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LA STORIA DAL ‘700

ALLA RIVOLUZIONE
FRANCESE
Fatto da Tomei Fabio A.S. 2020-2021
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L’Europa del L’Età dei Lumi Le guerre e la La rivoluzione La rivoluzione


Settecento e la politica americana francese
rivoluzione europea
industriale
inglese
L’Europa del Settecento e la rivoluzione
industriale inglese
Crescita demografica e sviluppo economico
Nella seconda metà del ‘700 ci fu un notevole sviluppo della popolazione, soprattutto grazie all’miglioramento
dell’alimentazione, alle svariate conquiste in campo medico-sanitario e alla diminuzione delle carestie; questo sviluppo venne
denominato rivoluzione demografica. Grazie all’aumento della domanda di bene agricoli e artigianali, molte capitali e centri
portuali si espansero; inoltre si intensificarono anche i commerci internazionali con le Colonie Americane e iniziò un commercio
triangolare tra Europa, Africa e America basato sul commercio degli schiavi. La crescita demografica portò anche alla ricerca di
nuove terre da colonizzare, così le potenze europee finanziarono viaggi di esplorazione che scoprirono nuovi territori e vie
terrestri e fluviali.
L’Europa del Settecento e la rivoluzione
industriale inglese
La società dell’antico regime
Prima della rivoluzione, in Europa, vigeva ancora «l’Ancien régime», ovvero l’insieme di istruzioni politiche, economiche e
giuridiche che manteneva l’Europa strettamente divisa in classi sociali basate su una disuguaglianza giuridica. Durante questo
periodo la classe borghese era sempre più scontenta poiché nonostante la loro ricchezza non ricevevano gli stessi privilegi della
classe nobile. Proprio per questo motivo la classe borghese, durante l’XVII e XVIII secolo, iniziò ad aspirare a nuove posizioni
sociali e a nuovi diritti politici, ciò fece si che l’Antico Regime mutava. Sempre di più verso la costituzione dello Stato moderno.
L’Europa del Settecento e la rivoluzione
industriale inglese
I fattori dello sviluppo in Inghilterra
L'Inghilterra, durante il Settecento, si distinse dal resto dell'Europa poiché non era così influenzata dall’Antico regime. La
crescita demografica stimolò molto la richiesta di beni agricoli e artigianali e lo sviluppo di tutti i settori produttivi. Furono
introdotti nuovi metodi di coltivazione e nuovi strumenti che portarono a una vera e propria rivoluzione agricola e allo sviluppo
del mercato interno. Grazie al predominio nel commercio internazionale, ad un sistema politico stabile e ad una società attenta ai
bisogni della classe borghese possiamo dire che nell'Inghilterra si formarono le condizioni per l’avvio della rivoluzione
industriale.
L’Europa del Settecento e la rivoluzione
industriale inglese
Le prime industrie e l’avvento del vapore
L’aumento della richiesta di merci spinse alla ricerca di nuovi metodi di produzione, ciò spinse in primo luogo all’industria a
domicilio e all’introduzione della figura dell’imprenditore. Questo sistema però non si rivelò abbastanza produttivo per sostenere
la domanda crescente allora si cercarono nuove soluzioni tecniche che determinarono la meccanizzazione dei processi produttivi
soprattutto nel campo tessile grazie all’introduzione di macchinari come la spoletta automatica, la filatrice meccanica e del telaio
meccanico. Essendo tutti i macchinari fatti in ferro, anche l’industria siderurgica e mineraria si sviluppò. Inoltre, grazie
all’avvento del vapore come forza motrice, le fabbriche cessarono di usare le risorse idriche e si spostarono nelle città.
L’Europa del Settecento e la rivoluzione
industriale inglese
I nuovi problemi sociali delle città inglesi
Il progressivo sviluppo delle tecnologie portò ad uno spopolamento delle campagne a favore delle città. Negli spazzi urbani si
crearono in breve tempo numerosi quartieri operai, in cui le condizioni igieniche erano precarie e malsane. L’industrializzazione
favorì la nascita di un alta borghesia composta da grandi industriali e finanzieri ed una classe operaia a loro sottoposta. Lo
scontento tra la popolazione operaia dovuto alle condizioni lavorative portò alla protesta «luddista» che fu repressa dalle autorità
da una severa legislazione.
L’età dei Lumi
Le idee dell’illuminismo
Nel periodo del ‘700 si affermò una nuova mentalità basata sulla fiducia nella ragione e una forte fede nel progresso; a favorire
la nascita di questo movimento, detto Illuminismo, ci fu lo sviluppo del pensiero scientifico, che permise di spiegare molti fatti
naturali e a migliorare le condizioni di vita generali grazie a varie scoperte scientifiche e invenzioni tecniche. La diffusione delle
idee illuministiche avveniva soprattutto negli ambienti accademici ma che nei caffè e nei salotti attraverso libri pubblicati da
scienziati e letterati, si diffuse inoltre grazie a delle pubblicazioni periodiche che rappresentavano quella che poi sarebbe stata
definita «opinione pubblica». Gli illuministi pensavano che per cambiare la società ci dovesse essere prima un rinnovamento
culturale derivato dalla conoscenza e dalla cultura diffuse ad un gran numero di persone; proprio per questo nacque
l’Encyclopédie, che fu però ostacolata dalle autorità politiche e religiose ma accolta con entusiasmo dal pubblico.
Che cos’è l’illuminismo?

L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità di cui egli stesso è colpevole.

L’età dei Lumi Minorità è l'incapacità di servirsi della propria intelligenza 3 senza la guida di un altro.
Colpevole è questa minorità, se la sua causa non dipende da un difetto di intelligenza, ma
dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi di essa senza essere guidati da un
altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! Questo
dunque è il motto dell'illuminismo. Pigrizia e viltà sono le cause per cui tanta parte degli
uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo liberati dall'altrui guida […], rimangono
tuttavia volentieri minorenni a vita; e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro
Immanuel Kant tutori. E' così comodo essere minorenni! […] Forse attraverso una rivoluzione potrà
determinarsi l'affrancamento da un dispotismo personale e da un'oppressione assetata di
Immanuel Kant fu uno degli esponenti più importanti guadagno o di potere, ma non avverrà mai una vera riforma del modo di pensare. […] A
questo rischiaramento, invece, non occorre altro che la libertà; e precisamente la più
dell’illuminismo tedesco. Kant nel suo brano
inoffensiva di tutte le libertà, quella cioè di fare pubblico uso della propria ragione in tutti i
sull’illuminismo si sofferma soprattutto sull’emancipazione campi. […] Qui c'è restrizione alla libertà dappertutto. Ma quale restrizione è d'ostacolo
all'illuminismo, e quale invece non lo è, piuttosto lo favorisce? Io rispondo: il pubblico uso
dell’individuo attraverso la propria ragione grazie alla della propria ragione deve essere libero in ogni tempo, ed esso solo può realizzare il
quale si potrà liberare della «tutela» che le diverse autorità rischiaramento tra gli uomini; al contrario, l'uso privato della ragione può essere spesso
limitato in modo stretto, senza che il progresso del rischiaramento venga da questo
politiche, religiose e culturali esercitano su di lui. particolarmente ostacolato. Intendo per uso pubblico della propria ragione l'uso che uno ne
fa, in quanto studioso, davanti all'intero pubblico dei lettori. Chiamo invece uso privato
della ragione quello che ad un uomo è lecito esercitare in un certo ufficio o funzione civile
a lui affidato. […] Se dunque ora si domanda: «viviamo noi attualmente in un'età
rischiarata?» Allora la risposta é: «no, bensì in un'età di rischiaramento». Che gli uomini
presi assieme siano, per come stanno le cose, già in grado, o che possano anche solo essere
posti in grado di valersi con sicurezza e bene della propria intelligenza in cose di religione,
senza l'altrui guida, è una condizione da cui siamo ancora molto lontani. Ma che ad essi,
adesso, sia comunque aperto il campo per lavorare ed emanciparsi verso tale stato, di ciò
noi abbiamo invece segni evidenti.

(I. Kant)
L’età dei Lumi
Il dibattito sulla tolleranza e le dottrine politiche
L’affermazione dell’illuminismo portò ad una progressiva affermazione del principio della ragione umana come unico strumento
per capire la realtà, ciò fece nascere l’esigenza di capire fenomeni che prima era no spiegati attraverso dogmi non basati sulla
razionalità. L’orientamento materialista e ateo di molti illuministi si trasformò in una forma di tolleranza verso tutte le forme di
fede e un rifiuto verso i dogmi della chiesa poiché non legati alla razionalità. Il rispetto per le opinioni religiose e politiche
divenne il fondamento del pensiero filosofico di Voltaire e il presupposto per la lotta per la libera espressione del pensiero.
L’illuminismo criticò inoltre l’assolutismo monarchico, contro questa forma di governo ci fu Montesquieu secondo il quale il
potere legislativo, esecutivo e giudiziario dovevano essere separati, e Rousseau che proponeva un nuovo contratto sociale
temendo che il potere si un solo uomo si trasformasse in tirannide.
L’età dei Lumi
Il nuovo pensiero economico e gli sviluppi della scienza
In campo economico l’illuminismo contribuì alla formazione di due nuovi correnti di pensiero: quella della fisiocrazia e quella
del liberismo. La fisiocrazie era nata dalle idee di François Quesnay e sosteneva che lo stato non doveva intervenire in alcun
modo nell’economia per far si che ci fosse un «ordine naturale delle cose» e di conseguenza era contrario a tutti i privilegi, lesivi
della libertà. Il liberismo in vece era supportato dalle idee di Adam Smith e sosteneva che la ricchezza di uno stato derivasse dal
lavoro di tutte le classi sociali e che il motore dell’economia fosse l’interesse personale. L’illuminismo non portò solo
innovazione nel campo della politica o dell’economia, grazie al fatto che il popolo iniziava a riflettere sulla formazione
dell’universo, ci furono studi di geologia, biologia, botanica, zoologia, chimica, fisica e astronomia.
La guerra e la politica europea
Un nuovo assetto per l’Europa
All’inizio del XVIII l’Europa non era in una situazione stabile. Il primo conflitto fu la guerra di successione spagnola del 1700
che si concluse con la pace di Utrecht e di Radstad, le soluzioni diplomatiche raggiunte con questi accordi ridimensionavano
notevolmente potenze come Spagna, Svezia e l’impero turco, mentre alcuni stati come Austria, Russia e Prussia assumevano un
ruolo di primo piano come Francia e Inghilterra. L’imperatore Leopoldo I d’Asburgo sconfiggendo i turchi alle porte di Vienna,
pose fine all’espansione dell’impero turco in occidente e diene inizio anche alla decadenza dell’impero ottomano. La Russia,
invece, ricevette una notevole spinta dalla prima dinastia dei Romanov, che creò uno stato forte e centralizzato, lo zar Pietro I,
detto il Grande, aprì il paese a tradizioni, tecnologie e mentalità europee. La Prussia fu invece indirizzata verso lo sviluppo dalla
dinastia dei Hohenzollern, che con Federico Guglielmo I, iniziarono una vigorosa opera di ristrutturazione secondo principi
assolutistici e che accrebbe la potenza militare prussiana. La Polonia invece si indebolì a tal punto da diventare facile preda delle
grandi potenze.
La guerra e la politica europea
L’età del dispotismo illuminato
L’illuminismo favorì la nascita dell’dispotismo illuminato, un regime in cui anche se il sovrano aveva il potere assoluto
realizzava alcune riforme di stampo illuministico. Un esempio di ciò è Maria Teresa che in Austria cercò di domare nobiltà e
clero, incentivò il commercio e riformò il sistema scolastico, opera riformatrice che poi fu seguita anche dal figlio Giuseppe II
anche se diverse popolazioni dell’impero non approvavano. In Prussia Federico II di tradizioni, tecnologie e mentalità europee.
La Prussia fu invece indirizzata verso lo sviluppo dalla dinastia di Hohenzollern si impegnò per sviluppare l’agricoltura e
l’industria, inoltre modernizzò anche l’apparato giuridico abolendo la tortura. In Russia Caterina II avvio una politica di riforma
che non fu mai terminata per il malcontento della nobiltà. Anche in Italia si sentì l’influsso del dispotismo illuminato, in
Lombardia si portarono avanti le riforme di Maria Teresa d’Austria, in Toscana ci furono quelle realizzate da Pietro Leopoldo,
primo sovrano ad abolire la pena di morte a seguito del dibattito sull’opera di Cesare Beccaria «Dei delitti e delle pene», a
Napoli invece, Carlo III di Borbone limitò i privilegi del clero e della nobiltà, il suo successore Ferdinando IV dette impulso alla
ricerca intellettuale e scientifica.
La guerra e la politica europea
L’evoluzione politica di Inghilterra e Francia
Nel 1707 l’unificazione di Inghilterra e Scozia aveva dato vita al Regno Unito di Gran Bretagna, che però si dimostrò interessata
nel mantenere l’equilibrio creatosi in Europa per ampliare i suoi domini coloniali. Con il passaggio del trono a Giorgio I di
Hannover la politica inglese fu dominata dagli interessi della borghesia. Il primo ministro inglese, Robert Walpole, adottò nuove
politiche mercantilistiche e per far si che il potere esecutivo era responsabile verso il Parlamento e non verso il Re. Anche in
Francia ci fu un ridimensionamento dell’assolutismo: Filippo d’Orléans abbandonò i progetti assolutistici di Luigi XIV e affido
il compito di risanare le finanze allo scozzese John Law, piano che però si rivelò un disastro finanziario. Francia e Inghilterra
divennero le potenze europee principali di quest’epoca ma entrarono in conflitto quando volevano il predominio sui
possedimenti oltremare.
La guerra e la politica europea
La guerra dei Sette anni e la situazione mondiale
La pace di Aquisgrana e la fine della guerra di successione non servì a placare le tensioni tra le potenze europee. Le tensioni
interne scaturirono la guerra dei Sette anni in seguito alla quale la Prussia si affermò come grande potenza europea e l’Inghilterra
assunse il ruolo di maggior paese coloniale espandendo i propri domini in America settentrionale e India. In Asia solo due imperi
erano in grado di fronteggiare le potenze europee il Giappone che era in uno stato di totale isolamento e la Cina un impero
potente ma in Declino.
La rivoluzione Americana
Le caratteristiche della società nordamericana
A partire dal Seicento, sulle coste dell'America del nord si erano formate molte colonie Inglesi, composte soprattutto da persone
alla ricerca di libertà politica e religiosa. In seguito alla massiccia emigrazione di inglesi, scozzesi, irlandesi, francesi e tedeschi
si formarono 13 colonie, che anche rimanevano dipendenti dall'Inghilterra, avevano un forte sentimento di identità nazionale
autonoma. Per accogliere il crescente numero di persone che arrivavano in America, le colonie si espansero verso Ovest, questo
portò le colonie inglesi a scontrarsi con le colonie Europee, soprattutto Francesi, e le popolazioni indigene.
La rivoluzione Americana
La guerra d’indipendenza americana
Per avere il controllo sulle colonie Americane l'Inghilterra adottò una politica di repressione e sfruttamento: le colonie erano
costrette a comprare solo prodotti ad alto prezzo dall’Inghilterra e potevano vendere i loro prodotti solo sui mercati inglesi. Il
malcontento dilagava tra le colonie Americane, e si trasformò in aperto conflitto quando il Parlamento inglese impose il Tea Act;
alcuni «Figli della libertà» decisero di ribellarsi al dominio inglese e nel porto di Boston assalirono 3 navi inglesi e ne buttarono
a mare l’intero carico (Boston Tea Party). I rappresentanti si riunirono nel primo congresso di Filadelfia dove avanzarono le loro
richieste all'Inghilterra. Il sovrano Giorgio III respinse tali richieste e fece scoppiare una guerra di indipendenza. Con il secondo
congresso di Filadelfia le colonie Americana decisero di dotarsi di un esercito regolare e allora l'Inghilterra le dichiarò ribelli.
Durante il congresso le 13 colonie si dichiararono indipendenti con il nome di Stati Uniti, inoltre scrissero la Dichiarazione
d’indipendenza, redatta principalmente da Thomas Jefferson; la Dichiarazione di indipendenza si fondava soprattutto sulla
sovranità popolare e sulla difesa dei diritti inalienabili dell’uomo. L’esercito americano guidato da George Washington ricevette
l’appoggio di Francia, Olanda e Spagna, di conseguenza il conflitto coloniale si trasformò in una guerra internazionale. Il rischio
di una tale guerra costrinse l'Inghilterra ad accettare l’indipendenza delle 13 colonie Americane e la loro trasformazione in Stati
Uniti d’America.
La rivoluzione Americana
Gli esordi degli Stati Uniti d’America
La vita iniziale delle Stati Uniti era difficile e ricca di Tensioni interne. Tra le varie questioni vi era quella di come organizzare il
nuovo stato, ciò vide contrapporsi due gruppi, quello dei repubblicani «antifederalisti» (guidati da Thomas Jefferson) e i
«federalisti», favorevoli ad una soluzione centralista capace di fortificare il nuovo stato e favorirne lo sviluppo industriale. Tra i
due gruppi vinse quello dei federalisti sostenuto da Washington e dall’avvocato newyorkese Alexander Hamilton: venne così
redatta e approvata una costituzione federale a cui fece seguito l’elezione del primo presidente, George Washington, che propose
come capitale Filadelfia. La costituzione degli Stati Uniti garantiva i diritti civili promossi dall’Illuminismo e adottava il
principio della divisione dei poteri. Dalla democrazia americana erano comunque esclusi gli schiavi neri e i nativi americani. I
diritti politici inoltre non riguardavano le donne.
La rivoluzione francese
La presa della Bastiglia e lo scoppio della rivoluzione
Nel ‘700 la Francia era minata da gravi problemi sociali causati dall’assenza di sovrani illuminati che appoggiassero le riforme
chieste dalla borghesia, questo provocò un forte conflitto interno tra gli ordini sociali ovvero i tre Stati: nobiltà, clero e Terzo
stato; il conflitto fu aggravato dalla mancanza di beni alimentari del 1788 che costrinse il re a convocare gli Stati Generali. Dopo
un iniziale scontro sul voto «per stato» (ovvero favorevole alle forse della conservazione come nobiltà e clero) e «per testa»
(favorevole al Terzo stato), il Terzo stato decise di proclamarsi Assemblea nazionale impegnandosi a promulgare una
costituzione ispirata alla sovranità popolare (giuramento della Pallacorda). Il sovrano intimidito dalla fermezza del Terzo stato
dovette intimare alla nobiltà e al clero di unirsi alla sua Assemblea trasformatasi in Assemblea costituente. Quando si diffuse la
voce che il re voleva sciogliere con forza l’assemblea i parigini occuparono la prigione-fortezza della Bastiglia simbolo di
tirannia e dell’assolutismo. Il governo della città fu assunto da un consiglio di cittadini e la difesa passò alla guardia nazionale.
Per frenare la sommosse l’Assemblea decretò l’abolizione dei privilegi di feudali di clero e nobiltà e approvò la Dichiarazione
dei diritti dell’uomo e del cittadino nonostante l’opposizione del re.
La rivoluzione francese
Dall’Assemblea costituente alla repubblica
Nella Rivoluzione vi erano due fazioni: quella dei parigini (sanculotti), che chiedeva riforme radicali e quella dei Club, circoli i
quali, fino alla media borghesia, partecipava agli eventi rivoluzionari. La maggioranza dell’assemblea era invece della borghesia
moderata, favorevole alla monarchia costituzionale, pertanto approvò misure a favore dei propri interessi economici. Il re, privo di
poteri, tentò la fuga all’estero, ma venne riconosciuto a Varennes e ricondotto prigioniero a Parigi. Nel Luglio del 1791 la Guardia
nazionale fece fuoco sui manifestanti presso il Campo di Marte peggiorando, così, il rapporto fra popolo e monarchia. Intanto,
l’Assemblea, si riavvicinò alla Corona, approvando una Costituzione detta “borghese” che instaurava una monarchia costituzionale e
continuava a escludere il popolo al voto. Nell’Ottobre del 1791 fu sostituita l’Assemblea con l’Assemblea legislativa, divisa in più
correnti politiche: I foglianti, sostenitori della monarchia costituzionale e ostili alle rivendicazioni popolari; Gli indipendenti; I
giacobini che, ben presto, si staccarono dai girondini; I cordiglieri, di tendenze democratiche e radicali. Austria e Prussia
intendevano restituire potere a Luigi XVI, così l’Assemblea dichiarò guerra alle due potenze. A seguito dei primi insuccessi militari,
il popolo di Parigi, scaricò la colpa al re dando vita ad un colpo di stato: a Parigi venne creata una Comune insurrezionale gestita dai
giacobini, mentre il re venne sospeso dalle sue funzioni e imprigionato. Nello stesso giorno della vittoria francese a Valmy venne
convocata la Convenzione nazionale, eletta a suffragio universale, che dichiarò la decaduta della monarchia e proclamò la
repubblica. Luigi XVI fu processato e condannato a morte attraverso la ghigliottina (21 gennaio 1793).
La rivoluzione francese
Dalla repubblica giacobina al Direttorio
Il regicidio impressionò le maggiori potenze europee, che decisero di creare una coalizione contro la Francia rivoluzionaria. In
risposta ad una situazione caratterizzata da forti dissensi interni, rivolte antirivoluzionarie e una possibile invasione delle forze
stranieri, la Convenzione creò speciali organismi per difendere la rivoluzione come: il Tribunale rivoluzionario e il Comitato
della salute pubblica attraverso i quali i giacobini di Robespierre, che ormai prevalevano sui moderati girondini, iniziarono a
governare la Francia dando inizio ad un periodo definito di «Terrore». Poco dopo la convenzione approvo una seconda
costituzione che prevedeva il suffragio universale maschile, il diritto di tutti al lavoro e alla sussistenza. In seguito ci fu una
divisione interna del movimento dei giacobini, Robespierre nonostante tutto riuscì a imporsi e ad instaurare una dittatura
personale, iniziò così il periodo più drammatico del Terrore: ci fu la sospensione dei diritti civili, processi sommari e condanne a
morte, vennero condannati anche Danton, capo dei giacobini moderati e l’ex-regina Maria Antonietta. La Francia però si stufò
del bagno di sangue causato da Robespierre e alla prima occasione lo condannarono a morte senza alcun processo. Da quel
momento prese il controllo la borghesia moderata e prevalsero tra di loro i termidoriani (coloro che fecero arrestare Robespierre)
che instaurarono una terza Costituzione.
la terza Costituzione emanata dai termidoriani abolì il suffragio universale, limitò le libertà democratiche e ripristinò il liberismo
economico e la proprietà privata. Il potere esecutivo fu affidato a un Direttorio che represse con forza le ribellioni delle folle
parigine. La costituzione dell’anno III non accontentava né giacobini, né realisti: questi tentarono di far cadere il Direttorio ma
l’insurrezione fu subito stroncata. Allo stesso tempo si scatenò una repressione contro giacobini e sanculotti definita «terrore
bianco» condotta dalle forze reazionarie e filomonarchiche: ciò favorì l’alleanza tra la borghesia e l’esercito, alleanza che
avrebbe caratterizzato la Francia durante i successivi venti anni.

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