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QUANDO LAFRICA CHIAMA NESSUNO RISPONDE: Il continente nero alla ricerca del suo posto tra i media mondiali

Chiara Mastria 0000344257 Giulia Rondoni 0000347202

INDICE
1.Introduzione 1.1 I media in Africa:contraddizioni e limiti del sistema informativo continentale 1.2 Al Jazeera: un barlume di speranza nellombra della disinformazione 1.3 Legemonia della radio nel continente africano

2. Capitolo 1 a cura di Chiara Mastria Rwanda: una tragedia consumata nel pi nero silenzio 2.1 I media come mezzo negativo di propaganda 2.2 Le fasi del genocidio, il fondamentale ruolo propagandistico della radio 2.3 Rwanda oggi

3. Capitolo 2 a cura di Giulia Rondoni La speranza si accende insieme alla radio 3.1 Come nasce la cultura delle radio in africa? Giorgio Lolli e la Ste Solaire 4. Conclusioni

1.INTRODUZIONE

1.1 I media e lAfrica: contraddizioni e limiti del sistema informativo continentale

C bisogno di consapevolezza in Africa. La consapevolezza e la fuga dallignoranza portano alla pace. Perch c bisogno di pace in Africa. Questa affermazione di Romano Prodi, Presidente della fondazione per la collaborazione tra i popoli, offre lo spunto per poter trattare il rapporto tra il continente africano e i media. La consapevolezza nel nuovo millennio legata in modo imprescindibile ai nuovi media: sono infatti giornali, radio, televisione e lultimo ma importantissimo arrivato internet a permetterci di sapere cosa succede intorno a noi, a donarci per lappunto consapevolezza del mondo che ci circonda. Non basta per che questi media esistano, devono anche rispondere ad un criterio fondamentale: la piena libert di espressione e informazione. Spesso e volentieri questo criterio non viene rispettato nemmeno nei paesi occidentali: basti analizzare lattuale situazione Italiana per rendersi conto di quanto sia labile la presunta libert di stampa di cui dovremmo godere. In Africa la situazione tragica: i giornalisti mettono in gioco la propria vita in nome della verit e questo onore non viene riservato solo agli abitanti del continente, basti pensare allinviata italiana del TG3 Ilaria Alpi, uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 con la colpa di essere andata troppo a fondo nella scottante vicenda del traffico di rifiuti tossici. Come pu esserci libert in un paese governato dallignoranza? Come si pu combattere qualcosa che non si conosce? C bisogno di pace in Africa, ma per esserci pace devono esistere media consapevoli, media liberi e accessibili a tutti. Per quanto riguarda laccessibilit, essa limitata soltanto ad una lite di aree urbane. Alcuni dati: la diffusione dei giornali nellAfrica subsahariana 12 copie ogni mille abitanti, sale a 33 nellAfrica del nord; per la tv abbiamo 69 apparecchi ogni mille abitanti al sud, 200 al nord; solo il 17% degli abitanti al sud possiede un cellulare; solo il 4% ha accesso a internet. Lo strumento di comunicazione pi diffuso , con i suoi pro e contro, la radio, con 198 apparecchi ogni mille abitanti nellAfrica subsahariana. Passiamo ora alla nota pi dolente: la libert. La nascita di media indipendenti dai governi recente e trova molte difficolt di tipo finanziario e normativo per affermarsi: infatti le norme contro la diffamazione a mezzo stampa rappresentano il pi comune e forte strumento di censura usato dai governi per zittire i giornalisti scomodi. Arresti, ammende, ma anche ritorsioni personali. La realt africana quella di una censura ferrea, violenta e sanguinaria che rende il mestiere del giornalista tra i pi pericolosi.
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Mohamed Keita, dellUfficio Africa dello statunitense Commitee to Protect Journalist, in unintervista a Ouestaf News del 2008 ci offre una mappa sintetica della libert di informazione in Africa: Mali, Costa dAvorio e Benin restano relativamente dei porti sicuri per la stampa [...] .In Somalia, in Eritrea e nella Repubblica democratica del Congo lesercizio del giornalismo indipendente molto pericoloso, anzi mortale. I giornalisti non possono nondimeno lavorare liberamente in Etiopia e nello Zimbawe e sono sicuri di essere bersagliati in Camerun, nel Ciad e in Uganda. In Tunisia ed Egitto il regime ha un controllo ossessivo dellinformazione fatto di aggressioni, condanne, pene detentive. In una situazione cos tragica il continente nero rischia di rimanere avvolto dallombra della disinformazione, della politica corrotta e anche delle nostre conoscenze. Il potenziamento quantitativo e qualitativo dei mezzi dinformazione non ha portato al nuovo ordine dellinformazione invocato da decenni dai paesi poveri ma, al contrario, i nuovi media globali non fanno altro che aumentare la loro insignificanza comunicativa. Lobiettivo del nuovo villaggio globale di cui tanto si sente parlare dovrebbe essere comunione, parit di accesso e usufrutto, per tutti, dei mezzi di comunicazione. Ma in questa prospettiva dove esiste solo una gigantesca concentrazione dei potenti mezzi di comunicazione che esprimono idee, modelli culturali, sociali ed economici, lAfrica scompare dalla comunicazione globale e vi appare con intermittenza per ricordare che esiste ancora. Fortunatamente per negli ultimi anni si stanno muovendo piccoli passi, soprattutto grazie ad associazioni di volontariato e Ong straniere, persone (africane e non ) che credono ancora nellinformazione e nella libert di espressione.
Di Chiara Mastria

1.2 Al Jazeera: un barlume di speranza nellombra della disinformazione

Ne un esempio lemittente Al Jazeera International, che ha avuto il grande merito di illuminare costantemente lAfrica con uninformazione a tutto campo proprio nel momento in cui i media occidentali dimostrano un grande disinteresse per questa parte di mondo. Al Jazeera ha i suoi uffici centrali a Nairobi (Kenya) e Johannesburg (Sudan) e una rete di corrispondenti distribuiti sul territorio che rendono possibile seguire in tempo reale le vicende africane.
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Ovviamente sono i mezzi economici a disposizione di questa emittente che le permettono di essere vista da 100 milioni di famiglie in 60 paesi, raggiunte anche attraverso i due canali in arabo e inglese . Al Jazeera viene seguita ed apprezzata sia fuori che dentro il continente per la qualit e lautorevolezza dellinformazione prodotta, anche se si avvertono scricchiolii per la riduzione del budget ed un maggior controllo politico che nel 2008 hanno portato 15 giornalisti alle dimissioni. Questa emittente televisiva rappresenta per molti aspetti lunico riuscito esempio di giornalismo multiculturale.

1.3 Legemonia della radio nel continente africano

Purtroppo per, come ricordavamo in precedenza, possedere una televisione in Africa deve essere a tutti gli effetti considerato un lusso per pochi. E la radio il mezzo di comunicazione egemone nel continente, cos importante da diventare il regalo pi auspicato per un matrimonio. Per definirne il ruolo in Africa il sociologo francese Andr-Jean Tudesq afferma : E lesempio di africanizzazione pi completa del mezzo. Il paese pioniere del movimento di liberalizzazione delletere indubbiamente il Mali dove anche grazie allappoggio dell ONG italiana Terra Nuova venne fondata la prima radio comunitaria. Nellimmenso territorio al sud del Sahara la realt dimostra una moltitudine di esperienze radiofoniche di provenienza diversa ma con un obiettivo comune: consentire al pubblico di migliorare le proprie condizioni di vita. Ma se da un lato la radio offre agli africani una sorta di speranza, dallaltra
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importante ricordare che per la storia dellAfrica non sempre stato un media positivo. Infatti durante i 100 sanguinosi giorni di scontri tra tutsi e hutu la radio stata scientificamente usata come media dellodio, pilotata dal popolo hutu come mezzo di propaganda politica per dare corpo ad una ideologia razzista culminata nel tentato genocidio delletnia tutsi. A fronte di questo primo quadro generale vorremmo spostare la nostra attenzione sul ruolo positivo o negativo che i nuovi media (internet e radio soprattutto) possono avere sulla popolazione africana, costretta a lottare tutti i giorni con troppe contraddizioni sociali e culturali.
Di Giulia Rondoni

2. CAPITOLO 1 RWANDA: UNA TRAGEDIA CONSUMATA NEL PIU NERO SILENZIO MEDIATICO

2.1 I media come mezzo negativo di propaganda.

Tutti i mezzi di comunicazione presentano due lati della medaglia. Possiedono una forza propagandistica insita che li rende armi a doppio taglio a tutti gli effetti. Ci accade ovunque poich, bene ripetere, avere uninformazione assolutamente obiettiva e priva di influenze esterne davvero difficile. Ovviamente in luoghi idealmente democratici come lEuropa e la nostra stessa Italia, lutilizzo dellinformazione a fini propagandistici avviene in modo sottile e nascosto, tanto da non risaltare nemmeno agli occhi di un distratto ascoltatore o lettore che sia. Internet, sappiamo, lunico media del nuovo millennio a
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garantire piena libert di espressione; non per niente stato candidato al nobel per la pace a fianco di nomi come Barack Obama e Liu Xiaobo (a cui poi stato assegnato). Ma, tornando a focalizzarci sullAfrica, come abbiamo gi detto internet rappresenta un lusso per pochi. Il divario digitale si fa immenso allinterno del continente nero, e la maggior parte dei suoi abitanti non ha nessuna possibilit di avere una connessione. Su cosa possono contare gli africani? Sulla radio. La radio fatta da persone, che da voce a sentimenti umani, che possiede stazioni, che pu facilmente essere controllata, intercettata, censurata. Uno degli esempi pi drammatici di utilizzo negativo di questo mezzo rappresentato dallatroce genocidio avvenuto in Rwanda tra le etnie tutsi e hutu, preparato e fomentato proprio attraverso una serrata propaganda radiofonica. In occidente limmagine che passata di quei terribili cento giorni di massacri quella di un popolo primitivo che combatte come gli animali. In realt in quei cento giorni i media ruandesi venivano sapientemente utilizzati come media dellodio. Il 6 aprile 1994 linizio del genocidio in Rwanda: un milione di morti in poco pi di due mesi. Se si pensa che il nazismo, con i suoi potenti mezzi sia propagandistici che economici ha provocato da 5 a 7 milioni di morti ebrei in un periodo storico che va dal 1933 al 1945, facilmente comprensibile la potenza distruttiva che era stata innescata attraverso lunico mezzo a disposizione in Rwanda. Una forza che non ha niente di primitivo ma anzi sa come usare le parole, conosce la loro forza insita e riesce a manovrare le menti esattamente come Hitler ha saputo fare negli anni della germania nazista. Con la differenza che in teoria loccidente giurava di aver imparato la lezione, si impegnava infatti attraverso la convenzione ONU sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1948 ad intervenire immediatamente nel caso si fosse presentata una situazione simile. Ma non successo, perch in questo caso si trattava di selvaggi che combattevano per rivendicare un barbaro desiderio di prevaricare sullaltro.

2.2 Le fasi del genocidio, il fondamentale ruolo propagandistico della radio

Questi cosidetti primitivi hanno cominciato a lavorare alla creazione della distruttiva ideologia dagli ultimi anni 80, in risposta alla nascita del fronte patriottico ruandese. Dal 1990 si comincia a combattere: FPR tutsu contro il governo-regime di Juvnal Habyarimana, di etnia hutu. E in questo clima di guerra civile che lideologia razzista hutu si fa strada attraverso i pochi ma buoni mezzi di comunicazione presenti. Dal 1990 al 1993 nascono ben nove
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riviste, tutte caratterizzate da violente posizioni anti-tutsi. Nel 1991 nasce la militanza: giovani addestrati attraverso il nutrimento della mete a creare dei perfetti squadroni della morte. Ma il ruolo da protagonista in questa preparazione al massacro spetta alla radio, unico mezzo in grado di raggiugere ogni ruandese in ogni punto del Paese. E nel 1993 che nasce la Radio Televisione Libera delle Mille Colline, coprendo col suo segnale tutto il territorio nazionale. Si tratta di una radio privata, ma che riveste le funzioni di una radio pubblica, grazie anche allappoggio alla radio statale: Radio Rwanda. La situazione ufficiale vede avvicinarsi laccordo politico tra il FPR tutsu e il governo. La situazione reale vede RTLM e le varie riviste, tra cui ricordiamo la prima e pi importante Kangura (che significa svegliatelo, intendendo il popolo hutu), annunciare limminente repulisti dei tutsi, che devono scomparire. Si tratta di unossessiva campagna mediatica che martella lopinione pubblica, che sfrutta il desiderio di ogni ruandese di stare sempre con lorecchio attaccato alla radiolina portatile per insinuare nelle menti idee profondamente razziste. In questa occasione la radio non riveste soltanto un ruolo propagandistico, ma anche organizzativo: campi di addestramento, distribuzione di armi, organizzazione di gruppi nel territorio. Tutte le diplomazie occidentali presenti avevano avvertito i governi del clima di violenza in continua escalation, cos come aveva fatto Romo Dallaire, comandante della missione ONU dei 2.700 caschi blu, con le Nazioni Unite. Tutto inutile, loccidente non ha tempo per pensare a selvaggi che fanno la lotta con i bastoni. Cos il 4 Aprile 1994, dopo lattentato allaereo che trasportava Habyarimana di ritorno da Arusha, dove aveva siglato accordi per la fine della guerra civile, inizia il genocidio. Durante i terribili cento giorni del massacro RTML non abbandona nemmeno un attimo i suoi fedeli, continuando a martellarli ossessivamente sulla necessit di non interrompere lopera, di ripulire il paese dagli scarafaggi tutsi. Durante il massacro la radio, da propogandistica e organizzativa, diventa confidenziale, unamica a cui rivolgersi nei momenti di sconforto, una voce sempre pronta a ricordarti che stai facendo la cosa giusta. Il tutto si consuma in poco tempo, grazie allarrivo del FPR e degli uomini delloperazione Tourquoise, lanciata per motivi umanitari da Parigi. E bastato per quel poco tempo a trasformare un paese in un enorme lager, nel pi nero silenzio mediatico delloccidente. La stampa italiana si rivela una delle peggiori tra quelle internazionali. E approssimativa, superficiale, non manda inviati sul posto. Non fa altro che rafforzare lidea di un mondo barbaro, lontano. Ha la terribile colpa di dimenticare cosa succedeva al suo interno cinquantanni prima, nel periodo nazi-fascista. Ogni anno in Italia il 27 gennaio si ricordano i morti dellolocausto. E chiamata la giornata della memoria, perch certe cose non vanno dimenticate, nella speranza che non si ripetano mai pi. Andrebbe aggiunta la postilla in nessuna parte del mondo.
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2.3 Rwanda oggi

Sedici anni dopo il genocidio qual la situazione in Rwanda? Paul Kagame dal 2000 (e lo sar almeno fino al 2017) il presidente di un Rwanda apparentemente riconciliato, ma ancora profondamente segnato da un genocidio su base etnica che il mondo occidentale e lOnu fecero finta di non vedere.Il paese che Kagame vuole rappresentare negli ultimi anni ha visto un progresso senza precedenti: nuove strade e cliniche sanitarie, milioni di dollari di investimenti stranieri, internet a banda larga, assicurazione sanitaria nazionale. Ma soprattutto un paese in cui regna la pace, come recita lo slogan preferito del presidente scegliere la pace. Poi, come ormai sappiamo, c laltro celato lato della medaglia. il Rwanda in cui le persone sono vittima di repressione e di un profondo disagio, delluso della forza fisica per difendere le ragioni e la vittoria del presidente. Il Rwanda in cui le tensioni tra hutu e tutsi non sono sparite, anzi, sono fomentate dal profondo desiderio di semplificare il conflitto etnico proclamando vittime e assassini, quando la realt ben pi complessa e sfaccettata. Il governo, molto lontano dal poter essere definito democratico, esercita sulla popolazione un controllo tra i pi severi, sullagire tanto quanto sul pensare delle persone. Diversi ruandesi intervistati racconta Donato De Sena in un articolo del 9 agosto 2010 in occasione delle elezioni parlamentari di questestate hanno raccontato di non essere liberi di votare contro Kegame: i funzionari del governo avrebbero provveduto a fare unenorme pressione su di loro per la registrazione al voto, costretti perfino a contribuire con alcuni dei loro magri guadagni alla campagna e a partecipare a raduni del presidente uscente. [...] Chi parla a qualche giornalista ha paura di rendere noto il proprio cognome, per paura di ritorsioni. La Rete internazionale per la promozione e la difesa dei diritti delluomo in Rwanda, che ha studiato la situazione dei diritti umani nel paese dal 2000 al 2007, si esprime in questo modo: La deriva totalitaria del regime inarrestabile, la discriminazione etnica raggiunge il culmine, le libert pubbliche e i diritti fondamentali sono costantemente violati, la giustizia popolare divide i cittadini tra vincitori e vinti. Il Dipartimento di stato americano, nel suo Rapporto sui diritti umani nel 2007, scriveva che in Rwanda il bilancio del governo sui diritti delluomo resta debole, e ci sono casi di abusi gravi. Si nota un aumento di esecuzioni extragiudiziarie, di arresti e di detenzioni arbitrarie da parte dei servizi di sicurezza [...] restrizioni sono imposte alla libert despressione, con violazioni della libert di stampa, al
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punto che la societ civile e i giornali praticano lautocensura. La strada ancora lunga e complicata, il genocidio continua a farsi ricordare. Di recente il Tribunale penale internazionale dellAja ha condannato Joseph Mpambara a 20 anni di carcere: stato giudicato colpevole per lo stupro di quattro donne e luccisione di una vittima. Il genocidio, come nelle migliori tradizioni, diventato un film: Hotel Rwanda , del 2004, diretto da Terry George. Racconta la storia vera di Paul Rusesabagina, una sorta di "Schindler africano" che trasform il suo Hotel in un rifugio per oltre 1200 tutsi e hutu delle rispettive fazioni moderate. Le costanti ci sono tutte, le responsabilit pure.

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3. CAPITOLO 2

LA SPERANZA SI ACCENDE INSIEME ALLA RADIO

3.1 Come nasce la cultura delle radio in Africa?

Come abbiamo gi ripetuto, lAfrica un paese dimenticato dalloccidente e dai suoi governi, martoriato dalla mancanza di libert di espressione. Ma per fortuna rimane qualcuno, africano o meno che sia, a credere ancora in questo grande continente e nella speranza che a piccoli passi la situazione possa migliorare. Per fare ci parte dal basso avvicinandosi il pi possibile alla popolazione: perch dal basso che cominciano le rivoluzioni e perch se solo tutti gli africani potessero essere consapevoli di ci che gli accade intorno sicuramente la situazione non sarebbe la stessa. Uno di questi stimabili personaggi il signor Giorgio Lolli (conosciuto in Africa come Monsieur Loll), imprenditore emiliano e profondo conoscitore dellAfrica, che per primo ha dato lopportunit a gran parte del continente di potersi raccontare alla radio. Nessuno meglio di Lolli stesso pu raccontare la sua esperienza e io in questa sede mi servir di unintervista rilasciata a radio Africa.

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Ero con il fronte di liberazione dellEritrea ed stata una cosa un po particolare, perche non era permesso fare le radio quindi la prima lho creata spacciandomi per operatore sanitario Il progetto nasce quasi per caso. Viene chiesto a Lolli, che si trovava a filmare i guerriglieri dellEritrea, di aggiustare una radio rotta. Egli in pochi minuti ci riesce e i soldati gli chiedono se sia possibile creare una radio che li metta in contatto con il resto del movimento insurrezionale. Nasce cos nel 1991 radio Bamako. Nel periodo della caduta di Moussa Traore in Mali (a Bamako) ho creato questa radio e in ventiquattro ore cambiato il mercato del paese, dalla citt sono venuti tutti nella periferia e tutti i venditori sono accorsi perch stata una vera rivoluzione la radio. Era una radio molto semplice: un trasmettitore e unantenna costruita sul posto. Inizialmente trasmetteva dalla stessa casa del signor Lolli allinsaputa di tutti perch i messaggi erano camuffati per evitare la censura. Da li infatti partivano anche quelli che hanno permesso di seguire la rivoluzione fino allarresto del dittatore Moussa Traor. Nel caso dellEritrea si pu dire che la radio fosse legata maggiormente a ragioni logistiche . In Mali invece si trasformata in un supporto alla rivoluzione, un modo per incitare il popolo alla rivolta contro il dittatore. Dopo larresto di Traor radio Bamako stata autorizzata a trasmettere liberamente e via via il governo ha legittimato lapertura delle radio libere. Partendo dal Mali prima verso i paesi vicini, poi espandendosi alla quasi totalit dei paesi africani. Queste radio spesso hanno una copertura di appena 50 Km. Quello che potrebbe sembrare un ostacolo apre invece le radio alla partecipazione diretta, chiunque la ascolti nel raggio di quei pochi chilometri spesso spinto a parteciparvi. Non mancano le battaglie di potere per chi debba gestirla, ma si mette in atto una democrazia molto pi diretta dove nessuna voce viene oscurata. La radio in questo grande continente arretrato spesso viene utilizzata anche come strumento del potere; ne un esempio il fatto che ministri o generali in pensione solitamente cerchino di accaparrarsene la direzione, in modo da continuare ad esercitare una sorta di potere mediatico. Al contrario in Mali capita che il proprietario di una radio (che spesso fa parte di gruppi o associazioni) diventi deputato o ministro grazie alle emittenti libere che permettono di fare propaganda e di farsi conoscere senza che nessuno possa contraddire.
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Il paese dove ho lavorato di pi inizialmente era il Mali, li ne abbiamo create circa 150 di tutti i tipi (politiche,religiose, di regime) poi dal Mali mi sono allargato allafrica francofona e poi al resto dellAfrica: Mozambico, Malawi, Togo, Burkina Fasu Ed in Togo che si trova la sede della societ da lui fondata: Ste Solaire con lannesso canale promozionale X Solaire. Questa societ progetta e installa stazioni radiofoniche e lavora chiavi in mano costruendo tutto: tralicci, trasmettitori e studio. Nelle sue aule vengono anche svolti corsi di formazione per il personale tecnico e giornalistico delle stazioni. Ho preso un terreno in affitto poi abbiamo costruito delle baracche chiamate pomposamente bungalow e quando qualcuno viene e mi propone di fare una radio io gli procuro il materiale garantito per un anno e in pi facciamo la formazione gratuita per i tecnici [] si comincia subito con linsegnamento la cui durata varia a seconda della mansione, per le cose pi piccole varia da 15 giorni a un mese, per cui dormono li ed io e i miei operai insegniamo a coloro che diventeranno dei tecnici. Basti dire che oggi nel continente africano ci sono circa un centinaio di tecnici che sono usciti dalla mia scuola. Dividiamo la scuola in tre formazioni: una lalta frequenza, fare i tralicci montare i tralicci e capire la gestione della radio, la seconda per la bassa frequenza quindi consolle e microfoni e la terza alla radio per gli animatori e eventuali giornalisti. Il problema maggiore rappresentato dai finanziamenti per mantenere vive le stazioni radiofoniche, che spesso arrivano da Ong e organizzazioni straniere. Bisogna continuare a sensibilizzare le organizzazioni internazionali perch le radio si rivelano tuttoggi fondamentali nello svolgere una funzione sociale sensibilizzando la popolazione africana su temi quali la mutilazione genitale femminile, i diritti delle donne, consigli medici, igiene e prevenzione delle malattie. LUnicef per quanto riguarda i bambini, ad esempio, ha finanziato tante radio dando loro programmi gi registrati da mandare in onda. Ma soprattutto per radio si tengono dibattiti aperti a tutti dove ci si pu riunire e parlare dei problemi della citt Ci sarebbe ancora molto da raccontare su questo coraggioso e rivoluzionario personaggio che ha letteralmente stravolto il modo di concepire la radio in Africa. Senza il suo contributo non si sarebbero mossi neanche quei piccoli passi che fanno giungere (anche se ancora troppo da lontano) fino alloccidente le grida di aiuto di un continente dimenticato.
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Le radio sono come le ciliegie, fatta una le altre vengono di conseguenza Ci che in molti paesi africani sta avvenendo in questi anni la creazione di una cultura dellinformazione che non si limita a garantire la possibilit di ascoltare la radio, ma di poterla anche capire e contribuire attivamente a farla.

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3. CONCLUSIONI

Questo quadro sulla situazione radiofonica africana ci regala un seme di speranza. Attraverso la radio sono stati commessi crimini atroci, ma questo purtroppo il lato della medaglia da cui nemmeno loccidente si salva. Certo che la radiofonia lunico mezzo di comunicazione che ha veramente rotto la bolla di silenzio attorno cui sempre stata avvolta lAfrica. La strada ancora lunga e tortuosa, ma come riuscita ad imporsi la radio, cos riusciranno ad imporsi anche gli altri media: stampa,televisione e internet. Con laiuto delloccidente il continente dimenticato da Dio potrebbe ricordare a tutti che esiste e cominciare a splendere. La censura, la propaganda, il rischio di dire la verit sono problemi che, in modo molto minore, continuano ad investire anche i paesi liberi. Il continente nero pu in questo senso darci anche una lezione. Dovremmo imparare infatti dai coraggiosi giornalisti africani e non che in nome della libert di espressione mettono in gioco la propria vita, in una societ in cui sono ancora troppi quelli che si limitano ad osservare le cose da lontano adagiandosi sugli allori di unillusione di libert che non verr ad ucciderli sulla porta di casa.

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BIBLIOGRAFIA
Africa & Media - Giornalismi e cronache nel continente dimenticato Prefazione di Romano Prodi; con un inedito di Ryszard Kapuciki, A cura di Mauro Sarti

LINK

www.giornalettismo.com www.nigrizia.it www.allafrica.com http://www.iq2rd.it/?p=1028

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