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domani 2 | trascrizione dei brani audio (esercizi)

modulo uno | unità 3 | traccia 1


Quindi abbiamo deciso che nella prossima primavera, il 14 di maggio noi non ci sposeremo e siete tutti invitati
al nostro “non matrimonio”.

modulo uno | unità 3 | traccia 2


Ciao, io sono Alessio, ho 33 anni e la mia amica si chiama Marianna e ne ha altrettanti.
Siamo da molto tempo convinti che… almeno io e lei… non ci sposeremo, e siamo altrettanto arrabbiati e
troviamo profondamente ingiusto che i nostri amici si debbano sposare e poi si ritrovano a casa, soprattutto
questo aspetto: lavatrici, aspirapolveri, televisori, sterei, divani, arredamenti di design e quant’altro, che sono i
regali delle liste di nozze.
Allora abbiamo deciso di istituire il “non matrimonio”. O meglio, del resto il matrimonio che cos’è? Due persone
che chiamano altre persone a partecipare a una promessa, a una decisione, quella di sposarsi. Noi vorremmo
fare altrettanto finalmente.
Quindi abbiamo deciso che nella prossima primavera, il 14 di maggio noi non ci sposeremo e siete tutti invitati
al nostro “non matrimonio”. Il rito sarà un qualcosa… molto probabilmente fuori dal Campidoglio per sottolineare
che è un “non matrimonio” e quindi un’unione fuori dal comune. Non saremo dichiarati Marito e Moglie, non ci
prometteremo fedeltà eterna e non ci scambieremo gli anelli ma per il resto vorremmo gli stessi invitati, una
bella lista di nozze e dei regali per poterci aiutare affinché i nostri amici e i nostri parenti ci aiutino in questo
percorso che non faremo insieme. Siamo convinti di questo, a quel punto… c’è una certezza su tutto: che non ci
lasceremo mai!
Se ci sposiamo, a quel punto è considerato divorzio nel “non matrimonio”. Funziona così. Quando si sta da soli e si
decide di non sposarci è tutto più difficile. I regali veri ce li meritiamo noi. Abbiamo comunicato ai nostri genitori la
data del nostro “non matrimonio”; ogni genitore si commuove quando sa che il proprio figlio non si sposa. Sono
convinto che mamma e papà sicuramente si commuoveranno quando diremo il fatidico no ma sarà bello così.

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domani 2 | trascrizioni dei brani audio (esercizi)

modulo due | unità 4 | traccia 3


L’idea di questo libro mi è venuta una sera d’estate incontrando per caso, a una festival letterario in Italia, una
persona, un mio vecchio compagno di università che all’inizio non avevo neanche riconosciuto e che mi ha
riportato, così, indietro ai ricordi di quando noi facevamo l’Università, a Giurisprudenza, a Bologna, nei… alla
fine degli anni Settanta. Quegli anni coincisero con una grande esplosione di rivolta e di protesta giovanile: il
movimento del 1977, che fu forse l’ultima grande stagione di impegno di massa giovanile in Italia, di
politicizzazione dei giovani. Però questo non è poi solo un libro sul ’77, anzi. È un libro sull’avere vent’anni,
avere vent’anni e averne cinquanta trent’anni dopo. Perché? Perché insieme a quell’amico che incontrai
cominciammo a ripensare al nostro passato, a ripensare come eravamo e a chiederci come siamo trent’anni
dopo, che cosa è rimasto dei sogni, delle speranze, delle… delle passioni e anche delle illusioni di un giovane
di vent’anni, che negli anni Settanta faceva politica, che vedeva il mondo in un certo modo… che cosa ne è
rimasto trent’anni dopo, oggi. Eh… E così in certo senso, dopo quell’incontro in una sera d’estate con uno di
questi compagni di Università, sono partito, in una sorta di viaggio dalle Alpi alla Sicilia. Perché a Bologna in
quelle… in quegli anni, nel 1977 e seguenti, arrivavano studenti, letteralmente, da ogni regione d’Italia. E il
nostro gruppo: il Collettivo Politico Studentesco, come si diceva allora; come, diciamo, una specie di cellula del
movimento nella Uni… nella facoltà di Legge… nel nostro gruppo c’erano studenti di ogni regione italiana.
Letteralmente: non ne mancava nessuna. Così come di ogni colorazione politica, in un certo senso… della
Sinistra: dai Socialisti all’Autonomia Operaia. Con qualcuno di quegli studenti io sono rimasto amico nel corso
degli anni, non li avevo persi di vista, anche perché alcuni di loro si sono fermati a Bologna, la mia città natale.
Ma tanti altri se ne sono andati e sono partiti. Sono tornati alle città di origine o sono finiti da un’altra parte,
come è capitato a me, che, due anni dopo avere finito l’Università, partii, me ne andai in America, e da allora,
dal 1980, quindi da 27 anni, non vivo più permanentemente nel mio Paese, portato in giro per il mondo dal
mio mestiere di giornalista e di… oggi di corrispondente estero per il quotidiano “La Repubblica”. Oggi da
Londra, dopo essere stato a New York, in Medio Oriente, in Russia, insomma un po’ zingaro dappertutto.
E allora è iniziata questa ricerca, e ho trovato che tra i miei ex compagni c’era di nuovo un po’ di tutto. Un
bilancio da fare di questi anni, di questi anni non è… non è semplice e non era poi forse neanche lo scopo mio
perché è un libro collettivo: ci sono quaranta voci, uomini e donne, che raccontano, appunto, come eravamo e
cosa siamo diventati.

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modulo tre | unità 7 | traccia 4


Dottore Nel sentire comune quando parliamo di “dieta” immediatamente la nostra mente va alla cura
dimagrante, cioè diete restrittive incapaci di rispondere anche alle esigenze di gusto e soprattutto
di rispettare anche la varietà dei cibi che noi ovviamente… a cui noi aspiriamo. È importante
invece andare all’origine e al significato reale di questo termine. Per far questo basterebbe
prendere un comune dizionario della lingua italiana per capire che “dieta” è una parola molto più
complessa che sta ad indicare nell’insieme il nostro stile di vita complessivo, quindi non soltanto
quello che noi mangiamo ma anche il movimento che noi facciamo, lo stile di vita che conduciamo.
Quindi quando parliamo di dieta corretta non possiamo riferirci soltanto alla correttezza della
nostra alimentazione ma anche allo stile di vita complessivo e alle abitudini complessive che noi
conduciamo nella nostra giornata.
Giornalista Dottore, quali sono le origini di questo stile alimentare?
Dottore Sono origini molto antiche. Si perdono un po’ anche nella notte dei tempi. Diciamo che i primi
attestati, i primi reperti che noi troviamo di attestazione appunto della dieta mediterranea,
risalgono ovviamente ai tempi della cultura greca e romana. Ma possiamo risalire anche in età
Neolitica, quindi circa ottomila, novemila anni (prima) di Cristo, dove già abbiamo i primi reperti, i
primi ritrovamenti di un uso rudimentale di cereali da parte dell’uomo.
Giornalista Dottore, chi è stato a coniare il concetto di dieta mediterranea?
Dottore Il concetto di dieta mediterranea in particolare è stato coniato da uno studioso americano, un
nutrizionista americano, il dottor Ancel Keys, che arrivò in Italia al seguito della Quinta Armata
durante la Seconda Guerra Mondiale. Fu colpito dalle abitudini particolari di questa popolazione
che chiaramente presentava una alimentazione ricchissima di carboidrati, povera di grassi animali
e nello stesso tempo una percentuale di patologia cardiovascolare bassissima. Questa cosa lo
incuriosì molto per cui finita la guerra ritornò per diversi anni a Pollica, un paesino del Cilento,
dove studiò attentamente, appunto, i requisiti di questa dieta e arrivò a coniare il termine di
dieta mediterranea, per cui, per quanto curioso possa sembrare, questo termine non è stato
coniato da uno studioso italiano o del bacino in genere del Mediterraneo ma proprio da uno
studioso americano.
Giornalista Dottore, quali sono le caratteristiche di questo stile alimentare, vale a dire la dieta mediterranea?
Dottore Diciamo che la dieta mediterranea ha tre pilastri fondamentali, di cui due essenziali, che sono il
pane, ovviamente, e l’olio. Queste sono due caratteristiche che accomunano tutti i paesi del bacino
del Mediterraneo. Anche il vino rientra come terzo pilastro nelle caratteristiche di questa
alimentazione e fondamentalmente però per il vino bisognerà fare certamente un discorso a
parte. Qual è la caratteristica di questa dieta? La forte prevalenza, dicevamo, di carboidrati, quindi
almeno il 50, 60% del fabbisogno calorico giornaliero rappresentato da pane, pasta, legumi e
cereali in genere. A questo aggiungiamo la giusta quantità di carne e pesce, principalmente pesce
per le note proprietà anche a livello dell’apparato cardio-vascolare, e, a questo ovviamente anche il
latte e i derivati che, assieme alla frutta e alla verdura fanno della dieta mediterranea una dieta
importante, sia per soddisfare le esigenze di gusto e anche e soprattutto quelle appunto della
salute.

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domani 2 | trascrizioni dei brani audio (esercizi)

modulo quattro | unità 10 | traccia 5


La mia famiglia non è mai stata fortunata con i medici. Prima che io nascessi, mio padre mia madre, i miei
fratelli avevano un medico, il dottor Cavarzerani che era terribile. Molto serio! Uno entrava da lui e usciva che
stava peggio. Per cui ancora oggi quando sento “dottor Cavarzerani” ho in mente una specie di “dottor
Dracula”. Mia zia mi diceva che quando entrava da lui le capitava a volte che, dalla paura che aveva, invece di
dire “Buongiorno signor medico” diceva “Sia lodato Gesù Cristo”, come se si trattasse di un prete. E un prete,
nel Veneto di cinquanta anni fa, non era una personalità molto tranquilla. Spesso era una personalità piuttosto
terribile, di cui le persone avevano paura.
Il primo medico di cui ho qualche ricordo è il dottor Scarpa. Altrettanto serio. Altrettanto… serio, particolarmente…
severo. L’arredamento del suo ambulatorio erano i diplomi che aveva, e ne aveva moltissimi. Ed erano dei quadri
poco rassicuranti. Ricordo un quadro medievale di una scena medievale, con degli impiccati, quindi delle persone
morte. Ricordo una natura morta. Ricordo un quadro che ritraeva una persona su una barca in un canale di
Treviso e la stagione era l’autunno, quindi non la primavera, l’estate… quindi anche qui: uno andava dentro ma,
come umore, non sapeva come usciva.
Il primo medico con cui mi sono sentito veramente bene è il dottor Ciavattini. Allegro, simpatico, solare. Tifa per
il Milan, che è la mia stessa squadra, mi chiama per nome, non per cognome. Mi dice “Ciao Paolo”, non
“Buongiorno signor Torresan”.
Altrettanto simpatico è anche il dottor Girardi, il mio oculista. Chiacchierone: non finisce mai di raccontarmi le
sue cose quando sono da lui. C’è spesso un esame che devo fare quando vado da lui, che è antipatico: il
campo visivo, in cui devo segnalare dei puntini luminosi, quando vedo dei puntini luminosi apparire su un
fondo buio, ma tutto sommato mi trovo bene.
Come mi trovo bene anche quando vado da mio cugino Francesco che è un dentista. L’arredamento dell’ambulatorio
è minimalista. Ci sono delle preghiere buddiste. Tu ti siedi, leggi questa preghiera buddista, tutto il dolore è
relativo, ti prepari spiritualmente sicché il trapano non fa poi così male.
Mia sorella è massaggiatrice, non è medico. Si occupa di reflessologia plantare: ti massaggia i piedi e ti fa
molto male. E di massaggio cranio-sacrale. Questo invece fa rilassare. Io parecchie volte vado da lei, mi fa il
massaggio, dormo e mi sveglio dopo un’ora.
È medico anche mia amica, la mia amica Ingrid. È radiologa. Però spesso quando ci troviamo succede che la
chiamino, lei è reperibile, la chiamino al cellulare e lei deve sparire, deve andare direttamente in ospedale.

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modulo cinque | unità 13 | traccia 6


Va be’, posso partire con una banalità colossale, ovviamente a me piace molto viaggiare, e un tipo di viaggio
che amo molto, più di altri, è quello in macchina, noleggiando una macchina arrivato sul posto, senza un
itinerario prestabilito, decidendo di giorno in giorno, di notte in notte, dove dormire, dove fermarsi. E non c’è
dubbio che c’è un posto che più di altri si presta a questo tipo di viaggio, a questo modo di viaggiare: sono gli
Stati Uniti, dico complessivamente considerati. Io ci sono stato molte volte e molte di queste volte il viaggio è
stato proprio, diciamo, concepito in questo modo. Cioè si arrivava, che ne so, a New York, o a Miami o a Los
Angeles o a Boston o a Chicago, lì si prendeva la macchina e via. E in questo modo io ho girato… insomma…
una bella fetta degli… degli Stati Uniti e devo dire che ci sono, ci sono poche cose che… che danno l’idea, diciamo
così, della libertà e del viaggio come prendere una macchina, mettersi su certe strade, anche questo è banale ma
è vero, certe strade infinite… passando per paesi con dei nomi assurdi, vedendo che cos’è veramente la provincia
americana profondissima e scoprendo delle cose che poi hanno a che fare davvero con un modo di vivere e di
interpretare la vita diversissimo dal nostro. Che però è anche nostro perché l’abbiamo visto svariate volte nei film.
Io ricordo il primo viaggio fatto in California. In macchina. Forse il più bello di tutti questi viaggi in macchina. Io
lo feci leggendo uno straordinario libro di Bill Bryson che si intitola “America perduta” in italiano, “The Lost
Continent” nella versione originale ed è un libro in cui si racconta di un lungo viaggio in macchina per le strade
blu degli Stati Uniti. Nelle cartine americane le strade blu sono le strade secondarie. Non le Highway ma quelle
piccole strade che… di cui è tessuta la trama di tutta la provincia e di tutto quanto il Paese.
Beh, certamente leggere un libro del genere quando sei calato esattamente nei contesti e nella realtà che il
libro racconta è ovviamente un’esperienza in più. Ecco, a me piace, come dire, il rimbalzo continuo fra
l’esperienza letteraria, cinematografica e quella reale, al punto che a un certo momento non capisci più bene,
diciamo, come dire, dove sei collocato. Cioè, è il senso di spaesamento che il viaggio… il viaggio può… secondo
me dovrebbe essere quello. Un’idea di spaesamento, un’idea di non sapere dove stai andando esattamente né
perché ci stai andando. I viaggi con le idee troppo chiare sono viaggi da turisti.

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modulo sei | unità 15 | traccia 7


Giornalista Paolo Giordano, tu ti sei laureato in Fisica e con l’esordio letterario poi nel 2008 hai vinto il
premio Strega. Tu parli di, di numeri speciali, quelli che i matematici chiamano i numeri… i primi
gemelli.
Giordano Sì, in realtà la matematica che compare nel libro compare sempre in una forma molto blanda,
molto leggera, anche perché da fisico quale io ero e un po’ rimango, avevo una certa timidezza
nel mettere delle cose che fossero parte del, del mio campo. Però in realtà la matematica offre
una potenzialità di metafore assolutamente illimitata perché è un linguaggio, così come la lingua
stessa, permette di dire delle cose in un modo estremamente preciso. E i numeri in questo caso
sono stati la metafora più calzante che mi è venuta in mente per raccontare questi due
personaggi un po’ speciali, appunto, come certi numeri.
Giornalista Dice Mattia: “due persone che si conoscono nell’adolescenza e che poi si incrociano anche nella,
nell’età più adulta”. Racconti di queste due persone che in realtà sono molto vicine però non si
toccano mai veramente.
Giordano Sì, sono… c’è una sorta di amicizia che durante il libro tende a sconfinare in una storia d’amore
fra queste due persone. E attraversa gli anni. E come tanti rapporti così intensi e così carichi
anche di dolore, di complicità, il rapporto tra di loro non riesce poi mai a raggiungere un forma
semplice e leggera come a volte l’amore richiede per cui rimane qualcosa di forse troppo
spaventoso e coinvolgente perché loro riescano ad abbandonarcisi.
Giornalista La solitudine dei numeri primi è il tuo primo romanzo. Com’è stato ricevere il premio Strega? Con
un esordio letterario peraltro.
Giordano È stato deflagrante direi. Per me era del tutto inatteso. Ma quella era già una fase in realtà in cui
quello che stava succedendo aveva superato di molto le mie aspettative anche più fantasiose.
Per cui è una cosa che è successa e di cui io mi sono reso conto molto lentamente nel tempo e
che poi ho cercato di dimenticare anche in fretta, perché ricevere un riconoscimento così
specialmente all’inizio di un percorso è anche un fardello pesante per tutto quello che uno deve
fare dopo, per le motivazioni che uno deve ricrearsi. Quindi in realtà non ci penso mai. È una
cosa a cui non penso mai.
Giornalista Va bene, grazie. Noi ti auguriamo un grossissimo in bocca al lupo.
Giordano Crepi il lupo!

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