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Un percorso

… nel tempo della morte

padre Danio Mozzi


Il lutto e
le altre perdite della vita

La morte di una persona significativa


si situa nell’ambito delle esperienze di perdita
che l’individuo vive durante tutta la sua esistenza.
CORDOGLIO
È la risposta emotiva
suscitata dalla perdita di una persona.

Deriva dal latino cordolium,


composto da cor (cuore)
e dolere (provar dolore).
IL LUTTO

Riguarda i segni visibili esterni,


i comportamenti sociali e le ritualità religiose.

Deriva dal latino lugere = piangere.


“Essere in lutto”
è lo status psicosociale della persona
che ha subito una perdita
affettivamente significativa
LE CAUSE
Una domanda di senso
che spesso ci si pone
davanti alla sofferenza
è legata alla motivazione stessa
del soffrire:
perché si sta così male
quando una persona cara muore?
Questo interrogativo,
come la sua risposta,
nascono da una caratteristica intrinseca
all’essere umano:
il suo desiderio profondo
di non esser solo
e di stabilire legami
con gli altri esseri umani.
“Il dolore del cordoglio
fa parte della vita
esattamente quanto la gioia dell’amore;
esso è, forse, il prezzo che paghiamo
per l’amore, il costo del coinvolgimento.”

(John Bowlby )
* Il lutto anticipato: Il processo elaborativo della perdita incomincia
quando la morte si annuncia: prima come minaccia alla scoperta di una
malattia grave, poi durante l’iter delle cure e degli interventi e ancor più
nella fase terminale della vita.

* Il lutto ritardato: quando le persone inizialmente sembrano mantenere


il controllo della situazione senza manifestare i segni di sofferenza, si
gettano in attività frenetiche per non concentrarsi sull’accaduto. Passato
del tempo dalla perdita della persona cara, basta un ricordo o
un’immagine per scatenare il cordoglio irrisolto.
* Il lutto cronico: il superstite si trova nell'impossibilità di accettare la
perdita relazionale, assorbito da costanti ricordi e incapace di reinserirsi
nel tessuto sociale. Il lutto cronico si caratterizza per reazioni molto
intense, collera o risentimento anche dopo tanto tempo,
nell’anniversario della morte, la difficoltà di trovare conforto nei parenti
o amici, il desiderio di tenere presente la persona scomparsa tutti i
giorni (mummificazione).

* Il lutto patologico: trova espressione in esaurimenti nervosi,


iperattività senza sentimento di perdita, prolungamento eccessivo della
tristezza, forte senso di colpa, rabbia e abbandono, deterioramento
grave delle attività quotidiane, sintomi ipocondriaci o di identificazione
con l’estinto, nella dipendenza da farmaci, dall’alcool o da stupefacenti,
etc.
Margaret Stroebe e Henk Schut

Il modello del processo duale del lutto di Stroebe e Schut


mostra l’oscillazione che le persone in lutto si trovano a sperimentare
tra il dolore della perdita
e l’evitare il dolore e quindi a negare la perdita
L’oscillazione fra il dolore e l’evitamento del dolore
del sistema di attaccamento dipende da due fattori:

a) La qualità della relazione di attaccamento fra i partner


(la persona deceduta rappresentava una fonte di sicurezza?)

b) La qualità delle relazioni che il partner sopravvissuto


ha stabilito e stabilisce con gli altri adulti
(le relazioni preesistenti e quelle attuali sono sufficienti
per provvedere ad un senso di sicurezza e conforto
della persona sopravvissuta?)

Se ci si ferma ad una sola delle due polarità, senza alternanza,


si può generare un lutto traumatico
A differenza dei modelli a fasi,
dove la persona sofferente e ormai quasi totalmente passiva
è immersa nel processo dell’elaborazione che non governa,
in questo modello l’intenzionalità è molto limitata,
ma al passare del tempo assume un valore più marcato.
Le emozioni che sono legate ai due poli si addolciscono,
non sono più antitetiche ma possono incominciare ad intrecciarsi:
si inizia a progettare un viaggio senza la persona amata.
Elisabeth Kübler-Ross 8 luglio 1926, Svizzera
24 agosto 2004, Stati Uniti

Nel 1970 Elisabeth Kübler-Ross, psichiatra,


ha elaborato un modello in 5 fasi
che permette di elaborare le dinamiche mentali
più frequenti di una persona malata terminale.
Sono fasi e non stadi
possono ripresentarsi più e più volte,
con diversa intensità e senza un ordine preciso,
poiché le nostre emozioni
non seguono uno schema deterministico rigido.
Dinamiche frequenti nella malattia terminale
John Bowlby Londra, 26 febbraio 1907
Isola di Skye, 2 settembre 1990

Sosteneva che «l’attaccamento è parte integrante del


comportamento umano dalla culla alla tomba».
La teoria dell’attaccamento propone un nuovo
modello in grado di dare indicazioni generali su come
la personalità di un individuo cominci ad organizzarsi
fin dai primi anni di vita.
Fornisce un supporto valido per lo studio di
fenomeni legati a storie infantili di gravi abusi e
trascuratezza, correlate con lo sviluppo di un ampio
spettro di disturbi di personalità, sintomi dissociativi,
disturbi d’ansia, depressione e abuso di sostanze
alcoliche e stupefacenti.
Fasi del lutto secondo Bowlby
Torpore: immediatamente dopo il decesso. La persona appare bloccata
nel tentativo di fermare il tempo, fase di shock e di negazione
Struggimento e ricerca: il dolore psichico è intenso e la persona si sente
disorientata. Prova sentimenti di rabbia e un senso d’impotenza
Disorganizzazione e disperazione: la persona ricorda in continuazione il
proprio caro deceduto e incomincia ad accettare la realtà
Riorganizzazione: la persona incomincia a ripensare il proprio futuro,
interiorizzando l’immagine della persona morta che non perderà mai
Jean Monbourquette, OMI Iberville, 4 ottobre 1933
Ottawa, 28 agosto 2011

L’autore canadese
descrive il processo del lutto
suddividendolo in otto tappe
① Lo shock
È il primo impatto che la nostra mente e il nostro corpo hanno
con la nuova situazione di lutto.
② La negazione
Non si vuole accettare la nuova realtà
determinata dalla perdita della persona cara
e quindi tutto viene negato,
quasi fosse solo un brutto sogno.

• ma sei sicura?
• ma stai scherzando?
• dimmi che non è vero …
• continuo a chiamarlo sul cellulare … ma non mi risponde …
③ Manifestare emozioni e sentimenti
Si comincia a prender confidenza con le sensazioni,
le emozioni, gli stati d’animo
che accompagnano la nostra situazione di lutto.
④ Presa di coscienza dei doveri annessi al lutto
Si prende coscienza di ciò che comporta,
anche a livello sociale,
il lutto subito.
⑤ Scoperta del significato della perdita
La persona inizia a dare un significato proprio al lutto vissuto.
⑥ Perdono reciproco
Il perdono per sé e per la persona persa
è fondamentale nel percorso di elaborazione del lutto.
⑦ L’eredità
Si riflette su ciò che la persona defunta,
in termini affettivi e relazionali,
ci ha lasciato.
⑧ La celebrazione della fine del lutto
La persona sente di essere uscita
dal tunnel della sofferenza
per la perdita del proprio caro.
La morte e i bambini
I bambini incontrano la morte

Il contatto con la transitorietà della vita porta anche i bambini


a prendere consapevolezza con la sofferenza, la morte, il lutto

• In natura (piante, insetti, animali)


• In famiglia (nonni, genitori, zii, fratelli e sorelle, cugini)
• In se stessi (malattia)
• In società (vicini di casa, compagni di scuola, amici, conoscenti)
• In TV (film, notizie)
• In Internet e nei videogiochi
Fasi della fanciullezza
e reazioni alla morte
I neonati fino ai 3 anni
Si sentono generalmente molto confusi
e non comprendono del tutto ciò che sta accadendo attorno a loro,
hanno bisogno di essere rassicurati,
abbracciati, baciati e coccolati.
Non sanno ancora cosa significhi «perdita»
e possono soffrire anche tanto.
A tre anni non comprendono ancora
le spiegazioni degli adulti.
I bambini più piccoli 3 – 5 anni
Essi vedono la morte come una partenza momentanea,
pensano che la persona morta ritornerà. Provano paura di separazione.
Sono generalmente abituati a guardare cartoni animati
in cui il loro eroe viene schiacciato o cade in un burrone,
ma dopo ricompare vivo e pronto per nuove avventure.
Quando la morte li interessa da vicino, vivono intensamente la perdita,
il dolore perché sono già in grado di capire che cosa sia la sofferenza.
I bambini intorno ai 5 anni si mostrano spesso incuriositi
dagli aspetti corporei e biologici della morte (insetti, animali).
I bambini tra i 6 e gli 8 anni
Hanno un’idea più realistica della morte come evento «definitivo»
ma non sono in grado di capire e identificare le loro emozioni associate.
Potrebbero regredire in abilità precedentemente acquisite
e diventare aggressivi con i compagni
o sfogare la loro rabbia verso giocattoli
o altri oggetti a portata di mano.
Di solito esprimono interessamento
per quegli aspetti che riguardano i funerali
ed il rito della sepoltura ma prevalgono
insicurezza e paura
I bambini tra gli 8 e gli 11 anni
Vedono la morte come la fine delle funzioni vitali,
per esempio come assenza di respiro o di battito cardiaco.
Si pongono delle domande sui misteri della vita e della morte.
Anche a questa età i bambini non sanno riconoscere in modo chiaro
le emozioni che provano e potrebbero esprimere rabbia e dolore
con i compagni o con i familiari
attraverso comportamenti aggressivi
o tipici di quando erano più piccoli
(regressione).
I preadolescenti
Sono in grado di comprendere la morte in maniera obiettiva,
in termini adulti, vanno pertanto trattati come tali,
ricordando che spesso hanno difficoltà
a gestire ed esprimere emozioni,
sentimenti, pulsioni,
proprio come accade negli adulti.
Nascondono le loro paure
dietro al cinismo.
L’adolescenza
È la fase di passaggio forse più critica della vita,
in cui in un tempo relativamente breve
avvengono le maggiori trasformazioni:
fisiologiche, psicologiche, emotive.
L’attività ormonale degli adolescenti è accelerata.
Il corpo cambia forma rapidamente a abbandona i suoi tratti infantili,
diventa urgente la ricerca della propria identità.
Inizia intorno ai 13 anni il processo di separazione dai genitori.
Per un adolescente la morte si configura come un’esperienza
particolarmente difficile, portatrice di ulteriore caos e confusione.
Gli adolescenti non sono pronti né per la morte di una persona amata,
né per le emozioni e le reazioni che questa suscita in loro.
Nel loro modo di pensare, «muoiono solo le persone anziane»:
loro stessi e quanti vivono loro accanto sono invincibili, immortali.
Tanto più se la perdita si presenta in maniera improvvisa
si può avere negli adolescenti un prolungato senso di irrealtà,
il bisogno di rifugiarsi in un mondo parallelo, “come se” niente fosse.
È probabile che gli adolescenti si esprimano manifestazioni di rabbia
più che di tristezza, non solo perché la rabbia tiene a bada
e nasconde il dolore, ma anche perché è un’emozione
con la quale hanno più familiarità.

Esistono naturalmente delle differenze se il lutto insorge


nella prima adolescenza, dai 12 ai 14 anni,
quando dipendono ancora largamente dalle figure genitoriali e adulte,
o invece nella seconda adolescenza tra i 14-18 anni,
quando il mondo esterno, in particolare il gruppo dei pari,
diventa molto significativo e punto di riferimento.
E se muore un genitore?
Il genitore sopravvissuto deve comunicare la morte ai figli
il più presto possibile perché lascerebbe in essi la percezione
che gli adulti non li hanno considerati così importanti
Il dilazionamento nel tempo favorisce la chiusura in se stessi
e il risentimento, la sfiducia nei confronti degli adulti.
Dopo la morte i ruoli in famiglia vengono modificati
finché si riesce a stabilire un nuovo equilibrio.
Può succedere che il fratello maggiore assuma la responsabilità dei piccoli.
E se morisse mio fratello?
Quando mio fratello era ricoverato io mi sentivo escluso dalle vicende
e di me si prendeva cura il nonno. Raramente mi portavano in ospedale
a vedere mio fratello; ci rimanevo male a vederlo senza capelli.
Mi mancavano mamma e papà, erano interessati solo a lui.
Una volta gli ho chiesto di andare al parco e mi hanno risposto:
«Ma come, con tuo fratello in queste condizioni tu vuoi andare al parco?
Pensa che lui è in ospedale e invece tu stai bene!».
Mi diceva sempre che dovevo comportarmi bene
Perché loro dovevano occuparsi di mio fratello molto malato.
Sembra che la vita possa riprendere ma non è più come prima.
C’è un vuoto a cui rivolgere lo sguardo, il figlio non c’è più.
Si riscontra a volte un momentaneo rifiuto dei genitori
a prendersi cura dei figli rimasti.
Se i figli sono più di uno spesso si attivano fenomeni di solidarietà
tra di loro per attivare risorse e coesione nelle difficoltà.
A volte, nei casi patologici, nasce una psicosi
quando la madre tratta il figlio in vita come se fosse quello morto.
I bambini cercano delle risposte
• Porre attenzione alle domande del bambino e non rimandare il parlarne
• Cercare di capire cosa vuol sapere il bambino e rispondere in modo adatto
• Chiedere sempre al bambino se è soddisfatto della risposta data
• Ammettere di non sapere o non capire, anche se siamo adulti
I bisogni dei bambini in lutto
Per poter affrontare il lutto per una persona cara, hanno bisogno di avere:
• I propri genitori
• Una persona di fiducia
• Un ambiente sicuro e protettivo
• Informazioni sulle cause della morte e su come è avvenuta
• La certezza che non sia per colpa loro che è morta la persona amata
• Occasioni per ricordare la persona amata
• La sensazione di essere presi sul serio
Non bisogna aspettare che la morte si verifichi
per iniziare a educare i piccoli
all'elemento che tutti ci accomuna: la mortalità

Gaspare Barbiellini Amidei scriveva così:


«Una educazione che cancelli alla radice
gli interrogativi eterni dell’uomo:
Perché vivo? Perché soffro? Perché si muore?
Poggia su un terreno mediocre e friabile»
Bambi

La piccola fiammiferaia
Quando si parla al bambino
di qualcuno che è morto
è importante pensare
alle parole opportune da usare
«Anche se piangi, chi è morto non torna in vita, quindi non piangere»

«Chi è morto non torna più indietro, quindi bisogna che andiamo avanti»

«Smettila di piangere! Non sei mica una femminuccia!»

«Dai, ormai è già passato tanto tempo, dovresti aver già superato il dolore»
«La mamma e il papà hanno perso un bambino...»

«ma mamma, non ti ricordi dove lo avete lasciato?»


(Lorenzo 3 anni e mezzo)
«Mirco, papà ci ha lasciato …»

«E dove è andato? Dimmelo, così io corro e lo inseguo»


«Ma se papà ci ha lasciato, vuoi dire che non ci voleva bene»
«Il nonno è volato in cielo»

Potrebbe far nascere tanta paura


per utilizzare aerei, elicotteri …

È una espressione difficile da capire


per un bambino che ha appena visto il nonno essere seppellito sotto terra.
«La nonna è partita per un lungo viaggio»

Il bambino potrebbe sperare che la nonna prima o poi ritornerà,


Potrebbe provare una paura inconscia
di affrontare viaggi oltreoceano.
Potrebbe svilupparsi in lui
un forte senso di abbandono
o un senso di colpa:
«La nonna è andata via per colpa mia»
«Sai, lo zio sta dormendo un lungo sonno»

Potrebbe provare una grande paura di dormire


poiché il sonno lo ha privato dello zio.
«Il nonno è morto perché era ammalato»

Potrebbe creare in lui forti paure, ansie


e idee sbagliate riguardo alla malattia.
Potrebbe preoccuparsi eccessivamente
quando lui o altri stanno poco bene,
anche per semplici malesseri.
«La nonna è andata all’ospedale ed è morta»

È un’espressione che
può provocare ansia per gli ospedali
e l’idea che se qualcuno ci va
poi morirà.
«Dovrai essere gentile con la tua mamma,
d’ora in poi, sarai tu l’uomo di casa»
«Se la mia sorellina è in cielo con gli angeli
allora, mamma, voglio andare anch’io con lei»
«La mamma è andata da Gesù»
«Papà era talmente meraviglioso
che Dio l’ha voluto con sé in Paradiso»

Nei figli potrebbe provocare rancore contro Gesù.


«Se far morire è un modo per voler bene
preferisco che Dio mi voglia male»
«È la volontà di Dio»

Crea nel bambino immagini ed idee confusive di Dio.


Qual è la sua volontà?
«Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza».
Gv 10, 10b

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