Sei sulla pagina 1di 3

TORNARE ALLA MISSIONE (non esistono missionari in pensione)

Con piú de 42 anni lontano dall’Italia, in piena diaspora misionaria prima in Uruguay e
adesso in Paraguay, sempre ricevo con piacere le notizie dalla Provincia madre.
Oltre ai ricordi del passato rimangono y vincoli di amicizia e di ringraziamento per quelli
che mano a mano ci precedono nella Patria definitiva.
Nell’último CUI leggo una propuesta, giá rieterada dal Provinciale, che invita a
participare con alcune rifessioni per questo nostro “Cor unum” Informazióni.
Un tema obligato per una Provincia missionaria, è constatare e riflettere sull
‘inesorabile riflusso dei missionari che, giá anziani, ammalati e forse un po’ stanchi
(pero contenti), tornano dalla missione, alla Provincia madre.
Ben lontano dal pensare que il problema sia quello di “dove li mettiamo”, o “cosa gli
facciamo fare”, ho intitolato questa riflessione; “Tornare ALLA Missione” e non
“Tornare DALLA missione”. Voglio spiegarmi a partire da alcune expressioni ben
conoscute:
1. L´Italia é terra di missione
Ottant'anni fa, in piena guerra mondiale e con gli invasori tedeschi in patria,
l'arcivescovo di Parigi, da poco nominato, Emmanuel Suhard, convocò l'assemblea dei
vescovi francesi e presentò loro il progetto della “Missione francese”. La famosa
domanda “La Francia è una terra di missione?” Aveva sconvolto allora (e continua
a sconvolgere oggi), non solo la Francia, ma anche l'Italia e tutti i grandi paesi
dell'antica cristianità.
Quando sono partito per la missione "ad gentes", rispondendo a una richiesta di
un'altra Chiesa più bisognosa di aiuto ministeriale, molti mi hanno detto: "Perché tu non
rimani, la missione è anche qui?". Sapevo che avevano ragione, ma la chiamata ad
andare oltre, mi sembrava più forte e urgente, anche se non escludevo la possibilitá
che una buona missione “oltremare”, sarebbe stata un buon passo anche per la
missione-madre, grazie a questa grande realtà di vasi comunicanti, di azione e
preghiera, che è la missione universale della Chiesa. Ci sono molti modi per svolgere
la missione.
Di fronte alla missione esplicita, si riconosce oggi la forza straordinaria di tanti
missionari che hanno svolto una missione latente. Soprattutto coloro che hanno
voluto servire la missione nella contemplazione e con la loro preghiera nascosta (Santa
Teresina), con una presenza nel silenzio nel cuore dell'Islam (fratel Carlo de Foucauld),
o del mondo indù e buddista. Missione di preghiera, di sacrificio, e di martirio, “seme di
nuovi cristiani" (Tertulliano).
Ho sempre saputo che la missione era anche quí in Italia peró mi piaceva inoltre
ricordare e ripetere a tutti il detto rabbinico “Lontano da chi, lontano da Dove?”

In ogni caso ammettevo ache la possibilitá che, un giorno o l’atro, chissá mi toccherá
ritornare e allora contnuerei in Italia, “tierra missione”, ad essere missionario, come il
Signore disponga, cioé secondo le mie possibilitá e secondo le necessitá y le esigenze
que la realtá e la sua volontá richiedono
2. La Missione é di tutti, e in diálogo con tutti.
La frattura epocale di questi últimi anni ha sconvolto ache i nostri schemi pastorali e ha
dato un nuovo impulso al mandato missionario. Oggi la "chiesa in uscita" è pronta a
scoprire nuovi itinerari missionari per i paesi dell'antica cristianità.
Il primo passo è il passaggio dalla Chiesa universale alla Chiesa locale come
soggetto primario della missione. Ovviamente la Chiesa universale, iniziata con gli
apostoli e che finirà solo con la fine della storia, ha un primato sul piano simbolico. Ma
è la chiesa locale, il luogo dove coloro che sono raggiunti dallo Spirito, sono inviati, e
“afferrati da Cristo” ne diventano ministri-servi, e ambascatori. Questa forte evidenza
della Chiesa locale, ci fa riconiscere come tutti siano missionari locali. Per i molti
missionari che rientrano da una esperieza di missione “ad gentes” non vale
domandarsi: che opera missionaria possiamo inventare per loro. Giá c’è la opera
missionaria della chiesa locale, che é lí per loro, e per tutti.
Una volta che lo Spirito di Dio raggiunge una persona, non è possibile vivere senza
annunciare la buona novella dell'amore di Dio, e proiettarsi verso l'esterno, verso gli
altri.
Per questo l'evangelizzazione implica necessariamente un cammino di Dialogo.
“Questo dialogo è in primo luogo una conversazione sulla vita umana. Così
impariamo ad accettare gli altri nel loro differente modo di essere, di pensare e di
esprimersi. Con questo metodo, potremo assumere insieme il dovere di servire la
giustizia e la pace, che dovrà diventare un criterio fondamentale di qualsiasi
interscambio ...mediante l’ascolto dell’altro, ambo le parti trovano purificazione e
arricchimento”. (EG 250)
Nel passato habbiam visto l'immagine della missione condizionata dalla cultura
europea, desiderosa di portare Cristo ma presentandolo all'interno dei quadri culturali
“occidentali”.
La visione biblica della missione afferma in modo contundente que la opera del Padre
que nos invia a todos los pueblos y culturas… è finalizzata a che tutti possano
reconoscere la sua paternidad. “Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all'Egitto e
come ho sollevato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se vorrete
ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra
tutti i popoli (inter gentes), perché mia è tutta la terra!”. (Ex 19,4-5)
3. Da una missione "ad gentes" a una missione "inter gentes"1
Dall'obiettivo della Plantatio Ecclesiae (Scuola di Lovania) siamo passati a un obiettivo
molto più ampio: la promozione dei valori del Regno di Dio. La chiesa, umile serva del
Regno, si pone non al servizio di se stessa, ma di qualcosa di superiore che lo
trascende. La chiesa "sussiste" nel Regno, ma non "è" il Regno. Se il Regno é il punto
di arrivo, che inmensa estemsione di seminagione aspetta nuovi e vecchi operai; che
diversita di missioni e nuovi ministeri (vedi per esempio con i rifugiati...)
Evangelii Nuntiandi, ha ampliato il concetto di cattolicità dal numerico (Chiesa per tutti
gli uomini) e dal geografico (Chiesa per tutte le nazioni) al qualitativo (Chiesa per tutti i
valori e tutte le culture). La missione intensiva che mira non tanto a percorrere il
mondo intero e a raggiungere il maggior numero di fedeli, ma a penetrare
profondamente nella vita e nella cultura di un popolo.
La missione “ad gentes” non ha mancato di assumere alcune volte, una certa
bellicosità nei confronti degli “infedeli”. Da qui quei metodi del “tabula rasa” che
consistevano nel partire da zero senza considerare la cultura delle popolazioni
autóctone. È interessante vedere come nei momenti di culmine della missione contro le
persone, ad esempio durante le Crociate, compaiano persone determinate ad agire la
missione inter gentes, non vedendo l'altro come nemico, ma come interlocutore
amichevole (San Francesco, disarmato, in dialogo con il Sultano musulmano).

1
MAÇANEIRO Marcial, Missio inter gentes: para uma evangelizaçao em diálogo e anúncio, Studia
Dehiniana 60, Roma 2015, pág. 135-152
Per i nostri giorni la sfida piú importante per l’annuncio del Regno no sono le posizioni
ideologiche o dogmatiche, bensí la piú radicale crisi provocata dai flussi migratori.
Nella sua visita a Bologna (quella del pranzo con tortellini in San Petronio 1-10-2017)
papa Francesco invitava a valorizzare il nuovo umanesimo delle iniciative di
integrazione e solidarietá con i migranti per “cercare soluzioni sapienti e lungimiranti ai
complessi problemi del nostro tempo, vedendoli sì come difficoltà, ma anche come
opportunità di crescita e di miglioramento. E questo che dico vale per l’Italia nel suo
insieme e per l’intera l’Europa”.
Per i missionari di America latina di Africa o Asia que ritornano in italia non sará difficile
incontrasi “fra la gente” originaria dei paesi dove hanno svolto la loro missione.
¿Sará possibile intraprendere un diálogo, un annuncio evangelico, o qualche iniziativa
d educativa o di integrazione...?
4. La Missione è per tutta la vita...

Como conclusione di queste riflessioni, riprendo le parole di Francesco: “ogni volta che
apriamo gli occhi per riconoscere l’altro, viene maggiormente illuminata la fede per
riconoscere Dio. Come conseguenza di ciò, se vogliamo crescere nella vita spirituale, non
possiamo rinunciare ad essere missionari”. (EG, 272)
Tutti siamo chiamati ad essere qualcuno, in relazione a qualcun’altro. Quando semplicemente
riconosciamo la presenza dell’altro accanto a noi come un “regalo” recíproco, siamo pronti ad
essere “missionari a vita”: siamo un dono per l'altro e consideriamo l'altro come un dono per
noi stessi.
“La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso
togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. È qualcosa che non posso
sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e
per questo mi trovo in questo mondo”. (EG 273)
Per questo possiamo dire che non esistono missionari in pensione.
La Missio Dei, fin dalle prime págine della Bibblia é Missio Vitae y nos corrisponde realizarla
durante toda la vida. Feliz año nuevo 2022.

p. Gian Quinto Regazzóni scj.


missionario in Paraguay

Potrebbero piacerti anche