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Obamanomics: AAA posti di lavoro cercasi

Quando sono entrati nella sala comandi delleconomia americana dissestata, i consiglieri di Obama sono partiti da questa convinzione: se non facciamo subito qualcosa, la disoccupazione salita al 7,7% nel gennaio 2009 dopo il terribile collasso delle banche nel 2008 raggiunger l8%. Dobbiamo agire con lurgenza che questo momento richiede per salvare o creare 2 milioni e mezzo di posti di lavoro nei prossimi due anni, cosicch i circa 2 milioni di americani che li hanno persi sappiano di avere un futuro. Ed proprio ci che intendo fare come presidente degli Stati Uniti aveva proclamato lObama fresco vincitore nel dicembre 2008, durante la fase di transizione dei poteri dallamministrazione Bush alla squadra democratica guidata da John Podesta. Erano cos poste le basi per il superstimolo da 787 miliardi di dollari votato nel febbraio 2009, il primo mese della nuova amministrazione. Ma lobiettivo fallito: il tasso dei disoccupati ha superato non solo quell8% che lo stimolo avrebbe dovuto scongiurare, ma andato anche oltre il 9%, con un massimo del 10,1% nellottobre 2009, un livello mai toccato dal 1983. La teoria di riferimento per lindirizzo economico obamiano era quella elaborata dalleconomista inglese John Maynard Keynes durante la Depressione degli anni Trenta: la spesa pubblica come motore di riserva quando il settore privato paralizzato, le banche non prestano, le famiglie non consumano. Le premesse cerano tutte per applicare quella cura, politicamente congeniale alla sinistra: prevede infatti che il governo ha il dovere-diritto-capacit di investire denaro pubblico e di dirigere in prima persona leconomia. Al culmine di una crisi come quella del 2007-2008, avvenuta sotto la responsabilit di un presidente re61

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pubblicano da tempo in disgrazia, il capitalismo intero era stato messo sotto accusa. Inutile puntualizzare che dal 2006 il Congresso era passato sotto il controllo dei democratici in entrambi i rami. E soprattutto ricordare che i mostri parapubblici Fannie Mae e Freddie Mac, i colossi del finanziamento immobiliare, tradizionali feudi dei democratici, stavano drogando il mercato dei mutui americani da qualche decennio. Nel pendolo delle rivincite spettava ora ai profeti del Grande Stato dirigista chiamato Great Society da Lyndon B. Johnson e Big Government dai conservatori di dettare le super regole. Obama non poteva trovare un ambiente migliore per la sua agenda. Una crisi una terribile cosa da sprecare stata la battuta del primo capo dello staff della Casa bianca Rahm Emanuel. Ma anche nel clima del siamo tutti keynesiani, mentre secondo Obama nessuno poteva essere contrario al suo Nuovo New Deal, ben 200 professori di Economia hanno firmato un appello contro il ripetersi degli errori delloriginario New Deal (Nuovo piano) del presidente Franklin Delano Roosevelt1. Persino un editoriale del 3 febbraio del Washington Post quotidiano che aveva appoggiato Obama nella corsa alla Casa bianca lha criticato come uno stimolo confuso. Le obiezioni pi forti riguardavano il tentativo di mettere insieme nella stessa legge misure immediate, necessarie a dare uno scossone alleconomia, con programmi di lungo termine che meritavano una discussione pi approfondita, per evitare di buttare miliardi al vento. In termini pi brutali, i repubblicani hanno condannato il piano come pieno di carne di porco2 e di programmi di spesa cari alla sinistra e ai sindacati, ma senza un chiaro impatto immediato a beneficio delloccupazione e dei consumatori. I fatti avrebbero dato loro ragione.

Fdr, mito da copiare o da evitare?


A parte la celebrazione incantata da sinistra della presidenza di Franklin Delano Roosevelt, gli studiosi non si sono ancora accordati, ottantanni dopo, circa i benefici della politica keynesiana sulleconomia americana di allora. Tra gli economisti critici del New Deal rooseveltiano, Edward Prescott, premio Nobel, e Timothy J. Kehoe meritano una segnalazione particolare per il loro libro Great Depressions of the Twentieth Century (Le Grandi depressioni del Ventesimo secolo), Federal Reserve 62

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Bank of Minneapolis, luglio 2007, sulle depressioni economiche in tutto il mondo nel Novecento. Leconomista e studiosa del pensatoio indipendente Council on Foreign Relations Amity Shlaes, nel suo libro The Forgotten Man: A New History of the Great Depression (Luomo dimenticato. Una nuova storia della Grande depressione), HarperCollins, 2007, pubblicato anchesso profeticamente prima dellera Obama, ha argomentato in profondit come la ricetta economica fortemente dirigista di Fdr sia stata tuttaltro che un successo indiscutibile. Molti altri storici hanno attribuito alla Seconda guerra mondiale il merito di avere fatto uscire gli Stati Uniti dalla Seconda depressione, quella del 193738, che era stata il risultato delle politiche del primo Roosevelt. Dove il settore privato poteva aiutare a rivitalizzare leconomia, nellarena dei servizi pubblici per esempio, Roosevelt e i suoi New Dealers spesso lo soppressero ha scritto la Shlaes. Gli imprenditori decisero di aspettare il dopo Roosevelt e trattennero la loro liquidit per investirla negli anni futuri. Allora Roosevelt fece la sua rappresaglia introducendo una tassa, quella sui profitti non distribuiti, per far loro tirar fuori il denaro. Tali saccheggi ostacolarono la ripresa e tennero il Paese in depressione fino alla Grande depressione del 1937-38. Viene in mente, per pericolosa associazione di idee, la serrata dei prestiti e degli investimenti che le banche e le aziende hanno messo in atto nel 2010, quando i profitti hanno cominciato a riapparire: sembrano avere deciso di aspettare il dopo Obama. Lapproccio antibusiness del governo Roosevelt fu rilevato allora persino dal New York Times, che con Obama si per ben guardato dal fare il bis. Pubblicata nellautunno 1937, ecco quale fu allora lanalisi della ricaduta economica: La causa attribuita da alcuni alla tassazione e alle supposte limitazioni federali sulle industrie; da altri, alla demoralizzazione della produzione provocata dagli scioperi. Ma, commenta la Shlaes, sia le tasse sia gli scioperi erano il risultato delle politiche di Roosevelt. Gli scioperi erano diventati possibili con la legge Wagner del 1936. E come gli studiosi hanno notato da lungo tempo, gli alti stipendi generati dalle leggi del New Deal aiutavano i lavoratori in attivit che li guadagnavano. Ma linflessibilit di questi salari nel contempo ostacolava le imprese nellassumere forza lavoro aggiuntiva. Quando Obama, coniando lespressione New New Deal, si riferito a quello degli anni Trenta come modello per rispondere alla crisi economica, stato sincero. Nella versione dellattuale presidente, la cu63

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ra keynesiano-rooseveltiana ha mostrato la corda a tempo di record: basta scorrere il calvario dei dati mensili della disoccupazione da inizio 2009 a oggi. Nel dicembre 2008 era del 7,2% e a novembre del 2010 stata del 9,8%.

La gestazione dello stimolo obamiano


Qualche giorno prima del giuramento del presidente, nel gennaio 2009, lo staff dei consiglieri guidato da Larry Summers, ex ministro di Clinton, e dalleconomista Christina Romer, aveva pubblicato un documento dal titolo impegnativo: Limpatto sui posti di lavoro del Piano americano di reinvestimento e di ripresa. Lasso nella manica per convincere il Paese era una previsione tecnica della Romer dal tono allarmante: se non viene approvato subito il superstimolo quantificato poi in 800 miliardi circa al momento del voto in aula il tasso di disoccupazione salir oltre l8%. Nel testo erano esposti, in dettaglio, i risultati dellintervento speciale che il presidente aveva intenzione di chiedere al Congresso, con la certezza di ottenere il passaggio grazie alla larga maggioranza dei democratici: invece non stata una passeggiata per il governo, che si visto bocciare il piano in una prima votazione alla Camera a fine gennaio 2008, poich neppure tutti i deputati democratici erano daccordo a imboccare la strada della spesa pubblica che avrebbe fatto svettare il deficit. Poi una parte dei cosiddetti Blue Dog i democratici moderati e fiscalmente conservatori perch devono farsi eleggere in distretti con forte presenza repubblicana ha votato alla fine no insieme allopposizione. Nel documento sullo stimolo, gli economisti di Obama avevano determinato meticolosamente che il cosiddetto moltiplicatore sullattivit economica di ogni dollaro speso dal governo sarebbe stato pari a 1,57: per ogni dollaro preso dal bilancio federale, cio dalle tasse dei contribuenti, e immesso nelleconomia, si sarebbe generata unattivit pari a oltre una volta e mezzo linvestimento, tra merci prodotte, strade asfaltate, consumi, stipendi eccetera. Lo stimolo ha previsto anche il rimborso ai contribuenti di un po di tasse gi pagate. Ma in materia fiscale la questione fondamentale che per generare crescita vanno abbassate le aliquote (la percentuale del reddito trattenuta in tasse), cos la gente incentivata a lavorare di pi; 64

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non basta tagliare le tasse versate di per s una tantum, ci ha ricordato Alberto Bisin, uno dei pi brillanti economisti italiani in America, docente alla New York University, obamiano convinto ma anche firmatario della lettera antistimolo del gennaio 2009. Secondo invece lo staff economico di Obama, il moltiplicatore di ogni dollaro tagliato dalle imposte sarebbe stato negativo, pari allo 0,99: cos, la Casa bianca ha scelto la strada della spesa pubblica, caldeggiata da altri Nobel per lEconomia come Paul Krugman, che anzi avrebbe preferito uno stimolo ancora pi cospicuo3. Meno di due anni dopo, con la disoccupazione aumentata invece che diminuita, gli architetti dello stimolo Romer e Summers hanno lasciato i loro incarichi prima delle elezioni di medio termine. Peter Orszag, il direttore dellUfficio del bilancio, ha fatto di pi: dopo avere firmato il budget federale che ha registrato il buco pi alto della storia americana, 1400 miliardi di dollari, ed essere stato congedato, ha firmato un articolo-opinione sul New York Times molto indigesto per la Casa bianca (6 settembre 2010). Pubblicato nel bel mezzo delle discussioni sul rinnovo dei tagli fiscali di Bush, in scadenza a fine dicembre 2010, mentre Obama insisteva sullidea di fare votare in Congresso lestensione degli sconti solo per chi non superava i 200.000 dollari di reddito annuo individuale (250.000 in coppia), Orszag ha sostenuto invece unestensione totale (per due anni), allineandosi ai repubblicani. Lo strappo non poteva essere pi sgradito. E infatti i tre amici di Chicago pi vicini a Obama il capo staff Rahm Emanuel, la consigliera Valerie Jarrett e lo stratega David Axelrod hanno disdetto allultimo momento la partecipazione alla festa di nozze a New York dello stesso Orszag a fine settembre 2010.

Perch lo stimolo non ha funzionato


Sebbene il primo stimolo da 787 miliardi del febbraio 2009 non avesse risollevato leconomia per oltre un anno e mezzo, nellestate 2010 il presidente ha chiesto un supplemento di 50 miliardi al Congresso per un secondo piano massiccio di strade e ponti, cio le nuove infrastrutture gi promesse nel 2009 e mai realizzate. La richiesta non stata accolta, perch locchio del pubblico era ormai vigile e oltremodo diffidente delle ricette del presidente, e anche perch molti deputati demo65

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cratici in cerca di rielezione non erano pi disposti a concedere un bis, sia pure in sedicesimo. Ma dove sono finiti tutti quei soldi? Sul sito ufficiale del governo che ha riportato fin dallinizio con trasparenza le attivit di spesa del Recovery Act (Legge per la ripresa, www.recovery.gov), questo era il quadro completo a novembre 2010: 243 miliardi (l85%) dei 288 miliardi previsti in benefici fiscali erano arrivati ai contribuenti designati; 156 miliardi (il 57%) dei 275 miliardi destinati a prestiti, contratti e finanziamenti per imprese ed enti pubblici erano stati distribuiti; dei 224 miliardi della voce diritti acquisiti, cio gli stipendi di dipendenti pubblici, 180,8 miliardi (l81%) erano stati resi disponibili agli enti interessati e, di questi, 167,8 miliardi (il 75%) erano arrivati a destinazione. Del totale di 787 miliardi dello stimolo, erano quindi rimasti ancora da distribuire 220,2 miliardi, il 28% del totale: 45 miliardi in benefici fiscali, 56,2 miliardi in diritti acquisiti (in pratica gli stipendi di qualche centinaio di migliaia di maestri, vigili, pompieri e altri lavoratori pubblici) e 119 miliardi in contratti, prestiti e garanzie. Il giudizio su quanto avevano prodotto queste misure stato istintivamente negativo da parte dellopinione pubblica che non ha visto diminuire, bens aumentare, il tasso nazionale dei senza lavoro. anche lunico metro politicamente determinante, e infatti Obama e i democratici hanno pagato ai seggi anche per questo fiasco. La mossa poi di chiedere altro denaro per opere pubbliche ha fatto riaffiorare le polemiche iniziali. Obama, nel dicembre 2008, appena eletto, per promuovere la sua richiesta di stimolo aveva detto: Abbiamo progetti in tutto il Paese pronti per la vanga (shovel ready). E governatori e sindaci stanno supplicando i finanziamenti. Nel momento in cui potremo dare questi investimenti al livello degli Stati, saranno creati i posti di lavoro. Impossibile. un mito quello dei progetti pronti, aveva messo in guardia leconomista di Harvard Greg Mankiw nel gennaio 2009 sul suo seguitissimo blog gregmankiw.blogspot.com: Se il pacco di stimolo prende la forma di ponti inutili, il risultato potrebbe essere unespansione economica come viene misurata dalle statistiche economiche standard, ma con poco aumento del benessere economico. La via per evitare questo problema una rigorosa analisi di ogni progetto governativo. Simili analisi sono difficili da fare in fretta, comunque, special66

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mente se sono in gioco grosse cifre. Ma se non si fanno in fretta, la recessione economica potrebbe essere finita prima che arrivi lo stimolo. Nella realt successo proprio cos, fino alla netta autocritica di Obama sui progetti shovel ready nellintervista al New York Times Magazine del 17 ottobre 2010, due settimane prima del voto: Ho capito troppo tardi che non esiste una cosa chiamata progetti pronti. Tra progetti non realizzabili o non realizzati, sconti fiscali non permanenti e soldi investiti a pioggia, insomma, la parola stimulus (in America lo dicono in latino) diventata politicamente impronunciabile. Per la cronaca, il maggiore finanziamento assegnato (a settembre 2010) andato alla Savannah River Nuclear Solutions, un impianto di riciclaggio di scorie: 720 milioni di dollari per 733 posti dichiarati, riporta il sito del governo. La discussione tra gli economisti attorno al ruolo salvifico delle spese statali, o al contrario penalizzante in termini di deficit pubblico, comunque sempre in pieno svolgimento. Uno dei temi controversi il ruolo dei consumatori: secondo i keynesiani sono loro a trascinare la crescita, e se si creano stipendi ancorch artificiali alzando il debito pubblico le famiglie possono consumare e la macchina si rimette in moto. Robert Higgs, economista liberista e ricercatore dellIndependent Institute, ha smontato quella tesi riportando questi dati sul sito biggovernment.com: Certo, la spesa dei consumatori pesa circa per il 70% del prodotto interno lordo americano, e aumenti nei consumi offrono alleconomia una spinta immediata. Ma questa spesa addirittura cresciuta durante la crisi come percentuale del Pil, prodotto interno lordo. Secondo lUfficio di analisi economica del ministero del Commercio, dal 69,2% dellultimo trimestre 2007 la spesa per i consumi cresciuta al 71% nel secondo trimestre 2009, arrivando al massimo storico di 9300 miliardi. Se stimolare i consumi fosse la chiave per la ripresa economica, lavremmo gi raggiunta commenta Higgs. Che cosa ha dunque provocato la caduta nella recessione? Un netto declino delle spese per investimenti sostiene leconomista. In percentuale sul Pil, gli investimenti degli imprenditori sono calati dal 17,5% del primo trimestre 2006 (2300 miliardi di dollari) all11,3% nel secondo trimestre 2009, un crollo del 36% a 1450 miliardi di dollari. Anche il Nobel per lEconomia Edmund Phelps lha sostenuto: I passi presi dal governo per aiutare leconomia si basano su una pre67

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messa sbagliata. La diagnosi che leconomia sia frenata da una mancanza di domanda aggregata, la domanda totale di beni e servizi americani []. Invece la nostra economia danneggiata da problemi strutturali profondi che nessun pacchetto di stimolo pu risolvere (The economy needs a bit of ingenuity, in New York Times, 6 agosto 2010).

Il business in sciopero
Nel 2008 Obama era stato il candidato preferito di Wall Street e della Silicon Valley: lindustria finanziaria e assicurativa ha finanziato la sua campagna con 33 milioni di dollari (solo 26 a McCain), quella della comunicazione e dellhigh-tech con 21,6 milioni (solo 4 al candidato repubblicano). Banchieri e imprenditori scommettevano sul pragmatismo, lintelligenza politica, lo spirito bipartisan del brillante post ideologo, sia quelli che avevano finanziato in sincera fede da lite di sinistra, sia quelli che avevano fiutato laria e pensavano, firmando gli assegni, di comprare anche una polizza di assicurazione. Il risveglio stato brusco. Uno dei primi segnali del netto cambio dumore del mondo del business verso la Casa bianca venuto nellestate 2010 dal Ceo (chief executive officer, amministratore delegato) della General Electric (Ge) Jeffrey Immelt: molto indicativo, perch uscito dalla bocca di un fedelissimo pentito. Immelt stato uno dei membri del board dei consiglieri del presidente per la ripresa economica: un panel di industriali, finanzieri e dirigenti sindacali che erano stati presentati a inizio 2009 come una squadra di assistenti tecnici di alto livello per dare credibilit a Obama come leader attento al mondo degli affari. Ge era inoltre la proprietaria di Nbc (poi ceduta nel corso del 2010 a Comcast), la Tv senza dubbio pi sbilanciata a sinistra, antirepubblicana e pro Barack per tutto il 2008-2009. In pi Immelt in persona si era pubblicamente esposto ad appoggiare il superstimolo da 787 miliardi nel febbraio 2009, scrivendo editoriali e facendo discorsi. Date queste premesse, ovvio lo scalpore provocato dal leggere sul Financial Times (1 luglio 2010) le dichiarazioni fatte in libert da Immelt a un incontro privato a Roma con uomini daffari e dirigenti della sua societ: Al mondo del business americano non piace il presidente Obama e a Obama non piacciono i business. Distratto dalla crisi e dalle sue priorit legislative, ha 68

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spiegato Immelt, Obama non ha sviluppato quei legami con le corporations che si erano visti sotto le amministrazioni Clinton e Bush. Ge ha poi smentito che Immelt avesse citato direttamente il presidente e ha precisato che stava parlando dei rapporti in generale degli uomini daffari con il governo, ma la correzione non ha convinto nessuno. Poi ha lanciato lallarme anche lEconomist, lautorevole settimanale britannico tanto critico negli anni precedenti nei confronti del governo Bush quanto poi conquistato dalla campagna di Obama. A poche settimane dal voto di medio termine ha pubblicato un durissimo editoriale, The Wages of Negligence (La paga della negligenza), 23 settembre 2010, in cui si leggeva: Il presidente si guadagnato la reputazione di essere ostile al business. Ha bisogno di cambiare []. Nessun leader sano di un Paese vuole che gli uomini daffari pensino che lui sia contro di loro, specialmente in un periodo in cui la fiducia essenziale per la ripresa. Da questa prospettiva, Barack Obama ha gi molte cose di cui rispondere. Un presidente che fa cos poco per contrastare lidea che a lui non piaccia il business , di per s, un amministratore delegato negligente in modo preoccupante []. Stanno aumentando le prove che il mondo degli affari americano crede che il presidente non capisca Main Street (metafora per leconomia, N.d.A.). Un sondaggio Bloomberg di questa settimana ha rilevato che i tre quarti degli investitori americani credono che lui sia contro il business. La base del movimento del Tea Party sono proprietari di piccole aziende arrabbiati. LEconomist ha perso il conto dei tanti prominenti chief executive, di cui molti democratici, che si lamentano privatamente che il presidente non capisce il loro business, che li tratta puramente come abbellimenti nelle fotografie propagandistiche e usa il teleprompter (suggeritore elettronico, N.d.A.) dei comizi per parlare con loro; che mostra uno scarso e inadeguato interesse per il loro punto di vista su quali tagli delle tasse li persuaderebbero ad assumere gente; che il suo staff disgraziatamente povero di persone che hanno mai avuto a che fare con le buste paga dei dipendenti (ci sono meno uomini in questa Casa bianca con un passato nel business che in qualsiasi altra recente amministrazione); e che lincertezza delle regolamentazioni sta ostacolando la loro volont di investire4. LEconomist ha poi definito Obama ignorante ma non antagonista per lasciargli uno spazio di recupero; e per cercare di spiegare la sua forma retorica da antibusiness ha ricordato come la storia della vita di Obama descritta dalla sua autobiografia e dalla sua campa69

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gna fosse quella di un uomo un tempo impantanato nel peccaminoso settore privato (presso una ditta successivamente comprata dallo stesso gruppo dellEconomist), che ha riscattato se stesso solo diventando un attivista della comunit. Laureatosi alla scuola di Legge di Harvard dopo il college alla Columbia, Obama ha iniziato una breve carriera da avvocato in uno studio legale e poi si immerso nella politica, diremmo noi in Italia, dei centri sociali. Tradotto nella realt di Chicago, ci ha significato i lunghi ventanni delladesione alla chiesa del reverendo Jeremiah Wright, antisemita, antibianchi e anticapitalista, dove Obama si fatto la base di voti democratici che lhanno innalzato prima a senatore nel Parlamento statale dellIllinois, e poi a senatore per lIllinois a Washington. Le fabbriche e gli uffici, insomma, Barack li ha visti da giovane ai picchetti degli scioperi. Non stupisce che la prevenzione verso chi fa profitti sia nel suo Dna. E le centinaia di comizi in una stagione economica recessiva hanno acutizzato la sua retorica contro lavidit, i ricchi, i miliardari, le corporations affamatrici che trasferiscono le lavorazioni allestero. Purtroppo, la ramanzina dellEconomist, questa la gente che promuove la crescita e crea le occasioni di impiego, ma lattivista di quartiere non lo capisce. Perch mai una piccola azienda americana dovrebbe assumere pi gente quando non sa bene come funziona il complesso regolamento della sanit riformata e la sola cosa chiara che se cresce oltre i 50 dipendenti soggetta a pagare i premi assicurativi o a essere multata? E perch mai un imprenditore dovrebbe impegnare denaro in una nuova fabbrica quando teme di essere colpito da un aumento delle tasse? Unaltra autocritica degli industriali venuta dal presidente della Business Roundtable (organizzazione di Ceo americani) Ivan Seidenberg, capo del colosso delle comunicazioni Verizon. Nel discorso allEconomic Club di Washington, riportato sul Wall Street Journal del 25 giugno 2010, ha detto: Vediamo che sono messe in atto una sfilza di leggi, regolamentazioni e altre politiche che impongono una prescrizione governativa su come le singole industrie dovrebbero essere strutturate; questa agenda sta creando un ambiente sempre pi ostile per gli investimenti e per la creazione di posti di lavoro in questo Paese. Per tutto il primo anno di Obama la Roundtable aveva, come la Ge, appoggiato in sostanza tutti gli atti del suo programma: lo stimolo fiscale, la riforma sanitaria, persino il programma energetico del Cap and 70

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trade. I Ceo pensavano di essere i pi furbi a ritagliarsi accordi ad hoc, come per esempio la promessa di potere mantenere la detassazione dei profitti guadagnati allestero, ma poi hanno capito di essere stati usati e puniti: nel budget 2011 i democratici hanno annunciato di riprendersi tutto con gli interessi. Cos Seidenberg ha dichiarato lintesa ufficialmente sepolta: Intromettendosi virtualmente in ogni comparto della vita economica, il governo sta iniettando incertezza sul mercato e sta rendendo pi difficile raccogliere capitali e creare nuovi business; le attuali e le future tasse stanno facendo un danno di lungo termine alla crescita. E il leader dei Ceo ha messo sotto accusa molti altri pezzi della politica economica obamiana: il libero commercio trascurato; le nuove regole della Fcc (Federal Communication Commission, lautorit di controllo delle comunicazioni) che imporranno una regolamentazione vecchio stile su Internet; la regolamentazione finanziaria che trasformer Washington, cio il palazzo della politica, nel nuovo padrone di Wall Street. Nel nostro giudizio ha concluso Seidenberg abbiamo raggiunto un punto nel quale i negativi effetti di queste politiche sono semplicemente troppo significativi per poter essere ignorati. I capitalisti, dopo la sbandata per lUomo del cambiamento, sono tornati insomma a difendere il capitalismo. E Obama sembra adeguarsi, dopo il midterm. Il 15 dicembre, ospitando alla Casa bianca venti Ceo amici, tra cui quelli di Google, American Express e Pepsi, ha detto di voler eliminare ogni nozione che voglia impedire il vostro successo. Vogliamo essere entusiasti sostenitori, perch se andate bene voi va bene lAmerica. Obama sulla strada di Damasco: Da Marx a Keynes a Hayek, questo un progresso commendevole ha ironizzato il New York Post (16 dicembre 2010). Se lObama 2011-2012 ha fatto un convinto flip-flop verso le imprese e Wall Street, fa il bene delleconomia Usa, e suo.

NOTE
1. Lettera pubblicata il 28 gennaio 2009 sul New York Times: Non c disaccordo sul fatto che necessaria unazione del governo, un piano di ripresa che aiuti leconomia a ripartire, presidente eletto Barack Obama, 9 gennaio 2009. Con tutto il dovuto rispetto, Signor presidente, non vero. Nonostante si dica che tutti gli economisti adesso sono keynesiani e che tutti appoggiano un grosso incremento del peso del governo, i sottoscritti non credono che pi spesa pubblica sia un modo per migliorare la performance economica. Laumento della spesa pubblica di Hoover e Roosevelt non tir fuori gli Stati Uniti dalla Grande depressione negli anni Tren-

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ta. Pi spesa pubblica non risolse il decennio perso del Giappone negli anni Novanta. Quindi un trionfo della speranza sullesperienza credere che pi spesa pubblica aiuter gli Usa oggi. Per migliorare leconomia i legislatori dovrebbero focalizzarsi sulle riforme che rimuovano gli ostacoli al lavoro, risparmio, investimenti e produzione. Aliquote fiscali pi basse e una riduzione del peso del governo sono i modi migliori di usare una politica fiscale per promuovere la crescita. Firmata da circa 200 economisti fra cui tre Nobel: James Buchanan del Center for Study of Public Choice, Edward Prescott della Arizona State University e Vernon Smith della George Mason University. 2. Pork o carne di porco sono emendamenti (earmarks) che finanziano progetti specifici o concedono sconti fiscali a favore della base elettorale del parlamentare che li propone; nel gergo politico sono sinonimi di clientelismo. Il 2009 stato il primo anno con pi iscritti ai sindacati nel settore pubblico che in quello privato: circa 7,9 milioni contro 7,4 milioni. Secondo lUfficio delle statistiche del ministero del Lavoro gli iscritti alle unions tra tutti i lavoratori sono il 12,4%, di cui il 36,8% tra i dipendenti federali, statali e municipali, il 7,6% nelle aziende private (ultimi dati: 2008). 3. Krugman, premiato nel 2008 con il Nobel per le sue ricerche sul commercio internazionale, si trasformato in polemista militante antirepubblicani sulle colonne del New York Times. Nei mesi post stimolo, mentre fioriva nel dibattito mediatico la tesi della morte del capitalismo, ha sferrato in continuazione attacchi alla dottrina liberista della Scuola di Chicago in nome della difesa della maxi spesa pubblica. Quando Krugman ha sistematizzato le sue critiche nel minisaggio Come hanno fatto gli economisti a sbagliare cos tanto, in The New York Times Magazine, 2 settembre 2009, gli ha risposto John H. Cochrane, economista dellUniversit di Chicago, protestando per le tante distorsioni e strumentalizzazioni. E prendendolo in giro sotto il titolo Come ha fatto Paul Krugman a sbagliare cos tanto?, pubblicato sul proprio sito accademico, il 16 settembre 2009 ha scritto: Se si crede che la tesi keynesiana sia un argomento a favore dello stimolo, allora si dovrebbe pensare a Bernie Madoff (il truffatore di New York condannato nel 2009 per avere fatto sparire 50 miliardi, N.d.A.) come a un eroe. Lui prendeva denaro dalla gente che lo stava risparmiando, e lo dava a gente che sicuramente lo avrebbe speso. Ogni dollaro cos trasferito, nel mondo di Krugman, genera un dollaro e mezzo di reddito nazionale. Lanalogia ancora pi stretta. Madoff non prendeva il denaro dai suoi risparmiatori, essenzialmente se li faceva prestare dando loro dei conti fasulli con la promessa di grandi profitti futuri. Questo assomiglia parecchio al debito pubblico del governo. 4. A proposito dei ministri con unesperienza precedente di lavoro nel settore privato, un rapporto di JPMorgan Research mostra che nei governi democratici di Franklin Delano Roosevelt e di Harry Truman erano il 50%, in quelli di John F. Kennedy e di Jimmy Carter circa il 30%, con Bill Clinton quasi il 40%. Tra i presidenti repubblicani, Eisenhower, Nixon, Reagan e i due Bush avevano scelto sempre una maggioranza di ministri (50-60%) con trascorsi aziendali. Obama unanomalia assoluta, con solo il 7%.

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