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figli difficili.

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Raffaele Morelli

I FIGLI
“DIFFICILI” SONO
I FIGLI MIGLIORI

RIZA
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Progetto grafico e copertina: Daniela Figliola


Redazione: Fiammetta Bonazzi

Edizioni Riza S.p.a.


Via Luigi Anelli, 1 - 20122 Milano
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Sommario

Introduzione 7
I nuovi modelli di famiglia 20
Paure e disagi 30
Gli errori da non commettere 42
Figli e talento 55
Giocare per crescere 66
I figli e la scuola 77
Le parole da non dire 91
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Introduzione

Per parlare dei bambini non si può prescindere da


Ermes, Mercurio, il dio che ha le ali sulle tempie e sui
piedi. È sì materiale, carnale, concreto, come lo so-
no i piedi che battono la terra, ma la sua natura è
volatile, inafferrabile, come l’intuizione, come le co-
se dell’anima… le cose sottili.
Se le donne vivono nel regno di Iside, dell’eterno
femminile, se ogni donna – senza saperlo – cambia
il mondo, le sue abitudini, i costumi, perché così
vuole la Dea, per i bambini Ermes è la loro sostan-
za, la loro identità più profonda, il loro sapore, la
loro fragranza, il loro profumo.
Come possiamo noi adulti, noi vecchi uomini e don-
ne del mondo, conoscere i bambini, se appartengo-
no a un’altra dimensione, a un altro luogo dell’esse-
re, a un altro dio?
Gli adulti si riconoscono come tali perché pensano,
ragionano, sono maturi: non si bocciano forse i no-
stri piccoli perché sono immaturi?
«Facciamogli ripetere l’anno, così maturerà, diven-
terà più responsabile, si farà carico dei suoi dove-
ri», così dicono gli insegnanti ai genitori quando
vogliono calare la scure della bocciatura. La verità è
che noi giudichiamo i bambini con occhi da vecchi,
di gente consumata dalla vita, che sa come va fini-
re… ripetendo più o meno le frasi che i nostri geni-

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INTRODUZIONE

tori dicevano a noi, tipo: «Vai a letto presto», «Stu-


dia se no finisci a fare il manovale», oppure: «Di
questo passo finirai per prendere una brutta strada»
o ancora: «Prima il dovere e poi il piacere»,
«Mangia che devi crescere», «L’ozio è il padre dei
vizi»… Per anni abbiamo insegnato la matematica
ai bambini, ignorando che i circuiti cerebrali del
ragionamento matematico si attivano solo dopo i 14
anni. L’occhio vecchio, che ripete sempre le cose già
dette e già sentite, è quello di Saturno: pesante come
sono pesanti i nostri pensieri, i nostri giudizi, i nostri
inutili consigli. Come può Saturno, il dio della Terra,
delle leggi inesorabili, dialogare con Ermes, legge-
ro come l’aria, sottile, impenetrabile, furbo, scaltro,
impalpabile, libero, senza vincoli?
I genitori non conoscono e non possono conoscere il
mondo mercuriale dei bambini e degli adolescenti…
Forse un buon genitore è colui che si arrende a que-
sta impotenza, che comprende che il nostro mondo
e quello dei piccoli vivono agli antipodi, che quasi
nulla hanno in comune.
L’anima e il cervello che lo riveste, che è la sua casa,
producono “energie differenti” a seconda delle tante
stagioni della vita.
Vai a spiegare alla primavera che arriverà l’inver-
no? La “primavera” dei nostri figli ragiona con il
mondo nuovo che sta partorendo i fiori, i frutti, il
verde, la vitalità prorompente. L’inverno invece è fat-
to di rami spogli, calati nel freddo, nelle intemperie,
nella percezione della fine, nel difendere ciò che si
è conquistato.

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INTRODUZIONE

Per i giovani tutto è in gioco: non c’è il tempo che


verrà, c’è l’adesso.
Mai, forse, un proverbio è stato più felice di quello
che recita: «Si nasce incendiari e si muore pompie-
ri». Come può chi sta spegnendo il suo fuoco giudi-
care la fiamma che divampa, i suoi lapilli scintillan-
ti, i rischi che deve correre?
Se fosse per noi, gente di Saturno, i figli dovrebbe-
ro diventare come noi, percorrere la nostra stessa
strada, le nostre stesse tappe: l’asilo, le elementari,
le medie, il liceo, l’università… e poi un buon lavo-
ro, un buon matrimonio e magari la sera tutti da-
vanti alla TV… Solo i Saggi sono veramente mercu-
riali: giocano ancora a 80 anni come bambini, sono
curiosi, osservano, silenziosi, quasi in disparte… I
veri Saggi non sai mai cosa pensano, sono misterio-
si come i bambini.
Anzi, i Saggi e i bambini non pensano!
Gli antichi sapevano che il cervello è la casa di
energie misteriose, sconosciute, inafferrabili… Di
tutte, quella di Ermes è l’energia del cambiamento,
del rinnovamento, della trasformazione, dell’intelli-
genza scaltra.
Un genitore dovrebbe arrendersi all’idea che la
parola “educare” deriva da e-ducere, che significa
estrarre, tirare fuori. Estrarre ciò che c’è: vale a dire
che ogni bambino è una pianta speciale, con carat-
teristiche solo sue: è una vera follia pensare di inse-
gnare a tutti le stesse nozioni, gli stessi libri, gli stes-
si autori, gli stessi compiti… Ci piaccia o no, noi figli
ormai di Saturno vogliamo insegnare loro quello

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INTRODUZIONE

che abbiamo imparato e subìto a scuola. A volte


penso che il successo di certe trasmissioni centrate
sui quiz, diffuse come nessun’altra trasmissione, si
basi sul fatto che valutiamo noi stessi dentro la mor-
sa scolastica del premio-punizione.
«Se sei promosso ti regalo il motorino»…
I bambini, no! Loro sono guidati da Ermes, il loro
cervello è dentro questa energia sempre nuova, sem-
pre aperta, cosmica, irraggiungibile, pronta a tutto.
Ma chi di noi adulti è pronto a tutto? Chi vive come
nella fiaba? Al piccolo Micky raccontavo che si pote-
va passare dal buco della serratura del portone di
casa. «Dai papà, fammi vedere!». Gli facevo chiude-
re gli occhi, lo prendevo in braccio e furtivamente e
in silenzio aprivo il portone… passavamo dall’altra
parte e… magia… l’incanto era avvenuto!
Micky aveva 5 anni e la magia, la fiaba, erano il
suo mondo: tutto era possibile. E io mi divertivo,
ridevo. «Dai papà, rifacciamolo!».
Se si sta attenti, quasi mai ridiamo per davvero, se
non quando stiamo con i bambini. Il gioco è la vera
terra dell’anima mercuriale… E ogni gioco è sempre
misterioso, fatto di inganni, di tranelli, di bugie, di
scaltrezza, di intelligenza, di curiosità. Insomma, chi
gioca non sono i bambini, ma il dio Ermes in perso-
na… E poiché Mercurio è il dio dell’Aria, che passa
attraverso le serrature, che usa in ogni circostanza
nuovi percorsi, i veri genitori devono farsi, almeno
ogni tanto, la domanda fondamentale, che è esatta-
mente il contrario di quello che ci è stato insegnato
dalle generazioni precedenti. E cioè: «Oggi, io che

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INTRODUZIONE

cosa ho imparato da mio figlio?». Difficile appren-


dere qualcosa se abbiamo in mente i nostri stereoti-
pati modelli educativi, se la nostra preoccupazione
è quella del buon voto o che si comportino bene,
vale a dire che i nostri figli siano stati veramente ben
domati… I figli di Ermes vengono per spazzare via
i vecchi modelli dalle menti di noi genitori…
Che cosa abbiamo da imparare da loro?
Un diverso modo di stare nel mondo, una mentalità
creativa che rinnova incessantemente le cose, una
sensibilità primaverile, dell’aurora, della luce limpi-
da della mente, non offuscata dai pensieri, una ca-
pacità di vedere le cose in un’altra prospettiva, un
modo di risolvere i problemi che noi adulti non ci a-
spetteremmo mai, un modo di prendere la vita sen-
za sacrificio, senza dolore, senza lotta, senza affan-
no, un modo che noi abbiamo completamente di-
menticato. Quando c’è un problema bisogna espor-
lo bene ai bambini, anche ai più piccoli: ci daranno
risposte inimmaginabili.
Sapete che cosa fanno i bambini quando hanno un
problema? Non fanno come noi che ci pensiamo su
per ore, che ci rimuginiamo senza approdare a nul-
la. No, i bambini vanno a dormirci su: sanno che
Ermes nel sonno porta la soluzione, si affidano alle
forze interiori. I bambini sono nell’intimo, anche nel
chiasso più ostinato, attenti e silenziosi…
Sono i figli di Ermes, quel dio sapiente, saggio, im-
pertinente, che seppe sempre restare bambino, per-
ché sapeva che solo nell’infanzia possediamo un’e-
nergia creativa, l’intelligenza che tutto può, che tutto

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realizza: ogni magia… ogni evoluzione. Mentre noi


mandiamo a scuola i bambini perché diventino
responsabili e maturi, vale a dire perché non realiz-
zino la loro vera natura mercuriale, che non è fatta
di sapere nozionistico, di date storiche, di quiz, ci
dimentichiamo che ogni bambino sta vivendo il suo
momento, unico e magico, la sua unicità, la sua
diversità.
Ogni fiore matura al suo momento e ciò che per uno
è un nutrimento, per l’altro può essere un veleno.
Quanti bambini hanno dovuto subire il pianoforte o
l’educazione fisica o la danza classica, mentre e-
rano portati per la poesia o il romanzo d’avventura!
Per conoscere i piccoli dobbiamo ragionare con
quella irresponsabilità, quell’arguzia che solo Ermes
possiede.
Alcuni anni fa chiesi a Micky, che aveva 9 anni, se
mandare a scuola Tommy che aveva solo 5 anni.
«Papà, non vedi che non è ancora maturo?».
Me lo disse con un candore che mi convinse imme-
diatamente. Da allora Micky è diventato il filosofo di
casa… I bambini insegnano che le cose si dicono
come sono, senza giri di parole, e che loro vivono
in un’altra percezione di se stessi, della vita, del
cosmo, della gioia e del dolore. La loro è l’intelligen-
za del seme… Come Ermes che sa fare tutto appe-
na nato, apprendono in un attimo le cose che inte-
ressano loro. Bisogna insegnare solo facendoli di-
vertire, come ben sanno i buoni insegnanti. Guarda-
te come in un attimo, senza nessuna lezione, im-
parano la playstation, Internet, gli sms…

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INTRODUZIONE

Bugiardi come Ermes


Quanto sanno mentire i bambini, quanto sono bra-
vi, convinti e sicuri nel dire le bugie! E che forza
hanno, con quale candore raccontano di non esse-
re stati loro a prendere le chiavi dell’auto di cui si
erano impossessati…
Fateci caso, i bambini adorano le chiavi, aprire i
cofanetti, nascondere le cose, dimenticarsene.
Con le chiavi si aprono le porte, si entra in altri
mondi, come faceva Ermes.
«Perché il mio bambino mi mente sempre?». Mi
chiedeva Francesca, 30 anni. «Perché nega l’evi-
denza? Forse non vuole condividere con me la sua
esperienza? Forse non sono una brava madre?».
I bambini devono mentire: se non lo fanno dobbia-
mo preoccuparci. Vivono in un’altra dimensione
dove non esiste la nostra logica, la nostra cosiddet-
ta evidenza. Per noi le cose sono così, e basta! Per
i nostri piccoli, i mondi del reale sono fatti di imma-
gini e sono infiniti, variegati, multicolori, loro non
vivono quella che noi chiamiamo l’evidenza, che in
realtà è solo la nostra riduzione della realtà ai nostri
modelli. Le cose sono chiare ed evidenti solo per chi
le vuole vedere così, come facciamo noi adulti.
«O studi o farai il manovale», come se non sapessi-
mo che l’80% degli studi che abbiamo fatto non ci
sono serviti a niente… E ce li siamo per fortuna
dimenticati! Ed ecco la bugia che è come dire: «Io
vivo in un altro mondo, dove le cose non sono come
le vedi tu, io non sono come te, sono l’intelligenza
del seme, dove ogni magia è possibile, dove le roc-

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ce parlano e ogni cosa è animata, dove gli animali


sono capaci di prodigi, dove tutto è possibile. Non
ridurmi al tuo mondo logico… Io, cara mamma,
vivo altrove».
Non è Ermes il dio della bugia e dell’inganno, il dio
che nega l’evidenza, che mente appena nato?
Ecco cosa Citati racconta a proposito di Ermes e
della sua furbizia. «Mentre il mondo si copriva di
ombre, Ermes rubò cinquanta vacche della mandria
di Apollo. Le guidò attraverso i terreni sabbiosi, i
monti, le pianure, le colline, i prati, pieni di trifoglio
e di cipero. Poi le rinchiuse in una stalla presso
l’Alfeo: di nuovo in Arcadia. Mai viaggio era stato
così singolare. Ermes non aveva camminato in linea
retta, spingendo le vacche davanti a sé, come i pa-
stori: tutto, tra le sue mani, si capovolgeva. Aveva
confuso le tracce: ora costringeva le vacche davanti
a sé, invertendo magicamente le impronte, rove-
sciando i segni degli zoccoli, quelli anteriori dietro,
quelli posteriori davanti: ora le obbligava a cammi-
nare all’indietro, con la testa rivolta verso di lui…».
I bambini negano l’evidenza quando vengono sco-
perti non per paura della punizione, come pensia-
mo noi, ma semplicemente perché sono i custodi di
Ermes, di un’energia speciale del cervello, irrag-
giungibile, lontana da noi. Con i nostri pensieri, con
la nostra logica, con le nostre parole inutili («Se
menti sei un cattivo bambino») noi vogliamo legare
i bambini a noi, spesso li trasformiamo in ricettaco-
li delle nostre angosce, dei nostri abbandoni, delle
nostre solitudini.

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INTRODUZIONE

«Da quando ho un figlio sono sicura che non verrò


mai più abbandonata», mi ha scritto Roberta (38
anni).
Noi li amiamo con attaccamento, per legarli a noi,
per averli sempre affettuosi. Loro no. Loro amano in
modo differente, libero, discontinuo: torni a casa la
sera e continuano a giocare, non ti degnano di uno
sguardo e tu ti preoccupi, ti domandi: «Forse non
sono un bravo padre». In realtà, quando non si
curano di te, ti stanno dicendo: «Fai parte del mio
mondo, posso continuare a giocare…». Loro rispet-
to a noi sono presi, totalmente immersi nelle cose
che fanno, nei giochi, nei cartoni della tivù. Se cor-
rono continuamente ad abbracciarti, a baciarti, c’è
qualcosa che non va. Loro, come Ermes, amano
senza vincoli, non hanno legami come noi, figli di
Saturno.
Anziché chiederci se occorre essere autoritari o
comprensivi, dolci o rigidi, se dare schiaffi o no, se
concedere o non concedere, se è bene comperare o
no il telefonino, se forse (tanto per ripetere le solite
frasi banali) i nostri bambini hanno troppo e per
questo sono più infelici di quelli di una volta, anzi-
ché chiederci questo, perché non domandarci se in
noi è morta l’imprevedibilità, la fantasia, l’immagi-
nazione, e così siamo per loro solo modelli stan-
dard, ripetitivi, nozionistici, banali… come i concor-
renti dei quiz. Insomma, noi siamo genitori che
vogliono essere troppo normali, troppo uguali a tutti
gli altri, troppo nella norma e così progettiamo la vi-
ta dei bambini.

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INTRODUZIONE

«Perché, in ultima analisi, non è dall’autoritarismo o


dalla confusione dei genitori che i figli fuggono; i
figli fuggono dal vuoto insopportabile del vivere in
una famiglia senza altre fantasie che il fare compe-
re, lavare la macchina e scambiarsi convenevoli»
(James Hillman, Il codice dell’anima, Adelphi edi-
zioni, pag.214).
Ogni generazione viene per cambiare il mondo: se
non lo fa c’è da preoccuparsi. Ermes potrebbe adi-
rarsi. Il nuovo nasce da lui, i cambiamenti intelligen-
ti vengono dalla sua sagacia: se il dio viene relega-
to sullo sfondo, altri dei molto più violenti e distrutti-
vi potrebbero scendere in campo, il mondo divente-
rebbe statico con le sue religioni sempre uguali, con
le sue tradizioni ormai vecchie e logore, oppure la
mente si offuscherebbe, si accecherebbe e la distrut-
tività prenderebbe il posto principale. Fateci caso:
nelle persone violente, nell’odio razziale, negli scon-
tri violenti, i grandi assenti sono l’ironia, il gioco, la
leggerezza, la furbizia… i volti principali di Ermes.
Bisogna guardarli i bambini quando ridono, quan-
do si divertono, quando giocano, ma anche quando
sono silenziosi, mentre ci sembra che siano affac-
cendati nelle loro cose, eppure sono lì presenti a tut-
to ciò che accade. I bambini non hanno la coscien-
za offuscata dai ragionamenti, dai pensieri, sono lì
nelle cose che fanno e sono aperti a tutto…
Per questo i vecchi di una volta stavano attenti a
parlare quando c’erano i bambini intorno.
Sapevano che erano curiosi e che, nella loro appa-
rente indifferenza, sentivano tutto.

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INTRODUZIONE

I bambini sanno sempre fare la cosa giusta… Non


possono annoiarsi a lungo: Ermes non glielo per-
mette. Sorpresa, immaginazione, traffici, gioco, bu-
gie: questo è il mondo di Ermes e dei bambini, che
prepara incessantemente la nascita di nuovi mondi.
Per i bambini ogni cosa è sempre nuova, tutto è una
grande sorpresa, come le fiabe che vogliono sentir-
si raccontare più e più volte. «E poi?». Questa è la
domanda che ti fanno quando racconti loro per l’en-
nesima volta la stessa fiaba. I bambini sanno che il
mondo muta incessantemente e la fiaba di ieri non
è più quella che stiamo raccontando oggi, perché
oggi il cervello è diverso e immette in ogni cosa una
nuova luce.
Se i nostri insegnamenti non si basano sulle fiabe,
sul gioco e sul divertimento, creeremo bambini insi-
curi e stressati.
Mentre noi siamo lì a chiederci se siamo buoni geni-
tori (secondo i parametri che abbiamo imparato e
che sono inadatti al tempo presente), a colpevoliz-
zarci per lo schiaffo che non avremmo voluto dare,
a chiederci cosa fare, non osserviamo e non assimi-
liamo il loro essere al di là delle frontiere conosciu-
te della ragione…
Li mandiamo a scuola per diventare ragionatori,
loro che invece sono dotati spontaneamente di fan-
tasia, di immaginazione, di furbizia, di scaltrezza,
di giocosità, di ilarità, di divertimento.
L’anima cresce solo se si diverte, non obbligandola
ai ragionamenti, ai pensieri, non educandola…
Ermes, appena nato sapeva fare tutto… i bambini lo

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INTRODUZIONE

stesso: se realizzano le loro aspirazioni sono auto-


maticamente felici e vanno verso il loro destino.
E allora potranno andare a letto stanchi, stremati,
perché si sono goduti la giornata. I genitori sanno
che i bambini possono giocare per davvero sino a
quando “crollano”: Ermes allora interviene e regala
loro il sonno per rigenerarli e prepararli ai futuri
giochi del giorno dopo. Non diamoci compiti edu-
cativi, affidiamoci a Ermes…
Ermes vive solo nel presente, e allora noi proviamo
ogni tanto, quando siamo con loro, a essere lì, solo
lì, senza dirci niente, senza chiederci se siamo stati
genitori giusti o sbagliati (in base poi a chissà a
quali modelli) e soprattutto senza pensare a come ci
siamo comportati con loro nel passato. Ogni volta,
a ogni incontro, siamo genitori nuovi e ciò che è
stato è stato.
Essere lì significa non educare, non correggere, non
dettare proclami, ma osservare… ciò che accade.
Nient’altro.
Ogni modello educativo cerca di ridurre i figli a
essere dentro un’eguaglianza, una normalità che
Ermes detesta.
Che cosa vuole il dio che facciamo per i nostri bam-
bini? Due cose: da un lato che troviamo Ermes den-
tro di noi, dando spazio ad avventure, fantasie, im-
maginazione, gioco, creatività. Se noi scopriamo Er-
mes, ringiovaniamo automaticamente, usciamo dalle
abitudini e dai ragionamenti comuni. Educheremo
senza accorgercene in modo diverso.
Dall’altro, vuole che cogliamo le caratteristiche che

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INTRODUZIONE

ogni bambino ha, diverse da ogni altro, e che le


lasciamo così come sono… Ogni bambino ha i “suoi
interessi”, il suo modo di giocare, i suoi silenzi, la
sua scaltrezza, la sua ironia, la sua furbizia, la sua
imprevedibilità. Non ostacolarla significa rispettare
la nuova pianta che sta fiorendo e che dovrà fare i
“suoi” fiori e “suoi” frutti…
Questa è la sola cosa certa che noi genitori dobbia-
mo seguire, che può rappresentarsi nella domanda:
«Il mio piccolo sta seguendo la sua vera natura?». Se
lo vediamo preso dalle cose che fa, coinvolto, se
gioca… allora siamo sulla strada giusta.

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I nuovi modelli di famiglia

Che la struttura della famiglia stia subendo una pro-


fonda metamorfosi è un fatto innegabile. Al punto
che oggi, quando si parla di “famiglia”, non si può
più alludere a un unico modello, ma a una galassia
di legami affettivi estremamente diversificati.
Le indagini demografiche rivelano infatti che mentre
negli anni Trenta in Italia la famiglia (fondata sul ma-
trimonio religioso e di stampo prettamente patriar-
cale) era composta da una media di 4-5 persone,
nel Duemila il numero medio dei componenti è sceso
a 2,8 persone, il che significa che oggi sempre più
spesso la famiglia non ha figli.

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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

Non è tutto. Oggi accanto alla coppia sposata in


chiesa ci sono i conviventi, le famiglie di fatto, che
hanno deciso di non formalizzare la loro unione né
davanti allo Stato né davanti alla Chiesa, i genitori
single, i genitori adottivi; da precedenti separazioni
e divorzi si creano nuove unioni e nuovi nuclei fami-
liari, che possono comprendere sotto lo stesso tetto
figli nati in famiglie dissolte e bambini che hanno in
comune solo il padre o la madre.
La famiglia, insomma, si è veramente allargata e si è
trasformata in una sorta di laboratorio sociale all’in-
terno del quale vivono ormai con disinvoltura figli
(naturali o adottati), ex mogli, ex mariti, ex amanti,
nonni, fratelli, cugini…
Molti genitori si preoccupano perché temono che,
dopo una separazione, o trapiantati nell’ambito di
una famiglia di fatto, i figli possano andare in crisi e
sentirsi diversi rispetto ai bambini nati all’interno di
una famiglia “normale”: invece, quest’apparente
confusione può non rappresentare un problema se il
figlio, bambino o adolescente che sia, riesce comun-
que a trovare nella famiglia “alternativa” dei centri
affettivi di riferimento. Non dimentichiamo che i
bambini sono dotati di enormi capacità di adatta-
mento e proprio come Mercurio, il dio della comuni-
cazione, della flessibilità e dell’improvvisazione, so-
no in grado di accogliere e affrontare con serenità
anche le situazioni che agli occhi degli adulti appa-
iono più disordinate e disagevoli.
L’essenziale è che, qualunque sia il modello familia-
re, i figli sentano l’amore e la presenza dei genitori,

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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

senza bisogno che questi ultimi diano loro delle spie-


gazioni, per esempio sul fatto di essersi separati e ri-
sposati, di non volersi sposare ecc.: più un genitore
dà delle motivazioni ai ragazzi, più rischia di inari-
dire la loro visione magica della vita. Questo sì che è
un bene che, una volta distrutto, è difficilissimo da ri-
costituire.

Se il figlio cresce con la nonna


e la madre single soffre di sensi di colpa
«Sono rimasta incinta a 22 anni e, visto che il pa-
dre del bambino è scomparso nel nulla, mia ma-
dre si è fatta carico dell’educazione di mio figlio
Ruggero. Mi sono ritrovata mamma single, e tutto
è filato liscio finché mia madre si è trasferita in
un’altra città, lontana dal mio posto di lavoro, e
per motivi pratici si è portata con sé il nipote. Io
non potevo oppormi a questa soluzione, mi sono
organizzata per andarlo a trovare almeno ogni
15 giorni, ma adesso che Ruggero sta crescendo
sento che è sempre più distante da me. Da parec-
chi mesi soffro di attacchi di panico e convivo con
pesantissimi sensi di colpa: temo che il bambino
porterà per sempre i segni della mia scelta».

Giovanna, 26 anni

C ara Giovanna, non devi rammaricarti per il fatto


di non aver dato a tuo figlio una famiglia “rego-

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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

lare” e per essere una mamma single. Quello che


conta è che tu faccia sentire a tuo figlio il tuo amore
e la tua presenza: parlo soprattutto della qualità del
rapporto che ti lega a tuo figlio, non della quantità.
Se vivi e lavori lontano, è evidente che non puoi fre-
quentarlo tutti i giorni, e questo è importante che tu
glielo spieghi in modo chiaro, chiedendo anche a
tua madre di rassicurarlo in questo senso. Il mondo è
pieno di genitori che parcheggiano i figli 6 giorni su
7 da nonni, tate e baby sitter, e spesso non vanno a
riprenderseli nemmeno la sera: perché dovresti sen-
tirti in colpa tu? Certo: ancora oggi le persone non
sposate, sole e con figli sono considerate meno “affi-
dabili” di quelle che hanno una famiglia tradiziona-
le, ma questo modello comincia a essere un po’ usu-
rato. Sai cosa ti dico? Che la famiglia-nido così co-
me l’abbiamo sempre intesa noi, spesso non è sana:
i figli di oggi sono iperprotetti, sempre meno autono-
mi, insicuri… In certe famiglie – molte ormai – si re-
sta in casa con mamma e papà fino a trent’anni, e
poi una volta usciti si è ancora dipendenti dai geni-
tori sul piano economico e organizzativo.
Devi essere serena, Giovanna: la felicità di tuo figlio
non dipende dalla famiglia, dal luogo in cui è nato,
dal fatto che non abbia un padre, ma dal fatto che
voi due continuiate a essere in comunicazione d’af-
fetti, anche se a distanza.
La cosa che puoi fare è chiedere a tua madre di aiu-
tarti nel dire a tuo figlio che tu ci sei, che sei la sua
mamma anche se sei lontana per motivi di lavoro. E
poi, pensaci bene: in tutte le leggende e in moltissimi

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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

miti, l’eroe è un orfano o un bambino solo, uno che


come Ulisse si è lasciato la famiglia alle spalle… Chi
riuscirebbe a compiere imprese mitiche restando al
calduccio del nido familiare?

Spiegare non serve, l’amore invece


è indispensabile
«Sono un padre di 37 anni e ho due figli, di 5 e 2
anni. Purtroppo con mia moglie abbiamo deciso
di separarci perché il nostro rapporto non reggeva
più e nessuno di noi due aveva voglia di sacrificar-
si per tenere in piedi una farsa. I bimbi sono affi-
dati alla mamma e io me ne andrò da casa.
Adesso sono divorato dai sensi di colpa nei con-
fronti dei miei piccoli: a volte mi colpevolizzo per il
fatto di averli messi al mondo per poi trascinarli in
questa sofferenza… Però, mi dico anche che così
non poteva andare avanti e che, tutto sommato, ho
fatto una scelta ponderata per quel che riguarda
la mia situazione di coppia. Il mio problema è
questo: cosa posso fare per non farli sentire traditi
e abbandonati dal loro papà?».

Luca, 37 anni

S acrificarsi e restare insieme solo per il bene dei


figli, come accadeva un tempo in molte famiglie,
non ha alcun senso. Eppure ancora oggi si vedono
coppie che si sforzano di stare insieme “per i figli”,

24 I figli “difficili” sono i figli migliori


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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

ma che in realtà hanno paura di separarsi, perché ciò


costringerebbe i partner a rimettersi in gioco. Tu, Luca,
hai fatto una scelta consapevole e non devi rimpian-
gere di non esserti sacrificato. Cosa vuol dire sacrifi-
carsi? Non esistere, tradire la nostra Natura, recitare
di stare bene accanto a persone che non sopportiamo
più? Ognuno di noi ha invece un compito: trovare la
tranquillità interiore, rispettarla, realizzarla.
Sappi che chi si sacrifica e racconta agli altri i propri
sacrifici, quasi con orgoglio, in realtà cova rancore e
malessere e non è di aiuto per nessuno, tanto meno
per i figli. Ricordati che i tuoi figli non hanno bisogno
di spiegazioni, non sono autorizzati a sapere come
mai tu e tua moglie avete scelto di separarvi né posso-
no pretendere di vivere in quel modello di famiglia
“perfetta”, con entrambi mamma e papà presenti, che
la società e il nostro pregiudizio propongono come il
migliore possibile. Semmai, è necessario che tu faccia
sentire la tua presenza con visite, telefonate, viaggi e
vacanze insieme… Se, nonostante la separazione, si
riesce a mantenere un minimo d’armonia tra gli ex co-
niugi, che tuttavia non smettono di essere genitori, i
bambini supereranno con facilità anche la separazio-
ne. In casi come questi, sono più gli adulti – e non i
piccoli – a farsi problemi.

È meglio la chiarezza
che un dramma continuo
«Dopo 7 anni di matrimonio senza tenerezza né
collaborazione sul piano dell’organizzazione

I figli “difficili” sono i figli migliori 25


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 26

I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

quotidiana, ho finalmente deciso di separarmi. Ho


subito capito che mia figlia, 5 anni, stava soffren-
do molto per l’uscita di mio marito dalla famiglia
ed è diventata molto aggressiva nei miei confronti,
alternando giornate di “musi” a veri e propri scop-
pi di rabbia. Da qualche tempo noto anche che si
fa la pipì addosso durante il giorno, proprio come
quando era più piccola. Io stessa ho fatto molta fa-
tica a chiedere la separazione, ma adesso sono
preoccupata per mia figlia e per le sue possibili,
future reazioni…».

Una mamma, 35 anni

N elle separazioni i bambini sono spesso più at-


tenti e perspicaci degli adulti. E se sono adegua-
tamente compresi e sostenuti con la giusta dose di af-
fetto e di presenza, non vi è nulla da temere: possono
rimettersi subito in piedi e continuare a crescere sen-
za problemi. L’essenziale è che, il padre o la madre,
non li costringano a diventare adulti, chiedendo loro
di schierarsi dalla parte dell’uno o dell’altra: ecco
perché la bambina ha ripreso a farsi la pipì addosso,
perché vuole che i genitori le siano vicini e la coccoli-
no, proprio come quando era piccola…
È fondamentale amare i figli anche se non si sta più
insieme: in questo modo, un figlio può staccarsi dal-
l’idea di famiglia che ha in mente e provare affetto
per mamma e papà anche se separati, accogliere i
nuovi partner dei genitori ed eventualmente i nuovi

26 I figli “difficili” sono i figli migliori


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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

IN RIBASSO LA FAMIGLIA TRADIZIONALE

Il matrimonio in chiesa o in comune ha sempre


meno attrattiva fra i giovani italiani. La con-
ferma arriva dall’Istat, che segnala che in
dieci anni (i dati disponibili sono relativi al
decennio 1994-2003) la percentuale delle
unioni libere è addirittura raddoppiata. Seb-
bene la famiglia “nucleare” resti il modello
prevalente (22 milioni le famiglie nel totale),
ci sono diversi tipi di famiglie “alternative”: si
tratta di single, di genitori soli non vedovi, di
coppie di fatto, per un totale di 5 milioni di
nuclei familiari non convenzionali che
rappresentano il 23% del totale.

fratelli e sorelle che nascono dalle nuove unioni.


Solo così i bambini e i ragazzi potranno imparare a
essere flessibili, a cambiare senza sforzo, a trasfor-
marsi, anche a sopportare meglio i disagi della vita.
La separazione diventa un trauma solo se noi genito-
ri la descriviamo ai figli come se fosse una tragedia
o un fallimento, o se ci ostiniamo a fare finta che non
sia nemmeno avvenuta. A questa mamma che mi
scrive, dico anche che non si deve solo concentrare
sulla figlia, ma deve pensare anche a se stessa: que-
sto è il presupposto perché possa stare accanto alla
bambina in modo concreto e consapevole.

I figli “difficili” sono i figli migliori 27


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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

La famiglia allargata mi spaventa


«Ho incontrato un uomo splendido dopo tanti anni
di solitudine. Lui è divorziato e mi ha proposto di
convivere, ma mi frena il fatto che lui abbia già
due figli ancora piccoli. I bambini, che già fre-
quento e con i quali ho un rapporto molto sereno,
sono affidati alla mamma, ma ogni settimana ver-
rebbero da noi. Io amo molto il mio uomo, ma la
prospettiva di doverlo dividere con i suoi figli e far
loro da mamma mi dà molta insicurezza…».

Clara, 32 anni

O gnuno di noi ha una propria forza interiore, tan-


to più realizzata quanto più è in sintonia con la
propria natura, tanto più contrastata quanto più dob-
biamo spingere la forza verso direzioni non nostre.
Quello che ti devi chiedere, cara Clara, è se quest’idea
della famiglia allargata, accanto all’uomo che ami ma
anche con figli non tuoi, ti sta portando verso la “tua”
direzione. È chiaro che se segui la tua vera strada, non
ci saranno tentennamenti. Ma spesso le insicurezze so-
no la spia che segnala che stiamo aderendo a vie che
non corrispondono a ciò che siamo nell’intimo. Prova
a pensare a ciò che questa scelta di vita può mettere in
gioco: a volte, confrontarsi con l’insicurezza è salutare,
sia per incontrare la trasgressione da certezze e con-
venzioni sia per accogliere il mistero, il cambiamento.
Il cambiamento ti può rendere insicura, ma spesso è
un passaggio fondamentale per trasformarti.

28 I figli “difficili” sono i figli migliori


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I NUOVI MODELLI DI FAMIGLIA

IN PILLOLE

ANCHE UN GENITORE SINGLE


PUÒ DARE AI SUOI FIGLI TUTTO
L’AFFETTO E IL SUPPORTO DI CUI
NECESSITANO PER CRESCERE

I GENITORI SEPARATI
NON DEVONO
SPIEGARE AI FIGLI LE RAGIONI
DELLA LORO SCELTA, MA DEVONO
IMPEGNARSI PER GARANTIRE LORO
PRESENZA E AMORE

LA FAMIGLIA
CON PARTNER SEPARATI
NON È UNA FAMIGLIA
DI SERIE B

LA FAMIGLIA ALLARGATA
PUÒ ESSERE
UN’OCCASIONE PER CRESCERE

I figli “difficili” sono i figli migliori 29


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Paure e disagi

I genitori cominciano a nutrire paure per i figli già


quando iniziano a formarsi nel grembo materno: è
in questa fase di vita che molte madri e molti padri si
domandano se il bimbo sta bene, se sarà normale,
se supererà serenamente il trauma del parto, se non
avrà complicazioni dopo la nascita... E spesso pec-
cano di zelo moltiplicando gli esami diagnostici e i
consulti medici, nell’intento di avere sempre più cer-
tezze. Ma, come dimostrano le più aggiornate ricer-
che di medicina prenatale, tutte le ansie vissute dalla
madre, i suoi cambi d’umore, le sue tensioni, gli stati
di stress vengono direttamente recepiti dal feto, che li

30 I figli “difficili” sono i figli migliori


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PAURE E DISAGI

metabolizza come disagi disturbevoli. Quando i figli


sono piccoli, alle paure dei genitori («Sta crescendo
bene?», «Come vivrà le prime esperienze traumati-
che?», «Rischia di farsi male?»), si aggiungono i ti-
mori dei bambini: come quello del buio o della soli-
tudine, il terrore della morte o dell’abbandono. Il ge-
nitore pauroso, che si sente minacciato da tutto, ve-
de il figlio che cresce come un soggetto che va ne-
cessariamente protetto: ogni evento – un brutto voto,
una caduta in bicicletta, un pianto improvviso – lo
manda in tilt. E il peggio è che il genitore apprensivo
scambia i suoi timori per affetto, li scarica sul figlio e
gli chiede di rassicurarlo continuamente su quello
che fa, di dargli delle conferme. Innescando così un
deleterio circolo vizioso in cui l’ansia degli adulti ge-
nera l’ansia dei bambini.
I messaggi che il genitore pauroso veicola sui propri
figli nascondono in realtà una dose massiccia di ag-
gressività, che mira a ribadire che taluni comporta-
menti del figlio sono causa di angoscia per lui.
Con quale risultato? O il figlio si ribella, oppure si
sente in colpa, diventando ancor più dipendente, in-
sicuro e a sua volta timoroso del mondo.
Eppure, il nodo della paura si può sciogliere lavo-
rando insieme, genitori e figli: basta intervenire solo
quando serve, smettere di farsi domande e di dare
giudizi e, soprattutto, cercare di costruire insieme ai
nostri piccoli uno scambio relazionale solido e nel
contempo flessibile, capace di reggere ai numerosi e
veloci cambiamenti che costellano il percorso della
crescita.

I figli “difficili” sono i figli migliori 31


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 32

PAURE E DISAGI

Saprò essere una buona madre?


«Sono al nono mese di una gravidanza difficile,
che mi ha costretto a continui controlli ed esami
diagnostici a volte invasivi. Il mio bimbo è sano,
per fortuna. Ora mancano pochi giorni al parto e
sta diventando sempre più grande la paura di non
essere all’altezza del mio futuro ruolo materno.
Saprò crescere mio figlio? Sarò in grado di rela-
zionarmi con lui? Ho letto tanti articoli e manuali
su questo tema, ma mi sento confusa e temo di non
riuscire a essere una buona mamma…».

Emma, 35 anni

C ara Emma, tutte le domande che ci poniamo sul


futuro sono sempre innaturali. E a maggior ra-
gione, innaturali e ingiustificati sono i dubbi che ri-
guardano i bambini che non sono ancora nati. Se ci
pensi bene, la gravidanza che si sta compiendo den-
tro di te avviene a tua insaputa e al di là di tutte le
domande che ti poni, al di là delle interferenze me-
diche e dei tuoi pensieri preoccupati.
Una cellula fecondata dentro di te sta creando un or-
ganismo vivente che diventerà una persona, che è
già una persona, e questo senza che tu faccia nulla,
in modo semplice, senza alcun tipo di sforzo. Anche
l’educazione dei figli dovrebbe essere così, naturale
e spontanea: non ci sono scuole o corsi per prepa-
rarsi a diventare madri, e quindi non c’è da farsi do-
mande sulle proprie capacità di essere genitori, sulle

32 I figli “difficili” sono i figli migliori


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PAURE E DISAGI

cose da dire o da non dire. L’unica cosa saggia che


puoi fare ora è spegnere le domande che occupano
la tua mente, e anche dopo il parto il rapporto con
tuo figlio sarà semplice e naturale, proprio come lo è
adesso.

La mia bambina è solitaria e parla


poco: sarà depressa?
«Greta ha 5 anni e non mi sembra nemmeno
d’averla. Ha un faccino serio, è sempre silenziosa,
le devo tirar fuori le parole con le pinze… Fa così
anche quando gioca con le sue amichette, che
adesso hanno iniziato a prenderla in giro e la
chiamano “la muta”. Il pediatra mi ha detto che
probabilmente è una forma leggera di depressio-
ne e che dovrei rivolgermi a uno psicoterapeuta,
ma così piccola è possibile?».

Luciana, 40 anni

N egli ultimi anni si parla sempre più spesso di


“depressione infantile”: vengono sbrigativamen-
te incasellati sotto quest’etichetta i piccoli come la tua
Greta, che stanno spesso in disparte, che parlano po-
co, che non dimostrano interesse per ciò che li circon-
da e non reagiscono agli stimoli. Questi sono i sintomi
che possono allarmare genitori e medici, ma mi sem-
bra azzardato equiparare un calo di vitalità infantile
con la cupa atmosfera della depressione tipica degli

I figli “difficili” sono i figli migliori 33


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PAURE E DISAGI

adulti. Nella stragrande maggioranza dei casi, da


pochi incontri con lo psicoterapeuta infantile emerge
che il bambino esprime con la sua apatia una reazio-
ne alle atmosfere che vive in famiglia.
Il suo sintomo, quindi, parla di noi genitori, perché una
cosa è scientificamente provata: in un ambiente gioio-
so nessun bambino diventa depresso. Questo significa
che anche tu, cara Luciana, dovresti farti un minimo di
esame di coscienza. Tu sei una donna felice o sei una
donna triste? I genitori “tristi” non sono tutti uguali: ci
sono quelli perfezionisti, che pretendono sempre il
massimo da se stessi e dai loro figli; ci sono quelli noio-
si e abitudinari, quelli che vogliono la casa sempre
pulita e in ordine, quelli che desiderano che i figli cre-
scano in fretta e non hanno mai tempo per giocare
con loro… Allora, prima di patologizzare il disagio
di tua figlia, mettiti in gioco tu, insieme a tuo marito:
non siate drammatici, non dimostratevi ansiosi o pre-
occupati, cercate la tenerezza con la bambina e so-
prattutto fra di voi, come coppia, perché se Greta av-
verte che in casa non circola l’eros, intimamente ne
soffrirà. In molti casi i bambini guariscono quando
noi genitori smettiamo di essere troppo seri e ritrovia-
mo la nostra parte bambina. Coinvolgendo anche lo-
ro nella nostra felicità.

Quando lascio mio figlio all’asilo,


lui è disperato e mi spezza il cuore
«Ogni mattina, quando porto Michele all’asilo ni-
do, si consuma una piccola tragedia: appena lo

34 I figli “difficili” sono i figli migliori


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PAURE E DISAGI

metto nelle braccia dell’educatrice, lui inizia a sin-


ghiozzare, si abbraccia a me, mi tira i capelli,
scalcia… Ha solo un anno e mezzo, e mi è già ca-
pitato di doverlo tornare a riprendere più volte
perché si metteva in un angolo e faceva lo sciope-
ro della fame. Purtroppo non posso curarlo perso-
nalmente perché lavoro, ma vederlo così tutte le
mattine mi addolora, mi preoccupa e mi crea
un’ansia che ormai non mi abbandona più…».

Teresa, 33 anni

V edi, cara Teresa, quando una mamma o un pa-


pà vogliono sapere se il figlio ha un buon rap-
porto con loro, osservano come si comporta quando
lo lasciano (per esempio all’asilo o da una baby sit-
ter) e quando lo tornano a riprendere: se il bambino
non fa tante storie, se dispensa un sorriso sfuggente
e poi riprende a giocare, significa che ha un buon
rapporto con i genitori perché lo lasciano pienamen-
te godere del suo mondo, pur dandogli la fiducia
che lo fa sentire al sicuro. Se invece il bambino ti ab-
braccia e ti tiene stretta e non ti vuol più lasciar an-
dare, significa che tu gli fai sentire la dipendenza,
l’attaccamento: vuol dire che lui nel suo piccolo mon-
do non sta così bene e, per sentirsi felice, ha bisogno
della tua presenza costante.
Prova allora a chiederti quali sono le sensazioni che
comunichi a tuo figlio: tu sei una donna appagata?
Sei contenta del tuo lavoro? E la tua vita di coppia,

I figli “difficili” sono i figli migliori 35


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PAURE E DISAGI

come va? Ricorda che ogni bambino ha il diritto di


avere accanto a sé una madre che si vuole bene, che
vive pienamente la sua vita, che coltiva le sue rela-
zioni, i suoi interessi, non una donna ossessionata
dall’idea di essere mamma e dalle preoccupazioni
che questo ruolo le può dare…
Tu gli hai mai parlato dell’asilo prima di portarlo la
prima volta? Gli hai fatto in qualche modo capire
che non si tratta di un ripiego né di un castigo, ma di
un’occasione gioiosa?
Tu, infatti, scrivi che “purtroppo” non puoi curare
Michele a casa, e lui evidentemente percepisce la
tua sofferenza. Osserva di più tuo figlio: guarda co-
me si muove, che cosa pensa, che cosa prova, e ti
renderai conto di come la sua vita si trasforma a
ogni istante e come tu stessa puoi imparare da lui,
semplicemente standogli vicino.
Solo allora potrai scoprire che l’unica “regola” che
conta è cercare la tua felicità, e quella del tuo bam-
bino seguirà naturalmente.

Mio figlio ha paura del mondo


e non capisco perché
«Improvvisamente il mio bambino Paolo, 16 anni,
si rifiuta di uscire di casa e ha anche smesso di stu-
diare. Non capisco che cosa stia succedendo: io
sono sempre stata per lui una madre presente, ho
cercato di risolvergli tutti i problemi, di difenderlo
dalle gelosie dei compagni, di scegliere per lui le
amicizie più adatte, di fargli praticare degli sport,

36 I figli “difficili” sono i figli migliori


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PAURE E DISAGI

di mandarlo all’estero a studiare le lingue… A-


desso è come se lui avesse paura del mondo.
Come posso aiutarlo?».

Silvana, 47 anni

I l problema è che tu per tuo figlio hai fatto troppo e,


nell’intento di evitargli ogni tipo di delusione e di
problema, in realtà gli hai impedito di crescere. Tu lo
hai difeso dai compagni… tu gli hai selezionato le
amicizie… tu hai deciso i suoi viaggi… tu, tu, sem-
pre tu, la mamma… Ma lui?
Dov’è finito il suo diritto di scegliere se fare o non fa-
re qualcosa? In quali occasioni ha potuto temprare
la sua capacità di affrontare frustrazioni e difficoltà,
visto che tu gli hai “parato” tutti i colpi?
E poi, perché chiami ancora “bambino” un ragazzo
di 16 anni?
Spesso i figli fanno fatica a realizzarsi perché perce-
piscono troppa protezione da parte dei genitori, co-
sì non incontrano mai la vita. È naturale che adesso
Paolo abbia paura del mondo, perché capisce che
negli anni non ha potuto costruire gli strumenti per
affrontarlo, visto che c’eri sempre tu a farlo per lui.
Non è comunque troppo tardi, a patto che tu sia di-
sposta a uscire subito dalla sua vita e a dedicarti a te
stessa, alla tua coppia, ai tuoi interessi.
Se smetti di essere troppo presente e troppo acco-
gliente, vedrai che lui inizierà a camminare sulle
proprie gambe.

I figli “difficili” sono i figli migliori 37


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PAURE E DISAGI

Piange ogni notte quando


gli spengo la luce
«Nella nuova casa dove ci siamo trasferiti Jacopo,
il nostro bimbo di un anno, ha finalmente la sua
cameretta. Prima dormiva nel suo lettino nella no-
stra stanza, dove tenevamo accesa un’abat-jour.
Ma ora che è da solo, quando viene l’ora di anda-
re a letto è una tragedia: non vuole che si spenga
la luce, ed è capace di rimanere sveglio tutta la
notte o di insinuarsi piangendo nel lettone. Come
mai i bambini hanno così paura del buio?».

Silvia, 27 anni

I bambini, per natura, non hanno paura del buio.


Siamo noi genitori che mettiamo in testa ai nostri fi-
gli quest’idea dell’oscurità come qualcosa di temibile,
di negativo; siamo noi che li convinciamo che le tene-
bre siano il regno dei lupi mannari, dell’uomo nero e
dei babau… Ci sono tante mamme e tanti papà che
addirittura “usano” il buio per castigare i loro piccoli
e li minacciano: «Se fai il cattivo, ti mando di là e
spengo la luce». Ecco, questo è il modo più sbagliato
per creare un rapporto sereno tra il bambino e l’oscu-
rità, uno stato naturale e indispensabile – per i piccoli
come per gli adulti – per rigenerare le energie del cer-
vello, che nel buio germogliano e mettono radici pro-
prio come fa un seme sepolto nella terra. Nel buio e
nel silenzio si frantumano i pensieri e le parole della
giornata, vengono meno le ansie, si cancellano le im-

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PAURE E DISAGI

magini dei volti, dei luoghi, degli oggetti. Nel buio si


dissolvono le identificazioni… e poco alla volta si rag-
giunge quello che il pensiero cinese chiama Wu-Wei,
il Nulla all’interno del quale si libera l’intelligenza em-
brionaria che è in grado di trasformare il mondo.
Basta chiudere gli occhi e il buio si crea immediata-
mente dentro di noi.
Non a caso, in tutte le Tradizioni le cerimonie religiose
si svolgevano al buio, oppure erano solo parzialmen-
te rischiarate da luci deboli, come il chiarore della lu-
na o delle candele. Allo stesso modo, anche i grandi
indovini del passato erano spesso ciechi, e lo sai per-
ché? Perché solo quando viene meno la luce e si entra
nell’oscurità è possibile perdere ogni traccia di ciò che
siamo e crediamo di essere. Non hai mai pensato che
tuo figlio ha già vissuto per nove mesi nel buio com-
pleto del tuo utero, la silenziosa “notte acquatica” dei
taoisti dove si realizza la gestazione? Perché adesso
dovrebbe averne paura? E per quale motivo tu lo hai
abituato a dormire con la luce accesa, mentre normal-
mente noi riposiamo nell’oscurità? Nella sua nuova
cameretta Jacopo sta vivendo un duplice distacco: da
voi genitori, che per un anno avete dormito accanto a
lui, e dalla luce, che ha artificialmente rischiarato le
sue notti. Ora, all’improvviso, si trova abbandonato
nel buio e ha come la sensazione di perdersi: sta a voi
rendere meno brusco questo suo passaggio standogli
accanto mentre si addormenta, raccontandogli ogni
sera una favola diversa e lasciando accesa accanto al
lettino una lucina, sempre più piccola, ogni notte me-
no luminosa. Finché il buio non diventerà per lui una
dimensione accogliente, magica e amica.

I figli “difficili” sono i figli migliori 39


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PAURE E DISAGI

IN PILLOLE

GIÀ DURANTE LA VITA


INTRAUTERINA IL FETO CAPTA
LE ANSIE DELLA MADRE
E LA SUA PAURA DI NON ESSERE
ALL’ALTEZZA DEL NUOVO RUOLO

I BAMBINI APPARENTEMENTE
“DEPRESSI” SONO IL FRUTTO DI GENITORI
TRISTI E INFELICI

UN FIGLIO CHE STA BENE


CON SE STESSO NON HA PAURA
DELL’ABBANDONO

I GENITORI RISCHIANO DI TRASCORRERE


TROPPO TEMPO CON I FIGLI:
COSÌ, POCO ALLA VOLTA I BAMBINI
DIVENTANO DEI PICCOLI TIRANNI
ATTORNO AI QUALI RUOTA LA VITA
DELLA FAMIGLIA E DELLA COPPIA

40 I figli “difficili” sono i figli migliori


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PAURE E DISAGI

IN PILLOLE

PER DIVENTARE ADULTI, I FIGLI


DEVONO PRIMA O POI
“UCCIDERE” DENTRO DI SÉ
I GENITORI

SE UN GENITORE RISOLVE
TUTTI I PROBLEMI DEI FIGLI,
DIVENTERANNO FRAGILI
E POCO AUTONOMI

I BAMBINI HANNO PAURA DEL BUIO PERCHÉ I


GENITORI NON GLIELO FANNO AMARE

I BAMBINI POSSONO
IMPARARE A STARSENE DA
SOLI SENZA BISOGNO DELLA
PRESENZA DEI GENITORI

I figli “difficili” sono i figli migliori 41


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Gli errori da non commettere

«Devo metterlo in castigo se è troppo vivace?», «Lo


premio se si comporta bene?», «Lo lascio uscire di
sera con gli amici?», «Devo ascoltare le sue confi-
denze?»… I bambini e i ragazzi sono come spugne
che assorbono per intero le atmosfere che si respira-
no in famiglia: ansie, tensioni, aspettative, ma anche
i tentennamenti dei genitori, il loro senso di inade-
guatezza, la tendenza a concedere tutto o, all’inver-
so, l’ostinazione nel volere che i figli crescano in un
certo modo.
Il pericolo è che, giorno dopo giorno, i figli vengano
“invasi” dalla realtà, senza però essere in grado di

42 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GLI ERRORI

filtrarla e di metabolizzarla attraverso gli strumenti


tipici dell’adulto. Non solo. Tutti gli stimoli che si vi-
vono in famiglia con il tempo possono condizionare
i ragazzi, allontanandoli progressivamente dal
“compito” fondamentale di ogni individuo in fase
evolutiva: essere come un seme che ha come unica
finalità quella di germogliare e portare a maturazio-
ne il proprio frutto. Non quello dei genitori.
Ecco perché è importante riconoscere gli errori che
si commettono con i figli, spesso inconsciamente e
del tutto in buona fede, spinti dalla convinzione di
volerli migliorare, di proteggerli, di forgiarli fino a
farli assomigliare a noi, magari di trasformarli negli
strumenti della nostra “mancata” realizzazione per-
sonale o di utilizzarli per riempire i vuoti della no-
stra esistenza.
È quindi necessario fare chiarezza su come e per-
ché si sbaglia, per arrivare a comprendere qual è
l’unica funzione dei genitori: aiutare i figli a libera-
re la forza creativa dell’Universo di cui i giovani so-
no portatori.
Cosa tanto più difficile per una generazione di padri
e di madri abituati a lavorare, a correre, a bruciare
ogni giorno tappe più ambiziose, avendo sempre
meno tempo per l’interiorità, per il silenzio, per l’os-
servazione. Non si tratta di diventare genitori infalli-
bili: si tratta piuttosto di tornare a osservare e ad
ascoltare i nostri bambini con la mente libera da
pregiudizi, avendo sempre ben chiaro nella mente
che un figlio, anche se è stato generato da noi, non
ci appartiene.

I figli “difficili” sono i figli migliori 43


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GLI ERRORI

Vorrei migliorare mia figlia,


ma non ci riesco…
«Sono profondamente delusa da come mia figlia
Angela sta crescendo, nonostante il fatto che io mi
dedichi totalmente a lei da quando è nata. A 15
anni suonati, Angela si comporta ancora come
una bambina piccola, si sente sempre perdente e
dice che tutto il mondo ce l’ha con lei. Le piace so-
lo dormire, guardare per ore e ore la tivù. Anche a
scuola il rendimento è pessimo. Mi serve qualche
buon consiglio per aiutarla a migliorare: sarebbe
il mio più grande successo…».

Enza, 49 anni

C ara Enza, prima di tutto non commettere l’errore


di dedicare tutta la tua esistenza ad Angela: co-
sì facendo, rischi solo di opprimerla e – soprattutto –
perderesti di vista la tua serenità, che è una variabile
indipendente dalle scelte di tua figlia e con la quale
puoi veramente aiutarla a tirare fuori quello che ha
dentro.
Finché noi adulti pensiamo di poter migliorare gli al-
tri – figli compresi – ci stiamo rifugiando in un alibi.
È nel mare in tempesta dentro di noi che dobbiamo
trovare lo spazio tranquillo. Spesso i figli reagiscono
a questi uragani emotivi oziando, diventando passi-
vi e dormendo, proprio per aiutare se stessi a smet-
tere di correre continuamente. Perché a te dà fastidio
questa passività? Probabilmente perché non la ac-

44 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GLI ERRORI

cetti dentro di te e ti sforzi di correre intorno come


una farfalla impazzita. Lascia che tua figlia scopra
da sola i suoi ritmi: il cervello dei giovani è così tra-
mortito dai nostri modelli “maturi” che l’unica via
che hanno per difendersi è quella di non parlarci
più, di non comunicare più con noi… e sinceramen-
te devo dirti che fanno bene. La verità è che noi geni-
tori non abbiamo nulla da insegnare ai figli: qual è
secondo te il modello che Angela dovrebbe seguire
per migliorare? Forse il tuo, quello di suo padre? E tu
saresti fiera di averla rinchiusa in una prigione? La
vita di tutti i giorni cambia, muta, e quello che tu teo-
rizzi per Angela è pura illusione.

Non ripetere gli errori dei tuoi genitori


«A me e ai miei 4 fratelli mia madre ha fatto pas-
sare una vita d’inferno. Non è mai stata attenta a
noi, non le importava di come andavamo a scuo-
la, ci dava le botte, ci minacciava, ci metteva in
castigo. Un giorno mia madre mi ha detto che è
stata così cattiva con i suoi figli perché anche sua
madre lo era stata con lei, e dunque trovava giusto
che anche noi patissimo quanto lei aveva dovuto
sopportare da mia nonna allo scopo di farci di-
ventare “più forti”. Come può fare un ragiona-
mento simile? Io con i miei figli sono l’esatto oppo-
sto, anzi: forse sono troppo permissiva e gli conce-
do davvero tutto!».

Loredana, 39 anni

I figli “difficili” sono i figli migliori 45


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 46

GLI ERRORI

N on ha nessun senso far subire ai nostri figli le stes-


se pene che hanno contaminato la nostra fan-
ciullezza e la nostra adolescenza, invocando il fatto
che nel nostro passato si era creata una catena puniti-
va del tipo: «Il bisnonno picchiava il nonno, il nonno
ha picchiato il papà, il papà picchia me e domani io
picchierò mio figlio...». Il problema è che noi genitori
spesso siamo ossessionati dalla convinzione che, se
abbiamo patito una sofferenza che però ci ha “fortifi-
cati”, il medesimo strumento andrà utilizzato per svez-
zare i nostri ragazzi. Ma chi lo dice che siamo al mon-
do per stare male? Chi può provare che i patimenti so-
no educativi? Lo scopo della vita è la felicità, è il piace-
re, non la sofferenza. Un buon genitore non deve ave-
re in testa nessun modello educativo, deve solo fare (o
non fare) ciò che è necessario per far germogliare il se-
me nascosto dentro suo figlio. Tu, cara Loredana, non
devi essere permissiva con i tuoi ragazzi per ripicca
verso tua madre, che è stata troppo dura con te: la co-
sa migliore che puoi fare è non interferire con il loro
modo di essere e, soprattutto, non sforzarti per pla-
smarli o modificarli. È stato Sigmund Freud ad affer-
mare che: «qualsiasi atteggiamento adotti con i figli,
comunque sbagli». Appunto. Con i figli impara anche
a diventare un’osservatrice silenziosa e serena, e non
farti travolgere dall’ansia di non essere all’altezza…

Le sculacciate fanno bene ai bambini?


«Mi capita a volte di perdere la pazienza e di scu-
lacciare di santa ragione mio figlio, che ha solo un

46 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GLI ERRORI

anno e mezzo. Lo faccio perché con i suoi capricci


mi esaspera sul serio, ma poi mi sento tremenda-
mente in colpa, mi vedo come una madre violenta
e mi chiedo: ma con queste botte gli avrò insegna-
to qualcosa?».

Luana, 32 anni

V edi Luana, se ti colpevolizzi per la sculacciata


che hai dato al tuo bimbo, fatalmente tornerai a
picchiarlo. Infatti, più ti fissi su quel pensiero e più ri-
cadrai nel comportamento che, come genitore, ti di-
sturba. Dovresti invece avere la forza di fermarti e di
sentire dentro di te il disagio che il tuo gesto ti ha
provocato, di cedere al dolore per aver fatto – tutto
sommato – una cosa perfettamente inutile. Un bam-
bino così piccolo difficilmente riesce a controllarsi, tu
invece potresti farcela. Ben sapendo che picchiare
un bambino non serve a nulla se non a far sfogare
l’aggressività dell’adulto.
Con questo, ti dico anche che ogni tanto, quando i
figli ci esasperano davvero con i loro inutili capricci,
anche una sculacciata può essere salutare: in questi
casi l’intervento del genitore è di tipo contenitivo,
serve cioè ad arginare un comportamento che non
sta portando il bambino da nessuna parte. Uno
schiaffo, una sculacciata dati al momento giusto, so-
no un modo per esprimere un “no” tassativo, per de-
finire una regola. E ogni figlio ha bisogno di regole,
pur nel rispetto della sua persona.

I figli “difficili” sono i figli migliori 47


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GLI ERRORI

Sono un genitore pieno di dubbi,


vorrei essere più sicuro di me stesso
«Ho due figlie di 16 e 10 anni. La maggiore ha
sempre fatto di testa sua, ha scelto da sola la scuo-
la, presto entrerà nel mondo del lavoro: ormai sta
in piedi con le sue gambe. La seguo da lontano, le
dispenso i miei consigli solo se me li chiede, ma
mia moglie mi accusa di essere troppo permissivo
e allora ho paura di perderla… Così, con l’altra fi-
glia sono andato nella direzione opposta: la tengo
sempre sotto controllo, la assillo con mille racco-
mandazioni. Però sento che questo è un atteggia-
mento estremo, forse una reazione a quanto ho
fatto in passato. Confesso di avere molti dubbi…».

Sandro, 43 anni

I padri che nel nome della libertà lasciano che i figli


facciano la loro strada meritano un applauso. Per
questo, caro Sandro, non devi dare ascolto alle la-
mentele di chi ci vorrebbe più “di polso”, perché
spesso queste critiche arrivano proprio da chi nella
vita ha sbagliato tutto e invidia chi riesce a vivere nel
solco della libertà. È inoltre molto positivo il fatto che
tu, come padre, abbia dei dubbi: anche se hai scelto
una certa strada per la prima figlia (e questa moda-
lità si è rivelata giusta per lei), ora ti fai delle doman-
de rispetto alla seconda.
Ci sono pochi genitori (e poche persone) disposti an-
che a rinnegare una scelta fatta in passato per met-

48 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GLI ERRORI

tere in discussione la propria mentalità. La cosa fon-


damentale è che tu non ti trasformi in un genitore se-
vero e ansioso solo perché in un’altra situazione ti
sei comportato in maniera diametralmente opposta.
I tuoi dubbi sono quindi una benedizione: ti aiute-
ranno a comportarti con la tua seconda figlia in ma-
niera spontanea e originale, nel pieno rispetto della
sua natura e del suo talento.

Ho dato tutto ai miei figli e loro


non mi dicono mai “grazie”
«Mi sono consacrata anima e corpo alla mia fami-
glia: per i miei figli ho rinunciato a lavorare, a
viaggiare, a dedicarmi ai miei hobbies. Per loro
ho anche speso un sacco di denari che avrei potu-
to tenere per me. Con quale risultato? Che, ora
che sono cresciuti e hanno la loro vita, li sento – se
va bene – una volta al mese! Se penso a tutti i sa-
crifici che ho fatto per i miei figli, mi sento amareg-
giata e tradita».

Luisa, una mamma dimenticata

N essuno dei tuoi figli ti ha mai chiesto di annul-


larti nel ruolo di madre e di moglie, di rinuncia-
re ai tuoi interessi o di spendere per loro tutti i tuoi
soldi. Evidentemente tu, Luisa, hai fatto tutto questo
perché ti aspettavi qualcosa in cambio, e adesso at-
tribuisci a loro la responsabilità delle tue scelte. Per

I figli “difficili” sono i figli migliori 49


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 50

GLI ERRORI

questo adesso sei infelice: perché non ti senti ade-


guatamente ripagata. Il tuo sbaglio è tutto qui: nel
tuo voler credere che nella vita più si dà e più si me-
rita di ricevere. Invece, la riconoscenza che pretendi
dai tuoi ragazzi – oggi cresciuti e inseriti in una loro
vita autonoma – non è un atto dovuto da parte loro
né, tanto meno, un qualcosa che dovrebbe scaturire
automaticamente nel rapporto tra madre e figli.
Ricorda che, molto spesso, una madre fa per i propri
figli degli atti “gratuiti”, senza cioè pretendere nulla
in cambio. La vera generosità, cara Luisa, consiste
nel “fare” senza aspettative, nel “fare” solo perché ci
piace e ci fa stare bene. Altrimenti chi dà si sente in
credito, e chi riceve si sente sempre dipendente. Non
sarà forse che, con la tua ansia di dare per ricevere
qualcosa in cambio, tu come madre vuoi mantenere
per sempre una posizione di supremazia e di con-
trollo nei confronti dei figli? Non pensi che adesso vi
potreste frequentare su un piano più paritario e
“adulto”? Quello che hai fatto per loro nel passato
appartiene a un tempo che non c’è più: non è tuo di-
ritto rinfacciarlo oggi solo per rimetterti al centro del-
la loro attenzione.

La mia bambina mi considera


la sua migliore amica
«Con Elettra, la mia bambina di 12 anni, ho sem-
pre avuto un rapporto sereno e paritario, al punto
che lei oggi si confida spesso con me, mi chiama
per nome e mi dice che sono la sua migliore ami-

50 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GLI ERRORI

ca. Chi ci vede dall’esterno dice che siamo una


coppia modello: in effetti, non litighiamo mai ed
Elettra sembra già una donnina! Però mi chiedo: è
giusto che lei mi percepisca come amica e non co-
me madre? Dovrei diventare più autoritaria con
lei? Se mi comporto così, mia figlia rischia di cre-
scere male?».

Giuliana, 40 anni

C ara Giuliana, i genitori di oggi spesso non sono


pronti a gestire l’ostilità dei figli, e allora tentano
di prevenirla diventando amici. In questo modo si tra-
sformano in complici, lasciano la massima libertà ai
figli, a volte si vestono persino nello stesso modo, vivo-
no le stesse esperienze su un piano che – anagrafe a
parte – sembra di assoluta parità.
E invece tra genitori e figli non può e non deve esserci
amicizia: ognuno deve svolgere il proprio ruolo, sen-
za lasciarsi andare né al permissivismo né all’eccessi-
va severità. Se impediamo ai nostri figli di vivere lo
scontro generazionale e non consentiamo loro di
combattere il modello che noi adulti incarniamo, ri-
schiamo che non siano in grado di crescere in manie-
ra autonoma.
Il fatto che fra te e tua figlia non ci siano conflitti, che
lei non ti chiami mamma, che ti tratti come confiden-
te, non sono dei segnali positivi. Ricordati che tu,
Giuliana, sei sua madre e non la sua amichetta del
cuore, e il tuo compito è quello di fornire a tua figlia

I figli “difficili” sono i figli migliori 51


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 52

GLI ERRORI

delle regole. Un genitore che non sa dare delle rego-


le comunica ansia e costringe i figli a crescere trop-
po in fretta: non a caso tu scrivi che Elettra sembra
già una “donnina”…
Non va bene! Lascia che si goda l’infanzia in mezzo
ai coetanei, che giochi e che scambi con loro le sue
confidenze. Tu, tieniti il più possibile in disparte.
E chiedile di chiamarti mamma.

52 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GLI ERRORI

IN PILLOLE

I FIGLI NON HANNO BISOGNO


DI MIGLIORARE NÉ DI ESSERE MIGLIORATI

I FIGLI HANNO IL DIRITTO


DI SBAGLIARE

I FIGLI NON VOGLIONO ESSERE


CONTINUAMENTE RIPRESI E CRITICATI
DAI GENITORI

NELL’EDUCAZIONE DEI FIGLI


È LECITO AVERE DEI DUBBI.
ANZI, SONO ANCHE I DUBBI
DEGLI ADULTI CHE LI AIUTANO
A CRESCERE

I GENITORI NON POSSONO


PRETENDERE LA GRATITUDINE
DEI FIGLI

I figli “difficili” sono i figli migliori 53


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GLI ERRORI

IN PILLOLE

FAR CRESCERE DEI FIGLI


NON SIGNIFICA ASSILLARLI

I FIGLI HANNO BISOGNO DI LIBERTÀ,


NON DI LICENZA

I FIGLI VANNO PUNITI SOLO


QUANDO CON IL LORO
COMPORTAMENTO
SI METTONO IN SITUAZIONI
DI PERICOLO

I FIGLI NON SI EDUCANO IN BASE


A DEI MODELLI DEL PASSATO, MA SEGUENDO
LA LORO NATURA

54 I figli “difficili” sono i figli migliori


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 55

Figli e talento

A volte sembra che i rapporti con i figli diventino im-


provvisamente difficili, faticosi, come se a un certo
punto noi adulti e loro ragazzi non ci comprendessi-
mo più. Sono situazioni di conflitto che si possono
manifestare a tutte le età, sia quando i bambini sono
ancora piccoli sia quando si entra nel territorio acci-
dentato dell’adolescenza. Quando si chiudono in lo-
ro stessi, quando contestano tutto e tutti, quando non
ammettono le critiche, quando diventano indolenti o
aggressivi, quando non vogliono andare a scuola, i
nostri figli ci stanno combattendo per trovare il loro
spazio interno, senza il quale diventerebbero la no-

I figli “difficili” sono i figli migliori 55


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 56

FIGLI E TALENTO

stra fotocopia, la nostra caricatura. I figli devono im-


boccare la strada del loro talento, anche contro di
noi. Ogni albero, infatti, deve portare a maturazio-
ne i suoi frutti: bisogna quindi sapere che il melogra-
no fa un frutto diverso dall’albicocca ed è impossibi-
le che avvenga altrimenti. La domanda da farsi co-
me genitori è dunque questa: «Che pianta è questo
bambino?». La pianta che è ogni bambino si vede
dal fatto che ha degli interessi tutti suoi, ha una sua
specificità, un modo di essere, una personalità che
ha solo lui. Come scrive Carl Gustav Jung nel saggio
La psiche infantile: «Un grosso talento o addirittura
quel dono del Danai che è il genio sono fattori deter-
minanti nel destino di una persona… Il genio si farà
valere contro ogni ostacolo, perché è proprio della
natura superare ogni limite e costrizione».
Il compito dei genitori è dunque quello di essere pro-
motori e non censori o detrattori della natura che in-
timamente appartiene ai loro figli. Perché il talento,
presto o tardi, viene a galla e inizia a fluire. Un buon
genitore non si oppone a questo fluire, sa rispettare
il talento e vigila su di esso con la massima attenzio-
ne e senza interferenze, consapevole che ciascuno
di noi – suo figlio compreso – è una forma unica e ir-
ripetibile. È il Talento dell’Universo.

Non è giusto che i figli seguano


per forza le orme dei genitori
«Ho 20 anni e sono stanca di dover sempre china-
re il capo davanti ai miei genitori solo perché sono

56 I figli “difficili” sono i figli migliori


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FIGLI E TALENTO

più vecchi di me e dicono di avere molta più espe-


rienza. Ho sempre fatto tutto quello che volevano
loro, anche iscrivermi a giurisprudenza (mio pa-
dre è notaio), ma è una facoltà della quale non mi
importa nulla… Un mese fa il mio fidanzato mi ha
detto che dovevo smettere l’università e fare quello
che veramente sentivo vicino a me: la maestra
d’asilo. È come se mi fossi liberata di un peso
enorme! Adesso sto studiando per il concorso e
sento che ce la farò. Mi dispiace solo che i miei ge-
nitori si ostinino a criticarmi, dicendo che sto sba-
gliando tutto».

Valentina, 20 anni

O pponendosi al tuo desiderio di diventare mae-


stra d’asilo, per lungo tempo i tuoi genitori ti
hanno impedito di far germogliare il seme del tuo ta-
lento. Ma, come tu stessa potrai notare, questa tua at-
titudine alla fine è venuta con forza allo scoperto, no-
nostante gli ostacoli e le difficoltà. Lo dice in maniera
perfetta il poeta Gibran nel suo libro Il profeta: «I figli
non sono vostri figli. Essi non vengono da voi, ma at-
traverso di voi, e non vi appartengono. Potete amarli,
ma non costringerli ai vostri pensieri, poiché essi han-
no i loro pensieri… Voi siete gli archi da cui i figli, le
vostre frecce vive, sono scoccati lontano». Non addo-
lorarti, cara Valentina, se i tuoi genitori ti stanno criti-
cando. Tuo padre e tua madre, adesso che stai se-
guendo la tua vera strada, avrebbero il solo compito

I figli “difficili” sono i figli migliori 57


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 58

FIGLI E TALENTO

IL TALENTO È SCRITTO NEL NOSTRO CERVELLO

Nel nostro cervello esiste una sorta di “map-


pa” del talento, diversa per ogni persona. È
come una traccia colorata che rappresenta
l’essenza di ciascuno di noi, e la sua esisten-
za era già nota nelle culture antiche. I mo-
derni studi neurofisiologici hanno confermato
che l’area del talento dovrebbe corrispondere
alla zona del cervello antico, cioè l’area limbi-
ca (detta anche zona “solare”), dove si ac-
cende la scintilla della creatività. Non a caso,
spesso si dice di aver avuto un’idea “lumino-
sa”, alludendo con quest’espressione alla luce
cerebrale che ci indica il cammino da
seguire lungo la via del benessere e
della realizzazione di noi stessi.

di offrirti il loro affetto e la loro tenerezza. Così anche


tu, finalmente sicura del loro appoggio, potrai final-
mente portare a maturazione il tuo frutto. Sono con-
vinto che, poco alla volta, anche loro lo capiranno.

Il talento è discontinuo e imprevedibile


«Ai miei tempi mi è stato insegnato da genitori e
maestri a fare una cosa alla volta, e possibilmente
di farla bene, di farla fino in fondo. Adesso vedo

58 I figli “difficili” sono i figli migliori


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 59

FIGLI E TALENTO

che i miei figli, che hanno 10 e 13 anni, fanno cin-


quanta cose in una volta sola, anche quando gio-
cano, e la maggior parte le lasciano a metà, sono
discontinui. Io mi sforzo di correggerli, ma loro
fanno finta di non sentirmi…».

Vittorio, 50 anni

I bambini e i ragazzi di oggi sono profondamente


diversi da coloro che sono stati giovani 40 o 50
anni fa. I bambini che nascono oggi portano dentro
di sé l’esperienza delle precedenti generazioni, ed è
per questo che sono più veloci, più attivi, più attratti
dalle nuove tecnologie, più capaci di fare tante cose
in una volta sola. Le nuove generazioni hanno sete di
esperienze, tante, diverse, anche di esperienze inter-
rotte: per questo lasciano i libri a metà, non finiscono
la partita a scacchi, spengono all’improvviso il video-
game per andare in cucina a mangiarsi un gelato…
Perché il talento, caro Vittorio, non abita nel flusso re-
golare, ma nella discontinuità.
Se i tuoi figli avvertono il bisogno di “assaggiare” la
vita gustandone tanti bocconi presi qua e là, lasciali
fare. Ricorda che è assurdo pensare che un bambino
sia un essere vuoto che chiede di essere riempito da
noi, dalle nostre storie, dagli insegnamenti che ab-
biamo ricevuto: il bambino è già un individuo com-
pleto, e nei suoi capricci, nelle sue disobbedienze,
nelle sue ribellioni, cerca solo di proteggere il suo
mondo e con esso il seme speciale che porta con sé.

I figli “difficili” sono i figli migliori 59


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FIGLI E TALENTO

I BAMBINI DI OGGI SONO SUPERTECNOLOGICI

Playstation, computer e videogiochi costituisco-


no oggi i passatempi prediletti da bambini e ra-
gazzi di 7 e 12 anni. Lo conferma il Sesto Rap-
porto Nazionale sulla Condizione dell’Infanzia e
dell’Adolescenza curato da Eurispes in collabo-
razione con Telefono Azzurro.
Dall’indagine risulta che playstation, videogiochi
e passatempi elettronici raccolgono il 66,3%
delle preferenze fra i maschi e il 21% da par-
te delle femmine, con un dato di preferenza
globale del 43%; in ribasso, invece, i giocattoli
tradizionali come le bambole (amate solo dal
23,4% delle bambine) e i soldatini (che raccol-
gono un misero 4,9% di preferenze maschi-
li), mentre trenini e automobiline piac-
ciono a uno sparuto 3,3%.

Dunque, non devi fare niente per correggere i tuoi


bambini, ma limitati a osservarli: farà bene a loro e
anche a te.

Questo bambino è tutto sua nonna


«Appena ha visto mio figlio Diego in ospedale,
mia madre ha esclamato che assomigliava tutto a
lei. A me e a mio marito ha dato molto fastidio,

60 I figli “difficili” sono i figli migliori


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FIGLI E TALENTO

sembrava quasi che mia madre si volesse impadro-


nire di nostro figlio, come se fosse una sua proprie-
tà… In genere i bambini assomigliano ai genitori,
non ai nonni, non è vero?».

Anna, 24 anni

D a lettere come questa di Anna possiamo com-


prendere come sia ancora molto radicata nella
nostra cultura l’idea che i figli siano l’emanazione,
la “costola” dei genitori. Ed è molto spiacevole dover
constatare, ogni volta che nasce un bambino, che i
parenti fanno a gara per accaparrarsene la somi-
glianza. Per il modo di pensare comune, che vede
nell’attaccamento e nel possesso la forma più con-
creta dell’amore, sono concetti che sembrano del tut-
to normali. E invece no: quando ci dicono che asso-
migliamo ai nostri genitori o ai nostri nonni, quando
portiamo avanti bene o male l’azienda di famiglia,
o quando per reazione ne sfuggiamo per non esser-
ne assorbiti, stiamo guardando dalla parte sbaglia-
ta. Ognuno di noi ha un suo corpo, un suo viso, e ha
un suo talento che non appartiene a nessun altro e
tanto meno si può ricevere come imprinting eredita-
rio dai genitori.
Del resto anche tu, cara Anna, fai come tua madre,
e rivendichi il diritto d’avere un figlio che assomigli
solo a te e a tuo marito. Ma non hai mai pensato che
tuo figlio non ti appartiene, è una persona a sé?
Lascia che tua madre dica quello che vuole, ma tu,

I figli “difficili” sono i figli migliori 61


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FIGLI E TALENTO

rispetto a tuo figlio, sii il più possibile neutra e non


percepirlo mai come una tua fotocopia.

Francesca scrive con le lettere


al contrario
«Alla metà dell’anno scolastico, Francesca, che
frequenta la prima elementare, ha iniziato a scri-
vere con le lettere capovolte: le “t” alla rovescia, le
“h” girate dall’altra parte… Le insegnanti mi han-
no convocato d’urgenza e mi hanno suggerito di
far vedere la bambina da una logopedista e un
neuropsichiatria infantile. Ma è proprio il caso?».

Ernesta, 37 anni

A ccade a moltissimi bambini, soprattutto quando


iniziano a confrontarsi per la prima volta con la
scrittura, di avere un’apparente difficoltà a eseguire
correttamente i segni grafici. Questo comportamen-
to, dovuto all’inesperienza, ma anche a una certa
tendenza a trattare l’alfabeto come se fosse un gio-
cattolo con il quale divertirsi, getta nello sconforto gli
insegnanti, mentre invece dovrebbe incuriosirli nei
confronti del bambino.
Ecco allora gli inviti minatori a consultare gli speciali-
sti, ecco i compiti gravosi imposti al piccolo per impa-
rare che si deve scrivere in un certo modo… Eppure
la scuola dovrebbe essere il luogo in cui si manifesta-
no le diversità, non la via per rendere i comporta-

62 I figli “difficili” sono i figli migliori


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FIGLI E TALENTO

menti tutti uguali, appiattiti, omologati. Non si può


dire al bambino a ogni piè sospinto che cosa deve fa-
re: sta scrivendo e fa le lettere alla rovescia?
Vinciamo la tentazione di prendergli la matita dalle
mani e di raddrizzare le lettere al suo posto, lascian-
dolo libero di esprimersi come vuole.
Non importa se la sua scrittura non sarà perfetta:
l’importante è che sia davvero la sua. E non punia-
molo, non spaventiamolo se gli altri bambini scrivono
in un altro modo: poco alla volta, sperimentando,
provando e riprovando, arriverà a comprendere
quello che gli insegnanti gli chiedono, pur conservan-
do dentro di sé il tesoro di una visione capovolta e
“magica” della vita.

I figli “difficili” sono i figli migliori 63


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FIGLI E TALENTO

IN PILLOLE

I FIGLI NON DEVONO PER FORZA


FARE LO STESSO MESTIERE DEI
GENITORI NÉ AVERE LE LORO
MEDESIME ATTITUDINI

OGNI BAMBINO È UNA PIANTA


E DEVE PORTARE A MATURAZIONE
IL SUO FRUTTO

UN FIGLIO HA IL SUO TALENTO


ED È GIUSTO CHE I GENITORI LO AIUTINO
A FARLO GERMOGLIARE

OGNI FIGLIO È UNICO E NON


APPARTIENE AI GENITORI

IL TALENTO È DISCONTINUO E
NON SEGUE NESSUNA REGOLA

IL TALENTO È IMPREVEDIBILE

64 I figli “difficili” sono i figli migliori


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FIGLI E TALENTO

IN PILLOLE

UN BAMBINO NON È UN GUSCIO VUOTO


DA RIEMPIRE CON NOZIONI E INSEGNAMENTI

OGNI BIMBO CHE NASCE


NON ASSOMIGLIA A NESSUNO
SE NON A SE STESSO

CERTI ERRORI DEI BAMBINI


RIVELANO UNA CAPACITÀ
DI LEGGERE LA REALTÀ
IN MODO SPECIALE: NON
OBBLIGHIAMOLI A CORREGGERLI

I figli “difficili” sono i figli migliori 65


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Giocare per crescere

Giocare non è solo una prerogativa infantile, ma è


anche una fondamentale attività umana a tutte le età.
Come ha ben sottolineato lo storico olandese Johan
Huizinga nel suo saggio Homo ludens, il gioco è una
prerogativa naturale dell’uomo e fa parte della sua
essenza profonda. Gli antropologi hanno più volte
messo in evidenza l’importanza dei giochi sacri e ri-
tuali che caratterizzavano le culture antiche: alcuni
autori parlano addirittura di un “istinto ludico” che
sarebbe alla base delle cerimonie religiose, della
danza e del canto. Per questo ogni bambino che –
crescendo – ripercorre le tappe della storia del mon-

66 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GIOCARE PER CRESCERE

do, sente fortissimo il richiamo del gioco, che diventa


fin dai primi mesi di vita la sua attività principale e il
suo irrinunciabile strumento esplorativo dell’Uni-
verso. Come si devono comportare i genitori quando
vedono giocare i loro figli? «Quando un bambino
gioca, non deve essere disturbato», raccomanda lo
psicoanalista James Hillman, che nel suo libro Il codi-
ce dell’anima insiste sull’importanza di lasciare ai
bambini i loro spazi privati di gioco, proprio perché
è attraverso l’attività ludica che iniziano a portare al-
lo scoperto il loro daimon, il talento, la natura unica e
originale che li contraddistingue. I più recenti studi di
neurofisiologia confermano infatti che, nel gioco,
vengono attivate più aree cerebrali: le attività psichi-
che si coinvolgono all’unisono e stimolano contempo-
raneamente memoria, affettività, emozioni, intelli-
genza, gli elementi che suonano lo “spartito” della
creatività. Per questo è fondamentale che un bambi-
no dedichi la maggior parte della sua giornata al
gioco (si dice infatti che il gioco è il “lavoro” dei più
piccoli): non importa se gioca da solo o in compa-
gnia di adulti o coetanei, l’essenziale è che la sua
mente e il suo corpo siano intensamente coinvolti nel-
l’attività ludica, perché giocando acquisisce elasticità
e accende contemporaneamente tutta l’attività cere-
brale. Un bambino che ha giocato molto diventerà un
adulto creativo, dotato di una mente libera dagli
schemi e dai pregiudizi, capace di trovare soluzioni
innovative a ogni tipo di problema: insomma, un in-
dividuo in grado di maneggiare con disinvoltura la
realtà e di trarre piacere dalla vita di tutti i giorni.

I figli “difficili” sono i figli migliori 67


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GIOCARE PER CRESCERE

Tanti giocattoli non fanno la felicità


«Quando lo confronto con gli altri bambini, mi
sembra sempre che il mio piccolo Tommaso, 4 an-
ni, abbia pochi giocattoli. Però ho anche notato
che lui si diverte di più con gli oggetti quotidiani:
una pentola, un giornale, un gomitolo di lana, un
sasso… Che cosa significa? Forse dovrei spronar-
lo a giocare con le macchinine o i pupazzi?».

Carlo, 35 anni

A ttraverso il gioco il bambino si impadronisce del-


la realtà: “giocare” significa “fare” in modo
spontaneo, personale, sperimentare oggetti, animali
e persone, studiare cause ed effetti, imparare a cono-
scere le proprie emozioni. I giochi cambiano rapida-
mente nei primi anni di vita. Secondo lo psicologo
svizzero Piaget, i primi giochi sono di tipo percettivo
motorio, e sono quelli nei quali il bimbo impara ad
afferrare, dondolare, gettare; non richiedono attività
di pensiero ma solo un piacere legato al movimento e
alla percezione sensoriale. Basta osservare un bam-
bino piccolo, di età compresa tra 6 mesi e un anno,
quando viene messo a confronto con un qualunque
oggetto, non necessariamente un giocattolo: prima lo
tocca con attenzione, poi lo manipola, e infine lo por-
ta con piacere alla bocca, che a quell’età è il suo fon-
damentale strumento di conoscenza. Molte ricerche
hanno dimostrato che – soprattutto quando i bambini
sono piccoli – sono i materiali grezzi e neutri a dare

68 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GIOCARE PER CRESCERE

origine ai giochi più fantasiosi. Più i bambini vengo-


no stimolati con oggetti neutri e più svilupperanno le
loro doti creative. Proprio come è accaduto al giova-
ne Mercurio, che si inventò la cetra tendendo una
pelle di bue e sette corde su un guscio di tartaruga.

Mio figlio si chiude in camera


e parla con un amico immaginario
«Da qualche tempo mio figlio Andrea, 7 anni, si
apparta nella sua cameretta e mette sulla porta un
cartello con scritto “non disturbare”. Si barrica là
dentro e non ne esce anche per 2-3 ore… Una vol-
ta con mio marito abbiamo origliato per capire
che cosa stesse facendo e abbiamo capito che
Andrea gioca non da solo, ma con un amico im-
maginario, che lui chiama Jo. Con noi non ne ha
mai parlato, ma noi abbiamo capito che esiste. Ci
pare strano, perché Andrea è un bimbo che ha un
sacco di amici… Potrebbe significare che ha desi-
derio di un fratellino?».

I genitori di Andrea

Q uando i bambini giocano, la loro mente diven-


ta elastica e consente loro di vestire i ruoli di
più personaggi, spesso contemporaneamente: ecco
perché i bambini sono ora Batman, ora Cappuccetto
Rosso, ecco perché si travestono, usano maschere e
nomi di fantasia. Ecco perché i piccoli trovano nor-

I figli “difficili” sono i figli migliori 69


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GIOCARE PER CRESCERE

malissimo correre, saltare, ridere o parlare insieme


a un amico invisibile.
Il fatto che Andrea si sia creato un compagno di gio-
chi immaginario è assolutamente normale e – direi –
decisamente salutare per la sua crescita. Non rileva
il fatto che lui abbia tanti amici o che desideri un fra-
tello (se lo desiderasse, alla sua età ve lo avrebbe
già comunicato): il suo amico Jo è lo “strumento” che
lo stacca dalla realtà, che lo porta in un mondo ma-
gico e parallelo da quello quotidiano all’interno del
quale la finzione diventa realtà. L’amico immagina-
rio è il classico gioco simbolico che aiuta il bambino
a sviluppare l’immaginazione e rendere la sua men-
te sempre più trasversale.
Fateci caso: il verbo inglese to play indica sia il gio-
care che il recitare, e di fatto ogni gioco infantile ha
una componente di azione e una di finzione, pro-
prio come accade quando si recita su un palco.
Se un giorno Andrea vi parlerà di Jo, accogliete in
modo serio le sue confidenze e non ridicolizzatelo. E
soprattutto, non disturbatelo mentre gioca con lui:
nei segreti dei bambini gli adulti non hanno alcun
diritto di interferire.

Il mio bimbo gioca troppo,


mi sembra quasi “drogato”…
«Dalla mattina appena sveglio fino alla sera tardi,
il mio bambino di 5 anni non smette un attimo di
giocare, di correre, di andare dappertutto… Io mi
chiedo come faccia a trovare tutta quell’energia e,

70 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GIOCARE PER CRESCERE

in certi momenti, mi sembra quasi un piccolo “dro-


gato” di gioco! Ho provato a distoglierlo dai suoi
passatempi, ma lui reagisce quasi con aggressivi-
tà, come se gli togliessi il cibo… A me sembra che
stia sprecando il tempo: cosa farà quando comin-
cerà ad andare a scuola?».

Stefania, 29 anni

S pesso noi genitori siamo portati a pensare, in


base a una filosofia secondo la quale nella vita
devono prevalere solo produttività e profitto, che il
gioco sia qualcosa di trascurabile, di inutile.
In realtà, giocare consente ai nostri bambini di svi-
luppare (e a noi adulti di conservare) lo stupore nei
confronti della realtà delle cose, e quindi la capacità
di essere felici.
Quando un bambino gioca lo fa totalmente, in un
coinvolgimento ininterrotto. Ogni azione che compie
è sacra, e a essa si dedica completamente, senza ri-
serve. Perché tuo figlio ti sembra quasi “drogato” di
gioco? Semplice.
Perché il gioco trasforma la sua realtà di tutti i giorni
in un’altra realtà tutta da scoprire. Inoltre, il gioco ha
uno spazio esclusivo, materiale o immaginario, co-
me l’area delimitata dai cuscini disposti in cerchio
sul letto o tracciata con il gessetto sull’asfalto, ma an-
che il perimetro di un’astronave immaginaria o di un
castello incantato che il bambino “vede” con gli oc-
chi della fantasia.

I figli “difficili” sono i figli migliori 71


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 72

GIOCARE PER CRESCERE

Ma il gioco ha anche un suo tempo, diverso da quel-


lo reale: mentre gioca, il bambino sente che il tempo
si dilata, ed è per questo che il divertimento finisce
sempre troppo presto.
Di fatto, giocando il bambino galleggia nel Senza
Tempo o, se si vuole, in un presente infinito che lo
slega dai ricordi del passato e dalle proiezioni del
futuro: in questo flusso continuo di Presente, il picco-
lo accende l’immaginazione che lo porta a stimolare
più circuiti nervosi e a riattivare quelli esclusi, rige-
nerando nel profondo il cervello. Ecco perché di gio-
care un bambino non ne ha mai abbastanza.
E il compito dei genitori è solo quello di lasciarlo fa-
re, in modo tale che arrivi alla fine della giornata
stremato e felice.

Mentre gioca, la mia bambina


si tocca: glielo devo impedire?
«Ho una bambina di 2 anni e mezzo che da qual-
che mese sta tenendo un comportamento molto im-
barazzante: all’improvviso si toglie le mutandine e
si tocca le parti intime, come se fossero un giocatto-
lo. Lo fa davanti a me con assoluta disinvoltura
quando le cambio il pannolino (le piace molto farsi
vedere quando fa la pipì), ma a volte lo fa anche in
pubblico. Non so come comportarmi: devo impe-
dirglielo e la devo punire, la lascio fare o le spiego
in modo semplice perché non deve toccarsi?».

Myriam, 32 anni

72 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GIOCARE PER CRESCERE

U na delle caratteristiche ricorrenti nel nostro tipo


di educazione è quella di frenare il più possibile
la manifestazione di emozioni, anche se positive, co-
me la gioia, il riso e il piacere che possono derivare
dall’entrare in contatto con il nostro corpo. Quando i
bambini giocano con il loro corpo e con le parti inti-
me in particolare, è segno che sono sani. Siamo noi
adulti che vediamo l’autoerotismo come qualcosa di
“sporco”, qualcosa che va vietato non appena si
manifesta, soprattutto se questo accade in età infan-
tile. Eppure nel Paradiso, come dice la Bibbia, gli
uomini sono nudi e non si vergognano l’uno dell’al-
tro. E il paradiso non è altro che la fantasia collettiva
dell’infanzia di ciascuno di noi.
Tua figlia, cara Myriam, non sta facendo nulla di
peccaminoso, anzi: è lo stesso Jung che nel saggio
La psiche infantile sottolinea come nella sessualità
della prima infanzia si nascondano le avvisaglie del-
la futura attività sessuale, ma anche il germe di più
elevate funzioni spirituali.
Del resto, a che scopo è nato l’uomo se non per trar-
re piacere dalla sua esistenza, dalle esperienze –
anche fisiche – che prova? E come mai nelle culture
antiche le celebrazioni religiose erano spesso ac-
compagnate da riti orgiastici?
Se impedisci a tua figlia di esplorare il suo corpo e
di esserne appagata, la conseguenza sarà che
l’energia bloccata nella sua spontanea tendenza a
manifestarsi si accumuli e crei con il tempo delle ten-
sioni psicofisiche notevoli, convincendo la bambina
che esistono parti di sé che sono impure, sporche,

I figli “difficili” sono i figli migliori 73


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GIOCARE PER CRESCERE

parti delle quali avere vergogna. Se tua figlia, anco-


ra così piccola, si “esibisce” in pubblico, non dram-
matizzare e non castigarla. Non serve nemmeno
che tu la mandi in confusione con inutili spiegazioni:
che cosa le vuoi dire, a 2 anni e mezzo?

74 I figli “difficili” sono i figli migliori


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GIOCARE PER CRESCERE

IN PILLOLE

I GIOCATTOLI CHE DIAMO AI NOSTRI FIGLI


NON DEVONO ESSERE GIÀ “PRONTI”:
STIMOLIAMO LA LORO INVENTIVA CON
OGGETTI QUOTIDIANI E MATERIALI GREZZI

IL GIOCO FA ENTRARE IL
BAMBINO IN UN MONDO
PARALLELO DOVE TEMPO
E SPAZIO SONO MOLTO
DIVERSI DA QUELLI REALI

GLI AMICI IMMAGINARI ACCENDONO


LA CREATIVITÀ DEI BAMBINI

PRIMA DI ENTRARE NELLA


CAMERETTA DI UN BAMBINO,
BISOGNA SEMPRE BUSSARE

RISPETTIAMO I NOSTRI FIGLI


MENTRE GIOCANO
IN SILENZIO

I figli “difficili” sono i figli migliori 75


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GIOCARE PER CRESCERE

IN PILLOLE

NESSUN BAMBINO GIOCA TROPPO

ATTRAVERSO IL GIOCO
I BAMBINI CONSUMANO
FINO IN FONDO L’ENERGIA
E, IL GIORNO DOPO,
SONO DI NUOVO CARICHI
DI VITALITÀ

SE UN BAMBINO SI TOCCA
NON DEVE ESSERE PUNITO:
L’AUTOEROTISMO È UNA VIA
NATURALE AL PIACERE
E PREDISPONE ALLA COSTRUZIONE
DI UNA SANA SESSUALITÀ
IN ETÀ ADULTA

76 I figli “difficili” sono i figli migliori


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I figli e la scuola

«Scuola maestra di vita»? Forse sarebbe meglio par-


lare di una scuola “maestra di talento”: quello che
dovrebbe avvenire in ogni classe è una lenta e deli-
cata costruzione dell’identità che, dalla scuola del-
l’obbligo ai gradi più alti degli studi, condurrà ogni
bambino a trovare la sua strada, a far affiorare la
sua unicità.
Purtroppo la scuola contemporanea vuole bambini
tutti uguali, che imparino tutti le stesse materie utiliz-
zando gli stessi metodi e nel medesimo tempo. Ma
ogni bambino ha la sua specificità, e noi dobbiamo
mandare a scuola i nostri figli per sviluppare i loro

I figli “difficili” sono i figli migliori 77


figli difficili.qxd 8-09-2006 10:16 Pagina 78

I FIGLI E LA SCUOLA

talenti: se li atrofizzano saranno perduti per sempre.


Una scuola che non valorizza i talenti dei bambini e
dei ragazzi è una scuola che non serve.
Per questo bisogna eliminare i voti, perché se i bam-
bini pensano che a scuola li giudichiamo per i voti,
non sentono che li stiamo valutando per l’originalità
della loro anima.
Quanto più adulti e insegnanti parlano della scuola
come “sacrificio”, tanto più nel bimbo prenderà for-
ma l’idea di un mondo troppo impegnativo, che ge-
nera solo noia e sofferenza. E quanto più la scuola
diventa il simbolo dello “spazio del dovere”, tanto
più sorgeranno nei ragazzi paure e ansie da presta-
zione, stati d’animo che non permetteranno loro di
vivere le esperienze nella loro totalità, impedendo
che le possano considerare come fonte di benessere.
A tale proposito, vale la pena di citare alcune osser-
vazioni dello psicanalista James Hillman contenute
nella sua Lettera agli Insegnanti italiani*: «La psiche
si ribella contro il vero imparare che una società gui-
data dall’economia insiste nel ritenere di primaria
importanza. Devi ricevere un’educazione, avere
un’educazione, perché allora sarai più vendibile,
servendo l’economia e alzando il Pil… L’educazione
come merce, come un investimento di capitale che
serve alla competizione del libero mercato…».
La scuola vera non è niente di tutto questo, e non a
caso oggi sono sempre più numerosi i bambini che
manifestano disagi all’idea di dover frequentare
classi e lezioni. Come mai la loro psiche e il loro cor-
po si ribellano? Alcuni bambini non si adattano alla

78 I figli “difficili” sono i figli migliori


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I FIGLI E LA SCUOLA

competizione, al dover imparare le regole rigide


della scuola, ed è la loro fortuna, perché significa
che c’è qualcosa in loro che non vuole realizzarsi
nella norma e nello standard. Questi non sono bam-
bini difficili, ma bambini speciali, perché mentre li
obblighiamo a diventare bravi scolari, loro stanno
sviluppando un talento che persegue altri fini.

Si fa venire il mal di pancia


pur di non andare a scuola
«Luca, 8 anni, frequenta la terza elementare, stu-
dia pianoforte, nuota e gioca a calcio. Da circa un
mese, la mattina appena sveglio inizia a fare la sua
solita sceneggiata: si rotola per terra e dice che ha
dolori fortissimi alla pancia. Il pediatra lo ha già vi-
sitato molte volte e mi ha assicurato che il bambino
sta bene. A Luca non piace per niente andare a
scuola, ma io non posso continuare a fargli certifi-
cati e non posso fingere di credere che sia vero…
Prima o poi dovrà crescere e affrontare le sue re-
sponsabilità!».

Milena, 35 anni

T i sei mai chiesta, Milena, quali sono le cause pro-


fonde del mal di pancia di tuo figlio? E hai mai
pensato che spesso anche noi adulti diciamo che,
quando qualcosa non ci piace, “ci fa venire il mal di
pancia”? Luca è uno dei tanti bambini che soffre di

I figli “difficili” sono i figli migliori 79


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I FIGLI E LA SCUOLA

A SCUOLA AUMENTANO I DISAGI PSICOSOMATICI

Secondo le statistiche compilate ogni anno dai


pediatri, oggi sono in vertiginoso aumento i di-
sturbi psicosomatici che riguardano bimbi e a-
dolescenti in età scolare, e cioè fra i 6 e i 14
anni: dolori addominali intensi, mal di testa po-
meridiano e/o serale, sudorazione improvvisa,
nausea e vomito, insonnia, dolori articolari, sono
sintomi presenti in buona parte della settima-
na, per poi scomparire nel weekend. Il che con-
ferma che è proprio un certo modo “costritti-
vo” e soffocante di vivere aule e le-
zioni a creare un profondo disagio.

stress scolastico, proprio perché la scuola d’oggi


non è un ambiente accogliente né formativo, ma un
luogo competitivo in cui si vale solo in funzione del
voto, non del talento.
La scuola dovrebbe ispirarsi di più al gioco, perché i
bambini imparano giocando e non sentendosi in pri-
gione e sotto osservazione: a forza di mandare giù
tensioni, si fanno venire il mal di pancia. Pensa per
esempio all’eccesso di insegnanti fin dalle elementa-
ri: non più uno ma due, tre, quattro, con competenze
e ruoli diversi… Inoltre, i bambini sono travolti da
una mole sconsiderata di compiti, che riducono il
tempo libero per giocare. Se Luca teme la scuola e si

80 I figli “difficili” sono i figli migliori


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I FIGLI E LA SCUOLA

fa venire il mal di pancia, cerca di interpretare le sue


ansie, ma non ingigantire questa sua pretesa soffe-
renza: chiedigli piuttosto di descriverla per aiutarlo
a superarla, magari parlandone anche con i suoi
compagni, in modo tale che – una volta in classe –
lui si senta accolto e parte di un gruppo. Ricorda che
i suoi “presunti” dolori non sono scuse, ma espres-
sioni di un conflitto intenso: cerca di comprenderne
le cause psicologiche e domandati se forse anche tu
non hai caricato il tuo bambino di troppe attività.

I compiti delle vacanze


non hanno nessun senso
«È appena finita la scuola e mia figlia, che ha fre-
quentato la quarta elementare, è tornata a casa
con un diario strapieno di compiti delle vacanze.
Non so nemmeno se avrà il tempo di svolgerli tutti,
visto che quest’estate faremo un lungo viaggio.
Ma, dico io, le vacanze non sarebbero fatte per ri-
posare?».

Marco, 39 anni

H ai ragione, Marco. Sembra che la scuola voglia


blindare i bambini anche durante l’estate, obbli-
gandoli a ripassare e tenere a mente le nozioni che
hanno appreso durante l’anno scolastico. Invece,
durante i mesi estivi è fondamentale che i bambini
siano lasciati liberi di riappropriarsi totalmente del

I figli “difficili” sono i figli migliori 81


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I FIGLI E LA SCUOLA

loro tempo libero e di gestirlo a loro piacimento,


senza vivere nell’assillo di dover ancora studiare.
Tenere il cervello compresso non è di nessuna utilità:
un cervello tenuto troppo sotto pressione alla fine di-
mentica, non trattiene.
Visto che purtroppo, però, la scuola i compiti delle
vacanze li esige, subito dopo il termine delle lezioni
lascia a tua figlia almeno 20 giorni di libertà assolu-
ta. Via i quaderni, via i libri e la cartella: solo giochi,
passeggiate, nuotate… Dopo le fatiche scolastiche,
la sua testa e il suo corpo hanno bisogno di svuotar-
si, di rilassarsi e di distendersi senza pensare – al-
meno per un po’ – a nessuna forma di dovere. E poi,
quando sarà venuta l’ora di rimettersi al lavoro,
spiega alla tua bambina che i compiti delle vacanze
sono solo una piccola “goccia” di studio in mezzo a
tante ore di gioco, e che vanno svolti in maniera re-
golare, affinché non si trasformino in un “mostro” in-
vincibile quando ormai si avvicina l’inizio delle le-
zioni. È infine fondamentale che sia la bambina (e
non la mamma o il papà) a fare da sola i compiti: gli
eventuali errori di svolgimento saranno poi verificati
insieme agli insegnanti.

I giudizi scolastici standard


sono generici e penalizzanti
«La pagella di mio figlio è tutta al limite della suffi-
cienza, eppure – a 9 anni – lui mi sembra un bam-
bino curioso, attento e dotato di una buona intelli-
genza. Certo, è anche molto vivace, a volte un po’

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I FIGLI E LA SCUOLA

turbolento, ma questo non significa che sia medio-


cre o stupido. Vedo che le maestre scrivono che
“Non ha pienamente raggiunto gli obiettivi”: che
cosa vuol dire? Di quali obiettivi parlano?».

Ugo, 45 anni

C ome ha osservato lo studioso di pedagogia


Howard Gardiner: «L’imparare dev’essere mol-
teplice perché l’intelligenza è molteplice. L’imparare
e l’insegnare devono seguire una varietà di pensieri:
una dimensione non va bene a tutto». Sono parole
vere: pretendere di educare in nome dell’uniformità
non è di nessuna utilità, e a maggior ragione non
hanno senso i giudizi sintetici, i voti e quelle frasi re-
lative al raggiungimento degli obiettivi. Ogni bambi-
no è diverso, ha talenti diversi e come unico obiettivo
ha quello di far germogliare la sua identità con tem-
pi e modalità che possono essere anche molto diffe-
renti dagli standard scolastici. Vorrei citarti il caso
del celebre scrittore Truman Capote, il tipico “bambi-
no difficile” che disturbava compagni e insegnanti e
prendeva brutti voti. A un certo punto, alle medie,
incontrò Miss Wood, che lo prese in simpatia e con
la quale condivideva molti interessi letterari, anche
al di fuori della scuola. Tra insegnante e alunno non
esisteva un rapporto di supremazia ma di empatia,
di confidenza e di colloquio. Così, poco alla volta, il
comportamento del giovane Capote e il suo rendi-
mento scolastico cambiarono radicalmente.

I figli “difficili” sono i figli migliori 83


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I FIGLI E LA SCUOLA

James Hillman dice che: «C’è un modo di valutare


indipendente dagli esami. L’insegnante vede con
l’occhio del cuore, ma noi non crediamo più in que-
sta specie di visione».
È vero: oggi si insegna nel nome degli standard e
degli obiettivi ministeriali. Per questo, per esempio, è
sbagliato forzare i bambini allo studio della mate-
matica, dicendo che serve per sviluppare il cervello.
Infatti, è scientificamente dimostrato che fino a 14
anni il cervello non dispone delle aree che servono
per la matematica.
Se costringiamo un bambino a studiare matematica
in prima elementare, compiamo su di lui una violen-
za terrificante.
Lo stesso vale per la mania scolastica di far studiare
a memoria poesie dell’Ottocento o opere come I
Promessi Sposi: sono testi scritti in altri tempi e con
un altro linguaggio, e sono stati destinati a gente di
quel tempo che capiva quel linguaggio.
Il fatto di continuare a offrire ai ragazzi nozioni così
superate, e poi di valutarli in base alla loro capacità
di “incamerarle”, è una vera tortura per l’anima. La
scuola deve puntare all’innovazione e all’insegna-
mento di cose pratiche, perché il cervello è pratico,
non teorico.
I nostri ragazzi, figli dell’era tecnologica, sono ca-
paci di navigare in Internet e, contemporaneamente,
di parlare al cellulare e di ascoltare un CD: perché
dovrebbero meritarsi un giudizio scadente per il solo
fatto di non saper ripetere a mente, come pappagal-
li, l’inizio della Divina Commedia?

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I FIGLI E LA SCUOLA

Mio figlio è iperattivo: gli devo


dare degli psicofarmaci?
«Mio figlio Ivan, 6 anni e mezzo, non sta mai fer-
mo un minuto. Si sveglia prestissimo la mattina, fa
colazione in fretta, corre continuamente per la ca-
sa come un disperato, fa quattro giochi contempo-
raneamente… Se lo porto fuori, mi sfugge di ma-
no e va dove vuole, non mi ascolta se lo richiamo e
anche a scuola (frequenta una scuola privata mol-
to tradizionale) si comporta così, è deconcentrato:
disturba la classe e sta anche diventando aggressi-
vo con i suoi compagni. Le insegnanti mi hanno
convocato d’urgenza e mi hanno detto di valutare
l’opportunità di un trattamento con psicofarmaci,
ma io ho paura: Ivan è sempre stato un bambino
vivace, ma da quando ha iniziato la scuola è peg-
giorato».

Sabrina, 38 anni

L a Sindrome da Carenza di Attenzione e Iperattivi-


tà (Attention Deficit Hyperactivity Disorder o
ADHD) è un disturbo che porta i bambini a essere
distratti, ipercinetici, vivacissimi e irrequieti, incapa-
ci di sottostare a regole o divieti.
Le statistiche ci dicono che questa forma di malesse-
re è in continuo aumento: in Italia ne soffrirebbe
dall’1 al 5% dei bambini in età scolare, mentre negli
Stati Uniti pare che i ragazzi iperattivi siano ben ol-
tre 3 milioni.

I figli “difficili” sono i figli migliori 85


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I FIGLI E LA SCUOLA

Il tuo piccolo Ivan il Terribile, evidentemente, con l’in-


gresso nel mondo della scuola si è sentito come in
gabbia: forse, in questo momento, la sua creatività
viene incanalata verso ambiti che non lo interessa-
no, all’interno di un contesto che gli tarpa le ali. Per
questo si ribella, diventa aggressivo e insofferente…
Allora, prova tu a porti delle domande non su Ivan,
ma su te stessa, sulla scuola “molto tradizionale” che
lui sta frequentando: sei sicura di stimolare interessi
che corrispondono alla sua vera natura? Sei certa
che tu e le maestre lo stiate aiutando a far germo-
gliare il seme che è in lui o forse, con la sua carica
aggressiva, il bambino vi sta comunicando che vor-
rebbe andare per un’altra strada?
Preferiresti che Ivan fosse spento e apatico o non
vuoi piuttosto iniziare a comprendere che cosa si na-
sconde dietro la sua vivacità, anche se ti sembra un
po’ esasperata? Usare gli psicofarmaci con i bambi-
ni, come ti è stato suggerito, è altamente pericoloso
perché si rischia di minacciare un equilibrio delica-
tissimo e di “zittire” artificialmente delle energie che
invece devono potersi esprimere. I farmaci sono una
scorciatoia controproducente che “copre” il sintomo,
ma non consente all’eventuale disagio di venire allo
scoperto.
Prova per esempio a proporre a tuo figlio di “sfogar-
si” nello sport: il calcio, la corsa, la bici…
Incoraggialo a incontrare compagni e amichetti che
hanno i suoi stessi interessi…
Vedrai che la sua vivacità poco alla volta troverà da
sola il canale giusto nel quale scorrere.

86 I figli “difficili” sono i figli migliori


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I FIGLI E LA SCUOLA

La distrazione dei bambini insegna


agli adulti cosa vuol dire imparare
«Le maestre mi dicono che mia figlia Lucia, che ha
8 anni, è distratta durante le lezioni. In classe
spesso si addormenta, guarda fuori dalla finestra,
gioca con le matite, disegna mentre è in corso una
spiegazione… Eppure il suo rendimento è buono,
si trova bene con i compagni, non disturba nessu-
no. Ma allora, perché le insegnanti mi hanno se-
gnalato questo suo comportamento? Forse perché,
se fosse più attenta, potrebbe rendere di più?».

Alice67

D a quello che racconti, tua figlia sembra una


bambina libera e spontanea, capace di “assen-
tarsi” dalla realtà ma, nel contempo, di ricavare dal
presente tutto quello che le serve: un buon rapporto
con maestre e compagni, un buon rendimento scola-
stico, ma anche la curiosità per quello che trova nel
mondo intorno a lei, fuori dalla finestra, al di là delle
mura scolastiche.
Tua figlia, in realtà, non è distratta, ma è semplice-
mente immersa nel presente. In realtà, Lucia è atten-
ta non solo a quello che sta accadendo in classe, ma
coglie stimoli in modo più ampio, come se il suo cer-
vello si dilatasse. Devi essere contenta, e non preoc-
cupata, di quello che ti hanno comunicato le inse-
gnanti: Lucia è una bambina che è ancora capace di
stupirsi e conosce il significato della leggerezza, del-

I figli “difficili” sono i figli migliori 87


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I FIGLI E LA SCUOLA

la creatività, e forse di questo le maestre non si sono


rese conto. Gli insegnanti dovrebbero sapere che
l’incanto e la distrazione sono una delle basi fonda-
mentali dell’apprendimento: del resto, oggi è la neu-
rologia a confermare che se il livello d’attenzione
fosse continuo, il cervello si esaurirebbe in poco tem-
po e non potrebbe più elaborare nessun dato.

* La Lettera scritta agli insegnanti italiani da J. Hillman fa parte


di una iniziativa del Convegno mondiale sull’istruzione, orga-
nizzato a Milano dalla Fondazione Liberal nel maggio 2003.

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I FIGLI E LA SCUOLA

IN PILLOLE

I DISTURBI PSICOSOMATICI
DEI BAMBINI HANNO SPESSO
ORIGINE DA UN CATTIVO
RAPPORTO CON LA SCUOLA,
FONTE DI STRESS E DI CONTINUA
COMPETIZIONE

NON È GIUSTO CARICARE I RAGAZZI


CON TROPPI COMPITI DELLE VACANZE:
DURANTE L’ESTATE IL CERVELLO HA BISOGNO
DI RIGENERARSI

UNA SCUOLA BASATA


SUI VOTI E SUI GIUDIZI
STANDARD NON AIUTA
A FAR GERMOGLIARE
IL TALENTO DEI BAMBINI

UN BAMBINO NON SI VALUTA


DALLA CAPACITÀ DI RIPETERE LE TABELLINE
O DI IMPARARE A MEMORIA UNA POESIA

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I FIGLI E LA SCUOLA

IN PILLOLE

IL MODO D’INSEGNARE
DOVREBBE ESSERE DIFFERENZIATO
PERCHÉ DIFFERENTI SONO
LE INTELLIGENZE DEI BAMBINI

I BAMBINI SONO IPERATTIVI


PERCHÉ NON SOPPORTANO
LE COSTRIZIONI
SCOLASTICHE

I BAMBINI VIVACI E DISATTENTI NON


SI CURANO CON GLI PSICOFARMACI

ANCHE LO STUPORE E LA
DISTRAZIONE SONO STRUMENTI
PREZIOSI PER IMPARARE

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Le parole da non dire


PICCOLO DIZIONARIO DELLE FRASI A RISCHIO

Nel nostro vocabolario di genitori ricorrono frasi o


parole che dovremmo evitare di dire ai nostri figli
perché possono avere degli effetti estremamente ne-
gativi, costringendoli a deviare dal loro modo di es-
sere, dai loro bisogni e desideri personali.
Ecco una piccola selezione delle espressioni più fre-
quenti e più dannose.

amo
crifici che abbi
«Con tutti i sa
fatto per te!»
»
e fossimo amici…
«Vorrei tanto ch
rivincita:
«Tu sei la mia n
quello che io no
devi fare tutto fare»
sono riuscito a
ia
o il figlio/la figl
«Non sei propri o…»
che mi aspettav
a madre
«Sei uguale a tu
(a tuo padr »
e)

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LE PAROLE DA NON DIRE

C i sono poi
delle vere e
proprie minacce «Io ti ho
fatto,
che, anche se so- io ti disfo!»
no pronunciate in
modo ironico, ri- «Preferire
i che
sultano estrema- non fossi n
ato/a»
mente condizio-
nanti sulla psiche
dei giovanissimi.
Del tipo:

M olte altre espressioni racchiudono invece un ri-


catto camuffato. Sono frasi pericolose perché
pongono il bambino in una situazione di “finta” pos-
sibilità di scelta: è molto meglio un “no” tassativo
che possa essere interpretato nel giusto modo, ossia
come divieto e disaccordo chiaro.

testa tua,
«Sei vuoi fai pure di
sono d’accordo»
ma sappi che io non
mentarti
«Poi non venire a la
da me…»

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LE PAROLE DA NON DIRE

C i sono poi le parole dell’ansia e del sospetto,


quelle continue e inutili raccomandazioni che
con il tempo scatenano una perdita d’autonomia e
spingono i giovani a mentire:

«Non tornare a
casa troppo tard
lo sai che mi pr i,
eoccupo…»
«Hai mangiato
abbastanza? Ha
cappotto pesant i messo il
e? I tuoi amici
ragazzi a posto? sono
...»
«Lo so, c’è qual
cosa che non m
i dici»

A ltre frasi nascondono addirittura una forma


subdola di competizione fra genitori e figli:

me le sono
«Io le mie cose .
sudore e fatica
conquistate con »
esci, tocca a te
Adesso, se ci ri
sere? Ricorda
«Chi credi di es padre»
e tua madre/tuo
che sono sempr

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LE PAROLE DA NON DIRE

C i sono anche delle espressioni verbali decisa-


mente umilianti che tolgono al bambino la giusta
autostima, facendolo sentire incapace, inadeguato e
sempre più dipendente dall’autorità genitoriale. Oltre
a riempire la comunicazione di astio e insofferenza.

capire»
i ancora troppo piccolo per
«Se
o che non
«Te l’avevo dett
to…»
ci saresti riusci
che dici»
«Non sai quello
puoi fare di più»
«Ricordati che

E infine, c’è la fatidi-


ca frase che pone i
figli davanti a un im-
«Vuoi più bene
alla mamma
barazzante obbligo di
o al papà?»
schierarsi:

La regola da seguire in questo caso è una sola: evi-


tiamo di imporre ai nostri figli scelte inutili che po-
trebbero solo metterli in crisi, senza peraltro fornire
ai genitori informazioni utili per conoscerli meglio.

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I figli “difficili” sono i figli migliori

Allegato a Riza psicosomatica - Ottobre 2006 n° 308


Direttore responsabile: Raffaele Morelli
Rivista mensile - Autorizzazione del Tribunale di Milano
n° 190 del 19 aprile 1980
ISSN 0394-9982

Finito di stampare nel mese di settembre 2006


per conto delle Edizioni Riza S.p.a.
da Rotolito Lombarda
20063 Cernusco s/N (Mi)

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