Sei sulla pagina 1di 189

Maria Adolfsson

Inganno

Societ� editrice milanese, 2018

La detective Karen Eiken Hornby si sveglia in una stanza d'albergo senza ricordare
molto della sera precedente: ha bevuto troppo. Nel letto, accanto a lei, c'� un
uomo che dorme profondamente e non dovrebbe essere l�. � il suo capo, Jounas Smeed,
comandante della divisione crimini della polizia di Doggerland. Karen pensa che
dovrebbe decidersi a cambiare abitudini e darsi una regolata, anche perch� la vita
le ha gi� fatto pagare un conto salato. Troppo salato. � un pensiero che l'ha
tormentata spesso e che le si ripresenta con forza quando riceve l'incarico di
indagare su un efferato omicidio. La vittima, infatti, � Susanne Smeed, proprio
l'ex moglie del suo ultimo amante.
Karen Eiken Hornby � tornata a Doggerland per dimenticare il suo passato. Ci prova
con l'aiuto dell'alcol, del suo impegnativo lavoro, e di uomini che non le
piacciono. Ora per� � obbligata a fare i conti con i propri errori e quelli degli
altri.

Bestseller scandinavo, in corso di pubblicazione in molti paesi, Inganno � il


primo, sorprendente capitolo di una serie di noir ambientati a Doggerland, un
arcipelago immaginario situato tra la Gran Bretagna e la Scandinavia, nel Mare del
Nord. Le isole, Heim�, Noor� e Frisel, rappresentano ci� che rimane della massa
continentale che univa le terre britanniche e il continente europeo.

Maria Adolfsson (Stoccolma, 1963) � cresciuta in una piccola isola dell'arcipelago


non lontano da Stoccolma, dove ha lavorato per diverso tempo nella comunicazione.
Inganno � il primo, attesissimo libro della serie Doggerland , ambientata su
un'isola immaginaria, in corso di pubblicazione in diciotto paesi.

Maria Adolfsson

Inganno

Traduzione di Stefania Forlani

Questo libro � un'opera di fantasia. Personaggi e luoghi citati sono invenzioni


dell'autore e hanno lo scopo di conferire veridicit� alla narrazione. Qualsiasi
analogia con fatti, luoghi e persone reali � assolutamente casuale.
Pubblicato in accordo con Bonnier Rights, Stoccolma, Svezia.
La traduzione ha ricevuto il sostegno del Consiglio nordico dei ministri.

Titolo originale dell'opera: Felsteg - Doggerland


� 2018 Maria Adolfsson
First published by Wahlstr�m & Widstrand, Stockholm, Sweden.

Copyright � 2018 Societ� Editrice Milanese


www.semlibri.com

Non � segnato su nessuna mappa: i luoghi veri non lo sono mai.


HERMAN MELVILLE , Moby Dick

1.

Non ha bisogno di aprire gli occhi per rendersene conto: c'� qualcosa che non
torna. Anzi, � tutto un gigantesco, terribile errore.
Dovrebbe essere in un altro letto, in qualsiasi altro letto ma non in questo. Il
leggero russare al suo fianco dovrebbe appartenere a qualcun altro, a chiunque
altro ma non a lui. E in mezzo agli altri pensieri si fa strada una certezza: deve
andarsene da qui. Ora, subito, prima che lui si svegli.
Lentamente, senza fare rumore, Karen Eiken Hornby scosta il lenzuolo e si mette
seduta senza guardare dall'altro lato del letto. Lascia scorrere lo sguardo sulla
stanza d'albergo: le mutandine e il reggiseno sul pavimento, vicino ai suoi piedi
nudi, il vestito buttato sul tavolino accanto alla giacca verde di camoscio, la
borsetta lanciata su una poltrona; e pi� in l�, dietro la porta del bagno
semiaperta, le sue sneakers.
Pianifica ogni movimento in modo da andarsene il pi� velocemente possibile. Ascolta
il respiro pesante alle sue spalle cercando di respirare a sua volta in modo lieve,
impercettibile. Passa in rassegna le mosse successive per scacciare l'ondata di
ansia che le torce lo stomaco.
Via: fa un respiro profondo, si allunga, afferra le mutandine e se le infila in un
unico movimento. Si alza in piedi con cautela, per non far sobbalzare il materasso,
e sente la stanza che le gira intorno. Aspetta, respira. Poi, di soppiatto, fa una
serie di piccoli passi, si china a raccogliere il reggiseno e le calze con una
mano, mentre con l'altra afferra il vestito e la giacca.
In preda a un crescente malessere, entra in bagno e chiude la porta dietro di s�,
piano. Un mezzo secondo di esitazione, poi ruota la chiave. Non appena sente il
clic del chiavistello si pente e appoggia l'orecchio alla porta, ma se anche ci
fossero rumori dall'altro lato, non li sentirebbe: il battito martellante del cuore
le rimbomba nelle orecchie, insieme al fruscio del sangue che le scorre in testa.
Si gira.
Lo sguardo che incontra nello specchio sopra il lavandino � vacuo, estraneo.
Esamina le sue guance arrossate e il mascara che sbavando ha formato cerchi scuri
sotto gli occhi. Terribile. Da un lato del viso ricadono alcune ciocche di capelli,
mentre il resto � ancora raccolto sulla nuca. La lunga frangia sudata � incollata
alla fronte. Che devastazione. Con la bocca secca e impastata, sussurra: "Idiota".
Avverte qualcosa muoversi nello stomaco e fa appena in tempo a chinarsi sulla tazza
del wc prima di vomitare. "Adesso si sveglia" pensa, sentendo impotente i propri
rigurgiti. Ansimando in attesa del conato successivo, chiude gli occhi per non
vedere i resti del giorno prima sul fondo del gabinetto. Aspetta ancora un po', ma
lo stomaco sembra essersi calmato.
Va meglio, si raddrizza, apre il rubinetto e riempie le mani a coppa. Si lava la
bocca, lasciando che l'acqua le rinfreschi il viso... Oh no, ora il mascara coler�
del tutto. Ma pazienza. Non ci sono ulteriori livelli, in questo inferno.
Ha quasi cinquant'anni e questa volta ha davvero toccato il fondo. Le sembra di
averne settanta.
Adesso pu� solo sperare in una fuga senza intoppi. Arrivare a casa e sdraiarsi a
morire. Nel suo letto. Ma prima deve uscire da qui, mettersi in macchina e andare
dritta a destinazione senza parlare con nessuno, senza farsi vedere da nessuno.
A ripensarci, ce la pu� anche fare, oggi: alle sette e un quarto del mattino, il
giorno dopo la Festa dell'ostrica, tutta Dunker � in letargo.
Riempie di acqua fredda uno dei bicchieri e beve velocemente, mentre con la mano
libera si toglie l'elastico, a cui rimangono attaccati alcuni lunghi capelli scuri.
Riempie di nuovo il bicchiere, s'infila il vestito, ficca il reggiseno e le calze
nella borsetta e, quando sta per posare la mano sulla maniglia, si ferma. Deve
tirare lo sciacquone. Deve farlo, anche se il rumore lo sveglier�: non possono
rimanere tracce della sua presenza. Con gli occhi serrati e una smorfia di terrore
dipinta sul volto, ascolta lo scroscio dell'acqua che scorre nel wc seguita dal
gorgoglio del serbatoio che si riempie. Aspetta qualche altro secondo, finch� si
ode solo un debole mormorio, poi si mette la borsa sulla spalla. Fa un respiro
profondo e apre la porta del bagno.
Per un attimo rimane impietrita: lui giace sulla schiena con la testa voltata verso
di lei e in controluce sembra quasi che la stia osservando. Ma poco dopo la stanza
� di nuovo invasa dal suo russare e, quando la paralisi molla la presa, lei ha un
sussulto.
Sei secondi pi� tardi ha raccolto le scarpe e aperto la porta che d� sul corridoio.
E l�, in quell'apertura verso la libert�, qualcosa la costringe a voltarsi. Spinta
dallo stesso impulso di quando passa accanto a un incidente sull'autostrada e non
vuole davvero guardare, ma al tempo stesso deve farlo, indugia con lo sguardo
sull'uomo sdraiato sul letto. Si sofferma sulla bocca spalancata, ascolta il
borbottio che accompagna ogni espirazione.
Karen osserva il suo capo per tre secondi prima di chiudersi la porta alle spalle.
Non pu� essere vero.

2.

La porta della stanza 507 si richiude con un leggero sibilo e un clic . La moquette
rosso scuro � morbida sotto i piedi nudi di Karen, che si dirige a passi veloci
all'ascensore e preme il pulsante, mentre il sangue le martella ancora nelle
tempie. Si infila le sneakers usando l'indice come calzascarpe e appena ha fatto le
porte si aprono con un dlin e un debole fruscio.
� fortunata, la reception sembra vuota. Attraversa in fretta l'atrio verso
l'uscita, lanciandosi una rapida occhiata intorno. Un brivido improvviso la
percorre: non ha il minimo ricordo di come sia arrivata l�. Erano insieme? Di chi �
stata l'idea? Frammenti disordinati della notte scorsa le scorrono davanti come
fotogrammi di un film: prima il porto con Eirik, Kore e Marike, quindi il tour dei
bar, ostriche su ostriche, e un bicchiere di vino dopo l'altro. Infine l'immagine
scolorita di Jounas Smeed che spunta a tarda ora in uno di quei locali. Mentre
raggiunge l'ingresso recupera altri pezzi sparsi: risate, prese in giro, una
discussione che si infiamma velocemente, abbracci da sbronzi per fare pace e il
viso di Jounas vicino al suo. Troppo vicino.
A met� della hall, prima che le porte girevoli, con una lentezza irritante, la
spingano in strada, la assale un altro orribile pensiero: li ha visti qualcuno
mentre facevano il check-in?
Fuori dall'hotel l'aria settembrina � limpida e tersa ma lei riesce a portare a
termine solo un profondo respiro prima di avvertire ancora il voltastomaco. La via
� deserta e lei si precipita dall'altra parte con una mano sulla bocca. Un attimo
dopo si sporge oltre il parapetto del lungomare e si libera. Al momento si sente
sollevata, ma poi l'idea che sta provando a respingere da quando si � svegliata
dieci minuti fa la colpisce in pieno: il peggio deve ancora venire. Luned� mattina
si trover� di nuovo faccia a faccia con lui.
Karen lascia correre lo sguardo a est, lungo la baia, in direzione del porto. Il
molo turistico � un groviglio di alberi maestri ballonzolanti, ma il terminal dei
traghetti un po' pi� in l� � vuoto, come tutte le domeniche. Il battello da Esbjerg
non arriver� prima delle otto di sera e, gi� da un paio d'anni, non ci sono pi�
corse verso la Danimarca o l'Inghilterra nei fine settimana. Chi vuole partire
dalle isole Dogger di domenica deve per forza prendere il volo da Ravenby. Nella
foschia del mattino che si attarda sul mare riesce a distinguere la torre bianca
del radar di una nave da crociera ancorata fuori dal porto, in acque profonde.
Strizza le palpebre guardando l'orizzonte mentre cerca gli occhiali da sole e si
lascia sfuggire un'imprecazione silenziosa non trovandoli al solito posto. Fruga
nelle tasche della giacca e conclude di averli persi ieri sera se non addirittura
dimenticati nella stanza d'albergo. Adesso dovr� fare almeno met� della strada
verso casa sua, a Langevik, con quel sole basso dritto negli occhi, e per di pi�
assetata, in preda al malessere e con un terribile mal di testa. Per non risultare
un pericolo ambulante avrebbe bisogno di un espresso doppio e di un paio di
compresse, ma non le serve neanche voltarsi per sapere che i negozi e i caff�
sull'altro lato di Strandegate non sono aperti. A quest'ora, il giorno dopo la
festa, lei sar� l'unica in tutta la citt� a essere sveglia in preda ai postumi
della sbornia, con l'eccezione forse di qualche topo solitario che rovista nei
cestini stracolmi di spazzatura e tra i gusci delle ostriche. Quell'immagine le fa
salire di nuovo la nausea.
Respira a fondo con gli occhi chiusi, i palmi aggrappati alle pietre grezze e
fredde del muro. L'aria fresca la fa stare meglio, e la brezza le incolla i capelli
umidi al viso. Abbassa il capo e guarda gi� verso la spiaggia. Uno stormo di
gabbiani garrisce attorno a un sacco della spazzatura mezzo aperto che non ha
trovato posto in nessuno dei bidoni installati per l'occasione. Un po' pi� in l�
Karen adocchia i contorni di quello che pare un altro sacco, ma poco dopo si rende
conto che � un uomo che dorme, sdraiato direttamente sulla sabbia e con il
soprabito a fargli da coperta. Accanto ha un carrello della spesa, molto
probabilmente rubato da Qvick o da Tema, pieno di bottiglie vuote e lattine. Sembra
uno di quei tossicodipendenti che di solito bazzicano il centro commerciale dietro
Salutorget. Quando si sveglier�, prover� le sue stesse sensazioni: sar� sudato,
assetato, e con addosso la tipica angoscia da dopo sbronza come uno zaino pesante
sulle spalle. D'altro canto, pensa, almeno lui ha trascorso la notte in innocente
solitudine.
In lontananza lo sferragliare di un motorino tenta invano di sovrastare il boato
stridente dei cavalloni. Le onde schiumanti s'infrangono contro il molo che si
allunga impavido nel mare, e all'interno della baia una barca a vela malconcia �
ormeggiata a uno dei sei pali. Lei si chiede distrattamente quanto passer� prima
che quelli della polizia marittima escano e la mandino via. Forse potrebbero
chiudere un occhio fino al pomeriggio. Nemmeno dei tipi estremamente zelanti come
loro avranno la forza di sfoderare il loro istinto da cacciatori prima di pranzo,
in una mattinata come questa.
La parte pi� distante del molo � ancora avvolta nella foschia e i contorni del faro
in fondo al chilometrico frangiflutti restano sfumati. "Dev'esserci stato un gran
nebbione stanotte" pensa, ricordandosi del frastuono insistente dei nautofoni. E le
torna in mente anche Jounas, che irritato si � alzato per chiudere la finestra. Ma
scaccia velocemente la sua immagine, si stacca dal parapetto e si avvia di buona
lena al parcheggio di Redehusgate.
La sua Ford Ranger verde scuro se ne sta l� obbediente, a tre isolati, proprio dove
l'ha lasciata dodici ore fa. Non appena l'avvista, nel parcheggio deserto fuori dal
municipio, si rilassa. Tra un'ora al massimo sar� nel suo letto, dietro le
veneziane abbassate di casa sua, e lascer� che il sonno le dia un po' di tregua dal
senso di colpa che l'assilla.
Un attimo dopo si accorge con disappunto che ha perso le chiavi.

3.

"Che succede qui?"


La voce alle sue spalle � autoritaria e anche piuttosto altezzosa.
Karen si blocca con una mano nella borsa e l'altra appoggiata sul cofano.
� accovacciata accanto all'auto e da alcuni minuti sta rovistando ovunque in preda
al panico per cercare le chiavi. Ha controllato tutte le tasche e gli scomparti, ha
tastato sul fondo e ha iniziato a estrarre metodicamente un oggetto alla volta,
sempre pi� preoccupata.
Impreca in silenzio, a labbra serrate. Che cazzo ci fa la polizia in giro a
quest'ora? Perch� stanno sprecando il loro tempo e i soldi dei contribuenti per
pattugliare le strade quando ancora l'intera citt� sta dormendo? Si alza sulle
gambe intorpidite con un respiro profondo, e controvoglia si gira sforzandosi di
sfoggiare un sorriso rilassato.
Ma le esce solo una smorfia rattrappita.
Di fronte a quella devastazione, sui visi di entrambi i poliziotti si forma
un'espressione di disgusto seguita da incredulit�.
"Oh, mi scusi..." dice il pi� vecchio dei due indietreggiando imbarazzato.
Il suo sguardo rimbalza impotente tra i rimasugli di trucco sul volto cadaverico
che ha davanti e le cose sparse a terra. Invece la sua collega, un po' pi� giovane,
ha lanciato soltanto una rapida occhiata a Karen, e ora studia con evidente
curiosit� l'accozzaglia di oggetti sull'asfalto: una copia del quotidiano del
giorno prima, il cellulare, un pacchetto di sigarette mezzo pieno, quel che sembra
un paio di collant neri, un caricatore per il telefono, una mela mezza mangiata con
i segni dei morsi sulla polpa annerita, un reggiseno e una confezione di
preservativi.
Karen si costringe a fare un altro sorriso e si sente la pelle tirare. Poi indica
con un gesto vago la sua roba.
"Non trovo le chiavi della macchina" si giustifica trattenendo il fiato il pi�
possibile, per evitare che l'odore di alcol raggiunga i due agenti. "Borsa nuova"
aggiunge.
"Ha trascorso la notte in citt�?"
La poliziotta � accovacciata e le sorride con aria di intesa.
Karen si irrita all'istante. Che cazzo ne sa questa ragazzetta di notti trascorse
in citt�? Con quel suo fisico insopportabilmente in forma e la sua coda di cavallo
ondeggiante.
"Perch�?" replica con voce gelida.
I suoi occhi fanno il resto. Sa che il blu penetrante delle sue iridi bordate di
giallo spaventa le persone e le fa ammutolire. Cos� fissa la ragazza e la costringe
a guardare altrove, pentendosene nel momento stesso in cui vince la battaglia. A
che gioco pensa di giocare?
"Ho fatto tardi alla Festa dell'ostrica, perci� sono rimasta a dormire da un amico"
butta l� tentando di appianare le cose. "Forse � meglio se ora continuo a
cercare..."
Karen addita la borsa e il mucchio di oggetti che sembrano attirare tanto
l'interesse della poliziotta e in quel momento vede una mano guantata che si tende,
solleva da terra le calze appallottolate e le scuote leggermente. La chiave cade
sul marciapiede con un tintinnio. Un secondo dopo si sente il bip familiare delle
portiere che si aprono.
"Ecco a lei, capo" dice l'agente Sara Inguldsen alzandosi e porgendole la chiave
con un sorrisetto.
Ammutolita, Karen l'afferra e guarda i due poliziotti che indietreggiano e le fanno
il saluto militare.
A quanto pare anche l'agente Bj�rn Lange ritrova l'uso della parola.
"Guidi con prudenza, ispettrice Eiken!"

4.

L'autostrada da Dunker a Langevik si stende per sei chilometri lungo la costa


sudorientale di Heim�, tagliando di traverso la penisola oblunga di Skagersn�s, e
poi continua verso nord-est per un altro chilometro e mezzo.
Karen sente un rigagnolo di sudore che le scorre lungo la schiena e allo stesso
tempo rabbrividisce per il freddo artificiale dell'aria condizionata. Le mani
stringono forte il volante e a intervalli costanti lancia un'occhiata al
tachimetro. In realt� dubita che in una mattinata come questa ci siano pattuglie
della Stradale in giro a fare controlli, ma il solo pensiero di essere fermata dai
colleghi e di dover sostenere il test del palloncino ha la stessa attrattiva di
un'altra notte con Jounas Smeed. "E sarebbe altrettanto devastante per la mia
carriera" pensa. Nonostante la legislazione sia fin troppo clemente - per merito di
politici pragmatici che avrebbero solo da rimetterci in caso di modifica -, il suo
tasso alcolemico � ben al di sopra del livello consentito. Per questo si sente
gelare lo stomaco e riduce ulteriormente l'andatura. Non deve succedere.
Assolutamente.
Il traffico � scarso, solo qualche auto isolata che la supera di tanto in tanto.
Karen rilassa la presa sullo sterzo e scuote leggermente le spalle. Pi� tardi, dopo
che avr� dormito qualche ora, riesaminer� tutti i dettagli della notte scorsa:
rimuginer� su quanto � avvenuto, rivivr� ogni istante nella sua testa, si assumer�
le proprie responsabilit� e di conseguenza si condanner� a un periodo di clausura.
Niente alcol per settimane, stop alle sigarette, jogging tutti i giorni,
allenamento con i pesi e cibo sano. Prima l'inchiesta e poi la sentenza; si � gi�
autoprocessata in passato. D'altra parte il dna della sua famiglia, originaria di
Noor�, ce l'ha scolpito dentro, forse non abbastanza da tenerla lontano dalle
tentazioni, ma di sicuro a sufficienza perch� sia consumata dai sensi di colpa. Non
ha paura della collera divina, n� di essere esclusa dal Regno dei cieli, ma teme il
prezzo che dovr� pagare su questa terra. Il suo capo alla divisione crimini di
Doggerland le render� la vita un inferno. Frecciate, risatine, allusioni. Tuttavia,
nonostante le sembri impossibile continuare a lavorare l�, non riesce a immaginare
una soluzione. Prendersi qualche settimana di ferie non risolverebbe il problema e
al suo rientro cosa potrebbe fare? Dimettersi su due piedi? Cambiare settore? Ma
alla sua et�? Le sembrano tutte opzioni da scartare. Rimanda la decisione, ma non
riesce a respingere i ricordi della serata che ora iniziano a prendere forma.
L'ultimo sabato di settembre. Si � incontrata con Marike, Kore ed Eirik al The
Rover, per una birra prima della tradizionale mangiata di ostriche. Marike era di
malumore, la cottura di alcune ceramiche nel suo laboratorio era andata male
distruggendo il lavoro di due settimane. Un problema con degli smalti su cui
nutriva grandi aspettative. E per di pi� Marike Estrup odia le ostriche, come ha
tenuto a precisare con accento danese pi� marcato del solito. Col tempo si sono
abituati al suo azzardato miscuglio di doggerlandese e danese, e si sono resi conto
che l'intensit� del suo accento finisce per essere una cartina di tornasole del suo
umore. Ma ieri sera era cos� forte che � stato quasi impossibile capire cosa stava
sibilando Marike nel suo danese dello Jutland del Nord.
Kore ed Eirik, invece, erano di ottimo umore. Due giorni fa � stata accettata la
loro offerta per una casa a Thingwalla e hanno passato il venerd� sera a
preoccuparsi del mutuo, a litigare per l'arredamento e a fare sesso
rappacificatorio. Il sabato quindi l'hanno trascorso a letto, avvolti in un bozzolo
di speranza per il futuro, a pianificare il trasloco, la festa di inaugurazione
successiva e un futuro in cui invecchieranno insieme.
Anche Karen ha passato un sabato produttivo, iniziato con un giro al negozio di
bricolage di Rakne. Soddisfatta di s�, dopo essere riuscita a isolare sette
finestre, cambiato i cardini alla porta del capanno degli attrezzi e parlato
mezz'ora con sua madre al telefono senza mai alzare la voce, ha osservato i suoi
amici ancora abbronzati nella morbida oscurit� del pub. Il suo pallore le dava
un'aria stanca, quasi malata, ha notato Kore senza piet�.
"Be', ma adesso tocca a me" ha risposto. "Spero di partire luned� o al massimo
marted�."
Dopo aver preso qualche giorno all'inizio di giugno, infatti, ha lavorato per il
resto dell'estate. Ha concluso un'indagine preliminare da sola mentre i colleghi
erano in ferie, scritto gli ultimi rapporti, riordinato e mandato avanti la baracca
con l'aiuto di personale temporaneo arrivato in prestito dai distretti esterni.
Quando le hanno chiesto con discrezione se fosse disponibile a spostare le vacanze
all'autunno, ha risposto impassibile senza svelare che era esattamente il suo
obiettivo. Cos� ha lavorato tutta l'estate senza obiezioni, guadagnandosi dei
meritati punti da martire, che le torneranno utili al momento di azzuffarsi per le
vacanze di Natale e Capodanno.
Sprofondata comodamente in una delle poltrone del The Rover ha dichiarato ai suoi
amici che l'aspettano tre settimane di vacanze da trascorrere nel Nord-est della
Francia mentre le isole Dogger saranno avvolte dal freddo e dall'oscurit�. L�,
nella tenuta in Alsazia, dove � proprietaria di una ridicola quota di terra e di
vigneti, discuter� con Philippe, Agn�s e gli altri della vendemmia di quest'anno,
confrontandola con quella degli anni passati.
Ma ieri sera bisognava celebrare le ostriche.
La festa annuale, l'Oistra, comincia sempre al porto, dove gli abitanti di Dunker e
i turisti giunti per l'occasione si accalcano tra i tavoli. Le ostriche in questo
periodo dell'anno non hanno ancora raggiunto la loro massima grandezza, ma il primo
sabato dopo l'equinozio autunnale � l'inizio di una lunga stagione e occorre
festeggiare a dovere. I soldi stavano passando di mano in mano, mentre mucchi di
ostriche comuni e del Pacifico diminuivano e si ingrossavano a ritmo forsennato e
birrai sudati e ansimanti portavano di continuo nuove botti di birra Porter e di
birra di Heim� al mirto. Pane nero e burro, secondo la tradizione, sono gli unici
altri cibi ammessi, ma servono solo a non far ubriacare o morire di fame la gente,
e ieri sera venivano serviti gratis. Le pubblicit� degli sponsor ricoprivano ogni
spazio libero.
Tutto si � svolto esattamente come al solito.
Per quanto l'atmosfera sia allegra e cordiale, accade spesso che la Festa
dell'ostrica mieta qualche vittima, tra sbornie, risse e occasionali intossicazioni
da cibo. Lo street food e il vino dozzinale servito in bicchieri di carta, invece,
non fanno parte della tradizione, e ogni anno questa cosa viene fatta notare in
lettere indignate spedite al giornale da tipi che proclamano "Proteggiamo il
patrimonio culturale doggerlandese" o si dichiarano "Settantaduenni delusi". Anche
dal punto di vista dell'intrattenimento c'� chi guarda al futuro e chi resta legato
al passato. I gruppi di musica folk, che fino a vent'anni fa erano l'unica
attrazione, ora subiscono la concorrenza di rock band locali e straniere, di penosi
talent show, del frastuono delle giostre temporanee, e delle urla incontrollate dei
ragazzini.
Ieri sera, prima di andarsene dal porto, Kore ed Eirik hanno divorato come minimo
una dozzina di ostriche ciascuno, e Karen almeno la met�. Marike ha studiato
disgustata le loro teste rovesciate all'indietro e le bocche avide e spalancate.
"I molluschi non sono un cibo adatto agli esseri umani. Possono farti stare
malissimo" ha detto in danese, con la bocca piena di sfilacci di maiale, il che
peggiorava ancor di pi� la sua pronuncia.
"� questa merda che fa star male la gente, non le ostriche" ha constatato Kore con
noncuranza, ingollando l'ultimo sorso di birra e gettando il bicchiere di plastica
nel bidone, mentre a stento soffocava un rutto. "Oh, cazzo" ha aggiunto con una
smorfia. "Adesso devo proprio farmi una bella bevuta."
Cos� hanno proseguito la serata con il tradizionale giro dei bar, accompagnando
altre ostriche con continui bicchieri di vino bianco. Per permettere un confronto,
alcuni dei bar sul lungomare servono ostriche Belon francesi oltre a quelle locali,
e l'usanza doggerlandese prescrive che ogni ordine delle concorrenti straniere sia
accolto da una bonaria bordata di fischi. E quando al terzo bar, il Caf� Nova,
Karen ha ordinato un bicchiere di chablis e due Belon, ha sentito nell'orecchio un
respiro caldo e una voce cupa.
"Ispettrice Eiken, ti ficchi in bocca proprio di tutto, eh?"
Lentamente si � girata verso il capo della divisione crimini e ha sorriso.
"Mi dispiace per te, Smeed, ma ho i miei standard."
Invece un'ora e mezzo dopo erano in una doppia all'hotel Strand.
E mentre lei ora ripensa a quello che � successo l� dentro, prova la stessa
sensazione di quando si solleva una pietra e si osserva con ribrezzo la creatura
che vi si nasconde sotto.
Strizza gli occhi per il sole che si riflette sull'asfalto abbagliante.
"Ovviamente l'alcol ha giocato il suo ruolo" si giustifica, nel tentativo di
mettere l'accaduto in prospettiva. E indubbiamente anche il clima di euforia
generale: del resto non � certo la prima volta che l'Oistra contribuisce a far
prendere una cantonata dal punto di vista sessuale; � capitato a tutti, con tutte
le conseguenze del caso, dal semplice pentimento fino al divorzio. Eppure, per quel
che ricorda, nessuna delle sue scappatelle precedenti le ha mai causato un rimorso
come quello che prova in questo momento.
Karen sbircia il mare mentre la strada curva dolcemente verso nord. La foschia �
diminuita, il sole � gi� arrivato a met� strada nel cielo e luccica sulla
superficie increspata dell'acqua.
Alcuni gabbiani veleggiano pigramente nel vento con un tranquillo chiacchiericcio,
accontentandosi di digerire il cibo gi� ingerito piuttosto che lanciarsi alla
ricerca di altro pesce. Lei abbassa il finestrino e inspira l'aria salmastra.
"Dovrei proprio telefonare al capo del personale per chiedergli un trasferimento"
pensa. "Magari c'� un posto vacante a Ravenby o anche a Grunder, non importa quanto
possa essere noioso".
Comunque le cose non sono mai state del tutto indolori, nemmeno prima. Cerca di
ricordarlo a se stessa. Gi� all'epoca del suo precedente capo le sue colleghe
avevano lasciato il dipartimento una dopo l'altra. Eva Halvarsson aveva rinunciato
a un avanzamento di carriera, da agente a ispettore, e chiesto il trasferimento
alla pubblica sicurezza, mentre Anniken Gerber e Inga van Breukelen avevano fatto
domanda per il distretto di Frisel. Karen aveva resistito, non tanto per dimostrare
di essere una dura, quanto perch� non aveva la forza di ricominciare. Non di nuovo.
Ma soprattutto, quel lavoro da ispettore l'aiuta a non pensare all'unica cosa che
vuole dimenticare a ogni costo. Insieme a una dozzina di colleghi maschi e ad altre
due colleghe superstiti, l� alla divisione crimini della polizia di Doggerland, lei
ha la responsabilit� di indagare sui reati pi� gravi che avvengono nelle isole
Dogger: Heim�, Noor� e Frisel. La decisione di centralizzare le risorse � stata
presa undici anni fa ed � stata accolta da forti critiche da parte degli uffici di
polizia locali, ma le proteste si sono quietate man mano che la quota dei crimini
risolti aumentava. Purtroppo, anche la quantit� dei reati gravi � salita e per
questo il numero di colpevoli impuniti rimane a un livello costante, permettendo a
Karen di tenere in scacco i propri pensieri.
All'epoca della sua nomina avevano messo in dubbio che fosse qualificata per quel
compito. La sua laurea in criminologia alla London Met non sembrava compensare la
sua mancanza di anni di gavetta e non aveva convinto i colleghi di vecchio stampo,
ma la percentuale di casi risolti da Karen aveva messo a tacere le critiche. Eppure
pareva che Jounas Smeed, fin da quando l'avevano incaricato di guidare la
divisione, non nutrisse molto rispetto per le sue capacit� investigative: era come
se gli dispiacesse riconoscere le sue competenze. Di contro, lui aveva ben presto
stabilito fra i membri dell'unit� quello che descriveva come un "gergo rilassato
fra sbirri". E la sua ricompensa non si era fatta attendere: sollevati di avere un
capo che abbandonava ogni pretesa di disciplina e obbedienza, i colleghi maschi
avevano subito preso Jounas in simpatia adottando prontamente il suo "gergo
rilassato", fino a livelli insopportabili. Karen si era abituata ai continui
scherzi sotto forma di battute pungenti e frecciatine o, meglio, aveva imparato per
istinto di sopravvivenza a fare orecchie da mercante sia alle instancabili critiche
di Johannisen verso le femministe e le donne al volante, sia al ricorrente
filosofeggiare di Jounas sull'impossibilit� di comprendere cosa pensano le femmine.
Non degnava quel circo del minimo commento. Sapeva che il silenzio � pi� forte di
qualsiasi protesta, che gli sbadigli annoiati risultano pi� irritanti di obiezioni
ad alta voce.
Aveva imparato a trattenersi, rifiutando di mostrare il suo fastidio, ben cosciente
che farsi attirare nella trappola sarebbe stato solo peggio. E soprattutto, aveva
notato che questo le dava potere. Jounas la provocava di continuo in attesa di una
sua reazione, e lei lo provocava ancor di pi� restando indifferente.
"E adesso me lo sono scopato, quello stronzo" pensa. "Porca puttana!"
E appena vede i cartelli che annunciano l'uscita per Langevik, improvvisamente
realizza perch� sono finiti a letto insieme. Tra loro c'� sempre stato un tira e
molla, una continua prova di forza che ieri sera li ha spinti a mettere da parte le
regole del gioco pur di avere la meglio sull'altro. Con l'ubriachezza, la volont�
di prendere finalmente il sopravvento e di costringere l'avversario a riconoscere
la propria inferiorit� si � trasformata in un patetico gioco di seduzione che
entrambi hanno pensato di poter vincere facilmente. La sbronza ha spazzato via
tutte le obiezioni, scacciato qualsiasi remora e suscitato un improvviso desiderio
fisico. Una scintilla che si � consumata in fretta.
"Non � stato nemmeno del buon sesso" pensa, con una punta di gioia maligna. "Un
continuo cambio di posizioni, una pi� scomoda dell'altra, forse perch� voleva
impressionarmi. Comunque, lo stronzo � agile per la sua et�, pi� agile di me,
perlomeno".
Lancia un'occhiata nello specchietto retrovisore, mette la freccia e svolta.
L'uscita per Langevik in realt� � asfaltata, ma la velocit� massima consentita � di
sessanta, e lei rallenta obbediente fino appena sotto il limite. Per un istante
distoglie lo sguardo dalla strada e lo rivolge verso il ripido crinale dove
torreggiano le turbine eoliche. Le pale bianche roteano a ritmo costante e il loro
fruscio entra dal finestrino abbassato. Il parco eolico corre lungo l'intero
versante di Langevik e quando l'hanno costruito, sei anni fa, � stato oggetto di
vivaci proteste. Gli abitanti del villaggio, che si trova qualche centinaio di
metri pi� in basso, verso il mare, avevano organizzato incontri, e lasciato fogli
per la raccolta di firme sui banconi dei negozi e tra gli spillatori di birra del
pub locale. Ormai le lamentele sono state sedate e la centrale ha smesso di essere
un argomento di conversazione da anni.
Karen osserva le alte torri bianche. C'� qualcosa di tranquillizzante, quasi di
bello, nei movimenti eleganti di quei bracci. Lei, personalmente, non ha mai avuto
niente in contrario, nemmeno quando l'opposizione era stata al massimo. Ma visto
che Karen Eiken Hornby ha sempre messo una buona pinta di birra ai primi posti tra
le cose che rendono la vita sopportabile, per una sorta di senso del dovere aveva
firmato la petizione. Non schierarsi infatti faceva cessare le chiacchiere e girare
tutti dall'altra parte nell'unico pub del villaggio. Naturalmente ogni tentativo di
fermare la costruzione era stato infruttuoso: le torri erano comunque apparse una
dopo l'altra, in fila sul crinale di Langevik, e per Karen non era stato un
problema. A casa sua il rumore delle turbine si sentiva solo quando il vento
soffiava direttamente da sud-ovest. Ma qui, appena sotto la centrale, su questo
leggero pendio con poche case sparse, piazzate quasi a caso sulla cresta dove il
Langeviks�n si snoda verso il mare, si avverte un sibilo costante.
Centocinquanta metri pi� in l�, su un terreno collinoso che si affaccia sul fiume,
un movimento interrompe la quiete. Una donna di mezza et� si sta arrampicando
faticosamente sul ripido sentiero tornando a casa dal vecchio lavatoio. Indossa un
accappatoio di colore spento e ha un asciugamano avvolto intorno alla testa a mo'
di turbante. Karen ha un brivido di disagio prima di riuscire a scacciare
l'istintivo senso di colpa che l'assale. "Ci sono mille ragioni per cui non sarei
dovuta andare a letto con Jounas Smeed, ma Susanne non � certo una di queste"
pensa. "Saranno ormai dieci anni che sono divorziati".
Per un istante valuta se suonare il clacson per salutarla, come imporrebbe la
consuetudine di paese, ma poi decide di lasciar perdere. Data la situazione, non ha
la minima voglia di farsi vedere. E poi Susanne Smeed non l'ha notata: il suo
sguardo � fisso a terra e sembra che abbia fretta di tornare a casa. Tiene la
vestaglia chiusa stringendosi nelle spalle e cammina veloce, a passo deciso. "Avr�
un freddo cane dopo la nuotata mattutina" pensa Karen. "L'acqua non deve essere di
molti gradi sopra lo zero".
Sapere che non le manca pi� molto per arrivare a casa la rilassa e sente la
stanchezza prendere il sopravvento. Soffoca un altro sbadiglio e sbatte
ripetutamente le palpebre. Nello stesso istante qualcosa si muove sul lato della
strada. Un gatto la attraversa di corsa con la testa abbassata e le spalle protese
in avanti come un predatore, vigile e pronto a difendere la sua preda che gli
penzola inerme dalla bocca. Karen percepisce una scarica di adrenalina quando la
cintura di sicurezza si tende per l'improvvisa frenata.
"Non cedere ora" sussurra. "Sai cosa pu� succedere. Se c'� qualcuno che lo sa,
quella sei tu."
Prosegue lungo la discesa in direzione del centro. Qui le case sono pi�
ravvicinate, su entrambi i lati, ma non si vede ancora nessuno. Riduce
ulteriormente la velocit� e svolta sulla via principale. Fuori dall'unico pub di
Langevik, l'Haren och Kr�kan, i mobili del cortile sono in disordine. Qualche
bicchiere solitario � rimasto abbandonato sui tavoli e alcuni gabbiani svolazzano
intorno ai gusci delle ostriche avanzati. Da queste parti non c'� bisogno di
impilare e legare sedie e tavoli durante la notte come sono costretti a fare i
locali di Dunker, ma il proprietario del pub, Arild Rasmussen, di solito mette
tutto in ordine prima della chiusura. � chiaro che ieri il buon Arild ha fatto una
scorpacciata di avanzi.
"Avr� voluto festeggiare come tutti gli altri" immagina Karen, e lentamente supera
l'ambulatorio medico che, per legge, deve essere presente in ogni centro abitato,
ma che attualmente � aperto solo per quattro ore il luned� e il gioved�. Passa
anche oltre il tabaccaio, l'ufficio postale chiuso, la ferramenta sprangata e il
negozio di alimentari costantemente sull'orlo del fallimento. Il vecchio villaggio
di pescatori sulla costa orientale di Heim� � tenuto in vita grazie alla
respirazione artificiale e a quel che rimane dell'antica forza di volont� dei suoi
abitanti. Nonostante la sconfitta subita nello scontro per la centrale eolica,
infatti, partecipano ancora in massa agli incontri di protesta, tuttora indignati e
pronti a firmare petizioni contro qualsiasi minaccia agli interessi locali. Ma
anche se gli esercizi commerciali registrano un incremento delle loro attivit�
nelle settimane immediatamente successive alle contestazioni, l'effetto positivo ha
vita breve. La variet� dell'offerta e i prezzi pi� vantaggiosi fanno s� che in
molti dimentichino in fretta i propri principi e tornino a servirsi dei
supermercati o dei pi� pratici grandi magazzini. Solo il locale di Arild Rasmussen
non sembra risentirne: l'Haren och Kr�kan � ancora pieno quasi tutte le sere.
Alla fine della via principale la strada gira intorno al vecchio mercato del pesce
e poi svolta verso il porto. Karen segue la curva e si immette sul sentiero
sterrato tra il mare e il crinale di Langevik. Case di pietra bianche e grigie si
arrampicano su per i colli, e lungo il litorale, sull'altro lato, pontili e capanni
da pesca spuntano dall'acqua. Tutto testimonia che Langevik, proprio come gli altri
villaggi costieri delle isole Dogger, una volta era popolato esclusivamente da
pescatori, marinai e da qualche capitano di vascello. Ma i pescatori di professione
sono diminuiti sempre di pi� negli anni e non c'� stato un ricambio: persino le
famiglie pi� antiche dedite a questa attivit� non si aspettano che le nuove
generazioni tengano in vita questa tradizione. Cos�, oggi, la maggior parte delle
case che danno sul mare sono abitate da tecnici informatici, ingegneri petroliferi
e lavoratori nel campo dell'arte e della cultura. Dietro quelle semplici facciate
di pietra grigia, cucine a legna e teiere sono state sostituite da piani di cottura
a induzione e macchine per il caff� espresso. Karen sa che i capanni vengono man
mano trasformati in verande o roba simile. Invece di grandi barche a remi con posto
per quattro o sei rematori, dietro quelle mura esposte ai venti ora si nascondono
comodi divani di finto vimini resistente alle intemperie. E l�, nelle tiepide sere
d'estate, i proprietari si siedono beati con un bicchiere di vino in mano, a
godersi la magnifica vista sul mare, senza la preoccupazione di reti strappate o di
quella maledetta foca che anche stavolta si � rubata met� del pesce.
Forse anche lei avrebbe fatto lo stesso con il suo capanno, se avesse avuto i
soldi. Karen Eiken Hornby non � una nostalgica. Apparentemente qui tutto sembra
ancora come quando lei era piccola, ma niente � pi� lo stesso. E a lei va
benissimo.
Svolta nel ripido vialetto d'ingresso di una delle ultime case e constata che deve
riempire di nuovo la buca accanto al cancello, se non vuole sbattere la testa la
prossima volta che la sua macchina sobbalzer� sul terreno. Con un sospiro di
sollievo spegne il motore e rimane seduta immobile per qualche secondo prima di
aprire la portiera. Di nuovo la stanchezza la invade e i suoi passi le sembrano
pesanti come piombo mentre sale verso casa. Respira a fondo e riempie i polmoni del
profumo dell'autunno imminente. L'aria qui � spesso un paio di gradi pi� fredda
rispetto a Dunker, che si trova all'interno, e non ci sono dubbi che l'estate volge
al termine. Le betulle stanno gi� ingiallendo e il sorbo selvatico accanto al
capanno degli attrezzi risplende di bacche rosse.
Sui gradini di pietra davanti alla porta della cucina � sdraiato un gattone grigio
tutto arruffato. Quando Karen si avvicina, si gira a pancia in su, si stiracchia e
sbadiglia mostrando i denti appuntiti da predatore.
"Buongiorno, Rufus, niente topi nemmeno oggi? A cosa mi servi, me lo dici?"
Un attimo dopo l'animale si alza, si struscia contro le sue gambe e, prima che lei
riesca a sfilare la chiave dalla serratura, � gi� sgusciato all'interno.
Karen lancia la borsa sul tavolo della cucina, si toglie il giubbotto e al contempo
scalcia via le scarpe. Poi apre l'armadietto sopra al lavello, estrae due compresse
per il mal di testa e le ingoia con un bicchiere d'acqua accarezzando distratta la
schiena del gatto, che ora � salito sul lavandino. Mentre cerca una scatoletta di
cibo il suo miagolio sempre pi� forte e insistente le trapana le orecchie. Non
appena mette gi� la ciotola, Rufus tace di botto e lei si rilassa. � arrivato il
momento di montare la gattaiola che ha comprato, arrendendosi all'evidenza: anche
se ci sono topi in abbondanza e almeno due capanni in cui rifugiarsi, Rufus
preferisce mangiare in cucina, in un luogo pi� degno della sua posizione, e passare
le giornate sul divano in salotto. Lei non ha la minima idea di dove vivesse prima
di arrivare zoppicando sul suo vialetto la primavera scorsa. I volantini che aveva
attaccato sui pali del telefono e sulle buche delle lettere in paese non avevano
dato risultati. Il veterinario gli aveva ricucito un orecchio, l'aveva castrato,
gli aveva steccato una zampa e messo un collare elisabettiano in modo che non si
leccasse via la medicina contro la tigna. Quel gatto malridotto era evidentemente
arrivato per restare, e ora occorre solo prendere atto che la guerra di posizione �
finita: Rufus ha vinto.
Ascoltando il gatto che si abbuffa, carica la macchina del caff� e taglia un paio
di fette di pane. Un quarto d'ora dopo si � mangiata due tartine al formaggio e ha
ingollato mezzo litro di caff� forte. Il mal di testa lancinante si � placato e la
stanchezza la fa soccombere all'improvviso. Senza sparecchiare si trascina su per
le scale fino alla camera da letto, si toglie il vestito e si sdraia. "Dovrei
almeno lavarmi i denti" si rimprovera. Ma un istante dopo si addormenta.

5.

Il suono arriva da molto lontano, raggiungendo la sua coscienza attraverso gli


strati pi� profondi del sonno. Quando alla fine lo percepisce, per un attimo crede
che si tratti della radiosveglia e preme con forza il pulsante di spegnimento,
senza riuscire a far tacere quel rumore snervante. Lo schermo digitale segna le
13.22, e le ci vuole qualche altro secondo prima che si renda conto di due cose: ha
dormito per met� domenica e il suono proviene dal cellulare che � rimasto gi� in
cucina.
Irritata, getta da un lato la coperta, si infila la vestaglia che � sulla poltrona
nell'angolo e scende le scale barcollante. Lo squillo � pressante e, sentendo lo
stress aumentare, Karen rovista nella borsa e pesca il telefono proprio
nell'istante in cui smette di suonare. Una rapida occhiata allo schermo �
sufficiente perch� si svegli di colpo. Tre telefonate perse, tutte dal commissario
Viggo Haugen.
Si siede e clicca su RICHIAMA mentre i suoi pensieri si rincorrono. Cosa vuole il
commissario da lei? A malapena hanno un rapporto di lavoro. E di domenica, poi.
"Potrebbero pure essere buone notizie" pensa, mentre gli squilli si susseguono. Al
terzo, una voce autoritaria risponde all'altro capo.
"Haugen."
"Ciao, sono Karen Eiken Hornby. Ho visto che mi hai cercata."
Forse si sforza un po' troppo di non far capire che si � appena svegliata e la sua
voce suona chiara e allegra.
"S�, ti ho chiamata. Perch� non hai risposto?" Ha un tono irritato e lei prova a
inventarsi in fretta una piccola bugia. Non pu� certo ammettere di aver dormito per
mezza giornata in preda ai postumi di una sbornia.
"Ho lavorato un paio d'ore in giardino e ho lasciato il telefono in cucina" dice.
"In fin dei conti � domenica" aggiunge, pentendosene nel momento stesso in cui
avverte come suona la frase.
"In qualit� di ispettore devi essere reperibile ventiquattr'ore su ventiquattro,
indipendentemente dal giorno. Non lo sai?"
"S�, chiaro, sono consapevole che..."
Il commissario la interrompe schiarendosi la voce rumorosamente.
"Be', lasciamo perdere... � successa una cosa che richiede la tua immediata
presenza. Una donna � stata trovata morta in casa sua e tutto sembra indicare che
si tratta di omicidio. Vorrei che tu conducessi le indagini."
Karen si raddrizza sulla sedia e allunga la schiena.
"Certamente. Posso chiedere..."
"E voglio che tu metta subito insieme una squadra di cui servirti" continua Haugen.
"Riceverai tutti i dettagli dall'agente di turno."
"Okay. Solo una domanda..."
"Perch� ti ho chiamata io e non Jounas?" la interrompe di nuovo il commissario.
"S�, immagino che te lo stia chiedendo."
Parte della durezza nella sua voce � scomparsa, e Karen sente che fa un respiro
profondo prima di continuare.
"Il fatto �" riprende lentamente "che la donna uccisa � Susanne Smeed: l'ex moglie
di Jounas."

6.

Karen rimane in silenzio per alcuni secondi mentre assimila l'informazione. Le


guizza davanti l'immagine di una donna che rabbrividisce in un accappatoio
marroncino.
"Susanne Smeed" ripete con voce atona. "Sei sicuro che si tratti di omicidio?"
"S�, forse omicidio colposo, a questo stadio non possiamo ancora dirlo. Ma secondo
il poliziotto in servizio non ci sono dubbi che sia stata assassinata. Due dei
nostri agenti sono sul posto e sono stati chiari a riguardo."
Haugen ha di nuovo il tono teso di prima, e lei percepisce chiaramente la
preoccupazione nella sua voce.
"Come potrai capire, Jounas non pu� condurre le indagini e nemmeno continuare a
guidare il dipartimento con il caso in corso. Non ne ho ancora parlato con lui ma
sar� sicuramente d'accordo. Dovrai essere tu ad accollarti questa responsabilit�
finch� non sar� fatta chiarezza." Due secondi di silenzio. "Oppure finch� non
troveremo un'altra soluzione" aggiunge, schiarendosi ancora la gola.
Mentre lo ascoltava Karen lo aveva gi� preceduto nel ragionamento. � ovvio che
Jounas deve essere sollevato dall'incarico. In mancanza di altre informazioni lui �
in cima alla lista delle persone da interrogare. E a poco a poco anche lei prende
coscienza delle conseguenze. In preda a un disagio crescente si rende conto che
dovr� essere lei a interrogare il suo capo, lo stesso uomo che ha lasciato in una
stanza d'albergo a Dunker meno di otto ore fa.
Sente l'istintivo bisogno di chiudere il prima possibile la telefonata, come se i
suoi pensieri potessero tradirla.
"Ho capito" replica brusca. "Abito proprio vicino a Susanne, posso essere l� in
mezz'ora. Sai se quelli della Scientifica sono gi� sul posto?"
"S�, o almeno sono in viaggio. Anche il medico legale � partito, ma deve fare un
bel pezzo di strada. � passata poco pi� di un'ora da quando � stato lanciato
l'allarme, se ho capito bene quello che ha detto l'agente di turno."
"Dev'essere successo tra le otto, quando l'ho vista ancora viva con i miei occhi, e
le dodici, quando � stato dato l'allarme" riflette Karen. "Un buco di sole quattro
ore durante il quale Susanne Smeed � stata uccisa, mentre io ero a meno di due
chilometri a smaltire la sbronza dormendo. Che cazzo!"
"D'accordo, allora mi metto subito in moto e richiamo gli altri in servizio"
afferma.
"S�, e un'altra cosa..." Il commissario esita un istante, come se cercasse le
parole giuste. "Come avrai capito si tratta di una situazione estremamente
delicata. � fondamentale che tu gestisca la faccenda con pi� discrezione possibile.
Lascia che me la veda io con la stampa e i media, non fare dichiarazioni e non...
Insomma, discrezione, come ho detto. Sono stato abbastanza chiaro, Eiken?"
"Vaffanculo, stronzo arrogante" pensa lei.
"Chiarissimo" risponde, chiudendo la telefonata.
Karen corre al piano di sopra mentre i pensieri le sfrecciano in testa. Tre minuti
dopo esce dalla doccia e si lava i denti, strofinandosi al contempo i capelli con
un asciugamano. Avverte ancora i postumi della sbornia.
"Devo mangiare qualcosa prima di andare, altrimenti non ce la faccio" conclude.
Si infila un paio di jeans e una maglietta blu e si affretta a scendere in cucina.
In frigo ci sono gli avanzi del pranzo di ieri: una specie di stufato di pollo che
aveva improvvisato con le cose trovate nel congelatore. Rovescia il contenitore su
un piatto, mette il grumo freddo nel microonde, e va a prendere gli stivaletti neri
nell'ingresso. Una rapida occhiata all'orologio: venti alle due.
"Diciotto minuti fa credevo che il mio problema pi� grande fosse l'essere finita a
letto con il mio capo" pensa irritata.
In quel momento il microonde emette un bip . Ed � proprio allora che si rende conto
che non ci sar� nessuna vacanza, nemmeno stavolta. Con tutta probabilit� dovr�
dimenticarsi la vendemmia in Francia.
Quattordici minuti pi� tardi Karen Eiken Hornby, capo pro tempore della divisione
crimini della polizia di Doggerland, si allaccia la cintura di sicurezza. Sul
sedile accanto al suo ha poggiato una banana e una lattina di Coca-Cola che ha
trovato in frigo, nascosta dietro lo stufato. Prima di mettere in moto si infila
due gomme da masticare in bocca per scacciare il desiderio di fumare.
Esce in retromarcia dal vialetto in discesa, fa inversione e parte di scatto,
sentendo la ghiaia schizzare sotto le ruote. Mentre si ingozzava di cibo, aveva
parlato con il poliziotto di guardia alla stazione di Dunker e si era fatta un'idea
abbastanza precisa degli eventi.
Alle 11.49 era stato lanciato l'allarme. Un vicino, per una ragione ancora
sconosciuta, si era affacciato alla finestra della cucina di Susanne Smeed e aveva
visto dei piedi, per la verit� parte di un paio di gambe, e una sedia rovesciata.
Il resto del corpo era nascosto dietro il massiccio armadietto della cucina che
ostruiva lo sguardo. L'uomo, tale Harald Steen, aveva immaginato che Susanne fosse
svenuta o fosse morta inciampando, perci� aveva chiamato il 112 perch� mandasse
un'ambulanza. L'operatore che aveva risposto, per�, era stato abbastanza pronto da
informare anche la polizia, che aveva spedito due agenti sul posto: Bj�rn Lange e
Sara Inguldsen.
Karen aveva smesso di masticare sentendo il poliziotto pronunciare quei nomi.
A quanto pareva i due agenti stavano rientrando dopo una chiamata per un furto in
una villa a meno di dieci chilometri da Langevik e quindi erano la pattuglia pi�
vicina alla casa di Susanne Smeed. Entro trentacinque minuti dalla richiesta di
aiuto erano arrivati, avevano sfondato la porta e constatato che non si trattava n�
di una caduta, n� di un calo di zuccheri.
Bj�rn Lange era rimasto seduto sulla scala con la testa tra le ginocchia mentre
Sara Inguldsen accoglieva i soccorritori dell'ambulanza dicendo loro che erano
usciti per nulla.
"� davvero un cazzo di casino" aveva sintetizzato il poliziotto di guardia.

7.

Karen parcheggia dietro le altre auto sulla sponda fangosa del fosso, lungo la
strada nei pressi della casa di Susanne. Davanti a tutte, accanto al cancello, c'�
la BMW nera del medico legale e subito dietro il furgone bianco della Scientifica.
Scende e per un istante rimane ferma sotto la pioggerellina. Lascia correre lo
sguardo lungo la via in entrambe le direzioni. Nel terreno del vicino, un po' pi�
in basso verso il mare, si intravede una macchina della polizia. Sar� impossibile
rilevare le impronte di altre auto. A quest'ora ormai la maggior parte degli
abitanti si � svegliata e da qui saranno passati almeno una ventina di veicoli.
Karen solleva gli occhi e si sofferma sul paesaggio. Questa parte di Heim�, l'alto
crinale che corre verso nord, il fiumiciattolo che serpeggia mormorando in
direzione del mare, i ponti di pietra che si ergono sulle strade tortuose, i colli
ricoperti di erica, � tutto profondamente inciso dentro di lei fin dall'infanzia.
Ora, per�, osserva l'ambiente con uno sguardo diverso, senza vederne la bellezza o
percepirne la tranquillit�, ma prendendo nota di quali opportunit� pu� aver avuto
un estraneo per arrivare qui e andarsene senza essere visto da occhi attenti.
Normalmente dovrebbe essere impossibile senza che qualcuno se ne accorga. Ma oggi,
nel giorno dell'anno in cui tutti smaltiscono la sbornia, i vicini curiosi hanno
altro di cui preoccuparsi invece di stare attenti alle auto che passano.
"Buongiorno, capo."
Bj�rn Lange si alza quando Karen si avvicina alla casa e lei si accorge che il suo
viso � pi� pallido rispetto a stamattina, e che la mano gli trema un po' mentre le
fa il saluto militare.
"Buongiorno" gli risponde sorridendo. "Siete stati voi?"
Fa un cenno verso la porta in cima ai gradini. Uno dei pannelli della vetrata
piombata � stato rotto e i bordi sono staccati dal resto che invece � rimasto
appeso alla cornice. Bj�rn Lange annuisce e inizia a spiegare in fretta, come se
temesse le sue critiche.
"S�, era chiuso a chiave, e non sapevamo se era urgente. Ma abbiamo intuito che
c'era qualcuno per via della radio accesa. Spero di non aver distrutto nessuna
prova, ma pensavamo che avesse bisogno d'aiuto. Non potevamo immaginare che fosse
troppo tardi..."
Si interrompe e Karen annuisce con un sorriso tranquillizzante, chiedendosi
cos'abbia spinto un tipo emotivo come Lange a entrare in polizia.
"Avete fatto bene" dice. "Non c'� un bello spettacolo l� dentro, a quanto ho
capito. Dovr� parlare con voi pi� tardi alla stazione, ma per ora vi suggerirei di
prendervi un paio di ore libere e mangiare qualcosa. Dov'� Inguldsen, a proposito?"
"� dal vicino che ha telefonato per dare l'allarme. Il tizio era ancora qui quando
siamo arrivati e non stava molto bene, perci� l'ha riportato a casa in macchina. Ha
qualche problema al cuore."
Lange fa un gesto goffo per indicare il petto e Karen impreca in silenzio. Una
donna poliziotto da sola insieme a un testimone che non si pu� ancora escludere
dalla lista dei sospetti. Ma dove cazzo avevano la testa? In realt� lei sa bene che
il signor Steen � molto malato di cuore, e che a malapena potrebbe avere la forza
per uccidere un gattino, ma Sara e Bj�rn non ne erano di certo al corrente.
"Okay, ma vai l� a farle compagnia" gli ordina secca, evitando altri commenti. Dopo
l'incontro imbarazzante di stamattina con Lange e Inguldsen era in svantaggio, ma
questo rappresenta il gol del pareggio.
Appena apre la porta, � investita da un calore intenso e da un debole odore di
fumo. "C'� qualcosa che brucia," pensa "oppure che � gi� bruciato". D� un'occhiata
all'ingresso rettangolare, dove c'� una scala che porta al piano superiore. A
sinistra si trova un mobile color mogano con i cassetti tirati fuori e per terra
giacciono sciarpe, guanti, una spazzola per abiti e altre cose che non riesce a
distinguere. Attraverso la porta pi� avanti, sulla destra, si intravedono un divano
beige e il bordo di uno spesso tappeto blu, mentre da sinistra giungono rumori
indistinti e mormorii. Chino su una grossa borsa in mezzo alla stanza c'� S�ren
Larsen della Scientifica. Quando vede Karen solleva il mento in segno di saluto e
le tende un paio di soprascarpe blu e un berretto di plastica.
"Grazie, S�ren. Brodal � l� dentro?" chiede indicando la porta della cucina, mentre
si lega i capelli e si infila il berretto trasparente. Il collega incrocia il suo
sguardo inarcando le sopracciglia al di sopra della mascherina e annuisce.
Lei sa cosa significa quella espressione: Kneought Brodal non � di buonumore,
nemmeno oggi.
Karen fa un sospiro profondo e si va a mettere sulla soglia. A prima vista, se si
tralasciano i tappetini proteggi pavimento piazzati in giro dai ragazzi della
Scientifica, sembra tutto perfettamente normale. Di fronte ha i fornelli, il
bancone di lavoro, il lavello e la lavastoviglie. Sopra � appesa una fila di
armadietti laccati di grigio. A destra, sul lungo piano di granito c'� un
gigantesco e scintillante elettrodomestico, che Karen suppone essere una macchina
per il caff�, e sui ripiani fanno bella mostra di s� oggetti da cucina, coppe e
ciotole di rame. Subito a sinistra della porta troneggia un armadio blu con motivi
biblici stilizzati, caratteristici dell'arte contadina doggerlandese. Giona e la
balena � uno dei temi ricorrenti e Karen constata che anche il pittore che duecento
anni fa ha dipinto l'armadio di Susanne Smeed si � ispirato proprio a quel
racconto. "Una cucina ordinaria, piuttosto accogliente" conclude lei.
Ma l'impressione generale muta man mano che osserva la scena. Un po' pi� spostato
c'� un pesante tavolo di quercia, circondato da tre sedie. La quarta � rovesciata
su un lato. Vede i tappetini e i segnalatori gialli numerati, e poi � attirata dal
sangue: uno schizzo rosso a un solo metro di distanza da lei.
"Per amor del cielo, stai attenta, Eiken" l'avverte una voce tagliente. "Guarda
dove cazzo metti i piedi."
Karen fa un paio di passi cauti sopra i proteggi pavimento e tende il collo per
buttare un occhio oltre il grosso armadio trattenendo involontariamente il fiato.
Un istante dopo sopprime l'istinto di distogliere lo sguardo e osserva impassibile
la donna sul pavimento.
Susanne Smeed giace supina con la testa e il collo a formare un angolo acuto tra il
pavimento e il bordo della stufa a legna. La pesante vestaglia � scostata e lascia
intravedere una camicia da notte color crema, con ricami di pizzo intorno alla
profonda scollatura. Un seno � scoperto e Karen nota che � stranamente prosperoso
per un corpo cos� snello. La mano sinistra di Susanne � nascosta, ma la destra non
ha gioielli, e le unghie sono ben curate e dipinte di un discreto rosa pallido. La
testa e il torso giacciono in una pozza di sangue, che in parte � stata assorbita
dalla spugna spessa della vestaglia tingendo il tessuto color talpa di un colore
pi� scuro. I capelli, fatto salvo l'essere ricoperti di sangue, sembrano ben
tenuti, con ciocche pi� chiare rispetto al rosso della base. Le gambe sono tese, e
sul piede destro c'� ancora una pantofola di velluto blu scuro, infilata sulle dita
come un cappello, mentre l'altra giace rovesciata sotto il tavolo.
"Elegante, nell'insieme" pensa lei. "Un caos elegante".
Un agente in tuta bianca si muove al rallentatore intorno al cadavere e scatta foto
da tutte le angolazioni possibili e immaginabili. Le tute protettive degli altri
due tecnici della Scientifica che si spostano lentamente nella stanza producono un
lieve fruscio. Karen sa che il loro muoversi a passi felpati, che a un osservatore
esterno potrebbe sembrare riguardo nei confronti della deceduta, � in realt� solo
sintomo della profonda concentrazione con cui circoscrivono la zona e la setacciano
nel tentativo di raccogliere ogni minima prova. Quando uno di loro cambia lato,
Karen capisce cosa ha causato l'odore di bruciato: tra il fornello e il tavolo ci
sono i resti carbonizzati di un cesto per la legna. Le fiamme hanno lambito la
parete lasciando un'ampia striscia di fuliggine, un rischio per le tendine a
quadretti l� vicino. Vede la sua immagine riflessa nel vetro lucido della finestra
e si convince che sono le luci dei riflettori a creare ombre cos� marcate sotto i
suoi occhi.
A questo punto lei riporta lo sguardo sulla testa di Susanne Smeed e questa volta
si sforza di esaminarla con pi� attenzione. I capelli biondi sono raggrumati in
ciocche sporche di sangue e nascondono parte del viso malridotto. Con crescente
disagio nota lo zigomo schiacciato e il naso che pare spostato da un lato. La
dentatura esposta risplende dietro la mascella spaccata in una sorta di sorriso
grottesco. Gli occhi sono spalancati, vuoti e inespressivi come quelli degli altri
cadaveri che le � capitato di osservare: nessuna sorpresa, nessuna paura, solo un
vuoto grigio e senza fine.
E in mezzo a quel disastro si colgono ancora i tratti familiari del viso di Susanne
Smeed. Il disagio di Karen si trasforma in una fitta al plesso solare e per calmare
il proprio malessere lei dirige lo sguardo sul tavolo della cucina. Sopra ci sono
un piatto fondo con resti di latte fermentato o forse yogurt con del muesli, un
cestino con fette di pane di segale, un blocchetto di burro ormai sciolto per il
caldo, e una tazza di caff� vuota, elegantemente posata sul suo piattino.
"Almeno sei riuscita a berti un caff� dopo il bagno" pensa, indugiando con lo
sguardo sulla tazza a fiorellini blu. "Ma cos'� successo dopo?"
"Ciao Kneought" esordisce poi a voce bassa, girandosi finalmente verso l'uomo
grande e grosso che se ne sta accovacciato con evidente sforzo accanto al cadavere.
Dopodich� osserva la sua ampia schiena e si stupisce che Brodal sia riuscito a
infilarsi la tuta di protezione senza strappare le cuciture. "Che mi dici?"
aggiunge.
Lui risponde secco, senza sollevare la testa. "Be', � morta. Che altro si pu�
dire?"
Karen ignora il suo tono duro e attende in silenzio che il medico legale prosegua.
I modi di Brodal spesso la irritano, ma in questo caso specifico prova una certa
empatia per lui; sa che Kneought e sua moglie hanno frequentato Jounas e Susanne
Smeed per anni, prima del divorzio. Lui � molto di pi� di un semplice conoscente
per la donna di cui ora sta esaminando il corpo.
"Sono arrivato qui poco dopo l'una e mezzo, e lei era morta da minimo tre, massimo
sei ore" continua con un'evidente frustrazione nella voce. "Non posso essere pi�
preciso di cos� con questo maledetto caldo. Chiss� perch� hanno deciso di accendere
quel cazzo di coso e poi hanno cercato di incendiare il resto della casa."
Kneought indica con il braccio la stufa a legna nell'angolo, dove un uomo della
Scientifica in ginocchio sta guardando all'interno dello sportello aperto. Poi alza
gli occhi e incontra quelli di Karen, che si rende conto che lui ha la fronte
lucida di sudore.
Allora lei osserva il fornello moderno in acciaio spazzolato e il luccicante piano
a induzione all'altro lato della cucina, e poi ritorna sulla stufa a legna. A
quanto pare Susanne, come molti altri, aveva voluto mantenere qualcosa dell'antico
arredamento quando aveva ristrutturato: aveva scelto di conservare la sensazione di
vecchia cucina di campagna e contemporaneamente aveva investito denaro in ogni
sorta di accessorio moderno. La maggior parte della gente faceva lo stesso, ma
davvero in pochi si prendevano la briga di accendere davvero il fuoco nelle vecchie
stufe, soprattutto alla fine di settembre quando le temperature erano ancora un bel
po' sopra lo zero. Era stato il bagno mattutino a spingere Susanne a cercare di
riscaldare la casa accendendo la stufa? O era stato l'assassino a farlo?
"Quando sono arrivato era un cazzo di forno, qui dentro" riprende Brodal stizzito.
"Poi i ragazzi, grazie al cielo, hanno spento quella stufa. Ma sar� un casino
cercare di fissare l'orario esatto della morte. E per fortuna non � bruciato tutto"
aggiunge facendo un cenno verso il cesto della legna annerito.
"Una fortuna per noi, forse" commenta Karen brusca. "Di certo non per l'idiota che
ha cercato di far sembrare l'omicidio un semplice incendio."
Brodal chiude la borsa e si alza con fatica. La tuta si tende sulla sua pancia
sporgente e Karen teme che la sottile cerniera di plastica possa cedere per la
pressione.
"Direi che � compito tuo scoprirlo. Comunque io adesso ho finito, ti sapr� dire di
pi� dopo l'autopsia" conclude asciugandosi la fronte con il polso.
"Sull'arma del delitto perlomeno non ci sono dubbi. Dai un'occhiata qui, Eiken!"
La voce di S�ren Larsen proviene dalla soglia. In mano regge un lungo attizzatoio
di ferro, avvolto in un sacchetto di plastica sporco di strisce di colore scuro.
"Se vuoi la mia opinione, combacer� perfettamente con le ferite sul corpo" afferma
Larsen rigirando il sacchetto insanguinato con aria soddisfatta. "L'abbiamo trovato
appeso ordinatamente al suo posto accanto alla stufa.
"� possibile" conviene Brodal secco. "Potrebbe averlo usato per ferirla al volto,
ma la causa di morte, con buona probabilit�, � un'altra."
Karen e S�ren lo guardano con aria interrogativa mentre lui sembra godersi
quell'attenzione per un istante.
"Secondo me lei era seduta su quella sedia quando ha ricevuto il primo colpo, ma
sono sicurissimo che non � stato quello a ucciderla. E forse non � stato nemmeno il
secondo, che per� l'ha spinta all'indietro con tale forza da farle sbattere il
cranio contro la stufa. Chiunque l'abbia uccisa � un bastardo senza cuore, che
voleva avere la certezza di aver fatto fuori Susanne."

8.

L'ispettore Karl Bj�rken si trova nel negozio di alimentari e sta facendo correre
lo sguardo esitante tra la pizza congelata e i bastoncini di pesce, quando il
cellulare gli vibra nella tasca interna. Sul seggiolino del carrello c'� suo figlio
Frode, diciotto mesi, che piange angosciato. Le manine paffute sono tese verso la
corsia tra gli scaffali dove sua madre � scomparsa in direzione del reparto
pannolini. Karl lancia una rapida occhiata allo schermo, e le sopracciglia scure si
inarcano sulla fronte quando vede chi lo sta chiamando. Karen Eiken Hornby sar�
pure un superiore con cui ha instaurato una certa confidenza, e con il tempo �
diventata anche un'amica, ma difficilmente lo chiama per fare conversazione. Di
certo non in un giorno come quello.
"Forza, piccolo, la mamma torna subito" dice premendosi il telefono contro un
orecchio e facendosi scudo sull'altro con una mano. "Ciao Karen" risponde. "Perch�
diavolo mi stai chiamando? Ti sei gi� ripresa dall'Oistra?"
"Chiudi il becco. Sei seduto?"
"Direi di no. Sono al Tema e devo decidere da cosa lasciarmi tentare. Secondo te
che devo prendere? Pizza congelata con il prosciutto..."
"Senti" lo interrompe Karen velocemente. "Devi rientrare in servizio, ci � capitato
tra capo e collo un omicidio."
Mentre ascolta Karen che lo ragguaglia, Karl guarda inquieto sua moglie che si
avvicina. Spinge un carrello con tre grossi pacchi di pannolini e sembra che abbia
bisogno di tutta la sua forza per poterlo spostare. Sul seggiolino pieghevole il
gemello di Frode, Arne, sta masticando mentre sua madre gli stacca piano qualcosa
dalle dita appiccicose. Ingrid Bj�rken ha delle macchie rosse sul collo e un'aria
stanchissima. Gli strilli indignati rimbalzano tra gli scaffali di verdure in
scatola e sughi per la pasta.
Quando vede Karl, il viso le si apre in un sorriso e il cuore di lui va a fondo
come una pietra. Karl sa che quel sorriso, lo stesso di cui si � innamorato tre
anni prima e che ancora gli provoca scosse elettriche in tutto il corpo, tra due
minuti sar� spazzato via.
Tre quarti d'ora pi� tardi, Karl Bj�rken si fa da parte mentre la barella con
Susanne Smeed viene condotta fuori dalla porta di casa. Dalla soglia vede Karen
nell'ingresso intenta a parlare con S�ren Larsen, i cui capelli ricci e biondi
formano un'aureola ribelle intorno alla testa. Karl si accorge che Larsen si sta
tendendo al massimo per far s� che la differenza d'altezza tra lui e Karen si noti
di meno. S�ren � uno e sessantatr�, senza scarpe, e con gli stivaletti e delle
suole pi� spesse pu� alzarsi di altri cinque centimetri, ma resta comunque pi�
basso di Karen di un po'.
Lei sembra concentrata: Karl ha gi� visto quel misto di tensione e attesa repressa
in altre occasioni. Ora lei gira il polso e osserva l'orologio.
"Bj�rken dovrebbe arrivare da un momento all'altro" dice. "Controlleremo la casa e
parleremo con i vicini qua intorno, e anche voi avete il vostro bel daffare.
Pensavo che potremmo incontrarci per un primo punto della situazione stasera alle
sette, alla stazione. Pu� andare per te?"
"Le sette va bene" replica S�ren. "Non toccate niente, intesi? Anche se avete i
guanti, non voglio che roviniate le impronte."
Con un sospiro, Karl fa un passo all'interno e, non appena la sua ombra lunga e
larga oscura l'entrata, i due si voltano.
"Ah, eccoti qui" lo saluta lei. "Ben arrivato. � proprio un bel casino."
"Siamo sicuri che sia un delitto?" chiede Karl.
"Senza dubbio. Forse omicidio colposo, se l'avvocato � molto in gamba, ma comunque
non si tratta di un incidente. Devi aiutarmi a dare un'occhiata veloce alla casa
prima di far visita al vicino che l'ha trovata. Brodal se n'� appena andato e il
corpo � stato portato via, ma prima esamina la scena di l�, e poi ti aggiorno su
ci� che sappiamo."
Karl prende un paio di soprascarpe dalla borsa di S�ren Larsen e fa un sospiro
profondo prima di entrare in cucina. Ingrid non sar� felice quando torner� a casa.
E chiss� quando torner�.
Karen si ferma sulla soglia e lascia scorrere lo sguardo sulla stanza. Proprio di
fronte ha un ampio divano beige con davanti un tavolino basso. Sul piano di vetro
fum� ci sono una pila di settimanali e tre telecomandi che sembrano posizionati
l'uno accanto all'altro con precisione millimetrica. Due poltrone di pelle nera
sono disposte ai lati del divano e tutti e tre sono rivolti verso un gigantesco
televisore a schermo piatto che copre quasi per intero la parete opposta.
Pi� in l�, lungo lo stesso muro, ci sono un camino e altre due poltrone mentre
dall'altra parte una grande libreria bianca a scomparti. Tutto � molto elegante,
ordinato e trasmette una certa ansiet�. Mentre la cucina, con il vecchio armadio e
le porcellane a fiori, testimonia la volont� di conservare un'aria rustica, il
salotto invece sembra arredato da qualcuno che ha aperto a casaccio la pagina di un
catalogo di mobili e ha comprato tutto quello che c'era in foto. "Probabilmente non
c'� un accessorio che abbia pi� di dieci anni" pensa Karen osservando
quell'arredamento impersonale. Eppure, l'impressione che d� non � certo di
contemporaneit�, � piuttosto convenzionale, anzi tremendamente noioso.
Poi il suo sguardo � attirato dalla mensola sopra il camino, dove sono allineate
alcune fotografie in cornici dorate. Si mette a studiarle pensierosa, ma viene
presto interrotta da Karl, che entra nella stanza.
"Ah, adesso so come appare una cucina in cui hanno sfondato la faccia a qualcuno
con un attizzatoio. Non credo che mi abituer� mai a questa merda, cazzo."
"E tieni conto che un bel po' di sangue � stato assorbito dalla vestaglia" risponde
lei senza nemmeno girarsi. "Ma secondo Brodal non � stato l'attizzatoio a
ucciderla, ma il fatto che ha battuto la testa sul bordo della stufa. Vedrai le
foto stasera alla riunione."
Karl ispeziona velocemente la stanza e va a mettersi accanto a Karen. In silenzio,
osservano le fotografie.
"La figlia?" chiede lui dopo un attimo accennando a un'immagine.
Sembra che raffigurino tutte la stessa persona. Una bambina di tre anni su una
spiaggia, voltata verso il fotografo, che sorride con una paletta di plastica rossa
in mano. Una bambina di sei anni, biondissima, con una piccola finestra nella fila
dei denti superiore e un vestito rosa da ballerina con la gonna di tulle. Una
ragazzina, quasi altrettanto bionda, sui dieci o undici anni, che fa la spaccata
tutta orgogliosa sulla sbarra e tiene le braccia tese sopra la testa. E un'ultima
foto ancora, probabilmente scattata nella stessa occasione, che mostra la stessa
ragazzina su un podio, sorridente per la vittoria.
"S�, suppongo di s�. Controlli tu la libreria?"
Karl va fino allo scaffale di laminato con le ante in vetro e le intelaiature
dorate che si trova di fronte al camino.
"Non so se � il caso di definire questa roba una libreria."
Con espressione stanca studia i soprammobili piazzati tra le file di cd e DVD . Un
cestino con fiori di porcellana, un fermacarte di vetro colorato, una collezione di
cavalli di ceramica di vari dimensioni e colori, una bambolina spagnola con un
vestito da flamenco e una giapponese vestita da geisha. I pochi libri sono disposti
su due mensole: alcuni bestseller d'amore o thriller, un'enciclopedia in dodici
volumi, una serie di libroni che sembrano manuali di auto-aiuto. Karl piega la
testa e legge i titoli a voce alta: "Trova la felicit� , La strada verso la vera te
, Non fare la vittima - Prendi in mano la tua vita , I succhiaenergia: come
scacciare la negativit� dalla tua vita . Oddio, anche tu leggi queste stronzate?".
"Tutti i giorni, non si vede?"
Karen � vicino al divano e osserva la pila di settimanali. In cima c'� l'ultimo
numero di "Vogue", lucido e massiccio. Estrae una penna dal taschino e sposta
cautamente il settimanale incrociando gli occhi di una fotomodella annoiata sulla
copertina di "Harper's Bazaar". Pi� sotto nella pila ci sono diversi numeri di
altre riviste che sembrano essere di moda, bellezza e gossip, oltre a un paio che
trattano di antiquariato. Karen si raddrizza e ancora una volta fa scorrere lo
sguardo in quella stanza ordinata e impersonale, evita i vetri lucidi delle
finestre e cerca qualcosa che possa mostrarle chi era Susanne Smeed. "O forse lei
era proprio questo" riflette. "Una donna senza idee proprie, che ci teneva che
tutto fosse in ordine. E che curava anche il suo aspetto" deduce ricordando le mani
ben curate della vittima e il suo seno nudo. Era siliconato, non aveva dubbi in
proposito.
Osserva le pareti bianche decorate da dipinti a olio con motivi rurali, una
riproduzione incorniciata di un Monet, un'altra di un Sisley e due lampade a muro
dorate con il vetro opalescente. "Potrebbe abitarci chiunque qui" immagina. "Una
qualsiasi donna elegante, pulita e di mezza et�".
"Non credo che troveremo altro" afferma. "Lasciamo perdere?"
Il pesante tappeto beige soffoca il suono dei loro passi, ma il legno sottostante
scricchiola debolmente mentre salgono le scale. Lungo il corridoio ci sono due
porte semiaperte e una terza chiusa. Karen nota che su quest'ultima � appeso un
cuore dorato identico a quello che ha visto al piano di sotto sulla porta del
bagno, e decide di aspettare a esaminarlo. Spalanca invece una delle altre due e
guarda all'interno della camera da letto di Susanne. L'ampio letto matrimoniale non
� rifatto ma stranamente non sembra esser stato utilizzato. Un soffice piumone,
infilato in un copripiumino con disegni di rose, � rimboccato con cura sul lato del
letto che non � stato usato. Lo spesso cuscino ha una federa con lo stesso motivo e
un leggero incavo lascia intuire che qualcuno ci ha posato la testa sopra. Un plaid
rosa � ripiegato sul bracciolo di una poltrona di chintz a fiori posizionata
davanti alla finestra. Nel bel mezzo della stanza troneggia un macchinario da
palestra che ha diverse funzioni, dotato di uno schermo che agli occhi di Karen
sembra il pannello di controllo di un piccolo aereo.
"Quanto credi che possa costare?" chiede indicando quel mostro.
"Be', io non me lo potrei permettere" risponde secco Karl. "E perch� ha un letto
cos� grande se ne usa solo met�?" Poi aggiunge: "Ma no, magari � soltanto una di
quelle persone che dormono restando tutta la notte nella stessa posizione. Anche il
tuo � cos� ordinato quando ti svegli?".
Lei non replica. Il suo letto � altrettanto grande, sebbene lei dorma quasi sempre
da sola. D'altro canto, lui ha ragione: sembra proprio che Susanne Smeed non si sia
mossa.
"Scommetto che c'� di mezzo un amante" prosegue Karl, che a quanto pare non vuol
cambiare discorso. "La palestra e il letto king size, se non altro sembra preparata
all'occorrenza..."
"Se cos� fosse, comunque l'uomo non ha dormito qui stanotte, questo � chiaro. Ma
verificheremo" propone Karen, che non � altrettanto sicura della cosa. La
sensazione che ha avuto ispezionando la casa di Susanne � un'altra: tutto, ai suoi
occhi, trasuda solitudine. Magari speranza di cambiamento, ma malgrado questo
un'insopportabile solitudine.
Si china, afferra con cautela il bordo inferiore dell'anta sinistra del guardaroba
e la spinge di lato. File ordinate di appendiabiti con camicie, gonne e vestiti
incontrano il suo sguardo. Sulla mensola soprastante ci sono pile di maglie di
svariati colori e tessuti, accuratamente piegate. Sul fondo ci sono tre file di
scarpe: una mezza dozzina di d�collet� di diversi colori e con tacchi di diversa
altezza, sandali con lacci dorati, sandali con perle, alcuni modelli di sandali a
fascia, due paia di mocassini e pi� all'interno si intravedono almeno cinque
stivali. Karen fa scorrere l'altra anta e fissa altri attaccapanni con vestiti
accuratamente appesi: abiti, gonne e giacche di molteplici fogge e un paio di
leggeri spolverini estivi. Il resto dello spazio � occupato da alte colonne di
scatole da scarpe, parecchie con l'etichetta del prezzo rossa tipica degli sconti.
Fa una rapido conto: devono essere almeno venti o trenta scatole solo in questo
guardaroba.
"Per�," osserva "una piccola debolezza ce l'aveva in fin dei conti. Guarda!"
Karen si sposta di lato di modo che Karl possa vedere.
"Cazzo! Ma d'altra parte quale donna non va pazza per le scarpe?"
"Ha ragione" pensa lei. Susanne difficilmente avrebbe potuto scegliere una
perversione pi� insulsa di quella di comprare un numero esagerato di vestiti e
scarpe. � davvero tanta roba, eppure in realt� non c'� niente che desti attenzione,
anche qui � tutto completamente impersonale. E non sembrano esserci indizi in grado
di spiegare perch� le abbiano sfondato la testa in quello che parrebbe un impeto di
rabbia.
Karl ha aperto il primo cassetto della cassettiera e sposta con cautela mutandine,
reggiseni e calze cercando qualcosa di interessante. Con un sospiro lo richiude e
passa al successivo. Karen lo guarda mentre palpa gli indumenti intimi e i collant
con le mani guantate. Se adesso entrasse S�ren Larsen, non sarebbe contento.
"Niente di sexy. E nemmeno un vibratore" commenta Karl deluso.
"Quello lo terrebbe nel comodino, nel caso" lo contraddice Karen brusca. "E no, non
ti agitare, ho gi� controllato. Ci sono solo fazzoletti di carta, un tubetto di
crema per le mani e una confezione di sonniferi."
Karl si illumina ma si spegne subito quando Karen precisa: "Niente etichetta del
medico. Fino a qualche anno fa erano farmaci da banco, deve averli comprati a
quell'epoca. O all'estero".
Karl estrae l'ultimo cassetto, il pi� profondo, e tasta sotto mucchi di sottovesti
e camicie da notte ripiegate con cura. Poi si irrigidisce, aggrotta la fronte e
tira fuori un oggetto che sembra un grosso libro con una copertina blu consunta.
"Tombola! Un album di foto."
"� pur sempre qualcosa. Prima dovranno controllarlo quelli della Scientifica, poi
stasera potremo dargli un'occhiata anche noi alla stazione. Facciamo un ultimo
sforzo ed esaminiamo le ultime cose qui sopra. Poi dobbiamo parlare con Harald
Steen, appena possibile."
"Il vicino che l'ha trovata?"
Karen annuisce.
Sulla porta della camera pi� piccola ci sono dei fori di viti, come se ci fosse
stata una targhetta e l'avessero tolta. All'interno, su un lettino con un
copriletto a righe rosa, c'� un orsacchiotto che li fissa sotto un poster con
quattro ragazzi sorridenti.
"Gli One Direction" dice sicuro Karl. "I figli di mia sorella vanno pazzi per
loro."
"Conosco anch'io un loro fan" pensa Karen, sentendo un peso sul petto. Ma non
replica niente.
Su un cassettone bianco c'� un alberello d'ottone stilizzato e dai sottili rami
pendono collane di perline multicolori e un braccialettino con dei ciondoli. A un
gancio dorato accanto allo specchio sono appese due scarpette da ballerina rosa con
lunghi nastri di seta. Karen apre il primo dei due cassetti solo per scoprire che �
rivestito di un'elegante carta a disegni rosa, ma per il resto � completamente
vuoto. Quando tira fuori il secondo si sente un tintinnio e due solitarie coppette
di plastica argentata rotolano di qua e di l� sul fondo di legno.
La camera abbandonata della figlia di Susanne � pervasa da un'atmosfera di
afflizione. � un mausoleo per una ragazza che non abita qui da molti anni.
Karl sembra leggerle nel pensiero. "Forse la usa come stanza per gli ospiti"
suggerisce e Karen si domanda se stia cercando di rassicurare lei o se stesso.
"Gi�, forse" risponde senza convinzione.
Qualcosa le dice che raramente Susanne Smeed abbia ospiti. L'impressione che ha
avuto di grande solitudine si � acuita a ogni stanza che hanno esaminato.
Una rapida occhiata al bagno conferma la sua idea. La stanza � dominata da una
vasca ad angolo con rubinetti dorati, gigantesca e davvero esagerata per quel
bagnetto. Un soffice tappeto rosa copre quel poco del pavimento rimasto sgombro.
L'armadietto non contiene niente di eccezionale: uno spazzolino elettrico,
pastiglie per il mal di testa, vitamine, filo interdentale, un'altra confezione di
sonniferi e una lunga fila di profumi e prodotti per la cura della pelle. "Un
ulteriore indizio della sua mania degli acquisti" pensa Karen, osservando
affascinata i vasetti e i flaconi firmati Clinique, Dr. Brandt, Exuviance, e altri
di cui non ha mai sentito parlare.
"Pare che non troveremo nient'altro qui senza l'aiuto della Scientifica" conclude
rivolgendosi a Karl. "Andiamo dal signor Steen."

9.

La casa di Harald Steen � a poco pi� di duecento metri da quella di Susanne, pi� a
valle, sull'altra sponda del Langeviks�n. Karen e Karl percorrono il sentierino
fangoso lungo il fiumiciattolo mentre lei gli riferisce cosa ha scoperto Kneought
Brodal.
"Che sia un furto con scasso?" domanda Karl senza molta convinzione, sollevando il
cappuccio per proteggersi dalla pioggerellina.
"Pu� essere. La borsa di Susanne � stata buttata in mezzo all'erba in fondo alle
scale, e all'interno non c'� il portafogli. Inoltre ci sono diversi cassetti tirati
fuori dal mobile nell'ingresso e sembra che ci abbiano rovistato dentro."
"Be', allora..."
"Ma nell'armadietto delle tazze c'� un barattolo di t� con un po' di contanti e
quello non � stato toccato. Settecentocinquanta marchi e venti scellini, per
l'esattezza, secondo quanto dice Larsen. Perci� se il ladro cercava dei soldi non
li ha comunque trovati. Il resto l'hai visto anche tu: il salotto e le camere da
letto non sembrano esser state toccate, solo la cassettiera nell'ingresso."
"E il cellulare? Il computer?"
"Per ora non li hanno rinvenuti; potrebbe essere che qualcuno li ha portati via. Ma
sembra che in casa non manchi nient'altro, perlomeno nessuna delle cose che un
tossico ruba di solito. Per esempio, a detta di Larsen, aveva un servizio
d'argenteria di settantadue pezzi, ben riposto nel suo cofanetto in un cassetto
della cucina, e anche il ladro pi� maldestro avrebbe dovuto farci caso. In compenso
la sua auto � sparita. So che era una Toyota bianca, e non � n� in cortile n� sulla
strada."
"La stai facendo cercare?"
"Secondo te? Se ne sta occupando Johannisen. Ho richiamato in servizio anche
Cornelis Loots e Astrid Nielsen, perch� parlino con i vicini qua intorno e scoprano
se hanno visto o sentito qualcosa."
"La cosa pi� strana � che la porta fosse chiusa a chiave" osserva Karl. "Chi cazzo
lo fa?"
"Non � cos� assurdo. Ci sono serrature che scattano da sole quando ti tiri dietro
la porta. Ne avevo una anch'io ma l'ho cambiata dopo che mi sono chiusa fuori due
volte di fila."
"E non c'erano segni di violenza sessuale, giusto?"
"No, almeno questa � stata la prima impressione di Brodal. D'altra parte aveva
addosso la vestaglia e le ciabatte ed era seduta in cucina quando � successo."
"Magari il colpevole era gi� in casa da un po'. La teneva prigioniera, l'ha
lasciata vestire e poi l'ha ammazzata."
Karen lo guarda scettica, con le sopracciglia inarcate.
"E prima le ha anche preparato la colazione? Dai Karl, non � credibile!"
"Perch�? Non potrebbe essere un conoscente? Sono convinto che aveva uno spasimante
che ha perso la testa."
"Se � cos� lo sapremo presto. In questo paesino � impossibile avere dei segreti.
Per� il letto l'hai visto, no? Se anche avesse un amante, non hanno dormito insieme
stanotte."
Percorrono il ponticello sul piccolo fiume entrando cos� nel terreno di Harald
Steen.
Karen esita un istante e aggiunge: "Ah, c'� un'altra cosa. Stanotte ho dormito a
Dunker, e stamattina, sul presto, tornando a casa ho incrociato Susanne". Fa un
cenno con la testa indicando a monte del fiume. "Stava risalendo dal lavatoio e
andava a casa dopo aver fatto un bagno. L'ho vista fare la stessa cosa altre volte.
Non ho controllato l'orologio, ma pi� o meno saranno state le otto e un quarto."
Karl si ferma e si volta, come se fosse in grado di visualizzare Susanne che si
affretta su per il sentiero.
Karen sa cosa sta pensando. "Esatto," dice "se l'ipotesi di Brodal riguardo
all'orario � giusta, � probabile che sia stata uccisa subito dopo che l'ho vista. E
no, non c'era nessun altro per strada. Ma ho chiesto agli uomini della Scientifica
di ispezionare l'area intorno al pontile, anche se dubito che serva a qualcosa."
Sara Inguldsen li accoglie sulla scala della casa di Harald Steen. Un po' pi� in l�
nel giardino c'� Bj�rn Lange che, vedendoli, si affretta a spegnere una sigaretta.
"Buongiorno, capo" esordisce Sara portando la mano alla visiera del berretto.
Karen fa un breve cenno di saluto, si pulisce gli stivaletti dal fango contro il
bordo dei gradini e sorridendo replica: "Buongiorno. Ti ha detto qualcosa di
utile?".
"Non molto, il signor Steen ha a malapena aperto bocca. Purtroppo era ancora lass�
quando siamo arrivati, perci� ha assistito al nostro ingresso."
Karen si immobilizza e la sua preoccupazione deve risultare evidente, perch� Sara
precisa subito: "No, no, non ha visto niente di ci� che c'era all'interno, per� ha
visto l'espressione di Lange quando � uscito. E poi ha sentito che ho mandato via
l'ambulanza, per questo ha capito lo stesso. � diventato pallido in viso, cos� l'ho
portato a casa in macchina e ho lasciato Lange da solo lass�".
"Perch� Steen non ha provato a entrare per aiutarla? A quanto pare, quando ha dato
l'allarme pensava semplicemente che lei fosse svenuta o caduta" s'intromette Karl
Bj�rken.
"Dice di aver tentato, ma che la porta era chiusa a chiave. Ed � vero, Lange ha
dovuto rompere il vetro per aprire. Steen prima � andato a casa per chiamare il 112
e poi � faticosamente tornato indietro su per la salita ad aspettare l'ambulanza.
Non mi stupisce che abbia male al cuore."
"Adesso sta meglio?" chiede Karen posando una mano sulla maniglia.
"S�, ma � molto stanco. � sdraiato sul divano in salotto, pu� essere che si sia
addormentato."
"Okay, tu e Lange andate a mangiare qualcosa. Ormai � un bel po' che siete in
ballo" ordina lei, rendendosi conto che � gi� trascorsa un'intera giornata
lavorativa da quando li ha incontrati a Dunker, e che in quel momento dovevano
essere in servizio gi� da un paio d'ore. Ma si pente subito: non c'� proprio motivo
di ricordare quella scena imbarazzante.
"S�, � stata una giornata lunga per tutti noi" replica Sara Inguldsen con un ampio
sorriso.
La porta del soggiorno � aperta. Harald Steen � sdraiato sul divano ma non dorme, o
forse si � svegliato appena Karen ha bussato discretamente sullo stipite.
"Ah, la figlia di Eiken, venga signorina" la invita cercando di alzarsi.
"Stia gi�, Harald" risponde lei, entrando con Karl alle calcagna. "Noi ci
conosciamo gi�, questo invece � il mio collega Karl Bj�rken. Possiamo sederci un
attimo?"
Harald fa un gesto verso due poltrone rivestite di un tessuto pieno di pelucchi, a
righe gialle e marroni. Sul tavolino c'� un bicchiere d'acqua mezzo vuoto e un
tubetto di pastiglie di nitroglicerina.
"Si sente bene, ora?" chiede Karen sedendosi sul bordo di una poltrona e tendendosi
verso l'anziano. "Dev'essere stato un bel colpo per lei."
"Adesso va un po' meglio. Pensavo che fosse solo inciampata o svenuta, santo cielo.
Non avrei mai immaginato una cosa del genere. Questi giovani..."
Improvvisamente Karen non � pi� sicura di cosa abbia capito quell'uomo. Crede
ancora che si tratti di un incidente? Si china in avanti e lo fissa negli occhi:
"Susanne non � morta di morte naturale, Harald. � per questo che abbiamo bisogno di
parlare con lei".
Per alcuni istanti lo sguardo di Harald Steen si sposta confuso da Karen a Karl,
poi l'anziano signore si sforza di mettersi a sedere.
"Non � una morte naturale? Ma quella signorina ha detto..." Fa un gesto verso la
porta, e Karen si accorge che Sara Inguldsen � rimasta l�, a fare da guardia nella
sua uniforme blu.
"Curiosa, la ragazza" dice Karen a se stessa. "O � ambizione la sua?"
"Non sapevo cosa potessi raccontare" interviene Sara a bassa voce. "Ho solo
spiegato che Susanne Smeed era morta, e che noi chiamiamo sempre un medico quando
qualcuno muore in casa propria."
"Okay, ma adesso vai. Chiameremo te e Lange pi� tardi, se avremo bisogno di altro."
Poi Karen si volta di nuovo verso Harald Steen. "Quello che Sara le ha detto �
vero, Harald, facciamo sempre cos�. Ma in questo caso purtroppo abbiamo ragione di
credere che Susanne abbia perso la vita... per mano di qualcuno."
"Abbia perso la vita ... Come se suonasse meglio di assassinata" riflette lanciando
una rapida occhiata al tubetto bianco con la nitroglicerina. Un attacco di cuore
adesso non solo sarebbe fatale per Harald Steen, ma toglierebbe loro la possibilit�
di avere una testimonianza importante.
"� per questo che abbiamo bisogno del suo aiuto, capisce?" continua. "Magari ha
visto o sentito qualcosa che pu� servirci a scoprire chi..."
"Come?" domanda Harald Steen con una veemenza inaspettata. "Come � morta Susanne?"
Finalmente � riuscito a mettersi seduto in posizione eretta, ma lo sguardo � ancora
confuso e preoccupato. Si tende per afferrare il bicchiere d'acqua e Karen nota che
la mano gli trema leggermente ma il colore del viso sembra abbastanza normale.
"Tutto bene, Harald?" chiede cambiando discorso. "Vuole che chiamiamo qualcuno? Lei
ha un figlio gi� a Frisel, vero? Forse sarebbe utile che passasse la notte qui."
D� un'occhiata all'orologio: le quattro e un quarto. Il traghetto da Sande, la
domenica, parte ogni mezz'ora. Il figlio di Harald potrebbe essere qui entro un
paio d'ore.
"No, per la miseria, non fatelo venire" sibila l'anziano. "Me la cavo da me."
"Qualcun altro allora?" propone Karl calmo. "Forse non dovrebbe rimanere qui da
solo, almeno stasera." � seduto appoggiato allo schienale della poltrona sfondata e
ha accavallato una delle lunghe gambe sull'altra per cercare di sostenere il blocco
degli appunti.
"Stasera verso le sei verr� l'assistente a domicilio" mormora Harald. "Se non si
dimentica di me."
"Ah, lei usufruisce di quel servizio. Ogni quanto vengono?"
Harald Steen fa una risatina e assume un'aria stranamente soddisfatta, come se
avesse gi� dimenticato il motivo per cui i poliziotti sono nel suo salotto.
"Be', da quando sono iniziati i miei problemi al cuore, viene una tizia due volte
al giorno a portarmi da mangiare, per questo non mi manca niente. E pulisce anche,
molto bene. Ma � polacca" aggiunge, come se ci� diminuisse i benefici di cui gode.
Karen sente il rumore della penna di Karl che prende appunti.
"E a che ora viene?"
"La polacca? Be', sa, non ha mica orari. Qualche volta alle otto di mattina e poi
per la cena. Ma usa dei condimenti davvero bizzarri. Ho provato a dirglielo ma..."
"Si ricorda quando � arrivata stamani?" lo interrompe Karl con una rapida occhiata
a Karen.
"S�, era stranamente tardi, alle nove forse. No, anzi, erano pi� le nove e mezzo,
mi sa. Comunque, ero sveglio da un bel po' quando si � degnata di presentarsi.
Secondo me � andata all'Oistra. Ho sentito dire che bevono di brutto, queste
polacche."
Karen e Karl si scambiano un'altra occhiata.
"E lei ha notato qualcosa mentre l'aspettava?" chiede Karl. "Voglio dire, ha visto
qualcuno, o magari una macchina, nei pressi della casa di Susanne?"
Harald Steen assume un'aria stupita.
"No..." risponde esitante, scuotendo lentamente la testa come se si trattasse di
una domanda incomprensibile. "Come avrei potuto? Sono rimasto a letto. � quello che
faccio abitualmente finch� non ho bevuto il caff�. Il caff� lo fa forte, almeno."
Il viso gli si illumina e Karen sospira in silenzio. "Qui non andiamo da nessuna
parte" pensa. "Forse � meglio concentrarsi sulla donna dell'assistenza e sperare
che abbia notato qualcosa". Vede che Karl sta chiudendo il taccuino ed entrambi
fanno per alzarsi dalle poltrone piene di pelucchi.
"Per� la macchina l'ho sentita" aggiunge il vecchio.
Karen si blocca e si accorge che Karl fa lo stesso. Entrambi fissano Harald mentre
tornano a sprofondare nelle rispettive poltrone.
"Ha sentito una macchina, dice?" La voce di Karl ha un tono forzatamente calmo,
come se temesse che il minimo segno di eccitazione possa far perdere di nuovo la
concentrazione a Steen.
"S�, la macchina di Susanne, quell'inutile catorcio giapponese. � per quello che mi
� sembrato strano vedere la luce accesa in cucina. E poi usciva il fumo dal camino.
Voglio dire, perch� avrebbe dovuto lasciarlo acceso? Ma di certo non potevo
immaginare..."
"� sicuro che fosse la macchina di Susanne?" lo interrompe Karen il pi� dolcemente
possibile.
Harald si lascia sfuggire uno sbuffo di irritazione.
"Col rumore che fa! Cigola e scricchiola come una vecchia carretta quando si mette
in moto. Non ci si pu� sbagliare. � per colpa del motorino d'avviamento. Io l'ho
detto a Susanne di cambiarlo, ma non si decide mai."
"E questo � successo stamattina, prima che arrivasse l'assistente?" lo esorta Karl.
"Ne � proprio certo?"
"No, � vero, la polacca era gi� arrivata. � stato proprio nel momento in cui mi ha
detto che il caff� era pronto. Infatti abbiamo commentato insieme che era un po'
strano che Susanne uscisse cos� presto di domenica. Per di pi�, il giorno dopo
l'Oistra. � per quello che � arrivata tardi" insiste.
"Tardi? Ha appena detto che era presto."
"La polacca! Non si � degnata di farsi vedere fin quasi alle dieci. � chiaro che ha
pensato di dormire un po' di pi�. Ma come si dice, chi dorme non piglia pesci."
"Alle dieci? � sicuro?"
"S�, adesso mi ricordo, perch� ascolto il notiziario e le previsioni del tempo ogni
mezz'ora. E ho sentito le stesse notizie un po' di volte, niente di nuovo. Ma senza
dubbio sar� stata all'Oistra come tutti gli altri e avr� bevuto troppa birra.
Bevono come spugne, a quanto pare. Le polacche, intendo."
Karen sospira profondamente e fa un ultimo tentativo.
"Quindi, lei ci sta dicendo che ha sentito la macchina di Susanne andar via dopo
che l'assistente � arrivata qui? Anche lei ha sentito l'auto?"
"S�, direi di s�! Ha detto qualcosa, tipo che sembrava una macchina di quelle che
hanno in Polonia. � una brava donna, dopotutto."
Si accomiatano dopo essersi assicurati ancora una volta che Harald Steen non voglia
chiamare suo figlio. Karen decide di non aspettare l'assistente: Karl ha preso nota
del numero di tale Angela Novak della societ� Homecare, di cui hanno trovato il
biglietto da visita sulla porta del frigo.
"Quindi, che ne pensi?" chiede Karl mentre tornano indietro con fatica su per la
salita.
"� pi� confuso di quanto mi aspettassi. Fino a qualche anno fa Steen era una delle
persone pi� attive a Langevik. Conduceva le aste ed era considerato un tipo tirchio
ma molto simpatico, per quel che ricordo. Ma � passato tanto tempo. Negli ultimi
anni l'ho visto pi� che altro in paese, da lontano."
"Gi�, sulla base degli orari che ci ha fornito non possiamo trarre grandi
conclusioni, sar� difficile tirar fuori qualcosa da tutte quelle sciocchezze"
ammette Karl con tristezza. "Anche se qualcuna delle sue ipotesi potrebbe persino
rivelarsi giusta."
"S�, ma che abbiano sentito la macchina di Susanne possiamo verificarlo. Senti
Angela Novak. Magari ha notato qualcosa in pi�."
"Se il vecchio ha ragione, significa che l'assassino se n'� andato con l'auto della
vittima poco prima delle dieci."
"Gi�, e in effetti la macchina � scomparsa. Vedremo se Brodal riuscir� a
circoscrivere meglio l'orario. Cercher� di fargli pressione."
"Quand'� che hai divulgato il mandato di ricerca dell'auto, esattamente?"
"Non appena sono arrivata qui e ho visto che non c'era. Intorno alle due."
"L'assassino ha avuto a disposizione un bel po' di ore per lasciare l'isola."
"S�, ma al massimo fino a Noor� o Frisel. Non ci sono altri traghetti di domenica,
n� per Esbjerg n� per Harwich."
"No, per� ci sono voli da Lenker e da Ravenby. Sono convinto che se andiamo in uno
degli aeroporti troveremo la macchina."
"Quindi la tua nuova teoria � che qualcuno ha pianificato di assassinare Susanne
Smeed per poi fuggire dal paese? Un attimo fa pensavi che si trattasse di un furto.
E comunque, se cos� fosse, avrebbero gi� trovato l'auto. I parcheggi del terminal
dei traghetti e degli aeroporti sono i primi che setacciamo."
Karl si stringe nelle spalle e Karen continua: "Ho parlato con Cornelis Loots che
ha controllato al porto. L'unica imbarcazione un po' grossa partita dall'isola �
una nave da crociera che ha lasciato Stoccolma il 25 ed � arrivata a Dunker via
Copenaghen. Adesso si sta dirigendo a Edimburgo e toccher� anche le isole Shetland
e la costa norvegese prima di ritornare in Svezia, se ho capito bene. Uno di quei
tour per pensionati americani che hanno degli avi in Nord Europa. Ma mi risulta
difficile immaginare il motivo che possa spingere un ricco americano a lasciare
spontaneamente la sua lussuosa cabina per pedalare fino a Langevik e ammazzare
Susanne Smeed".
"Pedalare?"
"S�, o fare l'autostop. Altrimenti come sarebbe arrivato fin qui? L'assassino ha
rubato l'auto di Susanne per andarsene, ma non ha lasciato niente a casa sua. In
ogni caso ho chiesto a Loots di contattare le compagnie di navigazione e farsi dare
le liste dei passeggeri, per sicurezza. Ma se la tua teoria fosse giusta e
l'assassino avesse lasciato il paese, non avremmo nessuna possibilit�. I porti sono
tutto tranne che affidabili."
Karl cammina con le mani sprofondate nelle tasche e le spalle sollevate per
proteggersi dal vento. Karen lo guarda e pensa che dovrebbe provare a calmarsi,
piuttosto che assalirlo con le sue teorie, come un cane da caccia.
"E tutte quelle barchette provenienti dalla Danimarca, dall'Olanda e da chiss�
quale altro cazzo di posto!" continua lei. "Ieri sono arrivate migliaia di persone
e la maggior parte se n'� andata via stamattina. Perch� quegli idioti vengono qui
solo per l'Oistra?"
Lui scoppia a ridere. "Non dire cos�, Kaldevik o Haugen possono sentirti."
Karen sa benissimo a cosa allude. Con un brivido le torna in mente la visita della
ministra degli Interni alla stazione di polizia, un paio di anni fa. In primavera,
Gudrun Kaldevik aveva tenuto un discorso di fronte ai rappresentanti delle forze
dell'ordine di Doggerland e aveva sottolineato quanto fosse importante che i
poliziotti contribuissero al benessere e alla sicurezza dei turisti dimostrando
spirito di servizio e capacit� di assistenza. Una volta tanto Karen si era trovata
d'accordo con Johannisen, che aveva mormorato: "Non siamo mica accompagnatori
turistici, che cazzo!".
Tutto era partito da un caso dell'estate precedente, che aveva destato grande
scalpore. Due giovani agenti di pubblica sicurezza, per eccesso di zelo, avevano
arrestato un ubriaco nello Stadshusparken. Purtroppo, era saltato fuori che l'uomo
era semisdraiato su una panchina del parco perch� l'avevano assalito e rapinato di
portafogli e cellulare, e che si esprimeva in modo biascicato non a causa dell'alto
tasso alcolemico nel suo sangue ma per colpa di un ictus che l'aveva colpito un
mese prima. Come parte del suo programma di riabilitazione, l'eminente industriale
tedesco e sua moglie avevano deciso di visitare le isole Dogger, un sogno che
avevano in comune da molti anni. La storia si era chiarita solo quando la moglie
aveva contattato la polizia, dopo che per tre ore aveva atteso preoccupata il
marito uscito per una breve passeggiata. Nonostante le scuse ricevute, la coppia
non era voluta restare e aveva sottolineato che non sarebbe tornata mai pi�.
La vicenda aveva occupato molto spazio sui media locali e, purtroppo, anche su
quelli tedeschi. La ministra degli Interni Gudrun Kaldevik era stata costretta, in
qualit� di responsabile politica delle forze di polizia, a rilasciare una dozzina
di interviste ai giornali stranieri rispolverando il suo tedesco scolastico, cosa
che l'aveva portata a commettere un paio di imbarazzanti errori e a totalizzare
1.337.063 visualizzazioni su YouTube. Come se non bastasse, la faccenda era
avvenuta sei settimane prima della proclamazione di Dunker come successiva Capitale
europea della cultura.
Quando Kaldevik aveva finito di parlare ai rappresentanti del corpo di polizia, era
sceso un silenzio di tomba e Viggo Haugen le aveva assicurato che si sarebbe preso
personalmente la responsabilit� di introdurre un cambiamento culturale tra le forze
dell'ordine. Ma il suo prendersi "personalmente la responsabilit� di introdurre un
cambiamento culturale" positivo si sarebbe dimostrato una futile idiozia, nei fatti
quanto nelle parole.
Karen e Karl continuano a camminare in silenzio su per il sentiero ascoltando il
brusio del fiume che si snoda docile verso il mare.
Karen riflette su ci� che inevitabilmente l'aspetta.
"Se puoi, cerca di parlare gi� oggi con Angela Novak. E poi mi chiedevo... riesci
ad assistere tu all'autopsia al posto mio? Cos� faccio una prima chiacchierata con
Jounas da sola. Forse � meglio che non ci precipitiamo da lui in due."
"S�, ti lascio volentieri questo piacere" risponde Karl sospirando. "Cazzo,
dev'essere tremendo per lui."
Per fortuna il suo collega non immagina affatto che lei non sta pensando ai
sentimenti di Jounas per l'assassinio della sua ex moglie. Gli interrogatori
successivi, con le altre persone coinvolte, saranno inevitabili, ma ora deve
parlare con lui da sola, per la prima volta da quando l'ha lasciato che russava
nella stanza 507 dell'hotel Strand.

10.

Karen si dirige verso Dunker in preda all'ansia. Guida con il pilota automatico e
lascia che i pensieri vaghino liberi; quel percorso le � cos� familiare che il suo
corpo percepisce e anticipa ogni curva e lei si figura il paesaggio dentro di s�
qualche istante prima che le appaia davanti agli occhi.
La strada costiera che va da est verso il capoluogo di Heim� sale leggermente
oltrepassando a nord vasti pendii, dove pascoli sassosi si alternano a boschetti di
alberi caducifoglie. Batuffoli di pelo bianchi e grigi si muovono lenti sui
declivi, brucando metodicamente a testa bassa. Gli agnelli dovranno mangiare un
altro paio di mesi per essere abbastanza in carne per l'inizio della macellazione
autunnale, e la lana estiva delle pecore Gotland deve infittirsi ancora un pochino
prima che i tosatori invadano l'isola tra una quindicina di giorni.
Sul lato opposto della strada ripide scogliere scendono verso il mare, la cui
presenza si fa costantemente sentire, con un debole brusio o con un minaccioso
ruggito. Oggi la brezza fresca fa alzare la spuma bianca sul pelo dell'acqua e il
sole luccica tra i cumuli di nubi che veleggiano rapidi verso la terraferma.
Dall'altipiano che si erge a est della citt� si apre una vista panoramica su
Dunker. Rallentando per un breve istante si pu� ammirare tutta l'insenatura. Da qui
si vede la lunga passeggiata che corre dal porto, a ovest, oltre la spiaggia di
sassi e fino alle pareti gialle delle scogliere a sud-est. Se invece si lascia
correre lo sguardo verso l'interno, si fa in tempo ad apprezzare la forma a
mezzaluna della citt� che si estende dietro la baia, prima che la strada scenda
tortuosa con le sue curve strette verso i quartieri centrali.
La pianta di Dunker segue la stessa collaudata regola per la segregazione delle
classi sociali delle altre citt� europee. E come negli altri posti in cui la pesca
era la fonte di sostentamento principale, il nucleo della citt� � posizionato sul
mare. Gli edifici poi si espandono verso l'interno in semicerchi successivi,
mutando aspetto gradualmente.
Sul lungomare e lungo la banchina gi� al porto, come un frangiflutti, le facciate
dorate delle case in arenaria si alternano a quelle dipinte di bianco delle
villette in muratura e ai bassi edifici di mattoni rossi. Dietro, si innalzano
abitazioni in mattoni decisamente pi� lussuose, in cui industriali, armatori e il
ceto medio si sono andati sistemando man mano che avanzavano nella scala sociale. A
Thingwalla, che fiancheggia la baia di Dunker a nord-ovest, troneggiano enormi
ville in pietra con i loro generosi terreni che si estendono tra il mare e la
pineta. Finora qui hanno avuto accesso solo in pochi: Thingwalla � e rimane la zona
pi� esclusiva di Dunker.
L'anello successivo � costituito da case a schiera degli anni Venti e Trenta, nelle
aree di Sande e Lemdal, che all'epoca della loro costruzione indicavano
rispettivamente le periferie a nord-est e a nord-ovest della citt�. Le vie si
diramano ordinatamente in diagonale a partire dalle vecchie strade principali, e
sono costeggiate da case di mattoni grigi, erette in un periodo segnato dalla
massimizzazione del profitto e dallo sviluppo sociale. A quei tempi a Dunker erano
stati fatti grossi investimenti per la tenuta di queste abitazioni, che avrebbero
dovuto salvaguardare gli operai delle filande, del porto e delle fabbriche di
sapone da tubercolosi e reumatismi.
Oggi, a Sande e Lemdal, quasi tutte le case sono state ampliate a dismisura ed �
stato sfruttato ogni centimetro edificabile dei terreni, lunghi e stretti, che
originariamente erano stati pensati per la coltivazione di patate e verdure.
Pi� all'esterno, partendo dal centro di Dunker, ci sono le abitazioni
plurifamiliari di Odinswalla est e ovest: una via dopo l'altra di palazzine a tre
piani degli anni Cinquanta e Sessanta, che si estendono verso l'interno. A prima
vista, questi isolati sembrano non finire mai, ma la spiegazione � semplice: le
leggi doggerlandesi fino al 1972 proibivano di costruire edifici oltre i tre piani,
e di conseguenza non si faceva altro che ammucchiare case su case.
Nell'ultimo semicerchio, che comprende i quartieri di Gaarda e Moerbeck, i
costruttori hanno tratto il massimo beneficio dalla nuova legislazione. Qui,
lontano dai venti marini, le abitazioni sono casermoni grigi di otto piani, eretti
nella seconda met� degli anni Settanta. Gli architetti e i costruttori hanno
razionalizzato al massimo la vita dei cittadini, il verde e ogni eventuale accesso
agli spazi esterni.
Non ci sono n� bar n� ristoranti, e neppure aree di mercato, se si esclude il
commercio di eroina e anfetamine, che avviene pi� o meno allo scoperto nei
parcheggi o vicino ai cortili delle due scuole. Qui la vita notturna � segnata
dalla continua lotta per il territorio tra spacciatori rivali e dai movimenti
rapidi dei ladruncoli che si spostano sotto i pochi lampioni ancora funzionanti. La
gente onesta, che per qualche ragione si trova a dover rientrare a casa dopo le
otto di sera, affretta il passo e chiude velocemente la porta dietro di s� con un
sospiro di sollievo. A Gaarda e Moerbeck si � al sicuro solo cos�, dietro le porte
chiuse a chiave, e per alcuni non c'� nemmeno questa certezza. Ma chi apre le
finestrelle di ventilazione quando il vento arriva da nord-ovest pu� sentire il
profumo del mirto provenire dalle torbiere dell'interno.
Karen attraversa Sande e svolta a ovest, verso Thingwalla. La casa di Jounas Smeed,
in realt�, � proprio ai margini della zona pi� esclusiva, come sottolinea sempre
lui con i colleghi. Anche chi apprezza gli sforzi del capo di dissimulare le sue
origini sa che la famiglia Smeed non si � mai trovata - e mai si trover� - ai
margini di nulla. Smeed � di Thingwalla, punto e basta.
Lei osserva le lussuose ville intonacate di bianco mentre procede lentamente su
F�gels�ngsv�gen verso il numero 24. � stata l� solo una volta. Durante l'ondata di
caldo di un paio di anni prima, Jounas aveva invitato tutta la divisione crimini a
una grigliata, insieme a quelli della Scientifica e a quelli della procura. Era
stato piacevole e rilassante, nella calura tremolante d'agosto.
"Sembra che i meteorologi ci abbiano azzeccato" pensa Karen. Le nuvole si sono
ammassate nell'interno e appena apre la portiera e si allunga a prendere il
giubbotto sul sedile del passeggero, sente un primo colpo del vento gelido che
secondo le previsioni soffier� da nord-ovest. Ha un brivido e lancia un'occhiata
verso la casa dove le finestre scintillanti ricambiano il suo sguardo, vuote. Non
c'� nemmeno una lampada accesa, e sia dietro i vetri scuri sia nella porzione di
giardino visibile dalla strada non si percepisce alcun movimento.
"Magari non � in casa" ipotizza, in un istante di speranza irrazionale, ma un
istante dopo sente il rumore di un'auto che si avvicina a tutta velocit�. Allora si
volta e vede una Lexus nera frenare di colpo dietro la sua Ford Ranger sporca.
Jounas Smeed resta seduto al volante per una manciata di secondi e i loro sguardi
si incrociano. Poi mette in prima e prosegue, senza nemmeno un cenno della testa,
superandola lentamente per entrare in garage.
Karen fissa l'auto e si sente invadere dal disagio: l'incontro si preannuncia
spiacevole come temeva. A passi pesanti percorre il vialetto fino alla casa e
raggiunge il suo capo proprio mentre lui chiude la porta del garage. Girano
l'angolo in silenzio dirigendosi insieme verso l'ingresso della cucina.

11.

"Ne vuoi?" chiede Jounas sollevando la bottiglia di whisky che ha preso dal ripiano
di marmo sotto un armadietto in cucina. Karen riconosce la sua marca preferita, la
distilleria Groths di Noor�.
Scuote la testa. Jounas prende un bicchiere ed esce dalla cucina. Non dice nulla,
ma solleva appena il mento per lasciar intender che si aspetta che lei lo segua.
Mentre � costretta a corrergli dietro come un cane addestrato, il nervosismo
iniziale si trasforma in irritazione. Lo pedina in silenzio attraverso la casa
buia, sul parquet luccicante e sugli spessi tappeti. Passano nell'ampio ingresso
dove un lampadario gigantesco � appeso sopra un tavolo rotondo che ospita un vaso
di tulipani appassiti. Accanto c'� una scalinata immensa che conduce al piano di
sopra immerso nell'oscurit�. A destra della scala si intravede quello che potrebbe
essere uno studio e pi� avanti, quando superano la biblioteca, Karen adocchia delle
poltrone Chesterfield verdi davanti a un camino dalla cornice riccamente ornata e
librerie a pannelli di legno scuro che coprono le pareti dal pavimento al soffitto.
Dentro di s� lei rivede l'ordine ansiogeno del salotto impersonale di Susanne.
Nonostante i loro dieci anni di matrimonio, il contrasto tra la casa della donna e
quella di Jounas � di una chiarezza quasi imbarazzante. A quanto pare Susanne non
si era portata via nulla del patrimonio degli Smeed dopo il divorzio.
Jounas prosegue in un grande salotto rettangolare e accende i faretti, la cui luce
abbagliante costringe Karen a sbattere gli occhi. Tutta la stanza si rispecchia
nelle vetrate che coprono interamente una delle pareti pi� lunghe. Lei va fino alle
finestre scorrevoli e rimane immobile ad ammirare il giardino. Dalla facciata si
estende un terrazzo di legno ad angolo dove si trova una cucina attrezzata di tutto
punto, con una griglia enorme e utensili scintillanti al riparo di un tetto di
tegole a cupola. Sulla destra, di traverso, c'� un lungo tavolo per dodici persone
e in fondo, verso la piscina, sotto un ampio ombrellone, sono sparsi divani e
poltrone.
"Dovrebbe chiuderlo," pensa lei "fra poco il vento lo porter� via".
Prati ancora verdi e soffici scendono dolcemente verso il mare. Karen non riesce a
vederla da qui, ma sa che laggi� c'� una spiaggia privata: l'ha osservata con occhi
invidiosi quando quest'estate � passata al largo su un fuoribordo. La maggior parte
delle ville ha un pontile privato, dove barche esclusive restano ormeggiate in
attesa di essere portate al cantiere navale, un chilometro e mezzo pi� a ovest,
alla fine della stagione.
Alza lo sguardo all'orizzonte dove il mare � diventato grigio-azzurro sotto il
cielo che si sta rapidamente oscurando. In quel momento, l'ombrellone � scosso da
una raffica di vento e le prime gocce di pioggia si posano sulla superficie
argentea del legno di cumaru. "Dovrei proprio consigliargli di chiuderlo"
considera.
Invece si gira e vede che Jounas si � accasciato in tutta la sua lunghezza su una
delle quattro poltrone grigie. Giace semisdraiato, in una posa disarticolata, con
le gambe buttate davanti a s�. Un braccio penzola al di l� del bracciolo e le punte
delle dita quasi sfiorano il pavimento mentre l'altra mano tiene bilanciato il
bicchiere di whisky sul petto.
"Dimmi un po', Eiken" esordisce con voce languida. "Come t'� venuta l'idea di
questo incontro?"
"Be', capisci bene anche tu che dovevo parlarti..."
""Capo pro tempore della divisione crimini". Immagino che ti debba fare le mie
congratulazioni. Com'� andato il tuo primo giorno, tutto okay?"
"Piantala. Non sono stata io a volere questa posizione."
"Ma ti trovi bene. Almeno ammettilo."
"Certo. Mi godo ogni istante senza ritegno."
Si pente immediatamente della scelta delle parole, sa che Jounas coglier� la prima
occasione per attaccare.
"Proprio come stanotte, allora. A proposito, come mai sei scappata senza salutare?"
"Be', secondo te? � stato un errore. Un grossissimo errore, che spero potremo
dimenticare il pi� presto possibile. Okay?"
Jounas si solleva appena e beve un bel sorso dal bicchiere. Poi la fissa dritta
negli occhi e fa un sorriso triste con un angolo della bocca.
"Okay. Cosa vuoi sapere?"
Karen si schiarisce la voce e si fruga in tasca per prendere il blocco degli
appunti. Esita un istante e poi decide di lasciar perdere. La situazione � gi�
abbastanza tesa, � rischioso sottolineare pi� del necessario il cambio nelle
gerarchie e poi non dovrebbe avere difficolt� a memorizzare le risposte alle poche
domande che gli rivolger�. Per mantenere almeno un po' di quell'autorit� di cui lui
vuole privarla, lei rimane in piedi.
"Potresti cominciare, per esempio, a dirmi dove ti trovavi stamattina tra le sette
e le dieci, se non ti dispiace."
Jounas emette un suono a met� tra uno sbuffo e una risata secca.
"Ma dai, Brodal non riesce a circoscrivere il decesso meglio di cos�? Dio santo,
iniziamo bene..."
Apparentemente rianimato, vuota il bicchiere e si alza.
Per un attimo Karen pensa che stia uscendo dalla stanza, ma poi lo vede dirigersi
verso un tavolino. La sua schiena blocca la vista, ma lei sente il rumore del
metallo contro il vetro di una bottiglia che viene svitata, e il leggero scroscio
del whisky nel bicchiere. Voltandosi, lui traballa un po' e lei ne deduce che
quelli non sono certo i primi bicchieri che ha bevuto oggi. Ne avr� gi� avuti un
paio nello stomaco quando � arrivato con quella sua macchina pacchiana. Poi lei si
ricorda del suo viaggio di ritorno a casa da Dunker, questa mattina. Se i giornali
scoprissero il tasso alcolemico dei membri della polizia doggerlandese, le
redazioni farebbero salti di gioia. D'altro canto, � solo questione di tempo prima
che abbiano qualcos'altro per cui sfregarsi soddisfatti le mani. D'altra parte,
oggi anche la maggior parte dei giornalisti � in preda ai postumi della sbornia, ma
da un momento all'altro finir� tutto. La notizia dell'assassinio di Susanne Smeed
si diffonder� in un lampo nelle isole.
"Puoi rispondere alla domanda?" dice calma quando Jounas torna a sprofondarsi nella
poltrona. "Cos'hai fatto stamattina?"
"Be', quello lo sai anche tu." La osserva inarcando le sopracciglia.
"Io sono uscita dall'albergo alle sette e venti circa. Dopo quell'ora non posso
fornirti nessun alibi. Quindi, che hai combinato dopo che me ne sono andata?"
"Alle sette e venti, dici? E poi sei tornata a casa" commenta Jounas con fare
pensieroso, ignorando la sua domanda. "Sei passata da casa di Susanne? Perch� ci
sei passata, no? O ti sei fermata?"
"Che cazzo stai insinuando?"
"Calma! Stai tranquilla, bella."
"Quale cazzo di motivazione avrei avuto, io, per ammazzare la tua ex moglie? Tu
piuttosto..."
Si interrompe di colpo rendendosi conto che � finita dritta in trappola: ancora una
volta le ha fatto perdere il controllo. Bastano poche parole per cancellare anni di
disinteresse costruito con pazienza per resistere alle sue provocazioni. Fa un
respiro profondo e si siede sul bordo all'estremit� del lungo divano bianco. Tende
la schiena e si sostiene con le gambe per non sprofondare nei cuscini morbidi.
"Per favore, Jounas," lo sprona con calma forzata "non puoi semplicemente dirmi che
cos'hai fatto tra le... insomma, tra le sette e venti e le dieci? Sai che devo
chiedertelo."
"Sono arrivato a casa intorno alle dieci, ancora coi postumi della sbornia"
risponde lui, con ragionevolezza inaspettata. "Prima, ho fatto quel che hai fatto
anche tu: mi sono svegliato, ho vomitato e me ne sono andato dall'albergo con la
coda tra le gambe."
Lei ignora quest'ultima insinuazione. "Che ore erano quando sei uscito dall'hotel?"
"Le nove e mezzo circa."
"Ti ha visto qualcuno? Alla reception, intendo dire."
"Non che io sappia. Comunque non credo che ci fosse qualcuno, anche se non ci ho
fatto caso. Del resto avevo gi� pagato quando sono arrivato. Cio�, quando siamo
arrivati."
Per un attimo lei accarezza l'idea di dirgli che pagher� la propria met�, ma decide
di lasciar perdere. Meno ne parlano, e meglio �.
"Sei venuto a casa in macchina o a piedi?" chiede invece.
"Ho camminato. Ci vogliono solo venti minuti e avevo bisogno di aria fresca. L'auto
l'ho lasciata al parcheggio del municipio. Vicino alla tua, in effetti. Non ci hai
pensato?"
C'era la macchina di Jounas, l�? Forse, ma l'incontro con Inguldsen e Lange le
aveva dato altri motivi di preoccupazione.
"Non usi il garage sotto la stazione di polizia, di solito?"
"S�, ieri s�, durante il giorno. Sono rimasto al lavoro fino a tardi, ero di
cattivo umore e avevo deciso di tornare direttamente a casa. Ma quando sono andato
a prendere la macchina in garage e sono uscito su Redehusgate ho cambiato idea. Ho
pensato che in fin dei conti c'era l'Oistra e potevo almeno farmi una mezza dozzina
di ostriche e un paio di birre prima di rientrare. Perci� ho posteggiato l'auto nel
parcheggio del municipio con l'idea di lasciarcela al massimo per un'oretta. Ma
come sai, � andato tutto a rotoli."
"Puoi ben dirlo" pensa lei. Lo Jounas che ha incontrato ieri sera aveva bevuto ben
pi� di un paio di birre, forse un paio di bottiglie di vino.
"Hai incrociato qualcuno? Stamattina, mentre tornavi a casa."
Jounas sembra riflettere e lei crede che stia recitando. Avrebbe gi� dovuto porsi
quella domanda. Quando ha saputo che sua moglie era stata uccisa, avrebbe dovuto
immaginare che sarebbe stato costretto a riferire dove si trovava al momento
dell'assassinio. Quello e molto altro ancora. "Che cosa spera di ottenere con
questo teatrino?" si chiede Karen, osservando la fronte aggrottata del suo capo.
"In effetti, s�" risponde dopo un po'. "Un ubriacone gi� sul lungomare mi ha
chiesto una sigaretta. Io gliel'ho data, ma dubito che possa fornire informazioni
attendibili sull'orario, sempre che tu riesca a rintracciarlo. Non credo proprio
che abbia un indirizzo, a giudicare da come si trascinava in giro."
"Che aspetto aveva?"
"Eh, come tutti, sporco e con la barba lunga. Se ne andava in giro con un vecchio
carrello della spesa pieno di bottiglie vuote e ciarpame."
"E non hai visto nessun altro? Hai parlato con qualcuno?"
"Secondo te? Quanta gente hai incontrato tu, stamattina?"
Karen ripensa a Bj�rn Lange e Sara Inguldsen e decide di cambiare domanda.
"E poi?"
"Sono tornato a casa e mi sono addormentato sul divano. Mi ha svegliato Viggo
Haugen, poco prima dell'una, per dirmi cos'era successo. Allora ho cercato di
chiamare Sigrid, ma non ha risposto."
"Tua figlia" dice Karen, mentre rivede l'immagine della bambina con la finestrella
tra i denti, nella foto sulla mensola del camino a casa di Susanne.
"S�. E visto che non sono riuscito a parlarci ho deciso di andare da lei. Di solito
non risponde quando le telefono, ma non volevo certo che venisse a sapere della
morte di sua madre da qualcun altro."
Karen fa un cenno di assenso. � un'idea ragionevole, quasi umana.
"Quindi sono tornato in citt�, ho preso la macchina e sono andato a Gaarda. S�,
abita l�" aggiunge in tono irritato, come se avesse visto fin troppe volte delle
sopracciglia sollevarsi. Karen non � riuscita a nascondere la sua sorpresa per il
fatto che la futura erede del patrimonio Smeed abbia scelto di vivere in affitto in
uno dei casermoni grigi a nord della citt�.
"E sei riuscito a trovarla?"
"S�, mi ha fatto anche entrare dieci minuti."
Il tono non � amaro, � piuttosto sorpreso di esser riuscito a parlare con sua
figlia. "Una volta o l'altra devo farmi raccontare cos'� successo," pensa Karen "ma
non ora".
"Come sta?" chiede invece, vedendo un'ombra di nervosismo passare sul viso di
Jounas.
"Puoi domandarglielo tu stessa. Sono sicuro che non aspetterai molto prima di
interrogare la figlia di una vittima d'omicidio, indipendentemente da come sta."
La sua voce si � indurita di nuovo e lui si alza in modo brusco. Vacilla ma
recupera l'equilibrio.
"Non ho altro da aggiungere" afferma secco senza guardarla negli occhi.
Lentamente si alza anche lei e conclude: "Okay, pu� bastare. Ma dovr� parlare
ancora con te, magari gi� domattina. Giusto un'ultima cosa, prima che me ne vada".
Jounas � andato alla finestra, le volta le spalle, e osserva il giardino. La
pioggia � aumentata e l'ombrellone si piega nel vento.
"Quando hai visto Susanne l'ultima volta?"
"Vaffanculo, Eiken" risponde Jounas aprendo di colpo una delle porte a vetri.
"Adesso vattene."
Il vento e la pioggia la colpiscono come uno schiaffo in viso. La temperatura deve
essere scesa di diversi gradi nel breve lasso di tempo che ha trascorso in casa del
suo capo. Il legno delle scale � particolarmente scivoloso sotto le sue suole
spesse e lei scende a passo cauto i tre gradini verso il vialetto di ghiaia. Appena
prima di girare l'angolo si volta e guarda il salotto illuminato. Jounas � di nuovo
accanto al tavolino che svita il tappo di una bottiglia semivuota di Groths single
malt. Poi si sente il frastuono dell'ombrellone che si rovescia.

12. Langevik. Marzo 1970.

Per Lindgren chiude gli occhi e si appoggia all'indietro. Si sente quasi sollevare,
fluttua sopra il terreno e si lascia portare dai suoni intorno a lui: il debole
fruscio delle chiome degli alberi quasi spogli, i gabbiani che planano dal mare e
guardano il tavolo gridando pieni di aspettativa. "Non provateci nemmeno," pensa
"resterete delusi, proprio come me". N� lui n� i gabbiani riceveranno del pesce da
mangiare. Non qui. La carne � esclusa, naturalmente, neanche se l'� immaginata, ma
sul pesce avevano discusso se concederne il consumo. Alcuni erano stati a favore,
altri inflessibilmente contrari. La maggioranza aveva deciso che pesce e crostacei
non fossero permessi nella comune, ma le uova s�, solo per� se erano delle loro
galline o anatre.
Per sorride ricordando i dibattiti precedenti il trasferimento. Ingela aveva
minacciato di uscire dal progetto con Tomas, se avessero iniziato a concedere
compromessi rispetto ai loro ideali vegetariani. Brandon avrebbe preferito avere
uova e bacon per colazione, ma dopo uno sguardo di ammonimento di Janet si era
saggiamente accontentato delle sole uova. Cosa pensasse Theo l'avrebbero saputo pi�
tardi: l'olandese avrebbe aderito alla comune un giorno dopo gli altri. Theo Rep �
amico di Janet e Brandon dai tempi di Amsterdam, e gli altri non l'hanno ancora
conosciuto, ma Janet e Brandon hanno garantito che � uno di loro. "E poi ha un
Bukhanka" pensa Per. "Chiss� come ha fatto a mettere le mani su un minibus
sovietico". Un fuoristrada con parecchi posti � proprio ci� di cui avranno bisogno
qui sull'isola.
Hanno sei mesi di tempo: i soldi basteranno a tenerli a galla solo per quel
periodo, mentre costruiranno il loro futuro in comune. Dovranno pensarci bene prima
di fare spese e risparmiare almeno fino al loro primo raccolto. Tutti hanno
partecipato secondo le loro possibilit�, con contributi o mettendo a disposizione
le loro abilit�. Tomas e Ingela con qualche migliaio, Disa con le sue conoscenze,
Brandon con i suoi contatti - Per non � sicuro quali siano, e a cosa serviranno -,
Janet con qualche centinaio di sterline che ha ereditato da sua nonna e Theo con il
suo Bukhanka e alcune piante.
E poi c'� la sua amata Anne-Marie: senza di lei tutto questo non si sarebbe potuto
realizzare. Quando era giunta notizia che suo nonno era morto, per lei non aveva
significato molto. Un vecchio che lei non aveva mai incontrato, padre di quel padre
che ricordava a malapena, era passato a miglior vita. Lei non era mai stata in
Doggerland, a malapena sapeva di essere originaria di quel paese. E ora si
ritrovava senza preavviso proprietaria del podere di Lothorp, a nord di Langevik,
sull'isola di Heim�. Il nome le era suonato estraneo, quasi esotico. Ma gli
avvocati erano stati chiari: se Anne-Marie avesse voluto, si sarebbero occupati pi�
che volentieri della vendita del podere, dei pascoli circostanti e delle ampie aree
boschive che appartenevano alla propriet�. Ma se voleva tenerla, doveva incaricare
qualcuno di gestirla, o farlo lei stessa.
Ci avevano pensato solo una settimana prima di decidere.
Per sobbalza sentendo un tonfo in cortile che interrompe il familiare suono dei
bambini che corrono ridendo. Conta in silenzio: uno, due, tre, e al quattro arriva
lo strillo.
Un attimo dopo la dolce voce danese di Disa li conforta: "Su, su, non � successo
niente di grave".
Chiude gli occhi e sente il pianto calmarsi mentre un altro bambino inizia a
gridare in casa e dopo di lui un altro ancora.
"Vado io" dice Tomas, e Per si immagina la scena del suo amico che prima solleva
Love e, con gesto abituale, annusa se il pannolino dev'essere cambiato, e poi
prende in braccio Orian e lo consola. Lavare, cambiare e consolare � compito di
Tomas, Ingela invece allatta. Tomas si occupa dei bambini anche se non sono suoi. �
talmente innamorato che questa volta accetterebbe qualsiasi cosa pur di tenersi
Ingela, ora che sono tornati insieme dopo qualche anno di separazione.
Tomas svolge le sue incombenze con la stessa precisione che aveva nel costruire
modellini di aeroplani, quando lui e Per erano ragazzini. Per si ricorda ancora il
profumo della colla che usavano per attaccare le minuscole parti disposte sulla
scrivania nella camera di Tomas. Lui non aveva la pazienza necessaria, e spesso
lasciava il suo miglior amico solo con quei pezzettini di plastica grigia per
ammirare la sua raccolta di dischi. Lo zio di Tomas lavorava in campo musicale e
forniva al nipote tutte le ultime uscite, roba che Per poteva solo sognarsi.
"Prendilo pure" gli diceva sempre Tomas quando lo vedeva leggere a occhi sgranati
ogni singola lettera sul retro della copertina di qualche singolo che lui non
degnava della minima attenzione. "Prendilo se vuoi, ne ho talmente tanti."
Ora avverte l'acciottolio dei piatti e delle posate che vengono messi sul tavolo e
lo scricchiolio di un tappo di sughero che oppone resistenza mentre viene estratto
dal collo di una bottiglia, per poi cedere con un plop . Si sente il calpestio di
piedi laboriosi che entrano ed escono dalla casa, passi svelti che vanno a prendere
qualcos'altro da mettere in tavola. E poi giungono le voci. Le voci, che si alzano
e si abbassano, interrotte da risate, qualcuno che grida a un altro di portare
qualcosa dalla cucina.
Rumori di festa.
Dovrebbe proprio andare ad aiutarli, ma non riesce a distogliersi dalle sue
fantasticherie. Brandon inizia a canticchiare I feel like I'm fixin' to die rag e
qualcun altro - Ingela? - si unisce esitante durante il verso. Non riesce a seguire
il testo n� a tenere il tempo di Brandon, ma quando arrivano al ritornello cantano
tutti insieme ridendo:
And it's one, two, three,
What are we fighting for?
Don't ask me, I don't give a damn,
Next stop is Vietnam...
Un istante dopo Per si rende conto di aver aperto gli occhi e di star cantando
anche lui. E poi incontra lo sguardo di Anne-Marie, e insieme gesticolano mentre
lei gli si avvicina ballando scherzosa.
And it's five, six, seven,
Open up the pearly gates...
Gli si siede in braccio e gli appoggia le labbra al collo, facendogli il solletico
sulla pelle sottile.
"Avevi ragione" mormora lei.
"Avevamo ragione. Anche tu l'hai voluto quanto me, no?"
Sente che lei annuisce e sorride contro il suo collo. S�, anche lei l'ha voluto.
E cos� � stato: all'inizio era un'idea di Per, ma la decisione l'avevano presa
insieme. Andarsene, lasciare tutto e ricominciare da capo. Un'altra vita.

13.

Solo due piani della stazione di polizia di Dunker hanno le luci accese. Al piano
terra, dalle porte dell'ascensore della portineria, un debole bagliore si proietta
su Redehusgate, ma i restanti sei piani dell'immenso edificio che sembra un bunker
sono immersi nel buio.
La polizia della repubblica di Doggerland � organizzata in quattro distretti: Nord
e Sud Heim�, Frisel e Noor�. Ogni distretto � diviso in uffici locali, nei quali
viene svolta la maggior parte del lavoro di routine. I reati pi� gravi, che
prevedono una pena superiore ai cinque anni, sono invece centralizzati e presi in
carico dalla Divisione Investigazioni Criminali della polizia nazionale di
Doggerland, conosciuta come DIC. Il dipartimento si trova al terzo piano, sopra
alle unit� per la pubblica sicurezza e il traffico, e sotto la divisione della
Scientifica e il dipartimento informatico, situati al quarto piano.
La "clinica", come viene chiamato l'enorme edificio di cemento grigio dai
poliziotti che hanno il discutibile piacere di lavorarci, � costruita su un terreno
che si � liberato quando hanno raso al suolo quattro isolati di vecchie case di
legno del Settecento, nonostante le massicce proteste. Ora il colosso stende la sua
ombra sull'antico edificio del municipio che resiste testardo nella sua bellezza
all'altro lato della strada.
Stasera, alle sette e cinque, nella sala riunioni pi� grande al terzo piano si
trovano otto persone. La divisione crimini � rappresentata, oltre che dal capo pro
tempore Karen Eiken Hornby, dai due ispettori Karl Bj�rken ed Evald Johannisen e
dagli agenti Astrid Nielsen e Cornelis Loots. Sul posto ci sono anche il
responsabile della Scientifica, S�ren Larsen, e il medico legale Kneought Brodal,
oltre al procuratore di guardia Dineke Vegen, che � in collegamento telefonico.
Karen guarda le persone radunate intorno al lungo tavolo. Un piatto con dei panini
raffermi, un thermos e una pila vacillante di bicchieri di plastica formano una
solitaria natura morta sotto la luce al neon. Nessuno fa la mossa di servirsi.
"Bene, ci siamo tutti. Benvenuti e grazie di essere qui. Siamo senz'altro stanchi e
non c'� motivo di tirarla per le lunghe, ma c'era bisogno di un primo ragguaglio
collettivo. Vorrei iniziare con qualche dato di fatto" esordisce.
Nessuno dice niente, gli unici suoni che si avvertono sono quelli di una sedia che
scricchiola minacciosamente quando Evald Johannisen cambia posizione, gli sbadigli
soffocati di Kneought Brodal e il fruscio provocato da Astrid Nielsen che estrae
una pasticca per la gola dalla sua borsa. Karen osserva la sua collega, alta,
bionda e fin troppo in forma, e d'istinto raddrizza la schiena e tira in dentro la
pancia prima di schiarirsi la voce e proseguire.
"Alle 11.55 di oggi l'agente che era di guardia ha ricevuto una chiamata dal numero
di emergenza. Sei minuti prima, cio� alle 11.49, al 112 era giunta una telefonata
da tale Harald Steen, residente a Langevik, che riferiva di una donna che era
caduta e si era fatta male nella sua cucina. Secondo l'operatore, Steen non sapeva
dire se la donna fosse ferita gravemente, perch� riusciva solo a intravederla dalla
finestra. O, per essere precisi, ne aveva visto solamente le gambe dalle ginocchia
in gi�."
Un nuovo sbadiglio di Brodal viene seguito da un altro, qualche istante dopo, di
Cornelis Loots, che cerca di nascondere la bocca aperta con il dorso della mano.
Karen sente vacillare la fiducia nelle proprie capacit�. "Non si tratta di me,
semplicemente � stata una lunga giornata" ricorda a se stessa continuando.
"Saggiamente, l'operatore ha deciso di non limitarsi a mandare un'ambulanza ma di
avvertire anche il poliziotto di guardia. Alle 12.25 gli agenti Inguldsen e Lange
sono arrivati sul posto, appena prima dell'ambulanza. Dopo essere entrati con la
forza hanno subito constatato che la donna era morta, e giaceva a terra con gravi
ferite al volto. Harald Steen era ancora l� e ha potuto confermare che la deceduta
era Susanne Smeed."
Il resoconto di Karen fin qui non rappresenta una novit� per nessuno, in quella
stanza, eppure il nome dell'ex moglie del capo provoca un generale scricchiolio di
sedie perch� molti dei presenti cambiano posizione, imbarazzati.
"E come cazzo ha fatto a sapere che era lei? Quegli idioti hanno fatto entrare il
vecchio?"
Tutti si girano all'unisono verso Evald Johannisen. Karen osserva le sopracciglia
corrucciate del collega, percepisce il disappunto nel suo tono, e capisce che
questa volta ce l'ha proprio con lei. Johannisen non le faciliter� certo le cose.
"No," risponde calma "ma Susanne Smeed era la sua vicina, e lui sapeva che abitava
da sola. Ma certo, hai ragione, Evald: l'uomo ha presunto che si trattasse di
Susanne Smeed."
"E adesso invece sappiamo che era Susanne Smeed" dichiara una voce tagliente
all'altro lato del tavolo. "Possiamo andare avanti?" Kneought Brodal � seduto
appoggiato allo schienale con le palpebre socchiuse e le mani allacciate sulla
pancia prominente.
"Grazie, Kneought" prosegue Karen. "Arriveremo al tuo rapporto tra un attimo.
Quindi, s�, la ragione per cui ci sono io, qui, e non Jounas Smeed, � proprio che
la donna morta � la sua ex moglie. Il commissario ha perci� deciso che Jounas sia
esonerato dal servizio durante le indagini. Io sar� il capo pro tempore della
divisione crimini e condurr� quest'indagine."
Ancora silenzio nella stanza. Lei reprime l'impulso di bere un sorso d'acqua e
continua.
"Mi rendo conto che sia una situazione difficile per tutti noi, e inoltre, come
potete immaginare, il caso ha subito suscitato l'interesse dei media. Quindi �
ancora pi� importante che non trapeli nulla dal nostro team. Viggo Haugen terr� i
contatti con i giornalisti, per ora. E io riferir� a lui e all'addetto stampa tutto
ci� che avviene durante le indagini."
"Gli scribacchini non saranno contenti" interviene Karl Bj�rken con un sorrisetto.
"Vogliono sempre parlare con chi conduce l'inchiesta e faranno qualsiasi cosa per
evitare Haugen e contattare te."
"Be', comunque � stabilito" replica Karen brusca. "Ogni informazione dovr� passare
per l'addetto stampa e per Viggo Haugen, e n� io n� voi risponderemo a nessuna
domanda dei media, fino a decisione contraria. Nessuna fuga di notizie riguardo a
orario, arma del delitto o modalit�. Nessuna dichiarazione su Jounas o sul suo
matrimonio con Susanne o altro. Questa volta teniamo il becco chiuso. Okay?"
Rimane sorpresa dall'autorit� nella propria voce. � proprio il tono che le d� pi�
fastidio quando a usarlo � un suo superiore: sembra una specie di ramanzina
anticipata.
"Ora credo che faremo parlare te, Kneought, prima che ti addormenti" aggiunge con
un ampio sorriso, prendendo un bicchiere d'acqua.
Il medico legale mostra la prima pagina della sua presentazione e tutti gli sguardi
si voltano verso il grande schermo su una delle pareti. Un attimo dopo i presenti
trattengono il fiato all'unisono. L'immagine mostra Susanne Smeed supina con il
viso massacrato e la testa ad angolo acuto contro il bordo della grossa stufa di
ferro. In mezzo al sangue i resti della dentatura rotta risplendono in un sorriso
grottesco.
Karen vede la pelle lentigginosa di Cornelis diventare d'un tratto ancor pi�
pallida. Lui distoglie subito lo sguardo e si passa la mano tra i capelli rossicci,
come per cercare di distrarsi. Accanto a lui Karl sembra il suo esatto opposto, sia
per il suo aspetto, sia per la sua reazione: i capelli corvini sono lucidi come uno
specchio e gli occhi scuri fronteggiano lo schermo. Solo chi lo conosce bene sa
cosa significhi quel lieve movimento della mascella. Karl Bj�rken non � certo
rimasto indifferente.
Persino Astrid sembra per un attimo perdere il suo freddo autocontrollo. "Dio
santo" mormora cercando altre pasticche per la gola nella borsa.
"Ho concluso l'autopsia mezz'ora fa" esordisce Kneought. "Domani scriver� il
rapporto completo, ma ora vi dir� le cose pi� importanti. E s�, mi sforzer� di
usare parole comprensibili perfino per un poliziotto" aggiunge rispondendo a una
domanda che nessuno ha posto, ma che chiaramente gli hanno fatto pi� volte di
quanto desiderasse.
Poi passa all'immagine successiva, un primo piano del viso di Susanne Smeed, e
Karen si obbliga a fissarlo ancora una volta. � dolorosamente consapevole che tutti
gli sguardi presto devieranno dall'immagine per posarsi su di lei, per avere
risposte che lei non possiede, in attesa di essere guidati attraverso le indagini.
"Ora tocca a me scoprire chi ha ucciso l'ex moglie del bastardo, mentre lui se ne
sta a casa a sbevazzare whisky, rifiutandosi di collaborare. Come cazzo far� a
gestire la situazione?" pensa. "Non riesco neanche a gestire me stessa, porca
puttana!"
"Come ho detto, quella nelle immagini � proprio Susanne" sente dire a Brodal
all'altro capo della stanza, con voce debole, come se stesse per spezzarglisi. Si
schiarisce la gola e continua: "Io la conoscevo molto bene dai tempi in cui era
sposata con Jounas, e quindi l'ho potuta identificare nonostante le ferite, ma
naturalmente confermeremo la sua identit� con l'esame del dna".
Il medico visualizza l'immagine successiva e gli sguardi dei presenti si spostano
controvoglia sul cranio fracassato e sui ciuffi di capelli scuriti dal sangue.
"Le ferite che vediamo sono il risultato di tre forti colpi alla testa,
probabilmente inferti con un attizzatoio di ferro, ma su questo ritorner� S�ren. Il
primo � arrivato di traverso da dietro con un movimento che ha spaccato lo zigomo
destro e il naso. Quasi certamente la vittima � stata colpita mentre stava per
alzarsi dal tavolo, o forse � riuscita ad alzarsi appena dopo il colpo, a seconda
dell'altezza dell'assassino. In quel momento, dunque, Susanne era ancora viva."
Brodal si schiarisce di nuovo la voce, fa un respiro profondo e prosegue: "Il
secondo colpo � arrivato subito dopo il primo. Cio�, l'omicida si rende conto che
il primo non � bastato e ne assesta un altro. Con quello le rompe la mascella con
tale forza da farla cadere all'indietro e mandarla a sbattere con la testa sulla
stufa".
Kneought mostra un'altra foto ancora. Questa volta � un primo piano del capo di
Susanne Smeed.
"Sembra una gallina a cui hanno tirato il collo" pensa Karen.
"Porca puttana" commenta Karl.
"Gi�" replica secco Brodal. "La causa diretta della morte � una massiccia emorragia
epidurale tra cranio e cervello. Il sangue ha pressato il cervello contro il centro
respiratorio, dove inizia il midollo spinale, e di conseguenza la vittima ha smesso
di respirare. Altrimenti, detto come lo direste voi: � morta per una frattura al
cranio."
Silenzio intorno al tavolo.
"Un'altra cosa." Ora nella sua voce si percepisce una furia repressa. "Il colpevole
ha tolto uno, o forse due, anelli dall'anulare sinistro di Susanne dopo la morte.
Inoltre, sono presenti chiari segni sulla nuca e sul collo, probabilmente causati
da una collana che le � stata strappata."
Adesso non si sentono scricchiolii, o fruscii, o sbadigli. Tutti hanno in testa lo
stesso pensiero: Susanne Smeed potrebbe essere morta per una sciocchezza, un comune
furto d'appartamento andato storto, quindi il caso dovrebbe essere facile da
risolvere. Nonostante le difficolt�, pi� semplice per tutti.
Alla fine � Karen a schiarirsi la voce e rompere il silenzio. "Puoi dirci qualcosa
sul colpevole, Kneought?"
Pone la domanda senza aspettarsi di ricevere una risposta che faccia compiere
qualche passo in avanti. Ha gi� sentito troppe volte quel tipo di domanda, e la
relativa risposta. Quello non � il suo primo giro di giostra.
"Non molto" risponde il medico legale. "Dimenticati quelle cose tipo che la ferita
dovrebbe mostrare esattamente altezza e peso di chi ha inferto il colpo, esistono
solo in tv. Quello che posso affermare con sicurezza � che ci vuole una certa forza
nelle braccia. L'attizzatoio della stufa � gi� pesante di per s� e la mazzata �
stata assestata con notevole forza."
"O rabbia?" dice Karl.
"Be', quella � una cosa che dovremo scoprire. Ma di sicuro l'ira, e anche una
grossa paura, se � per quello, spesso conferiscono una forza inaspettata. Inoltre
ci vuole una certa potenza, o rabbia se preferite, per sfilare degli anelli a
qualcuno che � morto. In questo caso, poi, sembra che fossero abbastanza stretti."
Di nuovo un silenzio carico di riflessione.
"Sei riuscito a circoscrivere l'orario un po' di pi�?" chiede Karen.
"Come ti ho gi� detto, in cucina faceva ancora un caldo terribile quando sono
arrivato. La stufa a legna dev'essere rimasta accesa con la porta chiusa.
L'ingresso della cucina e quello della casa sono stati aperti dagli agenti arrivati
per primi sul posto, e questo ha fatto entrare aria fredda che ha abbassato
rapidamente la temperatura, ma poi sono stati chiusi di nuovo. Solo dopo sono
arrivati gli uomini della Scientifica e hanno spento il fuoco nella stufa.
Riassumendo, queste fluttuazioni di temperatura rendono impossibile stabilire con
esattezza l'ora del decesso." Il medico legale fa una pausa e beve un altro sorso
d'acqua. "Ma sono riuscito a restringere l'intervallo un po' di pi�. La morte, a
mio giudizio, � avvenuta tra le sette e mezzo e le dieci, forse tra le otto e le
nove e mezzo, ma non posso dirlo con certezza."
Karen fa un respiro profondo. � meglio levarsi subito il pensiero. "Posso fornire
io stessa un pezzo in pi� del puzzle, per quanto riguarda l'orario: alle otto e un
quarto circa sono passata in auto vicino a casa di Susanne e l'ho vista dalla
strada."
"Alle otto e un quarto? Chi � il pazzo che esce di sua spontanea volont� a
quell'ora, la mattina dopo l'Oistra?" Evald ha un tono incredulo.
"Ho trascorso la notte da un conoscente a Dunker, ma mi sono svegliata presto e
sono tornata a casa. Comunque, ho visto Susanne pi� viva che mai alle otto e un
quarto, otto e venti. Stava salendo verso casa sua dopo aver fatto un bagno nel
fiume."
Karen lancia una rapida occhiata intorno al tavolo ma nessuno fa cenno di
contestare le sue parole. Poi incontra le sopracciglia alzate e il sorriso ironico
di Johannisen. Non sapr� mica qualcosa? Quanto sono in confidenza lui e Jounas?
Sente il calore diffondersi sulle sue guance ma all'ultimo momento viene salvata
dalla voce di Brodal.
"Ah, questo � d'aiuto" dice in tono stanco e impaziente. "E quadra con le mie
conclusioni. Non ho molto altro da aggiungere tranne che il contenuto dello stomaco
corrisponde agli avanzi di ci� che c'era sul tavolo: caff� zuccherato, yogurt,
fiocchi d'avena e segale, uva passa e mandorle. Uno di quei cazzo di mangimi per
cavalli che mia moglie si ostina a comprare perch� fa bene" aggiunge.
"Stavo proprio pensando che hai un aspetto insolitamente sano" dice Karl con un
ampio sorriso.
Tutt'intorno si sentono dei risolini. Il gergo rozzo che il team investigativo
adotta di solito come scudo, quando il medico legale mostra le immagini dei reati
pi� violenti, questa volta non � stato usato. Il debole tentativo di scherzare di
Karl viene perci� accolto con gratitudine e la tensione nella stanza si allenta
ancor di pi� quando Brodal finalmente chiude la sua presentazione.
"Ci sono altre domande per Kneought? No. Allora penso che per stasera ti possiamo
spedire a casa da tua moglie e dal muesli" dice Karen. "Bene" continua, dopo che la
porta si � chiusa dietro l'immensa schiena del medico legale. "Adesso � il tuo
turno, S�ren. E cerca di essere pi� breve che puoi" aggiunge. "Siamo tutti stanchi
e vogliamo andare a casa."
"Soprattutto io" pensa. Il sonnellino di stamattina e l'adrenalina l'hanno tenuta
abbastanza sveglia finora, ma all'improvviso avverte una grande spossatezza in
tutto il corpo. Apre il documento che S�ren Larsen le ha inviato via email mezz'ora
fa e lancia tastiera e mouse verso di lui sul tavolo.
"Okay" attacca lui parando il colpo. "Non abbiamo bisogno di guardare le foto con
attenzione proprio adesso, lo potete fare domani. Quello che abbiamo potuto
constatare fino a questo momento si pu� riassumere facilmente. Come ha detto
Brodal, l'assassino ha usato un vecchio attizzatoio da stufa in ferro, quindi �
quella l'arma del delitto, anche se l'omicida � stato aiutato dalla stufa stessa
nell'istante della morte. L'attizzatoio � lavorato a mano e lungo circa settanta
centimetri, probabilmente � di fine Ottocento. Sopra non vi sono state trovate
impronte."
"Nemmeno quelle di Susanne?" chiede Astrid Nielsen.
"Perch� lei non sembra stanca?" si domanda Karen, osservando la donna bionda seduta
in diagonale rispetto a dove si trova lei. Sembra appena tornata da una passeggiata
ristoratrice: ha le guance rosee e lo sguardo sveglio. "Ma di sicuro la signorina
Perfettini non ha bevuto vino in gran quantit�, ieri" continua a divagare Karen,
scacciando allo stesso tempo un attacco di sensi di colpa. Astrid � brava, davvero
brava, e inoltre � alla mano, ma affidabile. Tre figli e un marito che lavora nel
reparto informatico della polizia, sempre ben rasato e con un sorriso devoto. Karen
ha il forte sospetto che appartenga alla Chiesa Libera: il suo forte accento di
Noor� sembra suggerirlo.
"No, nessuna." La risposta di Larsen riporta Karen alla realt�. "L'assassino
probabilmente ha pulito l'attizzatoio o magari aveva i guanti. Ma in quel caso
avremmo dovuto trovare altre impronte, come dici tu. Per� c'� un altro attizzatoio,
molto pi� leggero e moderno, e su quello abbiamo rintracciato le impronte di
Susanne."
"Ah, quindi non sappiamo se sia stata lei o l'assassino ad accendere la stufa"
interviene Evald deluso. "Ma perch� lei avrebbe dovuto accendere il fuoco in questa
stagione? Non capisco. Ci saranno almeno dieci gradi fuori, e poi ha il
riscaldamento. O no?"
"S�, ce l'ha" conferma S�ren. "Non abbiamo rinvenuto resti degni di nota fra il
materiale bruciato, solo cenere di legna e carta di giornale. Perci� dovrete essere
voi a scoprire perch� qualcuno abbia acceso la stufa, sempre che la cosa sia
collegata all'omicidio."
Karen vede di fronte a s� l'immagine di una Susanne infreddolita e ritiene che
forse non � cos� strano che abbia voluto alzare in fretta la temperatura della
casa, dopo un bagno nel Langeviks�n a fine settembre. "Ma ne parleremo domani"
decide, e fa cenno a Larsen di continuare.
"Comunque, � probabile che sia stato il colpevole ad appiccare il fuoco al cesto
della legna accanto alla stufa" ipotizza lui. "Tuttavia la legna era umida e il
cesto in realt� � un bidone di rame, perci� il fuoco si � spento da solo prima di
arrivare alle tende. Se non fosse andata cos�, la scena del crimine sarebbe stata
totalmente diversa."
S�ren fa una breve pausa mentre sfoglia i suoi appunti e poi prosegue.
"Ci sono indizi che fanno supporre un furto. Sembra che abbiano frugato nella
cassettiera dell'ingresso. Inoltre, dalla borsa � stato preso il portafogli che
possiamo immaginare contenesse bancomat e patente. Il computer e il cellulare
mancano, anche se non sappiamo con certezza se Susanne Smeed li possedesse, ma
siccome non c'� un telefono fisso possiamo presumere che avesse almeno un
cellulare. Ovviamente verificheremo presso i maggiori operatori telefonici se aveva
un abbonamento."
S'interrompe di nuovo per consultare le sue carte.
"Un ulteriore dato che confermerebbe la teoria del furto � quello che ha detto
Brodal circa i gioielli. Allo stesso tempo, per�, ci sono oggetti in bella vista
che qualsiasi ladro avrebbe portato via: argenteria del valore di circa ventimila
marchi e qualche altro pezzo di argento antico, del Settecento. Si tratta di un bel
po' di soldi anche se non abbiamo ancora stabilito la cifra esatta."
"Magari i rapinatori non ne hanno colto il valore" azzarda Evald. "Non credo che i
tossici guardino "Antiquari in viaggio". Qualche impronta?"
"Niente di utilizzabile finora, ma abbiamo rilevato tutto quello che c'era. I
colleghi giunti sul posto per primi hanno portato nell'ingresso, e un po' anche in
cucina, grandi quantit� di fango e ghiaia, perci� non crearti troppe aspettative. E
comunque il bottino � scarso. Ci sono impronte e dna di altre persone oltre a
Susanne Smeed, ma se c'� una corrispondenza nei registri non potremo saperlo prima
di domani sera o marted� mattina. Per� abbiamo in primo riscontro per delle
impronte piuttosto recenti, trovate in salotto, nel bagno del piano terra e in
cucina." Fa una pausa a effetto aspettando di avere l'attenzione di tutti.
"Appartengono a Jounas Smeed."

14.

Dopo una passeggiatina di dieci minuti per sgranchirsi le gambe, tornano a sedersi
in sala riunioni. Il gruppo si � ristretto, e intorno al tavolo sono rimasti solo i
collaboratori della divisione crimini: Eiken, Johannisen, Bj�rken, Loots e Nielsen.
Cornelis Loots si allunga e pesca uno dei panini raffermi dal piatto prima di
passarlo ad Astrid Nielsen che scuote la testa in silenzio. Karen segue il vassoio
con lo sguardo mentre viene mandato in giro per il tavolo. Quando arriva davanti a
lei osserva con il labbro corrucciato le foglie di insalata appassite che sbucano
da fette di formaggio unte e perfettamente rettangolari. Il vuoto allo stomaco e un
mal di testa latente la fanno capitolare. Con un sospiro prende un panino dal
piatto prima di passarlo oltre.
Mentre mangiano, Karl fa un resoconto dell'incontro che lui e Karen hanno avuto con
Harald Steen. Poi racconta la sua telefonata all'assistente familiare, Angela
Novak. Queste ultime informazioni sono nuove anche per Karen.
"Quindi quello che Steen ha detto, alla fine, era giusto? Non ci speravo proprio"
dichiara lei.
"S�, sembrerebbe di s�. Angela Novak conferma che � arrivata da lui molto pi� tardi
del solito, ma non a causa della Festa dell'ostrica, ha tenuto a precisare. � stata
da un altro paziente in paese" dice Karl.
"Non paziente" lo interrompe Johannisen. "Si chiamano clienti, adesso, se non ti
spiace. Sono sicuro che tra poco anche noi dovremo chiamare clienti i criminali"
ironizza con voce impastata mentre divora l'ultimo boccone di panino e si sporge
per prenderne un altro.
Karl gli lancia uno sguardo irritato e prosegue: "Be', il fatto � che
quest'altro... cliente era una donna di ottantacinque anni che Angela ha trovato a
terra in camera sua quando � arrivata. Siccome la donna era in stato confusionale e
poco reattiva, Angela ha chiamato un'ambulanza e quindi ha dovuto aspettarla prima
di poter andare da Harald Steen". D� un'occhiata ai suoi appunti. "Ho controllato
con l'ospedale e le informazioni di Angela Novak sono corrette. Alle 9.40 sono
andati a prelevare una certa Vera Drammstad nella sua abitazione e l'hanno portata
al pronto soccorso dell'ospedale di Thysted. Probabilmente ha avuto un attacco
ischemico transitorio, ma � ancora in osservazione, in caso vi interessi."
"E Angela Novak ha visto qualcosa, quindi?" lo incalza Karen soffocando uno
sbadiglio, senza grandi speranze di ricevere una risposta interessante. E infatti �
cos�.
"No, niente, a quanto ricorda. Ma bisogna considerare che era scossa da ci� che �
successo alla signora, e agitata perch� era arrivata in ritardo da Steen. Sapeva
che lui l'avrebbe sgridata."
"Che meraviglia di lavoro" mormora Cornelis.
"Per� � vero che entrambi, lei e il vecchio, hanno sentito una macchina che si
metteva in moto e partiva. Secondo Angela Novak � stato appena prima che iniziasse
il notiziario delle dieci" continua Karl. "E lei ha proprio detto che le ricordava
il rumoraccio della macchina di suo padre in Polonia. Ma in quel momento il caff�
era pronto e lei stava aiutando Steen ad alzarsi dal letto, perci� non hanno visto
la macchina."
"E quindi avrebbe potuto anche trattarsi di un'altra auto. Magari qualcuno che �
passato per la strada" deduce Johannisen allargando le mani.
"S�, potrebbe" conferma Karl con calma forzata. "Ma Steen � certo di aver
riconosciuto il rumore."
Johannisen storce la bocca in un sorriso scettico. "Quindi il vecchio � sicuro di
questo ma nessuno di loro due si � accorto che c'era un incendio a casa della
vicina mentre erano l� che si bevevano il caff�? Non � un po' strano?"
"Non cos� tanto" sibila Karl irritato. "Secondo Brodal il fuoco si � estinto da
solo abbastanza in fretta e la finestra della cucina oltretutto d� sull'altro lato.
Ci� che ha incuriosito Steen, un'ora dopo, non � stato il fumo dell'incendio, ma
quello che usciva dal camino. Ha pensato che fosse strano che Susanne avesse il
fuoco acceso, visto che non era in casa. � stato allora che � andato l�. Che cazzo,
non stavi ascoltando?"
Karl alza il viso al cielo e allarga le braccia come se cercasse il sostegno di una
forza superiore. Johannisen fa per rispondere.
"Okay" li interrompe Karen. "Cornelis e Astrid, avete trovato qualcosa di utile? E
passami ancora quelle suole da scarpe, s�, anche il thermos."
"Purtroppo no" risponde Astrid. "Abbiamo parlato con tutti i vicini nel raggio di
cinquecento metri dal terreno di Susanne Smeed."
"Be', non saranno molti" mormora Karen schiacciando il tappo del thermos. Un
sottile getto di caff� marroncino zampilla nel bicchiere di plastica.
"No, le case fuori dal centro di Langevik sono piuttosto isolate, ma ne abbiamo
trovate un paio abbastanza vicine da cui si sarebbe potuto vedere qualcosa, oltre a
quella di Harald Steen."
"Solo per� se ci si mette attaccati al proprio recinto e si guarda verso casa di
Susanne" pensa Karen, che sa esattamente a quali propriet� si riferisce Astrid.
"Una sar� quella dei Gudjonsson" immagina un istante dopo. "Dovrebbero riuscire a
buttare un occhio dentro l'abitazione di Susanne dalla loro, almeno dal piano
superiore".
"Ah" commenta con un moto di disgusto, inghiottendo un boccone con un sorso di
caff� tiepido e aspro. "Niente?"
"Purtroppo abbiamo trovato gente solo in una casa. Lage e Mari Svenning, una
giovane coppia. Dicono di aver dormito fino all'ora di pranzo. Non hanno visto n�
sentito nulla."
"E Gudjonsson invece?" incalza Karen.
Cornelis la guarda stupito.
"Conosci tutti, a Langevik?"
"Non tutti. Non pi�."
"Sono in viaggio" replica Astrid cupa. "A quanto pare sono in Spagna per una
vacanza di due settimane e torneranno la prossima domenica, secondo i genitori di
Johannes Gudjonsson, che abbiamo raggiunto per telefono. Peccato, perch� � una
famiglia numerosa. Con quattro figli c'� una buona probabilit� che almeno uno dei
genitori sia sveglio di domenica mattina."
"Come cazzo fanno a permetterselo?" interviene Evald in tono acido. "Due adulti e
quattro bambini in albergo sulla Costa del Sol in Spagna, quanto potr� costare
secondo voi? E poi i bambini dovrebbero andare a scuola" aggiunge con voce
stizzita.
"Johannes Gudjonsson � ingegnere capo alla NoorOyl" spiega Karen "e sua moglie ha
una societ� di revisione, perci� possono proprio permetterselo. E i figli sono
piccoli. Forse nemmeno il pi� grande ha iniziato la scuola e i pi� piccoli sono due
gemelli di pochi anni."
"Quindi li conosci?" dice Astrid.
"So solo questo" risponde Karen cambiando argomento.
Non c'� motivo di raccontare che il suo ex compagno di scuola Johannes Gudjonsson
per un paio d'anni ha avuto l'abitudine di fermarsi a casa sua, tornando dalle
visite agli impianti di trivellazione. Il loro rapporto disinteressato, ma
soddisfacente dal punto di vista sessuale, era finito nel momento in cui erano nati
i gemelli. "Non avr� pi� tempo" pensa Karen. "O forza".
A voce alta domanda: "Novit� sulla macchina di Susanne, Evald?".
Johannisen incontra il suo sguardo con espressione annoiata. "Non credi che vi
avrei aggiornato, se ce ne fossero? Tu, piuttosto, hai parlato con il capo?"
Karen riassume in breve la sua visita a casa di Jounas. E dice la verit� e
nient'altro che la verit�. Soltanto, non per intero.
Non racconta della loro notte all'hotel Strand, di Jounas che sbevazzava whisky e
della sua riluttanza a collaborare quando ha parlato con lui, n� di essere stata
sbattuta fuori sotto la pioggia.
In modo conciso, li informa invece che Jounas, dopo essere stato all'Oistra, ieri
sera ha lasciato l'auto in centro ed � tornato a casa a piedi, dormendo sul divano.
E riferisce, sempre fedelmente, le affermazioni del capo: che stamani � stato
svegliato dalla telefonata di Viggo Haugen e che � andato a prendere la macchina
per poi recarsi dalla figlia e comunicarle la notizia della morte della madre.
Con un'abilit� che la sorprende, sorvola sul fatto che non � stata solo la macchina
di Jounas a restare in citt� la notte scorsa, ma anche lui stesso, e che la
passeggiata di rientro l'ha fatta al mattino.
Intorno al tavolo cala di nuovo il silenzio. Nessuno pone la domanda a voce alta:
c'� qualcuno che pu� confermare il racconto di Jounas? Nessuno immagina che l'unica
che pu� fornirgli un alibi, almeno fino alle sette di mattina, � Karen Eiken
Hornby. "D'altro canto non ha importanza" si dice lei. "La vera questione �: che
cos'ha fatto Jounas Smeed dopo essere uscito dall'albergo?"

15.

Karen � in macchina e guarda fisso davanti a s�. I lampioni di Redehusgate emettono


una luce debole; in lontananza si vede la luna nuova, sospesa sopra l'oscurit�
dell'Holl�ndarparken, e al di l� del parco qualche auto passa sulla Odinsgate,
illuminata meglio. Il centro della citt� � ancora avvolto in una sonnolenza
domenicale e si sta preparando per la notte. La stanchezza le si diffonde fino alle
punte delle dita e sente le mani pesantissime sul volante. Sono le dieci e mezzo e
ha davanti quasi un'ora di strada per arrivare a casa. Il sapore dei due panini
raffermi e del caff� annacquato le � rimasto in bocca e ripensa amaramente alla
promessa che si � fatta questa mattina di condurre una vita sana. "� stato davvero
stamattina? Sembrano passati diversi giorni".
Lancia un'occhiata sul sedile del passeggero, dove, accanto alla borsa, sono
rimaste la banana e la lattina di Coca-Cola che si era portata da casa. La banana �
diventata nerastra ed emette un odore pungente quando la temperatura nell'abitacolo
sale. � indecisa se buttarla dal finestrino ma poi non osa e la lascia l�. Allora
afferra la lattina e ne sente lo sfrigolio quando rompe il sigillo. Beve un paio di
sorsi dolci e tiepidi, e poi, ruttando, la mette nel portalattine tra i sedili, e
torna a stringere il cambio. Poi per� stacca di nuovo la mano e si allunga per
rovistare nella borsa. Si ficca una sigaretta in bocca, l'accende e aspira
profondamente, pensando che domani � luned� e inizier� una nuova settimana con
nuove abitudini. Le resta ancora un'ora di questa maledetta domenica.
Guida mantenendo una velocit� regolare, abbassa le luci se un'altra auto spunta
sulla strada per Dunker, scarsamente illuminata, e rimane concentrata per tenersi
sveglia mentre riesamina mentalmente gli avvenimenti della giornata. Il risveglio
nella stanza d'albergo le sembra lontano, quasi irreale, e non ha nessuna voglia di
riportarlo alla mente. � riuscita a ricacciare indietro, tra le quinte polverose,
anche l'incontro con Inguldsen e Lange - probabilmente per puro istinto di
sopravvivenza -, ma gli altri ricordi hanno contorni ben distinti.
Le torna in mente la telefonata con Viggo Haugen. In quel momento tutti i suoi
pensieri erano rivolti al fatto che Susanne Smeed fosse stata uccisa e a come
sopravvivere a quella giornata senza vomitare. Non ha ancora avuto tempo di
riflettere sul perch� Haugen abbia incaricato proprio lei di guidare le indagini e
di prendere il posto di Jounas come capo dipartimento. Perch� non Johannisen o
Karl? Anche se formalmente sono di rango inferiore al suo, Haugen poteva benissimo
inventarsi una spiegazione, come aveva gi� fatto in passato.
I suoi precedenti tentativi di diventare capo dipartimento non hanno dato alcun
frutto.
La sua promozione a ispettrice era avvenuta durante la gestione di Wilhelm Kaste.
Lui la considerava la sua naturale erede, che gli sarebbe subentrata dopo il
pensionamento. Ma poi, quattro anni prima del suo ritiro, era morto d'infarto,
portandosi nella tomba tutti i piani per la carriera di Karen. Era stato sostituito
in fretta e furia da Olof Kvarnhammar, che nutriva una certa perplessit� riguardo
alle donne che lavoravano: pi� alta era la posizione in cui si trovavano, e pi� lui
era perplesso. Eppure, per sua stessa ammissione, non poteva certo cacciare Karen.
Ma c'erano altri modi di emarginarla. Negli anni seguenti era sempre stata esclusa
dalle indagini pi� interessanti, ignorata regolarmente nelle riunioni,
continuamente schernita per la sua mancanza di esperienza in uniforme. Il fatto che
avesse completato il suo addestramento, avesse passato sei mesi sul campo e fosse
laureata in criminologia alla London Met aveva meno peso rispetto agli anni che i
suoi colleghi avevano trascorso di pattuglia, coi piedi doloranti. Che poi lei,
rispondendo alla domanda diretta di un giornalista, avesse confermato che la parit�
all'interno della polizia di Doggerland lasciava molto a desiderare, non aveva
certo aumentato la sua popolarit� tra i superiori. E anche se � successo vent'anni
fa, quand'era ancora allieva alla scuola di polizia, non ha nessuna importanza.
"Per chi sputa nel piatto in cui mangia" come aveva detto Kvarnhammar "la
prescrizione non esiste".
Ma il pi� grande errore che Karen ha commesso, quello che ancora fluttua come una
nuvola nera sopra la sua testa, � quello che forse pu� essere definito il suo
tradimento: ha lasciato la polizia. Ha persino lasciato il paese, andando ad
abitare all'estero per diversi anni. Per questo, tornare come se niente fosse e
pensare di poter diventare una di loro era stato impossibile.
Quando anche Kvarnhammar era morto all'improvviso - per un aneurisma all'aorta -
dopo solo cinque anni come capo, Karen aveva iniziato a intravedere una buona
occasione. Mentre gli altri bevevano al pub in onore del defunto, lei era rimasta a
casa in cucina, con un bel bicchiere di whisky, a compilare la domanda per il posto
di responsabile. Ma in quel momento era spuntato un candidato inatteso, Jounas
Smeed. Sei anni nella pubblica sicurezza, studi interrotti di giurisprudenza e tre
anni come vice responsabile dell'unit� crimini finanziari erano stati ritenuti
sufficienti dal capo della polizia Viggo Haugen per affidargli il comando della
divisione crimini. E poi Smeed, secondo la presentazione fatta dallo stesso Haugen,
"si era mostrato brillante gi� negli anni in cui era agente di pattuglia" - qui
aveva fatto una pausa a effetto per raccogliere risatine di consenso - e come se
non fosse abbastanza, aveva dato prova di "perspicacia e spirito organizzativo" nel
periodo alla polizia finanziaria e perci� mostrava "solide e documentate doti da
leader". Karen aveva smesso di ascoltare a "pattuglia".
In realt�, lei non riesce ancora a cavarsi dalla testa l'idea che la ragione
principale della nomina di Jounas Smeed sia la sua appartenenza a una delle
famiglie pi� influenti delle isole Doggerland. D'altra parte, se si fa un esame di
coscienza, lei non � mai stata davvero interessata al ruolo di capo. Il pensiero di
poter scrivere linee guida, prendere decisioni riguardo alle priorit�, condurre le
indagini pi� complicate - e dimostrare di saperlo fare molto meglio di Olof
Kvarnhammar - era ci� che l'aveva spinta a compilare quella domanda. Ma il resto
era molto meno allettante: questionari tra i collaboratori, colloqui per gli
stipendi, rapporti da consegnare regolarmente al capo della polizia. E poi il
doversi inchinare davanti ai politici e, peggio ancora, il dover contribuire al
benessere dei dipendenti sul luogo di lavoro. La delusione per non aver ottenuto il
posto era stata rapidamente sostituita dal sollievo.
"E adesso sono nella merda lo stesso. Ma solo temporaneamente" ricorda a se stessa,
accendendo un'altra sigaretta. "Prima finiscono queste indagini, prima Jounas Smeed
torner� a rioccupare il suo posto da responsabile e io riacquister� la mia
libert�".

16.

Ansimando, Karen si china in avanti con le mani appoggiate sulle ginocchia e guarda
il mare. In lontananza, all'orizzonte, una nave da carico scivola lentamente lungo
la linea scura tra cielo e mare. Raddrizza piano la schiena e sente il suono
martellante del cuore che si calma mentre la respirazione torna alla normalit�.
Quattro chilometri di sentiero nel bosco lungo la costa a nord di Langevik. Solo
quattro chilometri, eppure il sudore le scorre sulla schiena e ha la bocca secca. �
da molto che non pratica nessun tipo di esercizio. Troppi mesi e troppe sigarette.
Per qualche minuto si gode il vento che le rinfresca le guance infuocate, ma ha un
brivido quando la maglietta sudata le si appiccica al corpo. Scosta i capelli dal
viso e guarda le rocce piena di nostalgia. Una rapida occhiata all'orologio: le sei
e venti. Ha ancora un po' di tempo per sedersi sul promontorio al riparo dal vento,
prima di dover tornare indietro di corsa. Se � fortunata trover� un po' di acqua
piovana in uno dei crepacci.
Beve l'acqua gelida con la mano a coppa e si sistema con la schiena contro la
parete ruvida tenendo le ginocchia piegate. In silenzio, guarda il mare. Solo
cielo, acqua, rocce e l'orizzonte ininterrotto. Eppure, riuscirebbe a distinguere
questo posto tra migliaia di luoghi simili. � impresso in lei fin dalla sua
infanzia. Ed � qui che � tornata molti anni dopo, quella volta che la vita le ha
tolto tutto di colpo senza preavviso. Era l'unico posto in cui poteva continuare a
esistere senza John e Mathis. Ormai sono passati undici anni e ancora le capita di
urlare il loro nome al mare.
Non pensa mai al mare come qualcosa di blu. Gi� a Frisel, ma anche a Dunker e lungo
tutta la costa occidentale fino a Ravenby, il mare � diverso da questo. L�,
talvolta, si pu� vedere la spuma bianca che salta allegramente sull'acqua di un blu
profondo e batuffoli di nuvole che si muovono nel cielo azzurro. L�, le colline
ondeggiano verdi e gli alberi crescono alti e rigogliosi. Ma qui, a poche decine di
chilometri a nord-est della capitale, tutto ci� che cresce rimane basso e attaccato
al terreno. I pini si sviluppano a fatica fra le rocce, contorti, addirittura
piegati in due per proteggersi dal vento. La vegetazione che ha la forza di lottare
per spuntare dal terreno arido si rannicchia sotto le raffiche. E in quei pochi
giorni dell'anno in cui il cielo limpido colora la superficie del mare di blu, il
paesaggio le sembra quasi estraneo, infido e compiacente, come se cercasse di
mascherare la sua vera essenza.
Qui la scala cromatica non � dominata dal verde come nell'entroterra fertile di
Heim� e nemmeno dal giallo dorato della sabbia come a Frisel. Certo, ci sono
migliaia di sfumature, ma solo un occhio allenato riesce a vedere lo splendore dei
colori di un paesaggio dove le rocce grigie come granito tengono testa al mare
aperto.
Karen lo vede. I suoi occhi hanno imparato a distinguere le diverse tonalit�, il
mare che muta dall'argento allo stagno al piombo. Vede la dolce ricchezza di colori
del salice strisciante e della lisca. Vede le sfumature violette nei crepacci e
percepisce il mutare delle stagioni, con l'armeria in tarda primavera e la
salcerella in piena estate. E ora, che le piante appassiscono sopra le rocce e
l'estate si avvia inesorabilmente verso la fine, lascia che lo sguardo si sposti
pi� all'interno, dove l'erica ondeggia lungo i pendii. � qui che si sente a casa.
E con questa consapevolezza si alza e si avvia di corsa sulla strada del ritorno.

17. Langevik. 1970.

"Ma non pu� smetterla una buona volta? Non ce la faccio pi�!" Anne-Marie toglie il
cuscino da sopra l'orecchio e lo lancia attraverso la stanza. Con un verso a met�
tra un grido e un singhiozzo si alza faticosamente dal letto. Per tira fuori un
braccio da sotto la coperta, si allunga e la afferra.
"Calmati, passer�" mormora in tono stanco.
Lei si volta di scatto e lo fissa con sguardo accusatorio, come se lui fosse
complice.
"Passer�? Quando? Non riuscir� mai ad abituarmi."
Le sue urla sovrastano quelle che arrivano dalla camera accanto. Cala un silenzio
profondo.
"Volevo dire che le coliche di Love passeranno" dice lui paziente. "Proprio ieri
Disa spiegava che tra poco smetteranno. Ascolta? Adesso non piange pi�. Tomas si �
alzato, sento i suoi passi. Possiamo dormire ora?"
""Disa spiegava"" lo imita lei con tono canzonatorio. ""Tomas si � alzato". Ma ti
senti? L'unica che non muove un dito � Ingela."
La sua voce passa al falsetto, squarcia la notte e lui immagina che penetri le
pareti, uscendo dalla fessura sotto la porta. Crede che Tomas e Ingela possano
sentirli. Per Lindgren lascia il braccio di sua moglie e si mette a sedere. Poi
accende la lampada, sospirando in silenzio.
"Lei allatta" propone cauto, conscio del fatto che ogni parola potrebbe essere
benzina gettata sul fuoco. "� molto stancante e tra i bambini c'� poco pi� di un
anno di differenza."
"Ah s�? Mi fa piacere che tu sappia com'� allattare. Perch� sembra che io non potr�
mai saperlo. � per questo che sei cos� interessato a guardare? Credi che non me ne
accorga?"
La sua coscienza sporca viene a galla. Non tanto perch� Anne-Marie ha ragione, ma
perch� lui sa di poter sfruttare quell'accusa per assumere il ruolo di martire.
Adesso � lui a fare l'offeso, e pu� disarmarla. Non risponde, si volta e fissa la
finestra. Fuori � gi� chiaro e il tessuto che fa da tenda provvisoria non riesce a
trattenere questa notte di giugno.
Senza neanche guardare sua moglie, sa che ira e senso di impotenza hanno gi� ceduto
il posto alla preoccupazione.
"Scusami, Per" dice lei. "Lo so che tu non faresti mai..."
Lui lascia che le parole riempiano la stanza prima di girarsi verso di lei.
"Abbiamo parlato del fatto che sarebbe stata dura per te, con tutti questi bambini.
Che non l'avresti sopportato."
"Ma s� che lo sopporto. � solo che..."
Per osserva sua moglie con un misto di tenerezza e irritazione. Ora che ha smesso
di urlare, che la rabbia � stata sostituita dalla debolezza, lui pu� gestire la
situazione e fare ci� che gli riesce meglio: consolarla.
"Vieni" la invita, sollevando le lenzuola.
Lei esita solo un istante, e poi gli si corica vicino, premendo la sua schiena
fredda contro la pancia calda di lui. Per stende premurosamente la coperta su
entrambi, la tira fin sopra le teste e affonda il naso nella sua nuca. Sente che i
suoi capelli sono leggermente umidi, e inizia ad accarezzarla sulle spalle. Finge
di non sentire quando lei mormora: "Non � giusto, continua a sparar fuori bambini e
non dimostra nemmeno un briciolo di gratitudine per quanto � fortunata".
"Sssh" replica lui continuando ad accarezzarla lungo la schiena. Sotto le mani
avverte le sue spalle magre come ali d'uccello. � percorso da un brivido e si
vergogna della sua reazione accorgendosi che Anne-Marie sta piangendo in silenzio.
"Sembra che non le importi niente di loro, � sempre Tomas che si occupa dei bambini
anche se non sono i suoi. L'unica cosa che fa Ingela � allattare" insiste Anne-
Marie tirando su con il naso. "Lo so che non la guardi, ma perch� deve sempre
mettersi in mostra?"
E mentre le solleva la camicia da notte e segue con i palmi le curve appena
percettibili del suo esile corpo, Per Lindgren davanti a s� si figura Ingela che
sposta i lunghi capelli rosso fuoco prima di sbottonare la camicia con una mano e
sollevare una mammella gonfia di latte. Vede i loro sguardi che si incontrano
mentre lo fa.
Ed � con quell'immagine di fronte che lui penetra sua moglie.

18.

Karen Eiken Hornby esce dall'ascensore al terzo piano con le gambe spossate e i
capelli ancora umidi. � stata dura affrontare la salita di ritorno dal crepaccio,
ma dopo una rapida doccia, pappa d'avena e del caff� forte, la soddisfazione non
l'ha ancora abbandonata. Nuova settimana, nuove abitudini, e stavolta almeno ha
cominciato bene.
Nemmeno la vista di Astrid, che di sicuro sar� in piedi dalle cinque, avr� corso il
doppio della distanza, ed � gi� profondamente immersa nel lavoro, pu� farle perdere
il buonumore.
"Buongiorno. Siamo le prime?"
"Buongiorno, capo. No, c'� Johannisen. � andato a preparare il caff�."
"E da quando si fa vedere prima delle otto?" pensa Karen sentendo il suo sorriso
smorzarsi. Si dirige alla sua postazione nell'open space, si sfila faticosamente il
giubbotto e lo appende allo schienale della sedia. Proprio mentre il computer si
avvia con il suo jingle familiare, dietro di lei spunta Evald Johannisen con una
tazza di caff� in mano.
"Ah!" dice lui con finta sorpresa. "Quindi non usi l'ufficio del capo?"
Prima che riesca a rispondere, Karen vede attraverso le porte a vetri Karl e
Cornelis che escono insieme dall'ascensore, annunciati da un dlin . Un attimo dopo
sono gi� entrati e si avvicinano, immersi in una vivace discussione sulle corse del
prossimo fine settimana al galoppatoio di Rakne. Quell'interruzione basta a
impedirle di replicare stizzita a Johannisen.
"Sai, Evald, spero che questa situazione sia di breve durata, perci� non mi
conviene cambiare posto. Non lo speri anche tu?" dice invece, in tono tranquillo.
Senza ribattere, lui si gira e va alla sua scrivania.
Venti minuti dopo i membri della squadra investigativa prendono posto intorno al
tavolo riunioni, tra tazze di caff�, blocchi per appunti, portatili e pacchetti
incominciati di gomme da masticare alla nicotina. L'unico che manca � Evald,
rimasto in corridoio a parlare al cellulare. Karen, con l'aiuto di Cornelis, ha
portato nella stanza un ampio tabellone e l'ha messo sul lato corto. In attesa che
Johannisen finisca la sua telefonata, lei prende alcune calamite rotonde e appende
delle fotografie e una cartina dei dintorni di Langevik. La prima immagine �
l'ingrandimento di una fototessera di Susanne Smeed. Sotto ne ha messa una di
Susanne da morta, sul pavimento della cucina, mentre la terza � la foto di un
attizzatoio da stufa in ferro battuto con resti di sangue e ciocche di capelli
biondi attaccati. A lato, Karen scrive i nomi di Jounas Smeed, Sigrid Smeed, Harald
Steen e Angela Novak. Pi� in basso - in mancanza di meglio - attacca una fila di
foto della casa e del giardino di Susanne. "Non c'� molto da cui partire" pensa.
"Anzi, in realt� non c'� niente".
"Tra poco potrai aggiungere un'altra immagine" dice una voce dalla soglia. "Hanno
trovato l'auto."
L'atteggiamento scontroso di Evald ora ha lasciato il posto a un'eccitazione
repressa. Entra nella stanza e chiude la porta dietro di s�.
"Era in un parcheggio su a Moerbeck" continua sprofondando in una sedia. "La
pubblica sicurezza ha bloccato l'accesso e quelli della Scientifica sono gi� in
viaggio."
"Bene. Puoi chiedergli di dare un'occhiata al motorino d'avviamento e vedere se fa
un rumore strano?"
Johannisen inarca le sopracciglia, ma si limita ad annuire prendendo un appunto.
"� arrivata la lista passeggeri della nave da crociera?"
"S�, purtroppo" dice Cornelis rabbuiandosi. "C'erano 187 passeggeri a bordo."
Karl fa un fischio.
"187? Ci vorr� un bel po' a esaminarli tutti."
"Gi�, e questa � pure piccola per essere una nave da crociera. Pare sia l'ultima
moda, small ship cruising . Piccole, ma dannatamente esclusive."
"Con chi hai parlato?"
"Con il capitano di porto e con il responsabile della sicurezza di bordo. � stato
molto disponibile, ma allo stesso tempo era divertito dall'idea che qualcuno dei
loro ospiti possa essere immischiato in un omicidio. A quanto pare l'et� media �
alta, pi� che altro sono pensionati americani con i soldi che fanno delle crociere
il loro stile di vita. C'� anche qualche scandinavo, olandesi e un paio di
italiani. Non so cosa fare di preciso con questa lista."
Cornelis guarda Karen rassegnato.
"Gi�, difficile che uno dei passeggeri sparisca dalla nave senza che si sappia"
nota lei. "Controlliamo se c'� qualche nome nel casellario giudiziale. Capisco che
sembri un po' inutile, ma va fatto, se non altro per formalit�. Ci faremo aiutare
dai colleghi dei loro paesi d'origine. E far� in modo che se ne occupi qualcun
altro, Haugen ha promesso di mandare tutti i rinforzi che ci servono."
"Be', sarebbe la prima volta" mormora Evald in tono acido. "Ecco a cosa serve
l'interesse mediatico."
Karen nasconde un sorriso. Johannisen ha ragione: raramente Haugen si dimostra
magnanimo nel concedere risorse per le indagini, ma a quanto pare adesso si sente
generoso.
"Basta che tu me lo chieda, e ti far� avere tutto l'aiuto di cui hai bisogno, tutte
le risorse disponibili saranno al servizio dell'indagine" le ha detto al telefono
dieci minuti fa. "E tienimi aggiornato, chiaro?"
"Tutte le risorse disponibili" pensa lei. Non � che ci sia molto di cui vantarsi.
Certo, i dipartimenti che indagano su crimini finanziari e ambientali hanno
raggiunto una piena efficienza grazie a un misto di esperienza e nuove assunzioni
ben riuscite, ma il numero di esperti in omicidi � assai limitato. � vero che i
casi senza un colpevole sono molto insoliti sulle isole doggerlandesi. Omicidi
colposi, stupri e maltrattamenti sono all'ordine del giorno, ma per quel che
ricorda, lei ha preso parte solo a una manciata di indagini per assassinio dove il
colpevole era sconosciuto. Uno dei casi, tra l'altro, � ancora insoluto: non si �
ancora riusciti a scoprire chi ha ucciso una coppia di anziani a Noor�, sedici mesi
fa. Il loro figlio, pesantemente indebitato, � l'unico ad averci guadagnato dalla
morte dei genitori, ma il suo alibi � solidissimo. L'ipotesi pi� accreditata tra i
membri della polizia � che il figlio abbia avuto un complice, ma non sono state
trovate prove al riguardo, e l'interesse mediatico pian piano � venuto meno.
"Questa volta sar� difficile che la curiosit� si estingua da sola" suppone Karen.
Il fatto che nel caso sia coinvolto un poliziotto che ricopre una carica importante
e che appartiene a una delle famiglie pi� influenti del paese terr� i giornalisti
all'erta finch� l'omicidio non sar� risolto - e forse anche dopo, a seconda di cosa
si scoprir�. Il rischio di una fuga di notizie � altissimo e ogni persona che si
aggiunge alla squadra investigativa aumenta il pericolo che qualcuno si lasci
scappare qualcosa.
"Non voglio che tutta la stazione di polizia sia coinvolta in questa faccenda" ha
pensato Karen quando il capo ha formulato la sua generosa offerta.
"Cominceremo con un gruppo ristretto, cos� possiamo allargarlo in caso di bisogno"
ha replicato.
Adesso Karen Eiken Hornby torna a rivolgersi ai colleghi intorno al tavolo.
"All'indagine partecipiamo solo noi, che siamo qui in questo momento. In pi�
chieder� in prestito Inguldsen e Lange dalla pubblica sicurezza. Sono gi� al
corrente di ci� che � successo e possono occuparsi di quei compiti di routine che
portano via un sacco di tempo. Tu, Cornelis, ti occuperai di coordinarli e
contatterai la pubblica sicurezza quando avremo bisogno di loro."
Loots annuisce.
"Do per scontato che non ci sia bisogno di ripetere che tutte le informazioni
potranno uscire da questa stanza solo attraverso di me. Ah, tra l'altro, ci sar�
una conferenza stampa alle dodici e la terr� Haugen in persona, perci� dopo questa
riunione gli far� un resoconto di quanto sappiamo finora."
"Be', farai in fretta" mormora Johannisen.
"S�, lo so che non abbiamo un granch� da dire, ma secondo Haugen � importante
dimostrare subito la nostra disponibilit� verso i media. E poi potrebbe essere un
modo per recuperare informazioni preziose" aggiunge senza incrociare gli sguardi
scettici dei colleghi. La notizia dell'omicidio si � diffusa online ieri sera e
stamani i notiziari e i quotidiani hanno ripetuto fino alla nausea quel poco che
c'� da raccontare. La conferenza stampa sar� breve e Karen � grata di poterla
saltare.
Fa un respiro profondo e continua.
"Ora, torniamo a noi. Io e Bj�rken andremo dalla figlia di Susanne subito dopo che
avr� parlato con Haugen. Evald e Astrid, voi vi occuperete del posto dove lavorava.
Susanne era assunta in una casa di riposo a Odinswalla, se ho capito bene."
"S�, � giusto" conferma Evald. "Ho sentito la direttrice ieri sul tardi e ha detto
che dovrebbe essere l� alle nove al massimo."
"Bene. Dobbiamo parlare con tutti quelli che possono darci informazioni su Susanne
Smeed: colleghi, vicini e parenti. Chi frequentava? Aveva un fidanzato? Interessi,
scontri, qualsiasi cosa che possa aiutarci a stabilire un eventuale movente. E
Cornelis, tu senti i tecnici della Scientifica e aggiornami su eventuali passi
avanti. Con buona probabilit� Susanne aveva un cellulare, e forse anche un
computer, in casa."
Tutti ricevono i rispettivi incarichi annuendo in silenzio e prendendo nota.
Nemmeno Evald solleva obiezioni. Restano immersi in un'atmosfera di attesa. "Ho
dimenticato qualcosa?" pensa Karen, avvertendo una fitta di panico. "Devo dire o
fare qualcos'altro?"
Tuttavia sa bene che cosa stanno aspettando.
"Sono consapevole che questa � una situazione particolare, soprattutto per me" dice
guardandoli uno dopo l'altro. "Qualcuno di voi forse si chieder� perch� Viggo
Haugen mi abbia affidato il comando e anch'io mi sono posta la stessa domanda."
La sedia di Evald scricchiola in segno di avvertimento quando accavalla le gambe e
si appoggia lentamente allo schienale. Incontra gli occhi di lei e inarca le
sopracciglia, come se aspettasse il seguito con grande interesse.
"E...?" la incita con voce languida. "Ti sei data qualche spiegazione?"
Quelle parole trasformano l'insicurezza di Karen in irritazione: col cazzo che
ceder�.
"Presumo che sia perch� sono quella con pi� esperienza, tra noi, nel ruolo di
investigatore" dice in tono secco. "� vero che non ho alle spalle molti anni di
servizio in uniforme, come molti di voi, ma in questa divisione sono quella che ha
avuto di pi� a che fare con crimini violenti, e credo che le nostre diverse
preparazioni si completino a vicenda. Comunque, spero nel vostro sostegno e in una
serena collaborazione. Se non per me, per il bene di Jounas."
Evald abbassa lo sguardo sul tavolo, ma gli altri annuiscono.
"Certo" dice Astrid.
"E Jounas?" domanda Karl. "Chi va a parlare con lui?"
"Io" risponde Karen. "Gli parler� di nuovo oggi, pi� tardi. Ma tu e io cominceremo
dalla figlia. E voi altri dateci dentro! Ci rivediamo qui alle sedici per fare il
punto della situazione. E chiamatemi subito se salta fuori qualcosa di
particolarmente interessante."

19.

La tromba delle scale in Aspv�gen 48 puzza di detersivo, odori di cucina e vomito


appena rimosso. Il pavimento di pietra grigia dell'atrio � ancora bagnato dopo le
pulizie del mattino e l'inserviente che incontrano sul portone si dirige a passo
veloce verso un furgoncino bianco, con il secchio in una mano e un lungo mocio
nell'altra.
Sigrid Smeed abita al sesto piano, secondo l'elenco di nomi che copre buona parte
della parete al piano terra, perci� salgono in ascensore. Karl ha gi� parlato con
la figlia di Susanne al telefono, dicendole che erano per strada, e la porta si
apre senza che suonino il campanello. "Dev'essere rimasta in attesa, ascoltando
l'ascensore" pensa Karen, e riesce a intravedere rapidamente il viso pallido della
ragazza prima che volti loro le spalle e scompaia all'interno dell'appartamento
senza dir nulla. Karl e Karen si scambiano uno sguardo mentre lui richiude la porta
dietro di s�. Poi seguono Sigrid in soggiorno.
La stanza � immersa nell'oscurit�. Il divano, su cui � drappeggiato un tessuto a
motivi orientali, ha lo schienale rivolto alla finestra, e le tende tirate chiudono
fuori il sole autunnale. L'unica fonte di luce nella stanza � un raggio che filtra
da una fessura di pochi centimetri, nel punto dove le pesanti tende rosso scuro non
combaciano. Due delle pareti sono occupate da scaffali pieni di tascabili, cd e da
un paio di metri di vinili. Sulla terza c'� il poster di una mostra di Andy Warhol
in Louisiana e un ritaglio di giornale incorniciato di quella che sembra la
recensione di un festival musicale a Frisel. Per terra ci sono due custodie nere
per chitarre e una pila di giornali accanto a un amplificatore nero della Marshall.
Sigrid si � seduta a gambe incrociate in mezzo al divano, come a segnalare
chiaramente che vuole stare l� da sola. Sul tavolino in legno mordenzato ci sono un
pacchetto di sigarette, un accendino di plastica verde e una grande tazza blu
sbeccata. � piena di t� per met� e il panino appoggiato sul tavolo sembra intatto.
Senza chiedere il permesso, Karen si siede in una berg�re consunta e vede che Karl
si rannicchia sul pouf di pelle marroncina. Osserva il pulviscolo che fluttua nella
traiettoria del raggio di sole e poi si gira verso la ragazza dai capelli neri.
Il suo viso � pallido e la bocca tesa. Nel setto nasale � infilato uno spesso
anello d'oro e sulle braccia incrociate corrono grandi tatuaggi, di diversi esseri
che sembrano serpenti, verdi e blu. I capelli, lunghi fino alle spalle, sono
scompigliati come se si fosse appena alzata dal letto dopo una nottata faticosa.
Che il nero corvino non sia il suo colore naturale si intuisce dagli occhi
struccati e arrossati che sbucano da sotto le ciglia bionde. Un'apertura indifesa
nella sua dura corazza.
"� quanto di pi� lontano possa esserci dalla bambina bionda e sorridente sulle
fotografie nel soggiorno di Susanne" pensa Karen. "Quanti anni avr�? Non pi� di
diciotto, forse diciannove?"
"Buongiorno, Sigrid. Come sta?"
Una scrollata di spalle � la sua risposta e Karen parte all'attacco.
"Prima di tutto vorrei farle le mie condoglianze. Capisco che sia molto difficile
perdere la propria madre, soprattutto in questo modo."
L'unica reazione � un'occhiata al cielo, come se Sigrid aspettasse pazientemente
che la sua ospite arrivi al punto. Karen ci riprova.
"Come immaginer�, faremo tutto il possibile per scoprire chi ha ucciso sua madre,
perci� dobbiamo porle qualche domanda. Non ci metteremo molto..."
"Cosa volete sapere?" la interrompe Sigrid con voce dura. "Ditemi che cazzo volete,
cos� poi ve ne andate. Stasera lavoro, perci� devo dormire."
"Andr� al lavoro?" chiede Karl sorpreso.
"Perch�?" replica Sigrid spostando lo sguardo su di lui. "Non � appropriato,
secondo lei?"
Lui non ribatte, ma lancia un'occhiata di traverso a Karen, che riprende il
discorso. Quando pone la domanda successiva, la sua voce ha perso un po' della
dolcezza di poco fa.
"Lavora in uno dei music pub gi� in citt�, vero? Come si chiama?"
"Lucius."
"In Thybeckgate?"
Nessuna risposta.
"Okay" prosegue Karen. "Sabato sera era l�?"
"S�."
"Fino a che ora?"
"Lavoro sempre fino all'ora di chiusura."
"E a che ora chiudete?" la incalza Karen paziente.
Sigrid ora si osserva le unghie. A quanto pare ha trovato qualcosa di interessante
e lo sta grattando con l'unghia del pollice. Una scheggia di smalto nero si stacca
e le cade in grembo.
"Allora!" prorompe Karl con voce chiaramente irritata. "Ce ne possiamo andare pi�
in fretta se non dobbiamo cavarle ogni singola parola di bocca. A che ora
chiudete?"
"All'una" mormora Sigrid, strappandosi coi denti una cuticola dall'indice destro.
"All'una" ripete Karl, prendendo nota.
"Ma sabato scorso siamo stati aperti fino alle tre" aggiunge Sigrid, sollevando il
dito davanti a s� per esaminare il risultato.
"Bravo, Karl" pensa Karen. "Forse la situazione si sblocca".
"E dopo, � tornata subito a casa?"
"No, ho fatto un giro in bici" risponde Sigrid esitando.
Questa volta Karen soffoca l'impulso di alzare la voce.
"Ed era da sola o c'era qualcuno con lei?" chiede in tono pi� neutro possibile.
"Intende dire se c'era un tipo con me? Pensa forse che me li porti a casa dal
lavoro come una puttana?"
"No, Sigrid" dice lei con fin troppa pazienza. "Intendevo che magari ha un ragazzo
e siete tornati a casa insieme. O che forse qualcuno la aspettava qui."
Sul viso di Sigrid appare un debole tic a lato della bocca, come se si stesse
sforzando di non piangere. Tira le maniche della maglia di lana, le allunga finch�
non le coprono le mani e rimane un istante in silenzio prima di guardare Karen e
rispondere, con voce di nuovo ferma.
"No, nessuno. Ero da sola."
"Ma non vive qui da sola, vero?" domanda Karl facendo un cenno in direzione delle
custodie per le chitarre. "Sono entrambe sue o ha un ragazzo?"
Lei risponde con una scrollata di spalle e loro restano in attesa.
"Che cazzo ne so" continua Sigrid dopo un po'. "Chi lo sa se pensa di tornare.
Abbiamo litigato e se n'� andato. Non l'ho pi� visto da allora."
"Come si chiama?"
"Sam. Samuel Nesb�."
"E abitate qui insieme?"
Stavolta fa un cenno con la testa e si passa rapidamente la manica sotto il naso.
"Cos'� successo? Pu� raccontarcelo?"
"Ve l'ho gi� detto, abbiamo litigato."
"Sabato scorso?"
"S�."
"Per cosa?"
"Perch�? Che cazzo volete sapere esattamente, cosa facciamo a letto?"
"No, di quello non ce ne frega proprio niente" commenta Karen con calma. "Ma
vogliamo capire perch� avete litigato e che ore erano."
"Si � incazzato perch� ho parlato con dei ragazzi olandesi, va bene? Abbiamo
suonato e durante la pausa sono venuti da me. Non so che ore fossero, forse le
due."
"Avete suonato?" interviene Karl sorpreso. "Pensavo che lei lavorasse al bar."
Sigrid alza gli occhi al cielo e fa una smorfia, scuotendo la testa a
quell'indicibile sciocchezza. Per un attimo Karen percepisce qualcosa della bambina
nelle foto.
"Certo" conferma Sigrid, e ora � lei a essere fin troppo paziente. "Ma facciamo
anche qualche concerto, capisce? Uno pu� fare diverse cose, no?" Fa una breve pausa
e poi prosegue. "Sabato scorso ho lavorato al bar fino alle undici e mezzo, e poi
abbiamo suonato fino alla chiusura. Due lavori nella stessa sera, stranissimo, eh?
E ora mi arrestate?"
Karen sente tirare agli angoli della bocca e aggrotta le sopracciglia per frenare
una risata. Abbassa per un momento lo sguardo e poi fissa Sigrid senza distogliere
gli occhi, ponendole la domanda successiva.
"Quindi lei e Sam avete litigato, e lei � tornata a casa da sola a fine serata. �
venuta direttamente qui?"
Le pupille di Sigrid si restringono e le sue labbra si contraggono in
un'espressione di sincero disprezzo. "No, prima ho fatto un giro a Langevik e ho
ammazzato mamma" dice lentamente, con un sorriso provocatorio e privo di allegria.
Con la coda dell'occhio, Karen vede che Karl sta per scattare.
"Ah davvero?" lo precede in tono calmo. "� andata a Langevik?"
"E perch� cazzo avrei dovuto farlo?"
"Be', forse non voleva tornare a casa da sola. Forse era triste e voleva dormire da
sua madre."
"Lo sapete quanto dista? Ci vorrebbero ore, in bici."
"Sempre che lei ci sia andata in bici. Magari ha fatto l'autostop, ci sar� stata un
sacco di gente che andava in quella direzione, dopo la Festa dell'ostrica. Non �
impossibile trovare un passaggio, direi."
"Sono tornata qui" replica secca Sigrid. "E poi non sapevo se fosse a casa. Se ne
va sempre via durante l'Oistra. Non sopporta che qualcuno possa essere allegro."
Karen sussulta: questa � una novit�.
"E dove va di solito?"
Un'altra scrollata di spalle.
"Soliti posti, presumo. Prende il traghetto per l'Inghilterra o la Danimarca. Prima
andava a Maiorca o in Grecia o roba simile, ma adesso non se lo pu� pi�
permettere."
"Quindi lei non aveva idea se sua madre fosse a casa quest'anno?"
"No, e anche se ci fosse stata non sarei andata da lei. Cio�, sarebbe stata
l'ultima persona che avrei voluto vedere."
"Perch�? Non avevate un buon rapporto?" chiede Karl.
Sigrid gli lancia uno sguardo carico d'odio. ""Non avevate un buon rapporto?"" lo
imita con tono fintamente piagnucoloso. "Non avevamo proprio nessun rapporto, se
proprio vuole saperlo. Non la vedo da pi� di un anno. E nemmeno le parlo."
"E come mai?" domanda Karen.
Sigrid si tende in avanti e pesca una sigaretta dal pacchetto sul tavolino. La mano
magra trema leggermente mentre tiene la fiamma dell'accendino davanti alla
sigaretta e aspira profondamente.
"Non era a posto" si limita a dire, soffiando fuori il fumo. "That's why ."
"Non era a posto? In che senso?"
"Triste, inacidita. Odiava tutti. Credeva di poter decidere della mia vita anche se
non vivevo con lei da pi� di due anni. � abbastanza?"
"Due anni? Allora se n'� andata di casa molto presto. Davvero l'ha fatto?"
"Il giorno stesso in cui ho compiuto sedici anni. Non ho chiesto il permesso."
Un'altra boccata di fumo, e la sua voce � pi� rilassata ora, ha perso un po' della
sua patina stridula.
"E prima di andarsene? Dopo il divorzio ha vissuto a turno con sua madre e suo
padre oppure solo con lei?" chiede Karen domandandosi se il suo capo abbia mai
fatto riferimento alla cosa. "No," pensa "non ha mai parlato di sua figlia al
lavoro, almeno non di fronte a me. L'ha solo menzionata di sfuggita qualche volta".
Sigrid aspira ancora la sigaretta, e questa volta soffia fuori il fumo in piccoli
anelli che segue con lo sguardo mentre salgono al soffitto.
"Da entrambi. Dovevo fare le valigie ogni domenica e spostarmi dall'uno all'altra.
Ed � stato un inferno, casomai se lo chiedesse."
"Gli spostamenti, intende?"
"No, loro. Erano pesanti. Penso di esser stata l'unica bambina al mondo a pregare
Dio ogni sera perch� i suoi genitori divorziassero. Credevo che poi sarebbe andata
meglio, e invece la situazione � peggiorata: litigavano sempre e secondo loro io
dovevo correre dall'uno all'altra come un cazzo di messaggero. Non sono a posto,
nessuno dei due" aggiunge spegnendo con rabbia la sigaretta sul piattino della
tazza. All'improvviso sembra confusa, come se si fosse resa conto di aver usato il
tempo verbale sbagliato parlando di sua madre.
Karen e Karl recepiscono quelle informazioni con crescente disagio. Che il
matrimonio di Jounas Smeed fosse stato burrascoso e i litigi fossero continuati
anche dopo il divorzio � qualcosa che avrebbero preferito non sapere. Soprattutto
in relazione alle indagini sull'omicidio della sua ex moglie. E il fatto che sia la
figlia a raccontarlo li fa sentire come se stessero frugando in qualcosa in cui �
meglio non immischiarsi.
"Sembra di ficcare il naso nella biancheria sporca di qualcuno" riflette Karen e
poi dice alla ragazza: "Solo un'altra domanda. Ha idea se possa esserci qualcuno
che avrebbe voluto far del male a sua madre? Qualcuno con cui ha litigato o avuto
discussioni?".
Sigrid la guarda con espressione rassegnata.
"Discussioni? A parte con pap�, intende dire? Be', praticamente con tutti quelli
che conosceva."
"Nessuno in particolare?"
"Non so niente di cosa faceva, n� chi incontrava. Non abbiamo quasi avuto contatti
in questi ultimi anni."
Rimane in silenzio con gli occhi lucidi.
"Okay, Sigrid" riprende Karen. "Per oggi basta cos�, ma � possibile che avremo
bisogno di parlarle ancora." Estrae un biglietto da visita dalla tasca del
giubbotto. "Qui c'� il mio numero. Se le viene in mente qualcosa, mi telefoni. O
anche solo se vuole fare due chiacchiere" aggiunge senza sapere nemmeno lei cosa
intende. Difficilmente Sigrid Smeed si rivolger� di sua spontanea volont� alla
collega di suo padre per sfogarsi. A uno sbirro, per di pi�.
Mette il biglietto sul tavolo e si alza. Quando Karl accompagna la porta alle loro
spalle, Sigrid � ancora seduta immobile sul divano.
"Dovrebbe chiudersi dentro a chiave" pensa Karen.

20.

Prendono l'ascensore in silenzio. Non appena escono dal portone, tre ragazzini sui
tredici anni scappano via come lepri dalla macchina di Karen.
"Maledetti! Perch� non sono a scuola?" commenta Karl arrabbiato, osservando la
scritta SBIRRI DI MERDA , tracciata con un pennarello nero sul finestrino.
"Come cavolo fanno a sapere chi siamo?" chiede Karen. "L'auto � in borghese."
Karl ride amaramente e cerca di sfregar via la scritta con la manica del giubbotto.
"Eh, questi teppisti riconoscono uno sbirro a cinquanta metri di distanza. Ce
l'hanno nel dna."
"Smettila, ti rovini la giacca. E frena i tuoi pregiudizi."
Karen apre la portiera e aziona i tergicristalli. Karl � scivolato sul sedile del
passeggero e insieme sentono l'odore leggermente alcolico del liquido lavavetri che
si diffonde nell'abitacolo, mentre lo guardano in silenzio trasformarsi in una
poltiglia grigia sul parabrezza.
"� stato pesante" dice lui dopo un po'.
Lei annuisce.
"Sei sicura di voler parlare con Jounas da sola? Forse � pi� semplice se siamo in
due."
"Grazie, � gentile da parte tua, ma penso che sia meglio se vado da sola anche
stavolta. Ieri non abbiamo concluso granch�, era... scioccato e non molto
disponibile al dialogo."
Karl le lancia un'occhiata. "Era ubriaco, vuoi dire? Be', non lo biasimo di certo
se ha bevuto un paio di bicchierini. Io lo farei se qualcuno avesse ucciso la mia
ex. Anche se � una strega" aggiunge, e Karen � incerta se si riferisca alla sua, di
ex moglie, o a Susanne Smeed.
Decide che non le interessa. "Forse non era perfettamente sobrio" risponde secca.
"In ogni caso far� un altro tentativo in solitaria prima di unire i nostri sforzi.
Dipende anche da cosa riescono a scoprire gli altri. Aspettiamo i risultati di
questa giornata e poi vediamo."
Lascia Karl Bj�rken in Redehusgate, fuori dalla stazione di polizia. Una macchina
della Riksradion � parcheggiata sull'altro lato della strada. Tra i portelloni
aperti di un furgone della tv doggerlandese Karen intravede un fotografo che di
solito accompagna il giornalista televisivo Jon Bergman. Sta tenendo in equilibrio
un treppiede e allo stesso tempo solleva una macchina fotografica. E proprio quando
Karl apre la portiera per scendere, ecco spuntare la figura allampanata di Jon
Bergman da dietro il mezzo della DTV. Un istante dopo il giornalista riconosce
Karen al volante e si avvia verso la macchina a passi rapidi.
"Vai, fila via pi� veloce che puoi" sibila Karen a Karl. "E non una parola,
capito?"
Nel momento stesso in cui la portiera si richiude, lei riparte a razzo verso
Odinsgate. Lancia un'occhiata allo specchietto retrovisore e si accorge che Jon
Bergman � rimasto in mezzo alla strada a guardarla per un po', prima di girarsi e
correre dietro a Karl all'interno della stazione di polizia.
La decisione di Viggo Haugen di tenere una conferenza stampa non ha lasciato spazio
alle obiezioni. Ma quando Karen, dopo la riunione di stamani, ha fatto un resoconto
della situazione a lui e alla procuratrice Dineke Vegen, il capo della polizia le �
sembrato preoccupato.
"Quindi mi stai dicendo che nessuno ha visto o sentito niente? E non avete idea di
chi sia stato?" le ha chiesto.
"S�, esatto, non abbiamo ancora trovato testimoni e neppure un movente, ma siamo
ancora all'inizio delle indagini. Sono passate appena venti ore da quando ci hanno
chiamato."
"E cosa devo dire in conferenza stampa, secondo te?" si � lamentato Haugen
allargando le braccia e guardando Dineke Vegen, come per cercare sostegno alla sua
critica. Ma la procuratrice l'ha ignorato e si � messa a scrivere qualcosa sulle
sue carte.
"Be', puoi dare le informazioni che abbiamo, tranne modalit� e arma del delitto"
gli ha detto Karen. "Chi � morto, dov'� successo, che non � da escludere l'omicidio
ma che non possiamo fornire ulteriori dettagli perch� le indagini sono in corso. Le
solite chiacchiere, insomma" ha aggiunto senza riuscire a trattenersi.
Haugen l'ha guardata irritato, e Karen ha cercato di addolcire la pillola.
"Ma � senza dubbio una buona idea incontrare i media gi� in questa fase. Se non
altro potrebbero arrivarci informazioni preziose dalla comunit�."
"Sto gi� iniziando ad avere la lingua lunga e marrone" ha pensato con un sorriso
affabile sulle labbra. "E forse, anche se non � la cosa migliore, potrebbe essere
davvero utile tenere subito una conferenza stampa" ribadisce a se stessa, guardando
nello specchietto retrovisore la schiena di Jon Bergman che scompare all'interno
dell'edificio.
Il fatto che il capo della divisione crimini avesse una stretta relazione con la
vittima � gi� ampiamente noto alle varie redazioni. Quello che vogliono sapere �
come la polizia tratter� Jounas Smeed durante le indagini. La storia delle
informazioni provenienti dalla comunit� per� � un po' improbabile: l'esperienza le
insegna che chi ha davvero qualcosa di utile da dire si fa avanti senza bisogno
dell'incoraggiamento dei media. Gli altri, invece, sono esaltati che intasano la
rete telefonica e le stazioni di polizia del paese. Perderanno tempo prezioso con
squilibrati e persone che si sentono sole, parlando di cose che non hanno nulla a
che vedere con la morte di Susanne.
Karen gira prima a sinistra su Odinsgate e poi a destra in Slaktehusgate
dirigendosi verso Packartorget. Sulle scale del Riksmuseet una ventina di persone �
seduta con il viso rivolto al sole. � ancora presto per il pranzo e lei non �
particolarmente affamata, ma forse � meglio che mangi qualcosa prima di proseguire
per Thingwalla. Incontrare Jounas Smeed sar� gi� abbastanza pesante, e con un calo
di zuccheri potrebbe risultare una catastrofe.
Parcheggia nella piazza fuori dal mercato ed entra dai grandi portoni. Passa
velocemente attraverso il profumo di caff� appena macinato, di spezie e di pane, e
prosegue verso i pescivendoli che si trovano in fondo. L� vi sono scatole di
aringhe affumicate impilate, cumuli di ostriche dal guscio ruvido, vasche con
aragoste di un rosso chiaro, letti di ghiaccio su cui giacciono in bella mostra
rane pescatrici, merluzzi e sgombri accanto a pesci gatto ed eglefini. Si ferma e
osserva i loro occhi sbarrati e le bocche spalancate pensando per un attimo di
comprare un bel pezzo di merluzzo per il fine settimana. Il ricordo dello sguardo
vitreo e privo di vita di Susanne le lampeggia davanti e decide di proseguire verso
i piatti pronti.
Dieci minuti pi� tardi � seduta sulle scale del museo con un'insalata di salmone e
una bottiglia d'acqua minerale. Facendosi ombra con la mano, osserva la piazza: gli
schiamazzi dei venditori di frutta e verdura fanno a gara con la musica classica
proveniente dagli altoparlanti. Il consiglio comunale di Dunker, dopo essersi
tormentato, ha deciso di mantenere ancora per un anno la diffusione all'ora di
pranzo nei punti di maggior affluenza della citt�. Si tratta di una delle molte
iniziative messe in atto un anno fa per celebrare la proclamazione della citt� a
Capitale della cultura. I partiti si erano sfidati a trovare proposte creative per
aumentare l'offerta artistica. Nessuno poteva immaginare le proteste selvagge che
si sono scatenate al momento di smontare gli altoparlanti, e alla fine il consiglio
si � rassegnato e ha ceduto alla volont� popolare. Per due ore al giorno, perci�,
l'aria in Packartorget si riempie ancora di musica classica. Per� tutti i tentativi
di variare o ringiovanire la proposta musicale sono stati respinti: nessun partito
� disponibile a pagare i diritti per trasmettere pezzi degli ultimi settant'anni.
Ci deve pur essere un limite alla spesa.
Karen chiude gli occhi e per qualche istante ascolta quello che potrebbe essere
Mahler. Nonostante il sole sia molto pi� basso rispetto a un paio di settimane fa,
avverte ancora un calore piacevole sulla fronte e le guance. Tuttavia sull'isola si
� insinuata una certa frescura, una sorta di avviso gentile e allo stesso tempo
intimidatorio che ricorda quanto sia temporanea questa grazia: l'estate � ormai
finita davvero, presto i venti freddi dell'Atlantico soffieranno sulle isole
Dogger.
Lei svita il tappo, beve un sorso d'acqua e affronta il salmone affumicato. Mentre
mastica, i pensieri corrono all'incontro che l'aspetta di l� a poco. Andare a casa
di Jounas per la seconda volta senza avvertire � azzardato, ma il suo piano � di
coglierlo di sorpresa e disarmarlo. Non ne sar� contento, ma non pu� certo pensare
che lei non abbia bisogno di parlare ancora con lui.
"Considerando le statistiche, dovrebbe essermi riconoscente per non averlo ancora
portato alla stazione di polizia" pensa mentre mastica. In nove casi su dieci, se
una donna viene assassinata il colpevole � suo marito o il suo ex.
La domanda � se questa volta Jounas sar� sobrio e disposto a collaborare.

21.

Karl Bj�rken supera le porte della stazione di polizia e sente alle spalle la voce
fin troppo familiare di Jon Bergman.
"Salve Bj�rken, ha qualche minuto? Ehi, pu� fermarsi?"
Senza voltarsi, Karl prosegue a passo spedito verso gli ascensori, e il giovane
giornalista di "Il mondo oggi" di DTV lo raggiunge prima che possa premere il
pulsante. "Avrei dovuto fare le scale" pensa lui, e lancia un'occhiata verso la
portineria, dove l'agente di servizio sta cercando di calmare i giornalisti che
aspettano impazienti i loro lasciapassare. I cerchi scuri sotto le ascelle della
sua camicia testimoniano che il sistema informatico come al solito va a rilento, e
tra i visitatori si sollevano rumorose critiche all'incompetenza della polizia e
alla burocrazia.
Una sentinella reclutata da Gardia stende le braccia per evitare che un giornalista
di cronaca nera del "Kvellsposten" entri nella sala senza registrarsi.
Karl lancia un'occhiata all'orologio sopra il bancone: le dodici e tre minuti. In
questo momento Viggo Haugen sar� dietro le quinte che cammina avanti e indietro
aspettando di salire sul podio e si star� chiedendo preoccupato come mai non ci
siano giornalisti in sala. "Cominciamo bene" dice a se stesso Karl, distogliendo lo
sguardo da quel caos. "Le dodici sono un orario davvero idiota per tenere una
conferenza stampa," constata sospirando "soprattutto se non si ha intenzione di
offrire qualcosa a quegli scribacchini attaccabrighe per placare la loro fame".
Il meeting, invece, non offrir� niente di appetibile, n� in senso figurato, n� in
concreto. "Haugen � tanto avaro quanto eccitato all'idea di parlare" pensa Karl,
ringraziando la sua buona stella di non dover partecipare a quell'inutile teatrino.
"La donna uccisa � l'ex moglie di Smeed? Pu� almeno confermare questo? Lo sappiamo
gi� che � cos�, ci serve solo la conferma ufficiale."
Bergman pone la domanda e allo stesso tempo lancia un'occhiata al suo fotografo,
accalcato tra gli altri in portineria. Irritato, Karl preme ancora il pulsante e
guarda lo schermo sopra alle porte. Uno degli ascensori sembra essersi fermato al
quarto piano, mentre gli altri stanno salendo.
"Smeed � ancora in servizio? Visti i rapporti intimi con la vittima � tra i
sospetti? O sapete gi� chi � il colpevole?"
Bergman prova ad aggirare Karl per guardarlo negli occhi. Prende un veloce respiro
e lo incalza: "Sapete gi� che arma hanno usato? Smeed avr� pure un'arma di
servizio, no? Su, Bj�rken, qualcosa potr� pur dirmi?".
Karl ascolta distrattamente quella pioggia di domande. A quanto pare una volta
tanto non ci sono ancora state fughe di notizie. In segno di rispetto per Jounas i
colleghi hanno tenuto la bocca chiusa. Sollevato, osserva che uno degli ascensori
finalmente sta scendendo.
"Certo" butta l� con un sogghigno, nell'istante in cui le porte si aprono con un
dlin .
"Cosa? Cosa intende dire?" Jon Bergman sembra confuso.
"Senta, credo che stiano iniziando." Karl fa un cenno verso la sala conferenze dove
la sentinella si � fatta da parte per lasciare entrare l'orda impaziente di
giornalisti e fotografi. "� meglio che si sbrighi se non vuole perdersela" aggiunge
sorridendo al giornalista, mentre l'ascensore si richiude.
Mentre sale Karl manda un sms a Karen. Clicca su INVIA nell'istante stesso in cui
arriva al terzo piano.
CREDO CHE SMEED AVR� VISITE A BREVE . KARL
Evald Johannisen fissa intensamente lo schermo del computer, eppure dal suo sguardo
assente Karl intuisce che sta pensando a tutt'altro.
"Ciao Evald" esordisce battendo le nocche sul bordo della sua scrivania. "Stai
sognando?"
Johannisen sobbalza e sul suo viso, per un attimo, passa un'ombra di rabbia
incontrollata. Poi si ricompone immediatamente, fa un largo sorriso e si appoggia
indolente allo schienale della sedia.
"Guarda chi si vede, ti sei sfilato il guinzaglio o ti ha lasciato andare lei, di
sua spontanea volont�?"
"S�, in effetti mi ha lasciato libero di scorrazzare per un po'. Hai visto Loots?
Pensavo di chiedergli se ha saputo qualcosa da quelli della Scientifica."
Evald fa un cenno con la testa in direzione del cucinotto. "Come al solito � in
pausa caff�. Ma ascoltami un attimo, dove � andata la tua padrona?"
"A casa di Smeed. L'aveva gi� previsto stamattina durante la riunione, no?"
"S�, ho capito che preferisce incontrarlo... a quattr'occhi, diciamo. Davvero
premuroso da parte sua, proprio un capo brillante, se posso dire la mia."
Karl osserva il suo collega e riflette per un secondo. Johannisen � sempre
incontentabile, ma normalmente il suo sarcasmo � un po' pi� sottile. La nomina di
Karen Eiken Hornby a capo pro tempore deve averlo indispettito. A Karl viene quasi
voglia di fare una battuta sulla volpe e l'uva, ma decide di lasciar perdere.
A lui piace Eiken. Nonostante la sua mancanza di brillantezza nelle relazioni e il
suo carattere particolare, ha sempre svolto un buon lavoro. D'altra parte lui non
ha nemmeno voglia di scontrarsi con Johannisen. Essere preso di mira dalle sue
frecciatine � peggio di doverle sopportare quando sono riferite agli altri. E poi
questa nuova distribuzione di ruoli � solo una soluzione temporanea e bisogna
essere cauti con le dinamiche interne all'ufficio. Quando Smeed rientrer�, Karen
torner� a scendere nella scala gerarchica e le quotazioni di Johannisen
risaliranno. Karl si accontenta di fare un sorrisetto, che Evald pu� interpretare a
suo piacimento.
"E tu, invece" dice cambiando discorso. "Tu e Astrid non dovevate andare dove
lavorava Susanne, oggi?"
"S�, ci siamo stati, ma non � servito a molto. La direttrice ci ha detto quanto
fosse abbattuta per ci� che � successo, ma il resto del personale presente non
sembra aver lavorato a stretto contatto con Susanne. Faremo un altro tentativo con
quei buffoni."
"Eiken e io abbiamo appena parlato con la figlia di Jounas, ma non ne abbiamo
ricavato un granch�" replica Karl con prontezza. "Quasi niente di utile. Pi� che
altro sembrava incazzata nera."
"S�, lo so, tatuaggi, anello al naso e tutto il resto" sogghigna Johannisen mentre
con la lingua cerca di togliersi qualcosa fra i denti.
"Ah, la conosci? Ho avuto l'impressione che non abbia molti contatti con Jounas."
"No, ma Erlandsen me l'ha indicata gi� in citt� qualche settimana fa e mi ha detto
che era la figlia di Smeed. Poveraccio! Prima quella storia con la moglie e adesso
una figlia che pare una drogata."
""Quella storia con la moglie": cosa intendi?"
Evald si ficca il mignolo in bocca e cerca faticosamente di tirar via un residuo
che a quanto pare si � incastrato tra i molari.
"Una caffo di shtrega " biascica togliendosi poi il dito di bocca. Osserva quello
che � rimasto attaccato all'unghia e continua lentamente, consapevole che quelle
informazioni gli danno una posizione di vantaggio. "Dai, Bj�rken. Lo sa tutto il
paese che per anni Susanne ha reso la vita di Jounas un inferno. E non solo la sua,
se ho capito bene. Si � sempre resa insopportabile in un sacco di situazioni. No,
in questo delitto non mancano proprio n� nemici n� moventi. Ciccio, ma tu dove
cazzo vivi?"
Karl Bj�rken guarda disgustato il suo collega che pulisce l'indice sui pantaloni e
sente crescere l'irritazione. "Be'" risponde, scrollando le spalle con indifferenza
e cercando di tener conto solo dei dettagli utili presenti nel discorso di
Johannisen. "Che non fosse Madre Teresa lo sapevo anch'io, ma ti prego... se pensi
che possiamo ricavare qualcosa dai pettegolezzi, spiegati meglio."
Evald scuote lentamente la testa con un sorriso dispiaciuto. "Regola numero uno:
uno sbirro non deve mai sottovalutare i pettegolezzi. Nove volte su dieci � l� che
si trova la verit�. Ma sono certo che Miss Poliziotta e Ciccio saranno in grado di
scovare da soli i dettagli pi� succosi sul boss e sulla sua famiglia, senza bisogno
che glieli serva io su un piatto d'argento."
Come al solito Evald fa un largo sorriso mentre lancia le sue frecciatine, sempre
attento a lasciarsi una via di fuga per poter affermare che sta solo scherzando. Ma
Karl stavolta avverte nel tono di Johannisen un'insolita crudelt�, che non
riconosce. Come se volesse ferirli in modo subdolo, ma consapevole.
"E io sono sicuro che, nonostante tutto, tu sia un poliziotto abbastanza in gamba
da saper condividere con i colleghi le informazioni che possono aiutare le
indagini" ribatte Karl. "Anche se sei uno stronzo" aggiunge con voce pi� dura di
quanto vorrebbe.
"Oh, che cazzo, ti danno fastidio le mie battutine? Guarda un po', adesso Ciccio si
offende?" Sorride di nuovo, ma la sua espressione si trasforma quasi in una smorfia
di dolore.
"Mi offendo molto meno di te, Evald, mi pare. Devi concedere una possibilit� a
Karen. Non � stata certo lei a chiedere questo incarico e nessuno di noi ritiene
che sia divertente frugare nei rapporti familiari della famiglia Smeed."
Evald non risponde, si limita a fissare davanti a s� con sguardo vacuo.
"Sembra stanco" pensa Karl osservando i segni scuri sotto gli occhi del collega.
"Pallido e stanco. Essere sempre cos� inaciditi deve essere faticoso".
"Lo sai bene quanto me che siamo costretti a inserire Jounas tra i sospetti, finch�
non risolviamo il caso" continua. "E questo significa che dobbiamo individuare
tutti i probabili moventi e gli eventuali scandali. Che Karen abbia scelto di
interrogarlo da sola invece di portarlo qui in stazione � gi� una premura da parte
sua."
"Se lo dici tu... Ora per� non ho tempo di star qui a blaterare con te" replica
Johannisen dando un'occhiata all'orologio. "Qualcuno deve pur uscire a cercare
l'assassino, cos� possiamo riavere indietro il capo legittimo di questo
dipartimento. Tu non hai del lavoro da fare? O sei solo qui per deliziare gli occhi
della tua matriarca? Ahi, cazzo!"
Il viso di Evald improvvisamente si contorce e lui si afferra il braccio sinistro
con la mano destra. Un istante dopo emette un rantolo e si accascia sulla
scrivania. Karl sobbalza al rumore della sua fronte che sbatte sulla tastiera.

22.

� seduto su una sdraio accanto alla piscina. Indossa jeans e un maglione grigio di
lana d'agnello. Un berretto da baseball gli copre per intero il viso e i suoi piedi
nudi penzolano mollemente oltre il poggiapiedi. Avvicinandosi, Karen sente un
leggero russare e riflette su come svegliarlo. Prova a camminare con passo pi�
pesante del solito mentre sale i tre gradini fino alla terrazza. E si schiarisce la
voce. Ma non ottiene reazioni. Sospirando, va a mettersi dietro al poggiatesta e
osserva la figura addormentata. Il russare ora si � interrotto, ma non c'� segno di
movimento al di l� dei lunghi e regolari respiri che sollevano e riabbassano
lentamente la pancia sotto la maglia di lana. Lei si schiarisce di nuovo la gola,
stavolta un po' pi� rumorosamente.
"Sei sempre cos� agile?"
Karen sobbalza al suono inaspettato della voce che arriva da sotto il berretto.
Jounas � ancora immobile. Sul pavimento di legno vicino alla sdraio c'� un
bicchiere con del liquido frizzante e una fettina di limone.
"Gin tonic" pensa Karen. "Fanculo".
L'attimo successivo una mano si tende nel vuoto e dopo poco trova la via e afferra
il bicchiere. Poi Jounas sposta il berretto, si solleva per met� e si sostiene con
il gomito mentre svuota il bicchiere in tre lunghi sorsi.
"Stai tranquilla, Eiken" dice vedendo l'espressione rassegnata di Karen. "Solo
Perrier e limone, nient'altro. Che vuoi?"
"Lo sai. Dobbiamo parlare."
"Oh cazzo, non � la mia frase preferita, detta da una donna..."
"Piantala. Puoi sederti come si deve?"
Con docilit� inaspettata lui si mette lentamente a sedere, si strofina gli occhi
con le mani e fa un rutto piuttosto rumoroso.
"Scusa! � l'acido carbonico" commenta passandosi una mano sullo stomaco.
"Possiamo entrare?" replica lei indicando la casa. "Tra poco la conferenza stampa
finir� e i giornalisti saranno qui da un momento all'altro. Sarebbe meglio parlare
dentro."
"Ah s�? Certo che entriamo, sar� meglio per entrambi" accetta lui con voce
languida, alzandosi. Per un attimo rimane immobile e osserva il vialetto
d'ingresso. Karen constata che la minaccia dei giornalisti ha sortito l'effetto
previsto. Ora dovr� vedere se il resto della sua strategia funziona.
Senza una parola lo segue attraverso le porte a vetri e si siede sul divano nello
stesso punto di ieri.
Jounas si ferma in mezzo alla stanza. "Vuoi del caff�?" chiede facendo un cenno con
la testa in direzione della cucina.
"Voglio sapere per quanto pensi di continuare il tuo spettacolino" dice lei brusca.
"Sto proprio iniziando a stufarmi."
Lui si impietrisce ma non risponde.
"Allora?" lo incalza lei, sostenendo il suo sguardo senza battere ciglio. "Vuoi che
parliamo di quello che � successo? � questo che vuoi? Ti posso concedere cinque
minuti per le tue malignit� e i commenti volgari. Oppure dimmi tu di quanto tempo
hai bisogno per esternare quello che ti tormenta, cos� poi magari possiamo parlare
di cose serie."
"Porca puttana, sei proprio di cattivo umore!"
"Ti sembra strano?" rincara, continuando a sostenere il suo sguardo. "Vengo qui per
cercare di interrogarti, e tu sai che devo farlo necessariamente, ma non fai altro
che sabotarmi. Va bene, allora mettiamo pure tutte le carte in tavola, cos� la
piantiamo qui. Inizio io?"
"Ma stai calma, cazzo, Eiken..."
All'improvviso la voce di Jounas ha un tono di ammonimento. Oppure � insicurezza,
quella che percepisce?
"Ecco cos'� successo" continua Karen. "Ci siamo ubriacati e abbiamo perso l'uso
della ragione. Io in realt� ho solo vaghi ricordi di come siamo finiti in albergo,
ma purtroppo mi ricordo bene che abbiamo scopato. � stata una gran cazzata, senza
alcun senso, e di sicuro niente di memorabile, quindi forse dovresti lasciar cadere
il discorso, ora."
"� stato davvero cos� brutto?" replica lui con voce languida. "Mi sembra proprio di
ricordare che tu..."
"Se vuoi proprio saperlo, s�" taglia corto lei. "Il poco di cui ho memoria �
veramente triste, e la cosa non si ripeter� pi�. E se non la smetti di fare
allusioni, sar� solo peggio per te."
Si accorge che Jounas si irrigidisce e che il suo sguardo si fa pi� attento.
Lentamente va verso di lei per sedersi sul bordo del tavolino. La sua testa domina
quella di Karen di circa mezzo metro e mentre si siede lei impreca dentro di s�.
Poi lui annuisce piano e sorride come se sapesse cosa sta per dire lei.
"Mi stai minacciando, Eiken? Hai per caso intenzione di dire che non � stato
consensuale. Che in qualche modo ti ho obbligata..." insinua, scoppiando a ridere.
"Piantala" gli sibila lei, alzandosi talmente in fretta che lui deve spostarsi
indietro per non cadere.
Poi si va a mettere a una certa distanza da lui con le braccia incrociate sul
petto.
"� stata una cosa totalmente sconsiderata, ma purtroppo l'ho fatto di mia spontanea
volont�. Quello che intendo � che � meglio dimenticare l'accaduto, e non solo per
il mio bene."
"Ah s�, � cos� che la pensi?"
"S�, difficilmente la tua carriera ne trarrebbe giovamento se saltasse fuori che
anche tu hai poco giudizio: portarti in albergo una tua sottoposta e fartela mentre
sei ubriaco? Penso proprio che perderesti un po' di credibilit�."
"Brutta putt..." Si interrompe all'improvviso.
"Continua" lo incita lei secca. "Dillo, dai! Parlami un po' delle femministe che
hanno solo bisogno di una bella scopata, gi� che ci sei, cos� ti sentirai meglio.
Non c'� bisogno che ti trattieni, sono gi� quattro anni che sento queste cazzate."
"Rifletti" dice Jounas alzandosi piano. "Non dimenticare che appena questo casino
sar� finito torner� a essere il tuo capo."
"Lo so, ma in questo momento non lo sei. E se non hai niente da nascondere � ora
che cominci a collaborare. Prima concludiamo quest'indagine, prima potrai tornare a
rendermi la vita impossibile. Okay?"
Jounas va alla finestra e guarda il giardino fuori. Mentre le volta le spalle lei
intuisce che ora star� zitto. Sa di avere vinto. Solo temporaneamente, solo questo
round, ma le basta cos�.
Alla fine lui si gira e fa per dire qualcosa, ma lei lo precede.
"� ancora valida l'offerta di un caff�?"
Un quarto d'ora pi� tardi Karen appoggia la tazza sul tavolino.
"Raccontami di Susanne" gli dice.
"Che cosa vuoi sapere?"
La voce � stanca, ma priva di ostilit�.
"Tutto, direi. Inizia con il vostro matrimonio. Come vi siete conosciuti?"
Lui si appoggia allo schienale con un pesante sospiro.
"Maggio '98, al matrimonio di mia sorella. Erano compagne di classe alle superiori
e hanno mantenuto i contatti dopo il diploma."
"Quindi avevi gi� incontrato Susanne prima d'allora?"
"S�, alcune volte insieme a Wenche, ma io ho due anni in pi� di mia sorella e poi
sono stato all'estero per qualche anno dopo che lei ha finito le superiori. E
quando sono tornato Wenche aveva gi� conosciuto Dag, perci� loro due si erano
allontanate e non si frequentavano pi� tanto spesso. Comunque s�, l'avevo gi� vista
in altre occasioni. Prima che mi mettesse gli artigli addosso."
Karen ignora il suo tono amaro. "Ma Wenche e Susanne hanno continuato a vedersi
dopo la fine della scuola?" Si appunta mentalmente di cercare Wenche Smeed appena
possibile.
"S�, capitava. Mia sorella la frequentata abbastanza da invitarla al suo
matrimonio. � stato l� che ci siamo conosciuti veramente, come ti ho detto."
"E com'era Susanne a quei tempi?"
Jounas si appoggia allo schienale e allarga le braccia come a indicare che la
domanda � superflua. "Veramente bella. Sexy da morire. Perlomeno allora" aggiunge.
Karen trattiene un sospiro. "Mi fa piacere per te, ma io pensavo pi� che altro a
com'era come persona."
"A quei tempi? Allegra, accomodante, non faceva storie."
"La donna ideale di Smeed" pensa Karen. "Sexy, allegra e accomodante. Tra poco dir�
che era anche riconoscente e ubbidiente".
"Quindi avevate un buon rapporto? All'inizio, intendo."
Jounas scoppia a ridere. Uno sbuffo amaro. "All'inizio? S�, potremmo dire di s�."
"Abbastanza per sposarvi, comunque."
"S�, l'autunno di quello stesso anno. La solita vecchia storia."
"Susanne � rimasta incinta?"
Lui annuisce. "Gi�, dopo un paio di settimane. � stata veloce, quello bisogna
riconoscerlo."
"Be', eravate in due no?" commenta lei in tono acido.
"S�, l'ha detto anche lei."
Karen cambia argomento. Non ce la fa a sentire l'opinione di Jounas su chi abbia
l'onere di proteggersi da gravidanze indesiderate. "E Sigrid � la vostra unica
figlia?" chiede, anche se conosce gi� la risposta. Vuole mantenere almeno
l'apparenza di un interrogatorio qualunque, con una persona qualunque.
"S�" risponde lui. "� nata alla fine di gennaio."
Karen d� un'occhiata veloce ai suoi appunti. "Quindi aveva circa otto anni quando
vi siete separati."
Jounas alza le spalle senza commentare.
"Abbiamo parlato con Sigrid e ci ha detto che abitava un po' con te e un po' con
Susanne fino a quando non se n'� andata di casa."
Lui si stringe ancora di pi� nelle spalle e Karen si chiede se � il pensiero della
figlia a farlo muovere come lei.
"Fai domande concrete," ricorda a se stessa "altrimenti non ti risponde".
"Ci ha detto che tu e Susanne litigavate molto. Per che cosa?"
"Be', per cosa si litiga di solito? Anche tu hai un matrimonio fallito alle
spalle..."
Per un attimo Karen si sente sprofondare e annaspa cercando un appiglio a cui
afferrarsi, poi si aggrappa con le unghie a qualcosa di ruvido, e torna in
superficie.
"Non � di me che stiamo parlando, ora" replica velocemente con il cuore che le
martella in gola e quasi soffoca le sue parole. "Potresti rispondere per favore?"
Lui la guarda rassegnato. "Litigavamo per tutto" dice. "Proprio per tutto."
Karen lo osserva. Jounas sembra essersi incantato e guarda fisso davanti a s�, con
occhi vacui. Poi scuote lentamente la testa e lei aspetta che prosegua.
"Litigavamo per dove abitare, per dove andare in vacanza e per Sigrid. In che
scuola mandarla, che attivit� farle fare nel tempo libero. E per i soldi. E per il
mio lavoro, soprattutto per il mio lavoro. O meglio, per la carriera che avevo
scelto."
Sembra riflettere su ci� che le ha appena detto. Poi scoppia a ridere. "No, Susanne
non aveva certo immaginato di diventare la moglie di uno sbirro quando si � sposata
con uno Smeed. � chiaro che fosse arrabbiata."
Karen cerca di ricordare cos'ha sentito lei all'epoca. Erano stati in molti a
inarcare le sopracciglia e a restare sorpresi quando il figlio di Axel Smeed aveva
rifiutato di seguire le orme paterne per intraprendere invece la carriera di
poliziotto, molto meno lucrativa e poco conforme al suo rango. Ma dei pettegolezzi
che circolavano lei ha solo vaghi ricordi. Karen aveva concluso la scuola di
polizia nell'anno in cui lui iniziava. E da ragazzi non si conoscevano: lei era
cresciuta in campagna, lui in citt� a Dunker. Scuole diverse, compagnie diverse e
vite diverse anche se erano coetanei. Sicuramente saranno stati a qualche festa
nello stesso momento, e anche se Karen non se lo ricorda, magari le loro strade si
sono incrociate in qualcuno dei bar e dei club che chiudevano un occhio sui limiti
d'et�. La citt� non era poi cos� grande.
Ma anche se Jounas le era solo passato accanto, a quei tempi sulle isole Dogger
tutti sapevano chi fosse. Axel Smeed e suo fratello Ragnar avevano amministrato
molto bene l'eredit� del padre. Entrambi i fratelli in pratica avevano moltiplicato
il loro patrimonio: Axel investendo in terreni e in beni immobili e Ragnar con il
suo studio da avvocato. L'impegno politico di Ragnar e un paio di mandati in
parlamento avevano infine dato il loro contributo: gli ostacoli che non potevano
essere superati sfruttando scappatoie legali, potevano sempre essere aggirati con
altrettanta abilit� grazie ad amicizie influenti in ambito politico o in quello
giuridico. Molti sostenevano che la famiglia Smeed possedesse un terzo di Heim� e
mezza Frisel. Karen ricorda ancora ci� che diceva sempre suo padre: "Quello che gli
Smeed non hanno oggi, cercheranno di rubarlo domani". E si ricorda anche quanto lui
fosse malignamente felice quando al telefono le aveva annunciato che il figlio di
Axel Smeed aveva iniziato la scuola di polizia. "Diventer� uno sbirro come te,
Karen. E comunque non � certo meglio di te, il figlio di Smeed."
Ma perch� Susanne avrebbe dovuto sorprendersi per la carriera scelta da Jounas: lui
doveva aver gi� concluso la scuola di polizia prima di incontrarla. Lei non ne era
al corrente?
Jounas risponde a questa domanda senza che ci sia bisogno di porgliela.
"In realt� ho intrapreso questo percorso un paio d'anni dopo la fine delle
superiori. Prima ho cambiato diversi corsi universitari senza avere un'idea precisa
di cosa volevo fare. La scelta di entrare in polizia � stata pi� che altro una mia
forma di ribellione nei confronti di mio padre. Diventare poliziotto era la cosa
pi� distante dai suoi piani che io potessi fare."
"Ha funzionato?"
"S�, direi di s�. Il vecchio ha minacciato di diseredarmi e tutto il resto. Il
problema per� � stato che nemmeno io mi sono divertito. Il periodo di formazione mi
� pure piaciuto, ma dopo..."
"Arrestare gli ubriaconi e sedare liti familiari" interviene Karen. "No, nemmeno io
mi sono divertita molto in quella fase."
"Comunque io ho resistito pi� di te: quasi due anni."
"S�, lo so."
"Ma poi me ne sono andato dall'isola."
Karen sussulta. Questo non lo sapeva. "E cos'hai fatto?"
"Vuoi la versione corta?"
Karen annuisce.
"Ho viaggiato in Sud America e poi negli Stati Uniti. Ho lavorato in nero in
diversi cantieri e bar della California, e gli ultimi sei mesi sono stato a New
York. � stato l� che pian piano mi sono ravveduto, rendendomi conto che alla lunga
non era cos� divertente vivere alla giornata. Perci� ho iniziato a pensare se non
era il caso di tornare a casa e sistemarmi in qualche modo. Ero semplicemente
stanco di non avere mai un soldo."
"E quindi hai deciso di fare il poliziotto. Che idea furba..."
Sorridono d'intesa per un istante.
"No, prima sono andato a umiliarmi di fronte a mio padre. Ho promesso di
dimenticare i miei progetti precedenti, e quindi gli anni alla scuola di polizia
sono passati sotto silenzio. A quanto pare per mio padre quelli erano pi�
imbarazzanti che bighellonare in Sud America e farmi le canne negli Stati Uniti.
Perci� mi sono iscritto all'universit� e ho iniziato a studiare giurisprudenza.
Pian piano mi hanno concesso di lavorare nello studio di mio zio, se promettevo di
completare gli studi e mettermi a disposizione del mio vecchio. In altre parole,
nepotismo puro e semplice. E mi hanno dato anche un bel po' di soldi e un signor
appartamento in Freygate, comprato da mio padre."
Jounas si alza di scatto e la guarda.
"Se dobbiamo continuare a rivangare questa merda devo bere qualcosa di alcolico.
Non c'� bisogno che te lo offra, vero?"
"No purtroppo" risponde lei con un sorriso. "Non posso certo bere in servizio
davanti al mio capo."
Lo dice in tono gentile, fa parte della sua tattica. Vuole sottolineare che �
consapevole che i ruoli attuali sono solo temporanei. Per la prima volta Jounas ha
iniziato spontaneamente a pronunciare pi� di due frasi di seguito e lei non vuole
rischiare che si chiuda di nuovo.
"Brava Eiken" ribatte lui.
Le sembra di vedere un mezzo sorriso sul suo viso prima che lui si volti ed esca
dalla stanza. Quando torna, Karen osserva con invidia il bicchiere appannato con le
bollicine che fanno la spuma intorno a due cubetti di ghiaccio e a una fetta di
limone: questa volta � di sicuro un gin tonic. Riesce quasi a sentire il profumo di
bacche di ginepro e a percepire il sapore amaro sulla lingua, quando Jounas ne beve
una bella sorsata. Insalata per pranzo, e ora questo. Quante settimane di vita sana
si � ripromessa di condurre, esattamente?
"Vai avanti" lo incalza. "Hai continuato a studiare giurisprudenza e a lavorare da
tuo zio. � stato allora che hai conosciuto Susanne?"
"Indovinato. Avevo alle spalle un paio d'anni di conformismo rassegnato, iniziavo
ad avvicinarmi ai trenta e avevo abbassato la guardia. � stato allora che Susanne
ha affondato gli artigli nell'unico figlio di Axel Smeed."
"Quindi tu eri solo una povera vittima... Prima di tuo padre e poi di Susanne?"
Jounas la guarda in cagnesco da sopra il bordo del bicchiere, ma prosegue.
"Piuttosto era lei a vedersi come una vittima" dice piano. "Cercava un avvocato e
ha trovato uno sbirro. Era tremendamente delusa, te lo dico io."
Sorride soddisfatto per la sua parafrasi della famosa poesia e Karen non riesce a
trattenersi dallo scoppiare a ridere. "Conosce i poeti nordici" pensa "o almeno si
ricorda qualcosa dai tempi della scuola".
"E come ha espresso la sua delusione?"
"Be', naturalmente la vita � diventata un inferno quando ho mollato giurisprudenza,
sei mesi dopo il matrimonio. Mi trovavo male da un bel po' e alla fine non ce l'ho
pi� fatta."
Jounas beve un sorso del suo drink e Karen aspetta che prosegua, in silenzio.
"Mio padre e Susanne facevano a gara a convincermi, volevano che ci ripensassi. Per
un certo periodo sono rimasti uniti nella loro battaglia, ma quando il vecchio ha
iniziato a minacciare di diseredarmi ancora una volta, lei si � infuriata anche con
lui. E poi mio padre mi ha comunicato freddamente che intendeva vendere
l'appartamento in Freygate e che noi avremmo dovuto andarcene."
"Nonostante la bambina piccola? Era davvero cos� rigido o voleva solo spaventarvi?"
"Be', era davvero tosto, ma lo capisco. Perch� avrebbe dovuto aiutarci
economicamente se io non volevo accontentarlo? In ogni caso a me non andava di
continuare giurisprudenza solo per compiacere lui o mia moglie. E poi ho sempre
sospettato che mio zio fosse felice di non avermi in ufficio. Non � mai stata
veramente la mia strada."
"Quindi hai deciso di tornare in polizia. Rimetterti l'uniforme..."
"S�, esatto. Ho lavorato sei mesi a Ravenby e poi un altro paio di mesi nella
pubblica sicurezza a Dunker, prima che si liberasse il posto da capo divisione. A
quei tempi si faceva molto in fretta a salire di grado, cazzo, ogni anno c'era una
riorganizzazione."
"Ma Susanne non era contenta lo stesso?"
"Scherzi? In un solo anno di matrimonio con me era passata da un appartamento di
sei stanze in Freygate a un trilocale a Odinswalla. E poi io avevo gettato alle
ortiche la prospettiva di una brillante carriera legale oltre alla possibilit� di
ereditare l'impero di mio padre. Non ci siamo quasi parlati per un anno intero."
"Per� siete rimasti sposati ancora a lungo."
"S�, almeno sulla carta. E in certi periodi andava abbastanza bene. Quando ho avuto
una promozione abbiamo traslocato in una villetta a schiera a Sande. Le cose erano
migliorate. Il problema era che per Susanne non era mai abbastanza. Non riusciva a
smetterla di parlare di ci� che avremmo potuto avere e del fatto che i miei non ci
invitavano mai a casa loro. Ma non voleva assolutamente divorziare. E io, be', io
pensavo che..."
"Che fosse comodo" pensa Karen.
"Io pensavo che avremmo potuto aspettare per il divorzio, almeno finch� Sigrid non
fosse stata un po' pi� grande. Anche se oggi mi chiedo se sia stata la decisione
giusta" dice rassegnato. "Tutti quei litigi l'hanno segnata duramente, temo. L'hai
vista anche tu" aggiunge, come se fosse sufficiente per spiegare cosa intende.
"Non c'� niente che non va in Sigrid" commenta Karen cauta, cosciente che ogni
parola potrebbe farlo alterare di nuovo. "Sembra un po' arrabbiata, ma forse non �
cos� strano."
""Un po' arrabbiata". Sei sicura di averla incontrata? Hai visto l'anello al naso?
Cazzo, sembra un toro!"
"Preferirei che parlassimo di Susanne. Cos'� successo dopo che vi siete separati?"
"Cosa vuoi sapere? Era una troia avida e calcolatrice. Non ti basta?"
Jounas si scola ci� che rimane del gin tonic, appoggia il bicchiere con un po'
troppa foga e guarda l'orologio da polso. Karen lo osserva con apparente calma: �
ben lontana dall'aver finito con le domande. Se non pu� ottenere, qui e ora, tutte
le risposte che le servono, sar� costretta a portarlo gi� in stazione e vorrebbe
davvero provare a evitarlo.
"Okay" riprende lanciandogli una rapida occhiata. "Ho capito che i rapporti tra te
e Susanne erano... gelidi. E secondo Sigrid non sono migliorati neanche dopo il
divorzio. Posso sapere perch� litigavate, dopo che vi siete lasciati?"
"Sempre per i soldi, ovvio" sibila lui. "Per Susanne era sempre una questione di
soldi. Pensava solo a quello, porca puttana."
Karen pensa alla casa della vittima confrontandola con quella dove si trova ora.
Due camere da letto, una libreria di laminato bianco e un divano dell'Ikea, a
Langevik. Era pulita e ben tenuta, ma distante anni luce da questa villa
mastodontica a Thingwalla, con i suoi tappeti autentici, le costose opere d'arte e
la piscina. Il suo sguardo vaga nel soggiorno e rivela ci� che sta pensando.
"Accordo prematrimoniale" dice secco Jounas. "� la cosa pi� giusta: uno si porta
via solo quello che aveva prima. Nient'altro."
"E lei era d'accordo? Nessuna obiezione?"
"Be', non ha avuto scelta. E nemmeno io, se volevamo un posto in cui vivere. E ne
avevamo bisogno, con un bambino in arrivo. � stata un'idea di mio padre, fin
dall'inizio: senza accordo prematrimoniale niente appartamento, niente
mantenimento, niente lavoro. Certo, io avrei potuto strapparlo, dopo, quando ho
troncato con il vecchio. Dio solo sa quanto se n'� lamentata Susanne. Ma... be',
non avevo nessuna voglia di andarle incontro. Volevo farla impazzire."
"E quando vi siete separati..."
"...non ha ottenuto niente di niente, a parte i pochi oggetti comprati durante il
matrimonio. Per� prendeva dei soldi tutti i mesi, ed erano un bel po', te lo
garantisco. E glieli davo spontaneamente, finch� Sigrid ha vissuto con lei, perci�
non ero proprio senza cuore. Era abbastanza denaro perch� Sigrid avesse un tenore
di vita accettabile anche durante le settimane in cui non stava da me. Ma, da vero
idiota, non ho mai controllato cosa ne facesse Susanne."
"Perch�, come lo spendeva?"
Jounas sbuffa e allarga le braccia facendo tintinnare il ghiaccio nel bicchiere.
"Be', che ne so. In pedicure, vestiti, liposuzioni e tutte le stronzate che
interessano a voi donne. E faceva pure un sacco di viaggi: Thailandia, New York,
Spagna. Cazzo, penso che sia andata addirittura in Turchia."
"E comprava scarpe" pensa Karen.
"E la casa a Langevik allora, come l'ha avuta?"
"Quella era dei suoi genitori. La madre era gi� morta quando ci siamo conosciuti,
ma suo padre ha vissuto l� fino a poco prima del nostro divorzio, quando � finito
in ospedale. Perci� � rimasta vuota al momento opportuno, Susanne ha dovuto solo
trasferirsi."
"Il momento opportuno per entrambi" pensa Karen stupita per la capacit� di Jounas
di far suonare ogni parola che pronuncia su Susanne come un'accusa, diretta o
indiretta. Nemmeno ora che � morta riesce a trattenere il suo disprezzo.
"Quindi suo padre l'hanno ricoverato in ospedale. � morto l�?"
Jounas si stringe nelle spalle e sembra perdere interesse. "Be', a quanto pare
beveva parecchio e il fegato alla fine ha ceduto. Ma non so quasi niente dei suoi
genitori, non voleva mai parlare di loro. Presumo che nemmeno loro avessero
soddisfatto le sue aspettative."
"Ancora una domanda prima che me ne vada. Com'� possibile che siano state trovate
le tue impronte digitali a casa di Susanne? Secondo quelli della Scientifica ce ne
sono diverse piuttosto recenti in vari punti della casa."
Per un istante lei crede che stia per esplodere. O meglio, implodere, immagina
osservando il viso del suo capo che vira dal bianco al rosso. Poi lui scoppia in
una risata.
"Ah, adesso capisco, Eiken. Sei rimasta qui in agguato con questo bocconcino per
tutto il tempo. Ma non fartela addosso, non � cos� eccitante come speri."
"Limitati a rispondere, per piacere" dice lei stanca.
"Sono stato l�, ovvio. Meno di una settimana fa."
"Perch�? Niente di quello che hai dichiarato fa supporre che volessi vederla."
"Perch� mi ha telefonato dicendo di voler parlare di Sigrid, e che era importante.
Io avevo dei dubbi, ma lei ha insistito che dovevamo sforzarci di parlare di nostra
figlia senza litigare, che aveva scoperto qualcosa che la preoccupava. E in effetti
sembrava preoccupata, perci�..."
Tace.
"Perci� sei andato da lei?" domanda Karen scettica.
"S�" urla lui. "La preoccupazione per un figlio fa mettere da parte tutto il resto.
Ma tu che cazzo ne puoi sapere?"
Improvvisamente le ronzano le orecchie e le sembra di cadere nel vuoto. Poi il
ronzio si trasforma in un rombo vero e proprio, che confonde e allontana le parole
di Jounas.
"Ma posso spiegartelo io, Eiken. Per il bene di Sigrid sarei in grado di sopportare
cose ben peggiori di una discussione con una pazza furiosa. Perch� sua madre era
pazza, come al solito, te l'assicuro. Aveva da ridire come sempre sul fatto che
Sigrid dovrebbe farsi un'istruzione invece di lavorare al bar, e poi sosteneva che
il suo ragazzo non � adatto a lei. Secondo Susanne � un tipo losco, che ruba e si
droga e sa il cazzo cos'altro s'era immaginata. Perci� s� che le faceva comodo che
io fossi uno sbirro. Per poco non mi ha chiesto di emettere un mandato di ricerca
sul ragazzo, e naturalmente si � infuriata quando non le ho dato retta."
Karen � seduta a testa china con gli occhi chiusi. Il rombo cessa lentamente e il
suono della voce di Jounas ritorna.
"...quindi me ne sono andato e da allora non l'ho pi� vista n� sentita. E non l'ho
nemmeno ammazzata, anche se in varie occasioni ne ho avuto voglia, oltre che
motivo."
Lei rimane in silenzio ancora un po', pensando che non deve piangere, non ancora,
non prima di essere uscita da l�. Poi espira lentamente e si alza sulle gambe con
difficolt�. Deve uscire prima di scoppiare.
"Va bene" dice. "Allora vado."
"Basta cos�?"
"Basta cos�. Ci sentiamo."
Fa appena in tempo a varcare la soglia.
"Perlomeno lui non finge" pensa un quarto d'ora dopo, asciugandosi il mascara sotto
gli occhi con un tovagliolino di carta e girando la chiave nel quadro dell'auto. "E
non sa nulla di me" cerca di convincersi. "Non voleva dire niente di personale. Ma
rimane comunque una gran testa di cazzo" conclude, risentendo dentro di s� il tono
astioso che Jounas ha nei confronti della sua ex. La maggior parte della gente
evita di parlar male dei morti: in tutte le indagini a cui Karen ha partecipato,
anche i criminali pi� incalliti venivano descritti come docili agnellini quando
passavano a miglior vita. In effetti non riesce a ricordare proprio nessuno che
abbia espresso un cos� genuino disprezzo per un parente morto. Anzi, odio. Ma lui
pu� averla odiata a tal punto da andare in macchina da lei un'ultima volta e
ucciderla? Non crede, in quel caso sarebbe stato attento a non mostrare apertamente
la sua avversione per Susanne. In pi�, non � ancora saltato fuori un movente
preciso.
"E poi, purtroppo, so esattamente dov'era il bastardo, ieri mattina" pensa Karen
svoltando a destra in Valhallagate. Jounas, in via del tutto eccezionale, ha un
alibi a prova di bomba fino alle sette e venti del mattino. Ma dopo di allora?
Secondo le sue dichiarazioni non se n'� andato dall'albergo fino alle nove e mezzo,
due ore abbondanti dopo, "ancora mezzo ubriaco". Lei gli crede, ma deve cercare di
trovare una conferma, altrimenti sar� costretta a fornirgli lei stessa un alibi
parziale.
Jounas non aveva parlato con nessuno, a parte un vagabondo sul lungomare. "Be',
anche volendo," si dice lei "non avrebbe potuto trovare un testimone meno
affidabile, e meno rintracciabile".
E alla reception dell'albergo non c'era nessuno, proprio come quando era
sgattaiolata fuori lei. Questo non contribuisce n� a rafforzare n� a indebolire le
dichiarazioni di Jounas. Magari c'era stato qualcuno e lui non l'aveva visto. "Sar�
costretta a verificarlo, gi� oggi. Speriamo che qualcuno possa confermare la sua
versione" pensa. "Se tutto torna, possiamo scagionarlo e nessuno verr� a sapere
dove ha passato la notte, o con chi. Se lui se n'� andato dall'hotel all'ora che
dice, non pu� certo aver ucciso Susanne. D'altro canto," insinua una voce irritante
dentro di lei "se ha lasciato l'albergo subito dopo di me, potrebbe aver fatto in
tempo". Frena a un semaforo rosso e i suoi pensieri si interrompono.
Nello stesso istante sobbalza per lo squillo del cellulare. Rovista con una mano
nella borsa sul sedile del passeggero tenendo d'occhio il semaforo. Nell'ora
abbondante che ha passato a casa di Jounas, il telefono � squillato quattro volte e
lei ha rifiutato le chiamate non appena ha riconosciuto il numero: Jon Bergman.
L'addetto stampa ha fatto il suo lavoro e distolto i media da lei, ma Jon ha il suo
numero diretto. Ora lancia una rapida occhiata allo schermo, convinta di vedere
ancora una volta il numero del giornalista. Invece � quello di Karl, cos� preme
immediatamente sulla cornetta verde.
"Ciao Karl" risponde. "Novit�?"
Lui non perde tempo in convenevoli. "Puoi escludere Johannisen dal gruppo" dice in
tono fermo. "Ha avuto un infarto."

23.

Karen osserva la mensola pi� in alto nel capanno degli attrezzi in preda a un senso
di colpa.
La soddisfazione provata dopo aver sigillato le sette finestre del piano terra ha
lasciato il posto alla demoralizzazione: rimane ancora tutto il piano di sopra e
anche quest'inverno entrer� il freddo se non si mette al lavoro prima che sia
troppo tardi. Infilarci qualche striscia isolante non basta. Deve sganciare ogni
finestra, grattar via il colore vecchio dal telaio, dare la prima mano, lasciar
asciugare e poi dipingere con la pittura a olio blu.
Se non altro quella non manca. Per qualche motivo il suo defunto padre si era
sentito in dovere di accumulare una decina di grosse latte che sono l�
sull'attenti, intimidatorie, sopra la mensola di fronte a lei. Le doveva aver
barattate con qualcuno a cui erano capitate tra le mani le latte perch� "suo cugino
le aveva trovate in giro". Walter Eiken non poteva farsi scappare un'occasione del
genere. Stava sempre ben attento a non essere in prima fila quando un carico
"cadeva per caso dal cassone di un camion", ma cercava anche di non arrivare troppo
tardi. L'indole che Walter Eiken aveva ereditato dalla famiglia paterna, originaria
di Noor�, non era mai riuscita a cancellare il poco di onest� che aveva ereditato
dalla madre, insieme alla casa di Langevik e ai relativi diritti di pesca. Quel
briciolo di onest� era bastato a tenerlo dalla parte giusta della legge negli
ultimi quarant'anni della sua vita.
Ancora una volta Karen passa in rassegna le mensole, i cavalletti, le pareti e i
pavimenti senza trovare ci� che sta cercando. Se non � neppure qui deve averla
prestata a qualcuno. Ma a chi?
Con un sospiro di irritazione chiude la porta del capanno degli attrezzi e gira il
fermo di legno. Lentamente scende lungo il pendio e raccoglie il rastrello che �
disteso sull'erba.
Rimane in piedi tenendolo in mano e lascia vagare lo sguardo sul suo terreno.
Osserva ogni edificio con l'espressione che una madre ha nei confronti di un figlio
irrequieto. Quanta tenerezza, quanto amore - quante preoccupazioni. C'� un sacco di
roba a cui dovrebbe mettere mano. Sotto la finestra della cucina giacciono
frammenti di ardesia e lei sa fin troppo bene che nel punto in cui si � staccata
una delle lastre presto cederanno anche le altre. Da qui non lo vede, ma purtroppo
ha in mente che aspetto ha il lato nord della casetta degli ospiti, e sa anche che
aspetto dovrebbe avere.
Si avvia con calma verso la casa, approfittandone per pizzicare un grappolo del
sorbo fuori dalla finestra della cucina e studiarne la sfumatura. "� ancora presto,
ma appena arriveranno le prime gelate preparer� qualche bottiglia di amaro. � il
massimo che posso fare. Tutto il resto di quello che dovrei raccogliere, secondo le
accurate indicazioni della nonna, rimarr� in ciclo. Gramigna, felce dolce, borsa
del pastore, fungo del pane, ravastrello, rosa canina".
Interrompe i suoi pensieri e lancia un'occhiata al cespuglio di rose sul fianco
della casetta degli ospiti. Forse dovrebbe raccoglierle, almeno le rose canine.
Cosa ci vorr� mai a metterne qualche manciata in pentola e farle bollire? Il resto
si pu� essiccare. Magari il prossimo fine settimana.
Karen appoggia il rastrello al sorbo. Non c'� motivo di metterlo nel capanno prima
che le foglie abbiano finito di cadere. E poi � utile per radunare il sorgo. Ma di
quello se ne occuper� pi� avanti. Ora deve andare in giro a suonare campanelli,
chiedendo "� a te che ho prestato la mia sega?".
Per senso del dovere, sfrega gli stivali contro la grata sulle scale prima di
aprire la porta e constatare con un profondo sospiro che i cardini hanno bisogno di
essere oliati.
Mentre la macchina del caff� emette gli ultimi sbuffi, Karen osserva il pacchetto
piatto sul tavolo della cucina. Non andr� a caccia di quella maledetta sega,
stasera. Non la vede da talmente tanto che potrebbe essere ovunque. Forse sarebbe
meglio passare da Gren� domani, tornando dal lavoro, e comprarne una nuova. Fa un
po' freddo, ma finch� non monter� la gattaiola deve sopportare di tenere la
finestra della cucina socchiusa.
"Dovrei almeno aprire il pacchetto e vedere com'� fatta" pensa. "Misurare subito
dove va messa esattamente e capire come montarla. O addirittura scendere in cantina
a cercare quella cazzo di sega".
Il pensiero � talmente sgradevole che piuttosto riflette se sia il caso di
telefonare a sua madre. Farle la sorpresa di una chiamata fuori programma, oltre a
quella obbligatoria del sabato mattina. Essere una figlia migliore di quanto sia
stata negli ultimi...
L'istante successivo � colpita da un'idea lampante e assurda allo stesso tempo.
Perch� non ci ha pensato prima? Raccoglie in fretta il pacchetto della gattaiola,
riempie una tazza di caff� con una spruzzata di latte, si siede al tavolo e afferra
il cellulare.
"� successo qualcosa?"
La voce di Eleanor � cos� tesa, quando risponde, che Karen si sente in colpa. �
talmente impensabile che lei si faccia sentire di sua spontanea volont� che sua
madre si insospettisce immediatamente.
"No, no" la rassicura. "Volevo solo chiederti se sai..." D'istinto tace sul reale
motivo della telefonata e cerca in fretta un'alternativa. Qualcosa per cui una
brava figlia chiamerebbe sua madre.
"...cosa fare con le rose canine."
Qualche attimo di silenzio prima che Eleanor parli di nuovo.
"Le rose canine?" ripete scettica. "Vuoi sapere cosa farci?"
"S�... non mi ricordo se bisogna pulire le bacche o se bisogna farle bollire con
ancora la peluria e i semi."
"E per saperlo chiami la tua vecchia madre invece di guardare su internet?"
La voce all'altro capo � talmente divertita che Karen quasi si pente di averla
chiamata. Con un orrendo automatismo risponde in tono imbronciato, un'eco della sua
adolescenza: "Be', scusa se te lo chiedo".
Eleanor Eiken ride di cuore, sollevata per i duemila chilometri che la separano dai
suoi quarant'anni da casalinga. Poi si schiarisce la voce e assume un tono pi�
materno.
"Puoi fare in entrambi i modi, ma se non le pulisci poi dovrai filtrare la
composta. Usa quel colino a maglie fini appeso all'interno della porta della
dispensa. Quello che non ci sta nei cassetti."
"Oh bene, allora lo so. E per il resto? Come state tu e... Harry? Nessun nuovo
acciacco?"
Karen ringrazia il cielo di essersi ricordata il nome. Non sono ancora stati
presentati, ma � questione di poco prima che Eleanor si palesi sulla porta di casa
a Langevik con il suo nuovo amico. Non c'� alcun dubbio che sua madre si sia
innamorata: Karen la sente parlare di Harry Lampard da quando l'anno scorso si �
trasferito nel condominio di sua propriet�, in Costa del Sol, in Spagna. Ora sembra
che passino tutto il loro tempo insieme.
"Da sabato scorso, intendi dire?" ride Eleanor. "No, in effetti no. Ma senti un
po', perch� non mi dici il vero motivo per cui hai chiamato? Sai com'�, conosco i
miei polli..."
Karen sospira e beve un sorso di caff�.
"Ti ricordi di Susanne Smeed?"
"Susanne? Certo che me la ricordo. Non � una persona simpatica, se vuoi la mia
opinione. Non ne sento la mancanza, qui. Perch� me lo chiedi?"
"� morta un paio di giorni fa."
Qualche secondo di silenzio.
"Ma che cosa dici? Non era tanto pi� vecchia di te."
"Tre anni pi� giovane, in effetti."
"� terribile, e io che stavo parlando male di una morta. Cancro? Suo padre l'ha
avuto, al fegato mi pare. O..." Eleanor abbassa la voce. "Si � suicidata?"
"Perch� mi fai questa domanda?"
"Be', anche quella � una caratteristica di famiglia, sai. La madre di Susanne era
un'anima inquieta e dicono che si sia uccisa. Ma non lo so per certo, ovvio. I
Lindgren non hanno mai fatto parte della comunit�. Erano forestieri."
Karen fa un respiro profondo.
"Susanne � stata assassinata" dice.
Eleanor non ama gli scandali, eppure avverte che il suo respiro accelera. Quando
parla, la voce le trema un po'. "� stato il figlio di Smeed?"
Karen rimane un attimo in silenzio. Poi le rivolge la domanda nel tono pi� neutro
possibile: "Perch� hai pensato proprio a lui?".
"Be', erano sempre in lite, volenti o nolenti lo sapevamo tutti. Tuo padre
sosteneva che non doveva essere facile vivere con uno Smeed, ma ti garantisco che
non era certo una passeggiata nemmeno essere il marito della cara Susanne. C'�
sempre stato qualcosa che non andava in quella ragazza, e adesso � morta. Ho
pensato che Jounas alla fine ne avesse avuto abbastanza, semplice."
"Sono divorziati da quasi dieci anni."
"Ah gi�, hai ragione, che stupida sono. Ma chi � stato allora, lo sapete?"
Karen decide di far finta di credere che sua madre si sia davvero confusa. "Non
ancora. Ma � solo questione di tempo" aggiunge, rimpiangendo di non avere quel
briciolo di convinzione in pi� nella voce. "In questo momento stiamo cercando di
ricostruire a grandi linee la vita di Susanne. � per questo che mi chiedevo cosa
puoi dirmi. Tu eri sempre al corrente di tutto qui in paese."
"Eh no, bimba mia, non sono mai stata una pettegola" replica Eleanor in tono
pungente.
"Volevo solo dire che hai vissuto qui per tanto tempo e conosci tutti. Avrai
conosciuto anche i genitori di Susanne, no?"
"Certo. Tutti sapevano chi fossero i Lindgren. Ma non � la stessa cosa di
conoscerli. Erano un po' strani. Venivano da fuori e... be', lo sai come funziona."
"Da fuori? Da dove arrivavano?"
"Dalla Svezia, ovvio. Ma la madre di Susanne era la nipote di Vetle Gr��, ti
ricordi di lui, no? No, certo che no, ma ne avrai sicuramente sentito parlare:
aveva un sacco di terreni. Boschi e pascoli. Be', comunque hanno ereditato la
propriet� del vecchio, perci� in un certo senso erano di qui, altrimenti non
sarebbero mai stati accettati. E di cosa vivessero non l'ho mai capito. N� di
bestiame, n� di pesca, comunque."
"E perch� sono venuti proprio qui?"
"Eh, i primi anni abitavano su a Lothorpsg�rden, se non ricordo male. Non solo i
Lindgren, ce n'erano altri che si sono trasferiti qui per tentare la fortuna. Ma
solo i Lindgren sono rimasti."
Quelle parole fanno riaffiorare in superficie i suoi ricordi d'infanzia. Tra i
bambini di Langevik le voci sulla setta di Lothorp erano sopravvissute a lungo. Da
piccola, Karen, affascinata e impaurita allo stesso tempo, aveva ascoltato le
storie fantasiose degli amici pi� grandi, su cos'era successo lass�: riti segreti e
bambini sacrificati agli d�i. E poi la storia pi� spaventosa: tutti quelli della
setta erano morti e adesso apparivano come fantasmi.
Da adulta � pi� che altro sorpresa. Perch� diamine Langevik dovrebbe attirare dei
"cercatori di fortuna"? Perch� qualcuno dovrebbe trasferirsi qui di sua spontanea
volont�?
"Ma � successo tutto quando noi abitavamo ancora a Noor�. Quando siamo venuti a
Langevik quei contadini della domenica si erano arresi da un bel po'" dice Eleanor.
"Naturalmente" pensa Karen. Anche se lei si considera nativa di Langevik, non �
proprio cos�: i primi anni la sua famiglia viveva sull'isola di Noor�, dove suo
padre era nato, sulla costa occidentale tormentata dai venti. Non ha molti ricordi
di quell'epoca: tutto ci� che sa si basa sui racconti di sua madre.
Solo quando Walter Eiken, in qualit� di figlio maggiore, aveva ereditato la casa
dei nonni materni a Langevik, sua moglie aveva colto l'occasione per lasciare
quell'odiosa isola una volta per tutte. Eleanor Eiken, nata Wood, non aveva niente
in contrario a rovinarsi le mani pulendo il pesce, o a dedicare le serate a
riparare reti mangiucchiate, anche se era figlia di un medico di Ravenby. Era il
miscuglio ipocrita di illegalit� e sacralit� degli abitanti di Noor� che non aveva
mai sopportato. Eleanor non era una criminale, n� era particolarmente religiosa, e
non voleva nemmeno che sua figlia lo fosse. Porre una rassicurante distanza tra lei
e la famiglia di suo marito avrebbe migliorato notevolmente la loro qualit� di
vita. Soprattutto la suocera sarebbe risultata molto pi� simpatica, da lontano. E
anche se il clima sulla costa orientale di Heim� spesso era duro, non era
paragonabile a quello della costa ovest del Nord di Noor�.
Aveva espresso tutto questo a suo marito, aggiungendo che se si fosse intestardito
a rimanere a Noor�, ora che finalmente avevano l'occasione di andarsene, allora
poteva pure cercarsi un'altra donna. E alla fine si erano trasferiti a Langevik,
forse perch� Walter aveva creduto a quell'ultimatum, o magari perch� voleva tentare
una nuova strada. Era il 1972 e Karen aveva tre anni. La comune su a Lothorpsg�rden
era ormai solo una storia di fantasmi tra i bambini della zona.
Per questo non sanno nulla dei primi anni dei Lindgren a Langevik, ma sua madre
potr� pure raccontarle qualcosa su Susanne.
Quasi in risposta a questa tacita domanda, Eleanor dice: "Sinceramente non mi
ricordo molto di Susanne da bambina. C'erano un sacco di ragazzini in paese e non
avevamo certo il tempo di soffermarci su ognuno di loro. Ma immagino che fosse
difficile per lei, visto quello che pensava la gente dei suoi genitori. Sicuramente
tu ne sai pi� di me. Andavate alla stessa scuola".
"Era tre anni pi� piccola e abitava dall'altra parte del paese, non mi viene in
mente un granch�. E che cosa ricordi di lei da adulta?"
"Non molto, sai. Se n'� andata di casa e poi si � sposata con Smeed. In quegli anni
non si � proprio vista in giro. Per� parlavano di lei."
"E cosa dicevano?"
"Che si era sistemata. Era invidia, pi� che altro. Ma come ripetevano quando ero
giovane: "Sposare un ricco pu� costarti caro". Be', forse dovremmo ascoltare di pi�
i vecchi proverbi" commenta Eleanor scoppiando a ridere. "Non che Harry sia
ricchissimo, non volevo certo intendere questo. Be', e nemmeno che stiamo pensando
di sposarci..."
Karen si accorge che sua madre � nervosa e ha cominciato a parlare a vanvera. Un
istante dopo ammutolisce, come se all'improvviso si fosse resa conto che il suo
tono leggero contrastava con l'argomento della conversazione.
"E quando hanno divorziato e lei � tornata era il periodo in cui � successo tutto
il resto... Avevamo gi� abbastanza a cui badare, allora. Be', lo sai anche tu"
aggiunge.
"S�," pensa Karen "lo so benissimo".

24.

Quando tornano a sedersi in sala riunioni, l'atmosfera � abbacchiata. Parlando al


telefono con la moglie di Johannisen, ieri sera Karen ha avuto conferma che non si
� trattato di infarto ma di un grave attacco di angina pectoris. I medici hanno
ordinato riposo e prescritto un trattamento farmacologico. Ora Evald sta
relativamente bene, a detta della moglie. "Proprio come Harald Steen," pensa Karen
"ma Johannisen dev'essere almeno vent'anni pi� giovane".
Quando mezz'ora fa ha informato Viggo Haugen della malattia di Johannisen e della
sua futura assenza, lui ha assunto un'aria ancor pi� preoccupata del solito.
"Non sarebbe potuto capitare in un momento peggiore, ma possiamo chiedere altri
agenti in prestito."
"Be', magari riprender� in considerazione l'offerta, ma in questa situazione non
sarebbe di molto aiuto avere un sacco di gente che corre di qua e di l�."
Era preparata ai suoi tentativi di convincerla ad allargare il gruppo, invece �
rimasta sorpresa della ragionevolezza di Haugen.
"S�, del resto sei tu a comandare" ha ribadito. "� una tua responsabilit�, Eiken."
La spiegazione � giunta un quarto d'ora dopo, quando l'addetto stampa Johan Stolt �
venuto a cercarla in dipartimento.
A quanto pareva, la conferenza stampa era stata una delusione per tutte le parti
coinvolte. Dopo l'iniziale descrizione dei fatti e qualche isolata domanda a cui
non era stato possibile rispondere, l'interesse dei media nei confronti del capo
della polizia era scemato. C'erano state pungenti critiche al fatto che
all'incontro non fosse presente nessuno con una visione operativa. I giornalisti
erano usciti dalla sala borbottando e, delusi, avevano lanciato i loro
lasciapassare sul banco della portineria. Quella roba l'avrebbero potuta scoprire
anche da un comunicato stampa e invece avevano saltato la pausa pranzo senza
ottenere un cazzo.
"Devi prepararti a qualche contatto con i media" le ha detto Johan Stolt con
un'espressione rassegnata sul viso.
Lei l'ha studiato scettica, non solo per via della sua giacca doppiopetto di tweed
a quadretti.
"Io? Ma Haugen � stato chiarissimo nel dirmi che non devo assolutamente proferir
parola."
"Be', adesso ha cambiato idea. Cercher� di occuparmene soprattutto io, perci�
dobbiamo essere d'accordo su quello che diremo. Ma se ci saranno altre conferenze
stampa, pare che dovrai intervenire tu. Hai qualche tipo di formazione in merito
alla comunicazione coi media?"
Per il momento, il capo si � ritirato per leccarsi le ferite dopo quel disastro, ma
� una proroga temporanea. "Mi sostituir�" pensa Karen. "Se non risolviamo questo
caso in fretta, Viggo Haugen affider� le indagini a qualcun altro e io sar� il
capro espiatorio".
Karen si ferma sulla soglia della sala riunioni e guarda il tavolo intorno al quale
sono seduti i membri del gruppo investigativo e l'addetto stampa. Dopo qualche
istante di esitazione oltrepassa la sedia sul lato lungo dove si � seduta ieri e
stamattina.
"� una mia responsabilit�, � la mia indagine" ripete a se stessa, mettendosi a
capotavola.
"Ci siamo tutti?" dice lasciando scorrere lo sguardo sui presenti. "Cornelis, puoi
chiudere la porta?"
Cornelis Loots esegue e si siede accanto ad Astrid. Entrambi guardano Karen con
attenzione, mentre Karl giocherella con la tazza e il thermos. Anche oggi sul
tavolo c'� un piatto con dei panini raffermi. "Prosciutto cotto e peperoni,
stavolta" osserva Karen con un brivido, mentre Karl si versa un rivolo di caff�
annacquato.
Riassume brevemente le informazioni ricevute dalla moglie di Evald, sperando di non
lasciar trapelare il sollievo che prova all'idea di non doverlo vedere per un po'.
"Mi manterr� in contatto con la moglie di Johannisen. Ha promesso di tenermi
aggiornata sulle sue condizioni di salute, ma non sar� operato prima di domani, se
non sopraggiungono urgenze."
"Forse potremmo mandargli dei fiori" suggerisce Astrid.
Karen sospira in silenzio: perch� non ci ha pensato lei?
"Buona idea, sar� il primo incarico di Bj�rn Lange" dice, facendo un cenno a
Cornelis che prende nota obbediente. "Assicurati che compri qualcosa di bello, e
anche un biglietto, cos� lo firmiamo tutti."
Poi si rivolge a Johan Stolt. Ha concesso all'addetto stampa di partecipare a
questa riunione, ma da qui in poi verr� solo se ci sar� bisogno di lui o se saranno
fatti passi in avanti decisivi.
"C'� qualcosa che dobbiamo sapere, riguardo alla conferenza stampa?" gli chiede.
"Direi di no. Il capo ha riepilogato l'accaduto e non c'era molto altro da
aggiungere. Ci sono state le domande di rito: com'� successo, che arma � stata
usata, se Jounas Smeed � tra i sospettati e se ce ne sono altri..."
"E voi cos'avete risposto?" chiede Karl.
Johan sospira rassegnato e sorride. "Che purtroppo non possiamo rispondere perch�
le indagini sono in corso, ovviamente. Ma sembra che questo non abbia impedito ai
giornalisti di cercare informazioni in altri modi. Ho chiamato Smeed per tutto il
giorno per sentire se avesse ricevuto visite da qualche giornalista, ma non l'ho
trovato. Forse dovremmo avvertire anche la figlia, se non � gi� stato fatto. Ma �
meglio andarci cauti" aggiunge Stolt. "Non deve sembrare che vogliamo mettere il
bavaglio a chiunque non faccia parte del corpo di polizia."
"Ho gi� parlato io con Jounas" interviene Karen. "E lui conosce benissimo le regole
del gioco. Non ho avvertito la figlia, ma non mi sembra un tipo particolarmente
loquace, anzi non � proprio tipo da concedere un'intervista a cuore aperto."
"Potrebbe aver bisogno di soldi..."
"Certo, e in quel caso non possiamo impedirglielo. Ma forse dovremmo avvertirla,
per il suo bene, in modo che non rimanga sconvolta. C'� il rischio che si piazzino
sulle scale di casa sua se sono disperati. Puoi darle un colpo tu, Karl?
Possibilmente subito dopo la riunione."
Lui annuisce in silenzio.
"Okay, basta parlare di questo. Be', siccome Evald non c'� forse puoi raccontarci
tu della vostra visita a..." Karen consulta i suoi appunti "...alla casa di riposo
Solg�rden" dice rivolgendosi ad Astrid.
Senza incespicare, Astrid riferisce dell'incontro che lei ed Evald hanno avuto con
la direttrice della Solg�rden, Gunilla Moen, la quale ha raccontato che Susanne
lavorava alla casa di riposo come assistente amministrativa da quasi quattro anni,
occupandosi soprattutto di stipendi e gestione delle fatture d'acquisto. A suo
dire, in passato Susanne aveva lavorato come segretaria presso uno studio di
architetti, ma era stata costretta a licenziarsi quando si erano trasferiti in Gran
Bretagna. Per� la direttrice non ne era proprio sicura, poich� lei stessa era
arrivata alla Solg�rden da poco pi� di un anno e aveva "ereditato" Susanne Smeed,
secondo le sue testuali parole.
"Secondo me ed Evald � evidente che Susanne non le piaceva, ma � stato impossibile
farle dire qualcosa di negativo" dice Astrid. "Comunque era sconvolta per
l'accaduto, quindi in generale � stato difficile cavarle delle informazioni."
"Avete parlato con qualcun altro, oltre a lei?"
"S�, con qualche assistente, ma sembra che non avessero molti contatti diretti con
Susanne. Pare che lei stesse piuttosto sulle sue, c'� chi ha lasciato proprio
intendere che lei si riteneva "superiore" e non voleva frequentare chi lavorava nei
reparti. D'altro canto sembra che non frequentasse nemmeno Gunilla Moen o gli altri
colleghi della direzione."
"Dobbiamo tornarci" pensa Karen. "Qualcuno dovr� pur avere qualcosa da dire su di
lei. Astrid ha descritto i fatti: dalla storia lavorativa fino alle assenze per
malattia, ma sarebbe stato utile sentire anche l'impressione di Johannisen. Sar�
pure uno stronzo, ma � comunque un poliziotto esperto e un tipo scaltro" ammette,
ringraziando Astrid.
Ora si rivolge a Cornelis.
"E la Scientifica cos'ha scoperto?"
"Sembra che Harald Steen abbia ragione sulla macchina. Il motorino d'avviamento �
in condizioni pietose, perci� pu� essere stata davvero l'auto di Susanne quella che
hanno sentito lui e la sua assistente familiare."
"Okay" dice Karl. "Quindi Susanne � stata uccisa tra le otto e un quarto circa,
quando tu, Karen, sei passata di l� e l'hai vista, e un paio di minuti prima delle
dieci, quando il vecchio Steen ha sentito la macchina di Susanne allontanarsi."
"S�, quadra perfettamente con l'ipotesi di Brodal" conferma Karen. "C'� altro?"
Si rivolge di nuovo a Cornelis che d� una scorsa ai suoi appunti e poi rialza gli
occhi.
"S�, un bel po', in effetti. Non abbiamo trovato nessun computer, per� c'erano la
scatola e lo scontrino di un portatile HP, acquistato pi� di tre anni fa. Questo fa
pensare che probabilmente il colpevole se l'� portato via, anche se tre anni ormai
sono troppi per un computer."
"Forse non si � accorto di quanto fosse vecchio?" suggerisce Astrid.
"E niente cellulare, ancora?"
"No, ma c'era il caricatore di un Samsung sul tavolino dell'ingresso. E adesso
arriva il bello: tramite la triangolazione il cellulare di lavoro di Susanne �
stato rilevato appena a nord di Moerbeck. L'ho appena saputo dai tecnici
informatici."
Cornelis si guarda intorno pieno d'aspettative ma � accolto solo da espressioni
rassegnate.
"Tu sei di Noor�, vero?" dice Karl Bj�rken.
"S�..." ammette lui esitante, come se la risposta rischiasse di metterlo nei guai.
Cornelis Loots � nato e cresciuto nella pi� settentrionale delle isole
doggerlandesi, ma a differenza di Karl si � trasferito nella capitale, sull'isola
di Heim�, appena sei mesi fa, dopo la nomina ad agente della polizia criminale. Ci
era voluta un'opera di convincimento di quasi tre settimane, un sacco di trattative
e la promessa di festeggiare Pasqua, il solstizio d'estate e il Natale dai suoceri
perch� sua moglie Lise acconsentisse a traslocare.
"Massimo cinque anni. I nostri figli non cresceranno a Heim�" aveva detto lei.
Ma dopo soli due mesi nell'appartamento di Gaarda, con vista sullo smercio di droga
nel parco giochi sotto la finestra, Lise aveva scoperto di essere incinta e gli
aveva dato un altro ultimatum.
"O compriamo una casa da qualche parte, oppure torno da dove sono venuta."
Due stanze al primo piano e due al piano terra, a Sande, su un terreno rivolto a
sud, avrebbero inghiottito l'aumento di stipendio dovuto alla promozione di
Cornelis, e reso impossibile risparmiare, ma Lise era soddisfatta. E ogni sera, sul
divano, quando Cornelis vede sua moglie che tiene in equilibrio la tazza di t� sul
gigantesco pancione con espressione soddisfatta, sa che questo vale ogni scellino.
Confuso, fa scorrere lo sguardo sui visi dei colleghi.
"Un paio di chilometri a nord di Moerbeck c'� una grossa cava di ghiaia" spiega
Karen. "Una cava profonda, attualmente piena d'acqua" aggiunge.
"E se contro ogni aspettativa riescono a recuperare quel coso prima che si spenga,
� difficile che possiamo ricavarne qualcosa" continua Karl.
"Ma possiamo avere la lista delle chiamate dall'operatore, no?" dice Astrid.
Cornelis annuisce.
"La procuratrice ha inviato una richiesta e TelAB se la sta procurando."
"Oh cazzo, allora forse quegli scansafatiche muoveranno il culo entro un paio di
mesi" protesta Karl lanciando la penna, che attraversa il tavolo rotolando e cade
sul pavimento con un leggero tintinnio.
Nessuno dei presenti dice nulla, sanno che Karl ha ragione, anche se sta esagerando
un po'. TelAB non � una compagnia famosa per la sua sollecitudine o la prontezza a
collaborare.
"Dovremo stargli addosso" ordina Karen. "Qualcun altro ha qualcosa da dire?"
Solo teste che si scuotono, in risposta.
"Bene, allora concludiamo. Io ho un breve incontro di verifica con Viggo Haugen e
Dineke Vegen domattina presto, alle otto, ma non dovrebbe volerci pi� di mezz'ora.
Ci vediamo qui alle otto e mezzo. E chiamatemi se salta fuori qualcosa prima."

25.

� buio pesto e i fari delle auto vagano nell'ampio parcheggio, a caccia di posti
liberi. La temperatura � scesa bruscamente durante il giorno e il caldo quasi
estivo ha ceduto il passo a una pioggerellina gelida. I doggerlandesi impreparati
che durante il giorno hanno patito il freddo nei loro vestiti leggeri, sono corsi a
casa a tirar fuori dai ripostigli giubbotti e berretti.
Oltre le file di auto torreggiano gli edifici a forma di bunker del centro
commerciale Gren�. L� si trovano, oltre a due supermercati alimentari che si fanno
concorrenza, un grande magazzino del fai da te, un negozio di mobili, un vivaio e
le maggiori catene di abbigliamento. E anche l'obiettivo della visita di Karen. A
giudicare dal parcheggio al completo, sembra che la voglia di fare acquisti dei
doggerlandesi non abbia risentito del freddo e nemmeno dei festeggiamenti del fine
settimana appena trascorso. In effetti Karen non riesce a ricordarsi di essere mai
stata al Gren�, anche durante la settimana, senza trovare code alla cassa, bambini
urlanti e mascelle digrignate dietro a carrelli giganteschi. In questi posti si
combatte la versione moderna delle antiche battute di caccia grossa: gli eroi,
stanchi e sudati, ritornano trionfanti nel rifugio delle loro famiglie con il
bottino nel bagagliaio, come un trofeo. Il ruolo della selvaggina abbattuta �
interpretato dai sacchetti della spesa strapieni o, in caso di caccia fortunata, da
un televisore a schermo piatto possibilmente pi� grande di quello comprato dal
vicino il fine settimana precedente.
Dopo aver fatto due giri nel parcheggio, Karen finalmente scopre una Nissan che sta
facendo retromarcia per uscire. Con un'abilit� che il conducente dell'auto dietro a
lei probabilmente interpreta come maleducazione, frena di colpo e indietreggia alla
svelta di cinque metri per infilarsi in quell'agognato posto. Timorosa e combattiva
allo stesso tempo, si dirige a passo deciso verso il bunker pi� distante.
Mezz'ora pi� tardi � riuscita faticosamente a caricare il grosso scatolone sul
pianale e a rialzare la sponda con un colpo. Rabbrividisce e si mette al volante
sospirando pesantemente. Non sar� divertente tornare a casa con questo tempo, la
visibilit� � pessima e non appena uscir� dall'autostrada sar� impossibile evitare
le buche.
Non ha bisogno di ulteriori scuse, e si tende verso il portaoggetti. Lo sportello
oppone resistenza, ma lei fa il suo solito trucchetto con il polso e lo apre. Si
ricordava bene: c'� un pacchetto di sigarette nuovo che ha dimenticato di buttare.
Le ha comprate solo venerd� scorso? Sembra passata un'eternit�.
Senza grossi sforzi scaccia i sensi di colpa, si appoggia allo schienale e inspira
il fumo. Rimane seduta immobile al buio per alcuni minuti e osserva i nuovi fasci
di luce delle auto che passano alla ricerca di un posto libero. Un senzatetto
cammina rabbrividendo tra i clienti che hanno appena caricato i loro acquisti per
elemosinare il carrello con la moneta di cauzione, a caccia di qualche scellino per
una birra. La maggior parte delle persone pare felice di non dover riportare il
carrello, ma una donna sembra rifiutare. Karen osserva la discussione attraverso il
finestrino, come una pantomima, ma non le � difficile immaginare le imprecazioni
del senzatetto che si allontana mogio, con le spalle sollevate sotto il giubbotto
bagnato. La donna lo segue con lo sguardo finch� non � abbastanza distante e poi d�
una spinta al carrello, che rotola via fermandosi contro un lampione. Dopodich�
sale nella Mercedes e se ne va.
"Che stronza" mormora Karen. Fa un ultimo tiro, schiaccia il mozzicone e infila la
chiave nell'avviamento. Estrae un paio di sigarette dal pacchetto e le mette con
attenzione sul sedile.
Quando arriva accanto al senzatetto, abbassa il finestrino e gli fa cenno di
avvicinarsi. Gli tende una banconota da cinquanta marchi e il resto del pacchetto.
"Non andare in giro sotto la pioggia, ti viene una polmonite" dice con un brivido
quando lui la sfiora con la mano gelida.
Prima di uscire dal parcheggio lancia una rapida occhiata nello specchietto
retrovisore e, nel cassone, vede il lato superiore dello scatolone che spunta da
dietro gli schienali. Viggo Haugen probabilmente si infurier� quando vedr� la
fattura, ma lei � preparata a quella battaglia.

26.

Quarantacinque minuti dopo apre la porta dell'Haren och Kr�kan, accolta dal
familiare miscuglio di calore, brusio e odore di muffa. L'unico spaccio di bevande
alcoliche rimasto a Langevik questa sera � stranamente poco affollato. Ai tavoli ci
sono solo una ventina di avventori, ma al bancone del bar sono sedute le colonne
portanti del locale: secondo i tre habitu� sono proprio loro a costituire il
margine di guadagno che permette all'Haren och Kr�kan di restare aperto. Le tre
schiene appartengono a Egil Jenssen, Jaap Kloes e Odd Marklund, e i loro abbondanti
posteriori coprono per intero le sedie. Tutti e tre sono nativi del paese, e tutti
e tre un tempo lavoravano nell'industria ittica: Jenssen e Kloes erano pescatori di
merluzzi, mentre Marklund era caposquadra alla Lokefabrik, dove era responsabile
della sgusciatura e dell'impacchettamento dei gamberetti.
Karen esita un istante e poi va al bancone. Appena si siede accanto ai tre, �
costretta a sentire lamentele sullo sviluppo del paese, sulla chiusura di un altro
negozio, sull'invasione di colletti bianchi da Dunker, oltre ai soliti sfoghi di
Marklund sull'evoluzione della Lokefabrik e all'amara constatazione che oggigiorno
i gamberetti vengono mandati in Lettonia, Polonia e Tunisia per essere sgusciati e
messi in salamoia. Per�, questi tre gentiluomini dal culo grosso sono
un'inesauribile fonte di informazioni, e una volta tanto lei si trova qui solo per
captare i pettegolezzi di paese.
"Ciao Arild" dice tambureggiando con le mani sul bancone del bar. "Che novit�
entusiasmanti hai oggi in menu?"
Arild Rasmussen alza lo sguardo dal registratore di cassa con un'espressione
irritata sul viso. � chiaro che non apprezza l'ironia sul suo scarso assortimento.
Rasmussen non � certo impressionato dal fatto che i bar di Dunker vantino una
moltitudine di birre diverse. L'offerta dell'Haren och Kr�kan non ha risentito
dello sviluppo esplosivo dei birrifici locali degli ultimi anni, ma rispecchia
comunque la demografia doggerlandese di origine scandinava, britannica e olandese,
e secondo Rasmussen � pi� che sufficiente. I clienti dell'Haren och Kr�kan possono
scegliere tra Carlsberg, Heineken e Spitfire. O Bishops finger - mai tutte e due
insieme. I pochi che preferiscono il vino possono invece scegliere tra rosso e
bianco. Queste due possibilit� sono formulate da Arild Rasmussen con un tono di
voce talmente brusco che tutte le eventuali idee di sollevare domande spiacevoli su
paesi d'origine o annate vengono stroncate sul nascere. D'altro canto non sono in
molti ad andare all'Haren och Kr�kan per bere vino o mangiare, anche se Arild
Rasmussen in effetti sa improvvisare uno stufato d'agnello veramente buono.
Ha avuto la ricetta da sua moglie Reidun, che fino a otto anni prima lavorava in
cucina, da dove arrivavano un singolare miscuglio di canzoni di successo e colorite
imprecazioni. I coniugi Rasmussen avevano litigato ininterrottamente per tutti i
trentadue anni in cui avevano servito stufato d'agnello e birra all'Haren och
Kr�kan, talvolta cos� animatamente che il rumore di piatti infranti ed esclamazioni
come "brutta troia" o "vecchio maiale impotente", provenienti dalla cucina,
mettevano in imbarazzo gli ospiti, che sbirciavano l'orologio a disagio.
Eppure la gente del paese era preoccupata che Arild non ce l'avrebbe fatta a
gestire l'attivit� da solo quando Reidun, un giorno di maggio, aveva avuto un
ictus. L'ultimo pub del paese sarebbe andato incontro allo stesso destino del bar
del porto, l'Ankaret, che aveva chiuso?
Ma dopo l'ictus di Reidun, l'Haren och Kr�kan era rimasto chiuso solo undici
giorni. Un bel mattino, Arild aveva voltato il cartello e riaperto le porte, per�
con un menu molto meno ambizioso. Oltre allo stufato d'agnello, si poteva scegliere
tra piatti gi� pronti: crocchette di pesce con piselli e pur�, o hamburger con
patate fritte.
Si dice che Reidun dia ancora gli ordini dal suo letto nell'appartamento sopra al
locale, dove lei e Arild abitano, ma nessuno lo sa con certezza.
Comunque stiano le cose, gli spillatori all'Haren och Kr�kan sono sempre lustri e
il prezzo di una pinta � tuttora un paio di scellini pi� basso rispetto a Dunker.
Arild afferra un bicchiere da una pinta e inarca un sopracciglio. "Il solito?"
chiede con la mano sullo spillatore della Spitfire.
Karen annuisce. Invece di prendere il bicchiere e sprofondare nel suo posto
preferito a destra del camino, sposta uno sgabello e appende la borsa a un gancio
sotto il bancone. Arild Rasmussen tira fuori un sottobicchiere di cartone con il
logo della Shepherd Neames e ci appoggia sopra la pinta. Karen lo ringrazia e fa un
ampio sorriso. Ci sono solo due modi per far parlare Arild: fargli dei complimenti
oppure fargli bere uno o due bicchieri.
"Come hai apparecchiato bene" dice facendo un cenno verso i tavoli con le
tovagliette scozzesi a quadretti e dei portacandele di vetro verde.
"Ah, l'hai notato?" mormora Rasmussen. "Ho comprato qualcosa di nuovo per l'Oistra"
aggiunge cercando di nascondere un sorriso soddisfatto.
"Sta molto bene, davvero elegante" commenta Karen sorseggiando la schiuma.
I tre clienti abituali hanno ascoltato il loro breve scambio con malcelata
curiosit�. E ora Jaap Kloes si rivolge a Karen.
"Ah, quindi abbiamo un guardiano della legge in visita. O forse dobbiamo dire una
guardiana?"
Kloes, come suo solito, � riuscito a inserire pi� di un'insolenza nella stessa
frase. Ma Karen non se la prende: qui ci si costruisce la propria grandezza
sminuendo gli altri, � sempre stato cos�. E se si gratta via il gergo, in realt�,
non si trova questa gran malignit�.
"Be', da circa trent'anni ci chiamiamo poliziotti" risponde con un sorriso
dispiaciuto. "Ma capisco che per il signore sia difficile stare al passo con la
modernit�. Prima il diritto di voto e adesso le donne poliziotto, che fine faremo?"
Kloes mormora qualcosa e torna rapidamente alla sua birra mentre gli altri ridono
di gusto.
"Uno a zero" dice Odd. "Sei in forma stasera, ragazza mia. Come andr� a finire?"
"Stai tranquillo, non mi fermer� molto" replica lei. "Una o due birre e qualche
pettegolezzo. Ce la farete a resistere, no?"
"Ti riferisci agli Smeed?"
Karen annuisce e beve un altro sorso. Poi si pulisce la schiuma sul labbro con il
dorso della mano.
"Be', cosa potete dirmi di Susanne? Voglio sapere tutto."
Mezz'ora dopo i quattro hanno ricostruito un'immagine definitiva della donna. I tre
habitu� e il gestore del pub sono d'accordo nel loro giudizio: Susanne era
suscettibile e inacidita, e aveva la grande capacit� di litigare con chiunque le
stava intorno. Anche se Karen si irrita per il loro tono arrogante, deve concordare
che quella descrizione � una conferma delle sue stesse opinioni.
E forse Susanne era cos� anche da bambina e da giovane: Karen ha solo un vago
ricordo di lei a quei tempi. Una ragazzina con i capelli biondi che abitava
all'altro capo di Langevik. I loro tre anni di differenza erano stati un efficace
spartiacque, almeno agli occhi di Karen. Quando Susanne era in prima, Karen era gi�
alle medie, e mentre Susanne era alle medie Karen assaporava le gioie e le sfide
delle superiori: nuove materie, nuovi insegnanti e - soprattutto - i ragazzi delle
classi successive. Tutto con la vertiginosa sensazione di appartenere finalmente al
mondo degli adulti. I suoi pensieri erano stati completamente focalizzati sui suoi
fallimenti, sulla superiorit� altrui e sul chiedersi se piacesse o meno a Graham
della nona. Non aveva certo tempo per i bambinetti delle classi inferiori.
Anche se lei e Susanne erano cresciute a pochi chilometri l'una dall'altra, la
distanza tra loro era stata immensa e, per qualche ragione, non si era accorciata
nel corso degli anni. Si conoscevano di vista, si salutavano e scambiavano qualche
parola quando si incrociavano, ma niente pi�. Fino a quella volta, quattro anni fa.
Subito dopo che Jounas era stato nominato responsabile della divisione crimini,
Karen e Susanne si erano imbattute l'una nell'altra alla cassa del vivaio, un
giorno d'inizio aprile. Mentre la coda si muoveva con lentezza esasperante, era
stato impossibile non scambiare qualche parola. Mantenendo salda la presa sul
carrello carico di viole del pensiero, Susanne aveva risposto a monosillabi ai suoi
cortesi tentativi di fare conversazione. E poi, dopo una lunga pausa imbarazzante,
aveva detto: "Puoi approfittarne, Karen. A Jounas sono sempre piaciute le donne
che... be', i tipi come te".
Dopodich� aveva girato il carrello con la scusa di aver dimenticato qualcosa, ed
era tornata tra le file di talee e i sacchi di terriccio. Karen aveva pagato ed era
rientrata a casa con due prugni e la spiacevole sensazione di intuire a che tipo di
donna si riferisse Susanne.
L'unanime descrizione di Susanne Smeed dipinta all'Haren och Kr�kan questa sera �
che una volta era stata veramente un "bel bocconcino", ma che era anche permalosa,
vendicativa e inacidita, e con gli anni era diventata un tormento per chi la
circondava.
"Litigava proprio per tutto" dice Jaap. "Gli autobus fermi con il motore acceso, i
conti per la gestione delle strade, i limitatori di velocit� vicino alla scuola, i
figli dei vicini. E secondo mia moglie era cos� anche al lavoro: nessuno la
sopportava, n� gli infermieri, n� i responsabili. L'unica cosa che si pu� dire in
sua difesa � che se la prendeva sia con chi stava sopra sia con chi stava sotto di
lei. Una stronza bastarda, se mi concedete l'espressione."
"Prendete le sue proteste per la centrale eolica, per esempio" si intromette Egil.
"Tutti eravamo contrari all'inizio, ma la gente poi ha capito che bisognava
arrendersi."
"Soprattutto quelli che sono stati pagati bene in cambio dei loro terreni e hanno
potuto intascare una bella sommetta" pensa Karen, ma non dice niente.
"So che si � infuriata quando hanno tirato su quelle turbine" continua Kloes. "Il
suo terreno era quello pi� vicino. Ma cazzo, non la piantava mai! Un sacco di
lamentele, lettere ai giornali e al consiglio comunale. Davvero credeva che
avrebbero tirato gi� tutto dopo aver costruito? Solo perch� davano fastidio a lei?"
"Davvero tragico, in realt�. Una donnicciola da sola contro i proprietari dei
terreni e l'azienda elettrica. Non ha mai avuto la minima possibilit�" dice Odd
scuotendo la testa lentamente.
A differenza di Jenssen e Kloes, Marklund ha un tono di compatimento nella voce
quando parla di Susanne. Karen non si stupisce: Odd Marklund aveva gi� dato prova
di ragionevolezza e coraggio civile durante il suo primo lavoro estivo alla
pulitura gamberetti della Lokefiskeriet, dove lui era caposquadra. Al contrario
dello zelante capoturno che sorvegliava le operazioni di sgusciatura con occhio di
falco e che, con malcelato entusiasmo, chiedeva continui licenziamenti per
negligenza, Odd aveva accettato con filosofia i gamberetti puliti male.
Proprio per quello Karen non era rimasta sorpresa quando Marklund, qualche anno
dopo, era stato licenziato per i tagli al personale del grande consorzio di aziende
ittiche. I proprietari norvegesi avevano preteso che la fabbrica doggerlandese
fosse ottimizzata, ogni attimo di inattivit� dei macchinari era una minaccia per i
profitti. A cinquantasei anni, Odd era diventato superfluo.
"Lui sa benissimo cosa significhi combattere contro qualcosa di troppo grande e
infinitamente pi� potente" pensa Karen. Chi meglio di lui pu� immedesimarsi
nell'inutile guerra tra Susanne Smeed, da una parte, e l'azienda dell'energia
eolica Pegasus dall'altra?
Susanne non era certamente sola nella sua lotta: c'erano state molte altre velenose
battaglie negli ultimi anni. Circa venti anni fa, il governo aveva deliberato che,
per salvare l'economia e garantire lo sviluppo futuro, si potessero costruire
centrali eoliche per l'esportazione di energia elettrica nel Nord Europa. Il
dibattito aveva imperversato fino allo sfinimento.
E con il tempo l'opposizione, gli appelli e i blocchi erano cessati, man mano che i
proprietari di terreni vedevano il loro conto ingrossarsi in seguito a consistenti
pagamenti in cambio dei loro appezzamenti.
Certo, lo sviluppo aveva avuto il suo prezzo. L'avifauna era diminuita
drasticamente in molte zone delle isole, e si vociferava che l'azienda elettrica
avesse degli impiegati con il compito specifico di raccogliere le ali spezzate
degli uccelli marini da sotto le turbine. Ma erano in pochi a parlarne.
L'azienda per l'energia eolica guadagnava davvero un bel po' di soldi, ma grazie
alla propriet� parastatale lo sviluppo economico aveva subito una ripresa negli
ultimi vent'anni. E cos� la maggior parte della gente era disposta a chiudere un
occhio sul fatto che met� dei profitti finissero nelle tasche degli investitori.
"Susanne evidentemente non era della stessa idea" pensa Karen facendo cenno ad
Arild di spillare un'altra birra. Aveva letteralmente combattuto contro i mulini a
vento. Eppure, a giudicare da ci� che Karen ha appena sentito, nessuno dei suoi
terreni era coinvolto nella costruzione.
"Ha litigato con i proprietari degli altri terreni, dite? Credevo che la famiglia
di Susanne possedesse tutta la zona, su fino alla cresta."
"Quello, e anche molto altro. Tutta la cresta e un bel pezzo del bosco sull'altro
versante" dice Arild. "E sarebbe diventato tutto suo se suo padre non l'avesse
liquidato. � riuscito a vendere tutta l'eredit� di sua moglie, Per Lindgren. Un
ettaro dopo l'altro."
Arild asciuga l'esterno del bicchiere con uno strofinaccio di spugna e lo posa di
fronte a Karen.
"Gi�, ha cominciato presto, mentre la moglie era ancora viva" prosegue. "� cos� che
hanno sostenuto le spese di quella comune, come la chiamavano loro. Comunque, lass�
nel vecchio podere di Gr�� era tutta gentaglia."
Karen cerca di ricordare ci� che le ha detto sua madre e i racconti della sua
infanzia sul Lothorpsg�rden.
"Quei pazzi hanno resistito solo qualche anno, poi si sono dispersi in direzioni
diverse" aggiunge Egil Jenssen. "Ma i Lindgren sono rimasti e hanno continuato a
vendere terra poco alla volta invece di lavorare. Lindgren dipingeva quadri che
nessuno voleva comprare, ecco quello che ha fatto, fino all'ultimo. Come cazzo
avranno fatto a sopravvivere, la moglie e la piccola Susanne? Non avevano altre
entrate e in qualche maniera dovevano pur pagare cibo e vestiti, � per quello che
hanno venduto l'eredit�, un po' alla volta."
"Io stesso ho comprato una striscia del bosco che confinava con il mio. Dev'essere
stato nel '74 o forse nel '75 se non ricordo male. Davvero un buon affare,
lasciamelo dire."
Improvvisamente rianimato dai ricordi e dai pettegolezzi, Jaap Kloes sorride da un
angolo della bocca, solleva il bicchiere verso gli altri e poi beve a sorsi
profondi con l'espressione soddisfatta di un neonato che succhia il latte.
"Svedesi fuori di testa" continua dopo aver posato il bicchiere ed essersi
asciugato la bocca. "Vi ricordate di quando hanno comprato le oche? Pensavano di
poterle lasciare fuori tutto il giorno. La volpe se le � mangiate tutte la prima
estate. Ma sapete come si dice: puoi condirla con britannici, frisoni e
fiamminghi..."
"...ma la zuppa doggerlandese puzza sempre di Scandinavia" completa Karen con un
sorriso stanco.
Jaap ridacchia entusiasta.
"Ma no, c'erano anche britannici e olandesi in quella comune" dice Egil in tono
pungente girandosi poi verso Karen. "Pi� che altro sono sorpreso che siano rimasti
cos� a lungo. Tuo padre aveva scommesso che la comune si sarebbe arresa prima
dell'inverno. Cento scellini, ha puntato. Erano molti, all'epoca."
"Mio padre? Perch�?"
"Non era il solo, scommettevano tutti su di loro, gi� all'Ankaret. Harald Steen
faceva da allibratore. Ci sono state un sacco di storie su come dividersi i soldi,
quando si � visto che i Lindgren sarebbero rimasti. In che anno sono arrivati?
'69?"
"'70" lo corregge Kloes. "L'anno che � nato mio figlio minore. Mi ricordo di quando
sono arrivati con i loro berretti peruviani. Parlavano di coltivare senza
pesticidi, vivere dei frutti della terra e un sacco di altre stupidaggini.
Avrebbero condiviso tutto, dicevano."
"Quella strega di Anne-Marie Lindgren faceva impazzire mia moglie con le sue
lezioncine su come evitare i pesticidi e tingere con le piante e non so cos'altro"
aggiunge Jenssen. "Fumavano un sacco di marijuana, secondo me. No, non ho mai
capito cosa ci facessero qui."
"Neoruralismo" spiega Odd Marklund. "Sono stati in molti a venire qui in quegli
anni, soprattutto gi� a Frisel. Il ritorno alla natura. Dei contadini laggi� hanno
fatto un po' di soldi grazie a loro: hanno venduto terreni poco fertili e case a un
prezzo esagerato e li hanno ricomprati per molto meno quando quelli hanno capito
che la vita di campagna non era tanto facile. Non riuscivano a vivere di quel poco
che cavavano dal terreno."
"Gi�, i Lindgren per� non hanno dovuto comprare la terra. La moglie, Anne-Marie
credo che si chiamasse, aveva ereditato la propriet� del vecchio Gr��, che era suo
nonno. Ha preso tutto lei, anche se a quanto ne so non aveva mai messo piede
sull'isola prima di allora. Era un vecchio tirchio, Vetle Gr��, te lo ricordi,
Karen? Era gobbo, ma � andato in giro a ispezionare le sue propriet� fino al giorno
in cui � morto. Aveva due figli: uno � morto per il gran bere, e l'altro si �
sposato con una svedese, perci� si pu� ben capire perch� era cos� scontroso" dice
Jaap.
"Ah, il padre di Anne-Marie. E che fine ha fatto, questo secondo figlio?" domanda
Karen.
"Non � lui che � caduto da un cantiere a Malm� e si � ammazzato?" dice Odd
Marklund, ricevendo un trionfante cenno d'assenso in risposta.
"S�. Alla faccia delle loro meravigliose leggi sulla sicurezza sul lavoro. Il
vecchio Vetle non ha pi� voluto aver niente a che fare con i nostri vicini a est,
dopo quel fatto."
Karen scuote la testa. Certo che ha sentito parlare di Vetle Gr��. Proprio come ha
detto sua madre, � rimasto famoso ben oltre la sua morte. Ma a Karen non era mai
interessato sapere chi possedesse i terreni e chi fossero gli imbroglioni,
nell'interminabile sequenza di eredit�, vendite dettate dal bisogno e permute di
cui i suoi genitori parlavano intorno al tavolo della cucina. Ma che le propriet�
del vecchio Gr�� a Langevik fossero vaste, lo sapevano tutti in paese, vecchi e
giovani.
"Quindi la madre di Susanne era la nipote di Gr��" dice pensierosa. "E a Susanne
non � rimasto niente dell'eredit�, a parte la casa?"
"L'unico terreno rimasto � quello intorno alla vecchia casa in cui abitava Susanne,
quella in cui i Lindgren si sono trasferiti quando la comune si � sciolta. � stato
allora che hanno venduto il podere di Lothorp e i suoi terreni. E quello che �
avanzato, gli appezzamenti fino a Kvattle e il bosco, Per Lindgren li ha venduti
poco alla volta nel corso degli anni, perci� quando ha tirato le cuoia non aveva
nemmeno una striscia d'erba."
"Ma la comune" chiede Karen pensosa "quanto era grande esattamente? In quanti ci
vivevano?"
"Be', non sono mica andato l� a contarli" risponde Egil. "C'erano i Lindgren e
un'altra famiglia dalla Svezia. E poi una danese, mi pare. Credo che mia moglie ci
abbia parlato qualche volta e mi ha detto che le sembrava una con la testa a posto.
Era meglio degli altri, secondo lei."
"Credo che alcuni venissero dall'Inghilterra, anche, o forse dall'Irlanda, ma
comunque parlavano spesso inglese tra di loro. Quando erano gi� in paese li
sentivamo. No, di preciso non so, ma un otto o dieci adulti dovevano esserci, e poi
i bambini ovvio. Ma i nomi non li so..."
Odd si gira con aria interrogativa verso i suoi compagni di bevute, ma entrambi
scuotono la testa.
"L'altra svedese era veramente una bellezza, comunque" dice Jaap. "Gi� all'Ankaret
parlavamo di cosa facessero lass� quando si spegnevano le luci. Eravamo curiosi per
via di tutte quelle chiacchiere sugli svedesi e il sesso libero, sapete com'�."
"Parla per te, io all'epoca non avevo tempo di correre su a spiarli di sera" dice
Arild, scomparendo in cucina con una cassetta di plastica carica di bicchieri
vuoti.
Karen osserva quegli uomini sciupati. Ci� che raccontano � accaduto circa
quarant'anni fa e dovevano avere sui trent'anni quando i Lindgren e gli altri della
comune erano arrivati qui. Erano coetanei, ma appartenevano a un mondo
completamente diverso. A un pescatore di trent'anni, con la schiena e le
articolazioni segnate da quindici anni di lavoro nel Mare del Nord, chi abbandonava
la vita comoda per coltivare verdure su un'isola frustata dal vento doveva sembrare
un pazzo scatenato. Per chi ha trascorso l'infanzia tra cucina a legna e lampade a
petrolio, la vita senza le comodit� moderne non � affatto avvolta in una luce
romantica. � stupido rinunciare volontariamente a qualcosa che molti altri si
logorano per ottenere. A quei tempi le migrazioni avvenivano nell'altra direzione,
nessuno con un po' di buonsenso avrebbe cambiato la modernit� della Svezia con il
Doggerland, no?
Karen riesce a immaginarsi benissimo le fantasie sugli abitanti della comune: le
giovani donne dovevano essere apparse a dir poco esotiche in confronto alle mogli
dei pescatori di Langevik, invecchiate precocemente. Le donne del paese, invece,
non erano state certo entusiaste alla vista di quella libert� fatta di vestiti
batik portati senza reggiseno. Allo stesso tempo, gli uomini bavosi all'Ankaret non
sembravano aver accolto i nuovi arrivati nella loro comunit�. Nonostante la
curiosit� sembrava che provassero un misto di invidia e di gioia maligna per i
membri della comune. Eppure Per e Anne-Marie Lindgren erano rimasti, malgrado
quell'opposizione. Cos'� che li aveva trattenuti?
"E ora tutta la famiglia � scomparsa e sembra che nessuno li pianga" pensa Karen a
disagio. "Non hanno niente di buono da dire nemmeno di Susanne, che � cresciuta a
Langevik. Com'� stato, per lei, crescere in paese?"
"Qualcuno sa come funzionava la comune? Hanno resistito pi� di un anno, vivevano
tutti insieme e dividevano tutto, dite voi. Non c'erano voci di disaccordi o
litigi?"
Kloes si stringe nelle spalle, come se avesse perso l'interesse per l'argomento.
"Be', sono andati via, perci� vuol dire che l'amore libero e quelle cazzate
ecologiste erano troppo anche per loro" dice Jenssen. "Be', io non vorrei certo
dividere mia moglie con altri uomini. Anche se qualcuno la volesse" aggiunge con
una risata, che un attimo dopo si trasforma in un rumoroso attacco di tosse.
Odd posa il bicchiere e incontra lo sguardo di Karen.
"A quei tempi erano in molti a voler provare una vita diversa: alcuni cercavano una
nuova opportunit� e altri forse scappavano da qualcosa. Tanta gente se n'� andata
ed � arrivata nel corso degli anni, o no, Karen?"
"Lui lo sa" pensa lei, e stringe forte con la mano il bancone del bar, lasciando
un'impronta umida sul legno scuro.
"Cosa succede, ragazza mia?"
Odd la osserva preoccupato e lei gli fa un sorriso tranquillizzante.
"Sono solo un po' disorientata. Non ho mangiato niente dall'ora di pranzo. �
proprio ora che vada a casa." Si gira verso Arild che � ritornato dalla cucina.
"Solo un'ultima domanda. Hai detto che Susanne non aveva pi� il terreno sopra il
suo, quello dove c'� la centrale eolica. Per� era in lotta con l'azienda
elettrica?"
"S�, proprio cos�. Non sapeva che il terreno fosse stato venduto, pensava che fosse
ancora suo, finch� geometri e ingegneri sono spuntati in quella che lei riteneva
fosse la sua propriet�. � stato appena dopo che ha divorziato ed � tornata a vivere
qui, perci� non aveva ancora le idee chiare in proposito. Poi suo padre � morto e
lei ha scoperto che aveva venduto tutto da un bel po'."
"Non c'� da meravigliarsi che si sia sentita ingannata" dice Karen. "Quello che
credeva fosse il suo terreno era gi� stato venduto, e ora veniva venduto di nuovo e
lei si sarebbe ritrovata con quarantadue turbine accanto."
"Niente affatto" la interrompe Arild. "Il proprietario di quel terreno non l'ha
venduto. Quel furbacchione � riuscito a trattare con la Pegasus e a stipulare un
contratto d'affitto. Cinquant'anni, con partecipazione agli utili e tutto il resto.
La botte piena e la moglie ubriaca. Sa Dio come abbia fatto."
La voce di Arild esprime disprezzo e ammirazione allo stesso tempo. Lei invece si
sente a disagio di fronte alle sfortune di Susanne Smeed.
"Gi�, senza dubbio � buon affare" osserva seccamente. "E chi sarebbe il
"furbacchione" allora? Lo sai?"
"Il figlio di Axel Smeed, Jounas, e chi se no?"

27.

"Aspetta, ti aiuto!"
"No, l'ho presa bene, ma tienimi la porta aperta, per favore."
Cornelis Loots fa come gli � stato chiesto e va a passi rapidi dall'ascensore fino
alla porta a vetri satinata della divisione crimini. Con la sensazione di non
essere di grande aiuto, guarda l'ispettrice Karen Eiken Hornby che, rossa in viso,
attraversa l'ingresso girata di fianco, ansimando sotto il peso dell'enorme
scatolone.
"Cazzo" mormora quando la grossa tracolla le scivola gi� dalla spalla.
Cornelis si sente un idiota, ma non gli viene in mente niente di meglio che
sollevare la borsa e camminare accanto al suo capo che procede a gambe larghe,
piegata all'indietro sotto il suo pesante carico. Quando gira verso il cucinotto,
lui non resiste pi�: uniscono le loro forze e posano quel mastodonte per terra
senza rumori preoccupanti. Karen gli sorride per ringraziarlo e si massaggia i
palmi indolenziti.
"Per fortuna c'eri tu, non sarei mai riuscita ad aprire la porta da sola. A
proposito, ci sai fare con queste cose? Puoi aiutarmi a collegarla prima che
arrivino gli altri?"
Fa un ampio cenno verso lo scatolone e solo allora Cornelis vede l'immagine sulla
superficie lucida.
"Oh, cazzo, che mostro. Quanto costa una cosa del genere?"
Karen si stringe nelle spalle.
"Meglio che non te lo dica. Ma il capo � stato chiaro nel dire che possiamo avere
tutte le risorse che ci servono."
"Non credi che intendesse risorse nel senso di persone...?"
"Il mio parere professionale � che non possiamo continuare le indagini con quello
schifo di brodaglia come unico carburante."
Karen fa un gesto verso la macchina del caff� sul bancone del lavello. Qualcuno ha
rimesso il bricco sulla piastra senza lavarlo e l'odore acre del caff� di ieri si
spande come un tappeto familiare in tutto il cucinotto.
Venti minuti dopo Cornelis posa il cacciavite e si tira gi� le maniche della
camicia, mentre osserva insieme a Karen il risultato del loro lavoro. Lei l'ha
guardato collegare la macchina all'elettricit� e all'acqua, con un misto di
rispetto e stupore. Almeno si � evitata di telefonare al custode, Kofs, e ascoltare
le sue lamentele sul fatto che quello non era compito suo. Fa un passo avanti,
pulisce l'impronta di un pollice dalla superficie cromata, e preme con l'indice il
braccio ricurvo dello schiumatore facendolo roteare. "Succeder� un bel casino
all'ufficio acquisti" pensa.
"Non serve un caff� particolare per queste?"
Fattura a trenta giorni... Forse Jounas sar� gi� tornato. Scaccia quel pensiero e
fa un largo sorriso a Cornelis. Poi pesca due pacchetti da mezzo chilo di caff� in
chicchi dalla borsa sul tavolo.
"Se metti in moto quest'aggeggio infernale io vado via un attimo. Ho una breve
riunione con Vegen e Haugen tra..." lancia un rapido sguardo all'orologio da polso
"...due minuti fa."

28.

"Ma allora possiamo scagionare Smeed: non vedo cos'altro possa trattenerlo dal
rientrare in servizio."
Viggo Haugen attenua il tremolio nella sua voce e la fine della frase arriva come
una lunga nota di petto. Sono nell'ufficio della procuratrice, seduti nelle
poltrone in fondo alla stanza.
Karen sospira in silenzio e scambia una rapida occhiata con Dineke Vegen. Sembra
d'accordo con lei: la smorfia sulla sua bocca dimostra che capisce benissimo che
non � cos� semplice come vuole Haugen, ma le sopracciglia inarcate svelano che
pensa di lasciarla da sola a combattere quella battaglia. Non ha alcuna intenzione
di prendere il suo posto.
"Comprendo cosa stai cercando di dire" dice Karen guardando Haugen dritto negli
occhi azzurro ghiaccio. "Certamente, sarebbe bello se potessimo scagionare Jounas
gi� da ora, ma ci sono ancora degli interrogativi da chiarire."
Haugen apre la bocca per interromperla, ma la richiude quando Karen prosegue con
una convinzione che lei stessa non riconosce come propria.
"Anche per me � molto difficile ipotizzare che Jounas sia colpevole della morte di
Susanne, ma questo non basta. Gli manca ancora un alibi che lo scagioni per l'ora
del delitto e purtroppo ci sono un paio di circostanze che potrebbero giocare a suo
sfavore. � stato di recente a casa di Susanne, sei giorni prima dell'omicidio
secondo quanto afferma, e i loro rapporti ultimamente erano a dir poco complicati."
"S�, ma Dio santo, non � certo una cosa da approfondire ulteriormente. Se tutti
quelli che hanno un rapporto "complicato" con la loro ex moglie sono da considerare
automaticamente tra i sospetti..."
Haugen disegna le virgolette in aria con le dita e poi allarga le braccia.
"Karen ha ragione." La voce di Dineke Vegen interrompe il teatrino.
Haugen si zittisce con una ruga di sorpresa tra gli occhi azzurro ghiaccio.
"Quando le indagini preliminari saranno rese pubbliche" continua la procuratrice
"puoi star certo che tutti i giornalisti del paese ci faranno le pulci, e non
devono trovare la minima traccia del fatto che la posizione di Jounas abbia
influito sulle indagini. Al contrario, dobbiamo stare molto pi� attenti del solito
e andare a fondo di tutto quello che pu� essere rigirato contro Jounas."
Haugen si schiarisce la voce e pensa freneticamente. Vegen � carismatica e, a
differenza di Karen, � proprio il tipo di autorit� femminile che lui rispetta
davvero. Una donna di cultura ed eleganza, non una... strega irascibile.
Lui si rivolge alla procuratrice e sorride. "Certo, non intendevo dire che..."
"Soprattutto per il bene di Jounas" spara Karen. "Se non sar� scagionato
completamente, quando torna sar� un inferno per lui. E credimi, io far� tutto ci�
che � in mio potere per scagionarlo" aggiunge.
Haugen replica con uno sguardo fulmineo a Vegen.
"Oppure potresti concentrarti sul trovare il vero colpevole. Quella sarebbe
sicuramente la cosa migliore per il nostro Jounas."
"� proprio ci� che intendevo" mormora Karen a bassa voce. "Mi sono solo espressa
male."
"Gi�, non � certo la prima volta. Va be', comunque ho capito. Informer� Jounas
della situazione subito dopo questa riunione."
Ancora una volta Dineke Vegen inarca le sopracciglia curate.
"Naturalmente continuer� a essere sospeso dal servizio. Nient'altro. Be', allora
siamo d'accordo" replica subito Viggo, alzandosi.
Karen lancia di nuovo un'occhiata a Dineke e coglie un sorriso.

29. Langevik. Maggio 1970.

"Non me lo sarei mai immaginato, di avere questa gentaglia in paese. Il povero


vecchio Gr�� si rivolterebbe nella tomba se vedesse cosa fanno su a casa sua."
La donna della ferramenta batte il prezzo di un sacchetto di viti pigiando i tasti
del registratore di cassa con gesti decisi, quasi arrabbiati, e intanto parla e
alza lo sguardo sul cliente per cercare conferma.
Anne-Marie Lindgren � nella corsia tra gli scaffali dove latte di pittura sono
ammucchiate tra impregnante e trementina. Si � bloccata a met� del movimento; si
stava piegando per prendere i pennelli e ora � l� con la schiena curva, come se si
vergognasse.
Lo sanno che lei � l�? Fanno apposta per farsi sentire, o non l'hanno vista
entrare? Le si arrossano le guance, quelle parole la colpiscono come uno schiaffo.
Sente il mormorio di risposta del cliente e un attimo dopo la voce irritata della
donna lacera di nuovo l'aria nel locale.
"Ma li hai visti? Si vestono come dei drogati, abiti e capelli lunghi. Ottanta
scellini, grazie. E hanno anche dei bambini, parecchi. Dio sa come fanno a
occuparsene. Andranno a scuola qui in paese, quando sar� ora? Giocheranno con i
nostri? No, gente come loro non dovrebbe fare figli. S�, lo so che sembro dura..."
A quanto pare l'uomo che sta comprando le viti dice qualcosa, poich� un attimo dopo
il tono di voce irritato della padrona si abbassa un po'.
"S�, anche Arthur lo dice" sospira. "Massimo sei mesi, dice lui. Venti scellini di
resto, e lo scontrino, prego. Un conto � la primavera o l'estate, ma quando
arriveranno i temporali autunnali rinunceranno e torneranno a casa, vedrai che ho
ragione. S�, cos� dice Arthur, ma io non lo so."
Un altro borbottio del cliente prima che la donna riprenda.
"Ah s�, dici? Be', speriamo per il meglio. Grazie e arrivederci!"
Senza una parola Anne-Marie raddrizza la schiena, si volta e si dirige a passi
veloci fuori dal negozio. Sente i loro sguardi sulla schiena quando il campanello,
con il suo tintinnio, comunica che la porta si � aperta. "Crederanno che ho rubato
qualcosa" pensa. "Aggiungeranno nuove accuse alla lista gi� lunga. E alla fine
vinceranno loro. Non potremo rimanere qui: io non riuscir� a resistere".
Entra in casa senza fiato, sbattendo gli occhi per le lacrime che bruciano. �
tornata a casa quasi di corsa, consapevole degli sguardi di critica di chi l'ha
vista passare. Non vuole dir niente, non vuole che gli altri minimizzino insinuando
che lei � troppo sensibile, che non dovrebbe curarsi di quello che pensa la gente.
Non vuole farli preoccupare, sono gi� sempre troppo preoccupati per lei.
Per, Ingela e Theo sono seduti in cucina, mentre Disa � ai fornelli a tingere un
lenzuolo in un grosso pentolone. Solleva un lembo di tessuto con il mestolo e
osserva il colore giallo. Da un'altra pentola esce un profumo di fagioli, cipolle e
spezie, e il vapore appanna la finestra. Brandon � semisdraiato sul divano, con la
chitarra appoggiata al petto come suo solito, e Mette cerca di aiutarlo a pizzicare
le corde. Ingela arriva scendendo le scale con Orian in braccio.
"Guadate " urla lui, stringendo saldamente con la manina il lungo laccio che ha al
collo, in cui sono infilate delle conchiglie tintinnanti. "Ho una coiana !"
Nessuno ha sentito arrivare Anne-Marie, ma Per si volta istintivamente, come se
avesse percepito la sua presenza. Il suo sorriso si tramuta in preoccupazione
quando nota le guance arrossate e gli occhi lucidi, e un attimo dopo la vedono
tutti. Si preoccupano, la portano fino al tavolo, tirano fuori una sedia, le
mettono di fronte una tazza e versano t� col miele. Lei assicura che � solo
affannata per la salita, la strada di ritorno dal paese � ripida, e si sente
stranamente stanca, forse ha preso il raffreddore che girava tra i bambini la
settimana scorsa. Poi si rende conto che Per la guarda con occhi che non riescono a
nascondere la speranza. L'inutile, disperata speranza che lei sia incinta.
No, non dir� niente. Non dir� niente di quello che ha sentito mentre comprava i
pennelli per dipingere le finestre. E nemmeno dell'improvvisa certezza che
l'idillio che in questo momento regna a Lothorpsg�rden si infranger�. La minaccia
le sembra cos� evidente, le soffia sulla schiena, come una raffica di vento che si
� intrufolata in casa per avvertire del temporale in arrivo. Non riesce a vedere da
dove provenga, non sa quanto sia vicino. Sa solo che sar� molto peggio di una
pettegola in una ferramenta.

30.

Nell'istante stesso in cui posa la mano sulla maniglia � assalita dal dubbio. �
stata davvero una buona idea? Forse penseranno che sta cercando di ingraziarseli,
di comprare il loro consenso corrompendoli con una cazzo di macchina del caff�.
Invece di entrare, Karen rimane sul pianerottolo per qualche secondo mentre i
pensieri le turbinano in mente. Forse hanno ragione. Non si tratta di una forma di
corruzione, in fin dei conti? Di un tentativo disperato di portare il gruppo dalla
sua parte?
"Be', almeno Evald non c'�" ricorda a se stessa raddrizzando la schiena. Il solo
pensiero dei commenti acidi che avrebbe pronunciato le causa una smorfia di
disagio. Forse gli altri la pensavano come lui.
"Cazzo" dice, e la sua voce echeggia nella tromba delle scale. E poi quell'aggeggio
infernale dovr� essere pagato: fra trenta giorni ci saranno altre facce arrabbiate.
"Tra ventinove" si corregge, aprendo la porta.
Il profumo del caff� la colpisce ancor prima di oltrepassare la soglia.
In fondo al corridoio della divisione crimini la porta della sala riunioni �
socchiusa e dall'interno proviene un debole brusio di voci. Rapidamente attraversa
l'open space fino alla sua scrivania ed estrae un raccoglitore dal primo cassetto.
Poi prosegue a passi decisi e anche un po' irritati verso la sala, e spalanca la
porta.
"Stronzi ingrati" pensa.
Un attimo dopo sprofonda al suo posto con le guance in fiamme mentre l'applauso si
spegne e un piatto di brioche viene spinto verso di lei.
"Iniziativa fantastica, Eiken" dice Karl. "Ma ti romperanno le palle per questo, mi
sa."
"Non fasciamoci la testa prima di essercela rotta" risponde lei, con una smorfia
sorridente mentre affonda i denti in una delle gigantesche brioche alla cannella.
"Inisciamo? " dice leccandosi via dei granellini di zucchero dall'indice.
Riassume velocemente quello che ha saputo dagli habitu� all'Haren och Kr�kan e
conclude dicendo: "Quindi possiamo affermare con certezza che Susanne Smeed era ai
ferri corti con diversa gente ed era tutto tranne che un raggio di sole, nella vita
degli altri. I suoi superiori e i colleghi dicono la stessa cosa".
"E la figlia" aggiunge Karl. "Nemmeno Jounas avr� parlato molto bene di lei, no?"
"No, infatti. Finora nessuno l'ha descritta in termini positivi, per usare un
eufemismo. La questione per� � se abbia fatto infuriare una persona a tal punto da
farsi ammazzare. Potrebbe essere che magari ricattasse qualcuno? Sappiamo che era
arrabbiata e antipatica ma era anche una ficcanaso? Voi cosa dite?"
Tutti rimangono in silenzio e sembrano riflettere.
"Pi� che altro era spietata" dice Astrid. "Almeno secondo il suo capo e i colleghi
con cui siamo riusciti a parlare io e Johannisen. Susanne � descritta pi� come un
tipo che notava gli errori altrui e li commentava volentieri. Ed era anche un po'
pettegola."
"Cornelis e Astrid, oggi tornate alla Solg�rden e cercate di scavare e scoprire il
pi� possibile. Io andr� a incontrare Wenche Hellevik. � la sorella di Jounas e una
delle poche amiche nella vita di Susanne" aggiunge, alzando gli occhi e incontrando
degli sguardi interrogativi. "Forse l� riuscir� a ricostruire un'immagine di lei
pi� completa. Ma devo portarmi dietro qualcuno. Karl, hai tempo?"
Lui annuisce e Karen si rivolge di nuovo a Cornelis.
"Hai qualcosa da dirci sulle scoperte della Scientifica e sulle altre cose di cui
ti stai occupando?"
"Ho parlato con Larsen stamattina: gli esami del dna e delle impronte sono in corso
e dovrebbero arrivare in giornata. Be', a parte quelle di Jounas che sono gi� state
identificate" aggiunge imbarazzato. "Stiamo ancora aspettando una risposta dalla
banca di Susanne e dalla nave da crociera."
"Ah, giusto, e come va con quelli? Dove siete arrivati?"
"Abbiamo inviato una richiesta d'informazioni per tutti i passeggeri, e ci�
coinvolge tutti i paesi scandinavi, gli Stati Uniti, l'Olanda e l'Italia. Anche la
Germania, in realt�: uno dei danesi ha la cittadinanza tedesca" dice leggendo dai
suoi fogli.
"E...?"
"Fin qui nessun riscontro di crimini violenti, se con questo intendiamo prigione
per pi� di un anno. Ovviamente le pene variano a seconda dei paesi, ma se contiamo
chi � stato condannato a qualche forma di detenzione, abbiamo due persone. Che
sono..." Cornelis sfoglia le sue carte "...un uomo d'affari svedese, Erik
Bj�rnlund, che � stato dentro diciotto mesi per insider trading, e un americano,
Brett Close, che ha fatto sei anni, per omicidio colposo. Ma controllando meglio
abbiamo scoperto che si trattava di guida in stato di ebbrezza, e la vittima era
una bambina di tre anni. Comunque Brett Close oggi ha settantadue anni e il fatto �
accaduto a met� degli anni Settanta. Da allora � senza macchia e, secondo il
responsabile della sicurezza della nave, l'uomo e sua moglie sono profondamente
religiosi. Chiesa Episcopale, credo abbia detto."
"Va be', abbiamo gi� visto uomini devoti commettere i crimini pi� terribili" dice
Karen brusca. "Non dimenticarti il pastore a Noor� che ha ucciso moglie e quattro
figli per salvarli dai continui peccati. Ma capisco cosa vuoi dire, Brett Close non
sembra proprio il colpevole pi� probabile. Qualcos'altro?"
"No, � tutto quello che abbiamo finora, ma non abbiamo ancora concluso le ricerche
nei registri e gli italiani non ci hanno risposto. Telefoner� loro subito dopo la
riunione."
Karen sospira. Le probabilit� di trovare qualcosa di utile sulla nave da crociera
erano state basse fin dall'inizio, ma ora sembrano ancora meno. Quando Loots e
Nielsen avranno ricevuto le informazioni da tutti i paesi potranno mettere da parte
la questione e concentrarsi su qualcos'altro.
La domanda �: quando? Le prime ventiquattr'ore di un'indagine sono sempre le pi�
critiche: le possibilit� di risolvere un caso diminuiscono drasticamente man mano
che passano le ore. E adesso sono quasi trascorsi tre giorni senza nessuna teoria
sul colpevole o un movente plausibile. Secondo le statistiche, l'ottanta per cento
dei crimini violenti con esiti infausti viene risolto entro i primi tre giorni.
Ma a prescindere dal fatto che nel caso di Susanne si tratti di omicidio
premeditato o colposo, ci sono ben poche speranze che questa indagine faccia parte
di quell'ottanta per cento.
Dopo aver concluso il giro, appurando che non � stato scoperto nulla di
sostanziale, speculano come al solito sulle modalit� e sul possibile movente del
delitto. Karen affida i rispettivi compiti e termina la riunione pregando Karl
Bj�rken di fermarsi. Gli spiega che ha una commissione da sbrigare in mattinata e
si danno appuntamento al parcheggio all'una.
Venti minuti dopo, Karen entra dalle porte girevoli dell'hotel Strand.

31.

Karen guarda il giovane receptionist e sospira. Truls Isaksen � un comunissimo


ragazzo sui venticinque anni che ricambia il suo sguardo con quell'espressione di
cortesia forzata e senso di superiorit� tipico del personale di servizio della sua
et�. I capelli scuri sono accuratamente raccolti in una discreta coda di cavallo e
le fessure verticali nei suoi lobi svelano che l� c'� appeso qualche tipo di
ornamento, quando non � in servizio.
Non appena Karen si presenta e avanza le sue richieste, il sorrisetto del ragazzo
svanisce e le sopracciglia si abbassano a un livello pi� rilassato. Il lavoro
richiede una certa dose di gentilezza nei riguardi degli ospiti dell'hotel, ma
nessuno ha mai detto che � obbligato a leccare il culo agli sbirri.
Si siedono nel cucinotto dietro alla reception e Truls, dopo essersi versato una
tazza di caff�, le chiede se ne desidera una anche lei. Lei non ne vuole. Mentre
divora mezza confezione di biscotti al cioccolato, lui tira fuori un pacchetto di
sigarette e lo fa roteare tra le dita con impazienza. Chiaramente parte dal
presupposto che la loro conversazione sar� di breve durata e lui potr� uscire nel
giardinetto sul retro a farsi qualche meritato tiro. Karen riflette se sia il caso
di autoinvitarsi e continuare la conversazione all'esterno. E forse lo farebbe, se
fosse di buonumore, o se Truls fosse pi� simpatico. Invece fa finta di non notare
il pacchetto che ora lui ha posato sul tavolo di fronte a s�, iniziando a
giocherellare con un accendino di plastica rossa, che accende e spegne con grande
concentrazione.
Il loro dialogo inizia: Karen fa le domande senza farsi provocare o stressare, e
Truls risponde in modo sempre pi� sbrigativo e disinteressato. Lei sente il suo
umore peggiorare dopo ogni "cio�" che lui infila nelle risposte.
No, non ha la minima idea di quando sia andato via l'ospite della 507 domenica
mattina: la camera � stata pagata in anticipo e la chiave pu� essere stata lasciata
sul banco in qualsiasi momento. Cio�, l'albergo non ha l'abitudine di spiare i suoi
ospiti. No, lui non � sempre al suo posto, cio�, non in ogni momento del suo turno:
cio�, avr� pure il diritto di mangiare e andare in bagno. E anche il diritto di
fare qualche breve pausa per fumare se la reception � tranquilla. E poi, cio�, c'�
un campanello da suonare se qualcuno ha bisogno d'aiuto. E s�, dev'essere stato lui
ad accogliere l'ospite della 507, cio�, non c'era di sicuro nessun altro in
servizio alle undici e mezzo di sera. No, non ha nessun ricordo della persona. No,
non � molto strano, cio�, durante la Festa dell'ostrica � normale che arrivi gente
senza prenotazione: probabilmente sabato notte era arrivata una mezza dozzina di
ospiti inattesi. E, cio�, non si sa mai cos'abbiano in mente.
"Spesso sono uomini arrapati con una tipa che se ne sta nascosta vicino
all'ascensore, per non farsi vedere" dice Truls con aria da esperto blas�. "Succede
anche nei normali fine settimana, ma durante l'Oistra � peggio, c'� un sacco di
gente di mezza et� ubriaca ed eccitata."
Dentro di s�, Karen si sente a disagio di fronte a quella descrizione azzeccata.
All'esterno non svela minimamente ci� che pensa: mantenere la maschera � una
necessit� e ha esercitato quella competenza nel corso di molti interrogatori.
Eppure le parole successive la fanno sobbalzare.
"Ma non � stata qui anche lei, per caso? Mi sembra di riconoscerla."
Karen studia incredula il giovane receptionist che si � risvegliato all'improvviso.
Com'� possibile che questo ragazzo, che non ha visto n� sentito niente, non si
ricorda n� degli ospiti, n� degli orari, e avr� dormito per met� del turno di
lavoro, riconosca proprio lei? La sta osservando con un interesse tanto inaspettato
quando sgradito.
"Non era lei quella che � andata via prestissimo domenica mattina? Alle sette,
tipo? Ero appena tornato dal bagno e l'ho vista sgattaiolare fuori dalle porte..."
Karen lo guarda con le sopracciglia inarcate e forse lui interpreta quel gesto come
sorpresa o fastidio per la sua stupidit�: come pu� confondere poliziotti e ospiti
dell'hotel? O forse invece non gliene frega niente. Il momentaneo lampo di
interesse nei suoi occhi si spegne e lui si appoggia all'indietro con un profondo
sospiro, come se quell'improvvisa immagine mentale gli avesse risucchiato tutte le
forze. Le parole seguenti le danno una botta di sollievo.
"Boh, allora sar� stata un'altra. A dir la verit� era una stupida racchia, non
sembrava una poliziotta. Per� un po' le assomigliava, senza offesa, eh."
Karen si schiarisce la voce e fa un sorriso teso.
"Solo un'ultima domanda e poi pu� andare a fumare" dice indicando le sigarette con
un cenno della testa. "Non c'� modo di sapere esattamente quando un ospite lascia
l'albergo, se la stanza � stata pagata in anticipo, e nessuno alla reception
registra subito l'ora in cui la chiave � stata restituita? Non ci sono delle
telecamere?"
"Solo nel parcheggio. Se il tizio aveva la macchina..."
Truls sembra pentirsi delle sue parole non appena le pronuncia. Adesso dovr� pure
farle vedere dove tengono le registrazioni? Eh no, che cazzo. � una cosa che deve
fare il capo.
"Purtroppo non ce l'aveva" dice Karen. "Non qui all'albergo, comunque."
Si alza e gli tende la mano.
"Be', la ringrazio per il suo tempo."
Truls le porge una mano mentre con l'altra pesca la tanto agognata sigaretta. Poi
si volta e a passi rapidi esce dal cucinotto e prosegue lungo un corridoio che
sembra condurre sul retro. Non gli passa nemmeno per la testa di accompagnare Karen
all'uscita. Lei lo segue con lo sguardo. La porta che d� sul giardino � aperta e si
intravede una donna che sta fumando, in piedi nel piccolo cortile col pavimento di
pietra. Rabbrividisce nel leggero grembiule azzurro da inserviente e nei sandali
ortopedici: sembra che cerchi di abbracciarsi per tener lontano il freddo. Poi la
porta si richiude e Karen si volta per andare nella direzione opposta, verso la
lobby dell'albergo. Un istante dopo sente la voce di Truls Isaksen.
"Ehi, senta..."
La porta sul retro si � riaperta: lui � sulla soglia e soffia fuori una pesante
nuvola di fumo con aria soddisfatta, mentre fa cenno a Karen di avvicinarsi.
"Mi � venuto in mente che forse Rosita sa qualcosa" dice.
"Rosita?"
"S�, domenica mattina ha fatto le pulizie."
Poi si sposta di lato e la donna dal grembiule azzurro riappare alla vista.

32.

Mezz'ora pi� tardi Karen ha ottenuto tutte le informazioni che poteva desiderare, e
anche di pi�.
Rosita Alvarez le ha spiegato chiaramente il suo lavoro quotidiano, e come lei
annoti sempre con cura quali camere ha pulito e se c'� qualcosa fuori
dall'ordinario, per esempio asciugamani rubati o la necessit� di pulizie pi�
profonde. Karen l'ha ascoltata concentrata, senza fretta.
"La gente vomita" dice Rosita in tono severo. "Non sempre nel water. A volte
sporcano il pavimento e non puliscono. Uno aveva vomitato in tutta la vasca, ma
allora sono andata dalla responsabile e le ho detto che avevo bisogno di pi� tempo.
Abbiamo solo un quarto d'ora per camera, se � un uscente."
"Un uscente?"
"S�, uno che deve fare il check-out. Poi abbiamo i soggiornanti, quelli che
rimangono pi� di una notte: per quelle stanze ho solo sette minuti."
Karen non le chiede se la pulizia della stanza 507 ha richiesto sforzi extra, non
vuole saperlo. Invece, ascolta con orrore crescente la descrizione della giornata
lavorativa di una cameriera d'albergo. Senza drammatizzare, Rosita Alvarez racconta
di asciugamani rubati che devono essere denunciati perch� le cameriere non
finiscano nei guai, di furti reali, immaginari e inventati, in cui le cameriere
sono sempre le prime a essere sospettate, di vari tipi di macchie sulle lenzuola,
di ospiti che allungano le mani, degli insulti e del costante assillo del tempo. E
poi racconta di come lei inizi a lavorare il pi� presto possibile per poter tornare
a casa dal marito e dal figlio tredicenne su a Moerbeck.
"Comincio sempre dall'ultimo piano e poi scendo. Il secondo giro lo faccio
nell'altra direzione e poi faccio un terzo giro per le ultime camere, scendendo di
nuovo. Tre o quattro giri di solito bastano per tutto il turno."
"S�, grazie" dice Karen prendendo una sigaretta dal pacchetto che Rosita le tende
con un cenno d'invito. "Quindi ci vogliono pi� passaggi per ogni piano?"
"S�, c'� sempre qualcuno che dorme di pi� o che fa colazione in camera, e poi ci
sono i cartelli NON DISTURBARE . Allora bisogna giustamente aspettare."
"Per caso si ricorda com'� stato domenica mattina? Pi� precisamente, avrei bisogno
di sapere quando � andato via l'ospite della stanza 507."
"Naturalmente quello non me lo ricordo" dice Rosita facendo un ultimo tiro deciso
della sua sigaretta. "Abbiamo cinquantacinque stanze e non posso tenere tutto a
mente."
Si china su un tavolo da giardino e spegne il mozzicone contro un vaso di coccio
capovolto che funge da portacenere.
"Ma posso guardare sul registro" aggiunge, sorridendo in risposta all'aria delusa
di Karen. "Prendo nota di tutto con gli orari, in modo da tener conto di quali
stanze ho gi� fatto. Non sono pi� tanto giovane" dice battendosi le nocche sulla
fronte. "Se mi segue quando ha finito di fumare..."
"Conserva tutte le annotazioni?" chiede Karen, spegnendo in fretta la sigaretta
ancora a met�, mentre intona silenziosamente un alleluia di ringraziamento al
cielo.
"Non per molto, per un mese circa" dice Rosita tenendole aperta la porta. "Nel caso
in seguito ci fossero lamentele da parte degli ospiti. O anche dal gestore, a dirla
tutta" aggiunge accigliata mentre spazzola via un po' di cenere dal grembiule.
"Ah, se fossero tutti come Rosita Alvarez" pensa Karen quando, un quarto d'ora
dopo, si avvicina al parcheggio di fronte alla stazione di polizia. Si � messa
d'accordo con Karl di incontrarsi qui per andare insieme dalla sorella di Jounas,
Wenche Hellevik. D� un'occhiata all'orologio e constata di essere sette minuti in
anticipo. Con cautela si siede sul bordo del polveroso distributore di giornali
fuori dal tabaccaio, all'angolo tra Kirkegate e Redehusgate, e controlla l'entrata
della stazione di polizia.
Con un sorriso lascia che i pensieri tornino all'incontro con la cameriera
dell'hotel Strand. "Quella donna si merita una medaglia" osserva Karen.
S�, c'era il cartello con scritto NON DISTURBARE sulla porta della camera 507
quando Rosita, qualche minuto dopo le nove, aveva fatto il giro al quinto piano,
quella mattina. Allora si era dedicata alle stanze 501 e 503, i cui occupanti
avevano gi� lasciato l'hotel. Quando aveva finito, mezz'ora dopo, il cartello era
stato tolto e, secondo i suoi appunti, Rosita aveva pulito la camera 507 tra le
9.35 e le 9.50.
Ancora una volta Karen riesamina i tempi. Sembra che tutto combaci con
l'affermazione di Jounas di aver lasciato l'albergo alle nove e mezzo. In teoria
potrebbe anche essere uscito subito dopo che Rosita ha visto il cartello NON
DISTURBARE , qualche minuto dopo le nove: c'� comunque un buco di mezz'ora mentre
lei puliva le altre camere. Secondo Kneought Brodal, Susanne � morta alle dieci al
massimo, ma l'orario pi� probabile � prima delle nove e mezzo. "Mettiamo che Jounas
sia andato via subito dopo le nove" riflette. "In quel caso, potrebbe benissimo
essere arrivato a Langevik prima delle dieci e aver ucciso Susanne nel lasso di
tempo ipotizzato da Brodal".
Ma prima avrebbe dovuto andare a piedi al parcheggio del municipio e prendere la
macchina: almeno altri cinque minuti. Rimanevano quarantacinque minuti pieni. Be',
lei stessa aveva percorso quel tratto in mezz'ora quando era molto di fretta,
rispettando comunque i limiti di velocit�. Pigiando sull'acceleratore avrebbe fatto
in tempo, ma perch� Jounas avrebbe dovuto rischiare di essere beccato a un
controllo? Non c'era motivo di fare una corsa contro il tempo.
"Cazzo" pensa. "Non basta, per�".
Karen distoglie lo sguardo dall'ingresso della stazione, volge il viso al mite sole
autunnale e chiude gli occhi. � vicinissima a poter scagionare il suo capo. Molto
vicina, ma non ce l'ha ancora fatta. Una possibilit� teorica esiste. Minuti,
secondi in cui avrebbe avuto l'opportunit�, ma il movente? Quale sarebbe stato il
fattore scatenante? "Potrebbe essere successo qualcosa, l� all'albergo, dopo che io
me ne sono andata?" ipotizza. Una telefonata, un sms, un'email: qualcosa che ha
svegliato Jounas e l'ha fatto infuriare. O gli ha messo paura.
"Ah, sei qui a prendere il sole. La tua macchina o la mia?"
La voce di Karl la fa sobbalzare. "La mia, naturalmente" pensa, ma scaccia
quell'impulso. � sempre a disagio nel sedile del passeggero, ma oggi deve lasciare
il volante a Karl.
"Guida pure tu" dice. "Ho bisogno di pensare."

33.

L'autostrada da Dunker a Ravenby taglia trasversalmente il paesaggio piatto di


S�rlandet. Decine di chilometri di coltivazioni intensive e boschi decidui si
alternano alle brughiere coperte di erica. Pi� a ovest, dove la strada svolta verso
nord, si intravede l'orizzonte, e persino dall'entroterra si ha la sensazione che
il lato occidentale dell'isola scenda a precipizio nel mare, senza protezioni. Non
sono molti, ormai, a credere alla leggenda del gigante Frendur che, in un impeto
d'ira, ha tagliato Heim� con la spada risparmiando la parte orientale e facendo
sprofondare nell'Atlantico quella occidentale, in cui fornicavano la sua perfida
moglie e quel traditore di suo fratello. Ma cos� come in una bella giornata estiva
la terra pu� apparirci piatta, e il cielo pu� sembrare una campana di vetro
azzurro, la costa occidentale di Heim� in effetti pare essere stata tagliata in due
con un colpo di spada da qualcuno di cattivo umore.
Karl guida veloce, ma piuttosto bene, e dopo poco pi� di un'ora hanno gi� percorso
centodieci chilometri di autostrada, e ora seguono le indicazioni per Helleviksn�s
sulla statale 20. "Stanno tornando le nuvole" pensa Karen e si china in avanti per
guardare in su, verso le nubi grigie che arrivano veleggiando da ovest e si stanno
accumulando sopra di loro.
"� un caso?" chiede Karl buttando un occhio al navigatore. "Che si chiamino
Hellevik di cognome e abitino a Helleviksn�s, voglio dire."
"Non credo" dice Karen. "Il marito di Wenche appartiene a una famiglia importante,
magari un tempo tutto il villaggio era loro. Non � certo insolito."
"Non qui forse, ma a Frisel capita raramente. L� si � proprietari solo del proprio
terreno, e magari nemmeno di quello."
"No, voi frisiani non siete conosciuti per avere manie di grandezza. E nemmeno per
essere dei gran lavoratori" aggiunge lanciandogli uno sguardo canzonatorio.
Karl sbuffa fingendo indignazione. L'ha gi� sentito prima: pi� si vive a nord,
nelle isole doggerlandesi, e pi� si � considerati onesti e laboriosi. Ancora adesso
gli abitanti di Noor�, per lo pi� di origini svedesi e norvegesi, sono descritti
come industriosi, taciturni e devoti, mentre i cugini dell'isola pi� a sud, dove la
popolazione ha radici per la maggior parte danesi e olandesi, hanno fama di essere
spensierati e di essere avvezzi a lasciare le reti in mare troppo a lungo. Nel
mezzo c'� Heim�, con il suo infelice miscuglio di Gran Bretagna, Scandinavia ed
Europa continentale. Qui la gente � arrivata da diverse direzioni e per motivi
differenti. Probabilmente � vero che Heim�, molto tempo fa, rappresentava un
rifugio per quelli che dovevano abbandonare in fretta la patria, ma non certo con i
numeri che sostengono gli storici. E anche se la quota di ladri, assassini e altri
criminali non � mai stata cos� elevata come vuole la leggenda, secondo i cugini di
Noor� e Frisel, l'isola � popolata per la maggior parte da pescatori di frodo,
proprietari terrieri, armatori e altra gente che � capace di raggiungere i propri
scopi a spese altrui. I peggiori, naturalmente, si trovano nella capitale, Dunker.
In altre parole, anche in Doggerland vige la stessa gerarchia che si trova in altri
paesi: lavoro duro al Nord, flemma al Sud e una capitale piena di imbroglioni e
stronzi pieni di s�.
"Be', � chiaro," mormora Karl "la figlia di Axel Smeed si sar� accasata con uno
degno del suo rango. Una nata con la camicia non si prende un poveraccio qualsiasi.
Scommetto che fanno il bagno nei soldi."
"Possiamo chiederglielo, se vuoi" replica Karen brusca.
Ma non appena svoltano e oltrepassano il cancello degli Hellevik, � chiaro che
almeno in senso figurato quella famiglia fa davvero il bagno nei soldi. Il campo da
tennis sulla destra del viale � dotato di club privato e di una tribuna con due
file di posti. La piscina a forma di fagiolo � la pi� grande che Karen abbia mai
visto in una casa privata. Sente Karl borbottare qualcosa su zio Paperone mentre
guarda il trampolino alto due piani. Proseguono fino all'imponente villa padronale
e parcheggiano accanto a una fontana patinata di verderame che incorona il
vialetto. Karl spegne il motore e si china in avanti per sbirciare la facciata dal
parabrezza.
"Credi che possiamo fermarci qui? O si aspettano che usiamo la porta di servizio?"
Karen non fa in tempo a rispondere che una donna alta spunta dall'angolo della casa
e si ferma sotto la maestosa scalinata. Dietro di lei scorrazzano due yorkshire
terrier bagnati fradici, che vanno in estasi alla vista dei visitatori. Tra
impavidi latrati e spasmi di felicit� corrono avanti e indietro tra i piedi della
padrona e l'auto di Karl. Dietro di loro Karen intravede un setter irlandese
altrettanto fradicio ma decisamente pi� calmo. Arriva trotterellando e si siede
accanto alla donna che automaticamente posa una mano sulla sua testa rossiccia.
Karl e Karen aprono le portiere all'unisono e scendono.
34.

"Benvenuti!" esclama Wenche Hellevik. "Su, su, state buoni!"


Non fa nemmeno il gesto di andare incontro ai suoi ospiti, ma sorride, e loro le si
avvicinano a passi rapidi con la mano tesa. Karen studia con discrezione la sorella
di Jounas. I capelli biondo platino sono raccolti in uno chignon a conchiglia, teso
quanto i suoi vestiti: una giacca verde scuro sopra a una polo bianca, una gonna
verde a quadretti che le calza a pennello, lunga appena sotto al ginocchio, sobri
orecchini di perle e smalto perlaceo di colore rosa pallido sulle unghie. L'unico
errore di stile consiste nelle gambe, che spuntano come gracili steli da un paio di
stivali di gomma.
Si stringono le mani e si presentano.
"Mi sembrava di aver sentito un'auto. Siamo appena tornati da una passeggiatina e
ci stavamo ripulendo in lavanderia. No, ho detto, non saltate! Volete del caff�? O
un t� magari? Sarete terribilmente stanchi dopo il viaggio in macchina. No, basta!"
Le ultime parole sono pronunciate con una veemenza inaspettata e rivolte al setter
irlandese, che sembra non capire perch� non pu� scrollarsi l'acqua dalla pelliccia
proprio l�. Poi Wenche Hellevik li precede sulla scala di pietra e attraverso la
doppia porta di quercia massiccia riccamente decorata. Il contrasto tra il sole
autunnale e il buio all'interno fa s� che a Karen serva qualche secondo prima di
accorgersi che l'enorme ingresso � avvolto in teli di plastica e carta protettiva.
In mezzo alla confusione di scale, latte di pittura e stucco, rulli e pennelli ci
sono due uomini vestiti di bianco. Stanno discutendo con un terzo individuo, di
altezza impressionante, in abito blu. Tutti e tre hanno espressioni preoccupate e
uno di loro indica il soffitto.
"Scusate davvero per questo disordine, abbiamo avuto una perdita in uno dei bagni
al piano di sopra e dobbiamo ristrutturare tutto l'ingresso. Amore, c'� la polizia,
vieni a salutare prima di andartene!"
La conversazione con gli imbianchini viene interrotta e l'uomo alto li raggiunge a
passi veloci. Con un sorriso cortese stringe la mano di Karen e poi quella di Karl.
"Magnus Hellevik" si presenta. "Se ho capito bene, siete qui in merito al terribile
incidente accaduto a Susanne."
"S�, � cos�, abbiamo bisogno di parlare con il maggior numero possibile di persone
che la conoscevano" afferma Karen.
"Non so se io posso esservi utile. Sono a vostra disposizione, ma in quel caso vi
pregherei di iniziare da me. Ho una commissione urgente a Ravenby e avrei gi�
dovuto andar via da un bel po', ma abbiamo avuto qualche problema, come vedete."
Magnus Hellevik fa un gesto verso la pittura e le scale e sposta lo sguardo da Karl
a Karen, come se stesse cercando di capire chi dei due � di rango superiore, anche
se si sono appena presentati.
"Conosceva bene Susanne?" chiede Karen.
"Per niente. Ci siamo frequentati un po' per motivi di famiglia nel periodo in cui
lei e Jounas erano sposati, ma dopo di allora basta. E sono separati da molti anni
ormai."
Karen annuisce.
"Allora non le causeremo altro stress" lo congeda lei sorridendo. "O comunque non
oggi. � con Wenche che vogliamo parlare, in primo luogo, ma torneremo se avremo
bisogno di farle altre domande."
Magnus Hellevik sembra sollevato e si scusa con un sorriso e un rapido bacio sulla
guancia della moglie.
"Andiamo...?" Wenche fa un gesto verso le porte scorrevoli sulla destra prima di
precederli e aprirle con un delicato fruscio. "Sedetevi, torno subito. Avete detto
t� o caff�?"
Qualche minuto dopo � di ritorno con un vassoio e tre tazze di t�, una brocca
termica e un piatto di muffin al limone. Si siede a un'estremit� del divano avorio
e si volta verso i suoi ospiti, accomodati in poltrone di chintz a fiori.
"Servitevi pure, e poi ditemi in cosa posso esservi utile. Latte?"
"Non � come suo fratello" pensa Karen. Lo stesso naso e la stessa corporatura,
forse, ma per il resto sembrano differenti, grazie a Dio. Per ora non si � ancora
vista traccia di astio o arroganza nel viso della sorella di Jounas. Cattura lo
sguardo di Karl e gli fa cenno di iniziare lui.
"Pu� raccontarci un po' di come vi siete conosciute, Susanne e lei? Da quel che ho
capito eravate compagne di scuola."
"S�, � proprio cos�, alle scuole superiori. Susanne abitava a Langevik e ha
frequentato le scuole dell'obbligo l�, ma le superiori sono state per lei
l'occasione tanto desiderata di andarsene da casa."
"Ah s�?" dice Karen. "Quindi non faceva la pendolare fino a Dunker, come tutti gli
altri?"
Per un istante � trasportata indietro nel tempo di trent'anni, sul sobbalzante
autobus giallo su cui aveva viaggiato ogni giorno per tre anni. Si ricorda del
malessere costante: perch� studiava sull'autobus oppure per via delle sigarette
alla fermata.
"No, ed � stato proprio per quello che siamo diventate amiche" continua Wenche.
"Pap� aveva degli appartamenti in Nygate, e mi aveva messo a disposizione un
piccolo bilocale a condizione che pagassi l'affitto da sola. Ci teneva a queste
cose." Beve un piccolo sorso di t� e posa lentamente la tazza prima di proseguire.
"Io avevo la borsa di studio e lavoravo nei fine settimana, ma col passare del
tempo non era sufficiente per le uscite e per i vestiti, perci� dopo un paio di
mesi ho messo un annuncio per cercare qualcuno con cui dividere l'appartamento.
Susanne dev'essere stata la prima a leggerlo e penso che l'abbia persino tirato
via. In ogni caso, il giorno stesso mi ha contattato durante l'intervallo e... be',
si � trasferita un paio di giorni dopo."
"E quindi siete diventate amiche. Eravate intime?"
Karl si tende per prendere un muffin e Karen si rende conto che l'espressione
astiosa che aveva all'arrivo si � addolcita. Probabilmente approva il fatto che il
paparino non le abbia pagato l'affitto e che la signorina abbia dovuto lavorare. E
poi Wenche Hellevik sembra una persona semplice nonostante la piscina e il campo da
tennis.
"Intime? Be', s�, forse. � cos� facile farsi dei nuovi amici quando si � giovani.
Prima di aver sviluppato a pieno la propria personalit�, se capite cosa intendo.
Pi� in l� nella vita ci si forma opinioni personali su tutto, ma alla fine
dell'adolescenza pi� che altro il nostro mondo � occupato da ragazzi, vestiti,
musica e professori ingiusti."
Karen fa un cenno d'assenso. "Sono proprio gli argomenti di cui si parlava
sull'autobus sobbalzante" ricorda.
"E i giovani sono terribilmente conformisti, anche se credono di essere dei folli
radicali. La maggior parte vuole solo essere accettata a ogni costo e assomigliare
ai propri amici. Ma, per rispondere alla sua domanda, s�, eravamo abbastanza
intime, come possono esserlo due adolescenti. Amiche del cuore, si chiamano,
suppongo."
"Pu� raccontarci un po' com'era Susanne? Come la considerava lei, come persona?"
Wenche assume uno sguardo quasi da chiaroveggente e sembra cercare nel profondo
della memoria.
"Inquieta" dichiara alla fine. "Gentile e disponibile. Sembrava sempre
terribilmente ansiosa di piacere alla gente e di essere accettata. Era davvero
intelligente, ma non era molto interessata allo studio, era pi� preoccupata di
coltivare le sue relazioni sociali."
"Era popolare?"
"Be', Susanne era una gran bella ragazza, perci� non le era difficile trovare dei
fidanzati. Ma tra le ragazze non era altrettanto popolare e non si � mai sforzata
di farsi nuove amiche oltre a me. Per qualche ragione sembrava ammirare solo me:
imitava molto di ci� che facevo, ha tagliato i capelli quando l'ho fatto io, si �
tinta di biondo come me. Be', io ero bionda naturale, per�" si corregge
rapidamente. "Ma capite cosa intendo. Praticamente mi scimmiottava, comprava
vestiti simili ai miei eccetera, per quanto le sue finanze glielo consentissero."
"E lei cosa ne pensava?"
Wenche si stringe appena nelle spalle e Karen rivede Jounas e Sigrid, in quel
movimento.
"A volte mi irritava un po', ma non mi importava pi� di tanto. Sicuramente ero
anche un po' lusingata. Avevo piuttosto la sensazione che fosse molto impressionata
dalla mia famiglia e che si vergognasse un po' dell'ambiente da cui proveniva."
"Raccontava mai qualcosa della sua famiglia?"
"All'inizio pochissimo, ma col tempo mi sono fatta l'idea che non avesse avuto
un'infanzia particolarmente felice. Non che fosse stata maltrattata, pi� come se...
come posso esprimerlo? Ho avuto l'impressione che non stimasse i suoi genitori. In
effetti erano davvero bizzarri, e non dev'essere stato facile essere diversi a quei
tempi, soprattutto in un paesino come Langevik."
"Ah s�? E in che modo erano bizzarri?" chiede Karl.
Riesce a sembrare sinceramente sorpreso, come se non ne avesse la minima idea,
nonostante Karen, durante il viaggio, gli abbia raccontato ci� che ha saputo da sua
madre e quello che le hanno rivelato all'Haren och Kr�kan sulla comune di
Lothorpsg�rden. Prende nota mentalmente di chiedere a quelli della Scientifica di
restituire l'album di foto che hanno trovato nella camera di Susanne.
"Erano degli hippie, credo" risponde Wenche dubbiosa. "I suoi genitori si sono
trasferiti qui dalla Svezia e se ho capito bene vivevano in una specie di comune, i
primi anni."
"Le ha mai raccontato qualcosa di pi� di quell'epoca?"
"No, era talmente piccola, non credo che ricordasse molto della comune. Ma c'era
dell'altro che la infastidiva, anche pi� tardi."
"In che senso?"
"Be', per esempio il fatto che n� suo padre n� sua madre abbiano mai avuto un vero
lavoro, cosa che Susanne riteneva imbarazzante. Gli altri bambini del paese erano
principalmente figli di pescatori o piloti o di altre persone considerate
rispettabili, mentre il padre di Susanne se ne stava in giardino a dipingere."
"Il racconto combacia con quello di Jaap Kloes e degli altri" pensa Karen. "Se
Susanne era cos� ansiosa di essere accettata, non doveva essere stato facile essere
una Lindgren".
"E sua madre � morta troppo giovane" continua Wenche. "Mi sembra un po' brutto
dirlo, ma so che Susanne si vergognava di lei."
"Si vergognava? E perch�?"
La voce di Karl suona eccessivamente carica di aspettative, e Wenche risponde
brusca e in tono un po' ironico.
"Mi spiace ma non sono a conoscenza di nessuno scandalo eccitante. Semplicemente,
la mamma di Susanne era un tipo che attirava gli sguardi su di s� e se ne
infischiava delle convenzioni: si vestiva in modo diverso dalle altre mamme, faceva
yoga e healing e tutte quelle cose. E Susanne voleva solo una madre come quella dei
suoi amici, non una che faceva parlare la gente. Ma pi� di questo non so" aggiunge.
Fa un sorriso amichevole, quasi di scusa, ma il suo tono autoritario mostra che non
ha nient'altro da aggiungere sull'infanzia di Susanne. Karen decide di cambiare
discorso.
"Da quanto ho capito la famiglia si manteneva grazie alla vendita di terreni. Pare
che avessero ereditato vaste propriet� da un parente della madre di Susanne."
"S�, lo so, ma Susanne non ne era a conoscenza all'epoca, ne sono sicurissima.
Forse credeva che si mantenessero grazie ai risparmi del vecchio Gr��. Ma lui non
aveva niente in banca, da quanto ho saputo poi, aveva investito tutto in terreni."
Fa una pausa e beve un sorso di t�. "Lei sapeva di avere origini qui sull'isola, e
di certo sapeva anche che sua madre aveva ricevuto in eredit� da suo nonno diversi
possedimenti. Ma solo molto pi� tardi ha scoperto che i terreni erano stati venduti
a poco a poco per sostentare la famiglia. Credo addirittura che abbia avuto un
quadro chiaro della situazione solo alla morte di suo padre. Io invece l'ho saputo
tanti anni dopo, quando mio fratello me l'ha menzionato in concomitanza con il
divorzio."
"Quindi Jounas lo sapeva ancor prima di Susanne...?"
Wenche Hellevik � imbarazzata. "Credo di s�. � stato proprio mio padre a comprare
parecchi dei terreni dai Lindgren. Mi spiace ammetterlo, ma credo che li abbia
strappati a prezzi molto bassi. Il padre di Susanne non era di sicuro un uomo
d'affari e avr� pensato di potersi fidare della sua famiglia acquisita. E quando �
morto pap�, � stato Jounas a ereditare tutto il terreno."
"Jounas. E lei, invece?"
"S�, anch'io, ma l'eredit� � stata divisa in modo che la maggior parte dei terreni
passasse a Jounas, mentre io sono subentrata nell'azienda di mio padre. Facendo il
poliziotto, Jounas non aveva n� tempo n� interesse a guidare l'impresa, a
differenza di Magnus e me."
Karen medita su ci� che Wenche ha appena detto. Significa che il vecchio Axel Smeed
aveva continuato a comprare terreni dai consuoceri anche durante il matrimonio di
Susanne e Jounas. Aveva acquistato sistematicamente tutta l'eredit� di Susanne per
darla al proprio figlio. E Jounas, lo aveva sempre saputo? O Axel aveva agito di
nascosto anche dal figlio?
Come se le avesse letto nel pensiero, Wenche cattura il suo sguardo e non abbassa
gli occhi. "Mio padre era un uomo rigido" ammette. "Non sopportava "vagabondi,
frisiani e altri perdigiorno", come diceva lui, e partiva dal presupposto che noi
figli avremmo seguito le sue orme e condiviso i suoi valori. � stato Jounas a
ribellarsi, non io, e per mio padre � stato un duro colpo vedere suo figlio che
iniziava la scuola di polizia invece di amministrare ci� che lui aveva creato.
Quando poi lui ha sposato Susanne, con le sue origini e quella strana famiglia,
credo che mio padre abbia perso tutte le speranze che aveva riposto in lui. Allora
ha trasferito le sue aspettative sulla generazione successiva: io e Magnus non
abbiamo avuto figli perci� Sigrid era la sua unica nipote."
"Quindi non si stava preoccupando per suo figlio, lo faceva per sua nipote" dice
Karen pensierosa.
"S�, credo che ritenesse pi� sicuro che i terreni rimanessero a Jounas in caso di
divorzio. Lei era un'arrampicatrice sociale, a suo parere, figlia di perdigiorno
svedesi che non conoscevano il valore dei soldi. Penso che si aspettasse una
separazione e si preparasse a quell'evenienza. E in effetti ha avuto ragione."
"E avevano anche un accordo prematrimoniale," rammenta Karen "Axel Smeed se ne era
assicurato". Era stata la condizione necessaria per aiutare il figlio e la nuora
incinta, a sentire Jounas. Tutto confermava la reputazione del vecchio: rigido e
pronto a fare qualsiasi cosa per un buon affare. Non aveva nemmeno esitato
nell'agire alle spalle della nuora, comprando sottoprezzo la sua futura eredit� per
darla al figlio che l'aveva deluso, e fare in modo che poi arrivasse dove voleva
lui: nelle mani di Sigrid, l'unica nipote, la legittima erede.
Davanti agli occhi di Karen balena il ricordo di Sigrid, seduta sul divano con le
braccia tatuate incrociate sul petto, l'anello al naso e gli aculei come un riccio.
Non � per niente un'immagine che si conf� all'ereditiera della fortuna degli Smeed.
"Di certo non dev'essere la nipote che Axel Smeed avrebbe desiderato," pensa "e
nemmeno la figlia su cui Jounas e Susanne hanno nutrito speranze, quando la
mandavano a lezione di pattinaggio o di danza. Chiss� come ci si sente a essere una
tale delusione?"
"Lei vede Sigrid, ogni tanto?" chiede.
"� da molto che non la incontro. Ha quasi rotto i rapporti con i suoi genitori
quando se n'� andata di casa. Ha chiuso con le sue origini, potremmo dire."
"Cos'� successo, esattamente?"
Wenche sembra esitare. "Non � sempre facile avere a che fare con mio fratello" dice
poi. "Pu� essere rigido e implacabile, lo era soprattutto con Susanne. E lei, a sua
volta, era acida e litigiosa. Bisticciavano di continuo e usavano Sigrid come
messaggera, forzandola a prendere una posizione. Alla fine non ha avuto altra via
di uscita che prendere le distanze da entrambi e fuggire dall'intera situazione."
"Proprio come ha fatto Susanne" osserva Karen. "Entrambe hanno lasciato la casa dei
loro genitori non appena possibile. Quello l'avevano in comune, almeno".
"Se ci spostiamo pi� avanti nel tempo, la sua amicizia con Susanne � continuata?"
chiede Karl.
"S� e no" risponde Wenche in tono quasi sollevato, come se fosse felice di cambiare
argomento. "Non che abbiamo litigato, ma io sono andata negli Stati Uniti per
proseguire gli studi e abbiamo perso i contatti. Certo, ci vedevamo quando tornavo
per le vacanze, ma a un certo punto � stato chiaro che avevamo preso direzioni
diverse."
"In che senso?"
"Per me studiare � sempre stato naturale, mentre Susanne ha iniziato a lavorare
subito dopo le superiori. Ha preso quello che ha trovato senza scegliere un
indirizzo vero e proprio, si pu� dire. Ha persino posato qualche volta come
fotomodella, del resto era molto bella e anche alta."
"Ah s�. Fotomodella?" dice Karen stupita.
"Be', non si trattava di ingaggi importanti, solo qualche servizio di moda e un po'
di pubblicit�, credo. Purtroppo non bastavano a mantenerla, ma lei non rinunciava a
quel sogno ed � proprio per quello che non ha mai proseguito gli studi. Poi il
lavoro da fotomodella � diminuito sempre pi� ed � stata costretta a fare diverse
cose per tirare avanti."
"E quando lei � tornata definitivamente, avete continuato a vedervi?" chiede Karl.
"Di tanto in tanto, soprattutto nei periodi in cui nessuna delle due aveva un
ragazzo. Intorno ai venticinque anni ci siamo frequentate per un discreto periodo e
uscivamo spesso, andavamo a feste e nei club. Ci siamo divertite, ma se devo essere
sincera ho sempre pensato che lei ci tenesse pi� di me, a incontrarci. E poi ho
conosciuto Magnus e ho avuto meno occasioni di frequentare Susanne e gli altri
amici, innamorata com'ero. Mi ricordo che ci � rimasta molto male."
"E come l'ha espresso?"
Ancora una volta lo sguardo di Wenche si perde lontano, come se risalisse indietro
nel tempo.
"� stato proprio allora che la mia opinione su Susanne ha iniziato a cambiare
davvero" riflette. "Mi faceva sentire a disagio, quasi in colpa, ogni volta che ci
vedevamo: continuava a dire che io avevo tutto e lei niente. Sono volate parole
pesanti, mi diceva che lei non mi bastava pi�. In pi� i suoi ingaggi come modella
erano cessati quasi del tutto e sentiva di non avere sbocchi, mentre io andavo
avanti nella vita."
"Avete smesso di vedervi?"
"No, io mi sentivo in colpa per essermi fatta assorbire da Magnus e quindi stavo
attenta a invitarla alle feste e a darle appuntamenti ogni tanto per un drink in
citt�. Cercavo di farle capire che si sbagliava a pensare che la ritenessi
inferiore. Dopo qualche anno Magnus mi ha chiesto di sposarlo e l'ho invitata al
matrimonio. Forse Jounas ve l'ha detto. � stato proprio l� che si sono conosciuti."
"S�. Ce l'ha detto. Ed � rimasta incinta per sbaglio dopo qualche mese" suggerisce
Karen.
Wenche si lascia sfuggire una risata sbuffante che stride con la sua immagine
gentile e composta. Un istante dopo si alza e liscia delle pieghe invisibili sulla
gonna.
""Per sbaglio". Non ne sono cos� sicura" replica brusca.
Va a un tavolino su cui sono ammucchiate bottiglie e caraffe di cristallo. Si gira
con aria interrogativa verso Karen e Karl, che scuotono la testa.
"Be', io ho bisogno di un bicchierino."
Versa qualche centimetro da una bottiglia e beve un primo sorso prima di tornare
sul divano. Non appena si siede, sul suo volto ritorna il sorriso gentile. Prende
un altro sorso e posa il bicchiere.
"Quindi non pensa che la gravidanza di Susanne sia stata un incidente?" riprende
Karen.
"Nessuno ci ha creduto. Scusate se sembro arrabbiata, ma il fatto � che � stata
come... s�, una specie di intrusione, come se lei avesse fatto apposta a
intrufolarsi nella mia famiglia."
"Quindi non pensa che lei e Jounas fossero davvero innamorati?"
Wenche si stringe ancora nelle spalle e sospira. "Jounas era attratto da lei, ma
non credo che l'avrebbe mai sposata se non fosse stato costretto. E riguardo a
Susanne sono d'accordo con mio padre: quello a cui mirava erano i soldi e lo status
della famiglia Smeed. Forse amava davvero Jounas, ma non c'� mai stata chimica tra
loro. Non c'� mai stata una scintilla, niente baci spontanei o sguardi innamorati.
Eppure lei sembrava soddisfatta di quella situazione. Non perdeva occasione di dire
che saremmo diventate cognate."
"E dopo che si sono sposati, come descriverebbe il loro matrimonio?"
"Credo che i primi due anni siano stati relativamente armoniosi, soprattutto grazie
alla piccola, che entrambi amavano. Ma quando Jounas ha abbandonato gli studi ed �
tornato in polizia � scoppiato un casino. Mio padre era furioso, Susanne isterica e
Jounas testardo e irragionevole. Tutti ne abbiamo subito le conseguenze, la
famiglia � stata sul punto di spezzarsi. Dopo di allora niente � stato pi� come
prima. Certo, ci vedevamo alle feste comandate e per i compleanni, ma per il resto
Jounas e Susanne vivevano isolati dalla famiglia. Pap� ha smesso di aiutarli
economicamente e sono stati costretti a lasciare l'appartamento di lusso in
Freygate. Credo di essere andata a trovarli solo una volta, a Odinswalla, e Susanne
all'epoca era completamente cambiata."
"In che senso?" chiede Karen.
"Amareggiata, delusa. Aveva gi� mostrato quei tratti del suo carattere in passato,
ma in quel momento hanno preso il sopravvento. Era afflitta come non l'avevo mai
vista prima. Mi � quasi dispiaciuto per lei. E Jounas, in tutta franchezza, si �
comportato da vero stronzo. Capisco che voleva prendere la sua strada e non essere
un burattino nelle mani di mio padre, ma non ha tenuto in considerazione gli altri,
non si � consultato con nessuno, neppure con sua moglie. � stato ironico vedere che
lui e pap� sono della stessa pasta, alla fine: privi di scrupoli e pronti a
calpestare chiunque per ottenere ci� che vogliono."
Mezz'ora dopo Karl e Karen sono di nuovo in macchina, entrambi assorti nei propri
pensieri. Alla fine � Karl a spezzare il silenzio.
"Non credi che... voglio dire, siamo davvero sicuri che il capo fosse a casa sua
sul divano quando Susanne � stata uccisa?"
"Non al cento per cento."
"Cosa intendi?"
Karen fa un profondo respiro ed espira lentamente. "Te lo dico, ma deve rimanere
tra noi. Jounas ha dormito allo Strand la sera dell'Oistra."
Karl volta la testa cos� in fretta che la macchina sbanda. "Cazzo, Eiken, perch�
non ce l'hai comunicato fin dall'inizio? Hai detto a tutti che era andato a casa."
"So benissimo cosa ho detto, e hai ragione. Ma il giorno dopo � davvero tornato a
casa a piedi."
"Ci hai mentito."
"Non ho rivelato tutta la verit�, ma sono stata attenta a non dire bugie."
"Ah be', non direttamente. Che gentile... davvero."
La voce di Karl � intrisa di sarcasmo e lei gli lancia un rapido sguardo. Tiene gli
occhi incollati alla strada, ma la mascella serrata svela che � arrabbiato.
"Ascolta, Karl. Non volevo dire a tutto il gruppo che il capo ha passato la notte
in albergo con una donna. Ma ho gi� controllato all'hotel l'orario in cui se n'�
andato. Ha avuto quarantacinque minuti al massimo per andare a piedi al municipio,
prendere la macchina, guidare fino a Langevik e uccidere Susanne. Quanto �
verosimile, secondo te?"
"Non particolarmente."
Rimangono zitti per un paio di chilometri. Ancora una volta � Karl a interrompere
il silenzio.
"Ma non impossibile" dice.

35.

Karen � alla finestra e guarda il parcheggio sull'altro lato della strada. Le


chiome degli alberi in Holl�ndarparken ondeggiano al vento e sempre pi� foglie
gialle si uniscono alle castagne sul terreno. Tra poco saranno le sette ed � gi�
buio, ma alla luce dei lampioni � possibile notare che il marciapiede � bagnato di
pioggia.
"Non ci credo" mormora Karen avvicinandosi alla finestra. Nello stesso istante un
minuscolo fiocco bianco si posa sul vetro e scivola verso il basso sciogliendosi
rapidamente. S�, ha visto giusto: nevischio. I primi di ottobre, almeno un mese in
anticipo anche per gli standard doggerlandesi.
Un po' pi� a sinistra del parcheggio intravede la sua Ranger e pensa che sarebbe
proprio ora di usare il garage sotto la stazione di polizia. Il fastidio di salire
in una macchina gelata presto sar� pi� forte dell'idea di attraversare quel triste
luogo con i neon che lampeggiano. E poi � gratis per i dipendenti.
"Inizia a essere tardi," pensa "dovrei andare a casa prima che il tempo peggiori".
Ma rimane alla finestra. L'autostrada melmosa l'attira quanto la sua casa buia e
silenziosa. Preferirebbe sedersi in un bar l� vicino, al caldo tra gli sconosciuti,
ad ascoltare il loro brusio e bere. Rimanere in citt� e venire al lavoro presto
domani mattina. O in alternativa, scenario pi� credibile, dormire un'ora in pi�.
"In effetti non c'� bisogno che torni a casa" riflette. "La finestra della cucina �
socchiusa e ci sono acqua e croccantini in abbondanza, per una notte se la pu�
cavare benissimo". Nello stesso istante si rende conto che non dovrebbe lasciare la
finestra aperta con questo tempo e che dovrebbe rientrare per montare quella
maledetta gattaiola. Scaccia i sensi di colpa e prende il cellulare. Scorre la
lista dei numeri preferiti.
La voce che risponde � piacevolmente sorpresa.
"Ciao tesoro! Sei ancora viva?"
"A malapena. Sei in citt�?"
"No, purtroppo. Sono in macchina, quasi a casa. Dove sei?"
"Ancora al lavoro, ma pensavo di mollare tutto e speravo di avere compagnia."
"Potevi chiamare un po' prima" dice Marike. "Adesso non ce la faccio a tornare
indietro con questo tempo. Parlano di pioggia ghiacciata. A ottobre, roba da
pazzi!"
"Ah, cos� ho ancora meno voglia di guidare fino a casa. Ti dispiace se dormo nel
tuo studio stanotte?"
"Certo che no, hai le chiavi. Dentro fa abbastanza caldo: i forni sono rimasti
accesi da ieri e li ho spenti appena prima di uscire. Cosa mi dici di sabato?"
Brancola nel buio per qualche secondo prima di ricordarsi: in un momento di
debolezza ha invitato qualche amico a casa sua per festeggiare l'ultimo compleanno
nel decennio dei quaranta.
"Cazzo, mi ero dimenticata."
"Dimenticata?"
"Ho avuto altro a cui pensare. Avrai letto i giornali, no?"
"Solo le pagine della cultura, lo sai benissimo. A parte gli scherzi, ho visto
anch'io che hanno ucciso una poveretta a Langevik. Stai lavorando su quel caso?"
"Non solo, sono responsabile delle indagini."
Marike fa un fischio.
"Fantastico. Allora sabato ci racconterai i dettagli pi� succosi."
Karen ci mette un po' a rispondere.
"A dire la verit� non so se ce la faccio. E poi c'� ben poco da festeggiare. L'anno
prossimo per�..."
"Vedila come una bevuta in tua memoria, allora. Hai promesso di cucinare le cozze."
"Non ero sobria. Le promesse fatte all'Oistra non valgono."
"A proposito, Kore mi ha detto che hai rimorchiato un tizio dopo che me ne sono
andata. Chi era?"
"Nessuno. Non � successo niente."
Risponde troppo velocemente, troppo in fretta per essere convincente.
"Ah be', se lo dici tu..."
"Comunque non � una cosa di cui riesco a parlare in questo momento."
"Uno dei soliti stronzi, quindi. Non hai mai pensato di andare a letto con qualcuno
che ti piace davvero?"
Prima che Karen faccia in tempo a rispondere, Marike aggiunge: "Senti, devo
svoltare, metto gi�. Ne possiamo parlare un'altra volta. Ma se davvero hai cambiato
idea per sabato dovresti chiamare Eirik e Kore: so che non vedevano l'ora".
Karen fa un rapido calcolo: le cozze pu� cucinarle a occhi chiusi e il vino pu�
prenderlo uno di questi giorni uscendo dal lavoro. Se non ci sono novit� nelle
indagini, dovrebbe farcela. E poi ha bisogno di un po' di compagnia.
"No, hai ragione. Venite. Ma non credo che riuscir� a pulire, e tu dovrai portare
del pane buono dalla citt�, a Langevik non ci sono pi� panetterie decenti. E se
succede qualcosa che mi trattiene qui al lavoro dovrete arrangiarvi da soli."
"Quarantanove" pensa dopo aver messo gi�. "Com'� potuto succedere?"

36.

Venti minuti dopo � riuscita ad attraversare la rumorosa area bar del Kloster e si
� seduta a un tavolo per due. Dopo una rapida occhiata alla lavagna fa un cenno al
cameriere e ordina merluzzo con burro fuso e rafano.
"E una mezza bottiglia di rosso della casa" aggiunge.
Lascia scorrere lo sguardo nel locale. Al bar c'� un muro di schiene con le braccia
alzate per richiamare l'attenzione del barista e fare in tempo a ordinare prima che
finisca l'happy hour. Il ristorante per� � semivuoto, cos� si mette a osservare gli
altri ospiti mentre finge di studiare l'arredamento.
Il Kloster � a un tiro di schioppo dallo Stadsteater e probabilmente molti degli
ospiti andranno l�, dopo. Forse quella coppia di mezza et� a cui hanno appena
portato il dolce, di sicuro le quattro donne eleganti sulla sessantina che ridendo
gioiose chiedono il conto e un'altra bottiglia di bianco. Magari anche quella
coppia sulla trentina seduta accanto a lei, anche se � dubbiosa. La donna parla
animatamente mentre mastica la bistecca con energia e lancia occhiate piene di
desiderio al bar. A intervalli costanti l'uomo emette degli studiati mormorii.
Karen prova la stessa sensazione di quando vede un genitore annoiato che spinge suo
figlio sull'altalena, in un mattino di domenica, e con un sorriso distante sembra
pensare: si stufer�? O di quando s'imbatte in un padrone che nella passeggiata
serale aspetta pazientemente che il cane annusi tutto e faccia i suoi bisogni.
Davvero la donna non si accorge del disinteresse di lui? O non le importa? Si
accontenta soltanto di essere portata in giro come un cane?
Le patate bollite fumano quando il cameriere le posa davanti il piatto e una
coppetta di rame con il burro fuso. Il merluzzo sembra delizioso: lucido e salato
al punto giusto, si taglia docilmente quando Karen lo sfiora con la forchetta. Il
rafano le fa bruciare gli occhi e sorride tra s� mentre mastica. L'avversione che
provava nell'andare al ristorante da sola si � affievolita nel corso degli anni e
adesso ignora gli sguardi incuriositi o le occhiate di compassione dal bar sempre
pi� affollato. Quando la donna della coppia accanto a lei le fa un sorriso di
rammarico, Karen solleva il bicchiere come per un brindisi e la ricambia sorridendo
a sua volta. Immediatamente lei abbassa lo sguardo e sussurra qualcosa all'uomo.
Subito dopo lui si volta e misura Karen con lo sguardo, lo fa scorrere su di lei,
dall'alto verso il basso, prima di girarsi di nuovo con espressione annoiata e
ricominciare a mangiare. "Eccoci qui, due donne che hanno compassione l'una
dell'altra" osserva Karen.
I suoi pensieri tornano a Karl. La sua rabbia nello scoprire che lei non era stata
completamente sincera riguardo ai movimenti di Jounas, la notte prima del delitto,
si � placata, ma tra loro si � creata una barriera. Durante il resto della
giornata, la sua voce ha assunto un tono di fredda cortesia, come per punirla. E
durante la riunione ha mantenuto un silenzio inquietante.
Karl Bj�rken � il suo confidente, al lavoro. � a lui che si rivolge per discutere o
scambiare idee o per bersi una birra dopo il lavoro. Lui non ha mai protestato
apertamente per le battutacce che da molti anni volano nel dipartimento, ma non ha
nemmeno mai detto cazzate come gli altri. "Se perdo la sua fiducia," pensa Karen
"lavorare qui diventer� un incubo".
A met� della cena si impietrisce: ha intravisto un profilo familiare al bar e,
presa dal panico, si � girata per studiare un modo per svignarsela. Un attimo dopo
lui si � voltato e l'ha adocchiata. Ed ecco che Jon Bergman si avvicina sorridente
a passo deciso. In circostanze normali sarebbe contenta di vederlo, ma ora deve
mandarlo via.
"Ciao Karen. Sei sola? Posso sedermi?"
"Assolutamente no" risponde lei con enfasi.
Lui ha gi� messo la mano sulla sedia di fronte e si blocca a met� del movimento.
Rimane in piedi accanto al tavolo, incredulo. Karen sistema le posate sul piatto e
si appoggia allo schienale.
"Sai che non posso parlare con te nel corso delle indagini."
"Certo, ma qualcosa potrai pur dirmi. Smeed � ancora tra i sospetti?"
"Chi ha mai detto che era tra i sospetti?"
"Be', non appena una donna muore assassinata, il marito o l'ex sono in cima alla
lista. A meno che non abbiate trovato un altro colpevole. � cos� forse?"
Karen sospira profondamente. "Per favore, Jon, non c'� la minima possibilit� che ti
sveli qualcosa. Mi lasci mangiare in pace?"
"Ah, quindi non c'� niente da svelare? � questo che intendi?"
"Intendo che voglio mangiare il mio merluzzo prima che si raffreddi e vorrei farlo
in solitudine."
Jon ignora il suo gesto rivolto al piatto, beve un sorso di birra e posa il suo
bicchiere sul tavolo.
"E pensare che una volta eri cos� aperta ed esplicita nel dire ci� che pensavi."
"Forse un po' troppo."
Si pente nello stesso istante in cui pronuncia quelle parole, sa che Jon Bergman
passer� all'attacco.
"Ah, allora ti hanno messo il bavaglio, puoi assumere il comando ma non devi
parlare. Ecco perch� quello stupido di Haugen ha indetto una "conferenza stampa"."
Jon disegna delle virgolette in aria con le dita, e lei pensa a quanto detesta le
persone che lo fanno. Poi suppone che ormai il merluzzo si sar� raffreddato del
tutto. Fa un cenno al cameriere per pagare.
Jon � un giornalista televisivo e non della carta stampata, quindi non rischia di
leggere citazioni improprie sul giornale di domani, ma l'appetito le � passato. E
sa che � solo questione di tempo prima che lui rivanghi quel che � successo pi� di
quattro anni fa: un flirt estivo, breve ma intenso, un paio di settimane passate
praticamente a letto, e qualche altro mese in cui si sono visti a intervalli
irregolari, prima che tutto finisse nel nulla. Una storiella piacevole che ricorda
di rado, poich� lei e Jon frequentano ambienti diversi e non si incontrano spesso.
Ma anche se � passato molto tempo, la sua credibilit� subirebbe un duro colpo se la
loro storia diventasse argomento di conversazione nei corridoi della stazione di
polizia. Le fughe di notizie sono gi� anche troppe e stanno sempre a discutere su
chi possa essere il traditore.
Bersi un bicchiere di vino con Jon Bergman nel bel mezzo di un'indagine � da
escludere. Se ti lasci sfuggire una parola, lui non molla la presa. Si china per
prendere la borsa e tira fuori il portafogli.
"Senti, se non te ne vai tu, me ne vado io" annuncia. "Tanto ho fretta" aggiunge
per addolcire la pillola.
"Ma che cazzo, rilassati" commenta Jon. "Mi potrai pur dire qualcosa, in nome dei
vecchi tempi..."
Senza rispondere, lei d� la carta di credito al cameriere che batte la cifra sul
lettore e lo posa sul tavolo di fronte a Karen, per poi lanciare un'occhiata al
piatto.
"Andava bene il cibo?" domanda, osservando il merluzzo avanzato e il burro
rappreso.
"Benissimo, solo che ho un'emergenza" replica Karen.
Si alza e gli fa un sorriso veloce. Jon ha fatto un passo indietro e la guarda
mentre si infila il cappotto.
"Non volevo rovinarti la cena. Posso almeno offrirti qualcosa al bar? O da qualche
altra parte?"
"In realt� non ho proprio tempo."
Lui le sta alle calcagna mentre si dirige verso l'uscita.
"Il mio numero ce l'hai!" sbraita mentre apre la porta. "Chiamami!"
Lei si blocca, si volta e gli sorride.
"Okay, te lo prometto. Se per caso perdo la ragione, ti chiamo subito. Ma solo dopo
che le indagini saranno concluse."

37.

Il calore rimasto dopo che la fornace � stata spenta la avvolge appena oltrepassa
la soglia. Per un attimo ha considerato di ritornare a Langevik, dopo che la sua
serata � stata interrotta cos� improvvisamente, ma si � resa conto di aver bevuto
quasi tutto il vino. Sopra di lei ristagna ancora la nuvoletta nera del senso di
colpa per domenica mattina, per aver guidato coi postumi della sbornia e con un
tasso alcolemico troppo elevato. La gente qui sulle isole guida spesso dopo aver
bevuto: le leggi sono inutili e le multe troppo basse, finch� non succedono
incidenti. E ci sono pochi controlli. Ma Karen ha fatto un giuramento: massimo un
bicchiere. Le chiavi dello studio di Marike al vecchio porto di Dunker fanno parte
di quella promessa.
Getta il cappotto e la borsa su un bancone del negozio e va nello stanzone
rettangolare sul retro dell'edificio, dove l'argilla viene trasformata in arte.
Quella particolare argilla turchese che ha convinto Marike a trasferirsi da
Copenaghen a Heim� e comprare un terreno. Un appezzamento paludoso nell'entroterra,
non coltivabile e non edificabile, e neppure bello, ma che sotto la superficie cela
tonnellate di un materiale che per lei � oro.
� stato per quello che si sono conosciute. Il venditore della propriet� era il
cugino di Karen, Torbj�rn, e lei era passata a trovarlo un sabato mattina di quasi
sette anni fa, quando una donna alta e con lo sguardo risoluto si era presentata a
casa sua senza appuntamento.
La donna aveva una cartina della zona, e con un pennarello rosso aveva cerchiato un
pezzo di terreno che - aveva spiegato in un danese incomprensibile - voleva
comprare a qualsiasi prezzo. Quando aveva detto "a qualsiasi prezzo" negli occhi di
Torbj�rn si era accesa una scintilla.
La trattativa era stata un imbroglio: svanita la sorpresa per il fatto che qualcuno
fosse realmente interessato a quell'angolo inutilizzabile a sud-ovest della sua
propriet�, Torbj�rn aveva visto l'opportunit� di gonfiare il suo portafogli. Ed era
stato subito chiaro che la donna danese non aveva nessuna cognizione del costo dei
terreni in Doggerland o delle condizioni necessarie per costruire una casa. La
confusione linguistica, poi, dovuta all'oscuro modo di contare dei danesi e
all'altrettanto incomprensibile sistema monetario doggerlandese, aveva costretto i
due a passare all'inglese, nonostante la comune parentela scandinava.
All'inizio Karen si era divertita di fronte all'abilit� del cugino nello spillare
dei soldi, ma alla fine non era riuscita a stare zitta. Nonostante le occhiatacce
di Torbj�rn, aveva ribadito il valore inesistente del terreno spiegando che era
impossibile costruirci una casa sopra. Dopodich� aveva proposto di includere nel
prezzo anche la striscia confinante, che dava sul fiume Portland, e che
tradizionalmente era sempre stata abbinata a quell'appezzamento. L� avrebbe potuto
costruire la sua casa e avere anche una bella vista, almeno da un lato.
Quella proposta le era costata sei mesi di gelide relazioni con suo cugino, ma
aveva portato a un'amicizia durevole con Marike Estrup.
Karen solleva un lembo della plastica che copre il trogolo nello studio, prende un
pizzico di argilla e la fa rotolare tra pollice e indice. Sente la sua morbidezza
elastica e osserva le sculture gi� cotte allineate lungo la parete a vetri. Ha
assistito a quel laborioso processo dalla a alla zeta. Prima Marike, con degli
stivaloni di gomma fino alla coscia, estrae l'argilla dal campo dietro casa, poi la
lava con cura, diverse volte, e aspetta pazientemente che si asciughi. Quindi, con
le sue braccia forti, la colpisce per renderla malleabile. Infine, la porta nello
studio di Dunker dove ha inizio la trasformazione. Karen � affascinata dalla forza
e dalla determinazione nel processo creativo: forme che sembrano nascere dal nulla,
colori che mutano a migliaia di gradi di calore. Ha vissuto l'eccitazione del
momento in cui le porte delle fornaci si aprono, ha seguito lo sguardo inquieto di
Marike quando esamina i risultati delle sue fatiche.
Eppure � difficile capire che le sculture esposte nelle prestigiose gallerie di
tutto il mondo hanno avuto origine dallo stesso tipo di materia appiccicosa che in
questo istante tiene tra le dita.
Un attimo dopo ritorna alla realt� e pensa che le indagini per la morte di Susanne
rappresentano la sua materia appiccicosa che forse non prender� mai forma.
L'incontro con Wenche Hellevik ha contribuito a delineare un'immagine pi� completa
di Susanne: l'infanzia a Langevik non dev'essere stata facile per una bambina la
cui famiglia spiccava come un pavone in mezzo a uno stormo di gabbiani. Questa cosa
poteva in parte spiegare i suoi tentativi incessanti di farsi accettare, di essere
come gli altri, di intrufolarsi in una famiglia il pi� diversa possibile da quella
in cui era nata. E motivare anche il suo rancore quando tutto era andato in fumo.
La rabbia per il divorzio, il dover tornare al suo paese, e poi scoprire che il
terreno della sua eredit� era stato venduto e apparteneva proprio all'uomo che
odiava, Jounas Smeed. "Non sarebbe stato strano se fosse stata Susanne a spaccargli
la testa con un gancio di ferro" pensa Karen. Ma il contrario? No, non riesce a
immaginare nessun movente per Jounas. Eppure c'� ancora quella possibilit� teorica,
quell'intervallo di pochi irritanti minuti, per cui potrebbe essere stato lui.
Altrimenti chi?
Il resoconto fornito da Cornelis e Astrid durante la riunione del tardo pomeriggio
era stato di una chiarezza esemplare e molto dettagliato. Avevano parlato con i
colleghi pi� vicini a Susanne, infermieri e inservienti, e poi di nuovo con la
direttrice della casa di riposo Solg�rden, Gunilla Moen. Circa met� degli
interpellati non aveva nessuna opinione su Susanne Smeed, la conosceva solo di
vista, e aveva avuto ben pochi contatti con lei. L'altra met� aveva dichiarato
all'unisono che Susanne, che era responsabile di fatturazione, paghe e richieste
ferie, era precisa e organizzata nello svolgimento delle sue mansioni, ma mancava
totalmente di flessibilit� e disponibilit�. Non faceva il minimo sforzo di aiutare
qualcuno a uscire da una situazione difficile, nemmeno nei casi pi� gravi. Se una
richiesta di ferie le arrivava sulla scrivania con un minuto di ritardo, non la
approvava, anche se c'era una fila di sostituti disponibili a lavorare. E negava
gli anticipi sullo stipendio, indipendentemente dal motivo. In pi�, aveva
l'irritante abitudine di intromettersi e far notare le mancanze altrui, e metteva
sempre in dubbio chi domandava degli straordinari o una nuova uniforme.
Riassumendo, Susanne era considerata "una grande stronza", per citare le parole di
uno degli inservienti.
Nessuno aveva saputo fornire dettagli utili sulla sua vita privata. Nielsen e Loots
non avevano capito il perch�. O non c'era niente di interessante da dire, oppure
ben pochi, alla Solg�rden, erano invogliati a conoscere come Susanne passasse il
suo tempo libero. La maggior parte era al corrente del divorzio e del fatto che
abitava a Langevik, i colleghi pi� vecchi sapevano anche chi fosse l'ex marito, e
che aveva una figlia. Qualcuno aveva detto che Susanne era solita andare in vacanza
all'estero, ma che i viaggi erano diminuiti nel tempo: era da molto che non tornava
al lavoro con un'abbronzatura da Mediterraneo o Thailandia.
"Credo che non riuscisse a farsi bastare i soldi e non � strano, visti gli stipendi
che abbiamo qui" aveva concluso Gunilla Moen.
C'era anche un'altra informazione: un anno fa, Susanne aveva fatto domanda per il
posto di vicedirettrice ma non l'aveva ottenuto, nonostante in passato avesse
sostituito Gunilla durante le vacanze e altre assenze. Secondo la direttrice, il
motivo era proprio la sua reticenza a collaborare con gli altri e la mancanza di
flessibilit� descritta da molti degli impiegati. Dopo di allora, Susanne si era
isolata. Pranzava da s�, non partecipava pi� agli incontri con i colleghi, a meno
che non fossero strettamente legati ai loro incarichi, arrivava puntuale alle otto
e se ne andava alle cinque. Non un minuto di pi�, non un minuto di meno.
In primavera la dirigenza aveva deciso di proibire l'utilizzo privato del cellulare
di lavoro e Susanne aveva perso le staffe. Quattro persone avevano assistito alla
scena di lei che urlava contro Gunilla sostenendo che "lei ne aveva di cose da
raccontare su questo posto" e che loro "dovevano stare attenti". N� Gunilla n� gli
altri avevano la minima idea di quello a cui alludesse. Alcuni sospettavano che lo
scoppio d'ira di Susanne dipendesse dall'alcol, altri dicevano che era
semplicemente una "strega in menopausa".
Susanne non aveva dato seguito alla cosa, ma quell'episodio imbarazzante aveva
aumentato ulteriormente la tensione tra lei e i colleghi. Alla fine qualcuno aveva
denunciato la situazione problematica sull'ambiente di lavoro e Susanne era stata
chiamata dal capo dell'ufficio del personale della Eirabolagen per proporle un
trasferimento in uno degli altri otto istituti di cura della societ�. Lei si era
rifiutata e, dopo un severo richiamo, le avevano permesso di rimanere alla
Solg�rden.
Negli ultimi mesi Susanne si era assentata spesso dal lavoro costringendo Gunilla a
contattare di nuovo l'ufficio del personale, ma non erano ancora stati presi
provvedimenti. Proprio il luned� prima di essere uccisa, aveva telefonato per
mettersi in malattia. Questa volta non aveva addotto nessuna scusa, si era limitata
a lasciare un messaggio sulla segreteria telefonica. Da quel giorno, non era
tornata al lavoro.
Il dipartimento informatico della polizia aveva concluso l'esame del computer
nell'ufficio di Susanne e il rapporto era scarno. Non appena la Solg�rden aveva
deciso di proibire le telefonate personali con i cellulari, le email private e il
traffico internet di Susanne erano cessati. E prima d'allora avevano riguardato pi�
che altro ordini online, di vestiti e cosmetici, qualche prolisso reclamo
all'azienda per l'energia eolica, ricorsi relativi a ritardi nei pagamenti dei
conti e sporadiche conversazioni, spesso a senso unico, con la figlia.
L'unica eccezione era rappresentata da un'email di carattere privato a cui non
aveva mai risposto. Una donna di nome Disa Brinckmann aveva mandato un messaggio a
susanne.smeed@solg�rden.dg alla fine di maggio. Sembrava scritto in un miscuglio di
svedese e danese. Karen l'aveva fatto leggere a tutti.
Cara Susanne!
Probabilmente non ti ricorderai di me, sono passati molti anni da quando ci siamo
viste e tu eri molto piccola. Ma forse avrai sentito parlare di me dai tuoi
genitori. Per alcuni anni abbiamo vissuto insieme in una comune a Langevik. Ora ho
alcune informazioni importanti per te e vorrei che mi contattassi il pi� presto
possibile.
Cordialmente,
Disa Brinckmann
Tel: +46 40 682 33 26
Il messaggio era stato inviato da dbrinckmann@gmail.com , ma non c'era nessuna
risposta, almeno non dalla e-mail di Susanne alla Solg�rden.
"Potrebbe avere un indirizzo personale e aver risposto dal suo computer, sempre che
ne avesse uno" aveva proposto Karl. "O magari ha telefonato. Abbiamo gi�
controllato il numero?"
"� di un indirizzo di Malm�, nella Svezia del Sud" aveva detto Karen.
"Grazie, sappiamo dov'� Malm�."
"Ho cercato di chiamare" aveva continuato Karen ignorando Karl, chiaramente ancora
arrabbiato. "Ma non risponde nessuno e non c'� la segreteria, quindi non ho potuto
lasciare un messaggio. Continueremo a provare, ma considerando quanto Susanne fosse
asociale, e come disapprovasse lo stile di vita dei suoi genitori, le possibilit�
che abbia risposto a questa Disa Brinckmann sono davvero minime."
La riunione si era conclusa su questa triste nota. Un debole ma chiaro segnale di
disperazione per la prima volta si era diffuso nel gruppo, come una scoreggia
puzzolente che tutti sentono facendo finta di niente. Con voce piena di convinzione
immotivata, Karen aveva cercato di risollevare l'umore: parlare con Disa Brinckmann
poteva rivelarsi utile. E naturalmente avrebbero cercato di capire se Susanne
sapesse davvero qualcosa che poteva danneggiare Gunilla Moen, la Solg�rden o i suoi
proprietari. E poi, aveva ribadito lei, erano ancora agli inizi, erano passati solo
tre giorni. Ma tutti sapevano che sarebbe stato decisivo fare dei passi in avanti
proprio in quei primi giorni. Nessuno l'aveva detto, e forse lei se l'era solo
immaginato, ma non era cos� che la pensavano? "Se ci fosse Smeed, avremmo concluso
molto di pi�".
Karen rimette la pallina di argilla nella cassa e si asciuga le dita sfregandole
sui jeans. Poi va nel cucinotto accanto allo studio e apre il frigo. Marike non la
delude mai. Sul ripiano in alto ci sono solo un po' di formaggio, qualche banana,
un cartone di latte scaduto, qualche pellicola fotografica e un vasetto di olive,
ma su quello in basso sono allineati ordinatamente gli accompagnamenti per le
olive: tre bottiglie di gin e una di vermouth, che secondo l'amica sono merci di
prima necessit�. Karen apre lo sportello del congelatore e prende un bicchiere da
Martini.
Dopo aver recuperato la borsa sul bancone del negozio, ritorna nello studio e si
siede sul divano con un bicchiere pieno fino all'orlo. Gi� dopo il primo sorso ha
voglia di una sigaretta e si rende conto, irritata, che questa volta non pu�
proprio infrangere la sua promessa: ha dato le ultime a uno dei vagabondi al centro
commerciale di Gren�. Per un minuto e mezzo accarezza l'idea di uscire di nuovo e
andare al supermercato pi� vicino a Varvsgate, ma poi guarda fuori dalla finestra e
cambia idea. Apre la borsa e tira fuori un pesante sacchetto di plastica, si siede
a gambe incrociate e lo posa in grembo. Con cautela apre la cerniera ed estrae
l'album di fotografie che lei e Karl hanno trovato nella cassettiera di Susanne e
che i tecnici della Scientifica hanno finalmente restituito.
Per un istante osserva la copertina e ne sfiora la superficie con il palmo: �
abilmente dipinta per assomigliare a pelle marrone, ma gli angoli consumati
rivelano gli strati di carta pressata. Lo apre e dalle pagine si solleva un
familiare odore di polvere e colla vecchia.

38.

A casa sua ci sono tre o quattro album di foto divise per epoche. Qui invece sembra
che i Lindgren abbiano messo le fotografie di diversi decenni tutte insieme. Forse
hanno raccolto quelle pi� importanti prima di trasferirsi dalla Svezia. Le pi�
vecchie sono color seppia, scattate in studio a cavallo del Novecento, e sembrano
ritratti degli antenati di Anne-Marie o Per. Karen legge i nomi svedesi scritti con
cura sotto le immagini, insieme all'anno: Augusta e Gustav, 1901 ; G�ta e Albin,
1904 . Entrambe le donne indossano un vestito nero e hanno i capelli raccolti in
una crocchia, e sono in piedi dietro al marito, seduto impettito nell'abito
elegante su uno sgabello. Nome e anno, ma nessun'altra spiegazione di chi siano
queste persone.
Nelle pagine immediatamente successive sono raffigurati tutti i membri della
famiglia Lindgren e i loro amici nel corso del Novecento, e con il passare dei
decenni i soggetti sono sempre meno legati ad avvenimenti solenni e rappresentano
scene di vita quotidiana: un uomo, tale Rudolf, in abito elegante e stivaletti, �
appoggiato soddisfatto a una T-Ford del 1927. In un giardino, nel 1933, c'� Anna-
Greta, una donna prosperosa e ridente, con un vestito a fiori in stile anni Trenta
e scarpe bianche. Su un'altra foto, forse scattata nella stessa occasione, c'� un
ragazzo, Lars-Erik, con il berretto da neodiplomato e un braccio intorno alla
stessa donna, sulla scala che conduce a una casa di legno gialla. "Madre e figlio"
pensa Karen.
L'anno dopo una ragazza di nome Ulla fa esercizi di ginnastica alla sbarra mentre
la foto successiva mostra Karl-Artur ed Eskil che, nel 1935, si tuffano da un
pontile insieme ad altri ragazzini senza nome. Due polyfoto risalenti alla Seconda
guerra mondiale raffigurano giovani in uniforme con studiate espressioni di seriet�
sul viso. Alcune donne in abiti anni Quaranta sembrano rabbrividire in una stazione
ferroviaria in pieno inverno: una di loro saluta il fotografo con la mano, mentre
le altre stanno versando la zuppa agli uomini in uniforme in coda ordinata. Sotto
c'� scritto, a mano: Katrineholm 1943 .
Tra quelle degli antenati c'� anche una piccolissima foto con uno sfondo
conosciuto: sembra scattata a Langevik vicino a uno dei capanni da pesca e mostra
una coppia di anziani seduti su due sgabelli ad aggiustare le reti: Vetle e Alma
Gr��, 1947 .
Con sua sorpresa, Karen si commuove. Molte di quelle foto potrebbero essere state
prese dall'album della sua stessa famiglia: un'affinit� improvvisa e la percezione
di quella caducit� senza senso le causano un nodo in gola. File di donne, uomini e
bambini con espressioni serie o sorrisi felici, testimoni di diversi decenni, e ora
tutte queste persone sono morte. Una generazione dopo l'altra ha lottato per la
sopravvivenza e per la continuit� della specie; forse anche per un po' di felicit�.
Tutti questi antenati dei quali ora possiamo solo immaginare gioie e dolori
guardando qualche fotografia sbiadita. Persone che un tempo hanno significato tanto
per qualcuno, anche se la maggior parte di loro viene dimenticata dopo un paio di
generazioni.
"Qualcuno di noi anche prima" dice a se stessa Karen svuotando il bicchiere.
Ancora una volta il desiderio di una sigaretta l'assale come un'ondata, e un
impulso improvviso la fa alzare. Va nel cucinotto e apre l'armadietto sopra la
credenza. Marike fuma ancora, ogni tanto. � sempre sul punto di smettere, proprio
come Karen, ma ricomincia volentieri ogni volta che si trova di fronte a
un'avversit�: all'Oistra l'ha vista fumare come una ciminiera mentre si lamentava
per un problema nella smaltatura.
Karen fa correre lo sguardo sugli scaffali carichi di tazze, bicchieri, piatti e
scodelle. Dove non vede, tocca con le dita, e finalmente, dietro a una gigantesca
ciotola di argilla dipinta di rosso, sfiora qualcosa di familiare. Trionfante, e
con solo un accenno di senso di colpa, tira fuori un mezzo pacchetto di Camel.
Dopo essersi preparata un altro Martini Dry, aver aperto due finestre ed essersi
infilata un cardigan, ritorna sul divano e manda un messaggio a Marike per
avvertirla che finir� la sua scorta di sigarette. Poi posa di nuovo il pesante
album in grembo e si rimette a studiare le foto. "Lars-Erik potrebbe essere il
padre di Per Lindgren" pensa. Quali siano le foto che ritraggono la famiglia di
Anne-Marie, se ce ne sono, � difficile capirlo. Non ci sono cognomi e nemmeno
indicazioni della parentela. Continua a sfogliare quelle file di volti e soggetti
anonimi con sempre minor curiosit�.
E davanti a lei ora splende la cauta speranza del dopoguerra. Le immagini sono
ancora in bianco e nero, ma con il passaggio agli anni Cinquanta i soggetti sono
sempre pi� simili a quelli odierni: dei bambini giocano in una fontana, tre ragazze
dalla vita sottile e i capelli cotonati protendono seducenti le labbra, un ragazzo
in jeans e giubbino di pelle � accovacciato accanto a un motorino. Per, 1957 , c'�
scritto. Un paio di necrologi, tra cui quello della prosperosa Anna-Greta Lindgren,
morta a settantaquattro anni nel 1955, compianta da "marito, figli e nipoti". Altre
due fotografie del diploma: una ragazza con un'acconciatura elegante e un sorriso
incerto: Anne-Marie, 1959 . Sulla foto accanto a lei c'� un giovane altrettanto
elegante, con i capelli biondi impomatati e gli zigomi segnati dalle cicatrici
dell'acne.
Karen accende un'altra sigaretta, sorseggia il Martini Dry, e gira un'altra pagina.
Adesso � arrivata agli anni Sessanta e le memorie dei Lindgren sono rappresentate
in un'esplosione di colori con quella caratteristica patina gialla che sembra una
leggera nebbia sulle foto. Ormai la macchina fotografica � diventata un oggetto
alla portata di tutti: la spontaneit� risolleva un po' le immagini anche se la
qualit� ne risente. Il fuoco � spesso su qualcosa davanti, dietro o addirittura a
fianco del soggetto, e met� delle persone escono dall'inquadratura. Forse per la
stessa mancanza di cura, non ci sono pi� nemmeno nomi e anni. Che si tratti dei
Sessanta, per�, � fuor di dubbio: molti anziani indossano ancora vestiti che erano
moderni dieci o vent'anni prima, ma il decennio influenza sempre pi� chiaramente la
moda della nuova generazione. In queste foto ritornano spesso due persone: una
coppia che sembra avere poco meno di trent'anni. Karen li riconosce dagli scatti
del diploma. Apparentemente molto innamorati, Anne-Marie e Per sono ritratti in
diverse pose e situazioni. Lei in minigonna e lui in pantaloni aderenti, a volte da
soli, ma pi� spesso in gruppo con gli amici. Nella compagnia qualcuno doveva
tenerci molto a immortalare ogni incontro: feste, cene, vacanze. Pian piano nelle
foto aumentano le donne incinte e poi spuntano dei bambini. Una giovane coppia
solleva per le mani il bimbo in mezzo a loro, che ride mentre lo fanno dondolare,
una donna con i capelli lunghi allatta il suo piccolo su una coperta stesa
sull'erba. Nonostante il viso seminascosto, si vede che sorride.
Karen distoglie lo sguardo e chiude gli occhi. Anche lei aveva sorriso in quel modo
estasiato? Prima che coliche, influenze, varicella e otiti diluissero la
beatitudine con quella preoccupazione sempre presente? Prima di ferirsi i piedi
nudi con i Lego sparsi in giro, prima che l'et� della ribellione trasformasse in
una lotta ogni momento dedicato a vestirsi? Prima che la casa si riempisse delle
sue prediche? Le prediche costanti su guanti e sciarpa, compiti e televisione, e
"per-l'amor-di-dio-non-mangiare-i-fiocchi-di-cereali-direttamente-dal-pacchetto",
oltre che "John-potresti-insegnargli-a-sollevare-la-tavoletta-la-prossima-volta",
per non parlare di "controlla-che-si-metta-la-cintura-in-macchinalo-sai-che-se-la-
sgancia-quando-non-lo-stai-guardando".
Anche lei aveva osservato il fagottino che aveva in grembo con un sorriso
malinconico, quasi triste, come se gi� allora avesse avuto il presentimento di
quello che sarebbe successo? Di quello che sarebbe accaduto se lei avesse abbassato
la guardia per un solo maledetto istante. Se per un secondo si fosse convinta a non
preoccuparsi per tutto. Se non avesse fatto in tempo a evitare il pericolo.
Meccanicamente, senza nemmeno accorgersene, si asciuga le lacrime che le scorrono
fino al mento con il dorso della mano, e tira su con il naso. Trema solo un po'
mentre avvicina l'accendino a un'altra Camel, e quando solleva il bicchiere la sua
mano � di nuovo ferma. � passata anche stavolta. Succede ancora spesso, ma non dura
pi� come prima. Va meglio.
Fa un respiro profondo e riporta lo sguardo sulla raccolta di foto di Susanne, gira
pagina e osserva le immagini con pi� distacco. La moda, ora che siamo arrivati alla
fine degli anni Sessanta, prescrive pantaloni a zampa d'elefante, camicie
attillate, lunghi vestiti batik e capelli con la riga in mezzo. C'� una serie di
immagini di giovani sorridenti contro un cielo azzurro Kodak.
Chiss� se qualcuno di loro era venuto in Doggerland con i Lindgren? Erano le stesse
persone che i tizi all'Haren och Kr�kan disprezzavano tanto? Va avanti di qualche
foglio ed eccole qui: le foto che collegano la vita di Per e Anne-Marie Lindgren in
Svezia alla loro nuova esistenza in una comune molto lontana.
Una foto di gruppo accanto alla ringhiera di un traghetto. Sullo sfondo, Karen
riconosce il logo verde della compagnia di navigazione, il pesce stilizzato sopra
una linea a forma di onda che ancora oggi decora le navi tra Dunker ed Esbjerg.
Tre donne, due uomini, tre bambini. La bimba, che sembra avere sui cinque anni, d�
la mano a una delle donne e sorride all'obiettivo. Una delle altre due ha un
neonato in una fascia avvolta intorno al corpo, e uno degli uomini tiene fermo un
passeggino con un bambino di circa un anno. Nel vento, i capelli sono ritti come
manici di scopa e le gonne sono attorcigliate intorno alle gambe.
"Devono aver chiesto a un altro passeggero di fare la foto," immagina Karen "oppure
c'era una persona in pi� nella compagnia". Osserva i sorrisi pieni di aspettative e
ha un brivido. Alcuni di loro sarebbero ritornati in Svezia meno di due anni dopo e
quelli rimasti a Langevik ora sono tutti morti.
Nella pagina successiva � incollata una sola foto. Sopra di essa c'� una scritta in
caratteri molto grandi, in pennarello arancione: Langevik, 1970 . Intorno alla foto
sono disegnati fiori e simboli della pace in colori diversi. � uno scatto di
gruppo: otto adulti, quattro uomini e quattro donne, stretti in due file sui
gradini di una scala che conduce alla porta di una grande casa. Sull'erba ai piedi
della scala sono seduti dei bambini.
Sotto l'immagine i nomi sono scritti con cura: Disa, Tomas, Ingela, Theo sono
quelli sul gradino pi� in alto.
Karen si china per studiare la donna sulla sinistra. Disa Brinckmann: ecco che
aspetto ha. O meglio, ecco che aspetto aveva quasi cinquant'anni fa. Oggi sar�
oltre la settantina. Karen fa scorrere lo sguardo sul gradino pi� in basso e legge:
Per, Anne-Marie, Janet e Brandon.
Per e Anne-Marie Lindgren, i genitori di Susanne Smeed, pensa osservando i visi
sorridenti con una sensazione di disagio. La foto � stata fatta prima che Susanne
nascesse e quelle persone, grazie al cielo, non hanno mai saputo come si � conclusa
la sua esistenza.
I nomi sull'ultima riga sono: Orian, Mette e Love. Orian sembra essere il bambino
di un anno, mentre Mette, di circa cinque anni, � seduta a gambe incrociate e tiene
Love in braccio: se Love sia maschio o femmina � impossibile capirlo.
Tre donne, due uomini e tre bambini sembrano essere le stesse persone della foto
sul traghetto, gli altri visi sono nuovi. "E naturalmente nessun cognome" constata
Karen delusa.
Le immagini rimanenti sono poche e non sono state incollate. Sono infilate in mezzo
alle ultime pagine. Qualche panorama dal porto di Langevik e qualcuno dal
Lothorpsg�rden: l'edificio principale, le due casette, il fienile, il pollaio e
quello che sembra un campo di patate appena seminato. Una foto di un giovane con i
capelli lunghi e gli occhiali rotondi, a torso nudo. � appollaiato sul tetto e si
d� da fare con un martello. Karen lo mette a confronto con i presenti nella foto di
gruppo e vede che dovrebbe trattarsi di Brandon.
Lo scatto successivo � un po' sfocato. Ritrae una donna, forse un po' pi� vecchia
delle altre, in piedi accanto al fornello, che mescola qualcosa in un pentolone. I
lunghi capelli biondo cenere sono raccolti in una spessa treccia che le ricade su
una spalla e indossa un abito alla caviglia. � voltata verso l'obiettivo con un
sorriso imbarazzato e il cucchiaio di legno in mano. Karen fa un altro rapido
confronto con la foto di gruppo: s�, questa � Disa.
Ancora un'istantanea: una donna incinta con i capelli tinti con l'henn� e la pancia
gonfia come un dirigibile sotto il vestito batik si tiene la schiena con entrambe
le mani e ha un'aria stanca. "Dev'essere la stessa donna che c'era sulla nave dalla
Svezia, quella con il bambino nella fascia" stabilisce Karen, tornando alla foto di
gruppo. Ingela: almeno uno dei bambini dev'essere suo e ora � di nuovo incinta, a
quanto pare. Non � strano che sembri cos� stanca.
L'ultima foto mostra due donne sedute sulla scala. Ancora adesso, dopo pi� di
quarant'anni, Karen riesce a percepire l'atmosfera negativa. Anne-Marie � seduta
con il mento appoggiato alle mani e la testa mezza voltata, mentre Ingela, la
rossa, solleva la mano verso l'obiettivo, come per fermare il fotografo.
"Un'altra vita" pensa Karen, probabilmente era l'unica cosa che desideravano. Tempi
nuovi, ideali nuovi, una nuova terra.
Come tutti gli altri, cercavano una vita migliore, una comunanza piena di felicit�,
cos� come se l'erano immaginata. Ed erano venuti da lontano per trovarla, avevano
scommesso tutto ci� che possedevano. Avevano avuto il coraggio e la volont� di
crearsi quell'esistenza che desideravano tanto, eppure il sogno era finito dopo
solo pochi anni.
"Dev'essere successo qualcosa lass� a Lothorpsg�rden" conclude Karen. Ma cosa? A un
tratto parlare con Disa Brinckmann le sembra pi� importante che mai.

39. Langevik. Agosto 1970.

I sensi di colpa lo afferrano al petto e gli trafiggono lo stomaco come frecce. Per
Lindgren si piega in avanti e fa dei brevi respiri per far cessare gli spasimi.
Dopo un attimo si raddrizza e continua lungo il sentiero senza nemmeno asciugare le
lacrime che gli scorrono sulle guance. Perch� l'ha fatto? Perch� cazzo l'ha fatto?
Ma conosce la risposta: tutta l'estate � stata un unico lungo preludio. La bocca
ridente di Ingela, con le labbra rosse e carnose, cos� diversa dal sorriso triste
di Anne-Marie. Ingela che con le mani sporche di terra prende un mestolo d'acqua
dal barile e si sciacqua il sudore da fronte e schiena. Lo sguardo di Per sulle sue
forme prosperose che si delineavano sotto il tessuto bagnato. La gioia spensierata
di Ingela, cos� diversa dall'inquietudine costante di Anne-Marie.
Lo sguardo di Ingela quando incontra il suo. Le sue mani, che lo accarezzano di
sfuggita sulla schiena ogni volta che gli passa accanto, le loro cosce che si
sfiorano sotto il tavolo, la sua lingua che lecca via il vino dal labbro superiore
mentre lo fissa negli occhi, provocante. E lui. Lui che in ogni singolo istante �
consapevole di dove sia Ingela. Il suo sguardo che cerca continuamente quello di
lei, che cerca una conferma e ogni volta la ottiene. Lui che quella sera di qualche
settimana fa ha arruffato ridendo i capelli di Anne-Marie quando lei l'ha accusato
per l'ennesima volta.
Perch� guarda Ingela in quel modo? Crede che lei non se ne accorga? Ci � andato a
letto? � la moglie di Tomas. La moglie del suo migliore amico. Perch� non risponde
sinceramente: ci � andato a letto?
"Ma no, Ammi" le aveva risposto, con una risatina sorpresa, talmente convincente
che gi� in quel momento si era reso conto di quanto fosse facile ingannarla. Gi�
allora, quando non era successo niente. Aveva usato il suo nomignolo e una voce
cos� dolce da trasformare la sua rabbia in lacrime. Sei gelosa?
"Dimmi come stanno le cose" l'aveva pregato lei.
E invece lui aveva negato con fermezza e aveva rigirato le accuse. No, non c'era
niente tra lui e Ingela, naturalmente, si stava solo immaginando tutto. E anche se
ci fosse stato qualcosa, Anne-Marie non aveva il diritto di accusarlo. Non avevano
deciso che nessuno di loro possedeva l'altro? Non era proprio quel tipo di valori
piccolo-borghesi che volevano evitare, qui?
"Ma allora dimmi come stanno le cose" aveva supplicato lei di nuovo. E lui le aveva
risposto che lo soffocava. Alla fine lei aveva fatto marcia indietro, si era
arresa, dicendo che gli credeva. Ma aveva visto la preoccupazione negli occhi di
lei e si era ripromesso di distogliere lo sguardo dal seno e dalle labbra di
Ingela. In fin dei conti era la moglie di Tomas, cazzo, la moglie del suo miglior
amico. E lui amava Anne-Marie, l'amava sul serio.
"� vero," pensa guardando il mare "la amo. Anne-Marie non deve scoprirlo,
altrimenti la perder�. E perderei anche Tomas, e tutto quello che abbiamo costruito
insieme". Un attimo dopo � assalito da una rabbia irragionevole. Perch� solo lui
deve essere giudicato cos� severamente? Anche quel porco di Brandon fissa Ingela
con insistenza se Janet guarda da un'altra parte. E solo Dio sa cos'ha combinato
con la sorella di Theo che � venuta un paio di settimane fa in visita.
E non � Tomas stesso il pi� ardente sostenitore dell'amore libero e del fatto che
nessuno possiede qualcun altro, che l'amore non pu� avere limiti? Non era stato lui
a riprendersi Ingela dopo una separazione di tre anni, quando lei era tornata
strisciando nel suo porto sicuro? E l'aveva amata di nuovo, anche se i figli erano
di un altro. Aveva detto che tutti i bambini sono i bambini di tutti. Aveva badato
ai figli di Ingela come se fossero i suoi, li aveva imboccati, portati in braccio,
cambiato loro i pannolini e tutto il resto.
Era cos� che avevano stabilito: ci dividiamo tutto, le propriet�, il cibo, le
bevande, il lavoro, la gioia e i dolori. Comunanza, libert� e onest� avrebbero
caratterizzato la loro vita l� al podere. E amore. Il resto si sarebbe risolto da
solo.
Il problema era che nessuno era davvero onesto. Non Brandon che tradiva Janet, non
Theo che nascondeva l'erba migliore sotto il materasso. E nemmeno Anne-Marie che
diceva di credergli anche se i suoi occhi l'avevano smascherata.
E lui meno di tutti. Vigliacco, come un ladro nella notte, se n'era approfittato
quando Tomas era stato costretto ad andare in Svezia.
"Il mio migliore amico mi affida la sua famiglia per andare a seppellire sua madre,
e io mi scopo sua moglie" pensa Per, pieno di vergogna. E non una volta sola:
avevano continuato anche dopo che Tomas era tornato, avevano cercato il luogo e
l'occasione, ridacchiando, godendosi il loro segreto, scambiandosi occhiate al
tavolo da pranzo quando nessuno li vedeva.
Perch� nessuno li aveva visti, vero?
"Mai pi�" si ripromette. "Mai pi�" dice a voce alta.
Non c'� bisogno di far sapere agli altri che il figlio che Ingela aspetta non � di
Tomas, nemmeno stavolta.
"� tuo figlio, Per" gli aveva detto. Sono sicurissima.
Lui comunque non vuole confessare n� ad Anne-Marie, n� a Tomas. Perch� dovrebbe
essere onesto se nessun altro lo �? E anche Ingela non deve parlare. Anne-Marie ne
sarebbe distrutta.
E Tomas. "Forse stavolta non ti perdoner� cos� facilmente" aveva detto Per a
Ingela. Se l'avessero rivelato, tutto sarebbe andato a catafascio: il podere, le
amicizie, il suo rapporto con Anne-Marie. Tutto. Se avessero detto la verit�,
avrebbero distrutto quello che avevano iniziato a costruire.
Alla fine Ingela aveva promesso di tacere. S�, aveva promesso.
Il problema � che era talmente... imprevedibile. Per si gira e si avvia verso il
podere.
"Devo parlare di nuovo con lei" si convince. "Subito, prima che sia troppo tardi".

40.

"Chi cazzo va in Spagna a camminare? � qualche trovata idiota degli svedesi?"


Karen si appoggia allo schienale con tale forza che la sedia va all'indietro e urta
contro la scrivania vuota di Johannisen.
Al numero di telefono di Malm� intestato a Disa Brinckmann non risponde nessuno.
Astrid per� � riuscita a scoprire che Mette Brinckmann-Grahn vive a Lomma, fuori
Malm�, con Jesper, il figlio di ventitr� anni. E quando Karen ha telefonato � stato
lui a risponderle.
Ha avuto difficolt� a comprendere il dialetto della Svezia meridionale, ma �
comunque riuscita a capire che Jesper Grahn non sa niente di eventuali rapporti tra
sua nonna Disa e Susanne Smeed. A dire il vero Jesper non ha nemmeno mostrato
grande interesse per gli affari della nonna. Forse lei al momento si trova in
Spagna.
"Una camminata per Ges� o qualche cazzata del genere" ha detto lui con un forte
accento meridionale. "Ma potete chiedere a mia madre, tra un'ora torna a casa."
E quando Karen � riuscita a parlare con Mette Brinckmann-Grahn, un'ora dopo, ha
avuto conferma di quell'informazione. Disa Brinckmann � andata a Santiago di
Compostela e torner� tra dieci o dodici giorni.
"La mamma � molto interessata a queste cose religiose, credo sia la terza volta che
fa il cammino. Non si tratta di un viaggio organizzato: di solito sta via due,
massimo tre settimane. Ma mi sembra che il prossimo weekend debba andare a un
concerto qui a Malm�, perci� dovrebbe essere di ritorno prima di allora."
"Va bene. Sua madre ha un cellulare? Non siamo riusciti a trovare il numero."
"S�, ma � intestato a me perch� pago io la bolletta. Gliel'ho regalato per Natale,
� qui in cucina. L'ho portata all'aeroporto e lei mi ha chiesto di tenerlo."
"Perch�?"
"Non voleva portarselo dietro durante il pellegrinaggio. � un momento fondato sul
silenzio e sulla riflessione. E poi aveva paura di perderlo. Anch'io le ho chiesto
come avrei fatto a contattarla se fosse successo qualcosa, ma lei mi ha detto che
un cellulare che suona disturberebbe l'esperienza. Non c'� proprio modo di
comunicare con lei. Vuole il numero lo stesso? Visto che tra poco torner�,
intendo."
Karen ha sospirato, si � annotata il numero e ha cambiato discorso.
"� vero che lei e sua madre abitavate in una comune a Langevik, all'inizio degli
anni Settanta?"
Mette Brinckmann-Grahn � rimasta in silenzio per qualche secondo e quando ha
risposto c'era un'ombra di freddezza nella sua voce.
"Si � messa sulla difensiva" ha pensato Karen.
"S�, � vero, ma sono passati pi� di quarant'anni. Siamo tornati a casa prima che io
cominciassi le scuole. Di che cosa si tratta, esattamente?"
Karen ha spiegato brevemente che una certa Susanne Smeed � stata trovata morta e
che, secondo informazioni ricevute dalla polizia doggerlandese, Disa aveva cercato
di raggiungerla telefonicamente qualche mese fa. Loro devono solo fare qualche
domanda di routine a tutti quelli che hanno avuto a che fare con Susanne negli
ultimi tempi.
"Ha idea del motivo per cui sua madre ha contattato Susanne?"
La replica � arrivata subito.
"No, per niente."
E mentre Karen � rimasta in silenzio, Mette Brinckmann-Grahn ha ampliato la sua
risposta.
"Forse voleva solo parlare con qualcuno di quei tempi e credeva che Susanne potesse
aiutarla. Mia madre � un po'... come dire? � rimasta ancorata agli anni Settanta,
in un certo senso. Ma potete chiedere a lei quando torna."
Si sono salutate dopo che Mette ha promesso di farla chiamare da Disa al suo
ritorno, o anche prima, se si far� sentire dalla Spagna.
Karen chiude gli occhi e ripensa alle parole di Jesper Grahn: "Camminata per Ges�".
Scoppia a ridere. Be', potrebbe essere un buon modo per definirla. Anche lei aveva
letto dei pellegrinaggi verso Santiago di Compostela, e visto foto sbalorditive dei
vari sentieri, ma non le � mai venuta la tentazione di farlo. La poca fede che si �
portata dietro da casa - la famiglia di suo padre aveva fatto qualche debole
tentativo di condurla sulla retta via durante le settimane estive che passava coi
cugini a Noor� - si � sgretolata un marted� di dicembre di undici anni fa.
Andare in pellegrinaggio con i piedi doloranti non rientrava negli interessi di
Karen Eiken Hornby. E come diavolo fa una donna di oltre settant'anni a
trotterellare su polverosi sentieri di campagna per diverse settimane?
"E come cazzo pu� stare gi� in piedi due giorni dopo un infarto" borbotta irritata
lanciando un'occhiataccia alla scrivania di Johannisen prima di tornare alla sua
con una spinta.
Evald Johannisen ha fatto sapere, tramite sua moglie, che domani sar� dimesso e nel
migliore dei casi torner� al lavoro tra un paio di settimane.
"Angina pectoris" la corregge Karl. "Non � stato un infarto. Anche mio padre vive
di nitroglicerina e calcio-antagonisti..."
"S�, s�, ma lui � un dentista, non un poliziotto" lo interrompe brusca. "Johannisen
dovrebbe approfittarne per andare in pensione. Non � che fosse in gran forma
nemmeno prima di collassare, come cazzo fa a pensare di resistere?"
"Tu, piuttosto, come farai a resistere? Mi sembri un po' stressata" constata Karl
calmo. "Hai pranzato?"
"Non ho fame" taglia corto. "Ci credo che sono stressata, non andiamo da nessuna
parte. Tra poco sar� passata una settimana e non abbiamo concluso un tubo."
"Sono passati cinque giorni" la corregge Karl alzandosi. "Pu� succedere ancora di
tutto, come hai detto tu ieri in riunione."
"Ho detto una bugia" risponde dura.
"S�, mi sono accorto che ogni tanto le dici."
"Credevo che avessimo chiarito" lo rimbecca.
"Karl ha ragione" pensa lei. Un leggero capogiro le fa capire che ha un calo di
zuccheri.
"Calmati, Eiken."
"Scusa. Sono solo stanca di vedere che non facciamo passi avanti. Ogni strada che
tentiamo conduce a un vicolo cieco. Hanno ucciso Susanne e noi non abbiamo la
bench� minima idea di chi sia stato o perch�."
"Be', non era proprio benvoluta, quindi non � del tutto impossibile che qualcuno
avesse un movente."
"Nemmeno io sono benvoluta, ma nessuno mi ha spaccato la testa per quello."
"Non ancora..." commenta Karl con un sorrisetto. "Johannisen ne avrebbe una gran
voglia. E anch'io, a volte."
"Scommetto che Haugen mi toglier� l'incarico se non riusciamo a inventarci
un'ipotesi al pi� presto. E poi mi sembra che il gruppo stia perdendo la carica."
"Be', comunque io ho fame e pensavo di andare gi� al Magasinet. Vieni? Hanno degli
spratti buonissimi..."
Con un sospiro Karen si alza e prende il giubbotto dallo schienale della sedia.
Un quarto d'ora dopo sono seduti a un tavolo accanto alla finestra. L'orologio
segna quasi l'una e mezzo e la ressa dell'ora di pranzo � passata. Karen beve un
sorso di birra e guarda il mare.
I grandi pescherecci oggigiorno attraccano a Ravenby, ma qui ci sono ancora barche
per la pesca a strascico e per la pesca con rete, oltre alle leggere imbarcazioni
di alluminio dei pescatori di ostriche. Un gruppo di sommozzatori � fermo sul bordo
della banchina. Sembra che stiano discutendo animatamente. Saranno irritati come al
solito per la concorrenza dei banchi di ostriche gi� a Frisel. Un po' pi� in l� un
uomo cammina chino in avanti, con un carrello della spesa, in cerca di lattine da
raccogliere. Karen lo riconosce, � il tizio che ha visto il mattino dopo l'Oistra,
quando era ferma sul lungomare e lui stava dormendo sulla spiaggia.
Sono successe talmente tante cose, da quando si � svegliata in quella stanza
d'albergo accanto al suo capo, che non ha quasi avuto tempo di crogiolarsi nel
rimorso. Ora, al ricordo di ci� che � successo, � pervasa da un senso di disagio, e
rapidamente riporta lo sguardo su Karl.
"Oh, ecco" dice lui soddisfatto mentre la cameriera posa davanti a loro i piatti e
un cestino di pane.
Quando il profumo la raggiunge, sente il vuoto nello stomaco: spratti croccanti,
burro all'aglio, limone e prezzemolo. E pane caldo fumante. L'aglio �
un'introduzione recente: i vecchi mangiano ancora gli spratti con lo strutto fuso,
uno spruzzo di aceto e aglio selvatico tritato, se � stagione. Nota con
soddisfazione il leggero fruscio della forchetta che infilza il pesce e incontra lo
sguardo di Karl con un sorriso.
"Avevi ragione. Ho fame" confida lei.
Mangiano in silenzio finch� Karl ripulisce le ultime gocce di burro fuso con un
pezzo di pane. Beve qualche sorso di birra, si appoggia allo schienale e osserva
Karen nascondendo un rutto dietro il dorso della mano.
"Credi davvero che possa essere stato Jounas?" le chiede. "Penso che tutti si
domandino se ci credi veramente, o se lo fai solo per rompergli le palle."
"Rompergli le palle? Non sono certo stata io a decidere di sospenderlo, persino
Haugen si � reso conto che era l'unica soluzione."
"Lo so" risponde Karl calmo. "Ma sei tu ad aver interrogato Smeed da sola, e solo
tu puoi giudicare se la sua ricostruzione regge. E chiaramente ritieni di no, se ho
capito bene."
"Non sai quanto vorrei che reggesse. Non avrei mai voluto trovarmi in questa
situazione."
"Quindi non ambisci a diventare il capo della divisione crimini? Dai, Eiken,
ammetti che il pensiero ti attira."
Lei lo guarda senza ricambiare il suo sorriso.
"Non in questo modo. O Jounas torna e mi rende la vita un inferno, oppure non torna
e io non avr� il posto lo stesso."
"E perch� non dovresti? Perch� sprechi i soldi per comprare macchine del caff� care
come il fuoco?"
"Perch� in quel caso io avrei contribuito a farlo arrestare per omicidio. E perch�
la famiglia Smeed ha influenze molto in alto nella polizia. Lo sai anche tu che lo
zio di Jounas � sposato con la sorella di Haugen, no?"
"Quindi stai insinuando che � per quello che lui ha ottenuto il posto?"
"Non solo per quello. Jounas � un poliziotto in gamba. Arrogante e antipatico, ma
furbo come il diavolo, lo sai. E i ragazzi lo apprezzano. Johannisen gli
leccherebbe anche le scarpe se glielo chiedesse."
"Okay, cos'� che non regge, allora? Riesaminiamo i tempi."
"Ho controllato all'albergo dove ha dormito Jounas e loro possono confermare che �
uscito dalla stanza non prima delle nove e cinque. A quell'ora il cartello NON
DISTURBARE era ancora sulla porta." Beve la birra e prosegue. "La sua macchina era
parcheggiata al municipio e per andare l� ci avr� messo al massimo sei o sette
minuti. Quindi gli rimangono quarantacinque minuti per andare a Langevik e
ammazzare Susanne. Secondo Brodal potrebbe essere stata uccisa al pi� tardi alle
dieci, anche se probabilmente � successo prima. Hai sentito anche tu che non pu�
restringere il lasso di tempo pi� di cos�. A me � capitato di andare da Dunker a
Langevik in poco pi� di mezz'ora. Di solito ci vogliono quaranta minuti."
"Quindi abbiamo un buco di dieci minuti."
"Gi�."
"Cosa dice Haugen?"
"� irritato, ma la procuratrice Vegen per fortuna � ragionevole. Si rende conto che
non possiamo eliminare Smeed dai sospetti finch� rimane quel buco."
"E Jounas?"
"Sostiene di essere uscito dall'albergo alle nove e mezzo e di essere andato
direttamente a casa a piedi. Nessuno all'hotel l'ha visto andare via, e pu�
benissimo essere vero. Il ragazzo alla reception non � tipo da starsene incollato
al suo posto."
"E prima delle nove, invece, ci hai pensato? Secondo Brodal l'omicidio pu� essere
avvenuto gi� alle otto. Jounas potrebbe essere uscito presto dall'albergo e aver
fatto andata e ritorno da Langevik. Se � davvero cos� facile sgattaiolare fuori
senza che il tizio all'ingresso lo noti, tutto � possibile. Hai parlato con la
donna che era con Jounas?"
Karen ha appena avvicinato il bicchiere alla bocca e si blocca talmente di scatto
che la birra ondeggia e straborda sulla sua mano. Fa un disperato tentativo di
mascherare la cosa fingendo di tossire. Karl la osserva scettico con le
sopracciglia inarcate. E un istante dopo lei capisce che ci � arrivato da solo.
"Non � vero. Dimmi che non � vero, cazzo."
"Che cosa?" domanda lei appoggiando il bicchiere senza guardarlo negli occhi.
Ha la voce ferma, ma si sente le guance in fiamme, e sa che traspare. Karl l'ha
scoperta in una frazione di secondo. "Anche lui � un poliziotto scaltro" pensa.
Ora la osserva in silenzio e lei si irrigidisce preparandosi al sarcasmo che la
investir�. Non la tradir�, nessuno lo verr� a sapere nel dipartimento, ma l'idea
che Karl lo sappia � gi� sufficiente. Karen Eiken Hornby � andata a letto con il
capo.
Lui non la forza a confessarlo, sa che non ha bisogno di conferme se ha indovinato.
"E a che ora sei uscita, tu, dallo Strand?" si limita a dire.
"Alle sette e venti" risponde lei piano.
"Okay, quindi quella teoria va in fumo" conclude Karl. "Ne vuoi un'altra? Io di
sicuro ne ho bisogno."
Dopo il debole cenno di assenso di Karen, chiama la cameriera e ordina altre due
birre.
"Ma senti..." riprende rivolgendosi di nuovo a lei. "Sei in ansia?"
"Indovina."
"Be', non ho intenzione di chiederti com'� stato. Presumo che tu non abbia dei
ricordi particolarmente chiari."
"Sai com'�, l'Oistra..." balbetta lei, cercando di sorridere senza riuscirci. "Non
dirai niente a..."
"Come no! Pensavo proprio di andare direttamente a raccontarlo a Haugen. E poi
telefono a Jounas e gli domando se sei brava a letto. Che cazzo di idea ti sei
fatta di me?"
"Grazie. E scusa."
Fa l'ennesimo tentativo di sorridere e solleva una guancia in una smorfia. Guarda
con gratitudine la birra che la cameriera le mette sul tavolo. Bevono in silenzio e
poi Karl torna a parlare.
"Be', se mi dessero cinque marchi per ogni persona con cui non dovevo andare a
letto, sarei un uomo ricco. Ma seriamente, Eiken, tu e Smeed... non ci posso
credere. Che doposbornia meraviglioso devi aver avuto domenica."
Nello stesso istante sembra che si renda conto di qualcos'altro.
"E poi Haugen ti chiama per dirti che la moglie di Smeed � stata uccisa."
"Ex moglie" lo corregge Karen.
Karl si piega in avanti sorridendo con un'ombra di malignit�.
"Ah gi�. Ecco perch� eri cos� ansiosa di interrogarlo da sola. Cazzo, che ingenuo
sono stato. "� una premura nei confronti di Jounas" ho detto a Johannisen."
Karen tace e abbassa lo sguardo.
"Devi aver passato le pene dell'inferno, Eiken. Ti sta bene."
Sono quasi le tre quando rientrano alla stazione di polizia. Karen tiene a bada la
vergogna usando tutte le sue forze per riesaminare i rapporti arrivati in giornata.
Tutti i paesi hanno risposto riguardo a eventuali precedenti penali dei passeggeri.
C'� solo un'aggiunta, oltre alle persone condannate alla detenzione di cui erano
gi� stati informati: un uomo italiano che in ripetute occasioni si � denudato in
scuole e parchi giochi. L'ultima volta � stato otto mesi in un carcere di minima
sicurezza prima di poter tornare da moglie e figli, nella sua casa fuori Palermo.
Oggi soffre di reumatismi ed � in sedia a rotelle, secondo le annotazioni di
Cornelis.
Un paio d'ore dopo, Karen d� un'occhiata all'orologio e si accorge che mancano sei
minuti alla riunione pomeridiana. Scoraggiata, si alza e va alla macchina del
caff�. Mentre guarda la tazza che si riempie un pensiero le ronza in testa. Sente
di essere vicina a qualcosa, che per� le sfugge ogni volta che cerca di afferrarlo.
Ha la vaga sensazione di aver tralasciato un elemento che ha sentito o visto. E che
potrebbe essere importante.

41.

"Ci sono sempre gli stessi cinque numeri, nelle chiamate in entrata e in uscita.
L'interno di Gunilla Moen, quello del capo del personale, il centralino della
Solg�rden, il cellulare di Jounas e quello di Sigrid. Ci sono anche alcune
telefonate da e verso fornitori e venditori. E poi un messaggio in segreteria da un
numero di telefono svedese e tre da un numero di cellulare prepagato e non
registrato."
Con le sue manone lentigginose, Cornelis sfoglia di nuovo i fogli pinzati che
contengono il traffico telefonico degli ultimi sei mesi sul cellulare di lavoro di
Susanne. Quando il rapporto � arrivato, un paio d'ore fa, persino Karl ha dovuto
ammettere che TelAB questa volta si � mostrata incredibilmente veloce.
Cornelis posa le carte sul tavolo e alza gli occhi sui colleghi che lo guardano
pieni di speranza.
"E..." aggiunge lentamente, come se godesse del fatto di essere al centro
dell'attenzione per una volta "questo numero prepagato � stato venduto in Svezia. A
Malm�, per la precisione."
"Ma pensa un po'! Scommetto dieci marchi che � di Disa Brinckmann" ipotizza Karl
appoggiandosi allo schienale con un sospiro.
Karen prende di mano a Cornelis la lista delle chiamate. Sfoglia i suoi appunti, si
ferma e scuote la testa.
"Negativo, non � il cellulare di Disa Brinckmann. Il numero svedese per� � il suo.
Quindi alla fine � riuscita davvero a trovare Susanne! Hanno parlato per circa
un'ora il 21 giugno."
"Chi cazzo �, allora, l'altro che ha chiamato? Un'altra persona che abita a Malm�?
Che probabilit� ci sono? No, scommetto quello che volete che anche il prepagato �
di Disa Brinckmann."
"Susanne non poteva usare il cellulare di lavoro per motivi personali, perci� �
probabile che ne avesse anche uno privato. Ed � su quello che potremmo trovare
qualcosa di interessante" suggerisce Astrid.
"Gi�, probabilmente non era il solito telefono di copertura" concorda Karl.
Karen lo guarda inarcando le sopracciglia.
""Telefono di copertura"?"
"S�, per salvare le apparenze di fronte al datore di lavoro. Poi uno lo usa solo
per andare sui siti porno o per dei tentativi di estorsione."
"Ne hai uno anche tu? Per salvare le apparenze, intendo."
"Io? Ma se sono sempre in servizio?" ridacchia Karl. "Le poche chiamate personali
che faccio pu� anche pagarmele lo stato."
"Io ce l'ho uno personale, e in effetti lo uso" ammette Astrid. "Abbiamo un
abbonamento per la famiglia con diversi numeri inclusi."
"� ovvio" pensa Karen con un sospiro. "La famiglia Perfettini fa sempre la scelta
migliore: jogging, cibo sano e abbonamento per la famiglia. Probabilmente vanno
anche in chiesa".
Nello stesso istante si accorge che Astrid � insolitamente pallida. Una ciocca di
capelli le � sfuggita dalla coda e lei la scosta dalla fronte con un gesto stanco.
"Comunque, in totale, Susanne ha ricevuto tre telefonate dal numero prepagato al
suo cellulare di lavoro" continua Cornelis paziente. "Due alla fine di giugno: la
prima � durata circa mezz'ora e la seconda poco pi� di due minuti. Poi pi� niente
per quasi tre mesi e infine c'� un'altra chiamata dallo stesso numero, ma � finita
sulla segreteria."
Cornelis fa una pausa a effetto.
"E quella chiamata � stata effettuata il 27 settembre alle 10.15" conclude.
"Il 27? Cazzo, era venerd� scorso!"
Per quattro secondi esatti tutti tacciono intorno al tavolo. Qualcuno ha chiamato
Susanne due giorni prima che fosse uccisa. Quattro secondi di silenzio prima che
Cornelis si schiarisca di nuovo la voce.
"TelAB ci ha aiutato a localizzare la provenienza di quella chiamata e sembra che
si sia agganciata a un ripetitore in centro a Copenaghen."
"Be', allora possiamo escludere con certezza Disa Brinckmann. � andata in Spagna
il..." Karen sfoglia i suoi appunti "proprio il 27. Difficilmente avrebbe potuto
passare dalla Danimarca lo stesso giorno in cui era in volo per Bilbao."
Astrid � rimasta seduta in silenzio a digitare sul cellulare. Si tende per prendere
la brocca dell'acqua mentre con l'altra mano estrae una pastiglia per il mal di
testa dall'involucro di stagnola. "Sembra davvero stanca" osserva Karen
avvicinandole la brocca. "Dovrei parlarle e chiederle come sta". La collega si
infila discretamente la pastiglia in bocca e la ingoia con due rapidi sorsi. Poi
dice: "Pu� benissimo averlo fatto. Non ci vuole pi� di mezz'ora in treno da Malm� a
Copenaghen. E da Kastrup a Copenaghen partono molti pi� voli che da Malm�. Potrebbe
essere stata la via pi� veloce per andare a Bilbao".
"Sempre che sia davvero in Spagna" interviene Karl. "Magari � venuta qui invece. Ce
l'abbiamo la lista passeggeri del 27, no? Magari c'� una Disa Brinckmann sul volo
da Kastrup a Dunker."
Cornelis annuisce e si alza.
"Controllo subito."
La sala riunioni vibra all'unisono per qualcosa che Karen non sente da parecchi
giorni: speranza. Forse hanno finalmente trovato il bandolo della matassa.
Diciotto minuti pi� tardi quella speranza si � sgretolata.
"Non c'era nessuna Disa Brinckmann sui voli per Dunker, il 27" comunica Cornelis
con espressione quasi di scusa appena torna in sala riunioni.
"Per� potrebbe essere venuta qui prima, dovremmo controllare anche i giorni
precedenti."
"Non ce n'� motivo" ribatte Cornelis. "Secondo la SAS c'era una Disa Brinckmann sul
volo delle 09.40 da Malm� a Bilbao, il 27 settembre."
Ancora una volta cala il silenzio.
"Quindi era proprio in viaggio per la Spagna quando la telefonata � stata fatta"
commenta Karl con voce soffocata, esprimendo a parole quello che pensano tutti.
"Okay, Disa Brinckmann non pu� essere stata. Ma chi cazzo � stato allora?"

42.

Karen esce dall'autostrada diretta al centro commerciale di Gren�. Sono quasi le


sei e mezzo ma al Tema le code sono ancora lunghe. Da qualche anno la ressa del
venerd� pomeriggio � diventata talmente insopportabile che sempre pi� persone
preferiscono fare compere per il fine settimana il gioved�. E adesso questa corsa
all'indietro ha fatto spostare gli acquisti al mercoled� sera. "Se continua cos�,"
pensa Karen irritata in coda al reparto alcolici, fissando il suo numero "faremo la
spesa ogni domenica sera per il fine settimana successivo".
I doggerlandesi hanno una disciplina ferrea ed efficace per quanto riguarda
l'acquisto di alcol. Al banco gastronomia la gente pu� permettersi di esitare tra
p�t� e jam�n serrano, dai pescivendoli si suppone che la scelta sia accurata e
richieda tempo. Ma nel reparto alcolici, invece, la gente sa cosa vuole, fa il suo
ordine rapidamente, striscia la carta di credito, prende lo scontrino e ritira i
prodotti allo sportello qualche minuto dopo. Una sorta di catena di montaggio che
fa scorrere velocemente i numeri in coda. Si pu� trovare vino o birra anche
nell'offerta limitata del supermercato, ma per spese pi� importanti si va in uno
degli ipermercati Tema o Freja. Karen intende fare un acquisto consistente. Anche
se sabato il cibo sar� semplice, non deve mancare qualcosa da bere. E poi ha
bisogno di rimpolpare le scorte.
Venti minuti dopo sta manovrando il carrello tintinnante sull'asfalto ruvido del
parcheggio.
Dopo aver caricato in macchina due casse di vino, una confezione di birra, due
bottiglie di gin, una di whisky e un sacchetto con cipolle, aglio, burro e panna,
addenta un bel boccone della tavoletta di cioccolato che ha preso alle casse e
riporta indietro il carrello.
Le cozze far� in tempo a comprarle venerd� al porto, e Marike ha promesso di
portare del pane fresco dalla citt�, ma forse dovrebbe preparare anche qualcosa di
dolce. Perch� non ci ha pensato prima? L'idea di tornare indietro nel negozio non �
per niente allettante.
Un ragazzo con la divisa rossa del Tema sgancia una fila di carrelli e li tira
verso l'entrata. "Torta di mele," le viene in mente"ho un sacco di mele in casa,
andr� bene quella".
"Scusi, vuole anche questo?"
Il giovane si ferma e si volta, ma non sembra apprezzare l'interruzione. Con un
sospiro prende il carrello di Karen e lo infila dietro agli altri. Deve metterci
tutte le sue forze per far ripartire quel lungo treno e Karen osserva la figura
piegata in avanti continuando a rimuginare su sabato. "Una torta classica, con la
cannella, o magari una tarte tatin..".
Poi si impietrisce. Un attimo dopo ha tirato fuori il cellulare dalla tasca del
giubbotto e sta scorrendo i contatti.
Jounas risponde al quinto squillo.
"Ciao Eiken, cos'hai in mente stavolta?"
Le sue parole sono di una gentilezza ineccepibile, ma il tono di voce rivela che
non � felice di sentirla. Lei ignora la sua acidit� e va dritta al punto senza
troppi convenevoli.
"Quel tizio che hai incontrato domenica mattina. Quello che ti ha chiesto una
sigaretta. Ti ricordi qualcosa di lui?"
"Ma non ti sei ancora arresa? No, te l'ho gi� detto. Sai quanti ubriaconi girano in
questa citt�? Ho saputo da Haugen che siete a un punto morto, ma davvero non hai
trovato niente di meglio su cui indagare?"
"Non ti ricordi proprio niente?" insiste lei. "Qualsiasi cosa. Provaci."
"Oltre alla puzza di sudore e di alcol, intendi? Per favore Karen, non sei
abbastanza bella per essere cos� stupida."
Ridacchia, con ovvia soddisfazione per la sua doppia frecciatina, e lei lotta
contro l'istinto di mettere gi�. Sarebbe cos� facile fregarsene, ma non � certo per
il bene di Jounas che sta facendo questo tentativo.
"Hai detto che vi siete incontrati sul lungomare. Per caso hai visto da dove
arrivava?"
"Come cazzo faccio a saperlo? Era in piedi che ciondolava alla fine della via,
proprio in cima alla discesa che porta alla spiaggia. Cosa stai cercando di
scoprire, esattamente?"
Qualcosa � cambiato nella voce di Jounas: dalla sua finta indifferenza trapela una
debole curiosit�. Esita prima di fargli la domanda, non vuole imbeccarlo. Si sta
aggrappando a un fuscello.
"Be', aveva qualcosa con s�, per esempio?"
Un sospiro d'irritazione rivela che il poco interesse che stava nascendo � gi�
appassito altrettanto velocemente.
"Ma che cazzo ne so di cos'aveva. Penso che avesse un carrello della spesa. Quelli
come lui li rubano nei supermercati, ma non gli ho chiesto di farmi vedere cosa
c'era dentro. Seriamente, Eiken..."
Senza una parola, lei mette gi�.

43.

Spinnhusgate � apparentemente deserta mentre Karen fa lentamente il giro dello


Stadshusparken e continua su Valhallagate, fino al parcheggio multipiano dietro il
vecchio locale per la salagione. Guida piano, piegata in avanti, guardando fuori da
entrambi i finestrini laterali, al suono monotono dei tergicristalli che ogni
quattro secondi spazzano via la pioggerellina dal parabrezza. All'altezza del
parcheggio dietro il mercato coperto individua quello che sta cercando. Entra
rallentando, si china sul sedile e tira gi� il finestrino del passeggero.
La donna, che sta proprio per abbassarsi e passare sotto la sbarra gialla
dell'uscita, si blocca sentendo l'auto fermarsi e si gira di scatto. D'istinto,
spinge in fuori il petto e sporge le labbra invitante, ma un istante dopo si rende
conto di chi c'� in macchina e interrompe lo spettacolo.
"Ciao Gro" grida Karen. "Vuoi salire a scaldarti un attimo? Vorrei chiederti una
cosa."
Gro Aske esita qualche secondo, poi trotterella sui suoi stivali a tacco alto fino
al bordo del marciapiede. Si china verso di lei e fa un sorriso storto rivelando
uno spazio vuoto nell'arcata superiore, tra il secondo e il quarto dente.
"Cazzo, parli proprio come uno che va a puttane."
I capelli biondo tinto hanno le radici scure e sono umidi di pioggia, e il
giubbottino di pelliccia finta � una scelta decisamente infelice con quel
tempaccio.
"Non � che hai qualcosa da bere?" domanda Gro piena di speranza dopo essersi seduta
e aver rivolto il getto del riscaldamento verso le mani. "Ne avrei bisogno per
scaldarmi."
"Almeno ha avuto il buonsenso di lasciare a casa la minigonna, oggi" nota Karen
osservando i jeans attillati che avvolgono le cosce rinsecchite della donna.
"No, mi spiace" le risponde. "Ma posso offrirti una sigaretta" aggiunge tirando
fuori dalla tasca un pacchetto nuovo.
"Se solo sapesse cos'ho l� dietro" dice a se stessa, vedendosi davanti le casse di
vino, birra e whisky che ha nel bagagliaio. Un attimo dopo fa una smorfia sentendo
il rumore proveniente dal corpo di Gro che aspira la prima boccata e impreca
tossendo. Karen la vede in strada da quasi dieci anni ma solo adesso, cos� da
vicino, si rende conto di quanto sia davvero sciupata: magra, con gli occhi
incavati, la carnagione grigiastra. "Non avr� nemmeno trent'anni" osserva, cercando
di non far vedere quanto sia sconvolta.
"Non � ora di smetterla?" le chiede.
"Di fumare, intendi?" ribatte Gro con un sorriso sarcastico.
"Lo sai cosa intendo."
"E fare cosa, poi?"
"Che ne so. Svegliarsi senza ansie, magari. Smetterla di sbattersi per quella
merda. Magari rivedere tua figlia. Se cerchi aiuto, potresti trovar subito un posto
a Lindvallen."
"In effetti ci penso tutte le mattine, subito dopo il primo buco, ma poi di sera
sono fuori a cercare la roba. Be', tu lo sai com'�..."
"Io lo so?" pensa Karen.
Cosa ne sa lei, davvero, di queste donne e ragazze con le gonne troppo corte e le
gambe intirizzite che si chinano di fronte ai finestrini abbassati delle auto? Cosa
ne sa di quelle madri insonni che hanno davanti agli occhi l'immagine dei gelidi
covi in cui i tossici infilano forchette nei contatori per riattivarli? Cosa ne sa
del timore di ricevere la telefonata finale che annuncia un'overdose? Cosa ne sa,
davvero, di quanto siano alti gli ostacoli da superare per chi vuole uscire dal
giro?
Forse anche lei � incapace quanto Gro di prendere in mano la sua vita, nonostante
si immagini il contrario.
Karen decide di andare dritta al punto.
"Ho bisogno del tuo aiuto. Tu conosci quasi tutti i senzatetto della citt�, no?"
Gro sporge le labbra, come a dire che � vero, e studia la brace della sigaretta
senza rispondere.
"C'� un tizio che va in giro con un carrello della spesa" continua Karen.
"Non � l'unico a farlo. Lo chiamano "girello"."
Karen scoppia a ridere senza volerlo.
"Questo bazzica dalle parti del lungomare e raccoglie bottiglie vuote."
Gro aspira a lungo, trattiene il fumo qualche secondo e poi lo soffia fuori
rumorosamente.
"Non faccio la spia. Lo sai."
"S�, lo so, e non voglio arrestarlo. Altrimenti non l'avrei chiesto a te."
"E allora a cosa ti serve?"
"Forse pu� fornire un alibi a una persona, nient'altro. Te lo giuro, Gro."
"E non hai niente da bere?"
Karen mette una mano sulla chiave.
"Pensi di aiutarmi o no? Altrimenti continuo a cercare."
Gro fa un ultimo profondo tiro, apre la portiera e butta il mozzicone sul
marciapiede. Ma poi richiude.
"Sar� il tizio nuovo" dice. "Leo Friis, mi pare. Se ne sta quasi sempre per i fatti
suoi, ma ogni tanto si siede un po' con gli altri davanti al Riksmuseet. Non credo
che sia l�, adesso, con questo tempo."
"Leo Friis" pensa Karen. Quel nome le � familiare.
Probabilmente � stato dentro per ubriachezza pi� di una volta.
"Altrimenti? Sai dove sta di solito?"
"Non ha fatto niente, giusto?"
"Te lo giuro. Sul mio onore."
Karen le porge il pacchetto di sigarette con un cenno d'invito e Gro tende una mano
violacea per il freddo.
"Va un po' fuori di testa negli spazi chiusi. Hai guardato gi� a Nyhamnen, sotto i
moli di carico?"

44.

La telefonata arriva proprio mentre esce dall'autostrada a Dunker. Karen abbassa il


volume del notiziario delle sette e mezzo e si infila l'auricolare.
Il tentativo di trovare Leo Friis, ieri sera, � stato infruttuoso fin dall'inizio.
Dopo aver guidato a passo d'uomo per venti minuti tra magazzini e moli di carico,
con i fari che si muovevano come proiettori, ha rinunciato. La zona del vecchio
porto, con l'ingannevole nome di Nyhamnen - Porto Nuovo - secondo i parametri
moderni non � estesa, ma � difficile da setacciare. Se Leo Friis si fosse trovato
in uno degli innumerevoli spazi, � molto pi� probabile che sarebbe stato lui a
vederla per primo. E se, come tutti gli altri vagabondi, sa riconoscere un
poliziotto a cento metri di distanza, non si sarebbe di certo fatto notare.
In compenso a Karen � venuta l'idea di fare uno squillo a Sara Inguldsen. Lei ha
risposto che era a casa e stava proprio per andare a letto, ma che stamani alle
cinque e mezzo sarebbe stata di turno insieme a Bj�rn. Avrebbero di sicuro tenuto
gli occhi aperti in caso avessero avvistato un senzatetto con un carrello della
spesa nella zona di Nyhamnen.
"Non portatelo alla stazione" le ha ribadito Karen prima di salutarla. "Tenetevi a
distanza e fatemi solo sapere dov'�, che lo vado a cercare."
E ora Sara l'ha chiamata per dirle che hanno appena individuato un tizio che
potrebbe essere Friis sulla salita che va dal porto a Gammelg�rdsv�gen. Karen ci
impiega sei minuti a localizzarlo. Leo Friis si trascina faticosamente sulla debole
pendenza di Gammelg�rdsv�gen, diretto verso il centro, con la schiena piegata e una
coperta di lana marrone sulle spalle. Karen lo sorpassa e si ferma un po' pi� in l�
sulla via, poi scende dalla macchina, prende il pacchetto delle sigarette e fa
finta di cercare nella borsa. "Meno male che non ho smesso," riflette "ormai dovrei
mettere le sigarette nel rimborso spese".
"Scusi" esordisce quando Leo Friis si avvicina. "Non avrebbe da accendere?"
Lui si ferma e si guarda intorno sorpreso, come per capire a chi � diretta la
domanda.
"Ah no, eccolo qui" prosegue lei, imbarazzata per le sue pessime doti di attrice.
"Ne vuole una?"
Gli tende il pacchetto e Leo Friis sembra esitare. Quando mai uno come lui viene
fermato da una donna che gli offre una sigaretta senza che ci sia qualche fregatura
dietro?
"Cosa vuoi?" replica lui secco.
"Leo Friis?"
"E tu chi cazzo sei?"
"Karen Eiken" risponde lei tendendogli la mano.
Lui non la prende. Combattuto tra il salutare impulso di andarsene e la voglia di
fumare che ha fin da ieri sera, tiene lo sguardo fisso sul pacchetto nell'altra
mano di Karen. Lei ci riprova.
"Sono della polizia e... no, calma, non hai fatto niente. Voglio solo farti una
domanda."
"Non ho niente da dichiarare."
Leo Friis rimette in moto a fatica il pesante carrello e lei lancia uno sguardo al
contenuto: lattine e bottiglie vuote, un oggetto che sembra un sacco a pelo
arrotolato, un paio di stivali invernali, e qualche fagotto dal contenuto vago.
Senza bloccarlo del tutto, Karen si sposta di lato in modo che lui sia costretto a
girarle attorno.
"Nemmeno se puoi scagionare un tizio per un crimine che non ha commesso?" chiede.
Leo Friis non risponde.
"Vuoi fare colazione? Quel bar � aperto, vedo" dice lei rapidamente, come un
venditore telefonico. "Offro io, caff� e qualche panino. E poi sigarette. Ti do
tutto il pacchetto."
Fa un cenno con la testa verso il locale dall'altra parte della strada e si accorge
che Leo segue il suo sguardo.
"E credi che mi facciano entrare? Scordatelo."
"Se glielo dico io ti fanno entrare."
Leo mangia con grande appetito continuando a tenere d'occhio il carrello fuori
dalla finestra. Grazie al cielo ha lasciato all'esterno anche la coperta, e Karen
ha notato che si � passato le dita tra i capelli per sistemarli, prima di entrare.
La naturalezza con cui aveva piazzato il suo ospite a un tavolo vicino alla
finestra per poi ordinare una brocca di caff�, un bicchiere di latte, due panini
con il formaggio e uno con l'agnello, ha troncato sul nascere ogni commento da
parte della ragazza al bancone. Karen non pu� impedirle di lanciare occhiate
sospettose, ma Leo sembra non notarle o forse semplicemente non gliene importa. Per
fortuna il locale � mezzo vuoto e i pochi che entrano scelgono tavoli il pi�
lontano possibile da quella strana coppia.
Lei lascia mangiare Leo in silenzio e lo studia da dietro la tazza. Da lontano le
era sembrato sulla sessantina, forse anche pi� vecchio. Ora, osservandolo, si rende
conto che avr� poco pi� di quarant'anni. Ha le mani ruvide e violacee,
probabilmente a causa delle troppe notti passate all'aperto. Il viso � per met�
coperto dalla barba, ma intorno agli occhi la pelle � quasi senza rughe. Deboli
ventate di sudore e muffa la raggiungono ogni volta che lui gira la testa per
controllare che i suoi tesori siano ancora l� fuori.
"La mattina dopo l'Oistra," gli dice alla fine, dopo che ha ingoiato l'ultimo
boccone di panino mandandolo gi� con il latte "hai dormito sulla spiaggia, quella
notte, vero?"
"� vietato?"
"Che io sappia, no. Credo di averti visto mentre mi affacciavo dal lungomare di
fronte all'hotel Strand, poco dopo le sette. � corretto?"
Per un secondo Leo incontra i suoi occhi al di sopra della tazza. Beve un sorso e
poi annuisce.
"Pu� essere. Ho dormito l� tutta l'estate. Questo tempo schifoso � arrivato un paio
di giorni fa."
"S�, mi ricordo che quella mattina faceva gi� caldo e ho pensato che la persona che
stava riposando l� non si sarebbe sentita molto bene al suo risveglio. Nemmeno io
ero molto in forma, a essere sinceri" aggiunge.
Leo non fa commenti n� sul caldo n� sulla donna di fronte a lui che, per qualche
ragione, gli parla di come stava quella mattina.
"Comunque, un paio d'ore dopo ti sei ripreso e sei andato sulla salita che porta al
lungomare. Ho bisogno di sapere se � vero, e se hai incontrato qualcuno, nel caso.
Uno a cui hai chiesto una sigaretta."
Lui pare totalmente assente. Guarda fisso davanti a s� con occhi vacui, come se non
avesse capito la domanda.
"In effetti � un tentativo disperato," ammette Karen "quasi impossibile". Come ha
fatto a pensare anche solo per un istante che un tizio che vive cos� possa
ricordarsi dov'� stato o con chi ha parlato quattro giorni fa?
Sar� gi� contento se si ricorda cos'ha fatto un'ora fa.
"E se te lo dico..." dice lui esitante.
"Che cosa? L'hai incontrato o no?"
"Senti, non � che sono fuori di testa. Non ancora, almeno. Mi ricordo di aver
parlato con un tizio."
"Sei sicuro? Che aspetto aveva, lo rammenti?"
"No, era un tipo qualunque. Uno di quelli che girano in citt� con un vestito
elegante all'ora sbagliata. Ma a parte l'abito era davvero messo male. Cazzo, non
mi � sembrato molto pi� in forma di me."
"Un abito, hai detto?"
"S�, ma purtroppo non posso darti informazioni sulla marca. Di Armaaani, forse,
oppure di quel nazista di Hugo Boss."
Leo pronuncia i nomi con voce nasale e Karen si stupisce che conosca quei marchi
d'abbigliamento. D'altro canto, perch� non dovrebbe? Qualcosa le dice che Leo non
vive ai margini della societ� da molto tempo. La vita di strada non ha ancora fatto
in tempo a lasciare tracce profonde su di lui.
"Okay" conviene lei sorridendo. "Quel dettaglio possiamo saltarlo. Per� mi chiedevo
se hai idea di che ore fossero? Cio�, capisco che non puoi saperlo esattamente,
ma..."
"Venti alle dieci" la interrompe lui.
Karen lo guarda incredula.
"Venti alle dieci? E te lo ricordi... cos�?"
"S�, me lo ricordo. Cos�. Pensaci un po', cara la mia poliziotta."
Il tono della sua voce le fa ingoiare la domanda successiva per accettare la sua
esortazione a riflettere. Perch� un tizio che ha smaltito la sbornia in spiaggia, e
poi si � svegliato sudato e con ancora i postumi, si ricorda esattamente che ore
erano? Un secondo dopo ha la risposta.
"I negozi" dice. "Aprono alle dieci, di domenica."
"Tombola! Quattro birre e un pacchetto di sigarette. E anche una confezione di
salsicce. Quella mattina ero pi� ricco del solito: c'erano mucchi di lattine sulla
spiaggia, bastava solo raccoglierle. Solo che quando mi sono svegliato era tutto
chiuso."
Leo si tende per prendere la brocca di caff� e si versa un'altra tazza prima di
proseguire.
"Continuavo a guardare l'ora sul campanile della Mariakyrkan mentre riempivo il
carrello. E quando � spuntato quel tipo so di aver pensato che mancavano venti
minuti prima di poter comprare le sigarette, ma avevo talmente voglia di farmi un
tiro che se non me ne dava una avrei potuto fregargliele."

45.

"Splendido! Chiamo subito Jounas e gli do la buona notizia. Brava Eiken,


bravissima!"
Viggo sorride con tutto il viso e fa per alzarsi dalla poltroncina nell'ufficio
della procuratrice Vegen. Poi si blocca e si risiede sul morbido sedile. Si volta
verso la seduta accanto, inclina la testa e fa un sorriso di scuse a Karen.
"Be', questo ovviamente implica che Jounas pu� tornare immediatamente in servizio.
Avrai tutti gli onori che ti meriti, per il tuo operato, Eiken, ma adesso niente
impedisce a Smeed di subentrarti alla guida delle indagini. Sapevi anche tu che il
tuo incarico era temporaneo, vero?"
Karen lo guarda sorpresa. � chiaro che non c'� pi� bisogno che lei mantenga il
ruolo di capo dipartimento, ma non aveva messo in conto che Smeed potesse
addirittura guidare le indagini.
Dineke Vegen si schiarisce la voce. "Aspetta un attimo, Viggo. Questa � una buona
notizia, che possiamo scagionare Jounas, dico, ma non credo che debba essere lui a
condurre l'inchiesta" dice.
Haugen si piega in avanti per protestare, ma lei lo blocca con un gesto della mano
e lui chiude la bocca.
"Anche se non ci sono pi� sospetti su Jounas, il suo rapporto con la vittima era
molto intimo. A quanto ho capito non avete ancora nessun indiziato e nemmeno
un'ipotesi di movente."
Karen annuisce controvoglia. Dineke purtroppo ha pienamente ragione, ne � fin
troppo consapevole. Viggo coglie subito l'occasione.
"Ma � proprio per questo che abbiamo bisogno di Smeed" sostiene irritato. "Non
prendertela, Eiken, ma sono passati quasi cinque giorni senza che abbiate fatto il
minimo passo in avanti."
"Viggo, � esattamente questa la ragione per cui Jounas non deve partecipare alle
indagini" replica Dineke in tono paziente. "Bisogna tenere altri interrogatori e
allargare il cerchio. Non possiamo certo aspettarci che sia lui a parlare con i
suoi parenti, con la figlia per esempio."
"La figlia!" sibila Viggo. "L'avete gi� sentita, no? E anche il suo ragazzo, se ho
capito bene dal rapporto di stamattina."
"S�, Karl ieri sera tardi � riuscito a trovare Samuel Nesb� e lui ha fornito
praticamente la stessa versione di Sigrid sul concerto e sul litigio che ne � nato.
Ci� non significa che loro due abbiano un alibi per domenica mattina, ma solo che
lei non ha mentito riguardo a sabato sera. Oppure che entrambi raccontano la stessa
bugia" aggiunge Karen captando con la coda dell'occhio che Viggo la guarda storto.
"Comunque non possiamo ancora escludere n� la figlia n� il suo ragazzo" constata
Dineke.
Haugen non demorde. "E quale sarebbe il movente, secondo te? Susanne non ha
lasciato niente in eredit�, e quella casa..."
"Non � di questo che stiamo discutendo ora" lo interrompe la procuratrice, stavolta
con un tono un po' pi� duro. "Lasciamelo dire chiaro e tondo: � del tutto escluso
che Jounas prenda parte alle indagini. Lo sai che non mi immischio volentieri
nell'organizzazione del lavoro della polizia, anche se in qualit� di procuratrice
ne avrei pieno diritto e anzi... potrei guidare io stessa l'inchiesta. Ma questa
volta non esiter� ad agire se sar� costretta."
"Ma no, spero proprio che non ci sia bisogno di arrivare a tal punto. Ci mettiamo
sempre d'accordo, no?"
Karen evita di guardare il capo della polizia. Quando un uomo nella sua posizione
viene rimproverato da un superiore, non dovrebbe essere presente un suo
subordinato. Invece lui, in maniera poco professionale, si � ficcato in una
situazione imbarazzante per tutti e tre. "Si sfogher� su di me" deduce lei. "Prima
o poi".
"Propongo che Karen vada avanti con lo stesso gruppo di ora e continui a riferire
direttamente a noi due. Jounas riprender� il suo ruolo di capo dipartimento, ma
star� alla larga da questa indagine. Siamo intesi?"
"Haugen ha comunque un po' di ragione" pensa Karen un quarto d'ora dopo,
sprofondando sulla sua sedia. "Probabilmente dovrebbe subentrarmi qualcun altro
nelle ricerche". Non Smeed, ovvio, ma qualcuno che abbia pi� motivazione di lei.
Lei � completamente vuota. Un tempo, in un caso come questo, si sarebbe comportata
come un terrier con un osso polposo tra i denti. All'epoca in cui i suoi sogni
includevano la carriera da responsabile, la possibilit� di accaparrarsi un lavoro a
lungo termine. Oggi non � pi� cos� ingenua.
Il solo pensiero del ritorno di Jounas la paralizza. Il fatto che lei manterr� la
guida delle indagini e riferir� a chi sta sopra di lui, direttamente al capo della
polizia e alla procuratrice, non contribuir� certo ad allentare la tensione tra
loro. L'assenza di lui ha rappresentato un sollievo temporaneo, una piccola bolla
d'aria in cui lei ha potuto respirare, e addirittura sentire di nuovo lo stimolo a
impegnarsi di una volta. Ora la bolla � scoppiata. Ci� che � successo allo Strand
rimarr� sempre ad aleggiare sopra di loro come una nuvola scura. Se anche prima
Jounas aveva un minimo di rispetto per lei, ora l'ha perso. La preoccupazione
peggiore, per�, � che possa tradirsi, che gli altri lo vengano a sapere. Davvero
pu� rimanere con quella spada di Damocle appesa a un filo sottile sopra la sua
testa?
"No, non sono proprio la persona giusta per condurre queste indagini" sospira.
La procuratrice forse riuscirebbe a infondere nuova ispirazione al gruppo, a vedere
il caso da un'altra prospettiva. "O Karl," pensa "lui � ancora affamato". Nello
stesso momento Karl appare accanto a lei.
"Cos'hanno detto?"
"Jounas torner� in servizio come capo dipartimento ma non parteciper�
all'inchiesta. Haugen lo dovrebbe chiamare proprio ora."
Karl annuisce.
"Be', come previsto. Per� avrei detto che Haugen avrebbe insistito per far
subentrare Jounas alla guida, ora che � stato scagionato definitivamente."
Karen esita. Deve raccontargli com'� andata davvero o lasciarlo nell'illusione che
Haugen abbia preso una decisione intelligente?
"No, procediamo come al solito. Sia io, sia il resto del gruppo."
"Bene. E poi adesso potrai dimenticare" si guarda intorno nell'open space e abbassa
la voce "la vostra notte all'albergo, visto che Jounas ha un altro alibi, no?
Perch� sei cos� demoralizzata allora?"
Lei gira lentamente la sedia e lo guarda negli occhi.
"Perch� non ho la minima idea di che direzione prendere, adesso, cazzo."
In quello stesso istante suona il telefono.
� Kneought Brodal che comunica che gli esami del dna sono pronti e confermano che
la deceduta � proprio Susanne Smeed.
"Dato che abbiamo proceduto all'identificazione e che non sussistono dubbi riguardo
alla causa di morte, il corpo pu� essere rilasciato ai familiari per la sepoltura"
la informa Kneought con tono pragmatico, che non tradisce il fatto che conosceva la
defunta.
"I familiari" pensa Karen, vedendosi dinanzi Sigrid. Dal punto di vista formale,
Susanne non aveva altri familiari. Come far� con il funerale? � probabile che non
ci sar� una veglia funebre: Karen dubita che Sigrid rispetter� le tradizioni. Ma il
funerale sar� gi� abbastanza difficile da organizzare, per lei. "Speriamo che sia
ragionevole e chieda aiuto a suo padre. Anche se Jounas � uno stronzo e sembra non
provare niente per la sua ex moglie, sar� pure disponibile ad aiutare sua figlia se
lei glielo chiede?" immagina Karen. In ogni caso bisogna fare in fretta, se
vogliono rispettare la regola dei sette giorni: entro una settimana il morto
dev'essere sepolto in terra doggerlandese. Gi� a Frisel sono ancora cinque, i
giorni, anche se le nuove generazioni iniziano a prendere usanze pi� scandinave,
danesi e norvegesi, per la precisione. Per eliminare il rischio che si faccia come
in Svezia, dove il defunto pu� rimanere nella cella frigorifera circa due mesi, �
stata approvata una nuova legge. Se i familiari non hanno tempo per occuparsi della
sepoltura entro massimo cinque giorni lavorativi e due festivi, subentrano le
autorit� e il funerale avviene senza la loro presenza.
"Quello di Susanne dovrebbe essere sabato" calcola Karen. "Devo chiedere a Karl di
andarci, se non faccio in tempo io. Pu� essere utile, anche se non sar� certo come
in tv, dove l'assassino se ne sta al cimitero a osservare da dietro un cespuglio.
Forse salter� fuori qualcuno di interessante con cui parlare, qualche vecchio amico
di Susanne che finora � sfuggito".

46.

Alle quattro meno venti di venerd� pomeriggio il gruppo investigativo si risveglia.


Per un'intera settimana sono rimasti fermi, pronti a scattare come cani da corsa,
mentre l'orologio ticchettava implacabile. E gradualmente i latrati alle griglie di
partenza sono cessati. Uno dopo l'altro sono passati tutti i momenti critici: le
prime ventiquattr'ore, in cui il novanta per cento dei colpevoli pi� maldestri e
disperati vengono identificati; e i tre giorni durante i quali gli assassini pi�
scaltri riescono a ingannare i poliziotti. Ora, al settimo giorno di indagini, si �
estinta anche la speranza che il dna o qualche altra prova possano dare una spinta
alle ricerche. Tutte le carte sono in tavola. Nessuno ormai spera pi� che qualche
testimone interessante entri in scena come un deus ex machina. Quel poco che hanno
scoperto non sembra poterli aiutare a procedere. Disa Brinckmann, forse. Hanno
preso i primi contatti con la polizia spagnola ma, a giudicare dalla loro tiepida
reazione, la donna far� in tempo a tornare a casa prima che riescano a
localizzarla. Cos'ha per� a che fare una donna di oltre settant'anni con
l'omicidio? Che non sia stata lei a commetterlo � evidente: la speranza � che
sappia qualcosa su Susanne, qualcosa che loro ignorano ancora.
E proprio ora Cornelis Loots richiama Karen con un cenno.
Nessuno di loro si � accorto di una denuncia di furto con scasso in una casetta
estiva fuori Thorsvik, nel Nord di Heim�. Cornelis l'ha scoperto pi� o meno per
caso adesso, mentre guardava nel sistema interno per i rapporti alla ricerca dei
reati inseriti nelle ultime tre settimane. Il furto con scasso � avvenuto sabato 21
settembre appena a est del molo dei traghetti. � pi� di una settimana prima
dell'omicidio di Susanne Smeed, e la polizia di Ravenby l'ha definito "furto con
scasso in villa e tentativo di incendio doloso". � stata quella definizione a
suscitare il suo interesse.
Il tentativo di appiccare il fuoco alla casa era stato interrotto da un vicino che
aveva sentito puzza di fumo e con quel pretesto si era avvicinato al confine tra i
due terreni per vedere chi fosse l'idiota che accendeva un fal� in una giornata
come quella. Ma invece di un villeggiante estivo intento a ripulire il terreno
dalle erbacce, aveva visto uscire di casa un giovane con uno zaino in spalla, che
lanciava occhiate dietro di s� come per assicurarsi che il fuoco si sviluppasse.
Il vicino, tale Hadar Forrs, pur controvoglia aveva fatto l'unica cosa giusta.
Invece di seguire il giovane piromane, che era fuggito con una motocicletta gialla,
aveva chiamato i pompieri e poi aveva giudiziosamente rotto la finestra per
infilare il tubo dell'acqua, riuscendo a spegnere il fuoco prima del loro arrivo.
Il proprietario della casa, David Sandler, che aveva deciso di passare un ultimo
fine settimana alla residenza estiva e fare un bel raccolto di gallinacci, al
momento del furto era andato in macchina al Qvick di Thorsvik, a comprare burro e
panna. Un'ora e mezza dopo era tornato trovando il pavimento nuovo della cucina
allagato e le tendine bruciacchiate e puzzolenti di fumo. Ci sarebbero volute
settimane per mandar via l'odore. Il suo laptop nuovo e il vecchio Rolex di suo
padre erano spariti dal comodino, e in pi� ora aveva un debito di gratitudine con
il suo noioso vicino. David Sandler non era molto contento, lo si capiva
chiaramente dal rapporto.
"Be', ma magari poteva ritrovarsi con la testa spaccata da un gancio, se fosse
rimasto a casa" dice Karl esprimendo il pensiero comune.
Karen li ha convocati per una riunione straordinaria e l'informazione sul furto con
scasso fa intravedere una buona occasione all'intero gruppo. Ora sono tutti attenti
sulle loro sedie, con gli sguardi rivolti a lei e pronti a prendere appunti.
"Non possiamo farci troppe illusioni, ma questo ci dice che dobbiamo puntare a
trovare altri possibili collegamenti. Mettiamoci insieme al lavoro ed esaminiamo
ogni dettaglio delle denunce per furto con scasso. Cominciamo da oggi e andiamo
indietro nel tempo. Per facilitare la cosa, creer� una lista di parole da cercare."
Di solito un compito di questo genere provocherebbe sospiri e lamenti, ma ora Karen
fa appena in tempo a concludere la riunione che tutti si precipitano ai loro posti
per entrare nel sistema informatico dei rapporti.
Un'ora e trentacinque minuti pi� tardi, Astrid si alza e fa un cenno agli altri.
All'inizio nessuno capisce che cosa abbia suscitato il suo interesse. L'ennesimo
furto con scasso, questa volta a Noor�, poco pi� a nord del molo dei traghetti, tra
il 17 e il 20 settembre, mentre il proprietario era assente. Ma non c'era stato
nessun tentativo di dar fuoco alla casa. Gli oggetti scomparsi erano due computer
portatili e un certo numero di gioielli d'oro, la cui quantit� era stata
probabilmente esagerata dalla vittima del furto. Che a Noor� la gente rubi come le
gazze � noto alle forze dell'ordine: i furti sono numerosi e ben pochi vengono
risolti. Non c'� niente di sensazionale in quel rapporto, a parte un piccolo
dettaglio.
Tra gli oggetti rubati c'� anche una Honda gialla, modello CRF 1000L Africa Twin.
Ancora una volta � Karl a scovare il particolare: "Stesso tizio. Ha preso la moto a
Noor� e l'ha usata per quel furto a Thorsvik. Ci sono delle telecamere sui
traghetti?".
L'idea si diffonde nel gruppo, come un gas invisibile, impossibile da fermare:
forse l'omicidio di Susanne Smeed � stato semplicemente un furto andato storto.
Forse lo stesso tizio che ha appiccato il fuoco alla casa di Thorsvik ha agito
nello stesso modo a Langevik una settimana dopo. Magari aveva una lista di tutte le
case e sapeva che Susanne di solito era via durante l'Oistra. Potrebbe averla
uccisa per disperazione, perch� l'aveva trovata in casa. Forse finalmente hanno
scoperto come e perch� Susanne � stata uccisa ed � solo questione di tempo prima di
arrestare il ragazzo.
Chi tira definitivamente un sospiro di sollievo � Viggo Haugen. Karen lo constata
in prima persona mezz'ora dopo, uscendo dall'ufficio del capo della polizia.
"Notizia fantastica" ripete lui battendo il palmo sulla scrivania.
L'ultima cosa che sente prima di chiudersi la porta alle spalle � Haugen che
solleva la cornetta del telefono.

47.

L'aria condizionata nella sala riunioni si spegne alle 20.00 e al cessare del
ronzio Karen sente le spalle rilassarsi. Il bicchiere di carta con uno spruzzo di
whisky rubato dall'ufficio di Jounas � una rivincita piccola, ma che la riempie di
grande soddisfazione, in questo ultimo giorno come capo provvisorio della divisione
crimini. Luned� Smeed riprender� il suo ruolo dopo una settimana d'assenza.
Tra un po' si alzer� e andr� a recuperare i due sacchetti pieni di cozze che �
riuscita a infilare nel frigorifero del cucinotto. Si era scordata di avere degli
invitati, finch� un paio d'ore fa ha ricevuto un sms da Eirik che le chiedeva se
dovevano portare qualcosa per domani. NIENTE . VI ASPETTO ! ha risposto, ed �
riuscita a correre gi� al porto appena prima che i negozi chiudessero.
Poi � tornata in ufficio.
Ora � da sola nella stanza, ha i piedi appoggiati sulla scrivania e osserva la
lavagna davanti a una delle pareti pi� lunghe. Sopra c'� una fila di foto di
Susanne Smeed. A sinistra un primo piano relativamente recente che hanno ottenuto
dall'Eirabolagen: una Susanne seria che guarda dritta verso l'obiettivo. Tutti gli
impiegati delle loro case di riposo hanno un tesserino ben visibile sulla divisa e
in soli quattro minuti Gunilla Moen gliel'aveva fatto stampare. A destra � appesa
una selezione di istantanee che ritraggono Susanne morta nella sua cucina, oltre a
foto della stanza da diverse angolazioni.
Sotto quella fila ordinata, Karl ha disegnato una colonna con le poche date e gli
orari che conoscono.
Venerd� 21/09, 16.30. Susanne esce dal lavoro alla Solg�rden.
Luned� 24/09, 7.45. Susanne telefona alla Solg�rden e si mette in malattia.
Venerd� 27/09, 7.15. Chiamata in entrata sul cellulare di lavoro di Susanne, da
Copenaghen.
Sabato 28/09. Nessuna osservazione.
Domenica 29/09, 8.30-10.00. Possibile intervallo di tempo per l'omicidio, secondo
Kneought Brodal.
Domenica 29/09, 9.45 circa. Angela Novak arriva da Harald Steen.
Domenica 29/09, 9.55-10.00 circa. Harald e Angela sentono una macchina che si
allontana da casa di Susanne.
Domenica 29/09, 11.49. Harald Steen chiama il 112.
Domenica 29/09, 12.25. Sara Inguldsen e Bj�rn Lange arrivano alla casa.
Per senso del dovere hanno anche scritto i nomi delle persone che hanno avuto
qualche rapporto con Susanne: Jounas Smeed, la figlia Sigrid e il suo ragazzo
Samuel Nesb�, Wenche e Magnus Hellevik, Gunilla Moen. Dopo il nome di Disa
Brinckmann c'� un punto di domanda. Per il resto, sulla lavagna non c'� niente,
motivo per cui qualcuno l'ha spostata cos� lontano dal tavolo.
E ora due dei nomi possono essere eliminati dall'elenco dei sospetti.
Che Sigrid Smeed non abbia detto tutta la verit� � apparso evidente dal racconto di
Karl di un paio d'ore fa, ma l'ha fatto per proteggersi.
Dopo aver bussato alla porta di Sigrid a Gaarda, Karl � finalmente riuscito a
parlare con un vicino - ancora molto arrabbiato - che vive nell'appartamento
accanto e che domenica mattina era stato svegliato appena prima delle otto da un
litigio sulle scale. Secondo il vicino, un uomo sulla cinquantina con l'alito che
puzza di alcol e pesce affumicato, Samuel Nesb� era appena tornato a casa
barcollando e aveva scoperto che c'era la catenella alla porta.
Il ragazzo di Sigrid - l'uomo l'aveva riconosciuto dallo spioncino - si era messo
allora a suonare il campanello con insistenza, per poi ricominciare a chiamare e
gridare per farsi aprire.
Alla fine lei doveva averlo fatto entrare perch�, secondo il vicino, avevano
continuato a litigare e urlarsi contro mentre erano in casa finch� il ragazzo se
n'era andato dall'appartamento qualche ora dopo in un accesso d'ira.
"Ha avuto l'impressione che si picchiassero?" ha chiesto Karl domandandosi perch�
nessuno avesse chiamato la polizia. D'altro canto, conosceva benissimo la ragione:
a Gaarda i litigi familiari sono all'ordine del giorno e la gente evita la polizia
come la peste.
"Che ne so io? Per� quando se n'� andato lei era viva, perch� urlava come
un'ossessa."
Karen non ha mai considerato la figlia di Susanne un'indiziata verosimile, ma ora
sia lei sia il suo ragazzo possono essere eliminati dalla lista. Rimangono solo due
cose a cui aggrapparsi: identificare il guidatore della Honda gialla e trovare Disa
Brinckmann. Forse uno di loro pu� far progredire le indagini, ma tanto non
succeder� prima del ritorno di Smeed. Una settimana senza passi avanti concreti.
"Me lo far� pesare" pensa irritata, lasciando vagare lo sguardo fuori dalla
finestra, dove la pioggia forma dei rigagnoli sul vetro. La gente si � gi� stufata
di parlare dell'improvviso cambio di tempo dal caldo di fine estate dell'Oistra
all'arrivo anticipato della pioggia e delle notti con zero gradi. E i meteorologi
non danno notizie rassicuranti: la bassa pressione � in coda sull'Atlantico e
aspetta impaziente di scivolare sulle isole doggerlandesi per fare i suoi bisogni.
Karen osserva il caleidoscopio di grigi sul vetro mentre nella testa riesamina i
suoi appunti. A questo punto li sa a memoria e non c'� bisogno di riaprire il
raccoglitore nero.
Sfoglia con la mente le pagine fino a quella relativa a Susanne, dove la parola
"conflitto" � collegata praticamente a tutte le sue relazioni: conflitti con
Jounas, prima e dopo il matrimonio, pi� che altro relativi ai soldi e ai terreni.
Conflitti con la figlia per i suoi continui litigi con il padre e per la delusione
di Susanne nel vedere che la ballerina con il gonnellino di tulle si era
trasformata in una giovane donna con l'orecchino al naso e le braccia tatuate.
Conflitti con il datore di lavoro per via dell'uso personale del cellulare
aziendale e per una posizione a cui Susanne ambiva ma che non aveva ottenuto.
Conflitti con la societ� dell'energia eolica Pegasus riguardo ai diritti sui
terreni e al rumore proveniente dalle pale installate vicino a casa sua. Conflitti
con Wenche Hellevik perch� Susanne riteneva che non le dedicasse abbastanza tempo.
Non hanno scoperto nessun conflitto con Samuel Nesb�, anche se si pu� supporre che,
visti i rapporti gelidi tra Sigrid e la madre, il suo ragazzo non provasse grande
affetto per Susanne. Se ci fossero conflitti tra Susanne e Disa Brinckmann � invece
ancora ignoto.
Al margine del foglio c'� anche una nota su una serie di dissidi minori con i
colleghi, l'azienda degli autotrasporti e diversi fornitori di beni e servizi di
cui la donna non era soddisfatta, per un motivo o per l'altro. Sembrava che Susanne
avesse avuto problemi con la maggior parte delle persone con cui era entrata in
contatto.
"Anche con me" pensa Karen, ricordando con fastidio il loro incontro al vivaio.
Susanne decisamente ce l'aveva con lei gi� molto prima di averne motivo. Non sapr�
mai quello che � successo nella stanza 507 dell'hotel Strand.
Ma c'erano moventi abbastanza seri per ucciderla? Aveva reso la vita troppo
impossibile a qualcuno, al punto da fargli o farle perdere la ragione? O sapeva
qualcosa che costituiva una minaccia per qualcuno? Pur senza averne le prove, Karen
ha la sensazione che Susanne potesse essere il tipo da sprofondare cos� in basso.
Magari era una ricattatrice?
"Tanto" conclude sorseggiando il whisky "le mie riflessioni non hanno nessuna
importanza". A giudicare dalla voce eccitata di Haugen, qualche ora fa, l'omicidio
di Susanne Smeed � risolto.
"Non puoi negare che questo getta una nuova luce su tutto" le ha detto il capo
della polizia. "Una spiegazione molto plausibile per questa faccenda incresciosa."
"Be', perch� no," ammette Karen, bevendo un altro sorso "probabilmente sar� stato
lo stesso tizio a compiere i furti a Noor� e a Thorsvik. E per qualche motivo ha
dovuto aumentare l'eccitazione appiccando il fuoco alla casa, nel secondo furto.
Non � del tutto impossibile che poi abbia continuato il suo giro fino a Langevik.
Forse � stato sorpreso da Susanne o ha sentito il bisogno di andare oltre: dal
furto con scasso, passando per l'incendio doloso fino all'omicidio. Un classico
caso di anestetizzazione emotiva. Il fenomeno non � certo insolito: un bisogno di
stimoli sempre maggiori, comune soprattutto tra i soggetti che presentano tratti di
psicopatia. Ma l'escalation," osserva "di solito, avviene in un tempo molto pi�
lungo di una settimana".
"Be', buon fine settimana, allora." La voce proviene dalla soglia e fa sobbalzare
Karen. L'ultimo sorso di whisky straborda dal bicchiere.
"Sei ancora qui? Pensavo di essere l'ultima" mormora pulendosi la mano sui jeans.
"Non volevo spaventarti" si scusa Astrid, chiudendo la cerniera del parka.
"Ha un'aria davvero stanca" pensa Karen sentendosi in colpa. Le ultime scoperte li
hanno costretti a esaminare le registrazioni delle videocamere di tutte le corse
dei traghetti e a intensificare le ricerche di crimini collegati ai due furti.
Visto che gli uffici di polizia locali sono poco propensi a usare il nuovo sistema
per l'inserimento dei rapporti, il SIR, che secondo il dipartimento informatico �
"ancora immaturo" dopo quasi undici mesi dal rilascio, loro dovranno recarsi in
tutti gli uffici per un controllo ulteriore. Astrid ha ricevuto l'incarico di
raggruppare tutte le informazioni.
"Spero che non siano i miei modi da schiavista a trattenerti qui lontana da marito
e figli, a quest'ora del venerd� sera" dice Karen sorridendo.
Astrid esita un istante e poi sembra prendere slancio.
"No, non � colpa tua. I bambini sono dai miei e Ingemar �... be', meglio che lo
dica, tanto lo verrete a sapere. Ingemar e io ci stiamo separando."
Karen toglie i piedi dalla scrivania e si piega in avanti.
"Entra. Vuoi sederti un momento?"
Astrid sembra esitare ancora, ma poi abbassa lentamente la cerniera del parka. Si
siede senza dire niente e tende le labbra.
"Raccontami cos'� successo" la invita.
Nella mezz'ora seguente Karen scopre che Astrid Nielsen non � cos� meravigliosa
come credeva e suo marito non cos� religioso.

48.

La chiesa non � al completo, eppure Karen � sorpresa di vedere quante persone sono
venute a Langevik di sabato mattina per partecipare al funerale di Susanne Smeed.
Davanti a tutti sono seduti Sigrid e Jounas, insieme a Wenche e Magnus Hellevik. In
segno di rispetto per i parenti pi� stretti la fila dietro di loro � vuota, ma in
quella successiva Karen riconosce Gunilla Moen in compagnia di una donna che
probabilmente � una collega della Solg�rden. Diversi abitanti del paese hanno preso
posto sulle dure panche: persino Harald Steen si � trascinato fin l�, cos� come Odd
Marklund, Jaap Kloes ed Egil Jenssen con la moglie. Karen pu� solo speculare su chi
sia venuto per riguardo alla morta e chi invece per pura curiosit�. Lei si �
sistemata abbastanza in fondo sul lato sinistro; probabilmente Sigrid e Jounas non
l'hanno vista. Wenche Hellevik per� le ha fatto un cenno di saluto e un sorriso.
Sigrid � entrata in chiesa pallida e composta, seguita da suo padre a distanza
ravvicinata. Ora che il prete sta parlando � seduta con la testa china e Karen vede
che Jounas sta cercando di dirle qualcosa, ma lei gira immediatamente la testa
dall'altra parte.
I salmi sono i soliti e fortunatamente il prete non si dilunga. Al suono della
terra che colpisce la bara, Karen sente un singhiozzo soffocato proveniente dalla
prima fila. La ragazza non si vede pi� e Karen impiega alcuni attimi prima di
accorgersi che si � chinata in avanti ed � seduta piegata in due. Jounas �
visibilmente a disagio, e Wenche posa una mano sulla schiena di Sigrid, ma la
ritrae subito. Tutto finisce nel giro di mezz'ora.
Quando Karen, tra gli ultimi ad andarsene, esce dal cancello, Jounas e Sigrid sono
gi� nel piccolo parcheggio mentre Wenche e suo marito si sono trattenuti nel
giardino della chiesa a parlare con il prete. Padre e figlia stanno discutendo. Lui
apre la portiera e sembra che cerchi di convincerla a salire, ma lei scuote la
testa. Allora Jounas fa un gesto verso la macchina, questa volta irritato, ma lei
rimane l�, testarda e con le braccia conserte. Poi si gira sui tacchi senza
preavviso e inizia a camminare verso il cimitero mentre il padre le grida dietro
qualcosa.
Un attimo dopo lui sale in macchina e chiude la portiera con un colpo che fa
voltare tutti. Wenche lancia un'occhiata preoccupata in direzione del fratello, poi
si accomiata rapidamente dal prete e si affretta verso il parcheggio con il marito
alle calcagna.
Sono quasi arrivati quando Jounas fa retromarcia e se ne va a tutta velocit�
facendo schizzare la ghiaia contro le altre macchine.
Per un istante Wenche resta l� indecisa e guarda alternativamente l'auto di Jounas
e sua nipote che taglia attraverso il cimitero, andando in direzione opposta. Poi
scuote la testa con rabbia, dice qualcosa a suo marito e si mettono in macchina.
Con calma, senza la minima intenzione di partire lanciato, Magnus Hellevik arretra
con la Volvo azzurro metallizzato e si allontana.
L'ultima cosa che Karen vede prima di salire in auto � la schiena magra di Sigrid
che scompare dietro un boschetto di tassi.

49.

Il tintinnio delle cozze che cadono sul fondo del lavello d'acciaio fa battere in
ritirata Rufus che dalla cucina corre sul divano in soggiorno. "Tanto tra poco
torna" pensa Karen infilandosi lentamente i guanti di gomma, come un chirurgo prima
di un'operazione importante, e osservando i gusci neri lucenti. Afferra il coltello
a lama corta e si mette al lavoro. Pi� di cinque chili di cozze da pulire da sabbia
e barbetta. Ci vorr� un bel po', ma gli ospiti non arriveranno prima di due ore.
Saranno otto o nove persone: ovviamente Kore, Eirik e Marike. Aylin all'inizio non
era sicura di trovare una baby-sitter, ma poi le ha scritto che lei e Bo sarebbero
venuti. "Cazzo" ha pensato Karen. "Bo non sar� di certo contento quando scoprir� di
dover passare la serata con un gruppo di donnette e due froci". Quindi, non tanto
per Bo, ma per il bene di Aylin e dell'atmosfera generale, ha invitato anche suo
cugino Torbj�rn e la moglie Veronica. Questa cosa migliorer� l'umore di Bo. Essendo
un legale stimato con aspirazioni politiche ha gi� un'ampia rete di contatti, ma
lui e Veronica sono dello stesso partito e Bo ha grandi ambizioni. "Lo faccio per
il bene di Aylin" si convince Karen.
Per vedere la sua amica, deve invitare anche il marito e fare in modo che si
diverta. Se Marike riesce a restare zitta, andr� tutto bene. Secondo lei, infatti,
il marito di Aylin � un "pezzo di merda" con "una mania di controllo morbosa".
"Scommetto che la picchia. Perch� ha sempre le maniche lunghe?" aveva detto Marike
l'estate scorsa.
E Karen l'aveva chiesto direttamente ad Aylin. Era passata da lei quando Bo non
c'era, e dopo due tazze di caff� aveva finalmente espresso i suoi timori ottenendo
una risata per tutta risposta. Bo aveva i suoi lati particolari, ma non era tipo da
picchiarla. Certo che no.
Le bruciava ancora.
Il cellulare sul piano della cucina emette un bip e Karen si asciuga le mani. � un
sms da Astrid.
NON CE LA FACCIO A VENIRE STASERA . HO AVUTO UNA NOTTE INSONNE E HO TROPPE COSE DI
CUI OCCUPARMI . MA GRAZIE PER L 'INVITO E AUGURI DI BUON COMPLEANNO !
L'impulso di invitare la collega � stato provocato in egual misura da sorpresa e
compassione. La Signorina Perfettini e il suo maritino pettinato stanno per
divorziare a causa di un tradimento. Astrid le ha detto di averlo scoperto per
caso, nel pi� classico dei modi: aveva aperto per sbaglio una lettera indirizzata a
lui e dato un'occhiata ai prelievi sul conto corrente. E all'improvviso aveva
capito. Il mondo si era fermato e lei era rimasta paralizzata. Due cene al
ristorante e una notte in albergo a Parigi. Vedendolo nero su bianco, Astrid si era
resa conto che Ingemar quel fine settimana non era andato a Londra con gli amici
per vedere una partita di Premier League.
Lui aveva confessato subito. Anche il precedente viaggio per una partita era stato
una bugia, ma tutti gli altri erano veri, quello l'aveva ribadito con enfasi, come
se ci� potesse essere un punto a suo favore.
"Ma � una cosa seria, tra lui e l'altra donna?" ha chiesto Karen ad Astrid,
pentendosi nello stesso istante.
"Ha qualche importanza, secondo te? Devo star qui ad aspettare che lui faccia
l'innamoratino e poi torni strisciando da me quando si sar� stufato?"
No, Karen non era di quel parere, anche se con il passare degli anni le riesce
sempre pi� difficile credere alla fedelt� eterna. Davvero non si pu� perdonare e
andare avanti? Una scappatella non � la cosa peggiore che pu� capitare in famiglia.
Un camion che sterza improvvisamente invece s�.
Alla collega invece ha risposto: "No, certo. Da quanto lo sai?".
"Da marted� scorso. Avevamo pensato di mandare i bambini dalla mamma di Ingemar per
parlare, questo fine settimana, ma io non voglio. Ho appena chiamato per prenotare
una stanza al Rival. Mi spiace solo di non avere una bottiglia di liquore, cos�
potrei starmene in camera ma pazienza, andr� al bar dell'albergo. Cercher� qualcuno
da scoparmi per ripicca."
Per un istante Karen ha pensato di andare a prendere la bottiglia di whisky di
Jounas e darla ad Astrid, ma ha lasciato perdere. Rimanere sola in una stanza
d'albergo probabilmente era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. Il bar del Rival
non era molto meglio ma almeno non sarebbe stata sola: era facile rimorchiare
qualcuno, l�.
Le parole seguenti le sono uscite di getto: "Se invece pensi di poter aspettare a
trovarti un uomo, puoi venire da me".
Astrid non ha risposto n� s� n� no, all'invito. Forse sarebbe andata da sua sorella
a Ravenby, anche se era un po' pesante. Karen le ha detto che poteva
tranquillamente presentarsi a casa sua, se le fosse venuta voglia.
"Probabilmente ha fatto bene a non venire" pensa ora, picchiando piano il coltello
su una cozza aperta. Avr� cose pi� importanti di cui occuparsi oggi: riflettere su
come comunicarlo ai ragazzi, per esempio. E ai genitori di Ingemar a Noor�, che a
sentire Astrid sono molto religiosi. "A quanto pare non ero fuori strada" osserva,
anche se la visione rigorosa della sacralit� del matrimonio ha saltato una
generazione, nella famiglia Nielsen.
Raddrizza la schiena e guarda fuori dalla finestra. La pioggerellina ha smesso e
uno stormo di beccofrusoni ne ha approfittato per posarsi sul sorbo selvatico. Tra
qualche ora le piccole bacche rosse saranno sparite, ma la vista che le viene
offerta vale bene un inverno senza marmellata.
Immobile, fissa i loro dorsi morbidi come la seta. Un attimo dopo il silenzio �
interrotto da un verso da predatore: Rufus � saltato sul lavello e studia gli
uccellini con sguardo bramoso.
"No, bello. Prendi una cozza, piuttosto."
Studiano insieme i beccofrusoni che si fanno una scorpacciata, ma poco dopo Rufus
si stanca e salta a terra, e Karen ricomincia a pulire le cozze. Mentre gratta e
batte vaga con il pensiero. Saranno costretti a mangiare in cucina, anche se si
star� un po' stretti in nove intorno al tavolo, se dovesse presentarsi anche
Astrid. La veranda � coperta e la temperatura � salita di qualche grado, ma fa lo
stesso troppo freddo per sedersi fuori. "� per occasioni come queste che mi
servirebbe avere il capanno ristrutturato, come hanno fatto gli altri" si
rimbrotta. "Forse dovrei ammettere di aver sbagliato e mettermi al lavoro. Iniziare
in primavera in modo che sia pronto prima dell'estate".
Le sue riflessioni sono interrotte da tre acuti colpi di clacson.
Un attimo dopo gli uccellini si levano in volo mentre la macchina di Marike entra
sobbalzando dal cancello e scivola accanto alla sua nello spiazzo sterrato sotto il
giardino. Senza togliersi i guanti, Karen apre la porta e osserva il sedere
abbondante dell'amica che si china sul sedile posteriore e tira fuori qualche
sacchetto e un mazzo di fiori. Poi la donna si gira con un ampio sorriso e canta
sgolandosi: "Karen gli anni compir�, hurr�, hurr�, hurr�! E certo lei un regalo
avr�, di quelli che desidera, con delizioso cioccolato e tooooorte!"
Karen ascolta pazientemente quella stonata interpretazione, e riceve un mazzo di
rose gialle e un abbraccio.
"Grazie, cara. Solo una strofa, oggi? No, no, basta cos�" aggiunge subito.
"Che ingrata! Ciao tesoro!"
L'ultima esclamazione � rivolta al gatto che ha seguito Karen nell'ingresso e si
struscia contro gli stivali di Marike. Lei solleva i pesanti sacchetti che si �
portata dietro e oltrepassa Karen entrando in cucina.
"Direttamente dal forno" dice tirando fuori tre grosse pagnotte. "O comunque fatte
stamattina, secondo il tizio del Bakker. Ed ecco qui, anche questo direttamente dal
forno."
Marike posa con cautela il secondo sacchetto sul tavolo ed estrae un grosso piatto
di ceramica azzurro e verde. I colori si fondono tra loro, apparentemente in
diversi strati, e lo spesso smalto crea una profondit� tridimensionale che d�
l'illusione di guardare in una baia.
Karen ammutolisce. Senza una parola, abbraccia Marike e rimane cos� per un bel po'.
"Okay, pu� bastare. Hai del vino?"

50.

Un'ora e mezza pi� tardi Karen assiste alla trasformazione. � bastata una parola di
troppo riguardo ai capanni convertiti in spazi extra per far s� che Marike si
mettesse all'opera. Una telefonata a Kore ed Eirik, che stavano proprio per
partire, ma che certo, potevano passare dal suo studio. Un rapido giro della casa e
un altro nella rimessa. Tutto mentre Karen, in cucina, affettava e rosolava
cipolla, aglio e carote, aggiungeva vino e panna e infine faceva sciogliere un bel
pezzo di formaggio di capra. E intanto che lei era impegnata a tagliare le mele e
farle cuocere nel burro e zucchero, a tirar fuori la pasta sfoglia dal frigo e a
ricoprire una teglia con carta da forno, Marike, insieme a Kore ed Eirik che
l'hanno raggiunta, ha portato nel capanno due vecchie porte, quattro cavalletti e
due lenzuola.
La temperatura si � alzata di almeno dieci gradi, grazie a una prolunga che si
snoda dalla presa nella casetta, attraversa il sentiero ed entra nel capanno per
collegarsi al calorifero elettrico.
Il tavolo sistemato lungo la parete probabilmente non resister� se qualcuno ci
balla sopra e chi si siede con le spalle rivolte alla gigantesca barca a remi deve
stare attento a non cadere in acqua. Ma alla luce delle candele e delle lanterne
non si notano fiocine, pale, forconi, reti strappate, tute gialle o il vecchio
letto di ferro arrugginito che suo padre aveva recuperato, ma che sarebbe entrato
in casa solo passando sul cadavere di sua madre.
Sulle sedie da giardino e della cucina e su una panchina presa dalla rimessa, ci
sono delle coperte ripiegate. Il tavolo � apparecchiato con due lenzuola bianche e
qualcuno - Eirik, sospetta Karen - ha creato una decorazione che corre tra piatti e
bicchieri, usando rete metallica, rametti di ginepro e le bacche che gli uccellini
non sono riusciti a mangiare.
"Buon compleanno" dice Kore sorridendo quando nota la sua espressione sorpresa.
"Non � male avere come amici un paio di gay pieni d'energia e una danese maniaca,
eh?"
Qualche ora pi� tardi l'atmosfera � pervasa da un'ubriachezza piacevole. "Sono
queste le serate degne di essere ricordate" pensa Karen osservando una dopo l'altra
le persone intorno al tavolo. Vicino a lei Kore � piegato verso Marike e sembra che
stiano spettegolando di qualcosa che li fa scoppiare a ridere. Forse lui si �
lasciato sfuggire qualche indiscrezione sulla registrazione di ieri alla KGB
Productions, di cui � titolare insieme a due svedesi, e in cui artisti da tutta
Europa vanno in pellegrinaggio, per qualche motivo incomprensibile a Karen. Finch�
parlano tra loro non c'� il rischio che Marike si metta a litigare con Bo.
Torbj�rn e Bo hanno cercato la sicurezza della reciproca compagnia, e suo cugino
sta studiando il disegno che Bo sta eseguendo con la forchetta sulla tovaglia.
Torbj�rn annuisce interessato e si allunga per prendere una bottiglia di vino e
riempire i loro bicchieri. All'altro lato del tavolo, Eirik discute serio con
Aylin, che sembra preoccupata, e sbriciola con aria assente un pezzo di pane. Forse
le appare cos� seria perch� stasera � l'unica a essere sobria. Naturalmente sar�
Aylin a dover guidare. "O forse � perch� � sposata con uno stronzo" si dice Karen.
Oggi comunque Bo non sembra di umore irascibile e finora non si � lasciato sfuggire
nessun commento negativo sulla moglie.
Astrid invece non si � fatta vedere. "Speriamo che sia da sua sorella e che non
abbia passato la sera al bar dell'hotel Rival" valuta Karen alzandosi per
sparecchiare. Tra un po' metter� su il caff� e riscalder� la torta di mele.
"Stai seduta tranquilla" la ferma Kore, facendola risedere.
Allora Karen si rivolge a Veronica, che � rimasta in silenzio a osservare gli
altri. Anche lei, a quanto pare, dovr� fare da autista e sorseggia lentamente il
suo bicchiere di vino. Non rischiano certo di imbattersi in un controllo: la strada
pi� rapida per la casa di Torbj�rn e Veronica � la viuzza che attraversa la cresta
di Langevik e la polizia non ci mette piede da trent'anni, ma la moglie di suo
cugino fa parte della commissione nazionale per la salute pubblica e non pu� certo
sfidare la sorte. Ora incontra lo sguardo di Karen e solleva il bicchiere.
"Salute, Karen! Manca solo un anno al grande giorno! � incredibile come passa il
tempo. Ho gi� paura anch'io, anche se mi manca qualche anno in pi�."
"Gi�, l'anno prossimo mi sa che mi butter� nel pozzo" replica Karen sorridendo.
Beve due bei sorsi di vino e le chiede: "Come va in pretura, si fanno passi avanti
con la nuova legge per la garanzia di cura?".
Si pente nel momento stesso in cui formula la domanda. In campagna elettorale, il
partito progressista aveva promesso posti letto per tutti gli ultraottantenni, cure
dentistiche gratuite per i minori di diciotto anni e l'accesso alle cliniche di
disintossicazione con abitazioni garantite per tutti quelli disposti a firmare un
cosiddetto "contratto di sobriet�". Tutto ci� gli aveva portato voti sufficienti a
dividersi il potere con i liberali, ma le promesse erano state difficili da
mantenere. Due anni dopo la formazione del governo i giornali erano ancora pieni di
denunce di anziani a cui era stato negato un posto nelle case di riposo, e il
numero dei tossicodipendenti pronti ad accettare le condizioni per la
disintossicazione era decisamente basso. Inoltre, secondo le notizie del mattino,
le statistiche non facevano che peggiorare.
Veronica Brenner risponde da politica qual �. "S� grazie, credo che i genitori
degli adolescenti siano felici di non dover pagare costose cure dentistiche" dice
sorridendo.
"Forse" pensa Karen. I giornali hanno scritto che c'� stata una crescita smisurata
di prescrizioni di cure ortodontiche da parte degli specialisti. Tra poco sulle
isole doggerlandesi non ci sar� pi� un dente storto. Peccato solo che non sia una
delle due riforme pi� meritorie a dare risultati.
A voce alta le ribatte: "Gi�, ci vuole tempo".
"A proposito di tempo" replica Veronica. "Come vanno le indagini per l'omicidio?
Avete fatto qualche passo avanti?" E senza aspettare risposta, continua: "Ho saputo
che Jounas Smeed torner� al lavoro luned�. Dev'essere un sollievo per te".
"Da chi l'hai saputo?"
Veronica per un attimo sembra incerta. "Be'" esita, come se stesse valutando se la
sua risposta pu� essere compromettente. "Dev'essere stata Anniken Haugen a
menzionarlo, la moglie di Viggo. Ci conosciamo fin dai tempi dell'organizzazione
giovanile, come gi� sai. S�, dev'essere stata lei a dirmi che Jounas ora riprender�
il comando, per cos� dire."
"S�, � vero, rientra luned�" ammette Karen. "Ma ovviamente non sar� coinvolto nelle
indagini per l'omicidio della sua ex moglie. Io e il resto del gruppo continueremo
sulla nostra strada."
Veronica scoppia a ridere. "Be', non proprio sulla stessa, speriamo. Sarebbe ora di
scoprire chi ha ucciso la povera Susanne."
"La conoscevi?"
"Mm... non direi, ogni tanto ci incontravamo in contesti sociali, quando era
sposata con Jounas."
"E negli ultimi anni, l'hai mai frequentata dopo il divorzio?"
Veronica sembra sorpresa.
"No..." risponde come se la domanda fosse strana. "No, credo di non averla mai
frequentata. La vedevo in citt�, ovvio, e forse abbiamo scambiato qualche parola,
almeno all'inizio, subito dopo il divorzio, ma non negli ultimi anni. Per� la
salutavo sempre" aggiunge.
"Gentile da parte tua" considera Karen. Non ha mai avuto rapporti stretti con il
suo unico cugino da parte di madre, nonostante Torbj�rn e lei abbiano sempre
vissuto abbastanza vicini. Si vedono per le ricorrenze di famiglia, matrimoni o
funerali, ma non pi� di quello.
Da adulta ha fatto qualche sporadico tentativo di avvicinarsi a lui: � passata per
un caff� e ha invitato lui e Veronica un paio di volte. Si � sforzata di non dar
peso al suo atteggiamento presuntuoso nei confronti degli altri e al suo
inesauribile bisogno di far soldi. Nonostante tutto, c'� qualcosa che le piace in
quel suo rude parente. Forse il fatto che non cerchi mai di dissimulare: Torbj�rn
risponde dei suoi pregiudizi e della sua avarizia. E a differenza di sua moglie non
gli interessa l'alta societ�. Non � neppure vendicativo: dopo che Karen ha aiutato
la neoarrivata Marike a comprare il terreno a un prezzo ragionevole, c'erano stati
alcuni mesi di silenzio, ma poi lui non ha pi� menzionato la questione n� portato
rancore.
Con Veronica � un altro paio di maniche. A differenza del marito, lei deve sempre
lanciare frecciatine mascherate da battute, accompagnandole con un sorrisetto. Non
fa mai commenti sulla vendita del terreno, che avrebbe potuto fruttare il doppio se
Karen non si fosse immischiata, ma nonostante Marike Estrup sia la loro vicina da
quasi sette anni, lei continua a storpiare il suo nome. L'artista famosa a livello
internazionale e alta un metro e ottanta diventa "Marita Estrup", "Marike Ernstrup"
o addirittura - quando Veronica parla con Karen - "la tua amichetta danese".
Forse qualcosa nell'espressione di Karen costringe Veronica a proseguire. "Anche
sabato scorso l'avrei salutata, ma non credo che Susanne mi abbia vista. E poi...
be'..."
"Che cosa?" chiede Karen appoggiando il bicchiere di vino. "Hai visto Susanne?"
"S�, esattamente il giorno prima che fosse uccisa" conferma la donna. "Ci ho
pensato, quando ho saputo cos'era successo, che era stata l'ultima volta che
l'avevo vista, voglio dire. In effetti � spaventoso, non si sa mai quand'� l'ultima
volta che incroci qualcuno."
"Quando e dove, di preciso?"
Una ruga di disapprovazione per quel tono incalzante fa avvicinare le sopracciglia
di Veronica, ma lei risponde senza protestare. "Nel parcheggio del porto sabato
mattina. Alice era arrivata con il primo traghetto da Esbjerg e voleva che
l'andassi a prendere. Studia a Copenaghen ma voleva essere a casa per la Festa
dell'ostrica. E la mamma era a disposizione con la macchina, ovviamente, anche se
erano le sette e sarebbe stato fantastico poter dormire, visto che lavora sessanta
ore alla settimana."
Veronica pronuncia l'ultima frase a voce alta, lanciando uno sguardo eloquente in
direzione di suo marito, che continua a parlare tranquillo con Bo senza accorgersi
del tono sarcastico della moglie.
"Hai visto se aspettava qualcuno o se � scesa da quel traghetto?"
Karen pone la domanda anche se conosce gi� la risposta. Susanne si era messa in
malattia e avrebbe potuto benissimo fare un viaggio, ma il suo nome non � su
nessuna lista passeggeri.
"No, non ci ho pensato" dice Veronica. "Ho solo visto la sua testa spuntare tra le
macchine e ho capito che doveva aver parcheggiato un po' pi� in l�. Ma non avrebbe
lasciato l'auto nel parcheggio incustodito se fosse andata in Danimarca. Tu che sei
poliziotta saprai che chi commette quell'errore al ritorno si trova senza
cerchioni."
"Forse ha ragione" osserva Karen. Da quando era stato costruito il parcheggio
multipiano vicino al terminal, quello incustodito sul lato est era utilizzato pi�
che altro per portare e andare a prendere i passeggeri del traghetto e i lavoratori
del porto. Ma se Susanne non era arrivata con il traghetto, allora era andata per
forza a incontrare qualcuno. Probabilmente la stessa persona che l'aveva chiamata
alle 7.15 per avvertirla del suo arrivo.
"E non hai visto se era in compagnia?"
Veronica esita.
"Non lo so. Cio�, io non ho visto nessuno ma mi ricordo di aver pensato che
sembrava che stesse parlando con qualcuno."

51.

Il rumore delle bottiglie vuote che cadono nel contenitore per la raccolta
differenziata � un trauma per le orecchie e Karen contrae le mandibole quando
l'ultima atterra sul vetro. Anche senza volerlo, ieri sera hanno fatto tardi e non
si sono addormentati prima delle tre e mezzo, ma Eirik, insopportabilmente
mattiniero, � riuscito a far saltare tutti dal letto alle nove e mezzo, al profumo
della colazione e del caff� appena fatto.
Lei ha rifiutato le offerte di aiutarla a sparecchiare: Marike, Eirik e Kore
avevano gi� fatto pi� del necessario, e nessuno di loro � sembrato abbastanza in
forma da mettersi a pulire. E poi non vedeva l'ora di rimanere sola in casa e poter
dormire un altro paio d'ore.
"Andate a casa" ha detto durante la colazione ai suoi amici in preda ai postumi
della sbornia. "Prendetevi una pizza e mettetevi sul divano, laver� i piatti
stasera."
Ma quando l'ultima portiera si � chiusa � tornata in cucina e si � messa al lavoro,
piena di un'energia incredibile. Ha lavato i piatti in mezz'ora e anche la
sistemazione del capanno le ha richiesto suppergi� lo stesso tempo. Il tavolo e le
sedie da giardino sono rimaste l�, mentre ha riportato in casa quelle della cucina.
Dopo aver recuperato le lenzuola usate da Kore ed Eirik gi� alla casetta e averle
buttate in lavatrice, ha raccolto le bottiglie vuote e i giornali delle ultime due
settimane, ficcato tutto in macchina ed � andata alla piazzola alla fine della
strada. � cos� che dice ancora la gente in paese: alla fine della strada. Per gli
altri, invece, quel posto � l'inizio della Langeviksvej, la strada principale di
Langevik.
Piega l'ultimo sacchetto di carta, lo infila nel contenitore per il riciclo e
risale in auto. Un po' della stanchezza accumulata inizia a farsi sentire e lei si
sente calda e appiccicosa dopo tutto quel trasportare sedie e bottiglie. "E per
questa maledetta pioggerellina" pensa osservando il cielo plumbeo. Dopo una breve
interruzione ieri, si � rimesso a piovere mentre erano nel capanno, e hanno dovuto
usare un telone per correre avanti e indietro dalla casa se avevano bisogno di
caff� o vino o di andare in bagno.
"Ci starebbe bene una birra all'Haren och Kr�kan" ammette con se stessa. Magari
riuscir� anche a trovare un giornale della sera sul bancone del bar: i primi
avventori arrivano con il Kvellsposten sottobraccio gi� alle dodici, in questa
stagione. Fuori l'atmosfera � cupa, ma l� dentro ci sono due cose fondamentali:
luce e compagnia. Nei prossimi mesi anche gli altri proprietari di bar si
sfregheranno le mani, ascoltando soddisfatti il rumore di marchi e scellini che
tintinnano nei registratori di cassa, gli scontrini strappati, o il bip dei lettori
di carte di credito.
Karen guarda l'orologio. Quasi l'una e mezzo. Gira la chiave nell'accensione,
sbircia nello specchietto e fa inversione.
Otto minuti pi� tardi rallenta, piegandosi sul sedile del passeggero per vedere
meglio. L'attraversa un'improvvisa sensazione di dej� vu e per un istante rimane
disorientata, ma la figura che percorre faticosamente il prato in salita non �
Susanne, stavolta. A casa sua c'� un'altra persona, indaffarata a portar fuori
oggetti e ammucchiarli in cortile.
Karen ferma l'auto all'angolo della via. Ha sentito quando Karl ha chiamato la
figlia di Susanne per dirle che i tecnici della Scientifica avevano finito i loro
rilievi e la polizia non aveva pi� bisogno di entrare in casa, ma per qualche
ragione non si era immaginata che Sigrid volesse andarci. Osserva quella figura
sottile per diversi minuti. La vede sedersi sui gradini davanti alla casa, incapace
di continuare le sue fatiche. Sembra che non ci sia nessuno con lei e Karen aspetta
ancora un po' prima di rimettere la mano sulla leva del cambio, poi per� si
interrompe: la vista di quella ragazza da sola le rende impossibile continuare. Con
un'imprecazione silenziosa sfila la chiave e apre la portiera.
Sigrid � seduta china in avanti, con la testa appoggiata alle braccia, e non si
accorge di avere visite finch� Karen non � a pochi metri di distanza. Guarda in su
e fa per alzarsi ma ci rinuncia.
"Ciao Sigrid, sono solo io, Karen" dice, dandole del tu.
La ragazza fa un cenno, ma non risponde. Il viso � cadaverico e ha gli occhi
lucidi. "� triste" osserva Karen. A passi rapidi la raggiunge e le si accomoda
accanto. Sigrid volta lentamente il viso e incontra il suo sguardo, poi tossisce e
si gira dall'altra parte. Quel rumore secco le fa intuire che gli occhi lucidi non
dipendono solo dalle lacrime: Sigrid ha la febbre.
"Ehi piccola, come stai?"
"Se non altro ha avuto il buonsenso di mettersi un impermeabile" considera Karen
guardando i lunghi capelli fradici incollati alla fronte e alle guance. Li sposta
piano e le mette una mano sulla fronte.
"Sei malata! Non puoi restare qui."
Con decisione tira su il corpo leggero della ragazza e la porta in casa. Invece di
andare in cucina prosegue fino al soggiorno e la fa sedere sul divano. "Rimarranno
delle macchie" deduce dai rigagnoli che colando dall'impermeabile vengono assorbiti
dal tessuto chiaro.
"Da quanto hai la febbre?"
"Solo da oggi, credo."
La voce � debole e non c'� traccia dell'insolenza che aveva mostrato nel suo
appartamento a Gaarda.
"Hai preso qualche antipiretico?"
Sigrid tossisce e scuote la testa.
"Aspetta qui."
Karen sale al primo piano in quattro falcate, sperando che Susanne avesse
qualcos'altro, oltre ai sonniferi, nell'armadietto in bagno.
Qualche minuto dopo osserva Sigrid prendere il bicchiere che le sta porgendo e
infilarsi obbediente un Tylenol in bocca. La ragazza ingoia la compressa con una
smorfia.
"Mal di gola?"
Sigrid annuisce.
"Da quanto sei qui?"
"Da ieri. Pensavo di guardare... devo pur mettermi a..."
Le si spezza la voce e non riesce a finire la frase. Si sdraia su un fianco con la
testa sul bracciolo del divano e i piedi ancora appoggiati a terra. L'acqua dai
capelli bagnati si spande su un cuscino decorativo rosa.
Karen si siede in una poltrona di fronte a lei e osserva quella figura patetica.
Dev'essere venuta subito dopo il funerale: era qui che si stava recando quando ha
lasciato Jounas nel parcheggio e ha attraversato il cimitero. Karen esamina
rapidamente le alternative. Non pu� lasciarla in questo stato, � troppo malata per
restare da sola. E lei di sicuro non vuole rimanere a casa di Susanne a far da
balia a quella ragazza complicata. A parte il fatto di sentirsi a disagio, sarebbe
anche eticamente sbagliato per lei, una poliziotta coinvolta nelle indagini,
dormire in casa della vittima, anche se i rilievi della Scientifica sono conclusi.
Chiamare Jounas per chiedergli di occuparsi di sua figlia, d'altro canto, non le va
per due ragioni: Sigrid sembra non voler avere niente a che fare con suo padre e
lei non sopporta l'idea di dovergli parlare. Del fidanzato, Sam Nesb�, sempre che
stiano ancora insieme, lei non ha il numero, e non sa nemmeno i nomi degli altri
amici di Sigrid. Passa in rassegna tutte le scuse che si pu� inventare. "In fin dei
conti Sigrid pu� raggiungere da sola il letto. Potrei sempre passare domani mattina
a darle un'occhiata. S�, � malata, ma non � certo in pericolo di vita. Se non fossi
capitata per caso se la sarebbe dovuta cavare da s�. Perch� dovrei restare?"
Ma alzandosi dice: "Sigrid, non puoi rimanere qui, vieni a casa mia".
La risposta � inghiottita dalla tosse.
"Ce la fai ad alzarti e venire in macchina? � in cima alla via."
Con sua sorpresa, Sigrid si mette lentamente a sedere e annuisce.
"Ho visto il tuo zaino nell'ingresso, c'� qualcos'altro che vuoi prendere?"
La ragazza scuote la testa in silenzio.
Le chiavi della casa sono sul tavolino nell'entrata e, dopo aver controllato
rapidamente che fornello e macchina del caff� non siano accesi, Karen spegne la
luce e chiude la porta. Poi lancia un'occhiata nel cortile: sull'erba fangosa c'�
una pila di vestiti, cuscini, tende e lenzuola a fiori. L� vicino c'� una grossa
scatola di cartone, fradicia per la pioggia, da cui spuntano alcuni soprammobili,
la base di una lampada e diverse cornici. La scatola minaccia di sfasciarsi da un
momento all'altro. Per un attimo pensa di cercare un telo cerato per coprire il
tutto, ed evitare che qualche vicino curioso venga a rovistare, ma l'ennesimo
attacco di tosse fa piegare Sigrid in due, e lei accantona l'idea. Adesso la cosa
pi� importante � che la ragazza si asciughi e vada a letto.
Mezz'ora dopo � sulla soglia della stanza degli ospiti e la osserva dormire. I
capelli sono ancora bagnati: i suoi tentativi di asciugarli, mentre Sigrid beveva
controvoglia un po' di zuppa di rosa canina, sono falliti. Non c'� stato tempo di
rifare il letto: per stanotte dormir� con le lenzuola usate da Marike. Dopo qualche
misera cucchiaiata di bevanda calda e con gli antidolorifici in corpo il termometro
segnava 39,8. Karen sar� costretta a controllare di nuovo fra un paio d'ore, ma in
questo momento non pu� fare altro. Senza far rumore, chiude la porta della
cameretta, poi cambia idea e la riapre di poco prima di scendere le scale.

52.

Nelle ultime due settimane la pioggerellina si � alternata ai rovesci. La terra �


gi� satura e le strade pi� piccole iniziano ad assumere un colore marrone per il
fango che straripa dai fossi. La gente si � chiusa nei suoi bozzoli antivento,
fatti di brutti ma pratici giubbotti.
Sotto i lampioni che dondolano, nelle aree giochi abbandonate e nei parchi vuoti,
durante i prossimi mesi avr� luogo una lotta contro le forze della natura. Venti
forti e pioggia mista a neve frusteranno la terra, dalle montagne di Noor� fino
alle vaste brughiere di Frisel. I temporali si scateneranno e si placheranno,
portandosi via le protezioni e i muri, che verranno riparati senza protestare da
uomini con le mani intirizzite. Gli alberi saranno abbattuti, le navi costrette a
rimanere in porto, e i pescatori aspetteranno l'occasione di uscire, con un misto
di timore e impazienza.
Con la sospensione della pesca, le donne saranno divise tra il sollievo di sapere
che le barche sono al sicuro e la preoccupazione per l'economia familiare. Le
persone porteranno i loro sacchetti della spesa camminando controvento, imprecando
silenziosamente per l'aumento dei prezzi e per le rate da pagare e recitando una
preghiera perch� i soldi bastino fino al prossimo salario.
Ma ci sar� anche qualcos'altro in tutto quel buio. Le finestre nere dei palazzi
verranno illuminate da ghirlande brillanti, stelle e mezzelune. Attorno alle
ringhiere dei balconi saranno arrotolati rami di pino e lucine, fuori dalle case
saranno appese lanterne, si far� incetta di candelabri e portacandele nei negozi, o
verranno recuperati dalle soffitte. Si metteranno batterie nuove negli allarmi
antincendio, le cucine a legna e le stufe schioccheranno per il calore e i ciocchi
di legna crepiteranno nei camini.
Ha puntato la sveglia alle sei ma apre gli occhi mezz'ora prima che suoni. Un
rumore di passi si fa strada negli strati pi� profondi del suo sonno e alla fine la
raggiunge spaventandola. Un attimo dopo sente tossire rumorosamente nella camera
accanto e si ricorda: Sigrid. Alla svelta Karen raggiunge la stanza degli ospiti,
si ferma sulla soglia e osserva la ragazza seduta sul bordo del letto.
"Buongiorno, come stai?"
"Cosa ci faccio qui? � casa tua?"
"S�, � casa mia, a Langevik, a un paio di chilometri da quella di tua madre. Non ti
ricordi che ti ho portato qui con me, ieri?"
Sigrid scuote la testa e fa una smorfia di dolore.
"Eri molto malata. Sei molto malata" aggiunge Karen aggrottando la fronte quando il
fragile corpo della ragazza � scosso dall'ennesimo attacco di tosse.
"Ho una vaga memoria di essere stata in macchina" riesce a dire Sigrid quando
smette di tossire. "E della zuppa di rosa canina. La odio."
"Okay, non te la faccio pi�."
"Hai una pastiglia per il mal di testa? Ho un dolore tremendo."
"Sar� la febbre. L'hai provata stamattina?"
Di nuovo fa cenno di no con il capo, pi� cauta questa volta.
Karen indica il termometro sul comodino. "Provala, io vado a prendere una pastiglia
e qualcosa da bere."
Un'ora dopo Karen lascia Sigrid a letto e sale in auto. La febbre � scesa a 39,2 e
si abbasser� ancor di pi� grazie al Tylenol che le ha portato insieme a una tazza
di t� con il miele e a un panino, che per� lei non ha toccato.
"Chiama quando vuoi" le ha detto Karen scrivendo il suo numero di cellulare su un
foglietto accanto alla tazza. "Il tuo zaino � qui sotto il letto. Prendi quello che
ti va in cucina. L'importante � che stai tranquilla e ti riposi."
Sigrid si � riaddormentata prima che lei finisse la frase.
Alle 7.20 esatte Karen esce dall'ascensore al terzo piano della stazione di polizia
di Dunker, molto in anticipo rispetto al suo solito orario, ma stamattina voleva
arrivare presto. Desidera guardare con aria un po' sorpresa il suo capo che
probabilmente arriver� con calma alle nove, come suo solito. E come fa sempre anche
lei. Dopo una settimana d'assenza, oggi Jounas Smeed rientrer� in servizio.
Due minuti dopo lancia la borsa sulla scrivania con un'imprecazione.

53.

Lui � gi� seduto alla scrivania. Dalla porta a vetri Karen vede che si � servito il
caff� e sta studiando qualcosa sullo schermo del computer, con espressione
concentrata. Pare che Jounas sia arrivato da un bel po' e non si accorge che c'�
anche lei. Con un'altra imprecazione silenziosa, Karen appende il cappotto dietro
la scrivania.
"Fallo e basta" dice a se stessa. Non scomparir� di certo, per quanto tu lo voglia.
Con un sospiro va all'ufficio del suo capo e aspetta un po' fuori dalla porta a
vetri. Tre rapidi colpi sullo stipite, e dopo qualche secondo Jounas Smeed si gira
verso l'ingresso con studiata lentezza, distogliendo lo sguardo dallo schermo.
Le rivolge la stessa occhiata sorpresa che Karen aveva pianificato di lanciare a
lui, e poi fa un movimento con la testa. Lei lo interpreta come un invito ad aprire
ed entra.
"Ciao Eiken, siediti."
Karen obbedisce.
"Bentornato."
Senza replicare, lui indica il monitor con un cenno.
"Hai guardato il SIR?"
"Stamattina? No, sono appena arrivata."
"Il capopattuglia mi ha chiamato alle cinque. Sono successe diverse cose stanotte."
Nonostante sappia di apparire poco professionale, reagisce come prima cosa al fatto
che abbiano chiamato Smeed e non lei: "Ha chiamato te? Perch�? Non eri ancora in
servizio".
Jounas scoppia a ridere e alza le mani.
"Calma, calma. Hanno saputo che stavo per tornare e hanno pensato che fosse meglio
chiamare direttamente me. Prendila cos�: hai potuto dormire di pi�."
"Dormire di pi�" pensa irritata. "Sono sveglia dalle cinque e mezzo a curare tua
figlia che � malata, cosa che lei non permetterebbe di fare a te". Quell'idea la
rincuora un po'.
"Cos'� successo?" gli chiede.
"Due giovani donne sono state aggredite brutalmente e violentate: una nella tarda
sera di ieri, nella boscaglia vicino alla via pedonale che porta alla fermata del
bus, a Moerbeck centro, e l'altra stanotte, nella rimessa per le biciclette, nel
seminterrato di Karpv�gen 122."
"Cazzo! � un po' strano per� che ti sveglino telefonandoti per due violenze
sessuali" replica lei e nello stesso istante capisce perch� l'hanno contattato.
Jounas vede la sua espressione e annuisce. "Omicidio colposo" la corregge. "La
ragazza di Karpv�gen � morta in ambulanza per le ferite ricevute."
Si appoggia allo schienale e afferra una tazza con il logo della squadra di calcio
del Thingwalla.
"Buono" dice dopo un sorso. "Immagino che arriver� una fattura, e che secondo te io
dovrei pagarla."
"Ho pensato che fosse un buon investimento. Se sei di parere diverso, posso sempre
portarmela a casa e pagarla io."
"A proposito di pareri" la incalza Jounas, senza commentare la sua offerta. "Sono
certo che capirai che dobbiamo rivedere le priorit�, a causa dei fatti di Moerbeck.
Ho gi� deciso la squadra con cui penso di lavorare: Cornelis Loots e Astrid
Nielsen, una donna pu� essere utile in questo caso. Be', hai gi� capito cosa
significhi per le tue indagini, ma purtroppo dobbiamo dividerci le risorse."
"Quindi non ti prendi Karl" osserva Karen nascondendo la sua sorpresa. Karl,
insieme a lei ed Evald Johannisen, � quello con pi� esperienza. "Non osi prenderti
qualcuno che rischia di avere una propria idea. Soprattutto adesso che non c'�
Johannisen a leccarti il culo".
A lui invece ribatte: "Quindi rimango solo con Karl. E come credi che possa
procedere? L'indagine � appena cominciata".
"Eh no, hai gi� avuto pi� di una settimana. E finora non � che siate stati
brillanti, nonostante avessi tutte le risorse a tua disposizione. Come ti ho detto,
devi capire che dobbiamo stabilire delle priorit�. Soprattutto ora che Evald non
c'�. Ma ho parlato con lui, per fortuna torner� presto e allora potremo rivedere i
gruppi."
"Se mi appioppi Johannisen, mi licenzio" pensa lei.
"Okay" risponde rapidamente. "Ma cosa ne dice Haugen? Per questo caso io faccio
riferimento direttamente a lui e a Vegen, non a te."
"Be', puoi chiederglielo tu stessa. Mi ha avvisato che ti chiamer� stamattina,
quando l'ho sentito poco fa."
La telefonata di Viggo Haugen arriva undici minuti pi� tardi. Il capo della polizia
le ribadisce ci� che Karen si aspettava, che aveva gi� capito e che, nel suo
profondo, ritiene giusto. Rivedere le priorit� delle risorse � necessario, e questa
volta anche la procuratrice Vegen � d'accordo. Tutti gli sforzi operativi devono
concentrarsi su Moerbeck.
"E poi tu stessa hai ammesso che sembra che quei furti siano collegati all'omicidio
di Susanne Smeed" la incalza Viggo Haugen, probabilmente inconsapevole del tono
altezzoso della sua voce.
Dopo quella disgraziata conferenza stampa, le critiche dei media per la mancanza di
passi in avanti riguardo all'omicidio di Susanne si sono intensificate. Il fatto
che tutte le informazioni siano filtrate dal portavoce non ha certo placato
l'irritazione. Anche Haugen � stato attaccato duramente. Ora per fortuna le
attenzioni si dirigeranno altrove, e questa volta sar� Jounas Smeed a guidare le
indagini. Il capo della polizia potr� finalmente respirare.
"Ho detto che ci potrebbero essere dei collegamenti" ribatte Karen. "Ma non �
chiaro. E anche se fosse, ci� non implica che il colpevole sia stato identificato e
tanto meno arrestato."
"Certo che no, ma ora che con buona probabilit� sappiamo com'� andata, potete
concentrare i vostri sforzi su quella pista. Non ci vorr� molto prima che lo
prendiamo. Ovviamente potrai anche utilizzare tutte le risorse extra di cui hai
bisogno, quando sar� il momento di catturarlo. O nel caso trovaste un altro
possibile colpevole, ma allora dovrai essere tu a richiederle. Dobbiamo avere le
giuste priorit�" riafferma Haugen mettendo chiaramente l'accento su ogni sillaba.
Certo che lei comprende. Le forze sono limitate ed � giustissimo dare la precedenza
ai due stupri, soprattutto perch� il rischio che il violentatore colpisca ancora �
alto. A dire il vero lei per prima sarebbe pi� che disponibile a mollare tutta
questa storia della famiglia Smeed, dei furti e delle moto rubate, e a dedicarsi ad
arrestare quel bastardo lass� a Moerbeck.
Sia Bj�rken sia lei partecipano alla prima riunione dedicata alle due violenze.
Tutti, alla divisione crimini, sono sempre informati a grandi linee sulle indagini
pi� importanti. E anche se niente all'inizio lo indica, non si pu� escludere che si
scoprano dei collegamenti tra diversi casi, o che una delle persone interrogate per
un reato abbia informazioni anche su un altro. Il passaggio di informazioni
nell'ambiente criminale � molto pi� efficace che nel SIR, e soprattutto pi� veloce.
� successo pi� di una volta che la polizia abbia sfruttato quest'opportunit�.
La notizia ha scosso tutti. Mentre Kneought Brodal descrive i dettagli, nella
stanza c'� un silenzio mortale. In entrambi i casi � stata usata una bottiglia
rotta: le vittime sono state ferite al viso e al seno e poi il colpevole ha
infilato la bottiglia nei genitali delle donne. I resti insanguinati di un Groths
Old Stone Selection da 35 centilitri sono rimasti sul posto, e una persona che
portava a spasso il cane, alle quattro di domenica mattina, ha trovato Sandrine
Broe che vagava sporca di sangue e terrorizzata. Ora � all'ospedale di Thysted,
sconvolta ma viva.
Loa Marklund non � stata altrettanto fortunata. Alle sette e mezzo di domenica
mattina, un residente di Karpv�gen 122 e suo figlio di otto anni, muniti di canna
da pesca, hanno preso l'ascensore per andare nel seminterrato. Avrebbero dovuto
prendere le bici e fare l'ultima gita della stagione allo Svartsj�n per pescare.
Quando il padre, sotto shock, ha chiamato il 112, erano passate pi� di sei ore da
quando qualcuno aveva infilato una bottiglia rotta di Budweiser nella vagina di Loa
per stuprarla. Questo era il parere del medico legale. La ragazza, nonostante la
copiosa emorragia, era ancora viva all'arrivo dell'ambulanza, ma quando hanno
raggiunto Thysted era morta.
"Sperma?" chiede qualcuno a bassa voce, e Kneought scuote la testa.
"Resta ancora da vedere se il colpevole ha avuto rapporti sessuali con le vittime.
Tutto sta a indicare che si sia accontentato della bottiglia. Uno squilibrato. E
impotente, se volete il mio parere."
Karen lascia scorrere lo sguardo tra i membri del suo ex gruppo investigativo,
mentre assimilano gli atroci dettagli delle aggressioni di Moerbeck. Nella sala c'�
un silenzio paralizzato, proprio come quando avevano visto le foto di Susanne per
la prima volta. Poi l'atmosfera cambia, come se qualcosa si alzasse lentamente, si
scuotesse ed emettesse un ringhio cupo. L'istinto da cacciatori si � risvegliato ma
la vittima � un'altra e gli sguardi sono rivolti in un'altra direzione, verso
un'altra preda. Karen spera che quest'indagine proceda molto pi� velocemente della
sua.

54.

Karen afferra il mouse e interrompe la riproduzione. Poi si appoggia allo schienale


e chiude gli occhi. Dietro le palpebre abbassate, le immagini continuano a
scorrerle sulla retina: un flusso apparentemente senza fine di veicoli di tutti i
tipi che salgono a bordo ballonzolando, passando da una finestra all'altra sullo
schermo.
Il traghetto che trasporta le auto da Noor� a Thorsvik parte ogni dieci minuti tra
le 6.00 e le 23.50 e ogni quindici minuti dopo mezzanotte. La nave di color giallo
attraversa lo stretto ansimando anche quando non ci sono passeggeri. Quelli che
vorrebbero un abbassamento delle tasse hanno pi� volte proposto l'introduzione di
un servizio a richiesta, almeno di notte, ma l'idea � stata accolta da rumorose
proteste e gli abitanti di Noor� finora sono riusciti a sventare le minacce di
ridurre le corse.
Se il numero dei passeggeri notturni non � sufficiente a motivare una corsa ogni
quarto d'ora, nel resto della giornata, per�, il flusso di macchine ogni tanto �
abbondante. Auto grosse e piccole, chiare e scure: i filmati sono in bianco e nero
e offrono solo un'infinita scala di grigi. Le Volvo dominano, insieme a BMW, Ford e
SUV di tutti i modelli. La linea 78 degli autobus sale sul traghetto ogni mezz'ora;
macchine private, furgoni, due trattori, camion con il marchio delle macellerie di
Ravenby; personale della NoorOyl che arriva dal porto settentrionale: uomini e
donne stanchi alla fine del loro turno di tre settimane sulla piattaforma
petrolifera; biciclette, motorini, un quad. E qualche moto, ma purtroppo nessuna
Honda modello CRF 1000L Africa Twin. Tiene una foto sulla scrivania per fare il
confronto.
Karen osserva tutti quelli che salgono sul traghetto al porto di Noor�, manda
avanti veloce per qualche secondo, e poi controlla chi scende a Thorsvik. Sulla
nave sono montate due telecamere puntate in direzioni opposte. Entrambe le
angolazioni sono mostrate in parallelo sullo schermo e il suo sguardo si sposta da
quella del carico a quella dello scarico. Dopo essersi fatta sfuggire un motorino
nelle prime due partenze, si � resa conto di dover studiare entrambe le
registrazioni. Anche una moto pu� facilmente rimanere nascosta dietro un camion, un
tir o un autobus.
Il furto a Noor� era avvenuto tra le sette e mezzo del mattino di marted� 17
settembre e le cinque meno un quarto del pomeriggio di venerd� 20 settembre. Tre
giorni e mezzo, centinaia di partenze nelle quali il giovane sulla moto rubata pu�
essere stato ripreso dalle telecamere di bordo.
Lei riapre gli occhi e lancia un'occhiata al suo fianco. Karl, nella scrivania
accanto alla sua, ha appena messo gi� il telefono, schiaccia il pulsante di una
penna e tira una riga su qualcosa con aria desolata. "Probabilmente un'altra
stazione di polizia locale che non ha niente da segnalare" pensa Karen.
"Facciamo cambio?" gli chiede. "Non ne posso pi� di guardare questa schifezza."
"Di cosa ti lamenti, non ci saranno pi� di cento partenze al giorno" commenta lui
con una smorfia.
"122" replica lei cupa.
"Fin dove sei arrivata?"
"Ho appena controllato la corsa delle 9.40 del 18 settembre. Nessuna Africa Twin
nemmeno l�. Nessuna cazzo di moto, a parte una Kawasaki salita alle 7.20. E a te
come va?"
"Secondo te? Se dovessi concludere qualcosa sta' tranquilla che non lo tengo
segreto. Ma in effetti pensavo di andare a casa: Arne e Frode hanno tutti e due la
febbre e Sara si rifiuta di dormire nel suo letto. Ingrid mi ha minacciato di
divorziare se non torno prima delle sei. "E non mi porto via i bambini"" dice Karl
imitando sua moglie.
"Be', allora � meglio che ti sbrighi" suggerisce Karen sorridendo. "Non dovresti
andare in congedo di paternit� tra poco?"
"Dal primo novembre. E no, non ha niente a che vedere con la caccia alla martora."
Quindi Karl tra poco pi� di un mese sparir�. "Ecco un'altra ragione per cui Smeed
non l'ha preso nel suo team" osserva lei.
"Quindi dobbiamo risolvere questo caso prima d'allora" conclude Karl spegnendo il
computer. "Altrimenti mi sa che manderanno Johannisen ad aiutarti. Sarebbe una
ragione sufficiente a fargli venire un infarto per davvero."
"O a farlo venire a me. Io do un'occhiata alle ultime corse di mercoled�, poi me ne
vado a casa anch'io" risponde lei stiracchiandosi.
Ventiquattro minuti dopo, nel momento in cui Karl Bj�rken apre la porta della sua
villa bifamiliare a Sande, accolto dalle urla di tre bambini, Karen si impietrisce
davanti allo schermo rimettendosi dritta dalla posizione semisdraiata in cui era
finita. Rimanda velocemente indietro il filmato per qualche secondo e riguarda la
sequenza.
"Eccoti" dice piano. "Ecco che faccia hai."

55.

Sigrid � seduta in cucina quando Karen entra. Davanti a lei, sul tavolo, il gatto
sta leccando gli avanzi di un piatto di yogurt e muesli. "In quale armadietto
l'avr� trovato?" pensa Karen, non lo mangia da anni. Nello stesso istante le
passano davanti le immagini della colazione interrotta di Susanne. Si scrolla il
disagio di dosso.
"Ah, ti sei alzata. Come stai?"
La ragazza alza lo sguardo con quello che assomiglia a un sorriso.
Karen sussulta alla vista del cambiamento: � la prima volta che vede Sigrid senza
che soffi come un gatto o sia sfinita per la febbre. � ancora pallida e gli occhi
sono lucidi ma le chiazze rosse sulle guance sono sparite e ha legato i capelli in
una coda di cavallo.
"Meglio, grazie. Va bene se...?" chiede indicando il piatto con un cenno della
testa.
"Intendi lo yogurt o Rufus? Tranquilla," aggiunge Karen con un sorriso "fa quello
che vuole anche quando ci sono io."
Mette il sacchetto sul lavello e intanto nota che Sigrid sta posando cautamente
Rufus per terra.
"Ho comprato del cibo indiano in citt�. Adesso � freddo, ma volevo riscaldarlo nel
microonde. Hai ancora un po' di spazio per qualcosa di buono?"
Karen prende un piatto dallo scolapiatti ed estrae un paio di vaschette di
alluminio dalla busta.
"Non credo di farcela. Ma grazie" risponde Sigrid.
Rimane in silenzio per un po' a guardare Karen che svuota una porzione di curry
masala sul piatto e lo mette nel microonde. "In realt� dovrei andare a casa" dice
facendo per alzarsi. "O almeno tornare a quella di mamma."
Karen si blocca con una mano sulla manopola del timer. "Perch�? � chiaro che
rimarrai finch� non sei guarita. Ti sei provata la febbre da stamattina, a
proposito?"
"Mezz'ora fa. Trentotto e sei."
"Ascoltami, Sigrid. Non so esattamente che cavolo ti sei presa, ma di certo hai
un'infezione delle vie respiratorie. Be', lo vedi anche tu" sostiene Karen, facendo
una pausa, mentre la ragazza si piega in due in preda a un rumoroso attacco di
tosse. "Comunque, se vuoi restare finch� non stai bene, mi fa piacere. Come sei
messa con il lavoro, li hai chiamati?"
"Ho mandato un messaggio stamattina."
"E il tuo ragazzo, Sam?"
"Il mio ex" la corregge Sigrid.
"Ah, siete ancora in quella fase. Bene, ma allora non capisco perch� hai cos�
fretta di andartene."
Il microonde emette un bip e Karen tira fuori il piatto. "Sicura?" chiede
indicandolo.
"Sicura."
Allora Karen apre la porta della dispensa e prende una bottiglia. "Be', per te
niente vino, io per� ne bevo un bicchiere."
"Ma ho gi� compiuto diciott'anni."
"Vorr� dire che quando sarai guarita ne berrai uno anche tu. Quindi, rimani?"
Questa volta non ci sono dubbi: sul viso pallido di Sigrid c'� proprio un sorriso.
Un'ora dopo la ragazza � addormentata sul divano sotto una coperta. Non ha voluto
andare a dormire di sopra, sembra preferire la compagnia di Karen, che dopo aver
mangiato si � seduta in poltrona con le parole crociate. Dal divano ora proviene un
rantolo e ogni tanto Sigrid tossisce nel sonno. Karen abbassa il giornale e la
guarda.
"La stessa et�" pensa. Nati nello stesso anno, lui qualche mese dopo. Avrebbe
compiuto diciotto anni a dicembre e sarebbe andato nei locali, procurandosi una
carta d'identit� falsa per bere la birra. Forse anche lui avrebbe risposto a
monosillabi alle sue domande, cercando di mascherare un sorriso che non voleva
dividere con nessuno. Suo figlio. Mathis.
Magari avrebbe conosciuto Sigrid se lei o John l'avessero portato in Doggerland per
le vacanze. Si sarebbero imbattuti l'uno nell'altra in qualche posto a Dunker, in
una sera d'estate, o magari lui sarebbe andato proprio nel bar dove lavorava lei.
L'avrebbe ascoltata suonare.
"Smettila".
Karen riporta lo sguardo sulle parole crociate.
Ma i pensieri non si possono fermare. Forse John e lei sarebbero davvero venuti a
vivere qui da anziani, come dicevano ogni tanto. Anche se lei non crede.
Si era innamorata di Londra, aveva la sua vita l�, e il desiderio di tornare
sull'isola era solo occasionale, quando era assalita da brevi attacchi di
nostalgia. In quei momenti in cui tutto il suo corpo sentiva la mancanza di
qualcosa, forse del mare che era cos� lontano.
"Ma se abbiamo la vista su tutto il Tamigi" le aveva ribattuto John. Ma l'aveva
fatto solo in un'occasione.
"Andiamo sulla costa" aveva proposto un'altra volta in cui lei aveva un attacco di
nostalgia. "Carichiamo tutto e andiamo da mia sorella a Margate nel fine settimana.
Quello � mare per davvero."
"Margate. Ma dai, John."
Non era mai riuscita a spiegarglielo. Per� le era sempre passata. E Londra le
piaceva davvero: aveva amato la citt� fin dai tempi in cui divideva l'appartamento
a Clapham con Scott, Elina e Ulrich. Anche se avevano dovuto isolare le finestre
con i loro collant nei freddi mesi invernali. Aveva amato i pub, i grandi
magazzini, i parchi. Aveva amato la London Met, dove aveva imparato tutti gli
orrori che le persone commettono contro i loro simili. Aveva amato andare a sedersi
in tribunale ad ascoltare. E aveva amato John e poi Mathis. S�, aveva davvero amato
quella citt� che le aveva dato un marito e un figlio. Quella citt� che le aveva
dato una vita.
Eppure aveva lasciato tutto, senza un istante di esitazione, un giorno di dicembre
di quasi undici anni fa.
Karen si arrende e mette gi� le parole crociate. "� per questo che voglio che
rimanga?" si domanda guardando Sigrid sul divano. "Perch� la sua linea continui
dove quella di Mathis si � interrotta? Perch� mi d� la possibilit� di immaginarmi
il futuro di mio figlio? Perch� mi aiuta a ricordare?"

56.

� stato emesso un comunicato di ricerca tramite il SIR. L'ha inserito Karen stessa
nel sistema subito dopo aver trovato la giusta sequenza nel filmato del traghetto.
Le immagini del ragazzo salito alle 23.20 del 18 settembre erano abbastanza nitide
e il numero di targa combaciava con quello della moto rubata. Il problema era che
la visiera del casco nascondeva il viso. Per qualche ragione il ragazzo era sceso
dalla moto, era andato fino al parapetto e si era affacciato. Ma un furgone lo
nascondeva per met� e nonostante i ripetuti tentativi di ispezionare ogni
fotogramma non � riuscita a vedere se avesse buttato qualcosa in mare o se volesse
solo sgranchirsi le gambe e respirare un po' d'aria fresca. Non si era mai tolto il
casco.
Grazie ai punti di riferimento Karen ha constatato che � alto circa uno e
settantacinque e appare snello, quasi magro, con quei jeans consumati e il
giubbotto leggero. Ma � una descrizione troppo vaga. Tuttavia � la moto a essere al
centro dell'attenzione nel comunicato che ha diramato. Di quel modello ce ne sono
molte, ma il colore � insolito. Il problema � che non lo si vede dalle immagini in
bianco e nero che ha inserito. Per� la foto di una Honda Africa Twin gialla che ha
trovato in rete, e caricato nel SIR insieme al comunicato, potr� forse essere utile
a qualcuno dei colleghi. O forse no.
"Prima o poi il ragazzo commetter� un errore e allora lo prenderemo" afferma Karl
soffiando sul caff� del mattino, mentre si china sul computer di Karen. "Cazzo,
sembra giovane, quanti anni pu� avere? Sedici, diciassette?"
"S�, sembra proprio molto giovane. Credi davvero che possa essere stato lui a
uccidere Susanne? Ne sei cos� convinto, Ciccio?"
Karl aggrotta la fronte e le sue sopracciglia scure si incurvano. In parte per quel
soprannome odioso, in parte perch� anche lui, come Karen, ha dei dubbi.
La rabbia con cui � stata uccisa Susanne non quadra con la teoria del furto. Per
Haugen il collegamento potr� essere chiaro e per la procuratrice molto probabile,
ma lui � lontano dall'esserne convinto.
Qualche ora dopo, per�, anche Karl inizia a cambiare idea.
La telefonata del collega di Grunder arriva subito dopo pranzo. Soltanto tre minuti
prima Karen ha lasciato un messaggio irritato sulla segreteria della stazione di
polizia locale chiedendo di essere contattata immediatamente. Hanno inviato
richieste a tutte le stazioni e solo tre non hanno ancora risposto riguardo a
eventuali reati minori che possano essere messi in relazione con l'indagine. La
frustrazione nel suo tono, nel sentire che non risponde nessuno a Grunder, che
dovrebbe essere sempre presidiata, conferma l'immagine che i colleghi locali hanno
di loro, i "prepotenti della centrale".
Quando arriva la chiamata, Karen si appoggia allo schienale e, nascondendo la sua
impazienza, ascolta le spiegazioni del responsabile della stazione Grant Hogan:
sono sottodimensionati, e lui era andato in bagno. E poi attacca una sequela di
lamentele sul SIR e un complicato resoconto di tutti i reati minori avvenuti
nell'angolo nordorientale di Heim� durante l'estate. Stando attenta a non rimarcare
la distanza tra i colleghi degli uffici centrali e quelli locali, Karen piazza
qualche mormorio di assenso nei momenti adatti, pensando che dovrebbe chiamare
Sigrid per vedere come sta. Ma un paio di minuti dopo Grant Hogan dice qualcosa che
le fa aguzzare le orecchie e togliere i piedi dalla scrivania. Chiama Karl con un
cenno e mette il cellulare sul tavolo.
"Ti metto in vivavoce, Grant, aspetta, cos� sente anche Karl Bj�rken. Potresti
ripetere l'ultima cosa, per favore?"
Lo ascoltano senza interromperlo e Karen fa segno a Karl di non mettergli fretta
durante l'interminabile racconto. Tra le diverse digressioni, qualcosa spinge Karl
a chiedersi se Viggo Haugen non possa avere ragione, una volta tanto.
Una villa bruciata a met� a Ramsviken, nel distretto di Grunder, a soli trenta
chilometri a nord di Langevik. Era successo due giorni prima dell'Oistra: la coppia
proprietaria della casa era in vacanza a Londra. Grant Hogan condisce la storia con
"spettacoli teatrali e shopping", "pensionati da poco", "mancavano i computer e i
gioielli", "in posizione isolata con una vista splendida", "prezzi delle case alle
stelle", "il fuoco � partito probabilmente dalle tendine in cucina", "sotto shock
al loro rientro a casa", "coperti dall'assicurazione". E, alla fine, "nessun
testimone".
Karl alza lo sguardo e incontra quello di Karen mentre il collega fa un respiro
profondo prima di continuare.
"Avevo proprio pensato di chiamarvi. Non per l'incendio, ma perch� ieri ho parlato
con il capo di una delle squadre di caccia. Si chiama Yngve Lingvall e ci
conosciamo da molti anni. Anche io vado a caccia un po', quando il lavoro me ne
lascia il tempo. Ed � stato per quello che mi ha telefonato nel bel mezzo di una
battuta, altrimenti se ne sarebbe fregato."
"Per cosa ti ha cercato?" Karl tamburella con le dita sulla scrivania, impaziente,
ma smette dopo un'occhiata di Karen.
"Be', ieri uno della sua squadra ha trovato una moto distrutta in un burrone, a tre
chilometri a sud del paese. Il tizio � appassionato di moto e voleva prendersela
lui, ma Yngve ha pensato che prima fosse meglio chiamare noi. Un brav'uomo. Allora
ho fatto un giro l�, ed � proprio lei. � in una cava di ghiaia a Kalvmotet, solo un
paio di chilometri a nord-ovest della stazione di polizia di Grunder."
"Di che colore �?" dice Karl. "La moto, intendo" aggiunge per non sorbirsi una
tiritera sul colore della stazione.
"Gialla, credo, ma � molto in fondo ed � sporchissima. E io non ne so molto di
moto, ma secondo il tizio che l'ha trovata � una Honda Africa Twin. Ho appena visto
il comunicato nel SIR e ho pensato di chiamarvi, dovevo solo andare al gabinetto,
prima."
Karen fa cenno a Karl di andare a prendere il caff� e lascia parlare Grant ancora
per un po'. Il collega, nonostante tutto, ha dimostrato di essere abbastanza
sveglio, anche se ha dato la priorit� al bagno. E ora � curioso. � vero che c'era
stata una specie di incendio anche nel caso di Langevik? Almeno cos� gli aveva
detto suo cognato, che � un pompiere volontario. Segni di furto con scasso, dicono
anche, nonostante non ci siano altri dettagli... No, capisce benissimo che non
possono dirgli niente. Be', comunque bisogna fare tutto il possibile per prendere
quel bastardo che ha ucciso la moglie di Smeed. Anche se adesso era la sua ex
moglie. Avevano frequentato la scuola di polizia insieme.
"Io e Smeed, dico, non sua moglie" chiarisce Grant.
Karen conclude la telefonata con rassegnazione. Accetta la tazza di caff� che Karl
le porge, in silenzio. Nemmeno lei ora pu� evitare di prendere in considerazione la
possibilit� che ci sia un collegamento, che non siano solo coincidenze. Semplici
furti con scasso commessi mentre i proprietari erano via di casa. � successa la
stessa cosa anche a Langevik? Quello che doveva essere un normale furto per qualche
ragione si � concluso con una catastrofe? Un colpevole che si concentra su computer
e gioielli, facili da infilare nello zaino. Karen ha ascoltato queste
argomentazioni gi� prima della telefonata di Grant Hogan ed � costretta suo
malgrado a riconoscere che la teoria sembra fondata. Non ha bisogno di guardare
sulla cartina per vedere che c'� uno schema: date e orari combaciano e i luoghi dei
furti mostrano che il colpevole, nella sua tourn�e di una settimana, si � spostato
da Noor� al molo dei traghetti di Thorsvik, e poi lungo la costa settentrionale di
Heim�. Potrebbe benissimo aver proseguito verso Langevik, dopo essersi disfatto
della moto.
"Emettiamo un comunicato per cercare testimoni, cos� verifichiamo se qualcuno ha
dato un passaggio a un autostoppista sulla strada da Grunder verso sud" dice. "Non
credo che il tizio se la sia fatta tutta a piedi. Perch� non abbiamo notizie di
macchine rubate in zona, vero?"
"No, ho appena controllato."
"Come mai scegliere proprio la casa di Susanne Smeed?"
"E perch� no?" dice Karl soffiando sul caff�. "La figlia ha detto che di solito
andava via durante l'Oistra. Forse il colpevole ne era al corrente, per qualche
ragione, e quando ha visto che era in casa ha agito in preda alla disperazione. Che
cazzo ne so dei suoi metodi di ricognizione? Per� ci sono milioni di possibilit�."
"Ma come poteva pensare che lei non ci fosse? Secondo Harald Steen usciva fumo dal
camino" protesta Karen.
"S�, per� quando Steen ha visto il fumo lei era gi� morta. Magari � stato
l'assassino ad accendere la stufa, non Susanne."
"E perch� mai si sarebbe sognato di fare un'idiozia del genere? Se voleva bruciare
la casa non aveva certo bisogno di prenderla cos� alla larga, accendendo il fuoco
nella stufa. Sarebbe stato molto pi� semplice e veloce appiccarlo alle tendine,
come ha fatto a Thorsvik."
Karl si stringe nelle spalle.
"E poi c'era la macchina di Susanne nel cortile. Avrebbe dovuto capire che c'era
qualcuno in casa, no?"
"Non necessariamente" obietta Karl. "Quando la gente va in vacanza spesso lascia
l'auto a casa o in un parcheggio per la sosta a lungo termine, e si fa accompagnare
all'aeroporto o al molo dei traghetti. E forse proprio la macchina costituisce il
movente principale: � ovvio che gli serviva un nuovo mezzo di trasporto. Magari �
solo entrato in casa per cercare le chiavi."
"Immaginando che la persona che abitava l� dormisse ancora? Un rischio troppo
grosso, secondo me. Non poteva certo sapere in quanti vivessero in quella casa."
"Sempre che non avesse fatto un giro di ricognizione, come ti ho detto prima."
Lei ascolta le varie ipotesi, valutandole da sola e insieme a Karl. � ancora ben
lontana dall'essere convinta, ma a quanto pare lui ora ha assunto il ruolo di
difensore di quella semplice soluzione verso cui Haugen e gli altri sono cos� ben
predisposti.
"Ricordati per� che lei era seduta al tavolo in cucina. Vuoi dire che il ragazzo �
entrato talmente piano che l'ha sorpresa con la tazza di caff� in mano? In pratica
ha attraversato il cortile senza che lei lo vedesse dalla finestra?"
"Oppure � passato dal retro, dalla strada. Non voleva certo rischiare di essere
visto dai vicini. La finestra di Harald Steen d� proprio sul vialetto d'ingresso."
"S�" ammette lei. "Ma comunque... Voglio dire, uno sentir� pur qualcosa se � in
cucina a bere il caff� e un estraneo entra in casa."
"La radio era accesa. Ad alto volume, secondo S�ren."
Karen scuote la testa in silenzio e beve un po' di caff�. Lei si accorgerebbe se
qualcuno s'infilasse in casa sua, anche con la tv e la radio accese. O no?
"Forse l'ha fatto accomodare lei" propone Karl dopo un attimo di silenzio.
"E perch� avrebbe dovuto?"
"Che ne so, lui potrebbe essersi inventato una scusa convincente. Aver detto di
essere un tecnico per delle riparazioni o..."
"La mattina dopo l'Oistra? Puoi fare di meglio..."
"O magari ha inventato di avere un'emergenza. Non sarebbe la prima volta che un
ladro usa questo trucco per penetrare in casa della vittima."
"Dai Ciccio, stiamo parlando di Susanne Smeed. Se c'� qualcuno che non avrebbe
esitato a sbattere la porta in faccia a chi ha bisogno, era lei."
"Allora l'ha minacciata con un'arma" continua Karl ignorando il soprannome e
l'obiezione di Karen.
"E Susanne si � seduta buona buona al tavolo?"
"Be', � quello che farei anch'io se qualcuno mi puntasse contro un'arma" dice Karl.
"Tu no?"

57.

Non c'� dubbio che l'autunno abbia stretto le isole doggerlandesi in una morsa di
ferro. Il meteo ha alzato la voce, ha gonfiato il petto, e fatto capire che adesso
non si scherza pi�. La pioggerellina ha lasciato il posto a violente raffiche di
vento provenienti da ovest, che avvertono dell'arrivo dell'inverno. Anche le
previsioni mettono tutti in guardia: nei prossimi giorni c'� da aspettarsi
burrasca, sulle coste.
Quando Karen esce dall'autostrada a Langevik il temporale � al massimo della forza.
La pioggia forma dei laghi sul parabrezza e i tergicristalli non fanno in tempo a
spazzar via le ondate d'acqua. Guida lentamente, china in avanti con gli occhi
strizzati, e quando il vento spinge la macchina da un lato para il colpo sterzando.
"Se questa notte va sotto lo zero, domani sar� un casino" pensa sentendo le ruote
slittare nel fango che scorre gi� dalla discesa.
In realt� dovrebbe andare direttamente a casa prima che le vie diventino
impraticabili. Sigrid sta meglio, ma � ben lontana dall'essere guarita. D'altro
canto non le servir� pi� di mezz'ora a casa di Harald Steen. Naturalmente sar�
costretta ad accettare una tazza di caff� e a scambiare quattro chiacchiere di
convenienza prima di introdurre il vero motivo della sua visita. � un tentativo
disperato: quando ha incontrato Steen, l'ultima volta, dava chiari segni di
Alzheimer. Alla fine aveva fornito informazioni corrette, durante l'interrogatorio
- Angela Novak aveva confermato il suo racconto -, ma ci era voluto molto tempo
perch� si ricordasse i fatti relativi a quella stessa mattina. E ora lei vuole
chiedergli di tornare indietro di quarant'anni.
Suo malgrado, dentro di s�, Karen ammette che le teorie esposte da Karl possono
avere un fondamento, anche se ci sono ancora dettagli che non tornano. Nel
groviglio di coincidenze si intravedono i contorni di un quadro. E senza dubbio
sono successe cose pi� strane di questa, ossia una serie di furti commessi dalla
stessa persona, che per qualche ragione � passata all'incendio doloso e
all'omicidio volontario.
O almeno colposo.
L'ultimo pezzo del puzzle, fornito da Hogan, � bastato per convincere sia il capo
della polizia sia la procuratrice che tutti gli sforzi ora debbano essere diretti a
trovare il ragazzo della motocicletta. Haugen ha fiutato la possibilit� di
concludere in fretta l'indagine e la sostituirebbe subito se sapesse dove sta
andando e perch�.
L'ennesimo colpo di vento sposta la macchina e lei sente le ruote che scivolano
nella melma. "Dovrei proprio tornare a casa" pensa, svoltando nel vialetto di
Harald Steen.
"Si serva, signorina, non � certo fatto in casa ma � quello che passa il convento."
Si sono seduti in cucina, e Karen accetta con senso di colpa un po' di caff� e una
delle due brioche che Angela Novak ha messo su un piatto e coperto con la
pellicola: la merenda serale di Harald. "Sembra che si prenda cura di lei" osserva
addentando il cornetto.
"Ah s�, certo, s�, potremmo dire di s�. Ma � anche pagata. Pagata bene, se
confrontiamo con quello che guadagnavo io. Quattrocentoventi marchi e quaranta
scellini al mese, prendevamo io e mia moglie, e dovevamo cavarcela."
"� molto che � qui? Angela, voglio dire."
"No, non pi� di un anno. Al massimo due. � questo maledetto cuore, non funziona
come dovrebbe, dicono, per questo mi gira la testa. Altrimenti me la caverei da
solo, anche se Harry crede che non ci riesca pi�. � stato lui a insistere per far
venire quella donna. Ha chiamato i servizi a domicilio senza nemmeno chiedermelo."
Karen sospetta che il figlio di Harald Steen abbia gi� ascoltato queste
recriminazioni centinaia di volte. Allora cambia strategia.
"Quindi ha una governante tutta per lei, Harald. Be', se la merita proprio. Io di
certo non rifiuterei un po' di aiuto nei lavori di casa."
Accompagna quelle parole suadenti con il suo sorriso pi� dolce. Occorre che Harald
sia di buonumore.
"Ah s�, cos� mi dice? Una governante..."
Lui nasconde un sorriso soddisfatto dietro la tazza e beve rumorosamente, con aria
pensierosa, mentre elabora quel nuovo punto di vista. Rinfrancato, posa la tazza
sul piattino con un tintinnio deciso.
"Ma mi dica, signorina poliziotta... Non sar� mica venuta qui solo per un caff�?"
"Signorina poliziotta". Con un brivido Karen si scrolla di dosso quelle parole e si
piega per prendere la borsa da terra. � un tentativo disperato ed � meglio farla
finita pi� in fretta possibile.
"Be', in effetti vorrei chiederle qualcosa. Ho immaginato che se c'� qualcuno che
pu� aiutarmi � proprio lei. Perch� sa tutto di quello che � successo a Langevik,
no?"
Karen guarda velocemente la fotografia che ha estratto dalla borsa. 1970, giovani
donne e uomini sorridenti, in fila sui gradini, e qualche bambino sul prato ai
piedi della scala. Gira l'immagine e la mette sul tavolo di fronte a Harald Steen.
"Ha idea di chi siano le persone nella foto?"
Guarda pazientemente mentre lui si allunga per prendere un astuccio sul tavolo,
piega le stanghette e inforca gli occhiali sul naso. Poi senza alzare la foto, si
china e la studia con le sopracciglia aggrottate. Un attimo dopo scoppia a ridere.
Una risata secca e senza gioia, seguita da un sospiro profondo.
"Oh, Signore!" esclama. "Dove l'ha trovata?"
"Era nell'album di Susanne. A quanto ne so le persone ritratte abitavano nella
comune fondata dai suoi genitori. Il problema � che nel raccoglitore non ci sono i
cognomi, solo i nomi. Li ho scritti sul retro."
Senza voltare la foto o sollevarla dal tavolo, Harald continua a osservarla in
silenzio. Sentendo la speranza venir meno, Karen guarda il suo viso che non mostra
di riconoscere nessuno. "Tra poco saranno cinquant'anni," pensa "e probabilmente
lui non si ricorda nemmeno cos'ha mangiato a colazione".
Harald allontana da s� l'immagine con un movimento brusco, toglie gli occhiali e si
appoggia allo schienale.
"E a cosa le servono questi nomi, se posso chiedere?"
"A niente, probabilmente" risponde lei con sincerit�. "Sto solo cercando di
ricostruire la vita di Susanne e pensavo che magari avesse mantenuto i contatti con
qualcuno di quelli che abitavano qui. Magari con qualcuno dei bambini."
Harald sbuffa.
"Mi risulta difficile crederlo, non aveva rapporti nemmeno con sua figlia. Faceva
fatica anche a scambiare due parole con me, che sono il suo vicino. Susanne era una
persona difficile, lasci che glielo dica. Non aveva tutte le rotelle a posto, se
vuole il mio parere."
Harald Steen si batte il dito sulla tempia e Karen maschera un sospiro di delusione
con un sorriso.
"Be', era un tentativo disperato. Ho parlato con Jaap Kloes, Egil Jenssen e Odd
Marklund all'Haren och Kr�kan l'altro giorno, e nessuno di loro si ricordava i
nomi, perci� lei � in buona compagnia. � passato quasi mezzo secolo, non � che mi
aspettassi granch�."
Questa volta lo sbuffo di Harald � indignato e talmente forte che da una narice gli
esce uno spruzzo che atterra sulla tovaglia all'uncinetto.
"Kloes e Jenssen! Cosa vuole che sappiano quei due. Se ne stanno al bar a vantarsi,
� l'unica cosa che hanno fatto in vita loro. Le dir�, se hanno dei calli sulle mani
non gli sono certo venuti remando. Marklund � meglio, ma come faccia a frequentare
gli altri due lo sa solo Dio. "Sono di compagnia". Dovrebbe vergognarsi!"
Stringe forte la tazza e Karen vede che la mano gli trema quando la porta alla
bocca. "Basta che non gli venga un attacco di cuore" pensa. "Non ho n� tempo n�
forza. Cosa diavolo sono venuta qui a fare?"
Poi Harald posa rumorosamente la tazza e aggiunge: "Ah, quindi prima ha chiesto a
loro e poi viene qui dal vecchio Steen perch� quelli non possono aiutarla. Allora
s� che torno utile".
Karen replica d'istinto, come una dodicenne rimproverata. "Li ho incontrati per
caso quando sono andata a bermi una birra. Altrimenti mi sarei rivolta subito a
lei" si giustifica sperando di ammorbidirlo.
Senza rispondere, Harald si china in avanti. Poi preme l'unghia ingiallita
dell'indice contro la foto, sulla coppia all'angolo della scala, in alto.
"Disa Brinckmann, Tomas e Ingela Ekman e Theo Rep" dice facendo scorrere lentamente
il dito lungo le persone. Sposta l'indice sulla riga inferiore intonando ad alta
voce: "Janet e Brandon Connor, Per e Anne-Marie Lindgren". Dopo gli ultimi nomi si
riappoggia allo schienale della sedia e solleva gli occhiali sulla fronte. Questa
volta con le braccia incrociate e un sorriso che esprime irritazione e trionfo allo
stesso tempo.
"Come si chiamavano i bambini non me lo ricordo, mi scusi" mormora. "E Susanne era
ancora un angioletto in cielo. � nata l'anno dopo, se non ricordo male."
Karen guarda l'uomo al di l� del tavolo, ammutolita. Anche se il vecchio Steen non
rammenta cos'ha mangiato a colazione, non c'� dubbio che sia certo di quello che
dice. Com'� possibile ricordarsi i nomi di persone che avevano vissuto da quelle
parti, per un breve periodo, pi� di quarant'anni fa? Lei non ci sarebbe riuscita.
Karen, al massimo, aveva sperato che Harald potesse ricordarsi qualcuno o qualcosa
che la aiutasse a ricavare l'informazione in altro modo. E invece, senza la minima
esitazione, ha snocciolato i nomi degli otto adulti nella foto.
"Com'� possibile?" ripete lei, stavolta a voce alta.
Harald Steen punta gli occhi nei suoi con sguardo saldo e prende la tazza di caff�.
"Sono stato io a fare la foto."

58.

Dalla casa di Harald Steen alla sua di solito ci mette dieci minuti. Questa sera ne
impiega trentadue. Mentre la macchina procede lentamente nella melma, i pensieri
tornano a quello che l'uomo le ha raccontato.
"So bene che la gente qui in paese guardava storto i giovani di Lothorp, ma io non
avevo niente contro di loro. Ed erano in molti a fare un giretto lass� per dare
un'occhiata a quel ben di Dio."
A quelle parole Harald le ha strizzato l'occhio con aria cospiratoria, eppure le ci
� voluto un attimo prima che le si accendesse la lampadina e capisse che erano le
bellezze senza reggiseno e le fantasie sulla trasgressivit� degli svedesi ad
attirarli.
"E loro cosa pensavano vedendovi girare l� intorno?"
"Oh no, signorina, a differenza degli altri io sono andato dritto dritto nel
cortile e mi sono presentato. Mi hanno offerto del t�, perch� loro ovviamente non
bevevano caff�, perci� un po' strani lo erano. Poi mi hanno chiesto se potevo
fargli una foto, e dopo una cosa tira l'altra."
Harald aveva dato loro un po' di consigli e aveva condiviso quello che il vecchio
Gr�� gli aveva spiegato del podere, cosa la terra lass� accettasse e cosa invece
rifiutasse. Era andato a trovarli qualche volta alla settimana per aiutarli a
piantare le patate e altre verdure. E cos� era nata una sorta di amicizia. "Steen
era un po' pi� vecchio degli altri, ma non era certo anziano all'inizio degli anni
Settanta" pensa Karen.
Sulla salita a nord del porto si blocca. Le ruote slittano nel fango e capisce di
dover trovare qualcosa da mettere sotto quelle posteriori in modo da poter far
presa. Con un sospiro apre la portiera e scende dalla macchina. La pioggia le
frusta il viso mentre abbassa il portellone e con le dita intirizzite apre il
cassone verde che c'� su tutte le Ranger. Cerca un po' tra gli attrezzi e alla fine
tira fuori una sega. La melma ghiacciata le entra negli stivaletti quando scende
nel fosso per raggiungere il ginepro dall'altra parte.
Le parole di Harald Steen le echeggiano nella mente intanto che affonda i denti
della sega nel tenace cespuglio, imprecando.
"Non ho idea di dove siano finiti, a parte Anne-Marie, che era morta gi� nell'86, e
Per che � rimasto qui da solo per anni prima di finire all'ospedale. Ogni tanto ci
vedevamo per giocare a carte, i primi anni, ma poi � diventato difficile per tutti
e due muoversi. Dicono che bevesse, e non stento a crederlo. Ah, e poi Brandon e
Janet che abitano su a Joms."
"Intende Joms qui a Heim�? Abitano ancora sull'isola?" Karen aveva sentito il tono
stridulo della propria voce infervorata.
"Si calmi, signorina, prima che le venga un colpo al cuore. Be', fino alla scorsa
estate abitavano ancora qui, perch� li ho incontrati al mercato a Dunker quando
sono andato dal dentista. Caro come il fuoco, ma devo pur riuscire a masticare."
Karen finalmente apre la porta dell'ultima casa a nord di Langevik ed entra con gli
stivaletti fradici di melma. Non ha smesso per un secondo di pensare a come far� a
raggiungere Joms domani se la pioggia continuer� a scrosciare per tutta la notte. O
a come far�, in generale, a muoversi da Langevik.
� per questo che all'inizio non si accorge del profumo che arriva dalla cucina.
Solo quando si � slacciata gli stivaletti e tolta le calze bagnate, si rende conto
che non sar� costretta a frugare nel congelatore per trovare qualcosa da mettere
nel microonde. Sigrid � davanti al lavello con lo scolapasta in mano.
"Spaghetti al rag�, � l'unica cosa che so cucinare. Ho buttato la pasta quando ho
sentito la macchina, perci� tra dieci minuti � pronto" le annuncia.
Karen sente il calore spandersi nel suo corpo nonostante i vestiti bagnati che le
si incollano addosso. "Non hai idea di quanta voglia abbia proprio di un piatto di
spaghetti al rag�. Mi faccio solo una doccia veloce. E tu come stai? Hai un aspetto
decisamente pi� sano."
"Sono solo un po' stanca, ma non ho quasi pi� febbre, perci� posso bere. Apro una
bottiglia di vino?"
"Puoi berne un bicchiere, non di pi�."
"Hai deciso cosa fare della casa?" chiede Karen un po' pi� tardi, tra un boccone e
l'altro. "Adesso � tua."
Sigrid si stringe nelle spalle. Karen sta iniziando ad abituarsi a quel gesto.
"La vender�, presumo. Sempre che qualcuno la voglia comprare."
"Non credo che ci siano problemi al riguardo. � una bella casa e Langevik negli
ultimi anni � diventata un'attrattiva. Quindi tu preferisci continuare a vivere a
Gaarda?"
"No, l� non posso restare. Il fratello di Sam ci subaffitta l'appartamento, perci�
sar� lui a rimanere. Mi ha chiamato oggi per dirmi che devo portar via le mie cose.
A quanto pare dorme da un amico, sul divano, e ha pensato che potrei farlo anch'io.
Chiamer� qualcuno domani per sentire."
"Quindi non pensi di trasferirti da tua madre?" domanda. "A casa tua " si corregge
poi.
"No, non va bene. Come faccio ad andare al lavoro senza auto? E prima che tu dica
qualcosa, no, non ho intenzione di chiedere soldi a mio padre."
"Non hai la patente?"
"S�, ma non ho un'auto, te l'ho detto."
"E invece ce l'hai. Hanno trovato quella di tua madre. Ha qualche problema con il
cambio, ma si pu� sistemare prima che tu torni al lavoro."
"Davvero?"
Sigrid si illumina, ma un attimo dopo torna dubbiosa.
"Che cambiamento veloce" osserva Karen.
"Non so se ho voglia di abitare l�. Ho dei brutti ricordi di quando ci vivevo. E
non ce la faccio nemmeno a pensare di entrare in cucina, anche se hanno pulito. Tu
hai visto tutto, vero?"
Karen annuisce cercando le parole giuste. Lo sguardo di Sigrid indica che vuole
sapere, ma allo stesso tempo la supplica di non raccontarglielo. Per un attimo
sembra completamente smarrita.
Poi la ragazza si alza di scatto e va al lavello. Finge di fare qualcosa, si
schiarisce la voce e prosegue. "E comunque tutte le cose che ha comprato mi fanno
schifo. Ha cuscini dappertutto e montagne di scarpe."
Karen osserva la figura sottile, i suoi sforzi per mantenere il controllo della
voce e di quella situazione incomprensibile. "� normale essere tristi, Sigrid" le
dice.
"� piena di roba dappertutto, cazzo. Lo sapevi che ha una palestra su in camera da
letto? E un aggeggio per vaporizzare il viso, e un altro per i massaggi ai piedi...
o almeno credo che serva a quello. Non riuscirei a vivere in mezzo a tutte quelle
cianfrusaglie."
Karen annuisce e pensa alle pile di oggetti che Sigrid aveva messo sul prato.
Allora � per quello che � andata a casa di sua madre, perch� sapeva che Sam
l'avrebbe buttata fuori dall'appartamento. Avr� pensato di essere costretta a
viverci, almeno per un po'. "� orgogliosa" osserva Karen, mentre Sigrid sparecchia.
"Rifiuta di chiedere a suo padre, anche se lui ha molti soldi e l'aiuterebbe
volentieri se glielo concedesse. Come mai � cos� arrabbiata con lui? E perch� �
cos� arrabbiata con sua madre?"
"Allora, cosa ne dici di fermarti qualche settimana qui mentre sistemiamo la casa?
Buttiamo tutto quello che non vuoi tenere, ridipingiamo e sistemiamo come vuoi tu.
Poi potrai decidere con tutta calma se rimanere a viverci o vendere e comprare da
un'altra parte."
Sigrid rimane in silenzio per un po' e sembra considerare la proposta. "Non ho
soldi per l'affitto finch� non ricomincio a lavorare, la settimana prossima."
"Questa cena vale una settimana d'affitto, per me."
Sigrid guarda Karen con una scintilla di sospetto negli occhi. "Perch� sei cos�
gentile? Mia madre parlava sempre male di te. Ha detto che vivevi in Inghilterra ma
tuo marito ti ha mandata via e perci� sei tornata qui."
"Ah s�, diceva cos�?"
Sigrid esita. "Secondo lei eri una di quelle che correva dietro ai mariti delle
altre, visto che non avevi pi� il tuo."
Karen si allunga per prendere la bottiglia e riempie il bicchiere con mano
tremante.
"In parte aveva ragione" replica, sentendo la sua voce stranamente calma.
Sigrid rimane in silenzio analizzando la risposta. Quando alla fine apre bocca,
Karen sobbalza come se avesse ricevuto un colpo. "Hai un figlio, vero?"

59.

Ha smesso di piovere. Da uno squarcio nella coltre di nubi filtra un debole raggio
di luna che illumina la camera da letto e getta sulle pareti l'ombra del grosso
tiglio fuori dalle finestre.
Karen sa che il sonno � ancora lontano.
Stasera le � uscito tutto, tutto quello che aveva tenuto chiuso dentro, in anni di
dolore. Tutta la verit� che solo sua madre conosce, tutto ci� che i suoi amici pi�
intimi sanno solo in parte, e in parte intuiscono, ma che hanno imparato a non
chiedere. Le parole sono fluite senza nessuna considerazione per la sua
interlocutrice, una diciottenne disperata per ci� che lei stessa le stava
raccontando.
Tutto era iniziato quando due poliziotti e un medico avevano pronunciato
l'inconcepibile e Karen Eiken Hornby aveva smesso di vivere, cessato di esistere,
mentre parole come "massive collision", "M25", "Waltham Abbey" e "one truck and
five cars" la penetravano. Mathis e John erano morti entrambi. Senza soffrire, le
avevano detto.
Ma lei sapeva che non era vero.
"Il decesso � stato istantaneo" aveva sussurrato il poliziotto a una delle
infermiere; il tir aveva aperto la macchina come fosse una scatola di sardine.
Quattro persone erano morte e altre sei erano ferite gravemente.
"� un miracolo che la donna nell'auto sia illesa" aveva dichiarato il medico, ma si
era corretto all'ultimo momento. "Fisicamente illesa: non ha ancora detto una
parola da quando l'hanno estratta dall'auto."
Poi il dottore si era rivolto direttamente a Karen. Potevano telefonare a qualcuno?
Lei non aveva risposto. Dovevano aver chiamato Allison e Keith, che erano arrivati
pallidi, scioccati, con gli occhi rossi.
Non aveva ricordi chiari delle prime ventiquattr'ore, solo frammenti: voci
sussurranti e pianti silenziosi. Valium. Sonno. Occhi inquieti al suo risveglio.
E poi era passato un altro giorno. Un giorno completamente nuovo che si era
presentato l� come se niente fosse. Come se il mondo non si fosse accorto che era
tutto finito.
Un giorno completamente nuovo. E l'obitorio.
Due corpi, due soldati morti in battaglia con le braccia lungo i fianchi: uno alto
e uno basso, ognuno sotto il proprio lenzuolo. Dovevano aver telefonato anche a sua
madre. La mamma, che era l� quando Karen si era voltata per lasciare John e Mathis
in quel gelo rivestito di piastrelle. La mamma, che era rimasta seduta in silenzio
sul sedile posteriore della macchina della polizia che le aveva portate
dall'obitorio a casa, tenendo forte la mano di Karen. La mamma, che aveva cercato
le chiavi nella borsetta della figlia, aveva aperto la porta e l'aveva fatta
entrare. La mamma, che era restata sempre l� durante la serie di giorni
insopportabili che si succedevano uno dopo l'altro.
Quella donna che aveva lasciato il suo dolore sullo sfondo, in silenzio, durante il
giorno, per lasciarlo uscire di notte quando credeva che Karen non la sentisse,
mentre si aggirava senza sosta al piano di sotto, dalla cucina al soggiorno e
viceversa. Ore di pianti singhiozzanti per tutto ci� che anche lei aveva perso.
John, che aveva imparato ad amare con il tempo. E Mathis: l'unico figlio della sua
unica figlia.
Il dolore di sua madre non trovava posto n� accoglienza da nessuna parte. Eppure
lei aveva continuato a vivere, mentre Karen non ci riusciva. Aveva organizzato
tutto nel suo inglese stentato, con le mani che tremavano per la tristezza.
La chiesa. Le bare. Il vuoto.
Ogni minuto in casa era stato insopportabile: quella era stata la loro casa, non la
sua. Senza di loro era solo una prigione piena di ricordi. Londra. Ogni via le
riportava alla mente qualcosa. Ogni vicino che cercava qualcosa di adatto da dire,
ogni bambino che vedeva, ogni canzone, ogni programma in tv, tutto le ricordava la
vita di un tempo. Davanti a lei la strada era distrutta: niente domani, niente la
prossima settimana, niente a Natale, niente l'estate prossima, nemmeno tra qualche
anno, niente "quando Mathis sar� pi� grande". Nessuna vita, non c'era pi� nulla
davanti a lei.
Solo alle sue spalle c'era una lastra di ghiaccio galleggiante a cui potersi
aggrappare. Doveva andare a casa. Ritornare a casa.
Sigrid � rimasta in silenzio, pallida, mentre Karen ha lasciato fluire le parole a
scatti, trasformandole in frasi. Tutta la cruda verit� su quel giorno in cui la sua
vita era finita, tutto ci� che aveva giurato di non raccontare mai l'ha messo nelle
mani di una ragazzina.
"Scusa" ha detto Sigrid. "Non volevo essere curiosa, � solo che ho visto la foto in
camera tua mentre cercavo il Tylenol."
Karen trattiene il respiro e tende l'orecchio per ascoltare i rumori nella stanza
di Sigrid, ma sente solo i battiti del suo cuore. Gira la testa e guarda la
fotografia sul comodino, quella per cui la ragazza le ha chiesto "Hai un figlio,
vero?".
Sono John e Karen su una spiaggia a Creta, e tra di loro un Mathis abbronzato e
sorridente con i capelli pieni di sabbia. John si era intestardito a voler fare la
foto da solo, e aveva poggiato la macchina fotografica su una sdraio con
l'autoscatto innescato. Dopo una serie infinita di tentativi, era riuscito a
mettere a fuoco loro due e a correre indietro in tempo per sedersi. Mathis si
soffocava dalle risate assistendo alla goffaggine di suo padre, Karen aveva riso al
suono squillante della risata di suo figlio, e John aveva riso per loro due.
Alla fine avevano constatato che lo scatto era uscito molto bene, e poi erano
andati in un chiosco sulla spiaggia a mangiare i calamari. La loro ultima estate,
l'ultima foto di loro tre insieme.
Il corpo le sembra incredibilmente rigido, le braccia e le gambe giacciono sul
materasso pesanti come piombo, mentre i pensieri le girano in testa. Perch� non ha
messo via la foto, come fa sempre quando ha ospiti? Ora Sigrid dir� tutto a suo
padre? E Jounas lo dir� agli altri? Ora la verit� si diffonder� in cerchi di
compassione tutto intorno a lei? Dovr� sorridere rassicurante a quelli che lo sono
venuti a sapere e si sentono costretti a farle le condoglianze? I suoi colleghi
parleranno di lei e si zittiranno non appena entrer� nella stanza? Gli altri
spettegoleranno del suo dolore? Di John. Di Mathis.
Ha dedicato cos� tante energie a fare in modo che non succedesse. Era l'unico modo
che aveva di riuscire a sopravvivere. Un passato, che non esiste pi�. E un
presente. Nient'altro nel mezzo. Si era isolata in quella casa che era stata di sua
madre e ora � sua. Settimane con le tende tirate e piatti di zuppa intatti. E poi
giorni di furiose passeggiate lungo il mare, ore passate a guardare l'orizzonte con
occhi vacui, costantemente attirata verso il bordo della scogliera.
Alla fine sua madre aveva preso in mano le cose.
"Ho parlato con Wilhelm Kaste" aveva detto. "Hanno bisogno di un agente e mi ha
promesso di incontrarti gioved� alle dieci. Ti porto io."
Per qualche ragione non aveva nemmeno provato a protestare. E l�, nell'ufficio di
Kaste, era cominciato il resto della sua esistenza.
"Tua madre mi ha raccontato cos'� successo e volevo dirti che mi dispiace molto.
Nessun altro lo sa e io non menzioner� mai pi� la cosa, a meno che tu non voglia
parlarne. Se vuoi questo posto, � tuo. Non perch� mi fai pena e nemmeno perch� io e
tua madre siamo amici d'infanzia, ma perch� sei la pi� qualificata tra i candidati.
O meglio, sei troppo qualificata per il ruolo di agente, ma questo � quello che
possiamo offrire in questo momento. Sei interessata?"
Aveva risposto di s� e il primo giorno di lavoro Kaste l'aveva chiamata nel suo
ufficio.
"Siccome in molti, qui alla stazione, avranno accesso ai tuoi documenti personali,
mi sono preso la libert� di cambiare qualche informazione. Vale solo per gli
archivi locali, perci� chi sta pi� in alto pu� comunque trovare quelle corrette, se
vuole, ma non credo che nessuno lo far�. Quindi, agli occhi degli altri tu sei
divorziata, dopo un breve matrimonio in Gran Bretagna. E niente figli" aveva
aggiunto alla fine, schiarendosi la voce. "Tua madre mi ha detto che tu desideri
cos�, ma preferirei che me lo confermassi."
"S�, � quello che desidero" aveva ribadito.
E cos� avevano fatto. Una verit� troppo dolorosa per poterne parlare, una colpa
talmente soffocante da dover essere congelata perch� lei riuscisse a vivere.
Da sotto la porta della stanza degli ospiti filtra la luce. Karen bussa piano.
Sigrid � sul letto, completamente vestita, con lo zaino accanto a s�. Con gli occhi
gonfi di pianto si tira su a sedere di scatto quando Karen apre. "Me ne vado appena
si fa giorno" le dice.
Karen si siede sul bordo del letto e posa la mano su quella della ragazza. "Non
farlo. Non � colpa tua, Sigrid."
"Non avrei dovuto chiedere. Se avessi saputo non avrei detto niente."
"Non � colpa tua, Sigrid" ripete lei. "� solo che non l'ho mai raccontato a
nessuno, qui. � stato il mio modo di sopravvivere."
"Capisco. Non c'� bisogno che ne parli nemmeno con me."
"Ma l'ho fatto. E tu hai dovuto sorbirti tutta la storia. Mi dispiace molto."
Rimangono in silenzio mentre Karen le accarezza la mano con il pollice.
"Ma c'� una cosa che non ho detto." E poi lo dichiara a voce alta: "� stata colpa
mia. Ero io che guidavo".

60.

Nonostante la pioggia abbia fatto una pausa di quasi otto ore, i problemi nelle vie
secondarie sono rimasti. Sulla Thorsbyleden il traffico � tornato scorrevole ma la
strada sotto il viadotto ferroviario a V�sterport � stata chiusa nell'attesa che
l'acqua defluisca.
Karen guida con lo sguardo fisso sull'asfalto e, con l'auricolare del telefono,
ascolta il collega di guardia che parla della situazione del traffico di questa
mattina. Secondo quanto ha detto finora non dovrebbero esserci grossi problemi per
arrivare a Joms se si guida con prudenza evitando di passare sulle pozze.
"Hanno dovuto recuperare diciannove macchine solo stamani" la aggiorna Thorstein
Klockare con un misto di desolazione e di gioia maliziosa nella voce. "Ma il peggio
� stato stanotte. Com'� la situazione a Langevik, a proposito?"
Karen si sistema l'auricolare.
"Ieri c'era molto fango, ma ora la maggior parte � andato via. Sai come sono le
previsioni? Non ho fatto in tempo a vederle prima di uscire di casa."
"Niente pioggia per tutto il giorno, dicono, ma la bassa pressione sta per arrivare
dal Mare del Nord."
"Come al solito, quindi."
"Proprio come al solito" conferma Thorstein.
Si salutano e Karen lancia un'occhiata al navigatore. Se le informazioni del
collega sono corrette dovrebbe arrivare a Joms tra una mezz'ora.
Infatti, poco pi� di mezz'ora dopo, rallenta per entrare nello spiazzo alla fine
della via asfaltata. Si piega in avanti e guarda la casa e il vialetto sterrato che
si snoda salendo. Poi spegne il motore, apre la portiera e scende. La strada sembra
praticabile da qui, ma sotto gli stivali di gomma sente che il terreno sprofonda.
C'� il rischio che lo strato superficiale di ghiaia ceda se cerca di arrivare in
cima in macchina. "I carri attrezzi hanno gi� troppo da fare" pensa, avviandosi a
piedi sulla ripida salita.
Sembrava che Janet Connor si fosse appena svegliata quando ha risposto al telefono.
O che l'avesse svegliata la chiamata, anche se ha assicurato a Karen che lei e
Brandon erano entrambi in piedi. Certo che Karen poteva passare, anche se non
capiva come loro potessero aiutare la polizia.
La donna apre la porta prima che Karen sia arrivata alla veranda. "Benvenuta" la
accoglie con una voce che ha perso ogni traccia di sonnolenza. "Vuole un t� o un
caff�?"
La figura alta e slanciata di Janet Connor � avvolta in un lungo kimono che le
conferisce un aspetto regale. I capelli argentati sono raccolti in una leggera
sciarpa verde arrotolata ad arte intorno alla testa, ma i piedi sono infilati in un
paio di calzettoni grigi che smorzano la sua maestosit�. Si direbbe sulla
settantina, ma nonostante i capelli incanutiti, l� sulla soglia, d� un'impressione
di giovinezza, con il suo sorriso.
Dietro a Janet si intravede un uomo della stessa et�. Sembra leggermente affannato
e si sta tirando su la cerniera dei pantaloni. Salendo le scale, Karen cerca di non
pensare a cosa pu� avere interrotto.
"� uguale, grazie" dice con un sorriso. "Karen Eiken Hornby" si presenta tendendole
la mano. "� stato veramente gentile da parte vostra ricevermi con cos� poco
preavviso. Spero di non disturbare troppo il vostro tran-tran mattutino" aggiunge,
pentendosi non appena vede che i due si scambiano una rapida occhiata.
"Per niente! Entri!"
La cucina � calda come un'incubatrice e c'� un forte odore di cumino, pittura a
olio e pane appena sfornato. "Qui qualcuno cucina delle lenticchie" pensa Karen
togliendosi il giubbotto e lanciando uno sguardo a Brandon. Se si fosse immaginata
gli abitanti di una comune degli anni Settanta, quei due avrebbero confermato
esattamente i suoi pregiudizi. Brandon Connor � decisamente alto, proprio come sua
moglie, forse pi� di uno e novanta. Sembra in buona salute anche se, quando prende
latte e formaggio dal frigo, lei nota che ha la schiena un po' curva. Forse quei
pantaloni larghi e sottili sono un pigiama, ma qualcosa le dice che, cos� come la
T-shirt slavata con la foto di Frank Zappa, potrebbero benissimo essere i normali
abiti di Brandon. Anche lui, come Janet, ha i piedi infilati in un paio di
calzettoni, ma mentre quelli della moglie sono di comune lana grigia, probabilmente
fatti a maglia sull'isola, i suoi sembrano essere stati confezionati da un
peruviano con una forte predilezione per i colori forti. I radi capelli grigi sono
raccolti in una coda di cavallo e sul mento ha una barba lunga e sottile.
"Ci sono le nocciole nel pane" dice lui. "Non � allergica, vero?"
"Non che io sappia" risponde Karen. "Sembra davvero buono. L'avete fatto voi?"
Brandon alza gli occhi dal coltello con uno sguardo che esprime sorpresa. "S�..."
dice esitante. "Non buttiamo certo i nostri soldi per quella schifezza che vendono
al Qvick. Lei s�?"
"A volte" ammette lei. "O lo compro in qualche panetteria" aggiunge, tentando di
non apparire completamente perduta.
Dopo qualche chiacchiera sul pane e sulla qualit� dei supermercati, Karen introduce
nella conversazione il vero motivo della sua visita.
"Presumo che abbiate sentito dell'omicidio a Langevik. E sapete anche del legame
che avete con Susanne Smeed" ipotizza con sguardo interrogativo.
"S�" dice Brandon. "Dell'omicidio siamo purtroppo al corrente, ma non leggiamo i
giornali scandalistici, e gli altri non hanno pubblicato il nome se non un paio di
giorni dopo, perci� ci abbiamo messo un po' a capire che era la loro figlia. La
figlia di Per e Anne-Marie, intendo."
"Esatto. Il cognome da nubile di Susanne era Lindgren. E come avrete intuito � per
questo che sono qui. � vero che avete vissuto insieme a Per, ad Anne-Marie Lindgren
e a qualcun altro in una comune all'inizio degli anni Settanta?"
"S�, certo. Da marzo del '70 a fine febbraio del '71, per la precisione. Un annetto
pi� o meno."
"E da allora siete rimasti a vivere sull'isola?"
"Non proprio. Prima siamo andati a Copenaghen. Sa, lo facevano tutti a quei tempi,
ma ci siamo fermati solo un paio di mesi e poi ci siamo trasferiti in Svezia. L�
abbiamo vissuto in un'altra comune, a Huddinge, vicino a Stoccolma, per un paio
d'anni. Non siamo ritornati qui prima che... quand'� stato esattamente?"
Brandon consulta sua moglie con sguardo interrogativo. "Maggio '76" dice lei. "Da
allora non ci siamo mossi di un millimetro."
"E avete mantenuto i contatti con Per e Anne-Marie dopo che siete ritornati? O con
qualcun altro dei tempi di Lothorpsg�rden?"
"Solo con Theo Rep, almeno se intende contatti regolari. Ma ci siamo dispersi tutti
in direzioni diverse e allora non c'erano i cellulari o Facebook, quindi non era
cos� facile. Ma ci � capitato di imbatterci in Per e Anne-Marie a Dunker dopo che
siamo rientrati."
"Ma non vi frequentavate?"
"Ho avuto l'impressione che loro non volessero. Lei, perlomeno" sostiene Janet.
"Anne-Marie era un po'... come dire? Delicata, forse."
"Di' le cose come stanno, era strana" la interrompe Brandon brusco, e Janet gli
lancia un'occhiata che sembra d'avvertimento.
"In che senso, strana?"
"Mi deve scusare" riprende Janet. "Ma non capisco cosa c'entri questo con
l'omicidio di Susanne. Anne-Marie e Per sono morti da molti anni, ormai."
Karen esita un istante. Poi decide di rivelare la verit�.
"In tutta sincerit� non sono sicura neanch'io che c'entri. Il fatto � che stiamo
cercando di ricostruire la vita di Susanne e che tipo di persona fosse. � una sorta
di puzzle, nel quale il primo pezzo � quello che si trova su a Lothorpsg�rden. Cosa
potete dirmi di quel periodo? Com'� che siete finiti l�, prima di tutto?"
Ancora una volta i Connor si guardano, come per trovare un accordo tra loro.
"Be'" attacca Brandon alla fine. "� cominciata quando ho deciso che lo Zio Sam
avrebbe dovuto cavarsela senza di me in Vietnam."
"Brandon ha disertato" spiega Janet.
"Quindi lei � americano" dice Karen sorpresa.
Per qualche motivo era partita dal presupposto che entrambi venissero dalla Gran
Bretagna. Tutti e due parlano doggerlandese in modo fluente ed � difficile
distinguere l'accento americano da quello inglese.
"E lei? Dove � cresciuta?"
"Southampton" replica Janet. "Ci siamo conosciuti sull'Isola di Wight il 31 agosto
1969. Io ci sono andata anche se i miei genitori me l'avevano espressamente
proibito."
"E io ero l� illegalmente. Ero arrivato con una barca privata da Amsterdam, insieme
a Theo e a un gruppo di hippy. Siccome mi ero perso Woodstock, per ovvie ragioni,
un paio di settimane prima, allora abbiamo deciso di andare al festival sull'Isola
di Wight. Non era altrettanto imponente, ma ho visto Dylan, e poi ho conosciuto
Janet, quindi non posso certo lamentarmi."
Brandon si allunga a prendere la teiera e inarca un sopracciglio con aria
interrogativa verso Karen, che scuote la testa. � imbarazzata: da una parte
vorrebbe star qui tutto il giorno a mangiare pane alle nocciole e ascoltare i
racconti di un tempo in cui lei aveva ancora il pannolino. Dall'altra dev'essere
razionale e forzarli un po'.
"E un anno dopo siete venuti qui" li imbecca.
"S�. Theo aveva conosciuto Disa in un'occasione che non ricordo, e lei conosceva
Tomas e Ingela da prima. Forse da quando studiava da ostetrica a Copenaghen. Tomas
era mezzo danese, da parte di madre. E lui e Per erano amici d'infanzia. Be',
comunque si � sparsa la voce che Anne-Marie aveva ereditato un posto in Doggerland
e che stavano pensando di fondare una comune."
"A quanto ho capito c'erano anche dei bambini. Fin dall'inizio, intendo."
"S�, Ingela aveva due maschietti con pochi anni di differenza tra loro, Orian e
Love. E Disa aveva una bambina di cinque anni, mi pare. Si chiamava Mette."
"E voi, avete figli?"
"S�, uno, ma l'abbiamo avuto molto pi� tardi. Dylan fa l'agente di borsa a Londra"
dice Brandon con un'espressione rassegnata che tradisce il suo desiderio di
un'altra carriera per il figlio. "Abbiamo fatto quello che potevamo" osserva con
una smorfia.
"E Susanne � nata l'anno successivo, quindi?"
"S�, ma � stato dopo che ci siamo trasferiti, perci� non sappiamo niente di quella
storia."
Karen inarca le sopracciglia.
"Quale storia?"
Janet posa una mano sul braccio del marito. "Brandon intende dire che al podere si
� creata una brutta atmosfera e a un certo punto � venuta l'ora di spostarsi.
Avevamo saputo che a Copenaghen succedevano cose grandiose, perci� abbiamo deciso
di andare l�."
Parla velocemente e Karen ascolta disattenta mentre spiega di quando si sono
trasferiti a Christiania, nella vecchia zona militare occupata, fermandosi per�
solo pochi mesi, e poi proseguendo per la Svezia. � facile intuire le imprecazioni
che Janet le sta lanciando mentalmente quando si accorge che Karen vuole mantenere
l'attenzione su Lothorpsg�rden.
"Una brutta atmosfera, ha detto? Cos'� successo?"
La donna si alza con espressione irritata e ribatte: "Sono faccende private. Non
capisco proprio che cos'abbiano a che fare con questa storia".
"Magari ha ragione, ma lasci giudicare a me" dice Karen calma. "Sono fatti di quasi
cinquant'anni fa e la famiglia Lindgren � morta, perci� quello che racconter� non
pu� nuocere a nessuno di loro."
"Lui l'ha tradita" dice Brandon secco. "Per e Ingela hanno avuto una storia mentre
Tomas era via. Per era disperato e Anne-Marie � impazzita."
Janet Connor � tornata al tavolo con una teiera piena e si siede sospirando. "Non
era pazza, Brandon. � scivolata in qualcosa che oggi forse descriveremmo come una
profonda depressione. Non � tanto strano, se ci si pensa. Lothorpsg�rden era casa
sua e si sar� sentita sfruttata e tradita da tutti."
"Quando � successo?"
"Alla fine dell'estate, lo stesso anno in cui ci eravamo trasferiti. Prima d'allora
era meraviglioso, ma � cambiato tutto quando Anne-Marie si � ammalata."
"Agosto, forse settembre 1970. Dev'essere stato mentre Anne-Marie aspettava
Susanne" pensa Karen. "Venire a sapere che tuo marito ti tradisce proprio mentre
sei incinta farebbe perdere la ragione a chiunque. Soprattutto se poi devi dividere
la casa con l'altra donna, una casa che � tua, per di pi�".
"� proprio come dice Brandon: l'atmosfera � diventata pesante e nessuno di noi
sapeva gestire la depressione di Anne-Marie o i tentativi disperati di Per di farla
stare meglio. E poi in molti pensavano che non fosse questo gran problema, in
realt�. A quei tempi tanti ritenevano che la fedelt� fosse un'invenzione dei
piccolo-borghesi."
"E come hanno reagito Tomas e Ingela?"
"Ingela fin dall'inizio ha avuto una visione della vita molto semplice. Be', tutti
eravamo andati l� con qualche sorta di idea na�f, per cui avremmo dovuto dividere
tutto e liberarci dalle convenzioni borghesi, ma quando si � venuti al dunque
nessuno di noi riusciva a gestire la cosa. Nemmeno Ingela. Certo, era addolorata
per il fatto che Anne-Marie si fosse ammalata, ma non credo che abbia mai pensato
che lei e Per avevano sbagliato."
"Tomas � stato quello che l'ha presa meglio, nonostante fosse il migliore amico di
Per" aggiunge Brandon. "Era davvero l'unico tra noi che viveva secondo i suoi
principi. Vivi e lascia vivere, tutto ci� che � mio � tuo, sa... Gli hippy pi�
convinti erano proprio lui e Ingela. Si mettevano d'impegno, mentre gli altri...
be'..."
Brandon tace e afferra la tazza di t�.
"In ogni caso, hanno resistito pi� di noi" prosegue Janet. "Credo che siano rimasti
ancora qualche mese prima di tornare in Svezia. Loro e Disa. Ma non abbiamo avuto
contatti con nessuno da allora."
"E nemmeno con Per e Anne-Marie, anche se abitavate tutti a Heim�?"
"Come ho detto, li abbiamo incontrati a Dunker un paio di volte e si � parlato di
venire a Langevik a trovarli, ma non se n'� mai fatto niente. Non avevamo ricordi
felici."
"Avete notizie di Ingela e Tomas, dopo che si sono trasferiti?"
"Si sono separati. Lei ha continuato a non combinare nulla, mentre lui � cambiato
completamente ed � diventato un tipo da giacca e cravatta. Pian piano ha rilevato
l'azienda di suo padre e zac! Il vecchio hippy Tomas Ekman si � trasformato in un
capitalista fatto e finito. Purtroppo � morto qualche mese fa."
"Ah s�? E come avete saputo che � morto? Non avevate contatti, mi ha detto."
"� stato nostro figlio Dylan a informarci quando � venuto a casa per l'estate. L'ha
saputo al lavoro. Tomas era molto conosciuto nel mondo degli affari, e Dylan sapeva
che ci frequentavamo da giovani. � molto pi� impressionato lui di me da Tomas
Ekman" commenta Brandon con una smorfia. "A volte non � proprio vero che "tale
padre, tale figlio"."
"E Ingela? � ancora viva?"
"Non ne ho idea" risponde Janet brusca. "Come ho detto non abbiamo contatti."
"E Disa?"
"Mi spiace, ma per noi quello � un capitolo chiuso." E come per sottolineare che
non hanno pi� niente da dire, si alza e inizia a sparecchiare.
"Dovrei proprio arrendermi" pensa Karen mezz'ora dopo, imboccando l'autostrada
diretta alla stazione di polizia di Dunker. "� ora che lasci stare questa vecchia
comune di hippy e mi concentri sui legami con i furti, invece".
Una debole nebbiolina di sole trapela dalla coltre di nubi e la strada in certi
punti sta gi� iniziando ad asciugarsi. Dopo un'occhiata all'orologio accelera,
cercando di scacciare l'irritante sensazione che Brandon e Janet Connor non le
hanno detto tutta la verit�.

61.

Sistema la pila di fogli, si china in avanti e inizia la registrazione.


"Interrogatorio con Linus Kvanne per sospetto furto con scasso, tentativo di
incendio doloso, e omicidio colposo. Sono presenti, oltre a Linus Kvanne, anche il
rappresentante della parte lesa, Gary Brataas, e gli ispettori Karl Bj�rken e Karen
Eiken Hornby."
"Non ho ammazzato nessuno, che cazzo. Non potete mettermi dentro per una cosa che
non ho fatto."
La voce � inaspettatamente profonda e contrasta con la sua corporatura esile da
ragazzino. Karen pensa alle immagini delle telecamere del traghetto: sedici,
diciassette anni, avevano creduto lei e Karl. Linus Kvanne per� ha gi� compiuto
ventiquattro anni e si � gi� guadagnato tre soggiorni nel "Villaggio Vacanze
Statale". E il primo per omicidio colposo.
L'assassinio di Lars Hayden, tossicodipendente di ventotto anni, noto alle forze
dell'ordine, � avvenuto sei anni fa e l'avvocato di Linus Kvanne l'ha descritto
come un gesto eroico.
La festa di Capodanno, che era gi� fuori controllo, era finita definitivamente
quando Kvanne aveva trovato la sua fidanzata in una delle camere da letto. Sopra di
lei c'era Hayden con i pantaloni abbassati, che le puntava un coltello alla gola.
Il verdetto aveva stabilito che la prima pugnalata era certamente stata di
legittima difesa, inferta da Linus Kvanne quando aveva cercato di disarmare Lars
Hayden. Le successive quattro, invece, erano state considerate "uso sproporzionato
della forza". Ma la giovane et� di Kvanne e il fatto che fosse incensurato avevano
contribuito ad abbassargli la pena. Dopo aver scontato cinque dei nove mesi
previsti, Kvanne era stato rilasciato per buona condotta, e il giudizio degli
esperti era che il rischio di recidive fosse basso.
Da allora Linus Kvanne per� aveva affinato le sue arti ed era stato in prigione un
paio di volte per possesso di stupefacenti e per furto di una notevole quantit� di
rame. Dall'ultimo soggiorno al Villaggio Vacanze era uscito solo lo scorso luglio.
Ora � comodamente seduto con un piede piazzato con disinvoltura sul ginocchio
dell'altra gamba.
Gary Brataas posa una mano tranquillizzante sul braccio del suo cliente.
"Certo che no. Ora ascoltiamo con calma quello che ci dicono i poliziotti. Sar�
molto interessante" aggiunge sollevando un angolo della bocca in un sorriso.
"Okay, Kvanne" comincia Karen. "Alle 10.45 di oggi l'hanno arrestata nel suo
appartamento in Tallv�gen a Lemdal. Al momento del fermo l'appartamento � stato
perquisito e oltre a considerevoli quantitativi di narcotici sono stati rinvenuti
anche oggetti che risultano rubati in diversi furti con scasso in ville a Noor� e
Heim�. Che spiegazione ci pu� dare per questo?"
Linus finge di soffocare uno sbadiglio, si stiracchia e intreccia le mani dietro la
nuca. "Spiegazione? Per il fatto che gli sbirri mi hanno sfondato la porta e sono
entrati mentre dormivo, vuol dire? Nessuna."
Karen lancia una rapida occhiata a Karl. Ha le sopracciglia inarcate e un'aria
scettica; ha gonfiato le guance e ora lascia uscire l'aria con un sospiro che
esprime chiaramente quello che pensano entrambi: "Ah, ecco, sei quel tipo di
persona. Ci vorr� un bel po'".
Senza raccogliere la provocazione, Karen ripete la domanda. "Voglio dire: che
spiegazione ha per la merce rubata che aveva in soggiorno e sotto il letto?"
Linus si stringe nelle spalle e sorride, e il tabacco da masticare infilato sotto
il labbro minaccia di cadergli in grembo. "Be', presumo che qualcuno l'abbia messa
l�. Non le sembra plausibile?"
"E chi sarebbe stato?"
Questa volta Linus scoppia a ridere e allarga le braccia. "Che ne so. C'� un sacco
di gente che va e viene. Casa mia � aperta a tutti."
"Sa cosa penso io?" replica Karen in tono calmo. "Penso che sia stato lei a rubare
gli oggetti in una serie di furti con scasso. E ritengo che a Noor� lei abbia anche
rubato una motocicletta modello Africa Twin e l'abbia usata per andare a Thorsvik e
poi a Grunder."
"Ah s�, signora, � questo che pensa?"
"E dopo l'ultimo furto lei si � disfatto della moto, o di sua spontanea volont�
perch� aveva paura che fosse ricercata, oppure perch� � uscito di strada. Quale
delle due?"
Linus scuote lentamente la testa e guarda Karl come se cercasse comprensione tra
uomini. "Non ho idea delle stupidaggini che sta insinuando. Ha qualcosa da dirmi
prima che me ne vada?"
"Mi spiace, ragazzo" lo blocca Karl calmo. "Abbiamo foto sue e della moto sul
traghetto da Noor�. E poi sappiamo che � stato al Grottan a vantarsi di queste
imprese ieri sera."
Kvanne abbassa rapidamente le braccia e si china sul tavolo. "E chi cazzo gliel'ha
detto?"
"Il mio cliente non..."
Gary Brataas viene interrotto da Karen. "Sarebbe proprio da stupidi andare in giro
a vantarsi dei reati commessi, no? Soprattutto se uno � ubriaco, e ancora peggio in
un posto come quello, dove c'� sempre molta gente e i tavoli sono vicini. Il
rischio � che a qualcuno venga in mente di fare la spia. Ma," aggiunge "forse lei
un po' stupido lo �, Linus. Cosa ne dice?"
Lui lancia la testa in avanti, di scatto, ritrovandosi a soli venti centimetri da
quella di Karen. "Puttana!"
Se avesse scelto un'altra parola, forse si sarebbe evitata quelle gocce di saliva.
Senza tradire il suo disgusto, Karen aspetta che Linus si riappoggi allo schienale
della sedia e poi si pulisce lo sputo che le � arrivato sul labbro e sul mento.
Quando riprende, ha un tono completamente calmo. "� stato per questo che ha deciso
di appiccare il fuoco alla casa? Si � spaventato e ha pensato di aver lasciato
delle tracce, nonostante i guanti? Qualche capello o pelle sfaldata che la
Scientifica poteva collegare a lei? Be', non � stata un'idea del tutto stupida,
no?"
Karen si gira verso Karl, che annuisce pensieroso. "Proprio intelligente, in
effetti. Peccato solo che il fuoco non si sia sviluppato dopo che lei se n'�
andato. I nostri tecnici hanno la possibilit� di trovare il suo dna in qualcuna
delle case successive, ora che sappiamo cosa stiamo cercando."
Karen fa un cenno di assenso mentre osserva Linus che tamburella con le dita sui
braccioli della sedia. Il sorriso ha lasciato il posto alla tensione intorno alla
sua bocca e si passa la lingua sotto il labbro superiore per rilasciare un po' di
nicotina in pi�.
"La domanda �: perch� questa volta si � spinto oltre?" chiede Karen senza
distogliere lo sguardo da lui.
"� stato davvero stupido" completa Karl. "Voglio dire, non avremmo mai avuto i
mezzi per mandare la Scientifica a controllare tutti i luoghi dei furti, ma adesso
che si tratta di omicidio � un altro paio di maniche. A quanto ho capito sono
proprio al lavoro in questo momento."
Questa volta Gary Brataas non si lascia fermare. "Se avete qualche prova contro il
mio cliente riguardo all'omicidio, vi consiglio di presentarcela e smetterla con
questo teatrino."
"Be', per un verso � stato un interrogatorio utile. Per un altro no!" commenta Karl
venti minuti pi� tardi, mentre sono in ascensore per tornare alla divisione crimini
dopo la visita alla prigione sulla parte opposta della strada.
"Ha l'aria stanca" pensa Karen guardandolo mentre si fruga prima in una tasca dei
pantaloni e poi nell'altra.
"Cio�, se si fosse trattato solo di questi cazzo di furti con scasso, sarebbe stato
utile" aggiunge lui mettendosi in bocca una gomma da masticare alla nicotina.
Contro il parere del suo avvocato, Linus Kvanne aveva confessato quattro furti: uno
a Noor�, uno fuori Thorsvik, un altro non ancora denunciato in una casa estiva a
Haven, e quello di Grunder. Per� aveva negato ogni coinvolgimento nell'omicidio di
Susanne Smeed.
"Non sono neppure venuto a Langevik, cazzo" ha detto.
Il problema � che gli credono.

62.

"Esci a fumare?"
Kore solleva il pacchetto di sigarette e indica la porta con un cenno della testa.
Karen annuisce.
"Eirik si arrabbierebbe" commenta Kore a voce bassa qualche minuto dopo, soffiando
fuori il fumo con un gemito di soddisfazione. "Mi sa che sente il tabacco fino in
Germania" aggiunge aspirando un'altra boccata.
Si sono seduti nel dehors del bar ristorante Repet, dove un numero sorprendente di
valorosi tiene testa alla gelida aria autunnale con l'aiuto di riscaldatori a
infrarossi e coperte. Kore non avrebbe niente in contrario a stare seduto qui fuori
tutta la notte: Eirik � andato a una nuova fiera florovivaistica a Francoforte e
lui ne approfitta per lasciarsi andare, tra birre e sigarette.
"Sono davvero una coppia mal assortita" pensa Karen osservando l'anello d'argento
con il teschio sulla mano tatuata del suo amico. Che il suo ex compagno di scuola
Eirik fosse gay l'aveva capito molto prima di quella sera di ventidue anni fa,
quando lui si era confidato con lei chiedendole di mantenere il segreto. Nessuno
doveva saperlo, soprattutto suo padre: ne sarebbe morto.
E lei aveva taciuto e seguito impotente la battaglia di Eirik per vivere secondo le
aspettative dell'ambiente circostante. Lo aveva visto farsi violenza per
interpretare la parte di un ragazzo come gli altri a scuola, sui campi da calcio,
in famiglia. L'aveva osservato sempre pi� spesso trascorrere i fine settimana a
Londra, Copenaghen, Amsterdam e Stoccolma. Solo lontano dai genitori, dalla squadra
di calcio e dai ragazzi al pub, Eirik osava mostrare chi fosse veramente.
Quando lei viveva a Londra aveva potuto seguire questa doppia vita da vicino. Alla
fine John chiamava la loro stanza degli ospiti "la stanza di Eirik". Suo marito non
aveva mai capito perch� l'amico avesse bisogno di una doppia vita. "Basta dire come
stanno le cose, cazzo, siamo negli anni Novanta, anche in Doggerland. Not a big
thing nowadays " sosteneva. Eirik e lei si erano scambiati uno sguardo d'intesa: un
inglese non poteva capire.
E quando l'amico alla fine era uscito allo scoperto, non era accaduto in un clima
di speranza ma di rabbia e impotenza. Era stato un giorno di dicembre di quasi
undici anni fa, quando una conversazione con la madre di Karen aveva abbattuto
tutti i suoi muri. John era morto. Mathis era morto. Karen aveva smesso di vivere.
Quel giorno la consapevolezza della caducit� della vita aveva afferrato Eirik per
il collo rifiutando di lasciare la presa. Quel giorno Eirik From aveva lasciato
uscire tutto e in preda all'ira aveva urlato a suo padre e a tutto il mondo che
potevano andare a fare in culo. E che non contassero su di lui per avere dei cazzo
di nipoti.
Lui era l� quando Karen era tornata a casa. Lei l'aveva capito pi� tardi. Le voci
preoccupate di sua madre e di Eirik si erano fatte strada dalla cucina fino in
camera sua, attraverso le pesanti coltri di dolore. Aveva sentito i suoi tentativi
maldestri di consolare sua madre, l'aveva ascoltato piangere, e tentare ancora. E
ancora. E aveva pensato che era una bella cosa che sua madre avesse Eirik, e
viceversa, ora che lei non esisteva pi�.
Solo mesi dopo, quando Karen era uscita dalla sua stanza, ancora impietrita dal
dolore, aveva visto che c'era qualcosa di diverso nel suo amico. La trasformazione
era iniziata.
Adesso Eirik � proprio il clich� del gay: ben vestito, con le mani curate e
leggermente effeminato nei gesti e nel modo di parlare. Il fatto che sia un
fiorista e abbia una catena di negozi di fiori in tutto il paese rinforza solo lo
stereotipo. � definitivamente uscito allo scoperto.
Negli anni le aveva presentato un fidanzato dopo l'altro: la maggioranza erano come
Eirik, ma duravano troppo poco perch� lei facesse in tempo a memorizzarli. E poi �
arrivato Kore.
Forse � stato proprio perch� erano agli antipodi che Karen, dopo il primo impatto,
ha capito che il nome di Kore era meglio tenerlo a mente. I due non potevano essere
pi� diversi: aspetto fisico, carattere, interessi, amicizie.
Kore, il produttore musicale con una cresta di capelli neri, le braccia tatuate e
anelli d'oro a entrambe le orecchie. Ed Eirik, il fiorista con le sue camicie
perfettamente stirate e le scarpe lucide. Se Eirik era la tesi, Kore era
l'antitesi. O forse il contrario. Ma sei anni dopo stanno ancora insieme.
Kore si passa le mani tra i capelli senza accorgersi che gli cade la cenere dalla
sigaretta e che fiocchi bianchi si posano sulla sua criniera tinta di nero.
"Mi sembra di essere un pollo alla griglia" dice Karen mettendosi una mano sulla
guancia bollente. "Come fa la gente a sopportare questi cosi?"
Indica la viuzza con le verande dei bar allineate, lungo gli edifici in mattoni
della vecchia zona industriale. Costruzioni che una volta ospitavano corderie, la
vecchia fabbrica di lanolina, filande e una serie di altre industrie ormai chiuse o
trasferite in locali pi� moderni. Ora � diventata un'area piena di ristoranti,
negozi di design, caff� e bar. I proprietari dei ristoranti, pieni di inventiva,
hanno fatto del loro meglio per trovare soluzioni che soddisfino gli avventori
nicotina-dipendenti nel rispetto della nuova legislazione. Ognuno di loro, per
sopravvivere, fa in modo di offrire spazi per fumatori, protetti dal plexiglas e
con il riscaldamento a infrarossi.
"� il mio ultimo pacchetto" dichiara Kore sollevando la sigaretta. "Devo andare a
prendere Eirik all'aeroporto domani mattina alle otto e mezzo e quello ha il fiuto
di un segugio. Ma che cazzo!"
Kore emette un fischio acuto e Karen sussulta. Il suono echeggia tra le pareti di
vetro ma non sembra uscire dall'incubatrice in cui si trovano. Un attimo dopo
l'amico si alza in piedi e sventola un braccio con violenza.
"Friis, porca puttana, vieni qui!"
Kore esce dal locale, attraversa di corsa la strada e abbraccia un uomo. Karen li
vede scambiarsi qualche parola e poi l'amico indica il tavolo a cui � seduta.
L'uomo si volta e lei sobbalza riconoscendolo. � Leo Friis, che si lascia tirare
verso il Repet con aria esitante. Questa volta non ha il carrello della spesa e
nemmeno la coperta sulle spalle. Ha ancora un aspetto trascurato e Karen vede
l'incertezza nei suoi occhi quando guarda verso il ristorante. La musica e il
brusio hanno raggiunto un livello assordante ed escono dalle porte. Il rumore fa
bloccare Leo di colpo.
"Non ti preoccupare, stiamo qui fuori" dice Kore riuscendo a trascinarlo con s� nel
dehors. "Questa � Karen. Karen, questo � l'uomo, il mito, la leggenda Leo Friis."
I loro occhi si incontrano in un momento di gelo. Lei riflette fulminea: deve dire
che si conoscono o far finta di niente? Decide di lasciare la questione aperta e
gli tende la mano. "Ciao Leo. Siediti."
Leo gliela stringe e annuisce. "Ciao Karen."
Niente nel loro saluto lascia intendere che si siano gi� incontrati, e tanto meno
che Leo Friis ha subito un interrogatorio in qualit� di testimone. Kore non � per
niente preoccupato dall'aspetto sciupato del suo amico. Karen tutt'a un tratto �
indecisa: lo sa che Leo � un senzatetto e che passa le notti sotto i moli gi� a
Nyhamnen?
Allo stesso tempo Kore sembra un po' pi� agitato del solito. "Cosa vuoi? Offro io"
dice facendo un cenno alla cameriera. "Per te lo stesso, Karen?"
Dopo aver ordinato, si gira ancora verso Leo. "Cazzo, Leo, che piacere vederti. Da
quanto sei tornato?"
"Solo da quest'estate, da met� maggio credo."
"Ma dai, sei a casa da tutta l'estate e non ti sei fatto sentire? Cos'hai fatto?
Come stai?"
"Forse se gli fai una domanda alla volta, riesce a rispondere" interviene Karen in
tono calmo, facendo posto sul tavolo al vassoio carico della cameriera.
Leo le lancia un'occhiata.
"Scusa, scusa, sembro mia madre" dice Kore. "� che sono troppo contento di vederti"
aggiunge, alzando il bicchiere. "Salute!"
"Salute!" rispondono gli altri due all'unisono.
Alzano i bicchieri davanti agli occhi, li abbassano e bevono tutti insieme.
"Karen e io in realt� ci siamo gi� conosciuti" ammette Leo, dopo aver appoggiato il
bicchiere ed essersi pulito la schiuma dalla barba con la mano. "Abbiamo preso un
caff� insieme."
Gli occhi di Kore si spostano dall'uno all'altra. Sembra che la sua parlantina
nervosa sia sparita.
"Voi due? Vi conoscete? " domanda incredulo.
"Ci siamo visti una volta. Ho interrogato Leo come testimone a proposito di un caso
a cui sto lavorando."
Kore sbarra talmente gli occhi che Karen capisce che � ben lontano dal non essere
preoccupato per l'amico, come vuol far credere.
"Ma tu lavori al caso dell'omicidio di Langevik, no? Cazzo, Leo, l'hai visto?"
Il suo tono fa voltare le persone del tavolo.
Karen gli fa cenno di abbassare la voce e risponde al posto di Leo. "Eh, magari...
Ma no, Leo ha fornito l'alibi a una persona per l'orario dell'omicidio."
"Cazzo, interessante. A chi?"
La preoccupazione di Kore si � trasformata in curiosit�.
"Smettila. Secondo te posso dirtelo? Le informazioni che ci ha dato, per�, sono
state utili e ci hanno risparmiato un sacco di lavoro."
Sorride a Leo, che solleva ancora il bicchiere e beve. Non replica al sorriso, ma
sembra che la tensione nel suo sguardo e nel corpo si sia allentata.
Anche Kore si calma e si rivolge di nuovo all'amico, questa volta con un tono di
voce normale, quasi dolce. "Ho sentito che � stata dura per te dopo che te ne sei
andato. Le voci girano, sai com'�. Ma nell'ultimo anno non ho saputo niente.
Pensavo che fossi sparito dalla circolazione."
Per la prima volta si intuisce un sorriso sotto la barba di Leo. "� proprio quello
che ho fatto, finch� non mi hai scoperto."
"Sul serio?" Kore si guarda intorno e poi si piega in avanti. "Sembra che nessuno
ti riconosca" dice a voce bassa. "E a dir la verit�, vestito cos� non � strano.
Senza offesa, ma fai veramente schifo."
Questa volta Leo scoppia proprio a ridere. Una risata brusca, dura, che testimonia
che lui � consapevole della sua decadenza e l'accetta.
Karen avverte una stretta allo stomaco quando inizia a capire chi sia veramente Leo
Friis.

63.
Sigrid guida lentamente e con la massima attenzione. "Cos'altro ci si pu�
aspettare?" pensa Karen appoggiandosi allo schienale del sedile del passeggero.
Un'automobilista inesperta con uno sbirro seduto accanto a lei, in una macchina che
ha visto tempi migliori. A quanto pare l'officina ha sistemato il motorino
d'avviamento: l'auto non ha pi� emesso rumori preoccupanti, a parte quelli normali
per una Toyota di quell'et�, da quando Sigrid � andata a ritirarla in
Repslagartorget dieci minuti fa.
"Hai preso tutto nell'appartamento?" chiede Karen sistemandosi la cintura che le
taglia la gola.
"Tutto quello che volevo tenere" risponde Sigrid, con un cenno della testa in
direzione del sedile posteriore, dove sono ammassati sacchetti di carta pieni di
vestiti e un paio di scatole di tela blu. "C'� altra roba nel bagagliaio" aggiunge
e guarda nel retrovisore prima di mettere la freccia. "Vi siete divertiti?
Dall'odore direi di s�. Quanto hai bevuto?"
Karen volta lentamente il capo e guarda Sigrid con un sorrisetto storto. "Tre
birre, mamma" dice. "S�, � sempre divertente uscire con Kore. Sei stata gentile a
venirmi a prendere. Il divano nello studio di Marike ha i suoi limiti, in fatto di
comodit�."
"� proprio bello. Quello con la giacca di pelle, intendo." Sigrid cerca di parlare
in tono innocente, ma non ci riesce.
"S�. Anche il suo ragazzo � molto bello" replica Karen asciutta. "E simpatico."
"Oh cazzo. Peccato."
"Eirik e io eravamo compagni di scuola: ho conosciuto Kore tramite lui."
"E l'altro tizio con voi allora? Anche quello lo conosci da cent'anni?"
"Quello non lo conosco per niente. Ma Kore e lui sono vecchi amici."
"Sembrava un po'... sciupato. Sporco, tipo."
Karen non risponde.
"Sai chi sono i Clamp?" domanda un attimo dopo.
Sigrid la guarda sorpresa.
"S�, ovvio che so chi sono. O meglio, chi erano. Perch� me lo chiedi?"
"No, niente, stasera ne abbiamo parlato. A quanto pare erano veramente famosi."
"S�, ma sono spariti da anni. Secondo tanti � un peccato, ma io non sono d'accordo.
Meglio smettere quando si � al top."
Karen assimila questa perla di saggezza e le lancia un'occhiata divertita. "E come
si fa a sapere quando si � al top?"
"Non si sa, finch� non � troppo tardi. Solo allora ci si rende conto che si doveva
smettere prima. Cio�, loro erano bravi, ma non proprio il mio genere."
"E qual � il tuo genere? Hip hop? Bambinetti dell'asilo tutti ingioiellati?"
Sigrid le lancia un'occhiata. "Ma dai, sei cos� vecchia? A te non piace il rap?"
"Ma s�. Ho visto John Cooper Clarke nell'84 a Londra. Io e un mio amico abbiamo
saltato due giorni di scuola, abbiamo preso il traghetto e mia madre si �
infuriata."
"E chi cavolo � John Cooper Clark e?
""Fancy Cuba but it cost me less to Majooorca. ""
Sigrid le lancia un'altra occhiata scettica. "Che cos'�?"
"Lascia perdere. � passato tanto tempo."
"Il craving " dichiara Sigrid all'improvviso. "Un misto di rap, jazz e musica
africana, ma anche molto altro. Arte e teatro e... be', tutto. Senza limiti, cio�."
"Craving ? Come la parola inglese "craving "?"
"S�. Cio�, � un concetto. L'idea � che non bisogna limitarsi o aspettare
qualcos'altro. Tutto e subito. Ci sei?"
No, Karen non capisce.
Rimangono in silenzio mentre l'asfalto scivola sotto di loro un chilometro dopo
l'altro. Karen chiude gli occhi e lascia vagare i suoi pensieri. � piacevole avere
compagnia, rimanere semplicemente seduti accanto a qualcuno, in silenzio. Anche se
Sigrid non sa chi sia John Cooper Clarke. Le sarebbe sicuramente piaciuto. "Devo
cercare qualche vecchio disco" pensa. � bello anche avere qualcuno per casa, almeno
per un po'. Ha promesso alla ragazza che potr� rimanere nella stanza degli ospiti
finch� non avr� sistemato la casa che ha ereditato.
L'accordo prevede che non si parli delle indagini: Sigrid non dovr� fare domande e
Karen non racconter� niente di pi� di quello che � scritto sui giornali.
"Strano comunque che lei non chieda mai niente" osserva Karen. "Non le interessa
sapere chi ha ucciso sua madre? O � solo la figlia obbediente di un poliziotto, e
ha imparato a non intromettersi? E cosa la rende cos� implacabile con i suoi
genitori?" Karen non indagher�, se vuole parlarne lo far� da sola.
� assonnata e la sua testa ritorna alla serata con Kore e Leo Friis. Li ha lasciati
al bar, quando Sigrid, all'altro lato della via, ha dato un colpo di clacson. Si
erano messe d'accordo che sarebbe andata a prendere Karen alle nove, ed � stata
talmente puntuale che lei sospetta che sia rimasta un po' in macchina a osservarli
prima di suonare il clacson.
Non ha avuto l'occasione di parlare con Kore a quattr'occhi. Karen ha migliaia di
domande su Leo Friis ma a differenza di Kore non voleva mostrarsi troppo curiosa.
Che era il chitarrista dei Clamp, l'ha capito. Si ricorda qualche canzone
vagamente, ma chiss� perch� ha sempre pensato che fossero inglesi o americani.
Hanno raggiunto la fama mentre lei era in un periodo della vita in cui tutta la sua
energia le serviva per riuscire ad alzarsi la mattina.
Certo, nel corso degli anni si � resa conto che il Doggerland, o almeno Dunker, si
� fatto per qualche ragione un nome di un certo rispetto nell'industria musicale,
sfornando schiere di autori e produttori di successo, ma lei non si � mai
interessata molto.
Sei anni fa, Kore aveva esaminato sospirando la sua raccolta di vinili, e aveva
constatato che non c'era molto che potesse suscitare l'interesse dei collezionisti.
Poi l'aveva sommersa di playlist: le odiose sostitute dei mix pieni di pretese con
cui la bombardavano i ragazzi durante la sua giovinezza.
"Devi proprio sentirla, questa" � una frase che ancora oggi le fa immediatamente
passare la voglia di ascoltare qualcosa.
Le playlist di Kore contenevano canzoni registrate nel suo studio alla KGB
Productions e altre che secondo lui potevano piacerle. Capitava che le ascoltasse,
ma non con la frequenza che si immaginava Kore. Lei, al contrario, cerca il
silenzio. Le musichette delle pubblicit�, la musica di accompagnamento nelle scene
dei film, la musica riempitiva in tutti quei programmi televisivi, il costante
sottofondo musicale in negozi, ristoranti e bar la affaticano.
Ma le feste alla KGB di solito sono divertenti: tramite Kore ha conosciuto artisti
che alla maggior parte della gente farebbero tirar fuori il libretto degli
autografi. A quanto ricorda, Leo Friis non � uno di loro. D'altro canto, qualche
anno fa aveva sicuramente un aspetto diverso. Adesso nessuno sembra capire che
sotto quel senzatetto con la barba c'� un idolo del rock. Gli unici sguardi di cui
l'hanno degnato al bar l'altro giorno e al Repet erano di disgusto.
"Passer� direttamente dagli infrarossi del dehors a un molo gi� al porto, stasera?"
si domanda Karen. Fin quando potr� dormire all'aperto? Non siamo ancora arrivati
allo zero, ma � solo questione di giorni prima che la brina uccida gli ultimi fiori
in giardino. E forse anche qualcuno dei poveracci che dormono fuori invece di
andare in uno dei rifugi.
"Se ne sta quasi sempre per i fatti suoi" aveva detto Gro Aske. "Va un po' fuori di
testa negli spazi chiusi."
"Si fa di qualcosa o ha solo avuto un esaurimento nervoso?" si chiede Karen, ma �
distratta dai pensieri quando Sigrid esce dalla strada principale e la prima
pozzanghera sulla Langeviksvej fa sobbalzare l'auto.
"Non dirai a mio padre che abito a casa tua, vero?"
Si raddrizza sul sedile e lancia una rapida occhiata alla ragazza. "No, se tu non
vuoi. Sei maggiorenne, del resto. Ma ovviamente penso che sarebbe meglio se
parlassi con lui. Soprattutto ora che tua madre..."
"E tu, non vuoi parlare con lui?" la interrompe Sigrid. "Credi che mio padre sia
una persona con cui � piacevole discutere?"
La voce � dura e piena di ironia, e Karen ricorda il loro primo incontro su a
Gaarda. Il rapporto che hanno costruito in questi ultimi giorni � ancora fragile,
il muro tra loro si pu� rialzare molto rapidamente. Sigrid sembra esser gi� pronta
con i mattoni e la cazzuola.
"No," risponde Karen con sincerit� "non lo credo."
"Per� devo parlarci" dice a se stessa. "Gi� domani".
La convocazione � arrivata appena prima che uscisse dal lavoro: domani mattina alle
nove nell'ufficio della procuratrice. Viggo Haugen l'ha mandata a Jounas Smeed e a
lei.
E lei sa benissimo quale sar� l'argomento di quella riunione.

64.

"Ti ho vista al Repet ieri sera."


La riunione con Viggo Haugen � finita. Hanno detto esattamente quello che si
aspettava. Lei � scesa in ascensore con Jounas e insieme hanno percorso il
sotterraneo sotto Redehusgate restando all'asciutto, invece di attraversare il
parcheggio di corsa sotto la pioggia. Ora sono nel garage della stazione di polizia
e attendono l'ascensore che li porter� alla divisione crimini.
Dato che lei non risponde, Jounas continua: "Sono passato e ti ho vista seduta
fuori in compagnia di loschi individui, se mi posso permettere la definizione".
Sempre senza replicare, lei schiaccia di nuovo il pulsante anche se � gi�
illuminato.
"Be', sul tuo amico frocio niente da dire, ma l'altro faceva proprio schifo"
prosegue lui imperterrito. "Mi ricorda uno di quelli che girano dietro il mercato
coperto. Anzi, mi sembra persino di conoscerlo."
"Dovresti, infatti."
Jounas la guarda con aria interrogativa e lei decide di non svelargli che Leo � il
senzatetto che gli ha fornito l'alibi. "Tu s� che hai occhio, invece" gli ribatte
in tono vellutato. "Tu capisci subito di che pasta � fatto qualcuno."
"Piantala, Eiken. Sei una poliziotta: pensi davvero che sia il caso di farti vedere
in giro con certa gente?"
"Be', sai, dopo l'Oistra ho cambiato genere."
Jounas rimane in silenzio per qualche secondo, sembra che trattenga il respiro. Poi
butta fuori l'aria con un sospiro pesante e schiocca la lingua per esprimere
dispiacere. "Karen, Karen. Sempre cos� arrabbiata. Sempre con gli aculei. In
effetti comincia a diventare un problema."
"Magari ho i miei motivi."
Finalmente arriva l'ascensore. Lei entra e osserva in silenzio le porte lucide che
si richiudono lentamente.
"Capisco che sei delusa perch� le indagini sono state sospese, ma non puoi certo
incolpare me per questo. � stata una decisione della procuratrice, e lei e Haugen
sono d'accordo: abbiamo preso il responsabile, � in prigione."
"Abbiamo un ragazzo che ha confessato quattro furti con scasso e due tentativi di
incendio doloso. Non � stato lui a uccidere Susanne."
"E come cazzo fai a esserne cos� sicura?"
"Be', questo non potremo mai saperlo, vero?"
Il messaggio era stato chiaro: l'omicidio di Susanne Smeed era considerato risolto.
Tutti i tentativi di trovare moventi o colpevoli alternativi andavano abbandonati.
"Presumo di no" conviene Smeed. "Ma nel tempo che hai avuto a disposizione non hai
fornito ipotesi concrete."
"Ah, in una settimana, dici?"
"Comunque adesso abbiamo preso Kvanne, finalmente, e non certo grazie a te,
aggiungerei. Se non fosse stato per la soffiata avrebbe fatto in tempo a rubare e
appiccare il fuoco in altre catapecchie. E magari ad ammazzare un altro poveraccio
che aveva la sfortuna di trovarsi a casa."
Si aprono le porte e loro escono. Quando lei posa la mano sulla maniglia
dell'ingresso a vetri con il logo della polizia, e la scritta rovinata che segnala
la zona della divisione crimini, Jounas mette il braccio sullo stipite e le
impedisce di entrare.
"Sai cosa succeder� adesso, Eiken," l'avvisa "Bj�rken verr� assegnato alle indagini
su Moerbeck nelle prossime settimane, finch� non se ne star� a casa a cambiare
pannolini. Tu lascerai perdere le ricerche sul caso di Langevik e ti concentrerai a
mettere insieme il rapporto su Kvanne. E farai buon viso a cattivo gioco."

65.

Karen Eiken Hornby ha davvero fatto buon viso a cattivo gioco. Sono due giorni che
resiste alla tentazione di dire ci� che ha in testa. Non ha proferito nemmeno una
parola di critica contro la decisione presa.
"Davvero la procuratrice crede che regger�?" le ha chiesto Karl.
"Sembrerebbe di s�."
"O magari se ne frega" ha pensato Karen senza dirlo. Ci sono altri casi in coda:
maltrattamenti, spaccio di droga, prostituzione. E Moerbeck. Nonostante i massicci
sforzi di ricerca non � stato catturato nessun sospetto. Al contrario, altre tre
donne sono state violentate e percosse brutalmente: la pi� recente ieri, all'alba.
Il numero delle vittime � ancora fermo a uno ma l'ultima donna, una ventisettenne
madre di due bambini che stava tornando a casa dall'ospedale di Thysted dopo il
turno di notte, � in terapia intensiva, nello stesso reparto in cui solo qualche
ora prima stava lavorando.
Greta Hansen � stata lasciata rincasare dalla capo-infermiera alle quattro e mezzo,
con febbre e mal di gola. Ha preso un taxi fino alla sua abitazione in Atlasv�gen a
Odinswalla. Il tassista, irritato per il fatto che la sua ultima cliente fosse
raffreddata, proprio il giorno prima di andarsene da questo buco piovoso per farsi
tre settimane di ferie in Thailandia, � partito sgommando non appena lei � scesa.
Il marito della donna, Finn Hansen, redattore del "Nya Dagbladet", stava dormendo
come un sasso nel loro appartamento appena sistemato e arredato, al terzo piano,
senza sapere che proprio in quel momento un uomo infilava ripetutamente una
bottiglia rotta dentro sua moglie, in un boschetto vicino a casa.
I giornali sono pieni di parole come spavento, panico e terrore, dopo che il
violentatore ha abbandonato il quartiere socialmente pi� vulnerabile di Moerbeck
per allargare la sua zona di interesse fino a Odinswalla, dove i residenti sono di
classe media.
Le critiche verso la polizia, alla conferenza di ieri, sono state unanimi: a quanto
pare le ricerche e i pattugliamenti sono stati tenuti nel posto sbagliato. Davvero
non si poteva prevedere che il colpevole avrebbe trovato un'altra zona di caccia?
La polizia � in grado di garantire la sicurezza? Che cosa possono dire alle donne
preoccupate? E Haugen � davvero soddisfatto degli sforzi compiuti finora? Non
valuta l'idea di dimettersi? E il ministro degli Interni cosa dice?
Tra i colleghi c'� tensione, tutti sono pallidi e scuri in volto. I troppi
straordinari mettono in allarme il dipartimento delle risorse umane. La stazione di
polizia a Dunker � pervasa dalla frustrazione per l'ennesima donna assalita, per il
fatto che le risorse non sono sufficienti a sorvegliare ogni cazzo di via, e perch�
il bastardo � ancora a piede libero. E poi c'� la preoccupazione costante che possa
accadere di nuovo. Magari questa notte stessa.
Alla notizia dell'arresto per il caso di Langevik � dedicata una misera colonnina:
se solo i media avessero il sentore che si tratta della persona sbagliata
andrebbero in ebollizione. Molto semplicemente, Linus Kvanne deve risultare
colpevole. E poi bisogna affrontare la realt�: la polizia doggerlandese o la
procura non hanno mezzi sufficienti per seguire pi� di un caso di alto profilo.
La verit� � che Haugen ha accolto le indagini sul pazzo di Moerbeck come una
possibilit� per ripulire la sua reputazione. � proprio quello che gli serviva: un
crimine lampante, una persona competente alla guida delle inchieste e un po' di
onesto lavoro di polizia sul campo. L'ordine sar� presto ristabilito.
"Ora per� non ne � pi� tanto sicuro, mi sa" pensa Karen. Ma non dice niente. �
davvero una maestra nell'arte di far buon viso a cattivo gioco.
Un paio d'ore dopo, tuttavia, questo non le impedisce di lanciare un'occhiata verso
l'ufficio del suo capo e alzare il telefono.
"No, mia madre non � ancora tornata" le risponde Mette Brinckmann-Grahn, con una
certa nota d'irritazione nella voce. "Quante volte me lo dovete chiedere?"
"E non l'ha ancora sentita?"
Mette sospira. "S�, come ho gi� detto ha chiamato l'altro ieri da Bilbao per dirmi
che sarebbe rientrata non appena trovava un volo economico. Ma l'ho gi� spiegato
alla sua collega."
Karen maledice il suo svedese lacunoso. Deve aver capito male. "Che cosa intende? A
chi l'ha gi� spiegato?"
"All'altra poliziotta che ha telefonato stamattina. Ha provato sul cellulare della
mamma e alla fine ho risposto io, pensando che potesse essere importante. Mi ha
fatto le sue stesse domande. Voleva parlare con mia madre e sapere quando torna a
casa. Non vi parlate tra voi, l� alla polizia?"
Per un attimo tutto le gira intorno. Una collega? Potrebbe essere stata Astrid a
cercare di parlare con Disa senza dirglielo? No, lei adesso lavora con Smeed e non
ha certo tempo per fare altro. E poi gliel'avrebbe sicuramente comunicato, se per
qualche oscura ragione avesse fatto una cosa simile.
"L'altra donna ha detto proprio di essere della polizia? Esplicitamente?"
Mette tace per qualche secondo e poi, in tono sinceramente sorpreso, risponde: "No,
ora che me lo fa notare non mi sembra. Ma si � presentata con nome e cognome e
aveva un tono molto formale. E poi parlava proprio come lei".
"Come me? In che senso?"
"Con quelle "l" e "r" grasse che avete dalle vostre parti. E ha fatto le stesse
domande, come le ho detto. Ho dato per scontato che fosse una di voi." Rimane di
nuovo in silenzio. Poi aggiunge: "Ma avrebbe anche potuto essere inglese o
americana. In effetti quadrerebbe con il suo nome: si chiama Anne Crosby".
"Anne Crosby. � sicura?"
"S�, ce l'ho scritto qui, con il numero e tutto. Le ho promesso di chiamarla non
appena mia madre mi avesse cercato."
Karen chiude gli occhi e pone la domanda successiva: "E l'ha fatto? Ha ricontattato
Anne Crosby per comunicarle che sua madre sta tornando?".
"Certo! Pensavo di avvisare anche lei ma poi ho ritenuto che una poteva bastare. Ho
immaginato che l'avrebbe informata Anne Crosby. L'ho detto anche a lei."
Solo quando pronuncia quelle parole, Mette Brinckmann-Grahn si rende conto
dell'errore.
"Credevo che... Cio�, ho dato per scontato che... Be', comunque non importa"
aggiunge in tono stanco cercando di rimediare. "La mamma non si � ancora vista."

66.

"Chi cazzo � Anne Crosby" pensa Karen, rinunciando e buttando il cellulare sulla
scrivania dopo otto squilli senza risposta.
Mette Brinckmann-Grahn, molto premurosamente e senza protestare, le ha dettato il
numero di Anne Crosby una cifra alla volta, prima in svedese e poi in inglese per
evitare qualsiasi fraintendimento linguistico. Non appena Karen l'ha salutata, ha
provato a comporlo. Dieci squilli senza risposta e senza segreteria. Cinque minuti
dopo ha tentato di nuovo: altri otto squilli senza esito.
Karen afferra il mouse e i movimenti ciclici e angoscianti dello screen saver
lasciano il posto al logo della polizia. Dopo un paio di brevi ricerche constata
che nella repubblica doggerlandese non esiste nessuna Anne Crosby, per� il numero
delle donne con quel nome nel resto del mondo � apparentemente infinito. Fa una
terza ricerca, immettendo il cellulare. Niente. "Probabilmente � un prepagato non
registrato" conclude rassegnata.
Si alza per chiamare Karl, ma cambia idea e si risiede alla scrivania. Con mossa
rapida, e la netta sensazione che il suo capo la stia osservando, apre la cartella
con il materiale sull'omicidio di Susanne, clicca sul rapporto tecnico di Cornelis
e legge i dati forniti dal dipartimento informatico. Nei quarantacinque secondi
successivi guarda alternativamente il suo cellulare e lo schermo del computer.
Poi fa un altro tentativo: altri otto squilli senza risposta. Irritata, cerca il
telefono dei Connor e dopo quattro squilli sente la voce di Brandon: "Janet e io
abbiamo di meglio da fare in questo momento. Lasciate un messaggio e vi
richiameremo".
Lei segue le istruzioni. Quindi lancia un'altra occhiata a Smeed che sta parlando
al telefono e, a giudicare dall'espressione del suo viso, intuisce che non si
tratta di buone notizie.
"Smeed e Haugen possono andare affanculo" si dice. Prende il giubbotto e raggiunge
Karl.
"Pranzo? Offro io."
Un quarto d'ora pi� tardi, Karl posa il coltello sulla patata che ha infilzato e la
sbuccia aiutandosi con il pollice. Si trovano in uno dei migliori ristoranti in
Parkvej, a Norrebro. Alla distanza di sicurezza di due chilometri dalla stazione di
polizia. Karen si rende conto che il suo portafogli pianger�.
"Le ultime kelp dell'anno" osserva Karl guardando pieno di rispetto
l'insignificante alga. "Costano, ma ne vale la pena, se vuoi la mia opinione."
"Le prime dell'anno sono le migliori" commenta Karen togliendosi il giubbotto. "Ma
non sono pi� buone come una volta. Adesso sono industriali: arrivano i camion e
spruzzano una poltiglia di alghe verdastre sui campi. Avresti dovuto provare quelle
di mio nonno su a Noor�. Solo fucus, direttamente dai crepacci."
"Qualsiasi kelp � meglio di niente" replica Karl prendendo un'altra patata dalla
scodella e mettendola a fianco del trancio di rombo. "Ovviamente me ne approfitto,
visto che paghi tu. Posso sapere perch�, tra l'altro? Hai vinto alla lotteria?"
"Ho pensato che era il modo pi� rapido per poterti parlare" dice brusca. "Non sei
certo il tipo che solleva obiezioni quando qualcuno ti sventola davanti il libretto
degli assegni."
Karl sorride soddisfatto e si infila in bocca una mezza patata sormontata da un
enorme boccone di rombo e burro rosolato. "Be', Smeed non sarebbe contento se
sapesse che faccio una pausa pranzo lunga" biascica masticando. "Adesso lavoro con
lui e non dovrei essere qui con te. Avevo appena iniziato a studiarmi il caso
quando sei arrivata di gran carriera. Cazzo, non � certo una lettura piacevole, te
lo garantisco."
"Bene, allora un'interruzione ti serviva. Un pranzo in amicizia, tra colleghi. Mica
avranno qualcosa da ridire?"
"Dai, Eiken, non mi offriresti mai un pasto se non avessi bisogno di qualcosa.
Dimmi di cosa si tratta."
Karen si guarda intorno velocemente nel locale strapieno e poi si china in avanti.
"Ho telefonato di nuovo a Mette Brinckmann-Grahn."
"Credevo che dovessi concentrarti su Kvanne. Far buon viso a cattivo gioco e non
attaccar briga."
Karen continua senza commentare: "Volevo verificare se aveva sentito sua madre.
Disa sarebbe dovuta tornare questa settimana".
"Okay. E l'ha sentita?"
"S�, e in effetti � in viaggio. Ma mi ha anche detto che non sono l'unica a volerle
parlare."
"Eh be', speriamo proprio che la vecchia abbia altri amici oltre a noi della
polizia di Doggerland."
Karen ignora il sarcasmo nel suo tono. "Una donna ha chiamato per lo stesso motivo.
Si � presentata come Anne Crosby e ha lasciato il suo numero. La figlia ha avuto
l'impressione che fosse della polizia. La Crosby non l'ha esplicitato, ma non ha
nemmeno corretto la sua falsa impressione. E Mette Brinckmann-Grahn era piuttosto
irritata di dover spiegare le stesse cose a diversi agenti."
"Si raffreddano" le fa notare Karl facendo un cenno verso le costolette d'agnello
intatte nel piatto di Karen.
Per senso del dovere, lei ne taglia un pezzo e lo ficca in bocca. Mastica
aspettando che il collega gli rimandi la palla che ha servito.
"Be'" dice lui dopo un po'. "E chi � Anne Crosby?"
"Me lo chiedo anch'io. Ho anche cercato di telefonarle, ma non risponde nessuno."
"Che emozione, davvero. Una donna che non sappiamo chi sia ha chiamato qualcuno che
probabilmente non ha niente a che fare con l'indagine."
Karl le lancia un'occhiata piena di scetticismo da sopra il bicchiere di birra. Con
lo sguardo fisso nel suo, Karen si piega di lato, fruga nella borsetta per terra e
tira fuori un foglio. Senza una parola, lo apre e lo mette davanti al piatto di
Karl.
"Eh s�," osserva lui dopo averlo letto "anche se non � servito a niente, possiamo
dire che Cornelis � stato preciso. Speriamo che lo sia anche nel caso di Moerbeck.
Se prendiamo quel bastardo ne avremo bisogno."
Karl riporta la sua attenzione sul cibo.
Senza commentare, Karen mette il suo cellulare all'altro lato del piatto. Sullo
schermo ci sono gli ultimi numeri chiamati.
Quattro secondi dopo Karl Bj�rken smette di masticare, poi si appoggia allo
schienale e la guarda. "Porca puttana! Quindi il numero ha finalmente una
spiegazione. E adesso cosa farai?"
"Non lo so. Ma devo scoprire qualcosa di pi�, in qualche modo. Prima questa Anne
Crosby ha telefonato a Susanne, due volte a giugno e una il 21 settembre, solo due
giorni prima dell'omicidio. E ora sta cercando di parlare con Disa Brinckmann. Non
credo che sia una coincidenza che abbia cercato di contattare due delle persone
coinvolte nel caso."
"O magari � proprio cos�. � solo una coincidenza" replica calmo Karl.
Karen lo fissa scettica.
"O meglio," aggiunge lui "Disa Brinckmann in realt� non � coinvolta nelle indagini,
il suo nome � semplicemente saltato fuori."
"Ma � uscito ricostruendo la vita della vittima."
"E quindi pu� essere perfettamente normale che la stessa persona abbia cercato sia
Susanne sia Disa. Questa Anne Crosby potrebbe al pi� conoscerle entrambe. In tutte
le inchieste ci sono coincidenze che non hanno nessuna relazione con il caso in
s�."
"Be', secondo me � una coincidenza un po' troppo strana, questa. Disa e Susanne non
possono conoscersi. Susanne era appena nata quando Disa � andata via."
"Okay, ma Disa conosceva i suoi genitori. Questa Anne Crosby deve avere qualche
legame con la comune: magari conosceva qualcuno di loro o ci ha vissuto anche lei
per un po', che ne so io. Dev'esserci stato un bel viavai. Hai chiesto a Brandon e
Janet Connor?"
"Non ancora, ma ho lasciato un messaggio in segreteria. Stavo pensando di mandare
un sms ad Anne Crosby e chiederle di chiamarmi."
"Be', perch� no? Che anche la polizia sta cercando Disa gliel'ha gi� detto la
figlia della donna. � un po' strano che Anne Crosby non abbia corretto quel
malinteso subito, su questo sono d'accordo. Ma magari non ha capito di cosa stesse
parlando Mette: quell'accento della Scania � incomprensibile."
"Quindi secondo te dovrei mandarle un messaggio? Anche se ho ricevuto ordini di
concentrarmi solo su Kvanne?"
Karen mette il pollice su INVIA .
"Perch� me lo chiedi? Hai gi� deciso."
Quando l'sms viene inviato, il telefono emette un bip . Karen lo gira verso Karl e
lascia che legga quello che ha scritto: la polizia di Dunker cerca Anne Crosby e la
esorta a contattarli immediatamente al numero fornito.
Lui scuote la testa lentamente. "Smeed dar� di matto quando lo scoprir�."
"Ma non lo verr� a sapere. O no?"
"Non certo da me. Ti lascio il piacere di dirglielo tu stessa. Se Anne Crosby si fa
sentire, sarai costretta, presumo. Anche se probabilmente succeder� solo se non ha
niente a che fare con l'omicidio."

67. Langevik. 1971.

"Non va bene cos�, non ce la far� se non riusciamo ad allattarla."


Disa mette gi� il biberon con il disgustoso surrogato, si passa il polso sulla
fronte e appoggia la bambina alla spalla.
Gi� il secondo giorno si � resa conto che quel miscuglio di latte, farina e un
pizzico di burro non � adatto. Non in quel caso. E ha visto i loro sguardi, i lampi
di dubbio quando ha chiesto a Per di andare in farmacia a Dunker a comprare il
sostituto del latte materno. Nestl�. Il nome grida il suo messaggio beffardo, i
suoi soprusi contro il terzo mondo, il suo imbroglio svergognato. Il peggior
simbolo dello sfruttamento capitalista. Ma lui ci � andato e l'ha comprato. E hanno
venduto la loro anima al diavolo senza essere salvati.
Tre giorni. A Disa bruciano gli occhi e lo stomaco per la preoccupazione e il sonno
mancato. Ingela � a letto da tre giorni. Immobile, con gli occhi chiusi, anche se �
sveglia. E intorno a lei gli altri si muovono in punta di piedi, goffi, senza
esperienza, totalmente impotenti.
Disa � assalita da una rabbia inaspettata. Sono come bambini. Bambini stupidi in
corpi di adulti. Hanno riposto la loro fiducia in lei: sono partiti dal presupposto
che si occuper� di tutto, risolver� tutti i problemi. Disa, cos� calma, cos�
sicura. Lei che sa come si sopravviveva nei tempi antichi, che conosce le vecchie
cure casalinghe, le vecchie ricette. Disa, la levatrice, l'ostetrica. E chi ha
bisogno dell'ospedale e dei dottori per una cosa cos� naturale come il parto?
Si era gi� accorta che c'erano due cuori alla diciannovesima settimana. Che Tomas
non potesse essere il padre l'aveva capito ancora prima, forse ancor prima che
Ingela lo ammettesse a se stessa. Disa aveva visto Ingela e Per, aveva intuito
quello che Tomas aveva finto di non cogliere. Lei sa quando sono stati concepiti i
bambini e Tomas non era da quelle parti, all'epoca.
"Devi dirglielo" le aveva detto. "Tomas e Per hanno il diritto di sapere. E anche
Anne-Marie" aveva aggiunto, rendendosi conto che sarebbe cambiato tutto.
Alla fine Per aveva confessato la verit� a sua moglie: l'aveva tradita. I bambini
che Ingela aspettava erano suoi. Lui sarebbe diventato padre, mentre Anne-Marie
probabilmente non avrebbe mai avuto figli. Forse gi� allora, sentendo quel pianto
straziante al piano di sopra, avevano capito che era l'inizio della fine. Se
n'erano resi conto gi� prima che le urla lasciassero il posto a un silenzio di
tomba. O forse lo avevano realizzato nelle settimane seguenti, quando la
preoccupazione per Anne-Marie si era lentamente trasformata in irritazione?
Forse era stato allora che, uno dopo l'altro, avevano raggiunto la sgradita
consapevolezza che dividersi tutto era un'idea bella in teoria, ma non in pratica.
Forse era stato allora, quando tutti pensavano segretamente che la reazione di
Anne-Marie era pi� comprensibile dell'indifferenza di Tomas. Quando la loro
ammirazione per la sua capacit� di perdonare sempre, e andare avanti, si era
trasformata pian piano in disgusto per la sua arrendevolezza. Perch� non si era
arrabbiato? Davvero riusciva a perdonare Ingela e Per? Non � che - il pensiero era
proibito ma allo stesso tempo impossibile da evitare -, non � che in realt� non era
un vero uomo?
Uno alla volta avevano abbandonato il loro sogno. Theo era tornato ad Amsterdam
qualche settimana dopo che l'idillio si era spezzato. Brandon e Janet avevano
resistito un po' di pi�, sopportando il dolore di Anne-Marie e Per che si ubriacava
in preda all'angoscia; compatendo la calma incomprensibile di Tomas di fronte alla
distruzione che si compiva intorno a lui; rassegnandosi alla vista del ventre di
Ingela che cresceva, richiamo costante al fatto che niente sarebbe mai passato, che
questa volta i problemi non sarebbero spariti.
Un gelido mattino di febbraio, per�, Brandon aveva trovato Janet gi� al porto da
sola, seduta su uno dei pali per gli ormeggi.
"Domani me ne vado. Vieni?"
"Dove?" le aveva chiesto.
"Dovunque."
E cos� anche loro avevano ceduto e lasciato la comune. Ma Disa � rimasta. Leale
com'�, aveva promesso di aspettare fino alla nascita dei bambini. E poi, aveva
promesso a se stessa, anche lei se ne sarebbe andata da quell'inferno.
E quando finalmente sono iniziate le doglie, per uno strano riflesso ancestrale
anche la speranza � tornata. Forse le cose potevano migliorare dopo la nascita dei
bambini, quando la vita fosse riapparsa nella casa. Ingela ha seguito le sue
indicazioni meccanicamente: "Respira, non spingere ancora, aspetta, aspetta...
Ora!".
E Tomas � rimasto al suo fianco tutto il tempo. Tomas, non Per. Forse � quella la
vendetta che ha desiderato, dopo tutto. L'unica piccola dimostrazione di forza che
si � concesso: escludere Per. Essere lui, Tomas, il primo a veder nascere i
bambini, anche se non sono i suoi.
� successo tutto molto in fretta, stranamente: gi� un paio d'ore dopo l'inizio
delle contrazioni � nata la prima bambina. Sana e paffuta, ha emesso un gridolino
dopo che Disa l'ha strofinata con l'asciugamano. Poi lei si � accorta che qualcosa
non andava. Improvvisamente Ingela aveva perso le forze ed era scivolata in una
sorta di apatia. C'� voluta quasi un'ora prima che tutto finisse e la seconda
bambina finalmente venisse al mondo. Molle e abbattuta, grande la met� della
sorella. Disa l'aveva sentito dire durante i suoi studi: pu� capitare che un
gemello assorba talmente tanto nutrimento dalla madre da ostacolare la crescita
dell'altro. E aveva anche letto di madri che non riescono a creare un legame con i
propri figli, donne che invece di provare la gioia della maternit� vengono assalite
da una profonda depressione. Certo, aveva sentito e letto queste cose, ma non le
erano mai capitate di persona.
Tre giorni. Tre giorni di preoccupazione: per la bambina che non mangia e per
Ingela che sembra essere indifferente verso le figlie. Da quando ha deciso di
diventare levatrice, per la prima volta, Disa Brinckmann vorrebbe trovarsi in un
ospedale.
"Cos� non si pu� andare avanti" ripete di nuovo. "Dobbiamo chiedere aiuto."
Alza gli occhi e incontra i loro sguardi. Quello di Tomas, rassegnato, e quello di
Per, sfuggente e pieno d'angoscia. E poi Anne-Marie, che tiene l'altra bambina in
braccio. Disa la osserva chiedendosi se si rende conto che non � figlia sua.
Nell'istante stesso in cui Ingela � scivolata nell'apatia, Anne-Marie si �
rianimata. Si occupa della bambina sana, la culla, la nutre e la consola, la veglia
come se fosse carne della sua carne, sangue del suo sangue. Ora guarda Disa senza
capire e poi ritorna alla bambina, la preme ancor di pi� contro di s� e sorride
osservando le labbra della piccola che succhiano la tettarella di gomma.
"Certo che mangia, quando io le do il latte" dice.
"Melody s�," ribatte Disa "ma Happy pesa troppo poco. Non posso pi� continuare ad
assumermi questa responsabilit�, dobbiamo portarla da un dottore. Anche Ingela ha
bisogno di aiuto. Lo vedete anche voi che c'� qualcosa che non va, non riesce
nemmeno a tenere in braccio le bambine."
Per si alza di scatto e rovescia la sedia con un colpo. "Sono figlie mie" esclama.
"Non potete portarle via cos�."
In cucina scende un silenzio di tomba. Secondi infiniti, respiri preoccupati,
pensieri impossibili.
Poi Disa si china sul tavolo. "Tomas, scegli tu: o porto Ingela e Happy
all'ospedale a Dunker, oppure prendiamo il traghetto per la Svezia stasera stessa."
Senza una parola, Anne-Marie si alza, appoggia il biberon sul tavolo ed esce dalla
stanza con Melody in braccio.
Tomas la guarda e poi si rivolge a Disa. "Andiamo a casa" dice piano.

68.

A denti stretti, Karen esce dall'Haren och Kr�kan, sale in macchina e appoggia la
fronte al volante. Ha avuto torto.
Torto marcio.
La giornata appena trascorsa � stata piena di lavoro d'ufficio, telefonate con la
procura e frequenti occhiate al cellulare. Anne Crosby non si � fatta sentire, e
nemmeno Disa Brinckmann.
Karen ha condotto un altro interrogatorio infruttuoso con Linus Kvanne, che insiste
a mantenere la sua versione. S�, si � dichiarato colpevole di un totale di quattro
furti con scasso. S�, ha tentato di appiccare un incendio a quelle catapecchie a
Thorsvik e Grunder, ma come cazzo possono chiamarlo tentato omicidio? Non c'era
nessuno in casa, porca puttana, e lui lo sapeva benissimo quando gli ha dato fuoco.
� decisamente l'ora di cambiare quelle loro leggi di merda.
Inoltre, non ha ucciso Susanne Smeed, non ha nemmeno mai messo piede in quella
fogna che � Langevik, o come cazzo si chiama.
L'ultima affermazione, per�, � stata smentita solo mezz'ora dopo che Karen ha
lasciato la stanza degli interrogatori. La telefonata dalla Scientifica � arrivata
alle quattro meno un quarto del pomeriggio ed � iniziata con scuse vaghe per il
ritardo, dovuto alla mole di lavoro del caso di Moerbeck.
Karen ha ascoltato S�ren Larsen senza fare commenti. "Il cellulare di Kvanne si �
agganciato alla cella di Langevik sud per circa undici ore, dalle 22.31 alle 09.24"
le ha detto con una punta di gioia maligna nella voce. "Quel disgraziato deve aver
passato tutta l'Oistra in quel buco dimenticato da Dio. Che cosa ci sar� mai da
fare l�? Dimmelo, tu che lo sai."
"Niente di che" gli ha risposto lei. "Davvero niente di che, purtroppo."
"S�, � stato qui" le ha confermato Arild Rasmussen un paio d'ore dopo, quando gli
ha mostrato la foto segnaletica di Linus Kvanne. "Era seduto in quell'angolo ed �
stato al telefono tutta la sera. Ha deciso di stare dentro anche se la serata era
calda e tutti gli altri erano fuori. Ed era ubriaco fradicio, te lo posso
assicurare, perch� ho dovuto sbatterlo fuori io alle tre. Cio�, no, a mezzanotte,
volevo dire..."
"Non mi interessa quanto tieni aperto, Arild. Ma l'ora � importante."
"Okay, � andato via per ultimo, appena dopo le tre. Erano le tre e un quarto quando
sono salito in casa."
"E sai dove si � recato dopo?"
"Non ne ho idea. Mi ha chiesto se avevo una stanza, ma non le ho pi�. Presumo che
avr� dormito in macchina."
"Aveva una macchina? Cio�, tu l'hai vista?"
Arild Rasmussen ci ha pensato su un attimo. "No, non l'ho vista, ma ne avr� avuta
una. Altrimenti come diavolo ha fatto ad arrivare qui?"
"Gi�, bella domanda" pensa Karen con la testa contro il volante.
Come ha fatto Linus Kvanne a percorrere i trenta chilometri circa dalla cava di
ghiaia, dove � stata rinvenuta la moto, fino all'Haren och Kr�kan a Langevik? Per�
una cosa � probabile: che se ne sia andato da Langevik su una Toyota con un
motorino d'avviamento malconcio.
"Non ho mai messo piede a Langevik, cazzo". Quello stronzo ha mentito
spudoratamente e lei gli ha creduto. Gli ha davvero creduto. Karen geme a voce
alta.
"Dovr� controllare le sue telefonate e parlare con tutti quelli che erano qui
quella sera" si dice rialzando la testa. Qualcuno avr� pur visto dov'� andato dopo
che il bar ha chiuso.
"Maledetto S�ren, non poteva tirar fuori quest'informazione un po' prima?" Ma nello
stesso istante in cui lo pensa si rende conto che � inutile dare la colpa a qualcun
altro. Sono la sua testardaggine e la sua reticenza ad accettare i fatti ad aver
portato a questa situazione. Una giornata e mezza in cui lei, invece di esaminare
Linus Kvanne nei minimi dettagli, ha sprecato tempo prezioso frugando in una comune
hippy degli anni Settanta.
Con un altro sospiro profondo allaccia la cintura, gira la chiave e mette in moto.

69.

Ancora una volta � accolta da un profumo delizioso non appena oltrepassa la soglia
della vecchia casa di pietra. Sigrid scende le scale saltellando con un asciugamano
avvolto intorno alla testa.
"Cazzo, che bello. Spero di non aver lasciato delle macchie in bagno. Lo sapevi che
vendono le tinte per i capelli in ferramenta?" dice. Si piega in avanti di scatto,
fa srotolare l'asciugamano e poi lo strofina contro i capelli bagnati che ora sono
di un nero corvino.
Karen lancia un'occhiata stanca alle macchie sull'asciugamano.
"Oh!" commenta la ragazza. "Puoi prenderne uno da casa di mia madre, ne ha
tantissimi."
"Fa niente. Cosa c'� da mangiare? Il profumo � fantastico."
"Coq au vin . Una specie, almeno. Ti ho fregato una bottiglia dalla dispensa. Lo
sapevi che su, vicino alla strada per Grene, c'� un contadino che vende polli
allevati biologicamente?"
Karen sbuffa. "Johar Iversen, intendi? Non sar� nemmeno capace di scrivere
"biologico". Anche i vermi fanno retromarcia di fronte ai suoi cavoli."
Sigrid sembra delusa. "Mi ha detto che usa solo mangime ecologico e che i polli
sono liberi. Ho comprato anche delle uova."
"Ma s�" risponde Karen. "Liberi sono liberi. Le galline del vecchio Johar
scorrazzano libere per le strade. Ne avr� investite almeno tre in questi anni."
Poi, vedendo l'espressione inorridita di Sigrid, aggiunge: "Calma, sto scherzando!
� solo che � stata una giornataccia, al lavoro".
"Ha a che fare con mia madre? Lo so che non possiamo parlarne, ma c'� scritto su
tutti i giornali che avete arrestato un sospetto."
Karen esita. Gli accordi tra lei e Sigrid prevedono chiaramente di evitare due
argomenti di conversazione: sua madre e suo padre.
"S�, � cos�. E molti indizi fanno supporre che sia la persona giusta, questo posso
dirtelo. Ma finch� non saremo sicuri al cento per cento non posso darti altri
dettagli su chi sia o perch� l'abbiamo arrestato."
"Spero solo che tu non lo conosca" pensa un secondo dopo. Linus Kvanne ha qualche
anno in pi� di Sigrid e non sembra che frequentino gli stessi ambienti, ma vive a
Gaarda, a un paio di isolati dall'appartamento di Samuel Nesb�.
L'interpretazione della ragazza del coq au vin � letterale: pollo e vino. Dettagli
come pancetta, champignon e cipolla sono stati sostituiti da una lattina di fagioli
bianchi e due spicchi d'aglio che ha buttato in padella verso la fine, ma dopo
l'aggiunta di abbondante sale e pepe � inaspettatamente buono. E soprattutto �
stato qualcun altro a prepararle la cena. "Mangerei anche il fieno se me lo
trovassi davanti" pensa Karen raccogliendo gli ultimi bocconi con l'aiuto di un
pezzo di pane.
"Se metti su il caff�, io lavo i piatti" dice alzandosi.
Nello stesso istante suona il cellulare.
Karen si pulisce le dita sui jeans, va nell'ingresso e pesca il telefono dalla
tasca del giubbotto. Risponde con il tono brusco di chi si aspetta un venditore,
senza nemmeno guardare il display. "Eiken."
"Sono Brandon Connor. Penso che dovremmo parlare."

70.

L'odore di cumino � intenso come la volta scorsa, la cucina � altrettanto


accogliente e la tavola invitante. A prima vista, Janet e Brandon sembrano
rilassati come durante il precedente incontro, ma ora la stanza � pervasa da una
tensione palpabile. Karen vede che si scambiano occhiate nervose mentre preparano
tazze e teiera.
Non avrebbe dovuto venire qui, avrebbe dovuto spiegar loro al telefono che la
polizia non ha pi� nessun interesse per quello che � accaduto nella comune quasi
mezzo secolo fa. Questa volta non perder� tempo in chiacchiere.
"Avevate qualcosa da dirmi."
L'ennesima occhiata, come per mettersi d'accordo un'ultima volta. Poi Janet
annuisce e lascia che sia Brandon a iniziare.
"Non siamo stati del tutto sinceri l'altra volta," esordisce "ma abbiamo deciso di
rompere la nostra promessa e raccontarle ci� che sappiamo."
"Promessa? A chi?"
"A Disa. Lei ha taciuto per tutti questi anni, fino alla morte di Tomas."
"Quindi avete mantenuto i contatti con Disa Brinckmann, nonostante tutto."
Brandon annuisce. "Ci sentivamo raramente. Ma s�, siamo rimasti in rapporto. �
venuta qui quest'estate ed � stato allora che ci ha rivelato tutto. Non ce la
faceva pi� a tenersi tutto dentro, ha detto."
Karen lo osserva in silenzio mentre beve il t� e sembra riflettere su come
esprimersi. Poi mette gi� la tazza, fa un respiro profondo e continua. "Questi
fatti sono accaduti dopo che Janet e io ce ne siamo andati. Le racconto solo quello
che ci ha detto Disa. Non sappiamo niente di pi�."
Karen annuisce.
"Come sa, Disa era un'ostetrica e Ingela � rimasta incinta proprio mentre era a
Lothorpsg�rden" prosegue Brandon. "� stata Disa ad aiutarla durante il parto. Di
ospedali non se ne parlava nemmeno, per vari motivi."
"Quali motivi?"
"Be', un po' perch� tutti noi alla comune pensavamo che fosse meglio partorire in
casa, naturalmente e senza antidolorifici che potessero nuocere al bambino. Ma
anche perch� vivevamo al di fuori della societ�: nessuno di noi era del luogo,
nessuno di noi aveva radici sull'isola. Be', a parte Anne-Marie, ma siccome era
cresciuta in Svezia e non aveva mai conosciuto suo nonno anche lei era considerata
una forestiera. Non avevamo alcun contatto con le autorit� e sinceramente non so
nemmeno se avrebbero ricoverato Ingela nel caso si fosse recata all'ospedale."
"S�, l'avrebbero ricoverata" pensa Karen. Nessuno si sarebbe rifiutato di
accogliere una donna che stava per partorire, nemmeno a quei tempi. A voce alta,
invece, dice: "Quindi Disa ha fatto partorire anche Anne-Marie? Susanne � nata
nell'aprile del '71: dovevano essere incinte nello stesso periodo, no?".
"Anne-Marie non � mai stata incinta" dichiara Brandon a bassa voce. "Susanne era la
figlia di Ingela."
Poi lui si appoggia allo schienale con un sospiro e fa cenno a Janet di proseguire.
Lei accarezza la guancia del marito e si piega in avanti appoggiando i gomiti sul
tavolo.
"Noi sapevamo che Per e Anne-Marie non riuscivano ad avere figli. Lei aveva subito
ripetuti aborti in Svezia e l'ultimo le era quasi costato la vita. Era uno dei
motivi per cui lei e Per sono venuti qui: per cercare di ricominciare, formando una
comunit� che non avesse per forza al centro la famiglia nucleare."
Janet si tende per prendere il vasetto del miele e ne mette un cucchiaino
abbondante nella tazza.
Karen ha rifiutato il t�. "Questa visita dev'essere di breve durata" ha cercato di
convincersi. Ma ora si rende conto che si � sbagliata. Di nuovo.
"All'inizio � andato tutto bene" riprende Janet. "Anne-Marie poteva fare da mamma
bis alla figlia di Disa, la piccola Mette, e ai bambini di Tomas e Ingela, ma era
chiaro che soffriva del fatto di non averne di propri." Janet fa una pausa e beve
un po' di t�. "Per ironia della sorte, Anne-Marie era quella tra noi che amava di
pi� i bambini, a eccezione di Disa, forse. La verit� � che se ne occupava molto pi�
lei di quanto facesse Ingela: giocava con loro, li consolava, si alzava di notte.
Ingela partoriva e allattava, ma poi il suo impegno finiva l�, in un certo senso.
Del resto se ne occupava Tomas, con l'aiuto di Anne-Marie."
"E quindi Ingela � rimasta di nuovo incinta, mentre Anne-Marie non aveva figli. �
stato quello a portarla alla depressione" ipotizza Karen.
"Non solo quello, ho paura" la contraddice Janet lanciando una rapida occhiata al
marito, come per cercare appoggio, ma Brandon fissa il tavolo. La moglie sospira e
allarga le braccia in un gesto rassegnato.
"Questa volta il padre era Per."
Karen avverte una stretta allo stomaco e un senso di malessere le sale in gola. Il
dolore per i figli che non arrivano, per quelli che arrivano senza essere voluti,
per i figli degli altri. E per quelli che muoiono. Bambini che sono desiderati e
amati, ma che vengono strappati via, nel tempo di un respiro. C'� chi continua ad
avere figli e non mostra nessuna sorpresa per quel dono. E chi rimane senza.
Non solo Anne-Marie aveva scoperto che suo marito la tradiva, ma addirittura che
aspettava un figlio dall'altra donna. Nel suo dolore di non riuscire a rimanere
incinta, suo marito sarebbe diventato padre. E tutto era successo sotto ai suoi
occhi, in quella vita che avrebbe dovuto rappresentare un rifugio.
"Continui" la sollecita Karen con voce atona.
Janet le lancia uno sguardo veloce, spinge la teiera e una tazza verso la sua
ospite e procede. "Come le ho detto noi eravamo gi� andati via quando Ingela ha
partorito, perci� quello che le racconto adesso � quanto ci ha riferito Disa quando
� stata qui quest'estate. Prima d'allora non sapevamo niente, lei non ha confessato
niente finch� non � morto Tomas."
Karen annuisce. "Quindi Ingela ha lasciato Susanne a Per quando � tornata in
Svezia? Be', alla fine era suo padre, quindi non era molto strano." Ma intanto
pensa: "Io mi taglierei un braccio piuttosto di abbandonare mio figlio".
"Hanno lasciato una delle gemelle. L'altra se la sono portati in Svezia, lei e
Tomas."
71.

In cucina cala il silenzio. Due bambine, non una. Eppure non � la scoperta che
Susanne aveva una sorella a scuotere Karen. Cerca disperatamente di trovare una
logica in quello che Janet le ha appena detto. Dividere due sorelle, tenerne una e
lasciare l'altra. Sceglierne una e scartare l'altra.
"Era necessario andarsene da qui al pi� presto" riprende Janet. "Una delle piccole
era nata gi� debole e aveva bisogno di cure che Disa non era in grado di fornirle.
Ingela era abbattuta e non riusciva ad affezionarsi a nessuna delle due bambine.
Cercavano invano di farla allattare, ma non funzionava, e la bambina pi� piccola
continuava a perdere peso nonostante il latte artificiale. Alla fine hanno deciso
di andarsene dal podere e tornare in Svezia. Penso che sia stata una questione di
giorni."
"Senza Susanne?"
Janet annuisce.
"Senza Susanne, o meglio Melody, come la chiamavano a quei tempi. Melody e Happy."
Con sguardo implorante, la donna prega suo marito di continuare. � evidente che per
entrambi � difficile tradire la fiducia di Disa. Il fatto che lei sia una
poliziotta rende tutto ancor pi� difficile per questi vecchi hippy, si rende conto
Karen. Fa un cenno di incoraggiamento a Brandon e lui prosegue di malavoglia, ma
determinato.
"Non avevano il permesso di soggiorno e non volevano coinvolgere le autorit�,
perci� la cosa migliore era rientrare a casa, in Svezia" dice. "Probabilmente
pensavano di tornare qui non appena la bambina avesse ricevuto le cure e fosse
stata pi� forte."
"Ma poi non l'hanno fatto?"
"A quanto pare si sono uniti a una specie di setta religiosa in Svezia. Qualche
stronzata simil-induista, credo. Tomas ne � uscito quasi subito, ma Ingela �
rimasta. Dopo l'ultimo parto era diventata psicotica, secondo Disa, ma io credo che
ci fossero anche altri problemi."
"Droghe?"
Brandon scoppia a ridere. "Be', tutti fumavamo erba e hashish, ma Ingela era
molto... come posso dire... alternativa. Cio�, tutti lo eravamo in un certo senso,
o almeno fingevamo di esserlo. Per noi si trattava di una lotta consapevole contro
le convenzioni, ma nel suo caso... be', lei giocava in una divisione tutta sua.
Comunque, Ingela se n'� andata in India con quella setta e si � portata dietro i
figli maschi. Secondo Disa, Tomas ha passato quasi un anno a cercarli, ma alla fine
ha desistito. Ha chiuso la porta su quella parte della sua vita. E formalmente non
aveva diritti: i figli non erano suoi."
"E di chi erano?"
"Non ne ho idea. Tomas e Ingela stavano insieme da giovani, ma per alcuni anni si
erano lasciati. � stato in quegli anni che lei ha avuto prima Orian e poi Love. Ma
non abbiamo mai parlato di chi fosse il padre. Tomas e Ingela si sono addirittura
sposati prima di trasferirsi qui nella comune, quindi anche se lui non ha mai
adottato formalmente i bambini non era una cosa a cui noi davamo peso."
"Ha detto che si � portata dietro i due maschietti. E la bambina, Happy?"
"L'ha lasciata a Tomas."
Karen sente il viso che le si arrossa di rabbia. Ingela aveva abbandonato prima una
bambina e poi l'altra, eppure le gemelle in confronto ai fratelli avevano vinto un
terno al lotto. Erano sopravvissuti, i due maschi, all'infanzia in una setta
religiosa in India con una madre forse psicotica per via delle droghe?
"E le bambine, che certo sono state curate, ma a cui � mancato l'amore della
propria madre? Melody e Happy" pensa Karen.
Che terribile ironia.
"Tomas a suo tempo ha battezzato Happy con il nome di Anne" le rivela Janet, come
se le avesse letto nella mente. "Dopo che Ingela se n'� andata lui � diventato
un'altra persona. � cambiato completamente e ha preso in gestione la ditta di suo
padre. Sulla carta, era il pap� di Anne; lui e Ingela erano sposati e la bambina
era nata durante il matrimonio. Non so se abbia mai ottenuto l'annullamento e
nemmeno se Ingela � ancora viva, ma in ogni caso lui non ha pi� saputo niente di
lei."
"Anne" osserva Karen. "Dev'essere lei". Frena l'impulso di mettergli fretta, di
saltare al punto in cui Happy, cresciuta con il nome di Anne Ekman, ha preso il
cognome Crosby. "Quindi Tomas non si � mai risposato?" chiede.
"No. Lui e Disa hanno avuto contatti sporadici nel corso degli anni, e lei ha
cercato diverse volte di convincerlo a raccontare ad Anne che aveva dei
fratellastri e una sorella gemella, ma lui si � rifiutato. Era un capitolo chiuso,
diceva, e ad Anne aveva spiegato che sua madre era morta. Disa ha mantenuto la
promessa, e ha taciuto. Lei � fatta cos�."
"E poi si rendeva conto che avrebbe causato scompiglio anche nella vita di Per e
Anne-Marie se avesse agitato le acque" interviene Janet.
"Non agitare le acque" pensa Karen. Non svegliare il can che dorme. Lascia che il
passato resti passato. No, era probabile che se quella storia fosse saltata fuori
avrebbe nuociuto a Tomas Ekman, uomo d'affari di successo. Inoltre avrebbe
rischiato che gli portassero via Anne. E non avrebbe giovato nemmeno a Per e Anne-
Marie Lindgren. La loro reputazione era gi� rovinata: se si fosse saputo che
Susanne era il risultato di una storia tra Per e una delle donne della comune, non
avrebbero potuto restare a vivere a Langevik.
"Cos� Disa � rimasta in silenzio per tutti questi anni."
"S�, fino alla morte di Tomas. Poi ha deciso di dire la verit� a entrambe le
figlie. Anne si era trasferita negli Stati Uniti e si era sposata, ma � tornata a
casa per il funerale, e allora Disa � andata a parlarle."
"E Susanne? Come ha fatto a trovarla?"
"Siamo stati noi ad aiutarla a scoprire dove lavorava Susanne, e da l� � stato
abbastanza facile."
"Ma perch�? Perch� per Disa era cos� importante raccontarglielo? Sarebbe stato pi�
semplice continuare a tacere" dice Karen.
"� proprio quello che ci siamo chiesti anche noi" risponde Brandon. "Ma Disa aveva
la netta convinzione che un gemello, privato dell'altro, vive sempre sentendone la
mancanza. In questo caso inoltre erano state separate dietro suo consiglio. E Anne
pensava anche che sua madre fosse morta. Credo che Disa si portasse dentro un senso
di colpa di cui voleva liberarsi prima di morire."
"Prima di morire?" domanda Karen scettica. "� abbastanza sana da girovagare per i
sentieri della Spagna" pensa.
"Sei mesi fa Disa ha saputo di avere il cancro al seno. Una forma aggressiva,
purtroppo. A quanto pare non c'� niente da fare."

72.

Karen accende il registratore e con voce monotona dichiara il giorno e l'ora, chi
c'� nella stanza e perch�. Immagina gi� quello che succeder�: una sorta di
confessione, un tentativo disperato di dimostrarsi collaborativo ora che non pu�
pi� mentire spudoratamente. Linus Kvanne ammetter� di essersi trovato per caso a
Langevik la notte dopo l'Oistra, sostenendo per� di non aver niente a che fare con
l'omicidio di Susanne Smeed. Nessuno gli creder�. E lei, gli crede ancora? Sente
una voce dentro che le dice che tanto, fra poco, non gliene fregher� pi� niente.
D� una rapida scorsa alle sue carte prima di cercare invano lo sguardo di Linus. �
seduto a testa bassa e sembra impegnato a strapparsi le cuticole dall'indice
destro. Con un sospiro si rivolge allora all'avvocato di Kvanne, Gary Brataas.
"Be', siete stati voi a richiedere questo colloquio. A quanto pare il suo cliente
ha qualcosa da dirci."
Brataas lancia un'occhiata a Linus e gli posa una mano sulla spalla prima di
voltarsi verso Karen.
"Il mio cliente si � ricordato di alcuni fatti che forse potrebbero essere utili
alle indagini. Per� vorrei far notare che questi eventi in nessun modo cambiano la
sua posizione. Linus � completamente innocente riguardo all'omicidio di Susanne
Smeed."
"Completamente innocente?" domanda Karen inarcando le sopracciglia. "Dio santo"
aggiunge a bassa voce, tra s� e s�.
Non abbastanza piano, si rende conto, perch� Gary Brataas apre la bocca per
protestare.
Lei lo previene. "Su, sentiamo allora, Kvanne."
Senza distogliere l'attenzione dalla cuticola, Linus mormora qualcosa di
impercettibile.
"Dovrebbe parlare pi� forte, se vuole farsi sentire."
"Ero a Langevik. Quella sera, cio�."
"Ah s�? Ma non � una novit� per noi. Come sapr�, abbiamo gi� scoperto che il suo
cellulare si trovava in citt�. E siccome lei non ne ha denunciato il furto o la
perdita, abbiamo gi� concluso che anche lei si trovava a Langevik. Cosa che in
precedenza ha negato. Perch�?"
"Be', secondo lei perch�?"
Finalmente Kvanne alza lo sguardo e la fissa combattivo, ma Karen lo fronteggia
mantenendo la calma.
"State cercando di mettermi dentro per omicidio. Io non ho ucciso nessuno, porca
puttana."
"Invece s�. A Capodanno di sei anni fa, per la precisione."
Kvanne sposta la testa di scatto all'indietro e sbarra gli occhi. "S�, ma quella
era legittima difesa" ribatte.
Lo dice in tono indignato, come se fosse un ragazzino che cerca di spiegare che in
realt� � stato lo spilungone di quinta B a iniziare la rissa in corridoio.
"Questo � quello che ha affermato lei. Cinque coltellate, se non ricordo male. Di
cui le ultime quattro quando la vittima era gi� inerme."
Kvanne si lancia rabbioso in avanti sul tavolo. Il suo viso � talmente vicino a
quello di Karen che lei riesce a sentire l'odore aspro del tabacco da masticare.
"Vaffanculo, brutta..."
"Calmati, Linus" interviene Brataas mettendogli una mano sulla spalla. "Non c'�
alcun motivo di provocare il mio cliente, che si sta mostrando collaborativo"
aggiunge rivolto a Karen.
Kvanne sembra calmarsi rapidamente quanto si � infuriato. Si riappoggia allo
schienale della sedia come se si fosse sgonfiato, e guarda Karen in cagnesco.
"Quel tipo ha cercato di accoltellarmi mentre salvavo la mia ragazza da una
violenza sessuale" mormora. "Non potete tenerne conto, di quel particolare, cazzo?
Tutta questa storia non ha senso, non ho la minima possibilit�..."
Allarga le braccia rassegnato e tace. Karen lo osserva senza commentare e sente che
Gary Brataas si schiarisce la voce.
"Come fa notare il mio cliente, quella faccenda non ha niente a che vedere con i
fatti di oggi."
"E quindi cos'� che vuole dirci esattamente Linus? Dobbiamo perdere altro tempo o
pensa di raccontarci cos'� successo davvero a Langevik la mattina dopo l'Oistra?"

73.

"Tu cosa ne pensi?"


Dineke Vegen posa la tazza di caff� sulla scrivania e mette gi� il resoconto
dell'interrogatorio.
"Non lo so pi�" ammette Karen. "Devo proprio rispondere?"
La notizia che Susanne Smeed aveva una sorella � stata accolta con un'alzata di
spalle da Viggo Haugen e dalla procuratrice.
Nemmeno Karl ha mostrato grande interesse. "Be', questo spiega perch� lei e Susanne
abbiano avuto dei contatti" le ha detto. "Ma niente lascia pensare che Anne Crosby
abbia voluto uccidere la sorella. Se mai il contrario. Lascia perdere e accetta il
fatto che, nonostante tutto, il colpevole � Kvanne."
"Forse hanno ragione" pensa Karen. "Perch� Anne dovrebbe aver ucciso sua sorella?
Il movente economico � escluso, vendetta o gelosia potrebbero essere un po' pi�
plausibili, ma l'ipotesi sembra un po' forzata, in confronto al fatto che Kvanne �
sempre a caccia di oggetti facili da rivendere. L'unica teoria che rimane � il
ricatto: Susanne era proprio il tipo da approfittarsene, se ne avesse avuto
l'occasione. Ma cosa poteva aver scoperto sulla sorella, tanto da costringere Anne
a toglierla di mezzo? No, ha ragione Karl: � ora di lasciar perdere".
La procuratrice si appoggia allo schienale con un sorriso. "In realt� non devi.
Molto probabilmente avvieremo un procedimento contro Kvanne: abbiamo abbastanza
indizi. Si trovava a Langevik nelle ore dell'omicidio, perci�, in altre parole,
aveva sia il movente sia la possibilit�. E ha mentito sui fatti. Inoltre ha gi�
mostrato di essere propenso a usare la violenza se lo ritiene opportuno."
"Ti riferisci all'omicidio colposo? Ma in quel caso non � stato un calcolo,
piuttosto l'ha fatto per vendetta. O per proteggere la sua ragazza, se vogliamo
essere ben disposti."
"S�, ma dimostra anche che non sa trattenersi. Secondo Arild Rasmussen, Kvanne era
ubriaco e turbolento quando l'ha cacciato fuori dal pub, e a mio parere aveva anche
probabilmente fumato un bel po'. Cos� � entrato in casa di Susanne Smeed, o per
rubare oggetti di valore, oppure solo per dormire."
"Avrebbe dovuto accorgersi che c'era qualcuno. La macchina era in cortile."
Dineke si stringe nelle spalle. "Non � strano che avvengano dei furti quando i
proprietari sono presenti. Abbiamo diversi casi di persone che si svegliano perch�
il ladro � in soggiorno."
"S�, ma di solito sono in pi� di uno."
"Forse Kvanne non ha compiuto delle scelte razionali. E non dimenticarti che almeno
un paio di volte ha dato fuoco agli alloggi in cui si era intrufolato."
"Non credi che avrebbe preso l'argenteria, allora?"
"Forse � stato interrotto, o semplicemente non ha guardato in quel cassetto. No,
non � certo una casualit� che il buon Kvanne si trovasse a Langevik proprio quella
mattina. L'unico problema � la macchina."
Karen annuisce. Nella Toyota � stato individuato solo il dna di Susanne e sono
state identificate solo le sue impronte. Un'altra serie, che corrisponde a quelle
trovate in casa, � stata rinvenuta sulla maniglia dal lato del passeggero, ma non
si sa a chi appartiene. La cattiva notizia � che non si tratta delle impronte di
Kvanne.
"Lui sostiene di aver fatto l'autostop. Magari � vero" propone Karen senza
convinzione.
Sta pensando alle strade la mattina dopo l'Oistra: se anche fosse passata qualche
auto, Linus avrebbe dovuto avere una gran fortuna perch� qualcuno si fermasse e lo
facesse salire.
Dineke sfoglia velocemente le carte e poi legge ad alta voce: ""Ho aspettato circa
mezz'ora, ma poi si � fermato un tizio. Una Volvo, credo. Nera, o forse blu
scuro"".
"Ma che fortuna!" esclama Karen. "Dopo solo mezz'ora. E ovviamente una Volvo, ti
pareva?"
Ancora una volta la procuratrice scuote la testa. "Anch'io qui sono dubbiosa. La
cosa pi� probabile in assoluto � che abbia preso la macchina di Susanne" ipotizza.
"Sar� stato attento a non lasciare impronte."
Karen la guarda, ma non dice niente sul fatto che Linus Kvanne non le sembra cos�
furbo da non lasciare nessun indizio per la Scientifica.
"La bici che sostiene di aver usato per venire qui l'abbiamo trovata. L'ha rubata
in una delle propriet� a sud di Grunder dopo aver sfasciato la moto. E secondo il
medico ha una frattura alla clavicola destra e un po' di graffi sull'anca, e questo
conferma quella parte del suo racconto."
La procuratrice sbuffa.
"Povero piccolo. Ferito e con lo zaino pieno di refurtiva, ha dovuto prendere le
vie secondarie per venire a Langevik senza farsi trovare dalla polizia dopo il
furto. � davvero un'immagine toccante."
Karen sorride suo malgrado.
"Quando leggerai tutto il rapporto vedrai che abbiamo avuto conferma delle
telefonate che dichiara di aver fatto. J�rgen B�ckstr�m, il vecchio tossico, sai
anche tu chi �, ha detto di aver trovato quattro chiamate senza risposta quando si
� svegliato il pomeriggio dopo la Festa dell'ostrica. Una da sua madre e tre da
Linus Kvanne, sulla segreteria. Non c'� niente di strano se pensiamo che Beckis non
sar� stato molto in s� a quell'ora. Figuriamoci se era nelle condizioni di guidare
per andare a prendere il suo compare."
"E allora Kvanne � entrato in casa, ha ucciso Susanne Smeed e se n'� andato con la
sua macchina. Dobbiamo solo cercare di spiegare come mai non ha lasciato nessuna
traccia nell'auto. So che i ragazzi sono precisi, ma non � che potrebbero
ispezionarla nuovamente?"
"Purtroppo no. L'hanno restituita. Ma Larsen non l'avrebbe mai fatto se non fosse
stato pi� che sicuro. Se Kvanne l'ha guidata doveva avere sia i guanti sia una
cuffia sui capelli. Oppure una fortuna sfacciata."
Karen si alza. Non rivela ci� che crede veramente: che Kvanne forse non � entrato
per niente in casa di Susanne, che si trovava da quelle parti per caso, proprio
come sostiene lui. Che Linus questa volta � stato solo sfortunato. E non parla
nemmeno di quel pensiero che le rode dentro: che l'assassino di Susanne � ancora a
piede libero l� fuori. Se almeno avesse un nome, o una teoria, o un movente, ma �
solo una sua vaga sensazione... No, questa volta terr� il becco chiuso.
"Be', pi� di cos� non posso fare. Adesso lascio l'onore di subentrare ai tuoi.
Avrai il rapporto per intero prima che me ne vada stasera. Pensavo finalmente di
partire per le vacanze. Haugen e Smeed sono molto contenti della cosa" aggiunge con
una smorfia.
Anche Dineke si � alzata e le tende la mano con un sorriso. "S�, ho saputo che non
ci sarai per un po'. E ti ringrazio. Mi occupo del resto con Jounas, se salta fuori
qualcosa mentre non ci sei. Dove vai, a proposito?"
"Francia nordorientale. Possiedo una quota in un vigneto e spero di arrivare in
tempo per la vendemmia."
"In Alsazia per caso?"
"S�, in effetti. Possiamo scommettere una cassa di vino."
"Va bene. Su cosa?"
"Se le tue accuse contro Kvanne reggono, ti regalo una cassa di bianco."
"E se non reggono?"
"In quel caso ho ragione io. E mi basta quello."

74.

"Quindi abbandoni la nave, adesso che non puoi pi� giocare a fare il capitano, eh?"
Karen non si volta e continua a guardare il caff� che cola nella tazza sciacquata
alla meno peggio sotto il rubinetto. Lentamente si gira e soffia sulla bevanda
prima di portarla alle labbra. Appoggia il sedere al lavello e osserva Evald
Johannisen che si � piazzato sulla porta del cucinotto.
Non tradisce minimamente il fatto di aver dimenticato lo zucchero e il ribrezzo che
le provoca il gusto amaro.
"Anche a me fa piacere rivederti, Evald. Ho saputo che eri tornato. Ne vuoi un
po'?"
Lui fa una smorfia di disgusto. "Quella roba da froci? Grazie, ma preferisco il
buon vecchio caff� da sbirri."
"Come mai non sono sorpresa? Ma dovresti davvero provare. Questa � roba buona."
Solleva il braccio e accarezza con la mano l'acciaio spazzolato. Poi fa roteare con
l'indice lo schiumatore e sorride al collega.
Lui la osserva scuotendo la testa. "Eh gi�, pare che saranno i contribuenti a
pagare questo lusso" commenta in tono aspro. "Ma del resto � solo una delle cose
che Jounas dovr� sistemare dopo che te ne vai."
"Ah s�? Che pettegolezzi interessanti hai sentito?" replica calma.
Evald fa un paio di passi nella stanzetta, apre il frigo e prende una Coca-Cola
dalla tasca sullo sportello. Poi solleva la linguetta della lattina, la alza come
per brindare e ne beve un paio di sorsate.
"A quanto pare senti la mancanza della caffeina" pensa Karen tirando su la tazza in
risposta.
"Forse dovresti stare attento, quella roba � forte" gli consiglia con voce soave,
facendo un cenno verso la Coca. "Non fa molto bene al cuore."
"Vai a cagare."
"A cagare non credo, per� vado in Francia. Parto sabato sera. Andr� in una tenuta a
bere vino mentre voi starete qui a sgobbare, con questo vento battente."
Johannisen beve un altro sorso e si passa il dorso della mano sulla bocca. "Eh gi�,
alla fine hai dovuto mollare. Non ti hanno lasciato sprecare altro tempo e risorse
per qualcosa che avresti dovuto risolvere in meno di una settimana. Chiss� come ti
brucia."
Prende una sedia e si siede. Poi si appoggia allo schienale e allunga le gambe
incrociandole, mentre porta di nuovo la Coca-Cola alle labbra.
"Sei corsa in giro a fare domande su cose successe cinquant'anni fa invece di
osservare quello che avevi davanti agli occhi" dice, poi beve ancora e rutta a
bocca aperta.
Lei trattiene una smorfia, piega la testa di lato e sorride. "Oh, ma guarda. Quindi
tu e Smeed vi siete trovati al circolo del cucito. E cosa ti ha raccontato, oltre a
questo?"
"Vuoi dire oltre al fatto che hai dilapidato un sacco di tempo a sfogliare album di
foto, correre in giro nei pub e parlare con vecchi hippy? No, l'ho scoperto da
solo. Jounas mi ha chiesto di dare un occhio ai tuoi appunti e non � stata una
lettura esaltante."
"E per� li hai letti tutti. Commovente."
"Be', � stato necessario, visto che ti subentrer� nei rapporti con l'ufficio del
procuratore, ora che hai deciso di andartene con la coda tra le gambe."
"Ma bravo, quindi hai spulciato anche l'interrogatorio di Linus Kvanne. Sono sicura
che baster� a convincerti. Proprio come Vegen, Haugen e Smeed. Mi fa piacere che
siate tutti d'accordo."
"Che cazzo vuoi dire?"
"Esattamente questo: che avete tutto quello che secondo voi vi serve. Prego!"
"Quindi tu non sei ancora convinta che Kvanne sia colpevole?"
Evald sbuffa e si pulisce un po' di schiuma dal mento. Karen lo studia senza
rispondere mentre aspetta che prosegua.
"Guarda, ho esaminato ogni cazzo di dettaglio di quello che hai trovato parlando
con disertori mummificati o spettegolando al pub. Hippy, levatrici danesi e bambini
abbandonati: roba completamente senza senso! E poi ho letto l'interrogatorio di
Kvanne: non c'� il minimo dubbio sulle conclusioni da tirare. Se tu non te ne rendi
conto non capisco proprio cosa ci stai a fare in polizia."
Karen va al lavello, lava la tazza e la mette sullo scolapiatti. Poi si volta.
"Sai, Evald. Me lo chiedo anch'io."
L'ultima cosa che sente mentre scavalca le sue gambe distese per uscire � un'altra
ondata di acido carbonico che fuoriesce dall'esofago di Johannisen.

75.

Il telefono vibra nell'istante stesso in cui Karen toglie le chiavi


dall'accensione, ma l'euforia che solo qualche giorno fa l'avrebbe pervasa alla
vista del nome di Anne Crosby sullo schermo � sparita. Per qualche istante
considera di non rispondere nemmeno.
La chiacchierata con Brandon e Janet ha gi� risposto ai suoi interrogativi. Quello
che � successo a Langevik quasi cinquant'anni fa � stata una tragedia. Ora non ci
sono pi� dubbi sul fatto che Anne Crosby � la neonata portata in Svezia da Tomas e
Ingela. Con l'aiuto di Cornelis - che le ha assicurato che Jounas non lo verr� a
sapere - ha ricevuto conferma che Happy � stata ribattezzata Anne ed � cresciuta a
Malm� con Tomas Ekman, probabilmente ritenendolo il suo padre biologico. Alla fine
degli anni Ottanta, la ragazza si era trasferita negli USA per studiare marketing e
poi si era sposata con Gregory Crosby, dal quale aveva divorziato da sei anni. La
coppia non ha figli e Anne Crosby � registrata come single a un indirizzo di Los
Angeles.
Che le sorelle gemelle siano venute a sapere della reciproca esistenza solo qualche
mese prima della morte di Susanne � una tragica coincidenza, che per� spiega le
telefonate che la vittima ha scambiato sia con Disa Brinckmann, sia con Anne.
Soprattutto, la probabilit� che sia stata Anne a uccidere Susanne � decisamente pi�
scarsa rispetto alla probabilit� che sia stato Kvanne. Una donna di quasi
cinquant'anni che, secondo le informazioni di Cornelis, � molto benestante, non ha
di certo alcun interesse a uccidere la sorella appena ritrovata in un paesino
sperduto sull'isola doggerlandese di Heim�. Alla fine anche Karen l'ha dovuto
accettare.
Il telefono squilla per la terza volta e Karen si rende conto che deve rispondere.
Dopo il messaggio urgente che le ha lasciato sarebbe davvero maleducata a non
parlare con Anne. Schiaccia l'icona verde.
"S�, Karen Eiken Hornby."
"Mi chiamo Anne Crosby. Mi ha cercata?"
La voce � gentile ma sembra affannata, quasi senza fiato, come se la donna volesse
sbrigare la faccenda il pi� in fretta possibile. "Meglio per me" pensa Karen.
"S�, � per via di una persona morta qui, a Heim�." Karen si interrompe e rimane in
silenzio qualche secondo. Anne Crosby sapr� che sua sorella � morta? L'avr� capito,
parlando con Mette?
"Si tratta di Susanne Smeed" dice cauta. "Non so se � al corrente..."
"S�, lo so che Susanne � morta. � terribile."
Anne Crosby parla in tono brusco e all'orecchio di Karen il suo svedese � quasi
perfetto, nonostante gli anni negli Stati Uniti.
"Il fatto � che abbiamo esaminato l'elenco delle telefonate di Susanne ed � saltato
fuori il suo numero, insieme a quello di Disa Brinckmann. Tra l'altro, � stata la
figlia della signora Brinckmann a darmi il suo nome e cos� sono risalita al suo
cellulare. Altrimenti non avremmo saputo che era lei, visto che si tratta di una
SIM prepagata."
"S�, uso sempre quelle quando sono all'estero."
"Immagino sia pi� sicuro, se no diventa molto costoso."
Dall'altra parte si sente un rumore come di lavori in corso, ma Anne Crosby non
parla.
"Comunque," prosegue Karen "in realt�, ho gi� ricevuto risposta alle mie domande. E
poi le indagini sull'omicidio sono concluse, in linea di massima. Abbiamo arrestato
una persona che ha un movente plausibile..."
"In linea di massima? Non lo sapete con certezza?"
"S�, come diciamo noi il caso � risolto. Ma occorre anche che le accuse reggano."
Si sente gracchiare e un attimo dopo si fa silenzio.
Per un momento Karen ritiene che la donna abbia messo gi�.
"Be', meno male" replica Anne un secondo dopo.
"Io andr� in vacanza per qualche settimana, ma se vuole posso chiedere a chi
conduce le indagini di tenerla informata sugli sviluppi. Se mi d� i suoi contatti
posso girarli alla procura."
"Possono chiamare a questo numero."
"Quindi si fermer� in Svezia per un po'?"
Questa volta lo stridio dall'altra parte � talmente forte che Karen allontana
d'istinto il telefono dall'orecchio.
"Scusi" dice Anne. "Sono in una brutta posizione."
"Prima di partire, naturalmente, cercher� di parlare anche con Disa" la informa
Karen. "Ma non � facile, come sa. Sua figlia mi ha comunicato che finalmente � in
viaggio verso casa. A proposito, lei � riuscita a parlarle? Mette mi ha riferito
che anche lei l'ha cercata."
"Cosa? No. Non ancora, intendo."
"Be', prover� a telefonarle prima di andare. Altrimenti, potrei anche passare da
Malm� al mio ritorno. Dicono che � una bella citt� e ora, con il ponte, non � pi�
una grande deviazione."
"Sto parlando a vanvera" pensa. "A questa donna non interessano i miei piani per le
vacanze e le chiacchiere non possono certo cambiare il fatto che sua sorella �
morta".
Ancora qualche secondo di silenzio e Karen � sul punto di riagganciare.
"Va in Danimarca per le vacanze?"
"In Francia. Sabato prendo il traghetto serale per Esbjerg e poi continuo in
macchina."
"Allora le auguro buon viaggio."
"Grazie. E... mi spiace davvero molto per ci� che � successo a sua sorella."

76.

"Non ti accorgerai nemmeno che ci sono, te lo prometto."


"E come potrei? Saresti seduta vicino a me in macchina, no? O pensi di stare nel
bagagliaio?"
Nello sguardo di Sigrid si accende un lampo di speranza.
"Allora sei d'accordo? Posso venire anch'io?"
Karen sospira. Dopo due giorni di tiritera sta iniziando a cedere. La campagna di
convincimento � iniziata nel momento in cui ha comunicato a Sigrid che sarebbe
finalmente andata in vacanza in Alsazia, dai suoi amici, con l'auto. La ragazza le
ha detto che pagher� met� della benzina, che parteciper� alla vendemmia e che ha
sempre sognato di poter visitare la Francia: tutto ci� con voce implorante da
angioletto.
Non avendo ottenuto risultati, allora ha cambiato strategia. Le ha confessato di
aver proprio bisogno di "un break" da "questo cazzo di paese", dopo tutto quello
che � successo, e ha aggiunto che al club (che � un "posto di merda") continua a
incontrare Sam, e lei non vuole pi� vederlo, perci� stava pensando di licenziarsi e
ricominciare a studiare, dopo Capodanno (ma non per le prediche di suo padre,
perch� quel "bastardo ipocrita" pu� andarsene affanculo).
E poi Karen non si accorger� nemmeno di lei.
"Jounas si infurierebbe se sapesse che io e sua figlia andiamo in vacanza insieme"
pensa Karen. "Okay" le dice.
Dopo aver parlato con Kore, Eirik e Marike, per�, si � resa conto di avere un
problema: nessuno di loro pu� stare a casa sua per tre settimane a occuparsi di
Rufus. E lei non si fida a portare il gatto da Marike: quando � saltato fuori dal
nulla un anno fa, quel randagio smagrito portava i segni di un lungo vagabondaggio
pieno di strapazzi. Probabilmente tenterebbe di scappare per tornare a casa e
verrebbe mangiato dalle volpi o investito.
Potrebbe sempre chiedere a uno dei vicini di sfamarlo, ma vedendo quanto lui cerca
la sua compagnia - e ora anche quella di Sigrid - le sembra crudele abbandonarlo da
solo in casa per diverse settimane. Perch� cavolo l'aveva fatto entrare, senza
pensare che le avrebbe reso difficile viaggiare?
La soluzione proposta da Kore non le � sembrata molto allettante all'inizio. Eppure
adesso � in macchina, ferma tra due moli nel porto di Nyhamnen, dopo aver passato
venti minuti guidando a passo d'uomo intorno agli edifici bui, guardando in ogni
angolo. Appena decide di arrendersi e rientrare, Leo Friis appare all'improvviso di
fronte al cono di luce dei fanali. � l�, in mezzo a quella via che lei ha gi�
percorso due volte. Quando lo vede prova sollievo e al contempo un impulso
istintivo ad andarsene fintanto che pu�. Poi pensa che il traghetto per Esbjerg
parte tra meno di ventiquattr'ore. Dopodomani sar� con Philippe, Agn�s e gli altri,
a bere un bicchiere di vino dell'anno scorso guardando il panorama dei vigneti.
Lascia il motore acceso, apre la portiera e scende.
"Okay, e dov'� la fregatura?" domanda Leo dopo aver ascoltato la sua proposta. "Non
lo chiederesti a me se non ci fosse una fregatura dietro. Non ci conosciamo
nemmeno."
La guarda scettico e prende un'altra sigaretta senza ringraziare.
"Kore garantisce per te. E non sei certo tu a correre dei rischi. Devi soltanto
badare alla mia casa mentre sono in Francia. Ho bisogno di qualcuno che la sorvegli
e che stia attento a non far entrare nessuno, insomma che tenga d'occhio baracca e
burattini."
"Baracca e burattini...?"
"E il mio gatto. Bisogna dargli cibo, acqua e... be', accarezzarlo."
"Ah! Quindi la fregatura � il gatto. Cos'ha che non va?"
Karen sente che sta per perdere la pazienza. Kore le ha suggerito di chiedere a
Leo, ma fin dall'inizio le � sembrata una soluzione disperata. Un vagabondo, sporco
e probabilmente con un elenco di problemi lungo come la lista della spesa.
"In fondo � una brava persona" le ha detto l'amico. "Ha avuto un sacco di problemi
quando la band � andata in malora: droghe, debiti e roba cos�, ma lui � a posto. E
poi posso passare a controllare io ogni tanto, se vuoi. Dopo quella sera al Repet
siamo rimasti in contatto. Be', c'eri anche tu, perci� possiamo dire che anche tu
lo conosci."
"Dopo due birre? E, tra l'altro, come fate a sentirvi? Non credo che abbia un
cellulare."
"No, ma l'ho lasciato dormire nello studio quella notte, e anche un paio di altre
volte. E poi l'ho invitato a cena."
"A casa? Ed Eirik era d'accordo?"
"Ha fatto un po' di storie, ma alla fine ha acconsentito. A parte che sembrava
sulle spine quando Leo si � seduto sul divano bianco che abbiamo comprato questa
primavera."
"Be', riesco a immaginarlo" ha replicato Karen. "Okay, sai dove posso trovarlo? �
ancora nello studio o sotto qualche molo a Nyhamnen?"
"La seconda, mi sa. Abbiamo un sacco di lavoro allo studio, c'� gente a tutte le
ore, perci� deve stare alla larga per un po'. I ragazzi non sarebbero contenti se
sapessero che gli ho dato le chiavi. Solo l'attrezzatura vale milioni."
"No, � sicuramente meglio che rubi il poco che ho io..."
"Ma piantala. Leo non � un ladro. E poi, che alternative hai?"
Ora osserva l'uomo che ha di fronte con un misto di fascinazione e disgusto. Il
soprabito deve essere stato bello, una volta, forse � addirittura suo, e gli
stivaletti hanno un'aria sospettosamente nuova. Ma i fanali svelano che il maglione
rosso che si intravede � pieno di macchie di cui lei non vuole conoscere l'origine,
e i polsini che spuntano sono marroni di sporco incrostato. La maglia si �
allentata lungo una manica e lui ci ha infilato una spilla da balia nel maldestro
tentativo di evitare che si disfi. La coperta che Leo aveva sulle spalle la prima
volta che si sono incontrati fortunatamente non c'� pi�, ma il berretto e i
calzettoni che spuntano dagli stivaletti sembrano pieni di parassiti.
"Lui stesso ne sar� pieno" pensa scoraggiata. "Dovrebbe essermi grato. Dovrebbe
cogliere al volo l'occasione di avere vitto e alloggio per tre settimane, al posto
di fare un sacco di domande. Invece mi tocca star qui come un venditore di
aspirapolveri, a cercare di convincerlo. Chi cazzo crede di essere?"
Allo stesso tempo, Karen si rende conto che � lei ad aver bisogno di Leo, e non il
contrario.
"Il gatto non ha niente che non va. Ha solo bisogno di un sacco di attenzioni."
"Sei sicura che non sia una femmina, allora?"
Leo si gratta le sopracciglia e il berretto gli si solleva sulla fronte.
"Oh, un vagabondo con il senso dell'umorismo" sibila Karen. "Hai le pulci? Quel
berretto si muove da solo."
"E come cazzo faccio a saperlo? Hai una vasca da bagno?"
"Ovvio."
"Okay."
"Okay cosa?"
"Okay, star� a casa tua, curer� il gatto e star� attento che nessuno entri, mentre
tu vai in Costa del Sol a bere sangria."
"In una tenuta vinicola in Francia. Ne possiedo anche una quota."
"Eh be', congratulazioni."
Leo si schiarisce la gola e forma una pallina di catarro. Karen guarda disgustata
mentre volta la testa e la sputa oltre il bordo del molo.
"A una condizione, per�. Non ti porterai a casa nessun tipo strano, e niente
droghe. Nemmeno l'erba. Bevi, se vuoi, ma nient'altro."
"Lo sapevo. C'� sempre una fregatura..."
"Sono una poliziotta e non posso rischiare che tu faccia qualche cazzata da me.
Dico sul serio. Puoi farcela?"
"Senti, sono quasi due anni che resisto bevendo solo birra e vino rosso annacquato.
A proposito, hai qualcosa in casa?"
"Niente di tuo gradimento, credo. Solo vino decente e whisky di qualit�. E un
congelatore pieno di cibo, e un televisore e una stanza con lenzuola pulite"
aggiunge per smussare il suo tono sprezzante.
"E dov'� questo paradiso?"
"A Langevik, a nord-est della citt�."
"S�, la conosco. Ma come faccio ad arrivarci? Non ho la macchina, come forse avrai
intuito."
Karen rimane in silenzio per qualche secondo e fa i conti a mente. Tra ventitr� ore
il traghetto partir�. Domani non avr� certo tempo di tornare qui a cercarlo, e non
ritiene che sappia raggiungere Langevik da solo, nemmeno se gli lascia i soldi per
un taxi.
"Ci andiamo con questa. Subito, se non hai nient'altro da fare."

77.

Il rumore al piano di sopra � cessato. Dopo un'ora, lo scroscio dei rubinetti


alternato al gorgoglio dello scarico che lasciava uscire l'acqua sporca per far
posto a quella pulita, ha finalmente smesso.
"Credi che stia dormendo?" chiede Sigrid girando distrattamente il cucchiaino nella
tazza di t� mentre con l'altra mano fa scorrere lo schermo del telefono. "E se
fosse annegato nella vasca? Ogni tanto si sentono queste notizie" continua,
distogliendo per un attimo lo sguardo dal cellulare. "Forse � meglio se andiamo a
controllare."
"Credo che Leo sappia badare a se stesso" taglia corto Karen, spingendo via Rufus
che � salito su una sedia e ha appoggiato le zampe sul tavolo. "Se hai finito,
metto via il formaggio."
Si alza per sparecchiare. Il tavolo � pieno di briciole di pane alle noci, di cui �
avanzato solo un minuscolo boccone. "Deve averne sbranate almeno otto fette" pensa,
aprendo il congelatore per prenderne dell'altro. Se continua cos� non mi rimarr�
pi� niente da mangiare quando torno a casa.
"Mi sa che sotto quella barba � davvero bello. O comunque, nelle foto vecchie su
internet sembra proprio cos�. Guarda!"
Karen si volta e Sigrid alza il telefono entusiasta. Senza guardarlo, scuote la
testa con diffidenza. "Avr� vent'anni pi� di te" dice in tono di disapprovazione.
La ragazza sospira e si alza. "Ma cosa dici? Credi che mi interessino i vecchi? Era
a te che pensavo."
"Grazie. Ma quel vecchio avr� dieci anni meno di me."
"Otto, a dir la verit�. Ho controllato."
Karen ignora l'assist. "Hai fatto la valigia?" le chiede.
"Tra poco. Calmati, perch� sei cos� tesa?"
Vorrebbe dirle: "Perch� invece di essere tranquilla e beata, da sola, per qualche
strana ragione ho una ragazza piena di piercing e con le braccia tatuate seduta in
cucina e un vagabondo nella vasca da bagno al piano di sopra". Invece a voce alta
risponde: "Potresti prendere delle lenzuola pulite e portarle nella casetta? E
accendi anche il calorifero, se � spento, mi sono dimenticata di controllare".
"Ah, quindi adesso mi mandi via? Vuoi rimanere a tu per tu con il barbuto." Sigrid
fa un ampio sorriso e inarca un sopracciglio, e per un attimo Karen intravede la
somiglianza con suo padre.
"Non fare la stupida" sbuffa. "Leo dormir� l�, stanotte. Quando non ci siamo pu�
anche stare qui, se gli va. Ma lo voglio tenere in quarantena finch� non siamo
sicuri che non ha la rabbia."
Dal piano di sopra si sente ancora un gorgoglio, ma questa volta i rubinetti
dell'acqua calda non si riaprono. Avvertono dei passi in bagno, una porta che si
apre e poi i gradini che cigolano. Un attimo dopo Leo appare sulla porta della
cucina con solo un asciugamano avvolto intorno ai fianchi. Karen distoglie lo
sguardo. Sigrid no.
"Ti sei rasato con il frullatore?" gli chiede.
"No, con le forbicine per le unghie. Hai qualche vestito da prestarmi? I miei
devono essere lavati."
"Disinfettati, piuttosto" pensa Karen. "O bruciati".
"Sigrid, potresti fargli vedere dov'� la lavatrice? E poi cercate qualcosa nel
guardaroba. Devo fare una telefonata."
Karl risponde al primo squillo.
"Ciao Eiken, che cos'hai in mente a questo giro?"
"In realt�, niente. Sono in modalit� vacanze. Domani prendo il traghetto e torno
fra tre settimane. E tu quand'� che sparisci in congedo di paternit�?"
"Non prima di dicembre, mi sa, perci� fai in tempo a tornare."
"Se torno" si dice lei. L'idea di avere a che fare con Jounas Smeed ed Evald
Johannisen ora � meno allettante che mai.
"Ieri ho parlato con Anne Crosby."
"Ah, ti ha chiamato alla fine. E cos'aveva da raccontarti?"
"Non molto. Mi � sembrata gi� di tono."
"E quella Disa Brinckmann, hai sentito anche lei?"
"Non ancora. Ma ormai dovrebbe essere a casa, perci� prover� a farle uno squillo.
Mi sembra strano lasciare tutto in sospeso. Voglio spiegarle perch� l'ho cercata,
anche se ormai non serve pi�."
"Credevo che fossi in ferie. In modalit� vacanze, non hai detto cos�?"
"S�, ma ho promesso ad Anne Crosby di tenerla aggiornata sulle accuse a Kvanne. In
fin dei conti si tratta di sua sorella, anche se la parentela non risulta da dati
ufficiali. Perci� in realt� volevo chiederti di chiamarmi se succede qualcosa."
Anche se � impossibile, percepisce chiaramente che Karl sta sorridendo all'altro
capo.
"Quindi non sei tu a voler sapere?"
Karen sospira rassegnata.
"Okay. � che mi sembra strano mollare cos� all'improvviso."
"Sai cosa dicono dei gatti curiosi..."
"Mi telefoni o no? Se confessa, voglio dire."
"Va bene. Ma vai in vacanza davvero, adesso."
"Te lo prometto. Non credo che penser� a voi mentre sar� immersa nei grappoli
d'uva."
E quando venti minuti dopo chiude lucchetto e cerniera della valigia, Karen si
sorprende a canticchiare una vecchia canzoncina per bambini, in dialetto.
Non ficcare il naso dappertutto
disse il vecchio che salv� il gatto.
La prossima volta salvati da solo
o affoga in mezzo al mare.

78.

"Ah, quindi � cos� che mi fa compagnia" pensa Karen guardando Sigrid che scompare
diretta al bar del ponte inferiore.
In coda, mentre le macchine aspettavano di salire a bordo, Sigrid ha adocchiato
alcuni suoi amici un po' pi� avanti. Dopo essersi assicurata che Karen non si
offendesse, l'ha lasciata da sola, � corsa all'altra auto, ha bussato sul
finestrino e quelli l'hanno fatta salire.
"Tanto ci vediamo a bordo tra poco" le ha detto. "Che numero di cabina abbiamo, a
proposito?"
Karen, a quel punto, le ha dato una delle tessere con la cifra 121 impressa nella
plastica bianca e le ha annunciato: "Io penso di andare a letto prima possibile.
Non svegliarmi quando torni dopo aver fatto baldoria. Ho bisogno di dormire per
riuscire a guidare fino a Strasburgo domani".
"Non ti accorgerai nemmeno che ci sono" le ha promesso Sigrid.
"Sembra proprio che mantenga la parola" osserva ora Karen, assalita da
un'inquietudine improvvisa. "La perder� di vista altre volte, durante il viaggio? E
se le succede qualcosa? O se decide di andarsene con uno dei ragazzi che girano per
le tenute a vendemmiare? Sono sempre bellissimi. Come farei a spiegare una cosa del
genere a Jounas? � vero che Sigrid � maggiorenne, ma lasciarla venire con me �
comunque una grossa responsabilit�".
E visto che si sta preoccupando, ne approfitta per immaginarsi anche casa sua con
Leo Friis circondato da bottiglie vuote e piste di cocaina, e Rufus che si struscia
invano contro le ciotole senza cibo. Ma che cazzo le � saltato in mente?
I suoi pensieri sono interrotti da un colpo di clacson. Le macchine davanti a lei
si stanno muovendo e una dopo l'altra spariscono sotto la celata sollevata della
M/S Skandia.
Mezz'ora dopo Karen � seduta su una poltrona di pelle al bar del ponte superiore e
constata delusa che non ci sono portacenere sui tavoli. Ma quel locale non �
l'unico posto dove � concesso fumare?
"Esistono spazi per fumatori, a bordo?" chiede al cameriere che le ha appena messo
sul tavolo un tovagliolino posandoci sopra un gin tonic.
"No, non pi�, ormai da cinque anni. Cio�, all'esterno � consentito" risponde lui
prendendo la sua carta di credito.
Karen guarda verso la finestra. La nave � partita puntuale e la luce � andata.
Alcune gocce di pioggia sul vetro nero come la pece placano il suo bisogno di
fumare. E poi ha percepito il familiare beccheggio che rivela che il Mare del Nord
� un po' agitato. Il cameriere ha seguito il suo sguardo e conferma i suoi pensieri
con un sorriso destinato a tranquillizzare i viaggiatori preoccupati.
"Non si allarmi" dice. "Si baller� un po', ma non c'� proprio niente di cui aver
paura. Non saremmo partiti se fosse stato pericoloso."
Karen gli lancia uno sguardo divertito. � probabile che la loro definizione di
"ballare un po'" diverga leggermente.
"C'� una tempesta, quindi" osserva in tono calmo.
"In Doggerland s�, dicono, ma dovremmo riuscire ad arrivare prima che raggiunga la
costa danese. Per�..." le suggerisce guardando il bicchiere davanti a lei. "Se teme
il mal di mare dovrebbe stare attenta con quello."
Karen sorride e scuote la testa. "No, grazie al cielo non ne ho mai sofferto. A
quanto ne so � davvero fastidioso."
Il cameriere prende il lettore, stampa lo scontrino e, quando lei gli fa cenno che
non lo vuole, lo accartoccia.
"Gi�. C'� gente che dichiara di voler morire quando sta veramente male. Ma come le
dicevo, credo che stanotte non sar� molto pericoloso" aggiunge congedandosi con un
sorriso.
Dal ponte inferiore, il suono distante di una canzone di Lady Gaga si insinua nel
bar quando le porte a vetri che danno sulla scala si aprono, e una coppia di
anziani entra. Non appena hanno oltrepassato la soglia, l'imbarcazione sbanda. La
donna fa un passo falso e sembra subito imbarazzata. Tenendo saldamente la
catenella dorata della sua borsetta, e con l'altro braccio infilato sotto quello
del marito, procede a zig-zag nel locale. Karen si gira e li segue con lo sguardo
finch� si siedono a un tavolino.
Il locale pi� grande sar� ormai pieno, ma qui i prezzi hanno fatto scappare tutti a
parte una ventina di persone. Il cameriere posa un Martini Dry e un bicchierino di
whisky di fronte a un'altra elegante coppia di mezza et�. Tre donne anziane si
dividono una bottiglia di vino bianco. Pi� in l�, Karen vede due uomini in giacca e
cravatta, ognuno con il suo balloon di cognac, e da sopra gli schienali di una
poltrona Chesterfield di color verde spuntano le spalle e la testa di una donna che
sta cercando qualcosa nella borsetta. Nonostante Karen non ne sappia granch� in
fatto di moda, quell'accessorio ha un'aria costosa. Nella mano della donna luccica
qualcosa: � uno specchietto e lei lo solleva davanti al viso. Dovr� sistemarsi il
rossetto.
"Be', non sembra che ci siano prede interessanti in questo bar" pensa Karen bevendo
un sorso di gin tonic. "Questo � il rifugio di chi ha scelto il traghetto al posto
del volo, ma non sopporta il rumore del locale pi� grande. Gente che ha paura
dell'aereo o che si porta dietro la macchina. Oppure gente come me che
semplicemente inizia a essere troppo vecchia".
Al piano di sotto ci sono quelli che considerano i traghetti da Dunker e Ravenby
come un obiettivo di per s� e non gliene frega niente se sono diretti a Esbjerg o a
Harwich in quel fine settimana particolare. Sono quelli attirati dai prezzi tax
free, dalle slot machine e dalla possibilit� di passare la notte con qualcuno. E i
giovani sono attirati dal fatto che nei bar sui traghetti non controllano l'et�.
� passato molto tempo, ma Karen si ricorda bene com'era. "Forse dovrei chiamare
Sigrid. Uno squillo solo per essere sicura che non soffra il mal di mare. O che non
sia ubriaca".
Lancia un'occhiata all'orologio da polso: solo le 23.36. "Se succede qualcosa, si
far� sentire. Sempre che non sia in qualche cabina, drogata e".
"Smettila" dice a se stessa.
Una delle donne di mezza et� gira la testa nella sua direzione e lei si rende conto
di aver parlato a voce alta. Lo fa spesso quando � da sola, ormai, l'ha notato. Il
fatto di avere Rufus in casa le fornisce un alibi, ma parlare a voce alta con se
stessa su un traghetto nel Mare del Nord d� un'impressione negativa a chi la
circonda.
"Dovrei proprio andare a letto" si convince. "E dormire qualche ora prima di
rimettermi al volante".
Finisce il cocktail e si alza. Sbanda di lato quando la nave si inclina e sorride
imbarazzata verso gli altri avventori. Nessuno sembra averla vista. La donna che
frugava nella borsetta si volta appena verso di lei, ma poi si gira subito
dall'altra parte.

79.

Evald Johannisen guarda sua moglie con aria interrogativa. Ha acceso la lampada sul
comodino ed � risprofondata con la testa sul cuscino con espressione rassegnata e
il telefono contro l'orecchio. Gli mima qualcosa e fa dei cenni con le dita per
fargli intendere quanto parla la persona all'altro capo.
Evald osserva la radiosveglia, con quelle sue cifre rosse che sembrano illuminate
solo per ricordargli sarcasticamente la giovent� passata: 22.47.
� sabato sera e non sono nemmeno le undici, ma lui e Ragna si erano gi�
addormentati.
"D'altra parte" pensa irritato "chi � che telefona cos� tardi?"
Un attimo dopo lo capisce dai movimenti delle labbra di Ragna: "Tuo cugino Hasse".
"Ma no, figurati, mica eravamo gi� a letto a quest'ora" mente lei, lanciando
un'occhiata al marito. "No, molto meglio. S�, � qui vicino a me, adesso te lo
passo. S�, s�, tutto bene. Salutami Eva. Gi�, dovremmo davvero. Certo, anche tu. Ti
passo Evald."
Guardando mogio la moglie, Evald prende il telefono e si tira su. Le chiamate con
il suo cugino svedese sono sempre interminabili e lo fanno sentire inferiore. Forse
perch� Hans ha la tendenza a menzionare di aver fatto pi� carriera di lui,
nonostante la concorrenza in Doggerland sia sicuramente minore. O forse � solo il
costante complesso d'inferiorit� di cui tutti i doggerlandesi soffrono nei
confronti della loro vicina a est, decisamente pi� grande.
Questa volta per� Hans Kollind, vicecapo della regione Sud, � stranamente conciso.
Dopo qualche frase sulle condizioni di salute di Evald, e dopo avergli fatto
promettere di prenderla con pi� calma d'ora in poi, arriva subito al punto.
"Dunque, abbiamo un caso un po' strano qui a Malm�. E mi chiedevo se potessi
aiutarci. Non volevo chiamare qualcun altro, a quest'ora."
"Gi�, ma puoi disturbare me" osserva Evald, sentendo per� che l'istintiva
irritazione sta lasciando il posto alla curiosit�.
"Dimmi pure" lo incita.
"Una donna anziana � stata trovata uccisa in casa sua, senza segni di furto o
violenza sessuale. Sembra che qualcuno si sia intrufolato nell'abitazione con
l'unico scopo di assassinarla, e poi se n'� andato. Secondo il medico legale �
successo l'altro ieri sera e non abbiamo ancora trovato n� un movente n� dei
testimoni."
"E io in che modo potrei darvi una mano?"
Johannisen � sinceramente sorpreso. � abituato al cugino che telefona per parlare
di se stesso e vantarsi del suo lavoro o dei figli, ma questa non se l'aspettava.
Sembra davvero che Hasse gli stia chiedendo aiuto.
"Il fatto � che la figlia, che ovviamente � sconvolta e disperata, ha detto che la
polizia doggerlandese l'ha chiamata per cercare di parlare con sua madre. La
signora, a quanto pare, � stata via per una specie di pellegrinaggio in Spagna e
qualcuno di voi l'ha cercata pi� di una volta, secondo la ragazza."
"Noi? E perch� avremmo..."
Ma proprio mentre pronuncia quelle parole Johannisen comprende chi � di loro che ha
telefonato e chi � la vittima. Per� pone lo stesso la domanda.
"Come si chiama?"
"La donna uccisa, intendi? Disa Brinckmann."

80.

Il neon nel corridoio est al terzo piano della stazione di polizia di Dunker
lampeggia prima di accendersi e diffondere la sua luce fredda sulle scrivanie
deserte. Evald Johannisen va diretto al suo posto e accende il computer. Poi si
dirige a passi pesanti nel cucinotto, prende una tazza dallo scolapiatti e
schiaccia il pulsante del doppio cappuccino. Guarda l'orologio e sospira.
Disa Brinckmann.
Non ha avuto bisogno di sentire quel nome da suo cugino per fare il collegamento.
In fin dei conti ha letto il rapporto di Karen due volte, nel dettaglio. Certo, il
suo intento era pi� che altro di trovare degli errori e un motivo per fare del
sarcasmo, ma ha assimilato abbastanza il contenuto, anche se gli sono sembrate
tutte pazzie. Ma poi Hasse ha detto qualcosa che l'ha convinto a spostare le
coperte e alzarsi.
In effetti, quante vecchie ci possono essere in pellegrinaggio in Spagna?
E che due persone coinvolte nella stessa indagine siano uccise non pu� certo essere
un caso, per quanto Johannisen l'abbia desiderato. Adesso sar� costretto a chiamare
Eiken. Cazzo!
La moglie non ha protestato quando il marito, che solo un'ora fa era troppo stanco
per fare l'amore per la prima volta da quando � collassato al lavoro,
all'improvviso e senza dare spiegazioni si � alzato, vestito ed � uscito. Invece di
fare domande o lamentarsi, ha spento la luce con calma, si � girata e si �
riaddormentata. Ragna Johannisen � sposata con Evald da quasi quarant'anni. Lo sa
che � meglio non pensarci proprio.
Ora Evald � seduto alla scrivania, appoggiato allo schienale della sedia con gli
occhi chiusi. Ha dato una scorsa al rapporto, per la terza volta, trovando quello
che cercava. No, non pu� essere una coincidenza, questo � certo. Come stiano le
cose esattamente non ne ha idea, ma � convinto che ci sia un nesso. Nonostante gli
acciacchi dell'et�, l'angiospasmo e a quanto pare anche l'impotenza, come
poliziotto ci sa ancora fare abbastanza da capire quando le cose sono collegate.
Non � un caso che la donna assassinata sia proprio quella che Karen cercava. Gli d�
fastidio ammetterlo, ma sembra proprio che la collega fosse sulla pista giusta. La
domanda �: quale pista? "No," si corregge "la prima domanda da porsi �: dove cazzo
si trova quella benedetta figliola, che non risponde al telefono?"
Compone di nuovo il numero, e trova ancora la segreteria telefonica. Allora Evald
rimette la cornetta al suo posto con tale violenza che per un attimo ha paura di
aver rotto il telefono. "Va bene che � in vacanza, per� dovrebbe essere
raggiungibile. Avr� pure un po' di senso del dovere, anche se � donna?"
Solleva la cornetta e constata che l'apparecchio funziona, perci� fa un respiro
profondo e chiama Karl Bj�rken.
"Cazzo" pensa ascoltando gli squilli. "Se Eiken ha ragione me lo rinfaccer� fino
alla pensione".
"Ciao Evald" risponde Karl come al solito.
"Tra quanto puoi essere in ufficio?"
"Grazie, s�, � una bella serata" replica Karl acido. "I bambini sono a letto e..."
"Sul serio. Quanto ci metti ad arrivare in stazione?"
Una breve pausa.
"Dammi mezz'ora."
"Okay, e un'altra cosa: sai se Eiken � riuscita a partire? Ha detto qualcosa della
Francia, mi pare."
"Karen? Perch� vuoi...?"
"Cazzi miei. Lo sai o no?"
"S�, mi pare che dovesse prendere il traghetto delle dieci e mezzo per Esbjerg
stasera e poi proseguire in macchina. Ma cos'� successo esattamente?"
Evald per� non sente le ultime parole, ha gi� messo gi�. Fissa con sguardo vuoto lo
schermo mentre il cervello lavora a pieno ritmo. Rimane immobile in quella
posizione per quattro minuti esatti. Poi si piega in avanti di scatto e scrive
doggerlines.com nel browser. Dopo aver battuto sui tasti per un po', trova
l'informazione che cercava e prende il telefono.
"In realt� forse basta chiamare Eiken domani" dice a se stesso ascoltando gli
squilli. Non c'� molto da fare in questo momento per comprendere quale sia il
collegamento tra l'uccisione di Disa Brinckmann e quella di Susanne Smeed. Sarebbe
ancor meglio se lui riuscisse a risolvere il caso senza l'aiuto di Karen. Chiss�
come si incazzerebbe.
Tuttavia un'altra sensazione spiacevole lo assale, inspiegabile. La sente nel
profondo, mentre con irritazione crescente ascolta una voce registrata che gli
spiega che � in coda, ma presto sar� il suo turno. Ci sar� pure un altro cazzo di
sistema per parlare con la societ� di navigazione, oltre al servizio clienti. Il
problema � che lui non sa chi interpellare nel bel mezzo della notte, quando i
responsabili non sono in servizio. D'altro canto non c'� bisogno di un pezzo grosso
per trovare i dati che gli servono. Anzi, � una cosa da niente, e forse potrebbe
pure aspettare domani mattina.
Se non fosse tormentato dall'idea che bisogna fare in fretta.

81.

Cinque minuti pi� tardi Karen ha sorpassato un corridoio di slot machine


tintinnanti e si ritrova immersa nella musica ad alto volume, fra le risate di
persone che si urlano addosso per riuscire a sentirsi, contribuendo ad aumentare il
rumore. I bassi le rimbombano in petto mentre percorre il locale strapieno il pi�
in fretta possibile.
"Non sto facendo una deviazione, in realt�" ha pensato. "Faccio solo un giro per
vedere se � da qualche parte. Per accertarmi che sia tutto a posto". Ora per� si
rende conto che la sua missione � destinata al fallimento: a parte la folla e il
rumore, la societ� di navigazione ha avuto anche la bella idea di installare luci
radenti nel bar e una specie di stroboscopio sulla pista che le fa venire la
tachicardia. � proprio impossibile trovare qualcuno qui. Una spinta la fa finire
addosso a un ragazzo che impreca quando la sua birra si rovescia.
"Cazzo, stai attenta" ruggisce.
"Scusa, mi hanno spintonato" si giustifica, ma lui si � gi� voltato e ora grida
nell'orecchio di una ragazza con il viso illuminato dal cellulare su cui sta
digitando. Senza degnare il giovane di attenzione, emette un gridolino improvviso e
fa vedere il telefono alla sua amica l� accanto.
"Porca puttana, ma � fuori, guarda!"
"No, davvero, cio�... Dovrebbe proprio..."
Karen non sente il resto, procede sgomitando nel locale a forma di ferro di cavallo
e quando arriva dall'altra parte geme di sollievo.
La donna elegante con la borsa costosa a quanto pare si � stufata della
tranquillit� del bar ed � a una delle slot machine pi� avanti.
"Be'," pensa Karen "non mi sembri una che ha bisogno di rimpolpare il portafogli".
Ma si sa che i clienti abituali di queste navi sono persone affette da dipendenza
dal gioco a diversi stadi.
In realt�, quella signora non pare essere una giocatrice accanita: non ha messo
nemmeno una moneta nella slot machine, sembra semplicemente che studi le file
immobili di ciliegie, campane e sette. I pantaloni neri e la giacca denotano
ricchezza e buon gusto. Non sono certo il genere di Karen, ma quella donna ci tiene
decisamente al suo aspetto, e i suoi capelli non fanno che rafforzare questa idea.
Il taglio di Karen non richiede frequenti visite dal parrucchiere e lei si tinge da
sola le ciocche grigie. Eppure, o forse proprio per questo, nota chiaramente che n�
il caschetto ordinato n� il color miele della donna sono il risultato di una
colorazione fatta in casa. Karen si sente un po' a disagio osservando la sua
schiena. C'� qualcosa di triste, quasi angosciante, in quella figura solitaria che
fissa immobile una macchinetta mangiasoldi.
"Ho bisogno di fumare dopo quell'incubo" pensa Karen lanciando un'occhiata alla
luce stroboscopica sulla pista. "Un tiro e poi vado a letto".
Infila la mano nella borsa cercando le sigarette e, non trovandole, si accovaccia
con la schiena appoggiata al muro. Quando apre meglio e vede la luce fredda dello
schermo del cellulare, il suo cuore accelera. Qualcuno l'ha cercata.
Ma non � stata Sigrid a chiamare. Karen guarda incredula i nomi davanti a lei. Ci
sono tre telefonate perse da un numero che conosce fin troppo bene, il centralino
della polizia. E una da sua madre.

82.

"Buonasera e benvenuto alla Dogger Lines, sta parlando con Pie, come posso esserle
utile?"
"Perch� al giorno d'oggi devono rispondere con un motivetto?" pensa Evald
tambureggiando con le dita sulla scrivania.
"Sono l'ispettore Evald Johannisen della divisione crimini della polizia
doggerlandese. Ho bisogno di alcune informazioni sulla partenza delle 22.30 da
Dunker a Esbjerg."
"Ah, e di che giorno si tratta?"
"Oggi. Adesso."
Un attimo di silenzio.
"Intende dire il traghetto che � in viaggio ora verso Esbjerg?"
"Proprio cos�. Mi occorre sapere se una passeggera, Karen Eiken Hornby, � a bordo.
Nel caso, devo inviarle immediatamente un messaggio."
"Mi spiace, ma non possiamo rilasciare dettagli su singoli..."
Evald Johannisen sa benissimo che discussione l'aspetta se non la stronca subito
sul nascere. "Mi ascolti attentamente. Sa benissimo anche lei che la polizia ha
diritto di vedere la lista passeggeri in qualsiasi momento."
"S�" replica Pie sottomessa. "Ma abbiamo ricevuto ordini di non fare i nomi dei
singoli..."
"Avete l'elenco in formato digitale, vero?"
"Certo" conferma lei con un tono che vuol dissolvere ogni dubbio che la Dogger
Lines non abbia la documentazione in regola.
"E allora mi mandi quel cazzo di elenco, cos� guardo da solo. E lo faccia subito!
Ce l'ha carta e penna?"
Sembra che Pie abbia scritto correttamente l'indirizzo di Johannisen, e che abbia
recuperato subito le informazioni richieste, perch� sei minuti dopo, nel box dei
messaggi in entrata, ce n'� uno con un file Excel in allegato.
La lista � ordinata alfabeticamente ed Evald impiega pochi secondi per trovare il
nome di Karen. Solleva di nuovo il ricevitore e questa volta la risposta �
immediata.
"Buonasera e benvenuto alla Dogger Lines, sta parlando con Pie, come posso esserle
utile?"
"Sempre Johannisen. Grazie per la lista, ma abbiamo gi� buttato sei minuti, quindi
adesso mi ascolti attentamente e faccia come le dico. Intesi?"
"Va bene..." accetta dubbiosa la donna, come se da una parte avesse paura di
promettere qualcosa alla cieca mentre dall'altra non volesse negare il suo aiuto a
quella voce autoritaria.
"Devo contattare subito una passeggera sul traghetto di cui abbiamo parlato prima.
Ho cercato di telefonarle ma non risponde."
"Eh s�, la ricezione a bordo va e viene."
"Quindi la faccia chiamare all'altoparlante, oppure ordini di bussare alla sua
cabina, o quel cavolo che vuole, basta che la trovino e le dicano di mettersi in
comunicazione con me."
"Nessun problema" acconsente Pie allegra.
Johannisen spalanca la bocca per lo stupore. Prima questa donnicciola gli ha negato
delle informazioni che lui avrebbe potuto facilmente ottenere con qualche cavillo
burocratico, e adesso all'improvviso non c'� nessun problema.
"Far� in modo che la convochino con l'altoparlante. Come si chiama la sua amica?"
Evald sta per esplodere dalla rabbia. "Si chiama ispettrice Karen Eiken Hornby. E
non � una mia amica ! Capito?"
"Mi scusi, l'ho detto automaticamente. Siete in tanti a cercare..."
"Certo, certo, si assicuri che riceva il messaggio: telefonare immediatamente a
Evald Johannisen. Ha gi� il mio numero. E adesso ce l'ha anche lei" aggiunge,
digitando le cifre e rispondendo all'email di Pie. "Se non mi contatta entro
mezz'ora, ci risentiamo."
E con questa minaccia conclude la telefonata.

83.

Karen � ancora accovacciata e impreca a bassa voce. Non fa caso agli sguardi dei
passanti e comunque non le interessa quello che pensano. "Com'� possibile?" si
stupisce. "Ho sempre avuto il cellulare addosso". Un attimo dopo vede il simbolino
della campanella sbarrata e si accorge che il telefono � in modalit� silenziosa.
Ieri sera, prima di andare a dormire, ha tolto la suoneria per evitare di essere
chiamata dagli agenti di guardia, o da chi non sa che � andata in vacanza. Non ha
nessuna voglia di essere svegliata nel cuore della notte per le prossime tre
settimane.
"E a quanto pare ho fatto bene" osserva. "Tre chiamate solo nell'ultima ora. Devo
telefonare all'agente di guardia e dirgli di aggiornare la lista di chi � in
servizio".
Per� constatare che sua madre l'ha cercata la preoccupa. Guarda l'ora della
telefonata: poco dopo le nove e mezzo. A quanto pare ha anche lasciato un
messaggio. "Perch� chiama di sabato sera, cos� all'improvviso?" si domanda Karen
componendo il numero della segreteria. "Ci sentiamo sempre di domenica".
Impaziente, ascolta la voce registrata.
"Ci sono due messaggi. Messaggio numero uno, ricevuto oggi alle 21.34: "Ciao bella.
Indovina dove sono! Be', non puoi! Io e Harry siamo a Londra da sua sorella, e
pensavamo di passare da te a salutarti. Harry dice che gli piacerebbe vedere
Langevik. Solo un paio di giorni, non vogliamo disturbare, possiamo stare nella
casetta. Domani all'ora di pranzo parte un traghetto da Harwich. Chiamami e dimmi
se devo portarti qualcosa, altrimenti a presto! Baci!"."
Karen mette gi� il cellulare e fissa nel vuoto davanti a s�. Poi sbatte gli occhi e
guarda l'ora sul polso: 00.14. "� meglio chiamare adesso e fermarli o aspettare
domani mattina?" Sua madre e Harry staranno dormendo a quest'ora. "O almeno spero"
pensa. Lei non ha ancora conosciuto quella meraviglia di Harry Lampard, ma non ci
sono dubbi che sua madre si sia innamorata, alla sua et�. E ora hanno abbandonato
senza preavviso la Costa del Sol in Spagna per andare in giro a fare visite alla
gente.
Decide di mandare un sms e di richiamare all'alba. Perch� deve fermarli. Il solo
pensiero di come potrebbe reagire Eleanor Eiken arrivando a casa a Langevik e
trovandosi davanti Leo Friis, la terrorizza. Leo, con la barba tagliata malamente,
i pantaloni della tuta di Karen che gli arrivano alle caviglie, e una maglietta
aderente con il logo della polizia di Doggerland. Almeno, questo � l'aspetto che
aveva quando l'ha salutato qualche ora fa. Era pulito, ma niente di pi�.
CIAO ! MI SAREBBE PIACIUTO, MA STO ANDANDO IN FRANCIA . SAR� PER UN 'ALTRA VOLTA .
TI CHIAMO DOMANI . UN ABBRACCIO , K. Non appena invia il messaggio, � assalita da
un'idea orribile: forse sua madre si � messa in mente di andare al paese natale
anche se sua figlia non c'�. Di stare qualche giorno nella casa e mostrare Langevik
a Harry da sola. Dopotutto quella donna ha vissuto l� per quarant'anni e quel luogo
significa molto per lei, anche se da otto abita a Estepona. "Devo fermarla" si
ripete Karen. "Appena mi alzo la chiamo. Doveva capitare proprio adesso, cazzo?"
Muore dalla voglia di fumare: ha la necessit� di calmarsi con una sigaretta o due
prima di scendere in cabina. Rovista con movimenti febbrili nella borsa cercando le
sigarette e l'accendino, li trova e si alza finalmente in piedi. Ha le gambe quasi
intorpidite e le scuote per riattivare la circolazione, mentre si dirige alla porta
che conduce fuori sul ponte.

84.

Quando Karl Bj�rken spinge la porta a vetri del corridoio est al terzo piano della
stazione di polizia, sono passati esattamente ventisei minuti dalla telefonata di
Johannisen. � mezzanotte e sedici e Karl si avvicina accigliato alla scrivania del
collega.
"Che cazzo succede?" chiede, anche se ha visto che Evald ha il telefono contro
l'orecchio.
L'altro alza lo sguardo e posa la cornetta scuotendo la testa. "La vecchia strega
non risponde."
"La vecchia strega?"
"Eiken. � un'ora che provo."
Karl non dice niente sulla paradossale espressione usata da Evald per definire una
donna pi� giovane di lui di quindici anni.
"Star� dormendo. Sai che ore sono? Di cosa si tratta?"
"Disa Brinckmann" annuncia Johannisen in tono cupo "� stata uccisa."
Per qualche secondo Karl Bj�rken fissa il collega con sguardo completamente vacuo.
Poi le cose gli si chiariscono pian piano: un primo collegamento si trasforma in
una spiacevole consapevolezza.
"Anne Crosby" sussurra sprofondando su una sedia.
"La sorella" sospira Evald e si ricorda delle sue risate sardoniche quando ha letto
quella parte del rapporto di Karen. "Ma non possiamo essere sicuri che sia lei"
prosegue senza convinzione.
"Be', in ogni caso � il nesso tra le due vittime. Karen voleva che approfondissimo,
ma Haugen e la procuratrice si sono rifiutati. E nemmeno io le ho dato ascolto, ho
creduto alla colpevolezza di Kvanne, testardamente. Siamo stati degli idioti!"
"Boh, che ne so" mormora Johannisen. "Comunque qualcuno � entrato in casa di Disa
Brinckmann e l'ha uccisa."
"E come fai a saperlo?"
"Hasse ha chiamato dalla Svezia. Sembra che le abbiano sbattuto la nuca contro lo
stipite della porta e poi per sicurezza l'hanno strangolata quando aveva gi� perso
i sensi. Laggi� non hanno un movente e nemmeno testimoni."
Karl � al corrente che Hans Kollind, il cugino di Evald, occupa una posizione
relativamente in alto nella polizia svedese, ma sa pure che di solito non si
telefonano per parlare di lavoro. Almeno, non se Johannisen pu� scegliere.
Quasi gli avesse letto nei pensieri, Evald continua: "Per� la figlia di Disa
Brinckmann ha detto a quei maledetti svedesi che la polizia di Doggerland ha
cercato sua madre. E non � difficile indovinare chi di noi sia stato. Cazzo, alla
fine Eiken aveva ragione".
Karl � consapevole di quanto deve costargli ammettere che Karen era sulla pista
giusta, quella che tutti gli altri avevano scartato. Eppure � venuto al lavoro nel
cuore della notte.
"Hai detto che Karen non risponde. Ma � sul traghetto? Magari � partita in anticipo
ed � gi� arrivata in Francia."
Evald gira lo schermo del computer e si spinge all'indietro con la sedia. "Be',
sulla lista passeggeri c'�."
Karl esamina il file Excel, che � in ordine alfabetico.
EDMUND, TIMOTHY.
EGERMAN, CHARLOTTE.
EGERMAN, JAN.
EIKEN HORNBY, KAREN.
Poi aggrotta le sopracciglia e prima che la sua idea si concretizzi in un pensiero,
afferra d'istinto il mouse e scorre il file verso l'alto. Trattiene il respiro
mentre passa in rassegna l'elenco.
CEDERVALL, GUNNAR.
CEDERVALL, MARIE.
CLASIE, JAAN.
CRAWFORD, DAVID.
DAVIDSEN, WILLIAM.
E butta fuori l'aria con un sospiro di sollievo. "Almeno Anne Crosby non � tra i
passeggeri" dice.
Johannisen ha ragione: ci dev'essere un nesso, proprio come ha intuito Karen, ma
possono sempre chiamarla domani. "Adesso star� dormendo" pensa Karl. "Avr� tolto il
volume del cellulare ora che finalmente � in ferie". Sente il cuore rallentare e
l'adrenalina abbassarsi. Fa per alzarsi, ma nello stesso istante � investito alle
spalle dalla voce di Evald.
"Porca puttana."

85.

Karen apre a fatica la porta che d� sul ponte esterno. Il vento si � rafforzato e
l'aria � umida di pioggia trattenuta. Da un momento all'altro diluvier�, ma
dovrebbe fare in tempo a fare qualche tiro prima che si aprano le cataratte.
Intorno a un tavolo rotondo ci sono due sedie rovesciate e alcuni bicchieri di
plastica rotolano solitari avanti e indietro sul pavimento, ma non si vede nessuno.
Sembra proprio che lei sia l'unica ad aver talmente bisogno di una sigaretta da
resistere al freddo e all'umidit�, o forse la gente � a fumare da qualche altra
parte. Di sicuro c'� un posto migliore di questo.
Adocchia le scatole bianche che contengono i giubbotti salvagente, appoggiate sotto
un tetto che sporge sul ponte di babordo. "Solo una mezza sigaretta," si ripete
"cos� poi vado a dormire". Si tiene a distanza di sicurezza dal parapetto
muovendosi in direzione delle scatole, mentre le raffiche di vento la spingono in
avanti. Con il viso rivolto alla parete della nave e le dita gi� indolenzite per il
freddo tira fuori il pacchetto e l'accendino. Il pollice le scivola e solo al
quarto tentativo riesce ad accendere la sigaretta. Chiude gli occhi e aspira
profondamente.
"Devo fermarla" pensa, immaginandosi ancora una volta la faccia di sua madre che
arriva a casa sua e si imbatte in Leo Friis, nel peggiore dei casi circondato da
bottiglie vuote e canne.
Karen non ha ancora capito se sia stato il suo ritorno a spingere sua madre a
trasferirsi, o se semplicemente il suo rientro aveva rappresentato per Eleanor
Eiken una scusa per abbandonare la vecchia casa. La donna aveva aspettato un anno,
dopo che Karen era tornata, finch� aveva ritenuto che sua figlia potesse cavarsela
da sola. Un anno sorprendentemente senza conflitti, forse anche perch� Karen si era
trasferita quasi subito nella casetta degli ospiti. Due vedove sotto lo stesso
tetto erano pur sempre una di troppo.
Eleanor aveva sostenuto che lei e il padre di Karen avevano sempre sognato di
trasferirsi in un paese pi� caldo, una volta andati in pensione. Cos� aveva deciso
di farlo da sola, non c'erano altre ragioni dietro.
"E adesso so che la casa � in mani sicure" aveva detto.
"Mi sa che la penser� diversamente, se non riesco a parlarle domani mattina presto"
osserva Karen. Non le rimangono molte ore di sonno, si rende conto sentendo
arrivare uno sbadiglio. In quello stesso istante le viene in mente una cosa di cui
si era completamente dimenticata, nello stress per la telefonata di sua madre.
C'era anche un altro messaggio in segreteria. Probabilmente era l'agente di guardia
che si scusava per aver sbagliato numero, ma � meglio controllare. Per un attimo
pensa di farlo subito, ma poi decide di finire la sigaretta e aspettare finch� non
sar� all'interno. Volta la testa e osserva la luce proveniente dalle finestre pi�
avanti, avvertendo la stanchezza che d'un tratto diventa quasi insopportabile. Fa
un ultimo tiro e butta la sigaretta. La brace si spegne non appena il mozzicone
tocca terra.
Proprio in quel momento una spinta la scaglia in avanti con violenza e lei batte il
capo contro il parapetto.

86.
Karl lo vede nell'istante stesso in cui sente l'imprecazione di Evald. Non c'�
nessuna Anne Crosby sulla lista passeggeri, ma in cima al foglio Excel che stanno
fissando compaiono gli ultimi nomi della lettera B.
BOK, ANDERS.
BOSSCHA, MARIANNE.
BOSSCHA, RUUD.
BRINCKMANN, DISA.
Silenzio assoluto.
"Come cazzo..." esclama Evald, ma Karl si � gi� alzato ed � alla propria scrivania
con la mano sulla cornetta del telefono. Si guardano e annuiscono, poi senza dire
una parola si mettono al lavoro.
Venti minuti dopo Karl constata di non essersi mai sentito cos� inutile in vita
sua, a parte quando Ingrid ha partorito.
Johannisen e lui hanno fatto tutto quello che potevano. Senza nemmeno bisogno di
comunicare hanno telefonato a chi di dovere, tenuto conto di quello che l'altro
faceva e proceduto. Insieme hanno esaminato l'elenco dei possibili provvedimenti.
Hanno diramato l'allarme al personale di guardia, che a sua volta l'ha diffuso.
Hanno chiamato il responsabile della squadra elicotteri della Guardia Costiera a
Framnes, il quale ha risposto che le condizioni atmosferiche sono troppo difficili
per uscire. La pattuglia degli elicotteri della polizia ha dato la stessa risposta.
Nel punto in cui si trova ora il traghetto, i venti sono forti, ma non � quello il
problema, perch� � il vento sulla costa orientale di Doggerland che ha gi�
raggiunto la forza di tempesta ed � troppo pericoloso dare il via libera al
decollo.
Hanno parlato con il capo della sicurezza della compagnia di navigazione che ha
promesso di informare immediatamente il capitano e di richiamarli. Hanno ricevuto
conferma che la donna registrata con il nome di Disa Brinckmann ha comprato un
biglietto andata e ritorno da Esbjerg a Dunker, e che il traghetto si trova proprio
al confine tra le acque doggerlandesi e quelle danesi.
Hanno svegliato Viggo Haugen che una volta tanto ha ascoltato senza fare obiezioni
promettendo di contattare immediatamente la polizia danese. E hanno informato
Jounas Smeed che sta per arrivare in ufficio.
La speranza ora � che la guardia costiera danese mandi qualcuno. O che il personale
di bordo riesca a trovare Karen.
"La nave � grande" pensa Karl scoraggiato.
Appoggia la testa sulle mani cercando di riflettere. Davvero non c'� nient'altro
che possano fare? In quel momento sente Johannisen che impreca un'altra volta.
"Karl, vieni qui, cazzo!"
Lui scivola con la sedia fino alla scrivania del collega e vede il suo indice
paffuto che indica la lista passeggeri sullo schermo.
"Guarda. Sono tutti su questo cazzo di traghetto. Chiss� cosa dir� Jounas quando
scoprir� che anche sua figlia � l� sopra."

87.

All'inizio percepisce il freddo. Un freddo gelido e umido che le fa realizzare di


essere ancora viva. Poi vede un raggio di luce che squarcia il nero provocandole un
dolore lancinante al capo. Karen non capisce perch� si trova su un pavimento duro,
al freddo e al buio, semisdraiata in posizione fetale con la testa e le spalle
contro una parete ghiacciata. "Devo essere all'esterno" pensa, avvertendo la
pioggia che le bagna il viso. Intorno a lei percepisce il rumore del vento e di
qualcosa che batte ritmicamente. Un attimo dopo si ricorda.
D'istinto fa per alzarsi e sente un urlo. Con sua sorpresa, si rende conto che �
stata lei a gridare, si riprende dallo stato di semi-incoscienza e viene investita
dal vento. Il suo sguardo vaga disorientato nel debole bagliore delle lanterne e
nella luce che filtra dalle finestre e si blocca a breve distanza. D'improvviso la
consapevolezza l'assale: la sua gamba sinistra � piegata in un angolo preoccupante
tra il resto del corpo e il parapetto. Non riesce a muoversi.
Nello stesso momento vede la donna di fronte a lei.
"Per favore, mi aiuti..."
Poi tace di colpo. Questa volta la realt� l'aggredisce con tale forza che ritrova
all'istante la lucidit�. Quella donna in piedi, appoggiata alla parete e piegata in
due, che ansima dallo sforzo mentre la osserva, non ha la minima intenzione di
aiutarla. Sta riprendendo fiato per concludere quello che ha cominciato. E
nonostante la pioggia e la luce fioca delle lanterne sospese sopra le scatole con i
salvagente, Karen la riconosce. � la tipa con la borsa costosa, quella che stava
cercando lo specchio per sistemarsi il rossetto, la stessa che ha visto ferma a
fissare la slot machine. Ora si raddrizza e guarda Karen con tale odio da toglierle
il respiro.
C'� qualcosa di molto familiare nel suo viso e nella pettinatura elegante che
adesso le incornicia il volto in ciocche bagnate. Qualcosa che non torna ed �
davvero incredibile. Un pensiero risale dentro Karen cercando un appiglio. E lei
non capisce se lo esplicita a voce alta o se resta inespresso.
"Siete proprio ugua..."
Mentre la donna fa un passo verso di lei, Karen urla.
Il grido � inghiottito dal rumore monotono dei motori e dal vento che ringhia
minaccioso tra le scale e le scialuppe. Terrorizzata, agita le braccia per
difendersi e colpisce alla cieca, senza forze, quella figura che si piega su di
lei. Lotta nel tentativo di urlare mentre la donna la prende per le braccia e cerca
di sollevarla. Il dolore � talmente intenso da farla vomitare. Le convulsioni la
assalgono a ondate nel petto e qualcosa cede di schianto dentro di lei. Inerte,
come se non si trattasse del suo corpo, si accorge di avere almeno un paio di
costole rotte sul lato destro.
L'altra lascia d'istinto la presa e fa un passo indietro. Prima sorpresa, e poi
disgustata, fissa il vomito che lentamente le cola lungo il risvolto della giacca.
In lontananza si sente una porta che si apre, il brusio e la musica dall'interno
aumentano improvvisamente per poi placarsi quando la porta si richiude.
Nessuno oser� avventurarsi fuori con questo tempo, nessuno rischier� di congelare e
bagnarsi per una sigaretta. Nessuno la vedr� o la sentir�, anche se solo una parete
le separa da centinaia di persone che ridono e ballano. Chi pu� immaginare quello
che sta per succedere.
Un altro conato involontario e Karen cerca di girare la testa di lato per non
soffocare nel vomito. Poi sente ancora la musica che sale di volume quando un'altra
porta si spalanca. Questa volta � dietro di lei, pi� in l�, a babordo. Cerca di
gridare ma non ce la fa, cos� la porta si richiude e il rumore diminuisce. "Non
riuscir� a salvarmi" pensa guardando la donna che ha di fronte. "Anne Crosby
uccider� anche me".
Un attimo dopo, per�, giunge un rumore di passi che si avvicinano e la donna
indietreggia contro la parete. Non sono pi� da sole.
Un'ondata di gratitudine pervade Karen: qualcuno � uscito, qualcuno la aiuter�.
E poi una voce familiare. Il panico l'assale facendole andare il sangue alla testa.
Alle sue spalle c'� Sigrid.
"Karen, sei tu? Non hai sentito che ti chiama..."
La ragazza tace di colpo e Karen capisce che si � avvicinata abbastanza da
accorgersi che qualcosa non va.
"Sigrid, non venire qui" cerca di gridare, ma la sua voce � debole e viene
inghiottita dal vento.
Ci prova di nuovo. Preme disperatamente la mano contro le costole rotte e urla.
"Entra e chiedi aiuto. Vai via di qui, Sigrid!"
Ma Sigrid non le d� retta, continua ad avanzare e compare nel suo campo visivo "Dio
santo, Karen, cos'� successo?"
"Per favore, vattene, vai a chiamare qualcuno. � pericolosa."
Esprime l'ultima frase a gesti, cercando affannosamente di indicarle con lo sguardo
la figura che ora si � nascosta nel buio. La donna che Sigrid non ha ancora
scoperto.
La ragazza segue i suoi occhi lungo la parete. Karen vede che sobbalza e afferra il
parapetto per non cadere. Impotente la osserva mentre, invece di voltarsi e andare
a cercare aiuto, si avvicina lentamente alla donna. Anne Crosby � impietrita, con
le braccia lungo il corpo.
I lunghi capelli neri di Sigrid si agitano nel vento e si posano come un velo sul
suo viso. Lei li sposta con entrambe le mani e si ferma a un paio di metri da Anne
Crosby. Per qualche secondo rimangono completamente immobili a fissarsi. E adesso
Karen comprende cosa sta pensando la ragazza. Ora che i capelli della donna
ricadono in ciocche disordinate, mentre la luce fioca delle lanterne rende
impossibile distinguere le differenze tra lei e Susanne Smeed.
"Non � lei!" vorrebbe gridare. "� identica e basta. Vattene, � lei che ha ucciso
tua madre! Si chiama Anne Crosby, � tua zia".
Ma non le esce nemmeno una parola.
Ha pensato di raccontare a Sigrid di sua zia. Una volta arrivate in Francia avrebbe
trovato l'occasione giusta. Credeva che forse Sigrid sarebbe stata contenta. Che
magari sarebbe stato d'aiuto a lei e ad Anne, ora che Susanne era morta. Adesso
invece vuole solo urlarle di andarsene, ma il suo corpo non ce la fa, l'aria non le
basta. Il dolore � troppo forte.
Per un istante che sembra durare un'eternit�, Karen vede il viso di Sigrid che si
trasforma. Vede le emozioni che la assalgono spietate. Il dubbio che lascia il
posto a un istante di felicit� prima che sopraggiunga la realt�. Una realt�
incomprensibile.
Karen non sente, vede soltanto le labbra della ragazza che si muovono formando
un'unica parola: "Mamma?".
Qualcosa si spezza dentro di lei. Vorrebbe precipitarsi da Sigrid, abbracciarla e
proteggerla da quell'esperienza. Dirle che � solo un incubo. Ma tutto ci� che pu�
fare � raccogliere le sue ultime energie, sfidare il dolore e gridare pi� forte che
pu�: "Non � lei, Sigrid. Non � tua madre".
E forse la ragazza lo coglie o forse no. Forse non le interessa quello che lei
tenta di dirle, magari non le crede. Karen vede lo sguardo di Anne spostarsi
alternativamente tra lei e Sigrid come se stesse cercando di capire, e percepisce
la sua collera che si risveglia quando si sofferma su di lei. Poi la donna con
qualche rapido passo raggiunge Sigrid e abbraccia la ragazza irrigidita. La stringe
forte e fissa Karen con occhi colmi d'odio.
Eppure, � solo quando quella donna apre bocca che Karen si accorge di essersi
sbagliata.
"S�, Karen. Sono sua madre" dice. "Questo non potrai mai cambiarlo."
I pensieri le turbinano in testa senza fermarsi. L'immagine del corpo senza vita di
Susanne Smeed sul pavimento della cucina. I tratti ancora riconoscibili nonostante
il viso grottesco. La vestaglia aperta, che lasciava intravedere il seno rifatto,
le mani curate, le ciocche di capelli ancora lucidi dove non erano intrisi di
sangue. Karen ha memorizzato tutto. � rimasta stupita di alcune cose, ma le ha
accettate senza mettere in dubbio quello che vedeva. Il ricordo della disperazione
di Kneought Brodal, costretto a esaminare una donna che conosceva e aveva
frequentato in passato. Il test del dna che ha confermato ci� che gi� sapevano: la
morta era Susanne Smeed.
Tutti i loro sforzi sono stati rivolti a trovare un colpevole. Nessuno ha messo in
dubbio chi fosse la vittima.
Mentre la verit� lentamente si fa strada in lei, la donna che non � Anne Crosby
dichiara: "Mi dispiace, Sigrid. Non volevo che lo venissi a sapere. Avresti dovuto
credermi morta".
La ragazza emette un suono a met� tra un singhiozzo e un ululato. Si scioglie
dall'abbraccio e fa qualche passo incerto all'indietro. Scivola, ma ritrova
l'equilibrio.
"Ma cos'hai fatto? Chi � allora la donna uccisa?" urla.
E Susanne, che sembra sinceramente stupita, piega la testa di lato e osserva
preoccupata sua figlia, come se non capisse la domanda.
"Mia sorella, ovvio."
Sigrid sbarra gli occhi per il terrore. Sua madre non ha sorelle. O no?
"Nemmeno io sapevo della sua esistenza. All'inizio ero contenta, prima di capire
quanto fosse ingiusto. Tu non avresti dovuto scoprirlo fino a dopo la mia morte.
Perch� sei qui? Cosa ci fai qui con lei?"
Il suo sguardo si sposta dalla figlia a Karen, con un misto di odio e confusione.
L'apparizione di Sigrid le ha rovinato tutti i piani.
Terrorizzata, Karen si rende conto che Susanne � talmente disperata da essere
disposta a tutto. Uccidere lei non � pi� sufficiente. Ma potrebbe essere cos� folle
da uccidere la sua stessa figlia?
Sigrid fissa la donna che ha davanti. Quel viso che � inciso dentro di lei. Sua
madre, che lei ha amato e odiato. Vede la pazzia che forse aveva gi� intuito sotto
la superficie, quella che l'ha spaventata pi� di quanto volesse ammettere con se
stessa.
"Perch�?"
Lo dice talmente piano che la domanda � inghiottita dal vento. Ma Susanne glielo
legge negli occhi.
"Non capisci? Lei ha avuto tutto quello che doveva essere mio. Ha rubato la mia
vita. Ti ho spiegato tutto in una lettera, Sigrid. L'avresti dovuta ricevere tra
molti anni, dopo la mia morte. � a casa di Anne, in Svezia, ho vissuto l� dopo che
� morta. Questa � la mia vita, adesso."
Un attimo dopo Susanne si avvicina rapidamente a Karen. Si china e urla: "E tu non
avrai niente di mio, brutta troia! Sigrid � mia figlia, non tua. Ricordatelo!".
Ha lo sguardo pieno d'odio mentre solleva la mano e la colpisce forte. Lo schiaffo
manda Karen a sbattere la nuca contro la parete di ferro. Poi Susanne si rivolge di
nuovo a Sigrid.
"Sar� sempre la tua mamma. Quello nessuno me lo potr� togliere!"
Karen nota a malapena il forte cono di luce che improvvisamente passa su di loro.
Quasi non sente il rumore delle sirene e dei passi che arrivano di corsa. Il suo
campo visivo si restringe e tutti i suoni di colpo sembrano lontanissimi. Come da
sotto una campana di vetro, vede che Susanne si scherma gli occhi con la mano
guardando i riflettori degli elicotteri, e vede che la donna fissa Sigrid e poi
scuote la testa. Il suo viso � completamente inespressivo. Svuotato di ogni
speranza in una vita migliore. Svuotato della vita stessa. "Adesso � il momento di
decidere" pensa Karen. "Adesso pu� fare la sua ultima scelta".
Susanne Smeed afferra il parapetto con entrambe le mani e si solleva oltre il
bordo. Sigrid si precipita per fermarla. E Karen osserva le sue stesse braccia
alzarsi per cercare invano di afferrare la ragazza. � assalita dal terrore che
Susanne possa trascinarsela dietro.
Riesce ad agguantare il maglione di Sigrid con una mano e il dolore la lacera
quando il suo corpo viene strattonato. Con una forza che non si riconosce ma che �
l� da qualche parte, nascosta sotto strati di disperazione, sotto anni di
rimpianti, si costringe a mantenere la presa. Sa che si sta aggrappando alla vita
stessa. Le dita si stringono intorno alla speranza, alla guarigione,
all'espiazione.
Intorno a Sigrid. A John. A Mathis.
Intorno a un figlio che non si pu� perdere.
Il vento si abbatte sulla donna seduta con una gamba oltre il parapetto. Il corpo
dondola ma lei si tiene ancora forte alla ringhiera bianca.
"Leggi la lettera, Sigrid!" urla. "Capirai."
Poi apre le mani e si lascia andare.
Da qualche parte, molto lontano, distante dal suo corpo, Karen sente l'urlo di
Sigrid che si alza disperato quando sua madre cade e sprofonda nel nero.

88.

� come se ci fosse una persona che accende e spegne la luce intorno a lei. Lampi
implacabili che per un istante la riportano alla realt� e un attimo dopo le
concedono misericordiosamente di non partecipare a ci� che succede.
Una luce pungente quando gli infermieri la sollevano sulla barella, poi un ago e il
dolore che si calma lentamente. Il ruggito frusciante delle pale dell'elicottero e
le cinghie che vengono strette prima che tutto ridiventi buio. Leggere vibrazioni,
voci tranquillizzanti in una lingua straniera, piuttosto strane, che le consigliano
di non dormire.
"Non puoi addormentarti, cara " dice qualcuno in danese.
"Sembra Marike" osserva Karen. "Ma come fa a essere qui?"
Non si � resa conto che l'hanno portata al Rigshospitalet di Copenaghen, ma quando
quella luce pungente si riaccende vede tubicini, camici bianchi e sguardi
concentrati. Dapprima non riesce a capire perch� si trova l�. Tra un po' suona la
sveglia, deve andare al lavoro. Il successivo pensiero cosciente � che intorno a
lei c'� un forte ronzio. Le sembra quasi di stare in un tunnel e crede di essere in
punto di morte. Quindi � cos� che ci si sente. � cos� che si devono essere sentiti
anche John e Mathis.
Ha l'impressione di sorridere pensando che in effetti non � cos� terribile.
Ma poi la luce si riaccende e lei ritorna indietro. A quanto pare non morir� oggi.
Il ronzio � cessato ed � stato sostituito da voci. Voci che prima mormorano parole
che comprende e poi parole che non riconosce, e lei � assalita dal panico.
Altri aghi e mani che l'accarezzano. E ora vede occhi pieni di calore, tra
cuffiette verdi e mascherine bianche. Poi finalmente torna il buio.
Ha perso la nozione del tempo, non capisce se passi veloce o lento. Pi� tardi
scoprir� che sono trascorse settantadue ore tra l'operazione al Rigshospitalet di
Copenaghen e il suo ritorno in Doggerland. E ci vorr� un po' prima che possa
tornare a casa sua. Giorni insopportabilmente lunghi in cui dovr� stare immobile in
un letto dell'ospedale di Thysted a Dunker. Il colpo alla testa non ha provocato
nulla di grave, ma ha qualche ferita, una commozione cerebrale e una frattura alla
base del cranio. Quattordici punti, antibiotici e riposo risolveranno tutto,
giurano i dottori. Il torace � stabilizzato e mantiene le costole al posto giusto.
Quella conciata peggio � la gamba sinistra, spezzata appena sopra la caviglia e con
il legamento del ginocchio andato. Dovr� passare almeno due settimane a Thysted
prima che si parli di dimissioni. Poi la aspetta un periodo di malattia a casa e
sedute regolari dal fisioterapista.
"Ma dovrebbe rimettersi completamente."
Trovano la lettera nella villa di Limhamn che Anne Crosby ha ereditato da suo
padre. Susanne ha vissuto l� fingendo di essere sua sorella per un paio di
settimane. Non ha fatto nessuno sforzo per nascondere la busta con il nome di
Sigrid. Formalmente, quello scritto � una prova nelle indagini e l'hanno letta in
cinque: Karl Bj�rken, Evald Johannisen, Dineke Vegen, Viggo Haugen e Jounas Smeed.
Anche Karen pu� vederla, nonostante sia in malattia e non faccia pi� parte del
gruppo investigativo. � ancora intontita dagli antidolorifici quando Karl le chiede
se ha voglia di leggere ci� che Susanne ha scritto alla figlia.
"� morbosa" l'avverte.
Karen annuisce piano e prende la lettera. Con disagio crescente guarda le righe
fitte di parole, le maiuscole rabbiose, le sottolineature, gli errori. Poi inizia a
leggere.
A SIGRID .
SE STAI LEGGENDO QUESTA LETTERA VUOL DIRE CHE SONO MORTA . FORSE ANCHE TU SEI
VECCHIA, FORSE HAI DEI FIGLI . FORSE HAI GI� CAPITO CHE NON ERO Io LA DONNA MORTA
NELLA CASA DI LANGEVIK . UNA LO CAPISCE SE SUA MAMMA � VIVA.
MA IO HO AMMAZZATO UNA PERSONA E VOGLIO CHE TU SAPPIA PERCH� . NON VOGLIO CHE MI
PERDONI PERCH� NON VOGLIO NEANCHE ESSERE PERDONATA, PER� DEVI CAPIRE.
TUO PADRE � UN GRAN BASTARDO (SCUSA MA � VERO), NATO CON LA CAMICIA, HA AVUTO TUTTO
GRATIS MENTRE IO HO DOVUTO LOTTARE . HO DOVUTO LOTTARE SEMPRE!!!
E LUI NON ERA NEMMENO RICONOSCENTE . ERA UN "VERO SMEED" E IO ERO UNA "SPECIE
INFERIORE" . TUTTA LA SUA FAMIGLIA LA PENSAVA COS� . E TUO NONNO ERA IL
PEGGIORE !!! AXEL SMEED HA PRETESO UN ACCORDO PREMATRIMONIALE PER DARCI
L'APPARTAMENTO, ANCHE SE AVEVAMO APPENA AVUTO TE . HA MINACCIATO PERFINO DI
DISEREDARE TUO PADRE SE NON FIRMAVAMO.
E A ME NON � RIMASTO NIENTE DOPO IL DIVORZIO !!!
AXEL MI HA ANCHE RUBATO L'EREDIT� DI MIA MADRE, QUESTO VOGLIO CHE TU LO SAPPIA .
POCO PER VOLTA HA COMPRATO SOTTOPREZZO TUTTI I TERRENI DI MIO PADRE FINCH� NON �
RIMASTO PI� NIENTE.
ALLE MIE SPALLE !!!
IO NON HO SAPUTO NULLA FINO A DOPO IL DIVORZIO . TUO PADRE MI DAVA SOLO QUALCHE
SOLDO TUTTI I MESI PER POTERTI GARANTIRE UNA "VITA DECENTE" QUANDO STAVI DA ME.
BASTARDO !!!
TUO PADRE SI � PRESO PROPRIO TUTTO MENTRE IO HO DOVUTO LOTTARE.
E QUANDO ANCHE TU SEI ANDATA VIA SONO RIMASTA DA SOLA . NON AVEVO AMICI E AL LAVORO
ERA UN INFERNO . DOPO QUALCHE ANNO NON CE L'HO PI� FATTA . VOLEVO SOLO MORIRE E
PENSAVO AL SUICIDIO QUASI TUTTI I GIORNI.
Karen appoggia la lettera al petto e chiude gli occhi. "� proprio necessario che
Sigrid la legga? O l'ha gi� fatto?" Dalla sedia le arriva la voce di Karl, che le
parla come se avesse intuito cosa sta pensando.
"Siamo stati costretti. � maggiorenne e la lettera � indirizzata a lei. L'ha vista
ieri."
"Non sar� mai pi� se stessa" osserva Karen. "Mai". Poi solleva il foglio e
continua.
� STATO ALLORA CHE UNA DONNA DI NOME DISA BRINKMAN MI HA TELEFONATO.
AVEVA VISSUTO IN UNA COMUNE CON I MIEI GENITORI ED ERA PRESENTE QUANDO SONO NATA .
E COS� MI HA RACCONTATO CHE NEMMENO MIA MADRE ERA DAVVERO LA MIA . MIO PADRE MI
AVEVA AVUTO CON UN'ALTRA DONNA.
POI HA DETTO CHE AVEVO UNA GEMELLA.
CI HANNO SEPARATE COME SE FOSSIMO GATTINI !!! MIA SORELLA � ANDATA IN SVEZIA E IO
SONO RIMASTA QUI.
HO INCONTRATO DISA BRINKMAN E MIA SORELLA A MALM� . ALL'INIZIO NON ME NE SONO RESA
CONTO PERCH� LEI ERA MOLTO PI� BELLA DI ME, IN APPARENZA . MA POI L'ABBIAMO VISTO:
ERAVAMO PROPRIO UGUALI !!!
NESSUNO QUANDO SIAMO NATE AVEVA CAPITO CHE ERAVAMO GEMELLE IDENTICHE . NEMMENO DISA
BRINKMAN L'AVEVA CAPITO FINO A QUEL MOMENTO . AVEVAMO ADDIRITTURA LA STESSA VOCE E
PARLAVAMO NELLO STESSO MODO PERCH� TUTTE E DUE AVEVAMO IMPARATO LO SVEDESE IN
CASA . ERA COME SE FOSSIMO LA STESSA PERSONA !!!
SONO ANDATA A MALM� ALTRE DUE VOLTE PER INCONTRARE ANNE E POI CI SIAMO SENTITE AL
TELEFONO . LEI VIVEVA NEGLI STATI UNITI MA DICEVA CHE AVREBBE VENDUTO TUTTO E
SAREBBE TORNATA A CASA.
� STATO ALLORA CHE HO CAPITO QUANTO ERA RICCA . LEI AVEVA TUTTO E IO NIENTE.
MA QUELLO CHE AVEVA LEI POTEVA ESSERE MIO, INVECE !!! SE AVESSERO PORTATO ME IN
SVEZIA E LASCIATO LEI A LANGEVIK . � SOLO PER CASO CHE LEI HA AVUTO TUTTO E IO
NULLA !!!
� STATO ALLORA CHE HO DECISO DI CAMBIARE LE COSE . LEI � VENUTA A TROVARMI ED �
RIMASTA A DORMIRE UNA NOTTE . � ARRIVATA CON UNA NAVE DA CROCIERA CHE SI FERMAVA
VENTIQUATTR'ORE E IO SONO ANDATA A PRENDERLA.
IL MATTINO DOPO HO FATTO QUELLO CHE DOVEVO . NON C'� BISOGNO CHE TU SAPPIA COME.
POI HO PRESO IL SUO POSTO SULLA NAVE . SONO SEMPLICEMENTE SUBENTRATA NELLA SUA
VITA.
� STATO PI� FACILE DI QUANTO CREDESSI PERCH� NESSUNO GUARDA CON ATTENZIONE UNA
DELLA MIA ET�.
L'UNICA CHE SAPEVA CHE ERAVAMO GEMELLE ERA DISA PERCI� HO DOVUTO FAR FUORI ANCHE
LEI PRIMA DI POTER STARE TRANQUILLA . E ADESSO DEVO FARNE FUORI UN'ALTRA CHE FICCA
IL NASO DAPPERTUTTO E FA DOMANDE . LAVORA CON TUO PADRE MA ABITA IN PAESE . TU SAI
CHI � . � SEMPRE STATA UNA GRAN PUTTANA CHE SCOPA CON TUTTI QUINDI NON � UNA GRAN
PERDITA ALLA FINE.
Karen lancia una rapida occhiata a Karl, ma lui sta fissando fuori dalla finestra.
Allora legge le ultime righe.
VOLEVO SOLO VIVERE LA VITA CHE DOVEVA ESSERE MIA FIN DALL'INIZIO.
ANNE HA AVUTO LA PRIMA MET� E IO HO PRESO QUELLA CHE � AVANZATA.
SPERO CHE TU POSSA CAPIRMI . TI HO SEMPRE VOLUTO BENE .
LA MAMMA
Per diversi minuti nella stanza regna un silenzio assoluto.
"Dev'essere stata psicotica mentre la scriveva" dice Karl.
Karen non risponde.
Lui si alza per andarsene. Le sue ultime parole sono anche l'unica cosa a cui pensa
lei: "Povera Sigrid".
89
Arrivano tutti. Si accalcano intorno al letto con occhi preoccupati prima di
convincersi che Karen non subir� danni permanenti. Marike, Aylin, Kore, Eirik. E
sua madre.
Eleanor Eiken � stata chiara nel dire che non torner� in Spagna finch� Karen non
sar� dimessa, e si � trasferita risolutamente nella casa di Langevik spedendo Harry
a Estepona.
Leo Friis invece � ancora a casa sua. A quanto pare ha deciso semplicemente di
fermarsi, proprio come Rufus. Se sia tornato nella casetta degli ospiti o se lui ed
Eleanor condividano la casa, Karen non lo sa. Non ce la fa a chiedere, non ce la fa
nemmeno a rispondere alle domande. Che Leo non sia venuto all'ospedale non la
sorprende, e come far� a liberarsi di lui � un quesito che al momento � di
secondaria importanza.
Tutto quello a cui riesce a pensare � Sigrid.
"Non sta molto bene" dice Eleanor.
"Immagino. Dove vive? Non star� da sola, spero."
"Non preoccuparti. � sotto controllo."
"Forse mi accusa del suicidio di sua madre. Secondo te? � per questo che non mi
risponde al telefono?"
"Credo che incolpi se stessa, Karen. Ne sono certa."
"Perch�? � ovvio che non � colpa sua."
"Non fare la tonta, Karen. Se c'� qualcuno che pu� capire, sei tu."
"Forse potrei parlare con lei..."
"Sigrid in questo momento ha paura di tutto. Vederti cos�, ammaccata, fasciata e
ingessata, aumenterebbe solo la sua angoscia."
Karen si rende conto che pu� immaginare soltanto una frazione di ci� che Sigrid sta
attraversando. Ma gi� quella frazione � troppo da sopportare per una ragazza di
diciotto anni. Il trauma di sapere che sua madre � un'assassina. Il fatto di
perderla una volta e poi un'altra ancora. L'angoscia di essere combattuta tra il
disgusto per quello che sua madre ha fatto e il dispiacere per l'amarezza che le �
cresciuta dentro fino a farla diventare pazza. Il dolore per una vita sprecata. E
il ruolo giocato da suo nonno, da suo padre. Se prima i rapporti con lui non erano
buoni, ora saranno inesistenti.
Per la prima volta Karen comprende quanto Sigrid debba essere stata segnata dal
costante passaggio tra la gelida arroganza di suo padre e la psiche labile di sua
madre. E dalla consapevolezza di essere comunque parte di loro due.
Lei sa di poter capire soltanto quella frazione. Eppure vorrebbe parlare con
Sigrid: dirle che non � colpa sua, che non si devono portare le colpe dei propri
genitori. Che lei non � da sola.
Ma l'unica cosa che pu� fare � restare l� e aspettare di essere guarita abbastanza
da tornare a casa.
"La teniamo d'occhio" ripete Eleanor. "Io e Leo. Ah, a proposito, ha montato la
gattaiola."

90.

Poi arrivano i colleghi. Appaiono uno dopo l'altro con grappoli d'uva, giornali e
un mazzo di fiori che sua madre prende con un sorriso paziente, prima di uscire in
corridoio a caccia dell'ennesimo vaso. Cornelis Loots, Astrid Nielsen, S�ren Larsen
e un estremamente imbarazzato Viggo Haugen si danno il cambio con tale precisione
che Karen pensa quasi che al dipartimento debbano avere uno schema con i turni per
le visite. Incontri brevi, per non disturbare, sguardi preoccupati se la testa o il
ginocchio le fanno male e lei chiama l'infermiera per avere dell'altro
antidolorifico. E poi qualche parola scambiata a bassa voce con sua madre prima di
lasciare Karen con la promessa di tornare a trovarla.
Il terzo giorno sulla soglia appare Evald Johannisen.
"Ehil�, Eiken" saluta, posa l'uva sopra gli altri grappoli nella ciotola sul
comodino, e si siede sulla sedia dei visitatori.
"Ehil�, Johannisen" risponde Karen.
"Quindi alla fine eri sulla pista giusta. Ma s�, presumo che anche una gallina
cieca ogni tanto trova un granello."
Ma c'� qualcosa di diverso: lei non sente il bisogno di sottolineare che ci aveva
azzeccato. Che voleva approfondire quello che gli altri avevano scartato nella foga
di chiudere il caso. Che l'omicidio di Susanne Smeed era collegato ai fatti
accaduti in una comune a Langevik pi� di quarant'anni fa. E che gli altri avevano
torto e lei ragione. Di tutto questo, invece, non dice niente, perch� la verit� �
che lei ci ha preso solo a met�.
Perci� le esce solo: "Ti devo ringraziare, Evald. Per aver agito immediatamente
quando hai saputo che Disa Brinckmann era stata uccisa".
Johannisen si stringe nelle spalle. "Peccato non averlo saputo qualche ora prima."
Poi fa un vago cenno in direzione della sua gamba ingessata, bloccata in una
precisa posizione per tenere fermo il ginocchio.
Quella tregua, per�, suona strana e il silenzio tra loro echeggia nella stanza.
Sono talmente abituati a sarcasmo, frecciatine e sguardi in cagnesco che nessuno
dei due sa cosa dire adesso.
Evald si alza dopo soli cinque minuti dal suo arrivo, si schiarisce la voce e fa
per parlare.
Karen lo previene. "Rimani comunque uno stronzo, Evald" lo saluta sorridendo.
Senza rispondere, lui prende un acino dalla montagna di grappoli, se lo ficca in
bocca ed esce. Ma Karen vede che abbassa leggermente le spalle e appena prima che
lui richiuda la porta percepisce un sorriso.
Karl Bj�rken invece non sorride. Almeno fino alla sua terza visita, quando le bende
intorno alla testa di Karen sono state sostituite da una semplice garza che copre i
punti, e i lividi sul viso hanno assunto una tonalit� giallognola.
"Ci hai fatto cagare sotto" dice sedendosi vicino alla finestra.
Le veneziane ora sono sollevate dopo i primi giorni di penombra e Karen segue con
lo sguardo uno stormo di uccelli diretto a sud. "Andrete di certo pi� lontano di
me" pensa. Sembra proprio che il viaggio in Francia sia rinviato all'anno prossimo.
"Brodal � distrutto" la informa Karl.
"Non � stata certo colpa sua. Nemmeno il dna avrebbe potuto svelare che non si
trattava di Susanne."
"Proprio per quello. � scosso nelle sue fondamenta."
"Be', difficilmente gli ricapiter� una cosa del genere" commenta Karen distogliendo
lo sguardo dalla finestra. "Il due, tre per cento delle nascite sono gemelli"
comunica con voce monotona. "E tra questi, solo un terzo condivide lo stesso ovulo.
Solo qui nel nostro paese ci sono circa diecimila coppie di gemelli e circa tremila
sono omozigoti. Ma la probabilit� che uno di loro sia ucciso o commetta un omicidio
� trascurabile. Ieri � venuto Cornelis" aggiunge con un sorriso, vedendo la bocca
spalancata del collega.
"Ah, il buon Loots non si smentisce mai. Ti ha intrattenuto con altri dati
interessanti?"
"Pu� essere, ma me li sono dimenticati. Ah, ecco... i gemelli omozigoti hanno
ovviamente lo stesso dna."
"Questo potevo dirtelo anch'io" replica Karl. "� per quello che non abbiamo trovato
tracce di dna altrui." Si piega in avanti. "Sul serio, Eiken, alla fine quanto ne
sapevi?"
"Non molto" ammette lei. "Ero convinta che Kvanne fosse la persona sbagliata, anche
se � stato difficile ignorare le sue bugie sul fatto di essere stato a Langevik.
Per� mi pareva impossibile che fosse entrato in casa e avesse rubato la macchina
senza lasciare tracce. E avevo la sensazione che ci fosse un nesso con la vita
privata di Susanne, ma esattamente non capivo quale. Comunque non avevo abbastanza
per poter convincere Haugen a farmi continuare. Per� sono riuscita lo stesso a fare
danni."
"Intendi dire Disa Brinckmann?"
Karen annuisce in silenzio.
"Ma non potevi certo immaginare che l'avrebbero uccisa."
"No, � vero. Ma..."
Lei allarga le braccia in un gesto che simboleggia ci� di cui sono coscienti
entrambi: il pensiero delle persone che avrebbero potuto salvare, se solo avessero
agito diversamente.
"Hai troppo tempo per riflettere" osserva lui. "Quanto ancora devi rimanere qui?"
"Almeno altre due settimane, dicono."
"Be', i visitatori non ti mancano, mi sembra" nota Karl con un cenno alla montagna
di grappoli.
Karen fa un sorriso stanco.
"Gi�, persino Johannisen � venuto a trovarmi l'altro giorno.
"Cessate il fuoco?"
"Almeno temporaneamente. � un bravo poliziotto, anche se � uno stronzo. Se non
avesse agito subito, forse adesso non sarei qui."
"� stata Sigrid a trovarti" precisa Karl in tono brusco.
"S�, ma lei non mi sarebbe venuta a cercare se non mi avessero chiamata agli
altoparlanti."
"E cosa dice lei?"
"Non le ho parlato."
Karen aggrotta la fronte con un'espressione che spera Karl interpreti come dolore.
Usa ogni volta quella faccia per far alzare i visitatori che, premurosi, la
lasciano da sola.
E quando la porta, qualche minuto dopo, si richiude con un debole sbuffo sull'ampia
schiena del collega, lei volta di nuovo la testa verso la finestra e avverte un
nodo in gola. Non ha nessun diritto di sentirsi cos�. Nessun diritto di convincersi
che Sigrid voglia avere a che fare con lei. Nessun diritto in generale. Il dolore
per un figlio perduto non pu� essere alleviato da un altro.
E ancora una volta sente le parole di Susanne Smeed.
"Sigrid � mia figlia, non tua. Ricordatelo."

91.

L'ottavo giorno sulla porta della sua stanza appare Jounas Smeed. Karen sta facendo
un riposino dopo pranzo e viene svegliata da una voce proveniente dalla soglia.
"Ah, allora � qui che ti nascondi?"
Senza rispondere, si tende per prendere il bicchiere d'acqua e si rende conto che
probabilmente russava. Il tutore intorno alla gamba la costringe a stare sempre a
pancia in su e ha la bocca secca. In silenzio beve avidamente attendendo un
commento, ma qualcosa nell'aspetto di Jounas le dice che non � in vena di
cattiverie.
� pallido e le ombre sotto gli occhi si vedono chiaramente mentre resta l� in piedi
nella luce piena della finestra. Per un istante le sembra di vedere le sensazioni
contrastanti che lui prova: sollievo, irritazione, preoccupazione, rabbia. E poi
qualcosa che il suo capo non ha mai mostrato prima: insicurezza. Una specie di
imbarazzo strisciante per la serie di eventi che l'hanno condotto a essere qui,
ora.
Per la prima volta Karen si sente in vantaggio nonostante la sua posizione distesa
e il fatto che stesse russando. Ne � consapevole anche lui. Il parere che Jounas ha
dato sulle indagini e le sue decisioni sono in parte causa di questa situazione.
Solo in parte, � vero, ma basta perch� la stanza sia pervasa di sensi di colpa
inespressi. In silenzio lei lo segue con lo sguardo mentre si allontana dalla porta
e gira intorno al letto.
Non ha portato grappoli d'uva, fin l� non ci arriva, ma appoggia un giornale sul
comodino prima di sedersi e accavallare le gambe con studiata indolenza. Un'ombra
di disagio gli passa sul viso quando osserva i lividi di Karen e il tutore intorno
alla sua gamba.
"Come stai?" le chiede con una smorfia.
"Sono stata meglio" risponde brusca lei, notando che lui annuisce con
un'espressione da capo preoccupato. "Ma sono anche stata peggio" aggiunge con un
mezzo sorriso.
Lui ricambia velocemente, quasi distratto. "E quanto dovrai restare qui, lo sai?"
Lei gli riassume quello che le hanno detto i medici riguardo alle prossime
settimane, al congedo per malattia e alla riabilitazione.
"Quindi non possiamo far conto che torni prima dell'anno nuovo" deduce lui.
Lei intuisce la domanda sottintesa e rimane in silenzio. Per evitare di rispondere
prende ancora il bicchiere, percependo che lui la osserva.
Allora Jounas fa un respiro profondo e glielo chiede esplicitamente: "Perch�
ritornerai, vero Eiken?".
Sarebbe facile rimandare la scelta, lasciare che le prossime settimane lo decidano.
Ma qualcosa nella voce di lui le fa dire la verit�. Un appello inespresso alla
riconciliazione. Un accenno di preoccupazione.
"Ci ho riflettuto" dice con sincerit�. "Prima di partire per le vacanze avevo
deciso di chiedere il trasferimento."
"E adesso? Ti sei ravveduta?"
"Ho pensato di darti un'altra opportunit�" replica secca. "Ma devi modificare un
po' il tuo atteggiamento. Un po' meno stronzate da ragazzini, in pratica. E non
voglio essere messa da parte nelle indagini importanti."
"Come sei prepotente" commenta lui. "Be', forse lo sarei anch'io al tuo posto. E
per quanto mi torturerai con il fatto che avevi ragione?"
"Te ne accorgerai."
Questa volta lei si concede di sorridere da un angolo della bocca.
Jounas scuote la testa e sospira. "Okay, immagino di meritarmelo."
"Come vanno le indagini per le aggressioni di Moerbeck e Odinswalla? Siete arrivati
a una conclusione?"
"Non ci siamo mossi di un millimetro" ammette lui in tono cupo. "Per� sembra che il
tizio stia facendo una pausa o abbia smesso del tutto. Non ci sono stati altri casi
dopo quello di Atlasv�gen. Sar� per il gelo" aggiunge. "I porci come quello di
solito non tirano fuori il pisello se fa freddo."
Karen ripensa ai casi che ha letto mentre studiava criminologia. "Possono passare
dei mesi tra un attacco e l'altro. In Svezia hanno affrontato un'indagine simile
qualche anno fa. Il tizio � andato avanti per anni prima che lo prendessero."
Jounas annuisce, ma non dice niente e Karen prosegue. "� solo questione di tempo
prima che ci provi di nuovo e io spero di essere tornata e di arrestare quel
bastardo."
Lui si alza e guarda fuori dalla finestra. Rimane in silenzio mentre lei aspetta.
L'istinto le dice che non sta pi� riflettendo sui crimini passati o su quelli
futuri. "E il vero motivo per cui � venuto qui non � sapere come sto" deduce
studiando la sua schiena.
"Stai pensando a Sigrid" butta l�, e vede che lui si irrigidisce prima di voltarsi.
Per un istante sembra sul punto di esprimere a parole tutta la rabbia e la
frustrazione che deve aver provato scoprendo che Sigrid era sulla nave, che Karen
la stava portando in vacanza con lei senza dirgli niente, e che aveva un rapporto
pi� stretto lei con sua figlia di quanto avesse avuto lui in molti anni.
"Nemmeno io le ho parlato" confessa lei piano.
Lo sguardo di Jounas � gelido e dubbioso. "Ah s�, davvero? Strano, avevo
l'impressione che foste diventate molto intime tutt'a un tratto. Unite dal
disprezzo nei miei confronti, suppongo."
Avrebbe voglia di essere cattiva, di ferirlo profondamente, e di affossarlo senza
piet�. Di sparargli a bruciapelo usando il suo stesso dolore come munizione. Ma sa
di non avere quel diritto.
"Puoi credere quello che vuoi, ma non l'ho sentita neppure io. E non risponde
quando la chiamo. Forse ci incolpa entrambi per la morte di Susanne."
Si rende conto che lui le crede e che si prepara per un ultimo disperato tentativo.
"Chiamami subito se si fa sentire e ti dice dov'�. � un ordine, Eiken. Siamo
intesi?"
Karen lo fissa dritto negli occhi. "Non posso promettertelo. Non lo far� se lei non
� d'accordo."
Continua a sostenere il suo sguardo e vede la collera venire meno, come se fosse
sopraffatto dagli sforzi per tenerla in vita. Il petto sembra sgonfiarsi e il viso
perde ogni espressivit�. Resta solo un dolore immenso. E lei sa che quello che ha
davanti ora non � pi� il suo capo, ma solo il padre di Sigrid.
"Una cosa per� posso assicurartela. Non parler� mai male di te a Sigrid. Le voglio
troppo bene per parlar male di suo padre."

Epilogo.

Due settimane pi� tardi Eleanor Eiken spinge la sedia a rotelle di sua figlia verso
le porte a vetri dell'ospedale. Karen vuole tornare a casa. Dopo la prima
settimana, che ha trascorso ancora stordita dal dolore e dagli analgesici, la
nostalgia della sua casetta � aumentata ogni giorno di pi�. E anche il desiderio di
poter decidere se lasciare la porta aperta o chiusa, se ricevere visite o no. Poter
stabilire quando e cosa mangiare, e se mangiare. Liberarsi di quell'odore di
disinfettante e del suono delle sirene. Piangere in pace.
Soprattutto, ha voglia di un bicchiere o due di vino, e di una sigaretta.
Preferirebbe rimanere da sola, ma si rende conto che avr� bisogno dell'aiuto di sua
madre, almeno per i primi tempi. Perci�, quando lei le dice con voce tutt'altro che
preoccupata che tra due giorni torner� in Spagna, prova un misto di sorpresa e
sollievo, ma si sente anche un po' abbandonata.
"Harry telefona tutti i giorni per chiedermi quando rientro" la informa Eleanor
guidando la sedia verso l'uscita. "A proposito, ti saluta tanto. Devo portarlo a
Langevik, appena starai meglio. Se non riusciamo prima, veniamo per Natale."
Karen non sa cosa dire. Ha pensato a questo momento per due settimane, ma ora che
intravede la realt� l� fuori, oltre le porte a vetri, vorrebbe restare l�, in quel
luogo sicuro.
"Te la caverai benissimo. E ti chiamer� ogni giorno per sentire come va" la
rassicura sua madre mentre le porte dell'ospedale di Thysted si richiudono con un
fruscio alle loro spalle.
L'aria fuori � chiara e limpida. Karen fa un paio di respiri profondi e si prepara
a percorrere con le stampelle gli ultimi metri fino ai taxi che attendono in fila.
Invece di fermarsi, per�, Eleanor Eiken continua a spingere la sedia verso il
parcheggio.
Quando Karen vede la sua auto, sente una stretta al cuore. Ma non � la vista della
sudicia Ford verde che la costringe a serrare le labbra per non piangere di
sollievo.
Accanto alla macchina c'� Leo Friis, che fa l'ultimo tiro di sigaretta e poi la
butta a terra schiacciandola con il tacco.
E al volante c'� Sigrid.

Fine.

Potrebbero piacerti anche