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Dobbiamo diventare i genitori ideali di noi stessi per chiudere il cerchio della

consapevolezza

�Che cosa farai da grande?�, chiede l'adulto al bambino; e, il pi� delle volte, si
attende di ricevere risposte come: l'astronauta; il calciatore; l'attrice o
l'attore di successo, magari il chirurgo o lo scienziato�

Il bambino, che possiede le antenne, capta il pensiero dell'adulto e risponde


esattamente a quel modo, pensando di esprimere la propria volont�. Del resto, tutta
la societ� lo spinge in quella direzione, a cominciare dai mass-media, che parlano
sempre di astronauti, calciatori, attrici bellissime e attori famosi, chirurghi e
scienziati�
Sono tutte attivit� o professioni che conferiscono notoriet�, denaro e un alto
livello di gratificazione sociale; che fanno balenare immagini invitanti di
automobili di lusso, ville sfarzose e confortevoli, vacanze esotiche, e - magari -
anche qualche prima pagina sulle riviste di gossip, stuoli di giornalisti adoranti,
e schermi cinematografici o televisori che trasmettono la propria immagine davanti
a milioni e milione di persone, mute per l'ammirazione e l'invidia�

Le mamme e i pap� sono i primi a suggerire al proprio figlio, gi� con il loro
comportamento e con l'esempio quotidiano, che, nella vita, l'importante � farsi
furbi e aprirsi la strada del successo in ogni modo; che, terminati gli studi
superiori, bisogna iscriversi a qualche facolt� prestigiosa, che dia accesso a
professioni ben remunerate; oppure brigare per fare qualche provino pubblicitario o
televisivo, per entrare nelle grazie di qualche regista, di qualche produttore, di
qualche direttore di giornale.
Ebbene, tutto questo significa preparare l'infelicit� dei propri figli e
indirizzare i giovani su una strada completamente sbagliata: una strada che
potrebbe, s�, portarli ad una invidiabile posizione sociale e, forse, addirittura
al successo; ma che, quasi certamente, non li render� felici, realizzati e in pace
con se stessi; ma che far� aumentare il numero dei nevrotici, dei frustrati, degli
infelici, che sfogano sugli altri o su se stessi tutta la propria sorda
disperazione.

L'unica cosa che gli adulti dovrebbero suggerire ai bambini e ai ragazzi, quanto
alle loro future scelte di vita, �, semplicemente, di fare un po' di silenzio entro
se stessi e di ascoltare la propria voce interiore, la voce della chiamata. Tutti
siamo stati chiamati per una ragione, in questa vita: nessuno di noi � qui per
caso. E questa ragione non pu� essere solamente quella di guadagnare tanti soldi,
di soddisfare il narcisismo del proprio ego e di inseguire il miraggio di un
benessere puramente quantitativo; tanto meno pu� essere quella che - scriveva
brutalmente Leonardo da Vinci, sfogandosi nei suoi appunti privati - consiste nel
lasciare al mondo, dopo il proprio soggiorno terreno, semplicemente in certo numero
di �cessi pieni�.

Lo scopo del nostro esserci non pu� consistere che nel lavorare su noi stessi per
comprendere, appunto, quale sia tale scopo: ovvero quale sia la nostra vocazione,
la nostra chiamata. Ciascuno di noi ha la propria: e solo seguendola, riusciremo a
trovare la pace del cuore, sia pure - eventualmente - in mezzo alle difficolt�
materiali. Tradendola, non troveremo altro che amarezza e infelicit�: anche se
potremo sfoggiare un superbo tenore di vita e anche se tutti gli altri, che non
sanno, guarderanno a noi con invidia e ammirazione, come a degli esempi di successo
realizzato.
Ma noi, in fondo all'anima, sapremo di essere dei falliti: perch� non avremo dato
spazio alla nostra parte pi� autentica; che non �, n� pu� essere, quella che si
lascia suggestionare da aspirazioni artificiali, indotte dal martellamento
consumistico; ma quella che realizza il nostro vero io.

In un certo senso, si tratta di farci carico di noi stessi, imparando a volerci


bene come un bravo genitore ne vuole al proprio figlio; si tratta di puntare a
divenire, idealmente, i genitori di noi stessi, il genitore ideale che avremmo
sempre desiderato, ma che, forse, non a tutti � stata data la fortuna di avere.
Il concetto � stato bene espresso dal filosofo americano Robert Nozick, gi� docente
all'Universit� di Harvard (nato a New York il 16 novembre 1938 e morto a Cambridge,
nello Stato del Massachusetts, il 23 gennaio 2002), a conclusione del suo libro �La
vita pensata� (titolo originale: �The Examined Life�, 1989; traduzione italiana di
Giulia Boringhieri, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1990, p. 333):

�Quando avevo quindici o sedici anni giravo per le strade di Brooklyn con in mano,
copertina bene in vista, una edizione economica della "Repubblica" di Platone. Ne
avevo letto solo un po', e capito ancora meno, ma ero eccitato da quel libro e
sapevo che doveva essere qualcosa di meraviglioso. Quanto avrei voluto che un
adulto si accorgesse di me e ne fosse impressionato, che mi battesse sulla spalla e
dicesse� non sapevo esattamente che cosa.
Talvolta mi chiedo, non senza un certo disagio, cosa penserebbe quel giovane di
quindici o sedici anni di ci� che � diventato. Vorrei credere che di questo libro
sarebbe compiaciuto.
A questo punto mi chiedo se 'adulto di cui egli allora cercava il riconoscimento e
l'affetto non potrebbe essere, in fin dei conti, la persona che egli stesso sarebbe
poi diventato. Se raggiungiamo l'et� adulta diventando i genitori dei nostri
genitori, e la maturit� trovando un sostituto adeguato del loro amore, allora,
diventando i genitori ideali di noi stessi, il cerchio si chiude e raggiungiamo la
completezza.�

Bella questa domanda: il bambino che eravamo tanti anni fa, sarebbe contento di
vedere, ora, quello che noi siamo effettivamente diventati?
Perch� - questo � certo - con QUEL bambino non saremmo in grado di barare al gioco:
non potremmo fargli credere di essere felici, di essere realizzati; e non lo
potremmo ingannare gettandogli negli occhi il fumo del nostro successo esteriore.
No, quel bambino capirebbe al primo sguardo come stanno veramente le cose: lo
vedrebbe nei nostri occhi, infallibilmente; perch� i bambini riconoscono al volo
gli occhi di una persona viva (anche se, magari, molto anziana) e quelli di una
persona interiormente morta o semiviva (che potrebbe anche essere relativamente
giovane).
Dunque: per non deludere quel bambino o quel ragazzino che eravamo noi un tempo,
pieno di sogni e di incanto del mondo, bisogna che noi gli mostriamo di aver
conservato intatti i nostri sogni, che poi sono i suoi, e di aver conservato
l'incanto, lo stupore e la freschezza davanti allo spettacolo del mondo, della
vita.

Ma, perch� questo sia possibile, � necessario che noi rimaniamo fedeli alla voce
della chiamata; e possiamo farlo solo se ci abituiamo ad aver cura di noi stessi,
proprio come farebbe un bravo genitore. Un bravo genitore ascolta la voce del suo
bambino e tiene conto dei suoi desideri; e cos� dobbiamo essere capaci di fare noi
con noi stessi, con quel bambino pieno di sogni e di incanto del mondo, che �
dentro di noi.
Cos� come il bravo genitore non darebbe al proprio figlio se non le cose migliori -
le migliori in senso spirituale, si capisce, non certo soddisfacendo ogni suo
capriccio di tipo materiale -, cos� noi dobbiamo imparare a fare per noi stessi:
trattandoci bene e non concedendoci se non le cose migliori, tali da soddisfare la
nostra realizzazione come persone. Le cose migliori sono la verit�, la bont� e la
bellezza dell'anima. Pertanto, dovremo affidarci a tutte le strade che potranno
avvicinarci al possesso di queste grandi sorgenti spirituali; e tenerci ben lontani
dalle strade che - ingannandoci con false immagini di bene - ci potrebbero
allontanare da esse.
Dovremo, inoltre, cercare la compagnia di quanti ci sembrano avviati nella stessa
direzione, e cercare la guida di coloro i quali ci appaiano gi� in possesso, almeno
in parte, di tali preziosissimi beni; ed evitare, nel modo pi� assoluto, di
stringere relazione con coloro i quali percorrono strade diverse, ispirate dallo
spirito di menzogna, di malignit� e deformit� morale.

Perch�, esattamente come faremmo se dovessimo scalare una difficile montagna, o


attraversare una regione sconosciuta, � importante che ci mettiamo nelle mani di
una buona guida e che ci scegliamo dei compagni di viaggio che condividano il
nostro ardente desiderio di giungere alla meta, o, almeno, di non allontanarcene
troppo.
Nessuno, il quale abbia deciso di accompagnarsi per un tratto di strada con un
ladro, dovrebbe meravigliarsi se poi, a un certo punto, si rendesse conto di essere
stato derubato; e, se si mettesse a gridare al ladro, farebbe una figura ridicola.
Udendolo, infatti, i suoi concittadini potrebbero domandargli: �Ma come, ti sei
accompagnato ad un ladro, e adesso ti lamenti d'essere stato derubato? Vattene per
la tua strada, brav'uomo, e non ci seccare con le tue querimonie�. E lui non
avrebbe niente da rispondere; potrebbe solo arrossire dalla vergogna e allontanarsi
in fretta, per nascondere a tutti la sua disavventura.

La vita � bella, ma non fa sconti a nessuno: il senso che noi le vogliamo dare,
dipende da quale prezzo siamo disposti a pagare per rimanere fedeli alla nostra
chiamata, nella Babele delle parole confusionarie e tentatrici che ci risuonano
incessantemente negli orecchi. Tutti gridano, magnificando la propria mercanzia: ma
si tratta di miseri ciarlatani, perch� chi ha qualcosa di veramente prezioso da
offrire, non si mette a gridare sulle piazze: se ne sta zitto in disparte, e
aspetta che siano gli altri a venirlo a cercare.

Questa fedelt� alla propria chiamata, impone un prezzo che pu� essere anche salato;
solo con il sacrificio, la solitudine e il dolore, si imparano le cose importanti:
quelle che ci aiutano a rimanere fedeli alla nostra parte pi� vera e pi� profonda,
che se ne ride del benessere puramente materiale e che � assetata di assoluto e di
eterno.
Noi dobbiamo realizzarci anzitutto come persone, esseri spirituali che tendono a
trascendersi, per puntare a qualche cosa che sta oltre di loro: il ritorno
all'Essere, il ritorno alla loro sorgente originaria, che ha tratto ogni cosa fuori
dall'oscurit� radicale del non essere. Siamo tutti persone, ma solo in potenza; di
fatto, per diventarlo realmente, � necessario che lavoriamo assiduamente su noi
stessi, eliminando le scorie e puntando virilmente all'essenziale.

Oggi, si vive circondati dal superfluo: e molti genitori, molti adulti, sono i
primi a dare ai bambini il cattivo esempio dello smanioso inseguimento del
superfluo e dell'effimero. Quanti di loro, nella propria vita, sanno puntare senza
tanti giri inutili verso l'essenziale, dando cos� il buon esempio ai piccoli?

Puntare all'essenziale, vuol dire anche prepararsi degnamente alla morte. Perch�
essere pronti a morire, significa essersi sbarazzati di tutta l'inutile zavorra che
ci portiamo dietro: l'ambizione, la smania di prestigio e di successo, la vanit�,
la gelosia, l'invidia, l'avidit�, l'attaccamento alle cose, la furberia da quattro
soldi; in modo da essere agili e leggeri, pronti a spiccare il grande volo verso
l'infinito.
Quando noi saremo pronti a fare questo, saremo preparati alla morte - non importa
se essa sia vicina, oppure lontana - e potremo guadare alla vita senza paura, senza
pi� odio n� timore, senza alcun sentimento negativo che trasformi in sofferenza la
pura gioia di esistere, di essere presenti e ben desti alla vita.

In tal modo, saremo anche riusciti a chiudere il cerchio della consapevolezza. Cos�
come i nostri genitori e coloro che ci hanno amati, si sono presi cura di noi,
quando eravamo piccoli, allo stesso modo, ora che siamo diventati adulti, noi
stessi avremo imparato a prenderci cura della parte pi� vera e profonda della
nostra anima: quella che riflette il bambino che noi siamo stati, con tutti i suoi
sogni e con tutto l'incanto del mondo.
E, del resto, chi mai potrebbe essere un miglior educatore della nostra anima, di
noi stessi che possiamo prendercene cura per ventiquattro ore al giorno, in tutti i
giorni della nostra vita? Chi meglio di noi potrebbe conoscerci, avendo ascoltato
la voce della nostra chiamata, proveniente dalle profondit� dell'Essere? Del resto,
chi ascolta la voce della chiamata non � mai solo, abbandonato alle sue limitate
forze individuali; perch� quella voce che giunge a noi, � la voce medesima
dell'Essere.

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