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Georg Wilhelm Friedrich Hegel 1. Gli scritti giovanili 1. Linsegnamento a Jena 2. La fenomenologia dello spirito e la ragione dialettica 3.

Il padrone e il servo: coscienza, autocoscienza, ragione 4. La logica dialettica: essere, essenza, concetto 5. La logica come scienza dellidea pura 6. Dalla natura allo spirito 7. La filosofia dello spirito e la storia universale 8. Il periodo berlinese: diritto, arte e religione 9. Storia della filosofia e filosofia della storia 10.La storia e il "pensatore "

1. Gli scritti giovanili Nato a Stoccarda il 27 agosto 1770, Georg Wilhelm Friedrich Hegel frequent, da giovane, i corsi di teologia dellUniversit di Tubinga, dove ebbe come colleghi Holderlin e Schelling, che tanta importanza avranno, in seguito, nella sua esistenza privata e nella sua vita pubblica. Completati gli studi, nel 1793 accett lincarico di precettore privato a Berna; qui si trattenne fino al 1796. In questo periodo egli "respir" cultura francese, specie quella illuministica, sinteress alle discussioni, allora molto vivaci, sulla Rivoluzione Francese e riemp quaderni di appunti in cui, tra laltro, sintrecciano temi filosofici e osservazioni e valutazioni sugli eventi politici e sociali di quel tempo. Quindi torn in Germania, e visse a Francoforte sul Meno. In questo "periodo bemesefrancofortese" redasse quei saggi che, restati inediti fino al 1906, costituiscono un utile avvio alla comprensione dello Hegel "maturo ", specie quelli scritti tra il 1795 e il 1800, cio fino ai suo ingresso nel mondo accademico. Il titolo che fu attribuito a questi saggi, Scritti teologici giovanili di Hegel, indica solo l "orizzonte" di discorso, perch, in effetti, in essi sintrecciano temi di diversa natura che rivelano la molteplicit degli interessi hegeliani. Qui indicheremo solo alcuni di questi temi, e non esporremo analiticamente il contenuto delle singole opere. Uno degli argomenti significativi il rapporto tra mondo antico e mondo modemo, la cui elaborazione il frutto di un sentito interesse per lantichit e di una profonda riflessione critica sugli eventi a lui contemporanei. Il mondo greco, pensa Hegel, la matrice di quello moderno; pertanto ogni tentativo di comprendere il secondo senza indagare sui fili che lo legano al primo, risulter inevitabilmente sterile. Certo, tra le due civilt c una profonda diversit; anzi una contrapposizione. Il mondo antico il positivo, quello moderno il negativo, afferma Hegel in armonia con le idee di Holderlin e di Schiller. Tuttavia, a differenza di Schiller, Hegel sostiene che il mondo modemo sapr "risorgere" con la piena realizzazione degli ideali che hanno ispirato la Rivoluzione Francese, di cui il filosofo offre una valutazione positiva. Ma quali sono le ragioni della contrapposizione? Hegel riprende il tema schilleriano dellarmonia tra uomo e natura nellantichit greca, chegli vede realizzata in tutti i momenti della vita umana, anche in quello economico (non cera sostanziale sperequazione economica) e in quello politico (i1 cittadino partecipava in prima persona alla vita dello stato, e quindi alla formazione delle leggi e al funzionamento delle istituzioni); tale armonia costituiva la condizione della libert e della felicit delluomo antico che, perci, non avvertiva il bisogno di proiettarsi in una

dimensione ultraterrena, come fa luomo modemo, indottovi dalla mancanza di libert e dalla profonda insoddisfazione per la propria esistenza. Altro punto di pi intensa riflessione giovanile fu il tema della religione, tema che leg linteresse di Hegel allIlluminismo, di cui rifiutava gli estremismi materialistici e irreligiosi (dHolbach), ma accettava, tesaurizzandole, la critica alle religioni positive (Lessing) e la riduzione delle istanze religiose che le sostengono a "esigenze dello spirito" (Kant). Come per Lessing, per lui tutte le religioni "positive" sono "false ", in quanto salimentano di un inutile spirito di competizione e lotta reciproca, e, al loro interno, della scissione, dellestraneit tra leggi e dogmi (che cadono dallalto con la loro astrattezza) e le concrete esigenze umane; ma sono anche, o possono essere, tutte "vere" se il credente esprime in esse la sua "religiosit naturale ", che gli assicura l "armonia" con s e con gli altri. Anche in questo caso la "scissione ", la "separazione ", la "lotta" il negativo, e l "armonia" il positivo, per cui levoluzione della civilt dovr portare alla ricostruzione dellarmonia. La ricerca di una religione "autentica" porta poi Hegel a "misurarsi" con Kant. Della Critica della Ragion Pratica apprezza la teoria dei postulati. Di contro alla forma "oggettiva" di una religione che si fonda su astratti dogmi e su principi estranei alla vita umana, come di contro alla forma "privata" di una religione che si risolve in credenza e pratiche rituali utili solo ad offrire sostegno e conforto nelle contingenze avverse della vita, per Hegel la teoria kantiana dei postulati offre la base di una religione "soggettiva ", espressione di esigenze che luomo sa essere interiori a se stesso, di ideali chegli sa essere innati in lui. Ma anche la teoria kantiana non soddisfacente, nonostante il suo nucleo di verit. Una vera religione (sostiene Hegel fondendo glinsegnamenti tratti da Lessing,Kant e Schiller? devessere "religione popolare "; religione di uomini liberi viventi m armonia con s e con gli altri, armonia che raggiunge il culmine in quella dellindividuo con la vita del proprio popolo. Essa caratterizz il mondo antico, e decadde solo, a partire dal Medio Evo, con laffemmarsi delle religioni positive. Tra queste c anche quella "cristiana ", che, nata bene, acquist i suoi caratteri "moderni" proprio nel Medio Evo, cio quando divenne espressione di una speranza in una vita ultraterrena e di un atteggiamento passivo nei confronti della legge divina concepita come lontana, "obiettiva ", in conseguenza della perdita di ogni libert politica e sociale e del sentimento di estraneit dello stato rispetto alla vita concreta, quotidiana. Ci che inficia, dunque, la concezione etica kantiana la teoria dellimperativo categorico. Infatti ladeguamento passivo della volont alla ragione, astrattamente intesa e quasi separata dagli altri aspetti delluomo concreto, , per Hegel, lanalogo dellatteggiamemto di accettazione passiva richiesto dalle religioni positive di fronte alla Legge. Lesigenza di una concezione delluomo come realt unitaria, senza separazioni tra le sue funzioni spirituali, avvicina inoltre Hegel ai Romantici. Come questi egli critica la separazione, proposta dallIlluminismo, tra intelletto e cuore, e lassunzione del primo ad unico strumento di spiegazione della realt. Ma questa, per Hegel caratterizzata da una variegata complessit, per cui lintelletto, "astraendo ", cio separando e isolando col pensiero ci che nei fatti connesso, non comprende in modo autentico il reale. Certo anche lintelletto svolge una funzione utile (infatti spiega le differenze, le fratture fra i vari momenti della realt); ma esso non deve essere assolutizzato, pena il suo estraniarsi dalla vita delluomo. Se lIlluminismo ha proposto un distacco tra intelletto e sensibilit, il compito della civilt futura il superamento, la risoluzione di questa contrapposizione. luomo futuro dovr vivere cio in una condizione di saggezza, in cui trovino sistemazione organica ed armonica le esigenze razionali e la vita emotiva e passionale.

Ma non fu solo questo lelemento di affinit coi Romantici. Anzi, viene addirittura definita "fase romantica" quella vissuta da Hegel nella sua permanenza a Francoforte, dal 1797 al 1800. In quegli anni lAthenum elaborava il concetto di" sinfilosofare ", "filosofare insieme ", in termini polemici contro la concezione della filosofia come "sistema" uscito dalla mente di un pensatore solitario e costruito con solitarie dimostrazioni deduttive. Per i Romantici tali filosofie erano estranee alla vita, perch non nate dal confronto delle idee, dal dialogo, dalla dialettica dei pensieri, che sola interpreta il reale ed esprime la vera elaborazione culturale. Hegel condivide il concetto di "pensare dialettico ". Anche il pensiero di un singolo individuo deve muoversi dialetticamente, per posizione di concetti e per negazione di essi. Per lui la contraddizione nei fatti, per cui levoluzione la negazione del gi avvenuto. Pertanto per interpretare la storia bisogna individuare le contraddizioni tra i momenti che la costituiscono; anzi la sua unit attraverso le sue opposizioni, comegli fa delineando il rapporto tra mondo antico, moderno e futuro. La contraddizione, egli sostiene con i Romantici, dunque la legge logica che rende fecondo e vitale il pensiero, in quanto non gli consente di "immobilizzarsi ", bens di sviluppare continuamente s da se stesso. C un saggio, per, in cui il concetto romantico di dialettica viene superato in una concezione filosofica pi articolata, che prelude alle teorizzazioni future. Esso Lo spirito del cristianesimo e il suo destino. Qui Hegel riprendendo la riflessione sulle religioni positive (confessionali e basate su dogmi oggettivi ed astratti), introduce il concetto di "popolo infelice ", cio di quello che ha perduto larmonia della "religione popolare" e vive una "coscienza infelice ", caratterizzata dalla scissione, separazione tra s e Dio, e dal bisogno di cercare fuori di s, cio in un Dio "lontano ", la ragione di se stesso. Ma, sostiene Hegel, questa condizione di scissione interna allo spirito non da considerarsi come semplicemente negativa; essa, s, in opposizione alla "antica" armonia, ma questa armonia era vissuta dagli antichi in modo inconsapevole; pertanto la consumazione della condizione di infelicit, di scissione delluomo, gli permette di ricostituire consapevolmente quellarmonia; dunque essa ha anche un ruolo positivo. Pertanto levoluzione futura dellumanit non deve muoversi sulla base della" distruzione" dellesperienza della scissione, ma deve tesaurizzarla, conservarla, come momento necessario dello sviluppo dello spirito, nella ricostituita armonia; la quale quindi rappresenter il superamento consapevole di quella scissione. Il concetto romantico di dialettica si congiunge ora a quello di "superamento" degli opposti. Hegel comincia, insomma, a delineare quello che successivamente indicher come processo per tesi-antitesi-sintesi, laddove la tesi, in questo caso, costituita dallarmonia primitiva e inconsapevole, lantitesi dalla rottura di essa, e la sintesi dalla riconquista di quellarmonia (tesi) attraverso lesperienza, tesaurizzata, della rottura (antitesi). Se poi consideriamo che in questa prospettiva leggibile anche lidea che la legge dialettica non solo legge dei "fatti ", e non solo legge del pensiero logico, ma anche legge dello sviluppo dello spirito umano, sia considerato storicamente come spirito dellumanit, sia considerato come spirito delluomo individuale, dobbiamo allora condudere che nella fase giovanile di Hegel si presentano tutti quei temi che costituiranno i fondamenti della concezione elaborata successivamente in forma di sistema. 2. linsegnamento a Jena Nel 1801 Hegel entra nellambiente accademico di Jena, su presentazione di Schelling, che gi era professore in quella Universit e che, a quel tempo, gi aveva pubblicato il suo Sistema dellidealismo trascendentale. Era una grossa occasione per Hegel perch

quellUniversit era nota come centro culturale di eccezionale importanza. Il suo "periodo jenese ", che va dal 1801 al 1807, ebbe inizio con la pubblicazione del saggio Differenza fra i sistemi filosofici di Fichte e di Schelling, redatto in polemica con Reinhold che in un suo scritto aveva dichiarato di non rilevare molta differenza tra i sistemi dei due filosofi. Mutuando da Kant il termine ed il concetto di "riflessione" (Kant infatti aveva distinto, come si ricorder, il giudizio determinante da quello riflettente), Hegel designa come filosofie della riflessione quelle che, posta una contrapposizione tra soggettivit e oggettivit, coscienza ed essere, affidano solo ed esclusivamente alla soggettivit la possibilit di cogliere lessenza della realt. Sono degli idealismi, ma idealismi soggettivi: essi infatti partono dallIo e allIo riconducono e riducono il senso del rapporto conoscitivo e pratico con la realt. Queste filosofie, tra le quali Hegel annovera oltre che la stessa concezione di Kant anche quelle di Jacobi, Schleiermacher e Fichte, teorizzano la chiusura dellIo su se stesso. Schelling, invece, a suo giudizio, ha "superato" la contrapposizione tra coscienza ed essere, "riconciliando" gli opposti; cos ha spezzato lisolamento dellIo. C dunque, per Hegel un rapporto preciso tra la filosofia di Fidhte e quella di Schelling. La prima svolge, nei confronti della seconda, un ruolo analogo a quello da Hegel indicato per la "coscienza infelice ". Il sistema fichtiano ha evidenziato lopposizione, la scissione tra pensiero e realt; ma ha costituito pure un momento utile, necessario, anzi indispensabile perch lunit soggetto-oggetto potesse ritrovarsi riconquistata ed arricchita di consapevolezza nella concezione di Schelling. La difesa di Schelling fatta da Hegel rinsald lamicizia e favor la collaborazione tra i due: i quali, appunto, fondarono, nel 1802, il "Giornale critico della filosofia ",su cui Hegel pubblic dei saggi in cui riprendeva il discorso sulle filosofie della riflessione, la cui origine talvolta indicava nel pensiero illuministico. Contemporaneamente, per, Hegel sapprestava a dare corpo ad un suo proprio sistema, com rilevabile dagli appunti per le lezioni, redatti tra il 1801 e il 1804; appunti pubblicati postumi in due opere: la Logica di Jena, in cui sono raccolti quelli dargomento logico e metafisico, e la Filosofia del reale di Jena, in cui sono raccolti quelli relativi alla filosofia della natura e alla filosofia dello spirito. Dei lavori di questo periodo daremo qui solo una presentazione sommaria e complessiva. Hegel sostiene la necessit di una "logica dialettica ", cos indicata in opposizione alla aristotelica "logica dellidentit ". Ogni concetto risulta "astratto" e insignificante se considerato in s, cio se non relazionato al suo opposto e se, insieme al suo opposto, non viene individuato "superato" in un concetto superiore che li sintetizzi entrambi, cio conservandoli nella loro reciproca relazione. Tale argomento ricorrer, con pi ricchezza di articolazione, nella successiva Scienza della Logica, e quindi cercheremo dapprofondirlo quando tratteremo di questopera. Decisa comunque la convinzione hegeliana che questo tipo di logica il solo strumento utile per la conoscenza del reale. Infatti anche i fenomeni naturali possono e debbono esser letti ed interpretati secondo la logica della contraddizione, in quanto, a ben vedere, ad ogni fenomeno corrisponde, nella realt, un fenomeno opposto ed entrambi si ritrovano, conservati ma superati, "riconciliati" in un altro fenomeno che, appunto, li comprende insieme. Tipico, nellarea del reale, lesempio delluomo, lo spirito, che si presenta come sintesi di puro pensiero e naturalit, elementi che, opposti tra di loro, si trovano armonizzati relazionati, nella realt umana. C dunque in Hegel lidea che alla "dialettica" come legge del pensiero corrisponda una "dialettica" come legge della realt; cosa che rappresenta una notevole premessa alla successiva affemmazione dellunicit della legge del pensiero e della realt, alla tesi dellidentit di razionale e reale. 3. La fenomenologia dello spirito e la ragione dialettica

Intanto matura il distacco da Schelling. Nellarticolo Le maniere di trattare scientifcamente il diritto naturale Hegel dichiarava che lintuizione, che per Schelling era la suprema facolt conoscitiva del reale, inadeguata a conoscere la realt nella sua interna struttura, perch non arriva mai allastrazione del concetto razionale, che solo pu dare organizzazione e sistematicit a quella conoscenza. Ma il distacco diventa netto ed esplicito nella Fenomenologia dello Spirito. Nella Prefazione infatti Hegel sostiene che Schelling ha enunciato il principio dellidentit degli opposti come principio interpretativo del reale, ma non ha mostrato come tale principio sia riscontrabile in ogni forma e grado particolare della realt. Quel principio resta cos indeterminato, simile alla "notte in cui tutte le vacche sono nere ". C, dunque, per Hegel ununione degli opposti che egli, per, non considera gi posta, ossia immediatamente esistente, ma frutto di un processo insito nella realt. E, sul piano del pensiero, tale unione non il risultato di unastratta ideazione, ma una verit che il pensiero conquista in virt del suo interno movimento. Lo strumento della filosofia, ribadisce Hegel contro lintuizione di Schelling e contro lentusiasmo mistico o fideistico dei Romantici e di Jacobi, la ragione; ma non si tratta della ragione illuministica, bens della ragione dialettica, che si esercita secondo la legge della contraddizione, cio opera ponendo una tesi, a cui contrappone unantitesi, per giungere ad una sintesi degli elementi concettuali contraddittori. Tale ragione, anzi, lunico strumento utile di conoscenza, perch il reale si svolge proprio secondo la legge degli opposti, cio per tesi, antitesi e sintesi. La dialettica, per Hegel, quindi non solo la legge del pensiero, ma anche quella della realt; anzi lessenza stessa della realt. Tutto si svolge secondo la legge della razionalit, perch un unico "spirito universale" si manifesta, si rivela nella struttura della realt naturale, nello snodarsi degli eventi storici, nel succedersi dei prodotti dello spirito (istituzioni, arti etc). Come pure nelle vicende stesse della coscienza umana individuale. un unico pensiero, un unico logos, che costituisce insieme il motore e la legge della realt fisica e lelemento attivo, dinamizzante, tipico delluomo, considerato sia come individuo che come umanit. E quando si parla del "pensiero" come "attivit razionale" delluomo, esso deve intendersi, per Hegel, come quel "pensiero universale ", quel "logos" del tutto, che proprio nelluomo - anche come individuo - diventa "cosciente di s ", Si rivela pienamente a se stesso. Quella razionalit universale che circola "inconsapevole" nelle cose e negli eventi, diventa autocosciente nelluomo, diventa "sapere di s ". E poich questo sapere i1 sommo possibile per luomo, esso "sapere assoluto ", frutto di uno "spirito assoluto ", libero, giunto alla pienezza dei suoi poteri e delle sue capacit. Ma lapprodo ad un sapere assoluto, cio ad una conoscenza filosofica di s e del mondo, o meglio del logos che permea e d forma al divenire del tutto, tale approdo, dicevamo, non un fatto separato dal pensiero comune delluomo comune, anzi il culmine a cui arriva il pensiero delluomo comune. In altri termini, la coscienza delluomo che si pone filosoficamente di fronte a s e alla realt, la stessa coscienza delluomo comune che, per, pervenuta ad un alto grado di sviluppo (cos come, ad esempio, il pensiero di un adulto lo stesso pensiero che lo caratterizz come essere umano da fanciullo, ma "maturato ", sviluppato, arricchito, e infine consapevole di s). Insomma c uno sviluppo dal "sapere comune" al "sapere assoluto ", che altro non che lo sviluppo dalla "coscienza comune" alla "coscienza filosofica ". Ossia c un divenire interno al sapere che si snoda nel passaggio da una "coscienza irriflcssa ", da uno" spirito immediato ", fino alla" coscienza riflessa ", al pensiero autocosciente e conoscente per concetti.

Un tal divenire della scienza in generale o del sapere appunto ci che questa fenomenologia dello spirito presenta. Il sapere, come esso da prima, o lo spirito immediato, ci ch privo di spirito, la coscienza sensibile. Per giungere al sapere propriamente detto, o per produrre quellelemento della scienza che per la scienza medesima anche il suo puro concetto, il sapere deve affaticarsi in un lungo itinerario (Fenomenologia) Questo sviluppo della coscienza, e del sapere, ossia questo sviluppo dello spirito, ha luogo sia a livello di singole persone, che a quello dellintera umanit. Gli stessi meccanismi e le stesse modalit di sviluppo che portano lindividuo dallinfanzia alla maturit della coscienza, sono infatti individuabili nei passaggi di civilt della storia universale. E viceversa; gli stessi momenti tipici del progresso dei popoli e dellintera umanit, sono individuabili come momenti caratteristici della maturazione della coscienza nello sviluppo della singola persona. Perch sempre lo stesso "logos" che si sviluppa, come coscienza, nel singolo e nellumanit. Sicch le vicende di questo sviluppo progressivo possono essere indicate attraverso "tipi" o "figure" riferibili allo stesso tempo sia alla storia dun individuo che alla storia dellumanit. Gli stessi "fenomeni" che caratterizzano le vicende evolutive degli individui, contrassegnano quelle dello spirito dei popoli e dellintera umanit nel suo complesso cammino. Pertanto, fare una fenomenologia dello spirito, per Hegel, significa ripercorrere le fasi significative di questo cammino dallincultura alla cultura nellindividuo, e dalla rozzezza alla civilt nellumanit. Il compito di accompagnare lindividuo dalla sua posizione incolta fino al sapere era da intendersi nel suo senso generale, e consisteva nel considerare lindividuo universale, lo spirito autocosciente nel suo processo di formazione, rispetto al quale lindividuo particolare lo spirito non compiuto. (Fenom.) Infatti, ogni individuo particolare solo un momento transeunte dello spirito universale nel suo cammino verso il compimento di s, anche se in ogni individuo che tende alla cultura si riproduce lintero travaglio dello sviluppo dello spirito universale. Fare una fenomenologia dello spirito significa per Hegel, allora, molte cose. Significa descrivere le tappe attraverso cui il pensiero dellindividuo passa dalle forme pi elementari di conoscenza empirica alla conoscenza concettuale o filosofica; ma anche, allo stesso tempo descrivere le fasi attraverso cui lumanit nella sua storia passata dalla condizione primitiva alla civilt; il che, poi, non altro che raccontare i modi in cui lindividuo, come lintera umanit, passato dallo stato di inconsapevolezza alla piena consapevolezza di s, cio allautocoscienza tradotta in termini filosofici, concettuali. E significa pure, se consideriamo questo sviluppo dal punto di vista del suo "principio ", cio da quello del "logos ", descrivere il progressivo manifestarsi del Pensiero, nellindividuo come nella storia dalle forme primitive a quelle razionali; cio narrare la storia di un Assoluto che non una "sostanza" immobile e gi compiuta (come in Spinoza e in Schelling), ma "spirito vivente" che conquista

progressivamente se stesso attraverso i singoli e lumanit, spirito che conosce, e si arricchisce nella conoscenza, sia a livello dindividuo che a quello dumanit. In definitiva la fenomenologia dello spirito non altro che un romanzo filosofico; cio una storia romanzata scritta da uno spirito individuale giunto alla consapevolezza filosofica, in cui esso racconta di s, rendendosi personaggio del suo racconto; e narra del cammino ricco e articolato, in continuo progresso, ma anche angustiato da inevitabili e anzi fruttuose insidie e sofferenze, verso la sua condizione di consapevolezza filosofica; racconta delle fasi attraverso cui esso, lungo la storia, come nel suo intimo, pervenuto alla cognizione di essere un momento finito di un Pensiero infinito, un evento particolare in cui sincarna il "logos" eterno, lAssoluto; descrive lo sforzo incessante compiuto nel "crescere ", nel "maturarsi ", nei tentativi messi in atto per ritrovare la sua pienezza; indica i momenti dellincessante ricerca, dellopera continua e progressiva di appropriazione conoscitiva di se stesso, cio delle sue origini e della sua matrice infinita e divina; e rivela, nella narrazione, che in questa ricerca proprio lo "spirito infinito" che nel suo pensiero individuale si riconosciuto come pensiero che "si svolge" e" si manifesta" in tutta la realt. lindividuo percorre questo suo passato, la cui Sostanza quello spirito che sta pi su, proprio come colui che sul punto di avventurarsi in una scienza superiore percorre le cognizioni preparatorie, gi in lui da lungo tempo implicite, per rendersi presente il loro contenuto; e le rievoca senza che quivi indugi il suo interesse. Il singolo deve ripercorrere i gradi di formazione dello spirito universale, anche secondo il contenuto, ma come figure dallo spirito gi deposte, come gradi di una via gi tracciata e spianata. Similmente noi, osservando come nel campo conoscitivo ci che in precedenti et teneva allerta lo spirito degli adulti ora abbassato a cognizioni, esercitazioni e perfino giochi da ragazzi, riconosceremo nel progresso pedagogico, quasi in proiezione, la storia della civilt. Tale esistenza passata propriet acquisita allo spirito universale; spirito che costituisce la sostanza dellindividuo e, apparendogli esteriormente, costituisce la sua natura inorganica. Mettendoci per questo riguardo dallangolo visuale dellindividuo, la cultura consiste nella conquista di ci chegli trova davanti a s, consiste nel consumare la sua natura inorganica e nellappropriarsela. Ma ci pu venire considerato anche dalla parte dello spirito universale, in quanto esso sostanza, in tal caso questa si d la propria autocoscienza e produce in se stessa il proprio divenire e la propria riflessione. (Fenom.) 4. Il padrone e il servo: coscienza, autocoscienza, ragione Il discorso della Fenomenologia prende avvio, dunque, dallanalisi dellesperienza, e descrive come dalla certezza sensibile lo spirito passa alla percezione e quindi allintelletto, che costituiscono le articolazioni interne alla coscienza. Dalla coscienza, poi, lo spirito, nel suo processo, passa allautocoscienza; e quando lautocoscienza matura nella consapevolezza del soggetto assoluto, lo spirito perviene alla ragione. Non rifaremo, qui, la descrizione analitica dei gradi della vita dello spirito. Noteremo solo che sia nel passaggio coscienza- autocoscienza-ragione, sia nella articolazione interna di ognuno di questi momenti, Hegel vede il dinamismo dello spirito che si sviluppa per tesiantitesi-sintesi, sicch il primo elemento vien "negato ", "tolto ", producendosi esso stesso nel suo opposto, e vien recuperato, "superato ", nella risultante finale. Infatti, lo spirito, ad esempio, come coscienza (tesi) vive lopposizione, lestraneit tra s e le cose fuori e

di fronte a s; quindi diventa autocoscienza negando proprio quella estraneit e riconoscendo se stesso nel mondo chesso riteneva esterno ed estraneo a s; quindi diventa ragione quando la coscienza acquista certezza razionale, appunto, di essere tutte le cose. Come ragione lautocoscienza... infatti certa di se stessa come realt, ossia certa che ogni realt non niente di diverso da lei, il suo pensare esso stesso, immediatamente, leffettualit... La ragione la certezza della coscienza di essere ogni realt. (Fenom.) A livello di ragione quindi lo spirito conquista la verit dellidentit tra razionalit e realt, pensiero ed essere. Ci che , larticolarsi e il dispiegarsi della razionalit, del logos; e ci che, in me che penso, pensiero, il logos del tutto che in me diventa autoriflettentesi. Nel passaggio dalla coscienza alla ragione lo spirito attraversa la fase della conquista di s come autocoscienza. Sul piano della storia come su quello dellindividuo, questo dellautocoscienza un momento di grosso travaglio, che Hegel rappresenta attraverso una serie di "figure" tratte dalla "storia ideale" dellumanit. Su queste ci fermeremo, per la ricchezza e finezza danalisi che Hegel ha esplicitato sia nellesame della vita interna dellanima umana che in quello di alcuni momenti della vita culturale dellumanit. La prima "figura" presentata quella del rapporto "signore" "servo ". Gli uomini, come "autocoscienze ", sono in rapporto conflittuale tra loro. laffermazione della propria spiritualit autocosciente pu avvenire solo attraverso laffermazione sullaltra autocoscienza. Tale conflittualit induce al rapportarsi degli uomini tra loro secondo lo schema signore-servo. In questo rapporto il "vincitore" il signore, che afferma la sua autocoscienza come coscienza della libert di fronte e sul servo, cui non riconosce uguale libert. Infatti il servo legato al mondo materiale ed vincolato ad esso attraverso il lavoro per soddisfare, proprio col suo lavoro, i desideri del signore. Ma il rapporto non deve includere la negazione della coscienza del servo, perch allora il rapporto stesso non sussisterebbe pi. Infatti il servo deve conservare tanta coscienza da riconoscersi diverso e dipendente dal signore, e quindi da riconoscere al signore la libert. Dunque lautocoscienza del signore ha un punto debole: devessere riconosciuta dalla coscienza del seno per poter realizzarsi. Il signore la coscienza che per s...la quale mediata con s da unaltra coscienza, cio da una coscienza tale, alla cui essenza appartiene di essere sintetizzata con un essere indipendente o con la cosalit in genere. Il signore si rapporta a questi due momenti: a una cosa come tale, alloggetto, cio, dellappetito; e alla coscienza cui lessenziale la cosalit... il signore si rapporta al servo in guisa mediata attraverso lessere indipendente, ch proprio a questo legato il seno; questa la sua catena, dalla quale egli non poteva astrarre nella lotta; e perci si mostr dipendente, avendo egli la sua indipendenza nella cosalit. Ma il signore la potenza che sovrasta a questo essere; ... siccome il signore la potenza che domina lessere mentre questo essere la potenza che pesa sullaltro individuo, cos, in questa disposizione sillogistica, il signore ha sotto di s questo altro individuo. Parimente il signore si rapporta alla cosa in guisa mediata, attraverso il servo. (Fenom.)

Dunque, mentre il signore coscienza per s, quella del servo coscienza per altro, per il signore. E mentre il signore non ha rapporto con la realt, oggetto dei suoi appetiti, se non attraverso il servo, questa realt il vincolo che lega in rapporto di dipendenza il servo al signore. Per, la realt anche il mezzo attraverso cui il servo trova lunica indipendenza possibile: infatti la sua trasformazione della realt dipende unicamente da lui. Sicch proprio in questa trasformazione il servo scopre che il signore non veramente indipendente, in quanto dipende dal suo lavoro, e che egli, invece, nel suo lavoro indipendente per davvero. La verit della coscienza indipendente , di conseguenza, la coscienza servile. Questa da prima appare bens fuori di s e non come la verit dellautocoscienza. Ma... la servit nel proprio compimento diventer piuttosto il contrario di ci chessa immediatamente; essa andr in se stessa come coscienza riconcentrata in s, e si volger nellindipendenza vera. (Fenom.) Il "servo" allora giunge, con lelaborazione della realt, alla sua autocoscienza. E il rapporto prima esistente col "signore" ora si capovolge. Agli occhi del" servo" lautocoscienza signorile mostra la sua debolezza proprio mentre egli conquista, attraverso la paura chegli vive in ogni attimo della sua esistenza, la propria autocoscienza. A questo punto il servo non riconosce pi come" signore" il signore. Alla coscienza servile lessere-per-s che sta nel signore un essere per-s diverso, ossia solo per lei; nella paura lessere per s in lei stessa (coscienza); nel formare (elaborare la realt) lessere-per-s diviene il suo proprio per lei, ed essa giunge alla consapevolezza di essere essa stessa in s e per s. (Fenom.) Pertanto, sia il lavoro che la paura conducono il servo alla" riappropriazione" di s e alla" negazione" del signore. Con la figura del rapporto signore-servo Hegel ha mostrato il primo momento della "liberazione" dellautocoscienza. Le altre "figure" sono indicate dal filosofo nello stoicismo e nello scetticismo. Il problema, infatti, che non stato ancora risolto la dipendenza della coscienza dalla realt, dalla natura. lautocoscienza del servo liberato , s, indipendente dal signore, ma non dalla realt. Nellatteggiamento stoico Hegel vede il primo tentativo di questa nuova liberazione; lo stoico, infatti, si rifugia nel mondo astratto del pensiero, dichiarando la sua indifferenza alla realt e dichiarandosi autosufficiente. Ma questa sua "libert" non altro che il "concetto della libert ", non libert effettiva, effettiva indipendenza e autosuffiaenza. Insomma lo stoico non supera la condizione di precariet della sua concreta esistenza. Tale coscienza (stoica) quindi negativa verso la relazione signoria-servit. Il suo operare non n quello del signore, che trova la propria verit nel servo, n quello del servo, che trova la propria verit nella volont del signore e nel servizio resogli. Anzi il suo operare di essere libera sul trono, e in catene e in ogni dipendenza del suo singolo esserci, di riservarsi linerzia che dal movimento dellesistenza... si rifugia sempre nellessenza semplice del pensiero. Lo stoicismo la libert che - uscendo sempre da lei stessa - ritorna nella pura universalita del pensiero... Pur tuttavia lessenza di questa autocoscienza in pari tempo soltanto unessenza astratta. La libert dellautocoscienza

indifferente verso lesistenza naturale e quindi la ha, alla sua volta, liberamente dimessa. La libert nel pensiero... quindi soltanto il concetto della libert, ma non proprio la libert vitale. (Fenom.) Lo stoico quindi "dipende" dalla realt perch non coglie che la realt la sua stessa essenza, il suo stesso Pensiero estrinsecatosi spazio-temporalmente. Un passo verso questa concezione lo compie lo scettico. Colui che ha assunto latteggiamento scettico "nega" la realt in se stessa, riconoscendo come realt solo ci ch nella sua stessa coscienza. E un passo avanti, ma monco: per lui, s, la realt di una cosa non consiste nella fisicit della cosa stessa; la realt della cosa sta nel suo pensiero, quando egli la pensa; tuttavia lo scettico crede reale solo ci che nella sua propria, individuale, particolare coscienza. Il che porta inevitabilmente al contrasto con le altre coscienze e ad una contraddizione con se stesso, come vedremo. Ora nello scetticismo si palesa per la coscienza la totale inessenzialit e dipendenza di questo "altro ", cio della realt, nei cui confronti egli opera una negazione consapevole di s mediante la quale lautocoscienza si procura per se stessa la certezza della propria libert (da essa), e linnalza cos a verit... Nel mutamento di tutto ci che per lei tenderebbe a consolidarsi, lautocoscienza scettica fa esperienza della sua propria libert, come di una libert che essa stessa si data e mantenuta; lautocoscienza scettica latarassia del pensare se stesso; la certezza immutabile e verace di se stesso. (Fenom.) Lo scettico comprende che non egli dipende dalla realt, ma la realt, svuotata in se stessa di ogni contenuto, ne assume uno nella sua coscienza, e dipende cos dalla sua coscienza. Ma c laltra faccia della medaglia di questa libert. Svuotando la realt del suo contenuto in s, la coscienza scettica avverte di trovarsi instabile, perennemente mutevole, nel caos. Ma, in effetti, invece di essere coscienza eguale a se stessa, qui la coscienza non altro che un accidentale arruffio; soltanto limbroglio di un disordine che sempre si riproduce. Ci essa per s, perch essa stessa nutre e produce il movimento di questo disordine. Essa fa professione di ci; professa quindi di essere una coscienza del tutto accidentale e singola; una coscienza che empirica e che va dietro a ci che per essa non ha realt alcuna, che d retta a ci che ad essa non unessenza, che fa - elevandolo ad effettualit - ci che ad essa non ha verit. (Fenom.) Dunque la coscienza scettica, ponendo per "vero" ci che essa percepisce e valuta come "vero ", produce due effetti negativi: non coglie che il "reale" "razionale ", e che il "vero" non relativo alla sua singola coscienza; e inoltre scava un abisso tra s e le altre coscienze, tra la "sua" verit e quella degli altri. Infine raggiunge la somma contraddizione con s quando proclama che lunica realt e verit quella ch per lei, e proclama ugualmente che non esiste realt e verit; in particolare quando afferma se stessa come coscienza immutabile, stabile, uguale a se stessa, e, daltra parte, deve riconoscere che questa sua coscienza sempre mutevole.

Questa contraddizione viene sciolta, ma artificiosamente, dalla coscienza infelice, che Hegel presenta come ulteriore "figura" nel processo di formazione dellautocoscienza. Essa la coscienza delluomo religioso "medievale ", che risolve la contraddizione separando i due elementi opposti. Egli attribuisce a Dio la coscienza immutabile e lascia a se stesso quella mutevole. Ma un atteggiamento spirituale, esistenziale, non pi una posizione di pensiero. Tale atteggiamento si esprime con la devozione e, al suo culmine, con lascetismo. Ma proprio con lascetismo luomo, vittima della carne e spiritualmente infelice, tende al superamento dellabisso tra s e Dio, tende ad unificarsi con Dio; tende cio ad unire la sua coscienza finita (mutevole) con la coscienza assoluta, infinita, di Dio, riconoscendo nella sua coscienza empirica la coscienza assoluta di Dio. questa la premessa che condurr lo spirito umano alla condizione di soggetto assoluto, cio che porter luomo dalla fase dellautocoscienza a quella della ragione, in cui vede Dio dispiegarsi nel mondo, lideale nel reale, leterno nel tempo, lassoluto nel contingente, in un continuo, incessante divenire.
La logica dialettica: essere, essenza, concetto A causa delloccupazione francese della citt di Jena, Hegel fu costretto a trasferirsi prima a Bamberga, poi a Norimberga, dove accett lincarico di rettore e di professore di filosofia nel locale ginnasio, e infine ad Heidelberg, chiamato presso lUniversit. Questo periodo, che va dal 1808 al 1817, viene convenzionalmente chiamato "periodo sistematico" perch il filosofo attese alla sistemazione organica e definitiva della sua concezione. Negli anni tra il 1812 e il 1816 elabor la Scienza della logica, chegli considerava come la prima parte del suo sistema; sistema che, poi, trover compiuta articolazione nella Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, pubblicata nel 1817. Della logica norimberghese, i cui termini fondamentali si ritroveranno, sintetizzati, nella Enciclopedia, non presenteremo unesposizione dettagliata, ma solo gli aspetti pi importanti e il significato generale. Nella Fenomenologia Hegel ha mostrato come lo spirito umano "si muove" nei suoi modi desistenza e nelle sue forme storiche di vita, secondo modelli che possono essere interpretati come "logici"; anzi il suo stesso "muoversi" segue le regole di una "logica dialettica" interna; sicch chi analizza il "movimento" dellumanit, anche a livello di comportamento dei singoli uomini, deve adottare un procedimento mentale, un processo logico, anchesso di tipo "dialettico", per comprendere nel profondo, nelle sue trame, lo sviluppo delluomo come spirito che conosce ed agisce. Nella Scienza della logica Hegel intende astrarre le regole della logica dialettica dal suo contenuto reale, e studiarle in s; ossia vuole studiare le regole del reale come regole, in s, del pensiero che pensa e conosce il reale. La logica, pertanto, il versante soggettivo della metafisica, che lo studio delle leggi di sviluppo del reale oggettivo. E poich nella Fenomenologia Hegel ha rilevato che la funzione conoscitiva dello spirito si articola nei tre momenti di coscienza, autocoscienza e ragione, e dal momento che la coscienza attinge lessere nella sua indeterminatezza, lautocoscienza coglie lessenza e la ragione si eleva al concetto, nella Logica Hegel individua come strutture fondamentali del pensiero proprio le categorie: essere, essenza e concetto. Di queste il concetto viene considerato lo strumento logico della ragione perch coglie, della realt, lesterno e linterno, lapparenza e lessenza, il reale e lideale; Hegel considera una ragione cos intesa come lo strumento proprio della "concezione idealistica" perch non implica frattura tra i termini opposti tra loro, e quindi non cade nei limiti delle concezioni "soggettivistiche" e di quelle "realistiche" o dogmatiche. Anche la Scienza della logica dunque fondata sullidentit di reale e razionale gi indicata nella Fenomenologia. Anzi Hegel mostrer che tale identit sar la grande scoperta che lo spirito far quando render il suo stesso pensiero oggetto della sua riflessione. Qual , dunque, il concetto stesso di "logica" che Hegel propone?

Il concetto che fino a qui si avuto della logica basato sulla separazione, presupposta una volta per sempre nella coscienza ordinaria, del contenuto della conoscenza dalla forma di essa, sulla separazione cio della certezza e della verit. Si presuppone in primo luogo che la materia del conoscere sussista gi in s e per s quale un mondo belle compiuto al di fuori del pensiero, che il pensiero sia di per s vuoto, che sopravvenga a quella materia estrinsecamente quale una forma, si riempia di essa e solo con questo acquisti un contenuto, e cos diventi un conoscere reale. Questi due elementi poi... vengono ordinati luno di fronte allaltro per modo che loggetto sia un che di gi per s compiuto, un che di gi pronto, che per la sua realt possa perfettamente fare a meno del pensiero e che allincontro il pensiero sia qualcosa di manchevole cui occorra completarsi in una materia, e cio rendersi a questa adeguato quale una cedevole forma indeterminata. Verit laccordo del pensiero con loggetto; e al fine di produrre questo accordo (poich esso non sussiste in s e per s) bisogna allora che il pensiero si adatti e si acconci alloggetto. (Scienza della logica) Ma questa concezione della logica, che Hegel vede ancora circolare ai suoi tempi, in realt sacrifica quanto cera di pi vero nella vecchia metafisica. La vecchia metafisica aveva un concetto assai pi alto del pensiero, che non quello ch venuto di moda ai nostri tempi. Metteva cio per base che quello, che per mezzo del pensiero si conoscesse delle cose, e nelle cose, fosse il solo veramente vero che le cose racchiudessero. Il vero, per quella metafisica, non erano quindi le cose nella loro immediatezza, ma soltanto le cose elevate nella forma del pensiero, le cose come pensate. Quella metafisica riteneva perci che il pensiero e le determinazioni del pensiero non fossero un che di estraneo agli oggetti, ma anzi fossero la loro essenza, ossia che le cose e il pensare le cose coincidessero in s e per s, che il pensiero nelle sue determinazioni immanenti, e la vera natura delle cose, fossero un solo e medesimo contenuto. (s. d. log.) La separazione del pensiero dalla realt il peccato commesso da quelle che Hegel chiama "filosofie della riflessione"; filosofie che si fondano non gi sulla "ragione", che unifica relazionando, bens sull"intelletto ", che separa astraendo il concetto dallessenza. chiaro il riferimento a Kant e Jacobi. Ma lintelletto riflettente simpadron della filosofia... Per lintelletto riflettente o riflessivo da intendere in generale lintelletto astraente e con ci separante, che persiste nelle sue separazioni. Volto contro la ragione, cotesto intelletto... fa valere la sua veduta che la verit riposi sulla realt sensibile... e che la ragione... non dia fuori che sogni. Ora in questa rinuncia della ragione a se stessa il concetto della verit va perduto, la ragione viene ristretta a conoscere soltanto una verit soggettiva..., soltanto qualcosa cui la natura delloggetto stesso non corrisponda. Il sapere tornato ad essere lopinione. (sc. d. log.) Certo "laccennata riflessione consiste nel sorpassare il concreto immediato, e nel determinarlo e dividerlo" traducendolo in concetti; e in ci sta la sua funzione utile. Ma la riflessione deve anche sorpassare queste sue determinazioni divisive, e metterle anzitutto in relazione tra loro. Ora in questo punto del metterle in relazione vien fuori il loro contrasto. Codesto riferire della riflessione appartiene in s alla ragione; il sollevarsi sopra a quelle determinazioni che va fino alla visione del loro contrasto, il gran passo "negativo" verso il vero concetto della ragione. (Sc. d. log.) Sicch la logica per Hegel la scienza delle relazioni tra i concetti, o meglio scienza che riporta sul piano del pensiero le relazioni tra le cose, che indica come leggi del pensiero le leggi che connettono la realt. Poich la realt "si muove", la logica deve mostrare come il movimento del pensiero corrisponda a quello della realt, ne segua lo stesso ritmo. Poich la realt si evolve secondo un ritmo dialettico, per cui ogni momento "finito" sintesi, cio riunificazione e superamento dei due momenti opposti tra loro, la logica devessere anchessa dialettica, cio mostrare che ogni concetto nasce come sintesi, cio riunificazione e

superamento, di due concetti tra i quali sussiste relazione di opposizione. La scienza della logica dunque la scienza della individuazione dei contrasti tra concetti e della riunificazione degli opposti logici in un concetto superiore. Ma come avviene il passaggio dalla opposizione al superamento, cio alla sintesi? Prendiamo ad esempio un tema che sar sviluppato nellEnciclopedia; ci permetter di vedere meglio come alla trama che lega gli eventi corrisponda una trama di concetti. La "famiglia" , s una realt in s, caratterizzata da una "individualit ", ma nessuna famiglia vive e potrebbe vivere in s, chiusa nella propria individualit; per poter vivere deve aprirsi al rapporto con le altre famiglie, deve entrare in un rapporto societario con esse; quindi, per esistere, le famiglie devono costituire una "societ civile"; ma la societ la "negazione" della famiglia, nel senso che le famiglie, per costituire una societ, devono negare la propria individualit, devono rompere esse stesse la propria particolarit. La societ, che lopposto della famiglia, nasce dunque dalla autonegazione della stessa famiglia; sicch la famiglia, come individualit, cio fuori dalla societ, una pura "astrazione"; anzi sussiste come individualit (negata) solo nel rapporto societario. Tuttavia la societ non meno "astratta" della famiglia, perch un vincolo societario non sussiste senza le famiglie, da un lato, e senza norme e istituzioni organizzative che lo favoriscano, lo garantiscano e lo tutelino, dallaltro. Quindi la societ, come realt in s, non esiste fuori delle famiglie e fuori di unorganizzazione statale. La societ deve pertanto "negare" la sua presunta realt assoluta, cio la sua "astrattezza", e deve recuperare la sua natura concreta di vincolo tra famiglie garantito da leggi e istituzioni. La societ non esiste come punto darrivo; anzi, non esiste se non in uno stato. Sicch lo "stato" costituisce lunica vera "realt", cio ci che d vita concreta alla "famiglia" e alla "societ", relazionandole, comprendendole in s, "conservandone" lessenza e "togliendone" la particolarit, lassolutezza, e in definitiva lastrattezza. Se consideriamo, allora, sul piano logico, il rapporto tra il concetto di famiglia, quello di societ e quello di stato, noteremo che essi si dispongono, rispettivamente, in una relazione di "tesi", "antitesi" e "sintesi", di cui i primi due elementi sono "astratti", e troveranno "concretezza" e "verit" solo nel terzo; daltra parte la "sintesi" il prodotto di un processo di "doppia negazione", nel senso che la sintesi il prodotto dellautonegazione dellantitesi che, a sua volta, lopposto nato dallautonegazione della tesi. Cos che (costituendo queste le leggi insieme della realt e del pensiero) solo il rapporto al concetto di societ ci permette di comprendere il concetto di famiglia, e solo il rapporto al concetto di famiglia e a quello di stato ci permette dintendere il concetto di societ. Come pure, i concetti di famiglia (tesi) e quello di societ (antitesi) sono insignificanti in s e per s, e indeterminabili se non visti nella loro unit sintetica costituita dal concetto di stato, che, daltra parte, non ha alcun senso se non come unit di quei due, che tra loro sono "contrari". Come nel processo reale, cos pure in quello logico indispensabile dunque il momento della negazione; negazione che, come nella realt, non distrugge, sul piano logico, non annienta; insomma tale negazione permette la relazione sul piano reale e permette la comprensione sul piano logico. lunico punto, per raggiungere il procedimento scientifico,... la conoscenza di questa proposizione logica: che il negativo insieme anche positivo, ossia che quello che si contraddice non si risolve nello zero, nel nulla astratto, ma si risolve essenzialmente solo nella negazione del suo contenuto particolare; vale a dire che una tale negazione non una negazione qualunque, ma la negazione di quella cosa determinata che si risolve ed perci negazione determinata. Bisogna, in altre parole, saper conoscere che nel risultato essenzialmente contenuto quello da cui esso risulta. Quel che risulta, la negazione, in quanto negazione determinata, ha un contenuto. Codesta negazione un nuovo concetto, ma un concetto che superiore e pi ricco che non il precedente. Essa infatti divenuta pi ricca di quel concetto. Contiene dunque il concetto precedente, ma contiene anche di pi, ed lunit di quel concetto e del suo opposto. (Sc. d. log.) Una logica dunque che voglia "comprendere" la realt, non pu essere "logica dellidentit" del concetto con se stesso (che propria del pensiero astratto, di quello, cio, che astrae - immobilizzandolo - il concetto dal reale in continuo divenire; e definisce il concetto singolo come unentit fissa, assoluta e autosufficiente), ma devessere una "logica della contraddizione" (che il solo modo con cui il pensiero pu cogliere una realt in movimento, e pu comprendere ogni singolo momento reale relazionandolo agli altri e allintera realt diveniente). Del metodo logico-dialettico, come unico strumento di comprensione del reale, Hegel afferma:

so chesso lunico vero. Questo risulta gi di per s da ci: che un tal metodo non nulla di diverso dal suo oggetto e contenuto...; nessuna esposizione (del reale) pu valere come scientifica, la quale non segua landamento di quel metodo e non si uniformi al suo semplice ritmo, perch landamento della cosa stessa. Ordinariamente si prende la dialettica come un procedimento estrinseco e negativo (rispetto alla realt), che non appartenga alla cosa stessa... Il metodo assoluto, invece, non si conduce come riflessione estrinseca, ma prende il determinato dal suo oggetto stesso, poich ne appunto il principio immanente e lanima. (s d log. ) La logica dialettica si fonda quindi su "universali" (concetti) non "astratti" ma "concreti", non "soggettivi" ma "oggettivi"; essi non sono frutto della separazione del pensiero dalla realt, ma strumenti che rispecchiano sul piano del pensiero soggettivo loggettivit del reale. Anzi a rigor di termini, l"oggetto" trova la sua verit solo nel "concetto" inteso "dialetticamente". loggetto - com senza il pensare e senza il concetto - una rappresentazione ovvero anche un nome; son le determinazioni di pensiero e di concetto quelle in cui esso quel che . Nel fatto quindi da loro sole che tutto dipende. Esse sono il vero oggetto e contenuto della ragione. Non si deve pertanto attribuire a colpa di un oggetto e del conoscere se, per lindole loro e per un collegamento esteriore, si dimostrino dialettici. (Sc. d log) La logica come scienza dellidea pura Dopo che, nel 1816, ha accettato lincarico dinsegnamento di filosofia allUniversit di Heidelberg, Hegel si appresta a dare ristrutturazione, completa nelle sue parti e definitiva nella forma, al suo sistema con la redazione della Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, che viene pubblicata una prima volta nel 1817 e, in altre due edizioni ampliate, nel 1827 e nel 1830. Questopera, che fu definita "la Bibbia dello hegelismo", denuncia nello stesso titolo il suo programma: presentare organicamente tutti gli aspetti dello scibile, in una visione del mondo articolata filosoficamente, per concetti, e secondo il metodo logicodialettico. Dopo una prima parte riservata ai problemi generali e preliminari, Hegel presenta il suo sistema incardinato sulla "triade" fondamentale, il cui primum lIdea, il Pensiero nella sua forma pura, cio come pensiero che pensa, di cui la scienza corrispondente la Logica. lIdea, poi, che costituisce la tesi, nel processo, per movimento interno, supera la sua "astrattezza" e produce il suo contrario, lantitesi, ossia la Natura, che pertanto oggetto della Filosofia della natura, e che viene studiata nella sua articolazione interna e nelle sue caratteristiche specifiche, cio quelle fisiche, opposte al pensiero. Ma poich anche la Natura rivela un interno movimento che mostra come la realt materiale tende ad una sempre pi complessa organizzazione e ad una sempre pi evidente "negazione" delle sue caratteristiche puramente fisiche, Hegel pone come terzo elemento del processo lo Spirito, luomo, come sintesi dei due elementi prima opposti (Pensiero e Natura), presentandolo come la natura che ha acquistato consapevolezza, come materia che ha finalmente recuperato in s il pensiero - cio il primum da cui derivata -, o come pensiero che ha acquistato particolarizzazione fisica: la scienza corrispondente la Filosofia dello spirito. Ognuno di questi tre momenti poi viene studiato nelle sue articolazioni interne; ma in modo da individuare in esso sempre il movimento dialettico tra le fasi della sua evoluzione. Cos per anticipare un esempio, lo spirito, cio luomo, viene considerato prima in se stesso, come spirito soggettivo (tesi), poi nel suo aprirsi agli altri uomini con le organizzazioni e le istituzioni civili, ossia come spirito oggettivo (antitesi), e infine nelle funzioni che lo caratterizzano come spirito assoluto (sintesi), ossia quelle in cui la sua vita soggettiva e quella oggettiva, la sua dimensione finita e quella infinita si sintetizzano. Ma anche queste fasi particolari dello sviluppo intrinseco ai tre momenti della triade fondamentale vengono studiate dialetticamente, che il solo modo per cogliere lulteriore articolazione interna. Sicch (tanto per restare nellesempio gi indicato) dello spirito assoluto vengono considerati, disposti secondo lo schema dialettico-triadico, larte, la religione e la filosofia come elementi che contraddistinguono la sua vita interna.

Ma passiamo ora allesposizione delle linee essenziali dellopera. Nel chiedersi che cos la filosofia, quale ne loggetto, il metodo, quali i fini, Hegel, in apertura dellopera, afferma, in modo apparentemente sconcertante, che a tali domande non possibile dare una risposta. La filosofia ... la filosofia: che cosa essa sia lo si pu capire solo seguendo il suo discorso; insomma essa si spiega da s, senza preventive dichiarazioni di metodo e di contenuto. Certo, essa pu esser definita, in un primo modo rozzo e approssimativo, come "la considerazione pensante della realt". Ma tale definizione non applicabile anche alla religione, o anche alle altre scienze? Soprattutto alla religione: infatti la filosofia ha i suoi oggetti in comune con la religione, perch oggetto di entrambe la verit, e nel senso altissimo della parola, in quanto cio Dio e Dio solo la verit. Entrambe inoltre trattano il dominio del finito, della natura e dello spirito umano, e della relazione che hanno tra loro e con Dio come loro verit. (Enciclopedia) Allora la filosofia s "considerazione pensante"; ma qui il pensiero agisce in un modo diverso da quello della religione. Il pensiero , certo, uno solo; ma molteplici sono le forme in cui esso esprime se stesso; quella superiore la filosofia, cio il pensiero che pensa il reale con gli strumenti della razionalit, ossia per concetti. Sicch, parlando per distinzione e per esclusione, mentre la religione la considerazione "rappresentativa" della realt, la filosofia ne la considerazione "concettuale". Altro avere sentimenti e rappresentazioni... e altro avere pensieri sopra di essi. Solo i pensieri prodotti dalla riflessione sopra quei modi della coscienza, sono ci che sintende per riflessione ragionamento e simili, ed anche per filosofia. (Encicl.) Insomma: della realt noi ci formiamo immagini sentimentali, rappresentazioni sensibili, creazioni fantastiche; questi sono tutti frutti dellunico pensiero, ma ciascuno in una sua diversa forma e funzione. Quando poi elaboriamo questi frutti del pensiero, liberandoli dalla loro specifica forma e traducendoli in astrazioni, allora abbiamo una conoscenza concettuale, cio filosofica, del reale. Il contenuto, del quale riempita la nostra coscienza, ... d il carattere determinato ai sentimenti, intuizioni, immagini, ai fini, doveri, e via dicendo. E anche ai pensieri e concetti. Sentimento, intuizione, immagine ecc. sono, dunque, le forme di quel contenuto, il quale resta uno e medesimo. Sentimenti, intuizioni, appetizioni, volizioni ecc. in quanto se ne ha coscienza, vengono denominati, in genere, rappresentazioni. Si pu dire perci, in generale, che la filosofia pone al posto delle rappresentazioni pensieri, categorie, e, pi propriamente concetti...; la riflessione fa, in ogni caso, almeno questo: trasforma i sentimenti, le rappresentazioni ecc. in pensieri. (Encicl.) Ma il campo non ancora libero da equivoci; infatti anche le "scienze empiriche", ad esempio, traducono le esperienze in concetti, il particolare nelluniversale, il concreto in astratto. Qual la differenza, allora, tra esse e la filosofia? Hegel fornisce ulteriori precisazioni. loggetto della filosofia il reale, ma non propriamente laccidentale. Il suo contenuto non altro se non quello che originariamente si prodotto e si produce nel dominio dello Spirito vivente, e divenuto mondo, mondo esterno ed interno della coscienza, il suo contenuto la realt. La prima coscienza di questo contenuto noi chiamiamo esperienza. Ma gi una considerazione intelligente del mondo distingue ci che del vasto regno dellesistenza, interna ed esterna, semplice apparizione, fuggevole ed insignificante, da ci che in s merita veramente il nome di realt. (Encicl.)

Dunque, la realt oggetto della filosofia la razionalit che sottende a tutte le manifestazioni empiriche che noi percepiamo come apparenze; sicch il compito della filosofia mostrare laccordo tra il reale e le sue apparizioni, tra la realt e lesperienza. Ci che razionale e reale; e ci che reale razionale. Queste semplici proposizioni sono sembrate strane a parecchi... Per ci che riguarda il significato filosofico da presupporre tanta cultura che si sappia non solo che Dio reale, che la cosa pi reale, e che la sola veramente reale, ma anche... che lesistenza , in parte, apparizione e solo in parte realt. Nella vita ordinaria si chiama a casaccio realt ogni capriccio. Ma gi anche per lordinario modo di pensare, unesistenza accidentale non meriter lenfatico nome di reale: laccidentale unesistenza che non ha altro maggior valore di un possibile, che pu non essere allo stesso modo che . Pertanto per sommo fine della filosofia da considerare il produrre... la conciliazione della ragione cosciente di s con la ragione quale immediatamente, con la realt. (Encicl.) Se per reale da intendersi la trama razionale immanente alle manifestazioni accidentali, allora la filosofia non sinteressa di pure "chimere", o di astratti "ideali", perch limmagine "ideale" delluniverso persiste nelluniverso stesso; la sua struttura razionale non fuori di esso - in una dimensione divina "separata" da esso, o anche nella nostra mente - ma nel mondo stesso. Sicch la differenza fra scienze empiriche e filosofia consiste proprio nella materia, nel contenuto. Le scienze empiriche elaborano gli accidentali traducendoli in universali, in misure costanti, in leggi necessarie. La filosofia "legge" luniversale dietro, oltre gli accidentali, come la base della loro oggettiva relazione. Noi quelle scienze... denominiamo invece scienze empiriche, dal punto di partenza che assumono, anche se lessenziale che esse hanno di mira e producono sono leggi, proposizioni generali, una teoria; sono i pensieri di ci-che-esiste. Per quanto siffatta conoscenza possa soddisfare nel suo proprio campo, c, in primo luogo, unaltra cerchia di oggetti che non sono compresi in quella: la libert, lo spirito, Dio, che non sono appresi per esperienza sensibile. Quegli oggetti escono fuori dal campo empirico perch si dimostrano subito, per il loro contenuto, infiniti. (Encicl.) Dunque le scienze empiriche hanno ad oggetto il finito, la filosofia ha per contenuto linfinito. Tuttavia, qual la vera filosofia? E quante filosofie esistono? La filosofia, ha detto Hegel, la riflessione consapevole e concettuale della verit della realt, cio della sua razionalit; ma questa riflessione si snoda nel tempo; la riflessione consapevole un processo che si svolge per gradi, per tentativi ed errori, lungo la storia. Perci le filosofie storicamente formulate sono momenti di quellunico processo, momenti di ununica filosofia, o meglio, i tentativi messi in opera dallo spirito umano per giungere alla pienezza della riflessione razionale. In questo senso la filosofia essa stessa "storia della filosofia"; ossia il Pensiero, proprio mentre si svolge storicamente e diventa realt, si dispiega e diventa anche pensiero di e su quella realt, secondo un piano di sviluppo progressivo nel tempo. Questa forma (della storia della filosofia) presenta i gradi di svolgimento dellIdea come una successione accidentale e una semplice diversit dei principi e dei loro svolgimenti nei rispettivi sistemi filosofici. Ma lartefice di questo lavoro di millenni quellUno Spirito vivente, la cui natura pensante consiste nel recarsi alla coscienza ci chesso , e, fatto di questo il suo oggetto, sollevarsi pi su e costruire in s un grado pi alto. La Storia della filosofia mostra, da una parte, che le filosofie, che sembrano diverse, sono la medesima filosofia in diversi gradi di svolgimento, dallaltra che i principi particolari, di cui ciascuno a fondamento di un sistema, non sono altro che rami di un solo e medesimo tutto. La filosofia che ultima nel tempo, insieme il risultato di tutte le precedenti e deve contenere i principi di tutte: essa perci... la pi sviluppata, ricca, concreta. (Encicl.) Tale "ultima" filosofia, che Hegel riteneva fosse la propria, doveva presentarsi come un vero e proprio sistema totale. Se il reale razionale e il razionale reale, ci significa, per lui, che come luniverso organizzato in un sistema in cui tutte le parti sono razionalmente collegate, cos anche la filosofia, che costituisce la "lettura" della trama razionale del mondo, deve configurarsi in sistema nella forma di una

enciclopedia delle scienze filosofiche in cui risultino armonicamente collegati tutti gli aspetti del filosofare. E poich la "realt" costituita da Pensiero che si fa Natura e si concreta nellUomo, quel sistema si articoler, parallelamente, in tre parti: 1. La Logica, la scienza dellIdea in s e per s. 2. La Filosofia della Natura, come la scienza dellIdea nel suo alienarsi da s. 3. La Filosofia dello Spirito, come scienza dellIdea, che dal suo alienamento ritorna in s. (Encicl.) Non ci soffermeremo sulla trattazione della Logica, i cui elementi essenziali sono quelli gi delineati nella Scienza della Logica. Ricorderemo solo che qui la logica viene definita la scienza dellidea pura, cio dellidea nellelemento astratto del pensiero. Si pu ben dire che la logica sia la scienza del pensiero, delle sue determinazioni e leggi: ma il pensiero come tale costituisce solo la caratteristica generale o lelemento in cui lIdea in quanto logica. LIdea il pensiero non come alcunch di formale, ma come la totalit che si svolge nelle sue peculiari determinazioni e leggi, le quali esso si d da se stesso, e non gi le ha semplicemente e trova in s. (Encicl.) In sostanza qui Hegel ribadisce lidentit di logica (studio delle leggi del pensiero che pensa il reale) e metafisica (studio delle leggi che regolano e strutturano la realt nel suo divenire). In modo conforme a queste spiegazioni, i pensieri possono essere chiamati pensieri oggettivi La logica coincide perci con la metafisica, con la scienza delle cose poste in pensieri, i quali pensieri per ci appunto si tennero atti ad esprimere le essenze delle cose. Infatti mentre il pensiero cerca di farsi un concetto delle cose, questo concetto... non pu consistere di caratteri e relazioni che siano estrinseci ed estranei alle cose. (Encicl.)

7. Dalla natura allo spirito La seconda trattazione, quella della filosofia della natura, concettualmente pi debole, per il noto disinteresse che Hegel nutriva per la realt naturale e per le scienze empiriche. Tuttavia essa importante per la relazione che il filosofo istituisce tra lIdea ossia la realt divina considerata in s, nella sua eterna essenza di Pensiero - e la Natura. La Natura si dimostrata come lidea nella forma dellessere "altro ". Poich lidea per tal modo la negazione di se stessa, ossia esterna a s, la natura non esterna solo relativamente, rispetto a questa idea (o rispetto allesistenza soggettiva di essa, lo spirito), ma lesteriorit costituisce la determinazione nella quale essa come natura. (Encicl.) Dunque la natura "nasce" come autonegazione dellIdea, cio dalla negazione che Dio, il "puro" Pensiero, fa della sua "purezza" o "astrattezza "; nasce dall "uscir fuori di s" dellIdea per divenire "altro da s ", realt dotata di caratteri opposti ai suoi propri. Per

cui la natura ha come carattere determinante la "esteriorit "; non solo nel senso che esteriore relativamente al pensiero del soggetto pensante, ma anche - e soprattutto - nel senso chessa costituisce la "manifestazione esteriore ", cio spaziale, e quindi molteplice e finita, dellunit astratta dellIdea; costituisce la rivelazione del puro Pensiero nella variet dei fenomeni e delle forme contingenti naturali. Per cui vero che la natura appare come la serie degli eventi accidentali, ma pur vero chessa cos nasconde la sua matrice divina e la sua legge unificante. In questa esteriorit, le determinazioni concettuali hanno lapparenza di un sussistere indifferente e dellisolamento le une verso le altre: il concetto sta perci come qualcosa di interno. Onde la natura non mostra, nella sua esistenza, libert alcuna ma solamente necessit e accidentalit. La natura, considerata in s, nellidea, divina, ma nel modo in cui essa , lesser suo non risponde al suo concetto; essa , anzi, la contraddizione insoluta. Il suo carattere proprio questo: di esser posta, di esser negazione; e gli antichi hanno infatti concepito la materia in genere come non-ens. Cos la natura stata definita come la decadenza dellidea da se stessa poich lidea in quella forma dellesteriorit inadeguata a se stessa. Tuttavia, quantunque nellelemento della esteriorit, la natura rappresentazione dellidea; e perci si pu bene - e si deve - ammirare in essa la sapienza di Dio. (Encicl.) Questa sapienza appena coglibile nel caos delle forme accidentali; essa si mostra soprattutto nellordinamento per gradi degli enti che costituiscono luniverso. La natura da considerare come un sistema di gradi di cui luno esce dallaltro necessariamente ed la prossima verit di quello da cui risulta; non gi nel senso che luno sia prodotto dallaltro naturalmente, ma nel senso che cos prodotto nellintima idea che costituisce la ragione della natura. (Encicl. ) La caratteristica delle forme e degli eventi naturali il loro "divenire" nel tempo. Il che significa che lIdea, negandosi esteriorizzandosi, spazializzandosi nella Natura, perde la sua eternit e acquista temporalit. La temporalit, quindi, come la spazialit, una dimensione propria della "esteriorit ", del mondo nel suo divenire. Il quale divenire poi consiste nel passaggio, disteso appunto nel tempo, dal "non essere" all "essere" e dall "essere" al "non essere "; per cui una forma "" in quanto "prima non era" e in quanto "non e ancora" quel che poi essa diventer. Si diceva pi su che il segno della divinit della natura sta nel disporsi dei suoi enti in gradi, secondo un piano unitario ed organico. Infatti la natura mostra un interno movimento dalle forme inferiori alle forme umane. Sicch luomo rappresenta lapice dellevoluzione interna alla natura; o, il che lo stesso, la natura tende a compiersi come uomo, come spirito. Perch questo avvenga la natura quindi "nega" progressivamente se stessa, "toglie" progressivamente a se stessa il suo carattere di esteriorit, "abbandona" gradualmente la sua pura naturalit, e riconquista, parallelamente, in se stessa la sua origine, cio il Pensiero divino. Pertanto al culmine dello sviluppo naturale sta luomo come spirito, ossia come sintesi di Idea, pensiero, e Natura, fisicit.

La natura in s un tutto vivente: il movimento attraverso la sua serie di gradi consiste, pi precisamente, nel porsi dellidea come ci che essa in s; o, ci che il medesimo, lidea, dalla sua immediatezza ed esteriorit - che la morte - torna in s, per esser dapprima il vivente; e poi supera anche questa determinatezza, nella quale soltanto vita, e si produce nellesistenza dello spirito; che la verit e lo scopo finale della natura, ed la vera realt dellidea. (Encicl.) In sintesi: lIdea, morendo come pensiero astratto e intemporale (autonegandosi) diventa natura; ma nellarticolarsi e dispiegarsi in gradi della natura, lIdea muore di nuovo; meglio, essa muore nella sua forma della pura naturalit; cos essa si riconquista come pensiero; ma poich negarsi non significa annullarsi essa si riconquista come pensiero" congiunto" alla natura. E qui comincia la hegeliana filosofia dello spirito. Lo spirito quindi lidea che, incarnandosi nelle forme naturali, si individualizza, diventa individuo umano, soggetto di pensiero e di azione storica, volont libera, coscienza e conoscenza di s. Hegel presenta la filosofia dello spirito come il cammino che lIdea compie per giungere alla conoscenza di s; conoscenza che avviene, e pu avvenire, solo nel concreto soggetto che pensa. Ma la conoscenza di s compiuta dal e nel soggetto pensante non pu ridursi, per lui, alla conoscenza delle proprie particolarit empiriche, contingenti; il soggetto individuale deve, al contrario, cogliere in s la propria essenza divina. Conosci te stesso, questo precetto assoluto non ha - n preso per s, n dove lo si incontra storicamente espresso - il significato di una conoscenza di s medesimo come delle proprie capacit particolari (carattere, inclinazioni e debolezza dellindividuo); ma significa invece la conoscenza di ci che la verit delluomo, la verit in s e per s, dellessenza stessa in quanto spinto. (Encicl) Nella conoscenza "vera" di s, luomo si riconosce come spirito che uno anche se sindividualizza nella molteplicit degli uomini. Lo Spirito dunque insieme uno e molteplice uno come "spirito universale ", molteplice come individui umani. Inoltre uno e molteplice esso anche nello stesso individuo singolo: una la sua essenza spirituale, molteplici le sue funzioni e manifestazioni. La possibilit infinita che lo spirito, uno, ha di esprimersi in uninfinit di uomini e nelle pi diverse funzioni, lo caratterizza, poi come libert. Lo spirito, dunque, "idea giunta al suo esser-per-s" libert; "lessenza dello spirito la libert ". Prima di riassumere ora i modi e i gradi attraverso cui lo spirito "cresce" e "manifesta" se stesso (le sue potenzialit) bisogna fare qualche considerazione. Abbiamo gi notato che tutta la realt, nel suo sviluppo, segue un movimento dialettico; abbiamo visto pure che il compimento della sintesi il risultato di una doppia negazione: la tesi si nega nei suoi caratteri specifici e si trasforma nel suo opposto, Pantitesi; questa, a sua volta, si nega nelle sue caratteristiche essenziali, e d luogo alla sintesi. La sintesi possibile perch le due negazioni "tolgono" qualcosa senza annullare la realt a cui quel qualcosa stato tolto; proprio come quando si dice che nel rapporto damore ognuno nega se stesso, il suo egocentrismo, per ritrovarsi in unit con laltro; anche in questo caso lautonegazione non

comporta lautoeliminazione! Dunque, la "negazione ", per Hegel, un "togliere" ma nel senso del "superare ". Sicch nella sintesi "si ritrovano" insieme, congiunte, la tesi e lantitesi, ma "superate" nei loro specifici caratteri che costituivano il motivo della loro reciproca opposizione e che, permanendo, non avrebbero mai dato origine alla riunificazione. "Qualcosa tolto dice Hegel - solo in quanto entrato nellunit col suo opposto ". Tale legge dialettica del reale, che abbiamo considerato nella relazione Idea-NaturaSpirito, caratterizza anche larticolazione interna sia dellIdea in s che della Natura. La stessa legge dialettica domina pure lo sviluppo dello Spirito. Hegel infatti segnala che lo spirito in quanto "coscienza che si desta a se stessa ", ai suoi albori, coscienza dellindividualit delluomo, coscienza delle facolt dellindividuo. Perci la filosofia dello spirito comincia con la trattazione relativa allo spirito soggettivo. Ma luomo non pu sussistere come pura individualit; egli deve aprirsi necessariamente al rapporto con gli altri; per essere veramente se stesso, insomma, deve negare se stesso, cio deve negarsi come pura soggettivit individuale e deve "oggettivarsi" nel rapporto con gli altri. Quindi allo spirito soggettivo Hegel contrappone, come suo opposto, lo spirito oggettivo. luomo tuttavia non pu sopportare la separazione tra la sua dimensione "soggettiva" e quella "oggettiva ". Vuole, e deve, scoprire lunit tra le due dimensioni apparentemente irriducibili nella loro opposizione; vuole conoscere se stesso come luogo dellunit di se stesso, e dellunit di s con la sua essenza divina e infinita; ci pu fare soltanto elevandosi nella forma dello spirito assoluto. Al punto culmine dello spirito assoluto, cio con lattivit filosofica, egli conosce concettualmente la sua collocazione come momento finito in una realt infinita; o, il che lo stesso, egli rivela a se stesso, nella riflessione razionale, la sua divina essenza. La sua verit che egli lEssere, cio lIdea, che in lui si autoconosce come articolantesi ed esplicitantesi negli esseri finiti (sia intesi come individualit soggettive, che come individualit oggettivatesi nei rapporti familiari, giuridici, politici, ecc). Dalla stessa legge dialettica sono regolati i gradi dello sviluppo interno sia dello spirito soggettivo, sia dello spirito oggettivo e sia dello spirito assoluto. 8. La filosofia dello spirito e la storia universale Fatte queste considerazioni, seguiamo il discorso hegeliano sullo spirito soggettivo. lanima universale, in quanto anima del mondo... soltanto la sostanza universale, la quale ha la sua verit effettiva solo come individualit, soggettivit. lanima singolarizzata nel soggetto individuale. Ma questa soggettivit si considera qui soltanto come singolarizzamento della determinazione naturale. Essa come il modo del diverso temperamento, ingegno, carattere, fisionomia, e delle altre disposizioni e idiosincrasie delle famiglie e dei singoli individui. (Encicl.) lindividuo, in quanto tale, nasce quindi dalle determinazioni chegli acquista dallambiente naturale, dalla razza cui appartiene, dal carattere del suo popolo; e il corso intero della sua vita segnato da queste determinazioni. Ma lindividuo avverte pure il bisogno di superarle, di rompere lisolamento in cui si trova la sua individualit "naturale "; cosa che tenta con la relazione sessuale. Tuttavia egli anche a questo livello, vive pur sempre nella condizione di "essere naturale ", condizione che, nel suo sviluppo, devessere

"superata "; egli deve diventare "persona ", cio "coscienza ". Perci il passaggio determinato dal "sentire ". Egli si apre alla sensazione, la prima forma di vita cosciente, di vita spirituale vera e propria. Ma con la sensazione egli avverte la separazione tra corpo e anima, tra sensazione e sentimento. Da questo "avvertimento" sorge il sentimento di s, che la condizione perch luomo acquisti lunit di se stesso, cio lunit psico-fisica. Tale unit rende luomo anima reale, anima che finalmente inizia a rompere i vincoli che la tengono spiritualmente centrata su se stessa, ed inizia ad esteriorizzarsi esprimendosi in gesti e parole, e a realizzare in tal modo la sua libert. E come soggetto libero luomo pronto a compiere il passo verso la sua nuova condizione di spirito oggettivo, cio pronto a negare la sua singolarit per aprirsi al rapporto con gli altri. Quali sono i gradi attraverso cui ha luogo loggettivazione dello spirito? La prima forma viene indicata da Hegel nel diritto, a cui segue, per contrapposizione dialettica, quella della moralit; loggettivazione poi trova compimento nelleticit, che costituisce la forma in cui le precedenti si ritrovano negate ma recuperate e unificate, e che rappresenta, secondo il linguaggio hegeliano, la verit di quei momenti antitetici, che, considerati in s, sono "astratti" e" unilaterali ". Come avviene dunque il passaggio dallo spirito soggettivo a quello oggettivo? Attraverso il possesso, sostiene Hegel. Lo spirito, nellimmediatezza della sua libert per s, individuale; ma conosce la sua individualit come volere assolutamente libero. Esso persona, il sapersi di questa libert; il quale come in s astratto e vuoto non ha la sua particolarit e il suo compimento ancora in se stesso, ma in una cosa esterna. Questa, di fronte alla soggettivit dellintelligenza e dellarbitrio, sta come alcunch privo di volont... e vien da essa resa suo accidente, sfera esterna della sua libert, possesso. (Encicl ) Delloggetto del suo possesso la persona dichiara la propriet, che, sola, comporta il riconoscimento altrui. Nella propriet... la cosa astrattamente esterna e lio in essa astrattamente esterno. Il ritorno concreto di me in me , nella esteriorit, che io ho lesistenza della mia personalit nellessere di altre persone, nella mia relazione ad esse e nel riconoscimento di me da parte di esse, che cos riconoscirnento reciproco. La cosa il termine medio per il quale gli estremi si congiungono. (Encicl.) Tale riconoscimento trova forma giuridica nel contratto. loggetto, in cui ripongo la mia libert, oggetto "a disposizione" del mio arbitrio, nel senso che posso anche passarlo ad altri. Il contratto perci formalizza questo passaggio e pone il riconoscimento reciproco della propriet. laspetto accidentale della propriet che io pongo in questa cosa il mio volere. Ma in quanto il mio volere sta in una cosa, posso soltanto io stesso trarnelo fuori; e la cosa pu solo col mio volere passare ad un altro, di cui altres diventa propriet col suo volere. Si ha cos il contratto.

(Encicl.) Ma il contratto anche il modo attraverso cui le coscienze riconoscono la validit del diritto in s, del diritto in quanto regola e tutela i diritti individuali; infatti rispetto al diritto in s che si configura il torto (con cui viene riconosciuto il valore della propriet in generale, ma disconosciuta la propriet ad una data persona), la frode (con cui luomo riconosce solo formalmente la legge, ma ne nega il valore nella sua applicazione concreta), e il delitto (in cui viene negato anche il diritto in s. Contro la violazione del diritto lunico rimedio la costrizione. Il farsi valere del diritto in s mediato: a. da ci che un volere particolare, il giudice, adeguato al diritto e ha linteresse di volgersi contro il delitto; b. dal potere, che ha lesecuzione, di negare la negazione del diritto fatta dal malfattore. Questa negazione del diritto ha la sua esistenza nel volere del malfattore: la vendetta o pena, perci: 1. si volge alla persona o alla propriet del malfattore; 2. ed esercita costrizione contro di questo. (Encicl.) Il diritto quindi regola i rapporti tra le persone solo nella loro forma esterna. Ma, per esempio, il riconoscimento di un diritto altrui potrebbe non corrispondere ad un mio reale convincimento; potrei cio non sentirmi interiormente obbligato al rispetto del diritto altrui, pur rispettandolo formalmente. Di qui il passaggio, nella trattazione hegeliana, dalla forma del diritto a quella della moralit, cio il passaggio dalla considerazione dei rapporti umani come determinati dalla forza che la societ esercita sulle volont individuali, a quella per cui essi sono determinati dalla razionalit dellindividuo. Nella forma della moralit lindividuo libero, che nel diritto (immediato) soltanto persona, qui determinato come soggetto; volont riflessa in s in modo tale che la determinazione della volont in genere, esistendo nellindividuo come sua propria, sia distinta dallesistenza della libert in una cosa esterna. (Encicl.) Dunque: il volere soggettivo moralmente libero in quanto esso si riconosce interiormente libero, e in quanto le azioni che lo esprimono vengono riconosciute dal soggetto agente come manifestazioni proprie di quella libert, ossia espressione della propria razionalit. Scopo dellagire morale la ricerca del bene in s e per s... (che) il dovere per il soggetto; il quale deve avere intelligenza del bene, prenderlo a sua intenzione, e produrlo mediante la sua attivit. (Encicl.) Ma il bene in s e per s realt "astratta "; la sua ricerca comporta interne contraddizioni. Ad esempio: il bene, a livello concreto, si individua in molteplici beni (giustizia, carit, coraggio) che implicano doveri non sempre armonizzabili tra loro. Oppure: un bene che lindividuo segua le sue inclinazioni alla ricerca del proprio benessere, ma questa ricerca spesso in contraddizione con quella del bene universale.

Pertanto, la contraddizione interna al dovere induce il soggetto umano, nella sua evoluzione, a "negare" lunilateralit della moralit cos come ha negato quella del diritto, e a recuperare la libert nella sua duplice dimensione esteriore ed interiore, a livello di eticit; forma in cui luomo, concretamente, armonizza la sua razionalit con la relazione giuridica con le altre persone. Sicch nella famiglia, nella societ civile e nello stato viene a concretarsi sia levoluzione dello spirito soggettivo, sia quella dello spirito oggettivo, sia il rapporto tra questi due momenti, antitetici, dello spirito stesso. leticit il compimento dello spirito oggettivo, la verit dello stesso spirito soggettivo ed oggettivo. lunilateralit dello spirito oggettivo nellavere la sua libert, da una parte, immediatamente nella realt, e quindi nellesterno, nella cosa; dallaltra parte, nel bene in quanto universale astratto. Anche lunilateralit dello spirito soggettivo consiste in ci, che esso, di fronte alluniversale, astrattamente autodeterminante della sua individualit interna. Soppresse queste unilateralit, la libert soggettiva diventa il volere razionale universale in s e per s; il quale ha: a. il suo sapere di s e la sua disposizione danimo nella coscienza della soggettivit individuale, ma: b. la sua attuazione e la sua realt immediata e universale nel costume dellethos; onde la libert consapevole di s, diventata natura. (Encicl.) Nelleticit, dunque, la libert autocosciente diventa veramente "concreta" e si rivela come la natura, lessenza stessa delluomo. lazione pertanto non nasce dalla costrizione esterna (diritto) n dallobbligo interiore (moralit) ma dalla fiducia che caratterizza le forme della convivenza a livello di eticit. Inoltre, nella dimensione etica e nelle forme che la incarnano, svanisce la frattura tra il riconoscimento dellessere (diritto) e le esigenze del dover essere (moralit), coincidendo perfettamente lobbligo interiore con la legge che costringe esteriormente la volont; come pure scompare la frattura tra felicit e dovere, perch quel che luomo compie come dovere ci chegli desidera spontaneamente come sua condizione di benessere. Ma lasciamo la parola a questo passo di Hegel, il cui senso stato da noi anticipato nella trattazione della Scienza della logica. La sostanza etica : a. come spirito immediato o naturale: la famiglia; b. come totalit relativa delle relazioni relative degli individui come persone indipendenti gli uni verso gli altri in ununiversalit formale: la societ civile; c. la sostanza consapevole di s, come lo spirito che si sviluppato in una realt organica: la costituzione dello Stato. Lo spirito etico, nella sua immediatezza, contiene il momento naturale, che cio lindividuo ha la sua esistenza sostanziale nella sua universalit naturale, nel genere. Questa la relazione dei sessi ma elevata a determinazione spirituale; laccordo dellamore e la disposizione di animo della fiducia; lo spirito, come famiglia, spirito senziente. La differenza naturale dei sessi appare altres come una differenza della determinazione intellettuale e etica. Queste personalit si congiungono, secondo la loro individualit esclusiva, in una sola persona; e lintimit soggettiva, determinata come unit sostanziale, fa di questa riunione una relazione etica: il matrimonio.

La sostanza, che, in quanto spirito, si particolarizza astrattamente in molte persone (la famiglia una sola persona), in famiglie o individui, i quali sono per s in libert indipendente e come esseri particolari, perde il suo carattere etico, giacch queste persone in quanto tali non hanno nella loro coscienza e per loro scopo lunit assoluta, ma la loro propria particolarit e il loro essere per s: donde nasce il sistema dellatomistica. La sostanza diventa per questa guisa nientaltro che una connessione universale e mediatrice di estremi indipendenti e dei loro interessi particolari: la totalit sviluppata in s di questa connessione la societ civile. Lo stato la sostanza etica consapevole di s, la riunione del principio della famiglia e della societ civle nella forma di universalit saputa. Lo stato : a. dapprima la sua formazione interna, come svolgimento che si riferisce a s, il diritto interno degli stati, o la Costituzione. E poi: b. individuo particolare, e quindi in relazione con altri individui particolari, il che d luogo al diritto esterno degli stati ma: c. questi spiriti particolari sono solo momenti dello svolgimento dellidea universale dello spirito nella sua realt; e questa la storia del mondo o storia universale. lessenza dello stato luniversale in s e per s, la razionalit del volere. Ma, come tale che consapevole di s e si attua, essa senzaltro soggettivit; e, come realt, un individuo. La sua opera in genere, considerata in relazione con lestremo dellindividualit come moltitudine degli individui, consiste in una doppia funzione. Da una parte, deve mantenerli come persone, e, per conseguenza, fare del diritto una realt necessaria; e poi promuover il loro bene, che dapprima ciascuno cura per s, ma che ha un lato universale: proteggere la famiglia e giudicare la societ civile. Ma dallaltra parte, deve ricondurre entrambi... nella vita della sostanza universale; e, in questo senso, come potere libero, deve intervenire nelle sfere subordinate e conservarle in immanenza sostanziale. Le leggi esprimono le determinazioni di contenuto della libert oggettiva. In primo luogo, per il soggetto immediato, per il suo arbitrio indipendente e per il suo interesse particolare, esse sono limiti. Ma sono, in secondo luogo, lo scopo finale assoluto. E, in terzo luogo, sono la sostanza della loro (cio dei singoli) volont libera e della loro disposizione danimo; e cos si configurano come costume in vigore. Lo stato, in quanto spirito vivente, soltanto come una totalit organizzata e distinta in attivit particolari. La Costituzione tale organizzamento del potere dello stato. La Costituzione la giustizia esistente, come realt della libert nello svolgimento di tutte le sue determinazioni razionali. La garanzia di una costituzione, cio la necessit che le leggi siano razionali, e la loro realizzazione venga assicurata, riposta nello spirito di tutto il popolo, secondo cui esso ha lautocoscienza della sua ragione. La totalit vivente, la conservazione, cio la produzione continua dello stato in generale e della sua costituzione, il governo... che ha per fine intenzionale la conservazione di quelle parti (famiglia e societ), e che insieme concepisce e attua i fini universali del tutto, i quali stanno al di sopra della sfera della famiglia e della societ civile. lorganizzazione del govemo , insieme, il suo differenziarsi in poteri, ma che si compenetrano nella soggettivit di questo, in unit reale. (Encicl.)

Il discorso hegeliano sullo stato continua con laffermazione che "il potere governante del principe lunit che compenetra il tutto ", e che "la costituzione monarchica perci la costituzione della ragione sviluppata: tutte le altre costituzioni appartengono a gradi pi bassi dello svolgimento e della realizzazione della ragione "; passa poi attraverso la teoria della divisione del potere del governo in legislativo, giudiziario ed amministrativo; sviluppa quindi la tesi che il sistema parlamentare il sistema delle "rappresentanze di classi "; presenta infine largomentazione relativa alla guerra; questa in funzione della "conservazione dellautonomia dello stato di fronte agli altri" quando la condizione conflittuale tra gli stati non viene regolata dal "diritto internazionale ". Quindi il discorso hegeliano approda alla teoria dello spirito del popolo e della storia universale. Lo spirito determinato di un popolo, essendo reale - ed essendo la sua libert come natura - ha sotto questo aspetto naturale il momento della determinatezza geografica e climatica. Esso nel tempo; e rispetto al contenuto, ha essenzialmente un suo principio particolare, e deve percorrere uno svolgimento determinato da questo, della sua coscienza e della sua realt. Ha una storia dentro di s. Come spirito limitato, la sua indipendenza qualcosa di subordinato; esso trapassa nella storia universale, le cui vicende sono rappresentate dalla dialettica degli spiriti dei vari popoli particolari. Questo movimento la via per la liberazione della sostanza spirituale il fatto mediante cui lo scopo assoluto del mondo si adempie nei mondo; lo spirito, che prima solo in s, giunge alla coscienza e allautocoscienza, e per tal modo alla rivelazione e realt della sua essenza in s e per s, e diventa anche esternamente universale, diventa spirito del mondo. (Encicl.) Nella trattazione della filosofia dello spirito Hegel ha mostrato come luomo, unit dialettica di pensiero infinito (Idea) e realt fisica (Natura), realizza, nella sua evoluzione, nelle sue forme storiche, la sua essenza eterna. Ma ha mostrato pure come luomo, spirito che si fa infinito, parallelamente si conosce come infinito. Nei momenti che caratterizzano lo spirito assoluto Hegel indica come luomo, nella sua stessa finitezza, realizza e insieme conosce, nelle forme dellarte, della religione, e della filosofia, la sua piena infinit. O, il che lo stesso: come la sostanza eterna, Dio, si rivela, attraverso lo sforzo estetico, religioso e filosofico delluomo storicamente determinato. lunit di finito e infinito, di contingente e di assoluto, di temporale e di eterno viene dunque attuata e conosciuta con larte, nelle forme dellintuizione sensibile, con la religione, nelle forme della rappresentazione, e con la filosofia, nella forma del concetto, della riflessione razionale. 9. Il periodo berlinese: diritto, arte e religione lultimo periodo dellattivit filosofica di Hegel, quello compreso tra il 1818 ed il 1831 (anno della sua morte), viene indicato come "periodo berlinese ". Infatti nel 1818 il flosofo fu chiamato a succedere sulla cattedra di Fichte a Berlino; e in questa citt risiedette finch, dopo essere stato nominato anche Rettore dellUniversit ed aver acquistato un certo potere "politico ", non mor, colpito da colera. In questa fase della sua attivit, egli si dedic ad approfondire alcuni argomenti trattati nellEnciclopedia, in particolare quelli relativi alla filosofia dello "spirito oggettivo" e dello "spirito assoluto ". Di questi approfondimenti una sola trattazione era destinata alla pubblicazione in stampa, cio i Lineamenti della filosofia del diritto (1821); gli altri conservavano il carattere di manoscritti per le lezioni, e furono pubblicati solo dopo la sua morte, in unedizione

integrata con i contributi dei riassunti redatti dai suoi discepoli. Questi testi postumi sono quattro: Lezioni di storia della filosofia, Lezioni sulla filosofia della storia, Lezioni di estetica e Lezioni di filosofia della religione. Rispetto allEnciclopedia essi introducono anche elementi nuovi che tuttavia vengono inseriti nelle linee fondamentali di discorso di quellopera. Pertanto, nel trattare di questultima produzione hegeliana, ci soffermeremo solo su alcune questioni. I Lineamenti di filosofia del diritto sollevarono al loro primo apparire una ondata di polemiche, in quanto sembravano costituire la "base razionale" della politica dello stato prussiano. largomentazione hegeliana viene condotta sul filo dellattacco al movimento della "giovent tedesca rivoluzionaria ", molto insofferente a quel tempo, a cui Hegel muove laccusa di "irrazionalismo" e che, perci, rimprovera di esser lontana da un vero spirito rivoluzionario, quale quello che sera rivelato nella Rivoluzione francese. Hegel teorizza uno stato che esprima scopi e bisogni dei singoli cittadini e in cui venga tutelata e difesa la propriet privata; tale teorizzazione, per, conserva lo schema di base enunciato nellEnciclopedia che vede lo stato come sintesi dialettica, e quindi superamento, di famiglia e societ civile, e come punto culmine della vita "etica ", in cui luomo acquista finalmente una "coscienza pubblica ". Nonostante gli utilissimi approfondimenti, i Lineamenti spesso non indicano, per, la soluzione approfondita di problemi da Hegel stesso sollevati. Come quello, ad esempio, connesso alla polemica tra giusnaturalisti (conservatori che ritenevano che le leggi degli stati dovessero fondarsi sul dintto naturale, sui principi immutabili che appartengono alla natura stessa delluomo, inscritti nel suo spirito) e liberali (eredi dello spinto illuministico, che riducevano il ruolo politico dellorganizzazione statale, rivalutando quello dei singoli individui; e quindi erano disponibili ad una pi vasta "democratizzazione" della vita dello stato). Hegel resta in una posizione intermedia e conciliatrice; e poich il giusnaturalismo caratterizzava gli ambienti che sostenevano il governo assolutistico e una politica antiprogressista, mentre la posizione liberale caratterizzava i movimenti politicamente progressisti, Hegel resta sospeso, per dirlo in schema, tra conservatorismo e progressismo. Altro problema su cui il filosofo ondeggia: la costituzione dello stato deve essere rigida o flessibile? Nel primo caso essa non pu esser modificata dal potere legislativo, nel secondo s. Nel primo essa risulta stabile, nel secondo pi soggetta agli umori dei tempi, e perde in autorevolezza. Ma c anche laltra faccia della medaglia: nel primo non recepisce le novit che i tempi introducono nella vita politica, e sallontana sempre pi dai cittadini; nel secondo i attadini godono di maggior potere nel rendere le istituzioni pi confacenti ai nuovi bisogni. Coerentemente Hegel "media" le due posizioni; ma resta cos sospeso tra "potere assoluto" e "partecipazione politica dei cittadini "; ossia, di nuovo, tra concezione conservatrice e concezione progressista della vita statale. Ricche di utilissimi approfondimenti, anche le Lezioni di estetica tuttavia non mancano di ambiguit. larte, secondo quanto gi detto nellEnciclopedia, ha in comune con la religione e la filosofia il suo scopo ultimo: la "rivelazione del divino ", la "manifestazione dellidea ". Ma mentre la religione lo raggiunge attraverso le rappresentazioni, e la filosofia attraverso i concetti, essa lo attua nelle forme sensibili. Nelle forme naturali dellarte si rivela ed intuibile il Pensiero, in quanto esse "dipendono" dallo spirito che vi riversa dentro il suo contenuto, cio la sua stessa essenza; ma in modo che il soggetto e

loggetto dellopera darte in questa si compenetrano; in modo che linfinito (lIdea, essenza e contenuto dello spirito) e il finito (la forma naturale) costituiscono ununit. C tuttavia unarticolazione interna al momento spirituale dellarte che Hegel descrive disponendo, secondo lo schema dialettico gi noto, i diversi "tipi" di arte. Egli pone come tesi larte simbolica, come antitesi larte classica e come sintesi larte romantica (invertendo, rispetto allEnciclopedia, lordine tra le prime due). La prima rivela la scissione tra forma e contenuto, in quanto il linguaggio simbolico non "aderente" al contenuto, e quindi "non lo rende" adeguatamente; la seconda invece armonizza i due opposti elementi con la scoperta della figura umana; la terza infine ripresenta lo squilibrio tra forma e contenuto, ma nel senso che lo spirito avverte la sua insufficienza, ora consapevole, ad esprimere nelle forme finite un contenuto infinito, assoluto. Quasi paradossalmente quel che per Hegel il culmine dellarte costituisce la consapevolezza della necessit della sua dissoluzione, perch lo spirito possa accedere alle successive fasi - quella religiosa e quella filosofica - del suo sviluppo. Quando larte compie il suo fine, sancisce con ci la sua fine. Ma osserviamo: la disposizione triadica "non torna ". larte classica, come armonizzazione della separazione tra contenuto e forma, dovrebbe figurare come sintesi, e non come antitesi. larte romantica, che poi vien posta come sintesi, non... sintetizza, anzi ripresenta lo squilibrio tra i due elementi, sia pure per aprire la via dello spirito a livelli pi alti di "vita assoluta ". Ma il problema di maggior rilevanza quello relativo al rapporto tra arte e forme, rispetto ad essa, superiori. Con larte linfinito si produce e si presenta nelle forme naturali, cio nel mondo delle "apparenze "; pertanto essa non pu rappresentare per lo spirito il grado supremo della manifestazione della sua essenza, cio dellIdea, del Pensiero divino. Lo spirito sente il bisogno di liberarsi dai condizionamenti delle forme sensibili, vuol trovare forme pi libere di autorealizzazione e autorivelazione. Pertanto allarte deve succedere la religione, come momento ulteriore, pi pieno, e come momento antitetico, in quanto in questo il soggetto, libero dai vincoli della finitezza materiale, esprime il suo contenuto e la sua stessa essenza eterna nelle forme libere della rappresentazione. Alla religione, poi, deve succedere, come fase di completa pienezza della vita dello spirito assoluto, la filosofia, in cui il contenuto e lessenza del soggetto pensante, cio la sostanza divina, si rivelano totalmente a se stessi - proprio nel soggetto individuale - nella forma dei concetti, con la ragione. Tuttavia Hegel, nella riflessione sullo stato della civilt ai suoi tempi, dichiara con convinzione che nella sua epoca levoluzione dello spirito giunta al compimento con la religione cristiana, che ormai permea tutta la vita degli uomini, e col trionfo della "ragione dialettica ", cio della filosofia, anzi del pi alto grado della filosofia, quello da lui stesso raggiunto, in cui si pervenuti finalmente allautentica visione razionale del reale. Pertanto larte, che nello sviluppo dello spirito ha il compito di preparare lavvento delle forme superiori, non ha pi... nulla da preparare; cio essa, come forma inferiore, non ha pi alcun ruolo da svolgere, anche se nel passato ne ha svolto uno importantissimo. Dice Hegel testualmente: Sotto tutti questi rapporti larte e rimane per noi, quanto al suo supremo destino, una cosa del passato. Essa ha perduto per noi la sua propria verit e vitalit, ed relegata nella nostra rappresentazione sicch non afferma pi nella realt la sua necessit e non occupa pi il posto pi alto. (Lezioni di estetica)

Cosa del passato, dunque, sia sul piano soggettivo, per colui che si elevato allaltezza della visione idealistico-dialettica del reale, sia sul piano storico, in cui la civilt distinta dal contrassegno della filosofia. Non a caso, pera, i giovani hegeliani videro in questo discorso lannunao della "morte dellarte ". Ma videro bene? larte, cio, per Hegel deve sparire dallorizzonte della cultura individuale e della civilt futura? Il discorso complesso. Hegel dice pure che lartista deve continuare ad esprimere lassoluto nelle forme sensibili ma non pu pi farlo attribuendo alla sua esperienza spirituale il valore supremo e lantico ruolo essenziale. Ma il problema resta: quale senso, infatti, pu avere larte per lartista consapevole, filosoficamente, di produrre solo forme "primitive" e "inadeguate" di rivelazione dellIdea? Il tema della religione, che Hegel ha fatto oggetto di riflessione in ogni fase della sua evoluzione speculativa, nel "periodo berlinese" viene approfondito sistematicamente; e tale approfondimento condensato nelle pagine delle Lezioni di filosofia della religione. La religione consiste in un rapporto tra Dio e la coscienza finita delluomo; in esso il soggetto religioso si abbandona, con la fede, al suo oggetto, Dio, allo scopo di "unificare" la sua realt finita con quella infinita dellAssoluto. Questo rapporto assume varie forme a seconda del grado di sviluppo della coscienza. La prima quella del sentimento, in cui luomo vive solo la "certezza" che Dio esiste, certezza individuale, "soggettiva" e... fragile, non riuscendosi a costituire come verit oggettiva. La seconda lintuizione, in cui lo spirito presenta a s, in modo "oggettivo ", la realt di Dio, cogliendola come verit immediata; resta per labisso tra Dio e luomo. La terza forma, che quella piena, la rappresentazione, in cui soggetto e oggetto si presentano alla coscienza come "unificati "; o meglio essa la raffgurazione dellunificazione fra Dio e luomo. In questa fase oltre agli attributi divini vengono "rappresentati" anche il rapporto Dio-mondo con la "creazione ", e il rapporto di Dio con luomo e con la storia attraverso la "Provvidenza ". La forma rappresentativa raggiunge il suo apice con la religione cristiana, che Hegel definisce "assoluta ", in quanto coglie il rapporto di Dio con luomo attraverso la "incarnazione "; tale verit, poi, trova il suo fondamento teologico nel dogma della "trinit ". Dio, realt in s, "si manifesta" "fuor di se ", nellaltro da s, generando da s il "mondo dellapparenza ", la natura e luomo, fino a "ritornare" a s con la "riconciliazione" delluomo con Dio. Questi sono i tre momenti che la teologia caratterizza come Regno del Padre, Regno del Figlio e Regno dello Spirito. Il Regno dello Spirito dunque quello dellavvenuta "riconciliazione" attraverso la "redenzione" di Cristo, o riconciliazione vissuta nella" comunit cristiana ". Il contenuto religioso per deve diventare, per Hegel mediato, consapevole, cio oggetto di conoscenza; ossia, la coscienza religiosa deve autochiarirsi e autogiustificarsi con riflessione razionale. Perci Hegel dice - contrariamente a Kant - che le dimostrazioni razionali dellesistenza di Dio hanno un loro valore proprio al fine del passaggio dalla fede immediata alla riflessione filosofica. Esse sono momenti del sapere religioso, e svolgono al tempo stesso una precisa funzione nella vita religiosa. luomo conosce Dio solo in quanto Dio conosce se stesso negli uomini. Questo sapere lautocoscienza di Dio, ma anche il sapere che Dio ha degli uomini e questo il sapere che gli uomini hanno di Dio. Lo spirito degli uomini, in quanto conoscono Dio, lo spirito di Dio stesso. (Lezioni di filosofia della religione)

Quando la riflessione nello spirito religioso diventa riflessione sulla religione, Si ha la filosofia della religione. Questa non pi in senso stretto religione, n crea religione (ora infatti si passa alla riflessione per concetti sul fatto religioso), ma da considerarsi pure il pi elevato culto divino; infatti essa costituisce la consapevolezza che luomo ha di Dio e, insieme, la piena rivelazione di Dio come pensiero al pensiero delluomo. E poich la filosofia, in generale, tradurre in concetti le verit che nella religione si presentano in rappresentazion, essa la forma che porta a compimento e supera quella religiosa. Alla filosofia stato fatto il rimprovero di porsi al di sopra della religione; ma questo gi falso in linea di fatto perch essa ha per contenuto soltanto la religione e nientaltro. Essa d questo contenuto nella forma del pensiero e si pone cos soltanto al di sopra della forma della fede; il contenuto lo stesso. (Lez. di fil. d. relig.) Con questa formulazione, Hegel, mentre dice cose in cui crede, tenta anche di sottrarsi alle accuse rivoltegli dai teologi protesanti; questi infatti vedevano nella teoria hegeliana lo svuotamento del valore della religione e della sua autonomia rispetto alla filosofia. 10. Storia della filosofia e filosofia della storia Lapprofondimento dello "spirito assoluto" si completa con le Lezioni di storia della filosofia. Che cos dunque la filosofia? la forma della riflessione logica dello spirito, con cui luomo individua nel puro Pensiero il principio, lessenza e la legge di sviluppo di se stesso e di tutta la realt. Oppure, detto in altro modo, essa costituisce il momento in cui il puro Pensiero, dispiegatosi inconsapevolmente nel reale, trova piena coscienza e conoscenza di s nellattivit logica delluomo, si riconosce come origine e norma del reale. Dunque lo stesso Pensiero, che come Idea in s lorigine del processo del reale, ora, come filosofia, lo conclude, si pone come sua fine e compimento. Questa la circolarit del Pensiero di cui parla Hegel; la fine del processo del reale non altro che la conquista consapevole del suo principio. Pertanto la filosofia "conosce" la realt quando questa gi tutta dispiegata; perci non ha il compito di indicare come deve essere il mondo, ma di spiegare concettualmente come , mostrarne lintrinseca razionalit. Del resto, a dire anche una parola sulla "dottrina di come devessere il mondo ", la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare nel tempo... dopo che la realt ha compiuto il suo processo di formazione ed belle fatta...; la nottola di Minerva inizia il suo volo solo sul far del crepuscolo. (Prefazione alla Filosofia del Diritto) La sapienza, quindi simboleggiata dalla nottola di Minerva, non propone un astratto ideale, ma spiega il reale. La filosofia si eleva dalle viscere del mondo come sguardo sul mondo, per comprenderlo. Essa il supremo sforzo dellumano pensiero nella sua pienezza.

Essa sorge infatti solo dove lindividuo per s si riconosce come individuo e sa di essere, in quanto individuo, qualcosa di universale, di essenziale: sorge solo dove lindividuo ha valore infinito, dove il soggetto ha raggiunto la coscienza della sua personalit. (Introduzione alla storia della filosofia) Essa sorge quando lunificazione tra uomo e Dio, vissuta nella religione, si traduce concettualmente nella sintesi dei due termini. In tal senso essa integra e supera la religione, sia sul piano della storia dellumanit che su quello dello sviluppo dellindividuo come" spirito assoluto ". lautentico inizio della filosofia quindi da cercarsi in quel punto in cui lassoluto non pi rappresentazione... Cos il semplice essere sovrasensibile che gli Ebrei hanno pensato come Dio non argomento della filosofia; bens lo sono ad esempio le proposizioni: "lessenza o il principio delle cose lacqua, o il fuoco, o il pensiero ". (Introd. alla st. d. filos.) In queste proposizioni, tratte evidentemente dalla filosofia antica, il principio infinito infatti lordine razionale del finito. La storia della civilt offre la testimonianza dei tentativi che lo spirito filosofico ha compiuto per far s che la visione concettuale del mondo giungesse alla sua forma piena ed adeguata. Non legittirno parlare, perci, di molte filosofie, ma di una sola filosofia che storicamente si d varie forme, alla ricerca di quella perfetta. ormai senzaltro un fatto indiscutibile che vi furono e vi sono molte filosofie; ma la verit tuttavia una sola e listinto della ragione mantiene questa fede o questo sentimento invincibile. In tal caso soltanto una filosofia deve essere la vera, e poich le filosofie sono cos diverse tutte le altre - si conclude - devono essere false; senonch ognuna di esse assicura, sostiene e dimostra di essere la vera. Questo il solito ragionamento ed una concezione apparentemente giusta, propria di chi ragiona freddamente col buon senso. Ma questo pensiero che ragiona in tal modo non altro che morto intelletto. Per quanto le filosofie siano cos diverse, tuttavia hanno pur sempre questo in comune, di essere filosofie. Perci chi ha studiato e compreso una filosofia, se pur questa solo una delle filosofie, ha tuttavia compreso la filosofia. Quel pretesto e quel ragionamento, che guardano solo alla diversit... non vogliono comprendere e riconoscere questa universalit. Ma occorre invece essenzialmente avere un concetto pi profondo di ci che sia questa diversit dei sistemi filosofici. La conoscenza filosofica di ci che sono la verit e la filosofia ci fa riconoscere che questa diversit riveste un significato ben diverso da quello di unopposizione astratta tra la verit e lerrore. (Introd. alla st. d. filos.) Infatti nel succedersi dei sistemi filosofici ogni momento di questa "storia" "vero ", in quanto integra e supera quelli precedenti, facendo propria tutta la tradizione che lha preparato. ovvio che lultimo sistema quello pi vero. Niente si perde, tutti i principi si conservano; la filosofia ultima di fatto la totalit delle forme. Questidea concreta la conclusione dei conati dello spirito in quasi due millenni e mezzo di lavoro serissimo, per diventare oggettivo a se stesso, per conoscersi.

(Lezioni di st. d. filos.) Ma l "ultima" filosofia, per Hegel, era quella sua, e non solo in senso cronologico; egli era convinto che nel suo sistema la forma corrispondesse in modo assoluto al contenuto finalmente totalmente esplicitato. Insomma, per Hegel, egli ha compiuto lo sforzo massimo e definitivo che lo spirito potesse compiere. Ma allora si pone un problema: cosa pensava che dovessero fare i filosofi dopo di lui? Anche nelle Lezioni sulla filosofia della storia Hegel sviluppa temi gi precedentemente enunciati. La storia, egli dice, governata dalla ragione; ogni evento, di qualunque natura, guidato dalla ragione, e, pur nella sua transitoriet, momento del compimento di un piano razionale; sicch anche le azioni individuali sono solo momenti di questo piano che, nella sua complessit e nei suoi scopi, sfugge alla coscienza individuale. Hegel parla addirittura di un "astuzia della ragione" che ha il potere di indirizzare eventi e comportamenti, anche al di l delle intenzioni e della volont degli individui che li producono (insomma per Hegel gli individui, in quanto tali, sul piano della storia, valgono ben poco, solo come "strumenti "), di indirizzarli, si diceva, verso scopi met-individuali. chiara la natura "religiosa" di questo governo del mondo. Ma come doveva intendersi questa ragione? In senso trascendentistico o immanentistico? Cio, agente come una mente divina al di fuori degli eventi, o come complesso di forze divine interne alla stessa realt e alla storia? Anche qui Hegel media, senza dare risposte convincenti. Poi c, in queste Lezioni, un problema che lascia non poca perplessit. Nel discutere se il fine della storia coincida con la sua fine, Hegel sostiene che il progresso storico non pu essere infinito, perch ci significherebbe che la storia manca di uno scopo, di un obiettivo da realizzare, mentre questo esiste, ed il compimento della razionalit. Questo fine devessere dunque accessibile ed attuabile. E quando la storia arrivata al punto in cui essa ha realizzato ed esplicitato totalmente la sua razionalit, il fine coincide con la fine. Inoltre Hegel, qua e l, indica il fine della storia attuato nellepoca in cui egli stesso vive; egli convinto, anzi, che la razionalit ha espresso pienamente se stessa proprio con la sua filosofia. Ora laffermazione della coincidenza del fine con la fine dovrebbe significare che Hegel convinto che dopo di lui c... il diluvio, cio che nessunaltra energia creatrice e nessun altro progresso lo spirito umano pu pi produrre. Il che veramente discutibile. In verit largomento complesso; e non legittimo muovere semplicemente accuse di presunzione ad un flofoso della stazza di Hegel. Resta per il fatto che la mancanza di chiarezza su questo tema espone Hegel anche a questo tipo di critica. 11. La storia e il "pensatore " Che il pensiero hegeliano, pur nella manifesta organicit e monoliticit, si prestasse a molteplici interpretazioni, testimoniato dalla divisione della sua scuola in "destra" e "sinistra" (ma non mancano anche posizioni di "centro "). E che si prestasse pure a critiche, persino severe, rilevabile dal moto antidealista che vide la luce gi quando egli stesso era ancora vivo. In ogni caso opportuno sottolineare un elemento di valutazione. Per Hegel tutto ci che esiste trova, nel fatto stesso che esiste, la sua legittimazione razionale. Non c errore nella storia, come non c nella struttura e nel funzionamento della natura: ci che reale razionale. Ma, come in natura gi tutto predeterminato, costituendo ogni ente ed ogni evento ci ch contenuto gi, a livello implicito, nellIdea in s, cos pure nella storia tutto, sia pur non nella specifica determinazione empirica, ma nel suo schema evolutivo, gi preordinato; niente di nuovo quindi avr luogo nella storia, come niente di male e di erroneo pu aver collocazione storica. Cos ogni singola esistenza umana ha valore e significato in quanto, e solo in quanto, manifesta in s una

realt che la sovrasta e la sommerge. Sicch la storia non pu apparire, nella visione hegeliana, se non il palcoscenico su cui gli individui recitano la propria parte, senza reale spazio inventivo e creativo; una singola parte di una sceneggiatura gi scritta per intero, per cui gi nota la fine come lo il fine. chiaro che una siffatta concezione ben si prestava ad interpretare e legittimare, sul piano ideologico, la politica restauratrice europea e quella autoritaria prussiana. Lo stato rappresenta lincarnazione della razionalit; i suoi fini sovrastano lindividuo, al quale non resta altro che conformarsi ad essi, che svolgere il proprio ruolo sapendo che esso ha un significato attribuitogli dal potere politico. Dunque davvero Hegel fu, come ha detto G. Mann, il "filosofo della Restaurazione ". Ma nellultima stagione della sua esistenza il clima storico sandava mutando. Ormai sestendeva sempre pi in Europa la ribellione alla politica restauratrice, e le idee "liberali" acquistavano spazi sempre pi ampi. Il Luglio francese del 1830, il Reformbill inglese, e le conseguenze che questi eventi comportarono nellassetto europeo, turbarono profondamente il filosofo, stimolando in lui un atteggiamento che sul piano politico diremmo "di conservazione" e che sul piano culturale definiremmo "aristocratico ". Atteggiamento manifesto, se poco prima di morire, nella prefazione alla seconda edizione della Scienza della logica, parl delle difficolt del lavoro filosofico nelle "circostanze di una necessit esteriore ", cio in un clima storico che gli appariva dominato dalla "dispersione inevitabile per la grandezza e la estensione degli interessi" e dal "chiassoso strepito quotidiano". Anzi addirittura si lamentava con Goschel: "Oggi lo straordinario interesse politico ha assorbito tutti gli altri "; ormai dominano "ignoranza" "prepotenza" e "passioni malvage "; sono tempi di crisi, "di una crisi in cui tutto ci che una volta aveva valore sembra esser diventato ora problematico" (argomento caro ai "conservatori" di tutti i tempi). Ma Hegel, che pure aveva valutato positivamente la Rivoluzione francese, non fece un solo sforzo per capire che cosa stesse succedendo. Anzi in questo contesto non riusc ad immaginare altro che proporre il "silenzio imperturbabile di una conoscenza assolutamente pensante "; cio il silenzio di una chiusura aristocratica del pensiero su se stesso, un narcisismo spirituale che assume il senso di una separazione dalla storia; proprio da quella storia chegli aveva creduto di spiegare nelle sue intime leggi.

NOTA BIBLIOGRAFICA Testi I passi delle opere di Hegel, offerti nel testo, sono tratti da: Fenomenologia dello Spirito, trad. di E. De Negri, Firenze 1974, vol. I, pagg. 21, 22, 194, 159, 161, 163, 167, 169, 172; Scienza della logica, trad. di Moni-Cesa, Roma-Bari 1974, vol. I, pagg. 33-36, 4749, vol. III pagg. 357-358, 360-361; Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, trad. di B. Croce, riportata in forrna antologica in Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche, a cura di A. Plebe, Bari 1972; in questa antologia i passi riportati sono rinvenibili alle pagg. 39, 42, 4344, 47, 48, 51, 61, 68, 69, 77, 103, 104, 105, 109, 119, 126, 149, 151, 152, 156, 159, 162, 167, 170-181,192. I brani citati a proposito delle Lezioni di filosofia della religione sono dati nella traduzione offerta da N. Abbagnano nella sua Storia della filosofia, vol. III, Torino 1966, p. 128-129. Quelli indicati in relazione al tema della "storia della filosofia"sono tratti dalla traduzione di A. Plebe di Introduzione alla storia della

filosofia, Bari 1969, pagg. 135, 134, 54, e dalla traduzione curata da Codignola e Sanna delle Lezioni sulla storia della filosofia, Firenze 1930, III, II, pagg. 410-411. Studi AA.VV., lopera e leredit di Hegel a due secoli dalla nascita, Roma-Bari 1974. AA.VV., Hegel interprete di Kant, a cura di V. Verra, Napoli 1981. T.W. ADORNO, Tre studi su Hegel, Bologna 1971. A. AVINERI, La teoria hegeliana dello stato, Roma-Bari 1973. A. BANFI, Incontro con Hegel, Urbino 1965. G. BEDESCHI, Politica e storia in Hegel, Roma-Bari 1973. R. BODEI, Sistema ed epoca in Hegel Bologna 1975. B. CROCE, Saggio sullo Hegel, Bari 1948. U.CERRONI, Societ civile e stato politico in Hegel, Bari 1974. C. CESA, Hegel filosofo politico, Napoli 1976. B. DE GIOVANNI, Hegel e il tempo storico della societ borghese, Bari 1976. E. DE NEGRI Interpretazione di Hegel, Firenze 1969. E. FLEISCHMANN, La logica di Hegel, Torino 1975. H.G. GADAMER La dialettica di Hegel, Torino 1973 J. HYPPOLITE, Genesi e struttura della "Fenomenologia dello spirito" di Hegel, Firenze 1972. K H. ILTING, Hegel diverso, Roma-Bari 1977. K LOWITH Hegel e il cristianesimo, Roma-Bari 1976. G. LUKCS, n giovane Hegel, Torino 1960. H. MARCUSE, lontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicit, Firenze 1970. H. MARCUSE, Ragione e rivoluzione, Bologna 1966. N. MERKER Le origini della logica hegeliana, Milano 1961. A. PLEBE, Introduzione a Hegel, G.A.F., vol XVIII Milano 1971. R. RACINARO, Realt e conciliazione in Hegel, Bari i975. M. RIEDEL Hegel tra tradizione e rivoluzione, Roma-Bari 1975 K. ROSENKRANZ, Vita di Hegel, Firenze 1966.

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