fKD1VYHhtX0 (villanella)
https://www.youtube.com/watch?v=iX0D4PayIoY (ballata)
https://www.youtube.com/watch?v=tqI7BeUgRiY (ballata)
La polifonia sacra
LA SCUOLA FIAMMINGA
 Il massimo sviluppo della polifonia vocale sacra fu raggiunto dai maestri fiamminghi che realizzarono effetti
straordinari nel canto corale. La messa divenne una composizione complessa nella quale il gusto estetico
sovrastava il fine liturgico.
 Nella messa fiamminga, il tenor consisteva in una melodia sacra o profana, sulla quale le altre voci si inserivano
con un ritmo libero ma seguendo una complessa architettura contrappuntistica.
 Il mottetto della scuola fiamminga presenta diversità notevoli con la forma codificata da Guillame de Machault:
le varie parti diventano ancora più autonome e ad ogni melodia viene assegnato un testo diverso. Quando
scomparve l’uso degli strumenti nelle cerimonie liturgiche, il numero delle voci passò da tre a quattro.
 Con la seconda generazione dei maestri fiamminghi, tra la seconda metà del 1400 e i primi del 1500, la
combinazione delle voci si fece sempre più complicata.
 Numerosi maestri fiamminghi operarono in Italia nel XV secolo e la musica italiana derivò da essi un certo
perfezionamento delle tecniche che arricchì il principio italiano tipico dell’armonia tonale, esercitando una
notevole influenza sugli sviluppi successivi della polifonia.
LA SCUOLA POLIFONICA ROMANA
 Dopo il Concilio di Trento (1545-1563) e la riesaminazione dei costumi del clero e dei riti religiosi nella rigida
prospettiva controriformistica, anche la musica fu sottoposta a controlli più rigidi e severi. Si decretò il ritorno a
forme di musica liturgico-religiiosa più semplici e pure, lontane dalle influenze del paganesimo rinascimentale.
 In questo clima, si sviluppa la scuola polifonica romana con Giovanni Pierluigi da Palestrina. Giovanni Pierluigi
nacque a Palestrina, sui colli laziali, nel 1524-25. Egli ricoprì dei ruoli molto importanti: iniziò come cantore nella
Cappella liberiana, fu organista e maestro di canto nel duomo di Palestrina e, infine, fu maestro della Cappella
Giulia e cantore nella Cappella Sistina di Roma, città dove visse fino al alla morte, nel 1594.
 Palestrina divenne famoso grazie alle sue composizioni sacre e al suo uso del contrappunto. Palestrina fu stimato
musicalmente sia dai contemporanei, che dai postumi. Durante il Romanticismo il culto di Palestrina crebbe
notevolmente grazie alla pubblicazione della sua biografia ad opera di Papa Marcello.
 L’opera di Palestrina è costituita quasi interamente da composizioni polifoniche su testo latino, destinate alle
cantorie per i servizi sacri cattolici. Egli scrisse 102 messe a 4 o 5 voci, in minor numero a 6 e a 8; le più note sono:
Missa brevis, Iste Confessor, Aeterna Christi munera, Dies sanctificatus, Salve Regina, Vestiva i colli e Papae
Marcelli. L’altra forma molto usata da Palestrina fu il mottetto, né scrisse 307 tra cui ricordiamo: Super flumina
Babylonis, Pueri haebreorum, Cantico dei cantici e lo Stabat Mater.
 La musica di Palestrina incarnò per i contemporanei il sentimento religioso della controriforma romana mentre per
i posteri rappresentò uno degli ideali più puri ed armoniosi del canto sacro cattolico. Uno dei pregi delle creazioni
palestriniane è la semplicità dei mezzi impiegati, a cominciare dalle melodie che si combinano nel tessuto
polifonico fino alle armonie formate da semplici successioni di triadi, variate da note di passaggio e da ritardi
preparati e indotti dal movimento delle parti. Il discorso delle parti, infine, è fluido per merito di una magistrale
condotta contrappuntistica delle parti e di combinazioni tra le voci continuamente variate.
L’ORATORIO
 Dall’usanza di rappresentare scene delle Scritture durante le grandi ricorrenze religiose (Pasqua, Natale, Pentecoste)
nasce l’Oratorio che si distingue in oratorio volgare e oratorio latino (che nasce dal repertorio gregoriano). Nel ‘500,
San Filippo Neri, fondatore della congregazione dell’oratorio, organizzò a Roma alcune recitazioni di laude spirituali
alternate a commenti e meditazioni. Da allora il canto delle laudi che assunse un carattere di drammatizzazione, fu
definito oratorio.
Il CORALE
 Con la riforma luterana, il canto piano (ossia l’insieme delle melodie liturgiche in lingua latina della chiesa cattolica)
apparve troppo complicato per essere usato dai fedeli. Il luteranesimo, infatti, prevedeva che la comunità prendesse
parte al canto degli inni. Lutero si propose, dunque, di cercare un repertorio di inni in lingua tedesca e scrisse nuovi testi
e nuove melodie, traendole spesso dalla tradizione profana. Il risultato fu un repertorio omogeneo di elementi
caratterizzati da semplicità strutturale e uniformità stilistica.
 I 144 corali per organo di Bach costituiscono gli esempi più ammirevoli del genere.
https://www.youtube.com/watch?v=wqJDn5LLJHY

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