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Note di regia
L’idea dello spettacolo nasce dalla mia lettura del testo di Concita De Gregorio
“Malamore. Esercizi di resistenza al dolore” edito da Mondadori Editore nel 2008.
Il libro è una raccolta di storie di donne, dei loro uomini e della violenza nelle relazioni.
Cosa ci porta a non respingere, ma anzi a passar sopra e a convivere con la violenza?
Perchè sopporta, chi sopporta, e come fa?
Sembra quasi si sia accettata l’idea che ci sia un prezzo alto da pagare per essere amate,
tale da accettare forme di violenza come un antidoto contro la solitudine. Oppure che ci
sia una sorta di penitenza da accettare per il solo fatto di essere nate donne, in una
società ancora maschilista e patriarcale, che fa della prevaricazione e della superiorità
maschile il suo cardine. Ogni donna lo può capire ripensando alla propria storia.
Ripercorrendo le tappe della propria crescita, andando ad identificare l’abitudine appresa
fin da bambina a sopportare il dolore inflitto da ogni forma di violenza. Cresciamo
respirando dalle storie delle nostre madri, delle nostre nonne, questa inclinazione alla
sopportazione della violenza maschile. Apprendiamo attraverso il latte materno ad essere
brave negli esercizi di resistenza al dolore.
STRUTTURA SPETTACOLO
Nello specifico:
Emma ovvero l’origine della disuguaglianza tra uomo e donna all’interno del nucleo
familiare, ovvero la mala educación;
Elena e la sua paura di volare via da una relazione opprimente e violenta;
Vittoria il ministro donna e l’autolesionismo come risposta ad un’insicurezza di fondo
nella gestione del potere in un universo in cui esso è accettato solo nelle forme maschili;
Cristina e il tentativo di riabilitare il meretricio con la presunzione di avere in questo
modo il potere sul maschio;
Dalia ovvero lo sfruttamento della donna nella prostituzione;
La rateta la storia, in chiave fiabesca, della presunzione femminile che tutto pensa di
poter cambiare, persino la violenza in un uomo;
Franca e la sua storia di aborto, forzato dalle leggi non scritte di un mondo del lavoro
disumano;
Il Dolore di noi tutte e la sua capacità di sopportazione;
Eva e la sua ricerca di parità, come fonte di ricchezza in uno scambio autentico con
l’uomo.
Per concludere, la spinta a voler trarre uno spettacolo da questo saggio nasce dalla mia
profonda convinzione che finché la violenza resterà relegata nelle nostre case
all’esperienza personale di ciascuna di noi, non avremo scampo.
La violenza contro le donne non è un fatto meramente privato e femminile. Ha una
connotazione culturale e politica di respiro e conseguenze estremamente più ampie delle
nostre mura familiari. Occorre discuterne, parlarne tra uomini e donne. Ecco perché uno
spettacolo di donne che parla alle donne e agli uomini tutti. Uno spettacolo però che
non vuole essere una carrellata di storie di vittime della violenza, né un banale attacco
all’aggressività maschile, ma vuole chiedere alle donne e agli uomini di assumersi la
responsabilita’ di riconoscersi e accettarsi come esseri uguali, o meglio diseguali: diversi
ma uguali.