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Conferenza Episcopale Italiana

2024

In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano,


caduto in terra, non muore, rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto
SUSSIDIO PER LA QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

Gv 12,24
Disegni in copertina realizzati da Mimmo Paladino per Conferenza Episcopale Italiana, Messale Romano, Fondazione
di Religione Santi Francesco d'A ssisi e Caterina da Siena, III edizione italiana, Roma, 2020.

Il disegno della sezione L'Arte dell'Includere è opera di Diego Samuele Barraco per la Conferenza Episcopale Italiana.
QUINTA DOMENICA DI QUARESIMA

17 marzo 2024
L'ARTE DEL CELEBRARE V Domenica di Quaresima

Monizione introduttiva
«Fammi giustizia, o Dio, difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo perfido e perverso. Tu sei il Dio della mia difesa» (V
Domenica di Quaresima, Antifona d’ingresso, MR, p. 108). Le parole del
salmista che aprono la celebrazione odierna ci introducono nel mistero
della Pasqua di morte e risurrezione ormai vicina.
Oggi la liturgia annuncia il giorno di un’Alleanza nuova ed eterna che
trova compimento nel sacrificio sulla croce del Figlio unigenito del Padre.
Nel suo sangue siamo purificati e la legge d’amore di Dio non è più scritta
su tavole di pietra, ma è impressa in un cuore di carne.

Indicazioni liturgiche
• La Croce è un segno centrale anche in questa quinta domenica di
Quaresima e la si potrebbe evidenziare nella processione d’ingresso.
• Per introdurre l’Atto penitenziale si può utilizzare il III formulario
introdotto dalla monizione: “Riconosciamoci tutti peccatori, …” (MR,
p. 312) e cantare i tropi qui riportati.
• Come orazione colletta si può usare la colletta alternativa per il
Tempo di Quaresima (V domenica B, MR, p. 1012).
• La Quaresima è un tempo liturgico dedicato all’ascolto della Parola di
Dio, è auspicabile che si canti il salmo responsoriale, l’acclamazione
al Vangelo, il saluto e la risposta del popolo al termine della
proclamazione.
• Per la professione di fede si può utilizzare il Simbolo “degli apostoli”
(MR, p. 323).
• In questa domenica si può scegliere la Preghiera Eucaristica IV che
evoca la storia della salvezza, fino alla nuova alleanza in Cristo e al
dono dello Spirito Santo.
• Nelle celebrazioni del Tempo di Quaresima, soprattutto in quelle delle
domeniche, si curi in modo particolare l’Anamnesi con la risposta

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V Domenica di Quaresima

“Tu ci hai redenti con la tua croce…” e le invocazioni che accompagnano


la frazione del pane “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo…”,
favorendo con il canto la partecipazione di tutta l’assemblea.
• Per la benedizione finale si raccomanda l’uso dell’Orazione sul
popolo (MR, p. 109).
• Se lo si ritiene opportuno, le assemblee liturgiche della Quaresima
possono sciogliersi nel silenzio.

Tropi per l’Atto penitenziale


• Signore, chicco di grano che morendo produce molto frutto,
Kyrie, eleison.

• Cristo, Figlio amato, che sei stato glorificato dal Padre,


Christe, eleison.

• Signore, servo obbediente, che dalla croce ci attiri tutti a te,


Kyrie, eleison.

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SALMO RESPONSORIALE (dal salmo 50) di Quaresima
V Domenica

V Domenica di Quaresima - anno B


salmo responsoriale (dal salmo 50)

 42  3 2
Ritornello

   4      4  
Cre a in me, o Di o, un cuo re pu ro.

 42     3
4      2
4  


Organo
     
2   
3   2
4 4 4 

   
Salmista

    
1. Pietà di me, o Dio, nel tu o a more; nella tua grande misericordia cancella la mia i ni qui tà.
2. Crea in me, o Dio, un cuo re puro, rinnova in me uno spi ri to saldo.
3. Rendimi la gioia della tua sal vezza, sostienimi con uno spirito ge ne roso.

        
 
   
Org.

 

        

1. Lavami tutto dalla mi a col pa, dal mio peccato ren di mi puro.
2. Non scacciarmi dalla tua pre sen za e non privarmi del tuo san to spirito.
3. Insegnerò ai ribelli le tue vi e e i peccatori a te ri tor ne ranno.

      
  

 
 
Org.
     

ULN-CEI
Sussidio Quaresima-Pasqua 2015

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L'ARTE DEL PREDICARE
V Domenica di Quaresima

«Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21). La richiesta dei Greci al discepolo


Filippo risuona nella liturgia di oggi, non solo come introduzione
all’autorivelazione di Gesù nel Vangelo proclamato, ma anche come
espressione del desiderio e della nostalgia che la Quaresima – oramai
prossima al suo culmine – ci porta ad alimentare. Vogliamo tornare a
vederlo quest’uomo che soffre, che prega, che lotta e che obbedisce per
amore. Vogliamo tornare a gustarla questa salvezza così diversa da ciò che
umanamente ci attendiamo, ma così attraente e pervasiva.

Un’alleanza nuova
La storia della salvezza è storia di alleanza, cioè di relazione intima
e profonda con Dio. Una comunione cercata costantemente da Dio, ma
spesso rifiutata dall’uomo. Il sogno di Dio è quello di essere “il loro Dio” e
che il popolo sia “il mio popolo”; è il sogno di una appartenenza reciproca,
assimilabile a quella che si instaura tra due che si amano totalmente. Ma
finché questo sogno rimane in balia di una mutua accettazione (l’alleanza
è un patto che entrambi i contraenti si impegnano a rispettare) esso
purtroppo conosce alterne realizzazioni. Perché se Dio è fedele, l’uomo
invece è incostante e spesso diviso in se stesso (con gli affetti, la ragione e
la volontà che seguono strade diverse).
I profeti (e oggi ascoltiamo il bellissimo testo di Ger 31,31-34) vagheggiano
una situazione diversa per gli ultimi tempi, quando l’alleanza penetrerà
stabilmente nell’intimo degli uomini, dando forma ai processi interiori (pensieri,
sentimenti, atti di volontà, ricordi e ragionamenti): «porrò la mia legge dentro
di loro, la scriverò sul loro cuore» (31,33). Non ci sarà più la possibilità di
un’osservanza solo formale oppure imposta della legge di Dio, ma essa
sgorgherà naturale dall’interiorità di ciascuno. «Non dovranno più istruirsi l’un
l’altro» (31,34): la conoscenza di Dio (che nella Bibbia ha sempre a che fare con
qualcosa di esperienziale ed intimo) sarà una realtà acquisita e diffusa. Non
sarà un imparaticcio o qualcosa di superficiale; ma un’esperienza profonda e
pervasiva resa possibile dal perdono delle infedeltà offerto da Dio.
È questa meravigliosa azione di grazia sull’interiorità degli uomini che
conferirà stabilità all’alleanza degli ultimi tempi, qui definita “nuova”.
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V Domenica di Quaresima

“Nuova” non significa che si tratta di qualcosa di discontinuo rispetto


all’alleanza antica (come può essere un nprodotto “nuovo” acquistato dopo
che il vecchio non era più adeguato): è lo stesso sogno di Dio che attraversa
tutta la storia. “Nuova” fa riferimento alla fedeltà Dio disposta a “rinnovarsi
continuamente” a favore dell’uomo; e negli ultimi tempi ciò accadrà in
modo “nuovo” poiché il perdono ancora offerto da Dio commuoverà
l’uomo a tal punto da operare una trasformazione interiore duratura.
L’alleanza degli ultimi tempi non avrà il sapore di un patto formale a cui
tenere fede, ma sarà questione di coscienza retta, di desiderio liberato, di
amore stabile.

Se muore, produce molto frutto


Il primo cristianesimo non ebbe alcun dubbio nel riconoscere che
l’eterna alleanza tra Dio e il suo popolo venne corroborata nel sangue di
Cristo, assumendo proprio le caratteristiche di “novità” cantate dai profeti.
Così, all’evento della Pasqua – descritto nel Vangelo di oggi (Gv 12,20-33)
ancora con il tipico vocabolario giovanneo dell’innalzamento – si lega un
frutto di adesione libera e intima: «quando sarò innalzato da terra, attirerò
tutti a me» (12,32). L’attrazione è cosa ben diversa da un consenso formale
o imposto; è questione di coscienza e di desiderio.
Il brano si colloca al termine della prima grande parte del quarto Vangelo
(il cosiddetto “libro dei segni”): qui culmina la rivelazione progressiva del
Messia. La richiesta dei Greci «vogliamo vedere Gesù» (12,21) suscita una
risposta strana da parte sua, a prima vista incongruente: «È venuta l’ora
che il Figlio dell’uomo sia glorificato» (12,23). Cerchiamo di comprenderne
il senso.
I Greci saliti alla festa erano i “timorati d Dio”, quei pagani che si erano
avvicinati al Dio di Israele, attirati dal comportamento delle comunità
ebraiche con cui erano venuti in contatto; avevano così iniziato anch’essi
ad attenersi alle norme morali più importanti e ora erano venuti – forse da
lontano – a Gerusalemme per celebrare la Pasqua. In fondo sarà proprio
attraverso queste persone che il vangelo si farà strada anche al di fuori del
popolo ebraico e tra i pagani.
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V Domenica di Quaresima

A questo punto forse capiamo perché Gesù risponde così, subito dopo
essere entrato per l’ultima volta e solennemente a Gerusalemme (non di
nascosto come altre volte). La risonanza che la risurrezione di Lazzaro
aveva avuto era enorme ed era già stato deciso che egli doveva morire
per il bene del popolo (cf. 11,50); Gesù coglie nell’interessamento da parte
dei Greci una specie di segnale: l’intuizione della propria fine. Tutto si sta
compiendo; davvero l’ora è giunta.
L’ora è quella della rivelazione piena di Dio. Gesù è giunto a quest’ora
perché il Padre glorifichi il suo nome (cf. 12,28), gli dia cioè “peso” (questo
significa in ebraico “gloria”), sostanza, evidenza. Il nome di Dio è la sua
misericordia e l’eterna sua fedeltà all’alleanza; ora questo suo nome sarà
glorificato, reso cioè evidente e manifesto.
C’è però, in questo momento solenne che prepara il racconto
della Pasqua, un clima emotivo di turbamento; c’è il volto di un
uomo dubbioso: «Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò?
Padre, salvami da quest’ora?» (12,27). Gesù infatti ha proposto un
volto di Dio inaspettato, nuovo (“nuovo” nel senso che andava al di
là dei piccoli e gretti schemi teologici umani del Dio che per forza
deve essere “potente”, “distaccato dall’uomo”, “giudice” severo e
imparziale, che sconfigge la morte eliminandola dal mondo, che rende
felici i giusti donando loro salute, ricchezza e benessere); ma molti dei
suoi contemporanei e soprattutto i potenti hanno preferito tenersi il
Dio severo e scostante, da riverire e corrompere con i sacrifici ma –
in ultima analisi – da non far entrare nelle dinamiche interiori e nei
dinamismi della coscienza. Gesù capiva bene che il momento della
rivelazione piena di Dio sembrava drammaticamente coincidere con il
fallimento della sua missione. Questo deve averlo fatto soffrire molto e
anche metterlo in dubbio circa le scelte da compiere.
«Che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora?»; si tratta di parole che
danno voce alla suprema tentazione di Gesù. Dal punto di vista umano,
la sua missione per quanto avesse conseguito qualche risultato (alcuni
lo avevano seguito con generosità, anche se la loro fede non sembrava
così solida) in realtà sembrava ben lontana da un esito decisivo. Eppure il
suo tempo era finito. Che fare? Lasciar perdere? Abbandonare l’uomo al
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V Domenica di Quaresima

suo destino? Nei dubbi di Gesù c’è la verità di un uomo combattuto nelle
scelte, esattamente come noi.
«Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!» (12,28). Gesù vede in
quel fallimento il rivelarsi pieno del volto di Dio, un rivelarsi che rispecchia
la logica del seme. È la logica meravigliosa della vita e dell’amore; quella
del dono che meglio di tutte rivela il volto di Dio: «...se il chicco di grano
caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto
frutto» (12,24). Non c’è nulla che possa parlare di Dio più del dono di sé! E
nel momento in cui Dio viene glorificato (cioè “rivelato nella sua sostanza
e nella sua evidenza”) si compie «il giudizio di questo mondo» (12,31): si
realizza cioè un discrimine tra chi si lascia commuovere e catturare da
questa misura assurda dell’amore che rivela il vero volto del Padre, e chi
invece resta chiuso dentro i propri schemini religiosi fatti di regole e di
compravendite, e preferisce mettere a tacere un Messia come questo.

Divenne causa di salvezza eterna per coloro che gli


obbediscono
Il chicco di grano caduto in terra non intravede la possibilità di un esito
positivo, ma sente solo il freddo e il buio. Quando si soffre, difficilmente
si vede la vita che scaturirà. Anche perché a volte essa scaturirà in modi
e tempi inaspettati e totalmente a noi indisponibili. Nel buio e nel freddo
della terra difficilmente si riesce a pensare a un Dio misericordioso. Gesù
stesso non è passato lontano da questa situazione; ha avuto paura, si è
sentito abbandonato. Anche lui non è andato incontro alla morte con il
sorriso sulle labbra e la sicurezza di chi ha tutte le certezze; anche lui è
andato con un atto di fede.
La seconda lettura (Eb 5,7-9) affronta il tema del dubbio di Gesù
sviluppando la tradizione sinottica del Getsemani: «offrì preghiere e
suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e,
per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito» (5,7). Quella notte Gesù
dovette obbedire; la morte non gli fu risparmiata e l’esaudimento di cui
parla il testo egli lo sperimentò solo nella sua risurrezione.

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V Domenica di Quaresima

Fu per Gesù una scuola di obbedienza: «imparò l’obbedienza da ciò


che patì» (5,8). Egli non abbandonò la propria fiducia profonda nel Padre,
nonostante la terribile esperienza di non sentirsi ascoltato. E così la sua
confidenza e la sua comunione col Padre assunsero i tratti dell’obbedienza.
In questo senso egli, il Figlio di Dio sottomesso al Padre, diventa «causa
di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (5,9). Fu infatti
questa esperienza estrema non risparmiata al Cristo a renderlo pienamente
solidale agli uomini; la sua incarnazione si compì pienamente nella sua
passione, quando egli percorse le lande più desolate e solitarie che un
uomo percorre. Ed è per questa condivisione profonda, imparata appunto
nei suoi patimenti, che egli può fungere da vero e perfetto “mediatore” tra
Dio e l’umanità.
Alle nostre fughe dalla realtà, ai nostri dinieghi di fronte ad una
sofferenza semplicemente da accogliere e riconoscere, alle nostre pretese
che il reale debba sempre essere rispondente all’idea che abbiamo in testa,
l’obbedienza imparata dal Cristo dice una parola chiara: obbedisci anche
tu! Obbedisci alla storia che stai vivendo, obbedisci alla responsabilità
che hai liberamente accolto, obbedisci alla Parola di Dio che non cessa di
istruirti anche nella prova.

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L'ARTE DELL'INCLUDEREV Domenica di Quaresima

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V Domenica di Quaresima

BRANO SEMPLIFICATO

Gv 12, 20-33

Alcune persone della Grecia erano venute a


Gerusalemme per la festa di Pasqua e chiedono a
Filippo di poter vedere Gesù.
Gesù dice alle persone: “Il chicco di grano cade a terra:
se non muore, resta solo. Se invece il chicco muore,
produce molto frutto. Chi ama solo se stesso perde la
vita eterna; chi ama la vita fino a donare la vita alle
persone conserva la vita eterna. Se vuoi essere mio
amico, seguimi, così conosci Dio Padre che ti ama
moltissimo. Per questo compito mi ha mandato nel
mondo”. Poi una voce dal cielo dice: ”Gesù è mio Figlio
e lo amo”. Tutte le persone sentono la voce che viene
dal cielo e alcune persone dicono che quella voce
assomiglia al suono del tuono, altre persone dicono
che è la voce di un angelo. Gesù dice: ”Quella voce è
arrivata per voi, perché sappiate che io devo morire
presto, ma poi risorgerò e salverò tutti gli uomini dalla
morte e dal peccato”.
Gesù è veramente risorto!

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V Domenica di Quaresima

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A cura dell’UFFICIO LITURGICO NAZIONALE
della Conferenza Episcopale Italiana

e con la collaborazione del Settore per l'Apostolato Biblico dell'Ufficio Catechistico Nazionale,
del Servizio per la Pastorale delle Persone con Disabilità
e Caritas Italiana

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