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Nella nostra società che ormai idealizza il concetto più ampio di democrazia,
l'uomo recita una parte fondamentale; questo lo può fare poiché libero di
scegliere. La libertà per l'uomo è un concetto assai complesso e vario poiché lo si
può analizzare sotto diversi punti di vista (fisico, ideale...). La vera libertà, l'uomo
la conquista nel rinascimento poiché fino a quel momento la figura umana
appariva come un piccolo ingranaggio di una immensa macchina e quindi non era
"padrone" di poter usufruire della propria vita a piacer suo.Col rinascimento
invece la figura umana acquista una certa importanza poiché per la prima volta si
riconosce all'uomo il diritto di plasmare la propria vita; infatti si raggiunge la
convinzione che la vita umana non è decisa prima ma è l'uomo stesso che la
cambia nel momento in cui compie delle scelte.Secondo me l'uomo moderno lo si
può definire "uomo libero" anche se sotto alcuni punti di vista è diventato schiavo.
L'uomo moderno è libero da un punto di vista burocratico poiché libero di
scegliere, professare la propria religione, esporre la propria idea e poter scegliere
ciò che ritiene meglio per se ovunque o in ogni modo nella stragrande
maggioranza degli stati civilizzati.L'uomo moderno sotto molti altri punti di vista
però è schiavo; anche se sostanzialmente è una dolce schiavitù: la schiavitù delle
comodità. Proviamo un attimo a pensare di dover rinunciare al nostro amato
telefonino o alla televisione. Impossibile! Proprio così ormai siamo diventati
schiavi delle comodità sembriamo incapaci di rinunciarci e pensiamo remoti i
tempi in cui nelle case non arrivava la corrente elettrica oppure quando i
telefonini ancora non esistevano.Secondo me l'uomo moderno sta commettendo
un errore gravissimo cioè quello di diventare schiavo del concetto di libertà;
sembra quasi paradossale ma è tragicamente vero poiché gli uomini si lamentano
della condizione in cui vivono e pretendono di violare le poche regole che ancora
resistono perché secondo loro queste oppongono un ostacolo alla vera libertà.
L'uomo moderno infatti pretende di poter fare ciò che vuole poiché a modo suo
solo quella è la vera libertà; non si rende conto dell'importanza delle regole che
bisogna rispettare poiché, affinché vengano rispettate le libertà di tutti bisogna
porre dei limiti. Per vivere in una società libera bisogna rispettare delle regole
semplici e basilari che permettono a essa di non degenerare e di non regredire
fino ad arrivare all'anarchia cioè al caos completo.Concludo dicendo che la libertà
è una delle maggiori conquiste dell'uomo che deve difenderla sia da chi vuole
opprimerla sia da chi vuole che essa degeneri poiché per poter vivere bene c'è
bisogno di regole e soprattutto c'è bisogno che queste regole vengano rispettate
da tutti.
LA LIBERTA’
Fortunatamente, viviamo in un Paese libero e democratico, la cui
validità è fondata, come dice la Costituzione sul lavoro e
sull'impegno di ognuno di noi. Il fondamento essenziale per una
vera democrazia consiste nella partecipazione di tutti alla vita
politica della propria nazione. Se democrazia significa governo
del popolo, questo vuol dire che tutti dobbiamo sentirci
coinvolti in ciò che il governo fa o decide, negli errori che
compie, negli inganni in cui si lascia trascinare, nelle truffe che
alcuni suoi rappresentanti tramano ai danni dei cittadini.
Invece, spesso prevale il disinteresse, l'abitudine, il "quieto
vivere". Allora invece della partecipazione, mettiamo in atto il
totale disimpegno. Tutti affermiamo di volere una società più
onesta e giusta e molti, a tal fine, propongono l'uso della
violenza, della rivoluzione, dei cambiamenti totali e definitivi.
Da una reazione simile, in realtà, non può nascere altro che un
potere autoritario e quindi oppositore della libertà e della
democrazia.Che la violenza produca giustizia è una pericolosa
quanto mai diffusa illusione: è un mito, una falsa storia. In
realtà, la violenza non produce giustizia perché uccide la libertà
e produce solo insicurezza e paura. E l'insicurezza e la paura
generano, come la storia ci insegna, il terrore; e dietro allo
stato del terrore c'è sempre in agguato un Napoleone. La paura,
dunque, è la madre del potere assoluto, dello stato totalitario.
E nello stato totalitario a decidere su ciò che è giusto e su ciò
che è ingiusto è chi ha il potere assoluto, senza che si possa
criticare. Anzi, nello stato totalitario, chi critica viene
eliminato; nello stato totalitario chi ha il potere, ha anche il
potere di decidere cos'è la giustizia. Queste sono, dunque, le
conseguenze della violenza: è proprio vero che la violenza
genera altra violenza. E, in genere, una violenza genera sempre
una violenza più grave. Ed ecco, dunque, perché le istituzioni
democratiche debbono venire considerate come il bene più
grande di una comunità, come la sua più alta conquista civile, da
amare e difendere.In democrazia non ci sono nemici da
abbattere, ci sono avversari con i quali discutere e competere
civilmente. Ma le istituzioni democratiche sono come una
fortezza: resistono se è buona la guarnigione. E la guarnigione è
fatta dai governanti e dai governati. Ai governanti deve stare a
cuore soprattutto la giustizia, la giustizia distributiva. È
l'attenzione ai problemi urgenti, quali la casa, la sanità,
l'occupazione, lo sradicamento della miseria e dell'ignoranza, la
prevenzione dal crimine, la difesa dell'incolumità di ogni singolo
cittadino, a caratterizzare una politica razionale e
responsabile. Più che politicizzare la morale, occorre
moralizzare la politica. E, d'altro canto, la responsabilità dei
governati sta nella loro vigile attenzione indirizzata alla
salvaguardia delle istituzioni, nel controllo dei governanti, nella
denuncia degli eventuali errori di questi, nella loro rimozione
senza spargimento di sangue, nello stimolare i governanti a
produrre leggi sempre più giuste. Il cattivo funzionamento delle
istituzioni, cioè la difesa da parte dei governanti di leggi
ingiuste, è una continua sfida alle istituzioni stesse. E lo è,
perché se, all'interno delle istituzioni, si rovesciano sui
governati leggi ingiuste, se i governanti deludono le attese dei
governati, questi ultimi, pressati da necessità reali e urgenti e
spinti da profeti irresponsabili, possono essere tentati di
rovesciare le istituzioni.Ma le istituzioni democratiche sono il
bene più prezioso di una comunità. Finché esse esistono, è
possibile la critica da parte dei singoli e dei gruppi al fine di
migliorare le istituzioni stesse. Finché esistono le istituzioni,
tutto può essere criticato e migliorato, qualsiasi legge può
essere abrogata o migliorata, qualsiasi proposta può essere
discussa, corretta, perfezionata, accettata, respinta. Insomma:
finché esiste la libertà, incarnata e protetta dalle istituzioni,
possiamo raggiungere anche la giustizia, cioè leggi sempre più
giuste. Ma se crollano le istituzioni, crolla la libertà. E in un
paese non libero, la giustizia non sarà più possibile, perché la
critica, il dissenso, proposte alternative e pubblici controlli
saranno proibiti.La difesa delle istituzioni è un dovere di tutti e
di ognuno. La giustizia è la difesa più consistente della libertà:
giacché, se non ci sarà giustizia, gli uomini vivranno nella
continua tentazione di vendere la loro e l'altrui libertà a chi
questa giustizia promette. E d'altra parte, se non ci sarà
libertà, non ci sarà nemmeno la giustizia: il potere totalitario ha
avuto, ha e avrà sempre i suoi servi privilegiati. Giustizia e
libertà sono, quindi, strettamente collegate tra loro, dato che
attraverso le istituzioni democratiche, che dovrebbero
garantire le libertà dei cittadini, si può ottenere una giustizia
non illusoria.Occorre, quindi, che ci sia l'effettiva volontà di
tutti per cambiare rotta, per permettere a questa nostra
democrazia, un po' logora, di funzionare meglio. L'unica arma da
usare è quella della partecipazione, cioè della comune
responsabilità, intesa come strumento di democrazia autentica.
Partecipare significa anche poter esigere correttezza da chi è
stato eletto.