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ITALIA Con me la sostenibilit va di moda

13 VITA
2 MARZO 2012

La stilista Katharine Hamnett disegna in esclusiva per Coop una linea di abbigliamento etico
di Ottavia Spaggiari La grande distribuzione incontra lalta moda, rigorosamente etica. Un sodalizio inusuale ma coerente quello che vede protagonisti Coop, prima catena della grande distribuzione in Italia, e Katharine Hamnett, celebre designer britannica, impegnata n dagli anni 80 nella promozione della moda etica. Sua linvenzione delle slogan t-shirt, magliette con messaggi paci sti recentemente indossate anche da Naomi Campbell. Dal 2003 la Hamnett disegna e produce capi di abbigliamento usando esclusivamente cotone biologico, coltivato rispettando lambiente e i diritti dei lavoratori. Un know-how di creativit e sostenibilit che sta alla base della linea Solidal Coop: una collezione primavera-estate in cotone certi cato, con capi per lui, per lei, e per i bambini. Obiettivo, sensibilizzare i consumatori sullimpatto ambientale e sociale delle scelte dacquisto. Anche quando si parla di abbigliamento, spiega la Hamnett. Come nasce la decisione di collaborare con Coop? Da anni il mio obiettivo realizzare vestiti che siano belli esteticamente, ma che siano anche prodotti secondo criteri etici, e Coop la migliore catena in Europa per quanto riguarda la responsabilit sociale dimpresa. Ci che ci accomuna una grande intesa sui valori: la decisione di lavorare insieme venuta di conseguenza. Per me questa collaborazione ha poi un valore aggiunto molto importante, ovvero la possibilit di distribuire i nostri capi dabbigliamento non attraverso rivenditori tradizionali, ma attraverso il sistema cooperativo, che si basa proprio su quei principi di eticit ed equit che difendo da sempre. Con questa nuova collezione, oltre alla moda etica, speriamo infatti di contribuire a promuovere anche il sistema cooperativo. Per Coop abbiamo creato una slogan t-shirt dedicata, che recita Together is possible, ispirata allAnno in-

Trentanni di stile

A sinistra, Katharine Hamnett, negli anni 80, presenta una delle sue slogan t-shirt a Margaret Thatcher. Sopra, modelli della linea Solidal Coop disegnate dalla stilista per Coop Italia e prodotti in cotone certi cato.

sconvolto: la coltivazione di cotone traternazionale della cooperazione. Che cosa lha spinta a dedicarsi esclusi- dizionale rappresenta il 10% dellagrivamente alla produzione di capi di abbi- coltura mondiale e utilizza il 25% dei pesticidi. Lindustria tessile rigliamento sostenibili? sulta essere tra le maggiori Alla ne degli anni 80 avevo fashion responsabili della contamiraggiunto il culmine del mio nazione delle falde acquifere successo, e in quel periodo e produce enormi emissioni cominciai a farmi delle dodi gas serra, per non parlare mande relativamente ai costi ambientali e sociali dellindustria della degli e etti devastanti che ha sulle pomoda. Quello che ho scoperto mi ha polazioni dei Paesi in via di sviluppo.

Nel 2003, durante un viaggio in Mali, vidi di persona le condizioni terribili a cui erano costretti i lavoratori nelle piantagioni di cotone e decisi che dovevo fare qualcosa. Cos fondai la Katherine E. Hamnett, la mia linea di moda, dove E indica proprio limpegno etico nei confronti delle persone e dellambiente. davvero possibile gestire unazienda sostenibile e rimanere competitivi nellindustria della moda? Lindustria tessile ancora resta ad accettare il modello di produzione etico, ma le cose stanno cambiando. Le persone che si informano sulla provenienza dei prodotti che acquistano in costante aumento. Circa il 30% dei consumatori oggi sceglie il prodotto da acquistare tenendo conto dellimpatto ecologico e sociale che la sua produzione comporta. Creare vestiti belli, economici ed etici possibile, lo dimostra quello che abbiamo fatto con Coop. Non si tratta pi solo di indossare una maglietta, si tratta di indossare qualcosa che pu avere un impatto decisivo sullambiente e sulla vita delle persone che la producono.

I dolci del carcere di Padova danno un sapore nuovo alledizione 2012 di Taste
Inaugurazione dietro le sbarre per il salone orentino del food-design. E i pasticceri carcerati incantano gli chef
con gusto
di Eugenio Andreatta Una realt di tutto rispetto, Taste. Giunto alla settima edizione, il salone del food-lifestyle si caratterizza ormai da anni, anche per la s ziosa cornice della Stazione Leopolda di Firenze in anche rigoroso selezionatore dei 250 partecipanti fuori discussione come il giornalista gastronomico Davide Paolini. Taste vuol dire 250 aziende, 12mila presenze registrate nel 2011, 1.600 compratori e cento eventi del FuoriDiTaste: il biglietto da visita di una realt espositiva dalle spalle robuste (leggi Pitti Immagine, colosso della moda italiana da co di parole n troppo facile sono stati i panettoni sfornati a decine di migliaia dai forni del penitenziario: la produzione 2011-12 ha superato i 60mila pezzi. E cos venerd 17 febbraio uno dei laboratori del consorzio divenuto teatro della presentazione u ciale di Taste, con tanto di contorno di chef stellati del calibro di Giancarlo Perbellini e pasticceri di fama internadi forza nella lievitazione. Solo poi ho saputo che veniva sfornato in un carcere. Anche Gaetano Marzotto, un cognome che signi ca moda, dal 2008 presidente di Pitti Immagine, va sul concreto: Sono molto colpito da questa giornata, della voglia di riscatto di questi ragazzi. Dobbiamo far qualcosa per promuovere il consorzio, un nostro espositore che interpreta perfetta-

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