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QUARTA SEZIONE IL «SIGLO DE ORO» SPAGNOLO Con sant’Ignazio, santa Teresa d’ Avila e san Giovanni della Croce, Pantropologia entra con forza nella teologia spirituale. Anzi, molti considerano le loro dottrine vere elaborazioni psi- cologiche che presentano una concezione dell’uomo in quanto soggetto della vita nello Spirito. Cid non toglie, perd, che per i nostri Autori J’antropologia spirituale debba tener conto di dati teologici: se la nozione di «immagine di Dio» non appare pit: centrale, la considerazione della condizione storica dell’u0mo, in quanto peccatore, incide profondamente sulle varie presentazioni concrete dell’ uomo spi- rituale. Con sant’Ignazio di Loyola, la spiritualita acquista una di- mensione totalizzante: gli Fserciz?, in particolare, che fanno ri- percorrere all’esercitante tutto il mistero della salvezza in Cri- sto e al tempo stesso si presentano come un’esperienza spiri- tuale molto elaborata, hanno portato alla presentazione di un’an- tropologia cristiana ricchissima. P, RUIZ-JURADO la presen- ta sotto diversi aspetti, i quali manifestano una dimensione di- namica: sia dell’uomo quale composto di corpo ed anima, sia dal punto di vista della conoscenza o dell’affettivita, oppure della dimensione operativa. In una breve comunicazione, poi, P. Joan SEGARRA indica le concordanze fra la spiritualita ignaziana degli Esercizi e la dot- trina dei grandi maestri del Carmelo: san Giovanni della Croce 237 e santa Teresa d’Avila. La stessa dinamica spirituale viene in- terpretata in modi’ diversi. P, STEGGINK esamina uno degli aspetti pit profondi e de- icati del rapporto fra psicologia e mistica in santa Teresa d’A- vila: in quale misura l’affettivita wmana, e particolatmente quella fondata sulla sessualita, entra nell’esperienza mistica? E reci- procamente: in quale misura Ja mistica trasforma l’affettivita umana e lo stesso rapporto di amicizia-amote fra uome é don- na? La risposta permette di superare la dicotomia presupposta da molti fra amore umano corporale e amore divino, o la ridu- zione fatta da altri del secondo al primo. Occupando un posto di primo piano, san Giovanni della Croce ci offre una dottrina mistica completa basata sulla nozione di unione a Dio che porta alla trasformazione dell’uomo. Si tratta dunque di un’antropologia mistica nel senso pieno del termine. Per metterla in luce, P. Federico RUIZ ne studia un aspetto fondamentale, quello della riconciliazione: riconciliazione ge- nerale mediante il nuovo rapporto che si instaura con le Perso- ne divine; riabilitazione totale dell’uomo che si mette tutt’in- tero al servizio di Dio; infine, ed @ segno dell’avvenuta totale trasformazione, coinvolgimento della sensibilita nel processo d’integrazione spirituale per cui anch’essa ritrova Ja sua digni- ta di essere strumento dell’unione con Dio. Uno degli aspetti pit delicati della dottrina spirituale di san Giovanni della Croce riguarda il ruolo della memoria nella tra- sformazione spirituale: bisogna infatti purificare la memoria da tante immagini e ricordi che distraggono l’attenzione dal!’ uni- co e vero bene: Dio. In realta, alla fine del processo di purifica- zione, il vuoto della memoria provocato da tale purificazione delle immagini ¢ dei ricordi concreti, anche spirituali, viene col- mato dalla presenza di Dio posseduto in speranza. Il ricordo hon é pid sforzo né evocazione del passato; @ la presenza del bene supremo ¢ in tal modo, secondo la precisa esposizione di P. PACHO, prende fine la tensione dialettica fra memoria ¢ speranza, . 238 L’ANTROPOLOGIA DI SANTIGNAZIO DI LOYOLA Manuel Ruiz-Jurado sj 1, Presentazione del problema Che sant’Tgnazio sia stato un grande conoscitore degli uomi- ni lo affermano i suoi contemporanei e biografi!. Questa cono- scenza patrebbe perd essere stata effetto di un progredito sen- so comune, o di un’acuta capacita intuitiva, sviluppata dalla sua educazione cortigiana, dai suoi multiformi contatti sociali ¢ dai suoi viaggi attraverso terre tanto diverse. In realtA, essa @ do- vuta molto di pit alla sua immensa capacita di riflessione sulla sua ricca e straordinaria esperienza interiore, ilaminata da un innegabile carisma di discernimento degli spiriti. Se non ci fosse altro, il mid compito sarebbe difficile, anche volessi tentare solamente di trovare una determinata antropo- logia pratica nella sua vita e nei suoi scritti, E anche vero che sant’Ignazio non ha inteso strutturare sistematicamente un trat- tato di antropologia, e nemmeno una descrizione antropologica pit o meno completa. D’altra parte, non lo hanno preteso esptes- samente nelle loro opere nemmeno molti altri maestri spirituali che vengono studiati ai nostri giorni. Tuttavia sant’Ignazio ci ha lasciato, ben sottolineati nei suoi scritti, gli elementi che ci permettono di scoprire tutta una concezione antropologica che serve di base alla sua applicazione sistematica sia nella vita spi- rituale personale sia nella direzione spirituale o formazione cri- stiana degli altri. 1 Cosi Polanco: MI(= Monumenta Ignatiane), Fond. narr., I, 156-157; R. Garcta- Villoslada, San Ignacio de Loyola, Nueva biografiz, Madrid 1986, pp. 545-567; Luis Gon- calves, MI, Font, nam, 1, 579ss. 239 Cercherd qui di presentare questa concezione nei due aspet- ti, analitico e sintetico, Entrambi offrono una cetta originalita, benché sostanzialmente siano basati sulla tradizione agostinia- na, assimilata attraverso l’aristotelismo tomista, con |’apporto spirituale della pieta cistercense e francescana € con un contri- buto strutturante preso dalla «devotio moderna», insieme al mi- glior esempio di piet& illuminata del Quattrocento rappresen- tato da Gerson. Fino ad ora non é stata tentata una presentazione pid o me- no completa di questo tipo che comprendesse l’insieme della vita e dell’opera ignaziana. Nel petiodo precedente al concilio Vati- cano II, gli sforzi si applicarono piuttosto alla conoscenza del conttibuto ignaziano alla psicologia, concentrandosi quasi esclu- sivamente sullo studio degli Esercizi come testo ¢ come meto- do. L’articolo di B. Bravo, Verso un’antropologia ignaziana’, cetca da un lato di dimostrare che la spiritualita degli Esercizi di sant’ Ignazio & basata sulle qualit’ psicologiche umane e dal- Valtro di difenderla da uno psicologismo che non rispetti suffi- cientemente il primato e l’iniziativa della grazia. Il lavoro pid significativo di quel petiodo & forse quello di Lautico Garcia, L’xomo spirituale secondo sant’Ignazio (Razén y fe, Madrid 1961). Nel suo insieme, presenta una visione dell’antropologia religio- sa ignaziana entro i parametri limitati del suo tempo, e illustra «quale fu l’uso pratico che sant’Ignazio fece delle facolta natu- rali dell’uomo nel suo sistema e metodo di formazione spiritua- le» (p. 14), Si basa anche soprattutto sugli Eserciz?, con alcuni suggerimenti fondati su taluni passi delle Costituzioni della Com- pagnia di Gesi e poco pit. Avrebbe potuto sfruttare di pit le valide analisi diJ. Calveras nel suo libro Quade frntto si deve co- gliere dagli Esercizi (Barcelona 1941). In tempi pid recenti sono state fatte diverse analisi di aspetti parziali, come quelle di Boisset e Cordonnier, rispettivamente nei Cabiers de spiritualité ignatienne e in Christus, a proposito del corpo negli Esercizi?, ancora, quella di D. Bertrand sulla sessua- lita e la monografia dedicata dai Cabiers de spiritualité ignatien- nea La personne humaine dans Vexpérience des Exercices‘, che 2 Manresa 24 (1952) 213-221. 3 Quand la priéve prend corps in Cab. Spit. Ign, 8 (1984) 9-27; La place du comps dans la spiritualité de Ss. Ignace im Christus, 35 (1988) 308-519. 4 Suppléments, 11 (mars 1982). 240 apre delle prospettive verso un’antropologia transculturale igna- ziana. In questo studio F. Evain mostra come sant’ Ignazio avvi- cini ’'uomo in quanto persona la quale, attraverso la riflessione, Vinteriorizzazione e l’espetienza spirituale, scopre quello che ha in comune con ogni uomo nel sua stare di fronte 2 Dio (pp. 58-61). Vi & stato qualche altro tentativo di maggior respiro, come quello di Franz Meures in Korrespondenz zur Spiritualitat der Exerzitien® che, nel suo studio sull’ignaziano liberarsi dalle af- fezioni disordinate, tiene conto della psicologia dinamica. Un altro quello della tesi di C. Kozlowski alla Pontificia Univer- sith Gregoriana (1980), che studia le analogie della teoria di Dabrowski sulla disintegrazione positiva con il processo degli Esercizi e scopre alcune possibili applicazioni nella maniera di darli, E specialmente quello della voluminosa tesi presentata nella Universita di Louvain la Neuve (1984) da M. Verheecke, L'i#- néraire du chrétien d’aprés les Exercices Spirituels d’Ignace de Loyola et ses présupposés anthropologiques. Quest’ ultima dimostra un’ a- cuta penetrazione del processo spirituale che l’esercitante deve seguire e dedica la sua attenzione ad alcune delle sue conseguenze antropologiche. Tl titolo del mio contributo richiede una presentazione glo- bale. Tuttavia, alcuni temi verranno unicamente enunciati. Per la concisione cui sono costretto dai limiti di questo lavoro, mi adatterd ad offrire un riassunto strutturato della concezione ana- litica del’ ume sulla quale sant’Ignazio basa la sua pedagogia spirituale, ¢ un altro della sua proiezione sintetica dell'uomo nel- lo spazio storico, mettendo in risalto solo alcuni elementi che mi sembrano pit significativi o caratteristici o pid necessari per comprendere [’insieme del suo contributo antropologico. 2. Tl composto umano strutturato questo, pit 5 Sich freinzachen von allen ungeordneten Anhanglichkeiten. Bin interdisxiplindr Bei- trag zur Anthropologie der ignatianischen Bxeritien in KSpEx 35 {1985} 2-69. 6 Esercit ‘Spiritual: di S, Ignazio alla luce della teoria delle disintegrazione positiva di K. Dabrowski. : 241 tatto diretto col platonismo o con l’agostinismo. La sua una concezione gerarchica. Ritiene che per un’ attivitd corretta, se- condo la regola suprema di ogni ordine che é la santissima vo- lonta divina, @ necessario subordinare le parti inferiori a quelle superiori, e queste sottometterle all’influsso della grazia di Dio. Questi, con la legge interiore della carita ¢ dell’amore che lo Spirito Santo iscrive e imprime nei cuori mediante le sue ispi- razioni e mozioni, deve guidare Puomo nell’azione, in quanto legge suprema che non sara mai in contraddizione con quelle leggi che per autoritd divina vengono emanate a livelli inferiori. ‘La tensione dell'uomo si radica nel suointimo, a causa della sua inclinazione al disordine; ed ¢ fomentata anche dal di fuo- ri, per il fatto che egli @ sottomesso agli effetti provocati in lui dai suoi affetti, eccitati attraverso le porte dei suoi sensi (ester- ni o interni) o delle sue facolta) oltre che dall’azione dei diversi spiriti. Sant’ Ignazio distingue nel composto umano, per cid che si riferisce alle «parti inferiori» o «corpo corruttibile» dell’10- mo: la carne € le ossa, i moti spontanei, il sesso ¢ i sensi corpo- rei. In questa parte carnale del composto umano si sperimenta il dolore o il piacere, la fame, la sete, la fatica, gli appetiti dei sensi o del sesso («la carne», ES 85)’: tutto cid viene designa- to con if termine «sensualita». In questa distinzione antropolo- gica ignaziana non emergono né interessano tanto le sue anali- si, quanto lorientamento globale della subordinazione dell’ in- feriore al superiore e la sua lucida applicazione all’ascesi e alla spiritualit’ in generale. Non solo sant’Ignazio ritiene che le operazioni dei sensi ¢ la asensualita» tutta si devono subordinare alle parti superiori (I’a- nima ¢ le sue operazioni specifiche), ma che si pud agire contro la sensualita (¢ a wolte si deve) per fini superiori: dominarla e farle servire lo Spirito (ES 83-89). Egli distingue due situazioni diverse. Una é quando con la ragione € la luce di Dio si avverte «qualche movimento della sensualita o parte sensibile contro la volonta divina in modo tale che vi sia peccato». Allora: «...re- primetelo con timore e amore di Dio; e questo é ben fatto, an- che se ne seguissero debolezza e dolore al corpo; che non si de- ve far peccato alcuno sotto nessun riguardo». L’altra ¢ «quan- do desiderate qualche sollievo o cosa lecita, in cui non c’& pec- 7 Cir. MI, Epp. 1, 108. 242 cato alcuno, ma per desiderio di mortificazione ¢ di croce ci si nega quello che si desidera. Questo secondo tipo di repressione non 4 tutti né sempre & conveniente, anzié a volte maggior me- rito, per poter rimanere a lungo con forza nel servizio divino, qualche onesto sollievo dei sensi anziché reprimerlo... EZ que- sto, benché abbiate !’intenzione di camminare pet la via pit per- fetta e accetta a Dio»®. Anzi, si potrebbe dire con mentalita ignaziana, precisamente per questo. Lungi dal disprezzare il corpo, sant’Ignazio é uno dei santi che pitt lo ha tenuto in considerazione nel suo insegnamento, pet uh maggior servizio divino: «La mente — scrisse a san Fran- cesco Borgia — essendo sana in corpore sano, tutto sara pil sa- no e pitt disposto per un maggior servizio di Dios’. I! corpo pud essere castigato, 2 anche bene a volte privarlo del conve- niente (ES 83-87), perché si sottometta e aiuti lo spirito, o per- ché tutto ’uomo si unisca alla passione redentrice di Cristo. Tut- tavia é il tempio vivo di Dio che bisogna curate e rispettare de- bitamente e mantenere in forma per il servizio di Dio. Casti- garlo o maltrattarlo eccessivamente satebbe colpevole e sacrile- go". Lo dobbiamo amare, «nella misura in cui obbedisce e aiu- ta l’anima, ¢ questa, con tale aiuto e obbedienza, si dispone me- glio al servizio ¢ lode del nostro Signore ¢ Creatore >. La stessa sensualiti, o parte sensibile dell’anima, non é uma- na, se non in quanto & in rapporto con la parte superiore e spi- tituale dell’uomo, nel suo destino globale. E Ja parte superiore, spirituale, a dover effettuare quella operazione di subordina- zione di cui abbiamo parlato, custodendo «le porte dei sensi, specialmente gli occhi, le orecchie e la lingua, da ogni disordi- ne» (Cost., n, 250). I sensi sono concepiti come porte dell’ani- maa attraverso le quali pud entrare i] disordine. L’uso ordinato di essi, la loro custodia, aiutera a «mantenersi nella pace e nella vera umilta» dell’anima (ibid.). Ma i sensi e gli organi corporali autonomi sono anche stru- menti di espressione dell’anima. La pace e l’umiltd si devono manifestare «nel silenzio, quando conviene mantenerlo, e, quan- do si deve parlare, nella ponderatezza ed edificazione delle pro- 8 MI, Epp. 12, 151-152. 9 MI, Epp. 2, 237. 10 AMI, Epp. 1, 505. 1 MY, Epp, 2, 235; cir. Cotdonnier, Le place du covps..., op. M. Granero, ititualidad ignaciana, Madrid 1987, pp. 70-75: «La salud y el servicio de Dios». 243 ptie parole, ¢ nella modestia del volto e nella compostezza del portamento e in tutti i movimenti senza aleun segno d’impa- zienza o di superbia» (bid.). E tutta questa padtonanza este- riore aiutera a vivere nello spirito, secondo le esigenze della fe- de e della morale cristiana, ib docilita allo Spirito di Dio (la «via di Cristo nostro Signore»; Cost., n. 582). E aiutera anche nel rapporto con gli altri: .» Stimandoli nella propria anima tutti come superiori, e mani- festando loro esternamente il rispetto e la riverenza dovuti allo stato di ciascuno, con modestia e semplicita religiosa; di modo che, con- siderandosi gli uni gli altri, crescano in devozione ¢ lodino Dio no- stro Signore, che ognuno deve cercare di riconoscere nell’altro co- me nella sua immagine (Cosé., n. 250). Tl tema dell’immagine di Dio nell’uomo secondo sant’Igna- zio, richiederebbe una monografia. Ci limitiamo qui a segna- larlo come presente e importante, e come particolarmente svi- luppato per quanto riguarda la motivazione apostolica. Intorno ad esso si potrebbe far ruotare tutta Ja vita spirituale e lo zelo apostolico come li concepisce sant’Ignazio”, Passo ora a descrivere analiticamente il composto umano se- condo diverse linee verticali, tracciate dal basso verso l’alto, verso la sua apertura al soprannaturale, secondo Ia traccia offertaci da sant’Ignazio, 3, La dimensione percettivo-intuitiva Tengo ad incominciare con la descrizione del passaggio dalla parte sensibile a quella spirituale nella concezione ignaziana del- Puomo. Con le operazioni di ciascun senso, ’uomo realizza le attivita specifiche sensoriali, ma nella modalita umana. Con i 2 Cfr. F. Evain, De Pimage a la ressemblance in Cab. Sp. Ign., Suppléments, 11, pp. 44-48, Agli studenti di Coimbra nella letteta della perfezione sctive: «Guatdate anche al vostra prossitno comte ad un’itmagine della santissima Trinita ¢ capace della sua gloria, al cui servizio ¢ Yuniverso, membra di Gesd Cristo, redenti con tanti doloti, infamie ¢ sangue suo; guardate, dico, in quanta miseria si trovi...» (MI, Epp: 1, 503); e ai Padti mandati per ministeri: «...Et considerando le creature, non come belle et gratiose, ma come bagnate nel sangue di Cristo, immagine di Dio, tempio del santo Spirito...» (MI, Epp. 12, 252). 244 sensi della vista ¢ dell’udito l’uomo vede ¢ ode; perd con essi pud non solo vedere ma anche guardare, non solo udire ma ascol- tare, con tutte le sfumature ¢ intenzionalita che l’uomo pud da- re a queste attivita. Ora, per sant’ Ignazio, queste attivita hanno la loro corrispon- denza nell’immaginazione umana. Con l’immaginazione l’uomo non solo pud conservare e¢ riprodurre quello che vede e sente o ha percepito attraverso altri sensi, ma anche combinare le im- magini immagazzinate di queste sensazioni, comporne di nuo- ve e anche crearne per analogia altre che gli sembrano corri- spondere a oggetti, persone o fatti non visti né uditi, forse astratti o invisibili, ma pensati come oggetto della sua intelligenza. L’uo- mo pud disporre di questi sensi interiori (vista, udito, olfatto, gusto e tatto interiori) e porli ai servizio delle facalta superiori dell’anima che, illuminate e aiutate dalla fede e dai doni dello * Spirito Santo, possono giungere ad aprirli ad una visione e udi- zione superiori. E anche ad operazioni analoghe all’olfaito e al gusto sensibili, un odorare e un gustare (attivamente e passiva- mente) realtd spirituali quali anima, te virtu, la divinita”, Questo fatto ci rivela una linea antropologica verticale intui- tiva, prima poco conosciuta e trattata dagli studiosi di sant’I- gnazio e del suo insegnamento, ma attualmente al centro della loto attenzione. Non solo essa viene raccomandata da lui stes- so negli Esercizi (nn. 124, 129), ma appare praticata ampiamente nella sua vita, se consideriamo i fenomeni raccolti nel suo Dia- rio spirituale, aperto alle pit alte intuizioni mistiche. In questo Diario egli si mostra cosciente del fatto che vi sono espetienze percettive dell’ uomo difficilmente inquadrabili (o indescrivibi- li) fra le operazioni dei sensi o delle facolta che mettiamo in atto nelle opetazioni ordinarie, se non con un’applicazione molto estesa dell’analogia. In molte occasioni il Santo oscilla fra l’uso dei verbi «senti- te» o «vedere»: «sentire, o pit propriamente vedere» la santis- sima Trinita!+; «sentire o vedere» Gesii!?, «il mostrarsi o il sentirsi di Gesti»*, ecc.; perché sa che non é esattamente e del BS 121-125: v. A. Queralt, L'attuazione dei sensi interni e la purificazione della fede in Mistica e misticismo ogg?, Roma 1979, pp. 528-543. 44 Cf. Diario, 27 febbraio, n. 83, nell’ edizione della BAC, Obras completas de san Ignacio de Loyola, Madtid 1982. 45 Cfr. 24 © 25 febbraio 1544, Diario, nn. 75-77, ecc. 16 Cir. 23 febbraio, Diario, n. 67. 245 tutto vedere, né esattamente e del tutto sentite, come quando si vede normalmente o solamente si sente. Per questo pud scri- vere il 4 marzo del 1544: «vedere o sentire chiaramente»'” ¢ pid avanti: «non sentendo chiaramente o vedendo persone di- stinte»!8, indicandoci cost che non basterebbe in questi casi di- re «vedere» o «sentire» solamente, Distingue anche il «sentire o vedere» dall’4. E un processo che, come dice san Paolo ai Romani, presuppone la rinuncia alla mentalita del mondo, e una trasformazione secondo la mentalita dell’ uomo nuovo in Cristo (cfr. Ef 2,24; Col 3,10, ec.) per poter riconoscere quale sia la volonta di Dio, quello che gli & gradito e perfetto (cfr. Rm 12,2). Secondo sant’Ignazio, ’uomo pud riconoscere questa volon- ta divina sulla sua vita, a volte perché gli viene comunicata sot- to forma di persuasione indubitabile (ES 175); altre volte, at- traverso le ripercussioni emotive che suscitane in lui le comu- nicazioni spirituali, ricorrendo al discernimento dei diversi spi- titi. Questo gli permette di raggiungere in taluni casi la certez- za motale e la chiarezza sufficiente per cogliere ill senso indica- to dai segni della volont’ divina (ES 176). In altre occasioni, attraverso l’uso tranquillo e libero delle sue facolt’ naturali, nella docilita alla fede e con pura intenzione di servizio ¢ lode della diyina Maesta; perché «per seguire le cose migliori e pi’ per- fette & sufficiente mozione quella della ragione», giacché «non dipende da noi suscitare o conservare una grande devo- zione, un amore intenso, lacrime né alcun’ altra consolazione spi- rituale, ma tutto & dono e grazia di Dio nostro Signore» (ES 322), il quale lo da quando é il suo beneplacito. 34 BS 167; wedi «Directorio autégrafo» in MI, Directoria (MHSI[= Monumenta Historica Societatis Iesul, vol. 76) pp. 74, 76. 35 MI, Epp. 11, 184. 249 In questo campo delle mozioni dell’affetto o della volonta in relazione al riconoscimento e all’esecuzione della volonta di Dio, P'antropologia ignaziana si apre a orizzonti illimitati ead analisi di straordinaria lucidita. Egli distingue cosi fra «mozione razionale, e¢ nessuna mozione sensuale» (ES 182), «mozione a cose basse e terrene» (ES 317), «mozioni spiritua- lis (BS 6, 227, ece.}, e i pensieri che vengono con queste mo- zioni, i quali procedono dalla nostra propria natura (ES 32), dal «nemico della natura umana» (ES 326-327), o da Dio (ES 329-330). E distingue inoltre fra quelli che vengono «dati im- mediatamente da Dio» nella consolazione senza causa prece- dente, ei propositi o gindizi che possiamo formare da noi stes- si, «sia con un discorso che ci sia consueto per l’associazione di concetti e giudizi», sia che siamo influenzati dallo spirito buono o da quello cattivo, nel tempo successive a tale consola- zione (ES 336). Nel Diario spirituale si occupa di molti altri fenomeni, come «tocchi e intensissima devozione nella santissima Trinita»**, «visite spirituali»*?, profondissimi sentimenti di «umiltd» o di «riverenza amorosa» verso la Maesta divina e quello che a Lui si tiferisce (la stessa cosa verso le creature)*8; tutta una gam- ma inoltre di esperienze interiori (a volte con riflessi esterni o corporali) nella cui descrizione si vede costretto a mescolare ana- logie di diverse sensazioni: colore, calore, sapore, audizione e visione («con molto chiarore, luminoso, caloroso e molto sca- ven)9, «devozione calorosa e come rossa e molti sospiti di gtan- de devozione», «devozione continua e molto grande, luce cal- da e gusto spirituale, e che induce in qualche modo ad una cer- ta elevazione »*1, «devozione, calore ¢ lacrime, perdendo diver- se volte la parla»? durante la Messa, ecc. E fra le molte allu- sioni alle lactime di devozione e ai singhiozzi: lacrime «cosi len- te, cosl interiori, cost soavi, senza ramore o gtandi mozioni»> 3 Vedi 4 matzo: n, 107, 37 Chr, 6-7, 16 © 26 marzo, 22 maggio, Diario, nn. 122, 170, 173, 234. 28 Cf. p.e. 30-31 marzo ¢ 1° aprile 1544, Diario, an. 178-182. 39 Chr. 7 marzo, n. 126. 40 Diario, 18 febbraio, n. 49. Al Cfr, 21 febbraio, n. 60. 42 Cfr. 25 febbraio, n. 77. 3 Cir. 11 maggio, n. 222. E il giorno seguente: «Crescendo la devozione e [’amo- reaccompagnato da lactime nel sentire cid che sentivo e apprendevo divititus», 12 maggio, n, 224, 250 che gli risultavano inspiegabili. Una menzione a parte, con uno studio speciale sulla sua ripercussione emotiva e affettiva, meriterebbe il fenomeno della «loquela»: questa si presenta come interna ed esterna e viene descritta come musica interio- te («ticordo della loquela o musica celeste»), «loquele mirabi- li», «dono della loquela divinitus concesso, con tanta armonia interiore», mentre crescono ineffabilmente la sua devozione e il suo affetto accompagnato da lacrime «nel sentire cid che sentivo o apprendevo divinitus»*, Tutto questo ci porta a pensare che si tratti di uma specie di audizione interiore o esteriore di un determinato contenuto spirituale, ricevuto pas- sivamente, accompagnato o sostanziato in un’armonia o suono musicale. Sant’Ignazio ha una categoria di esperienze spirituali (sopran- naturali: cio8 che non @ in nostro potere avere quando voglia- mo), che chiama «santissimi doni e grazie spiritualix. Sono gra- zia: puramente dati da chi da e pud ogni bene. Gli atti corpo- rali sono buoni nella misura in cui sono ordinati a raggiungere tali doni o parte di essi. Questi doni nen si devono cercare per il nostro godimento, ma perché i nostri‘«pensieri, parole ed opere», che senza di essi sarebbero «confusi, freddi e turba- ti», siano «caldi, chiari e giusti per il maggior servizio di Dio», E con questo, il Santo ci rimanda alla dimensione ope- rativa. 6. Dimensione opetativa . Un amore che «si deve porre pit: nelle opere che nelle parole» (ES 230). I mag- gior servizio divino egli lo vede in relazione con la sua «glo- tia», e questa consiste per lui nel fatto che Dio sia conosciuto e amato dalle sue creature, che cresca la santita e si dilati i nu- mero di quelli che lo conoscano e lo amano: azione dello Spiri to Santo e di coloro che si dedicano ad aiutare le anime, lascian- dosi guidare ¢ reggere «bene dalla sua mano divina» (Cosé., n, 813), 44 Cfr, 11-12, 17 ¢ 28 maggio, nn. 221-224, 229, 240. 45 MI, Epp. 2, 236. 251 La via per gustare con l’affetto ed eseguire con soavita quello che Ia ragione mostra essere a maggior servizio e gloria di Dio, lo Spirito Santo gliela insegner& meglio di nessun altro‘, Ma V’azione dello Spirito Santo nella direzione umana e !’at- tribuzione dell’ efficacia del frutto apostolico di santita a que- sto stesso Spirito non devono portare secondo sant’ Ignazio a trascurare i mezzi umani, Se @ vero che considera «errore con- fidare e sperare in qualche mezzo o procedimento solamente», ritiene al tempo stesso che non sia'una via sicura «affidare tut- to a Dio nostro Signore, senza volermi aiutare con cid che mi ha dato, perché mi sembra in nostro Signore dover usare tutte le parti, desiderando in tutte la sua maggior lode e gloria»‘?. L’uomo — ¢ questo si applica particolarmente al gesuita apo- stolo — ha bisogno di essere preparato a trattare e agire con una grandissima varieta di persone fra le quali dovr& operare, ¢ a prevedere gli inconvenienti.¢ i vantaggi dell’impiego di un mezzo o di un altro. Pur confidando che l’unzione dello Spirito Santo & quella che meglio potra insegnare tutto cid a coloto che sono docili in tutto a questo Spirito, sant’Ignazio ritiene che debbano essere istruiti con consigli e istruzioni, i quali li aiuti- no eli dispongano all’ effetto che deve fare in essi la grazia divi- na, aprendo cosi il cammino allo Spirito (Cost, n. 414). D’altra parte, non c’é pericolo di contraddizione quando si esercita bene il discernimento: «II senso che ci appate giusto, ¢ che si riferisce qui alle mozioni che procedono da Dio, é ne- cessario che si conformi ai comandamenti, ai precetti della Chiesa e all’ obbedienza ai nostri superiori, ¢ che sia pieno di ogni umiltA, perché lo stesso Spirito & in tutto»*®, L’uomo spirituale, per sant’ Ignazio, non é un uomo che agisce senza norme, solo a colpi di ispirazione catismatica, bensi una simbiosi armonica di ob- bedienza, diligenza umana, prudenza e unzione dello Spirito San- to. Cosciente del fatto che l’efficacia soprannaturale della sua azione viene dall’ alto, che i doni interiori, spirituali, sono quel- li che devono dare efficacia alle qualith umane per il bene so- prannaturale da lui ricercato, egli mette in esecuzione al tempo stesso tutti i mezzi naturali che sono in suo potere pet collabo- 46 MI, Epp. 11, 184. 47 MI, Epp. 9, 626. 48 MI, Epp. 1, 105. 252 rare alla grazia, secondo l’economia ordinaria della divina proy- videnza nelle sue disposizioni. Non per confidare nei suoi mez- zi umani, ma per glorificare Dio con tutto cid che da hui ha ri- cevuto nell’ordine della natura e in quello della grazia (Cost., n. 814). La caratteristica del suo agire deve essere la carita discreta, che non @ una carit’ mediocre, ma‘una carit’ la quale informa la prudenza come informa le altre virtt. E, per cid stesso, se é perfetta o tende alla perfezione come deve, non potra fare a meno di arrivare ad essere carita discreta, giacché la pruden- za & la virtti che regola il retto esercizio dei dinamismi e delle attivita umane, per evitare eccessi, atrendevolezza, tergiversa- zione o tilassatezza indebiti nelle azioni e nel modo in cui ven- gono compiuti. E questa prudenza che sara illuminata dall’un- zione dello Spirito Santo. Ma 'uomo spirituale deve stare al-” Yerta, con l’esercizio del discernimento degli spiriti, per distin- guere quello che procede direttamente da Dio, da cid che pud essere proposito od opinione propria o venire dal buono o dal cattivo spirito, come gia abbiamo detto, anche nella «consola- zione senza catisa precedente» (ES 336), prima di dargli credi- to e di porlo in esecuzione. Avendo cosi delineato i temi di un’ antropologia analitica igna- ziana, passo a quella che potremmo chiamare antropologia sin- tetica di sant’Ignazio. 7. Abbozzo di un’antropologia sintetica ignaziana Sant’ Ignazio vede I’uomo nell’insieme della sua situazione ter- rena reale, drammatica. Ma in cammino e in tensione costante verso la sua realizzazione superiore, cioé eterna; «in questa valle, come esule, fra animali bruti» (ES 47): immagine usata per espri- mere i pericoli che lo minacciano nella sua realizzaziorie auten- tica. In «questo luogo di immense fatiche, dolori e calamita», con la sua debolezza, Ja sua ignoranza, la sua iniquita e malizia, il suo peccato (ES 58-59), ma oggetto dell’'infinita misericordia e pieta di Dio (ES 71). Ancor pit: immagine di Dio per creazio- ne, redento dal sangue di Cristo, capace della sua gloria, desti- nato a partecipare alla felicita divina per tutta l’eternita*”. Da 49 MI, Epp. 1, 503. 253 ora chiamato a camminare verso questa méta finale, iniziando tale familiaritA divina nella lode, la riverenza e il servizio di Dio. Ma solo Qi, nell’eternita, & il luogo in cui tuzta la nostra malizia sara gia stata distrutta dal fuoco eterno dell’amore divino e sa- remo penetrati e posseduti da lui, in modo tale che la nostra volonta sara in tutto trasformata e conformata alla sua®. Intanto, nel mare burrascoso di questo mondo, la coscienza dell’uomo é in pericolo in mezzo alle tempeste mosse dai venti del desiderio di possedere, di godere, di elevarsi ed essere con- siderati, o al contrario del timore di perdere tutto questo*!. Egli si trova combattuto da nemici visibili e invisibili e con il rischio di perdere non gia i beni temporali, ma il regno e la feli- cita eterna, e di dannarsi?”. E tuttavia, egli stato chiamato da Dio dalle tenebre alla sua mirabile luce, & passato al regno del Figlio del suo amore. Tutti gli uomini ¢ ciascuno in particolare entrano nel piano di Dio, sono chiamati ad occupare un posto di collaborazione con Cristo, Re eterno e Signore universale, nella conquista di quel regno che nell’ultimo giorno egli consegnera nelle mani del Pa- dre suo. La collaborazione consiste nel seguirlo nelle pene ¢ nelle fa- tiche di questo mondo per seguirlo ugualmente nella gloria (ES 95: cfr. Rm 8,17). In Cristo l’uomo trova il senso, la forma del- la sua vita e la forza e Ja speranza per viverla. Ciononostante, trovare questo posto specifico di ognuno nella edificazione del regno di Cristo nel suo Corpo che é la Chiesa, non é il risultato di una decisione autonoma e indipendente dell’uomo, ma, co- me per Cristo, quello dell’ ascolto ¢ dell’ accettazione della vo- lont2 del Padre, con un’attenzione costante alla guida dello Spi- tito. Ecco perché, nella concezione ignaziana, l’'uomo deve avere il suo centto vitale pid che in se stesso in Dio, Trinita; con ’a- spirazione costante di riconoscere («sentire») in ogni momento la volonta divina e poterla compiere perfettamente in tutte le proprie azioni, Egli ¢ concepito come un essere che tanto si av- vantaggera nella sua realizzazione superiore, quella del disegno del Padre, quanto pid uscira dall’amore di sé, dalla propria vo- 30 MI, Epp. 1, 627. 31. MI, Epp. 1, 497-498. 32 MI, Epp. 1, 503. 33 Sbid., 497; Col 1,13; 1Pt 2,9. 254 lonta ¢ interesse (ZS 189): in esodo perpetuo verso il servizio di Dio e verso una sua sempre migliore realizzazione: in altre parole, verso la maggior gloria di Dio. Cosi si concepisce il tro- vare Dio in tutte le cose: unendo Ja propria alla volont’ divina in un costante servizio d'amore. E un incontro realizzato nel- Tinterscambio gradito di donazione, di presenza amorosa, di coincidenza nei progetti, nella percezione della vera sostanza divina dei valori, nella realizzazione della divina volonta (ES 230-237). Diremmo con il Vangelo: un morire costante a se stessi per vivere la vita vera, un petdersi costante nella volonta divi- na che 2 l’unico vero guadagno (cfr. Mt 16,25; 10,39; Le 17,33). Risalta nell’antropologia ignaziana questo dinamismo che spin- ge ad un’azione umana e spirituale al servizio della maggior gloria di Dio. Rientra nell’ambito di questo dinamismo l’accettazione dei mezzi terreni, della cultura, del sociale, del politico (« Welt- freudigkeit»)**; un’accettazione che ha senso solo dopo l’incor- porazione che la persona ha fatto di tutto il suo essere al miste- ro di Cristo redentore. Solo nell’abnegazione ¢ la liberazione da ogni amor proprio ¢ interesse, essa pud fare di queste realta elementi efficaci nell’obbedienza concreta al piano di Dio sulla sua vita, Come ha notato R. Champagne, nell”antropologia ignazia- na l’uomo non appare tanto disegnato in un progetto di progresso lineare, quanto in un costante processo citcolare (0 a spirale sem- pre pitt fine) di incontro amoroso con Ja volonta divina, circolo di morte e di vita in Dio, per compiere sempre e in tutto con maggior perfezione il servizio di Dio. Morire sempre pid, ase stessi, per vivere pit in Dio; uscire sempre pit da sé, per vivere pid in Cristo, per Dio. E I’ applicazione delia legge interiore di catita e amore che lo Spirito Santo inscrive ¢ imptime nei cuori (Cost., n. 134); legge che non & solo norma, ma luce di discerni- mento, unzione e forza per eseguire il disegno divino*, Questa antropologia ignaziana & stata qualificata di trascen- dentale o transculturale*’, perché in essa la persona umana & 34 Vedi Karl Rahner, Die ignatianische Myszik der Weltfreudigheit in ZAM 12 (1937) 121-137. 5 Jean de la Croix et les Jésuites in Cab, Spir. Ipt., 11 (1987) 161-174. % Vedi Manuel RuizJurado, EJ Esphity Santo en Las Constituciones de la Compaitie de Jesus in Manresa 56 (1984) 220-222. 7 Cf. art. cit. di F. Evain alla nota 12; e Aider.ctout homme» 2 déconvrir «tout Phomme, nello stesso numero di Supplements, 11, pp. 59-63. 255 considerata nella sua dimensione trascendente, non nella pecu- liarita di una determinata cultura. Questa qualificazione si ap- plica ancor meglio all’insegnamento antropologico di sant’Igna- zio. Le descrizioni che ci ha lasciate delle sue esperienze inte- riori aprono un capitolo nuovo e originale nella fenomenofogia dello spirito ¢ sono inoltre un apporto prezioso, insufficiente- mente esplorato, all’antropologia di un settore specifico dell’ u- manita, quello che costituisce la vetta delle sue possibilita sulla terra: i mistici. L’antropologia generale ignaziana scopre I’ uomo come imma- gine di Dio, redenta dal sangue di Cristo, capace della sua glo- tia, che deve realizzarsi nella somiglianza e identificazione con Cristo, per la piena applicazione in essa della redenzione ¢ la sua incorporazione al piano di Dio nella Chiesa. Su questo pia- no acquistano senso l’ascesi, il dolore, l’obbedienza e anche la morte personale. Possiamo considerarla un’antropologia costruita sull’esperienza illuminata dalla teologia, un’antropologia nella quale ’uome non si comprende se non a partire da Dio e nel suo progetto di amo- re in Cristo e nella continuazione della sua opera, nella Chiesa, attraverso l’azione dello Spirito Santo in essa e in ciascuno dei suoi membri. In questa antropologia, Maria ¢ presente come Ma- dre, come esemplare umano perfetto e come interceditrice nel- la realizzazione del progetto uomo. Nell’antropologia ignaziana, come ha scritto von Balthasar, «l’uomo non deve essere interpretato sullo sfondo del suo pro- prio enigma, ma nello spazio preparato per lui dall’amore divi- no, ¢ in quello dove gia Jo ha collocato l’amore. L’nome é giu- dicato dall’amore, orientato dall’amore, liberato dall’amore ¢ reso capace dell’amore»*8. 58 Das Ganze im Fragment, Benziger Verlag, Einsiedeln 1963, p. 89; trad. it., If tutto nel frammento, Jaca Book, Milano 1970. 256

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