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I libri di DeePak ChoPra

GuRRrRsr DA DENTRo
La vtre sENZA coNDIZIoNI
BBNsssr'RE TcnALE
CORPO SENZA ETA, MENTE SENZA TEMPO
I- nIroRNo DEL GRANDE SAGGIo
L axrtce SAGGEZZA DELL'ANIMA
La, nre vIA AL BENESSERE
Ir- ceurumo DELLA MAGIA (Volume 1)
ll- cevutNo vERSo L'AMoRE
Le scBlra DEL MAGo (Volume 2)
DoruaIRs sBNn
II- PBso IDEALE
LB sr,rrB LEccI SPIRITUALI DEL BUON GENITORE
L',wvr,NruRA DI uN' AMMA
Lr, (con David Simon)
BnsE, DELLA sALUTE
MnNre cIovANE, coRPo INTELLIGENTe (con David Simon)
Lo spmro DEL GoLF APPLICATo ALLA vITA
Ls cotNctoBNzB
L.c ttN4eNsroNE INTERIoRE
La PncE È le vn
Il ruoco NEL cuoRE
LR stRePe osl Kalle Surne
IL eoteRE, Ln LBSRTÀ E LA GRAZIA
Buppse
LB serrp LEccI SPIRITUALI DELLo YoGA
Lr, snrre LEGCI SPIRITUALI DEL succEsso
DEEPAK CHOPRA
MARIANNE WILLIAMSON
DEBBIE FORD

THE, SI{ADO\il
r,F'r'r,cT

Sperling & Ifupfer


'liaduzione di Sergio Orrao
The Shadow Effect
{ ìrpyright O 2010 by Deepak Chopra and Rita Chopra Family Tiust,
Debbie Ford, and Marianne Williamson.
All rights reserved.
Published by arrangement with HarperOne,
an imprint of HarperCollins Publishers
o 2010 Sperling & Kupfer Editori S.p.A.

rsBN 978 -8_8 -200-4953-9

[-c fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del l5olo
di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro Pagamento alla SIAI del compenso
prcvisto dall'art.68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile l94i n.633' Le riproduzioni ef-
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lntrsduzíowe

Ir conflitto tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere è il


nucleo delle nostre difficoltà esistenziali. In effetti, questo
dualismo è I'essenza stessa dell'esperienza umana. Vita e
morte, bene e male, speran-
za e rassegnazione coesisto- II conflítto tra cíò che síarnCI
no in ogni singolo individuo e ciò che vorremmo essere
ed esercitano la loro forza su è íl nucleo delle nastre
qualsiasi aspetto della nostra difficoltit esístenzíalí"
esistenza: se conosciamo il
coraggio, è perché abbiamo sperimentato la paura; se rico-
nosciamo I'onestà, è perché ci siamo già imbattuti nell'in-
ganno. Eppure, nella stragrande maggioÍanza dei casi ne-
ghiamo o ignoriamo la nostra natura dualistica.
Se nella quotidianità ci basiamo sul presupposto di esse-
re fatti in un modo o nell'altro, entro una Samma limitata
di qualità umane, prima o poi dovremo chiederci perché,
in linea di massima, non siamo pienamente soddisfatti del-
la nostra esistenza. Com'è possibile che, pur potendo attin-
gere a così tanta saggezza, non riusciamo a trovarela forza

YII
c il coraggio per mettere in pratica le nostre migliori inten-
ziorri, concrctizzandole attraverso scelte importanti? E so-
prattutto, perché continuiamo ad agire in modo da con-
traclclirc il nostro sistema di valori e tutto ciò che sostenia-
nro? ln questo percorso da noi tracciato vedremo che la re-
sponsabilità va attribuita al fatto che non abbiamo il pieno
controllo sulla nostra vita, perché dentro di noi c'è un Sé
oscuro, un Sé ombra in cui giacciono, assopite' le nostre
protenti energie. È proprio in tale contesto' quello che po-
trebbe sembrarci il meno probabile, che troveremo la chia-
ve per sbloccare laforza,la felicità e la capacità direalizzate
i nostri sogni.
Siamo stati condizionati a temere il lato oscuro dell'esi-
stenza e di noi stessi. Quando ci sorprendiamo a formulare
un pensiero negativo, o a comportarci in un modo che rite-
niamo inaccettabile, facciamo come le marmotte: ce ne tor-
niamo di corsa nella nostra tana e vi restiamo, sperando e
pregando che quell'ombra se ne vada in modo che possia-
mo a\ryenturarci di nuovo allo scoperto. Perché ci compor-
tiamo così? Perché temiamo che, malgrado i nostri sforzi,
non riusciremo mai a sfuggire a certi aspetti della nostra
natura. Lareazione più comune è quindi quella di ignorare
o reprimere il nostro lato oscuro' ma in pratica (ed è su
questo che dovremmo riflettere) tale atteggiamento non fa
che intensificare il potere dell'ombra. Negarla provoca in-
fatti piùr dolore, sofferenza, rimpianto e rassegnazione. Se
non riusciamo ad assumercene la responsabilità, e a far
sgorgare la saggezzanascosta sotto la superficie della nostra
mente conscia, sarà I'ombra a farlo, cosicché non saremo
noi a controllare lei, ma lei a dominare noi, innescando ciò

VItI
che potremmo chiamare The Shadow Effect,l'Effetto Om-
bra. Il lato oscuro di noi stessi comincerà allora a fare scelte
al posto nostro, privandoci del potere decisionale nelle si-
tuazioni più disparate: dal cibo che consumiamo alla quan-
tità di denaro che spendiamo, fino alle dipendenze a cui
soccombiamo. La nostra ombra ci farà compiere azioni di
cui non avremmo mai immaginato di essere capaci, e ci in-
durrà a sprecare la nostra energia vitale in cattive abitudini
e comportamenti ossessivi. Soltanto abbracciando la nostra
dualità riusciremo a evitare tutto ciò senza finire in grossi
guai. Se non sapremo riconoscere tutto quello che siamo,
I'Effetto Ombra riuscirà invece, immancabilmente, ad ac-
cecarci.
Le manifestazioni dell'Effetto Ombra sono ovunque. Le
prove del suo enorme potere di penetrazione possono esse-
re colte in ogni aspetto della nostra vita. Possiamo leggerne
su Internet o sentirle al telegiornale, e possiamo ricono-
scerle persino nei nostri amici, nei famigliari o negli scono-
sciuti che incontriamo per strada. Ma I'aspetto forse più in-
teressante è che possiamo individuare il potere dell'ombra
nei nostri stessi pensieri, osservarlo nel nostro comporta-
mento e percepirlo nelle interaziorti con gli altri.
Tuttavia, alla sola idea di fare un po'di luce in tutta quel-
I'oscurità il nostro animo prova sgomento: forse saremo
travolti dalla vergogna o, ancora peggio, finiremo con il ve-
dere materializzatii nostri peggiori incubi. Siamo terroriz-
zati datutto ciò che potremmo trovare, se solo ci guardassi-
mo dentro; ragione per cui preferiamo infilare la testa nella
sabbia, evitando accuratamente di porci a faccia a faccia
con il nostro lato ombra.

IX
Questo libro rivela però una nuova verità, esaminata
sotto tre diversi punti di vista rivoluzionari, e cioè che
cluando affrontiamo il lato ombra sperimentiamo l',esatto
opposto di ciò che temevamo. Invece della vergogna' ci ri-
trwiamo con il cuore pieno di compassione' Anziché preci-
p i tare nell' imb ara zzo, acquis\amo coraggio'
Non sbattiamo
la faccia contro i nostri limiti, anzi, sperimentiamo una
grande libertà. Finché lo teniamo sigillato, il nostro lato
ómbra è un vaso di Pandora colmo di segreti che temiamo
possano distruggere qualsiasi cosa amiamo, tutto ciò che ci
sta veramente a cuore. Ma quando lo apriamo, scopriamo
che il suo contenuto ha il potere di trasformare radical-
mente e positivamentela nostra vita. A quel punto ci sba-
razziamo della convinzione infondata che quell'oscurità
prenderà il soprawento, e riusciamo a percepire il mondo
sotto una nuova luce. La compassione che scopriremo den-
tro di noi c'infonderà fiducia e coraggio, inducendoci ad
aprire il cuore alle Persone
Abbracciare l,ombra ci renderù che ci circondano. Scoprire-
infugrt, realí, ci restituira mo di avere I'energia neces-
íl nostro potere, ci consentir,à saria per contrastare la pau-
di dare libero sfogo ollo ra che ci ha sempre frenato,
nostrq passione e dí realizzare e vi attingeremo per diri-
i nostrt sogni. gerci con passo baldanzoso
verso la teahzzazione del
nostro massimo potenziale. Lungi dall'essere terrificante,
abbracciare I'ombra ci renderà integri, reali, ci restituirà il
nostro potere, ci consentirà di dare libero sfogo alla nostra
passione e direalizzare i nostri sogni'
Questo libro è scaturito dal desiderio di fare
piena luce

X
sui doni dell'ombra e sul loro straordinario potere di tra-
sformazione. Nelle pagine seguenti ognuno degli autori af-
fronterà I'argomento sulla base della propria peculiare pro-
spettiva di insegnante, con l'obiettivo di fornire ai lettori
una comprensione esauriente e sfaccettata delle modalità
secondo cui I'ombra di ciascuno di noi si è costruita e ha
iniziato a intervenire nella nostra vita, e soprattutto di spie-
gare come possiamo scoprire i doni della nostra vera natu-
ra. Siamo certi che, dopo avere letto questo volume, la vo-
stra percezione dell'ombra non sarà piìr la stessa!
Nella prima parte Deepak Chopra ci offre una visione
globale della nostra natura dualistica, e fornisce le istruzio-
ni per ripristinare la propria integrità. Pioniere degli studi
sul rapporto tra corpo e mente' con i suoi insegnamenti
Chopra ha già trasformato I'esistenza di milioni di persone'
Il suo approccio olistico all'ombra come fonte di divisione
è insieme basilare e illuminante.
Nella seconda parte,la mia, attingo ai miei quindici anni
di insegnamento e di pratica dello Shadow Process in giro
per il mondo, allo scopo di esaminare in maniera approfon-
dita e insieme comprensibile il processo di nascita dell'om-
bra, il suo ruolo nella nostra quotidianità e il modo in cui
possiamo recuperare il potere e la brillantezza della nostra
vera natura.
Nella terza e ultima parte Marianne Williamson ci tocca
il cuore e la mente con un'esplorazione estremamente sti-
molante delle connessioni tra ombra e anima. Acclamata
guida spirituale di livello internazionale, Marianne ci pren-
de per mano, guidandoci in quel percorso accidentato che è
la battaglia tra amore e Paura.

ÀI
testo anni di
Ciascuno di noi ha riversato nel proprio
di poter fare
esperienza, con la profonda e sincera speranza
se non ci oppor-
luce sull'ombra una volta per tutte. Infatti,
a far entrare la
remo alla forza dell'omb'u t "ot riusciremo
slJa saggezza nelle nostre vite'
I'ombra manterrà intatto il
,rro pll.triale distruttivo tanto nella nostra esistenza
capaci di ricono-
q,ru.t,o nel mondo intero' Se non saremo
*...Iu nostra vulnerabilità e i nostri comportamenti nega-
proprio
tivi, finiremo inevitabilmente con I'autosabotarci
importante con-
mentre ci accingiamo a compiere qualche
E in tal caso sarà
quista a livello fersonale o professionale'
a trionfare
liombra a vincere! Così com'è proprio I'ombra
una rab-
quando, nel rivolgerci ai nostri figli' manifestiamo
le persone
úiu ,propo, zionata,oppure quando inganniamo
vera
.h. urniu-o, quando rifiutiamo di accettare la nostra
dei nostri im-
natura, quando non illuminiamo I'oscurità
del nostro Sé superiore' Finché non
frrfri o-u"i con la luce
accetteremo pienamente tutto ciò che
siamo' I'Effetto Om-
la nostra felicità'
bra manterrà la sua capacità di ostacolare
Finché continuerà u .ì"" misconosciuta'
l'ombra bloc-
e c'impedirà di
cherà qualsiasi progresso verso I'integrità
formulati'
realizzirei nostri piogetti, persino quelli meglio
Non c'è
costringendoci a vive"re unlesistenza incompiuta'
mai stato un momento migliore per creare
un nuovo lessi-
che finora so-
co e per giungere finalmente a capire aspetti
sia da
no risultati estremamente difficili sia da cogliere,
spiegare.
^ in questo
Iilarroro sull'ombra, così come viene descritto
sfida intel-
libro, è più di un Percorso psicologico o di una
problemi anco-
lettuale. Fornisce delle norme per risolvere

xlt
va ben oltre
ra aperti. È un cammino di trasformazione che
quisiasi teoria psicologica, perché considera il lato oscuro
ognu-
un'incombenza umana, una questione spirituale che
no di noi deve risolvere in questa vita, se dawero intende
esprimerne il pieno potenziale' In tal modo giungeremo
fi-
meglio o peg-
nalmente a capire perché non siamo affatto
gio di chiunque aliro, indipendentemente dalla razza' dal
pa-
tuckg.oond culturale, dall'orientamento sessuale' dal
trimanio genetico o dal nostro passato' Nessuno al mondo
è senza ombra, eppure basta comprenderne e
affrontarne
scatu-
con serietà le problematiche perché da questa possa
rire una nuova percezione di noi stessi, di come cresciamo i
nostri figli, trattiamo il nostro partner, interagiamo con
i
membri della nostra comunità e con le altre nazioni'
Sono convinta che I'ombra sia uno dei piùr grandi
doni a
nostra disposizione. Carl Gustav |ung la definiva il nostro
sparring pirtner,l'awersario che mette a nudo i
nostri di-
fltti e affina le nostre qualità' È I'insegnante' il trainer' la
guida che ci aiuta a svelare la nostra profonda magnifìcen-
ía.;gombranon dev'essere affatto considerata un problema
un
da risolvere, né un nemico da vincere' ma piuttosto
campo fertile che dobbiamo imparare a coltivare' Quando
affondiamo le nostre mani nel suo ricco suolo' scopriamo
gli straordinari semi delle persone che vorremmo diventare'
Ci auguriamo con tutto il cuore che vorrete intrapren-
ha in
dere questo percorso' perché sappiamo quali tesori
serbo per voi!

Dlsstp Fonn

\';lI
PARTE PRIMA

L'sr#bra
di Dlrpar Cuopne
QuaNpo si accenna all'ombra, al lato oscuro della natura
umana, nessuno osa negarne l'esistenza, dato che nessuno
al mondo vive senza conoscere la rabbia e la paura. Le noti-
zie del telegiornale mettono a nudo il peggio della natura
umana, un giorno dopo I'altro, senza interruzione. E se sia-
mo onesti con noi stessi, dobbiamo ammettere che gli im-
pulsi più oscuri scoÍrazzano nella nostra mente a loro pia-
cimento, e che il prezzo che paghiamo Per essere una <bra-
va persono - qualcosa a cui aspiriamo tutti - consiste nel
mantenere sotto chiave il <cattivo> che potrebbe mandare
all'aria tutto.
Possedere un lato ombra sembra dunque richiedere un
qualche tipo di intervento, forse una terapia o una pillola, o
magari una capatina al confessionale o una sorta di crisi
personale, una notte dell'anima. Fatto sta che non apPena
ci accorgiamo di avere la nostra bella ombra, desideriamo
immediatamente sbarazzaîcene. Ci sono molti aspetti della
vita in cui una determinazione fattiva ed energica,la ferma
volontà di sistemare le cose, possono dawero funzionare'
Ma, sfortunatamente, quando si tratta dell'ombra atteggia-
menti del genere non portano a nulla. E il motivo per cui,
da migliaia di anni a questa parte (owero Per tutto il tem-
po in cui gli esseri umani hanno acquisito consapevolezza
del proprio lato oscuro), non si è mai trovata la giusta <cu-
ra) per l'ombra, resta al'rrolto nel mistero. Un mistero su
cui sarà molto meglio cercare di fare luce, prima ancora di
chiederci in che modo affrontarne le problematiche' Ecco
perché ho diviso questa prima parte del libro in tre sezioni'
che rispecchiano la tendenzanaturale del medico a formu-
lare una diagnosi, prescrivere una cura ed esporre onesta-
mente al paziente la Prognosi:

. La nebbia dell'illusione.
. La via d'uscita.
. lJna nuova realtà, un nuovo potere.

Comincerò quindi con la diagnosi, descrivendo in che


modo si è formata l'ombra. C'è chi ritiene che si tratti di
unaforzacosmica, una sorta di maledizione universale, ma
il mio punto di vista è diverso: secondo me I'ombra è una
creazione umana. Passerò poi alla cura, e cioè alle tecniche
che ci permettono di ridurre il potere che I'ombra esercita
clandestinamente sulla nostra vita quotidiana' Infine, con
la prognosi intendo svelare il futuro in cui I'ombra verrà
smantellata, non solo in alcuni individui ma in ognuno di
noi. fombra che tormenta questa nostra ePoca I'abbiamo
creata tutti insieme. Malgrado sia una realtà che ci spaven-
ta, e che non vogliamo affrontare a viso aperto, è proprio

.t
questa la chiave della trasformazione. Se non facessimo tut-
ti parte del problema, non potremmo nutrire nessuna spe-
ranza di rientrare nella soluzione.

La ne&Úis defÎ'iÍfwsîsr,e

Se davvero non riusciamo a individuare la nostra om-


bra, sarà meglio che cominciamo a cercarla! Lombra si na-
sconde, vergognosa, nei vicoli oscuri, nei passaggi segreti e
nei solai infestati dai fantasmi della nostra coscienza. Eppu-
re, avere un'ombra non significa affatto essere imperfetti,
bensì completi. È una verità dura da digerire! (Avete mai
provato a comunicare a qualcuno una pura e semplice ve-
rità circa il suo modo di essere? Vi sarete sentiti rispondere
seccamente: <Che fai, mi psicoanalizzi?> o qualcosa del ge-
nere. Siamo infatti abituati a credere che la dimensione del-
I'inconscio sia pericolosa quanto le profondità oceaniche:
buia e brulicante di mostri
invisibili.) Tutti noi convi- Avere un'smbra nan srgmffi*l
viamo con i relitti dei nostri affotto essere ír'nperfeft'i,
ideali sfumati, con quelle bensi compietf .

che una volta ci sembravano


soluzioni perfette. Ebbene, ognuna di quelle soluzioni trat-
teggia qualche aspetto dell'ombra.
Se pensiamo che la paura, la rabbia, I'ansia e la violenza
siano il risultato di una possessione demoniaca,la soluzio-
ne consisterà nel purificare la persona colpita. I demoni
possono essere scacciati con i rituali, la purificazione del
corpo, il digiuno e dure e faticose privazioni. Non si tratta

5
di persone vi
affatto di metodi da uomini primitivi: milioni
si attengono rigorosamente ancora oggi' È
impossibile pas-
sare daànti a un'edicola senza scorgere una
rivista patinata
purificazio-
che promette di rinnovarci attraverso qualche
volta per
,r", iu questa una dieta con cui sconfiggere una
tutte la nostra fame di cibo spazzatura oppure
il test defini-
le
tivo grazie a cui troveremo il partner adatto' evitando
p.rrJrr. che non fanno per noi' L attuale insistenza sulla li-
L.rurion. da tutto ciò che ci fa male è soltanto la versione
moderna delle antiche tecniche di esorcismo'
co-
Affine alla teoria della possessione è quella del male
questo corri-
smico che imperversa nel nostro mondo' Se
la soluzione
sponde alla vóstra interpretazione dell'ombra'
per voi sarà la religione' Professare una fede ar-
pìt, or.ulu
contro
monizzainfatti con il bene, continuamente in lotta
il male. Milioni di persone ritengono che tale conflitto sia
assolutamente reale, e lo percepiscono in
ogni aspetto della
dal
loro quotidianità, dalle ientazioni sessuali all'aborto'
All'o-
prog..dir. dell'ateismo al tramonto del patriottismo'
,igii. di ogni forma di sofferenza e malefatta umana ci sa-
,óU. qoindi il Diavolo in persona' Soltanto Dio (o gli dei)
e di redimerci dal
a't rebbe il potere di sconfiggere Satana
peccato. IVla in definitiva è difficile stabilire se
in questo
I'ombra o se in
modo la religione possa dawero sconfiggere
realtà rischia solo di rinforzatla,suscitando
forti sensi di
che ci aspet-
colpa, vergogna e paura per le torture infernali
terebbero nell'aldilà.
Giacchécivantiamodivivereinun'epocachenonèpiìr
interpreta-
dominata dalla superstizione, queste venerande
opzione
zioni del lato oscuro non costituiscono piìr I'unica

6
disponibile.Siamoliberidivolgerelespallealmalecosmi-
.o . urr,r*.rci la nostra responsabilità personale' È così che
il problema dell'ombra è stato interpretato secondo nuovi
termini, ed è stato infine inteso come una malattia' da far
quindi rientrare nelle competenze dell'igiene mentale' Tale
variazione sul tema della comprensione dell'ombra implica
tutta una serie di percorsi terapeutici' Chi ne soffre viene
inserito in un programma di riabilitazione' Ansiosi e de-
pressi dov.annl rivolgersi alle cure di uno psichiatra' Gli
iracondi piìr impenitenti si ritroveranno a frequentare corsi
di gestione della rabbia dopo avere fatto ore di coda sulla
tan"genziale, cosa che sicuramente non migliorerà
la loro
capacità di controllarsi!
Ma visto e considerato che le scuole di pensiero non
mancano, e che ciascuna promette una soluzione definitiva'
perché I'ombra continua a regnare indisturbata?
Potrà sembrare una fosca prospettiva' ma in realtà' nel-
l'affrontare concretamente I'ombra, il primo passo consiste
proprio nel riconoscerne il potere' La natura umana è ca-
iatieúzzata da un'autodistruttività innata' Quando Jung
postulò l'archetipo dell'Ombra, spiegò che essa produce la
nebbia dell'illusione che circonda il Sé' Avviluppati da
quellanebbia,cisottraiamoallanostrastessaoscurità'ein
tal modo concediamo all'ombra che ci domina di acquisire
ulteriore Potere. Come ben sappiamo, I'approccio archeti-
pico junghiano si traduce rapidamente in una disquisizione
intellettuale complicatissima. Peraltro, il potere ostinato
dell'ombra è tutt'altro che complesso'
Mentre scrivevo questo paragrafo mi sono concesso una
pausa e ho fatto un po'di zapping televisivo' imbattendomi
in un'intervista al celebre miliardario Warren Buffett circa
gli altie i bassi dei cicli economici.
<Lei ritiene che incapperemo in un ennesimo rialzo effi-
mero, a cui farà seguito una profonda recessione?o doman-
da il giornalista.
<Glielo posso assicurare!> risponde Buffett.
fintervistatore scuote il capo. <Ma perché non riuscia-
mo a trarre profitto dalle lezioni del passato? Lultima crisi
non ci ha insegnato niente? Sembriamo tutti in preda alla
piir sfrenata avidità. . . >
Sulle labbra di Buffett si disegna un sorrisetto indecifra-
bile. <Lavidità ci fa divertire, all'inizio' La gente non sa resi-
sterle. Per quanto noi esseri umani ci siamo evoluti, dal
punto di vista emotivo non siamo cresciuti per niente. Re-
stiamo sempre gli stessi.>
Succintamente, è proprio questo il nocciolo della fac-
cenda,la sintesi perfetta dell'ombra e delle sue problemati-
che. Awolti come siamo dalla nebbia dell'illusione, non ci
rendiamo conto di quanto siano deleteri i nostri peggiori
impulsi. Li troviamo irresistibili, persino divertenti. Ecco
perché rimaniamo tanto affascinati dalle storie imperniate
sulla vendetta: vedi il teatro
l-"ombro esercíta il suo potere shakespeariano o i cosiddet-
su di noí camuffando ti <spaghetti western>. Che
l'oscuritù perché sembrí luce. cosa c'è di meglio che scate-
nare tutta la nostra rabbia
accumulata,fare apezzíil nemico e poi lasciare la scena fie-
ri e trionfanti? Lombra esercita il suo potere su di noi ca-
muffando I'oscurità perché sembri luce.
Le tradizioni spirituali di tutto il pianeta hanno dedicato

I
buona parte delle proprie energie e delle proprie capacità di
analisi ai medesimi dilemmi fondamentali. Nella creazione
c'è un lato oscuro. La distruzione è un aspetto della natura.
La morte spezza la vita. La decadenzamina la vitalità. Il
male ha un suo fascino. Non c'è quindi da stupirsi se la
nebbia dell'illusione ci sembra una condizione più che ac-
cettabile. Se dovessimo affrontare di petto la realtà, il lato
oscuro manifesterebbe tutto il suo straripante potere.Ep-
pure c'è una forza in grado di opporvisi, e che ha sempre,
immancabilmente avuto la meglio nei suoi confronti. Sono
le rovine delle soluzioni fallimentari che ci impediscono di
scorgerla, mentre la nebbia dell'illusione ce ne allontana.
Non osiamo nemmeno immaginare, sintonizzati come sia-
mo sui disastri e sugli orrori delle trasmissioni televisive se-
rali, che gli esseri umani abbiano sempre goduto della ca-
pacità di ricavare pace, eleva4ione e libertà dall'oscurità.
Il segreto è racchiuso in una sola parola: coscienza. Ma
non appena la sentiamo nominare, quello che si dipinge sul
nostro viso è uno sguardo deluso e frustrato. La reputiamo
un argomento fuori moda, roba vecchia. Ne sentiamo par-
lare fin dagli albori del femminismo, e il termine ha accom-
pagnato un'infinita serie di altre forme di liberazione. Per
una miriade di movimenti spirituali,la promessa fonda-
mentale è proprio il passaggio a un livello di coscienza su-
periore. Potremmo persino essere tentati di buttare la co-
scienza su quel cumulo di spazzatura fatto di ideali andati
in malora, perché non possiamo ignorare che, a dispetto
dei piÌr sinceri tentativi di innalzare il livello complessivo di
coscienza,l'ombra continua ad affliggere il pianeta con tut-
ta la sua scia di guerre, crimini e violenza, e allo stesso tem-
po tormenta la vita dei singoli individui, colmandola di do-
lore e paura.
Siamo dunque a un crocevia: o la coscienza rientra nelle
risposte inesatte, oppure non è stata sperimentata nel mo-
do giusto. Propenderei decisamente per la seconda ipotesi.
La coscienza superiore è la risposta, anzi,la sola risposta a
lungo termine, al lato oscuro della natura umana. Non è
quindi tale risposta a essere chissà come sbagliata, ma il
modo in cui è stata messa in pratica. Per guarire I'anima ci
sono molte vie parallele, tante quante sono le terapie per il
cancro. Nessuno dispone però del tempo e dell'energia suf-
ficienti per sperimentarle tutte. Diventa quindi vitale sce-
gliere il percorso migliore per raggiungere la destinazione.
Pertanto è necessaria un'analisi piir approfondita dell'om-
bra. Infatti, se il nostro approccio all'oscurità sarà superfi-
ciale, non ne verremo mai a capo, perché I'ombra non è un
semplice al'versario da sconfiggere, come una malattia, un
demone o un male cosmico. È un aspetto della realtà e della
creazione talmente fondamentale che soltanto la sua com-
prensione assoluta potrà permetterci di affrontarlo con
successo.

La realtà dell'Uno

vogliamo sconfiggere I'ombra, il primo passo consi-


Se
ste proprio nel rinunciare a qualsiasi volontà di sconfig-
gerla. Anzi, tale proposito non deve neppure passarci per la
mente, visto che il lato oscuro della natura umana Prospe-
ra proprio grazie alla guerra, alla lotta e al conflitto. Non

10
appena cominciamo a parlare di vittoria, abbiamo già per-
so! Ci siamo lasciati trascinare nel dualismo tra bene e ma-
le, e quando ciò accade il dualismo non ha fine. Il bene
non ha nessun potere di sconfiggere definitivamente il suo
opposto. Capisco che accettarlo possa risultare difficile.
Nella nostra vita ci trovia-
mo immancabilmente a fa- Se vogliomo sconfiggere
re i conti con azioni passate l'ombro, il primo passo
di cui ci vergogniamo, e consiste proprto nel rinunciure
con impulsi con cui lottia- a qualsiasi volontit
mo ogni giorno. Tutt'intor- di sconfiggerl.a.
no a noi esplodono atti di
violenza inaudita. Guerre e crimini devastano intere so-
cietà. Sono molte le persone che pregano, disperate, affin-
ché qualche potere superiore ripristini la luce là dove re-
gna l'oscurità.
I realisti hanno da tempo rinunciato alla speranza di ve-
der prevalere gli aspetti positivi della natura umana. La vita
di Sigmund Freud, uno dei pensatori più realisti tra quelli
che si sono confrontati con la psiche, ebbe fine proprio
mentre la furia nazista imperversava sull'Europa. Freud
aveva concluso che la civiltà richiede costi tragici. Per po-
terli tenere a freno dobbiamo reprimere i nostri istinti più
selvaggi e atavici. Eppure, per quanto ci sforziamo, conti-
nuiamo a subire una sconfitta dopo I'altra. Il nostro piane-
ta è teatro di violenze di massa, mentre i singoli si lasciano
andare ad atti di violenza individuale. Tàle analisi implica
una sorta di dolorosa rassegnazione. Il <buono che c'è in
me) non ha nessuna possibilità di vivere una vita pacifica,
ordinata e piena d'amore, a meno che il <male che c'è in

ll
me) non venga scaraventato nell'oscurità e costretto alla
segregazione perpetua.
Ma come gli stessi realisti ammetteranno, anche la re-
pressione è negativa. Quando cerchiamo di soffocare emo-
zioni come la rabbia,la paura,l'insicurezza o la gelosia' oP-
pure quando reprimiamo la sessualità,I'ombra ne approfit-
ta per acquistare ulteriore energia, che poi piega ai suoi fini
in modo spietato e inesorabile. E quando I'ombra ci si ri-
volta contro, il caos regna sovrano.
La scorsa settimana ho ricevuto la telefonata di una
donna alla disperata ricerca di un rifugio sicuro' Suo mari-
to è un alcolizzato,e sono ormai diversi anni che la maltrat-
ta. Luomo alterna periodi di astinenza ad altri in cui ricade
nel vecchio vizio, ubriacandosi al punto da mettere a serio
repentaglio lavoro e famiglia, per poi ritrovarsi esausto e
colmo di vergogna. Di reccnte è sparito per una settimana,
per poi tornare traboccante di rimorso e pentimento. Sua
moglie, però, questa volta non ha accettato le sue scuse e gli
ha detto che intendeva farla finita. Per tutta risposta, lui ha
avuto un accesso di violenza e ha alzato le mani contro di
lei, cosa che non era mai successa prima. Così, oltre alla
frustrazione e al dolore,la donna ha dovuto anche preoccu-
parsi della propria incolumità.
L'unica soluzione a breve termine che sono riuscito a
prospettarle è stata quella di recarsi presso la solita serie di
luoghi in cui trovare accoglienza e gruppi di sostegno per
donne in difficoltà. Tuttavia, dopo avere riagganciato ho
continuato a sentir riecheggiare in me la sua disperazione,
e mi sono ritrovato a riflettere sulle sue prospettive a lungo
termine. Le ricadute di chi sperimenta qualche dipendenza

t.1
sono una caratteristica tipica di un certo panorama psico-
logico. Ma che cosa rappresentano, in realtà? Penso si tratti
dell'esemplificazione estrema di una situazione assai co-
muner il Sé diviso. Nell'alcolizzato (così come nelle vittime
di altre forme di dipendenza) la dissociazione tra il Sé
<buonoo e quello <cattivo> non può essere risolta. Di nor-
ma, per affrontare il nostro lato oscuro elaboriamo una tat-
tica tutto sommato elementare: ripudiamo le azioni ripro-
vevoli, dimentichiamo gli impulsi malvagi, ci scusiamo per
la rabbia che abbiamo manifestato e mostriamo di essere
pentiti per le nostre malefatte. Fatto sta che in caso di di-
pendenza tali semplici misure non bastano: gli impulsi più
oscuri assorbono ogni pensiero, sbaragliando ogni freno e
inibizione. Persino i piaceri piÌr semplici ci risultano inac-
cessibili, visto che i demoni interiori li minano alla base,
neutralizzandoli. Così resta solo una parvenza di felicità,
mentre la debolezza e la cattiveria alimentano un circolo
vizioso.
Devo però aggiungere che questa mia descrizione non è
affatto accurata. Ho trascurato alcuni ingredienti fonda-
mentali. Nella dipendenza I'abitudine ha un ruolo assai im-
portante. E lo stesso vale per i cambiamenti fìsici a livello
cerebrale: i recettori neuronali sono aggrediti da sostanze
chimiche aliene, che con il tempo distruggono le normali
reazioni di piacere e dolore. Io ritengo, però, che gli aspetti
fisici della dipendenza siano stati gravemente soprawaluta-
ti. Se la dipendenza fosse soprattutto fisica, non ci sarebbe-
ro milioni di persone che fanno un uso saltuario di alcol e
droghe, subendo danni a lungo termine relativamente mo-
desti e senza mai scivolare nell'etilismo o nella tossicodi-
pendenza. Non intendo addentrarmi nell'acceso dibattito
circa la dipendenza e le sue cause, resta comunque il fatto
che sembrerebbe non essere un problema a sé stante' bensì
un'ennesima espressione dell'ombra.
Ne consegue che, per trattare le dipendenze, è necessa-
rio affrontare I'ombra e disarmarla. Giacché si tratta di un
obiettivo a cui miriamo tutti, permettetemi di prendere
nuovamente spunto dall'esempio del marito etilista che se
ne torna a casa dopo una settimana di bisbocce. È solo I'e-
quivalente di altre espressioni dell'ombra' come avere
un'indole violenta, pregiu-
Ne consegue che, per trottare dizirazzialio ostentare scio-
le dípendenzq è necessarìo vinismo sessuale. Di primo
affrontare I'ombra acchito, i punti di contatto
e dísarmarla. Potrebbero non sembrare
evidenti.Il capo che molesta
sessualmente un dipendente non ha 1o stesso comPorta-
mento incontrollato di un omofobo che sfoga la sua vio-
lenza picchiando selvaggiamente un gay. Eppure un tratto
comune c'è, ed è l'ombra: ogniqualvolta si verifica una
scissione del Sé, in cui un aspetto viene etichettato come
negativo, illecito, vergognoso, colpevole o sbagliato, I'om-
bra sta acquisendo Potere. Non ha nessuna importanza se
il lato oscuro della natura umana si stia esprimendo attra-
verso forme di violenza estrema o secondo modalità atte-
nuate e socialmente tollerabili. I-laspetto fondamentale del-
la questione resta la presenza di un Sé diviso.
Una volta separato dal resto, il frammento <negativo>
perde contatto con il nucleo centrale del Sé,la porzione che
consideriamo <buona> in quanto (apparentemente) im-

t4
mune da qualsiasi forma di violenza, rabbia e odio. È que-
sto il Sé adulto,l'Io che si è ben adattato al mondo e agli al-
tri. Owiamente, il marito ubriaco di cui sopra ha anche lui
un Sé buono. Anzi, potrebbe trattarsi di un Sé molto piir
gentile e accettabile del normale. Fatto sta che pitr repri-
miamo il nostro lato oscuro, più ci risulta facile costruire
una maschera tutta luce e bontà. (Ecco perché, immanca-
bilmente, subito dopo una strage o un analogo episodio di
violenza orripilante, i vicini di casa manifestano il loro stu-
pore di fronte alle telecamere, dichiarando: <Sembrava una
così brava persona!>)
La donna che mi ha chiesto aiuto mi aveva detto che suo
marito aveva ripetutamente seguito percorsi di riabilitazio-
ne. Thlvolta le terapie avevano funzionato, almeno per un
po'. Peraltro, persino durante le fasi di astinenza dall'alcol,
I'uomo continuava a sentirsi profondamente infelice. Era
sempre sul chi vive, in qualche modo terrorizzato all'idea di
ricascarci. Ma sebbene temesse una ricaduta e si sforzasse
di non precipitare di nuovo in quell'abisso, alla fine non
aveva scampo. In pratica, durante le fasi di momentaneo
successo l'ombra si limitava a starsene in agguato, aspettan-
do il momento giusto per colpire.
Una notte I'uomo era caduto in preda al delirium tre-
mens: gli spasmi parevano intollerabili, e lui era in un ba-
gno di sudore. La moglie si era precipitata da un medico
per chiedergli un farmaco che lenisse quei sintomi. Il dot-
tore si era però rivelato un ostinato realista, rifiutandosi di
prescriverle alcunché e commentando: <Lasciamogli tocca-
re il fondo. È la sua sola speranza concreta. Potremmo fare

15
in modo che soffra meno, ma di certo non si sbarazzerebbe
mai della sua dipendenza>.
Potrebbe sembrare un atteggiamento cinico, tuttavia
nell'ambiente dei tossicodipendenti questo (toccare il fon-
do> è un fenomeno ben noto. Può rappresentare un rischio
enorme, perché quando si costringe I'ombra a mettere le
carte in tavola, questa può ricorrere all'arma estrema del-
I'autodistruzione. Non c'è un limite alla sofferenza che I'in-
conscio può provocare, e siamo tutti fragili. Chiunque spe-
rimenti una dipendenza,o si trovi in qualche modo intrap-
polato nelle energie dell'ombra, è prigioniero della nebbia
dell'illusione, una dimensione in cui non esiste nient'altro
che il desiderio insaziabile e il terrore di non poterlo soddi-
sfare.
il rischioso percorso verso il fondo ha successo'
Se invece
è perché quella nebbia comincia a diradarsi. La persona di-
pendente comincia a formulare pensieri concretamente rea-
listici: <Sono qualcosa di più della mia dipendenza. Non vo-
glio perdere tutto. La Paura può essere sconfitta. È giunto il
momento di farla finita!> In momenti di tale chiarezza,l'e-
nergia della guarigione scaturisce dalla chiarezza stessa'
Uindividuo riesce ad aPrire
Quondo lo coscíenzo non è píù una breccia nel fascino del-
divísa, I'ombro perde il suo I'autodistruzione, e si rende
potere. conto di quanto sia irrazio-
nale. E grazie alla consaPe-
volezza,il Sé torna all'integrità, e può guardare se stesso sen-
zaparaocchi.
Disponiamo di un solo, unico Sé. È ciò che siamo realmen-
te. Ed è al di là del bene e del male.

t6
Quando la coscienza non è più divisa,l'ombra perde il
suo potere. Al cessare di ogni forma di divisione, resta sol-
tanto la visione di un Sé che si espande in tutte le direzioni'
È la fine degli scompartimenti segreti, delle prigioni sotter-
ranee, delle sale delle torture o dei sassi coperti di muschio
sotto cui nascondersi. La coscienza giunge all'autopercezio-
ne. Si tratta della sua funzione fondamentale) ma, come ve-
dremo, proprio da qui potranno emergere un nuovo Sé e,
in definitiva, un nuovo mondo.

'I-lombra collettiva

La principale conquista di fung non è stata la definizione


dell'ombra, né la sua teoria degli archetipi, ma la dimostra-
zione che gli esseri umani condividono un Sé. Quel <Chi so-
no?> dipende da un <Chi siamo?) Gli esseri umani sono le
sole creature in grado di generare un Sé. Anzi, per essere più
precisi, non possiamo proprio astenerci dal farlo, perché è il
Sé a fornirci una prospettiva, a consentirci di mettere a fuo-
co la realtà. In mancanza di un Sé, il nostro cervello sarebbe
bombardato da una sconcertante cascata di dati sensoriali
privi di senso.I neonati non dispongono di un Sé e ci met-
tono tre anni a crearsene uno, modellando personalità e
preferenze, carattere e interessi. Ogni madre potrà testimo-
niare che soltanto in brevissimi istanti (o forse mai) un
bambino piccolo sembra una lavagna vuota. Non veniamo
al mondo in qualità di ricevitori passivi di dati sensoriali,
ma di avidi creatori.
Il mondo comincia ad avere senso non aPPena ci trasfor-
t7
pulsi e le pulsioni inconsce di un singolo individuo scaturi-
scono da quelle delf intera storia dell'umanità. Secondo
)ung, ognuno di noi è legato a un <inconscio collettivo>.
Lidea stessa che ogni singolo individuo abbia creato un
proprio Sé, isolato e distinto, è puramente illusoria. Abbia-
mo semplicemente attinto all'immenso serbatoio delle
aspirazioni, degli impulsi e dei miti dell'umanità. Ed è pro-
prio in quell'inconscio condiviso che dimora l'ombra.
Alcuni individui hanno un'indole sociale, altri decisa-
mente asociale, fatto sta che nessuno di noi può chiamarsi
fuori dal Sé collettivo. Quel <noi> è sempre lì a ricordarci
che nessun uomo è un'isola. fung ha strappato via lo strato
sociale, superficiale, proprio al fine di rivelare la dimensio-
ne nascosta del Noi. Riferirsi a tale dimensione chiamando-
la <inconscio collettivo> potrà forse sembrare più tecnico,
tuttavia il Sé che ognuno di noi condivide con gli altri è un
tratto fondamentale della nostra soprawivenza. Basti pen-
sare alle situazioni in cui ricorriamo proprio al Sé colletti-
vo. Eccone alcune:

. Quando abbiamo bisogno del sostegno della famiglia e


degli amici intimi.
. Quando aderiamo a un partito politico.
. Quando ci oflriamo volontari per un'attività di benefi-
cenzao a favore della comunità.
Quando scegliamo di lottare per il nostro Paese, o co-
munque di difenderlo.
Quando ci identifichiamo con la nostra nazionalità.
Quando ragioniamo in termini di <noi contro loro>.

l9
. Quando un disastro, da qualche altra parte del mondo,
ci colpisce personalmente.
. Quando cadiamo nella morsa della paura collettiva.

Sebbene cerchiamo tutti di farlo, credere di poter rima-


nere fuori da quel <noi> è una pura e semplice illusione.
Vogliamo essere considerati cittadini del nostro Paese, ma
non vogliamo l'etichetta di <cittadini cattivi>. Manifestia-
mo empatia per gli altri gruppi etnici, eppure continuiamo
a sentirci diversi, separati, persino migliori. Nei momenti di
crisi vorremmo che i nostri famigliari ci manifestassero il
loro massimo sostegno, però in circostanze diverse teniamo
molto alla nostra individualità, al di fuori dei legami fami-
gliari. Ebbene sì,la coalizione tra I'Io e il Noi è tutt'altro che
facile.
]ung l'ha resa ancora più ardua. Quando dobbiamo con-
frontarci con I'ombra collettiva, facciamo di tutto per disso-
ciarcene. (La società avrà sempre caratteristiche e manife-
stazioni che disapproviamo.) Tuttavia, ciò si dimostra anco-
ra più difficile della rinuncia a un qualche ruolo famigliare,
dato che la famiglia è soltanto la prima cellula, il livello fon-
damentale di manifestazione del Sé collettivo, quello che
riusciamo a identificare con maggiore facilità. Per esempio,
magari annunciamo ai parenti riuniti attorno alla tavola na-
talizia che siamo finalmente cambiati, che non siamo più
bambini viziati o adolescenti ribelli, poi scopriamo che nes-
suno ci ha presi sul serio. Dopotutto,la nostra famiglia po-
trebbe avere investito un bel po'della sua energia per tenerci
intrappolati in quella vecchia forma. Fatto sta che la società
sa essere ancora più rigida, e molto meno comprensiva.

20
La società ci ghermisce tutti con i suoi uncini invisibili.
Potremmo anche trasformarci in pacifisti in tempo di guer-
ra - è una scelta individuale -, ma ciò non ci escluderà auto-
maticamente dall'ombra collettiva, quella in cui è stata par-
torita la guerra, ben radicata nella rabbia, nel pregiudizio,
nel risentimento, nei vecchi rancori e nel ventre molle del
nazionalismo. Forse, malgrado ci metta terribilmente a disa-
gio, e per quanto sia stata screditata, I'espressione <memoria
razziale>> ha ancora una sua validità. Peraltro, ci sono milioni
e milioni di persone che non provano il benché minimo di-
sagio nel pronunciare giudizi del genere: <Ecco la tipica ri-
sposta maschile>. Oppure: <Attenti alle donne al volante!>
Le questioni di identita sessuale possono generare fedeltà di-
scutibili e controverse. Siamo tutti impegolati nell'inconscio
collettivo, in questo preciso istante. A livello superficiale, il
cittadino X potrà anche sembrare I'esatto opposto del citta-
dino Y, ma a livello inconscio i due sono collegati, proprio
come le estremità di un tiro alla fune.
La scelta tra collocarsi dentro o fuori si trasforma così
nel nocciolo della questione dell'ombra collettiva, generan-
do un'infinita di interrogativi che toccano direttamente la
nostra quotidianità:

. Quali sono i miei obblighi sociali?


. Quali sono i miei doveri nei confronti della patria?
. In quale misura dovrei conformarmi o resibtere alla so-
cietà?
. Come sono interconnesso con gli altri?
. Qual è la mia responsabilità nei confronti dei poveri?
. Come posso cambiare il mondo?

2I
Quando ci poniamo una di queste domande,la nostra
mente conscia non è in grado di fornirci una risposta com-
pleta,anzi,neppure la piir veritiera. Sotto la superficie,l'in-
conscio collettivo è tutto un torbido agitarsi di pulsioni,
pregiudizi, desideri frustrati, paure e ricordi, che sono parte
integrante dell'Io nella misura in cui la nostra identità
affonda le sue radici nel Noi.

Dove sono le prove?

Per molto tempo il concetto di inconscio collettivo ha


continuato a essere una teoria assai affascinante, ma non
supportata da prove sufficienti. Nessuno ha mai osato du-
bitare del fatto che la natura umana abbia un suo lato oscu-
ro, tuttavia la spiegazione di |ung,lungi dall'essere concre-
tamente utile, avrebbe anche potuto essere una brillante in-
venzione intellettuale. I primi accenni di prove sono stati
raccolti solo di recente, ma bisogna dire che sono serviti so-
prattutto a infittire il mistero. Per esempio, è ormai risapu-
to che quando una persona conduce un'esistenza solitaria e
isolata, come spesso accade alle vedove in età avanzata, sta-
tisticamente ha un maggior rischio di malattia e di morte
rispetto alle persone con forti connessioni sociali. Un ma-
trimonio felice aumenta invece le probabilità di essere più
sani. È una verità che, almeno inizialmente, sembrava diffi-
cile da accettare, giacché i ricercatori non avevano constata-
to nessun legame tangibile tra le condizioni mentali e quel-
le fisiche. Com'era possibile che il cuore o una cellula pre-
cancerosa in un qualsiasi punto del corpo fossero a cono-

22
scenza dello stato d'animo della persona? Ma poi sono state
scoperte le cosiddette nmolecole messaggero)), con le quali è
stato dimostrato che il cervello traduce qualsiasi emozione
nel suo equivalente chimico. Giacché le molecole messag-
gero fluiscono attraverso il sangue, raggiungendo centinaia
di miliardi di cellule,la felicita (o l'infelicità) viene trasmes-
sa al cuore, al fegato, all'intestino e ai reni.
Tutt'a un tratto la medicina corpo-mente ha trovato
fondamenta (concrete>, perché non c'è nulla di più concre-
to della chimica. Peraltro, |ung aveva addirittura rpotizzato
che I'infelicità o la felicita potessero essere condivise tra in-
teri gruppi di persone. In che modo nazioni come I'Iraq o il
Ruanda vengono sconvolte da ondate di violenza? Possia-
mo trovare una spiegazione nelle vecchie faide tribali, o nel
settarismo. Ma tutto ciò è stato accumulato nell'irtconscio
collettivo, oppure sono stati i genitori, una generazione
dopo I'altra, a instillare nei loro figli quei rancori ancestrali,
mantenendoli ostinatamente in vita? Scrollare il capo e
brontolare qualcosa circa quel comPortamento barbaro e
selvaggio non ci porterà da nessuna parte. Le due guerre
mondiali hanno rappresentato i più grandi bagni di sangue
nella storia dell'umanità. Milioni di soldati civtlizzatihan-
no marciato fino a essere inghiottiti nelle fauci della morte,
e tra questi c'erano poeti, musicisti e studiosi del greco e del
latino. Soltanto una volta concluso il massacro I'Europa si è
guardata alle spalle e ne ha riconosciuto tutta la follia, ma
nel frattempo tanti uomini di notevole buon senso si erano
precipitati in guerra e vi avevano lasciato la vita, mentre i
pochi obiettori di coscienza erano stati puniti con la prigio-
ne, o spediti in prima linea come medici: una tragica iro-

23
un nuovo videogioco. Le mode sono contagiose: ci vengo-
no trasmesse dagli altri, eppure nessuno è ancora in grado
di spiegare come il comportamento diventi virale. Che cosa
induce un gruppo di persone a decidere di agire nella stes-
sa, identica maniera?
Questo interrogativo assume un'importanza cruciale
in campo medico, allorché auspichiamo che un certo
gruppo abbandoni alcuni comportamenti nocivi, per
esempio quando vogliamo convincere i giovani a smettere
di fumare, oppure contrastare fenomeni collettivi come
I'obesità. Le ricerche più avanzate in merito sono state
compiute da due ricercatori di Harvard, Nicholas Chril
stakis e |ames Fowler, che le hanno esposte nel loro ultimo
Libto, Connected. Christakis e Fowler hanno analizzato i da-
ti provenienti dal più grande studio epidemiologico sulle
malattie cardiovascolari, con cui sono state seguite tre ge-
nerazioni di cittadini a Framingham, nel Massachusetts.
Studiando il comportamento di oltre cinquemila persone, i
due ricercatori ne hanno mappato le cinquantunomila
connessioni sociali con famigliari, amici e colleghi.
La prima cosa che hanno scoperto è che quando un cer-
to individuo prendeva peso, cominciava a fumare o si am-
malava, c'era il 50 per cento di possibilità che i più stretti
famigliari e amici cominciassero a comportarsi nello stesso
modo. Ciò rinforza uno dei principi delle scienze sociali,
vecchio di decenni: il comportamento evolve in gruppo. Ne
abbiamo fatto tutti esperienza sotto forma di comporta-
mento di gruppo, oppure osservando quei tratti comporta-
mentali che sembrano (caratterizzare>> certe famiglie. Que-
sto è vero anche per le situazioni opposte: chiunque sia im-

28
plicato in un ambiente sociale sano finira con ogni proba-
bilità per adottare lo stesso stile di vita. E ciò non riguarda
soltanto le tematiche della salute, ma qualsiasi forma di
comportamento. Per esempio, lo studente universitario
messo in camera con un compagno che ha un buon meto-
do di studio e ottiene buoni voti, avrà notevoli probabilità
di trarne giovamento.
La seconda scoperta di Christakis e Fowler è di gran lun-
ga più misteriosa: nell'ambito delle connessioni sociali tal-
volta si salta un collegamento. Se la persona A è obesa e fre-
quenta la persona B che non lo è, qualsiasi amico della per-
sona B avra un 20 per cento di possibilità in più di diventa-
re obeso, mentre per un amico di questo amico si tratterà
del tO per cento in più. Questa regola dei <tre gradi di sepa-
razione> si è dimostrata valida per qualsiasi genere di com-
portamento.Ijamico di un amico può indurci a fumare, o a
farci sentire soli o infelici, anche nel caso in cui non I'abbia-
mo mai incontrato personalmente. Sono le statistiche a di-
mostrarlo.
Le scoperte di Christakis e Fowler lasciano ipotizzare
che ci sia una sorta di collegamento invisibile tra i diversi
membri dell'intera società. Se il loro lavoro continuerà a
reggere a qualsiasi obiezione, possiamo immaginare quali
saranno le conseguenze.Ilconcetto di inconscio collettivo è
stato introdotto da fung circa un secolo fa. È quindi possi-
bile che |ung si sia imbattuto in quei fili invisibili molto
prima che le ricerche scientifiche ne dimostrasselo la pre-
senza! Ma il vero interrogativo è un altro: di che genere di
connessioni può trattarsi, visto che persistono anche quan-
do non c'è un contatto diretto tra le persone, quindi nessu-
na può osservare i comportamenti dell'altra, anzi, magai
non ne conosce nemmeno I'esistenza?
Si tratta di questioni complesse, e in questo contesto vo-
glio semplicemente sottolineare quanto siano misteriose.
Tuttavia, le nuove ricerche sul contagio sociale sono assai
stimolanti, perché convalidano la teoria secondo la quale ci
sarebbe in realtà un'unica mente che coordina non solo le
modalità con cui aderiamo alle più diverse mode o decidia-
mo di imitarci a vicenda, né soltanto la misteriosa comuni-
cazione tra cellule cerebrali distanti, ma addirittura feno-
meni a distanza, come il caso dei gemelli lontani migliaia di
chilometri che improwisamente si rendono conto di ciò
che sta succedendo all'altro.
Lombra è quindi un progetto condiviso. Chiunque può
partecipare alla sua costruzione: I'unico requisito è la ca-
pacità di mantenersi incon-
llombra è sapevoli. Tutti gli artefici (e
un progetto condìvíso. non sono pochi) delle cam-
Chíunque può partecípare pagne di paura e allarmi-
alla sUa costruzíone: I'unìco smo ritengono di operare
requísìto è la copacìtà per il bene comune. E na-
dí montenersí inconsopevolí. turalmente ogni difensore
della patria si aspetta di es-
sere onorato e lodato. Le tribù in lotta tra loro sono
profondamente convinte di dover combattere per la pro-
pria soprawivenza. Resistiamo all'ombra, e ne neghiamo
l'esistenza, perché nel passato siamo stati indottrinati e at-
tualmente subiamo il condizionamento sociale. Le espe-
rienze vissute durante l'infanzia ci garantiscono un'infinità
di reminiscenze, del tipo: <Questo è buono, questo invece è

30
cattivo; questo è divino, e questo invece è diabolico>. Lin-
dottrinamento è il sistema con cui ogni società viene strut-
turata. Dimentichiamo però che, così facendo, stiamo con-
temporaneamente creando un Sé condiviso. Se insegnassi-
mo ai bambini come acquisire consapevolezza della loro
ombra, condividere anche i sentimenti piìr oscuri, perdo-
narsi per non essere <buoni> sempre e comunque, impara-
re a rilasciare gli impulsi dell'ombra attraverso sfoghi salu-
tari,la nostra societa e l'ecosistema sarebbero molto più sa-
ni e tutelati.

I creatori dell'ombra

Forse, almeno a livello personale, non abbiamo mai pre-


stato la benché minima attenzione alle teorie di Freud o
fung, ma resta il fatto che a causa loro abbiamo ereditato
un Sé diverso. Infatti, dopo di loro ci è ormai impossibile
pensare che la natura umana non sia profondamente mi-
steriosa. Solo una frazione di ciò che siamo fa capolino nel
mondo fisico, proprio come la punta di un iceberg. Occulta
e spesso ignorata,l'anima umana è una dimensione ambi-
gua, teatro di contraddizioni e paradossi. Del resto, è pro-
prio così che dev'essere, giacché ogni esperienza della no-
stra vita, manifestazione dell'anima, scaturisce proprio dal
contrasto. In assenza di contrasto non c'è esperienza, ra-
gione per cui abbiamo bisogno di luce e ombra, piacere e
dolore, alti e bassi, progressi e regressi, freddo e caldo. Se ta-
li distinzioni non esistessero, non ci sarebbe manifestazio-
ne. La coscienza sarebbe una sterminata distesa desertica.
l'Europa per quattrocentomila anni, owero il doppio del
tempo dell'Homo sapiens,limitandosi a cacciare grossi ani-
mali utilizzando un unico arnese: una pesante asta con una
pietra agvzzalegata sulla punta. Ijuomo di Neanderthal
non è mai arrivato alla scoPerta di un secondo attrezzo,
un'arma migliore, per esempio una lancia piir leggera, che
potesse essere scagliata. Ha continuato ad attaccare le sue
prede, tra cui lanosi mammut e giganteschi leoni delle ca-
verne, combattendoli a distanza rawicinata, così da poterne
infrIzare il corpo con l'asta. È proprio per tale motivo che la
stragrande maggioranza degli scheletri di Neanderthal ma-
schi presenta fratture multiple. Owiamente quegli animali
giganteschi si difendevano come meglio Potevano, epPure
per quasi mezzo milione di anni il cervello dell'uomo di
Neanderthal non è riuscito a intuire che sarebbe bastato co-
struire armi più leggere, da lanciare contro la preda, per te-
nersi a distanza di sicurezza ed evitare gravi infortuni.
Levoluzione degli esseri umani non è quindi dipesa dal
cervello, inteso come massa fisica, ma dalla mente che se n'è
servita. Silenzioso e invisibile, il sapere umano si stava co-
struendo nella dimensione dell'inconscio. LlHomo sapiens è
poi stato in grado di servirsi del proprio cervello per obiet-
tivi assai più complessi di quelli affrontati dai suoi antenati.
Non appena la mente riuscì a capire come realizzare atmi
migliori,la vita dei nostri progenitori diventò più agevole.
Poi gli agricoltori si sostituirono ai cacciatori e ai raccogli-
tori, la loro esistenza si fece più complessa e così emerse il
linguaggio, affinché gli uomini Potessero scambiarsi le idee.
In altre parole, )ung ha intuito I'esistenza di quella di-
mensione segreta che costituisce il crogiolo dell'agire uma-

)J
no. Llinconscio collettivo è la biblioteca della mente, il de-
posito di tutte le esperienze precedenti, a cui ognuno di noi
può attingere, in questo preciso istante. La domanda <Chi
sono lo?> non ha mai ricevuto una risposta definitiva. Il Sé
è fluido e in continuo cambiamento, e con ciò mi riferisco
sia al Sé individuale, sia al Sé che condividiamo con chiun-
que altro. Per esempio,le ricerche hanno dimostrato che il
cervello di chi ha acquisito un certo talento nel maneggiare
computer e videogiochi presenta nuove vie neurali di cui
non c'è nessuna traccia nelle persone (negate per I'infor-
matica>, come siamo soliti dire.
Se vogliamo scoprire il nostro vero Sé, dobbiamo tuffar-
ci nella dimensione dell'ombra, immergerci nel suo flusso
costante. Ma questa è sempre stata ritenuta un'impresa pe-
ricolosa, capace di far impallidire il più ardito degli eroi.
Laurence Olivier ha voluto
Se voglíamo scoprire íl nostro porre all'inizio del celebre
vero Sé, dobbíano tuffarcí film Amleto le seguenti pa-
nello dímensíone dell'ombra, role: <Ecco la storia di un
ímmergercì nel suo uomo che non seppe deci-
flusso costante. dere>. Amleto sa, perché ne
ha le prove, che lo zio ha uc-
ciso suo padre per impadronirsi della corona danese.
Avrebbe tutti i motivi per cercare di vendicarsi, eppure non
può farlo. Il pericoloso viaggio nell'ombra, dove uccidere e
vendicarsi sono gesti assolutamente normali, minaccia I'e-
sistenza stessa di Amleto, la sua nobiltà, la sua civiltà. Mal-
grado ciò, il principe accetta quella sfida, e questo lo porta
al disgusto, a provare ripugnanza per se stesso, a smarrire
l'amore e a meditare il suicidio, ovvero le tipiche reazioni

34
che scaturiscono dalla lotta con i mostri nelle profondità
dell'inconscio. Quando alla fine viene anche lui ucciso,
Amleto accetta il suo destino con sollievo e calma sovruma-
rta. Le parole con cui Laurence Olivier presenta questa vi-
cenda sarebbero dovute essere: <Ecco la storia di un uomo
spaventato dalla sua stessa ombra>.
È quindi importante comprendere che I'ombra è una
creazione dell'uomo, che è stata forgiata nell'inconscio col-
lettivo. Se odiamo i nemici (ieri potevano essere i comuni-
sti, oggi i terroristi) non è a causa della natura umana. Il
sentimento di awersione e animosità è qualcosa che abbia-
mo ereditato tutti, e scaturisce dall'ombra, i cui contenuti
sono stati creati dall'uomo. Precisamente,l'ombra è fonda-
ta sul modello <loro> contrapposto a <noi>. <Loro> voglio-
no farci del male e privarci di tutto ciò che consideriamo
prezioso. Come se ciò non bastasse, <loro> non sono al 100
per cento umani (<noi> sì!). Ragione per cui abbiamo pie-
no diritto di combatterli, e persino di distruggerli. È pro-
prio questo I'archetipo dell'ombra, un modello invisibile
che ha forgiato la mentalità di molte pir) persone di quante
immaginiamo, e che soprawive una generazione dopo I'al-
tra, vanificando il pensiero razionale.
Noi esseri umani abbiamo coscientemente creato grandi
civiltà, servendocene come scenario della nostra stessa evo-
luzione, ma occorre anche dire che, a livello inconscio, ab-
biamo accumulato una storia che trascende I'esperienza di
qualsiasi singola persona o epocd. Ciò che ognuno di noi
definisce <me> è in realtà un <noi> in misura assai maggio-
re di quanto riusciamo a comprendere.
Ne troviamo la prova dentro il nostro stesso corpo. Il si-

35
può essere buono o cattivo. In questo non c'è nulla di parti-
colarmente misterioso. Il Sé realmente misterioso entra in
gioco quando ci chiediamo se il potere dell'autocreazione
possa essere usato per produrre qualcosa di nuovo: I'unità
al posto della separazione.
Non c'è che dire,la separazione è stata un'awentura af-
fascinante. L Io ci ha portato a spasso sulle montagne russe
della beatitudine e della tragedia. La nostra anima, teatro di
contraddizioni, paradossi e ambiguità, si è continuamente
trovata a lottare tra questi due impulsi, il divino e il diaboli-
co. Non troviamo validi motivi per rinunciare all'uno in fa-
vore dell'altro. In fondo amiamo iragazzacci ele ragazzac-
ce, e se diciamo che qualcuno è un demonio gli facciamo
più un complimento che una critica.
Eppure, se analizziamo la cosa sotto un'altra prospetti-
va, abbiamo semplicemente vagato nella nebbia dell'illusio-
ne. Invece di esercitare la nostra capacità di creare un Sé di-
verso, corrispondente alle nostre aspirazioni, abbiamo ere-
ditato passivamente un Sé di-
Nessun uníverso sarebbe viso, con tutta I'infelicità e i
possìbíle se non cí fosse conflitti che ne derivano. Non
un'oscurttà che lotta appena decidiamo che ciò che
contro la [uce. siamo è rigidamente definito
dal solito <io, me e mio>, non
possiamo più sfuggire alle insidie della separazione. Non
possiamo avere un Dio senza un Diavolo.
Ma che cos'è il Diavolo? È I'ombra in forma mitica,l'an-
gelo caduto che però è nato divino. In realtà c'è un altro
modo di interpretare la parola <diavolo>: potremmo dire
che sia <il divino che non sta bene>. E ciò nasconde un'in-

38
riore si fondono in un'unica cosa. Avrete sicuramente già
visto un ologramma creato con il laser: quasi per magia, il
fascio di luce può riprodurre integralmente una foto o un
oggetto, servendosi di un suo piccolo frammento. Al posto
del frammento, sotto i nostri occhi si manifesta I'interezza.
Analogamente, benché ci manteniamo occupati con i fram-
menti della vita quotidiana (commissioni, pasti, letture, di-
vertimenti, simpatie e antipatie, cioè centinaia di minusco-
le scelte tra A e B), in realtà la nostra mente ha proiettato
un ologramma affinché lo abitassimo. Viviamo in una con-
dizione di interezza. Limpulso olografico non può essere
spento né distrutto. Ci guardiamo intorno e nella nostra
realta personale troviamo un sacco di cose che non ci piac-
ciono, così giungiamo al punto di sentirci intrappolati in
rapporti e situazioni difficili; eppure, malgrado questo,
manteniamo il potere di creare un ologramma completa-
mente nuovo. E quindi un nuovo Sé. Questo non è qualco-
sa che possa essere realizzato un pezzetto per volta. Anzi, a
ben guardare è più facile produrre I'interezza che cambiare
la propria realtà gradualmente.
Per produrre una trasformazione olistica dobbiamo
operare a livello di creazione olistica. C'è un esercizio af[a-
scinante che può darci un'idea di come possa funzionare.
Provate a chiudere gli occhi e immaginare un'esperienzavi-
suale vivida, per esempio un tramonto tropicale o una bella
montagna innevata. Di per sé la natura dell'immagine non
ha importanza, è sufficiente che possieda colore e profon-
dita. Immaginate poi di gustare qualcosa che vi piace, come
del buon cioccolato o un caffè. Penetrate profondamente
nella sensazione fino a sperimentarla realmente. Quindi

40
pensate a un suono che vi piace, come la vostra musica pre-
ferita, a un tessuto piacevole al tatto, per esempio il velluto,
e infine a un profumo inebriante, come quello della rosa o
del lillà.
Dopo avere attivato i cinque sensi attraverso queste
esperienze intense, aprite gli occhi. La realtà con cui vi con-
fronterete vi lascerà di stucco: il mondo ordinario sembrerà
più vivo, i colori più luminosi,l'aria vibrante e carica d'e-
nergia. È un cambiamento stupefacente, che viene imman-
cabilmente sperimentato da chiunque pratichi quest'eserci-
zio, e dimostra che la benché minima intensificazione della
realtà interiore ha un'immediata conseguenza sulla realtà
esteriore.
Ci troviamo al cospetto di un nitido indizio circa uno
dei segreti spirituali più profondi: il potere di trasformare
la realtà, istantaneamente. Non si tratta però di una capa-
cità di cui disponiamo a livello di realtà superficiale (ragio-
ne per cui nella nostra quotidianità ci sentiamo sbatacchia-
ti qua e là dalle circostanze esterne), ma solo a livello dell'a-
nima, contesto in cui I'impulso olografico può produrre
qqalsiasi cosa.
È proprio questo il motivo per cui Jung lo chiamò ln-
conscio collettivo, anziché conscio collettivo. Noi esseri
umani abbiamo creato il mondo, collettivamente, senza
neppure rendercene conto. Ecco di seguito alcuni degli in-
gredienti fondamentali di cui ci siamo sempre serviti. No-
tate che ho voluto procedere con gradualità da fattori che
parrebbero innocui, o quasi, sino a raggiungere quelli estre-
mamente autodistruttivi.

4l
. Riservatezza: ci è stato insegnato a non svelare i nostri
impulsi e desideri fondamentali.
. Colpa e vergogna: non appena tali impulsi e desideri
vengono nascosti, proviamo disagio.
. Giudizio: per il fatto che ci suscitano disagio,li etichet-
tiamo come negatività.
. Biasimo: dobbiamo trovare un responsabile per il dolore
che proviamo.
. Proiezione: abbiamo quindi bisogno di un capro espi.a-
torio ad hoc, siano i nostri più acerrimi nemici o invisi-
bili forze demoniache.
. Separazione: cisentiamo obbligati a impegnarci a fondo
per sbarazzarci di tali f.orze del male, allontanandole il
pitr possibile da noi. I nemici sono diventati <gli altri>,
quelli da cui guardarsi e da combattere a ogni costo.
. Lolta: poiché la proiezione non ci può garantire una pro-
tezione duratura dal dolore, entriamo in uno stato di
guerra permanente, in cui l'interno si oppone all'esterno.

Come potete constatare, I'ombra viene sempre alimen-


tata, per il semplice motivo che siamo maestri nella mani-
polazione di ingredienti come questi. Anzi, è più corretto
dire che ne siamo dipendenti, anche se ne ricaviamo solo
guerra, violenza, crimine e continua tensione, per non par-
lare dell'effetto opprimente che ha il credere nel male co-
smico come parte del mondo. Qual è la soluzione? Smonta-
re I'ombra, smantellarla. Dopotutto non è il mostro di
Frankenstein, un orrore che ha preso il soprawento sul suo
creatore. fombra resta pur sempre una regione della psi-
che. In lei non c'è nulla che sfugga al nostro potere di dis-

42
solverla. Dobbiamo semplicemente impedirle di trasfor-
marci in sue vittime, di prendere il controllo della situazio-
ne e di toglierci il nostro vero ruolo di creatori.

la uia d'uscita
Permettetemi di riassumere la mia ipotesi con tre sem-
plici affermazioni:

. Ci troviamo nella dimensione della dualità.


. I-lombra ci ha circondato con la nebbia dell'illusione.
. fillusione principale e più dannosa è il nostro Sé diviso.

E ora affrontiamo il problema a livello individuale, cer-


car-rdo di capire se tale diagnosi corrisponda alla nostra
realtà.
limitassimo a osservarci in questo preciso istante, o
Se ci
ad analizzare qualcuna delle nostre giornate, individuare
I'ombra potrebbe risultarci difficoltoso perché, nella mag-
gior parte dei casi, nella vita
quotidiana non troveremmo Le percone normalí trovono
nulla di patologico. Sebbene sssoí Íocíle negore í ftatí píùr
gli esperti ci dicano che le oscurt deila proprío naturo.
violenze sessuali e domesti- Ecco perché è ímportante
che sono molto più diffrrse di capíre subito che l'ombro
quanto vorremmo credere, e non è ìl babau o I'orco cattivo.
malgrado i disturbi come la
depressione e I'ansia continuino a crescere a ritmo allar-
mante,le persone normali trovano assai facile negare i lati

43
più oscuri della propria natura. Ecco perché è importante
capire subito che I'ombra non è il babau o l'orco cattivo.
Qualsiasi cosa ci mantenga nell'inconsapevolezza è un pro-
dotto dell'ombra stessa, che è il nascondiglio del dolore e
dello stress. Le esplosioni di violenza di massa hanno luogo
quando lo stress sociale non può piir essere represso. Le
violenze domestiche hanno luogo quando lo stress perso-
nale rompe gli argini. Il prezzo che paghiamo per mante-
nerci inconsapevoli è dawero altissimo!
Mettiamola più sul personale. Le forze di cui ci servia-
mo un giorno dopo I'altro sono le stesse a cui I'umanità ha
fatto ricorso nei secoli per costruire I'ombra collettiva. fin-
conscio potrebbe sembrarci un mare amorfo, un caos oscu-
ro e confuso di impulsi, passioni, segreti e tabù. Per quanto
sembri inestricabile, tale matassa può essere invece sciolta
per identificarne i fili ed estrapolarne un significato. Pro-
viamo ad analizzare il seguente schema.

..Io e la mia ombra>

Come qualsiasi altro aspetto della nostra esistenza, la


creazione dell'ombra è un processo. Nessuno di noi si sfor-
za deliberatamente di potenziare la propria ombra, eppure
è proprio ciò che succede. L'ombra cresce ogniqualvolta
facciamo ricorso a uno dei seguenti sotterfugi:

. Serbare dei segreti, sia a se stessi sia agli altri. Mantenersi


riservati e poco comunicativi potenzia moltissimo I'om-
bra. Tra le forme di segretezza abbiamo per esempio la

u
negazione, I'inganno intenzionale, la paura di rivelare la
propria natura e il condizionamento di una famiglia di-
sfunzionale.
Nutrire sensi di colpa e vergogna. Siamo tutti suscettibili
di errore, nessuno è perfetto. Ma se proviamo vergogna
per i nostri errori e senso di colpa per le nostre imperfe-
zioni,l'ombra se ne alimenta e prospera.
Sentirsi dalla parte del torto. Se non troviamo altro mo-
do per sbarazzarci di vergogna e sensi di colpa, ci risul-
terà fin troppo facile giungere alla conclusione che sia
giusto così, e ci diremo: <Me lo sono meritato!> (o forse:
<Se lo sono meritato!>). Il giudizio non è che senso di
colpa con una verniciata di moralità, tanto pff masche-
rare il dolore.
Trovare qualcuno a cui dare Ia colpa. Se decidiamo che il
nostro dolore interiore è una questione morale, ci viene
spontaneo dare la colpa a qualcuno che percepiamo co-
me inferiore.
Ignorare le proprie debolezze e criticare quelle altrui. ii
questo il processo della proiezione, un fenomeno che
molti non vedono o non riescono a capire chiaramente.
In sostanza, ogniqualvolta cerchiamo di spiegare le cau-
se di una certa situazione attribuendola al Diavolo o a
Dio, stiamo semplicemente proiettando. Lo stesso vale
per l'identificazione degli naltriu,.i cattivi all'origine di
tutti i nostri problemi. Se crediamo che gli <altri> siano
il nostro problema, abbiamo semplicemente proiettato
la nostra paura, anziché assumercene la responsabilita.
Creare separazione tra se stessi e gli altri. Quando giun-
giamo a convincerci che il mondo è realmente diviso tra

45
(noi)) e <loro>, ci viene spontaneo attribuire al nostro
campo ogni qualità positiva, e farlo coincidere con la
nostra identità. Lisolamento che ne deriva accresce la
sensazione di paura e sospetto, ovvero proprio ciò in cui
prospera I'ombra.
. Lottare per tenere a bada il male. La conseguenza di tale
reazione a catena è che ci convinciamo che il male sia
sempre in agguato, ovunque. In realtà, è accaduto solo
che i creatori dell'illusione sono stati tratti in inganno
dalla loro stessa creazione. Una volta riuniti, i tasselli del
mosaico hanno conferito all'ombra un potere enorme.

Il primo passo da muovere per strappare all'ombra il suo


potere consiste nel portare allo scoperto i processi che la ali-
mentano. C'è una spirale che ci porta verso il basso. Parte
dal pensiero di dover mantenere certi segreti, ma poi, invece
di restarsene tranquillamente sepolti chissà dove, quei se-
greti cominciano a suscitare vergogna e senso di colpa. Allo-
ra interviene un atteggiamento autogiudicante, che però è
troppo doloroso, e poiché a
II prìmo posso da muovere un certo punto non possia-
per strappare all'ombro mo più conviverci, cerchia-
íl suo potere consíste mo un elemento esterno
nel portare ollo scoperto qualsiasi cui attribuire la re-
í processí che la alímentano. sponsabilità del nostro ma-
lessere. La spirale ci conduce
infine all'isolamento e alla negazione. E nel momento in cui
ci ritroviamo a lottare con peccato e demoni annessi, abbia-
mo ormai perso di vista la realtà fondamentale che potrebbe
salvarci, che non è la redenzione dal demonio. Tale realtà

46
fondamentale è che ci siamo volontariamente addentrati in
quel percorso, compiendo delle semplici scelte. Ne consegue
che per uscirne e invertire la rotta non dobbiamo fare altro
che adottare le scelte opposte.
Ho suddiviso tali scelte in quattro categorie:

1. Smettere di proiettare.
2. Distaccarsi e lasciar andare.
3. Rinunciare all'atteggiamento autogiudicante.
4. Ricostruire il corpo emotivo.

Le scelte di vita fondamentali sono possibili per chiun-


que, eppure quasi sempre finiamo per preferire il loro esat-
to opposto. Lombra ci ha convinto a dare la colpa al prossi-
mo, anziché assumerci le nostre responsabilità. Ci ha indot-
ti a ritenerci indegni di amore e rispetto, facendo in modo
che le nostre reazioni ai casi della vita siano caratterizzate
da rabbia e paura. Sono scelte disastrose da cui nessuno di
noi è esente, scelte che soffocano la nostra esistenza e ci pri-
vano di ogni gioia. Ecco perché è assolutamente indispen-
sabile che, tanto per cominciare, cominciamo a rovesciare il
processo. Prima cominciamo, meglio è!

Primo passo: smettere di proiettare

Secondo fung, l'ombra ci suggerisce di ignorare le no-


stre debolezze e di proiettarle sugli altri. Per evitare di sen-
tirci inadeguati, cominciamo a credere che siano proprio le
persone che abbiamo intorno a non essere all'altezza. Mi
vengono in mente molti esempi, alcuni dei quali estrema-
mente banali, mentre altri diventano questioni di vita o di
morte. Una stella del cinema
llombrd cí suggertsce dí viene criticata per avere Per-
ígnorare le nostre debolezze so tropPo peso, mentre l'in-
e dí proíettarle suglí aftrt. tera nazione è afflitta dal
problema dell'obesità. I mo-
vimenti che si oppongono alla guerra sono violentemente
criticati per la loro mancanza di patriottismo, e nel con-
tempo tutti pagano le tasse per uccidere cittadini di un
Paese che non ha mai arrecato nessun danno al loro. Sia-
mo tutti maestri nell'uso della proiezione, un meccanismo
di autodifesa che ci toglie dall'imbarazzo di doverci guar-
dare dentro.
Ma attenzione, perché si tratta di un meccanismo di di-
fesa inconscio! La proiezione si basa su uno specifico mo-
dello che potrebbe essere descritto in questi termini: Non
posso ammettere ciò che provo, quindi immagino che 1o
provi tu. In altre parole, se non riusciamo ad ammettere la
nostra rabbia, troviamo una
qualche categoria sociale da Quando seí ín pace
etichettare come violenta e con te stesso, non hoí nessun
pericolosa. Quando speri- motívo per pensore
mentiamo pulsioni sessuali che gIì oltri non vadano bene
inconsce che consideriamo come sono.
tabù, come I'attrazione per
qualcuno dello stesso sesso o tentazioni di infedeltà, pen-
siamo che siano gli altri a provare verso di noi quelle fanta-
sie perverse.
La proiezione è estremamente efficace. Produce una fal-

48
sa condizione di autoaccettazione, basata sull'idea: Io vado
benissimo così come sono, tu no! La vera autoaccettazione,
però, si estende anche agli altri: quando sei in pace con te
stesso, non hai nessun motivo per pensare che gli altri non
vadano bene come sono.

Stianw proíettando?

F.cco alcune tipiche forme di proiezione:

. Superiorità: So di essere migliore di te. Dovresti accor-


' gertene anche tu, e riconoscerlo.
. Ingiustizia: Non è giusto che queste brutte cose succeda-
no proprio a me. Oppure: Non me 1o merito.
. Arroganza:Yista la mia grandezza, perché mai dovrei
preoccuparmi di te? La tua stessa presenza mi irrita.
. Aneggiamento difensivo: Mi stai attaccando, ragione per
cui non ti presterò più ascolto.
. Condanna: Non ho fatto niente. È tutta colpa tua.
. Idealizzazione del prossimo: Quand'ero piccolo, mio pa-
dre era per me un dio; Mia madre era la persona miglio-
re al mondo; Luomo che sposerò sarà il mio eroe.
. Pregiudizlo: È uno di quelli, e sai bene che razza di gente
è. Oppure: Fai attenzione. È gente pericolosa.
. Gelosia: So che stai pensando di tradirmi. Lo vedo bene.
. Paranoia: Vogliono tutti cogliermi in fallo. Oppure: So
distinguere le trame oscure di cui nessun altro si accorge.

Ogniqualvolta si manifesta uno qualsiasi di questi atteg-


giamenti mentali, c'è un sentimento inconscio che si na-

49
sconde nell'ombra, e che non possiamo affrontare. Eccone
alcuni esempi tipici:

. Con la superiorirà mascheriamo la sensazione di essere


dei falliti, nonché I'idea che gli altri non vorrebbero pitr
avere niente a che fare con noi, se solo sapessero ciò che
valiamo realmente.
. Con l'ingiustizia camuffiamo i nostri sensi di colpa, o l'i-
dea che la responsabilità sia sempre e solo nostra.
. L-)arroganza è in realtà rabbia soffocata, e alle sue spalle
c'è un dolore radicato in profondità.
. L) atteggiamento difensivo serve a occultare la sensazione

di meschinità e debolezza. Se non fossimo sempre occu-


pati a difenderci dagli altri, finiremmo per attaccare noi
stessi.
. La condanna cela la sensazione di essere dalla parte del
torto, e di doverci vergognare per ciò che siamo.
. Con l'idealizzazione del prossimo cerchiamo di dimenti-
care che ci sentiamo ancora come un bambino debole e
impotente che ha sempre bisogno di protezione e cure.
. Il pregiudizio copre il senso di inferiorità, e ciò che ne
consegue: la convinzione di meritare il rifiuto degli altri.
. La gelosia maschera l'impulso alla trasgressione, o una
sensazione di inadeguatezza sessuale.
, La paranoia occttlta un'ansia profondamente radicata e
insostenibile.

Come potete vedere,la proiezione è molto più sottile di


quanto si possa immaginare. Eppure è proprio questa la
porta aperta attraverso cui I'ombra irrompe nella nostra vi-

50
dentro la nostra testa, quel continuo ripeterci che dobbia-
mo assolutamente <beccarli>, un giorno o I'altro. Chi? I co-
munisti, gli spacciatori, i criminali, i pedofili... È una lista
senza fine. Ma invece di accettare a occhi chiusi tutti i moti-
vi che ci spingono a ritenere <loro> responsabili di ogni
male nel mondo (motivi che potrebbero anche essere vali-
di), proviamo a intraprendere un percorso diverso. Guar-
diamoci dentro e cerchiamo di capire quali verità personali
potremmo scoprire analizzando il giochetto del <è tutta
colpa vostru.
Una volta il celebre maestro spirituale indiano Jiddu
Krishnamurti stava tenendo un discorso, allorché qualcuno
del pubblico si alzò e disse: <Voglio la pace nel mondo. Ri-
fiuto assolutamente la guerra. Che cosa posso fare per favo-
rire la pace?>
<Smetti di essere una causa della guerra>, gli rispose Kri-
shnamurti.
La persona che aveva posto la domanda fu colta di sor-
presa: <Ma io non sono a favore della guerra. Voglio soltan-
to la pace!>
Krishnamurti scrollò il capo e ribatté: <Le cause della
guerra sono proprio dentro di te. È la tua violenza, nascosta
e negata, a originare guerre di ogni genere, siano queste al-
l'interno della tua famiglia, tra le diverse classi sociali o tra
le nazioni>.
È una risposta che mette a disagio, ma penso sia fonda-
ta, perché, proprio come dissero i rishi (veggenti) vedici:
<Tu non sei in questo mondo. È il mondo a essere in te>. Se
così fosse, vorrebbe dire che la violenza presente nel mondo
è in realta in ognuno di noi. Prima che si iniziasse a parlare

52
dell'ombra, una dichiarazione del genere sarebbe sembrata
mero misticismo. Ma quando ci rendiamo conto che parte-
cipiamo a un Sé condiviso, non possiamo evitare di consta-
tare che qualsiasi impulso di rabbia, Paura' risentimento e
aggressività procede direttamente da ognuno di noi all'in-
conscio collettivo, e viceversa.
Mi rendo perfettamente conto che coglierci sul fatto
ogniqualvolta proiettiamo le nostre negatività più nascoste
non è facile. La negazione è dawero Potente. fombra è
maestra nell'arte della segretezza. Qtando idealizziamo
qualcun altro e ne facciamo un eroe,la perfezione che di-
sperde le tenebre, alla base di
quel nostro pensiero c'è una llombra è maestro
negatività assai difficile da co- nell',arte della segretezzo,
gliere. Occulta, ma concreta,
perché immaginare che qualcun altro sia assolutamente
perfetto maschera un profondo senso di inferiorità. Peral-
tro, sarà sufficiente tornare al precedente schema delle for-
me di proiezione e consultarlo il più spesso possibile per
riuscire a identificare le forme di difesa di cui ci stiamo ser-
vendo.

Entrare ín contatto conle enwzíoni ndscoste

Nel momento stesso in cui ci rendiamo conto che la


stiamo proiettando, dobbiamo assolutamente entrare in
contatto con la nostra emozione nascosta. Facciamolo subi-
to, senza indugi, perché si tratta di un'opportunità di cui
possiamo fruire soltanto per brevi istanti. È una porta che
si socchiude per,Poco tempo, ragione per cui dobbiamo ap-

53
trattato soltanto di una storia qualsiasi, ma di un episodio
che ci ha messo in imbarazzo.>
Sono poche le persone che, in un frangente del genere,
hanno il coraggio, o I'acume, necessari per riconoscere ciò
che gli è realmente passato per la testa. Bisogna dare merito
a quel giovane perché seppe
approfittare del confronto. Se non cí fermíomo un ístante
Come poi mi spiegò: <Non a chíedercì: <<Che coso sto
mi soho messo automatica- dawero provondo ín questo
mente sulla difensiva. Al momento?>> voltìamo
contrario, ho fatto quello Ie spolle all'attenzíone,
che la padrona di casa mi ollo dísponíbílítit,
aveva chiesto: sono tornato oll'operturo, oll'onestìt
a quegli istanti e ho capito e oI coroggío. E così facendo
che aveva ragione lei. Ero lì concediomo all'ombra
seduto a tavola, gustando ci- l'ennesímo tríonfo.
bi e vini che non avrei mai
potuto permettermi. Per certi versi, quella situazione era
umiliante perché sapevo che non avrei mai Potuto sdebi-
tarmi adeguatamente>.
Era stato proprio quello il motivo che lo aveva spinto a
raccontare un episodio umiliante: la percezione improlvisa
di unumiliazione, e la necessità di nasconderla ricorrendo
all'umiliazione di qualcun altro.
È un semplicissimo esempio delle qualità di cui abbia-
mo bisogno se vogliamo riconoscere ciò che si cela nel no-
stro animo: attenzione, disponibilità, apertura, onestà e co-
raggio. In altre parole, se non ci fermiamo un istante a chie-
derci: Che cosa sto dawero provando in questo momento?
voltiamo le spalle all'attenzione, alla disponibilità, all'aper-

55
tura,
all’onesta E cos facendoconcediamoal-
e al coraggio.
I’ombra
I’ennesimo trionfo.

Farepace conleproprie
emoz on

Nel momentostessoincui riusciamo a sperimentare le


emozioniperquello che sono realmente, possiamofareuna
Anzi,
scelta. per meglio dire, abbiamo
ampie possibilit di
Una delleopzioni
scelta. possibiliconsiste I’e-
nel ricacciare
mozione nell’oscurit da cuiŁ venuta. Oppure possiamo
pernon esserecos buonicome vorremmo.Inal-
incolparci
possiamoattaccare
ternativa, I’emozione inquestione, do-
lerceneo scusarci peraverlapartorita. Nessuna diqueste
ha unutilit
scelte Inrealt
. facendorendiamoun ul-
, cos
terioreservizio all’ombra, rinforzando l’emozione e ren-
dendolaancorapiøindesiderata.
Per quantopossasembrarestrano, anche leemozioni
hanno leloroemozioni. Fanno partedinoi, e sanno bene
quando non sono benvolute. La paura peggiora le na-
cosei
scondendosi,la rabbiafacendofinta dinon esserci. Questo
rappresenta una buonapartedelproblema: come possia-
mo guarireun’emozione indesiderata, se questasirifiuta di
collaborare?Impossibile! FinchØnon faremopace con le
emozioninegative, continueranno a tormentarci. Ilmodo
idealeditrattare la negativit consiste invecenelricono-
scerla.Non c’Łbisogno d’altro.
Nessun drammaticocon-
fronto,nessuna catarsi. Limitiamoci a sperimentare I’emo-
zione- larabbia, lapaura,I’invidia, I’aggressivit o
quant’altro- e diciamole: . chemi appartie-
<So che seil So
ni>.Non Ł peraltro necessario che ce la facciamo piacere. Si

56
tratta
semplicemente di un processo. Rabbia e pauratorne-
rannoa manifŁstarsi, e cos qualsiasi altra emozione
profondamente nascosta.Ma quando lofarannosafemo
prontia riconoscerle, il tempo ilmessaggioverr rece-
con
pitoe leemozioniindesiderate cominceranno a sentirsi
meno indesiderate.
Soloa quelpunto potremo dawero cominciare a pre-
stargli
ascolto. Bene impacchettato nelcuorediogniemo-
zionec’Łinfatti un preciso racconto: <Sono quiperquesto
motivo>. Qualeche sia lalorostoria, ascoltiamola dunque a
cuore aperto. Qualsiasitrauma abbiamo mai sperimentato
inpassato, dagli incidentid’autoalle pene d’amore, dai li-
cenziamenti fallimenti
ai scolastici,le scorie si saranno si-
curamenteraccolte nell’ombra. Avremo cos accumulato
ci che alcuni psicologichiamano <debito emotivo rispetto
alpassato>.Per saldarlodobbiamoprestare sto-
ascolto alle
rieche ha dietro. Per esempio, (non sono mai riuscito ad
accettarediesserestatoscartato dalla squadradicalcio>,
oppure<mi sentoincolpaperchØrubavodalportamonete
dellamamma>>.La maggiorpartediquestestorie sono ra-
dicatenell’infanzia,perchØŁ proprio questoil terreno piø
incui impariamo
fertile, che cosa sono il senso dicolpa,la
vergogna,il risentimento e il
senso d’inferiorit ,
nonchØ
tuttelealtre negativitfondamentali che poi continueremo
a portarciappresso.
Dovremmo ascoltare quantoleemozionihanno da rac-
contarcicon spirito benevoloe pienod’accettazione. Ripe-
tiamoci che,dopotutto, se ci siamo aggrappati a quellane-
gativit Ł stato per un motivo ben preciso.Non abbiamo
avutoaltra sceltaperchØcisiera segretamente depositata

57
nell’ombra,e viera rimasta Ragionepercuinon ab-
celata.
biamo fatto nientedimale:lenostrevecchieemozionicisi
sono semplicemente addosso,per proteggerci
appiccicate e

impedirci disperimentare nuovamentelestesseferite.


Farepace con tutto trasformare
ci significa ilnegativo
inpositivo.La pauranon ciŁ rimasta per
incollata farcidel
male,ha solopensatoche
Le nostre vecchemoze oniavessimobisognodi lei per
cisisono semplicemente traumi:
da ulteriori
tutelarci
oppicc cate sddosso,un altropartnerpronto a ri-
per proteggerc e mped rc fiutarci,un altro genitore
disperimentore nuovamenteprontoa sgridarci, un altro
lestesseferite. capo Prontoa licenziarci.
questi
Tuttavia, eventi non si
ripeteranno piø,almeno non nella formaincuili abbiamo
giavissuti.
Ijultima cosa che dovremmo fareŁ dunque riciclare
quelle vecchie emozioni.Owiamente,la tentazioneŁ molto

forte.Se ciritrovassimo in
intrappolati una situazione fru-
strante,sentiremmoilforte impulsoad aprireilnostroba-
gaglio diemozionie tirare fuori Neimomentidi
la rabbia.
tensione ricorreremmo Ma se continuassimo
all’ansia. a ri-
lpolverareleemozionidelpassato, non faremmoaltro che
rinforzarlo.
Nessuno dinoiha piøbisognodidifendersi da un’in-
hnziache ormaisiŁ conclusa.Anche se tali
situazionifa-
- nessunopu dirlo
dovesseroripetersi
migliari con certez-
za - ormaisaremmo comunque Non
vaccinati. conservia-
mo un solomotivoperaverepaura,ma dozzine! E peresse-
rccerti condividiamo paurecol-
dinon dimenticarcene, le

5l
piir
lettive comuni,come quella deicrimini,
deinemici, dei
naturali
disastri eccetera.Fare pace,il
piir e il
meglioche
possiamo,con emozionicome lapaura,la rabbiae I’aggres-
, potr arrecarci alcun
sivitnon danno.La nostrapsiche
continuer ugualmente a ricordareci dicuiha bisogno.
Dopo avereimparato come affrontare laproiezione,
possiamo passarealladomanda seguente.Dopotutto,per-
chØ abbiamo bisognodidifenderciS¨ una questionedifon-
damentaleimportanza, perchØ ci riporta
almotivo princi-
palepercuiI’ombra esiste.

e lasciar
Secondo passo:distaccarsi andare

PerchØŁ cos difficile andareleemozioninegati-


lasciar
ve? C’Łpiødiun motivo.
Tantopercominciare,le
emozio-
ninegativesono lapuntadiun iceberg, cosicchØ
ogniqual-
voltacilasciamoprenderedalla (tanto
rabbia o dall’ansia
perfareun esempio)significa che nell’ombra c’Łmolto,
moltodipiir.Secondo,la negativitŁ <appiccicosa>:si at-
taccaa noinellastessamisurain cuinoici aggrappiamo a
¨ semplicementeun meccanismo disoprawivenza:
lei. le
emozioni pensano diavere ogni diritto
di E
esistere. pro-
priocome ognuno dinoi, tendono a giustificarepropria
la
esistenzavantandodeimotivi, costruendosi dellestorie
Malgradotutto
convincenti. ci ,possiamo ugualmente im-
andarela negativit .
pararea lasciar
con il
Ilprocessoha inizio delleemo-
riconoscimento
zioniche,perquantopossanorisultarci
indesiderate, devo-
insuperficie:
no essereportate dicui ci
Ł I’aspetto siamo
appena occupati.
Bene, adessodobbiamo distaccarcene. ¨
una questioned’equilibrio,
perchØse da un lato vogliamo
assumercenela responsabilit (<Łrobamia>), dall’altro
dobbiamostareattentia non esagerarepernon dentificarci
(nquesto
con la negativit sono io>). Non appena ricono-
sciamo ilnostro vero non sia-
SØ, che staaldil dell’ombra,
mo pitrla nostra negativit .
Ecco perchØdovremmo con-
siderarequalsiasi
reazione negativa come una sortadial-
lergia dioinfluenza,qual-
Non oppena rtconosc amo cosa chepesa sulnostroes-
che sta seresoloperuna certafra-
lnostrovero SØ,
al di non siomozioneditempo. Certo,
Iø dell’ombra, l’al-
p øIanostra negat v tø.lergiaŁ un problemache
possiamosperimentare,ma
non siamo soloe soltanto Una influenza
quell’allergia. po-
tr farci questonon significa
staremalissimo, ma che siamo
condannatia rimaneremalati
persempre.
Quando troviamo il
modo diridurrela vischiosit
delle
emozioninegative,cominciamoa distaccarcene.
Le seguenti
affermazioni diseguitovanno esattamente
riportate in
quelladirezione:

. Non durer persempre.


Posso farcela.
. Ho gi vissutoqualcosadelgenere.E I’ho
superato.
. Prendermela con mi far sentire
qualcunaltro non me-
glio.
. Nel giocodella colpa mai nessuno.
non vince
. finzione
Vivere nella rimpianto
conduce al e alsensodi
colpa.
. Posso esserepaziente.Devo e vederese tra
solo aspettare
un po’le cose andrannomeglio.

60
. Non sono solo.Posso chiedereaiutoa qualcunopersu-
perarequesto scoglio.
. Sono moltodipiødiquestemie emozioni.
. Glistatid’animovanno e vengono,anchequelli
peggiori.
. So come ritrovare
ilmio equilibrio.

Se riusciamo a trasformare inrealtuna qualsiasi di


questeaffermazioni, avremo conquistato uno strumento
peraffrontare le difficoltCome
. si fa? Basta volerlo!Dob-
biamo averelaprecisa intenzione diesercitare ildistacco,
rio,
I’e quilib lap azienzae auto
I’ co ns apev M
olezza. antenen -
do taleintenzione, cischieriamo automaticamente dalla
partedeldistacco. L atteggiamento opposto consisteinvece
a talpuntoda renderelanegativit
nell’attaccarsi ancora
piir E ci accade quando nutriamo
appiccicosa. pensieridel
genefe:

. Stomale da cani.Non me PerchØdeve toccare


lo merito.
proprio
a me?
. Qualcunola dovrpagare.Questanon me lasono cer-
cataio.
. Con chidevo prendermelaadesso?
. Questa situazione
mi stafacendoimpazzirel
. Nessuno pu aiutarmi.
. Come possolimitarmi che questeemozioni
ad aspettare
da sole?
spariscano
. Per farcelaho mia drogapreferita.
bisognodella
. Quando mi sentocos male,Ł meglioche glialtri
siten-
larga!
gano alla
. Qualcunomi salvi!
6l
. Questa cosa dev'essere sistemata subito!
. Mi sento così e non posso farci niente. È la mia natura.

Mi rendo conto che in Occidente il termine <distacco>


viene spesso identificato con il tipico fatalismo o indiffe-
renza degli orientali. Sarà quindi opportuno riformularlo,
in modo che risulti più positivo: <distacco> non significa
affatto <indifferenza>, bensì rifiutare che la negatività ci si
appiccichi addosso.

Terzo passo: rinunciare all'atteggiamento


autogiudicante

Le emozioni che sperimentiamo sono quelle che pensia-


mo ci servano. Eppure molto spesso non sono affatto le
emozioni che vogliamo. Tutt'altro! Fatto sta che siamo tutti
bravi a mascherare da <buone> le emozioni <negative>, il
che si riduce proprio a un atteggiamento autogiudicante.
Bene awiluppata in ogni emozione negativa - dalla rabbia
alla paura, dall'invidia all'ostilità, compresi il vittimismo,
I'autocommiserazione e I'aggressività - c'è un'immagine di
sé che ha proprio bisogno di queste emozioni negative.
Non esistono due persone al mondo che se ne servano esat-
tamente nella stessa maniera: la nostra identità è costruita
in modo unico e irripetibile. Alcune persone utilizzano la
paura per motivarsi a superare le sfide che si trovano di
fronte, mentre altre la usano per sviluppare dipendenza e
vittimismo. C'è chi fa ricorso alla rabbia per controllare
chiunque gli capiti a tiro, ma c'è anche chi ha una gran

62
paura della rabbia e non la manifesta mai. Eppure la nostra
percezione del Sé, e quindi la nostra stessa autostima, è le-
gataa ogni nostra emozione.
Nessuna emozione è infondata, ma aggiungendo I'in-
grediente dell'autogiudizio possono danneggiarci tutte. La-
more mal riposto, distorto o
respinto, ha distrutto piìr di Nessuna emozione
una vita. <Stavo solo cercan- è infondata.
do di essere d'aiuto> sembra Ma aggíungendo I'ingrediente
un'affermazione positiva, dell'autogíudízio, possono
scaturita dalla preoccupa- donneggíorcí tutte.
zione per il prossimo, ma
quante volte ce ne serviamo Per mascherare intrusioni
inopportune? Possiamo anche creare un'immagine di noi
stessi immune dall'autocensura, se è ciò che vogliamo.
C'è un'infinità di gente che non aspetta altro, e ci sono
quasi altrettanti esperti pronti a spiegarci come fare. Ma se
le nostre emozioni continueranno a esercitare i loro effetti
negativi, non riusciremo a creare il Sé che desideriamo. In-
fatti è estremamente difficile avere una buona autostima
quando diamo libera espressione a emozioni primarie co-
me la rabbia e la paura. E allora che fare se né repressione e
rimozione, né dare libero sfogo alle emozioni rappresenta
una soluzione?
A mio parere, I'empatia ha un'impoftaîza estrema' Se
solo riuscissimo a osservare ciò che siamo diventati, e dirci:
<Va bene così. Capisco), otterremmo due risultati diversi.
Tànto per cominciare, ci asterremmo dal condannarci per
le nostre emozioni, poi ci concederemmo il permesso di es-
sere ciò che siamo. Di norma dirigiamo I'empatia verso I'e-

63
sterno e dimentichiamo fin troppo facilmente di rivolgerla
anche verso noi stessi.
Questo mi è stato ricordato da un incontro singolare
con una ragazza,che mi ha posto una domanda stimolante:
<Presto sempre ascolto agli altri, e mi stavo chiedendo se
nell'essere comprensivi e solidali si possa rischiare di esage-
rare>.
Per tutta risposta, le ho chiesto di descrivermi che cosa
accadeva quando dava retta agli altri.
<Beh, è un po'strano), mi ha spiegato. <La mattina,
quando mi alzo, sto a sentire i miei famigliari e offro loro la
massima comprensione. Sono sempre stata così, fin da
bambina. Al lavoro i colleghi mi raccontano i loro problemi
perché sanno che li so ascoltare. Ma di recente è cominciato
a capitarmi persino con la gente che incontro per strada:
voglio dire che dei perfetti sconosciuti hanno preso a spiat-
tellarmi i loro guai... Ho sentito storie di ogni genere!>
<E tu trovi sempre il tempo per manifestare a tutti la tua
comprensione?> le ho domandato, e mi ha risposto con un
cenno di conferma.
<Non penso proprio che questo rappresenti un rischio
per te>,le ho detto infine.
Laragazza si è mostrata sollevata.
Poi ho continuato: <Forse non te ne rendi neppure con-
to, ma stai facendo qualcosa di straordinario, e sono con-
tento che tu esista>.
Lei non si aspettava quel commento, e ne è sembrata
imbanzzata. Però è proprio così: non ci sono molte perso-
ne al mondo che possano dire di avere un eccesso di empa-
tia per gli altri!

64
<Però attenta, perché puoi anche cadere in qualche trap-
pola>, ho concluso. <'Empatia' è sinonimo di'compassione'.
E la parola'compassione' significa'soffrire con'. Ciò signifi-
ca che devi tutelarti, perché se alla fine ti senti esaurita, vuol
dire che la tua compassione è stata esercitata male. Bisogna
sempre stare attenti a non lasciarsi sopraffare, né ritrovarsi
a sperimentare lo stesso malessere della persona verso cui si
manifesta compassione.>
Nella sua manifestazione ottimale,la compassione ri-
sulta utile sia per chi la offre, sia per chi la riceve. Dopo
quello scambio di battute mi sono ritrovato a pensare in
che modo questo potesse applicarsi al Sé.In ognuno di noi
c'è una voce, una figura che si erge a giudice. Possiamo
chiamarla coscienza o Super-Io, ma comunque non è qual-
cosa di esterno, come un giudice togato o un genitore. Ep-
pure agisce indipendentemente, stabilendo il valore di ciò
che siamo e di ciò che pensiamo. Per esempio, immaginia-
mo di esserci arrabbiati ingiustamente contro qualcuno e
di sentirci in colpa per il modo in cui ci siamo lasciati an-
dare, inveendo senza ritegno. La nostra mente giudicante ci
dirà: <Hai sbagliato. Probabilmente ti sei ficcato nei guai, e
te li meriti>. Un pensiero del genere potrà anche esserci
utile, in un certo senso. Ma quella mente giudicante non è
diversa da ciò che siamo, e quindi con quella condanna in
realtà ha condannato se stessa. La vocina che ci sgrida per-
ché abbiamo sbagliato o siamo stati dawero cattivi è un
personaggio immaginario e, come avrete già notato, non
mostra mai una particolare compassione nei nostri con-
fronti. Per continuare a esercitare il suo potere, deve infatti
intimidirci.
Ma che cosa accadrebbe se cominciassimo a rivolgere la
compassione verso noi stessi? Il giudice interiore prende-
rebbe a dissolversi. Nel caso della ragazza di prima, avevo
capito che non stava manipolando quel suo atteggiamento
empatico in modo egoista, come spesso accade alle persone
che sentiamo commentare: <Dopo avere visto quanto è tur-
bato quel mio amico, mi sento molto meglio con me stes-
so>. Al contrario, lei manifestava semplicemente la sua
compassione lasciandola fluire, e aprendo così un canale di
comunicazione. Dovremmo fare lo stesso con noi stessi.
Tànto meglio se poi quel canale conduce a Dio. Nella sua
migliore espressione,la compassione ha un particolare ruo-
lo terapeutico: quando offriamo la nostra empatia,le pene
degli altri trovano ascolto e assurgono a un livello superiore
di consapevolezza.
Con ciò non intendo dire che dovremmo rinunciare alla
nostra coscienza, ma quando la coscienza è lì soltanto per
punirci e farci sentire indegni, vuol dire che sta dawero
esagerando, e che è venuto il momento di rinunciare a
qualsiasi forma di giudizio ci vincoli a una percezione limi-
tante di ciò che siamo. Nella dimensione dello spirito o di
Dio (possiamo chiamarla come meglio preferiamo),la sof-
ferenza può essere guarita. E grazie alla nostra empatia pos-
siamo aprire un canale alle energie guaritrici. Possiamo di-
ventare noi stessi un canale del genere: è un'aspirazione
meravigliosa, giacché costituisce una delle più grandi gioie
della vita, e sicuramente la più pura.
Quarto passo: ricostruire il corpo emotivo

Non appena un'emozione negativafal,a sua comparsa,


possiamo sostituirla con qualcosa di nuovo. È proprio que-
sto il processo che definisco <ricostruzione del corpo emo-
tivo>. Abbiamo tutti un'idea ben precisa di come dovrebbe
essere un corpo fisico ideale: snello, sano, giovane, pieno
d'energia, bello a vedersi. Per quanto concerne le nostre
emozioni (il nostro (corpo emotivo>), valgono criteri di-
versi.Il corpo emotivo, proprio come quello fisico, dev'es-
sere nutrito adeguatamente. Se rispetto all'ambiente rea-
giamo sempre nello stesso modo, può stancarsi e indebo-
lirsi. Inoltre, il corpo emotivo è soggetto a malattie, soprat-
tutto se viene esposto a tossine e abitudini malsane.
Ogniqualvolta percepiamo la presenza di un'emozione
negativa, il corpo emotivo esprime disagio, rammarico,
fatica o dolore. Dovremmo prestare attenzione a tali sinto-
mi, proprio come facciamo per il dolore e il disagio fisici.
Quando abbiamo un sassolino in una scarpa non esitiamo
un istante a toglierlo. Eppure, quanti macigni emotivi con-
tinuiamo a portarci appresso? Per molti versi, le nostre
priorità dovrebbero essere capovolte. Pensiamo al tempo e
al denaro spesi per evitare di invecchiare. Per garantirci che
il nostro corpo possa continuare a mantenersi funzionale e
in salute anche in età avanzata, ce ne prendiamo gran cura,
dedicandogli tempo ed energie. Paradossalmente, il corpo
fisico invecchierà sempre di più rispetto a quello emotivo.
Le nostre emozioni non sono infatti soggette allo stesso de-
cadimento di muscoli e ossa, perché la fonte della giovinez-
zae delrinnovamento è sempre a portata di mano. Ragione

67
per cui il nostro corpo emotivo dovrebbe mantenersi ener-
gico, attento, flessibile. Piacevole, insomma. Penso che l'e-
spressione <leggerczza dell'essere> rappresenti bene tutte
queste qualità.
I bambini sperimentano spontaneamente tale forma di
levità. Giocano e ridono, dimenticano facilmente i traumi e
tornano in fretta alla gioia di vivere. Qualsiasi cosa provino,
affiora immediatamente. Ma quest'epoca di spensieratezza
giunge rapidamente al termine. Osservando da vicino un
bambino, già possiamo percepire in lui i primi segni delle
tendenze che lo porteranno alla sofferenzafulr;ra, nonché
cogliere il momento in cui I'ombra comincia a intessere le
sue tattiche di proiezione, condanna, senso di colpa e
quant'altro. Ecco perché la ricostruzione del corpo emotivo
costituisce la migliore strategia a lungo termine per ognuno
di noi, giacché si può ben dire che il nostro futuro dipenda
dalla nostra capacità di sciogliere il nostro passato. La chia-
ve è possedere una vision, che potrà poi essere messa in atto
un giorno dopo I'altro.I consigli in proposito non manca-
no di certo, sia in questo libro sia in molte altre fonti. Tutta-
via, in assenza di una visione, persino i migliori consigli di-
ventano confusi e frammentari.
La visione sarà utile per ricostruire il corpo emotivo se
comporterà almeno alcuni dei punti seguenti:

. Procedere Yerso finterezza.


. Imparare a essere elastici.
. Scacciare i demoni del passato.
. Guarire le vecchie ferite.
. Fare affìdamento sulle proprie migliori qualità.

6tì
Adottare ideali realistici.
Donarsi.
Essere generosi, specialmente con la propria anima.
Capire fino in fondo le proprie paure.
Imparare l'autoaccettazione.
Comunicare con Dio, o con il proprio Sé superiore.

IJaspetto fondamentale, irrinunciabile della ricostruzio_


ne del corpo emotivo consiste nel procedere verso l,interez_
za. Le emozioni non possono essere rimodellate indipen_
dentemente da tutto il resto, giacché si fondono e si mesco_
lano con pensieri, azioni, aspirazioni, desideri e relazioni.
Qualsiasi emozione sperimentiamo si espande, invisibile,
nel nostro ambiente, influenzando le persone che ci circon_
dano, e in definitiva la nostra società e il mondo intero. Do_
po avere lavorato con migliaia di persone, per anni e anni,
sono arrivato a constatare che senza interezza i cambia_
menti che si possono ottenere sono soltanto superficiali.
Vediamo, quindi, in che modo possiamo sviluppare un
approccio alla nostra esistenza come realtà unica, un pro_
cesso che includa qualsiasi pensiero o azione del passato o
del futuro.
Potrà sembrare fin troppo impegnativo, ma per sfuggire
alla nebbia dell'illusione c'è una sola via d'uscita: la realtà.
In effetti, la realtà è una sola, e nessuno di noi può separar_
sene. Del resto, basta r-iconoscere i vantaggi enormi del <di_
morare nella pienezza>, per far cessare qualsiasi volontà di
allontanarsene. Il nostro Sé diviso, che rappresenta il nostro
più grande investimento nel mondo, non è ciò che siamo
realmente. Anzi, potrebbe benissimo trattarsi di una totale

69
illusione, come ebbe a dire il Buddha. Quel Sé di
cui ci
la
prendiamo tanta cura ogni giorno, e che consideriamo
pratico
nostra sola prospettiva sulla realtà, è un artificio
graz\e al quale I'Io Può sentrr-
Fer sfuggire ulla nebbía si a suo agio. C'è Però qualco-
deÍl'ill.usíone {è una sola sa che I'Io stesso non riesce a

vis d'uscita: ls resltù" comprendere: se solo rinun-


ristretto ed egoi-
ciasse al suo
meglio'
stico interesse personale, potrebbe sentirsi ancora
Quando ciò accade, emerge allora
il vero Sé' e solo in quel
pienezza
momento è possibile giungere all'rntetezza' alla
dell'essere.

l.lna nuoua realtà' un nuoÚv Potere

linterezzasbaraglia I'ombra assorbendola' Il male e


le

malefatte non sono più messi in isolamento' In


precedenza
l'esempio
ho detto che danneggiare I'ecosistema costituisce
perfetto di come un comportamento errato possa venire
cam-
negato e nascosto sotto il tappeto' È però sufficiente
biare prospettiva per scoprire che I'ecosistema è assoluta-
mente interconnesso: il comportamento di ognuno
di noi
influisce sull'esistenza di tutti gli altri' Non c'è un
singolo
isolato'
elemento di questo pianeta che possa considerarsi
provocati dagli
come se fosse immune dai danni ecologici
pro-
altri. Lintetezza ttasforma completamente la nostra
spettiva.
Proviamo allora a espandere il concetto di <ecosistema>'
trasferendolo in un contesto più ampio' t\nterezza
dev'es-

70
sere tale da prendere in considerazione le leggi antinqui_
namento, le battaglie per combattere il surriscaldamento
planetario, I'atteggiamento personale in merito al riciclag_
gio, e in definitiva il nostro stesso modo di trovare la fe-
licità. Possiamo continuare a vivere felici e contenti man_
tenendo uno stile di vita che sta lentamente distruggendo
I'ambiente naturale? Quale che sia la nostra posizione, è
comunque parte integrante
dell'ecosistema, della rete di L,ínterezza sbaraglia I'ombra
relazioni in cui è immerso assorbendolo. II male
tutto ciò che esiste. Se per- e le malefatte non sono piùt
cepiamo tale rete come una messi ìn isolomento.
dimensione invisibile in cui
confl uisce tutto, comin ceremo a ricono scer e l, inter ezza lad,_
dove in precedenza vedevamo soltanto divisione.
Per quanto concerne il dibattito sulle problematiche
ambientali,le vie da seguire sono due: possiamo continuare
a negare il problema, oppure affrontarlo a viso aperto. In
realtà,la prima alternativa è una falsa soluzione, ineffìcace
per risolvere la paura sottesa, il senso di colpa per la distru_
zione dell'ambiente e i disastri che ne scaturiranno. La se_
conda possibilità conduce invece direttamente all'elimina_
zione della paura e del senso di colpa nell,unico modo pos_
sibile, e cioè risolvendo le problematiche che conducono a
quelle particolari emozioni. E lo stesso discorso vale per
I'ombra. Insomma, ogni problema richiede un approccio
olistico. La negazione è una falsa soluzione.
In realtà, riconoscendo e abbracciando l,ombra ci ga_
rantiamo nutrimento, perché lapienezza della vita è nutri_
mento, il che equivale a dire che la vita esiste per sostenere

71
se stessa. Quando restiamo intrappolati nel dramma del
bene contro il male imponiamo invece la nostra prospettiva
limitata, mentre anche se qualcuno commette un crimine
violento, o imbraccia le armi e va in guerra, o ancora si tra-
sforma in carnefice,le sue cellule e i suoi organi continuano
a funzionare. Il corpo tende a mantenersi in vita, indipen-
dentemente dallo stato confuso e conflittuale in cui versa la
mente.

lJna nuov;l concezione .lel motrdcr

Le rappresentazioni teatrali sacre del Medioevo, che ve-


nivano messe in scena durante feste o banchetti, si ispirava-
no allo sguardo arcigno del male per trasformarlo in burla
cosmica. Il Diavolo diventava un personaggio comico che si
dedicava a ogni genere di malefatte, tentava le anime e le
sprofondava nel tormento, senza mai riuscire a capire che
in definitiva Dio era più potente. Alla fine lo stesso Satana
veniva redento, e in fin dei conti era proprio lui a essere
burlato, perché nessuno può sottrarsi a Dio. In termini reli-
giosi, tali rappresentazioni sacre volevano illustrare come
l'interezza avesse sempre la meglio sulla divisione. Se conti-
nuiamo a vedere il mondo in termini di lotta tra il bene e il
male, significa che nemmeno noi abbiamo colto il senso
della burla cosmica.
Possiamo interpretare in modo diverso tutti quegli
aspetti del nostro essere che consideriamo profondamente
errati, ma troppo dolorosi per poter essere affrontati a viso
aperto. La vita - intendo tutta la vita, la mia e la vostra -

72
trascende qualsiasi contrapposizione dualistica vittoria_
sconfitta. Llinterezzava ben oltre le spiegazioni semplicisti-
che basate su causa ed effetto. Siamo parte integrante della
rete di relazioni, e svolgiamo la nostra parte in un contesto
molto vasto. Appena ci ren-
diamo conto di fare parte Rinuncíamo at giudizío
del tutto, emerge una nuova e gustíamo invece I'esperíenza
comprensione. Non abbia- concreta della compassíone,
mo più bisogno di affibbiar- dell'amore e del perdono.
ci etichette, né di giudicare E questo Ia guarigione che
gli altri all'interno della scaturísce dallo pienezza
drammatica lotta tra bene e dell'essere.
male, tra giusto e sbagliato.
Rinunciamo al giudizio e gustiamo invece I'esperienza con_
creta della compassione, dell'amore e del perdono. È questa
la guarigione che scaturisce dalla pienezzadell'essere.
Ma c'è dell'altro: la percezione olistica alimenta anche
una profonda conoscenza intuitiva, cioè riconosciamo i
motivi per cui la realtà è così com'è. Si sente spesso dire: <Se
le cose vanno in questo modo, ci sarà pure un motivo>, ma
quando poi proviamo a chiedere quale sia tale motivo, nes_
suno sa spiegarcelo. La mente continua a cercare invano
spiegazioni basate sul principio di causa ed effetto, fino a
elaborare le piir astruse ipotesi: <Una volta ho tradito mia
moglie e adesso sono in bancarotta: è la mia punizione>;
<Ero sempre pieno di rabbia, e adesso ho il cancro>; <La
nostra comunità ha smesso di credere ai comandamenti di_
vini, ed eccola spazzatavia da un uragano!>
Forse anche voi troverete assurde queste affermazioni,
eppure, nel profondo del vostro essere, ci sarà sempre qual_

73
che forma di superstizione analoga. È un tratto caratteristi-
co dell'essere umano, ed è dovuto al fatto che non ci è stato
spiegato nessun altro modo per interpretare I'operato mi-
sterioso e invisibile della realtà.
Vorrei però proporvi una visione alternativa: e se tutto
ciò che esiste, il visibile e l'invisibile, facesse riferimento a
un singolo schema? In questo schema I'intero universo è
fatto di coscienza. Gli eventi di più vasta portata, come la
nascita e la morte delle galassie, sono connessi a quelli pir)
piccoli, come I'interazione delle particelle subatomiche.
Non c'è nulla che esuli dalla coscienza unica, quella che in
epoche precedenti era chiamata <la mente di Dio>. Ma non
è necessario fare ricorso alla terminologia religiosa. Resta il
fatto che, proprio come il concetto tradizionale di Dio, tale
coscienza è infinita, ubiquitaria, onnipotente e onnisciente.
Si dispiega in un'infinità di forme e modelli. Se percepite
attraverso i cinque sensi, alcune di queste forme possono
sembrare prive di coscienza. Se dicessimo che una medusa
che pulsa nelle acque del Pacifico, un sasso sulle pendici
dell'Everest o una goccia di pioggia che cade sul Brasile so-
no fenomeni dotati di coscienza, potremmo passare per
pazzi. Ma qui non stiamo parlando di possedere un cervel-
lo. Una medusa, un sasso e una goccia di pioggia non di-
spongono sicuramente di pensieri ed emozioni come le no-
stre (o almeno così pare, ma è sempre meglio mantenersi
aperti a ogni eventualità...), ed è per tale motivo che risulta
impossibile sentirci intimamente interconnessi con le for-
me di vita <non-cosciente> che ci circondano.
Quando prendiamo le distanze da cose e creature infe-
riori, come siamo soliti chiamarle, trascuriamo però qual-

74
cosa di fondamentale. Ci sono principi che abbracciano
qualsiasi fenomeno. Se rivolgiamo la nostra attenzione a
una cellula del corpo e a un elettrone che vaga nelle profon_
dità dello spazio, possiamo cogliere alcune profonde, seb-
bene quasi impercettibili analogie:

Ogni azione è coordinata con ogni altra azione.


Linformazione viene condivisa da ogni parte del tutto.
La comunicazione è istantanea.
Lenergia viene rimodellata e subisce infinite mutazioni,
eppure non va mai persa.
Con lo scorrere del tempo, I'evoluzione procìuce forme
sempre più complesse.
' La coscienza si espande a mano a mano che la forma si
fa più complessa.

So che si tratta di astrazioni estreme, ma in definitiva non


c'è nessun bisogno di ricorrere alle parole. Finché continuia-
mo a considerarci entità separate e distinte, le parole sem-
brano contare molto più dell'essere. Dopotutto, I'essere è
qualcosa di passivo, che diamo per scontato, mcntre le paro_
le governano la nostra vita, riempiono la nostra testa, uni_
scono e separano. Resta il fatto che tutte qucste parole non
potrebbero esistere senza I'intelligenza sile'ziosa che alberga
in ogni cellula. Il potere che garantisce la coesione del nostro
corpo, coordinando un numero infinito di eventi biologici al
secondo, tra centinaia di miliardi di cellule, è primario, sta
alla base del pensiero e della verbalizzazione.
Primario non significa però primitivo, errore d'interpre_
tazione che commettiamo quando I'orgoglio per la ragione

I
umana ci acceca. La coscienza che possiamo ritrovare ovun-
que è ineffabile, ed è di gran lunga superiore alla mente
umana. Basterà compilare
Finrhé cantírtuiamo una lista delle cose che ci
{r c{.}#si{rer#rrf ertf'fs sep*rate giungono da una fonte mi-
a, dlsffnfe, b parole sembrsno steriosa, e che sperimentia-
t"i"i!l{,u{e matta più dell'essere. mo profondamente senza
bisogno di ricorrere alle pa-
role, per stupirci che qualcuno abbia potuto mettere in dub-
bio I'esistenza ditale dimensione invisibile. Eccone un breve
elenco:

. Amore.
. Creatività.
' Sensazione di essere vivi.
. Bellezza.
. Ispirazione.
' Intuizione.
' Sogni.
. Visioni.
. Appetiti.
' Soddisfazione.
. Sensazione di appartenenza.
. Ammirazione,meraviglia.
. Estasi, beatitudine.
' Il numinoso, il senso del divino.

Una vita colma di tutte queste qualità invisibili corri-


sponderebbe esattamente alla nuova modalità d'essere a cui
facevo riferimento. Nessuno rifiuterebbe di proposito la

'i
t'
meraviglia, la creatività, l'amore e tutto il resto. Eppure ci
sono milioni di persone che lo stanno facendo proprio ora,
e che si accontentano di sperimentare la beatitudine e la
soddisfazione solo in piccole dosi, esperienze vaghe che
svaniscono rapidamente. Non riescono a superare l,ombra,
che custodisce i tesori dell'inconscio con le unghie e con i
denti. Una volta ho sentito un guru lamentarsi con il suo
pubblico: <Io vi indico le porte del paradiso, ma non appe-
na compare uno spiritello maligno e vi fa'Buh!', ve la date a
gambe!>
Paura, rabbia, insicurezza, ansia e tutti gli altri aspetti
dell'ombra sembrano molto più inquietanti cli un semplice
<Buh!> Ma se vogliamo varcare le porte del paradiso, c,è un
solo Sé che può portarci fin là, ed è quello che possediamo.
È proprio questo il dilemma: come può un Sé diviso giun-
gere all'interezza? Secondo me può riuscirci, ma non la
pensa così la maggior parte dei ricercatori. Krishnamurti, il
più impassibile, per non dire inesorabile tra i saggi indiani,
una volta ha sentenziato: <La libertà non è la conclusione
del cammino, ne è I'inizio. Non c'è nessun posto dove an-
dare. In realtà,la libertà è I'inizio e la fine del sentiero>. Con
queste parole Krishnamurti non stava cercando di diso_
rientare i suoi seguaci. La sua dottrina della <prima e ulti-
ma libertà>, come volle definirla lui stesso, costituiva il suo
modo per far capire che I'interezza (owero la condizione di
libertà assoluta) non consiste nello scegliere questo o quel-
lo. Non ha nulla a che vedere con I'essere buoni o cattivi,
puri o impuri. Nell'interezza non ci sono divisioni. È ogni
cosa. Ne consegue che deve trattarsi nel contempo dell'ini-
zio e della fine. Il nostro compito è trasformare tale
intui-
zione in uno stile di vita concreto'

Che saPore ha I'interezza!

La gloria dell'esistenzaumana non sta in tutte le


cose
possiamo riu-
che la iendono unica. Consiste nel fatto che
di
nirci con I'intelligenza cosmica, e cioè nella possibilità
ciò
trasformarci in una parte cosciente dell'intero' Quando
accade, accediamo a una dimensione che
possiamo a ma-
quotidia-
lapena intravedere nei pensieri e nelle emozioni
ne. Un'esistenza olistica è
per-
La gklrta dell'esistenzs urnons qualcosa di concreto'
non sts in tutte le cose ché potendo attingere a
che ta rendono uníca. ogni aspetto della coscien-
za, slamo molto Piìr creativi
e fantasiosi e meno propensi al giudizio'
Ma se vogliamo
gustare real-
dawero sperimentat. tuli benefici, dobbiamo
mente il sapore dell'interezza' Vediamo come'

Ll ínt er ezxu uwie guor ir ci

linterezza cerca sempre di ripristinarsi' Il nostro corpo


Interez-
ha tutto un assortimento di tecniche di guarigione'
In che modo il
za e gtarigione sono intimamente connesse'
corpo cerca di ripristinare l'\ntetezza?

' Tendeall'equilibrio'
' Ogni cellula comunica con le altre'


Non c'è una parte che sia più importante del tutto.
C'è armonia tra riposo e attività.
Anche nel bel mezzo di un'attività costante c'è un fon-
damento stabile chiamato <omeostasi>.
Ogni cellula si adatta ai cambiamenti ambientali.
Lo stress viene neutralizzato e posto sotto controllo
(fondamentalmente, malattia e disagio sono il prodotto
dello stress).

Quali che siano le circostanze, il corpo mantiene la sua


integrità. Il sistema di guarigione opera ovunque: cuore,
cervello e cellule del fegato si dedicano a funzioni differen-
ti, ma il loro obiettivo comune è mantenerci vivi e in salute.
Ecco perché il tutto è piìr importante di qualsiasi singola at-
tività. Se analizziamo il nostro corpo come metafora della
vita, quali conclusioni possiamo trarne?

. Riconosciamo il valore dell'equilibrio.


. I più diversi aspetti della nostra vita operano in funzio-
ne di un obiettivo comune.
. Ogni aspetto dell'esistenza assume il medesimo valore.
. Il riposo si alterna con I'attività.
. Il nucleo del nostro Sé, la cui natura è calma e pace, non
viene disturbato neppure dall'attività più intensa.
. Ci adattiamo al mutare delle condizioni, mantenendoci
elastici.
. Riconosciamo e reagiamo ai primi segni dello stress, che
è capace di privarci del nostro abituale agio.
. Attribuiamo al nostro benessere un valore superiore a
qualsiasi esperienza singola.

79
Ho espresso tali concetti in termini generali, ma provate
a considerare come vivono diversamente due persone che
abbiano scelto di dimorare I'una nell'interezza e I'altra no.

I*línterezza è semltre un gtaÀagto, mní una perdíta

Essereintegri significa essere pienamente guariti. Se que-


sto è vero significa che, indipendentemente da quanto vivia-
mo bene, non potremo giungere alla piena guarigione fin-
ché non avremo trasformato il nostro Sé diviso. Ci sono
molti modi per condurre una buona esistenza, e un'infinità
di persone trova semPre un moti-
Piùt intensa è Ia luce, vo per evitare la ricerca dell'inte-
píit profonda è I'ombra. rezza: uno dei principali e pirì dif-
fusi è il non avere mai avuto la
benché minima percezione del Sé superiore così com'è real-
mente. È fondamentale sapere che, nel momento in cui im-
bocchiamo il sentiero che conduce alla trasformazione' non
smettiamo di essere noi stessi.
La dimensione quotidiana della contrapposizione è se-
ducente, di grande effetto. In assenza di contrasti, non sa-
remmo forse condannati a un'eterna monotonia? Più in-
tensa è la luce, più profonda è I'ombra. Non si tratta di un
prodotto della mente umana, è 1l modus operandi della na-
tura. Non c'è nessuna alternativa praticabile: se I'universo
non avesse creato forze che si oppongono simultaneamente
allaforza della disintegrazione, o entropia, non ci sarebbe
alcun universo.
Immaginiamo che cosa sarebbe successo se I'universo
avesse posseduto soltanto I'impulso evolutivo e creativo. Il

80
cosmo avrebbe rapidamente esaurito la materia e I'energia
necessaria per la produzione di nuove forme, giacché le
vecchie non si sarebbero mai logorate o diventate obsolete.
A livello personale, parliamo di evoluzione dell'individuo,
ma se ci fossimo evoluti senza dissolvere ciò che eravamo in
passato, saremmo contemporaneamente neonati, bambini,
adolescenti e adulti. Il nostro corpo sarebbe ricoperto da
un'infinità di strati di pelle perché non ci saremmo mai
sbarazzati di quelli vecchi; il rivestimento dello stomaco,
senza l'intervento degli enzimi digestivi che lo consumano
continuamente fino a sostituirlo un mese dopo I'altro, si sa_
rebbe gonfiato in modo grottesco.
D'altro canto, se esistessero soltanto gli impulsi dell'i-
nerzia e della distruzione,l'universo si sarebbe rapidamen_
te consumato. IÌentropia ne avrebbe ben presto causato la
(morte termica> e il cosmo si sarebbe trasformato in un
vuoto freddo e statico. Ecco perché abbiamo bisogno di due
forze opposte, ma ciò non significa che dobbiamo a tutti i
costi propendere per il dualismo. Al contrario, si tratta di
un ottimo motivo per cercare l'interezza,giacché per man_
tenere I'equilibrio tra le due parti abbiamo bisogno di una
prospettiva più ampia, che non richiede una presa di posi_
zione a favore di uno dei due piatti della bilancia.
Quando si scatena una reazione allo stress, il nostro cor_
po è in grado di assumere automaticamente il controllo
della situazione. una scarica di adrenalina fa accelerare il
battito cardiaco, attingendo ulteriore energia dal flusso san-
guigno, risvegliando la mente e aguzzando i sensi, in modo
da predisporci alla lotta o alla fuga. Se però la reazione allo
stress sfuggisse a questa specie di pilota automatico, po_

8r
trebbe ucciderci nel giro di pochi minuti. Si tratta proprio
di ciò che è stato osservato nei pazienti che hanno assunto
steroidi per lungo tempo. I medicinali mirati a sedare le in-
fiammazioni inibiscono anche il sistema ormonale' Così,
quando s'interrompe di colpo I'assunzione di quei farmaci,
il corpo non è più in grado di secernere gli ormoni nelle
dosi giuste. Ne consegue che se ci mettessimo dietro un an-
golo e facessimo semplicemente <Buh!> a uno di quei pa-
zienti,la paura potrebbe provocargli una reazione esagera-
ta: gli ormoni dello stress accelererebbero il suo battito car-
diaco in modo pericoloso' con esiti probabilmente fatali'
Al livello dell'Io cadiamo continuamente nello stesso
autoinganno quando crediamo che potremmo giungere a
una bontà assoluta, smettere di mentire, ingannare, perdere
il controllo o lasciarci andare alla gelosia o all'ansia' Sono
buone intenzioni che non possono conctetizzarsi, perché
essere sempre buoni implica lo stesso genere di rigidità del-
I'essere sempre qualsiasi al-
Attruversa il lsto nscuro tra cosa. Ci sono momenti
{"u vil:ts ci presenta varíe sfide, in cui arrabbiarsi o avere
*d È: proprío per ciò che non paura è assolutamente giu-
dobbíamo demonizzsre sto e salutare. Il difetto del
l'arnbra: in fanda, pensiero positivo è che non
d regala quasi tutte le Prave possiamo essere Positivi
*kt valga la Penn affrontore. sempre e comunque. È giu-
sto combattere un dittatore,
opporsi all'oppressione in tutte le sue forme, dire ai politi-
canti corrotti quanto male stiano facendo o cose simili' At-
traverso il lato oscuro la vita ci presenta varie sfide, ed è
proprio per ciò che non dobbiamo dernonizzare I'ombra:

ii;l
in fondo, ci regala quasi tutte le prove che valga la pena af_
frontare.
Lillusione in cui cadiamo piÌr spesso è quella che la vita
ci imponga una scelta tra il bene e il male. In realtà, c,è an_
che una terza opzione:l'interezza. Secondo tale prospettiva,
possiamo equilibrare oscurità e luce senza diventare schiavi
di nessuna delle due. Il contrasto tra gli opposti può essere
trasformato in tensione creativa. I buoni dovranno conti_
nuare a vincere, ma sarà meglio che i cattivi non vengano
completamente sbaragliati, perché ciò significherebbe la fi_
ne della storia: l'universo si trasformerebbe in un museo
pieno di fossili e mummie.
La condizione ideale è quella in cui la forza della verità,
della bontà, della bellezza e dell'armonia mantengono una
misura di vantaggio sulle forze oscure. È ciò che fa il nostro
corpo, così come I'universo nel suo complesso. Non possia_
mo negare il fatto che le forme di vita sono in continua
evoluzione, e tendono a livelli superiori di astrazione, crea_
tività, immaginazione, intuizione e ispirazione. C'è qualco_
sa che mantiene un certo equilibrio, con un leggero vantag-
gio a favore dell'evoluzione. per molti versi, la spiritualità
non fa nulla più che imitare la natura. Chiunque riesca, con
il suo contributo, a far pendere la bilancia dalla parte dell,e-
voluzione, anziche da quella dell'entropia e della disinte-
grazione, può definirsi un vero <guerriero spirituale>.

Uínterezxa non è cosìlmtanir,, è a portata i!í mnw

C'è una mappa della coscienza umana di cui qualsiasi


tradizione di saggezza riconosce la validità. Vi compare un

83
Dio eterno, considerato responsabile della creazione. E an-
che quando non si fa ricorso al termine <Dio>, come nel
buddhismo, si cita una condizione di non-divisione, un
tutt'uno che contiene sia il visibile, sia l'invisibile' Lo stato
indiviso dell'essere si suddivide successivamente negli
aspetti visibili e invisibili della creazione. LUno produce il
molto. Potremmo visualizzare tale mappa come un cerchio
con un punto in mezzo.Il punto rappresenta Dio in quanto
fonte originaria, ancora più piccola della piìr piccola parti-
cella di qualsiasi altro componente. Ma anche il cerchio
rappresenta Dio: per la precisione è Dio sotto forma di uni-
verso manifesto, piÌr vasto di qualsiasi altra cosa sia mai sta-
ta creata.
Se però vogliamo che la mappa sia accurata, dobbiamo
immaginare che il cerchio sia in continua espansione, come
accadde all'universo dopo il big bang. Tuttavia, a differenza
del cosmo fisico, Dio si espande a velocità infinita in tutte le
direzioni. È questa l'espressione del potenziale illimitato
dell'essere, allorché intraprende la creazione. Così com'è, la
nostra mappa potrà sembrare esoterica, e ben pochi vi rico-
nosceranno un qualche valore pratico. (Una volta una don-
na mi disse che provava repulsione per I'impiego di termini
come <ljno> o <T[rtto> in riferimento a Dio. Le sembrava di
ritrovarsi inghiottita in una sterminata vacuità, un vuoto
divino.) La nostra mente non è in grado di concepire I'e-
spansione infinita in ogni direzione. Proviamo allora a per-
sonalizzare la mappa: immaginiamo che il punto corri-
sponda alla nostra fonte origin aria, e il cerchio in espansio-
ne sia il nostro mondo. Più vediamo, comprendiamo e spe-
rimentiamo, più il cerchio si amplia. Eppure l'espansione

84
procede sempre dalla fonte originaria, e ciò significa che ta-
le fonte non è mai lontana. È una presenza costante.
Se riusciamo a sperimentarci contemporaneamente co-
me nostra fonte originaria e nostro mondo, siamo giunti
all'interezza. Il motivo per cui la sorgente ci sembra così
lontana è che ci siamo identifìcati con tutti gli aspetti sepa-
rati del nostro mondo, trascurando la matrice creativa che
rende possibile ogni cosa. (È un po'come crescere e dirnen-
ticare la mamma. Potremo anche scordarcene completa-
mente, ma ciò non cancellerà mai il fatto che abbiamo avu-
to una madre, e che la nostra origine è proprio quella.) per-
dere del tutto il contatto con la propria fonte originaria
non è possibile, per il sem-
plice motivo che tale fonte è Se ríuscíamo a sperimentarcí
fatta di coscienza. Essere contemporaneomente come
consapevoli della propria nostra fonte originaría
esistenza significa essere in e nostro mondo, síamo giuntí
contatto con la coscienza. oll,ìnterezza.
Qualcuno potrebbe dedur-
ne che si tratti di una connessione passiva, ma non è affatto
così, visto che attraverso tale connessione fluisce qualsiasi
pensiero mai formulato. C'è anche un aspetto silente della
coscienza, che opera per mantenerci fisicamente in vita. Il
nostro cuore sa che cosa sta facendo il nostro fegato non
certo grazie alle parole, ma a messaggi codificati da segnali
elettrici e chimici. Il funzionamento del nostro corpo si ba-
sa su un'infinita gamma di risposte, coordinate tra centi-
naia di miliardi di cellule. È un aspetto della coscienza poco
appariscente, eppure la sua intelligenza supera di gran lun-
ga quella di qualsiasi genio.
La gente comune teme che Dio possa essere così lontano
da averci dimenticati, mentre i piìr fervidi credenti sono
convinti che Dio sia al nostro fianco in ogni istante. En-
trambi i punti di vista sono caratterizzati dallo stesso errore
di base: in questo contesto <vicino> e <lontano> non sono
termini corretti, perché scaturiscono da una visione duali-
stica, e sono uno I'opposto dell'altro. Proviamo invece a vi-
sualizzare il colore blu. Prima che comparisse nella nostra
mente, era vicino o lontano? Oppure ripetiamoci la parola
<elefante>. Prima che ci pensassimo, quel vocabolo era vici-
no o lontano? Ci serviamo della coscienza per fini squisita-
mente individuali, al servizio dell'<io, me e mio>, ma pur
essendo in grado di collocarci nel tempo e nello spazio, non
sappiamo localizzare la nostra coscienza. Tia noi stessi e la
nostra memoria, così come tra noi stessi e il prossimo pen-
siero, non c'è nessuna distanza. Secondo la prospettiva del-
l'interezza, ogni cosa viene coordinata all'istante, quindi le
distanze non hanno nessuna importanza.
Questo porta a una conclusione stimolante: neppure il
nostro potenziale di cambiamento è qualcosa di remoto,
ma ha la stessa natura delle altre possibilità invisibili. Tal-
volta riusciamo a intravedere una certa possibilità, talaltra
no, quindi <impossibile> è soltanto un sinonimo di <invisi-
bile>. Ne consegue che il lato oscuro, capace di trasformare
il nostro mondo in un ambiente asfittico, terrificante, pie-
no di minacce ed eventualità cupe, ci nasconde le molte
possibilità invisibili che potrebbero balzarci immediata-
mente agli occhi, se solo riuscissimo a espandere la nostra
consapevolezza al di là dell'ombra. Senza espansione, la no-
stra visione è necessariamente ristretta. Che cosa succede

86
quando ci colpisce un forte mal di denti? Il dolore occupa
tutta la nostra attenzione, non riusciamo a pensare ad altro.
Selarazza umana avesse sempre sperimentato un costante
dolore fisico, la coscienza non avrebbe mai potuto espan-
dersi. La paura non è altro che dolore anticipato, quindi ha
lo stesso effetto: restringe il campo della consap evolezza.In
definitiva,la condizione d'interezza equivale a ritrovare la
fonte. Alla fonte non abbiamo nessun bisogno di conqui-
stare gli aspetti del nostro essere permeati dall'oscurità (ri-
sulterebbe comunque impossibile). Diventiamo ciò che
realmente siamo, e da quel momento in poi I'oscurità non
sarà più qualcosa con cui identificarci.
Quando il nostro stato d'animo corrisponde ai seguenti
enunciati, stiamo vivendo accanto alla fonte della coscienza:

. Siamo in pace.
. Niente può scuoterci dal nostro centro.
. Conosciamo noi stessi.
Proviamo empatia senza giudicare.
Ci consideriamo parte del tutto.
Non siamo nel mondo.Il mondo è in noi.
Tiaiamo spontaneamente beneficio dalle nostre azioni.
I nostri desideri si manifestano agevolmente, senza at-
trito o sforzo.
Possiamo dedicarci con distacco alle iniziative più impe-
gnative.
Non riponiamo particolari speranze in alcun risultato.
Sappiamo come arrenderci.
Percepiamo ovunque la realtà di Dio.
Il momento migliore possibile è il presente.

87
Uínterezza è ol'tre L'otnbra

Gli esseri umani sono in lotta con I'ombra da secoli' ma


per quel che sono riuscito a constatare' non I'hanno mai
,.onfittu. Gli unici ad avere conquistato I'ombra non I'han-
no combattuta: I'hanno trascesa. <Tlascendere> significa
<andare oltre>, ed è qualco-

GIi esseri umaní sono ín lotta sa che facciamo continua-


con I'ombra do secolí, mente nella nostra vita quo-
ma non I'hanno moi sconfitta- tidiana. Per esemPio' quan-
Gti unící ad avere conquístato do una madre vede il figlio
I'ombra non l'honno che fa i capricci e Pretende

combattuta: l'hanno trasceso. continue attenzioni, non af-


fronta la questione metten-
dosi al suo livello. Si rende conto che è stanco e ha bisogno
di dormire. che cosa fa in pratica? Trascende il livello in cui
il problema è stato posto, e per trovare la soluzione adatta
passa a un livello superiore. Questo esempio illustra perfet-
iamente una verità spirituale: il livello del problema non cor-
risponde mai al livello della soluzione'
È qualcosa che tutti sappiamo bene, almeno istintiva-
mente, eppure metterlo in pratica ci risulta faticoso' Basan-
doci sulle nostre fantasie, cerchiamo di capire quale sia il
bene, così da schierarci dalla sua parte' nell'ingenua certez-
za che,avendo scelto la fazione vincente, la vittoria sarà as-
soluta. Malauguratamente' ciò non accade mai, perché ogni
dilemma presenta sempre due facce' Qualsiasi guerra com-
battuta in nome di Dio è basata sull'illusione, perché anche
i nostri awersari si affidano a Dio. (c'è mai stato un eserci-
to che abbia adottato lo slogan: <La vittoria sarà nostra per-

8B
ché Dio non sta dalla nostra parte>?) I nemici della trascen_
denza fanno esattamente il gioco dell'ombra.
euando con_
tinuiamo ad affrontare il problema sullo stesso piano su cui
ci è stato posto, stiamo scegliendo di non andargli oltre.
Ecco qualche semplice esempio:

. Soffriamo di dolori cronici. Invece di andare dal dottore,


ci imbottiamo di antidolorifici.
. Ci viene detto che non piacciamo a qualcuno. per tutta
risposta troviamo qualche motivo per non farci piacere
quella persona.
. Nostro figlio sta litigando con un compagno di scuola.
Siamo assolutamente certi che abbia ragione.
. Veniamo a sapere che una coppia sta divorziando. pren_
diamo le parti dell'uno o dell'altro.
' Un predicatore bussa alla nostra porta per offrirci il
messaggio della sua religione. Lo mandiamo via in malo
modo perché sappiamo che c'è un solo vero Dio: il no_
stro!

Sono tutte situazioni assolutamente comuni che dimo_


strano come I'ombra trovi continuamente il sistema di raf_
forzarsi. In tutti gli esempi appena illustrati c,è una parte
considerata buona, quindi I'altra è cattiva. Affinché possia_
mo sentirci dalla parte della ragione,l'altra dev'essere mes_
sa dalla parte del torto.
Latteggiamento giudicante viene considerato la moda_
lità più sana di percepire la realtà. Ma cominciamo vera_
mente a sfuggire alla nebbia dell'illusione solo quando ci
rendiamo conto che tale atteggiamento non giova a nessu_
no, tranne che all'ombra. Non saremo mai abbastanza giu-
sti, vittoriosi o virtuosi per disperdere la rabbia, il risenti-
mento e la paura che avremo prodotto nelle persone a cui
abbiamo affibbiato I'etichetta di <cattivi>. Non appena lo
comprenderemo, la trascendenza diventerà un percorso
possibile. Cominciamo quindi ad analizzare le cose al livel-
lo della soluzione, anziché a quello del problema.

I-línterezza risolue tuttí í conflíttí

Spero che il termine <trascetrdenzao non si carichi di


connotazioni mistiche. Quando ci rendiamo conto che
nandare oltre> è possibile, in qualsiasi situazione, trascen-
dere diventa un fatto ordinario. La natura del dualismo è il
conflitto, mentre la natura dell'interezza è la risoluzione del
conflitto, il che è assolutamente naturale. Quando non sia-
mo soltanto bianchi o neri, buoni o cattivi' luminosi o
oscuri, ma entrambe le cose, contemporaneamente, il con-
flitto perde consistenza, scompare. Il primo passo è quello
più importante: cominciamo con I'allontanarci dalla perce-
zione dualistica; rinunciamo alle etichette, al giudizio e alla
condanna; rifiutiamo le fantasie con cui vorremmo dimo-
strare al mondo intero che abbiamo ragione, mentre gli al-
tri hanno torto. Le guide spirituali hanno sempre offerto
insegnamenti del genere. Come ricorderete, i Veda afferma-
no: <Tu non sei nel mondo.Il mondo è in te>. Gesù ha det-
to che il regno dei cieli è in ognuno di noi. Gli insegnamen-
ti sul sentiero che conduce all'interezza non mancano di
certo!
Fatto sta che la gente non vi bada, perché il mondo invi-

90
sibile esercita un'influenza troppo forte, in buona parte
oscura. linterezza non può trasformarsi in realtà se i con_
flitti occulti della nostra vita non
vengono risolti. Consentitemi di Lo natura del dualismo
illustrarli in ordine crescente, co- è íl conflítto.
minciando da quelli più elemen-
tari, che potrebbero essere sperimentati anche da un bam_
bino indifeso. Ogni conflitto è più problematico del prece_
dente, e così finché non raggiungiamo il liveilo der conflitto
spirituale, che è come una guerra combattuta sul terreno
dell'anima:

. Conflitto tra condizione di sicure zza e condizione di in_


sicurezza.
. Conflitto tra amore e paura.
. Conflitto tra desiderio e bisogno.
. Conflitto tra accettazione e rifiuto.
. Conflitto tra I'Uno e i molti.

Conflitti di questo genere irretiscono tutti, c vanno ben


oltre la sfera individuale. Basti pensare ai pacsi che procla-
mano la pace e nel contempo si sentono talmcnte insicuri
da dedicare buona parte delle proprie risorse agli arma_
menti e al bilancio della Difesa. Non hanno ancora risolto il
problema fondamentale: come sentirsi al sicuro. A livello
personale, succede spesso di voler esprimere il proprio
amore a qualcuno, ma di sentirsi bloccati per la paura e il
senso di l'ulnerabilità. ci ritroviamo nella stessa situazione
delle fazioni opposte in una guerra civile, che non riescono
a riconoscersi e ad abbracciarsi come un unico popolo. Il

9t
conflitto penetra ovunque, dalle relazioni personali alla di-
plomazia internazionale.

Sicurezza contro insicurezza

La soLuzíone: affidarsi oI uero Sé

Che cosa possiamo fare per sentirci al sicuro in un


mondo che non possiamo controllare, caratteriziato com'è
dalf incertezza? I grandi saggi e le guide spirituali hanno
sempre basato le loro risposte su un assioma fondamenta-
le: il dualismo corrisponde immancabilmente all'insicu-
tezza, mentre solo I'interezza è sicura. È una delle grandi
verità dimenticate. Sono molte le persone che, alla ricerca
disperata della sicurezza,passano illoro tempo a costruirsi
delle difese. Alzano mura per proteggersi dagli elementi
piir pericolosi della società. Farciscono la propria esistenza
di denaro e beni. Si chiudono in casa a chiave, poi pregano
di essere risparmiati dalla prossima imprevedibile cata-
strofe. Queste tattiche derivano dalla convinzione primor-
diale che per garantirci la sicurezza dobbiamo semplice-
mente proteggere il nostro corPo. Forse è una predisposi-
zione che abbiamo ereditato, o forse è quella che meglio si
adatta al nostro stile di vita materialista. In epoche passate
gli esseri umani si sentivano al sicuro soltanto quand'era-
no certi che gli dei, o Dio, approvassero la loro condotta.
Erano quindi disposti a tollerare la povertà nella misura in
cui la religione organizzata garantiva loro la salvezza del-
l'anima.

92
Secondo la concezione moderna, la sicurezzaè una que_
stione psicologica. Per poterci sentire protetti in quèsto
mondo, dobbiamo trovare la chiave interiore della sicurez_
za. Case, denaro e beni sono irrilevanti. In effetti, alcune
delle persone più insicure so-
no proprio quelle piir sma- per poterci sentire protetti
niose di ricchezze e successo. in questo mondo, dobbiamo
Peraltro, trovare la chiave trovare la chiave ínteriore
della sicurezza psicologica è dello sicurezzo.
tutt'altro che facile. Secondo
la psicologia freudiana, ci sentiremo tanto più sicuri quante
piir cure abbiamo ricevuto nei primi tre anni di vita. per
contro, la psicologia junghiana dice che la sensazione d'in_
sicurezza dev'essere radicata nella psiche collettiva, e più
precisamente nell'ombra, con il suo bagaglio condiviso di
paura e ansia. Se però analizziamo i risultati di un secolo di
psicoterapie, possiamo solo ammettere che nessuna di que_
ste interpretazioni ha veramente funzionato.
Tutte quelle intuizioni e quelf intelligenza ci hanno re_
galato poco più che I'awento del prozac e una generazione
di terapisti che passa la maggior parte del proprio tempo a
prescrivere psicofarmaci.
Come abbiamo già visto, potremo invece sentirci real_
mente al sicuro soltanto quando scopriremo di disporre di
un Sé essenziale alla nostra fonte. poiché alla fonte non c'è
divisione, il mondo esterno non può minacciare il nostro
mondo interiore. Lansia ha bisogno di un oggetto esterno,
che a seconda dei casi potrà essere il ricordo di un trauma
del passato o una paura vaga che ci perseguita per il sem-
plice fatto di non poter sapere che cosa ci attende per il fu_
turo.

93
Il nostro Sé essenziale è stabile e permanente, di conse-
guenza il cambiamento non può intimorirlo.IÌignoto è un
aspetto assolutamente necessario per qualsiasi cambiamen-
to. Una volta accettato tale dato di fatto' il mondo si trasfor-
ma, e quel che prima era un territorio in cui ci sentivamo
continuamente in pericolo si trasforma nel terreno di gioco
dell'inaspettato.

Amore contro Paura

Lo soluzione: schíerarsí cktlla ltarte dell'cunore come


forTa interíore

Quando ci sentiamo finalmente al sicuro, sappiamo che


abbiamo tutto il diritto di essere qui. Ma per sperimentare
una vera sensazione di apparten enza a questo mondo dob-
biamo sentirci amati. lamore ci rassicura di essere cari a
qualcuno. La sensazione
Quando ci sentíamo final.mente opposta (una percezione
al sicuro, soppiamo che peraltro comune a molte
abbiamo tutto il dirtfto di persone) consiste nel consi-
essere qui. Ma per sperímentore derarsi una creatura minu-
uno vero sensazione di scola e insignificante, sbal-
appartenenzs s questo mondo lottata in un mondo caoti-
dobbiamo sentirci amoti. co. Di fronte a una sensa-
zione del genere' I'unica
reazione sana è la paura. La religione ha provato a rassicu-
rarci dicendoci che Dio ama ognuno di noi' ma nel con-
tempo ha continuato ad aggraPParsi all'immagine di un

94
Dio terrificante e vendicativo. Il motivo per cui tale duali-
smo non è mai stato risolto è tutt,altro che misterioso. Nes_
suno potrà mai incontrare Dio e chiedergli che cosa provi
realmente nei nostri confronti, né se intenda dannarci o
salvarci. Da Mosè a Maometto gli uomini si sono posti di
fronte a Dio facendo proprio tale domanda, e a qrrunto pur.
Dio l'uole entrambe le cose.
Sfuggire alla paura affidandosi a un Dio amorevole non
può funzionare, perché se si tratta di una scelta intellettuale
ci sarà sempre un margine di dubbio; se invece è una scelta
emotiva potrà sempre essere intaccata. Owiament€, guan_
do si provano dubbio o dolore,l,amore divino non sembre_
rà degno della nostra fiducia. Eppure, Ia nostra coscienza
può sperimentare il flusso dell'amore sotto forma di forza
costante, indipendente dai capricci di una qualche divinità.
Gli antichi rishi indiani affermavano che la beatitudine (in
sanscrito ananda) non può essere ottenuta né persa, giac_
ché è parte integrante della natura della coscie nza. Labeati-
tudine, nella sua forma più pura, è estasi, gioia, rapimento.
Ma la coscienza si dispiega dal non-manifesto e invisibile al
manifesto e visibile. In questo suo dischiudcrsi, la beatitu-
dine diventa un aspetto della natura caratterizzaro da una
serie di qualità:

. La beatitudine è dinamica: si muove e cambia.


. La beatitudine è evolutiva: cresce.
. La beatitudine è pervasiva: vuole penetrare ogni cosa.
. La beatitudine è avida: cerca la pienezza.
. La beatitudine è fonte d'ispirazione: aumenta con la
creazione di nuove forme da abitare.

95
. La beatitudine è unificante: fa crollare i confini della se-
parazione.

In Occidente queste qualità vengono attribuite all'amo-


re, che è beatitudine sotto un altro nome. Grazie all'amore
due cuori si fondono in uno. L'amore ispira grande poesia e
capolavori dell'arte, spezza le barriere che separano gli in-
dividui. C'è tutta una tradizione che venera I'amore fin da-
gli albori della storia documentata. Tirttavia, un fatto è cer-
to: oggi come oggi, per colpa dello scetticismo e del mate-
rialismo viviamo in un'epoca che non conosce amore. Cer-
to, nessuno dei due ci chiede esplicitamente di rinunciare
all'amore, ma con il loro intervento l'amore si è ridotto a
chimica cerebrale, condizionamento psicologico' cure pa-
rentali più o meno buone e salute mentale. Nulla di tutto
ciò è assolutamente negativo, intendiamoci,anzi può con-
durre a valide intuizioni.
Tuttavia, nel bene o nel male la tradizione che esaltava
I'amore, considerandolo sacro, ne è uscita notevolmente in-
debolita. Ecco perché ci ritroviamo a dover scoprire per
conto nostro se la sua forza possa davvero essere sperimen-
tata: la ricerca dell'amore è diventata un'altra forma di per-
corso spirituale.
Amo la tecnologia e i gadget, tra cui anche Twitter. Ho
cominciato a inviare e ricevere centinaia di tweet, un'atti-
vità che nel complesso trovo assai intrigante. Un giorno mi
è arrivata questa domanda: <Sto cercando l'amore. Come
posso trovare quello giusto? E poi, esisterà dawero?> Ho ri-
sposto immediatamente: <Smetti di cercare quello giusto.
Diventa tu quello giusto>. È stata una risposta istintiva, e

96
con mia grande sorpresa ho scoperto che successivamente è
stata ritwittata (inoltrata) a due milioni di persone. In se_
guito ho capito che se era sembrata tanto originale, c'era un
preciso motivo: I'amore è diventato un tale problema che la
gente comincia a chiedersi se esista dar,vero. rispo_
euella
sta, che a me era sembrata del tutto naturale, ai piir era par_
sa insolita.
Che cosa ci vuole, dunque, per essere Ia persona giusta,
cioè trovare I'amore dentro di sé? Ci vuole assenza di pau-
ra. Non c'è nessun bisogno di cercare I'amore: proprio co-
me I'aria che respiriamo, esi-
ste in quanto parte della na- Non c'è nessun bísogno
tura, è un dato di fatto. Ma, dí cercare I'amore: proprío
proprio come ogni altro a- come l'arío che respíriamo,
spetto del Sé essenziale, può esíste ìn quanto parte della
essere mascherato. In realtà, naturq è un doto dí fatto,
I'amore esterno è spesso irri-
levante. Una persona ansiosa e depressa, o con un senso del
Sé danneggiato, non si mostrerà troppo ricettiva (anzi, tal_
volta per nulla) ai gesti amorevoli di un,altra persona. per
trovare I'amore dobbiamo riuscire a considerarci degni di
essere amati.
Il Sé essenziale si basa su un presupposto assai semplice:
<Io sono amore), perché è proprio ciò chc siamo, origina-
riamente. Ma in un mondo di valori conflittuali, persino
questa semplice affermazione assume sfumature confuse e
complesse. La nebbia dell'illusione produce paura. Una vol_
ta rimossa la paura, ciò che resta è I'amore.

97
Desiderio contro bisogno

La s oluzíone : c on s ap eqt oI e zza s enzo p o s s íb ílit à


dí sceha

<Dev'essere così e basta!> Quante volte abbiamo sentito


queste parole o ce le siamo dette mentalmente? La vita ci
presenta diverse situazioni problematiche: ci proponiamo
di raggiungere un certo obiettivo, ma la strada è ostruita.
Chi è tutto preso da se stesso forse sbotterà: <Si fa a modo
mio o non si fa>. Capita ancora più spesso che due persone
siano bloccate perché non riescono a comunicare. Poi ci so-
no le situazioni estreme, ovvero le compulsioni psicologi-
che, come le fobie (<Ho paura di fare Xr) e le ossessioni
(<Non riesco a smettere di pensare a Yr), che sembrano
molto diverse I'una dall'altra. Per esempio, un marito che
rifiuta di affidarsi a un consulente matrimoniale ci sem-
brerà del tutto diverso da un fobico che ha il terrore dell'al-
tezza o da un ossessivo-compulsivo che si lava le mani ven-
ti volte al giorno. Eppure, i tre hanno un denominatore co-
mune: ognuno di loro è intrappolato tra il desiderio e la
necessità. E anche il risultato è lo stesso per tutti: non han-
no piìr libertà di scelta.
Nel tentativo di uscire dai vicoli ciechi della vita spre-
chiamo enormi quantità di energia. Per risolvere le dispute
chiediamo I'aiuto di mediatori, negoziatori e giudici, ma al-
la fine c'è sempre un perdente che si sente addolorato. Il
conflitto può trovare una soluzione a livello superficiale'
ma non nel profondo. Ricorriamo a medici e terapisti nella
speranza che possano diagnosticare e curare il male che ci

98
affligge. Questo ci consente, perlomeno, di darci un'occhia_
ta più in profondità, ma di norma è molto piìr facile formu_
lare una diagnosi che trovare la giusta cura. Il prozac, così
come gli altri antidepressivi, si è dimostrato efficace nel
prevenire i sintomi dei disturbi ossessivo_compulsivi
(DOC), ma non nel guarire il malessere sottostante, che
puntualmente si ripresenta non appena il paziente inter_
rompe il trattamento.
In effetti, indipendentemente dalla nostra capacità di ne-
goziazione, dall'accortezza e dall,empatia che riusciamo a
manifestare, il conflitto tra desiderio e necessità non può es_
sere risolto del tutto. chi non è mai incappato in situazioni
in cui non ha potuto ottenere esattamente ciò che avrebbe
voluto? Non tutti riescono a sposare la persona dei propri
sogni; quando si entra in affari, il fallimento è pur sempre
possibile. Malgrado i nostri sforzi, la vittoria che vorremmo
continua a sfuggirci. Per un pessimista, nella vita ci sono piir
frustrazioni che soddisfazioni. I saggi e le guide spiritualidi
ogni tradizione hanno immancabilmente osservato come il
desiderio venga spesso bloccato. È quindi sorprendente che
la tradizione vedica dell'India non faccia quasi mai riferi-
mento alla rassegnaziorte, alla pazienza e al sacrificio come
virtù. Al contrario, la più profonda saggezza orientale ci in_
segna che c'è una condizione definita (consapevolezza senza
possibilità di scelta>. A prima vista sembrerebbe un sinoni_
mo di rinuncia, ma in realtà significa non scegliere nulla, ri_
nunciare semplicemente a prendere posizione.
A tale proposito dobbiamo essere chiarissimi: la consa_
pevolezza senza possibilità di scelta non implica la rinuncia
a qualsiasi desiderio. si tratta piuttosto di un cambiamento

99
di prospettiva: invece di continuare a dare retta alle pretese
dell'Io, ci adeguiamo al volere dell'universo. Lasciamo che
ogni decisione venga presa dalla coscienza. In altre parole,
ciò che vogliamo corrisponde a quanto di meglio potrem-
mo desiderare. Secondo gli antichi rishi,uno stato di consa-
pevolezza del genere com-
Ciò che vogliamo corrisponde porta I'assenza di resistenza,
o quanto di meglío sia dall'interno sia dall'ester-
potremmo desiderare. no. La natura sostiene le no-
stre aspirazioni sulla base di
trna forza cosmica chiamata dharma. Questo termine si
presta a tutta una serie di applicazioni. Per I'indiano medio,
avere trovato il proprio dharma significa godere dei giusti
mezzi di sostentamento e comportarsi nel modo più cor-
retto possibrle. Dharma significa quindi <etica>, o <retta
condotta di vita>. Ma a un livello più profondo, accordarsi
al proprio dharma significa seguire il giusto sentiero spiri-
tuale. Ciò equivale a rispettare i precetti della propria reli-
gione ed evitare i trabocchetti che potrebbero presentarsi
lungo il cammino.
Peraltro, nessuna di queste condizioni risolve il conflit-
to tra <voglio> e <devo>. Desideri e necessità continuano a
contrapporsi. Semmai, gli uomini retti si ritrovano vin-
colati da un numero ancora maggiore di doveri e obblighi
rispetto alla gente comune, giacché nessuna religione si
dimostra indulgente, anzi, di solito impone innumerevoli
regole per porre un freno al desiderio. Soltanto la consa-
pevolezza senza possibilità di scelta può mettere fine al
conflitto, perché una volta giunti a tale livello di coscienza,
ciò che vogliamo corrisponde esattamente a ciò che dob-

100
biamo fare, sia per il nostro bene, sia per il bene del mon_
do intero.
Nella consapevolezza senza possibilità di scelta nessuno
deve spiegarci per filo e per segno quali siano le regole del
nostro dharma. Una volta assimilato il dharma, infatti, ci
trasformiamo nell'incarnazione dell,assioma: <Non sono
nel mondo, il mondo è in me>. per mantenere una condi_
zione del genere dobbiamo impegnarci con costanza nella
nostra crescita personale. Tuttavia gli esseri umani, almeno
di tanto in tanto, sperimentano situazioni come queste:

. Si sentono spensierati.
. Non provano senso di colpa e autogiudizio.
. Hanno una sensazione di integrità e correttezza.
. Le condizioni esterne non sono un ostacolo.
. Gli altri collaborano senza opporre resistenza.
. Il loro agire dà risultati positivi.
' La realizzazione dei desideri dona roro una sensazione
di pienezza e soddisfazione.

Come possiamo notare, si tratta di una cornbinazione di


vari fattori. Eppure, quando siamo in piena armonia con la
forza del dharma ci sentiamo nella condizione normale.
Ottenere ciò che si r,rrole non rappresenta sempre un pro_
blema: sono molte le persone che, disponendo di potere e
denaro a suffìcienza, possono soddisfare il benché minimo
desiderio senza troppi sforzi. Ma sentirsi soddisfatti e rea-
lizzati è molto più raro, e spesso il potere e il denaro non
fanno che suscitare ulteriori desideri, inducendo un,insod_
disfazione sempre più profonda. euesto perché non è pos_

t0l
sibile soddisfare I'Io dandogli tutto ciò che vuole, dato che
la ragion d'essere stessa dell'Io è accumulare all'infinito.
UIo vuole piir denaro, beni,
Per ínterpretare íl dharma, riconoscimenti, amore, po-
che potremmo anche definire tere... È un meccanismo
Io volontà dí Dío, ben radicato, che agisce sul-
íl nostro ogíre deve diventare la base di un programma
assolutom ente n aturale. prestabilito e non modifica-
Dovremmo essere bile. Ma se i desideri dell'Io
sem p Ii ce m e nte n oí stessí. sono superficiali, il nostro
vero Sé è privo di Io, e non
si propone il guadagno, né teme la perdita. Nel donarsi non
calcola, sotto sotto, quale potrà essere il suo tornaconto.
È una gran fortuna che ci sia un'altra visione del mon-
do, che trascende la prospettiva dell'Io e si affida invece al-
I'interezza.A mano a mano che la morsa dell'Io si allenta, i
due aspetti (<voglio> e <devor) cominciano gradualmente
a fondersi. Per interpretare il dharma, che potremmo anche
definire la volontà di Dio, il nostro agire deve diventare as-
solutamente naturale. In sostanza, dovremmo essere sem-
plicemente noi stessi.

Accettazione contro rifiuto

l-a s oluzíone : c ons ap ev oLe\za illimitat a

Milioni di persone sono letteralmente parahzzate dalla


paura di essere rifiutate. È per tale motivo che I'amore non
corrisposto costituisce una tragedia in ogni cultura. Dal

r02
punto di vista spirituale, però, è impossibile sentirsi rifiuta-
ti, a meno che non rifiutiamo noi stessi. Dubito che esista
un altro messaggio altrettanto frainteso, giacché quando
qualcuno ci rifiuta percepiamo un dolore e ci sentiamo vit_
time della situazione. per chiarire i meccanismi del rifiuto
dobbiamo quindi analizzare più in profondità l'intera fac-
cenda del giudizio. Ne abbiamo già parlato, ma in questo
contesto sarà necessario aggiungere qualcos'altro. Non c'è
giudizio che non si riduca al giudicare se stessi. fautogiu_
dizio può manifestarsi come timore del fallimento, vittimi-
smo, mancanza di fiducia in sé eccetera. Nella stragrande
maggioranza dei casi corrisponde a una sensazione vaga,
che assume la forma di pensieri come: Non sono abbastan_
zabravo. Oppure: Per quanto mi sforzi, resterò sempre un
fallito.
A questo punto molti elaborano una falsa soluzione:
sviluppano un'immagine ideale a cui cercano poi di aderi_
re, nel tentativo di convincere il mondo intero che è pro_
prio ciò che sono realmente. (Da qui ha origine la leggenda
sul come rimorchiare una donna in un club di single, un'i-
dea tanto fantastica quanto disperata secondo la quale si
potrebbe stabilire un contatto autentico grazie alla sola im-
magine.) In effetti, un'immagin e idealizzatadi sé può risul_
tare talmente convincente che finisce per crederci anche chi
se l'è costruita. Quanti sono i consulenti finanziari che nel
2008, quando la sconsiderata avidità ha quasi portato al
crollo dell'economia mondiale, hanno continuato a sentirsi
non solo innocenti, ma persino estranei al disastro che loro
stessi avevano scatenato?
Limmagine idealizzata di sé può assumere le sembianze

103
di un modello di accettazione, e suggerirci frasi del tipo:
Stai facendo la cosa giusta. È tutto sotto controllo' Nessuno
può ferirti. Continua su questa strada!
Quando ci muniamo di uno scudo del genere è difficile
commettere errori, e se anche dovesse accadere potremmo
rapidamente dissimularli e dimenticarli. Servirsi di un im-
magine idealizzata di se stessi comporta indubbiamente un
vantaggio: ciò che siamo (o che crediamo di essere) ci piace
e ci fa stare bene. IÌimmagine sostituisce la penosa realtà.
Tuttavia, come possiamo aspettarci, I'ombra ha qualcosa
da dire in proposito.Infatti puntualmente certe icone della
rettitudine (predicatori o figure di alto prestigio morale)
vengono coinvolte in qualche scandalo. Colmo dell'ironia,
questi individui si ritrovano ad avere commesso gli stessi
peccati per cui criticavano gli altri, in genere una condotta
sessuale scorretta.
Cinicamente immaginiamo che siano soltanto dei di-
sgustosi ipocriti, che si fingono virtuosi in pubblico soltan-
to per potersi dare ai più sfrenati vizi in privato. Ma in
realtà questi idoli caduti sono solo esempi estremi dell'im-
magine idealizzata di sé, individui con un potenziale di ne-
gazione talmente sovrumano da indurli a pensare che
I'ombra non possa toccarli. Quando poi I'ombra affiora,
emergono con lei un senso di colpa e una vergogna enormi.
A questo punto tali santi di professione sono soliti indulge-
re in forme estreme di espiazione pubblica, ma non riesco-
no a sembrare autentici neppure nel pentimento.
È peraltro sufficiente fare un passo indietro e cambiare
prospettiva per scoprire che drammi del genere potrebbero
facilmente essere evitati. Se infatti l'idealizzazione di sé non

104
risolve il problema,la sola soluzione concreta è un'autenti-
ca autoaccettazione, in modo che gli altri non
abbiano più
niente da rifiutare.ciò non significa che saremo travolti da
un'ondata di amore universale. Continueranno a essercì
persone che preferiranno evitarci, ma anche in questo
caso
non ci sentiremo piÌr rifiutati, quindi nemmeno feriti. Co_
me possiamo riconoscere se ci siamo lasciati ingannare
da
un falso senso del sé, che è poi la vera natura deÎidearizza-
zione del sé? Il nostro atteggiamento sarà caratterizzato
da
pensieri del genere:

. Non sono come tutti gli altri.Io sono migliore.


' In tutta la mia vita non ho mai perso di vista la retta via.
. Dio è orgoglioso di me.
. I criminali non sono veri esseri umani.
. Quanto io sia buono è sotto gli occhi di tutti. Eppure, mi
tocca ricordarglielo.
. Io non ho pensieri malvagi, com,è possibile che altri li
abbiano?
' So già chi sono e che cosa devo fare. Non ho nessun con_
flitto interiore.
. Sono un modello di comportamento.
. Non è vero che la virtù ha in sé la sua ricompensa. Io vo_
glio che le mie buone azionisiano riconosciute.

Smantellare I'immagine idearizzata che ci siamo creati


rappresenta indubbiamente una sfida, perché è una
difesa
molto più astuta e complessa della pura e semplice nega_
zione. La negazione è cecità, mentre l,idealizzazione
deisé
ii
105
l
è pura seduzione. funica via d'uscita consiste nel passare
oltre qualsiasi immagine. Non abbiamo alcun bisogno di
difendere ciò che siamo realmente: il nostro vero Sé è pie-
namente accettabile, non perché siamo assolutamente buo-
ni, ma perché siamo completi. Tutto ciò che è umano ci ap-
partiene.
Il nostro piir importante alleato è la consap evolezza,
mentre il giudizio è limitante. Quando affibbiamo a noi
stessi o agli altri una qualche etichetta -
cattivo, sbagliato,
inferiore, indegno - stiamo restringendo la nostra visuale.
Se invece la espandiamo, giungiamo a comprendere che nel
profondo del nostro essere siamo completi e integri, indi-
pendentemente dai nostri difetti. Più ne siamo consapevoli,
più siamo disposti ad accettarci. Non è però una soluzione
istantanea: dovremo dedi-
Il nostro vero Sé è píenamente care un po'di tempo all'os-
accettabile, non perché síamo servazione di tutte le emo-
assolutamente buoni, ma zioni che abbiamo così dili-
perché siamo completí. Tutto gentemente negato' rePres-
ciò che è umano ci appartiene. so e mascherato' Fortunata-
mente, si tratta di fenomeni
transitori, che possiamo lasciarci alle spalle. Non c'è nulla
da rifiutare, soltanto un bel po'di materiale che dev'essere
elaborato.
È proprio per tale motivo che figure come Gesù o il
Buddha potevano manifestare compassione per chiunque.
Questi maestri percepivano lapienezza dell'essere al di là
del gioco di luci e ombre, quindi non vi trovavano nulla di
male. Nel sentiero spirituale che stiamo seguendo vale la
stessa regola. A mano a mano che acquisiamo una percezio-

r06
ne più completa di noi stessi, sperimentiamo compassione
per i nostri errori e difetti, e questo ci porta a una totale au_
toaccettazione.

(Jno contro molti

Lo soluzíone : &rr ender si all' e s s er e

Siamo infine arrivati al conflitto aperto nella nostra


stessa anima. A questo livello lo scontro assume dimensioni
quasi impercettibili, il che potrebbe sembrarci strano, visto
che siamo abituati a pensare che la battaglia cosmica tra
Dio e Satana debba necessariamente avere proporzioni tita_
niche. In realtà è una questione molto delicata. A mano a
mano che ci awiciniamo al nostro vero Sé, ci accorgiamo di
essere parte di ogni cosa. I confini si assottigliano fino a
scomparire. C'è una meravigliosa sensazione di fusione.
Ma per quanto possa essere bella, nel corso di quest'espe_
rienza salta fuori un'ultima resistenza. LIo dice: nE io? òhe
ne sarà di me? Non voglio morire!> parafrasando per certi
versi le ultime parole della strega cattiva ne II mago di Oz:
<Mi sto sciogliendo! Mi sto sciogliendo!> L'Io si è dimostra_
to incredibilmente utile, guidandoci attraverso un mondo
di diversità infinita. Ora però ci apprestiamo a sperimenta_
re I'unità, e non c'è da meravigliarsi che l,Io si senta in peri_
colo di morte, essendo evidente che la sua utilità (e ii suo
dominio) stanno per esaurirsi.
Quella che è semplicemente una resa, I'Io l,interpreta
come una morte atroce. Giungere all'interezza significa ar_

ra7
rendersi: rinunciamo a un certo modo
di percepire noi
alternativa' Ma l'Io
stessi, e così acquistiamo una visione
<resa>' perché per lui.si-
non è contento di sentir parlare di
gnifica solo fallimento, mancanza di
controllo' passività'
È un Po'
Perdita di Potere'
quando' nel
A mano o m(Ino che ci ciò che succede
corso di una discussione' ri-
awiciniamo aI nosti vero Sé,
di avere torto e
ci nccorgiamo di essere parte conosciamo al vincitore'
di ogni coso' ci arrendiamo
Qualsiasi situazione venga
espressa in termini di vittoria e
sconfitta fa sembrare la resa
assolutamente disonorevole' segno
di debolezza e vergo-
Si tratta però di emo-
gna, fonte di depressione e disprezzo'
invece lo lascia-
íioni che si manifestano a livello clell'Io' Se
di naturale e auspi-
mo perdere,la resa diventerà qualcosa
cabiie. Una madre che dà ai figli
cio di cui hanno bisogno'
se a ben guardare si
per esempio, non sta perdendo' anche
a soddisfare le proprie
sta arrendendo, visto che rinuncia
necessità per soddisfare quelle dei
figli' Si tratterebbe però
concediamo per amore
di una pei.ezione errata: quando ci
In realtà' la resa amo-
,ron p.idiu*o assolutamente niente'
revole corrisponde piir che altro a
un guadagno' Infatti il
i bisogni e i desi-
senso del Sé si espande fino a trascendere
ristretta dell'Io, e che
deri che caratterizzano la dimensione
non possono mai portare all'amore'
è un atteggiamento
La resa a cui faccio riferimento non
ragionandoci' Al con-
mentale. Non ci possiamo arrivare
che precede il
trario, è un percàrso della pura coscienza'
il nocciolo
,org... di parole e pensieri' È n19rio questo
a contatto con la
della medit az\one" po"u" I'individuo

108
coscienza che sta al di là della mente razionale, owero in-
durlo a trascendere il conflitto. Oggi è facile ipotizzare che
molte persone sappiano meditare. A chi avesse provato
una qualche forma di meditazione e poi l'ha abbandonata,
suggerirei di riprenderla. Le forme di meditazione non so-
no tutte uguali. Alcune vengono insegnate come tecniche
di rilassamento o di riduzione dello stress, oppure come
vie al silenzio interiore. Sono tutti risultati concreti, ma
non mirano abbastanza in alto.Il più profondo effetto del-
la meditazione consiste infatti nella trasformazione della
consapevolezza. Se la meditazione non induce un'espan-
sione della coscienza, il suo vero obiettivo non è stato rag-
giunto.
Con questo non intendo affatto bollare certc forme di
meditazione come sbagliate. Dobbiamo però avere una
coerenza intrinseca, basata sulle nostre peculiari necessità.
Nella mia esperienza ho potuto constatare che alcuni indi-
vidui hanno tratto grande e rapido giovamento dalla sem-
plice meditazione sul cuore, nel corso della quale non face-
vano altro che sedere in silenzio e rivolgere l'attenzione al
cuore. Per altri è stata utilissima I'osservazione quieta del-
I'inspirazione e dell'espirazione, compiuta stando seduti a
occhi chiusi.
Con il tempo ciò che chiunque desidera sperimentare
concretamente è il vero Sé. È un'esperienza a cui possiamo
giungere attraverso la meditazione sul mantra, che ha amto
origine nella tradizione vedica indiana, o con le tecniche di
meditazione vipassana del buddhismo, tanto per citare due
metodi di comprovata efficacia. Qualsiasi metodo sceglia-
mo, è comunque importante non smarrire la percezione

'1oe11
dell'interezza. Lameditazione non deve trasformarsi nel-
I'ennesimo condizionamento, in virtir del quale la mente si
convince di essere in pace o di dimorare nel pitr assoluto si-
lenzio, mentre si tratta soltanto di uno stato d'animo piace-
vole o di un'abitudine acquisita. (Dimostrando la sua con-
sueta, brusca ftanchezza, Krishnamurti era solito ammoni-
re i suoi discepoli che il peggio che possiamo ricavare da un
sentiero spirituale è che soddisfi le nostre attese. In questo
caso, invece di portarci a contatto con la verità, quel sentie-
ro si sarà semplicemente trasformato in una versione del
nostro vecchio Sé, riveduta e corretta in modo da farci sen-
tire meglio e migliorare la nostra immagine.)
I-lombra è fatta di negazione, resistenza' paure nascoste e
speranze represse. Se dunque la meditazione sta dawero
funzionando, tutti questi fattori dovrebbero gradualmente
ridursi, e il nostro percorso spirituale sarà caratterizzato da
esperienze di questo tipo:

. La vita si semplifica,laconflittualità si riduce.


. Sentiamo e agiamo con più spontaneità.
. Il mondo non ci suscita più riflessioni negative.
. Le nostre aspirazioni si realizzano piìr agevolmente'
. Troviamo felicità nella semplicità dell'esistenza. Essere
qui ci è suffìciente.
. Lautoconsapevolezza cresce, e riconosciamo ciò che sia-
mo realmente.
. Ci sentiamo parte della pienezza della vita.

Potranno sembrare mete ideali, ma non dobbiamo di-


menticare che, oltre a essere obiettivi nobili, sono anche as-

110
solutamente realizzabili.In pratica, se con i mesi non ci ac_
cade nulla di simile, sarà meglio fare un passo indietro
e rie-
saminare il nostro percorso. Non intendo dire che il metodo
scelto sia sbagliato o la sua pratica imperfetta. Nell'evoluzio-
ne personale ci sono momenti di ristagno, ritardi dovuti
al
fatto che I'elaborazione di certe problematiche può richie-
dere del tempo. Buona parte di questo lavorio clella coscien_
za awiene nella profondità dell'inconscio, oltre la portata
del nostro sguardo. È un fenomeno di cui sono ben consa_
pevoli gli artisti: la loro musa non risponde mai a un pro_
gramma prestabilito. D'altro canto, se il nostrul vero Sé non
trova modo di dischiudersi,la causa potrebbc cssere una
di
queste:

. Stress eccessivo.
. Tensioni emotive.
. Distrazioni.
. Depressione e ansia.
. Mancanza di disciplina o di impegno.
' Motivazioni contrastanti (non abbiamo re idce chiare
sullo stile di vita da condurre).

Il sentiero spirituale può condurci a qualsiasi risultato e


risolvere tutti i conflitti. Ma se pensiamo che possa costitui-
re una panacea universale, gli chiediamo troppo. Lo svilup_
po spirituale è una faccenda delicata. Se la mente è troppo
agitata, o I'attenzione è turbata dallo stress e du altre pies_
sioni esterne, l'obiettivo resterà al di fuori della nostra por_
tata. In altre parole, giungere all,interezza significa guarire
completamente, però la guarigione non è istantanea. per

ili
poter procedere nell'esplorazione interiore dobbiamo pre-
disporre le condizioni necessarie. E per riuscirci, tutti gli
ostacoli che abbiamo appena elencato dovranno essere af-
frontati e superati. Stress, depressione, ansia e distrazioni
non spariranno in un soffio per il semplice fatto che ce ne
stiamo seduti in silenzio e a occhi chiusi Per una mezz'otet-
ta al giorno. Spero di non sembrare troPpo brusco, ma vo-
glio insistere sul fatto che anche il minimo tentativo di pre-
disporre le condizioni ideali alla meditazione porta a risul-
tati che non potrebbero essere ottenuti altrimenti. È questa
la via maestra che conduce alla coscienza, ela coscienza è
interezza.

Per riassumere

Concluderò proprio come ho cominciato, con lo stesso


atteggiamento di un medico che segue la prassi della dia-
gnosi, della terapia e della prognosi. Lombra è riuscita a
eludere un'infinità di strategie volte a dissolverla, ePPure
qualcuno ce I'ha Îatta, e non mi riferisco soltanto a grandi
maestri come Gesir o il Buddha.Laforza dell'evoluzione è
infinitamente superiore agli ostacoli che le si frappongono.
Per trovare prove della bellezza, della forma, dell'ordine e
della crescita, soprawissute nel corso di miliardi di anni,
non dobbiamo fare altro che guardarci attorno. Nell'affron-
tare la nostra ombra, ci armonizziamo con lo stesso potere
infinito. A conti fatti, non dobbiamo fare niente di com-
plesso:

112
1. Riconoscere I'ombra nel momento stesso in cui insinua
negatività nella nostra vita.
2. Abbracciarla e perdonarla, trasformando un ostacolo in_
desiderato in un alleato.
3. chiederci quali sono le condizioni che favoriscono il sor-
gere dell'ombra: stress, anonimato, possibilità di fare
danni impunemente, comportamento di gruppo, passi_
vità, condizionamenti deumanizzanti, mentalità <noi
contro loro>...
4. Condividere emozioni e sensazioni con qualcuno di cui
ci fidiamo: un terapista, un amico intimo, una persona
che sa ascoltare, un consigliere o un confidente.
5.Introdurre un elemento fisico: esercizi del corpo, rilascio
dell'energia, respirazione yogica, terapie basate sull,im_
posizione delle mani.
6. Comprendere che cambiare il mondo significa innanzi_
tutto cambiare se stessi: quando proiettiamo e giudichia_
mo il prossimo, prendendocela con i vari <loro>, non fac_
ciamo che incrementare il potere dell,ombra.
T.Prcticare la meditazione, così da sperimentare la pura
coscienza,la dimensione al di là dell,ombra.

Ho così tracciato la mia visione dell,interezza, proponen_


dola come soluzione alle problematiche dell'ombra.
euan_
do dividiamo gli aspetti della vita in bene e in male, il Sé fa
altrettanto. un sé diviso non può trasformarsi in un sé inte-
gro: dev'esserci un altro livello di esistenza in cui l'interezza
sussista ancora. Perlustrando il mondo dell,invisibile, gli an_
tichi saggi dell'India compresero che si trattava di una di_
mensione indescrivibile. Le scritture vediche, che risalgono

l13
<Chi lo
a migliaiadi anni fa, furono le prime a proclamare:
conosce non ne parla. Chi ne parla non
lo conosce)'
partico-
Owiamente, un tale insegnamento non suscitò
che le permettes-
lare entusiasmo. La gente voleva qualcosa
una visione
se di risolvere i proùlemi di tutti i giorni' non
di
tpiti impo.sibile da tradurre nella pratica' qualcosa
""f.
arido e inutile. Peraltro, quegli antichi saggi non stavano. af-
fatto cercando di scoraggiare
seguaci' Al contrario'
tlombro non è un nemico i loro
intendevano fornire loro
terrifícontq mo sícuramente
è un desno awersorío.
li,t,Ttll;.",Ît#l#:T:
questa prima parte
nale fosse la coscienza dell'interezza. In
analogo' anche se
del libro ho voluto illustrare un Percorso
in termini piìr moderni' Ora non resta che seguirlo'LoT-
bra non è un nemico terrificante, ma sicuramente è un de-
dell'intetezza
gno awersario. Per quanto sia forte' il potere
e grazie al miracolo della
è immensamente più grande ,
creazione è certamente alla nostra Portata'

114
PARTE SECONDA

Fare pace con se súessr,


con gli altri e con il mondo
di Dnnun Fono
Le storia degli esseri umani e della loro psiche viene esami-
nata, studiata e descritta da tempo immemore. Sebbene sia
stata analizzata fin nei minimi dettagli dai più brillanti pen-
satori, nonché esplorata e illustrata dai maggiori intellettua-
li della nostra epoca, molti di noi continuano a brancolare
nel buio, perplessi per il comportamento di amici, famiglia-
ri, idoli e, ancora più spesso, per il nostro. Delusi da come
conduciamo la nostra esistenza, procediamo un giorno do-
po I'altro verso il futuro, nella speranza di lasciarci alle spal-
le, quasi per miracolo, gli impulsi piir oscuri e tutto ciò che
di riprovevole si manifesta nel nostro comportamento. .

Fin troppo spesso soffriamo per tutti quei difetti di cui


sembriamo incapaci di liberarci, nonostante desideriamo
trovare finalmente il coraggio di smettere di tergiversare al-
I'infinito, di lasciarci andare a spese pazze, di ingozzarci di
cioccolato, di cedere al risentimento o dire cattiverie. Tutta-
via continuiamo a soccombere ai più bassi istinti, sabotan-
do i nostri più profondi desideri e minando il nostro stesso

tt7
futuro. Nel tentativo di nascondere la delusione, ci dipin-
giamo sul volto un sorriso, facciamo del nostro meglio per-
ché quel <va tutto bene> sembri dawero convincente, e
continuiamo imperterriti ad agire secondo modalità che
intaccano la nostra autostima e frustrano le nostre migliori
aspirazioni.
Mentre cresciamo i nostri figli, perseguiamo il successo
o ci diamo un gran daffare per mettere da parte il necessa-
rio per le vacanze o la pensione, continuano a sfuggirci le
risposte fondamentali, quelle che ci permetterebbero di
crescere realmente. La nostra aspirazione profonda a capire
ciò che dawero siamo resta sepolta sotto una montagna di
eventi quotidiani, problemi famigliari e di salute, o anche
solo un comune raffreddore. Bastano un vicino fastidioso,
un ex partnet scontento o un figlio che ha smarrito la stra-
da per prosciugarci tempo e soldi, e intanto ci convinciamo
che non potremo e non riusciremo mai ad avere ciò che de-
sideriamo. Talvolta finiamo persino con il dimenticarci che
volevamo qualcosa di assolutamente diverso da ciò che ab-
biamo ottenuto. La ripetitività della nostra memoria awe'
lenata può illuderci fino a farci accettare per anni e anni la
stessa zvppa, sprecando I'esistenza in una mediocrità che
non corrisponde affatto alle nostre aspettative.
Sfortunatamente, tale strategia di soprawive nza ci to glie
la capacità di vivere la vita cui eravamo destinati' Il dolore
emotivo che permea la nostra quotidianità ci induce a de-
siderare che il nostro passato sparisca come per incanto, e
ci riempie di rassegnazione circa il nostro futuro. Se poi
sentiamo di essere stati ingannati o raggirati, o di avere solo
recitato una parte, diventiamo vittime del nostro Passato,

118
perdendo ogni speranza riguardo al futuro. prigionieri del
cinismo e dello scetticismo, cadiamo nella tentazione di
trinciare giudizi, preferendo puntare l'indice contro gli altri
anziché cercare in noi stessi le risposte al nostro dolore. La
natura robotica del nostro sé egocentrico interviene allora
per aiutarci a vincere l'insicurezza e la vergogna, ribadendo
la nostra innocenza e proclamando a gran voce che siamo
assolutamente diversi dagli altri. pensiamo che se solo po-
tessimo cambiare una certa persona o una certa cosa, ci
sentiremmo sicuramente meglio. Ci convinciamo che non
appena ci saremo occupati di una certa faccenda che conti-
nua a tormentarci, o quando otterremo ciò per cui stiamo
lottando, sperimenteremo finalmente la felicita. Invece di
concederci il tempo necessario per squarciare il velo che se-
para ciò che pensiamo di essere da ciò che vorremmo dav-
vero essere' lasciamo che il sé illusorio (che esiste soltanto
nella nostra mente) assuma il completo controllo della si-
tuazione.
Un tale approccio all'esistenza non funziona perché ci
impedisce di scoprire il nostro vero Sé, e mette a repenta-
glio gli aspetti più importanti della nostra vita. euando sia-
mo continuamente in affanno perché dobbiamo protegger_
ci dai demoni che brulicano nell'ombra intorno a noi, di-
mentichiamo che cosa voglia dire sentirsi pieni di gioia e di
soddisfazione, e profondamente connessi con le persone
che amiamo. Concentrati come siamo a occultare la meta
oscura della nostra natura umana, non riusciamo a realiz-
zare il nostro pieno potenziale, né a sperimentare la.
profondità e la icchezza della vita.
Siamo tutti nati integri, eppure nella maggior parte dei

l19
casi viviamo esistenze mutilate. Possiamo invece essere una
componente importante di un unità più grande. E potremo
lasciare questo mondo migliore di come l'abbiamo trovato'
Siamo tenuti a scoprire la nostra natura autentica, quella
condizione dell'essere in cui traiamo ispirazione da noi
stessi e ci sentiamo entusiasti, vivificati ed eccitati per ciò
che siamo. Siamo anche tenuti a suPerare le awersità e a
manifestare quanto di meglio abbia da offrirci la nostra
anima individuale, anziché esprimere una versione del Sé
che è solo frutto dell'immaginazione. Le esagerazioni della
nostra fantasia, i grandi sogni a occhi aperti, scaturiscono
dal dolore del nostro potenziale nontealizzato, mentre i so-
gni veri sono una realtà per cui siamo disposti a lavorare,
lottare, fare le ore piccole. È questo il futuro concretamente
alla nostra portata. E se c'è qualcosa che può derubarci di
quel futuro, questa è la nostra ombra: il nostro lato oscuro,
i segreti,le emozioni represse e gli impulsi nascosti.
Carl Gustav fung, il grande psichiatra e psicanalista sviz-
zero,haspiegato che I'ombra è quella persona che non vor-
remmo mai essere. La possiamo riconoscere nei famigliari
che critichiamo Più sPesso'
Ijombra è tutto cíò che stiamo nelle personalità pubbliche
cercando dí nascondere oIIe di cui condanniamo il com-
persone che amiamo, tutto cíò portamento, nelle celebrità
che non voglísmo far scopríre che ci fanno scrollare il ca-
aglí aftrt su dí noí. po in segno di disgusto' Se
interpretata correttamente'
questa teoria ci porta a una conclusione sorprendente, fo-
riera di ulteriori riflessioni: la nostra ombra è in realtà tutto
ciò che ci infastidisce, ci scandalizza o ci disgusta tanto ne-

t20
gli altri, quanto in noi stessi. Sulla base di tale profonda in-
tuizione, cominciamo a capire che I'ombra è tutto ciò che
stiamo cercando di nascondere alle persone che amiamo,
tutto ciò che non vogliamo far scoprire agli altri su di noi.
La nostra ombra è fatta dunque di pensieri, emozioni e
impulsi che troviamo troppo dolorosi, imbarazzanti o
sgradevoli da poter accettare. Ecco perché, invece di af-
frontarli a viso aperto, li reprimiamo, rinchiudendoli in
qualche recesso della nostra psiche, in modo da non sentir-
ci più appesantiti dalla vergogna che rappresentano. Lo
scrittore e poeta Robert Bly ha descritto I'ombra come un
sacco invisibile che ognuno di noi si porta in spalla. Cre_
scendo ci infiliamo dentro tutti gli aspetti del nostro essere
che parenti e amici potrebbero non accettare. Sempre se-
condo Bly, nei primissimi decenni della nostra esistenza
non facciamo che riempire il sacco, per poi passare il resto
della vita a cercare di recuperare ciò che vi abbiamo nasco-
sto dentro.
La nostra ombra, piena zeppa di retorica e di regole e
pregiudizi ipocriti a cui non potremo mai attenerci real_
mente, ci induce a glorificare alcune persone e a demoniz-
zatne altre. Tutto potrebbe essere cominciato con I'inse_
gnante che ci dava dello stupido, con il bulletto che ci tor_
mentava o con il primo amore che ci ha abbandonato.
Ognuno di noi tiene nascosti e ben sigillati da qualche par-
te momenti pieni di dolore e di vergogna, e con il passare
del tempo tali emozioni si sono consolidate nell'ombra. So-
no queste le paure inespresse,le cose di cui più ci vergo-
gniamo, il rimorso che ci rode. Si tratta di aspetti del nostro
passato che non abbiamo mai risolto. potrebbero essere il

121
frutto di un preciso evento, come sPesso accade,o il risulta-
to di anni di negazione.
A mano a mano che I'ombra si struttura, cominciamo a
perdere contatto con alcuni aspetti fondamentali della no-
stra vera natura. La nostra gtandezza,la nostra comPas-
sione e la nostra autenticità vengono sepolte sotto quegli
aspetti di noi stessi da cui ci siamo scollegati. Ed è a quel
punto che I'ombra prende il soprawento. Per esempio può
ingannarci, inducendoci a pensare che siamo troppo inca-
paci, immeritevoli, stupidi o indegni d'amore e di fiducia
per riuscire dawero a trasformarci nella suPerstar della no-
stra stessa vita.
È questo il lato oscuro che ci awolge,l'insieme degli
aspetti repressi e rinnegati della nostra personalità, ciò che
ci esclude dal nostro vero Sé. Fatto sta che qualsiasi cosa ab-
biamo occultato Per vergogna, o negato Per paura, custodi-
sce la chiave per sbloccare quel Sé di cui siamo orgogliosi, il
Sé da cui possiamo trarre ispirazione, che agisce basandosi
su visioni e finalità grandiose, anziché quello che scaturisce
dai nostri limiti e dalle ferite purulente del nostro Passato.
Ecco perché I'ombra è un territorio che dobbiamo esplora-
re. Ed è proprio per tale motivo che siamo tenuti a scoprire
e reclamare il nostro Sé in tutta la sua integrita, guardando-
ci dentro e analizzando le fondamenta della nostra esisten-
za. È là che troveremo il modello,la struttura portante, la
visione del nostro Sé più autentico.
La mia personale esplorazione dell'ombra iniziò quando
la goffa e impacciata bambina che ero cominciò a trasfor-
marsi in una graziosa adolescente. Sola e confusa, intrapresi
il percorso con cui intendevo adattarmi a quel ruolo. Sen-
t22
tirmi a mio agio in quei nuovi panni mi costava una gran
fatica,perché non ero affatto sicura di come dovessero ésse_
re un'amica, una fidanzata, una sorella o una figlia <ideali>.
Così mi ritrovai a dibattermi tra insicurezza e malessere,
perché così com'ero non mi
piacevo affatto. Nella mia perché l,ombro è un terrítorío
testa, già a dodici anni sen- che dobbíomo esplorare.
tivo un caos di voci che mi Ed è proprìo per tale motívo
travolgevano con un'infi- che sìamO tenutí a sCopríre e
nità di pensieri cupi e feed- reclamare íl nostro Sé in tutta
back negativi: <Perché hai Ia sua íntegrítà, guardandocì
detto questo?> <Non essere dentro e onalízzando
sciocca: non gli piacerai Ie fondamento della nostro
mai!> <sei un'idiota!> <Non esistenzo. È Ià che troveremo
metterti troppo in vista: fi- íl modello, la strutturd
nirai per suscitare la gelosia portonte, la visíone del nostro
degli altri!> e via dicendo. Sé píù autentjco.
Prestare ascolto a tutte quel-
le voci era nel contempo strano e disorientante, perché un
momento mi dicevano che ero soltanto vna tagazzetta vi_
ziata, e subito dopo mi sussurravano che ero migliore di
chiunque altra: più bella, più intelligente, più dotata...
Nella mia psiche infuriava un conflitto interiore com_
battuto a colpi di: Sei dawero grande! E: Sei solo una)mise-
ra bugiarda! Un istante ero convinta di piacere a tutti, per-
ché in fin dei conti ero dolce e gentile, un attimo dopo mi
ero trasformata in una carogna senza cuore, che non meri-
tava di avere uno straccio d'amico. Owiamente, il solo ri-
sultato di quel continuo cicaleccio era la confusione più to-
tale: chi ero dawero? La coesistenza di messaggi positivi e

t23
di critiche mi sconvolgeva al punto che mi ritrovavo a pian'
gere come un'isterica opPure a distribuire sorrisi a chiun-
que fosse disposto ad accogliere il mio amore. A quell'epo-
ca li chiamavano squilibri ormonali, e ci si aspettava un
comportamento del genere da una tagazza della mia età; il
fatto è che ero un tantino melodrammatica, tanto da esser-
mi guadagnata il soprannome di <reginetta del melodram-
ma>. Certo, almeno ero riuscita a guadagnarmi la mia bella
corona, però quel titolo mi costava caro perché aveva susci-
tato parecchie proiezioni negative da parte dei miei fami-
gliari e matte risate da parte degli amici di famiglia, semPre
aggiornati sulle mie continue e vergognose stramberie.
Cominciai allora a sentirmi sempre più impotente, inca-
pace com'ero di mettere a tacere quel chiacchiericcio inte-
riore. Alla fine mi convinsi che c'era sicuramente qualcosa
di sbagliato in me, qualcosa a cui non avrei mai potuto por-
re rimedio. Ce la mettevo tutta per zittire quelle voci, per
ridurle al silenzio provando a convincermi che tutto som-
mato andavo benissimo così, ma alla fine i momenti di pa-
ce e felicità si facevano sempre meno frequenti, riducendo-
si agli attimi fortunati in cui mi lasciavo assorbire dall'a-
scolto di una bella canzone o giocavo con gli amici. Quan-
do invece mi ritrovavo sola soletta, sotto la doccia o nel tra-
gitto quotidiano casa-scuola, riuscire a liberarmi anche per
un solo istante dalla morsa di quei demoni interiori diven-
tava un'autentica impresa. Mi sembrava di avere in testa
un'intera corale di voci stonate, cosicché, invece di provare
compassione ed essere buona con me stessa, mi sentivo sol-
tanto disperata, ostile e rabbiosa.
Poiché quel disagio continuava a intensificarsi, comin-
ciai a cercare qualcosa che potesse zittire quell'orribile cer-
vellino, che mi facesse sentire più a mio agio con me stessa.
La ricerca dei momenti di benessere partì da certi alimenti:
inizialmente biscotti e intere bottiglie di Coca-Cola sem_
brarono bastare.Imparai a scivolare di nascosto nella stan-
za dei miei genitori durante la cena per pescare dal loro
portafogli gli spiccioli di cui avevo bisogno per procurarmi
i dolciumi.Il resto non era affatto difficile: il supermercato
era proprio dall'altra parte della strada rispetto alla nostra
casa di Hollywood, in Florida.
Purtroppo, nel giro di qualche mese mi accorsi che quel_
la mia droga non bastava più.In qualche modo, quel vocia_
re rumoroso e importuno era riuscito ad aprirsi un varco
anche nel fragile benessere indotto dalle mie abbuffate ca-
loriche. Per porre fine a quelle irruzioni devastanti e riusci-
re nuovamente ad abbozzarc un sorriso (a cui faceva spesso
seguito il pensiero: Togliti quello stupido sorriso dalla fac-
cia!) avrei dovuto trovare qualche altro rimedio.
La mia fame interiore di pace e benessere ebbe ben pre_
sto la meglio sulla mia necessità di piacere agli altri o di es-
sere percepita come una <signorina perbene>. Così, dalla
dipendenza dagli zuccheri passai, nel giro di breve tempo,
alle sigarette e a qualche esperienza con le droghe leggere.
Lerba però non faceva per me, quindi cominciai con ie pil_
lole, calmanti o tranquillanti. Da lì alle sostanze psichedeli-
che il passo fu breve, e ne scaturirono moltissime altre
esperienze tossiche. Visto che, grazie a quelle droghe, riu_
scivo a procurarmi momenti di pace assoluta _ il mantra ri-
petuto in tutte le canzoni in voga a quell'epoca _ si radicò
nella mia giovane psiche un modo di pensare, e di compor_

125
tarmi, fondato sul presupposto che per sentirmi meglio do-
vevo necessariamente cercare qualcosa al di fuori di me.
Con il tempo imparai che gli impulsi inquietanti non
dovevano essere analizzati o espressi' ma piuttosto nascosti
e repressi, quale che fosse il prezzo da pagare. Così, gradual-
mente, la bambina innocente che ero svanì senza lasciare
traccia: al suo posto comparve una persona che trasudava
fiducia e successo. Più recitavo nell'oscurità dei miei demo-
ni, più forte era l'impulso a nascondere le mie sensazioni di
vergogna e bassezza. Cominciai a comPensare la mia debo-
lezza indossando la maschera della persona affascinante,
amichevole, in gamba ed esperta delle cose della vita. Seb-
bene a scuola facessi semPre una gran fatica a prendere voti
decenti, dato che ero troppo occupata a prestare ascolto alle
voci nella mia testa anziché agli insegnanti in aula, riuscii
comunque a darmi un contegno da studentessa intelligen-
te,la classica (so tutto io>, nella speranza di convincere tut-
ti, compresa me stessa, che non ero semplicemente la sorel-
lina tonta di Linda e Michael Ford.
Prendevo a modello le ragazze più ricche, osservavo co-
me si vestivano e poi imploravo i miei genitori di comprar-
mi almeno delle imitazioni di quegli articoli griffati. Come
alternativa, il sabato mattina facevo un giro al centro com-
merciale con altri ragazzi e rubavo quel che mi serviva per
celare la mia vera identità di borghesuccia ebrea. Non pen-
savo che quelle mie origini giovassero alla mia popolarità,
anzi,mi ero già dovuta sorbire la mia bella dose di barzel-
lette sulle ragazze ebree, cosicché avevo studiato a fondo le
shiksa (termine ebraico per definire le ragazze non ebree, di
solito biond e), analizzandone il comPortamento per poter-

126
le imitare meglio che potevo e aggiungere le loro caratteri_
stiche alla mia maschera sempre più complessa con cui na_
scondevo difetti e imperfezioni interiori.
Ero talmente presa da quel meccanismo che non mi ren_
devo nemmeno conto di recitare tutto il tempo. Ogniqual_
volta scoprivo qualcosa di me che non era compatibilecon
I'Io ideale a cui tendevo, mi guardavo intorno per trovare
un modello che risultasse invece perfettamente accettabile,
e con la sensibilità di un autentico artista scolpivo una
nuo-
va versione di me stessa, alimentando la mia illusione di es-
sere la persona che avrei voluto incarnare, anziché quella
di
cui mi vergognavo.
Il problema, però, era che per quanto mi sforzassi di
compensare e mascherare tutti quegli aspetti di me che mi
riempivano di paura e di vergogna, nel silenzio della mia
mente conoscevo bene la verità, owero quale fosse la vera
identità celata dietro la maschera pubblica. per il resto, seb-
bene di tanto in tanto qualcuno riuscisse a intravedere
qualcosa dietro quella cortina fumogena, nella maggior
parte dei casi i miei trucchi funzionavano, e chi mi stava in_
torno mi considerava una persona di successo.
Sempre sorridente, non facevo che vantarmi dei tra_
guardi della giornata, coinvolgendo le comparse di cui ave_
vo bisogno in quella mia vita felice. Oppure le rendevo par_
tecipi di un'altra delle mie recite preferite, quella intitolata
<Povera me!> in cui interpretavo il ruolo della damigella
in
ambasce. Quale che fosse la strategia adottata, ero comun_
que diventata un'autentica maestra nel camuffarmi non so_
lo per gli altri, ma anche e soprattutto per me stessa. Non
sapevo più chi fossi, né che cosa volessi realmente. Non sa_

t27
pevo nemmeno distinguere ciò che poteva dawero render-
mi felice da ciò che invece mi lasciava vuota e priva di qual-
siasi emozione. fombra aveva assunto il totale controllo
della mia vita, sebbene nella mia sciocca arroganza conti-
nuassi a credere di avere la situazione in pugno. E I'ombra
avrebbe trionfato dawero, se un bel giorno il castello di
carte non fosse crollato di colPo.
Proprio come un burattino a cui vengono tagliati i fili, a
ventisette anni fui brutalmente privata di quel mio stile di
vita <voglio tutto e subito> e della persona falsa e suPPo-
nente che I'accomPagnava. Mi ritrovai a gemere sul pavi-
mento di un centro di recupero per tossicodipendenti. Fu lì
che feci finalmente conoscenza con la vera Debbie Ford,
con tutti i suoi difetti,le debolezze e gli aspetti miscono-
sciuti, nonché con le sue quaHta, la sua forua e i suoi più in-
timi e segreti bisogni. Solo in quel momento mi resi conto
di essere più di quanto avessi mai potuto immaginare, e nel
contempo semplicemente uno dei sei miliardi di creature
umane che ce la mettevano tutta per fare pace con il pro-
prio lato oscuro e le proprie umane debolezze.
Fu durante quell'incontro umiliante con me stessa che
decisi di comprendere appieno chi ero, che cosa volevo e
perché mi ero sentita costretta a compiere quel percorso
autodistruttivo. In quel momento centrale della mia esi-
stenza iniziai a riconoscere l'ombra umana e i suoi effetti
sulla mia vita e su quella delle persone che mi circondava-
no. Non lo imparai sotto forma di teoria esposta in un ma-
nuale di psicologia, ma di esperienza concreta di donna che
lottava per affrontare e risolvere le emozioni e la profonda
insicurezza che non aveva mai voluto accettare.

128
Spinta dal profondo senso di solitudine che scaturiva dal
non avere mai compreso chi fossi e che cosa ci facessi al
mondo, intrapresi il percorso che mi avrebbe portato a co-
noscere appieno il mio lato oscuro, il mio Sé ombra. euella
resa dei conti fu tl catalizzatore che mi avrebbe poi reso pos-
sibile godere di una vita che non avevo nemmeno saputo
immaginare. Iniziai infatti a studiare il mio comportamen-
to, ad accettarlo e a cimentarmi con le sue problematiche,
per poi passare all'esame del comportamento delle centinaia
di migliaia di persone che in seguito ho avuto il privilegio di
guidare durante I'esplorazione di quel territorio del Sé che
aspetta solo di essere reclamato, fino alla gloriosa scoperta
di una vita che vuole assolutamente essere vissuta.
Non è stata la luce interiore a farmi raggiungere la sag-
gezza che ho condiviso nei miei ultimi sette libri, ma la bat-
taglia con il mio lato oscuro (e la definitiva resa, che ha po-
sto fine a quella guerra interiore). È stata proprio questa la
mia guida, nonché la fonte perenne della mia ispirazione.
La stessa oscurità che ho rifuggito disperatamente nella pri-
ma parte della mia vita, rappresenta oggi la passione e il
combustibile grazie a cui posso guidare gli altri in questo
viaggio magico attraverso i recessi della psiche umana, sino
a fargli guadagnare un'esistenza degna delle loro straordi-
narie potenzialità,.
C'è una voce superiore, una chiamata dello spirito che
mi induce aporvi la stessa domanda che io rivolsi allora a
me stessa: siete pronti a intraprendereil percorso per recla-
mare finalmente tutto ciò che siete, la luce e I'ombra, il Sé
buono e il suo gemello cattivo? Siete pronti a tornare all'a-
more del vostro Sé autentico, vero e assoluto, rinunciando a

t29
restarvene intrappolati nell'angoscia che suscitano le inter-
minabili condanne di un Io frammentato?
Entrare in intimo raPPorto con la propria ombra è una
delle esplorazioni più affascinanti e fruttuose che si Possa-
,ro .o-pi.re. È un Percorso misterioso che porta alla sco-
perta del ProPrio Sé Piir au-
Per scoprtre cíò che stìomo tentico' una
dimensione in
cercando dohbiamo cui si sta bene nella
propria
confrontarcí con Ie partí pelle e si distinguono con
del nostro essere chiatezza debolezze e punti
che píùt temiamo. d\forza,così da compiacersi
dei ProPri doni, ammettere
le imperfezioni e contemplare la propria grandezza' Quel
Sé che si nasconde sotto la maschera della personalità
uma-
na rappresenta ciò che abbiamo semPre sognato di essere'

un Sé che riconosce la propria natura e onora il proprio


percorso umano. Il Sé che ognuno di noi può scoprire ab-
bracciando un numero crescente di elementi nascosti e rin-
negati ci dona la fiducia necessaria per esprimere la nostra
u.iita e perseguire gli obiettivi che riteniamo realmente im-
portanti.
fironia il coraggio di condurre una vi-
è che per trovare
ta autentica dobbiamo addentrarci negli antri oscuri del
nostro sé meno autentico. Per scoprire ciò che stiamo cer-
cando dobbiamo infatti confrontarci con le parti del nostro
essere che piùr temiamo, giacché il meccanismo che ci
indu-
ce a celare il nostro lato oscuro è lo stesso che c'impedisce
di manifestare la nostra luce. Ecco perché quegli aspetti del
nostro essere che teniamo nascosti Possono in realta rega-
larci ciò che stiamo disperatamente cercando di ottenere.

130
Ilinflusso dell'ombra

Dalla sua dimora invisibile, nel profondo della nostra


psiche,l'ombra esercita sulla nostra vita un potere enorme.
Determina ciò che possiamo e non possiamo fare, ciò da
cui saremo irresistibilmente attratti e ciò che invece cerche-
remo a tutti i costi di evitare. Nell'ombra troviamo la spie-
gazione ai misteri delle attrazioni e delle repulsioni, i moti-
vi che ci spingono ad amare certe persone e a criticarne al-
tre, a ritenere migliori certe razze, a relazionarci con certe
categorie. Fa di noi una persona religiosa o atea, determina
il partito per cui votiamo,le cause che sosteniamo e quelle
che decidiamo di ignorare. Ci dice persino quanti soldi me-
ritiamo con il nostro lavoro e come dobbiamo investirli,
spenderli o sperperarli. È proprio il nostro Sé nascosto a
decidere di quanto successo possiamo godere o quali falli-
menti siamo destinati a sperimentare. Uombra stabilisce il
livello di cura o di trascura-
tezza che abbiamo nei con- Dolld sua dimora ìnvisíbile,
fronti del nostro corpo, i nel profondo dello nostra
chili superflui che ci portia- psìche, I'ombra esercíta sullo
mo appresso, il livello di nostra vita un potere enorme.
piacere che ci concediamo
di provare, donare e ricevere. fombra ci assegna dei ruoli
predestinati che interpretiamo supinamente in qualsiasi
aspetto della nostra esistenza, dal lavoro all'amore. A nostra
insaputa traccia il copione che seguiamo con il nostro agire
ogniqualvolta cadiamo nelle spire della paura, del dolore o
del conflitto, ma anche quando ci dedichiamo meccanica-
mente alle faccende quotidiane. Se non ce ne preoccupia-

131
mo, I'ombra emerge puntualmente dall'oscurità, riuscendo
a sabotare la nostra vita quando meno ce lo aspettiamo, e
malgrado la nostra volontà.
È l'ombra a determinare se sapremo rispettare i nostri
figli e dare loro la fiducia necessaria perché crescendo si
trasformino in adulti capacie indipendenti, o se invece cer-
cheremo di plasmarli in modo che diventino tutto ciò che
non siamo riusciti a essere noi. Se ci sentiamo messi alle
corde, cominciamo a inveire in preda alla rabbia o ci rin-
chiudiamo in un astioso silenzio? Llombra è un oracolo che
può predire qualsiasi nostro comportamento, e svelare i
motivi per cui siamo giunti alla condizione attuale. È l'om-
bra che decide se saremo membri produttivi e creativi della
società, oppure soltanto anime perse. Quando mettiamo a
nudo il lato oscuro comprendiamo in che modo la nostra
storia personale influenza la maniera in cui trattiamo le
persone che ci circondano, ma anche noi stessi. Ecco perché
smascherarla e comprenderla è assolutamente indispensa-
bile. Dobbiamo scoprire tutto ciò che abbiamo nascosto, e
prenderci cura degli stessi impulsi e caratteristiche che più
detestiamo.
La nostra ombra stabilisce se vivremo un'esistenza feli-
ce, prospera e serena, o se dovremo lottare continuamente
per risolvere questioni finanziarie, affettive, professionali,
caratteriali e di dipendenza, mettendocela tutta per salva-
guardare la nostra integrità e l'immagine che abbiamo di
noi stessi. Come recita il quinto esagramma dell'I Ching
(Hsù,Ilattesa): <Solo quando abbiamo il coraggio di af-
frontare le cose per quello che sono, rinunciando all'au-
toinganno e alle illusioni, dagli eventi scaturirà una luce

132
che ci consentirà di riconoscere il sentiero da percorrereu. È
soltanto grazie alla determinazione incrollabile ad affronta-
re i nostri demoni
che possiamo accedere alla conoscenza
di noi stessi.
IJesplorazione del lato oscuro non si risolve, però, in
una rapida immersione o in una interazione pomeridiana.
Comprendere I'ombra fino
in fondo significa predi- Comprendere lbmbro fino ín
sporsi ad abbandonare tut- fondo sìgnífíco predísporsí
to ciò che crediamo di sape- ad abbondonare tutto cíò che
re. Ci vuole la forza di un credìamo dí sapere, Cí vuole
leone in gabbia per scoper- la forza dí un leone ín gdbbìo
chiare la botola del sotterra - per scoperchíare la botold
neo che abbiamo sbarrato del sotterraneo che abbíamo
molto tempo fa. Ma c'è una sborroto molto tempo fd.
buona notizia: siamo venuti
al mondo con I'inestinguibile aspirazione a crescere ed
evolvere, ad aprirci, espanderci e raggiunge r e l, inter ezza. E
aggiungerei che tutti abbiamo almeno una dimensione in
cui desideriamo segretamente dimorare, godendone e spe-
rimentandola il più a lungo possibile. È proprio in tale di-
mensione che la nostra ombra attende pazientemente che
torniamo a reclamare il potere custodito nei più oscuri re_
cessi della mente inconscia.
Al primo contatto con il nostro lato oscuro,l'impulso
iniziale è quello di fare dietro front, cui segue il tentativo di
mercanteggiare affinché ci lasci in pace. Moltissime perso_
ne hanno speso un'enorme quantità di tempo e di denaro
nel vano tentativo di riuscirci, ma per colmo d'ironia sono
proprio gli aspetti celati,le emozioni rinnegate ad avere più

t33
bisogno della nostra attenzione. Quando abbiamo nascosto
e incatefiato gli aspetti di noi stessi che non ci piacevano,
senza saperlo ci siamo privati dei doni piir preziosi' Per
questo è necessario lavorare sull'ombra, perché ci permette
di giungere a\l'interezza, porr€ fìne alla nostra sofferenza e
smettere di nasconderci da noi stessi. E ciò significa che fi-
niremo anche di nasconderci dal resto del mondo'
Abbracciare I'ombra ci consente di sperimentare la li-
bertà di un'esistenza trasparente, così da sentirci a nostro
agio nell'invitare gli altri a farne parte, per esempio metten.
doli a conoscenza delle nostre reali condizioni finanziarie,
del nostro passato e delle nostre relazioni senzafarci domi-
nare dalla paura che la nostra immagine pubblica possa ve-
nire smascherata dall'emefgere della persona che stavamo
cercando a tutti i costi di non essere. Il tentativo di celare o
ipercompensare gli impulsi autodistruttivi richiede tutta la
nostra energia, quindi risparmiandola e indirizzandola al-
trove potremo diporre della chiarezza e della motivazione
necessarie per costruire le fondamenta incrollabili di un fu-
turo meraviglioso.

ll nostro Se dualistico

Llombra se ne sta sempre in agguato, pronta a ingan-


narci su che cosa possiamo o non possiamo fare' Ci spinge
a fumare, giocare d'azzardo, esagerare nel bere e nel man-
giare, e poco le importa se il giorno seguente staremo da
cani! È I'ombra a generare i comportamenti ipocriti che ci
fanno violare i nostri confini personali e la nostra stessa

t34
integrità. La sua forza può essere debitamente riconosciuta
soltanto esponendola alla luce della nostra consapevolez_
za, ed esaminando ciò di cui siamo fatti realmente. Attive o
latenti, a livello conscio o in-
conscio, possediamo tutte le llombra se ne sto sempre
caratteristiche e le emozioni ín agguato, pronta a
di ogni altro essere umano. íngannarcí su che cosa
Siamo ogni cosa: sia che ci possìamo o non possídmo fare.
consideriamo buoni, sia che
ci reputiamo cattivi. Come potremmo sapere che cos,è il
coraggio, se non avessimo mai avuto paura? E come po_
tremmo conoscere la felicità, se non avessimo mai speri_
mentato latristezza? O la luce, se non ci fossimo mai ritro-
vati al buio?
Tutte queste coppie di opposti sono presenti in noi per il
semplice rnotivo che siamo esseri dualistici, composti di
forze contrapposte. Ciò significa che qualsiasi qualità pos_
siamo osservare in un altro essere umano, esiste necessaria_
mente anche in noi stessi. Siamo il microcosmo del macro_
cosmo, vale a dire che la struttura del nostro DNA custodi_
sce le impronte di ogni possibile caratteristica. Ecco perché
siamo capaci dei piir grandi gesti di altruismo quanto degli
atti piìr atroci o autolesionistici. Allorchéla analizziamo al_
la luce della nostra piena consapevolezza,la nostra ombra
rivela il dualismo e la verità di entrambe le forme del no-
stro Sé, quella umana e quella divina, che si dimostrano en_
trambe ingredienti essenziali di un essere umano integro e
autentico.
Dobbiamo quindi mettere a nudo tutti gli aspetti della
nostra personalità (bontà e cattiveria, luce e oscurità, al_

I35
truismo ed egoismo, onestà e disonestà), riappropriarcene
e abbracciarli senza riserve. Siamo completi, e possediamo
tutto ciò per diritto di nascita. Ma dobbiamo essere disposti
ad anahzzarci in tutta onestà, rinunciando all'atteggiamen-
to autogiudicante. È così che trasformiamo la nostra perce-
zione, e di conseguenzalanostra stessa vita: aprendo il no-
stro cuore.
C'è un aspetto positivo che non dev'essere trascurato:
ogni elemento del nostro essere comporta specifici doni.
Qualsiasi emozione o tratto caratteriale ci indica, a suo mo-
do,la via all'interezza.ll nostro lato oscuro esiste proprio
per mostrarci che siamo ancora incompleti, per insegnarci
amore, compassione e perdono non solo per gli altri, ma
anche per noi stessi. Una volta abbracciata I'ombra, il no-
stro cuore guarisce e ci apriamo a nuove opportunità, a
nuovi atteggiamenti e a un nuovo futuro, perché facciamo
piena luce sulle emozioni nascoste e sulle convinzioni che
esauriscono la nostra energia vitale, trasformando la nostra
percezione di noi stessi, degli altri e del mondo intero. E a
quel punto siamo liberi.
Affrontare I'ombra è I'unico modo - complesso, ma dal
risultato garantito - per fare ritorno all'amore. E quando
parlo di amore non mi riferisco semplicemente a quello de-
gli altri, ma all'amore pet
Affrontare I'ombra è I'unico qualsiasi caratteristica, nes-
modo per lare rttorno suna esclusa, dimori nel no-
all'amore. stro essere o in qualsiasi altra
persona. È un amore che ci
permette di abbracciare la ricchezza della nostra umanità e
la sacralità della nostra divinità. Dopo avere affrontato i

136
nostri demoni interiori, al cospetto dell'ombra altrui ci ri-
troviamo colmi di pace e compassione. possiamo perdona-
re e rinunciare ai giudizi degradanti e al risentimento che
awelena il nostro cuore. Possiamo attingere liberamente al-
I'umiltà di Gandhi o alla tolleranza diMartin Luther King,
e trovare in noi I'energia e il coraggio di cui abbiamo biso-
gno per affrontare tutti i problemi che ci tormentano. Laf-
fermazione di san Paolo: <<Per graziadi Dio però sono quel-
lo che sono) (Prima lettera ai Corinzi 15,10), assume un si-
gnificato assolutamente nuovo, in quanto significa che pos-
siamo contemplare il male attraverso la lente universale
della nostra umanità. Llesplorazione del nostro lato oscuro
è lavia maestra alla comprensione del perché facciamo cer-
te cose, perché agiamo in modo incoerente rispetto alle
aspirazioni della nostra mente conscia, perché sprechiamo
un'infinità di ore, giorni e mesi (se non addirittura anni) a
giudicare il nostro prossimo e a covare risentimento, rica-
vandone solo dei gran mal di testa e di cuore, e ogni altro
male possibile.
In passato tutti abbiamo vissuto momenti in cui il dolo-
re emotivo era troppo forte per poterlo sopportare, cosic-
ché I'abbiamo represso, cacciandolo nell'oscurità dell'om-
bra. Sono gli aspetti inevitabili della vita. potremmo anche
tentare la fuga, ma non troveremmo nessun posto in cui
nasconderci. La nostra ombra è sempre connessa a uno
specifico evento traumatico o a una combinazione di mo-
menti dolorosi, ma quando comprendiamo dawero l'om-
bra e i suoi doni, non possiamo piir prendercela con i nostri
genitori, gli insegnanti o il nostro stesso passato, perché
I'ombra è il sistema attraverso cui la vita ci offre un futuro

137
straordinario. Comprendere in che modo si è formata spa-
lanca le porte a un incredibile potere personale, regalando-
ci una profonda saggezza.

La nascita dell'ombra

La nostra ombra è nata quando eravamo giovanissimi,


prima ancora che la nostra capacità di raziocinio si fosse
sviluppata abbastanza per filtrare i messaggi provenienti
dai genitori, dalle persone che si occupavano di noi o dal
mondo in generale. Anche se avevamo intorno le migliori
persone possibili, inevitabilmente, prima o poi, siamo stati
sgridati per avete manifestato certe vergognose caratteristi-
che. Ne abbiamo dedotto che in noi ci fosse qualcosa di
sbagliato, o che comunque non fossimo poi così buoni' Per
esempio, da bambini qualcuno potrebbe averci detto che
facevamo troppo chiasso. Ma invece di limitarci ad abbas-
sare la voce, nella consapevolezza che avremmo avuto
un'altra occasione di farci sentire, il nostro Io fragile e non
ancora definito potrebbe avere interpretato erroneamente
quel rimprovero, etichettato quel comportamento come
sbagliato e improponibile, e censurato quindi la libera
espressione della nostra personalità. O forse qualcuno ci ha
fatto notare che eravamo degli egoisti a scegliere dal vassoio
più dolci di quelli che ci spettavano. Invece di capire che
avremmo dovuto semplicemente condividere i biscotti, sia-
mo giunti alla conclusione che qualsiasi forma di egoismo
fosse negativa e dovesse essere sradicata. Oppure, alle ele-
mentari, ci siamo lasciati prendere dall'eccitazione e abbia-

138
mo strillato una risposta, così tutti si sono voltati verso di
noi e si sono messi a ridere.Invece di ridere con loro, abbia-
mo pensato di essere degli stupidi, e abbiamo deciso che
non avremmo mai più corso un rischio simile. Messaggi
negativi del genere penetrano nel subconscio e vi si instal_
lano come un virus informatico, alterando la nostra perce-
zione di noi stessi e provocando il blocco di tutti gli aspetti
della nostra personalità che per qualche motivo abbiamo
ritenuto inaccettabili.
Ogniqualvolta un nostro atteggiamento ha incontrato
dure critiche o suscitato punizioni ingiustificate, ci siamo
inconsciamente allontanati dal nostro Sé autentico, dalla
nostra vera natura. E allorché tali filtri negativi hanno pre_
so a operare sistematicamente, ci siamo alienati dalla gioia,
dalla passione e da tutto quell'amore che impregna il no-
stro cuore. Per assicurarci la soprawivenza emotiva, abbia_
mo sistematicamente nascosto il nostro vero Sé, così da tra-
sformarci in una persona a
prima vista più accettabile, per assícurorcí
degna del suo posto nel mon- Io soprowívenzd emotívo,
do. Ogni volta che abbiamo obbíamo sistematícamente
subito un rifiuto, nel nostro nascosto íl nostro vero Sé,
inconscio si è prodotta un'ul- così da trasformarcí ín una
teriore separazione, e quei persono o prímo vísta pîù
muri invisibili, volti a proteg- accettabílq degna del suo
gere il nostro cuore tenero e posto nel mondo.
sensibile, si sono trasformati
gradualmente in muraglie impenetrabili. Giorno dopo
giorno, un'esperienza dopo I'altra, senza neppure accorger-
cene abbiamo eretto unafortezza invisibile, che si è trasfor-

139
mata nel nostro falso Sé. Tale fottezza ha notevolmente li-
mitato la nostra capacità di esprimerci, oscurato la nostra
vera natura, occultando i punti deboli,la sensibilità e spes-
so anche la capacità di riconoscere e percePire la verità di
ciò che siamo realmente.
Prima che il nostro Sé, ancora duttile e plasmabile, si
trasformasse in una sua versione idealizzata semPre più ri-
gida, eravamo liberi di esprimere qualsiasi aspetto della no-
stra umanità. Potevamo reagire agli eventi dell'esistenza
con tutta una gamma di risposte emotive. Vergogna o giu-
dizio non pesavano ancora sulle nostre spalle, cosicché ave-
vamo libero accesso a ogni aspetto del nostro essere' Ciò si-
gnificava avere la libertà di trasformarci in ciò che voleva-
mo, in qualsiasi istante. Non c'erano restrizioni interiori
che ci impedissero di interpretare la parte del protagonista
o della sorellastra perfida e gelosa. Prima che imparassimo
a giudicare le diverse caratteristiche dell'animo umano, at-
tribuendo priorità e censure' godevamo di un accesso illi-
mitato alf intera gamma delle espressioni custodite nel no-
stro animo. Potevamo attingere alle più svariate qualità -
eleganza, grazia, coraggio, creatività, onestà, integrità, in-
traprendenza, fascino, Potere, genialità, avidità, frugalità,
pigriz\a, aÍroganza, incompetenza - con altrettanta facilita
con cui adesso cambiamo d'abito.
La vita era una commedia in cui tutte le parti del nostro
essere avevano pieno diritto di esprimersi. Ogni giorno
rappresentava un'opportunità per la piÌr completa espres-
sione di noi stessi. E I'aspetto migliore della faccenda era
che quando la piega che stavano prendendo le cose non ci
piaceva più, non dovevamo fare altro che tornare nella no-

140
stra stanzetta, cambiarci d'abito, portare alla ribalta un
nuovo personaggio ... et voilà; il copione veniva immedia-
tamente riscritto, con un finale pir) piacevole o addirittura
una storia del tutto diversa. Sapevamo trasformare un
dramma in commedia, mentre una noiosa epopea poteva
diventare all'istante una favolosa awentura. C'erano possi-
bilità infinite, e la curiosità necessaria per esplorarle tutte.
Ma dopo la nascita dell'ombra abbiamo cominciato a
reprimere la libera espressione del Sé e ci siamo fatti molto
piir seri. Genitori, insegnanti, amici e la società nel suo
complesso ci avevano insegnato che per meritarci amore e
accettazione dovevamo adeguarci a certi copioni predefini-
ti. Dopo essere andati a scuola, avere subito I'influsso dei
media e avere interagito con una cerchia di persone sempre
più ampia, ci siamo resi conto che alcuni tratti comporta-
mentali erano demonizzati, criticati o comunque ritenuti
indegni d'amore e accettazione, mentre altri venivano asso-
lutamente idolatrati e colmati d'ogni attenzione. Da quel
momento in poi abbiamo preso le distanze da qualsiasi
aspetto della nostra personalità che non si adeguasse agli
standard sociali o agli ideali del nostro Io. per tutta una se-
rie di ragioni abbiamo scartato un numero crescente di
aspetti del nostro essere, alcuni perché sembravano troppo
sfacciati, altri perché ci facevano sembrare sciocchi o ridi-
coli.
Abbiamo poi continuato a escogitare modi per sbaraz-
zarci degli aspetti indesiderati della nostra persona, finché
un bel giorno non siamo riusciti a dimenticarci completa-
mente della loro esistenza. Tempestati com'eravamo da
messaggi contrastanti sui diversi volti da mostrare al mon-

l4l
do, abbiamo pensato che fosse molto pitr sicuro prestare
ascolto alle autorità, anzíché fidarci della nostra natura au-
tentica. Nel giro di breve tempo le nostre emozioni si sono
ridotte a una gamma assai ristretta-La nostra personalità
non poteva più esprimersi liberamente, anzi' dalle infinite
possibilità di un tempo ce ne siamo trovate davanti una
manciata. Abbiamo imparato a staccare la spina che ali-
mentava la nostra vita, riuscendo persino a farcelo piacere'
Alla fine, ci siamo completamente identificati con il perso-
naggio interiore che ci sembrava più accettabile nel nostro
ambiente sociale, e ci sono buone possibilità che stiamo an-
cora interpretando una qualche versione di quello stesso
copione.
Certo, di tanto in tanto compiamo qualche piccolo ag-
giustamento, ma a ben guardare non possiamo proprio di-
ie di esserci completamente reinventati. È assolutamente
probabile che, come accade alla maggior parte delle perso-
ne, compensiamo qua e la, e quando nella nostra vita c'è
qualcosa che non funziona piÌr ci limitiamo a metterci una
pezza,creando una versione leggermente diversa dalla pre-
cedente.
Una volta passati i trent'anni, la maggior parte delle
scelte nei più diversi ambiti della nostra vita sono Presso-
ché obbligate, dai vestiti al cibo ai divertimenti. Persino le
nostre fantasie diventano monotone e ripetitive. Ma non
appena recuperiamo un minimo di consap evolezza e di
presenza, cominciamo a renderci conto della misura in cui
siamo prigionieri della persona rigida in cui ci siamo iden-
tificati. E allora possiamo scegliere di intraprendere misure
concrete per affrontare le ombre e spezzate le catene che ci

t42
impediscono di accedere al nostro vero Sé. Una cosa però è
sicura: se non facciamo qualcosa per occuparci dell'ombra,
sarà I'ombra a occuparsi di noi! Gli aspetti oscuri faranno
la loro comparsa nei nostri rapporti interpersonali, sepa-
randoci dalle persone che
amiamo, vincolandoci a un Se non faccíamo quolcosa
lavoro o a uno stile di vita per occuparcí dell'ombra, sorà
che non fa più al caso no- l'ombro a occuparsí di noí!
stro da diversi anni, oppure
facendoci scivolare in dipendenze e abitudini che minano
le nostre possibilità di successo e la nostra stessa felicità. Ta-
li ombre ci impediranno, per esempio, di cogliere i segni
caratteristici di una relazione malsana o di un progetto di
lavoro campato in aria. Ci manterranno in una condizione
di negazione perpetua, privandoci della possibilita di aiuta-
re le persone che amiamo quando piir ne hanno bisogno, e
cioè quando si trovano a fronteggiare i loro demoni.
Ci siamo costruiti un'identità imperniata sull'Io, pla-
smandoci un ruolo socialmente accettabile, ma in definiti-
va abbiamo soffocato la nostra libertà d'espressione. Forse
ci siamo creati quel modello comportamentale per com-
pensare qualcuna delle nostre ipotetiche manchevolezze,
oppure ci è sembrata la strategia ideale per soddisfare le
aspettative di genitori, amici e parenti. Comunque sia,
quando ci sforziamo di attenerci al ruolo dettato dall'Io,
escludendo tutti gli altri, ci ritroviamo a vivere un'esistenza
senza profondità, awentura, significato e gusto. euando
cominciamo a prendere troppo sul serio i copioni che ci
siamo assegnati, questi si consolidano nella struttura del
nostro Io. E alla fine è raro che deviamo dall'identità che

t43
noi stessi ci siamo creati, perché siamo talmente sprofon-
dati nell'illusione (frutto della negazione) che siamo dav-
vero convintt di essere quell'identità. È sufficiente che ci
guardiamo intorno e analizziamo la nostra vita per render-
ci conto dei limiti e della ripetitività della parte in cui ci sia-
mo calati.
Owiamente, riconoscere i ruoli interpretati da amici e
famigliari è molto piir semplice che scoprire il proprio' Sap-
piamo identificare il martire che si offre volontario per I'as-
sociazione genitori-insegnanti e si carica di un lavoro esa-
geratamente pesante (per poi lamentarsene in seguito), op-
pure il vicino affascinante che finge di essere il padre ideale
mentre in realtà tradisce la moglie. Riconosciamo subito
chi si diverte ad assumere il ruolo della pettegola maligna
che sa tutto di tutti e non vede I'ora di divulgare ai quattro
venti i particolari più sporchi' Ci sono poi i personaggi me-
lodrammatici, le eterne vittime delle circostanze (che ab-
biano avuto un piccolo incidente o il partner non abbia
guadagnato abbastanza il mese prima) e gli inossidabili ot-
iimisti, quelli che fanno I'anima della festa e quelli che in-
vece fanno soltanto tappezzena. Il particolare più incredi-
bile è che, sebbene il ruolo che ci siamo affibbiati sia noio-
so, misero, ripetitivo, assolutamente privo di gioia' ce lo te-
niamo stretto come se ne andasse della nostra vita, giustifi-
candoci con ragionamenti del tipo: Non posso essere nien-
te di piir e di diverso da ciò che sono attualmente, né avere
di piir di quanto ho già ottenuto.
S.tru rendercene conto, siamo stati proprio noi ad asse-
gnarci quel preciso ruolo, a costringerci a recitare versioni
leggermente diverse dello stesso personaggio' anno dopo

t44
anno, e solo raramente (forse mai) ci siamo concessi di av-
venturarci in ruoli meno familiari, o di assaggiare libertà
d'espressione di cui non abbiamo mai goduto.
Se continuiamo a operare sulla base del mito che ci im-
pone di mettere a tacere, massacrare, chiudere in gattabuia
o nascondere tutte quelle qualità che ci renderebbero inte-
ressanti e unici, rinunciamo al diritto di sperimentare una
vita serena e piena di entusiasmo. La ricerca di un'esistenza
perfetta, di un ruolo perfetto, del personaggio perfetto in
cui calarci ci lascerà sempre insoddisfatti, persino se riusci-
remo a incarnarlo a meraviglia, per il semplice motivo che
siamo molto di più di quella manciata di caratteristiche che
si awicinano al nostro Io ideale. Cercando di esprimere
soltanto gli aspetti che riteniamo socialmente accettabili,
reprimiamo alcune delle nostre peculiarità più preziose e
interessanti, condannandoci a una vita in cui continuiamo
a mettere in scena lo stesso,logoro copione. La ricerca di-
sperata di sicarezza e prevedibilità riduce ai minimi termini
la nostra capacità di espressione, e con questa le scelte a no-
stra disposizione. Con ogni probabilita, ciò che saremo e
faremo domani assomiglierà in tutto e per tutto a ciò che
eravamo ieri, perché possiamo accedere unicamente alle ri-
sorse e ai comportamenti del Sé che ci è consentito vedere.
IÌoscurità, da cui ci teniamo alla larga e che temiamo,
continua però ad aleggiare nella nostra mente, manifestan-
dosi sotto forma di angoscia per la distruzione che potreb-
be causare.Inoltre, escludendola, chiudiamo le porte anche
alla possibilità di mostrare a tutti quanto siamo competen-
ti, forti, rcalízzati,sery, simpatici e brillanti. È questa la cau-

t45
(se
saprinciPale della noia che spesso catatterizza alcuni
non molti) aspetti della nostra esistenza'
nostra
Nel troncare ogni rapPolto con alcuni lati della
personalitàcineghiamol'accessoaglistimoli'all'eccitazio-
-ne,
donarci'
all'entusiasmo e alla creatività che potrebbero
consiste
Uno dei vantaggi più esaltanti dell'essere umani
stru-
proprio nella presenza di infinite sfaccettature latenti'
di sfuggire all'ombra ed essere inte-
-."ri utili che anelanopitr complelo' C'è un intero assorti'
grati in un Sé sempre
ir.rr,o di sensazioni meravigliose che attendono solo un'oc-
casione per fluire attraverso il nostro corPo'
facendoci speri-
mentarenuoveemozionielivellipiìraltidifelicità'gioiae
che giace ab-
fiu..t.. Avendo dimenticato tutto il materiale interiori' e
Landonato oltre i confini delle nostre barriere
avendo imposto rigide restrizioni al nostro
mondo emotivo'
di
,ron porri"-o infatti goderci fino in fondo I'immensità
ciò che siamo realmente.
settore
Per trovare nuova ispirazione' in un qualsiasi
quali
della nostra vita, dobbiamo semplicemente scoprire
nostra
tratti o caratteristiche dell'ombra sono spariti dalla
a fare la
vista e trovare la maniera di esprimerli, invitandoli
loro ricomParsa sulla scena,
È questa lo sfido secondo modalità sicure e
che dobbíamo raccoglíere: adeguate. È questa la sfida
occettare tutte le sfumature che dobbiamo raccogliere:
della nostra umanítà. accettarc tutte le sfumature
della nostra umanità.In caso
senza
contrario, gli aspetti che abbiamo scacciato e rePresso
silen-
appello finiranno per trasformarsi negli orchestratori
del nostro Sé
ziosi della nostra vita segreta' Solo in presenza

r46
più completo, libero da qualsiasi censura, potremo com-
prendere la nostra totalità e unicità, uscendo finalmente da
un interminabile conflitto interiore.

Fare amicizia con I'ombra

Per farci un idea di quanto sia importante I'ombra, pro-


viamo a immaginare una storia senza nessun conflitto, o un
eroe senza degno awersario. In effetti, nessuna storia po-
trebbe mai avere i suoi eroi se non ci fossero i cattivi che li
costringono a dare il meglio di sé. Se ciò che si dice nelle
tradizioni spirituali orientali corrisponde a realtà, ovvero
che <il santo e il peccatore si passano il testimone>, significa
che è il conflitto tra la nostra natura superiore e quella infe-
riore a produrre la tensione necessaria per alimentare la
nostra evoluzione di esseri umani. Lo stesso concetto a cui
si fa ricorso nella buona letteratura vale anche per la nostra
vita di tutti giorni: gli eroi devono essere forti quanto gli an-
tieroi.
Nel dramma della nostra evoluzione,l'ombra è sicura-
mente un personaggio di grande interesse. Risulta pericolo-
sa soltanto quando la teniamo rinchiusa nell'oscuro scanti-
nato della repressione. Solo allora corriamo il rischio che ci
esploda in faccia, mandando all'aria i nostri piani, sabotan-
do le nostre relazioni e distruggendo i nostri sogni. Se però
permettiamo ai vari personaggi che vi albergano di essere
parte integrante del nostro Sé, così da completarlo sotto
forma di pittoresche e potenti forze del bene, ne scaturiran-
no esperienze più ricche, connessioni più genuine, un sacco

t47
di risate, di autenticita e di libera e onesta espressione di sé'
La battaglia con il nostro lato oscuro non potrà mai essere
vinta attraverso I'odio e la negazione: non si può combatte-
re I'oscurità con I'oscurità. Dobbiamo trovare la compas-
sione necessaria per abbracciare I'oscurità che c'è in noi,
così da comprenderla e in definitiva trascenderla'
Nel suo straordinario larte della guerra, Sun Tzu offre
questo consiglio: <Per conoscere il tuo nemico, trasformati
nel tuo nemico>. Nel nostro
La battaglía con íl nostro lato caso, il nemico potrebbe es-
oscuro non potrù maí essere sere un impulso interiore
vínto uttraverso I'odio che non capiamo o che non
e la negazìone: non sí può riusciamo a gestire' Finché
combattere I'oscurìtà continueremo a negarlo, a
con I'oscurità. reprimerlo o a minimizzar-
lo, continueremo a illuderci
che i nostri impulsi negativi non avranno mai la meglio su
di noi e che nessuno ne scoprirà mai I'esistenza, ma così la
loro intrins eca saggezza continuerà a sfuggirci' Raccoglien-
done attivamente i doni, e predisponendoci a ricevere i
contributi che l'ombra sta cercando di offrirci, ne dirottere-
mo invece il potenziale distruttivo, trasformandolo in una
forza da cui trarre grandi vantaggi. E come se ciò non ba-
stasse, ci trasformeremo in un modello per tutti quelli che
stanno cercando uno sfogo salutare a quegli aspetti della
loro personalità che non si conformano alle convenzioni
sociali o alla forma idealizzatadel loro Io.
Paradossalmente, possiamo diventare santi proprio con-
cedendo al peccatore che è in noi la massima libertà di
esprimersi: non indulgendo in un compoltamento negati-

148
vo, ma riconoscendo in che modo ci può risultare utile a li-
vello personale o sociale. Maggiore sarà il livello di accetta-
zione e di sana espressione dei nostri più oscuri impulsi,
minore il rischio di doverci preoccupare di una loro acce-
cante e devastante esplosione.
So bene che la maggior parte di voi si chiederà come sia
mai possibile che gli aspetti di noi che più temiamo e dete-
stiamo possano risultarci in qualche modo utili. posso solo
assicurarvi che, attraverso tale processo, chiunque potrà
constatare che ogni caratteristica, emozione ed esperienza
cela i suoi doni.
Quando la awiciniamo con fare amorevole,l'ombra si
trasforma infatti in una mappa divina che, se adeguata-
mente letta e seguita, ci ricollega all'esistenza che eravamo
destinati a sperimentare, consentendoci di apportare il no-
stro peculiare contributo al mondo. Abbracciare i nostri
peggiori istinti significa im-
boccare la strada maestra Ahbroccíare ì nostrì peggíort
per la libertà. È questo il ísfintí sígnífica ímboicare
passaggio segreto grazie al la strada maestra
quale possiamo attingere a per la líbertù.
tutta la nostra grandezza.
Trasformerà la nostra vita interiore, rendendola ricca e si-
gnificativa, e ci consentirà di godere di una vita esterior-
mente più piacevole, anziché farci scontrare continuamente
con i limiti di un Sé illusorio, che è soltanto fumo negli oc-
chi, un'immagine, una maschera pubblica elaborata unica-
mente sulle qualità che abbiamo reputato accettabili, a sca-
pito delle componenti più importanti, potenti e gustose del
nostro essere.

t49
La maschera dell'ombra

Per capire perché in alcune aree della nostra vita godia-


mo della massima libertà, mentre in altre ci comportiamo
come dei robot, non dobbiamo fare altro che scoprire quali
sono gli aspetti che abbiamo imparato a reprimere. È la
paura che ci induce a far indossare una serie infinita di ma-
schere al nostro Personag-
È la paura che cí índuce gio esteriore. Lavoriamo in-
o far índossore uno serte stancabilmente Per tenere in
ínfiníta dí moschere ol nostro piedi una facciata che ímpe-
personaggio esteríore. disca a chiunque di intuire
quali siano i nostri Pensieri
reconditi, i desideri, gli impulsi e la storia di cui siamo fatti.
È I'ombra del nostro passato che ci ha indotti a creare I'im-
magine di facciata (owero la maschera) che mostriamo al
mondo. Faremo qualsiasi cosa Pur di compiacere gli altri,
oppure ci isoleremo dal mondo, trasformandoci in eremiti
scostanti e solitari? Ci impegneremo con tutte le nostre for-
ze perché tutti pensino che vogliamo e sappiamo eccellere,
o ci accontenteremo di bivaccare davanti alla televisione,
oppure di passare ore su Internet a spulciare i siti di pette-
golezzi? La nostra personalità esteriore non s'è creata per
caso, ma è frutto di un'elabotazione volta a mascherare
quegli aspetti che abbiamo ritenuto assolutamente censu-
rabili, nonché a comPensare quelli che abbiamo sempre
considerato i nostri più gravi difetti.
Se l'essere stati allevati da genitori emotivamente impre-
vedibili costituisce una ferita del nostro Passato, forse ce la
metteremo tutta per produrre un immagine di calma e au-

150
tocontrollo assoluto. Se abbiamo sperimentato qualche dif-
ficoltà di apprendimento, probabilmente ci costruiremo
una personalità eccessivamente calorosa e amorevole, in
modo che gli altri non possano cogliere quello che conside-
riamo il nostro più grave handicap. Se ci vergogniamo per-
ché siamo stati cresciuti da una madre che ci ha messo al
mondo soltanto per poter beneficiare dell'assistenza socia-
le, forse ci trasformeremo in lavoratori modello, estrema-
mente motivati, che si vestono e si esprimono in modo im_
peccabile.Iiimmagine di noi stessi che offriamo in pubbli-
co è strutturata sulla base di quegli aspetti del nostro essere
che sono stati feriti, o colmati di confusione o dolore.
Per essere certi che il nostro Sé pieno di difetti e imper_
fezioni non potesse essere scoperto, abbiamo astutamente
cominciato a sviluppare caratteristiche opposte a quelle che
volevamo nascondere. Ce I'abbiamo messa tutta per iper-
compensare gli aspetti più inaccettabili, nella speranza tan_
to di depistare gli altri quanto di sbarazzarci delle sensazio-
ni negative che li accompagnavano. Se eravamo tormentati
da un senso di profonda insicurezza, potremmo avere svi-
luppato una personalità esterna arrogante e saccente, stu-
diata per convincere il mondo intero che abbiamo fiducia
assoluta nei nostri mezzi. Se a un certo punto abbiamo
pensato che la nostra vita fosse un fallimento, potremmo
esserci circondati di persone di successo, oppure avere esa-
gerato la portata delle nostre iniziative, così da sembrare
molto più in gamba di quel che fossimo realmente. Se ab-
biamo sperimentato una sensazione di impotenza, forse ci
siamo scelti una carriera o un partner graziea cui sembrare
più forti.

r5t
Queste maschere ci illudono che ci conosciamo a mena-
dito, e che siamo esattamente le persone che vediamo rifles-
se nello specchio. Ma il solo risultato di questo stratagem-
ma è che, non aPPena bevuta la storiella che ci siamo rac-
contati, sbarriamo le porte a qualsiasi altra possibilità, e ci
neghiamo l'accesso a ciò che potremmo diventare' Perdia-
mo la nostra capacita di scegliere, perché non possiamo as-
solutamente andare oltre i confini del personaggio che stia-
mo interpretando. È la maschera che ci siamo costruiti ad
assumere il controllo della situazione, con tutta la sua Pre-
vedibilità. Ne consegue che non sappiamo nemmeno più
immaginare quali immense possibilità potrebbero dispie-
garsi davanti ai nostri occhi. Soltanto se smettiamo di fare
finta di essere ciò che non siamo affatto, owero se non sen-
tiamo pitr il bisogno di nascondere o di ipercompensare
punti deboli e Punti forti,
Soltanto se smettìamo Proveremo la libertà di e-
dí fare finta di essere cíò che sprimere il nostro Sé auten-
non síamo affatto proveremo tico, e siamo finalmente ca-
ta líbertà dí esprtmere paci di fare scelte basate sul
íl nostro Sé autentíco. Progetto di vita che da sem-
pre coltiviamo. Quando ci
liberiamo da questa sorta di trance, non ci preoccupiamo
più di che cosa gli altri possano pensare di noi e del nostro
it.rro autogiudizio: solo allora usciamo dalla trappola del
nostro copione.
L Io ideale che ci porta a essere diversi da quello che sia-
mo ci conduce all'esaurimento. Lottiamo disperatamente
per essere più forti, più grandi, più duri e più sicuri, insom-
ma, migliori degli altri. Oppure ci riduciamo all'invisibilità,

152
adeguandoci e cercando di passare inosservati. Ci arrampi-
chiamo sugli specchi per creare proprio la persona che ci
garantisca I'approvazione e il riconoscimento di cui abbia-
mo disperatamente bisogno, oppure accampiamo ogni ge-
nere di scusa per non dare il meglio di noi e realizzarel'esi-
stenza che dawero vorremmo. E magari per qualche tempo
funziona tutto alla grande, fìnché un brutto giorno quel-
I'impalcatura traballante viene giù di schianto.
Amanda, per esempio, provava una profonda vergogna
per non essere riuscita a diplomarsi e perché i suoi parenti
da parte materna venivano dai quartieri poveri e non ave-
vano nessuna istruzione. Così si era costruita una maschera
con cui nascondere il suo imbarazzo e fare una buona im-
pressione sulla gente a cui teneva. Si era creata una bella
nicchia in un settore specializzato in cui era considerata
brava, competente e indispensabile, eppure, indipendente-
mente da tutte le sue letture e dalla qualità del suo lavoro,
concludeva la maggior parte delle sue giornate con I'im-
pressione di essere soltanto una <buona a nulla>. Nel tenta-
tivo di guarire quel dolore aveva deciso di tornare a scuola:
forse, grazie all'agognato diploma, da ragazzapoco istruita,
cresciuta in una casa mobile, si sarebbe trasformata in una
donna sofisticata.
Una sera si presentò alla lezione di psicologia tutta presa
dalla sua maschera di brava professionista. Era orgogliosa
del fatto di essersi già guadagnata la reputazione di prima
della classe. Ma non appena il professore descrisse il pro-
getto su cui avrebbero dovuto lavorare quella settimana,
Amanda cominciò a provare un estremo disagio: la sua
ombra stava uscendo allo scoperto. euel profondo imba-

153
Íazzo,che si era immediatamente trasformato in una sgra-
devolissima sensazione di rigidità e terrore' era dovuto pro-
prio alla natura del compito: ogni studente avrebbe dovuto
prod,rrre il suo albero genealogico nei minimi dettagli, illu-
itrando il background scolastico e professionale di tutti i
membri della sua famiglia.
Quando si ritrovò a constatare quanti dei suoi famigliari
fossero tossicodipendenti, indigenti o privi d'istruzione,
Amanda dovette nuovamente affrontare il dolore e I'imba-
razzo chele suscitava la sua storia famigliare. All'improwi-
so fu sopraffatta dalla sensazione di non essere abbastanza
brava, e la sua maschera non riuscì pitr a celare il suo
profondo senso di inferiorità. Ricontrollando la sua rela-
,ion. . I'albero genealogico completo della sua famiglia,
anziché sentirsi orgogliosa per avere portato a termine an-
che quell'impresa, si sentì travolta dalla vergogna' Per anni
aveva cercato di superarsi e dimenticare la sua ombra, ep-
pure era bastato un compitino scolastico per aprire una
profonda crepa nella sua maschera, rendendola inservibile.
Proprio come nel caso di Amanda, alcuni dei lettori si
saranno già accorti che, fin dall'infanzia, stanno cercando
di assomigliare a qualcosa che non sono affatto' Proprio co-
sì: invece di accontentarci di essere noi stessi, cerchiamo di
assomigliare a qualcuno che ammiriamo, e così, inconscia-
mente, finiamo per assumerne le sembianze anziché mani-
festare il nostro sé autentico. Ma nella nostra ricerca di li-
bertà, sicurezza e autenticità, dobbiamo assolutamente ri-
conoscere che stiamo ancora portando una qualche versio-
ne di una maschera che abbiamo indossato per la prima
volta forse venti, trenta o quarant'anni fa. Oggi il nostro ve-

t54
ro Sé,quello che implora la nostra attenzione, è profonda-
mente sepolto là sotto.
Proviamo a vederla così: quando eravamo piccoli qual-
cuno, forse una nonna, ci ha fatto un regalino, per esempio
una monetina magica. Volendo metterla al sicuro,l'abbia-
mo nascosta da qualche parte, in modo che nessuno potes-
se trovarla. Oggi, ad anni di distanza, sapremmo ricordare
dove I'abbiamo messa? O meglio, riusciamo a ricordarci di
averla posseduta e poi nascosta da qualche parte? Lo stesso
vale per il nostro Sé autentico, che giace dimenticato ma
perfettamente integro da qualche parte. Lo abbiamo tenuto
nascosto per così tanto tempo che ci siamo persino dimen-
ticati della sua esistenza!
La natura della maschera che abbiamo scelto potrà va-
riare in funzione del nostro background, dei genitori, del-
l'ambiente e di ciò che abbiamo imparato a considerare po-
sitivo e negativo; resta comunque il fatto che le maschere di
cui facciamo comunemente
sfoggio ai giorni nostri non Nel neutralizzore la nostra
sono poi tanto diverse da oscuritù, estínguíamo
quelle usate un centinaio di ìnconscíamente il nostro vero
anni fa. Si tratta semplice- potere, la nostra creatívità
mente di versioni rivedute e e i nostri sogni.
corrette della seduttrice, del
rubacuori, dell'eterno ottimista, del servizievole, del <tipo
in gamba>, del martire, della brava ragazza o del ragazzo
gentile, dell'osso duro, del violento, del bullo, della serpe,
dell'intellettuale, del salvatore, del depresso, del burlone,
del solitario, della vittima, del primo della classe e via di-
cendo. Si tratta di espressioni archetipiche ripetitive, che

155
fanno puntualmente la loro comparsa anche in epoca mo-
derna. Ma che cosa succede quando indossiamo queste ma-
schere, quando interpretiamo questi personaggi? Il proble-
ma è sempre lo stesso: alla fine perdiamo di vista ciò che
siamo realmente, e ciò che potremmo fare della nostra vita.
Nel neutralizzarela nostra oscurità, estinguiamo inconscia-
mente il nostro vero potere, la nostra creatività e i nostri
sogni.

Kiuelare la propria ttita segreta

Llombra prospera laddove celiamo dei segreti. Nel mo-


mento stesso in cui sbarriamo la porta a uno o più aspetti
del nostro essere, attiviamo una vita segreta. Nei program-
mi in dodici passi c'è questo adagio: <I tuoi segreti ti man-
tengono malato>. Grazie alla mia esperienza e ad anni di la-
voro con le persone, posso confermare che è assolutamente
vero. Non c'è peraltro nulla
llombra prospero di cui vergognarsi, perché
laddove celìamo deí segretí. abbiamo tutti una vita pub-
blica e una segreta. C'è un
personaggio che mostriamo al mondo, e ci sono aspetti del
nostro essere di cui ci vergogniamo, e che probabilmente le
persone che amiamo considererebbero inaccettabili. Forse
si tratta di un'area della nostra vita in cui abbiamo perso il
controllo, un abitudine o una dipendenza con cui stiamo
lottando, o una fantasia che non osiamo esprimere ad alta
voce.
Mantenere in piedi questa struttura costruita sull'incon-

156
grueîza è arduo. Per esempio, potremmo dimostrarci dolci
e attenti con le persone con cui entriamo in contatto du-
rante il giorno, per poi rientrare a casa la sera e fare una
scenata ai nostri bambini. Forse al cospetto dei colleghi ci
atteggiamo a brillanti intellettuali, e invece appena tornati a
casa passiamo ore davanti alla televisione, guardando pro-
grammi stupidi o rimbambendoci con i videogiochi. C'è
chi tradisce in segreto il proprio partner, o chi si fa passare
per una persona di successo che <si è fatta da sola> mentre
in realtà, segretamente, dipende ancora dai suoi genitori.
È questa vergogna non risolta che infine trova modo di
esprimersi con comportamenti che fanno saltare il coper-
chio, rivelando ciò che stavamo sforzandoci di nascondere.
Ci impegniamo a fondo, giorno e notte, per controllare i
nostri impulsi nascosti, ma all'improwiso commettiamo
un errore che distrugge la nostra autostima. Se stiamo na-
scondendo una parte della nostra vita in cui agiamo in mo-
do disonesto, alla fine ci faremo scoprire a firmare un asse-
gno in bianco o frodare il fisco. Se non facciamo altro che
nascondere la nostra sensazione di solitudine, ci ritrovere-
mo nel belmezzo della notte a ingurgitare zucchero, alcol o
sedativi con cui colmare il vuoto che stiamo proviamo den-
tro. Se la rabbia a cui siamo stati esposti decine di anni fa
non è stata affrontata e risolta, troverà modo di esprimersi
sotto forma di un genitore brontolone o di una moglie liti-
giosa. Potrebbe essere proprio la nostra awersione per dei
genitori che si tradivano a indurci ad attrarre nella nostra
vita partner che non sono degni della nostra fiducia, e che
ci destabilizzano emotivamente. Se la nostra normale cu-
riosità sessuale è stata repressa in giovane età, adesso po-

t57
tremmo sperimentare una sete insaziabile di pornografia
illegale o sesso pericoloso. Comunque sia, per riuscire a li-
berarci dalle compulsioni ingestibili dobbiamo trovare un
modo salutare per esprimere quegli aspetti repressi, in mo-
do da tenerci alla larga dai comportamenti che potrebbero
sabotare la nostra esistenza.
Matthew era il capo del personale di una prestigiosa fa-
coltà di Medicina. Godeva dell'ammirazione di tutti i suoi
colleghi, aveva una moglie che lo amava e tre magnifici
bambini. Sebbene esteriormente sembrasse un pilastro del-
la società, era stanco e annoiato del suo intellettualismo e
del successo che gli veniva immancabilmente riconosciuto.
Una sera sul tardi, dopo il lavoro, prese a guardare un fil-
metto che aveva come protagonista una giovane attrice che
lo intrigò. Decise di andare su Internet e cercare informa-
zioni su di lei. Cominciò così un'escalation di eventi: visi-
tando un sito porno, cliccò sulla pubblicità di un locale di
spogliarelli nella sua città. Ciò che vide lo riempì d'eccita-
zione. La sua mente cominciò a turbinare e immaginò di
farci un salto non appena avesse avuto un giorno libero.
Provando nel contempo eccitazione e paura, pet razionaliz-
zarela sua decisione pensò che in fondo quel locale si tro-
vava dall'altra parte della città, quindi gli sarebbe bastato
mettersi un cappellino da baseball per evitare di essere ri-
conosciuto.
Ben presto le visite di Matthew allo strip-club si trasfor-
marono in un abitudine. A un certo punto fu fortemente at-
tratto da una di quelle donne e finì per andarci a letto. Le
storie che raccontava alla moglie per giustificare le sue con-
tinue assenze si fecero semPre più complesse' un autentico

r58
tale abisso tra il suo personaggio pubblico e la sua vita pri-
vata. Non aPpena le conseguenze di quella sua vita segreta
si manifestarono pienamente, Matthew si ritrovò disgusta-
to per come la sua ombra lo aveva spinto ad abbandonarsi a
un comportamento di cui non avrebbe mai pensato di esse-
re caPace.
Come molte delle persone che sviluppano una dipen-
denzadal sesso, Matthew aveva bisogno d'aiuto, e ben pre-
sto scoprì che ciò che andava cercando non era soltanto
sesso, ma anche attenzione' ammirazione ed eccitazione' Se
fosse stato in grado di percepire e ammettere quei desideri
segreti, avrebbe potuto cercare il sostegno di cui aveva biso-
gno prima che quel suo comPortamento gli prendesse la
mano. E invece I'ombra I'aveva Portato a perdere completa-
mente il controllo, e con esso il suo matrimonio e la sua di-
gnità.
Nel corso degli anni ho sentito un infinità di storie come
questa, raccontate dai partecipanti ai miei seminari' Senza
nemmeno accorgersene, si erano trasformati nell'esatto op-
posto di ciò che avrebbero
5e non cì occupíomo Il
voluto essere. nocciolo
per tempo dello nostra ombrq della questione è che se non
owero deglí ímpulsí e delle ci occupiamo Per tempo
emozíoní represse, soranno della nostra ombra, ovvero
questì d occuporsí dí noí. degli impulsi e delle emo-
zronr represse' saranno que-
sti a occuparsi di noi. Come dice un mio amico, il dottor
Charles Richards, nel film The Shadow Effect: <Ignorare
I'ombra repressa equivale a rinchiudere qualcuno nel se-
minterrato, così da costringerlo a qualche gesto disperato

160
per richiamare la nostra attenzione>. Quando ci rifiutiamo
di fare volontariamente luce su tali aspetti, corriamo il serio
rischio di ritrovarci nel mirino di quello che definisco, per
I'appunto, Effetto Ombra. Se gli aspetti che abbiamo re-
presso non riescono a trovare nessuna valvola di sfogo, as-
sumono una loro vita indipendente. Rilasciando il senso di
colpa e la vergogna che ci portiamo appresso quando una
parte della nostra esistenza è awolta nell'oscurità, possia-
mo aprire le porte di quell'oscura prigione e trasformare la
nostra vita segreta in vita autentica.

Quando neghiamo uno sfogo inoffensivo all'espressione


del nostro lato oscuro, oppure rifiutiamo addirittura di ri-
conoscerne I'esistenza, questo si consolida e acquisisce una
forza capace di distruggere non solo la nostra vita, ma anche
quella delle persone che ci circondano. Più cerchiamo di re-
primere quegli aspetti della nostra personalità che ritenia-
mo inaccettabili, più questi trovano modalità di espressione
nocive e malsane. fEffetto Ombra si manifesta allorché la
nostra oscurità repressa affiora in superficie, inducendoci
ad agire in modo inconsapevole e imprevedibile. E ciò acca-
de puntualmente nel momento in cui qualche aspetto del
mondo esterno spinge I'oscurità interiore fuori dal suo na-
scondiglio, cosicché ci ritroviamo improwisamente a fron-
teggiare i tratti caratteriali, i comportamenti e le emozioni
che avevamo occultato nella nostra vita segreta.
r,"Effetto Ombra non si manifesta secondo un piano
prestabilito. Non ce lo andiamo a cercare, anzi, nella mag-
gior parte dei casi abbiamo investito un bel po'di tempo ed

16l
sibilità di successo attraverso una scelta compiuta in un
momento di offuscamento mentale, che mina i progressi
per cui avevamo lavorato anni. Tali manifestazioni di auto-
lesionismo non sono altro che I'esteriorizzazione del disa-
gio interiore, nascosto nei più oscuri recessi della nostra
mente inconscia. Dato che non abbiamo mai avuto la sag-
gezza,il coraggio o quant'altro fosse necessario per fare pa-
ce con ciò che avevamo represso, a causa della vergogna,
della paura o del senso di colpa che suscitava in noi, tale
materiale è costretto a venire allo scoperto, così da farci re-
cuperare e abbracciare il Sé perduto e tornare alla dimen-
sione trasparente di un Sé integro.
Infatti troviamo la motivazione per cambiare soltanto
quando i nostri comportamenti autodistruttivi non costi-
tuiscono pitr un segreto, e possiamo constatare obiettiva-
mente, con i nostri stessi occhi, il male che stiamo facendo
a noi stessi e alle persone che ci circondano. Per esempio,
quando i nostri bambini tornano a casa da scuola e si ritro-
vano senza elettricità perché non abbiamo pagato la bollet-
ta, allora siamo obbligati a fare veramente i conti con la no-
stra schiavitù verso il gioco. Talvolta ci vuole un arresto per
guida in stato d'ebbrezza per farci comprendere che non
controlliamo più la nostra dipendenza dall'alcol. Oppure
siamo a cena fuori, con gli amici, e il cameriere ci dice che
la nostra carta di credito viene respinta: è lì che non possia-
mo piìr negarci di avere speso oltre le nostre possibilità. O
ancora, ci colgono con le mani nel sacco mentre carichia-
mo sull'azienda le nostre spese personali: se non fosse suc-
cesso, ci saremmo resi conto che stavamo abusando della
nostra posizione? Certo, possiamo continuare a ingannarci,

164
a dirci che ci stiamo comportando al meglio, tanto sul lavo-
ro quanto nel seguire una dieta, ma un giorno o I'altro do-
vremo fare i conti con il nostro superiore o con I'ago della
bilancia.
IjEffetto Ombra emerge come possente manifestazione
esteriore di un mondo interiore pericolosamente squilibra-
to, ma per quanto il <mo-
mento della verità> che ne Lo menzogno
consegue sia doloroso, pos- comíncío in noi.
siamo servircene per inizia-
re un processo di evoluzione involontaria. Quando affron-
tiamo la nostra ombra sotto gli occhi delle persone che sti-
miamo di più, ci scrolliamo di dosso la negazione e ricono-
sciamo che dobbiamo intervenire, in un modo o nell'altro.
Se potessimo analizzarci con accuratezza, si tratterebbe
di un compito semplice. Ma non ne siamo capaci, ed è pro-
prio per tale motivo che cadere nella trance della negazione
è così facile. Non mi accorgo nemmeno di mentire, pensia-
mo. Infatti la menzogna comincia in noi. Se fossimo in inti-
mo contatto con i nostri impulsi piir oscuri, e se sapessimo
che egoismo, odio, avidità e intolleranzaÍecano un messag-
gio importante, terremmo conto della loro presenza nella
nostra vita, trattandoli alla stregua di amici che bussano al-
la porta cercando ascolto. Quando invece ci alieniamo dalla
nostra ombra, e per paura rifiutiamo di riconoscerne o ac-
cogliere il messaggio che sta cercando di recapitarci, possia-
mo essere certi che prima o poi faremo qualcosa, o vi sare-
mo implicati, che comunque farà emergere I'oscurità re-
pressa. E in momenti del genere quel delicato bussare alla
porta assumerà le proporzioni di una bella botta in testa.

r65
Se vogliamo evitare la furia dell'Effetto Ombra, dobbia-
mo sottoporci a un check-up quotidiano Per appurare se
stiamo facendo cose di cui ci potremmo vergognare o pen-
tire, e che potrebbero distruggerci la famiglia,la carriera,la
salute o I'autostima. In sostanza, dobbiamo toglierci il pa-
raocchi e valutare se stiamo occultando e negando una
qualche vita segreta. Abbiamo abitudini, comportamenti o
atteggiamenti che nascondiamo agli altri? Se arrossiamo al-
I'idea di ciò che potrebbe accadere se i nostri famigliari,
colleghi o amici potessero dare un'occhiata alle nostre e-
mail, alla cronologia del nostro browser, o saPere quali pen-
sieri meschini e intransigenti nutriamo, dobbiamo ricono-
scerlo come un sonoro segnale d'allarme' La negazione è il
processo attraverso cui manteniamo intatta la nostra vita
segreta, proteggendola dagli sguardi nostri e altrui, concen-
trandoci su qualsiasi cosa fuorché le nostre stesse insensa-
tezze.
Per abbracciare I'ombra ed evitare cheil suo effetto pos-
sa gettarci al tappeto, dobbiamo aprirci alla più completa
verità circa la nostra natura umana e tutto ciò che si cela
sotto la superficie di quello che crediamo di essere. Quando
rivolgiamo I'attenzione all'ipocrisia del nostro umanissimo
comportamento, ci apriamo a una verità piir profonda e si-
gnificativa, in cui ogni parte di noi merita di essere vista,
ascoltata e abbracciata, ogni nostro aspetto custodisce doni
ben più grandi di quanto possiamo immaginare, e ogni
emozione merita di essere espressa in modo sano. Quando
tutto quel materiale viene strappato all'oscurità e portato
alla luce, contribuisce concretamente alla creazione di rela-

166
zioni positive, al recupero di una condizione mentale ideale
e allarealizzazione del nostro potenziale.
LEffetto Ombra sbriciola la persona frttizia che aveva-
mo costruito con tanta meticolosita, in modo che possiamo
reinventarci, trasformandoci in qualcuno di diverso da ciò
che siamo sempre stati. Quando mandiamo all'aria i nostri
stessi piani è solo perché il nostro Sé superiore non è piir
disposto a interpretare il ruolo che ci siamo assegnati. In
teoria, sarebbe meglio se accogliessimo di buon grado gli
aspetti della nostra personalità finora rinnegati, perché
quando insistiamo nell'afferrarci alla maschera che si sia-
mo costruiti,le conseguenze possono essere molto doloro-
se. Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Britney Spears,
emblema della brava tagazza americana, precipita in una
spirale autodistruttiva e la sua reputazione finisce alle orti-
che. Tiger Woods, stella del golf nonché pseudobravo ra-
gazzo tutto cariera e famiglia, in un solo giorno si trasfor-
ma da supereroe a fedifrago autolesionista. Quando la ma-
schera del nostro personaggio pubblico ci va troppo stretta,
quando non ci lascia più spazio per crescere o respirare, sal-
ta via in modo che possiamo crearcene una nuova.
Il fenomeno dell'Effetto Ombra è esemplificato da
un'infinità di casi in tutte le epoche della storia. Eppure,
quando questi scandali di varie proporzioni finiscono sotto
gli occhi di tutti, ci limitiamo a scrollare il capo, perplessi,
diciamo che quelle persone sono <cadute in disgrazia>>.Ma
lo sono dawero? Quella grazia perduta non era forse solo
una montatura costruita ad arte?

r67
Ilombra ffiessa a nudo

Quando ci scopriamo tormentati da certe caratteristiche


dell'ombra altrui, è solo perché siamo entrati in contatto
con qualcosa che appartiene anche a noi stessi. Siamo abi-
tuati a pensare che possiamo vederci soltanto attraverso la
nostra immagine riflessa in uno specchio, ma è vero solo in
parte. In realtà possiamo scrutarci fin nei minimi dettagli
prendendo nota di ciò che osserviamo negli altri. Siamo
congegnati in modo da proiettare sul prossimo le caratteri-
stiche che non riusciamo a cogliere in noi stessi. Non c'è
nulla di male in questo, e in effetti lo facciamo di continuo'
La proiezione è il nostro meccanismo automatico di difesa:
invece di riconoscere in noi le cose che meno ci piacciono,le
proiettiamo su qualcun altro: nostra madre, i figli, gli amici
o, ancora meglio, un Personaggio pubblico che non abbiamo
mai incontrato di persona. Le persone su cui proiettiamo
detengono porzioni della nostra oscurità negata, nonché
della luce che non abbiamo ancora rivendicato. Essendo si-
multaneamente turbati dalla nostra bassezza e dalla nostra
grandezza, anziché assumercene la paternità trasferiamo in-
consciamente tali qualità sul primo che capita.
Nel corso della nostra vita avremo sicuramente speri-
mentato il potere della proiezione migliaia di volte' Arrivia-
mo da qualche parte, e all'improwiso ci sentiamo affasci-
nati da qualcuno. Cominciamo a chiacchierare' l'interlocu-
tore ci parla di sé e dei suoi gusti, così scopriamo che non
abbiamo nulla da spartire. Ed ecco che, nel giro di pochi
istanti, quella stessa persona ci sembra assolutamente di-
versa: la trance della proiezione si è bruscamente interrotta'

168
Poco dopo, casualmente, la stessa persona accenna al fatto
che potrebbe farci avere i biglietti in prima fila della partita
a cui sogniamo di assistere, oppure che conosce chi potreb-
be far finalmente decollare un progetto che culliamo da
tempo, e allora torniamo a vederla in una luce piìr favore-
vole. A questo punto, però, comincia a vantarsi di conosce-
re questo e quello, allora ci fa venire in mente quel vanitoso
di nostro suocero, e I'effetto è assolutamente negativo. In
realtà, nella persona che ci sta di fronte non è cambiato un
bel niente, semmai sono cambiate le nostra fantasie su di
lei. È questo il potere della proiezione! Se riconosciamo il
fenomeno, comprenderemo perché possiamo innamorarci
all'istante di qualcuno e trovarlo assolutamente insoppor-
tabile poco tempo dopo.
La nostra oscurità rinnegata si manifesta continuamen-
te attraverso lo schermo delle persone che ci circondano.
Potremmo cogliere la nostra remissività in nostra madre,la
nostra avidità in nostro padre, la nostra pigrizia nel part-
net e il nostro becero moralismo nei nostri politicanti. Le
proiezioni assumono toni
del genere: Uffa! È così ego- La nostro oscuritù rínnegata
centrica! Oppure: È pieno di sí manífesta contínuamente
sé! O ancora: Che nzza di ottroverso lo schermo delle
imbecille! Che perdente! So- persone che cí círcondano.
no proprio le proiezioni a
spiegarci perché cinque fratelli e sorelle cresciuti nella stes-
sa famiglia potranno definire i propri genitori in modo as-
solutamente diverso, con tutta una serie di caratteristiche,
qualità e debolezze divergenti.
Se ci risulta così difficile riconoscere quando ci stiamo

169
comportando male, è proprio perché non facciamo altro
che proiettarlo sugli altri. Piìr ci indigniamo per le malefat-
te di qualcuno, più è probabile che abbiamo fatto lo stesso'
È questo il caso di A.J., barista in un celebre ristorante, che
dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro stava guidando
verso casa per godersi una serata tranquilla con i suoi fami-
gliari. All'improwiso sentì awicinarsi il tipico suono che
nessuno di noi vorrebbe mai udire: quello della sirena della
polizia. Accostando al marciapiede, A.J. pensò a quale infra-
zione poteva avere commesso. Nessuna. Quando abbassò il
finestrino il poliziotto gli chiese la patente.
Prendendo il tesserino, I'agente si chinò e gli chiese:
<<Ragazzo, hai bevuto? >
<No, signore. Ero al lavoro>, rispose A.|.
<<Ragazzo,penso invece che tu abbia alzato un po'il go-
mito, ed è meglio per te se lo ammetti. Forse dopo il lavoro
sei andato da qualche altra parte?> domandò il poliziotto
con un certo sarcasmo.
A.)., obbligato a mettersi sulla difensiva, replicò: <Nossi-
gnore! Non ho bevuto. In realtà ero al bar, e le ho servito da
bere tutto il pomeriggio...>
Il poliziotto, owiamente imbatazzato, gli restituì la pa-
tente, risalì sulla sua auto e svanì nel nulla. Ecco un perfetto
esempio di proiezione! Quando l'agente, che di sicuro non
aveva la coscienza pulita e probabilmente si sentiva un po'
in colpa per essersi concesso degli alcolici mentre era in ser-
vizio, era tornato al lavoro dopo la sua (pausa>, riprenden-
do a pattugliare I'area di sua comPetenza, inconsciamente
si era messo sulle proprie tracce.. '
Possiamo anche riuscire a sottrarre al nostro sguardo

t70
quelle parti di noi stessi che stiamo cercando di evitare, ma
non basterà a cancellarle dal nostro campo energetico.
Comportamenti ed emozio-
ni che ci mettono a disagio possíomo anche rtuscíre
trovano sempre uno scher- a sottrorre ol nostro sguardo
mo su cui proiettarsi, e di si- quelle portí dí noì stessí che
curo questo accade quando stíamo cercando dí evítare,
la presenza di una certa per- ma non basterù a concellarle
sona ci mette emotivamente dal nostro cdmpo energetíco.
sotto pressione. Immaginia-
mo che sul nostro petto siano installate un centinaio di pre-
se elettriche diverse. Ciascuna rappresenta una nostra ca-
ratteristica. Le qualità che riconosciamo e accettiamo sono
ben coperte e isolate, non corriamo nessun rischio di pren-
dere la scossa. Ma quelle che ci mettono a disagio e che non
abbiamo ancora riconosciuto sono come fili scoperti. Ecco
perché reagiamo quando ci imbattiamo in qualcuno che ri-
flette I'immagine di ciò che non vorremmo essere.
Vi farò un esempio. Una volta frequentavo un uomo che
era un po'sovrappeso, anzi, decisamente fuori forma. Do-
po qualche mese mi resi conto che, indipendentemente dal-
la situazione, trovava sempre il modo di criticare qualcuno
che aveva qualche chilo di troppo,la pancetta o i pantaloni
che gli cadevano male. Un bel giorno, mentre attraversava-
mo I'aeroporto per una breve vacanza romantica, mi indicò
un tizio qualsiasi e disse: <Che sciattone! Ma perché non si
prende un po'pitr cura di se stesso?>
Non riuscii più a tenere la bocca chiusa e trovai il corag-
gio di spiegargli che stava semplicemente proiettando la
sua scarsa opinione di sé e della sua forma fisica su persone

t7l
cui non sapeva assolutamente nulla. Gli consigliai di
guardarsi allo specchio, anziché continuare a puntare il dito
contro chiunque. Penso proprio che gli venne un colpo
quando, sulla scala mobile, diede finalmente un'occhiata al-
la sua bella pancetta. Si rese conto che anche lui aveva al-
meno una decina di chili di troppo, e sembrò oltremodo
mortificato.
lmbarazzatissimo, mi chiese con tono sommesso se dav-
vero tra lui e quel tizio non ci fosse nessuna diffetenza.
Preoccupata all'idea di rovinarmi il fine settimana, mentii e
lo rassicurai che le cose non stavano così, ma che quando
eravamo in pubblico avrebbe potuto rivolgere la sua atten-
zione altrove: se si concentrava troppo sulla ciccia altrui, si-
gnificava che in fondo ce I'aveva con il proprio corpo, ma
non voleva riconoscerlo per non doversi preoccupare del
suo aspetto.
Ci sono letteralmente centinaia di altri tratti su cui quel-
I'uomo avrebbe Potuto concentrarsi: pettinature, sorrisi, oc-
chi, nasi... Invece lui vedeva solo la pancetta degli altri uo-
mini. Le nostre proiezioni sono sempre scioccanti. Quando
giudichiamo il nostro pros-
Quondo gíudíchíomo íI nostro simo non ci passa neppure
prossímo non cí posso per la mente che in realtà
neppure per lo mente stiamo parlando di noi stes-
che ín realtù stiomo Parlondo si. Ma una volta compreso il
dì noí stessf. processo che ci spinge a
concentrarci su determinati
aspetti, possiamo cominciare a districare la matassa e fare
un distinguo tra le nostre percezioni e I'abitudine a sputare
sentenze sul prossimo.Insomma, non dovremo mai dimen-
ticarci del vecchio detto: <Chi 1o dice,lo è>.

172
Se la nostra rabbia è qualcosa che neghiamo o ci mette a
disagio, finiremo automaticamente per rivolgere l'attenzio-
ne a tutte le persone arrabbiate intorno a noi. Se in segreto
stiamo mentendo (o ci sentiamo in colpa per avere mentito
in passato), mostreremo tutto il nostro sdegno per la diso-
nestà altrui. Nel corso degli ultimi anni, durante i quali ho
condotto un'infinità di seminari, ho vissuto momenti esila-
ranti quando qualche partecipante se la prendeva con me
perché osavo proporre il concetto di proiezione, e con que-
sto insinuare che possedesse anche lui le caratteristiche
sgradevoli che riscontrava nel loro prossimo.
Uno degli esempi che ricordo piir volentieri è quello di
una bella donna ispanica sulla trentina che durante una
pausa venne a spiegarmi di non avere niente da spartire con
suo padre, sprezzante com'era verso tutti i suoi partner.
Quando le chiesi se ci fosse un motivo preciso per quel suo
atteggiamento, mi rispose che suo padre eta tazzista e non
riusciva a sopportare che lei uscisse sempre e soltanto con
asiatici. Al che le domandai, in tono scherzoso, che genere
di donna ispanica sarebbe disposta a frequentare soltanto
asiatici. La sua rabbia svanì all'istante, e sommessamente
mormorò: <Forse qualcuno che è un po' razzista?> In quel
preciso istante si rese conto di essere proprio come suo pa-
dre, perché non aveva mai accettato una relazione con uo-
mini del suo stesso background.
C'è stato poi il caso di un'altra donna che pretendeva di
essere assolutamente diversa da suo padre, un uomo iper-
critico, sempre pronto ad additarle i suoi difetti. Mi spiegò
che era irascibile, ipocrita, perfido. Quando, nel corso di
quella nostra brevissima conversazione,le chiesi di analiz-

173
zare ilproprio atteggiamento nei confronti del padre, com-
presi che stava manifestando la stessa predisposizione al
giudizio di cui si stava lamentando.
In un'altra occasione un uomo si alzò e mi raccontò che
aveva sempre detestato la gente dalla mentalità ristretta, da
cui si sentiva circondato sia al lavoro, sia nella sua vita pri-
vata. Poi, un bel giorno, il suo amatissimo figlio era tornato
a casa dall'università e gli aveva confessato di essere omo-
sessuale. Lluomo si era sentito profondamente disgustato.
Quando sua moglie aveva Provato a farlo ragionare,lui ave-
va compreso di essere proprio come le persone meschine
che aveva sempre disprezzato, e così aveva deciso di parteci-
pare a quel mio seminario.
Riconoscere le proprie proiezioni è un atto coraggioso,
ma anche un gesto di grande umiltà, dal quale dobbiamo
passare se vogliamo trovare la pace. Ammettere le proie-
zioni ci obbliga a riconoscere che siamo perfettamente in
grado di fare tutto ciò che detestiamo nel nostro prossimo,
anzi, spesso addirittura ci comportiamo nel medesimo
modo.
Se guardiamo all'attualità, gli esempi di proiezione non
mancano di certo. Eliot Laurence Spitzer, ex governatore di
New York, ha dedicato I'intera carriera politica al tentativo
di spazzare via la prostituzione, che bollava come un feno-
meno assolutamente inaccettabile, poi si è ritrovato coin-
volto in uno scandalo a base di call-girl. Newt Gingrich' ex
portavoce della Casa Bianca, si dimostrò talmente inorridi-
to per il comportamento sessualmente scorretto del presi-
dente Clinton da guidare il movimento che ne chiedeva
l'impeachment,mapoi si scoprì che lui stesso aveva una re-

174
lazione extramatrimoniale. Ted Haggard, famoso predi-
catore che inveiva contro I'immoralità dell'omosessualità,
fece ancora di peggio: fu
implicato in una relazione Rìconoscere Ie proprìe
omosessuale con tanto di proíezíoní è un atto coroggìoso,
abuso di stupefacenti. Rush mo onche un gesto dí grande
Limbaugh, star della radio umíltà, dal quole dobbíamo
che nel corso delle sue tra- possare se voglíamo
smissioni aveva apertamen- trovare la pace.
te deriso i tossicodipenden-
ti, dovette successivamente ammettere la propria dipen-
denza dagli psicofarmaci.
Potrei continuare con migliaia di altri esempi simili di
persone che demonizzano e criticano aspramente in pub-
blico gli stessi comportamenti di cui si rendono protagoni-
sti in privato, ma sarebbe sbagliato pensare che a un certo
punto vogliano deliberatamente distruggere la propria vita
e la propria carriera, umiliarsi pubblicamente e coprire di
vergogna i propri famigliari. Quali sono dunque le loro ve-
re intenzioni? Sono forse stati colti di sorpresa, e alla fine
profondamente scioccati dal loro stesso corfportamento?
Quel <Ho agito sotto la spinta del Diavolo) non è forse
I'ombra sotto mentite spoglie?
Com'ebbe a commentare Shakespeare, con la sua con-
sueta arguzia: <La signora protesta un po'troppo). Qualsia-
si caratteristica, comportamento o emozione susciti il più
indignato rifiuto, alberga sicuramente da qualche parte nel-
la profondità della nostra psiche. Potrà anche manifestarsi
in modo assolutamente diverso, ma la forza che ispira un
certo comportamento abituale sarà in pratica la medesima.

t75
Thlvolta identificare questa forza dominante può costituire
una sfida impegnativa, perché potremmo manifestare un
comportamento diverso da quello della persona su cui stia-
mo proiettando. Ma quando un nostro tratto caratteriale è
paragonabile a un cavo scoperto (per tornare all'esempio
precedente delle prese elettriche)' attiriamo nella nostra vi-
ta persone e incidenti che possono aiutarci a riconoscere,
guarire e abbracciare I'aspetto che stiamo negando.
Se riusciamo ad accogliere a cuore aPerto le caratteristi-
che altrui che piir ci infastidiscono' non ne saremo più di-
sturbati. Forse continueremo afarci caso' ma non ci procu:
reranno più tanto disagio. Ciò significherà che avremo do-
tato quelle prese elettriche della messa a terra adeguata, co-
sicché non potremo più prenderci una scossa. Il comporta-
mento degli altri suscita intense reazioni emotive soltanto
quando stiamo mentendo a noi stessi, o detestiamo alcuni
aspetti della nostra personalità. Ken Wilber, celebre filosofo
e psicologo, ha sottolineato un importante distinguo: se
una persona o una cosa nel nostro ambiente ci informa,
cioè se recepiamo quanto sta accadendo tramite informa-
zione o nota d'interesse, con ogni probabilità non stiamo
proiettando. Se invece citurba, cioè se diventa immediata-
mente oggetto del nostro giudizio, e ci sentiamo coinvolti, è
assai probabile che siamo vittima delle nostre proiezioni.
Finché non recuperiamo tutti gli asPetti del nostro esse-
re che abbiamo proiettato, quello che ci rifiutiamo di accet-
tare continuerà a riemergere nella nostra esistenza tramite
il comportamento nostro o delle Persone che ci sono vici-
ne. Quando non affrontiamo le problematiche della nostra
ombra,le prime a esserne danneggiate sono le nostre rela-

t76
zioni. Llombra ci priva infatti dei doni che ci offrono le
persone che incontriamo, perché abbiamo eretto una mu-
raglia difensiva, fatta di giu-
dizio e condanna, che ci ac- llombro cí prtva dei doní
ceca, impedendoci di veder- che cí otfrono le persone che
le per ciò che sono real- ìncontríomo, perché abbíamo
mente. Distoglie la nostra eretto una muroglía dífensìva.
energia dagli aspetti globali
del rapporto con gli altri, costringendoci invece a prestare
attenzione solo a quelli che giudichiamo i loro difetti ed er-
rori.
Il comportamento di Pilar, per esempio, è emblematico.
Pilar era una donna sulla quarantina che si vantava d'essere
una buona figlia, e nel contempo trovava insopportabile
I'atteggiamento del padre, che aveva la mania di accumula-
re montagne di cose. Andava a trovarlo ogni domenica, e
immancabilmente, già durante il percorso, cominciava a
provare ansia e fastidio. Non appenayarcava la soglia del
suo soggiorno, dove avrebbero dovuto passare un pomerig-
gio tranquillo, invece di chiedergli come stesse o di raccon-
targli qualcosa sulla sua vita, cominciava a lamentarsi rab-
biosamente per le montagne di giornali che giacevano per
terra e le centinaia di piccoli cimeli e oggetti sparpagliati un
po'dappertutto nel suo già piccolo appartamento.
Suo padre non riusciva proprio a sbarazzarsi di tutte
quelle cose inutili, e non ascoltava affatto gli ordini della fi-
glia, che, in preda alla piìr totale frustrazione,imperniava la
conversazione proprio sulla sua incapacità di fare un po'di
spazio e d'ordine. Owiamente I'atmosfera si caricava subi-
to di tensione, riempiendo entrambi di tristezza al punto

177
ripetitivi e demoralizzanti. Pilar
da rendere quegli incontri
se ne tornava puntualmente a casa con I'animo colmo di
amarezza,mentre suo padre desiderava in cuor suo che la
figlia smettesse semplicemente di fargli visita, sebbene fosse
troppo gentile e troppo solo per dirglielo aPertamente'
Ún giorno, mentre lavorava nell'ufficio di casa che divi-
deva con il marito Emilio, Pilar ebbe una sorta di illumina-
zione. A un certo punto Emilio le aveva chiesto di svuotare
un cassetto della scrivania perché aveva bisogno di un po'
più di spazio per i suoi documenti. Irritata, Pilar gli aveva
iisposto che aveva assolutamente bisogno di sei degli otto
cassetti, già occupati da tutta la sua documentazione di la-
voro, e che se dawero aveva bisogno di più spazio, Emilio
non doveva fare altro che procurarsi un nuovo archivio'
Turbato per il fatto che sua moglie non fosse capace di con-
dividere il loro spazio di lavoro, Emilio aveva cominciato a
tirare uno dopo I'altro i cassetti e vi aveva trovato solo car-
tellette piene di ritagli di periodici. Pilar lo sentiva mugu-
gnare, ma a quel Punto non stava già più prestando ascolto
uil. tn. parole. Stava invece constatando, sbalordita, che il
suo atteggiamento era esattamente identico a quello del pa-
dre, e che per Emilio tutti quei pezzi di carta erano sempli-
cemente spazzattîainutile' In effetti' parte di quel materia-
le giaceva là dentro da un infinità di tempo: c'erano persino
degli scontrini che risalivano all'epoca dell'università, ov-
vero vent'anni Prima!
Fu così che, tutt'a un tratto, riportando la sua consaPe-
volezzaalla stanza in cui il marito stava ancora brontolan-
do per convincerla che almeno metà di quella roba andava
buttata in pattumiera, Pilar scoppiò a ridere fragorosamen-

178
te. Nel giro di qualche istante era passata dal disgusto per il
contenuto della sua ombra al senso di liberazione per avere
interrotto la trance della proiezione. Si era resa conto che
alla fine aveva sempre fatto come suo padre, anche se quella
montagna di cose inutili, invece di essere sparpagliata per
casa, era riposta ordinatamente nei cassetti. Riconoscendo
di essere a sua volta un'accumulatrice compulsiva, aveva
quindi chiesto a suo marito di aiutarla a fare un po'di cer-
nita, così da eliminare buona parte di quei ritagli, perché si
rendeva conto che avrebbe trovato difficile farlo di sua
spontanea volontà. In realtà, amava tutti quei cimeli, pro-
prio come suo padre.
Nel giro di qualche giorno Pilar mise a disposizione del
marito addirittura úre cassetti, poi raccontò quell'episodio a
suo padre per chiedergli scusa di essersi sempre comportata
da perfetta rompiscatole. Padre e figlia si fecero una bella
risata e si abbracciarono: un gesto che facevano sempre per
salutarsi, ma mai come in quel caso in segno di sincero af-
fetto. Da allora, essendosi assunta le sue responsabilità, pi-
lar poté instaurare con il padre un rapporto diverso, carat-
terizzato dall'amore e dal rispetto, e in virtù di quel cam-
biamento I'uomo riuscì gradualmente a lasciar andare par-
te degli ingombranti frammenti del proprio passato. Atla fi-
ne chiese persino a sua figlia di aiutarlo a riempire qualche
altro sacco di spazzatura, durante le sue visite domenicali.
È proprio questo I'aspetto eccitante della faccenda:
quando comprendiamo la proiezione, trasformiamo irre-
vocabilmente la nostra percezione del mondo. Viviamo in
una realtà olografica, in cui ogni persona e cosa è uno spec-
chio, e non facciamo altro che osservare e parlare a noi stes-

t79
si. Se però lo vogliamo, possiamo riconoscere fin d'ora che
ciò che ci colpisce emotivamente è un segnale d'allarme, un
indizio che ci mette sulle tracce della nostra ombra, un ca-
talizzatorc per la crescita, grazie a cui abbiamo un'occasio-
ne di recuperare qualche aspetto nascosto di noi stessi'
ci
Qualsiasi porzione d'ombra riusciamo ad abbracciare,
consentirà di sperimentare più amore' cornpassione' pace e
una sensazione di maggiore libertà.
Ma c'è dell'altro: quando riconosciamo le nostre pro-
iezioni,le personè che fanno parte della nostra vita awer-
tono la nostra libertà e Possono approfittarne per trasfor-
mare anche il proprio comPortamento. Le persone su cui
stavamo proiettando subiscono un cambiamento perché
abbiamo finalmente concesso loro di manifestarsi in modo
diverso: dato che Possiamo
Quokiasí porzíone d'ombra vederle per ciò che sono,li-
riuscíamo ad abbraccìare, berandole dal peso del no-
ci consentírà dí sperimentore stro giudizio, abbiamo fatto
píù amore, compassíone, poce emergere una nuova realtà'
e una sensozione In sostanza, dobbiamo ar-
dí maggíore tíbertà. rivare a una condizione in
cui possiamo svelare, rico-
noscere e abbracciare qualsiasi caratteristica al mondo, in
modo da non dover piùr proiettare sugli altri gli aspetti del
nostro essere che non sappiamo accettare; così facendo, po-
tremo percepire gli altri attraverso la lente grandangolare
della compassione, anziché quella deformante della proie-
zione. Solo allora saremo liberi di amare non solo noi stes-
si, ma chiunque incontreremo nel nostro percorso terreno'
È questa I'esperienza della vera libertà.

180
Smascherare l'ombra

C'è un altro metodo efficace per scoprire gli aspetti fi-


nora negati dalla nostra personalita. Consiste nell'esplorare
i pattern comportamentali ripetitivi con cui ci troviamo a
lottare da anni. Schemi comportamentali che scaturiscono
dagli aspetti rifiutati e nega-
ti di noi stessi, e che si tra- II desiderío dí prendere le
sformano nella nostra ne- dístanze dalle emoàoní
mesi. Spesso reputiamo che indesíderote cí ha spínto o
il problema siano proprio escogítore qualcosa che
tali comportamenti inaccet- potesse lorcí sentire meglío,
tabili, ma è solo un autoin- ed è così che sono natí i nostrí
ganno con cui evitiamo di comportomentí dutodístruttíví.
andare alle radici della que-
stione. Per esempio, siamo alle prese da anni con i chili di
troppo, il vizio delle sigarette, il dongiovannismo o le spese
eccessive, e dopo tante lotte ci ritroviamo immancabilmen-
te al punto dipartenza, o in una posizione ancora peggiore.
Al contrario, se solo comprendessimo che la vera origine
del problema sono le emozioni represse o gli aspetti del-
I'ombra che non abbiamo saputo riconoscere o di cui ci
vergogniamo, potremmo sradicare una volta per tutte il
pattern comportamentale che ne consegue.
Tutti i nostri comportamenti abituali scaturiscono da
una o più esperienze del passato, in virtir delle quali abbia-
mo elaborato una particolare interpretazione di noi stessi.
Su tale base abbiamo poi formulato certi pensieri, che ci
hanno indotti ad avere un'opinione in genere negativa sul
nostro conto.Il desiderio di prendere le distanze dalle emo-

181
zioni indesiderate ci ha spinto a escogitare qualcosa che po-
tesse farci sentire meglio, ed è così che sono nati i nostri
comportamenti autodistruttivi.
Annette aveva sei o sette anni la prima volta che sua ma-
dre le disse che sarebbe uscita e che quella sera I'avrebbe la-
sciata sola. Mentre calava la notte, vagando per l'apparta-
mento vuoto la bimba giunse alla conclusione che la mam-
ma non l'amasse. Inoltre,la angosciava il pensiero che po-
tesse succedere qualcosa alla madre, il che avrebbe signifi-
cato I'abbandono definitivo. Questo pensiero lafece sentire
ancora più sola, spaventata e soprattutto diversa da tutti gli
altri ba;bini,le cui madri rimanevano a casa a preparare la
cena. Per placare quei tormenti, Annette cominciò a fate
avanti e indietro dalla cucina, dove la madre le aveva lascia-
to una grande scatola rosa piena di ciambelle' Fu così che
apprese come quei piaceri potessero aiutarla ad attenuare il
dolore, almeno per un Po'.
Se esploriamo i nostri schemi comportamentali, special-
mente quelli che meno vorremmo perpetuare' scopriamo
inevitabilmente emozioni che hanno accomPagnato una
ferita originaria. In un estremo tentativo di soffocare quel
tormento abbiamo creato dei pattern che in definitiva, an-
ziché concederci il sollievo tanto desiderato, hanno rinfor-
zatolaferita emotiva.
Helena era continuamente imbatazzatae ansiosa perché
non faceva che procrastinare i suoi impegni, fossero pro-
getti di lavoro,lavori di casa o piccole incombenze come
sostituire I'olio dell'automobile o prendere qn appunta-
mento con il dentista. ogni volta che doveva affrontare le
conseguenze di quel suo perpetuo rinviare, Prometteva so-

182
lennemente a se stessa che sarebbe cambiata. Era perfetta-
mente consapevole che quella sua abitudine la indeboliva
dal punto di vista emotivo, portandola all'esaurimento.
Piena di rimorsi, si rivolse a me spiegandomi che non pote-
va più continuare così, neppure per un solo giorno.
Dopo avere pazientemente ascoltato la sua tirata, le
chiesi se fosse dawero pronta ad affrontare la causa fonda-
mentale di quel suo atteggiamento,l'aspetto dell'ombra che
la privava d'una vita serena e gioiosa. In un misto di nervo-
sismo e rassegnazione, disse di sì.
A quel punto le posi la mia prima domanda: che genere
di persona è quella che temporeggia sempre? La prima cosa
che le venne in mente fu il ricordo del patrigno, che rifiuta-
va sistematicamente di dare una mano in casa e se ne restava
stravaccato sul divano davanti alla televisione con il volume
al massimo, atteggiamento che mandava su tutte le furie sua
madre. Nell'identificare le radici della ferita, Helena si sentì
in imbarazzo: il fatto stesso di manifestare le medesime ca-
ratteristiche sgradevoli del patrigno la riempiva di vergo-
gna. Allora le chiesi che cosa pensasse di quell'uomo, e mi
rispose che I'aveva sempre considerato un fannullone, mal-
grado un notevole successo nel lavoro. Helena, che al-
avesse
I'epoca era soltanto una timida adolescente, aveva deciso
che non sarebbe mai sprofondata nella vergognosa pigrizia
ostentata dal patrigno. In effetti, chiunque la conoscesse
avrebbe detto di lei I'esatto contrario, definendola volente-
rosa, energica, produttiva, motivata ed estremamente effi-
ciente. Eppure, sotto sotto Helena era costantemente assilla-
ta da ciò che ancora non aveva fatto, dalle faccende ancora
da sbrigare. Ricordava bene gli improperi che la madre indi-

183
mo del pieno diritto e della capacità di esporlo alla luce del-
la nostra consapevolezza,perdonare noi stessi e gli altri per
il dolore che abbiamo sperimentato e sbarazzarci per sem-
pre del relativo comportamento autolesionista.
Forse il problema in cui incorriamo più spesso è l'inca-
pacità di prenderci cura di noi stessi. Se gli altri hanno biso-
gno di noi siamo sempre disponibili ad aiutarli, eppure non
troviamo mai il tempo per accudire noi stessi. Non abbia-
mo fatto altro che preoccuparci del partner, dei figli, di pa-
renti e amici, cosicché i nostri sogni sono sempre rimasti in
lista d'attesa. Ma a un certo punto realizziamo che non pos-
siamo più trascurare le nostre necessità e i nostri desideri,
neppure per un giorno.
Per scoprire I'origine di questo modello comportamen-
tale deviato basta chiedersi: Che razza di persona si preoc-
cuperebbe soltanto dei suoi sogni, senza mai rendersi di-
sponibile agli altri? La risposta è semplice: un egoista. Ecco
che, almeno per qualche istante, ci sentiamo felici. Felici di
non essere egoisti, perché gli egoisti proprio non li soppor-
tiamo. Riesplorando il passato, ricordiamo quante volte, a
casa e a scuola, ci hanno ripetuto che essere egoisti è assolu-
tamente sbagliato, quindi siamo convinti di avere preso la
decisione giusta: rifiutare il gretto individualismo, costi
quel che costi. È così che ci siamo trasformati nell'esatto
contrario: una persona altruista, con un gran cuore, amore-
vole e gentile, disposta a fare del suo meglio per chiunque.
Ed è proprio questo il vincolo interiore che caratterizza il
nostro pattern comportamentale: compiacere gli altri.
Per fare pace con noi stessi e spezzare il circolo vizioso
dobbiamo allora affrontare il disgusto che proviamo per il

185
concetto stesso di egoismo, e riconsiderare I'atteggiamento
severo con cui ci siamo posti nei confronti di chiunque ci
sia mai sembrato egoista. Dobbiamo identificare i connota-
ti negativi che attribuiamo al termine <egoista> e ricono-
scere che stiamo interpretando la realtà in modo limitante e
rigido, tarpando il nostro stesso potenziale. È di fondamen-
taie importanza scoprire in quale momento abbiamo stabi-
lito, o ci è stato detto, che gli egoisti sbagliano e sono mal-
vagi. A quel punto saremo abbastanza aperti da accettare
gli aspetti egoistici che ci contraddistinguono, e anche da
perdonare tutte le Persone che hanno rinforzato quella no-
stra concezione di egoismo = negatività. Dobbiamo accet-
tare il duplice aspetto della natura umana' in un sano equi-
librio tra egoismo e altruismo. Se non siamo disposti o ca-
paci di scoprire gli aspetti positivi dell'egoismo, e conti-
nuiamo a relegarli nell'ombra, non potremo mai rinuncia-
re al pattern comportamentale in cui siamo intrappolati e
che ci costringe a trascurare tutto ciò che più conta per la
nostfa crescita individuale, compresa la realizzazione delle
nostre più profonde asPirazioni.
Se vogliamo abbracciare ciò che fino a oggi ci ha ingab-
biati, dobbiamo trovare il coraggio di scoprire i doni del Sé
egoista. Se il nostro comPortamento ci porta a trascurare
siitematicamente i nostri bisogni, nel percorso di realizza-
zione del Sé più autentico dobbiamo assolutamente tra-
sformarci anche in egoisti. Aiutare gli altri atealizzateiloto
sogni è fantastico, e io stessa ne ho fatto la mia fonte di so-
stentamento. Ma se non potessi scegliere di adottare un at-
teggiamento egoista, non riuscirei mai a portare a termine
orr libto, perché finirei piuttosto con il rispondere al telefo-

186
no o con il ricevere le persone che mi chiedono incessante-
mente attenzione e sostegno.
Libertà significa saper scegliere ciò che vogliamo essere
in qualsiasi momento della nostra vita. Se ci sentiamo
costretti ad agire in un certo
modo solo per evitare di asso- Líbertà sígnífica saper
migliare a ciò che detestiamo, sceglíere cìò che voglìamo
siamo caduti in trappola. Se essere ín quakíasí
non possiamo permetterci di momento della nostra víto.
essere pigri o arrabbiati, fon-
damentalmente non possiamo essere liberi. Quando riven-
dichiamo determinati aspetti del nostro essere, è di fonda-
mentale importanza ricordarci che lo stiamo facendo per
riconoscere la nostra vera magniftcenza. fung l'ha illustrato
alla perfezione, dicendo: <Preferisco essere completo che
buono>.
Almeno all'inizio, intraprendere un tale percorso a ri-
troso potrà sembrare awilente. Eppure, c'è ben poco che
possa risultare altrettanto fruttuoso. È affascinante portare
I'ombra alla luce del sole, scoprire come abbia messo radici
e prenderla in contropiede prima di pronunciare qualcosa
che non intendevamo dawero dire, o fare qualcosa di cui ci
potremmo pentire!
Non c'è pattern comportamentale che non possa essere
trasformato o sradicato, se siamo disposti a mettere a nudo
le radici del dolore emotivo che ci ha spinto a rinnegare
certi aspetti dell'ombra adottando comportamenti discuti-
bili. Tale processo è spesso all'origine di un vero rompica-
po: in quanto esseri umani, vogliamo istintivamente sentir-
ci protetti, e nella maggior parte dei casi ripetere i vecchi

t87
comportamenti ci dà una falsa sensazione di sicurezza.Per
molti versi, reiterare il passato ci sembra più semplice che
azzar dar e s oluzioni alternative. Tuttavia, p er interrompere
il circolo vizioso dei comportamenti autodistruttivi saremo
obbligati a rinunciare a quella sicurezza illusoria, sondare il
terreno sottostante, affrontare gli aspetti piìr scomodi della
nostra ombra, svelare il mistero di quel nostro comporta-
mento inopportuno e ar.viare il processo di cambiamento.
A mano a mano che ci rendiamo conto di quanto siano
sterili i vecchi schemi, possiamo tirare fuori il coraggio, chie-
dere aiuto, affrontare quegli aspetti oscuri che ci siamo fino-
ra nascosti, e fare finalmente chiarezza. Acquisendo familia-
rità con il cast di personaggi che mettono in scena il nostro
dramma interiore, possiamo imparare a riconciliarci con il
progetto di vita che volevamo intraprendere e offrirgli tutto
il sostegno necessario. Se invece non riusciamo a riconoscere
le forze awerse che sono all'origine di tali personaggi, pre-
steremo ascolto a una storia che rappresenta solo in parte
ciò che siamo, perdendo di vista le straordinarie opportunità
direalizzare pienamente la nostra natura umana. Se rifiutia-
mo di riconoscere il nostro dualismo interiore, cadremo per
I'ennesima volta nella trappola di identificarci con la ma-
schera interiore che in quel momento sembra dominante,
indipendentemente dal suo programma o missione.

I doni dell'ombra

Appartengono all'ombra i personaggi di primo piano


nel copione della nostra vita. È nostro preciso compito im-

188
parare dall'ombra, integrarla, consentirle di far evolvere il
nostro pensiero e di espandere i confini della persona che ci
siamo creati, disinnescandone il potenziale distruttivo. In
pratica, dobbiamo tirare fuori dall'ombra quei personaggi
complessi, e servirci della loro energia e del loro potenziale
come combustibile sacro per diventare ciò che siamo chia-
mati a essere in questa vita.
Se in noi c'è un mascalzone arrabbiato, dobbiamo per-
donarcelo, e prendere in considerazione I'eventualità che
quella rabbia sia proprio ciò di cui abbiamo bisogno per
combattere qualche forma di ingiustizia o oppressione, o
forse per sottrarci a una forma di maltrattamento, e recu-
perare le nostre possibilità di vivere un'esistenza sorpren-
dente.
Se invece la nostra ombra è spaventata da ciò che siamo
e pensiamo, mascherando la realtà con un Sé inautentico,
dobbiamo perdonarci e analizzare in quale modo e conte-
sto potremmo servirci delle qualità che tanto ci impauri-
scono. Forse quegli aspetti
potrebbero spingerci ad af- E nostro preciso compito
frontare un partner che ci ímparare doll'ombra,
controlla o un ex compagno integrarla, consentirle dí far
prepotente che minaccia di evolvere íl nostro pensíero
distruggere il nostro rap- e di espandere í confiní dello
porto con i figli. Se il ma- persona che cí sìamo creati,
scalzone che fa parte del co- disí nnescandone íl potenzìale
pione della nostra vita è in- dístruttívo.
saziabile e sempre alla ricer-
ca di qualcosa con cui colmare
il suo vuoto, non c'è affatto
bisogno che reprimiamo le sue pulsioni, alimentando una

189
dipendenza e continuando a farci del male. Possiamo inve-
ce imbrigliare I'energia di quell'aspetto del nostro essere, e
servircene per cambiare positivamente la nostra vita, o la
vita di chi ci sta a cuore.
Il nocciolo della faccenda è che in noi albergano tutte
queste caratteristiche prettamente umane, quindi dobbia-
mo solo escogitare dei metodi sani per esprimerle. Dopo-
tutto, non possiamo sapere quando avremo bisogno di
quella parte di noi stessi che abbiamo rinchiuso nello scan-
tinato dell'ombra. A un certo punto potremmo accorgerci
che un aspetto che ritenevamo marginale può fornirci pro-
prio I'energia di cui abbiamo bisogno per compiere un sal-
to di qualità, o per far crescere qualcuno che ci è caro.
Tutto ciò mi fa venire in mente il caso di Jason, un uomo
sulla trentina, un bel tipo con I'aria da duro e una spiccata
dipendenza da qualsiasi cosa risultasse pericolosa. Da pic-
colo, amici e parenti avevano preso a definirlo un <fifone>,
cosicché lui aveva deciso che avrebbe fatto di tutto pur di
non mostrare alcun segno di paura. Cominciò a giocare a
hockey quando aveva undici anni, e ben presto si appas-
sionò agli sport estremi. Il suo amore per il pericolo costi-
tuiva una copertura perfetta: nessuno avrebbe mai dato del
codardo a un tizio che scalava le montagne o saltava giù da-
gli aeroplani.
Dopo essere tornato a casa da uno dei suoi viaggi all'e-
stero, fason decise di fare visita alla madre divorziata per
conoscere il suo nuovo compagno. Ma fu scioccato nel con-
statare che Iack,l'uomo che sua madre si era scelta, era più
giovane di lei di quasi vent'anni. Dopo avere passato I'inte-
ra serata a cercare di scoprire qualcosa sulle misteriose atti-

190
vità di cui |ack si vantava, i timori di fason lo indussero a
valicare i confini del rispetto che aveva sempre nutrito per
la vita privata della madre, e a darsi da fare per .oror.-.r.
tutto il possibile sul suo nuovo fidanzato.Le ricerche su In-
ternet non produssero nulla di significativo, così chiese ad
alcuni conoscenti di fare qualche indagine sugli <affari da
milioni di dollari> a cui Jack aveva alluso tutta la sera.
Nel giro di qualche giorno, i sospetti di fason trovarono
conferma: Jack era appena finito in bancarotta, era indebita-
to fino al collo, aveva problemi legali, e benché la sua ditta
avesse ancora effettivamente un bell'ufficio, il giro d'affari
era praticamente nullo. Malgrado Jason avesse scoperto ciò
che temeva, per parecchi giorni non riuscì a racimolare il
coraggio per dire qualcosa a sua madre. euando infine lei
gli annunciò che fack si sarebbe presto trasferito a casa sua,
in modo da dividere le spese, Jason cercò disperatamente la
forzaper comunicarle le sue preoccupazioni, ma si ritrovò a
poter contare unicamente su an ragazzino spaventato che
non voleva perdere I'amore della mamma. Se avesse dato
retta alla propria ombra, le conseguenze sarebbero state
quelle che potete immaginare. In effetti, pur sapendo bene
di essere tenuto a informare la madre della gravità della si-
tuazione, Jason si sentiva paralizzato dalla presenza del suo
Sé pavido, che pure era riuscito a tenere a bada per tutti
quegli anni. Soltanto dopo averlo riconosciuto e avergli
aperto il cuore, trovò infine il coraggio di rivelare alla madre
quanto aveva scoperto, chiedendole poi di ripensare alla sua
decisione finché non avesse ottenuto tutta la verità su quel-
I'uomo. Jason si sentì dawero orgoglioso: non solo era riu_
scito a confessare alla madre quanto sapeva, ma si era anche

l9l
dimostrato pronto ad accettare la sua scelta finale, quale che
fosse. Soprattutto, fu felice per avere sviluppato una buona
dose di salutare compassione e rispetto per le proprie paure.
Dopotutto, era stato proprio il Sé pavido, e non quello co-
raggioso, a spingerlo a smascherare l'uomo che, con ogni
probabilità, avrebbe approfittato di sua madre.
Guardando più in profondità, |ason riuscì a identificare
le svariate occasioni in cui quel suo Sé apprensivo e sospet-
toso I'aveva aiutato a tenersi lontano dai guai. Avendo sco-
perto i doni della paura, fason non si sentì più costretto a
interpretare senza sosta il ruolo del rompicollo temerario.
Ormai non doveva dimostrare più niente a nessuno. Si era
reimpossessato di una forza profonda che non sapeva nem-
meno di possedere, poiché quell'aspetto dell'ombra era ri-
masto celato nell'oscurità.
Per trasformarci in esseri umani integri dobbiamo rico-
noscere l'esistenza di tutte le nostre emozioni, caratteristi-
che umane ed esperienze, e
Quando cí ritrovíamo il valore di tutto ciò che ab-
ad affrontare I'ombra biamo sempre ritenuto ne-
capiomo ímmedíatamente gativo o sbagliato, oltre agli
che i suoí aspetti non stanno aspetti che il nostro Io con-
cercando dí distruggercì. sidera accettabili. Quando
Al conffarto, il Sé ombra cerca accogliamo il nostro lato
dí ríportarci sul sentíero oscuro nella totalità del no-
dell'interezza. stro essere, scopriamo che ci
può fornire tutto il potere, il
talento, l'intelligenza e la forza di cui abbiamo bisogno per
trarre il massimo dalla nostra vita.
Quando ci ritroviamo ad affrontare I'ombra capiamo
192
immediatamente che i suoi aspetti non stanno cercando di
distruggerci. Al contrario, il Sé ombra cerca di riportarci sul
sentiero dell'interezza.Mi viene in mente una scena del
film Il cavaliere oscuro, in cui Joker minaccia Batman con
un coltello alla gola. Batman lo sfida: <Avanti, uccidimi!>
Ioker, con uno sguardo perplesso e una smorfia dipinta sul
volto, gli risponde: <Io non voglio ucciderti! Che faccio
senza di te? Torno a fregare trafficanti mafiosi? No, no, tu...
completi me!>
|oker riconosce che senza la sua controparte eroica non
sarebbe un bel niente. Potremo infatti vivere in piena ar-
monia con la più nobile missione della nostra anima, e spe-
rimentare la pace in questo stesso mondo, solo se sapremo
fare in modo che gli aspetti <peggiori> della nostra perso-
nalità - il pessimista,l'arrogante, il dittatore e la vittima che
albergano in noi - si schierino dalla nostra parte e parteci-
pino attivamente alla sceneggiatura del nostro Sé superiore,
riconoscendo che non sono nemici, ma soltanto frammenti
feriti e perduti del nostro essere, che hanno estremo biso-
gno d'amore e accettazione.

Abúracciare I'ombra luminosa

La nostra ombra non consiste soltanto nelle caratteristi-


che oscure, negli aspetti che la società considera negativi.
Là in fondo troviamo anche tutte le qualità positive che ci
siamo rifiutati di accogliere. In tal caso potremmo parlare
di <ombra luminosa>. È una notizia magnifica e stimolan-
te: nascosta laggiir c'è tanta luce quanta ombra. potremmo

193
avere sepolto da qualche parte la nostra acuta intelligenza,
le nostre capacità, il senso dell'umorismo, il successo o il
coraggio. Forse ciò che abbiamo occultato è la fiducia in
noi stessi, il carisma olaforza. Ed è probabile che se abbia-
mo deciso di dimenticare la piena espressione del nostro
essere, il nostro Sé unico e gioioso, è perché a un certo pun-
to ci siamo sentiti dire frasi del genere: <Adesso non mon-
tarti troppo la testa!> <Non vantarti dei tuoi successi, o la
gente comincerà a odiarti>. O ancora: <Quando sali troppo
in alto, alla fine ti ritrovi solo>.
Per rivelare la nostra ombra luminosa nascosta dobbia-
mo utilizzare lo stesso metodo con cui possiamo scoprire
quella oscura: guardiamoci intorno e osserviamo in che
modo stiamo proiettando la nostra luce sugli altri. Se c'è
qualcuno in particolare che vorremmo emulare, è perché
riconosciamo in lui qualità che ci appartengono. Se una
persona ci affascina, è perché I'aspetto che apprezziamo in
lei esiste anche in noi. Nelle caratteristiche che suscitano
una spiccata reazione emotiva c'è sempre qualcosa che ci
riguarda. Potrà essere celata da un comportamento negati-
vo o dall'antiquata convinzione di essere I'esatto opposto di
ciò che ammiriamo nell'altro, ma una cosa è certa: se c'è
qualcosa che ci attrae, per immenso che sia, allora esiste an-
che in noi.
Più di vent'anni fa, mentre ero sulla via della guarigione
dalla mia tossicodipendenza, vivevo nella Florida meridio-
nale, dove gestivo un negozietto e conducevo un'esistenza
che mi pareva vuota e senza senso. Continuando a sentire
I'impulso di fare qualcosa di più profondo e significativo,
decisi di tornare all'università e studiare psicologia, con l'i-

194
dea di diventare una terapista.Mi trasferii a San Francisco e
lì mi immersi nelle ricerche sulla coscienza, affascinata so-
prattutto dal lavoro sull'ombra. Una sera mia sorella mi te-
lefonò per informarmi che Marianne Williamson avrebbe
tenuto una conferenza al Palace of Fine Arts. Mi procurò
un biglietto, malgrado fosse tutto esaurito, e così vissi un'e-
sperienza assolutamente incantevole. Me ne rimasi là, a
contemplare Marianne che chiedeva con gran fermezzaagli
astanti di elaborare una visione più elevata di se stessi e del
mondo. La ascoltai supplicarci con grande serenità di ab-
bandonare la ristrettezza della nostra misera esistenza ego-
centrica e accogliere la grandezza della nostra partecipazio-
ne al piano divino. Sebbene prestassi estrema attenzione al-
le sue parole, era la sua presenza ad awincermi, al punto
che quando la serata si concluse mi ritrovai perdutamente
innamorata della sua figura.
Tornata al mio appartamento, mi proposi di scoprire gli
aspetti della mia persona che avevo riconosciuto in lei con
tale chiarezza. Avevo apprezzato infinitamente il suo corag-
gio nell'esporre senza mezzi termini la verità, la sua capa-
cità di farlo con parole scioccanti, se era necessario per ri-
svegliare le nostre coscienze. Inoltre, ero ammirata per il
modo in cui sapeva articolare con precisione il suo messag-
gio complesso, esprimendosi con tanta eloquenza da far
penetrare le sue parole nella mente e nel cuore delle perso-
ne. Mi affascinava la profonda e amorevole preoccupazione
che sembrava nutrire per I'umanità intera, e il fatto che fos-
se dedita a un progetto ben più vasto della sua semplice vi-
ta individuale. Inoltre, ne invidiavo labellezza,lo stile, il
suo porsi come una donna sexy e appassionata, ben lungi

19,5
dall'atteggiamento stereotipato e disadorno che caratteriz-
za molte guide spirituali. Si era presentata al suo pubblico
con un look estremamente raffinato, un vestito di gran
classe che non passava certo inosservato, eppure ciò non le
impediva di far trasparire forte e chiara tutta la sua sacra-
lità.
Essendomi appassionata allo studio della proiezione,
cercai di guardare oltre il suo comportamento per scoprire
le qualità fondamentali che lo generavano. Partii dalla do-
manda: Che genere di persona è in grado di calcare un pal-
coscenico ed essere semplicemente se stessa? Una persona
autentica. E che genere di persona si prende così profonda-
mente a cuore il destino dell'umanità intera? Una persona
altruista. Quali sono le doti che consentono a Marianne di
salire su un palco e dire esattamente ciò che pensa, anche
quando può risultare scioccante o spaventoso? Decisione e
coraggio.
Poi diedi un'occhiata alla lista di aggettivi che avevo usa-
to: coraggiosa, autentica e altruista. Beh, non erano qualità
che sentivo di possedere o che riconoscevo in me stessa. Chi
mi conosce adesso troverà difficile crederlo, ma all'epoca
ero una persona assai diversa. Temendo di perdere la fidu-
cia e I'approvazione dei miei cari, cercavo semplicemente di
aggirare i problemi, e la mia autostima era talmente bassa
che se avessi dovuto presentarmi al cospetto di un piccolo
auditorio, avrei tremato come una gelatina. Ero molto più
preoccupata di sembrare piacevole che di dire qualcosa che
potesse cambiare la vita degli altri. E cercavo soprattutto di
usare un linguaggio accattivante, evitando di essere troppo
diretta e quindi impedendomi di essere autentica. Eppure

196
sapevo bene che, se avevo riconosciuto quella forza in Ma_
rianne, significava che lo stesso potenziale doveva esistere
anche in me.
Cominciai quindi a impegnarmi a essere più autentica
con le persone che incontravo, e feci voto di prendere la pa-
rola anche quando avrei tanto voluto restarmene in silen-
zio. Per sviluppare I'aspetto visionario della mia personalità
presi I'abitudine di cominciare ogni giornata con una pre_
ghiera per il mondo, seguita da una preghiera dedicaia a
me stessa. Per sviluppare l'altruismo, mi concentrai soprat_
tutto su ciò che potevo dare, anziché su quello che potevo
ricevere. La personalità luminosa di Marianne rifletteva il
mio potenziale nascosto. Contemplando la sua luce, potei
letteralmente intravedere quale sarebbe stato il mio ruolo
nel mondo, se solo avessi amto il coraggio e la tenacia ne-
cessari per riconoscere che tutta la forza che vedevo in lei
era anche in me. Owiamente, ciò non significava che in
realtà lei non possedesse quelle qualità. Coraggio, autenti_
cità e altruismo sono virtù universali di cui Marianne face_
va magnifico sfoggio, e che ognuno di noi ha pieno diritto
di esprimere, in modo assolutamente personale.
Prima che la mia trance, owero la proiezione della mia
ombra luminosa su Marianne, s'interrompesse, sentii di
volere che il mio primo libro fosse altrettanto poetico del
suo straordinario Ritorno all'amore. Ma alla fine dovetti ar_
rendermi al modo assolutamente personale secondo cui
quelle stesse doti si stavano manifestando in me, guidando-
mi su un sentiero diverso. La mia missione non era quella
di essere la <portavoce ufficiale della luce>, quanto piutto-
sto la <paladina dell'oscurità>. Era quello il piano divino

t97
per la mia esistenza, ma se non avessi abbracciato tutte le
mie proiezioni non me ne sarei mai accorta!
Recuperare la luce che abbiamo proiettato sugli altri ci
apre le porte di un futuro che non possiamo neppure lon-
tanamente immaginare. Per esempio, non mi sarei mai so-
gnata che un giorno avrei
Recuperare Io luce scritto un libro proprio con
che abbiamo proíettato sugli Marianne Williamson, che
altri cí apre Ie porte saremmo diventate amiche
dí un futuro che non possiamo o che ci saremmo aiutate re-
neppure lontanamente ciprocamente nella nostra
immagínare. missione collettiva. Il fatto è
che quando ci assumiamo la
responsabilità della luce che percepiamo e ammiriamo nel
nostro prossimo, tutto diventa possibile. Anziché restarcene
passivamente in uno stato di trance, riconosciamo e ci riap-
propriamo di quella parte di noi che desidera ardentemen-
te attivarsi, e ci dedichiamo al lavoro necessario per svilup-
parla.
Qualsiasi cosa ci ispiri è un aspetto del nostro essere.
Qualsiasi desiderio arda nel nostro cuore ha il preciso sco-
po di sostenerci nella scoperta e nella manifestazione del
suo potenziale. Se aspiriamo a diventare una certa persona,
è perché abbiamo tutto ciò che ci serve per realizzare le sue
stesse caratteristiche e i comportamenti che la contraddi-
stinguono. Certo, la forma non sarà esattamente la stessa,
anzi, ne dovremo formulare un'interpretazione personale.
Nel corso dei miei seminari sono solita scegliere qualche
celebrità e poi chiedere ai partecipanti di condividere con
me i principali motivi per cui la trovano ammirevole. Di

198
recente ho preso a esempio Bono, il cantante degli U2, e ov_
viamente sono saltate fuori almeno una ventina di qualità
diverse che lo rendono oggetto di tanta venerazione.eual_
cuno ha dichiarato di apprezzare il suo talento, altri hanno
elogiato la sua creatività o il suo carisma. C'è stato chi ha
manifestato entusiasmo per la sua visione, o si è sentito
ispirato dalle sue doti di leader, dal suo altruismo e dalla
sua generosità. Ognuno ha proclamato a gran voce le virtir
che gli attribuiva come se fossero assolutamente evidenti e
indiscutibili. Invece i punti di vista sono risultati assai di-
versi, proprio perché ognuno dei presenti analizzava quel
personaggio pubblico attraverso la lente del proprio Sé rin_
negato, trovandoci soprattutto ciò che avrebbe voluto rico_
noscere e abbracciare in se stesso. In pratica, le percezioni
erano tutte estremamente personali, perché ogni individuo
aveva proiettato sull'uomo chiamato Bono un aspetto di_
verso della propria luce.
In sostanza, Bono funge da grande specchio per tutte le
persone che lo seguono, affinché possano scoprire gli aspet_
ti nascosti di se stesse. Offre
alla gente la possibilità di Spesso Ia nostro ombro
recuperare la propria luce e è talmente nascosta
trovare modo di esprimere che è quasí impossíbìle
le qualità che percepiscono scovarla, e se non fosse per
in lui. Tirtte le celebrità han- íl fenomeno della proíezìone
no il potere e la responsabi- potrebbe sfuggírcí
lità di non appropriarsi con- per tutta la víta.
cretamente delle proiezioni
del pubblico. Quelli che lo fanno cadono nella trappola del
loro Sé illusorio, che trova immancabilmente modo di su_

199
scitare la loro ombra.Il compito dei personaggi famosi do-
vrebbe essere invece quello di riflettere la luce che i loro fan
gli stanno dirigendo.
Sarà opportuno ricordare ancora che spesso la nostra
ombra è talmente nascosta che è quasi impossibile scovarla,
e se non fosse per il fenomeno della proiezione potrebbe
sfuggirci per tutta la vita. Magari abbiamo fatto sprofonda-
re nell'oscurità alcuni dei nostri tratti quando avevamo sol-
tanto tre o quattro anni. Proiettandoli sugli altri, ora abbia-
mo I'occasione di scoprire e recuperare questi nostri tesori
nascosti.

lntegrare l'ombra

Dovremmo finalmente avere compreso che I'ombra,


con tutto il suo dolore, i suoi traumi e i suoi conflitti, costi-
tuisce una parte ineliminabile di ciò che tutti siamo, nessu-
no escluso. Malgrado i nostri strenui sforzi, non potremo
mai sbaruzzarcene, né ridurla al silenzio, ma sta a noi ser-
vircene per promuovere lo sviluppo della più straordinaria
versione di noi stessi. Tutti abbiamo gustato la dolcezza del-
I'amore,la delusione della perdita,l'amarezza che ci rimane
dentro quando qualcuno cispezzail cuore. Ognuna di que-
ste esperienze fa parte della nostra ricetta unica e divina.
Senza non saremmo ciò che siamo. Nella maggior parte dei
casi soffriamo per gli ingredienti tormentosi e indesiderati
di cui siamo fatti, ma ci sono persone straordinarie che
scelgono di usare questo loro dolore per guarire le proprie

200
ferite e contribuire al mondo, anzichélasciarsi soffocare da-
gli aspetti oscuri del passato.
È proprio ciò che ha fatto John Walsh, presentatore tele-
visivo di America's Most Wanted. La morte di un figlio è si-
curamente uno degli eventi piu dolorosi a cui si possa im-
maginare di dover soprawivere, eppure è parte dell'espe-
rienza di vita di un gran numero di persone. Dopo I'assassi-
nio nel 1981 del figlio Adam, che aveva solo sei anni, ]ohn
Walsh è diventato un difensore dei diritti delle vittime di
qualsiasi misfatto, e ha trasformato la sua rabbia in azione,
creando un programma televisivo ad hoc e patrocinando il
varo di alcune leggi che hanno portato alla condanna di de-
cine di migliaia di criminali. Avrebbe potuto semplicemen-
te scegliere di metabolizzare 1l suo dolore, o di continuare a
essere vittima di quell'orribile esperienza, e invece ha volu-
to servirsi della sua rabbia, del suo dolore e della sua dispe-
razione per creareAmerica's MostWanted, grazie a cui sono
stati catturati oltre un migliaio di latitanti e riportati a casa
oltre cinquanta bambini scomparsi. Facendo leva sulla de-
vastante sofferenza causatagli dal suo trauma personale,
fohn Walsh è riuscito a risparmiare ad altri esperienze al-
trettanto dolorose, e si è trasformato in una personalità
ammirata e rispettata.
Dopo la morte della sorella, scomparsa per un tumore al
seno all'età di trentasei anni nel 1980, Nancy Goodman
Brinket a sua volta soprawissuta a un tumore al seno, ha
fondato la Susan G. Komen Breast Cancer Foundation (ora
Susan G. Komen for the Cure), un'organizzazione non a
scopo di lucro attraverso la quale ha raccolto oltre un mi-
liardo e mezzo di dollari per la ricerca, l'educazione sanita-

201
ria e lo sviluppo di strutture mediche. Abbracciando gli
eventi dolorosi della sua esistenza, e ripromettendosi di non
diventarne vittima, Nancy ha realizzato qualcosa di stra-
ordinario, sollecitando la consapevolezza sul cancro, con-
tribuendo alla prevenzione di questa temibile malattia e a
far avanzarc le ricerche sulle terapie.
Riuscite a immaginare come sarebbe il nostro mondo se
Thomas Edison non avesse abbracciato tutto ciò che era e
accolto di buon grado le sue esperienze di vita? Da giova-
nissimo avrebbe avuto tutti i motivi per credere di essere
un perdente, un idiota. Aveva escogitato un'infinità di teo-
rie diverse sull'elettricità che all'inizio sembravano promet-
tenti, ma poi si rivelavano I'ennesimo buco nell'acqua. Tut-
tavia non volle darsi per vinto, non si lasciò scoraggiare dai
suoi errori, anzi, cercò di trarne profitto. In sostanza, tenne
duro malgrado nulla sembrasse dargli ragione. Se avesse
fatto come molti altri, dandosi dello stupido e lasciandosi
ingabbiare dai suoi continui fallimenti, probabilmente sa-
remmo ancora tutti al buio,letteralmente! Edison seppe in-
vece accettare i suoi fallimenti per capire quali insegna-
menti nascondessero, e così trovò la motivazione per conti-
nuare i suoi esperimenti fino a regalarci la luce.
Edith Eva Eger giunse ad Auschwitz il22 maggio 1944.
Dopo essere stata separata dal padre e avere assistito alla
scena terribile della madre che si awiava alla camera a gas,
visse per mesi immersa in quell'orrore, senza mai sapere se
andando afarela doccia sarebbe uscita acqua o gas letale.
Vide con i suoi occhi altri detenuti folgorarsi sul filo spina-
to che circondava il campo di concentramento. Edith so-
prawisse alle peggiori circostanze che si possano immagi-

202
nare, eppure chi la incontra oggi si trova di fronte a un es-
sere umano meravigliosamente integrato, che ha saputo
fiorire malgrado - e per certi versi proprio grazíe a - quel
dolorosissimo passato.
Se ci è riuscita è perché ha saputo esercitare le scelte che
le erano disponibili, malgrado quelle condizioni inumane.
Quando le fu chiesto di danzare per il dottor Mengele, I'ar-
tefice di crudeltà e torture che portarono alla morte milioni
di ebrei, chiuse gli occhi e immaginò di esibirsi, a Budapest,
sulle note del Romeo e Giulietta di Ciaikovskij. E quando i
nazisti le prendevano il sangue, due volte la settimana, di-
cendole che avrebbe contribuito a vincere la guerra, scelse
di ripetersi queste parole: Sono una pacifista. E sono una
ballerina. Il mio sangue non potrà mai aiutarli a vincere la
guerra.
Edith seppe riconoscere che le sue guardie erano ancora
più prigioniere di quanto lo fosse lei. Lenì il dolore per la
morte della madre ripetendosi come un mantra: Lo spirito
non muore mai. Si aggrappò con tutte le sue forze a quella
parte di sé che ancora riusciva a mantenere il controllo del-
la situazione, impedendo che un qualsiasi evento esterno
potesse stroncare il suo spirito. Se soprawivo anche oggi, si
diceva, domani sarò libera.
Oggi Edith è una competente e compassionevole psico-
loga clinica, matriarca di una meravigliosa famiglia, ed è
ben consapevole che integrando I'oscurità che le era stata
imposta è riuscita a infliggere a Hitler la più dolce delle
vendette. Durante le riprese del film The Shadow Effect,ba-
sato su questo libro,le ho chiesto se provasse ancora rabbia
contro i nazisti. Mi ha guardata dritta negli occhi e con

203
candore mi ha detto: <Non nutro nessun rancore contro
Hitler. Se così fosse, la guerra I'avrebbe vinta lui, perché
continuerei a portarmelo appresso ovunque vada>. Edith è
uno straordinario esempio di libertà, è portatrice di una lu_
ce talmente grande e di una tale ispirazione che per guarire
basterebbe seguirne le tracce.
Lasciarsi intrappolare nelle proprie ferite e nel dolore è
facile, ma così facendo concediamo alle ombre della nostra
storia il potere di dettare il nostro futuro e di minare alla
base il nostro benessere. euando non riusciamo a lasciar
andare il risentimento verso noi stessi o verso chiunque al_
tro, ci leghiamo a filo doppio alle stesse cose che hanno
provocato il nostro dolore, e quel filo è più resistente del_
I'acciaio. Come ha commentato un mio caro amico, l'4stro_
logo vedico Brent BecVar, rifiutare di perdonare le persone
che ci hanno ferito <è come
GIí unící strumenti con cui consentire che qualcuno ci
possíamo combattere íI dolore anneghi tenendoci la testa
personale e lo tírannía sott,acqua. A un certo pun_
dell'ombra sono ílperdono to dobbiamo renderci conto
e Ia compassione. che è indispensabile com_
battere per tornare a respi-
rare, e nessun altro può farlo al posto nostro>. Gli unici
strumenti con cui possiamo combattere il dolore personale
e la tirannia dell'ombra sono il perdono e la compassione.
Il perdono non è, peraltro, una questione di testa, ma di
cuore. E il potere del perdono si dischiude quando spillia_
mo la saggezza e i doni nascosti persino nelle nostre espe_
rienze ed emozioni più oscure.Il perdono è il passaggio ob_
bligato tra il passato e le infinite possibilità del futuio.

204
Storie come quelle che vi ho raccontato dimostrano che
stiamo tutti vivendo in armonia con un progetto più gran-
de di noi e che, dawero, tutto ciò che ci accade ha un moti-
vo. Nella vita non c'è niente di casuale, e non ci sono coin-
cidenze gratuite. Siamo in perpetua evoluzione, anche se
possiamo non esserne consapevoli. Ci aspetta spesso un'e_
voluzione dolorosa, ma il dolore ha una sua importante
funzione ed è un ingrediente necessario della nostra ricetta
divina. È sperimentando la pena della solitudine che il no-
stro cuore si apre per ricevere più amore; ed è superando
persone e situazioni opprimenti che comprendiamo fino in
fondo laforzadi cui siamo dotati. euando siamo disposti a
riconoscere che il nostro tormento, i nostri traumi e le no-
stre pene in definitiva ci hanno fornito la saggezza di cui
abbiamo assoluto bisogno per la nostra crescita, perdonia-
mo spontaneamente le persone che sono entrate a fare par_
te della nostra vita per impartirci lezioni così difficili, anzi,
siamo persino disposti a ringraziarle come una benedizio-
ne: la nostra esistenza segue infàtti un progetto divino che
ci porta a ottenere esattamente ciò di cui abbiamo bisogno
per consegnare al mondo il nostro contributo unico e per_
sonale.
La nostra mente potrà anche ripeterci che il male è il
male e il bene è il bene, e che non potremo mai diventare
dal'vero ciò che sognavamo di essere, ma se la nostra ombra
potesse parlare, si esprimerebbe diversamente. Ci direbbe
piuttosto che riusciremo a emanare tutta la luce di cui sia-
mo dotati soltanto quando avremo accettato la nostra
oscurità. E ci rassicurerebbe spiegandoci che ogni ferita
contiene la sua dose di saggezza. Ci mostrerebbe come la

205
vita sia un percorso magico, nel corso del quale ci riconci-
liamo sia con la nostra umanità, sia con la nostra divinità.
E, per finire,la nostra ombra ci ribadirebbe che meritiamo
di meglio, che ognuno di noi conta, che siamo più di quan-
to abbiamo mai osato immaginare, e che alla fine di ogni
tunnel c'è sempre la luce.
Abbracciando I'ombra, scopriamo che stiamo interpre-
tando un progetto divino di grande importanza, cruciale
tanto per la nostra evoluzione personale quanto per quella
dell'umanità. Come il fiore di loto, che sboccia dal fango,
dobbiamo accettare e onorare gli aspetti oscuri del nostro
essere e le nostre esperienze
Come ìl fiore dí loto, che piir penose, perché è pro-
sboccía dal fango, dobbiamo prio questo ciò che alimen-
occettore e onorsre glí aspettí ta la nascita di un Sé integro
oscurí del nostro essere e le e meraviglioso. Abbiamo
nostre espertenze píù penose, assolutamente bisogno di
perché è proprto questo cíò un passato sporco e torbido,
che olímenta Ia nascito dí un del materiale di scarto della
Sé íntegro e meravíglíoso. nostra esistenza umana,
della combinazione di ogni
dolore, ferita, perdita e desiderio insoddisfatto con la gioia,
il successo e i doni del cielo, per ricavarne la saggezza,la
prospettiva e I'impulso ad accedere alla massima espressio-
ne di noi stessi. È questo il dono dell'ombra!

206
PARTE TERZA

Soltanto la luce
lruò, scacciare l'oscurità
di MnnreNNrWnuevsoN
Ir nostro è un mondo colmo ditenerezza e magia, dal son-
no dei neonati al gioco dei bambini, dagli innamorati che si
sorridono alle amicizie che durano per sempre, dai fiori che
sbocciano alla luminosa speranza dell'alba, dalla magnifi-
cenza infuocata del tramonto allo splendore dei nostri cor-
pi, dalle fragili glorie della natura alle meraviglie del mon-
do animale, dalla nostra capacità di perdonare alla miseri-
cordia divina e alla gentilezza di uno sconosciuto. Ma que-
sto elenco potrebbe continuare all'infinito, perché è evi-
dente che I'amore si esprime su questa Terra in un'infinita
varietà di forme. Eppure dobbiamo riconoscere che c'è del-
I'altro.
È che cos'è questo <altro>?
Perché in un mondo in cui possiamo commuoverci fino
alle lacrime per un capolavoro dell'arte, abbiamo anche
molestie, stupri, innocenti sgozzati,persone incarcerate in-
giustamente, bambini che muoiono di fame, torture, geno-
cidi, guerre, schiavitir e molte altre orribili forme di inutile

209
sofferenza, che sembrano esistere soltanto perché c'è qual-
cuno di così crudele da infliggerle, o perché altri non si
danno da fare per impedirle? Quale forza si annida nella
nostra mente e nel nostro mondo, sempre pronta a venire
fuori per causare dolore e distruzione?
Se Dio è amore, perché esiste anche il male?
Viviamo in una continua contrapposizione tra la gioia
che potremmo sperimentare e i dolori che fin troppo spes-
so costituiscono il nostro pane quotidiano. Speriamo di
trovare amore, successo e prosperità, ma sappiamo bene
che c'è sempre qualche disastro in agguato. Siamo consape-
voli che nel mondo il bene non manca, però non possiamo
ignorare che c'è anche dell'altro. Inoltre, viviamo in un'e-
poca in cui la competizione tra queste due forze, già inten-
sa, sembra farsi ancora più aspra. Qualsiasi motivazione in-
duca gli esseri umani a odiare, distruggere e uccidere ha as-
sunto un'inaudita forza collettiva, giacché oggi tecnologia e
globalizzazione offrono la possibilità non solo di ferire i
singoli, ma di colpire un'intera popolazione con un unico
gesto di follia distruttiva. Di conseguenza, è diventato un
imperativo assoluto smantellare tale forza, o comunque vo-
gliamo chiamarla, perché non ha nessun rispetto per I'a-
more e fa incombere su di noi la minaccia della distruzione
universale. Non è soltanto anaforza che cerca di disturbar-
ci: vuole vederci tutti morti.
Eppure, in realtà, tale forza è un'antiforza.Diper se stes-
sa non fa w gran che, eppure riesce ad asservirci tutti. È
una dimensione in cui abbiamo dimenticato chi siamo,
quindi agiamo come se fossimo qualcos'altro. È un'oscurità
che, in quanto tale, non è in realtà una presenza, ma piutto-

zt0
sto un'assenza dilu.ce. È un buco nero nello spazio psichico
che si manifesta laddove perdiamo di vista, anche per un
solo istante, la luce. E la sola vera luce è I'amore.
Che cosa fare con quest'oscurità, a cui sono state date
diverse denominazioni ma che in questo contesto abbiamo
definito <ombra>, è una domanda su cui I'umanità s'inter-
roga fin dall'inizio della sua
storia. Per quanto ne sappia- Essendo separotì dall'amore,
mo, su questo pianeta non síamo separatí da Dio.
c'è mai stata una comunità o Essendo separati da Dío,
una civiltà in cui I'amore ab- síamo separotí da noì stessi.
bia avuto costantemente la Ed essendo separatí da noí
meglio, eppure continuiamo stessi, ci ritroviamo alíenati
a sognare qualcosa del gene- e in preda olla follía.
re. Si tratta di quella condi-
zione che alcune religioni definiscono nparadiso>. Alcuni
testi sacri o spirituali lasciano intendere che in ogni essere
umano dimori un antico ricordo di tale condizione, che pe-
raltro non è mai appartenuto a questo mondo. Si trattereb-
be della nostra matrice spirituale,la dimensione del puro
amore da cui proveniamo e a cui aspiriamo ardentemente
di ritornare.
Il fatto stesso che talvolta, se non sempre, ci troviamo se-
parati dalla luce del vero amore costituisce una frattura psi-
chica di proporzioni talmente grandi da avere gravi riper-
cussioni su ogni momento della nostra vita. E come il no-
stro pianeta si muove così velocemente che non riusciamo
nemmeno ad accorgercene, così gli esseri umani sono feriti
a un livello talmente profondo da non essere neppure con-
sapevoli della propria penosa condizione.

211
Essendo separati dall'amore, siamo separati da Dio. Es-
sendo separati da Dio, siamo separati da noi stessi. Ed es-
sendo separati da noi stessi, ci ritroviamo alienati e in preda
alla follia.
Come ebbe a dire il Mahatma Gandhi: <Il problema del
mondo è che I'umanità non è sana di mente>. Come negar-
lo? È proprio questo il punto che dobbiamo affrontare. C'è
una condizione a cui accediamo, sia individualmente sia
collettivamente, che costituisce la negazione assoluta di ciò
che siamo e del motivo per cui siamo qui. È una sorta di ro-
vesciamento del nostro potenziale, di perversione della no-
stra identità, di sowertimento della nostra missione sulla
Terra.
Il problema è aggravato dal fatto che, una volta precipi-
tati in tale stato, non riusciamo così facilmente ad accorger-
cene, perché è caratterizzafo dauna confusione cosmica to-
tale, generalizzata. Nel momento in cui ci sentiamo separa-
ti dall'amore, siamo inclini a pensare che la rabbia sia giu-
stificata, che prendersela con gli altri sia più che ragionevo-
le, e che attaccare qualcuno per il fatto che ci sentiamo dal-
la parte del giusto costituisca una legittima difesa, anche
quando non lo è affatto. È questo ciò che ci succede nor-
malmente, ma c'è anche di peggio. In certe occasioni i sin-
goli individui, se non addirittura un'intera nazione, posso-
no finire risucchiati nel buco nero dell'assenza d'amore, e
così mettere in atto i suoi disegni pitr estremi e atroci, giac-
ché questa cosa (che in realtà è una non-cosa), non è inerte.
La coscienza umana è come una spia luminosa che non si
spegne mai. Fatto sta che può essere usata sia per accendere
la scintilla che favorisce la vita, sia per innescare esplosioni

2r2
devastanti. Quando non c'è amore, c'è paura, e una volta
che la paura si è impadronita della mente si trasforma in
debolezza,un vizio che minaccia di distruggere I'anima.
Ecco quindi una prima definizione di ciò che finora ab-
biamo chiamato ombra. Nella maggior parte dei casi non si
manifesta come un fuoco immane, ma semplicemente co-
me un lento covare sotto la cenere. Per esempio, ci induce a
fare una battuta stupida, che ferisce qualcuno che amiamo
e potrebbe anche minare una relazione. Oppure si manife-
sta con un gesto inconsulto che mette a rischio la nostra in-
tera carriera. È presente quando ci riempiamo I'ennesimo
bicchiere, pur sapendo che siamo già degli alcolisti e che se
continuiamo così ci uccideremo. In altre parole, è quella
parte di noi che non ci augura del bene. È questa la nostra
ombra, e può essere eliminata soltanto facendo risplendere
la nostra luce.
Lamore di Dio dimora in noi, e si estende attraverso di
noi in ogni istante della nostra vita quotidiana. Quando vi-
viamo in armonia con il nostro vero Sé, così com'è stato
creato da Dio, riceviamo costantemente amore, e così come
lo riceviamo lo propaghiamo all'esterno. Ecco che cosa si-
gnifica <vivere nella luce>!
Vivere nella luce: chi non desidera raggiungere una si-
mile condizione? Tutti, è logico! Ma diventa meno logico
quando qualcuno si comporta in modo da farci credere di
non meritare il nostro amore. In questo caso, estendere il
nostro amore a quella persona ci sembra sbagliato, mentre
negarglielo ci pare pitr che giustificato. Quel momento,
quell'istante di pensiero negativo, per quanto minuscolo
possa sembrarci, per quanto si presenti come un ragiona-

213
mento assennato, è la radice di ogni male. È questa la pietra
angolare del sistema di pensiero dell'ombra, giacché impli-
ca la separazione da Dio e I'espressione del giudizio e della
condanna. Dio non nega mai I'amore, e il solo modo per
giungere all'equilibrio mentale sta nell'imparare ad amare
nello stesso modo.
Se vogliamo bandire I'ombra, il nostro compito consiste
nell'imparare a esprimere soltanto pensieri immortali, ben-
ché viviamo a livello mortale. Le nostre forme di pensiero
superiori innalzeranno la frequenza delpianeta, e il mondo
intero ne sarà trasformato.
Che cosa dire, peraltro, della situazione in cui ci trovia-
mo oggi? Che cos'è che ci fa dimenticare ciò che siamo, che
ci lascia al buio e ci induce a
Se voglíomo bandíre l'ombro, dividere il mondo in due
íl nostro compito consìste estremi .opposti, amore e
nell'ímporare o esprímere paura? È una sola, sempli-
soltanto pensíerí ímmortalí, cissima convinzione: la col-
benché vivíamo o lìvelfto pa dev'essere di qualcun al-
mortale. tro.Il modo in cui affrontia-
mo le imperfezioni umane è
il fattore fondamentale che determina il nostro dimorare
nell'ombra o nella luce.
Dio non percepisce nello stesso modo I'individuo che
commette un errore. Quando sbagliamo, Dio non vuole af-
fatto punirci, ma semplicemente correggerci. E quando noi
recuperiamo la sanità mentale, amando incondizionata-
mente e con tenacia, il mondo stesso ritrova il suo equili-
brio.
Ciò non significa che perdiamo la capacità di discerni-

2t4
mento, che non sappiamo piir tracciare una linea di confine
o che il nostro cervello non ci serve più. Uamore di Dio
non è sdolcinato. E non è neppure sempre <piacevole>, nel
senso di carino e imbellettato con cui spesso viene confuso.
Implica piuttosto la capacità di pronunciare sempre e co-
munque la verità, quel genere di verità che il cuore conosce
bene anche quando la mente gli resiste. Ha a che fare con la
sostanza, con i contenuti, anziché con lo stile. Ci sono modi
molto amabili di negare I'amore, per esempio quando si
pone troppa enfasi su una comprensione solo approssi-
mativa delle parole <positivo> e <di supporto>; e ci sono
espressioni dell'amore di un'onestà brutale, che magari
verrà compresa nella sua vera natura soltanto molto tempo
dopo.
Approfondiamo dunque seriamente il concetto di amo-
re. Per dirla con le parole di Martin Luther King, è giunta
I'ora di iniettare (nuovo significato nelle vene della civiltà>.
Abbiamo assolutamente bisogno di espandere la nostra
concezione dell'amore al di là della sfera personale, fino a
includerne anche le implicazioni sociali e politiche. È que-
sta la nostra unica possibilità di scacciare I'ombra che aleg-
gia come uno spettro sopra I'intero pianeta. Vivere nell'o-
scurità significa vivere nell'ombra, ovvero nel regno del do-
lore.

Non sarà tlero, ma lo sembra

Tàlvolta ci ritroviamo a litigare con qualcuno che amia-


mo, e non riusciamo neppure a credere che stia accadendo.

21s
Sembra un incubo. Alla fine ci scappa persino di bocca:
<Non può essere vero!> Ed è proprio così: non lo è! Ci siamo
semplicemente persi in un universo parallelo, un'allucina-
zione fatta di separazione e conflitto.
Anni fa mi dissi che non dovevo preoccuparmi del Dia-
volo, perché esisteva soltanto nella mia mente. Ricordo be-
ne ciò che mi accadde dopo. Mi bloccai, incapace di fare un
solo passo, paralizzata dall'idea che in realtà quello fosse
proprio il posto peggiore in cui potesse trovarsi. L idea che
non ci sia dawero un Diavolo esteriore che si diverte a mo-
lestare il pianeta non mi è di così grande conforto, se devo
dedurne che nel mio stesso pensiero c'è una tendenza onni-
presente a dimenticare I'amore e quindi a farmi sentire
profondamente infelice.
Ma qual è I'origine di tale <tendenza>? Se Dio è solo e
soltanto amore ed è anche onnipotente, perché ogni essere
al mondo deve fare i conti con questa forza opposta? Com'è
nata?
Da un punto di vista metafisico,la risposta è che questa
Îorzain realtà non è mai nata. Non esiste nient'altro che
I'amore divino e, per dirla con le parole del libro (Jn corso
in miracoli: <Ciò che è onnipervasivo non può avere oppo-
sti>. Il motivo pratico per cui quel mondo illusorio, che in
realtà non esiste, sembra dawero esistere, è il principio del
libero arbitrio.
Noi siamo liberi di pensare ciò che vogliamo. I nostri
pensieri, peraltro, hanno un loro potere, indipendentemen-
te dal contenuto, perché il nostro potenziale creativo scatu-
risce da Dio. La legge di causa ed effetto garantisce che spe-
rimenteremo i risultati di qualsiasi cosa scegliamo di pen-

216
sare. Quando pensiamo con amore, partecipiamo alla crea-
zione con Dio, quindi cocreiamo altro amore. Ma quando
pensiamo senza amore, ciò che produciamo è paura. Que-
sto significa che la nostra mente è divisa. Una parte dimora
nella luce, eternamente unita all'amore divino. Ma c'è un
altro aspetto, più spesso allineato con il piano mortale, che
dimora nell'oscurità. È questo il Sé ombra.
Dio non percepisce I'ombra perché, non essendo amore,
I'ombra in realtà non esiste. Parallelamente, essendo Dio
amore, ha colto la sofferenza che possiamo sperimentare
quando cadiamo nell'oscurità e ci ha fornito una guari-
gione istantanea: ha creato
un'alternativa d'amore alla Quando pensìamo con omore,
follia e alla paura che ci sia- partecìpíamo alla creazíone
mo autoimposti. Tale alter- con Dìo, quindì cocreiamo
nativa è una sorta di amba- altro amore. Ma quando
sciatore divino che dimora pensíomo senza omore,
in noi, accompagnandoci cíò che producismo è pouro.
nella dimensione dell'oscu-
rità ma tenendosi sempre disponibile a riportarci alla luce,
se solo ne manifestiamo il desiderio. Quest'ambasciatore
divino è stato definito in molti modi diversi, da <Regolatore
del pensiero> a <Spirito Santo>. In questo nostro percorso,
lo chiameremo <Illuminatore).
In Un corso in miracoli ci viene detto che non siamo per-
fetti, altrimenti non saremmo mai nati, e che la nostra mis-
sione è raggiungere la perfezione proprio qui. Per essere più
precisi,la nostra missione consiste nel trascendere I'ombra
e incarnare il nostro vero Sé. fllluminatore funge da colle-
gamento tra il nostro Sé ombra e la nostra luce. Dio gli ha

217
conferito il potere di servirsi di tutte le forze del cielo e del-
la Terra per sottrarci all'oscurità e riportarci alla luce. Ma,
soprattutto, I'Illuminatore deve ricordarci che l'oscurità
non è reale. Quando siamo persi nel buio piir totale, la cosa
migliore che possiamo fare è chiedere aiuto all'Illuminatore
perché il suo compito consiste proprio nel separare verità e
illusione. Possiamo farlo con la preghiera o con la forza di
volontà. <Voglio vedere le cose in un modo diverso> è
un'affermazione con cui permettiamo all'Illuminatore di
fare luce sul nostro sistema di pensiero e ricondurci così
dalla follia alla verità.
Alcuni anni fa andai a trovare un'amica, e quando entrai
in casa sua vidi che c'erano anche altre sue amiche. Una di
quelle donne aveva un modo di parlare così pomposo che
quando apriva bocca mi pareva che qualcuno facesse stri-
dere le unghie su una lavagna. Owiamente, non riuscivo a
capire perché una persona dovesse adottare modi talmente
affettati: in altre parole,la mia mente giudicante prese subi-
to il soprawento.
Essendo una ricercatrice sul percorso della verità, sape-
vo bene che il problema non andava cercato in quella don-
na, bensì in me. Per essere precisi, si trattava della mia man-
canza di compassione. Nel mio cuore recitai una preghiera
ed espressi l'intenzione di guardarla in modo differente.
Immediatamente dopo, o almeno così mi sembrò, una del-
le altre donne le chiese se fosse vero che suo padre era usci-
to di prigione.
Drizzaile orecchie, e in breve conobbi tutta la sua storia.
Non ricordo bene i particolari, ma in pratica il padre I'ave-
va tenuta prigioniera nel seminterrato di casa per buona

218
parte della sua infanzia. Lei poi era stata liberata, e l'uomo
era finito in carcere per molti anni. Non mi ci volle molto
per capire che all'origine di quelle maniere pompose c'era
un mare di sofferenza. Negli anni dello sviluppo quella
donna non aveva avuto nessun esempio concreto di adulto
sano a cui ispirarsi; non sapeva neppure che cosa volesse
dire comunicare in modo naturale, e stava semplicemente
facendo del suo meglio per mettere insieme una personalità
normale. Quello stesso manierismo che cinque minuti pri-
ma mi aveva tanto irritata, adesso mi ispirava solo ammira-
zione e compassione. In quella donna non era cambiato
nulla, ma ero cambiataio.Conla mia preghiera avevo invo-
cato la luce, I'Illuminatore si era aperto un varco nella di-
mensione dell'oscurità, liberandomi dal mio Sé ombra
sempre pronto a tranciare giudizi, e mi aveva fornito le
informazioni di cui avevo bisogno per sostituire ai miei
pensieri di paura dei pensieri d'amore.
Ma in quale momento della mia vita ho cominciato a
manifestare quella tendenza a giudicare così aspramente il
mio prossimo? Secondo una prospettiva metafisica, infatti,
non può essere qualcosa di innato: non veniamo al mondo
macchiati dal peccato originale o contaminati dall'errore,
ma nella più assoluta innocenza.
Penso di ricordare in modo straordinariamente potente
gli istanti della mia nascita. Owiamente non posso sapere
se questi ricordi corrispondano alla realtà, però me li porto
dietro da tempo immemore. Per esempio, ricordo le lampa-
de sopra il tavolo operatorio, e questo dettaglio mi fa sem-
brare quelle mie prime sensazioni ancora più vere. Fra que-
ste sensazioni c'è quella di essere venuta al mondo con

2r9
un'infinità di amore da donare agli altri, un amore talmen-
te intenso che non I'ho mai piir sperimentato.
Sono nata nel 1952, quando i medici erano ancora con-
vinti di dover schiaffeggiare i neonati per stimolarli a respi-
rafe. Così, un istante dopo avere percepito uno straordina-
rio amore che si irradiava verso tutti gli esseri viventi, veni-
vo presa a scappellotti. Quel medico, che pure già sentivo di
amare, mi aveva colpita a tradimento. Ricordo bene di es-
sermi sentita assolutamente, totalmente confusa, ferita e
tratmatizzata. Perché aveva fatto una cosa simile? Non po-
tevo crederci! Poi ebbi un momento di amnesia e mi persi
in qualcosa di indistinto, tutto lì.
Quel ricordo, o di qualunque cosa si tratti, risponde con
un secco no all'interrogativo di prima, e cioè se veniamo al
mondo con o senza ombra. Ma qualunque cosa siamo alla
nascita, e qualunque evento possiamo avere sperimentato,
c'è qualcosa o qualcuno che, spesso con le migliori inten-
zioni, ci proietta nella dimensione dell'ombra, e per il resto
della vita il nostro compito consiste nell'uscire dall'oscurità
e tornare alla luce.
Fin dai miei primi istanti di vita, e cioè da quella separa-
zione traumatica dall'amore che ha riproposto in me la
scissione dell'umanità intera dall'amore che ne rappresenta
l'essenza, ho vissuto nella tentazione di perdere di vista
questo sentimento. Giacché quell'amore mi era stato nega-
to, anche se per un solo istante, in seguito sono stata porta-
ta, d'istinto, a negare il mio amore agli altri. Ma lo scopo
della mia vita, come della vita di qualsiasi altro essere uma-
no, è ricordarmi dell'amore che c'è in me, percependone la
presenza in ogni altro individuo.

220
La donna che avevo incontrato a casa della mia amica,
per quanto fosse in realtà degna d,ammirazione, inizial-
mente mi aveva portato a esprimere un giudizio. Mi era
però bastato chiedere aiuto per riceverlo immediatamente.
E non appena sono riuscita a percepire la sua luce, mi ero
reimpossessata della mia, e I'ombra è scomparsa.

Dole non c'è amore, aspettateli paura

Qualsiasi pensiero che non sia colmo d'amore costitui_


sce per I'ombra un autentico invito anozze.Siamo indotti a
credere al mito della neutralità, secondo il quale non è ne_
cessario amare gli altri, è sufficiente non danneggiarli. Fatto
sta che ogni nostro pensiero è fonte o di guarigione o di
danno. Il potenziale infinitamente creativo del pensiero fa
sì che qualsiasi cosa decidia-
mo di pensare produrrà un 0gni nostro pensíero è fonte
certo effetto. Se non scelgodi o di guarigione o dí danno.
amare, anzi, se scelgo di ne-
gare completamente il mio amore, in quel preciso istante
creo un vuoto psichico che viene immediatamente colmato
dalla paura.
Questo vale sia per i miei pensieri sugli altri, sia per il
modo in cui concepisco me stessa. Ogniqualvolta mi con_
centro sull'ombra di chi mi sta di fronte, accedo inevitabil_
mente alla mia: I'ombra arrabbiata, quella che vuole avere
tutto sotto controllo, quella bisognosa, quella che inganna e
cerca di manipolare il prossimo, e via dicendo. Una volta
immersa nell'oscurità del giudizio e della condanna, non

22t
sono più in grado di cogliere la mia luce e di trovare ed
esprimere il mio Sé migliore.
O ancora, avendo dimenticato la verità essenziale del
mio stesso essere, e non essendo in grado di apprezzare ciò
che sono attraverso la contemplazione della luce divina che
dimora in me, posso facilmente cadere nella trappola del
comportamento autodistruttivo. E a quel punto intrapren-
do qualsiasi forma di autosabotaggio possa far dimenticare
agli altri chi sono realmente, proprio come I'ho dimentica-
to io stessa. Sia che ce la prendiamo con gli altri, sia che at-
tacchiamo noi stessi, I'ombra ci tenta immancabilmente
con pensieri distruttivi e malsani.
Nel suo stato naturale, la mente è in costante comunio-
ne con lo spirito dell'amore. Ma anche I'ombra, proprio co-
me I'amore, ha in noi i suoi ambasciatori, cioè quelle mo-
dalità di pensiero che ci inducono a percepire senza alcuna
traccia d'amore gli altri: Aveva promesso che mi avrebbe
dato un lavoro e non I'ha fatto. Che razza di bastardo! I
suoi intrighi mi disgustano, non posso proprio sopportar-
la! Adesso questa bella torta me la mangio tutta, e chi se ne
importa di quel che ha detto il dottore! Non ha nessuna
importanza se mi tengo questi soldi: nessuno lo verrà mai a
saPere...
Il mondo intero è dominato da pensieri di paura, e le lo-
giche dell'ombra sono continuamente rinforzate.
Se non pratichiamo la preghiera o la meditazione, o
qualsiasi esperienza d'amore condiviso tra il Creatore e il
creato, cadiamo facilmente nella tentazione di percepire
tutto senza amore e di addentrarci sempre di piir nella no-
stra stessa zona d'ombra. Lombra esercita la sua perniciosa

222
influenza sia che proiettiamo il senso di colpa sugli altri, sia
che li danneggiamo concretamente o intraprendiamo com-
portamenti (come la dipendenza o I'odio per noi stessi) che
finiscono per danneggiarci.
Ma dopotutto, perché stupirsene? La maggior parte di
noi si sveglia la mattina e, in pratica, si arrende subito all'o-
scurità. La prima cosa che facciamo è accendere il compu-
ter,leggere il giornale o sentire le ultime notizie alla radio o
alla TV. Scarichiamo dal mondo intero forme di pensiero
impregnate di paura, consentendo che fin dai primi mo-
menti della giornata, in cui siamo pitr facilmente impres-
sionabili,la nostra mente sia influenzata dal pensiero radi-
cato nella paura che domina la nostra cultura. È quindi del
tvtto naturale che ogni nostra reazione prenda poi spunto
dall'ombra, giacché tutto ciò che finisce sotto i nostri occhi
è ombra! Ed è quindi assolutamente naturale che ci sentia-
mo depressi, infelici, di malumore o cinici.Il mondo intero
è dominato da pensieri ispirati dalla paura, e sul piano
mortale è proprio la paura a farsi sentire per prima e a voce
alta. Non si tratta piir di analizzate l'ombra, ma di rivolger-
ci alla luce che dobbiamo assolutamente accogliere nella
nostra vita, ricercandola senza sosta.
Tanto nell'ebraismo quanto nel cristianesimo,la voce
dell'amore viene definita <la quieta, sommessa voce> di
Dio. È questa la voce dell'Illuminatore, e basta cominciare
ogni mattina con cinque minuti di seria meditazione per
consentirle di guidare il nostro pensiero Per tutta la giorna-
ta.Il mondo sarebbe dawero migliore se un numero cre-
scente di persone coltivasse il sacro nella propria quotidia-
nità. Spesso il nostro peggior nemico è infatti proprio il no-
223
stro frenetico attivismo, che ci impedisce di rallentare quel
che basta per respirare I'etere dei piani spirituali. Davanti al
computer siamo capaci di aspettare conpazienza il comple-
tamento del download di un file perché sappiamo che tanto
non possiamo fare niente per accelerare il processo, allora
perché ci limitiamo a fare solo un rapido cenno d'intesa al-
l'amore e poi ci precipitiamo fuori di casa, esponendoci al-
I'invasione quotidiana dell'oscurità e della paura?
Rallentando abbiamo maggiori probabilità di riuscire a
coltivare la quiete. Il nostro stile di vita attuale è dominato
dall'ombra per il semplice fatto che c'è troppo rumore:
troppa televisione, troppo computer, infiniti stimoli esterni
che riducono al minimo quella luce che possiamo trovare
solo nella riflessione e nel pensiero contemplativo. Il silen-
zio è una sorta di muscolo attitudinale che possiamo alle-
nare, così da avere la capacità di trasformare piir facilmente
le energie attivate dal Sé ombra.
Un altro modo di coltivare la luce è unirsi ad altre perso-
ne in uno spazio sacro. Nei gruppi che si dedicano alla spiri-
tualità in un'atmosfera d'amore e devozione, siano questi
religiosi o di altra natura, il campo magnetico dell'amore è
intensificato, così da elevare tutti i membri a una vibrazione
superiore. Quando ci troviamo in chiesa, alla sinagoga, nella
sala riunioni di un gruppo di autoaiuto o di qualche forma
di meditazione, prestare ascolto al cuore diventa del tutto
naturale. Per contro, il Sé ombra si allontana, diventa quasi
impercettibile.
Owiamente,latentazione di lasciarsi andare all'ombra è
pur sempre presente e deve essere affrontata, ma uno dei
224
modi in cui I'ombra perde il suo potere consiste proprio
nell'unirsi agli altri alla ricerca della luce.
Quando ci troviamo insieme con persone che si dicono:
Voglio ascoltare il mio cuore, ho bisogno di chiedermi qua-
le potrebbe essere la cosa migliore che potrei fare al mondo,
voglio rispettare I'etica, voglio sentire la voce di Dio eccete-
ra, vivere in armonia con principi del genere diventa più
semplice. Come qualsiasi altra abitudine, viene acquisita
più facilmente quando tutte le persone che ci circondano
fanno lo stesso. Sviluppando una consuetudine alla pratica
spirituale ci radichiamo nella luce del nostro vero essere. Se
invece le nostre radici sono altrove, non stupiamoci se a un
certo punto ci ritroveremo a parlare o ad agire in un modo
di cui finiremo per pentirci.
Nel corso di una normale giornata tutti formuliamo
un'infinità di pensieri ombra. Per quanto ci sforziamo di
comportarci da <brave persone>, il nostro cervello non si
ferma mai, e la nostra predisposizione al pensiero radicato
nella paura è sempre in agguato. Ma anche I'Illuminatore è
onnipresente, ed è autorizzato da Dio a fornirci qualsiasi
aiuto di cui possiamo avere bisogno.
Un giorno, durante una sessione con il mio terapista,
spiegai che mi sentivo in una condizione molto negativa,
una sorta di profonda antipatia per me stessa.
Quando mi chiese quali motivi avessi per volermene, ri-
sposi: <Mi detesto perché sono talmente negativa!> Riusci-
vo a cogliere I'aspetto ironico della faccenda, ma non mi ve-
niva da ridere. O forse sì.
Allora il terapista mi diede questo consiglio: <Perché
non provi a lasciarti trasportare dalla gratitudine? Ogni

225
volta che senti sorgere in te un pensiero negativo di quel ge-
nere, cerca piuttosto di ricordarti tutte le cose per cui do-
vresti sentirti grata, chiamandole per nome, una a una)).
Ho così scoperto una tecnica molto potente. Da ore stavo
rimuginando ogni sorta di pensieri negativi, eppure mi era
bastato seguire la corrente
Quando c'è omore, della gratitudine che l'om-
Io pouro scompare oftI'ístante. bra era scomparsa, proprio
come nel Mago di Oz,quan-
do Dorothy fa liquefare la strega gettandole addosso un sec-
chio d'acqua. Appena esposta alla luce,l'oscurità era svani-
ta: in altre parole, il problema non era tanto la presenza del-
la negatività, quanto l'assenza della positività! Era bastato
colmare la mente di gratitudine per impedire I'esistenza del
tipico atteggiamento autolesionista dell'ombra. Quando c'è
amore, la paura scompare all'istante.
Questo non significa sottovalutare il potere dell'ombra.
Non è sufficiente meditare ogni tanto, bisogna farlo su base
quotidiana. Se stiamo cercando di liberarci da una dipen-
denza, non basterà partecipare a qualche incontro: dovre-
mo andarci tutti i santi giorni. Allo stesso modo, non po-
tremo limitarci a perdonare solo alcuni dei nostri presunti
nemici: dovremo fare del nostro meglio per perdonarli tut-
ti, perché in definitiva solo I'amore è reale, e se lo neghiamo
anche a una persona sola,lo negheremo a noi stessi. Inol-
tre, non è sufficiente amare soltanto quando viene facile:
dovremmo cercare di espandere la nostra capacità di ama-
re, così da riuscirci anche quand'è difficile.
Se vogliamo scacciare le ombre che oggi si annidano un
po' ovunque, nella nostra vita quotidiana come in tutto il

226
pianeta, dobbiamo necessariamente fare ricorso alla luce
del sacro, niente di più e niente di meno. E ognuno di noi
può contribuire a tale luce con il proprio amore. Owia-
mente, ogni genitore vuole bene ai suoi figli, ma questo ge-
nere di affetto non è sufficiente. Dobbiamo imparare ad
amare anche bambini che vivono dall'altra parte della città,
o dall'altra parte del mondo. Inoltre, è fin troppo facile ap-
prezzare le persone che ci danno sistematicamente ragione
e ci trattano proprio come vorremmo: la sfida è imparare
ad amare anche quelle con cui ci troviamo in disaccordo, o
che non sempre ci trattano in modo equo. Come andiamo
in palestra per allenare i nostri muscoli, così dobbiamo fare
qualcosa di analogo nel caso dell'amore: lavorarci per
espanderne la portata.
C'è una sola cosa che può trionfare sul nostro Sé infe-
riore, il Sé I'ombra, e si tratta del nostro Sé superiore, che è
sempre in contatto con la piir alta forma di amore: quello
del nostro Creatore, che non conosce oscurità, sofferenza o
paura. Sottovalutare il potere nell'ombra sarebbe psicologi-
camente poco realistico, ma sottovalutare il potere di Dio è
segno di immaturità spiritua-
le. La preghiera non è soltanto Secondo íl punto dí vísta
un simbolo: è una forza! La dell'ombra, lo luce è un
meditazione non è un sempli- nemíco. Ma per Ia luce
ce strumento per rilassarsi, I'ombra non è nulla:
ma qualcosa che armonizzale n o n esí ste, sem p Iì ce m e nte.

energie dell'universo. Il per-


dono non ci fa soltanto sentire meglio, ma trasforma lette-
ralmente il nostro cuore. Tutti i poteri che scaturiscono da
Dio ci rendono liberi.

227
Secondo il punto di vista dell'ombra,la luce è un nemi-
co. Ma per la luce I'ombra non è nulla: non esiste, semplice-
mente.

Qualcosa si muotu nell'ombra

La coscienza è un'energia dinamica e creativa. Non è


inerte né stagnante, ma si espande continuamente, quale
che sia la direzione imboccata. Lamore sarà sempre basato
sull'amore, e la paura fondata sulla paura. IÌombra, invece,
è una pulsione inesorabile verso la sofferenza e il dolore.
Ma allora, viene da chiedersi, com'è possibile che qual-
cosa che di per sé è un'illusione e non ha una vita propria
agisca come se invece ce I'a-
[amore ssrù sempre basato vesse? La risposta è che la
sull'amore, e la paura fondata Paura non è reale, eppure il
sulla paura. llombra, ínvece, potere del pensiero che tra-
è una pulsíone ínesorabíle smette è concreto. La paura
verso Io sofferenza e ìl dolore. è una sorta di testata esplo-
siva, e il pensiero è il missile
che la porta a destinazione. Anche se la mente è creata per
essereun canale del divino e per innescare esplosioni d'a-
more, il libero arbitrio implica che possa prendere la dire-
zione opposta: tutto dipende dalla nostra scelta.
La nostra mente è perennemente impegnata a estendere
I'energia dell'amore, oppure a proiettare paura, e nel con-
tempo progetta inconsciamente come farlo nel modo più ef-
ficace. I-lombra è la nostra stessa mente che si ribella contro
di noi. Proprio come Lucifero, che prima della caduta era

228
l'angelo più bello del paradiso, o come una cellula cancerosa,
che prima di impazzire era una comune cellula operativa,
I'ombra non è nient'altro che il nostro pensiero rivolto nella
direzione sbagliata. È I'odio
che proviamo per noi stessi, ùgni volto che I'omore si
sotto le mentite spoglie del- avvícina, I'ombra íntensífica
I'amor proprio. IÌombra può I'attívità per salvagusrdare
approfittare della nostra stes- se stesso. Sa bene che l'amore
sa intelligenza perché in ef- è il suo unico, vero nemíco.
fetti è intelligenzapiegata agli
scopi della paura, e ha tutte le caratteristiche di un essere vi-
vente perché sta attaccata alla nostra esistenza. E come ogni
forma di vita, cerca di preservare se stessa.
Ogni volta che l'amore si awicina,l'ombra intensifica
l'attività per salvaguardare se stessa. Sa bene che l'amore è il
suo unico, vero nemico. Ecco perché quando percepisce I'a-
more, quando sente arrivare la luce, si mette a lottare per la
propria soprawivenza, elo fa cercando con qualsia simezzo
di annullare, mettere a tacere o stravolgere tutto ciò che di
buono c'è in noi. Sa infatti che nel momento stesso in cui ci
ricorderemo della luce del nostro vero Sé,lei non avrà più
nessuna possibilità di scampo.
Ecco il perché della celebre citazione da Un corso in mi-
racoli: <Llamore fa crescere il suo esatto opposto). Incon-
triamo qualcuno con cui la nostra anima sente di avere un
legame sacro? Attenzione! Probabilmente faremo qualcosa
di stupido in sua presenza. Abbiamo la straordin aria occa-
sione di realizzare i nostri sogni? Attenzione! potremmo fi-
nire per autosabotarci. Ecco che cos'è I'ombra: il gemello
maligno del nostro Sé superiore.

229
Finché non ci allontaniamo consapevolmente dalla pau-
ra, finché non imbocchiamo la via dell'amore,I'energia di-
namica della paura continuerà a distruggere sistematica-
mente tutto ciò che incontrerà sul suo cammino, senza fare
prigionieri. L'entità delle conseguenze potrà variare, da
qualcosa di tutto sommato insignificante, come una gaffe
che alla fine non produrrà particolari danni, a un evento di
maggiore portata che ci rovinerà la vita. Non dovremmo
mai sottovalutare il suo potere, né dubitare della sua peri-
colosità, perché l'ombra ha qualcosa di incontrollabile -
che talvolta evolve conlentezza, anche se inesorabilmente,
talaltra esplode nel giro di brevissimo tempo -, che però
mira sempre a provocare dolore.
Nell'ambito dell'AlcolistiAnonimi si dice che I'etilismo è
una <malattia progressiva>. Ciò significa che non resta al-
l'infinito sotto controllo. Se oggi I'alcol rappresenta un no-
stro problema, o lo affrontiamo di petto o assumerà propor-
zioni sempre maggiori. Non dovremmo dimenticare che il
suo scopo ultimo è I'autodistruzione,la morte. Una dipen-
denza come l'etilismo non riguarda soltanto I'alcol in sé, ma
anche delle forze oscure che si muovono nell'ombra e affiig-
gono tanto il corpo quanto I'anima. Il programma dell'Al-
colisti Anonimi spiega a chiare lettere che la salvezza può
giungere solo tramite llesperienza spirituale, I'unico stru-
mento grazie al quale un'infinità di alcolisti è uscita per
sempre dalla dipendenza.
Solo Dio dispone del potere di vincere I'ombra, in qual-
siasi sua manifestazione. Quando nella Bibbia (Giovanni
16,33) Gesù ci dice di rallegrarci perché ha <vinto> il mon-
do, sceglie di servirsi di questo termine particolare. Non so-

230
stiene di averlo (messo in ordine>, ma di avere sconfitto le
forze oscure, essendo asceso a quella dimensione della
coscienza in cui le forme di
pensiero inferiori non han- E proprio questa la sfído che
no più nessuna possibilità cí propone I'ombra: ínnakarcí
di interferire. È proprio verso la luce che rìsplende
questa la sfìda che ci propo- su dì noí al punto da rendere
ne I'ombra: innalzarci verso I'ombra del tutto ímpotente.
la luce che risplende su di
noi - la condizione profondamente sana che contraddistin-
gue una prospettiva più elevata e amorevole - al punto da
rendere I'ombra del tutto impotente.

L'ombra collettiúa

Quando assume una forma individuale, riconoscere


l'ombra non implica particolari difficoltà: basti pensare a
una persona in preda all'ira, assetata di potere, disonesta,
violenta. Ma talvolta è altrettanto importante saper ricono-
scere I'ombra collettiva, quella che caratterizza certigruppi
di persone. Ogni nazione è fatta di individui, di conseguen-
za non c'è da stupirsi se le caratteristiche personali dei suoi
membri finiscono per manifestarsi nel comportamento
collettivo del gruppo. È invece meno evidente il processo
attraverso cui I'energia (positiva o negativa) generata in un
certo gruppo viene potenziata, nel senso che I'energia pro-
dotta da due o più menti che la pensano allo stesso modo
non equivale semplicemente alla somma di tali menti, ma
aumenta esponenzialmente.

231
Il terrorismo ne è un tipico esempio. Un'ideologia mala-
ta può diffondersi come un cancro attraverso un intero po-
polo. Non appena un numero sufficiente di persone viene
contagiato dalle forme di pensiero distruttive che produco-
no quell'ideologia, la forza della loro energia combinata
può assumere proporzioni incredibili, persino superiori a
quelle dei fautori più tecnologicamente avanzati della forza
bruta. Questo è dovuto al fatto che il vero potere della mi-
naccia terroristica non scaturisce dalle sue radici ideologi-
che, ma dal convincimento appassionato con cui riesce a
coinvolgere molte persone. I terroristi sono fermamente
convinti delle proprie ragioni, ed è esattamente questo il lo-
ro potere. Il nostro potere,
tlombro'sí nasconde quello da contrapporre alla
allo consopevolezza deí síngolì loro forza distruttiva, è insi-
e a quell.a della collettívítà, to nella nostra capacità di
e sebbene Ia suo natura sía amare con la stessa intensità
fondamentalmente oscura, con cui i terroristi sanno
sì traveste da luce. odiare. Odiando con u.rra
motlvazrone e una convln-
zione incrollabile, i terroristi riescono ad attingere ulteriore
odio; quando amiamo con una convinzione altrettanto for-
te, suscitiamo ulteriore amore.
Nessun singolo individuo è perfetto, e lo stesso vale per i
gruppi.I-lombra si nasconde alla consapevolezza dei singoli
e a quella della collettività, e sebbene la sua natura sia fon-
damentalmente oscura, si traveste da luce. Ecco, per esem-
pio, una citazione dal Diario di Ralph Waldo Emerson che
descrive bene in quale modo il nazionalismo si camuffa da
patriottismo: <Quando un'intera nazione parla a gran voce

232
di patriottismo, vorrei proprio sapere se le sue mani sono
pulite e il suo cuore puro>. Spesso un gruppo si proclama
entusiasticamente portavoce di certi principi proprio
quando li
sta palesemente violando. Uombra è astuta e sa
nascondere le proprie tracce, anche servendosi della religio-
ne per mettere al rogo i cittadini indifesi, o del patriottismo
per mascherare la prepotenza imperialista.
Tuttavia, in contrapposizione all'ombra collettiva e al
suo potere distruttivo, c'è anche una luce collettiva, dotata
di grande potere creativo. Mi riferisco alla grande letteratu-
ra, ma anche alla cultura popolare come le fiabe, i film co-
me Avatar o i libri come quelli della serie di Harry Potter, e
owiamente a qualsiasi gruppo di pratica religiosa o spiri-
tuale che sia veramente tale, genuino e autentico: tutti
esempi di raggi di luce collettiva.
In Avatar viene delineata I'ombra collettiva dell'America
contemporanea, i risultati nefasti del matrimonio tra il ca-
pitalismo predatorio e la manifestazione estrema del mili-
tarismo americano, una superbia intellettuale che non rico-
nosce nessun valore ai principi spirituali, un disprezzo ar-
rogante per la sacralità dell'ambiente, e la tendenza impe-
rialista a prendere ciò che si vuole, come si vuole e quando
si vuole. In quest'appassionante vicenda,la turpitudine del-
I'ombra americana balza subito agli occhi. Eppure ciò che
rende questa storia qualcosa di più di un semplice invito al-
l'illuminazione è la sua perspicacia, poiché cerca di non al-
lontanare troppo la luce dall'ombra.
Lllluminatore è sempre pronto a fornirci alternative al-
I'oscurità e ad attrarre cuori pieni d'amore sugli scenari più
oscuri, proprio come i globuli rossi accorrono laddove c'è

233
una ferita. Di certo in questo film ci sono petsonaggi che
rappresentano il nostro lato peggiore, ma ce ne sono anche
altri che incarnano quello migliore, e questo è fondamenta-
le. Gli angeli più potenti della natura umana esistono tanto
nel cuore di ogni individuo quanto in quello di ogni grup-
po e comunità. E come I'oscurità, sono sempre in movi-
mento (si noti che gli angeli sono comunemente rappre-
sentati con le ali, mentre il Diavolo non ne è dotato). E alla
fine la luce riesce sempre a prevalere. Com'ebbe a dire Mar-
tin Luther King: <IÌarco morale dell'universo è lungo, ma si
curva verso la giustizia>. Potremo anche dimenticare la ve-
rità, ma l'universo la custodirà sempre.
Ogni persona e ogni gruppo ha un'ombra, ma ciò non li
rende cattivi, bensì umani. Odiare I'ombra non avrebbe al-
cun senso, giacché si tratta soltanto di ferite che devono es-
sere guarite. Non dobbiamo invece giungere all'estremo di
negarla, perché I'oscurità può essere dissipata soltanto se
viene portata alla luce a li-
Ogní persona e ogní gruppo vello individuale e collettivo.
ho un'ombra, mg cíò non Farlo non rappresenta affat-
Iì rende cattívi, bensì umaní. to una manifestazione di
odio verso se stessi, ma d'a-
more. Il vero pellegrino è quello che affronta la propria
oscurità e la consegna al potere dell'amore; il vero patriota
affronta I'oscurità della propria nazione e la consegna al
potere della verità.
Persino quando siamo persi nella nostra ombra c'è una
parte di noi che sa bene come stanno le cose. E anche nei
gruppi dai comportamenti piir distorti ci sono sempre in-
dividui che si battono strenuamente a difesa della verità,

234
basti pensare ai tedeschi ariani che offrirono un rifugio agli
ebrei durante la Seconda guerra mondiale, mettendo a À_
pentaglio la propria vita. O, per tornare all'esempio di Ava_
tar, i terrestri che si schierano eroicamente con gli indigeni
Na'vi del pianeta Pandora.
Tiadizione mitologica a pafte, ci sono concrete prove
storiche a dimostrazione di come l,amore finisca ,.-pr.
per trionfare. La Seconda guerra mondiale va ricordata non
solo per la malvagità di Hitler, ma soprattutto per lo spirito
di sacrificio delle splendide persone che l'hanno ,.orrfitto.
La verità archetipica di,\vatar va ritrovata non solo nella
violenza esercitata sugli indigeni Na,vi, ma anche nel modo
in cui vi si mette fine.Il culmine delle grandi tradizioni re_
ligiose non è la crocifissione ma la resurrezione; non è la
schiavitù degli ebrei, ma la loro liberazione e il raggiungi_
mento della Terra Promessa. Nella nostra epoca, e soprat_
tutto ai giorni nostri, essendo soggetti alla minaccia di
un'infinità di ombre siamo tenuti a ricordare che, per
quanto ci sembrino tenebrose, quando vengong esposte al_
la vera luce non sono più nulla.
È una verità che può risultare assai difficile da accettare,
soprattutto quando ogni prova concreta sembra conferma_
re non solo la realtà dell'ombra, ma anche la sua perma_
nenza.Il fatto è che il miracolo dell'illuminazionenon sca-
turisce da prove concrete, bensì sorge letteralmente <dal
nulla>, bella espressione che simbolizza alla perfezione la
dimensione della pura potenzialità. E la nostra capacità di
giungere a conquiste straordinarie emerge allorché abbrac_
ciamo fattivamente la luce, con intensità ancora maggiore
di quanto temiamo I'oscurità.

235
È però una luce che non possiamo percepire con i nostri
occhi di comuni mortali, giacché la sua realtà richiede una
visione ben diversa. La manifestazione mortale è <reale>, ma
solo I'amore immortale è <Realtà>. Per dirla con le parole di
Albert Einstein, che così illustrava il mondo fisico, persino il
tempo <è soltanto un'illusione, anche se ostinata>.
ci identifichiamo unicamente con la dimensione
Se
mortale, la paura sembra del tutto giustificata. Quando
però estendiamo le nostre percezioni oltre i confini di que-
sto mondo, giungiamo a percepire le cose in una luce assai
diversa, piir intensa e colma di speranza. Comprendiamo
che I'amore riesce sempre ad affermarsi, perché è così che è
programmata I'esistenza, ed è questa la vera natura delle
cose. Sebbene siamo destinati a cadere nell'ombra, cioè a
scendere negli inferi psichici degli aspetti del nostro essere
che ancora non abbiamo guarito, è altrettanto certo che ne
saremo liberati. L Illuminatore è una presenza eterna, attiva
non solo nel cuore di ogni singolo individuo, ma anche a li-
vello di psiche collettiva. Quando gli individui fanno prova
di umiltà, chiedendo perdono e facendo ammenda, ricevo-
nola grazia, e ciò vale anche a livello di gruppo. Quando il
cancelliere tedesco Gerhard
Il fascíno della luce è molto Schroeder ha chiesto scusa al
píù grande delle lusínghe popolo polacco per il massa-
dell'ombra. cro di mezzo milione di per-
sone perpetrato nel corso
della Seconda guerra mondiale, o quando papa Giovanni
Paolo II ha chiesto perdono per la barbarie dell'Inquisizio-
ne, questa <purificazione della memoria>, per usare gli stes-
si termini con cui I'ha descritta il pontefice, ha fatto discen-

236
dere la luce della coscienza celeste, e quelle ombre sono sta-
te dissipate.
I singoli individui seguono il sentiero dettato dal loro
destino, e lo stesso vale per i gruppi. Talvolta facciamo due
passi avanti in direzione dell'amore, poi un passo indietro
in direzione dell'ombra. Ma in ultima analisi il fascino della
luce è molto più grande delle lusinghe dell'ombra.

Le buone intenzioni non bastano

La mente moderna ha un'eccessiva autostima, del tutto


immotivata. La sua convinzione di poter semplicemente
<decidere> ciò che vuole, e quindi realizzarlo, è pura arro-
ganza. Basti pensare a tutto ciò che continua a sfuggire alla
sua presa: la fine di ogni sofferenza inutile,la pace nel mon-
do,la salute del pianeta... Perché in un mondo tanto genia-
le I'ombra continua a esercitare il suo potere occulto, cau-
sando un'infinità di problemi?
Uno dei motivi è che il mondo moderno non riesce a ri-
conoscerne le radici metafisiche. Il male è una forma di
energia proprio come I'amore. Scaturisce dalla paura, e la
paura affonda le sue radici nell'assenza d'amore. eualsiasi
tentativo di sradicare I'oscurità servendosi unicamente di
strumenti materiali potrà avere qualche successo a livello di
effetti, ma di certo non eliminerà le cause. Analogamente,
possiamo asportare una verruca, ma si ripresenterà pun-
tualmente finché non ne avremo bruciato le radici. E le ra-
dici del male non sono materiali.
C'è però una differenzatÍa l'energia non-materiale, di

237
carattere puramente mentale, e quella di natura spirituale.
Oggi molte persone confidano troppo nel <potere dell'in-
tenzione>. In realtà, come viene spiegato in (Jn corso in mi-
racoli,le nostre buone intenzioni non bastano. Un etilista
che intenda semplicemente non bere piir non uscirà mai
dalla trappola dell'alcol, così come la mera intenzione non
riuscirà a trasformarci in un partner migliore, se non mo-
difichiamo concretamente il nostro comportamento. Fatto
sta che i cambiamenti di cui avremmo bisogno nella nostra
vita non sono sempre facili da ottenere. La semplice espres-
sione di una certa volontà non basta, perché I'ombra ha il
potere di imporci un cambiamento di rotta e avere la me-
glio sulle nostre migliori intenzioni: solo l'amore può pre-
valere sull'ombra.
lamore è Dio, e Dio è amore. Possiamo invocare Dio
servendoci del suo nome o semplicemente abbandonare
ogni resistenza all'amore (in tal caso Dio sarà presente, an-
che se non riconosciuto), fatto
Se dawero íntendíamo sta che il potere divino dell'a-
sconfíggere íl potere more si dimostra il solo in
della paura non possíamo grado di opporsi con successo
che arrenderci ol potere al male. Se dawero intendia-
superíore dell'amore. mo sconfiggere il potere della
paura non possiamo che ar-
renderci al potere superiore dell'amore. Ciò potrà accadere
per quella saggezza con cui riconosciamo che nutrire il
maggior numero possibile di bambini affamati nel mondo
costituisce uno dei metodi migliori per eliminare le future
minacce terroristiche, o semplicemente rinunciando di
fronte a Dio ai nostri difetti caratteriali, chiedendogli di es-
sere guariti e purificati.

238
lombra non si nasconde nella nostra mente cosciente,
ma nell'inconscio. Non decidiamo consapevolmente di fare
qualcosa di sciocco. Non decidi u o ,oniopevolmente di di-
re qualcosa che ci farà odiare dal nostro partner, né decidia-
mo consapevolmente di ubriacarci al matrimonio di nostra
figlia e rovinarglielo irreparabilmente. euando diciamo:
<Me I'ha fatto fare il Diavolo> non esprimiamo un concetto
così ingenuo come sembra. Il Diavolo si fa beffe delle no-
stre buone intenzioni, ma di certo non può fare altrettanto
con la preghiera, I'espiazione, il perdono e l'amore, tutte
cose che lo inducono alla fuga.
Ed eccoci arrivati alla questione della religione. Se dawe-
ro la fede è un veicolo dell'amore divino, perché sul mondo
continua ad aleggiare il male, che si insinua persino tra le fi-
la dei religiosi? Com è possibile che una delle più grandi isti-
tuzioni religiose al mondo protegga i pedofili che fanno par-
te del suo clero? La risposta, owiamente, è che un certo ge-
nere di religione non ha nulla a che vedere con Dio. In
realtà, è vero semmai il contrario: I'ombra forzacontraria
-
di Dio - ama infiltrarsi nel campo della religione. Adora su-
scitare confusione, e non c'è nulla di piir disorientante di
una dottrina o un dogma basati sull'amore che si rivelano
una copertura della più grossolana assenza d'amore.
Quando una persona religiosa odia, Dio non è presente.
Quando un ateo ama, Dio è con lui. euando nella Bibbia si
legge che Dio non può essere ingannato significa esatta-
mente che nessuno potrà mai trarlo in inganno.
Peraltro, nel cercare di yalutare il valore e il significato
della religione è importante non gettare via il bambino con
I'acqua sporca. L etimologia latina del termine <religione> è
religio, che significa <legare insieme>, <unire>. La vera reli-
gione (sia nel contesto di un'istituzione organizzata, sia di
una spiritualità più universale) ci ricollega alla verità di ciò
che siamo, all'amore che costituisce il nucleo del nostro es-
sere, e alla compassione che guarisce. Uunico modo di vin-
cere I'ombra consiste nell'incarnare il nostro vero Sé, e
qualsiasi cosa ci consenta di sperimentarlo è fondamental-
mente un'esperienza religiosa.
Per qualcuno l'esperienzapotrà tradursi nel frequentare
una chiesa, una sinagoga, una moschea o altri luoghi di cul-
to; altri potranno trovarla a contatto con la natura, oppure
attraverso una pratica spirituale o psicoterapeutica, o anco-
ra stringendo per la prima volta tra le braccia il proprio
bambino. Il mezzo con cui accediamo all'esperienza reli-
giosa non ha importanza; conta ciò che ci accade e ci tra-
sforma nel momento in cui
Ognì volto che íl nostrocuore lo viviamo. Ogniqualvolta
sí apre, Ia luce prende íl posto torniamo al nucleo del no-
delt'oscurítù. Ma intanto stro essere, anche se solo
l'ombro contínuerà per un istante, viviamo una
ad oleggìare, ín attesa dí un metamorfosi. È come se
momento di paura avessimo un assaggio delle
che Ie apra una breccía. infinite possibilità in noi e
tutto intorno a noi. Una si-
mile esperienza solleva il velo che nasconde la realtà dell'a-
more, e la portata del nostro autentico potenziale. Non ap-
pena ci riallineiamo con la nostra natura fondamentale,
riacquistiamo il potere di dissolvere I'ombra.
Secondo Un corso in miracoli: <I miracoli awengono
spontaneamente come espressioni dell'amore>. Ogni volta

240
che il nostro cuore si apre,la luce prende il posto dell,oscu-
rità. Ma intanto, che si tratti di una forma di medicina che
non implica una prospettiva olistica, di una religione che
non include I'amore, di una terapia che non contempla un
potere superiore o di una relazione che non presenta una
dimensione sacra,l'ombra continuerà ad aleggiare, in atte-
sa di un momento di paura che le apra una breccia. poi, al-
l'improwiso, s'insinuerà approfittando dell'oscurità e
manderà all'aria i sogni che stavamo coltivando.

Kiconoscere e riparare

Indipendentemente dal nostro livello di comprensione


dell'ombra, I'obiettivo finale è quello di sbarazzarcene. Ma
per riuscirci dobbiamo per prima cosa riconoscerla. Secon-
do il pensiero ebraico e quello cristiano, il problema del-
I'ombra può essere risolto attraverso il principio della ripa-
razione.In pratica, quando riconosciamo i nostri peccati e
li consegniamo a Dio, nutrendo un autentico rimorso, sia-
mo liberi dalle loro conseguenze spirituali.Il verbo (pecca-
re> deriva dal latino peccus, che significa <difettoso nel pie-
de>: il (peccato> è quindi un difetto, un (errore>.
Il Buddha ha illustrato la legge del karma, che fonda-
mentalmente significa (causa ed effetto>, come azione, rea-
zione, azione,reazione. Secondo il principio della ripara-
zione, un momento di grazia <brucia> il karma negativo.
Potremmo considerare la r ip anzione, o riconciliazione, co -
me una sorta di <<azzeramento cosmico>, tramite il quale i

241
pensieri ombra mortali vengono disfatti e sostituiti dalla
perfezione dell'amore.
Nella religione cattolica la pratica della confessione co-
stituisce un'esperienza continuativa di riparazione, che si
realizza allorché il penitente confessa i suoi peccati e chiede
perdono a Dio. Nella religione ebraica, lo Yom Kippur, o
Giorno dell'espiazione, è il più sacro dell'anno. In questa
ricorrenza gli ebrei praticanti ammettono tutti i peccati
commessi nel corso dell'ultimo anno e chiedono perdono,
pregando Dio affìnché conceda loro di essere iscritti per un
altro anno nel Libro della vita. Nell'ambito dell'Alcolisti
Anonimi viene chiesto di intraprendere un inventario mo-
rale in cui, con un atto di estremo coraggio, si ammettono
tutti i propri difetti caratteriali, chiedendo a Dio di esserne
liberati. Sono tutti esempi del processo spirituale attraverso
cui l'ombra, non appena esposta alla luce, viene trasforma-
ta in virtir del potere della riparazione.
La riparazione esiste perché è necessaria. Siamo tutti
umani, abbiamo inevitabilmente subito le nostre ferite e ci
siamo lasciati sopraf[are dagli aspetti tenebrosi dell'esistenza
umana. Siamo tutti caduti, certo, ma ci sono stati dati anche
gli strumentiper rialzarci. Dobbiamo però affìdarci al pote-
re che ricostruirà le nostre ali. Dobbiamo essere disposti a
rivelare alla luce la nostra oscurità, e consegnarla consape-
volmente e deliberatamente nelle mani di Dio.
Supponiamo che sia arrivata a capire che una certa si-
tuazione difficile in cui mi trovo è causata da un mio errore
o da un aspetto problematico della mia personalità. Forse
nell'ambito delle relazioni interpersonali tendo a voler
sempre avere il controllo delle situazioni, e in tal modo so-

242
no entrata in conflitto con un amico o un parente.Il princi_
pio della riparazione mi invita a riconoscere quest,aspetto
ombra e a chiedere a Dio di esserne più tollerante.
Come ho già detto in precedenza, non è sufficiente che
mi ripeta: D'accordo, non lo farò più. Si tratta certamente
di un buon proposito, e potrà contribuire a correggere il
mio comportamento, ma quando un certo tratto diventa
uno schema comportamentale, owero una delle maschere
che di tanto in tanto indosso, e si awicina dawero alla peg-
giore espressione del mio essere, allora significa che è radi-
cato nella mia matrice attitudinale. Di conseguenza, deci-
dere di comportarmi altrimenti non potrà sottrarmi da
inevitabili ricadute, perché I'ombra si è ormai sovrapposta
alla mia normale capacità di decidere. euando la persona-
lità ombra - il nostro Sé cinico, geloso o irascibile - è pie-
namente sviluppata, per poterla guarire è necessaria la ripa-
razione: ci assumiamo la responsabilità dei danni che po-
tremmo avere già causato e chiediamo a Dio di trasformare
il nostro cuore.
Analizzare in profondità il nostro pensiero e il nostro
comportamento assume un'importanza critica, in partico_
lare quando abbiamo compiuto degli errori. Così facendo
ci occupiamo non solo della nostra ombra individuale, ma
anche di quella collettiva. In definitiva, la guarigione del
mondo non può scaturire dai nostri tentativi di cambiare e
correggere gli altri, ma dalla nostra disponibilità a cambiare
e correggere noi stessi. Giacché le nostre menti sono tutte
interconnesse,la capacità di correggersi di un singolo indi-
viduo influisce sulla guarigione dell'intero universo. A dire
il vero, èl'unica cosa che può farlo.

243
Thle correzione potrebbe prendere I'awio da uno scru-
polo di coscienza. Farsi scrupolo è una forma di vergogna
salutare, un disagio tempo-
Riconoscere che în noí raneo che non è opera del-
c'è qualcosa che non funzìono I'ombra, ma della luce. Do-
è uno deglí ospettí che potutto, solo un sociopatico
cí rende umaní. non prova mai alcun rimor-
so. Riconoscere che in noi
c'è qualcosa che non funziona è uno degli aspetti che ci
rende umani.
Il processo di riparazione implica coraggio, compassio-
ne e assoluta onestà verso se stessi: Vuoto il sacco. Mi rendo
conto che è proprio questa la mia ferita. Voglio compren-
derla, osservarla, e intendo cambiare.
Quando le cose si complicano, è estremamente facile
scaricare sul prossimo la responsabilità di tutti i propri pro-
blemi. Invece il vero ricercatore spirituale si chiederà: Dove
ho sbagliato? Qual è la mia responsabilità in questo disa-
stro?
Se non diventiamo consapevoli di quanto siamo disone-
sti, duri, inflessibili, irrispettosi, avidi, prepotenti e via di-
cendo, non potremo mai porvi rimedio. Se ci limitiamo a
reprimere I'ombra nel vano tentativo di rinnegarla, conti-
nuerà a esistere sotto forma di elemento non integrato del-
la nostra personalità.
Inoltre, non abbiamo nessun potere su ciò che non ab-
biamo esplorato. Di qualsiasi cosa si tratti, continuerà ad
agire, come un terrorista emotivo radicato nella nostra psi-
che e in grado di scatenare il panico in qualsiasi momento.
Si farà immancabilmente vivo, in una situazione o nell'al-

244
tra, sotto forma di urlo psichico, e non potremo più igno_
rarlo. È questo il geniale meccanismo ideato dalla naìura
per costringerci a prestare attenzione a ciò che non possia_
mo più ignorare, perché non c'è nulla che ci costringa ad
aprire gli occhi come vivere una catastrofe personale e capi-
re che cosa l'abbia provocata.
fombra è un po'come una serie di mine antiuomo dis-
seminate nella nostra personalità. Forse siamo convinti di
cavarcela alla perfezione, ab-
biamo sistemato tutto (af- Cí vuole coraggio per guardare
fari, finanze, relazioni) e proÍondamente dentro di sé,
pensiamo che la nostra vita ma d,altro canto
sia finalmente in ordine, finché non cí saremo ríuscítí
quando all'improwiso den- non potremo sperímentore
tro di noi qualcosa esplode. uno vera pace,
E sebbene fatichiamo a cre- né un,autentíca tíbertù.
derci, alla fine è tutta opera
nostrat Solo così siamo costretti a riconoscere che, fino a
quando non risolveremo quell'aspetto problematico della
nostra personalità, con ogni probabilità causeremo altri
disastri.
Una volta ho chiesto a una donna: <In questo momento
hai una relazione?o
Lei mi ha risposto: <Quando sto con qualcuno, finisco
per odiare me stessa. Ecco perché preferisco rimanerne
fuori>.
Le persone con cui possiamo trovarci in sintonia sono
molte, ma diciamo a noi stessi: Non voglio espormi. Non
voglio ritrovarmi impegolato in una relazione o awiare
una nuova attività finché non avrò guarito quegli aspetti

245
della mia personalità che sicuramente manderebbero tutto
all'aria.
Ci vuole coraggio per guardare profondamente dentro
di sé, ma d'altro canto finché non ci saremo riusciti non
potremo sperimentare una vera pace, né un'autentica li-
bertà. Ecco perché cerchiamo di fare attenzione, evitando
di illuderci che il percorso che conduce alla felicità sia rapi-
do e facile. Lilluminazione ci regala la gioia, ma non subito.
Per cominciare dobbiamo affrontare il dolore che si frap-
pone tra noi e la felicità.
Dobbiamo concederci il tempo di meditare sulle nostre
disfunzioni,le nostre ombre, perché continueranno a tor-
mentarci finché non le avremo esaminate appieno. Peral-
tro, potrebbe rivelarsi un'impresa molto ardua. La guari-
gione è una sorta di processo di disintossicazione, e talvolta
le emozioni che vengono a galla possono dimostrarsi molto
difficili da gestire. Dall'ombra della nostra mente inconscia
emerge qualcosa, e abbiamo un'opportunità di vederci fi-
nalmente chiaro, ma non sarà un bello spettacolo, cosicché
siamo terrorizzati alla semplice prospettiva di che cosa af-
fiorerà. Comunque non siamo abbandonati a noi stessi:
possiamo sempre contare sull'aiuto dell'Illuminatore. Basta
volerlo, rinunciare all'oscurità e chiedere di essere guariti.
Dio non ci può liberare da ciò che non rimettiamo coscien-
temente nelle sue mani, perché questo rappresenterebbe
una violazione del nostro libero arbitrio. Ma quando ci ar-
rendiamo consapevolmente e facciamo ammenda, la tra-
sformazione è certa.
Un simile lavoro interiore può essere doloroso, ma è es-
senziale e inevitabile. Il dolore emotivo è importante pro-

246
prio come lo è quello fisico. Se avessimo una gamba rotta e
non ci facesse male, come potremmo capire che dobbiamo
farcela ingessare per guarirla? In un certo senso, con il do-
lore fisico il corpo ci parla: Guarda qui! Devi prenderti cura
di questa faccenda! Il dolore mentale opera nello stesso
modo. Talvolta dobbiamo dirci: Devo assolutamente pre-
stare ascolto a questo dolore. Quali sono le sue radici? Che
cosa sta cercando di farmi capire questa situazione? Di qua-
le parte di me devo occuparmi? Se andiamo dal dottore per
una distorsione al ginocchio,lui non ci dirà: <Bene, diamo
un'occhiata al gomito...> E lo stesso vale per Dio. Le ferite
devono essere curate. E il medico, umano o divino che sia,
non è qui per giudicarci, ma per guarirci.
Spesso I'idea di passare al setaccio la nostra ombra ci
spaventa, perché vorremmo evitarci la vergogna o I'imba-
razzo che ci coglieranno nel momento in cui ammetteremo
i nostri errori. In un certo senso, sentiamo che guardarci
dentro in profondità equivarrebbe a metterci a nudo. In
realtà, ciò che dovremmo temere è la nostra incapacitò di
investigare I'ombra, perché negandola la alimentiamo ulte-
riormente.
Inizialmente ci diciamo qualcosa del genere: Non ne vo-
glio sapere, perché finirei per odiarmi. Ma poi giungiamo a
tutt'altra conclusione: E invece no, devo farlo perché altri-
menti non potrò rimetterla nelle mani di Dio.In quel mo-
mento accade qualcosa di meraviglioso e inaspettato.
Un giorno mi sono ritrovata a contemplare un aspetto
della mia personalità che evitavo da parecchio tempo per-
ché era troppo doloroso. Eppure, è bastata una sola occhia-
ta per scoprire qualcosa di sorprendente: invece di provare

247
odio per me stessa, mi sono ritrovata colma di compassione
perché ho capito quanto dolore dovevo avere provato per
sviluppare quel meccanismo.
Portiamo tutti le nostre belle cicatrici, il problema è che
per gli altri sono semplicemente difetti caratteriali, anzjché
tracce evidenti delle nostre ferite. Se vediamo un bambino
di tre anni che strilla e piange, con ogni probabilità com-
menteremo: <Oh, povero piccolo, deve essere stanco mor-
to!> Ma se quello che piange e strilla è un quarantenne (il
cui dolore potrebbe benissimo derivare da un trauma subi-
to all'età di tre anni) nessuno dirà: <Poveraccio, è così stan-
co>. Il commento sarà piuttosto: <Oddio, che persona tre-
menda!>
I difetti caratteriali non devono essere intesi come mera
negatività, ma come sintomo delle ferite ricevute. Tuttavia,
indipendentemente dalla persona o dal fatto che ha causato
quelle ferite, ormai sono solo nostre e dobbiamo assumer-
cene la responsabilità. Nes-
IJuníco modo per rísolvere sun altro potrà mai occu-
í problemí della nostra víto parsene per liberarcene. Vi
è assumerci Ia responsobílità immaginate se andassimo
totale deí nostrì dífettí. in giro con un cartello ap-
peso al collo, con su scritto:
<Non è colpa mia! Ho avuto genitori difficili>? Lunico mo-
do per risolvere i problemi della nostra vita è assumerci la
responsabilità totale dei nostri difetti.
I difetti rappresentano il modo con cui distruggiamo i
nostri stessi sogni e progetti, e feriamo noi stessi e gli altri.
È proprio questo il motivo per cui non possiamo piir tra-
scurarli. La guarigione potrà iniziare soltanto quando ci sa-

248
remo guardati allo specchio con obiettività. Una volta aper-
ti gli occhi, ci risulterà tutto chiaro: Mi rendo conto di ciò
che ho fatto. Lo ammetto. È così. Faccio ammenda per il
mio errore, sono disposto a riparare. E prego per riuscire a
diventare una persona migliore fin da ora.
Ci sono stati momenti in cui abbiamo agito sotto I'im-
pulso dell'ombra, ma ciò non signifìca che una mattina ci
siamo svegliati e ci siamo det-
ti: Penso proprio che oggi mi l!ínferno è cíò che I'ombra
comporterò da stupido. Non creo ín questa nostra víta,
ci siamo presentati a una riu- e I'amore è cíò che
nione con I'intenzione dire
di ce ne líbera.
o fare qualcosa che avrebbe
portato gli altri a rifiutarci. Niente affatto: in momenti co-
me quelli non eravamo consapevoli di ciò che stavamo fa-
cendo. Lombra ci sommerge con la sua oscurità, ci impedi-
sce di scorgere la luce.
Lombra ci induce a fare qualche sciocchezza, poi ci pu-
nisce duramente per esserci comportati da idioti. I-lombra
non conosce misericordia, ma Dio sì. Llinferno è ciò che
l'ombra crea in questa nostra vita, e I'amore è ciò che ce ne
libera: lariparazione è un aspetto dell'amore divino. Facen-
do ammenda, siamo affrancati dai nostri pattern disfunzio-
nali e dalla traiettoria degli eventi che hanno prodotto. È
questo il miracolo della trasformazione personale. Avendo
rimesso a Dio le decisioni sbagliate che abbiamo preso in
passato, possiamo dirci, come recita una preghiera in Un
corso in miracoli: <Non mi sentirò in colpa, perché se glielo
consentirò, lo Spirito Santo potrà svincolarmi da tutte le
conseguenze delle mie decisioni errate>. Quando chiedia-

249
mo perdono con cuore sincero e umile, veniamo liberati
dal vortice karmico del dramma dettato dall'ombra.
Dopo avere riconosciuto ciò che siamo a livello dell'om-
bra, possiamo riprendere il nostro percorso e tornare alla lu-
ce. La guarigione non si ottiene con una verniciata di rosa
sui nostri problemi irrisolti, cioè facendo finta che non esi-
stano o attribuendone I'intera responsabilità agli altri. Gua-
riamo riconoscendo che qualsiasi ombra si frapponga tra
noi e la luce alberga solo e soltanto nella nostra mente. Dob-
biamo aprire le porte a Dio e lasciare che la sua luce ne can-
celli le tracce. Dio I'ha sempre fatto, e non si fermerà mai.

Perdonare se súessi e gli altri


Forse abbiamo ferite che risalgono a una quindicina
d'anni fa e che ancora non si sono cicatrizzate. Non solo: se
siamo onesti con noi stessi dobbiamo riconoscere che
quindici anni fa potremmo benissimo avere ferito qualcun
altro, e poi essercene completamente dimenticati. Quando
si tratta dei torti che abbiamo ricevuto, abbiamo una me-
moria di ferro, ma lo stesso non può dirsi per ciò che po-
tremmo avere fatto noi al prossimo...
Lombra non incontra difficoltà a concentrarsi sull'om-
bra, a condizione che si tratti dell'ombra altrui: Guarda un
po', quel tipo sta manifestando la sua ombra, e anche quel-
I'altro... Per non parlare poi di tutta quella gente! Certo,
per quanto mi riguarda, ombre proprio non ne vedo...
Fanno pitr danni le persone che pensano di essere per-
fette di quelle che sono umilmente giunte alla conclusione

250
opposta. Chi ha guardato in profondità nella propria om-
bra sa che non si tratta di una cosa da poco o di un banale
errore, ma di wa forza cosmica che si oppone al bene, ca-
pace di cogliere la benché minima opportunità per scon-
volgere il cuore umano. E per quanto concerne il nostro
potenziale oscuro, si esprime al meglio proprio quando
pensiamo che i problemi siano tutti degli altri.
Nella dimensione mortale la proiezione della colpa sul
prossimo è un fenomeno endemico. Sin dalla nascita ci vie-
ne instillato un sistema di convinzioni che únîorza la no-
stra sensazione di separazione: Io sono nel mio corpo, tu
nel tuo. E Dio non è in nessuno di noi.
Questo senso di divisione è la principale causa di un in-
finità di altre percezioni distorte che condizionano la no-
stra esistenza.
Tànto per cominciare, nel momento in cui sono separa-
to da Dio, sono separato dalla mia fonte originaria, quindi
mi sento scioccato e inerme come un neonato strappato al-
la madre. Il ricordo terrificante di quel trauma sara scate-
nato di nuovo da qualsiasi persona o situazione mi sem-
brerà capace di togliermi ciò di cui penso di avere bisogno,
anche se non è affatto così. A quel punto I'ombra si manife-
sterà sotto forma di paranoia o bisogno cronico.
Punto secondo: ritenendomi separato dal resto del
mondo, mi sentirò impotente, perché un essere umano solo
è piccolo e fragile, mentre il mondo è immenso. La perce-
zione della separazione m'indurrà a credere di essere debo-
le, mentre in realtà sono figlio di Dio, e in me ci sono risor-
se e forza infinite. Di conseguenza,l'ombra si manifesterà

251
facendomi credere di essere troppo piccolo e pauroso per
poter competere con la mia stessa forza.
Terzo: quando mi sento separato dagli altri non posso
provare quell'esperienza di amore e unità a cui ogni essere
umano ha diritto nel momento in cui nasce. Non potrò che
sperimentare una profonda solitudine esistenziale, anziché
vivere la gioia che dovrebbe caratterizzare la compagnia de-
gli altri. fombra si manifesterà probabilmente sotto forma
di attaccamento o distacco estremo dagli altri, come com-
plesso di superiorità o di inferiorità, e con una personalità
manipolativa, difensiva, dominante o maniaca del controllo.
Infine, tutti gli aspetti del senso di separazione sopra ci-
tati implicano una profonda alienazione dal Sé, da cui sca-
turiscono tutte le altre forme di ombra. Se sono diviso da
me stesso, e il mio vero Sé è amore,luol dire che sono pri-
vato dell'amore. Di conseguenza I'ombra potrà manifestar-
si attraverso qualsiasi atteggiamento caratteri zzato dall, as-
senza di amore per me stesso e per gli altri, secondo moda-
lità che possono variare dalle più diverse forme di dipen-
denza alla violenza.
Giacché non c'è manifestazione dell'ombra che non sia
radicata in un pensiero di separazione, guarire la concezio-
ne errata che ci induce a credere di essere separati da tutto
(dal Creatore, dal prossimo e dalle altre forme del creato)
costituisce la soluzione defìnitiva al problema dell'ombra.
Thle riconciliazione della mente e dello spirito, il ritorno
dell'anima alla conoscenza d,el divino, costituisce I'apice
dell'illuminazione che dissolve ogni forma d'oscurità.
In che cosa consiste la luce che percepiamo quando la
nostra mente si riconcilia con la verità? Non solo ci rendia-

252
mo conto di essere un'unica cosa con ogni altro essere, ma
anche di portare in noi il seme divino. Siamo stati creati da
Dio,aimmagineesomi-
glianza di Dio. Quindisia- perdonare non sígnífica
tutto
mo perfetti, come lo è rícanoscere l,oscurítà
il suo creato. Siamo degni e concederle l,amnístia.
della nostra stessa miseri- Ma vuol dìre ocquísíre píena
cordia,cosìcomemeritia- consapevolezzadell'oscurítà,
mo quella di chiunque al- e quíndí sceglíere
tro, perché si tratta nella dí trascenderla, senza piùt
misericordia che Dio conce- ríconoscervísi.
de a ognuno di noi. E nel
momento stesso in cui ce ne ricordiamo (quando la nostra
mente guarisce dall'illusione in cui siamo stati confinati
dalla nostra ombra), manifestare misericordia e perdono
diventa assolutamente naturale.
La forma assunta dalla nostra ombra non ha particolare
importanza. Ciò che conta è che si è sviluppata per un solo,
unico motivo. All'improwiso ci siamo ritrovati privi d,a-
more, o almeno così abbiamo pensato. Non importa che
ciò sia accaduto per I'abbandono di una madre o la rabbia
di un padre.IJaspetto fondamentale è il momento trauma-
tico primordiale in cui abbiamo perso la consapevolezza
del nostro continuo contatto con I'esperienza dell'amore
divino. Quell'attimo di smarrimento ci ha reso tempora-
neamente folli. E ogni volta che il trauma si risveglia, ci
perdiamo un'altra volta. Ma ribadisco: il nocciolo della
questione non è la natura specifica del dramma umano che
ha provocato quel trauma; alla fine dobbiamo soltanto risa-
nare il nostro spirito, quindi ciò che conta realmente è che

253
recuperiamo subito la nostra connessione con I'amore, gua-
rendo all'istante la follia che ci affligge, perdonando senza
più esitare noi stessi e gli altri.
Ma attenzione: perdonare non significa riconoscere I'o-
scurità e concederle I'amnistia. Al contrario, vuol dire ac-
quisire piena consapevolezza dell'oscurità, e quindi sceglie-
re di trascenderla, senza piir riconoscervisi. E quando par-
liamo di non riconoscerla intendiamo qualcosa di diverso
dal negarla, perché ormai sappiamo che l'ombra non è rea-
le. C'è infatti una forma di negazione negativa, ma esiste
anche una negazione positiva: noi stiamo semplicemente
negando I'esistenza di qualcosa che non esiste.
Quando ci sentiamo bisognosi d'amore, quello non è il
nostro vero Sé. Quando interpretiamo una delle nostre ma-
schere, quello non è il nostro vero Sé, così come non lo è
neppure quando ci lasciamo travolgere dalla rabbia. Il no-
stro vero Sé è divino, amorevole, immutabile. potrà anche
diventare temporaneamente invisibile, dietro il velo del-
I'ombra, ma non può essere annientato, perché è stato crea-
to da Dio e sarà sempre con noi.
Lombra è un Sé illusorio,la maschera di un impostore.
Riesce a intervenire <concretamente> sulla realtà - per
esempio, sabotando i nostri progetti o respingendo gli altri
- ma è proprio qui che subentra il perdono, attraverso il
quale allarghiamo la nostra percezione e passiamo dalla
realtà a una <Realtà> piir vasta, che oltre all'oscurità morta-
le include la luce eterna. Quando riusciamo finalmente a
contemplare tale Realtà in noi stessi e negli altri, otteniamo
il potere di evocarla. Siamo guariti nel momento stesso in
cui ci sentiamo perdonati. Siamo guariti in presenza della

254
compassione. Se vogliamo realmente che qualcuno cambi,
il miracolo consiste nel diventare capaci di vedere fino a che
punto è già perfetto.
Non è dunque attaccandola che ci sbarazziamo dell'om_
bra: I'ombra guarisce quando viene perdonata.Nonè certo
davanti a una persona ipercritica che riusciamo a toglierci
finalmente questa maschera tenebrosa, ma quando qualcu_
no usa le parole o il comportamento per trasmetterci il
messaggio: So che tu non sei questo. La guarigione awiene,
miracolosamente, alla presenza di qualcuno che crede nella
nostra luce anche quando siamo persi nell'oscurità. E
quando impariamo a percepire gli altri alla luce del loro ve_
ro essere, che ci stiano mostrando quella luce o meno, ci è
concesso il potere di operare nei loro confronti lo stesso
miracolo della guarigione.
Il perdono è azione, ma affionda le sue radici nell,atteg_
giamento mentale. Perdonare chi ci ha ferito può risultare
difficile, a meno che nelle nostre percezioni non ci sforzia-
mo incessantemente di guardare oltre gli aspetti ombra
della sua personalità.
Lapratica spirituale costituisce la chiave per trasformar_
ci in autentici portatori di luce, perché non potremo mai
infondere pace negli altri se
non la coltiviamo prima in Non potremo maí ínfondere
noi stessi. La realtà in cui vi- pace negrí ortrí se non ro
viamo ci spinge, giorno do- coltívíamo prímo
ín noístessf.
po giorno, a credere di esse-
re ciò che non siamo affatto e di non essere ciò che siamo
dawero. Per superare queste pressioni dobbiamo tenere
continuamente in allenamento il pensiero e la volontà. il

255
pensiero dell'amore è I'esatto contrario della mentalità che
domina questo mondo, e proprio per questo dobbiamo
continuame nte ricordarci della luce. Probabilmente, quan-
do ci alziamo la mattina facciamo una doccia per toglierci
di dosso la sporcizia del giorno prima: ecco, nella nostra
pratica spirituale dovremmo purificare ogni mattino la
mente e il cuore dai pensieri del giorno precedente.
Il mondo ci instilla senza requie pensieri di paura: attac-
co, difesa, rabbia, giudizi... Vuole convincerci che solo
I'ombra è reale, e che la luce è illusoria: Tizio è dawero w
cretino! Senza dubbio è tutta colpa di Caio... Oppure, spe-
cularmente: Sono dawero un cretino! Senza dubblo è tutta
colpa mia!
In definitiva, caricarsi tutta la colpa sulle proprie spalle
non meno blasfemo che proiettarla solo sul prossimo.
è
Il vero perdonoconsiste nel comprendere che non c'è
nessun vero colpevole: agli occhi di Dio siamo tutti inno-
centi. Uunica cosa reale è la nostra luce, non l'ombra.

oNon resistere all'amore,

Il Buddha ha raggiunto I'illuminazione sotto I'albero


della Bodhi, mostrandoci la via della compassione; Mosè ha
toccato le acque aprendovi un varco per il suo popolo; Ge-
sù è risorto vincendo la morte. Potremmo aspettarci che
questi episodi vengano presi più sul serio, nel senso che do-
vremmo aprire il cuore, separare le acque di un qualche
oceano personale o consentirci di superare le illusioni che
ci affliggono.

256
Sebbene invece miliardi di anime professino la loro ap-
partenenza a una delle grandi religioni, c'è un salto evolu-
tivo che apparentemente I'umanità non è ancora stata in
grado di compiere. Siamo tuttora intrappolati nell'oscurità,
malgrado la luce e i messaggi
d'amore che ci hanno rag- <<Non è ls nostra oscuritù,
giunto nel corso della nostra ma la nostro luce che píù
storia.I grandi maestri illumi- cí spoventa.t
nati,le guide spirituali, da un
punto di vista evolutivo possono essere considerati i nostri
fratelli e sorelle maggiori, esseri che hanno saputo realizza-
re la luce divina che risiede in ciascuno di noi. Ogni religio-
ne è una via d'accesso a quella luce, la cui porta però rima-
ne fin troppo spesso chiusa.
Per quale motivo? Perché, viste le sofferenze che c'impo-
ne I'ombra, non facciamo dawero del nostro meglio per
abbracciare la luce?
Nel mio libro Ritorno all'amore c'è un passaggio che pa-
re abbia toccato le corde dell'anima di molte f.rrorr.. In
particolare, vi compare una frase che penso rappresenti la
risposta più corretta alla nostra questione: <Non è la nostra
oscurità, ma la nostra luce che più ci spaventa>.
Per parecchi lettori è stata una vera rivelazione. Se siamo
onesti con noi stessi, infatti, ci rendiamo conto che il nostro
problema non è tanto la prigionia dettata dall'ombra, ma il
rifiuto della luce,la resistenza all'emergere del nostro Sé su-
periore. È finché non affrontiamo il problema direttamen-
te,lo schema del rifiuto non viene né compreso, né messo
in discussione. Ijunico modo in cui possiamo sfuggire al-
l'ombra consiste nel crescere e superarne i limiti, abbando-

257
nandola come faremmo con quei vecchi abiti consunti che
non ci vanno neppure più (in effetti, è proprio questa la na-
tura dell'ombra), fino a trasformarci nei giganti spirituali
che siamo destinati a essere.
Per quanto possa sembrarebizzarro, però,I'ombra ci of-
fre una certa sicurezza.Infatti, finché siamo deboli non
dobbiamo assumerci la responsabilità di essere forti. Finché
siamo immersi nell'oscurità nessuno verrà a chiederci di far
risplendere la nostra luce. Così, dal punto di vista emotivo
siamo abituati a evitare la luce,limitandoci ad aspettare che
cominci a brillare su di noi, mentre in realtà non può bril-
larc su di noi se non sta brillando in noi.
Da qualche parte, nel profondo del nostro animo, ne
siamo consapevoli. La nostra più grande paura non è quella
di non essere all'altezza della situazione, bensì di possedere un
potere infinito. Thnto a livello individuale quanto di specie,
stiamo per compiere un grande passo in avanti verso la luce
del nostro vero essere. Eppure continuiamo a esitare. persi-
no nel momento cruciale ci diciamo: Lo faccio o non lo
faccio? Come se dawero avessimo un'alternativa.
Ma che valide alternative abbiamo, in realtà? Se non de-
cidiamo di disintossicarci dall'alcol, ci aspetterà solo qual-
che malattia mortale. Se non ci abbandoniamo al perdono,
diventeremo semplicemente pitr duri e amareggiati. Se non
riusciremo a percepire la sacralità della natura, finiremo
per distruggere la Terra. Se non sapremo costruire la pace,
la guerra divamperà ovunque!
fombra riesce sempre a motivare i nostri comporta-
menti peggiori con un classico repertorio di motivazioni in-
sidiose e malsane: Bevi un altro bicchierino, che cosa vuoi

258
che ti Non dimenticare mai il male che quel tizio ti
faccia?
ha fatto. Al mondo ci saranno sempre i poveri. Non ti preoc_
cupare, il nostro pianeta se la caverà.
Per non parlare poi della frase piir adatta alla nostra epo_
ca: Non mi dirai che vorresti mostrarti tenero nei confronti
dei terroristi!
Invece accade qualcosa di magico quando diciamo di no
all'ombra: No, non voglio più essere debole. No, non voglio
più comportarmi come uno stupido. No, non voglio piu-es_
sere noto per i miei difetti. No, non voglio più sprecare il
mio talento. No, non voglio più sminuirmi e restarmene nel
mio angolino.
E c'è della magia anche quando impariamo a dire di sì:
Sì, sceglierò di amare, e ribadirò quella scelta ogni giorno.
Sì, mi dedicherò alla mia luce, e farò del mio meglio per
servirla. In una sorta di <matrimonio sacro> con I'amante
divino, non solo mi impegno a sviluppare le mie possibilita
e prospettive più elevate, ma cosa altrettanto importante
-
- rinuncio a tutto il resto. Certo, potrei lasciarmi andare al
cinismo. E owiamente potrei continuare a coltivare l,ama_
rezza,limitandomi a tirare avanti così. Ma il fatto è che scel-
go di fare diversamente.
Potremmo chiederci: Ma chi sono io per potermi reputare
tanto brillante, eccellente, talentuoso, straordinario? Beh, in
realtà perché non dovremmo esserlo? Siamo tuni
figli di Dio.
Sminuirci non gioverà in alcun modo al mondo. Non c,è nul_
la di illuminante nel chiuderci e ritirarci in modo che chi ci
circonda non debba sentirsi insicuro. siamo venuti al mondo
per manifestare la gloria di Dio che è in noi. E non soltanto in
qualcuno di noi, ma in tutti gli esseri umani, nessuno escluso.

259
Se facciamo risplendere la nostra luce, inconsciamente auto-
rizzeremo il prossimo a fare altrettanto. (Jna volta ffiancati
dalle nostre paure, la nostra presenza libererà automatica-
mente gli altri.
Abbiamo raggiunto il punto in cui l'umanità deve sce-
gliere quale direzione prendere: il sentiero della paura o
quello dell'amore? A seconda della nostra scelta, ci inoltre-
remo nell'oscurità o ci colmeremo di luce. E proviamo a
pensare dove può portarci il sentiero della paura: basterebbe
che I'aggressività raggiungesse un livello sufficientemente
alto da far esplodere qualche centinaio di testate atomiche
per riuscire finalmente ad appagare I'assoluta follia dell'om-
bra. Dopo ci resterebbe soltanto l'oscurità più assoluta.
Dove conduce invece il sentiero dell'amore? Riusciamo a
immaginare un mondo pieno d'afFetto, in cui i nostri occhi
fisici sono finalmente capaci di percepire tutta la sua luce?
Una volta ho fatto un sogno che non ho mai più dimen-
ticato. Entravo in quella che pareva la sala di un grande ri-
storante. Tutti i presenti si voltavano e salutavano entusia-
sticamente ogni nuovo arrivato. In mezzo al salone c'era
una gigantesca fontana zampillante, e la gente era comoda-
mente seduta lungo le pareti, in eleganti separé simili a
grandi cigni bianchi. Gli altri colori dell'arredamento erano
il blu, il verde e il turchese. Tutti i convitati erano presi a
chiacchierare allegramente tra loro, nell'atmosfera più feli-
ce che abbia mai potuto immaginare.
Quando mi sono svegliata, il mio primo pensiero è stato
che doveva trattarsi del paradiso. Ho continuato a pensarlo
finché non ho letto un passaggio di (Jn corso in miracoli: <Il
cielo e laterra scompariranno), nel senso che non si trat-

260
terà più di due condizioni distinte. euindi quel sogno era
una manifestazione di come potrebbe essere in futuro la
Terra, non il paradiso. Vivremo su questo pianeta, proprio
come hanno fatto le grandi guide spirituali del passato, e
seguendo alla perfezione il loro esempio, conosceremo sol-
tanto pensieri colmi di luce. Vivremo su questa Terra, speri-
mentando la gioia del paradiso. La nostra realtà attuale è
satura di paura, ma la nostra luce interiore risplenderà tan-
to intensamente da dissipare qualsiasi forma d'oscurità.
Sono certa che la maggior parte di noi si è convinta, nel
profondo del proprio ani-
mo, che I'umanità possa Nel momento stesso ín cuí
dawero risollevarsi e tirare ognuno dí noí sceglíe l,amore
fuori il meglio di sé. Sì,pos- anzíché Ia pouro, contríbuísce
siamo rcalizzare il nostro a quella nuova gronde ondo
potenziale divino; possiamo d'omore che sta gíà
abbracciare appassionata- comíncíondo a dìffondersí
mente la luce e liberarci per ín futto íl mondo,
sempre dall'ombrai possia-
mo trasformarci in una specie dalla coscienza talmente lu-
minosa che la nostra sola presenza sarà sufficiente a scac-
ciare ogni tenebra.
Possiamo riuscirci! Non è soltanto un sogno. Nel mo-
mento stesso in cui ognuno di noi sceglie I'amore anziche
la paura, contribuisce a quella nuova grande onda d'amore
che sta già cominciando a diffondersi in tutto il mondo. È
venuta I'ora di risvegliarci, dobbiamo farlo per la salvezza
di chi è appena nato, per far rifiorire l'amore, per la gloria
della natura e la meraviglia degli animali, per la misericor-
dia divina e le future generazioni, per onorare l,alba e pre-
servare il tramonto. È ora di farlo!

26r
The Shadow Effect: il test

<Solo quando abbiamo il coraggio di affrontare


Ie cose per quello che sono, riiuncianàó all'au_
toinganno e alle illusioni, dagli eventi scaturirA
una luce che ci consentirà di riconoscere il sen_
tiero da percorrere.>
I Ching

l. Per quanto tempo ti sei impegnato continuativamente su


qualcosa di specifico circa la tua carriera, la tua salute, le
tue
ftnanze o le tue relazioni più intime?

A. Meno di dodici mesi.


B. Da uno a tre anni.
C. Più di cinque anni.
D. Più di dieci anni.

2. Negliultimi dodici mesi quante vorte hai perso qualcosa di


importante, preso una multa, avuto un incidente o distrut_
to qualcosa di valore?

A. Mai.
B. Una o due volte.
C. Più di cinque volte.
D. Più di dieci volte.

3. Quanto spesso ti senti falso, inautentico o awerti che devi


fare un grande sforzo affinché la gente ti percepisca in un
certo modo?

A. Sempre.
B. Di tanto in tanto.
C. Quasi mai.
D. Mai.

4. Se ai tuoi amici, colleghi o famigliari venisse chiesto con


quale frequenza ti lamenti, che cosa risponderebbero?

A. Raramente o mai.
B. Forse una volta al giorno.
C. Spesso.
D. Continuamente.

5" Negli ultimi dodici mesi quante volte hai detto o fatto qual-
cosa di cui poi ti sei pentito, immediatamente o dopo un
certo periodo di tempo?

A. Mai.
B. Una o due volte.
C. Più di cinque volte.
D. Più di dieci volte.

6. Quando riesci a realizzare un tuo obiettivo personale (rag-


giungere il peso forma ideale, saldare i debiti, riordinare la
casa o I'ufficio eccetera), quale delle seguenti emozioni sei
solito sperimentare?

264
A. Ti senti sollevato per avercela fatta, ma ti mantieni guar_
dingo perché non vuoi ricadere nelle vecchie abitudini.
B. Ti senti autorizzato a concederti una ricompensa perché
hai fatto dawero un buon lavoro.
C. Il tuo successo ti ispira, e sei determinato a continuare
sulla stessa strada.
D. Ti senti seccato all'idea di avere dovuto faticare tanto.

7. Quanto spesso ti senti inadeguato, non abbastanza


bravo,
non amato o indegno?

A. Continuamente.
B. Di tanto in tanto.
C. Quasi mai.
D. Mai.

8. Su una scala da I a 10, in che misura sei propenso a dire ciò


che pensi dawero, anche se è in contrasto con le opinioni
altrui?

A. 8-10: dire ciò che penso è per me una priorità assoluta.


8.5-7: lo faccio nella maggior parte delle situazioni.
C. 3-5: espongo le mie idee solo saltuariamente.
D.I-2: non lo faccio quasi mai.

9. In questo preciso istante qual è il principale obiettivo dena


tua vita?

A. Progredire a livello professionale, migliorare le mie con_


dizioni di salute, consolidare la mia situazione econo_
mica, approfondire le mie relazioni interpersonali.

265
B. Occuparmi delle tensioni nelle mie relazioni interperso_
nali, owero (gettare acqua sul fuoco> a casa e al lavoro.
C. Compiere progressi significativi verso i miei obiettivi
entro un ragionevole periodo di tempo.
D. Cercare di prevenire o evitare i disastri che potrebbero
colpire le mie frnanze,le mie relazioni interpersonali,la
salute o la carriera.

10. In quale percentuale del tuo tempo riesci a tenere fede alla
tua parola e a mantenere i tuoi buoni propositi nei con_
fronti sia di te stesso, sia degli altri?

A. Meno del 10 per cento.


B. Meno del25 per cento.
C. Circa la metà del tempo.
D. La maggior parte del tempo.

ll. Quanto del tuo tempo dedichi ogni giorno al pettegolez_


zo, che si tratti di tagliare i panni addosso a qualcuno che
conosci oppure leggere riviste o guardare spettacoli televi_
sivi scandalistici?

A. Non lo faccio mai.


B. Meno di un'ora al giorno.
C. Più di un'ora al giorno.
D. Più di tre ore al giorno.

12. Quale delle seguenti affermazioni ti sembra più adatta per


descrivere la tua vita?
A. Nella maggior parte del tempo tutto fila per il verso giu_
sto.
B. Ho molte capacità e doni, ma non riesco a sfruttarli ap_.
pieno.
C. La sfortuna mi perseguita e devo affrontare un proble_
ma dopo I'altro.
D. Devo mettercela tutta per riuscire a mantenere lo status
quo.

13. Quanto tempo al giorno dedichi ai tuoi obiettivi proget-


e
ti a lungo termine?

A. Nemmeno un attimo.
B. Meno di venti minuti.
C. Un'ora.
D. Non ho nessun obiettivo a lungo termine.

14. Quanto spesso di senti maltrattato, incompreso o


sfruttato
sia nella vita personale, sia in quella professionale?

A. Ogni giorno.
B. Frequentemente.
C. Di tanto in tanto.
D. Raramente o mai.

15. Se qualcuno ti chiede di fare qualcosa che non t,interessa,


normalmente come ti comporti?

A. Dici di no e ti senti la coscienza a posto.


B. Dici di no, ma ti senti in colpa.
C. Dici di sì, però poi non mantieni la parola.

267
D. Dici di sì e fai ciò che ti è stato chiesto, ma provi risenti-
mento.

16. Immagina che la tua vita sia una casa con molte stanze, al-
cune delle quali ti piacciono mentre di altre ti vergogni. A
quante persone concederesti di visitare tutte quelle stanze?

A. A nessuno.
B. Solo a qualcuno che conta dawero per me: il mio part-
ner, un amico intimo, un genitore...
C. Solo a un gruppetto di persone che mi conoscono mol-
to bene.
D. Alle tante persone che mi conoscono a fondo.

17. Quando ti senti ferito da qualcuno o qualcosa, di solito


come reagisci?

A. Me lo tengo per me.


B. Ci medito su, perdono e passo oltre.
C. Affronto la situazione a muso duro.
D. Ne parlo con tutti, ma non con la persona che ritengo
responsabile.

18. Quando hai un'idea o scatta una molla che ti spinge a mi-
gliorare in qualche aspetto della tua vita, come reagisci?

A. La ignoro completamente.
B. Faccio qualche passo in quella direzione, ma è raro che
riesca a raggiungere l'obiettivo finale.
C. Mi dico che uno di questi giorni ci metterò mano.

268
D. Creo intorno a me una struttura di sostegno,
così da es_
sere certo che finirò per darmi da fare.

19. L ultima volta cheti sei ritrovato inaspettatamente ad ave-


re un po' di tempo libero, come ne hai approfittato?

A. L ho sprecato sfogliando cataloghi, cercando


qualcosa
da comprare, guardando la TV o navigando su Internet.
B. Mi sono servito di quell,occasione per
fare progressi in
qualcosa che mi sta a cuore.
C. Mi sono rilassato e ricaricato, facendo un pisolino, me_
ditando o leggendo.
D. La mia vita è talmente frenetica che non riesco
neppure
a ricordare che mi sia mai capitata un,occasion.
a-e-t g._
nere!

20. Quando ti rendi conto di avere commesso


un errore, di so_
lito come reagisci?

A. Mi dimostro compassionevole verso me stesso e decido


che in futuro mi comporterò diversamente.
B. Considero le cose nella giusta prospettiva,
senza dimen-
ticare che ho anche fatto qualcosa di buono.
C. Precipito in una spirale di spietata autocritica.
D.Interpreto il mio passo falso come una prova chiara
del_
la mia incapacità, ed evito di fare altritentativi del
ge_
nere.

269
Come calcolare il punteggio
Traccia un cerchio intorno alla risposta che hai fornito alle
diverse domande.

Domanila I Domanda 11
A=1,B=3,C=5,D=g A=0,8=3,C=5,D=g
Domanda2 Domanda 12
A=l,B=3,C=5,D=8 A=0,B=3,C=5,D=3
Domanda i Domanda 13
A=5,B=3,C=1,D=0 A=5,B=3,C=0,D=5
Domanda4 Domanda 14
A=0,B=l,C=3,D=J A=5,B=3,C=l,D=Q
Domanda 5 Domanda 15
A=0,B=1,C=3,D=g A=0,B=3,C=3,D=5
Domanda6 Domanda 16
A=0,B=5,C=0,D=3 A=5,B=3,C=1,D=0
DomandaT Domanda 17
A=5,8=3,C=1,D=Q A=5,B=0,C=1,D=5
DomandaS Domanda 18
A=0,B=1,C=3,D=J A=5,8=3,C=3,D=0
Domanda9 Domanda 19
A=0,B =3,C= 0,D=J A=5,B=0,C=0,D=J
Domanda 10 Domanda 20
A=8,8=5,C=3,D=l A=0,8=0,C=5,D=5
Punteggio totale =
(Da calcolare sommando i singoli punteggi
ottenuti.)

E adesso scopri in che misura l,Effetto Ombra sta interfe_


rendo con la tua vita.

Ual utazîone de I l'Effetto 0m bra

Punteggio da 3 a 37 punti. Ti trovi in una condizione


neu_
trale, cioè sei libero (almeno per il momento) da buona
parte
delle convinzioni e ferite interiori che generano i compàrta_
menti distruttivi tipici dell'ombra. Godi di una profonda
a,r-
tostima, e le tue azioni rispecchiano i tuoi valoii, quindi
hai
ottime probabilità di progredire in fretta verso la rearizzazione
dei tuoi obiettivi a lungo termine. continua a volerti
bene e a
prestarti ascolto.

Punteggio iln 38 a 25. Forse in questo preciso istante non


stai sperimentando tutto il peso den'ombra e il suo
effetto sul-
la tua vita è relativo, ma con ogni probabilità stai facendo
no-
tevoli sforzi per reprimere e nascondere tratti personali
e
aspetti della tua vita che non ti piacciono. L energia
di cui ti
stai servendo per evitare che le cose sfuggano al tuo
controllo
- al lavoro, a casa o relativamente alla tua salute e al tuo be_
nessere - potrebbero trovare migliore applicazione
se indiriz_
zate alla realizzazione dei tuoi obiettivi e desideri.

Punteggio da 76 a II2. I casi sono due: o stai dedicando


un mare di tempo ed energie al tentativo di manipolare
l,opi-
nione degli altri sul tuo conto, o sei profondamente rassegna_

271
to circa le condizioni della tua esistenza. È questa la pressione
dell'ombra, che ti parali zza e ti impedisce di intrapr".rdere le
necessarie misure correttive. Se non riuscirai a porgli freno, il
caos interiore che stai sperimentando potrebbe portarti dritto
filato alla catastrofe. Le buone nuove sono che qualsiasi forma
di autosabotaggio rappresenta un'opportunità di riscoprire
ciò che conta realmente per te. Apri il tuo cuore, esplora la tua
ombra, e comincerai a capire in che modo il tuo profondo do-
lore, una volta smaltito e compreso, è destinato a condurti alla
realizzazione delle tue migliori potenzialità

Quello sull'ombra è un lavoro da guerrieri del cuore. Se ti


senti pronto a sperimentare più amore, pace, soddisfazione e
successo, visita il nostro sito web: TheShadowEffect.com
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