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Más allá de las líneas. La gráfica y sus usos.

I progetti di Mario Labò per il


Museo d’Arte Orientale di Genova
Alessandro Meloni
Dipartimento Architettura e Design, Università degli Studi di Genova

Figura 1. a) Proiezione equirettangolare da fotografia nodale dall’esterno del museo verso il centro storico cittadino;
b-g) Proiezione cubica dell’interno del museo al piano terra: f) vista del nadir: g) vista dello zenit. (Foto di Alessandro Meloni)

Abstract
L’analisi dei differenti progetti formulati a metà del secolo scorso per il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova
costituisce l’occasione per riconoscere nei caratteri spaziali dell’edificio realizzato alcune significative tracce delle fasi precedenti ideate
da Mario Labò. La ricerca si è occupata di reperire i disegni originali, dalla prima versione del 1948 caratterizzata da forme pure
tipiche del modernismo anteguerra, alle configurazioni attualmente realizzate che furono concepite nella versione formulata tra il
1952 e il 1955. L’edificio realizzato nel 1971 mostra una originale spazialità di un percorso museale unitario e continuo che si
dispiega in uno svolgimento analogo alla doppia elica di alcune antiche scale cinquecentesche. Questa versione è aggiornata attraverso
lo sviluppo museografico italiano del secondo dopoguerra. Nel presente contributo si mostrano i rilievi effettuati al fine di effettuare
un confronto con i dati documentali che fanno emergere l’importanza del percorso museale, quest’ultimo fondato sulla soluzione
definitiva delle scale, quali elementi cruciali del progetto. L’ultima versione progettuale, peraltro, riprende la spazialità della villa
neoclassica e il volume delle sale espositive viene liberato dai confini murari giungendo ad una concezione che evoca l’architettura
giapponese.

Parole chiave
Mario Labò; Museografia; Architettura del Novecento; Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone.

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1. Introduzione contesto del parco. I volumi che ospitano l’ingresso, la sala


espositiva e le scale sono caratterizzati da forme pure
Il contributo analizza il Museo Edoardo Chiossone di
(Lanteri Minet 2017).
Genova (Italia) progettato da Mario Labò (1884-1961) a
Il volume di accesso all’edificio ha un’altezza ridotta
partire da 1948, focalizzandosi sul confronto tra i progetti
rispetto agli altri ma si conserva una continuità muraria nel
che ne hanno contraddistinto la storia e la realizzazione.
prospetto sud-ovest (fig. 2a). I diversi settori del museo
Attraverso l’analisi critica dei differenti disegni progettuali,
sono chiaramente riconoscibili anche planimetricamente
si vuole fornire un contributo per sottolineare l’importanza
(fig. 2b) e la sala espositiva consiste in uno spazio libero e
di un soggetto architettonico poco conosciuto. L’edificio
interrotto soltanto dalla presenza dei pilastri, con un assetto
risulta importante in quanto si tratta del primo museo
planimetrico che si ripete in tutti i piani.
costruito ex-novo successivo alla Seconda guerra mondiale,
un periodo di ricostruzione che in Italia coincide con
l’ampio dibattito sulle tematiche relative alla
musealizzazione. Genova, grazie alla presenza di Mario
Labò e dei progetti di Franco Albini (Bucci, Rossari 2005),
diventa uno degli epicentri più rilevanti di questo dibattito
culturale. Il museo doveva ospitare la collezione di arte
giapponese di Edoardo Chiossone, precedentemente
conservata presso l’Accademia Ligustica di Belle Arti di
Genova.
Il museo si inserisce all’interno di un bastione
cinquecentesco convertito a parco urbano, in una posizione
centrale che consente una visione privilegiata sul centro
storico cittadino (fig. 1a). Il progetto di Labò nasce sulle
macerie di Villa Di Negro, edificio neoclassico di inizio
’800 commissionato dal Marchese Gian Carlo Di Negro
all’architetto Carlo Barabino. La villa era caratterizzata da
due volumetrie principali: l’ingresso definito da una
Figura 2. Progetto del 1948: a) Prospetto sud-ovest; b) Pianta piano
struttura trilitica classica e lo spazio espositivo. L’interno
terra. (AGRL, Genio civile Genova. serie 28.III. Classe H. Fasc. 2.
mostrava un impianto simmetrico e si caratterizzava per i
coll. 166.D/V).
piani a ballatoio che si affacciavano su uno spazio centrale a
tutt’altezza (Failla 2014). I bombardamenti che nel 1942
3. Il secondo progetto
distrussero gran parte del capoluogo ligure colpirono anche
la Villa, causando ingenti danni che spinsero il Comune a Il secondo progetto, presentato per la prima volta nel
incaricare Labò per la ricostruzione dell’edificio. 1952, nasce ufficialmente a seguito di alcune problematiche
I contributi presentati dall’architetto genovese sono legali tra il comune e un proprietario confinante con il
diversi e si possono individuare principalmente in due fasi museo. L’evidente diversità del linguaggio impiegato
distinte: un primo progetto non realizzato risalente al 1948 rispetto al primo progetto induce a pensare che questo
e un secondo presentato tra il 1952 e il 1955. La presente costituisse solo un pretesto per consentire a Labò di
ricerca effettua un confronto tra le versioni analizzando i ripensare interamente alla concezione spaziale.
materiali del Fondo del Genio Civile dell’Archivio Generale Il progetto subirà molte varianti prima di giungere alla
Regione Liguria (AGRL), della letteratura critica (Spesso, versione del 1955, quando le forme assumono
Porcile 2019, Lanteri Minet 2017) e dei dati ottenuti caratteristiche simili a quelle effettivamente realizzate. Per
mediante rilievi metrici e l’impiego della fotografia nodale. questo motivo analizzeremo questa fase in cui le modifiche
comprendono già la versione attuata delle scale di
2. Il primo progetto collegamento e il tetto, quest’ultimo inizialmente concepito
con una configurazione a pagoda.
La ricostruzione del museo è stata caratterizzata da un
Il prospetto del museo (fig. 3a) mostra una divisione in
ampio dibattito cittadino in cui ebbe un ruolo rilevante
due volumetrie principali: l’ingresso e lo spazio espositivo.
Caterina Marcenaro (Direttrice dell’ufficio Belle Arti del
Il vano di accesso è caratterizzato da ampie vetrate a sud che
Comune di Genova) che propose di affidare a Labò
si dispongono in continuità con le superfici finestrate della
l’incarico della ricostruzione.
sala espositiva; questa scelta consente allo spettatore di
La prima versione del progetto del 1948 è
godere di una visione panoramica verso il centro storico
riconducibile a precedenti opere dello stesso Labò e risulta
cittadino (Oliva 1972). La sala espositiva è caratterizzata da
fortemente legata al movimento moderno (Lanteri Minet
una pianta semplice: un sistema di piani a ballatoio che
2017), i cui canoni hanno trovato una aggiornata
sbalzano dai lati maggiori dell’edificio generando un vuoto
individuazione formale (Montes Serrano 2010).
centrale a tutt’altezza (fig. 3b).
Il progetto si relaziona con la villa tramite la
coincidente disposizione planimetrica all’interno del

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alcune modifiche, soprattutto in riferimento alla scala tra le


gallerie 4 e 5, spezzata da un pianerottolo intermedio (fig.
4b). Il linguaggio spaziale non risulta mutato, anche se si
vengono a creare degli spazi sottoscala di risulta non
conformi all’attenzione per il dettaglio costruttivo rilevata
nel progetto di Labò. L’allestimento venne realizzato da
Luigi Grossi Bianchi e Stefano Fera (1967).

Figura 3. Il secondo progetto (versione del 1955): a) prospetto sud-


ovest; b) pianta gallerie 3-5. (AGRL, Genio civile Genova. serie 29.
III. Classe H. Fasc. 2. coll. 246.D/III). I numeri indicano i livelli
della sezione in figura 4 in cui le gallerie 3 e 5 non sono collegate.

L’apparente semplicità planimetrica viene


contraddetta dall’effettiva complessità che si riscontra
nell’esplorazione spaziale grazie alle gallerie che subiscono
una traslazione verticale e risultano sfalsate tra loro.
Le scale, posizionate agli estremi dei piani, assumono
un ruolo fondamentale, essendo gli elementi che rendono
continuo il percorso museale (fig. 4a) composto da:
- una risalita che connette le gallerie 1, 2, 3 e 4,
alternativamente disposte a sbalzo dei muri sud-ovest e
nord-est; Figura 4. Confronto tra i differenti progetti: a) Sezione A-A’ del
- una discesa che, a partire dall’ultimo livello 4, 1955. In rosso il percorso ascendente, in verde quello discendente.
connette invece le gallerie 5, 6 e 7, alternate come le b) Piante delle scale tra le gallerie 3-4-5 nelle tre differenti fasi di
precedenti. progetto. (Ridisegno di Alessandro Meloni).
Per questo motivo la scala di connessione tra i livelli 4
e 5 (fig. 4b), a partire dalla seconda versione del progetto, 4. Il confronto
presenta una rotazione di 90° rispetto alle altre scale. Il secondo progetto di Labò, a differenza della prima
La spazialità riprende la concezione di museo continuo proposta, mostra un radicale cambiamento nella concezione
espressa da Le Corbusier, declinandola secondo uno dello spazio. I caratteri ancora fortemente legati ad
sviluppo in direzione verticale (Spesso, Porcile 2019). Si un’architettura modernista vengono sostituiti da
costituisce così un percorso a senso unico che evoca le due un’aggiornata concezione museografica, in linea con la
rampe elicoidali del pozzo di San Patrizio, costruito da produzione architettonica affermatasi nei primi anni
Antonio da Sangallo il Giovane ad Orvieto (1527-1537). Cinquanta del Novecento. È lo stesso Labò a dichiarare la
Mario Labò pone particolare attenzione alla sua volontà di abbandonare alcuni retaggi, come si evince
disposizione delle scale nelle gallerie 4 e 5 di cui aveva da un suo scritto sul Museo del Tesoro di Genova
elaborato nel 1952 una soluzione non realizzata (fig. 4b) progettato da Franco Albini (1956), dove descrive come la
che prevedeva tre rampe per lato, in modo da privilegiare la scelta della disposizione spaziale sia un esempio capace di
simmetria dell’impianto. La versione realizzata non “disancorarsi da uno stanco formalismo razionalista” (Labò
conserva la simmetria ma mantiene la spazialità che 1956).
contraddistingue l’edificio il quale diviene “un’architettura L’aspetto che maggiormente risalta nel confronto tra i
del vuoto” (Argan 1954), come si vede nel riquadro della due progetti è determinato dal percorso e da come esso si
proiezione cubica della fotografia panoramica che relazioni con la sala espositiva: nel 1948 si rileva la netta
rappresenta la vista verso l’alto (fig. 1g). separazione tra i differenti livelli, che invece si relazionano
La realizzazione venne portata a termine nel 1971 da nel secondo progetto (1952-55), in cui è possibile godere
Giorgio Olcese, che nel 1960 subentrò a Mario Labò della percezione globale dello spazio sia dal basso che dalle
costretto a ritirarsi per questioni di salute. Olcese apportò diverse balconate.

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Un aspetto interessante è che in quest’ultima versione Dati biografici dell’Autore


si riprende la spazialità della villa neoclassica con il suo
Alessandro Meloni
spazio centrale a tutta altezza (Grossi Bianchi 1986)
Dipartimento Architettura e Design
Occorre osservare, però, che lo spazio aperto e dinamico
Università degli Studi di Genova;
riprende anche i caratteri spaziali tipici dell’architettura
alessandro.meloni@edu.unige.it
giapponese (Canepari 2021) che si rivela anche in altre
Laureato in Architettura (2018), è attualmente
scelte che non si possono approfondire in questa sede, ma
dottorando in Architettura e Design presso l’Università
che coinvolgono i materiali individuati da Labò e alcune
degli Studi di Genova. La sua ricerca riguarda la percezione
soluzioni dell’allestimento successivo.
dello spazio e delle caratteristiche incidenti
sull’interpretazione dell’architettura da parte di persone con
5. Conclusioni
e senza disabilità visiva. Il tema dell’accessibilità è stato
In questo contributo si è illustrata la genesi di un approfondito attraverso la partecipazione al progetto
progetto fondamentale per l’architettura museale italiana, europeo RISEWISE (H2020) Women with disabilities in
analizzandone i nodi cruciali: la scelta del percorso ciclico e Social Engagement. Svolge attività di ricerca e didattica
della spazialità unitaria. Le differenze emerse tra i diversi nell’ambito del progetto e del disegno, approfondendo le
progetti consentono di osservare la capacità di Mario Labò tematiche di geometria applicata alla rappresentazione
di aggiornare le proprie concezioni spaziali espositive. architettonica. pubblica e presenta le proprie ricerche presso
Il museo di Arte Orientale Davide Chiossone rinasce convegni internazionali sulla rappresentazione e la
dalle ceneri di una villa neoclassica di cui eredita una percezione architettonica.
spazialità unitaria che trova pieno riscontro con le istanze
museografiche del secondo dopoguerra e una singolare Acknowledgements
sintonia con la cultura spaziale della collezione ospitata.
Si ringrazia per la disponibilità e l’autorizzazione alle
riprese fotografiche la Dottoressa Aurora Canepari,
Bibliografia
direttrice del Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone.
Argan, G.C., 1954. l’architettura del museo. Casabella, Si ringrazia il Fondo del Genio Civile dell’Archivio
n. 202, pp. V-VI. Generale Regione Liguria che ha concesso di analizzare e
Bucci M., Rossari A., 2005. I musei e gli allestimenti di digitalizzare il materiale d’archivio.
Franco Albini. Documenti di architettura. Milano: Electa.
Canepari, A., 2021. Intervista alla direttrice del Museo
d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, tenuta il 21/05/2021.
Montes Serrano, C., 2010. Un posible canon de los
dibujos de arquitectura de la modernidad. Revista EGA, n.
16, pp. 44-51.
Grossi Bianchi, L., 1986. Appunti del corso di
allestimento e museografia. Genova: Istituto di
Progettazione, Facoltà di Architettura.
Failla, D., 2014. Museo d’arte orientale “Edoardo
Chiossone” e villetta Dinegro. In: dalla città al museo
percorsi nella Genova dell’Ottocento. Genova: Sagep.
Labò, M., 1956. Il Museo del Tesoro di Genova.
Casabella, n. 213, pp. 5-10.
Lanteri Minet, T., 2017. Mario Labò. La produzione
architettonica e il ruolo di promotore culturale nella prima
metà del XX sec. Tesi si dottorato di ricerca in Architettura,
relatore Fera F.S. Università degli studi di Bologna.
Oliva, F., 1972. Museo d’arte orientale a Genova,
architetto Mario Labò. L’architettura. Cronache e storia, n.
201, pp. 162-166.
Spesso M., Porcile G.L., 2019. Da Zevi a Labò, Albini
e Marcenaro: Musei a Genova 1948-1962: intersezioni tra
razionalismo e organicismo. Genova: University Press.

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