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ASSOCIAZIONE GENITORI CATTOLICI

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Lettera aperta

Preg.mo Ministro della salute


Roma

Mi permetto sottoporre alla Sua attenzione un problema che ritengo assai importante e poco trattato:
la scarsissima presenza degli psicologi all’interno degli ospedali.
Per noi cattolici è indispensabile all’interno delle case di cura l’assistenza religiosa degli ammalati
che lo desiderano e questa, grazie a Dio, viene normalmente assicurata. Vi è però un’altra presenza
che se, compiuta da personale valido e specializzato, è assai importante: la presenza dello psicologo
per ogni reparto di una certa consistenza. Come Lei ben sa quando una persona si ammala e viene
ricoverata in un ospedale ha certamente bisogno, oltre che delle cure, anche di un’assistenza allo
spirito. Non tutti, purtroppo, trovano conforto e risposte nella preghiera e nell’intervento diretto di
Dio, di Maria Santissima e dei santi. La maggior parte, sempre purtroppo, di fronte a malattie serie
cadono nello sconforto e spesso coinvolgono nella loro caduta anche i familiari. Chi, e con quali
modalità, comunica ad un paziente e ai suoi familiari un serio problema di salute che può
sconvolgere la sua vita? Chi, e con quali modalità, comunica ai familiari il decesso di un congiunto?
Lei mi risponderà: i medici. E ciò effettivamente avviene, ma con quali modalità?
Le porterò ad esempio un caso personale che mi ha fatto molto riflettere al riguardo.
Nella caldissima estate del 2006, nell’ospedale civile della mia città venne ricoverata mia madre che
da una decina di giorni presentava quasi totale inappetenza (senza aver mai segnalato alcun disturbo
prima). Il medico del pronto soccorso che la visitò disse che era disidratata e poiché manifestò
un’improvvisa dissenteria la fece ricoverare in un reparto dell’ospedale. La lasciai di sera, dopo
aver sentito con mia moglie il medico del reparto il quale mi disse che l’avrebbe ricostituita per
effettuare in seguito delle indagini più approfondite. Non sembrava che vi fosse nulla di immediata
preoccupazione. La mattina seguente, vero le 9.00, venni raggiunto da una telefonata di mia figlia
che mi disse “Ha telefonato l’ospedale. La nonna si è aggravata, ti aspettano per parlarti.” Con mia
moglie raggiunsi l’ospedale dopo circa 15 minuti, arrivammo nel reparto. Un medico presente nel
corridoio appena ci vide disse “Siete parenti della signora…?”. “Sono il figlio” risposi”. Il medico
disse a bruciapelo “La mamma è morta. Di setticemia acuta”. Se non avessi avuto il conforto di Dio
e certamente di mia madre sarei crollato.
Il medico non si era minimamente preoccupato di accertare preventivamente se pensavamo fosse
grave o quali erano le nostre aspettative al riguardo. Se avessi problemi di salute o di depressione
ecc.. Dopo questa esperienza mi sono chiesto “Se tale notizia brutale” fosse stata comunicata ad un
reduce da infarto, ad un depresso o con altre patologie cosa sarebbe successo?
Mi hanno anche riferito di medici che nel corridoio hanno comunicato ad un paziente che aveva
l’aids.
Alla luce di questi esempi emblematici sarebbe opportuno che in ogni ospedale venissero impiegati
diversi validi psicologi a cui demandare anche il compito di assistere i pazienti ed i familiari che
devono ricevere notizie infauste o comunque non certo felici.
Come vengono profusi soldi per l’assistenza ai clandestini che secondo certi medici non dovrebbero
neppure essere segnalati alle autorità (commuove questa sensibilità verso i clandestini che stride
con l’insensibilità verso i cittadini italiani!) a maggior ragione devono essere reperiti fondi per
questa utile necessità, vista soprattutto l’insensibilità di certi medici.
Distinti saluti.

Il Presidente
Dr. Arrigo Muscio
www.muscio.it

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