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maurizioblondet.it/leggere-rileggere-stampare/
C’è chi si diverte. Gioca con il telecomando che muove le masse a compiere gesti
conformi e ha scoperto che funziona a meraviglia. Gli omini telecomandati si muovono
secondo impulso da remoto, obbedienti, ligi, e contenti di essere cittadini modello. Per i
riottosi basta sventolare la minaccia del TSO e anche loro, obtorto collo, si adeguano. In
ogni caso, c’è sempre l’esercito pronto a schierarsi per mantenere l’«ordine», il nuovo
ordine.
L’esperimento dunque dimostra che i terminali non soltanto rispondono, ma ormai già
hanno introiettato la prima serie di comportamenti conformi, divenuti gesti rituali.
Per entrare in un qualsiasi posto che non sia casa propria – ma presto nel
grande panopticon digitale sarà controllata anche quella – ci si mette in fila per uno,
socialmente distanziati, e si aspetta il proprio turno per disinfettare le mani, farsi
puntare la pistola laser alla fronte, declinare le generalità, fornire i propri recapiti e
autocertificare il proprio presunto stato di salute fino a prova contraria.
SE il telecomandante inserisse altre funzioni – tipo fare una piroetta sul posto, cinque
flessioni, tre salti su una gamba sola, intonare la prima strofe di bella ciao – il bravo
cittadino eseguirebbe, grato a chi vigila sulla sua incolumità senza, bontà sua, trascurare
il fitness.
Il telecomando funziona così bene perché è alimentato dalle pile potenti della paura.
Agitare lo spauracchio della malattia potenzialmente mortale risveglia il terrore atavico
per la pestilenza e, specie in un popolo privato di ogni appiglio trascendente, riesce a
ottenere uno stato di sudditanza perfetta, perché consenziente. Anzi, devota.
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Riproducendo i connotati della società degli uguali, irenista e omogeneizzata, anche la
comunità scolastica degli uguali in divenire non ammette dissidenze né di pensiero
né di comportamento. Piccoli schiavi crescono. E mica da oggi, ma da ben prima della
cosiddetta pandemia, anche se nessuno se n’era accorto.
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assicurare che le operazioni si svolgano senza intralci, sia mai qualcuno non si
sottomettesse volontariamente ai trattamenti sanitari prescritti (sempre dal Comitato
dal quale tutto si muove e al quale tutto si riconduce).
E uno non può nemmeno prenderla troppo sul ridere, considerando il tutto come una
straordinaria prova di umorismo involontario perché, andando avanti nella lettura del
documento, la voglia di ridere gli passa: dopo vari sproloqui, che tra le altre belle cose
tornano a confermare l’uso obbligatorio della mascherina sopra i sei anni – salvo che
per i pasti (sic!) e l’attività fisica – i tecnoscienziati del Comitato sottolineano «il ruolo
degli esercenti la responsabilità genitoriale nel preparare e favorire un
allenamento preventivo ai comportamenti responsabili degli studenti».
Ri-educazione civica
Ma questa particolare «responsabilità» a cui tutti saremmo chiamati, e che
costituisce conditio sine qua non per essere ammessi nel consesso sociale pacificato,
non nasce dal nulla: è figlia della obbedienza a cui deve essere forgiato fin dalla prima
infanzia lo scolaro programmato per diventare il «cittadino globale» (ovvero l’apolide
cosmopolita) del terzo millennio.
Nessuno pare rendersi conto del processo prepotente attraverso il quale si sta svuotando
la scuola italiana di ogni contenuto propriamente culturale, cannibalizzando tempo e
spazio all’insegnamento e allo studio delle materie fondamentali, per incrementare
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correlativamente l’indottrinamento obbligatorio al pensiero unico e al suo
incondizionato ossequio.
Con la riforma che introduce la nuova educazione civica obbligatoria (legge 20 agosto
2019 n. 92) è stato ufficialmente creato uno straordinario ulteriore veicolo di
propaganda. Sfruttando una etichetta familiare associata nel comune sentire a un
significato buono e a un insegnamento edificante si introdurrà, di fatto, tutto il
pacchetto di dogmi del vangelo globalista.
Tutto ruota, appunto, intorno a quella Agenda ONU 2030 sullo sviluppo sostenibile
alla quale i vari fu ministri della fu pubblica istruzione si sono tutti votati con inusitato
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trasporto. Già la signora Fedeli – che ora siede nel CdA della Fondazione Agnelli e da lì
può continuare con profitto la sua opera su quella scuola da lei non troppo frequentata
– aveva stanziato qualche centinaio di milioni di euro per il potenziamento della
educazione alla cittadinanza globale all’interno della Agenda 2030, statuendo con
solennità degna del tema che «l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite impegna tutte e
tutti (rigorosamente così declinati) a correggere la rotta dello sviluppo […] Ci impegna
a farlo non in un orizzonte nazionale, ma in un’ottica globale. Ci ricorda che, ben
prima di essere cittadine e cittadini (rigorosamente così declinati) di una nazione,
siamo cittadine e cittadini (ancora) del mondo. Questo investimento è un passo
importante verso l’obiettivo di fare del sistema di istruzione uno dei principali agenti
di cambiamento per la realizzazione degli obiettivi della Agenda 2030».
Quella di cui sopra, dunque, sarà la desolante cornice che connoterà insegnamenti e
apprendimenti nella scuola che verrà, per ogni suo ordine e grado, ovvero dai tre anni
in su, secondo la nota filosofia del Life Long Learning (cioè TreeLLLe). E sarà una
nuova autostrada di accesso per una pletora di «esperti» esterni, personaggi senza arte
né parte ma organici al sistema, a libro paga del contribuente, con licenza di entrare
nelle classi e pontificare la propria «esperienza» rapinando ore alle materie curricolari
(insegnanti, vi va bene così?).
Una bella cartolina di questa santa alleanza ritrae il segretario di stato Parolin al
Bilderberg 2018, così come tante istantanee immortalano la corrispondenza di
amorosi sensi tra Bergoglio e la Fedeli coltivata durante tutto il ministero della
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intraprendente signora diversamente istruita, autrice tra l’altro della prefazione del
saggio di Bergoglio sulla educazione dal suggestivo titolo Imparare a imparare (edito
dalla Marcianum Press fondata dal cardinale ciellino Angelo Scola).
Ecco che ora finalmente il capo della chiesa postcattolica mette a tema la necessità di
«ricostituire il patto educativo globale per costruire il futuro del pianeta», come da
decalogo mondialista risultante dal combinato disposto della Agenda ONU 2030 e della
enciclica Laudato sì, due facce della stessa medaglia.
Egli invita dunque in Vaticano «i rappresentanti delle principali religioni, gli esponenti
degli organismi internazionali e delle istituzioni umanitarie, scienziati e pensatori,
economisti, educatori, sociologi e politici, artisti e sportivi», per sottoscrivere «un
patto educativo globale che educhi alla solidarietà universale, a un nuovo
umanesimo». «Per capire quanto urgente sia la sfida che abbiamo davanti – dice
– bisogna puntare sulla educazione» poiché «dobbiamo fondare i processi educativi
sulla consapevolezza che tutto nel mondo è intimamente connesso ed è necessario
trovare altri modi di intendere l’economia, la politica, la crescita e il progresso». E
conclude: «Faccio appello a tutte le personalità pubbliche che a livello mondiale sono
già impegnate nel delicato settore della educazione delle nuove generazioni, occupano
posti di responsabilità e hanno a cuore il futuro delle nuove generazioni. Ho fiducia
che accolgano il mio invito. E faccio appello anche a voi giovani a partecipare
all’incontro e a sentire tutta la responsabilità nel costruire un mondo migliore».
A occhio accorreranno in molti a Roma, molti infatti hanno «a cuore» il futuro delle
nuove generazioni, di sicuro anche noti filantropi pieni di buona volontà e tanto attivi
sul fronte sanitario ed educativo.
La scuola della DAD, delle app e delle piattaforme; la scuola delle mascherine e dei
corridoi a senso unico alternato; la scuola adibita a presidio sanitario in cui
somministrare test a tappeto e magari farmaci obbligatori; la scuola della nuova
educazione civica di Stato; la scuola degli «esperti» esterni muniti di patente a norma
europea e di certificato di sana e robusta fede politica e religiosa; la scuola del voto in
devozione ai dogmi del komitato tecnico-scientifico; la scuola dell’ONU e della
cittadinanza globale; la scuola di Bergoglio, del suo culto e dei suoi affiliati; la scuola dei
burocrati, dei nani e delle ballerine; questo carrozzone da circo che caricherà a bordo i
nostri figli, semplicemente non è più una scuola: è un allevamento intensivo di
umanoidi senz’anima, pronti per essere fagocitati dal dispositivo elettronico che viene
loro graziosamente fornito in dotazione.
Elisabetta Frezza
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