Sei sulla pagina 1di 133

Giovanni Ziccardi

L'ultimo hacker

2012 by Marsilio Editori� � s.p.a. in Venezia


Pubblicato in accordo con Grandi & Associati, Milano
Prima edizione digitale 2012
ISBN 978-88-317-3304-5
www.marsilioeditori.it
ebook@marsilioeditori.it
***
Negli anni novanta, Alessandro Correnti era Deus, uno degli hacker pi� famosi e
rispettati al mondo, poi era diventato un intransigente difensore delle libert�
civili nel ciberspazio per un importante gruppo di attivisti.
Ora � un avvocato quarantenne un po' nerd che ha aperto un piccolo studio di
diritto penale in centro a Milano. � single, guida una strana motocicletta
australiana che pare uscita da una guerra nucleare e conduce una vita piuttosto
riservata. La quiete tanto agognata � per� destinata a durare poco. Un piovoso
autunno milanese lo vede coinvolto in un delicato caso di pedopornografia e in una
questione di tratta di cuccioli di cani dall'Est Europa che lo porteranno a
confrontarsi con il mondo della criminalit� organizzata e con malviventi senza
scrupoli. Nel frattempo, il suo vecchio mentore atterra a Milano per rivelare
misteriose informazioni su un progetto per il controllo tecnologico delle persone.
Alex si trover� a dover attraversare in motocicletta l'Italia, da Milano a Matera,
dalle Murge al Carso, in una lotta non solo contro il tempo ma anche contro la
capacit� di controllo e l'invasivit� delle nuove tecnologie. E in questo viaggio
torner�, pian piano, l'hacker che era: anonimo, spietato e geniale.

GIOVANNI ZICCARDI (Castelfranco Emilia, Modena, 1969) � professore di Informatica


giuridica alla facolt� di Giurisprudenza dell'Universit� degli Studi di Milano,
dove ha fondato e dirige il Corso di perfezionamento in Computer Forensics e
Investigazioni Digitali. Avvocato, pubblicista e scrittore, � presidente della
Legal Drama Society, circolo culturale e letterario dedicato al legal thriller e al
legal drama. Autore di volumi e articoli scientifici pubblicati in Italia, Olanda,
Stati Uniti d'America e Giappone, � considerato uno dei massimi esperti
d'informatica giuridica, di diritto dell'informatica e delle nuove tecnologie, di
libert� del codice e della cultura, di hacking, di criminalit� informatica, di
sorveglianza globale e di investigazioni digitali. Con Marsilio ha gi� pubblicato
il saggio Hacker. Il richiamo della libert� (2011).
***
Gli accadimenti narrati in questo romanzo sono frutto esclusivo della fantasia
dell'autore. Il romanzo non contiene alcun riferimento a persone, a luoghi o a
episodi reali; in via eccezionale, nomi, contesti e luoghi realmente esistenti sono
stati inseriti nella trama a puri fini narrativi, e senza attinenza con situazioni
accadute nel mondo reale. I meccanismi processuali e le regole giuridiche, i dati
medici e gli aspetti pi� tecnici sono stati adattati, in alcuni casi, al contesto
narrativo in maniera fantasiosa o sono stati semplificati a uso del lettore.
***
1. Il Giudice
�Rilassati, Alessandro. E fai un bel respiro. Il dolore vero non � quello che
avverti in questo istante. Il dolore vero lo assorbi tutti i giorni. Nei corridoi
dei tribunali.�
L'uomo che parla, e che mi sta tatuando il braccio, � un vecchio giudice in
pensione. Anzi, � il Giudice.
La poltroncina di legno scuro sulla quale sono seduto ha, sul lato sinistro, una
targhetta metallica: Tribunale ordinario di Milano - Categoria: beni durevoli -
Bene inventariato: n. 1221. La provenienza � chiara.
Sono circondato da librerie in ciliegio alte fino al soffitto, ricolme di tomi
giuridici e faldoni impolverati. Custodiscono pratiche scadute da decenni. Il
parquet � graffiato. Non ci sono tappeti.
Unica macchia di colore � un dipinto di Thomas Couture, Un giudice va alla corte,
affisso in uno dei pochi spazi liberi sul muro. Raffigura un magistrato pensieroso
che si reca al lavoro in toga e tocco, la cartella dei fascicoli ben salda
sottobraccio. Attraversa di fretta un'aia polverosa popolata da galline, solleva
leggermente i lembi della veste nera, a guisa di sposa che voglia evitare di
calpestare lo strascico, e rivela all'osservatore un paio di scarpe eleganti.
In sottofondo si diffonde una musica orientaleggiante. La radiolina bianca �
appoggiata su una scrivania in laminato chiaro.
Bene inventariato: n. 1222.
La voce del Giudice � impastata dall'alcol. Sembra che abbia una biglia incastrata
sotto la lingua. L'accento non lascia trasparire inflessioni dialettali.
Cerca, mentre parla, di modulare tono e volume. Lo fa per tranquillizzarmi, e per
soverchiare il ronzio della macchinetta cinese da due soldi che sta martoriando, da
alcuni minuti, il mio braccio destro.
�Il dolore... ah, il dolore... entra in te quotidianamente. Goccia dopo goccia.
Come la soluzione salina di una flebo. Lo assorbi nei palazzi di giustizia, nei
parlatori delle carceri, nelle astanterie degli ospedali, nelle stanze del tuo
studio legale. Persino nella nostra Costituzione.�
Ora il tono � appassionato. Ha iniziato una vera e propria arringa.
�Ricordi cosa diceva Calamandrei? Nella nostra Costituzione c'� dentro tutta la
nostra storia. Tutto il nostro passato. Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure,
le nostre gioie sono sfociati in quegli articoli. E se uno si ferma ad ascoltare
con attenzione, a intendere, come diceva lui, dietro e dentro gli articoli della
nostra Costituzione si sentono voci lontane. Sono le voci di Mazzini, di Cavour, di
Cattaneo, di Beccaria, di Garibaldi... ma anche di tanti giovani, di umili persone
cadute combattendo. Nel dolore...�
Mi sta stordendo di parole e di citazioni. Riesce, per fortuna, nell'intento di non
farmi avvertire il leggero indolenzimento che comincia a manifestarsi poco sopra il
gomito.
�Il dolore, Alessandro, � un elemento essenziale del rito del tatuaggio. In Asia,
in Giappone, in Oceania, devi sentire dolore. Devi! Per prepararti alla morte. Per
non avere pi� paura nella vita quotidiana.�
Oceania.
Cerco di rappresentarmi mentalmente la collocazione geografica dell'Oceania. Mi
domando, soprattutto, cosa sappia, il vecchio, dell'Oceania.
�I tatuaggi all'occidentale hanno trasformato il vero dolore in poco pi� di un
fastidio. Un dolore annacquato. Ci siamo disinteressati della parte pi� importante
della tradizione, il vero dolore. Il dolore � civilt�! Il dolore � memoria e
consapevolezza!�
La situazione sta precipitando. E comincio a preoccuparmi.
Il Giudice ha ora indossato la sua vecchia toga, sollevando un nugolo di polvere
nella stanza. � salito in cima a una pila di libri e si prepara al gran finale. Ha
impugnato la macchinetta per fare i tatuaggi come se fosse la bacchetta di un
direttore d'orchestra.
Ne approfitto per osservare il lavoro in corso sul mio braccio, mentre lui mi
recita, per l'ennesima volta, la parte finale del discorso di Piero Calamandrei
agli studenti milanesi. Era in prima fila, nel salone degli affreschi della Societ�
Umanitaria, il 26 gennaio 1955. La sua voce, al ricordo, riprende vita, e mentre
parla si commuove.
�Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani
come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei
campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di
Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perch� la libert� e la
giustizia potessero essere scritte su questa carta!�
E intanto il tatuaggio sta venendo uno schifo.
Nell'ambiente giudiziario quest'uomo con i capelli lunghi e bianchi sciolti sulle
spalle, la barba e gli occhiali � conosciuto come il Giudice.
Il Giudice e basta.
Basso e tarchiato, due gote rubizze, calza sempre pantofole di velluto. D'estate e
d'inverno.
Il Giudice non � un tatuatore professionista. La decorazione della pelle � un hobby
che, terminata la carriera in magistratura, � diventato la sua attivit� principale.
Non utilizza strumenti sterilizzati o particolarmente raffinati: si serve di tanti
piccoli aghi elettrici pilotati da macchine bianche e rosse d'infima qualit� che
ordina in Cina via internet e che bagna con sacralit� nell'inchiostro.
Rigorosamente nero.
Ha trascorso quarant'anni su uno scranno a intingere la penna nel calamaio e a
vergare sentenze segnando, in quel modo, la vita di migliaia di uomini e donne. Ora
che � in pensione, ha deciso, in un certo senso, di continuare tale attivit�. Lo fa
direttamente sulla pelle altrui, per�. Lasciando ancora il suo segno indelebile su
esseri umani.
Il Giudice beve. Troppo.
E ha le mani che tremano. Tanto.
� per� ben consapevole della sua condizione e dei suoi limiti: tratteggia con uno
stile semplice, lineare, non articolato, fermandosi spesso per prendere fiato,
detergersi il sudore, bere un sorso per smettere di tremare.
Quando mi ha aperto la porta gli ho mostrato, gi� sulla soglia, il disegno di una
colomba appollaiata su un cavo di rete. Il cavo �, fortunatamente, ondulato: non
sarebbe stato in grado di tatuarlo perfettamente rettilineo.
Ha osservato il disegno e non ha detto nulla. Mi ha fatto accomodare nel suo studio
e, poco dopo, mi ha stupito per quella sua mano incerta ma leggera, quasi fatata.
Il Giudice ha avuto una carriera degna di nota. E a ogni mia visita la ripercorre,
particolarmente orgoglioso, ad alta voce.
�Iniziai come giovane uditore in corte d'appello, a Bologna. Poi tanto tempo come
pretore di campagna a San Marco Argentano. Poi magistrato di corte d'appello a
Roma. Infine, presidente di sezione a Milano. Ah, quanti anni...�
� una miniera di conoscenza giuridica, di buon senso, di psicologia. Ha trattato
migliaia di casi: separazioni e divorzi, maxiprocessi, terrorismo, criminalit�
organizzata, droga.
�, soprattutto, una combinazione irresistibile di follia e genialit�.
La sua carriera togata � terminata lo scorso anno, il 30 gennaio. Bruscamente.
Era in corso la cerimonia d'apertura dell'anno giudiziario. Nell'aula magna del
tribunale il Giudice stava attendendo, non troppo paziente, che il ministro della
Giustizia e le altre autorit� presenti terminassero i loro discorsi. Sbuffava,
insofferente, mentre questi parlavano, causando spesso l'interruzione seccata
dell'oratore e borbottii nella platea. Scimmiottava le parole del ministro. Faceva
squillare la suoneria del telefono cellulare. Indossava e toglieva il tocco,
continuamente, come Charlot in uno dei suoi film. Si faceva vento con la pettorina
di cotone decorata in pizzo sangallo. Disturbava, insomma. E tanto.
�Alessandro, pensa che a Milano, lo scorso anno, non mancava proprio nessuno.
Eravamo il centro del sistema giustizia, c'erano tutti! Il ministro si era
presentato di persona. Il presidente della corte d'appello, il procuratore generale
presso la corte d'appello, il presidente del consiglio dell'ordine degli avvocati.
Erano tutti l�, seduti uno a fianco dell'altro in sala.�
Il Giudice ricorda nitidamente la giornata. E me la racconta per l'ennesima volta.
�Prese la parola per primo il presidente della corte d'appello. Parl� per trenta
minuti, attenendosi al protocollo, facendo un resoconto delle attivit� svolte a
Milano e dei problemi evidenziati nell'anno giudiziario trascorso. Tocc� poi al
ministro della Giustizia. Il parterre si svuot� rumorosamente in segno di protesta.
Al termine del discorso del ministro noi magistrati rientrammo per ascoltare il
procuratore generale e il presidente del consiglio dell'ordine. Poi il ministro,
per la seconda volta e trasgredendo al protocollo, si avvicin� al microfono per
replicare ad alcune accuse mossegli tramite le relazioni di chi lo aveva preceduto.
E a quel punto non sono proprio riuscito a trattenermi, Alessandro...�
Tutto si svolse, quel giorno, in pochi secondi.
Il Giudice si alz� rumorosamente. Era in prima fila. Finse di voler stringere la
mano al ministro. Tese il braccio all'allibito politico e sfoggi� un sorriso
palesemente ingannatore.
Con l'altra mano, in un gesto fulmineo, sganci� quattro bottoni automatici che
aveva aggiunto la sera precedente al retro della sua pregiata toga Scalella in pura
lana Loro Piana con cordoneria lusso in oro.
Il pubblico, proprio nel momento in cui il Giudice saliva i tre gradini per
stringere la mano al ministro, vide chiaramente la toga aperta sul retro. Una sorta
di finestra sulla giustizia.
Una finestra molto bassa, a dire il vero. Che lasciava fuoriuscire due glutei rosa
e lisci, torniti e, soprattutto, tatuati. Rigorosamente con inchiostro nero. Con la
scritta "dura lex sed lex". A favore di telecamere e giornalisti.
La cerimonia fu fatta terminare in anticipo. Gli addetti alla sicurezza e alcuni
colleghi presero il Giudice sottobraccio, con delicatezza, e lo allontanarono dalla
sala tra gli applausi degli altri magistrati. Un cancelliere lo seguiva a breve
distanza: cercava di limitare i danni, e di tenere la toga chiusa sul retro, come
un paggetto a un matrimonio, ma la finestra sulla giustizia si ribellava e si
apriva continuamente, stimolando gridolini e applausi.
Dopo quel plateale atto di protesta, inizi� un'azione disciplinare.
�Se devo essere sincero, Alessandro, il procuratore generale si schier� dalla mia
parte. Era un brav'uomo. Fin dal primo momento cerc� di sostenere l'esimente della
scarsa rilevanza del fatto. Il ministro, invece, quello no. Si accan� contro di me,
ne fece una vera e propria questione personale. Chiese un'accelerazione dei tempi
della procedura e, soprattutto, domand� che mi fosse comminata la sanzione pi�
grave prevista dalla legge nei confronti di un magistrato: la rimozione dalla
magistratura.�
Quest'ultima parte della storia la conosco bene.
Un paio di settimane dopo l'accaduto, il Giudice sal� di un piano le scale del
palazzo nel quale entrambi abitiamo e suon� alla porta del mio appartamento.
Mi raccont� tutto, anche se gi� avevo appreso ogni dettaglio dai telegiornali e
dalla stampa.
Era stato accusato di aver violato gran parte dei doveri facenti capo alla sua
professione, correttezza, riserbo, equilibrio e dignit�, oltre ad aver compromesso
la credibilit�, il prestigio e il decoro dell'istituzione giudiziaria.
Mi chiese di difenderlo.
Mi preg� di andare a Roma e di combattere per lui e per il suo diritto di satira e
di protesta.
Ricordo ancora quando mi salut� alla stazione centrale di Milano, di mattina, io
gi� sul treno per Roma.
Arriv� in toga, tra curiosi allibiti, e grid� dal terzo binario: �Dove non giunge
la spada della legge, l� giunge la frusta della satira!�
Come difensore avrebbe potuto scegliere un collega magistrato, la legge glielo
avrebbe permesso. E forse, da un punto di vista strategico, sarebbe stato pi�
opportuno.
Ma scelse me.
Un avvocato.
Tornai dal procedimento disciplinare di Roma con in tasca un ammonimento, la
sanzione pi� lieve prevista dalla legge.
Il mio cliente fu semplicemente richiamato. Avrebbe dovuto osservare in ogni
occasione, pubblica e privata, i doveri tipici del magistrato.
Il ministro fu a dir poco seccato per l'esito. Si aspettava, quantomeno, la
sospensione dalle funzioni, l'incapacit� temporanea a esercitare un incarico
direttivo o la perdita dell'anzianit�.
Il Giudice mi mostra il trafiletto, ormai ingiallito, del Corriere della Sera di
quel giorno, che ha ritagliato e conservato. Le brevi dichiarazioni del ministro
alla stampa, subito dopo la conclusione del caso, erano state secche: �Quel
magistrato ha tenuto una condotta che lo rende immeritevole della fiducia e della
considerazione di cui deve godere. Ha compromesso il prestigio dell'intero ordine
giudiziario.�
Nonostante avesse affrontato tutta la vicenda con la sua tipica dose d'ironia, e in
maniera abbastanza disincantata, nel suo intimo il Giudice aveva sofferto.
Avendo gi� maturato l'anzianit� necessaria, poche settimane dopo decise di
ritirarsi a vita privata: quel mondo non gli piaceva pi�.
Felice, con la sua liquidazione e una buona pensione, si mise a fare il tatuatore.
E il dispensatore di consigli di vita, di aneddoti e di dolore.
Mi rilasso sulla poltroncina inventariata.
Distendo le gambe.
In questo momento il Giudice � tornato tranquillo.
Ha terminato di argomentare su dolore, tribunali e sanzioni disciplinari e di
recitare a memoria Calamandrei.
Ora � pronto per ascoltare.
Per diventare, come al solito, la mia scatola nera.
E io posso iniziare a raccontare.
***
2. Tre vite
Milano. Met� novembre. Le sei della sera di un luned� come un altro. Sono nel mio
studio legale.
� il quarantesimo giorno di pioggia. Quaranta giorni di goccioline fini e
insistenti come una lima sorda.
Non ho sempre vissuto in questa citt�. Per dieci entusiasmanti anni ho lavorato a
San Francisco. La citt� che preferisco dopo Praga.
Ero un avvocato per i diritti civili. Un civil rights attorney.
Sono rientrato in Italia tre anni fa, e ora sono un semplice avvocato che lavora in
proprio. Con tanto di scritta sul campanello del mio studio.
Alessandro Correnti
Avvocato
Fatta la pratica legale a Bologna e l'esame di stato, pi� o meno a met� degli anni
novanta, in quella che considero la mia seconda vita, sono stato assunto dalla
Cyberspace Law Avantgarde, la pi� importante associazione per la tutela dei diritti
civili nel mondo elettronico e in internet. La mia CLA.
Per un decennio ho fatto la spola tra la Baia e il resto del mondo, con la valigia
sempre pronta e un computer portatile sulle ginocchia: dove si celebravano i pi�
importanti processi, io c'ero, in prima fila, pronto a combattere in nome della CLA
e dei principi in cui credevo.
In quegli anni ho visto hacker innocenti tratti in giudizio dalle multinazionali e
minacciati di danni per milioni di dollari. La loro unica colpa era la curiosit�.
Ho difeso ricercatori arrestati dopo aver svelato i difetti di programmi diffusi in
tutto il mondo. Ho assistito dissidenti politici, sorvegliati da anni e accusati di
crimini inesistenti. Ho combattuto a colpi di Codice e Costituzione affinch� la
privacy fosse garantita in ogni angolo del mondo. Ho tutelato scienziati che
sviluppavano sistemi di crittografia o strumenti volti a garantire l'anonimato.
Ho calpestato i pavimenti ammuffiti di celle che rinchiudevano ragazzini accusati
di avere sabotato le infrastrutture critiche d'interi stati. Nelle aule di
tribunale, a questi bambini con gli occhioni grandi e la frangetta ribelle, ho
tenuto la mano: non arrivavano nemmeno al tavolo della difesa mentre cercavano di
comprendere le arcane parole pronunciate da un giudice che spiegava loro cosa
stessero rischiando: multe milionarie alle famiglie, interdizione dall'uso del
computer fino alla maggiore et�, anni di galera.
Gli hacker penetrano e devastano ogni tipo di sistema informatico, sia pubblico che
privato, infettandolo con virus e sottraendo materiali preziosi. Queste persone
sono dei terroristi.
Ecco quello che pensavano i politici e le forze dell'ordine in quegli anni. La
curiosit� era vista come un crimine. E quei ragazzi erano considerati alla stregua
di terroristi.
Oggi la situazione non � di certo cambiata. Anzi.
In tutti quei luoghi dove gli stati, spaventati, reagivano con violenza alla
diffusione della tecnologia e mostravano la loro forza, quasi sempre nei confronti
di innocenti e deboli, io c'ero.
Io ero l�.
Deciso. Preparato. Spietato.
In nome della libert� e dei principi in cui credevo. E in cui credo ancora.
Il ricordo di quel periodo � difficile da cancellare, per tanti motivi. A un certo
punto tutto � precipitato, e ho dovuto inventarmi una terza vita.
Ma a questo comincio a essere abituato.
Ora non lavoro pi� con una suggestiva vista sulla Baia, ma in uno studio di sole
due stanze in centro a Milano, e non mi occupo quasi pi� di diritti civili.
Sono un penalista tradizionale. Ho rinfrescato le mie conoscenze del diritto
italiano e ho seguito qualche corso d'aggiornamento. E me la cavo. Di questo devo
ringraziare soprattutto il mio periodo di pratica. Un buon tirocinio � la cosa pi�
importante da fare subito dopo l'universit�. Il miglior investimento possibile.
Nello spirito sono, per�, rimasto quello che ero a San Francisco. Se ci sono
ingiustizie da denunciare e innocenti da difendere, mi sento particolarmente a mio
agio.
Accetto molte difese d'ufficio, seguo ancora questioni che riguardano vecchi amici
hacker, redigo consulenze sulla sicurezza dei sistemi aziendali. E il lavoro sta
andando bene.
Ho per� un'ombra che mi porto dietro.
Negli anni ottanta, prima di iscrivermi alla facolt� di giurisprudenza, nella mia
prima vita, ero un hacker. Non solo. Ero Deus, membro attivo del ThreeForHope, uno
dei pi� importanti e rispettati gruppi hacker di tutti i tempi.
A quel tempo l'hacking era ancora qualcosa di puro. Un'espressione di libert�. La
sana volont� di aggirare gli ostacoli imposti dall'esterno, di violare sistemi
d'interesse pubblico che non era giusto rimanessero segreti, misteriosi e nascosti.
Una sfida aperta alla tecnologia chiusa che si stava diffondendo in quegli anni.
Rifiutavamo l'idea di autorit�, manifestavamo diffidenza per il potere, chiedevamo
un'informazione libera, cercavamo eguaglianza grazie ai computer.
E combattevamo per la libert�.
Noi tre di TfH, Deus, Evey e Rose, eravamo i migliori.
Anche da quella vita uscii appena in tempo. Prima che tutto precipitasse. Quegli
anni ci hanno per� legati in maniera indissolubile. Un vero e proprio giuramento di
sangue tra me e i miei due ex compagni.
Molti anni dopo, in una sorta di d�j�-vu, mi sono ritrovato a difendere alcuni
degli hacker che avevo conosciuto online, dietro uno schermo, nel corso delle notti
che io, Evey e Rose trascorrevamo connessi alla rete. Ho visto morire ragazzi
coinvolti in questioni per loro troppo grandi, delicate e pericolose: trattavano
con la mafia russa o turca e con altre organizzazioni criminali.
Ero l'unico italiano ai funerali di Karl Koch, il 23 maggio 1989: avevo vent'anni
e, soprattutto, le lacrime agli occhi. Il giovane Hagbard era stato trovato
carbonizzato in un bosco. Un suicidio, per le autorit�. Un omicidio, per tutti gli
altri.
Non ho una segretaria.
Il primo anno ho rinunciato ad assumerne una per contenere i costi e poter arredare
il mio studio con pezzi di design e lampade pregiate.
Prima di allora non avevo mai posseduto mobili. O ero in giro per il mondo oppure,
insieme alla casa, affittavo anche l'arredamento. Per la prima volta, a Milano,
avevo delle cose mie che mi piacevano. Questo mi dava sicurezza.
Il secondo anno ho rinunciato ancora alla segretaria per comprarmi una
motocicletta. La mia Harley rossa e la mia Bmw R75/5 del 1970 erano rimaste a San
Francisco, regalate a un meccanico di Haight. A Milano le ho sostituite con una
custom australiana nera come la notte. E come questa citt�.
Alla Bmw d'epoca ero molto legato. Era un regalo della mia fidanzata di allora. Era
uguale a quella che usava Steve Jobs negli anni settanta.
� la moto adorata dagli hacker. Un esempio di perfezione tecnologica: � ritenuta la
moto ideale.
Avrei potuto organizzarmi senza problemi per farla arrivare in Italia. In nave, in
un container, sarebbe approdata in meno di un mese. Abbandonarla a San Francisco ha
avuto un significato simbolico: non trascinarsi dietro pezzi di vita, ricominciare
da zero, far diventare gli Stati Uniti il passato.
Ora che comincio a essere pi� tranquillo, la Bmw mi manca. Anche se la mia nuova
custom ha scritto Deus sul serbatoio.
Il terzo anno di attivit� ho rinunciato di nuovo alla segretaria perch� ho deciso
di spostarmi in un appartamento pi� grande, in Isola, carino e molto luminoso con
un grande terrazzo in un palazzo tranquillo che ospita anche alcuni attori, un
musicista, due ex assessori e un giudice in pensione.
L'appartamento per me. Il terrazzo per il mio cane.
Dopo i mobili, � stato un secondo passo importante verso lidi sicuri.
Se mi fermo per un attimo a guardare indietro, a riflettere sul mio passato, sui
miei primi quarant'anni, mi sembra che pian piano tutti i tasselli stiano andando
al loro posto. Mi sento come un ingranaggio che si sta oliando e che sta
raggiungendo, finalmente, un equilibrio, con tutte le ruote dentate che combaciano,
senza problemi e senza attriti.
Di solito ho il brutto vizio di rovinare tutto sul pi� bello. Di far franare
l'intero castello di carte con un soffio deciso, all'improvviso.
Per ora sta andando tutto bene.
A parte il tempo e l'insonnia, sta andando tutto bene.
Per� lo dico sottovoce.
Non si sa mai.
Mi riprendo dal torpore e dai pensieri.
L'orologio a forma di occhio segna le sei e mezza.
L'orologio: ho rispettato le volont� di George Nelson, che lo cre� per Howard
Miller negli anni sessanta, e ho appeso l'eye clock in diagonale, proprio com'era
raffigurato sulle brochure pubblicitarie dell'epoca e com'era nell'idea del suo
creatore.
Svogliato, appoggio il dito indice della mano destra sul lettore biometrico del
computer portatile che ho sulla scrivania a fianco del piccolo router-firewall
color crema cui � sempre collegato, e che ho configurato personalmente, e del
sistema di segreteria digitale che provvede a deviarmi le telefonate sui cellulari
quando non sono in studio.
Un sottile fascio di luce legge la mia impronta digitale.
La scritta che appare nella finestra lampeggiante sullo schermo � chiara. Errore di
autenticazione. Riprovare.
Ha ragione il sensore. Il polpastrello � coperto da una leggera patina di umidit� e
grasso.
Quante volte ho rubato impronte digitali da bicchieri altrui per poi ricostruirle e
accedere a computer non miei...
L'investimento necessario � minimo. Il calco del dito si pu� realizzare usando una
comune resina di tipo plastico. Di solito la trovo in Brera, nei negozi d'arte e di
pennelli.
Poi � necessario versare gelatina liquida nel calco e aspettare che si solidifichi.
Anche in questo caso va benissimo semplice gelatina da torte, reperibile in
qualsiasi negozio di alimentari.
Con un sistema simile, utilizzando la copia di gelatina al posto del dito
originario, s'ingannano la maggior parte dei lettori biometrici in commercio.
L'impronta si pu� anche trattare con fumi di cianoacrilato. Sono i vapori delle
comuni colle istantanee. Facendo reazione con il residuo di grasso e sudore di cui
� composta un'impronta, danno origine a un rilievo bianco e solido che riproduce
fedelmente l'impronta presente, ad esempio, su un bicchiere.
Si fotografa questo rilievo con una macchina digitale, si migliora l'immagine per
aumentare contrasto e definizione e per renderla pi� precisa e la si stampa su un
foglio di plastica trasparente simile a quello usato per le diapositive. Si pu�
cos� riprodurre anche il rilievo tridimensionale dell'impronta.
A quel punto, il gioco � fatto.
Basta spalmare sulla pellicola un sottile strato di colla vinilica, attaccare la
colla a un qualsiasi dito una volta solidificata e sostituire, senza problemi, il
polpastrello originario.
Senza bisogno di amputarlo, come spesso si vede in qualche film trash.
Passo nuovamente un polpastrello sullo scanner. Questa volta uso la mano sinistra.
Riconosciuta l'impronta digitale, il sistema mi fa accedere senza problemi al mio
ambiente di lavoro.
Collego un disco fisso esterno grande come un pacchetto di sigarette che contiene
alcune applicazioni portable, cifrato con TrueCrypt.
Ora sono pronto per lavorare.
In realt�, del computer originario sono rimasti solo la scritta, la scocca in
carbonio e qualche filo elettrico. Appena comprato ed estratto dalla scatola, l'ho
aperto e ho sostituito gran parte dei componenti. Per prima cosa il processore, che
nell'originale era trusted, fidato, ma solo per chi lo aveva costruito. Un vero
hacker non si fida mai di nulla e di nessuno. Poi ho aggiunto una tastiera no
spill, che resiste alle infiltrazioni di liquidi: acqua, Coca-Cola, Becherovka e,
soprattutto, rum. Ho spostato la ventola di raffreddamento di lato, ho aggiunto due
porte usb e una levetta che interrompe l'alimentazione all'hard disk interno in
caso di emergenza, facendo scattare il sistema di cifratura. Ho anche rinforzato le
cerniere, che ora sono in carbonio, e ho disattivato la webcam. La sua connessione
a internet, poi, non � mai diretta ma passa sempre attraverso uno dei tanti piccoli
firewall che ho disseminato in studio, a casa e nello zainetto. Al giorno d'oggi
non � pi� pensabile collegarsi direttamente a internet, n� da casa n�, tantomeno,
da un hotel o da una rete sconosciuta. Bisogna passare attraverso un firewall.
Meglio se quel firewall � configurato personalmente da me.
In pochi sanno, purtroppo, che con poche decine di euro e una scatoletta grande
come un libro tascabile il livello di sicurezza personale muta radicalmente.
Purtroppo... o per fortuna.
La prima cosa che faccio, dopo essermi collegato a internet tramite una vpn sicura
e cifrata, � controllare il mio vecchio indirizzo di posta elettronica della
Cyberspace Law Avantgarde.
Non sono riuscito a dimenticare la CLA, nonostante quel periodo faccia ormai parte
della mia seconda vita. Si tratta, comunque, di un aspetto importante del mio
passato. Mi piace l'idea di poter leggere ancora le loro e-mail.
Non intervengo mai nelle discussioni elettroniche dell'associazione. Mi limito a
leggere, a cadenza regolare, la corrispondenza che circola in lista, da dietro le
quinte.
Questa volta c'� anche una e-mail personale. Indirizzata specificamente a me. Leggo
il mittente della lettera, scritta in un italiano stentato, e sorrido, anche se, in
verit�, il messaggio fa riaffiorare in un istante ricordi e commozione e il cuore
inizia a battere forte.
Da: god@cla.org
Risposta: god@cla.org
Data: luned� 15 novembre 2010 ore 18.30
A: deus@cla.org
Oggetto: reminder lezione universit� Milano
Caro Deus,
ti scrivo da Londra, dove ho tenuto conferenza. Domattina ho volo per Milano e
tengo conferenza in universit� ore 10.00, su internet, diritti di libert�, societ�
sorvegliata e privacy. Ti dovrebbe essere arrivato l'annuncio un mese fa. Te lo
ricordo.
Spero che tu non hai impegno e riesci a passare, ti vedo con piacere. Ci saranno
tanti studenti e consiglio di esserci, dir� cose importanti.
Indico link a video mia moto nuova, so che ti piace.
Happy hackin'!
God
God � il guru.
Il mentore.
Il maestro spirituale.
La luce.
Colui dal quale tutto ha avuto origine.
Il fondatore della CLA.
Il motivo per il quale sono partito per gli Stati Uniti.
La ragione per cui ho iniziato ad apprezzare il rum. In memoria di quando, in un
ristorante cinese di Parigi, mi sussurr� all'orecchio: �Start to fight! Inizia a
combattere!�, e mi chiam� a lavorare con lui in California. A dirigere il suo staff
legale.
God � un tipo strano.
Un bel giorno decise, di punto in bianco, di abbandonare tutto ci� che stava
facendo per occuparsi della difesa dei pi� deboli. La libert� di manifestazione del
pensiero in rete e la possibilit� per chiunque di esprimere qualsiasi concetto in
modo sicuro erano diventate le sue priorit� di vita.
Non aveva problemi economici: poteva contare su un ottimo patrimonio che gli era
stato garantito dalla vendita di un software da lui inventato. Divenne milionario
quando una multinazionale acquist� la sua invenzione per incorporarla nelle proprie
applicazioni.
Il successo su scala mondiale della CLA, l'associazione che aveva fondato per
portare avanti simili principi, lo fece diventare la vecchia guardia dei diritti
civili in rete, il guru delle libert� digitali, il cavaliere che combatteva perch�
internet rimanesse free e open, libera e aperta.
Il suo sogno era quello di una societ� elettronica dove chiunque potesse dire ci�
che voleva.
Dove chiunque, in ogni angolo del mondo, fosse libero di accedere a qualsiasi
informazione di suo interesse.
Dove nessuno, soprattutto, potesse fermare l'ininterrotta conversazione globale, n�
trovarsi nella posizione politica o tecnologica per farlo.
Il collegamento presente nel corpo del messaggio di God mi porta in pochi secondi
su YouTube.
Il software del mio piccolo firewall color crema mi domanda se voglio aprire e
vedere il file.
Rispondo di s�.
Si avvia un video.
Alzo il volume.
God appare a tutto schermo in un cortile. Due cani gli saltellano attorno. Sembrano
due border collie. Sta trafficando sul motore di una Bsa degli anni settanta,
identica alla motocicletta che usava Michael Lang per spostarsi attraverso i prati
e il fango durante il festival di Woodstock.
La ripresa � fissa. Probabilmente ha appoggiato una telecamera, o un telefono
cellulare, su un muretto.
La motocicletta � davvero bella. La guardo con attenzione e, nel frattempo,
comincio a fare mentalmente il punto sui miei impegni.
Le dieci di domattina � un buon orario per seguire la conferenza di God a Milano.
Il processo che dovr� discutere � fissato per l'una. Dovrei riuscire a fare tutto
senza particolari problemi. N� affanno.
Rispondo a God rapidamente. So che legger� la e-mail in aereo.
I'll be there.
Ripulisco con cura, con un pannetto, il lettore biometrico che ha confrontato la
mia impronta digitale con il database interno per farmi accedere al computer.
Alcune tracce sono visibili, e si potrebbe ricostruire la mia impronta proprio
partendo dal piccolo riquadro sul quale appoggio ogni mattina il polpastrello.
La sicurezza biometrica si basa su un assunto errato. Che ogni persona sia unica, e
che non possa avere le sue fattezze riprodotte.
Sorrido ripensando a quando, con alcuni amici, ricreammo una mano. S�, una mano
intera. Per ingannare un sistema di riconoscimento palmare e di scanning della
geometria della mano.
Eravamo in tre. Furono sufficienti qualche litro d'acqua deionizzata, un po' di
alginato cromatico dentale, proprio l'idrocolloide usato per le impronte elastiche
dai dentisti, della resina e del silicone e in meno di un'ora avevamo la nostra
mano.
E ingannammo il sistema.
A fatica, cerco di mettere da parte God e i piacevoli ricordi che la sua e-mail ha
fatto riaffiorare e mi concentro sul lavoro.
Lo confesso, il suo messaggio mi ha fatto davvero piacere.
Non so se avrei avuto il coraggio di raggiungerlo in qualche angolo del mondo. Il
fatto che sia lui a venire a Milano mi facilita molto. Mi toglie il peso della
scelta.
Quante volte avrei voluto incontrarlo, per essere motivato, per ritrovare
l'entusiasmo nei momenti pi� bui, per confrontarmi con lui su alcuni casi, o
semplicemente per bere di nuovo qualcosa insieme.
Il lavoro...
Gi�.
Sar� il caso che mi dedichi al brutto processo che dovr� discutere domattina in
giudizio abbreviato.
Un caso di detenzione di materiale pedopornografico da parte di un noto architetto.
Rappresento la parte civile.
Con la mia cliente, Lara Magnoni, ho appuntamento tra quindici minuti esatti.
Il caso � denso di lati oscuri. Abbiamo, per�, tempo sufficiente per parlarne con
calma. E per cercare di elaborare una buona strategia processuale.
Il campanello suona.
Lara � in anticipo.
Il fascicolo � gi� pronto, appoggiato sulla scrivania. Una copertina anonima, con
l'indicazione di un codice alfanumerico.
Sposto lo zainetto sul piano della Pretzel Chair, una sedia a forma di pane che
tengo accanto alla scrivania. Lo faccio sempre, quando ricevo clienti, ormai �
diventato un gesto automatico. Un riflesso condizionato, come quello dei cani di
Pavlov. Voglio evitare che a qualcuno venga in mente di sedere su quella che pu�
sembrare una poltroncina ma che, in realt�, � una pregiata scultura in legno scuro
curvato.
Mi alzo e m'incammino verso la porta.
***
3. Orchi e fatine
�Buonasera avvocato.�
Lara Magnoni ha la voce stanca. Abbozza ugualmente un sorriso.
�Buonasera Lara. Ben arrivata. Si accomodi.�
Mi passa accanto mentre entra. Ha occhiaie profonde, anche se i lineamenti del viso
sono abbastanza rilassati. L'aiuto a sfilarsi di dosso il piumino bagnato e a
infilare l'ombrello nel portaombrelli.
�Tutto bene, signora? Stanca?�
�Stanca? Sono a pezzi. Gli impegni di lavoro... le bambine... sono gi� con il fiato
corto di luned�. Si figuri in che condizioni arrivo al fine settimana. Lei?
Iniziata bene la settimana?�
�Bene, bene, signora. Tutto bene. E circa la sua questione... dovremmo essere quasi
al termine. Per fortuna.�
Abbassa gli occhi e non dice nulla.
La vicenda legale che l'ha coinvolta la sta stremando, fisicamente e
psicologicamente.
Il processo � dolore, � una pena, direbbe in questo momento il Giudice citando
Calamandrei. E giudici e avvocati dovrebbero lavorare insieme, con umanit� e
vicinanza, per combattere contro questo dolore abbreviando il processo e rendendo
giustizia.
A Lara il dolore del processo � entrato dentro, anche se lei non � accusata di
nulla. Probabilmente quel dolore non uscir� mai pi�.
Ha capelli corvini sciolti sulle spalle, un'ombra di rossetto su labbra sottili,
occhiali piccoli dalla montatura metallica quasi invisibile, un trucco leggero
attorno agli occhi e alle ciglia e un tocco di fard sulle gote. Indossa una
maglietta di cachemire bianca, scollata e attillata, e pantaloni neri a sigaretta.
�Venga, Lara. Mi segua.�
L'accompagno nella mia stanza. Ci chiudiamo la porta alle spalle e iniziamo a
consultare insieme il fascicolo del caso. Per l'ennesima volta.
�Quante carte... Ormai lo conosco a memoria questo fascicolo, avvocato...�
Non ne dubito. Si tratta di un faldone abbastanza voluminoso che contiene numerose
carte e la copia di un dvd.
Il fascicolo contiene anche decine di fotografie in bianco e nero e a colori.
Non sono belle fotografie, purtroppo.
Tutte hanno come protagoniste tre bambine. Una di cinque, una di nove e una di
dodici anni.
In alcune immagini, oltre ai corpi delle bambine, s'intravede la mano di un uomo.
L'uomo non � riconoscibile. Non indossa anelli, orologi o braccialetti. Non
presenta cicatrici o malformazioni. Le unghie sono curate, la carnagione � chiara.
� una mano come un'altra. Assolutamente anonima.
Le bambine sono nude.
In alcune fotografie che riprendono il viso sembrano narcotizzate, dormono. In
altre appaiono semicoscienti, con le palpebre socchiuse, come se fossero state
drogate. Occasionalmente accennano un sorriso a favore di fotocamera.
Mi rendo conto, per l'ennesima volta, che il fotografo ha allestito un vero e
proprio set, con una cura e una precisione coreografica maniacali.
Ha truccato le bambine con un rossetto molto forte, le ciglia e il contorno degli
occhi sono neri.
Le due bambine pi� piccole indossano collarini di raso e pizzo. Uno � alto due
centimetri, con un vampiro di metallo dalle ali aperte. L'altro � di pizzo e
organza, in stile gotico, rosso e nero, con un cabochon effetto occhio di gatto.
Tutte e tre indossano guanti di pizzo fino al gomito.
La pi� grande, Greta, � quella con il fisico pi� sviluppato.
� gi� donna.
Oltre al collarino in pizzo nero e perline e ai guanti, le sono state messe una
mascherina sul viso e delle calze autoreggenti nere di rete con un bordino rosso.
L'uomo ha costretto le bambine a posare sul letto allestendo una rudimentale
coreografia che richiama atti sessuali.
Lara Magnoni, la madre delle tre bambine, con un coraggio non comune volle vedere
tutte le fotografie. Gliele mostrarono due poliziotti, in una stanza grigia della
procura.
Le volle vedere tutte.
Tutte.
Nessuna esclusa.
Ricordo nitidamente la sua espressione quando le guard� per la seconda volta,
davanti a me.
Le trattava come se fossero carte da gioco.
Le passava a una a una.
Le osservava.
Poi le riponeva in ordine, una sopra l'altra, con gesti nervosi, lasciando uscire
dal mazzo solo un piccolo lembo, un triangolo.
Come se volesse essere in grado di recuperarle in ogni momento.
Era chiaramente in stato di shock.
Improvvisamente corse in bagno a vomitare.
Fosse stato ancora vivo suo marito, mi disse quando torn� alla mia scrivania,
chiss� come sarebbe andata a finire.
Mentre Lara esamina gli atti, compongo un numero.
�Anto'! Come stai?�
�Bene Deus! Che piacere sentirti! Domani � il grande giorno, eh?�
La voce dell'agente Antonio Caffulli della polizia postale, che mi ha risposto al
primo squillo, � gentile come al solito. Gi� sto sorridendo. � un tipo
intelligente, e ha intuito all'istante il motivo della mia telefonata. Lara,
intanto, sta guardando il fascicolo, come in trance. L'agente mi chiama ancora con
il mio nome da hacker, Deus. Io preferisco chiamarlo Anto', ora che � un poliziotto
rispettabile. Ripenso, per�, a quante volte negli anni passati, di notte, ci siamo
incontrati in internet e, ancora prima, nei sistemi telematici di messaggistica
amatoriali. Lui era JoKeR.
�Gi� Anto', domani � il grande giorno. Hai un minuto per parlare? Ho davanti a me
la cliente, e volevo domandarti alcune cose proprio sul caso dell'architetto. So
che sei stato tra i primi a intervenire, quella notte. Parlerei fuori verbale con
te, se non ti dispiace...�
Anto' sa bene cosa significhi fuori verbale. Questa conversazione rimarr�
riservata. Un semplice dialogo tra due vecchi amici hacker su un caso che sta per
esplodere.
�Ma certo Deus, dimmi pure. Sono qui in laboratorio con un disco che si sta
formattando. Ho tempo.�
Do un'occhiata agli appunti che ho annotato su un post-it. Ho bisogno di
riepilogare i fatti.
�Il procedimento si origin� quasi per caso, vero Anto'?�
�S� Deus, ricordi bene. Ci arriv� una segnalazione da parte dei familiari di una
bambina che abitava in centro a Milano. Si chiamava Linda. Presunte avance
sessuali. Sul suo cellulare i genitori avevano trovato immagini che la ritraevano.
Nuda. Qualcuno, evidentemente, gliele aveva scattate usando il suo telefonino.�
�Avete cercato immediatamente di parlare con lei?�
�Deus, non fu facile. Quando i genitori le chiesero spiegazioni, prima da soli e
poi davanti a una psicologa, Linda sembrava spaventata. Inizialmente non voleva
dire nulla. N� delle foto ritrovate, n� di chi le avesse scattate. Le proposero
allora di scrivere ci� che era accaduto, ma non ce ne fu bisogno. Una simile
proposta le diede pi� sicurezza, e si decise a raccontare tutto.�
�Avete proceduto a un vero e proprio interrogatorio?�
�S�. Interrogata nuovamente, Linda confess� agli psicologi, agli agenti e al
magistrato che quelle foto le erano state scattate da un tale Zio Ballo. Zio Ballo
era probabilmente l'architetto Balestri, un amico di famiglia che frequentava la
casa dei genitori della bambina. Almeno cos� hanno pensato i familiari. Non era uno
zio naturale. Era un conoscente della famiglia da anni.�
�Anto', sai se � libero il tuo collega Ardizzoni? Vorrei chiedergli alcune cose
sull'analisi forense del telefono cellulare e degli altri reperti.�
�Lo trovi tra un quarto d'ora, Deus, l'ho visto al bar.�
�Grazie Anto', a presto.�
�A domani, Deus.�
La telefonata con l'agente mi � servita per rinfrescare la memoria.
Prima di telefonare ad Ardizzoni per gli aspetti pi� tecnici, recupero due copie
del documento originario alla base dell'indagine. Voglio raffrontare il racconto di
Anto' con i fatti riportati nel documento.
Il primo verbale, che descrive ci� che i genitori riferirono all'autorit�, lo
conosco quasi a memoria.
Lo rileggo ad alta voce insieme a Lara.
La protagonista, suo malgrado, della vicenda che diede origine a tutto � la piccola
Linda.
I genitori della bambina, Bernardo Ascari Rossi e Olimpia Andreini, riferivano di
avere trovato, la sera del 15 gennaio 2009, sul com� nella cameretta, il telefonino
della figlia Linda, di tredici anni, con una foto che li aveva stupiti. Nei giorni
successivi la bambina raccont�, indicando le proprie parti intime, che uno zio la
toccava e che in un'occasione tale asserito zio si era toccato davanti a lei. La
minore raccont� anche che questo Zio Ballo le faceva vedere delle videocassette a
contenuto pornografico, tra le quali anche alcuni video amatoriali in cui erano
filmati rapporti sessuali tra lui e un'altra donna, e che la rassicurava dicendo
che quelle erano cose normali, che potevano essere fatte anche dallo zio con la
nipote. Gli incontri sarebbero avvenuti, per lo pi�, nel garage dello Zio Ballo,
che le aveva anche offerto del denaro per convincerla ad avere rapporti con lui.
Dopo il racconto ai genitori, la bambina era stata colta da uno stato d'intensa
agitazione e aveva accusato una crisi di nervi. I genitori riferivano anche che, in
precedenza, nell'estate del 2008, Linda aveva detto alla madre, che poi lo aveva
detto al marito, che questo loro amico la toccava, ma nessuno dei due aveva dato
importanza alla cosa, pensando che la bambina scherzasse anche perch� enorme era la
fiducia riposta in questa persona, da tanti anni amica di famiglia, soprattutto del
dottor Bernardo Ascari Rossi.
Il documento successivo, che porgo a Lara in copia, �, invece, il verbale della
visita effettuata dalla psicologa infantile.
Alla scrivente dottoressa Patrizia Angelucci la minore appare non presentare alcuna
patologia di rilievo. Sono anche scomparsi i disturbi attentivi e ipercinetici
manifestati a scuola per i quali la minore era stata seguita, nell'autunno del
2008, dalla dottoressa Tania Cappelli, neuropsichiatra infantile. Identico giudizio
di attendibilit� era stato formulato, oltrech� dalla dottoressa Tania Cappelli,
dalla dottoressa Livia Berzocchi, anch'essa neuropsichiatra infantile, la quale
aveva riferito che i risultati dei test somministrati alla bambina denotavano un
livello intellettivo nella norma e un'adeguata aderenza alla realt�. Tutte avevano
riferito che Linda era una bambina assolutamente normale sotto il profilo della
maturit� e delle cognizioni intellettive, come pure buono era il contatto con la
situazione reale. Anche il narrato presenta un'intrinseca coerenza e una certa
reiterazione. Possono essere significativi degli abusi subiti alcuni sintomi quali
diarrea, pavor nocturnus, insonnia, depressione e tosse stizzosa manifestati dalla
bambina proprio a far data dall'estate del 2008.
I successivi interrogatori dei vicini, di altri bambini e dell'architetto non
avevano portato a molto.
E nemmeno un decreto d'ispezione nell'abitazione e nello studio di Balestri.
Del fantomatico garage dell'architetto, poi, nessuna traccia.
Tutti, nelle more dell'indagine, si erano mossi con grande circospezione. E in
segreto.
Era forte il timore di accusare un innocente di un reato orribile e incancellabile,
soprattutto nell'opinione pubblica. La versione della bambina poteva essere pura
fantasia; inoltre la stessa aveva avuto un periodo, negli anni precedenti,
caratterizzato da disturbi mentali. La stampa non era stata informata della
vicenda.
Passo questi primi documenti a Lara. Non riguardano il suo caso, ma tutto �
iniziato da l�.
�Povera Linda. Non le hanno creduto, ma non era matta. N� si era autosuggestionata.
Sensazione di mamma.�
Sensazione di mamma.
Non mi azzardo a dire nulla.
Anche Marco Ardizzoni, pi� giovane di Anto' ma altrettanto bravo, risponde al primo
squillo. Lui, nelle notti di hacking passate in rete, era Sentinel.
�Deus, aspettavo la tua telefonata. Anto' mi ha detto tutto.�
�Marco, ciao. Ti rubo solo qualche minuto. Volevo ripercorrere con te i fatti di
allora, soprattutto i pi� tecnici.�
�Deus, fu un vero colpo di fortuna. Tutto era a un punto morto. La questione Linda
si stava pian piano smontando. Un collega si stava allontanando dall'appartamento
di Balestri. Aveva effettuato un'ennesima ispezione. Fu incuriosito da una porta
che, all'esterno dello stabile, conduceva al luogo di raccolta dei rifiuti. E gli
venne un'idea.�
�Il portiere, se non ricordo male.�
�Esatto. L'anziano portiere aveva l'abitudine di riunire tutta la spazzatura in un
locale al pianterreno e separarla, poi, per la raccolta differenziata. Nel locale
della spazzatura del condominio di Balestri quel giorno il collega trov� due
rifiuti che lo insospettirono, buttati l�. Una macchina fotografica digitale
economica. E un dvd riscrivibile.�
Ci� port� all'apertura del nuovo filone d'indagine che coinvolse, purtroppo, la mia
cliente.
Un filone d'indagine molto debole, mantenuto dagli inquirenti nel massimo riserbo,
ma che ben presto avrebbe rivelato sfaccettature inquietanti.
�Marco... i computer che avevate sequestrato all'architetto Balestri dopo la
vicenda di Linda... li avete analizzati subito, vero?�
�S� Deus. I computer personali di Balestri, un fisso e un portatile, furono
analizzati da me e Anto' nel nostro laboratorio. Una situazione strana. I computer
erano puliti. Troppo puliti. I due computer di casa dell'architetto, il computer
dello studio, i suoi telefoni cellulari. Tutto era senza tracce. Come se avesse
cancellato gran parte dei dati. O avesse sostituito i dischi poco prima
dell'indagine.�
�La cosa vi ha insospettiti. Quindi avete migliorato la profondit� d'indagine.
Giusto?�
Il tipico protocollo d'azione da seguire in questi casi. Conoscevo gi� la risposta.
�S�. Abbiamo cercato di recuperare dati risalenti anche a mesi prima. Un
lavoraccio, Deus. Siamo riusciti a trovare solamente un documento protetto da
password. Lo abbiamo aperto. Il file conteneva cinque immagini pedopornografiche di
provenienza asiatica, gi� note a tutte le forze dell'ordine e presenti nel nostro
database centrale. Come gi� sai, queste foto non c'entravano con la piccola Linda e
il nostro caso. Nulla a che fare con la bambina della foto. Erano immagini che
circolavano da anni nell'ambiente dei pedofili. Erano state gi� ritrovate in
centinaia di altri computer.�
Ricordo che la delusione dei due investigatori era stata grande. Il magistrato era
stato chiaro: anche lui sentiva puzza di bruciato, ma fondare un'accusa di
detenzione di materiale pedopornografico nei confronti di un professionista
rispettabile e senza precedenti penali su cinque immagini che potevano essere state
scaricate per sbaglio era troppo rischioso.
Lo sconforto degli investigatori si respirava nell'aria.
In tutti gli strumenti riferibili a Balestri non era stato trovato nulla.
C'era la parola di Linda, viziata per� da alcuni precedenti asseriti disturbi
mentali.
Nessun testimone o riscontro.
Le cinque immagini potevano, in teoria, sostenere un'accusa. Ma in quanti casi, per
lo stesso motivo, non si era proceduto? E soprattutto, che accusa debole sarebbe
stata?
La pista aveva condotto a un vicolo cieco.
�Mi sembra di ricordare che arrivarono anche direttive dai piani alti della
procura, vero Marco?�
Sto toccando un argomento delicato, ma Marco � tranquillo. Si fida di me. Sento
per� che abbassa leggermente il volume della voce.
�Ricordi bene, Deus. Il procuratore capo era stato chiaro. Ricordo ancora le sue
parole: non sognatevi neppure di accusare un architetto incensurato, e molto noto,
solamente per cinque foto provenienti dall'Oriente, che non sappiamo neppure se
siano state viste da lui. E noi fummo subito destinati ad altre indagini.�
�Ottimo Marco, ti ringrazio, mi hai fatto tornare in mente alcuni elementi
importanti. Ci vediamo domani.�
�Buon lavoro, Deus.�
La macchina fotografica e il dvd reperiti nei locali della spazzatura del
condominio, per un caso di disorganizzazione, erano finiti altrove rispetto ai
computer e ai telefoni dell'architetto.
Il materiale informatico sequestrato a Balestri era stato portato in laboratorio ed
era stato subito analizzato da Marco e Anto'. La macchina fotografica e il dvd
erano invece rimasti in uno scatolone giallo di cartone, coperto da moduli e
faldoni, appoggiato per terra, in un angolo della cancelleria, dietro lo stipite di
una porta. Accantonati l�, per giorni, con un adesivo segnaletico, un numero di
repertorio e l'indicazione dell'indirizzo al quale erano stati prelevati.
Antonio Caffulli un bel giorno, per caso, not� lo scatolone e raccolse
informazioni.
Verificata la provenienza di quelle fonti di prova, convoc� il collega e insieme
decisero di procedere ricorrendo agli stessi software usati per controllare i
computer dell'architetto.
E in questo caso, invece, le sorprese ci furono.
Era chiaro, sia al magistrato sia agli agenti, che non sarebbe stato possibile, in
un'ottica investigativa, imputare direttamente questo materiale a Balestri. In
teoria era spazzatura del condominio, un condominio di ventisei famiglie, di quasi
cento persone. Il portiere, poi, non ricordava pi� da quale borsa o sacco avesse
estratto la macchina fotografica e il dvd.
Dall'analisi della macchina digitale ritrovata nella spazzatura fu per� subito
recuperata un'immagine parziale di una bambina.
E non era Linda.
Nuda e apparentemente addormentata. O forse morta.
Era la figlia minore della mia cliente. E fu questo il momento preciso nel quale
per Lara inizi� l'incubo.
Dopo un'analisi accurata dei dati e un'azione intensa di recupero delle
informazioni cancellate e sovrascritte, i due investigatori entrarono in possesso
di centinaia d'immagini di questa bambina e di altre due bambine.
La polizia, con molta cautela, risal� in meno di ventiquattr'ore all'identit� delle
tre vittime. Gli agenti agirono isolando e stampando fotografie del viso delle
bambine e domandando in giro. Si scopr� ben presto che erano le figlie della mia
cliente.
Nessuna informazione, invece, si pot� ricavare sul luogo nel quale le foto erano
state scattate. Probabilmente un'abitazione abbandonata cui il criminale aveva
accesso.
Tutti iniziarono a domandarsi se fosse stata una semplice coincidenza che la
macchina fotografica e il dvd fossero stati ritrovati nella spazzatura del
condominio dove abitava Balestri.
Quel Balestri che gi� era stato coinvolto in un caso simile. Con la piccola Linda.
Il cui caso, per�, era stato archiviato: non si era dato credito a una bambina
ritenuta disturbata, nonostante i suoi racconti fossero ben circostanziati.
Purtroppo gli agenti non ebbero altrettanta fortuna con il dvd, che processarono
subito dopo aver fatto lo stesso con la macchina fotografica.
Lo analizzarono per una notte intera, poi furono dirottati su casi pi� urgenti e il
dvd fu messo agli atti del processo.
Indicato come vuoto.
Privo d'interesse per l'indagine.
Ma non per me.
***
4. Settantadue ore dopo l'evento
Le tre bambine ritratte, interrogate, non rammentavano alcun particolare. Erano
state probabilmente drogate con del Roypnol, ma del farmaco non fu trovata traccia
n� nel sangue n� nei capelli. Era passato troppo tempo.
�Possibile che non si riesca a sapere con quale sostanza sono state addormentate le
mie figlie?�
La cliente ha ripreso a parlare, dopo aver studiato per l'ennesima volta le carte.
Questa mancanza di conoscenza di gran parte dei particolari la rende inquieta.
�Lara, sono sostanze che di solito hanno un effetto sedativo e ipnotico molto
veloce. Causano amnesia nelle vittime. � brutto a dirsi, ma � abbastanza normale
che dopo si venga a sapere veramente poco.�
�E non si riesce almeno a provare che le mie figlie sono state drogate?�
�Abbiamo solo delle fotografie. La prova di assunzione � difficilissima anche per
il pi� esperto dei tossicologi. Il motivo � l'emivita molto breve di queste
sostanze, non pi� di trenta quaranta minuti. E la loro eliminazione veloce
dall'organismo. La finestra di detection in urine e sangue � molto limitata.
Occorrerebbe fare le analisi in tempi brevissimi, cosa che non avviene quasi mai.
Le vittime esitano a contattare le autorit�... sono imbarazzate, o hanno paura, o
sono sotto shock... e il metabolismo, nel frattempo, abbassa la concentrazione di
queste sostanze. E annulla le possibilit� d'indagine...�
�Forse hanno usato del cloroformio, avvocato...�
�Il cloroformio � sempre meno usato, Lara. A parte i danni al fegato e ai reni, che
possono durare giorni, pu� lasciare anche altre tracce. E quindi essere rilevato a
maggior distanza di tempo.�
Le visite mediche successive disposte sulle tre bambine non avevano evidenziato
segni di violenza. Le bambine non avevano lividi n� lesioni, n� presentavano segni
di percosse o bruciature.
Il magistrato e la psicologa, glissando leggermente sul rispetto delle regole,
avevano appoggiato alcune foto di Balestri sulla scrivania del medico che le stava
visitando. Come se le avessero dimenticate l�. Per caso. O per distrazione.
Il medico, tra un colloquio e un altro, in grande tranquillit�, domand� loro se
conoscessero quell'uomo.
Tutte e tre le bambine sostennero di non averlo mai incontrato in vita loro. Mai
visto.
Le indagini arrivarono cos� a un punto morto.
Lara sta sfogliando le relazioni dei medici legali che per primi hanno visitato le
bambine.
Il documento � simile per tutte e tre le involontarie protagoniste delle
fotografie.
Ora sta leggendo quello relativo a Greta, la figlia pi� grande.
Lo riguardiamo insieme.
Asl Milano
Svs - Soccorso violenza sessuale
Svd - Soccorso violenza domestica
Anno: 2009
Scheda clinica: 370
Data: 3 marzo
Ora di arrivo: 23.55
Ginecologo: dott.ssa Angela Conti
Medico legale: dott. Giorgio De Lorenzi
Altro specialista: infermiera Olga Spineti
Assistente sociale: dott.ssa Maria Grazia Testa
Psicologo: dott. Umberto Maria Falsetti
Nome e cognome: Greta Ricasoli
Accompagnato da: sig.ra Lara Magnoni
Rapporto con l'interessato: madre
1. Circostanze e modalit� dell'aggressione
La situazione � molto confusa. Non si ha certezza sulle modalit� dell'aggressione,
essendo le scene rappresentate unicamente su fotografie. Non si hanno informazioni
certe su data e ora, luogo e numero degli aggressori, se conosciuti o sconosciuti,
e sul tipo di relazione con gli stessi. Non si ha notizia di presenza di testimoni,
di minacce con lesioni fisiche o solo verbali, del furto di oggetti, della presenza
di armi, della ingestione di alcolici o di altre sostanze. Dalle fotografie sembra
di poter evidenziare perdita di coscienza e sequestro in ambiente chiuso, ma non si
sa per quanto tempo. L'ambiente non � identificabile. Gli arredi sono generici.
Dalle fotografie la vittima risulta essere stata spogliata integralmente. Non ci
sono fotografie che documentino penetrazione vaginale, orale o anale, o
penetrazione di oggetti. Non vi sono tracce dell'uso o meno di un preservativo, n�
di evidente avvenuta eiaculazione, n� di manipolazioni digitali.
2. Eventi intercorsi tra i fatti e la visita attuale
Tempo trascorso dalla violenza: circa due mesi
Ricorso ad altre strutture sanitarie o a un medico: no
Farmaci somministrati: nessuno
Pulizia delle zone lesionate o penetrate: no
Cambio slip: no
Cambio altri indumenti: no
Minzione: no
Defecazione: no
Vomito: no
Pulizia del cavo orale: no
Assunzione di farmaci: no
Rapporti sessuali prima o dopo l'aggressione: non riferito
3. Sintomatologia riferita
Nessun sintomo fisico o psichico. Da un punto di vista fisico, assenza di: cefalea,
dolore al volto, dolore al collo, dolore toracico, dolore addominale, dolore agli
arti, algie pelviche, disturbi genitali, disturbi perianali, disuria, dolore alla
defecazione, tenesmo rettale. Da un punto di vista psichico: assenza di paura, di
distacco, di mancanza di reattivit� emozionale, nessuna sensazione di stordimento,
nessuna amnesia dissociativa, ma incapacit� di ricordare tutti gli aspetti
importanti del trauma, nessun persistente rivissuto dell'evento con immagini,
pensieri, sogni o flashback, nessun sintomo di ansia, nessun aumentato stato di
allerta come ipervigilanza, insonnia, incapacit� di concentrazione, irrequietezza o
risposte di allarme esagerate. Nessun pianto o tristezza, n� paura di conseguenze
future.
4. Esame obiettivo generale
Nessuna descrizione o traccia di lesioni.
5. Esame genitale
Eseguito mediante occhio nudo su grandi labbra, piccole labbra, clitoride, meato
uretrale e forchetta. Nessun segno di arrossamento o di escoriazione, n� profonda
n� superficiale, nessuna area ecchimotica e nessun sanguinamento. Imene con margini
regolari privo di incisure che raggiungano la base di impianto. Nessuna evidenza di
lesioni in perineo e ano.
6. Prelievi di materiale biologico
Non effettuato. Mancata conoscenza degli indumenti indossati al momento dei fatti.
Gli indumenti nelle fotografie non erano nella disponibilit� delle vittime.
Effettuato scraping subunguale per sicurezza. Effettuati esami tossicologici di
urine e sangue. Effettuato screening di malattie sessualmente trasmesse.
7. Terapie prescritte e provvedimenti successivi
Nessuno.
La segretaria del dottor De Lorenzi, il medico legale di turno quella sera, mi
passa il medico al telefono dopo pochi secondi di attesa.
�Avvocato, come sta?�
�Bene dottore. Mi perdoni se la disturbo a quest'ora, ma sto riguardando le carte
del processo di domani e mi chiedevo se avesse qualche minuto per chiarire alcuni
punti.�
�Certo avvocato, mi dica.�
�Ricorda la sequenza temporale dei fatti di quella sera?�
Il dottore esita un po' prima di rispondere. La domanda cos� generica lo ha
disorientato. Poi sento che apre un fascicolo e inizia a sfogliare delle carte.
�Allora, fu la mamma a rientrare di corsa a casa e a condurre poi le bambine al
pronto soccorso, dopo che i poliziotti le avevano mostrato, in procura, alcune
delle foto recuperate. Arrivarono da noi dopo una corsa notturna in macchina, le
tre piccole ancora intontite dal sonno, verso mezzanotte.�
�Avete seguito un protocollo, vero?�
�S� avvocato, nei minimi dettagli. Il primo contatto con una bambina probabile
vittima di violenza sessuale � un momento delicatissimo anche per noi medici. Ci�
motiva il rapporto che abbiamo redatto e che, probabilmente, sta rileggendo anche
lei. Dobbiamo prevedere, innanzitutto, misure strettamente cliniche. Di solito
rileviamo se ci sono lesioni genitali, e nel caso le trattiamo al meglio. Subito
dopo valutiamo eventuali rischi infettivi. Se il rischio d'infezione � concreto,
programmiamo una profilassi e, soprattutto, un adeguato supporto psicologico o
psichiatrico. Come lei sa, in questo caso non vi era una violenza appena subita, n�
sapevamo quanti giorni, settimane o mesi fossero trascorsi. Ciononostante, abbiamo
seguito gli stessi protocolli con lo stesso rigore. Ci siamo comportati come se il
fatto fosse appena avvenuto.�
�Immagino che abbiate fatto attenzione anche al lato investigativo, giusto dottore?

�S�. Accanto alle questioni prettamente mediche, teniamo sempre presente che vi
sono esigenze strettamente investigative e probatorie altrettanto importanti,
soprattutto in vista di un processo. Noter� che le relazioni che descrivono i primi
interventi effettuati indicano chiaramente che tutto � stato fatto, sin
dall'inizio, a regola d'arte, sia medica sia processuale. Purtroppo era passato
molto tempo dai fatti cristallizzati sulle fotografie ritrovate. Lo capir� dalle
poche informazioni riportate, dai toni piuttosto vaghi. Non � stato possibile
rispettare il termine di settantadue ore dopo l'evento, che la migliore letteratura
scientifica ritiene essere quello entro il quale vi sarebbe la massima probabilit�
di procedere a rilevazioni utili sul versante probatorio. Entro tre giorni dal
fatto, insomma, sono maggiori le possibilit� di recuperare tracce.�
Mentre il dottore parla, mi accorgo, in effetti, che la procedura � stata seguita
con rigore.
Prima vi sono state le tipiche operazioni di pesatura e misurazione per verificare
lo sviluppo corporeo delle bambine.
Poi l'attenzione del medico si � focalizzata sulla regione genitale e anale. La
ricerca di lesioni di natura contusiva quali ecchimosi ed escoriazioni, che di
solito sono di facile rilevabilit�, ha dato esito negativo.
Infine, descrivono le carte, vi � stata un'analisi accurata del cavo orale e delle
caratteristiche morfologiche della struttura ano-genitale alla ricerca di eventuali
segni cronici di abuso sessuale.
Anche in questo caso, un esito negativo.
�La ringrazio dottore, � stato chiarissimo. A presto.�
La scorsa settimana ho parlato anche con il mio medico legale di fiducia.
Tutti e due siamo purtroppo consapevoli che l'esito negativo di cui mi ha appena
parlato il dottor De Lorenzi al telefono non � sempre una buona notizia.
Almeno l'ottanta per cento delle violenze non pu� essere rilevato perch� non lascia
segni. O, meglio, lascia segni talmente generici che possono essere riferiti a
tante cause diverse.
Il problema � sempre quello che non vediamo, non quello che � evidente.
Le parole con cui il dottor De Lorenzi ha concluso la telefonata mi fanno
riflettere.
�Avvocato, per noi medici l'assenza di segni non � sempre motivo di conforto, anzi.
Soprattutto quando ascoltiamo racconti circostanziati e non troviamo riscontro
fisico sul paziente. Spesso ho la sensazione, come medico, che quello che vedo �
esito di violenza ma non lo posso provare. O, meglio, non posso abbinare
direttamente la patologia che sto osservando a un caso di violenza. � il sommerso,
il problema. Quello che non vediamo. E non quello che vediamo.�
Questioni mediche a parte, il problema pi� importante in questo caso, spiego alla
cliente, � strettamente processuale.
In nessuna delle fotografie recuperate, che sono agli atti del processo, appare
come riconoscibile e identificabile la persona che � con le bambine. O che sta
scattando le foto.
Si capisce che la mano � maschile. Nulla di pi�.
I rapporti degli investigatori informano che tutti quegli scatti sono stati
recuperati da una comunissima macchina fotografica digitale trovata nella
spazzatura di un condominio. Senza impronte digitali o riferimenti. La macchina non
� stata neppure registrata al servizio assistenza sul web. Non � quindi associabile
ad alcun nome di persona.
Tutte le immagini sono state recuperate, quindi la macchina non nasconde pi� alcun
segreto.
Ma non sappiamo chi ha scattato quelle foto.
� una pista morta.
Un vicolo cieco.
***
5. Un dvd vuoto
Molto pi� interessante, in un'ottica investigativa, � il dvd riscrivibile trovato
anch'esso nella spazzatura insieme alla macchina fotografica digitale.
In questo caso la situazione � opposta. Sappiamo di chi potrebbe essere: accanto a
un'impronta digitale del portiere che, incuriosito, lo aveva probabilmente aperto,
c'era infatti una chiara impronta dell'architetto Balestri.
Il dvd per�, e questa � la brutta notizia, � completamente vuoto. � stato usato, ma
ora � vuoto.
Stamattina al telefono ho anche sentito il pubblico ministero, Carlo Arpino,
titolare dell'inchiesta.
Ha pi� o meno la mia et�. � un magistrato solido, serio, preparato, sempre
impegnato a cercare di districarsi in un mondo di indagini e politica che non gli
piace pi�.
Il caso che gli � stato assegnato, perch� era di turno la notte della segnalazione,
sta infastidendo non poco i vertici della procura.
Nonostante il parere contrario del procuratore capo, amico caro di Balestri, Arpino
ha deciso di assumersi un rischio molto grosso.
Ha seguito il suo intuito. E quello della madre delle tre bambine. E ha deciso di
non archiviare e di andare avanti.
Arpino ha iniziato un procedimento nei confronti dell'architetto Balestri
concentrandosi sulle cinque immagini provenienti dall'Oriente trovate nel computer
del professionista.
Lo ha iniziato al buio, ben sapendo che provare la volontariet� della detenzione
solo per quelle cinque immagini sarebbe stato molto difficile.
Mi ha stupito, il magistrato.
Si � comportato come se avesse un sesto senso.
Come se sperasse in qualche colpo di scena in giudizio.
E anche il fatto di aver accettato un incontro con la mia cliente, e di approvare
una possibile nostra richiesta di costituzione di parte civile basata pi�
sull'intuito che su un reale collegamento tra le figlie di Lara e l'architetto, �
stato un ulteriore rischio.
Il dvd trovato dalla polizia nella spazzatura del condominio, con impressa
l'impronta digitale dell'architetto �, secondo me, la chiave di volta.
Sembra che sia stato ripulito per bene. Che qualcuno abbia fatto uno sforzo immane
per cancellarne i dati.
Anche se chi lo ha bonificato non ha usato il martello o la benzina.
Come avrei fatto io.
E questo � un errore.
Del dvd ho fatto, a suo tempo, alcune copie in cancelleria e, per tutto il tempo,
una l'ho custodita l�, nel fascicolo.
Dormiente.
Ma ora bisogna parlare con la cliente.
Il pubblico ministero, domani in udienza, chieder� la condanna per detenzione di
sole cinque immagini contenute in un file. Ma non sa se una richiesta di questo
tenore regger�, e nessuno di noi � realmente convinto della solidit� di una simile
accusa.
Le telecamere di sorveglianza dello stabile non riprendono l'interno del deposito
rifiuti. Non � quindi stato possibile vedere chi abbia materialmente gettato quel
dvd nella spazzatura.
L'impronta sulla custodia, potrebbe dire un bravo avvocato, c'� semplicemente
perch� il sacco era aperto e Balestri, per curiosit�, o per spostarlo per fare
posto alla propria spazzatura, l'ha toccato.
E, comunque, il disco � vuoto.
Il diritto non pu� immaginare cosa ci potrebbe essere su un supporto.
Occorre la fonte di prova.
Abbiamo terminato di riguardare il fascicolo, in silenzio.
Dobbiamo impostare la strategia processuale.
�Allora, avvocato Correnti, secondo lei ci sono novit�?�
Il tono della madre delle bambine � pacato, ma sembra preoccupata.
Lara vive nel terrore di conoscere cosa sia realmente accaduto alle sue tre figlie
mentre erano narcotizzate.
Allo stesso tempo, vorrebbe saperlo.
La sua vita � sospesa.
Ha visto ci� che non avrebbe mai voluto vedere e nessuno le ha fornito le
spiegazioni che avrebbe voluto ascoltare.
� vero che all'esito delle visite mediche, e dopo aver parlato con gli psicologi,
la mamma ha tirato un piccolo sospiro di sollievo.
Il fatto che le sue figlie non fossero state violentate o brutalizzate si �
rivelato, pur nella tragedia, una consolazione.
Ancora trema, la signora, al pensiero che, per interi pomeriggi, calcolando la
durata dell'effetto del Roypnol, le bambine possano essere state in balia di un
maniaco.
Per fortuna le figlie non ricordano nulla. Dormono sonni tranquilli. Non
manifestano incubi e non si fanno domande. La mamma � rimasta sveglia per intere
notti a controllare il loro sonno, e si � rasserenata sentendole riposare senza
alcuna agitazione che non fosse quella causata dai tipici sogni dei bambini.
Con la cliente abbiamo discusso a lungo se procedere e provare a costituirci parte
civile nei confronti di Balestri, nonostante non ci sia una connessione diretta tra
le foto delle bambine e la sua persona, o se lasciar perdere.
Lasciar perdere.
Lasciar perdere pu� sembrare un'espressione sconveniente, ma potrebbe avere, in
questo caso, un significato nobile. Vorrebbe dire chiudere una parentesi orribile
della vita della famiglia e guardare avanti.
La donna si � anche chiesta, per�, se portarsi dietro un dubbio simile le avrebbe
potuto garantire una vita tranquilla.
Alla fine Lara ha deciso.
E ha deciso di voler sapere.
Di voler arrivare fino in fondo, e ora tocca a me filtrare le parti orribili di
questa vicenda per raggiungere la verit� tutelando, al contempo, la mia cliente e
la sua famiglia.
Ho apprezzato la sua decisione ma, soprattutto, mi ha colpito il suo sesto senso di
mamma.
Mi ha detto che quando ha visto quella persona, anche se solo in fotografia, se l'�
figurata nella stanza con le sue figlie.
�� lui� ha mormorato, �ne sono certa.�
Ma ci vogliono le prove.
Anche se l'istinto materno raramente sbaglia.
Quando la donna mi chiede notizie sull'udienza di domani, sulle modalit� di
svolgimento del processo, le rispondo in tono neutro.
�Nessuna novit�, signora. Il giudizio abbreviato � fissato per domani all'una. � la
seconda udienza cui presenziamo, ricorda? Il pubblico ministero chieder� la
condanna di Balestri per detenzione di materiale pedopornografico. Dobbiamo fare
insieme il punto della situazione.�
�Cosa pu� accadere domani?�
La donna � molto pratica, cerca di manifestare una certa sicurezza e razionalit�,
ma mi accorgo che � tesa. La vena che ha sulla tempia sta pulsando. La sua voce �
incerta.
�Allora, signora, lei domani ascolter� il pubblico ministero esporre sinteticamente
i risultati delle indagini e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di
condanna. Poi cercher� di parlare io, se il giudice accetter� di ascoltarci e se
riterr� che ci possano essere delle connessioni tra la nostra posizione e quella
dell'architetto, e un nostro interesse nella sua condanna.�
La signora mi ascolta e non fa domande.
�A questo punto, sentito anche l'avvocato di Balestri, il giudice decider�. Pu�
assolverlo, se ritiene che l'accusa sia troppo leggera per essere sostenuta.�
�Nel nostro caso l'accusa � molto leggera, vero, avvocato?�
Lara ha seguito con cura le questioni legali. Ha centrato il punto.
�S�, signora.�
�Quindi, avvocato, domani, in un certo senso, si decide.�
�S� Lara, anche se adesso dobbiamo prendere una decisione molto pi� importante. Per
la causa. Ma soprattutto per la sua vita futura.�
�Quale, avvocato?�
Vedo che si � drizzata sulla sedia. Ora � sulla difensiva, e manifesta ansia.
� venuto il momento di fare sul serio.
Consegno a Lara la copia del dvd che gi� abbiamo visionato insieme.
Non la tocca. Non vuole toccarla. La lascia appoggiata sulla scrivania, davanti a
s�.
Tendo una mano in cerca della sua. La prendo e la stringo dolcemente. In maniera
tranquilla, senza malizia. Sento che ricambia la stretta senza neppure guardare la
mia mano intrecciata alla sua, fissandomi negli occhi. Si rilassa.
Inizio a parlare, con calma.
�Lara, il momento � molto importante. Domani il processo potrebbe terminare. E
potrebbe non essere un male. Sono sincero. Lei non saprebbe pi� di quello che sa
ora e che, comprendo, le rende difficile, forse impossibile, la vita. Ma il tempo
lenisce ogni dolore, mi creda. Le confesso. Da avvocato ci ho pensato molto. Forse
per lei sarebbe la fine di un incubo. L'inizio di una vita nuova.�
Mi ascolta, annuendo. In fondo sto dicendo cose ragionevoli. A volte, a esserne
capaci, chiudere dietro di s� un fatto orribile pu� essere il punto di partenza per
andare avanti con forza. E pian piano dimenticarlo.
�Lara, io penso che quel dvd che vede davanti a lei, vuoto, contenga prove che
potrebbero finalmente collegare l'uomo che conosciamo a ci� che � stato fatto alle
sue figlie. Potremmo ottenere una condanna, ma poi, prima o poi, anche a breve, lei
lo rivedrebbe fuori, per strada. E la percezione del fatto in lei cambierebbe. Ora
c'� il dubbio. Non so come lei potrebbe reagire se il dubbio diventasse una
certezza. Se venisse a sapere per filo e per segno cosa � successo alle sue figlie
in quelle ore.�
Sento che mi stringe la mano, come per accomodarla e per stabilire con me un
contatto migliore. E intrecciare meglio le dita.
�Avvocato, ma sul dvd non c'� nulla. � vuoto. Lo hanno gi� guardato i poliziotti.�
Il suo tono non � convinto. Si sta agitando. La sua mano comincia a sudare.
�Signora, il dvd era aperto. E usato. E sulla custodia di plastica c'era
un'impronta dell'architetto. I due agenti ci hanno lavorato una notte, poi sono
stati chiamati a seguire indagini che la procura ha ritenuto pi� urgenti. Erano
solo in due. E oberati di lavoro. E con mezzi improvvisati, pur essendo bravissimi.
Se le dicessi che potrei essere in grado di recuperare i dati? E che ho una
sensazione? Simile al suo istinto di mamma?�
Ora la mano stringe di pi�. Sento le unghie pizzicarmi la carne.
�Davvero sarebbe in grado di fare questo?�
� decisamente agitata.
Il tono della sua voce � quello di chi si sta domandando: Ma non sei un avvocato?
�S�. Badi bene. Non le ho detto che potremmo trovare qualcosa di interessante. Le
ho detto che potrei recuperare i dati. E li potremmo poi guardare insieme.�
�E cosa ci potrebbe essere su quel disco?�
�Guardi, signora, glielo dico sinceramente. I dati sono stati cancellati con una
procedura particolare che manifesta la volont� di qualcuno di eliminare delle
prove. Non capisco perch� questo qualcuno non abbia eliminato definitivamente il
dvd. Per di pi� un dvd riscrivibile. Ma forse ha commesso un errore. Forse abbiamo
trovato la chiave per scardinare il tutto.�
Mi segue. � concentrata. Tace e ascolta.
�Signora, i computer sono risultati puliti. Foto stampate non ne abbiamo trovate.
La macchina digitale non si sa di chi sia. Non abbiamo in mano nulla. Zero. � come
se un professionista fosse passato a eliminare tutte le tracce.�
�Adesso la causa � persa, avvocato? Intendo, allo stato attuale... con queste
informazioni... domattina perdiamo il processo?�
Vedo che Lara sta riflettendo.
Le lascio la mano, mi alzo, vado in corridoio e le riempio un bicchiere di acqua
presa dal frigorifero.
Quando le metto davanti il vassoio sorride, e mi indica con un cenno una bottiglia
di rum agricolo Neisson che custodisco nella libreria, ben in vista.
Sorrido anche io.
Penso che prima di questa tragedia Lara dovesse essere una donna splendida: ha
alcune espressioni davvero affascinanti.
Le riempio un bicchiere di ghiaccio e ci verso tre dita di rum. La lascio ancora
riflettere.
�Quanto tempo occorre per sapere cosa c'� sul dvd? Se ci lavora lei, intendo.�
Sembra convinta. Ha gi� individuato il suo obiettivo.
�Non molto, signora. Devo analizzarlo usando un programma speciale che, in prima
battuta, cerca d'interpretare cosa � successo. Se il programma riesce, recupera una
prima versione dei dati. Poi dovr� chiedere aiuto a un paio di colleghi, dipende da
cosa troviamo. Ci vorranno da pochi minuti a tutta la notte, dipende. Ma non ho
problemi a iniziare gi� stasera.�
�Secondo lei domani lo condannano?�
La domanda mi spiazza. Me l'ha gi� fatta, pochi istanti fa. Anche se l'ha formulata
in un altro modo. Sembra tornata indietro. Sembra aver dimenticato tutto ci� che le
ho detto. Sembra che il suo cervello abbia avuto un piccolo corto circuito.
Comprensibile.
�Non so se il giudice lo far�. Il Codice penale punisce chi consapevolmente detiene
materiale pedopornografico. Quel consapevolmente � il nostro punto debole, in
questa causa. Nostro e dell'accusa.�
Le porgo il Codice penale, ma non lo guarda.
�Quanto mi costerebbe il recupero dei dati? Il lavoro dei suoi colleghi stanotte?�
Una donna sola con tre figlie � giustamente attenta alle spese. E non ha finito.
�E perch� lei non mi ha ancora chiesto del denaro?�
�Non costa nulla signora, � un lavoro che verr� svolto in automatico da un
computer.�
Sto mentendo. Il lavoro va controllato e poi analizzato, ma non me la sento di
presentarla alla cliente come un'operazione complessa.
�E del mio onorario parliamo alla fine. Stia tranquilla.�
Ci manca solo che si agiti anche per la mia parcella.
�Avvocato, mi promette che se trova altre immagini sul dvd me le fa vedere?
Qualunque cosa ci sia?�
Qualunque cosa ci sia.
La signora ha scelto.
Ha scelto di sapere.
Ha probabilmente pensato che non avrebbe potuto vivere altrimenti.
Ora Lara mi sembra Silver Surfer nel primo fascicolo della saga a fumetti. Per chi
ha affrontato il vuoto senz'aria del cosmo infinito non fa differenza l'affrontare
i deserti dello spazio o le distese liquide delle profondit� sottomarine.
Lara non ha pi� paura di nulla. Ha gi� toccato il fondo vedendo le sue figlie
ritratte in quelle fotografie. Ora � pronta per rialzarsi. Dopo aver fugato ogni
dubbio.
�Glielo prometto, signora. E lei mi promette che ora torna a casa e cerca di
riposare un po'? Ci vediamo domani all'una meno un quarto davanti all'ingresso del
tribunale, in via Freguglia. Ha il mio numero di cellulare, nel caso ci fossero
problemi.�
Noto che, mentre si alza, d� un'ultima occhiata al dvd. E mi guarda negli occhi.
�Lei � una buona persona. Lo sa, vero?�
Le sorrido, le lascio la mano, le accarezzo il viso e l'accompagno alla porta.
�Saluti le bimbe, signora, a domattina.�
Si allunga all'improvviso verso di me. Si alza un po' sulle punte. Mi abbraccia e
mi d� un bacio. Subito dopo arrossisce. Mi d� le spalle con un mezzo sorriso, si
infila il piumino, prende l'ombrello ed esce dalla porta.
Sorrido anche io. � la prima volta, da quando la conosco, che vedo un gesto
tipicamente femminile. Per un secondo ha dimenticato la tragedia.
Speriamo di aver fatto la scelta giusta. Sono fiducioso.
Lara ha l'istinto di mamma.
Io ho l'istinto da hacker.
***
6. Lethal dose
Lara � appena uscita.
Davanti a me ho un piccolo monitor quadrato.
Sembra lo schermo di un citofono. Con delle linee chiare luminescenti che
riproducono la planimetria di un appartamento. Il mio.
Un puntino verde lampeggia al centro. Il segnale proviene da un trasmettitore gps
inserito in un collarino per cani, ed � fermo. Significa che il mio cucciolo sta
riposando tranquillo sul divano.
Bonanza vive con me da pi� di due anni.
� un sopravvissuto di un laboratorio che ospitava cuccioli destinati alla
vivisezione e ad altri esperimenti e valeva, sul mercato della morte, circa
seicento euro.
In quella struttura utilizzavano i beagle per una serie di motivi molto semplici da
comprendere. Sono cani che hanno una resistenza ai test di tossicit� pari quasi a
quella dell'uomo. Sono forti, piccoli, facilmente gestibili, hanno uno sviluppo
corporeo rapido e armonioso e, soprattutto, sono socievoli di natura. Di certo sono
meno aggressivi dei dobermann o dei pastori tedeschi.
Bonanza ha visto morire pi� della met� dei suoi simili a causa dell'LD50, il test
di tossicit� su animali pi� violento e diffuso al mondo.
LD sta per lethal dose. Dose letale.
Funziona in maniera elementare: si somministrano dosi crescenti di una sostanza
nociva fino a quando questa arriva a uccidere il cinquanta per cento degli animali.
Il numero 50 dopo la sigla � lugubre e autoesplicativo: il test non viene
interrotto sino al momento in cui almeno la met� delle cavie non cessa di vivere.
I cuccioli muoiono per asfissia. O per soffocamento. O per arresto cardiaco. O a
causa di paralisi progressive. O di diarrea, causata loro volontariamente e
protratta per settimane al fine di testare, poi, farmaci capaci di arrestarla.
I beagle pi� sfortunati vengono immobilizzati con cinghie e braccia metalliche in
gabbie-prigione che lasciano fuoriuscire solamente la testa.
Con una sega vibrante da autopsia viene loro aperta la calotta cranica per
iniettare i farmaci direttamente nel cervello.
E il cucciolo continua a vivere cos�, per giorni.
Con il cervello esposto.
Come una tartaruga senza pi� il guscio.
Fino al momento in cui glielo estraggono per analizzarlo.
E a quel punto muore.
Il recupero psicologico di Bonanza si � rivelato una vera e propria sfida.
Il primo giorno, varcata la porta del mio vecchio appartamento, si scav� una
galleria nella struttura del divano del soggiorno. Rimase l� dentro per giorni. Tra
molle, brandelli di stoffa e pezzi di gommapiuma. Metteva fuori il muso solo per
mangiare. Subito dopo si rifugiava di nuovo tra i suoi cuscini.
Non era un cane, allora. Era un essere fragile vissuto sino a quel momento in una
gabbia e che aveva respirato solamente aria artificiale di laboratorio. Non aveva
mai sentito il profumo dell'aria aperta, l'odore dell'erba e dei prati. Non aveva
mai visto la luce naturale, una siepe, un albero.
La prima volta che lo portai fuori per un giretto andammo al parco dietro casa mia,
di mattina presto. Rimase tutto il tempo accucciato tra le mie gambe, sulla
difensiva. Poi, pian piano, cominci� ad annusare, a correre in ogni direzione con
il muso rasoterra, incurante di sporco e fango. Il suo istinto di cacciatore
curioso stava riaffiorando. Stava fiutando, finalmente, gli odori. Stava scoprendo
un mondo. Stava tornando alla normalit�.
Nel mio appartamento, i primi tempi, il cucciolo si lasciava scivolare addosso le
giornate perso in un torpore irreale.
Se battevo forte le mani, iniziava ad agitarsi. Correva disegnando cerchi sul
pavimento, o da una parte all'altra della stanza, in maniera forsennata.
Se le battevo di nuovo si fermava di colpo, immobile come una statua.
Era, probabilmente, il ricordo di un test cui era stato sottoposto in laboratorio.
Ora � un cane normale, anche se gli � rimasta nell'animo una paura atavica sempre
pronta a riaffiorare.
Non sono mai riuscito a portarlo da un veterinario. Percepisce a decine di metri di
distanza l'odore dei farmaci e dei disinfettanti, e se intravede un camice verde
impazzisce. Lo faccio sempre visitare a casa. Con non poche difficolt�.
Superato il trauma iniziale, e acquisita una certa confidenza, � diventato il mio
cane. Quando sono con lui non si allontana da me neppure per un attimo. � felice.
Il pelo � lucido e bellissimo, ha ripreso a scodinzolare, ad abbaiare, a correre, a
giocare con il suo pollo di gomma. � sempre incollato alla mia gamba e gira in
macchina o in moto con me senza problemi. Se ci sono io, lui � tranquillo.
E grazie al collarino con il gps seguo tutti i suoi movimenti sul telefono
cellulare. O sul computer.
Per l'azione di liberazione di Bonanza mi fu indispensabile l'aiuto di Sophie
Dubois.
Sophie � l'unica dog lawyer italiana. Si occupa esclusivamente di cani. Dopo alcuni
anni trascorsi a Londra, ha scelto di aprire uno studio a Roma.
Nel suo lavoro tratta casi di cani considerati pericolosi e mordaci. Si occupa
anche di maltrattamenti di animali e crudelt� nei loro confronti, di responsabilit�
dei proprietari, di cuccioli non correttamente accuditi. Aiuta chi gestisce
pensioni per cani e canili a rispettare le norme di legge e le prescrizioni
sanitarie. Redige contratti per l'acquisto e la vendita di animali con pedigree o
di esemplari da riproduzione. Rappresenta, inoltre, diverse associazioni di
attivisti.
Quando le chiesi di intervenire a Milano, non ci pens� nemmeno un secondo.
Chiuse due casi delicati che aveva in corso e mi ricevette. Uno era relativo al
taglio sistematico della coda dei cani di un intero allevamento e l'altro, pi�
spinoso, a una clinica abusiva nella quale si praticava l'asportazione delle corde
vocali di animali da appartamento.
Le padrone, tutte signore della Roma bene, portavano in quel posto i cani per fare
in modo che perdessero la voce. Per evitare rumori notturni e conseguenti lamentele
del vicinato. O solo per non essere disturbate durante le soap del pomeriggio.
Sophie mi ricevette in studio a Roma.
Gi� al primo incontro mi affascin�.
La stanza era molto ordinata. Una scrivania in legno chiaro e una poltrona nera.
Aveva confinato in terrazzo il suo setter inglese giusto il tempo di ricevermi.
Lui, curioso, grattava sui vetri della porta-finestra e cercava di convincerla a
farlo entrare.
Mi raccont�, con grande passione, del suo lavoro.
�Devi vedere le espressioni dei giudici quando domando le attenuanti per cani che
hanno morsicato persone e che sembrano gi� condannati a morte. Per me vincere un
processo significa arrivare alla fine della vertenza con il cane vivo. Magari
obbligato a girare con guinzaglio e museruola. Ma vivo.�
�Immagino, Sophie. Non sono cose cos� comuni per noi avvocati normali.�
Mi resi conto solo dopo che quel normali poteva sembrare offensivo, ma lei non ci
fece caso.
�Pensa che una volta ho ottenuto una misura davvero originale: il divieto perpetuo
di far accedere il cane al parco dove di solito veniva portato a passeggiare e dove
aveva aggredito un altro cane e il suo padrone.�
Me la immaginavo, seria, in piedi, in un'aula di tribunale.
Mi faceva sorridere sentirla parlare dei cani come dei suoi clienti.
Avevo di fronte l'unico avvocato che poteva affermare tranquillamente che i suoi
clienti erano dei cani, senza offendere nessuno e senza rischiare querele.
Usciti dal suo studio, mi accompagn� in stazione. Dovevo tornare a Milano. Per ogni
cane che incontravamo per strada aveva un aneddoto.
�Guarda, Alessandro, un akita! Un mio cliente giapponese ha dovuto rispettare
l'ordine di non passeggiare per strada col padrone in alcune vie dove abitavano dei
bambini dispettosi.�
Evito, saltandolo, un piccolo cane bianco e nero uscito alla velocit� della luce
dal portone di un palazzo.
�Guarda, � un jack russell! Sai che un mio cliente di quattro anni � stato
obbligato dal giudice a seguire un corso di addestramento? Per renderlo pi� civile
nei comportamenti.�
Passeggiare con lei per Roma in quelle condizioni era davvero problematico. Dovevo
prestare attenzione al traffico, ai passanti, ai sanpietrini, ai turisti e pure ai
cani.
�Guarda l�, Alessandro, un rottweiler! Sai che � il mio cliente pi� comune insieme
al pastore tedesco? Una volta un mio assistito ha avuto l'obbligo di indossare un
collare speciale. Ma non solo. Il giudice ha ordinato anche ai suoi padroni di
seguire un corso per imparare a educarlo e gestirlo.�
Un mondo nuovo mi si apriva girando per Roma. Un mondo nuovo e affascinante.
A volte molti giovani si chiedono quali percorsi originali seguire dopo la laurea
in giurisprudenza.
Sophie aveva avuto coraggio, aveva scommesso su una strada poco battuta, legata
unicamente a una sua passione e al suo amore per gli animali.
E aveva avuto ragione.
Una seconda volta ci incontrammo a Londra.
Io ero l� per tenere un seminario ad alcuni poliziotti inglesi, lei per discutere
un destruction order, un'ingiunzione di sopprimere un animale. Era l� per vincere.
Alla sera, dopo l'udienza, ci sedemmo in un pub. Mi raccont� per filo e per segno
l'accaduto.
�Sono la regina dei destruction order! Preparo almeno trenta appelli l'anno. E li
vinco tutti. C'� chi si occupa di pena di morte, no? Be', io salvo i cani. E ti
assicuro che quando senti il giudice annunciare in aula che l'ordine di sopprimere
� trasformato nell'obbligo di rinchiudere il cane in un ambiente sicuro o di fargli
indossare museruola e guinzaglio � un momento bellissimo. Sai come funzionano
questi order?�
Il pub, nel frattempo, si era riempito di gente.
Io ero alla terza birra, e comprendevo il cinquanta per cento delle cose che mi
stava dicendo. Ma il solo sentire la sua voce mi faceva star bene.
�No, Sophie. Non so come funzionano. Ma sono curioso.�
Lo ero davvero, e non solo per il modo che aveva di narrare, suadente e rilassante.
Era la prima volta che sentivo parlare di questa branca del diritto, anche se non
ero pi� abbastanza lucido da comprendere fino in fondo tutte le implicazioni
legali.
�In Inghilterra c'� una normativa proprio per queste cose. Il Dangerous Dogs Act.
La legge per i cani pericolosi. Si applica a qualsiasi tipo di cane in tutto il
territorio dell'Inghilterra e del Galles.�
�Una legge per i cani? Non ci credo.�
Mi stupii di me stesso per essere riuscito a pronunciare una frase comprensibile in
quel frastuono. E dopo aver iniziato la quarta birra.
�S�, s�. Impone al giudice di ordinare al proprietario del cane l'uccisione
dell'animale se questo � pericoloso e non c'� alcun modo di controllarlo,
soprattutto nei luoghi pubblici. Pensa, lo uccidono anche se morde una sola volta,
senza valutare perch� lo ha fatto.�
Pensai al morso che Bonanza aveva dato al veterinario durante il primo tentativo di
visita e vaccinazione.
�La polizia ha il potere discrezionale di sequestrare il cane. E se qualcuno �
stato morso si presume che il cane vada abbattuto a meno che il proprietario non
riesca a provare che l'animale non costituir� un pericolo per la sicurezza
pubblica. Se poi aggiungi il rischio di prigione per il proprietario e il divieto,
anche a vita, di tenere cani, be', capisci che il quadro non � roseo.�
�Immagino tu sia anche il terrore dei condomini che odiano i vicini coi cani
chiassosi...�
�S�, s�, verissimo! Quanti regolamenti ho impugnato che cercavano di vietare la
detenzione di animali domestici in appartamento!�
Notai subito una grande sintonia tra noi.
Siamo rimasti in contatto, in questi anni, ma non ci siamo pi� incontrati di
persona.
Ancora per poco.
***
7. A l'impossible je suis tenu
Le vibrazioni generate dai motori e dai freni dei tram fanno tintinnare i sei
bicchieri di cristallo nero Baccarat che custodisco nella libreria.
Il primo da sinistra, adagiato su un cuscinetto di seta rossa, � il bicchiere
perfetto.
Un parfait.
Gli altri cinque, appoggiati su listelle di seta nera, presentano, tutti, un
piccolo difetto. Sono i cinq imparfaits. I cinque faticosi passaggi necessari per
forgiare il bicchiere ideale.
Mi piacciono.
Hanno un'aura mistica.
Ricordano il percorso di sofferenza indispensabile per arrivare alla perfezione.
Sono i gradini che Black Mamba deve salire, stremata e con le giare colme d'acqua
sulle spalle, in Kill Bill durante i crudeli insegnamenti di Pai Mei. Sono i
quarantanove gradini della saggezza cantati dai Massimo Volume. � il motto della
flotta stellare di Star Trek, Per aspera ad astra, e della mappa stradale regalata
da Claire a Drew in Elizabethtown. �, soprattutto, un tipo di viaggio che conosco
bene.
Sulla custodia di plastica che li protegge � incisa una frase di Cocteau, A
l'impossible je suis tenu, che era il motto del mio gruppo hacker, vent'anni fa.
Noi tre all'impossible ci arrivammo.
Pi� volte.
I bicchieri neri sono un regalo del mio primo cliente, Guido Orlandi. Un
ventiduenne della periferia milanese.
Alto, magrissimo, pallido, capelli lunghi raccolti in una coda, sempre vestito di
nero.
Satanista.
Quando la polizia gli fece visita, trov� la camera da letto arredata con un
altarino, decine di candele nere, un telo con disegnata una stella a cinque punte e
alcuni quadri che raffiguravano zampe di caprone e teschi.
Un pubblico ministero lo accus� di associazione per delinquere, diffamazione,
violenza sessuale su minori, violazione di sepolcro, vilipendio di tombe,
sottrazione e occultamento di cadavere ed estorsione di denaro a seguito di
soggiogamento psicologico.
E fu incarcerato.
Il magistrato si bas� su dichiarazioni provenienti da sedicenti testimoni certi di
averlo visto partecipare a riti satanici e orgiastici nei boschi.
Una superteste s'invent� una storia tanto credibile quanto falsa che risult� per�
perfetta per costruirci sopra un'indagine che toccasse corde molto utili ai
politici locali: blasfemia, droghe, alcol, violenze sessuali, corruzione morale
della giovent�.
La mamma di Guido s'imbatt� nel mio studio una sera di circa tre anni fa.
Stavo scaricando alcuni mobili sul marciapiede di via Larga, sotto un fastidioso
nevischio, quando mi accorsi di questa donna che si stava avvicinando. Era vestita
in maniera semplice: stivali di camoscio, una gonna di flanella blu, un cappotto a
quadri, guanti di pelle e una cuffia di lana grigia.
�Mi scusi, conosce un avvocato in zona? Che sia bravo e onesto? Sono in una
situazione d'emergenza.�
La sua voce, dolce, era rotta dalla stanchezza. Aveva chiesto di un avvocato come
di solito si domanda un'indicazione stradale.
�Io sono un penalista, signora. Mi dica.�
Mentre riflettevo sul fatto che, nel linguaggio dei potenziali clienti, bravo
significa bravo e onesto significa economico, la donna mi disse, sotto il nevischio
sferzante, di essere appena uscita dal tribunale, a pochi metri dal mio studio. E
mi fece un sunto di ci� che era accaduto.
�Avvocato, quello che ha messo in carcere mio figlio � un buon giudice? Si chiama
Alfonso De Martiniis. O qualcosa del genere.�
La prima cosa che ti chiede il cliente colpevole � se conosci il giudice. La prima
cosa che ti chiede il cliente innocente � se il giudice � buono.
Le risposi che non lo sapevo. Stavo inaugurando lo studio proprio quel giorno.
Sorrise, mi aiut� a portare di sopra una poltrona, si accomod�, parlammo e, pochi
minuti dopo, avevo il mio primo incarico.
In realt� sapevo chi era il giudice De Martiniis.
Lo sapevo eccome.
Dovevamo affrontare, tanto per gradire, il peggior magistrato sulla piazza.
Seduti nel mio studio, la osservavo. Osservo sempre con attenzione il cliente.
Per noi avvocati � difficile comprendere fino in fondo cosa passa nella sua testa,
cosa prova nel momento in cui decide di fare il grande passo, quello di rivolgersi
a noi.
Pu� essere, ad esempio, una scelta fatta superficialmente, senza coinvolgimento
emotivo. Lo notiamo in quei clienti che sbirciano continuamente l'orologio e
percepiscono come una perdita di tempo il dover rispondere alle nostre domande.
Sono l� solo per darci istruzioni. E per avere risultati. In fretta, possibilmente.
Davanti a noi penalisti, per�, raramente il cliente riesce a mantenersi freddo sino
a tal punto. Parla con difficolt� o con imbarazzo, e vediamo il sudore, percepiamo
il tremolio delle mani. Sentiamo addosso tutta la fiducia che l'assistito,
soprattutto se innocente, ripone in noi. Un peso insostenibile.
A volte, invece, ci gustiamo divertiti il finto pentimento del delinquente abituale
e recidivo. Come se si aspettasse uno scappellotto, per poi uscire dal nostro
studio e riprendere la sua vita. Un altro processo � semplicemente un piccolo
ostacolo alla sua professione.
Osservando la signora che avevo di fronte, mi chiedevo cosa volesse veramente da
me.
Tutte le definizioni dell'avvocato, bellissime, muovono da una prospettiva esterna.
Spiegano come dovrebbe essere l'avvocato. Ma come lo vorrebbe, invece, il cliente?
Certo, l'avvocato deve essere un filtro. Deve correggere l'imperizia e l'ignoranza
giuridica del cliente, la sua cattiva informazione, le sue pretese infondate, le
sue errate convinzioni di far valere diritti che non ha. Garanzia di scienza e
competenza, dicevano gli antichi, elemento purificatore della rivendicazione e
della tutela dei diritti dei clienti.
Ma in tutto questo lavorio di traduzione in lingua giuridica, in questo sgrossare,
interpretare, sciogliere e riordinare, che ruolo ha il cliente?
Forse hanno ragione coloro che, pi� cinici, sostengono il contrario.
La prospettiva del cliente deve essere l'opposto.
All'avvocato bisogna raccontar le cose chiare, a noi tocca poi a imbrogliarle,
diceva l'Azzeccagarbugli.
Non esistono cause buone o cattive, fondate o temerarie, ma solo abili e scaltri
avvocati senza remore morali che sono in grado, loro s�, di farle diventare buone
cause.
�Avvocato, le serve anche una firma di mio figlio?�
�No, signora. In qualit� di prossimo congiunto pu� nominare lei il difensore di
fiducia di suo figlio.�
Le mostrai il Codice di procedura penale che tenevo sulla scrivania, orientandolo
verso di lei.
Mentre la donna leggeva l'articolo che le avevo indicato, mi resi conto che non
avevo ancora comprato una stampante. Preparai la nomina scrivendola con cura in
stampatello su un foglio bianco, e gliela feci firmare.
Apposi il mio timbro ed eravamo pronti per incontrare il ragazzo, fargli siglare il
mandato e depositare una richiesta d'isolamento in carcere affinch� non avesse
contatti con altri detenuti.
�Non lo sopporterebbe� mi disse la madre.
Non ne uscirebbe vivo, pensai io. Sono reati considerati infami.
�Signora, l'isolamento con funzioni di protezione del detenuto, per sottrarre Guido
a possibili aggressioni da parte dei compagni di cella, si pu� ottenere soltanto
con il consenso del ragazzo. � quello che noi avvocati chiamiamo isolamento
volontario. Direi di fargli inoltrare la richiesta immediatamente.�
Dopo il primo incontro con la madre, andai a trovare Guido in carcere ogni
settimana.
Fino al giorno in cui lo feci assolvere.
La disavventura di Guido Orlandi si risolse in un caso giudiziario molto
articolato.
Mi trovai a dover screditare fonti, smontare le teorie dell'accusa e contestare le
dichiarazioni di una serie di testimoni farneticanti.
Non si trovarono prove di riti satanici, n� di sepolcri profanati, n� di cadaveri
sezionati, n�, tantomeno, di bambini violentati.
In giudizio furono sufficienti due cose: mantenere la calma e lasciar ragionare in
pace il bravo giudice che ci era stato assegnato, la dottoressa Maria Lisa Zanella.
Quando, in un processo penale, la situazione � confusa in partenza, conviene non
alimentarla ulteriormente ma sfruttarla a proprio vantaggio e lasciar fare ai
meccanismi d'udienza, confidando in un giudice serio, attento e comprensivo.
E la verit� viene a galla. Con naturalezza.
L'arte dell'avvocato non � unicamente quella di elaborare teorie difensive
complicate. A volte si pu� basare una difesa efficace semplicemente sui punti
deboli del teorema accusatorio. Anche tacendo. E osservando ci� che accade in aula.
Una delle prime incisioni di epoca romana, trovata su fibbie, lapidi, oggetti
d'ornamento, riportava un vero motto di saggezza: postremus dicas, primus taceas.
Sii l'ultimo a parlare, il primo a tacere.
Fu un'ottima strategia d'udienza per quel caso.
I castelli costruiti sulla sabbia dal pubblico ministero franarono in poche
udienze, da soli, per autoconsunzione, con grande clamore, proprio di fronte ai
giornalisti.
Il processo assunse toni surreali. A un certo punto De Martiniis chiese di fare
entrare in aula un esorcista per rilevare sintomi satanisti nel mio cliente. I
cadaveri di prostitute dell'Est, suore o bambini sacrificati ritualmente nei boschi
della provincia milanese nelle notti di luna piena non furono mai trovati. I
soggetti che sarebbero stati istigati al suicidio non furono individuati. Un quadro
accusatorio costruito sul sentito dire venne pian piano demolito dai fatti.
Nonostante l'incertezza, un caso che coinvolge satanisti o adepti di strane sette e
circoli �, per l'avvocato, sempre molto complesso da gestire, soprattutto se le
accuse riguardano aspetti che possano facilmente suggestionare la persona comune,
il lettore di quotidiani o il telespettatore di trasmissioni domenicali.
C'� davvero tanto materiale per il pettegolezzo: il sesso, in particolare se si
asserisce che coinvolga minori, le crudelt� su animali o, peggio, su cadaveri,
l'uso di droghe, alcol, bevande pensate per addormentare o anestetizzare la vittima
affinch� non ricordi pi� ci� che � successo.
Muovendo da piccoli fatti isolati, costruire poi un teorema � un attimo. L'idea di
una setta che coordina tutte le attivit� criminali � molto pi� suggestiva di quella
del ragazzo isolato, sballato di alcol e droga, che profana un cimitero per noia o
per raccontarlo agli amici di scuola. O che aggredisce perch� ha bisogno di soldi.
Nonostante in quel caso mi fossi messo contro la procura, la curia e gran parte
della stampa da loro manovrata, vincendo un simile processo non avrei potuto
auspicare un esordio di carriera migliore.
Mi ero fatto un nemico importante, i giornali mi avevano dedicato ampio spazio ed
ero riuscito a veicolare qualche bel messaggio sul diritto di manifestazione del
pensiero e sul pericolo di una caccia alle streghe.
Come ai vecchi tempi.
La settimana scorsa ho incontrato il pubblico ministero De Martiniis nei corridoi
del tribunale. Indossava un vestito grigio, una camicia azzurra, una cravatta blu e
pantaloni perfettamente stirati, con scarpe nere lucide. Molto alto, corpulento, i
capelli neri scompigliati sulla fronte e un numero impressionante di denti, sempre
esposti in un finto sorriso in direzione di giornalisti e telecamere.
De Martiniis ha fatto carriera. Ora si occupa di terrorismo e criminalit�
organizzata. Gli sono state assegnate una scorta e due assistenti belle, alte e
bionde, in stage presso il suo ufficio. Vogliono fare anche loro le magistrate.
Da quando ha perso la crociata contro il giovane satanista, ed � stato criticato
sulle colonne di molti giornali, De Martiniis mi odia. Questo piccolo incidente ha
ritardato la sua promozione di un paio d'anni, ma quando il clamore si � sopito il
suo avanzamento di carriera non ha avuto problemi. Tutti hanno dimenticato in
fretta.
Da allora, fortunatamente, non ho pi� avuto a che fare con lui.
Quando ci incontriamo nei corridoi della procura � come se per lui non esistessi.
Ricevo, invece, occhiate di spregio dai bellissimi occhi azzurri, truccati di nero,
delle due assistenti in completo griffato e scarpe col tacco.
Gi� piccole procuratrici, nella loro immaginazione.
E io sono il nemico che, un domani, demoliranno in aula. Proprio come nei film
americani.
De Martiniis non mi saluta pi�.
Meglio cos�.
Mai fidarsi, diceva sempre il mio dominus, di un avvocato che sia in buoni rapporti
con un pubblico ministero.
Guido Orlandi venne a trovarmi subito dopo la pronuncia della sentenza di
assoluzione.
Finalmente era sorridente. Il velo sugli occhi che avevo notato in carcere stava
svanendo. Si stava dimostrando un ragazzo forte.
Il cliente e la madre mi portarono in dono una confezione di bicchieri rimasta
invenduta nel negozio dove lavorava la signora.
Non volevano presentarsi a mani vuote. Volevano saldare in qualche modo il debito,
e quei bicchieri erano sembrati loro molto eleganti. Da avvocato.
Accettai il regalo con molto piacere, soprattutto quando lessi la frase incisa
sulla custodia.
A l'impossible je suis tenu.
Era un segno.
I bicchieri preziosi sono ancora l�.
Mai utilizzati.
Mai estratti dalla custodia.
Ogni giorno, per�, rileggo quella citazione.
Il giovane ex satanista mi fa avere regolarmente notizie sulla sua vita.
Si � laureato in veterinaria e ha aperto un ambulatorio, grazie anche ai
cinquantamila euro versati dallo stato a titolo di riparazione per l'ingiusta
detenzione.
Lavora quindici ore al giorno, frequenta le strade e i parchi dove vagano i
randagi, collabora con i canili che ospitano i trovatelli, gestisce una piccola
pensione per animali.
� apprezzato dai clienti, rispettato dai colleghi e la sua mamma � orgogliosa di
lui.
Ebbene s�.
Anche il giovane ed emaciato Guido Orlandi ha trovato la sua strada. Dopo aver
fatto giri larghi, come succede a molti. Ma l'ha trovata.
Ad accompagnarlo in questo percorso, due tatuaggi: un pipistrello sull'avambraccio,
ricordo degli anni bui, e due panda giganti che gli si accoppiano sulla schiena.
I due panda sono il simbolo che ha scelto per la sua nuova vita.
�Sa, avvocato, i panda giganti non riescono a fare sesso in cattivit�. Si eccitano,
per�, guardando film porno in cui gli attori sono degli animali loro simili. In
Cina proiettano queste pellicole in cliniche per panda colpiti da calo del
desiderio. Si chiamano panda porn. Io ne ho diverse. Se vuole gliele porto in
studio.�
Certo, ragazzo mio.
Senza dubbio.
Non vedo l'ora di guardarmi un panda porn a inizio settimana.
Un panda porn.
Di luned�.
Nel tardo pomeriggio.
In una Milano grigia.
Dove non smette pi� di piovere.
Cosa desiderare di pi�.
***
8. L'avvocato insonne
La citt� sta delirando. Insieme al clima. E al suo traffico.
Mi metto a osservare fuori, sorseggiando un bicchiere di Becherovka, regalo di
Fulvio Iaccarino, un poliziotto della squadra mobile con cui ho collaborato. E che
ogni tanto risento.
Mi deve un favore, Iaccarino. Un omone con i baffi a manubrio e una pancia enorme,
buono come il pane. � un poliziotto all'antica. Mai avuto problemi sul lavoro, mai
stato coinvolto in giri di tangenti o prostitute, mai un procedimento disciplinare,
mai dicerie che lo abbiano riguardato.
Pugliese, si � trasferito a Milano quando aveva diciassette anni. Ha sposato una
cancelliera del tribunale, e hanno due figli adolescenti.
L'anno scorso gli ho scritto la tesi di laurea sui crimini informatici mentre era
impegnato con risse, rapine e violenze.
Ogni Natale Iaccarino si ricorda di me con un biglietto e una bottiglia di liquore
ceco.
�Avvocato, senza di lei non mi sarei mai laureato. Avevo rinunciato alla
possibilit� di fare carriera. Sono in debito.�
Il favore che Iaccarino mi deve lo custodisco.
Come un assegno senza scadenza, coperto e gi� girato.
Verr� un giorno in cui avr� necessit� d'incassarlo.
I custodi dell'universit� stanno chiudendo le aule e le biblioteche; i professori
hanno terminato le lezioni e gli ultimi studenti si riversano in strada in un
vociare che filtra attraverso i vetri della mia stanza.
Il centro, a quest'ora, si svuota. La vita notturna si trasferisce in altre zone.
Le luci accese dei palazzi, tutt'attorno, sono invece testimonianza della Milano
che lavora, dei miei colleghi che occupano gran parte degli edifici in zona e che
sono ancora concentrati sulle loro carte o nelle loro riunioni. Molti rimarranno
fino a mezzanotte e oltre.
Mi trovo a riflettere sul fatto che da mesi, la notte, non dormo pi�.
Cerco di recuperare durante il giorno, ma non � la stessa cosa, e questa condizione
mi sta provando.
Se stessi meglio, fisicamente, potrei anche scherzarci sopra.
Lavorare di notte era una mia abitudine. Nella mia prima vita.
Ora, per�, non � pi� una scelta.
E ci sto male.
Mi ricordo il periodo della pratica legale a Bologna, nello studio dell'avvocato
Daniele Morandi. Il celebre insonne felsineo.
Il mio dominus, a ottant'anni, aveva tre caratteristiche che lo avevano reso
celebre.
La prima era che la sua abitazione era stata allestita all'interno dei locali dello
studio legale.
La seconda, che viveva unicamente per il suo lavoro.
La terza, nota a tutti, che soffriva di un'inguaribile insonnia.
Neolaureato all'universit� di Bologna, entrai in una stanza del suo studio con una
piccola finestra e pi� scrivanie sommerse da pile di pratiche. Oltre dieci
collaboratori erano rinchiusi in cinque locali che si affacciavano su un lungo
corridoio.
Il primo giorno era dedicato alla classificazione e alla schedatura della forza
lavoro. L'avvocato aveva alle sue spalle, appesa al muro, una planimetria dello
studio con le collocazioni geografiche degli associati, dei praticanti, i numeri
interni e, soprattutto, i turni di lavoro.
Quelli di giorno.
E quelli di notte.
Sembrava un grande tabellone del Risiko. In realt� era un sofisticato sistema
manuale di geolocalizzazione.
Perdevamo il conto di quanti fossimo l� dentro. Ogni tanto qualcuno dello studio
scompariva in una stanza, inghiottito dai faldoni, e riappariva alcuni giorni dopo
regredito allo stato primitivo, impolverato, la barba lunga e i capelli spettinati,
con lo sguardo allucinato e tra le mani un atto pronto da consegnare al capo per la
revisione.
Quando vidi per la prima volta Il processo di Orson Welles e le scene nella casa-
studio dell'avvocato Albert Hastler che riceve Joseph K., ritrovai esattamente
quegli ambienti e quell'atmosfera. A parte le decine di candele, l'infermiera in
camice bianco e il fumo del sigaro, anche nello studio di Morandi c'erano librerie
piene di carte, quadri dell'Ottocento alle pareti, cassettiere e tappeti polverosi.
E tanto tanto buio.
Ricordo nitidamente gli appuntamenti fissati a orari improbabili, anche alle cinque
del mattino.
Il cliente, timidamente, chiedeva: �Alle cinque del pomeriggio, vero avvocato?
Perfetto!�, e la povera segretaria, impassibile, chiariva: �No dottore... ci
vediamo al mattino... cinque del mattino...�
Particolarmente estenuanti, soprattutto nelle ghiacciate albe emiliane, erano le
convocazioni alle sei di tutti i praticanti del turno giornaliero per la
distribuzione dei compiti.
La riunione iniziava con la frase preferita dall'avvocato: �Ragazzi, ricordatevi.
Non esiste momento migliore dell'alba di un giorno d'inverno per inviare un fax di
diffida alla controparte.�
Un giorno il figlio di Morandi, Alessio, si suicid�, gettandosi dal tetto del
palazzo dove si trovava lo studio. Il padre non si mosse di l� se non per un'ora.
Il tempo di attraversare la strada, entrare in chiesa e seguire la celebrazione
funebre.
Sembra che stesse guardando fuori dalla finestra proprio in quel momento. E che
avesse visto nitidamente il corpo del figlio passare in volo davanti a lui prima di
schiantarsi sul marciapiede.
L'avvocato, sepolto il figlio, riprese subito a lavorare. Ad aggiornare la sua
planimetria e a parlare con i clienti. A fissare appuntamenti e a revisionare atti.
Io fui l'unico a non stupirmi pi� di tanto di quel comportamento.
Il dolore, alla fine, ognuno lo gestisce come vuole.
Per forza.
***
9. Il computer del Giudice
L'episodio dell'avvocato insonne che ho appena terminato di narrare ha turbato
leggermente il Giudice.
� andato in bagno a rinfrescarsi. Io continuo a rilassarmi sulla poltroncina e ne
approfitto per sgranchirmi un po' le gambe.
Sul tavolino c'� un computer nero. � l'ultimo che ho sistemato a prova di curiosi,
un portatile abbastanza nuovo, con lo schermo grande e i tasti che sembrano piccole
isole di gomma.
Bene inventariato: n. 1233.
Quella mattina ero sceso a casa del Giudice alle sette. A quell'ora ero certo di
trovarlo abbastanza sobrio. Bonanza dormiva ancora.
Ci eravamo accomodati al tavolo della cucina, Bene inventariato: n. 1214, e io
avevo cercato di spiegargli con calma, e tanta pazienza, come rendere sicuro il suo
nuovo computer. Gli avevo fatto annotare i punti essenziali su un taccuino rosso,
date le sue amnesie.
Vedo che il Giudice ritorna da me con quel taccuino in mano.
�Mi riposo un attimo, Alessandro, ho gli occhi stanchi. Ti dispiace se ripassiamo
un po' le indicazioni che mi hai dato sul computer?�
Non ho problemi, anzi. Parlare di tecnologia rilassa anche me.
Prendo in mano il taccuino che mi porge. La sua scrittura � chiara. Il Giudice, nel
frattempo, si � messo il computer nero sulle ginocchia.
�Allora Giudice, cominciamo. Questa � la spina che va inserita nella presa nel
muro. Si accende questa lucina verde, vede? Vuol dire che � in carica. Lo deve
aprire cos�, guardi, come una cozza.�
Vedo che scrive cozza su un foglio. Andiamo bene. Mi osserva attento. Gli spiego
come si accende e come si spegne e cosa significa shut down, sperando che non me lo
spenga tutte le volte staccando la spina. Mi segue.
�Giudice, lei ha la connessione in fibra ottica. Vede? � questo cavo che ho
inserito qui e che porta a quella scatoletta sul muro. La prima regola di sicurezza
� semplice: spenga sempre il computer quando non lo usa o non le serve. Non lo
lasci connesso, pu� diventare obiettivo di un attacco. Risparmia anche energia
elettrica, in questo modo.�
Continua ad annotare. Attacco. Energia elettrica. Ottimo.
�Tenga sempre collegato questo disco blu che le ho preparato. Va in questa presa.
Serve per fare un backup giornaliero di tutti i dati che a mano a mano creer� sul
computer. Il backup � fondamentale. � una copia di riserva dei dati, le permette di
recuperare tutte le informazioni in caso di attacco. Il disco � molto capiente,
durer� mesi, ma ogni tanto lo guardiamo insieme e magari cancelliamo i dati vecchi
che non servono pi�.�
Sembra interessato. E continua ad annotare con metodo. Becap.
�Le ho installato un sistema operativo Gnu-Linux. Ho rimosso la versione di Windows
fornita dalla casa. Lei, che inizia, non noter� la differenza e avr� un sistema pi�
sicuro. Le ho impostato l'aggiornamento automatico dei pacchetti e le ho installato
solamente le applicazioni che le servono. Meno applicazioni inutili ci sono in
giro, minore � la vulnerabilit� e maggiore � la sicurezza.�
Vedo che scrive Linus. Non lo correggo.
�La connessione in rete va da sola, non deve fare niente. Non � diretta, passa
attraverso il firewall che ho configurato io. Una specie di filtro. Questo � un
browser, serve per vedere le pagine in internet. L'ho impostato affinch� cancelli
regolarmente i cookie. Sono biscottini che i siti lasciano e che possono creare
problemi di sicurezza e fornire informazioni su di lei. Controlli sempre
l'indirizzo indicato nella barra, sarebbe meglio digitarlo personalmente, non
fidarsi di link o di indirizzi in memoria.�
Biscottini. Avrei giurato che lo avrebbe scritto.
�Dovr� scegliere un po' di parole chiave nuove. Si chiamano password. Le do un
consiglio. Se le scriva, qui, su questo foglio, e le tenga nel portafoglio o in un
altro luogo sicuro. Le scelga lunghe e complesse e non le riveli mai a nessuno,
neppure a me. Dopo le far� qualche esempio, cos� ne approfittiamo per cambiarle.�
Mi guarda e annuisce. Passuord.
�Le ho impostato un programma di posta elettronica che ha l'html disabilitato e
cifra e decifra in maniera trasparente. Non apra messaggi con allegati strani e non
clicchi su collegamenti che appaiono nel corpo del messaggio a meno che non sia
assolutamente sicuro. Le ho messo anche un programma che nasconde il suo indirizzo
ip e un sistema di cifratura del disco e delle cartelle. Per ora � sufficiente.
Comunque da remoto posso controllare tutto ci� che fa, nel caso sorgessero
problemi. Mi chiami pure. E se vuole inviare delle e-mail a me per prova lo faccia
pure. Le ho inserito il mio indirizzo in rubrica.�
Mentre riguardo i suoi nuovi appunti, mi accorgo che nel finale ha dato il meglio.
Fireball. Ha scritto fireball.
Ora sta navigando su un sito di macchine cinesi per fare tatuaggi. Gi� pronto a
ordinare, con la carta di credito appoggiata a fianco della tastiera. Un successo.
Spegne il computer dopo aver piazzato l'ordine, si avvicina di nuovo, pi�
rilassato, e riprende a tatuarmi.
E io riprendo a narrare.
***
10. Happiness is a hot gun
I semafori e le insegne della farmacia sotto il mio studio, del bar di fronte e
delle librerie tutt'attorno non sono sufficienti a portare luce in una serata cos�
buia.
La mia stanza �, al contrario, molto luminosa. Il merito � della mia collezione di
lampade.
Non so per quale motivo mi sia venuto in mente, a un certo punto della vita, di
iniziare ad acquistare lampade. Non comprendo quale arcano significato possa avere
un simile comportamento. Non so prevedere, soprattutto, che soglia di
preoccupazione potrebbe destare in un bravo analista.
Che io mi sia buttato sulle lampade perch� in cerca della luce mi sembra
un'interpretazione troppo banale.
Molto pi� probabile � che tanti mesi trascorsi a Bologna, nelle stanze e nei
corridoi dello studio Morandi, sempre nella semioscurit�, mi abbiano spinto ad
avere, nel mio studio, tanta luce.
Alla mia destra, in un angolo a fianco della scrivania, ho posizionato una Toio
rossa del 1962, riconoscibile per il suo stelo esagonale e per i fili e il
trasformatore a vista. La lampada da trecento watt ricavata da un faro d'automobile
importato dagli Stati Uniti all'inizio degli anni sessanta � ammaccata sul lato
sinistro. Una cliente l'ha usata come clava sulla fronte del marito, il signor
Benetti, durante un'accesa negoziazione matrimoniale, circa due anni fa.
Sulla scrivania ho una Gun Bedside Gun. � un minaccioso abat-jour a forma di
pistola dorata con incisa la scritta happiness is a hot gun. Mi � piaciuta perch�
ricorda la surreale canzone Happiness is a Warm Gun del White Album dei Beatles e,
soprattutto, perch� stigmatizza le attivit� commerciali dei mercanti d'armi che
speculano sulla vita degli esseri umani.
Sono iscritto a tutte le associazioni che si battono per i diritti di qualcuno.
Uomini, animali, ambiente, feriti di guerra, malati, mutilati dalle mine.
L'acquisto della lampada a forma di pistola mi sembrava sensato, visto che il venti
per cento del prezzo andava a Fratelli dell'uomo, un'organizzazione non governativa
per la cooperazione internazionale.
Su un home desk colorato del 1958 disegnato da George Nelson, che sembra uscito da
un ufficio postale di frontiera, ho appoggiato una Miss K color argento.
Ho anche acceso la luce sul soffitto, per dare pi� luminosit�.
La stanza del mio studio non � ampia, anche se due poltroncine di policarbonato
trasparente di fronte alla scrivania contribuiscono ad aumentare la sensazione di
spazio e profondit�.
In un angolo ho posizionato una poltrona, sempre in policarbonato, con un
rivestimento color crema.
Alla mia sinistra ci sono un divanetto colorato Marshmallow e la sedia in legno
scuro incurvato a forma di pretzel, sempre di George Nelson.
Non sapevo quanto avrei resistito nel nuovo studio. Ero in una fase di transizione
della mia vita e la scelta di mobili di questo tipo mi rassicurava. Mal che fosse
andata, me li sarei portati a casa.
Dalla parete mi osservano l'orologio a forma di occhio, simbolo della violazione
costante della privacy nella nostra societ�, alcuni acquerelli di Praga e di
Karlovy Vary e un paio di dipinti lugubri di un pittore emiliano poco conosciuto.
Sono seduto su una Aluminium Chair bianca del 1958. Il suo profilo e la sua
struttura sono l'ideale per il mio mal di schiena.
Indosso un paio di jeans blu scuro, delle sneaker di pelle invernali, marroni,
alte, una camicia grigia e una giacca di velluto con toppe di lana sui gomiti.
Sto tornando in forma, anche se non faccio pi� sport. Le spalle sono meno curve, la
pancetta � rientrata grazie all'eliminazione delle bevande gassate e delle patatine
fritte durante il giorno. Alla sera una Coca-Cola con il rum � consentita. Anzi, �
quasi un rito. Anche un paio.
I capelli sono corti e curati, le occhiaie sono sotto controllo da quando ho smesso
di bere litri di caff�, anche se l'insonnia mi lascia sempre un piccolo segno blu
attorno agli occhi. L'espresso triplo che sorseggia Stanley in Codice Swordfish �
per me solo un ricordo, cos� come lo sono le bevande da hacker e il cibo trash che
hanno connotato i miei vent'anni: Red Bull, Mars, Bounty, Snickers, Yonkers,
Pringles e tutto ci� che era contenuto nei distributori automatici. Avevamo
imparato a procurarcelo senza monete. Bastava un po' di lock picking sulle
serrature.
Gli esercizi di postura che il medico mi ha imposto per contrastare il mal di
schiena, eredit� di anni passati chino su una tastiera, mi stanno portando
sensibili benefici. L'artrosi cervicale mi lascia tranquillo da qualche mese.
Probabilmente anche le vibrazioni lungo la schiena procurate dal motore della Deus
hanno propriet� terapeutiche.
La pelle ha riacquistato un colorito accettabile, dopo un paio d'anni di mal di
fegato e gastrite.
Gastrite. Ipertensione. Tachicardia.
Le malattie dei professionisti, le chiamano.
Direi, piuttosto, le malattie degli animi inquieti.
Il telefono vibra. Mi segnala un messaggio.
Alex. Sono arrivata ora in albergo. Che viaggio, poi ti racconto! Ci vediamo alle
dieci nel bar nella hall. Grazie, intanto. Sophie.
Sophie Dubois, l'avvocatessa dei cani, � arrivata a Milano.
� il mio ultimo appuntamento di lavoro della giornata. Fissato per le dieci di
sera. Non vedo l'ora di incontrarla di nuovo.
***
11. Carlini
Mi accingo, pensieroso, ad abbassare le tapparelle, sistemo le carte e il dvd nello
zainetto, prendo il giaccone di pelle, il casco, i guanti e il parapioggia. E
scendo.
Piove, naturalmente.
La mia moto � ancora parcheggiata sul marciapiede, davanti alle vetrine della
farmacia, proprio sotto il mio studio, a fianco dello sportello della banca. Mi
fermo ad ammirarla ancora una volta. � una Yamaha 400 di circa quindici anni fa
customizzata da alcuni australiani specializzati in moto da surf e da spiaggia.
Il farmacista e la figlia mi stanno osservando da dietro le vetrine.
Lui � identico a Lorenzini, il farmacista che Andrea Pazienza ha disegnato in Verde
matematico. La figlia ha anche lei una Vespa bianca con un adesivo di Snoopy in
tenuta da direttore d'orchestra, come quella del fumetto, guidata dal fidanzato
Fernando. La parcheggia sempre a fianco della mia moto.
Tolgo il bloccasterzo, infilo la chiave d'accensione nel quadro e la giro. Allaccio
bene il casco, indosso i guanti e metto in moto.
Mi godo, per un minuto, il piacere dell'accensione a pedivella, la ricerca del
punto giusto, il calcio secco, il monocilindrico che borbotta e pian piano si
regolarizza. Lo scarico corto emette il rumore di uno sparo per poi ruggire, prima
con un gran baccano e poi, a mano a mano che il motore si scalda, un po' pi�
silenzioso. Ma non troppo.
La gente che mi passa accanto non se ne accorge. Lo scrosciare della pioggia e il
fracasso dei mezzi che affrontano le buche dell'asfalto e le pozzanghere del centro
hanno da tempo mutato la soglia di percezione dei rumori molesti.
Attendo qualche secondo seduto sulla moto, faccio scaldare bene il motore e poi mi
avvio verso casa.
Di solito percorro i cinque chilometri di strada in pochi minuti. Dato il manto
stradale bagnato e la poca visibilit� dovuta alla pioggia insistente procedo
tranquillo e ne approfitto per gustarmi le luci riflesse sulle vetrine e l'odore di
bagnato che penetra attraverso le prese d'aria del casco.
Bonanza mi aspetta a casa.
Ricordo ancora il giorno in cui l'ex satanista Guido Orlandi me lo port�; era
estate, qualche settimana dopo il buon esito dell'operazione di liberazione dei
cuccioli organizzata con Sophie.
Il cane aveva pochi mesi ed era l'ultimo rimasto di una cucciolata fatta evadere
dal laboratorio nascosto nella campagna bresciana che avevamo individuato. Nessuno
lo voleva perch� sul petto aveva il pregiato manto tricolore rovinato da una
macchia nera: una macchia nera simile a un'ombra sul cuore.
Era il cane per me. Mi ricordava Astarte, il fedele cane di Annibale. Proprio come
lo disegnava Pazienza. Tutto nero con una macchia bianca sul petto.
Inserisco la chiave nella serratura e il mio cane riconosce il tintinnio del mio
portachiavi. Lo trovo al di l� della porta blindata, gi� pronto a farmi le feste.
Se tardo un po' ad aprire, come quando resto fermo sul pianerottolo al telefono,
comincia a guaire.
Si alza sulle zampe posteriori e m'infila la testa tra le cosce, prendendosi la sua
bella razione di carezze. Sbatte le orecchie come un forsennato, gira in tondo per
poi saltarmi di nuovo addosso. Lo massaggio energicamente sulla testa e gli tiro il
collare. La coda sembra impazzita.
Bonanza puzza, e tanto, ma non si lascia lavare. Qualche volta riesco a pulirlo con
salviettine umidificate, soprattutto all'interno delle orecchie, dove raccoglie
sporco e parassiti in grande quantit�. Ma di lavarlo come si deve, con acqua e
shampoo, non se ne parla proprio. Ci sono riuscito un paio di volte quando era
piccolo, ma adesso che ha tre anni o non si fa prendere o si agita e scappa.
Una volta ho provato a portarlo in una tolettatura per cani. � stato un grave
errore. Quando sono tornato a prenderlo mi hanno detto, disperati, che non erano
riusciti a fare nulla. Bonanza aveva cercato, a turno, di mordere i due addetti non
appena si avvicinavano. Come un cobra. Volevano farmi causa per danni.
La soluzione potrebbe essere una cerbottana, come quella usata per i rinoceronti.
La vaccinazione annuale la facciamo da tempo a distanza, io e Guido, con un'azione
coordinata. Io distraggo il cane lanciandogli una fetta di salame o un wurstel.
Guido, che ha legato la piccola siringa con il richiamo del vaccino a un manico da
scopa, lo punge standogli almeno a due metri di distanza. Usando la scopa come una
lancia. Mentre lui mangia. Per ora ha funzionato. Bonanza fa un versetto e poi
riprende a guardarsi intorno e a mangiare. Tagliargli le unghie, invece, �
impensabile. A pulirgli i denti come fanno con i pinscher o i chihuahua, be', si
rischia una mano.
Mentre lui continua a farmi le feste mi guardo in giro e vedo che non ha combinato
grossi guai.
Gli riempio di nuovo la ciotola d'acqua, gli apro una scatoletta di pollo, mi
svesto e penso al dvd del caso di Lara che ho in borsa. E a come attaccarlo.
Bonanza prende la scatoletta e se la porta sul divano. E comincia a mangiarla l�,
spargendone il contenuto sui cuscini.
Aspetta me, come al solito, per combinare guai. Come se non si divertisse a farlo
quando io non ci sono.
E adesso anche il mio divano ha un odore tremendo.
Alle dieci ho appuntamento con Sophie all'Art Hotel, a pochi minuti di moto da casa
mia. Devo fare in fretta, l'attacco al dvd richiede tempo e, soprattutto,
organizzazione.
Ho il sospetto che chi ha processato quel dvd abbia utilizzato delle tecniche di
anti forensics. Strategie pensate proprio per eludere le indagini. Per ingannare.
Per cancellare o nascondere le fonti di prova. Per aumentare il tempo necessario
all'investigatore per trovarle. Per inserire veri e propri ostacoli nel percorso di
recupero dei dati.
Estraggo il dvd dallo zainetto, accendo i miei computer e preparo gli strumenti.
Mi fermo un attimo a osservare il dvd del caso Balestri e a ragionare.
Le azioni sui dati presenti su un dvd riscrivibile, di solito, comprendono la
distruzione, il cosiddetto wiping, che serve a eliminare le tracce digitali
prodotte e memorizzate sul dispositivo al fine d'impedirne, nella fase
d'identificazione, il reperimento. Il wiping pu� avvenire con la distruzione fisica
del dispositivo o del supporto o con la cancellazione sicura dei dati mediante
sovrascrittura.
Un secondo passaggio, pi� problematico per l'investigatore, consiste invece
nell'occultamento dei dati, il cosiddetto data hiding. In pratica, alcuni dati
vengono memorizzati sul dispositivo con il solo scopo di nasconderli a occhi
estranei o di impedirne l'interpretazione. Tipiche, ad esempio, la registrazione
dei dati in spazi nascosti o normalmente non utilizzati del disco o la codifica
delle informazioni e delle comunicazioni con la crittografia. Gli spazi nascosti
vengono utilizzati sugli hard disk: sul dvd non dovrei avere particolari problemi
di questo tipo. Se ci s'imbatte in sistemi crittografici, invece, � sempre un
guaio. Speriamo di no.
Molto usato �, infine, l'occultamento dei dati in altri file con la tecnica della
steganografia, l'arte di inserire dati invisibili in oggetti visibili quali
immagini, video o file musicali. Una pratica molto simile a quella del tatuaggio,
anche se invisibile e digitale. A tutto ci� si pu� aggiungere un'attivit� di
manipolazione: vengono memorizzati falsi dati per depistare l'attivit� forense,
fornendo indizi non corretti o addirittura creandone di nuovi.
Ho il sentore che chi ha processato questo dvd fosse probabilmente a conoscenza di
tutte queste tecniche.
Sar� una bella sfida.
Appoggio il dvd sul tavolo.
Ne effettuo subito una copia-clone. Uso un programma che ho sviluppato io e che mi
ricorda, da vecchio nostalgico, il buon Xcopy che usavo con l'Amiga. Ha anche la
stessa interfaccia grafica. Copia tutto, anche i dischi rovinati. E crea
un'immagine uguale, in tutto e per tutto, al supporto originario.
Mai lavorare sugli originali: prima regola.
Fare, prima, un po' di prove: seconda regola.
Lascio il software di forensics a operare sulla copia del dvd. Il timer sul
computer ha ipotizzato la conclusione del lavoro entro trenta minuti.
Afferro la pettorina impermeabile di Bonanza. Abbiamo mezz'ora di tempo. Intanto il
software cercher� di recuperare i dati.
Effettuer� sul disco delle operazioni che gli agenti di polizia non hanno avuto n�
modo n�, soprattutto, tempo di effettuare. Per fare pi� in fretta ho escluso tutti
i tentativi che probabilmente sono gi� stati esperiti dalla procura. Prover� metodi
nuovi: in molti casi a fare la differenza � non tanto il software usato per le
indagini, quanto le istruzioni che gli vengono date su cosa cercare e come operare.
Alla fine � sempre uno strumento pilotato dal cervello umano.
Quando Bonanza si accorge della pettorina si anima e inizia a saltare in maniera
frenetica. Sembra posseduto.
Non viene subito da me. Prima gira per la stanza in tondo. Salta a prendere la
scatoletta di carne. Beve come se si dovesse preparare per la maratona di New York.
Poi viene vicino ai miei piedi e si ferma. Ovviamente a cinque centimetri esatti
dalla pettorina che ho appoggiato per terra. Devo sollevarlo di peso, spostarlo,
infilargli le zampe anteriori nella pettorina e chiudergliela sulla schiena. Ormai
� un rito.
Aggancio il guinzaglio, apro la porta e scendo le scale. A Bonanza l'ascensore non
piace.
Dopo pochi secondi siamo in strada. E tira gi� come un ossesso.
Bonanza ha un rapporto molto particolare con i carlini. Direi quasi feticistico.
Non so per quale motivo, ma ho il timore che li abbia da sempre scambiati per
pupazzi. O zerbini. Uno psicologo per cani argomenterebbe che al mio cucciolo manca
la percezione del carlino quale suo simile.
Nella vita quotidiana questo si rivela un problema. Non appena ne vede uno si
avvicina, lo annusa, finge di voler giocare saltando tutt'attorno e fermandosi di
colpo e, poco dopo, approfittando del suo fisico muscoloso, lo fa cappottare con
una spinta e si pulisce i piedi sul suo pelo come se fosse, appunto, uno zerbino.
La scena � sempre imbarazzante. Ma peggiora quando piove, quando c'� fango per
terra e sulle sue zampe. Non sempre riesco a fermarlo in tempo e dopo pochi secondi
il carlino � un disastro.
Le probabilit� d'incontrare un carlino attorno alle otto di sera in via Porro
Lambertenghi e in via Borsieri sono molto alte.
Appare subito, in lontananza, Jack, il carlino della mia vicina di casa. Lei ci
vede e ci saluta con un gran sorriso. Jack ha la lingua penzoloni e tanta sete.
Probabilmente stanno rientrando dopo un lungo giro.
� gi� provato, il piccolo cane grigio. La padrona continua a sorridere mentre Jack
ha cambiato espressione. Si � fermato di colpo. Vorrebbe andare in un'altra
direzione. La padrona lo trascina per la pettorina mentre, con le unghie, lui cerca
di ancorarsi all'asfalto. Come uno scalatore a mani nude sulla roccia. La padrona
lo sta trascinando di peso, ora. Jack ha lo sguardo terrorizzato.
�Ma dai Jack. Non vedi che � Bonanza? Ciao Bonanza! Piccolo! Bello!�
Bonanza si ferma. Inizia a scodinzolare e a fare le feste. Sta fingendo, la
carogna. Lo fa per disorientare l'avversario. � gi� pronto a scattare. Il mio
beagle fa due moine alla padrona, la annusa come al solito in mezzo alle gambe.
Lei, ostacolata da ombrello e guinzaglio, non riesce a difendersi. Pu� solo
piegarsi in avanti e cercare di serrare le ginocchia.
Non appena la signora ha abbassato un po' la guardia, inizia il delirio. Mentre io
mi scuso con lei per la sommaria, ma ben localizzata, ispezione, Bonanza salta in
groppa al carlino, che si era nascosto dietro le gambe della padrona.
Jack si arrende. Non oppone un minimo di resistenza. Ormai sa cosa sta per
capitargli. � rassegnato. � un soldato pronto per essere fucilato. Gi� bendato e
messo al muro.
Prima che io riesca a portarlo via, Bonanza, con le zampe infangate, lo rende
impresentabile.
Mi scuso, come al solito. Cerco di trascinarlo via, per fortuna con la pettorina mi
� facile.
Poi mi avvio a occhi bassi, mentre la padrona mi saluta, pi� fredda.
Continuiamo a passeggiare per il quartiere, e io cerco di evitare altri incontri
del genere.
Mi guardo intorno, e a volte mi chiedo come un cane veda la citt�.
O come il suo padrone possa cambiare prospettiva, osservando la citt� attraverso
gli occhi di un cane.
***
12. Intelligenza collettiva
Quando rientriamo in casa, Bonanza � particolarmente soddisfatto. Dopo essersi
fatto asciugare con un telo si precipita sulla sua poltrona, pronto per riprendere
a dormire.
Nel frattempo vedo sui monitor accesi che il primo passaggio di analisi sul dvd
riscrivibile � stato completato.
Mi accorgo subito di una cosa strana.
Il programma che ho utilizzato, fatte tutte le valutazioni del caso ed eliminata la
verifica dei dati recuperati e messi sul supporto solo per confondere un eventuale
investigatore, � riuscito a individuare e recuperare tre file apparentemente
genuini. Tutti e tre parziali.
Tre nuovi file.
Interessante.
Le operazioni che ho appena svolto mi confermano che, in effetti, gli agenti
avevano indagato con cura. Il dvd era praticamente vuoto. Il problema � che non
avevano avuto il tempo di configurare il software come ho fatto io e, soprattutto,
di analizzare pi� a fondo il supporto e di aggirare gli ostacoli e le trappole che
chi non voleva essere scoperto aveva predisposto sul disco.
I tre file erano in un'area che il software che ho usato ha, per puro scrupolo,
controllato. I dati sono probabilmente rimasti sulla superficie magnetica perch�
durante la procedura di cancellazione sicura qualcosa � andato storto.
Le sorprese, per�, non sono terminate qui.
I file recuperati sono cifrati.
Mi appaiono come una massa informe di grandi dimensioni, e su schermo si presentano
come una serie di caratteri incomprensibili. Inutili.
Mi rendo conto allora che su questo disco, come immaginavo, sono state esperite, in
sequenza, due operazioni.
La prima � stata una classica operazione di data washing, di lavaggio dei dati
presenti. Qualcuno, in pratica, ha cercato di dissimulare la realt�, proprio come
quando si cerca di lavare via le tracce di sangue dal luogo di un delitto.
La seconda � stata una procedura di data erasing, di cancellazione sicura dei dati.
Due step.
A quanto pare il criminale ci teneva davvero tanto. Con la prima azione ha cercato
di alterare la scena del crimine; con la seconda, di eliminare il dato in maniera
definitiva, impedendone il recupero.
Tento il colpo di fortuna, e faccio una prova banale con un vecchio programma
sviluppato dall'Fbi, Image Scan. Serve per individuare ed estrarre immagini da
supporti dubbi.
Nessun risultato.
Non ci sono immagini in giro, sul disco.
Mentre penso a cosa fare, rifletto sul fatto che sono pochi gli utenti di computer
e di telefonini pienamente consapevoli che, nella realt�, i sistemi che utilizziamo
sono pensati soprattutto per ingannarli, semplificando le cose e mostrando loro uno
stato delle informazioni che non corrisponde alla realt�.
I produttori lo fanno a fin di bene. Per semplificare. Per astrarre. Per rendere la
vita facile all'utente. Ma lo fanno.
Il problema � che non insegnano all'utente a eliminare realmente le informazioni.
Semplicemente si limitano a marcare dei settori di memorizzazione inizialmente
occupati da dati battezzandoli come liberi e utilizzabili. In pratica, dicono
all'utente: Ho cancellato il dato, ora lo spazio � libero. Ma � vera solo la
seconda parte della frase. Lo spazio � indicato come libero. Per� nulla � stato
cancellato.
L'unico modo per ovviare a questo problema � sovrascrivere i settori non allocati.
Bisogna, in un certo senso, forzare la scrittura su quelle aree del disco che il
computer vede come libere. Di solito si compie un'attivit� di zero filling. Si
sovrascrivono le parti con degli zero. Oppure si usano dei byte casuali.
Il proprietario di questo dvd ha fatto qualcosa in pi�.
Era consapevole del fatto che un investigatore attento avrebbe potuto rilevare che
era stata disposta una sovrascrittura sicura. Allora ha usato una tecnica pi�
complessa. Non solo qui il dato � stato sovrascritto; il proprietario ha anche
inquinato il processo di recupero cercando di eliminare completamente i dati
originari e, contestualmente, popolando il supporto con dati fittizi in grado di
sviare l'investigatore e di ingannare gli strumenti di analisi. Le informazioni
usate per riempire il disco sembrano reali: porzioni di testo, pezzetti di
immagini, parti di documenti.
Il problema � individuare cosa � stato arbitrariamente inserito. Ripulire il tutto.
Per poi, alla fine, cercare di recuperare e interpretare i dati originari.
Che, tra l'altro, sembrano cifrati anche quelli.
Una situazione davvero complessa.
Se il recupero dello stato originario del dvd si � rivelato semplice, ed � bastata
mezz'ora per ottenere una sorta di radiografia precisa, l'attacco a questi dati per
recuperare le informazioni vere e proprie e poi decifrarle si presenta come
un'operazione ben pi� seria.
Uno dei primi comandamenti degli hacker � molto semplice: l'unione fa la forza. Per
fronteggiare un problema serio, se si uniscono pi� menti i risultati arriveranno
pi� in fretta.
L'hacker tende a essere individualista, � noto. Non solo perch� vuole mantenere
segrete le sue tecniche, ma anche perch� si ritiene superiore agli altri. In alcuni
casi comprende, per�, che l'unico modo per superare un ostacolo consiste
nell'approntare un tavolo di lavoro condiviso.
Io, su questo tavolo, ho bisogno, e in fretta, di esperti di crittoanalisi, la
scienza che ricerca un punto debole nel codice, nel sistema di cifratura, nel
protocollo o nelle chiavi, al fine di violarne i segreti.
Ho alcuni ex clienti di quando ero nella CLA che mi devono favori importanti.
E che sono davvero bravi.
Accendo il computer e avvio Skype dal disco esterno con la lista dei miei contatti.
Di solito utilizzo Skype solo per il primo approccio. I miei amici lo sanno. Non
discutiamo mai di cose importanti l�. Anzi, non discutiamo proprio. � vero che le
comunicazioni su Skype sono cifrate, ma non ci fidiamo comunque, non potendo vedere
il codice. Ultimamente, per di pi�, questo sistema � stato preso di mira da
autorit� di diversi paesi: vorrebbero che il produttore fornisse loro i codici di
cifratura per poter intercettare le comunicazioni. E ora che � diventato di
propriet� della Microsoft, il rischio � aumentato.
Vedo che almeno tre amici che fanno al caso mio, Doktor, Meg e BitDrunk, sono
collegati.
Mando un messaggio molto semplice a tutti e tre, che solo loro sono in grado
d'interpretare. Chiedo di raggiungermi in un canale nascosto di una chat irc, su un
server sicuro, per parlare con calma. Senza ascoltatori inopportuni o curiosi.
Sono hacker esperti, non c'� bisogno di spiegare troppe cose.
Dopo venti minuti l'immagine del dvd dell'architetto Balestri � in linea su un
server nascosto cui hanno accesso solo loro tre.
Le mie informazioni sono ora nelle mani di alcuni dei pi� grandi esperti di
sicurezza e di crittoanalisi al mondo, che stanotte si faranno probabilmente
aiutare da altri come loro.
Ho fiducia. Mi restituiranno un contenuto quantomeno leggibile. Non si perderanno
tra false piste e tentativi di offuscamento dei dati.
Sono anche assolutamente certo della loro riservatezza e affidabilit�. Soprattutto,
se non ci riusciranno loro, a rompere quei codici, dubito proprio che in giro ci
sia qualcun altro che possa farlo.
� il mio ultimo tentativo.
Mi alzo dalla sedia davanti al tavolo che regge i miei computer. � un piano rigido
lungo quasi quattro metri. L'ho costruito con una pesante tavola di legno weng� e
due cavalletti d'acciaio. Ci sono sei monitor incastrati tra loro, di diverse
dimensioni, e altrettanti computer appoggiati al pavimento. Due ventilatori e un
piccolo condizionatore cercano di mantenere accettabile la temperatura delle
macchine e della stanza.
Sono quasi le nove e mezza ed � ora che mi metta di nuovo in movimento. Svuoto lo
zainetto. Lo lascer� a casa. Non ho documenti di studio da portare con me.
Mi lavo le mani e il viso, mi preparo un piatto con prosciutto di Praga, ricotta e
ananas, lo accompagno con un bicchiere di passito ambrato di Pantelleria, un Ben
Ry� di Donnafugata. Il nome � di origine araba, significa figlio del vento.
Richiama il vento che soffia tra i grappoli, una costante a Pantelleria. Lo gusto
con calma. Sento il profumo dell'isola. E penso al sole e al mare.
Pochi minuti dopo sono pronto per uscire. Prima completo la serata con uno shot di
Chartreuse. L'unico liquore cos� buono che ha dato il nome a un colore, direbbe
Quentin Tarantino. Lo alterno di solito alla mia adorata Becherovka. Anche il
liquore alle erbe francese viene considerato, come l'amaro ceco, un elisir vegetale
di lunga vita. � fatto con tanto amore dai monaci certosini in base a una ricetta
segreta.
Bonanza sta dormendo.
I miei amici hacker stanno attaccando il dvd.
In men che non si dica sono di nuovo per le strade di una Milano piovosa, che il
bel tempo l'ha dimenticato da un po'.
Sempre sulla mia moto.
Direzione Navigli.
***
13. Navigli dark
Andare in moto per i Navigli quando piove � suggestivo. Viene la tentazione, a ogni
momento, di buttare l'occhio sul corso d'acqua che corre accanto alla strada.
Per fortuna, nonostante la pioggia, � un luned� sera, e non c'� la confusione del
fine settimana. Arrivo in meno di dieci minuti, parcheggio sul marciapiede ed
entro, cercando di scrollare il giaccone per asciugarlo un po'.
Pi� che vederla, Sophie la sento. Un po' mi gira la testa: la doppietta passito pi�
liquore alle erbe sta facendo effetto.
� seduta a un tavolino del bar con un computer rosa aperto davanti, una Tennent's a
fianco e un sorriso caldo che sbuca dallo schermo insieme a una massa di capelli
ricci.
Sta digitando freneticamente sulla tastiera. La birra � ancora integra, si � seduta
da poco.
Mi trovo a guardare prima lei del computer. Me ne stupisco. Un vero hacker non lo
farebbe mai.
Sto perdendo colpi.
Sophie mi vede, si alza, mi viene incontro e mi porge la mano. Si avvicina ancora
un po', mi d� due baci sulle guance.
�Ehi, ben ritrovato, quanto tempo.�
La osservo per un attimo mentre cammina e si accomoda di nuovo al tavolino.
� splendida. Forse pi� di quanto lo era a Roma e a Londra. Alta pi� o meno come me,
longilinea, occhi azzurri, modi pacati, non nervosi. La massa di capelli ricci
incornicia un viso molto magro, dai lineamenti fini, senza un filo di trucco.
Indossa jeans, stivali, un maglione color nocciola a coste.
Chiude il computer e, contemporaneamente, mi domanda se bevo qualcosa.
�Doppio rum e coca, grazie, Sophie. E un toast.�
Subito dopo aver ordinato mi rendo conto che avrei dovuto chiedere una tonica, ma
arretrare ora non mi farebbe fare bella figura.
�Scommetto che dopo Londra non hai pi� toccato una birra.� E ride.
� seduta sul divanetto, ha lasciato a me la poltrona che d� verso l'entrata.
Siamo soli nel bar dell'albergo. Pi� che un bar � una semplice area ricavata a
fianco della hall. Pu� contenere al massimo una ventina di persone. Una decina di
tavolini. Probabilmente la colazione � servita nel ristorante.
Quando sono entrato, l'addetto alla reception mi ha lanciato uno sguardo veloce e
poi � tornato nella sua stanzetta con il televisore. � un tipo non molto alto, con
un abito nero bordato di rosso e una targhetta con il nome.
�Perdona l'ora.�
La sua voce mi riporta alla realt�. Ha un accento aggraziato, romano. Me lo
ricordavo bene.
�Come ti ho detto, oggi ho avuto qualche problema.�
Non dico nulla. L'appuntamento alle dieci di sera si � rivelato in realt� molto
comodo, visto l'impegno precedente con la cliente.
Senza preavviso si tira su le maniche del leggero maglione fin oltre il gomito e mi
mostra dei segni rossi, chiarissimi, sulle braccia. Sembrano frustate.
�Oggi mi sono incatenata all'unica porta d'ingresso di un laboratorio dove facevano
esperimenti illegali su cuccioli. Hanno dovuto chiamare un fabbro per togliermi di
l�, ma ho opposto resistenza. Sono arrivati la stampa, la polizia, qualche
politico. Mi hanno appena comunicato che hanno sequestrato tutto. A parte i
pericoli per la salute, hanno trovato cani tatuati o con microchip. Li avevano
rubati a delle famiglie. A dei bambini.�
Penso per un attimo a cosa possa provare un bambino che da un giorno all'altro si
vede privato del suo cane. Finito in simili laboratori, per di pi�.
�Quando lo dir� a Bonanza, ti vorr� di nuovo come suo avvocato.�
Le mostro, sul telefono, una foto recente del mio beagle, seduto sul divano con i
resti di una scatoletta sul muso. Vedo che sorride e fa finta di accarezzarlo sullo
schermo.
Ritrae la mano quando l'addetto al bar mi porta, con aria svogliata, un bicchiere
con quattro dita di rum scuro e ghiaccio e una bottiglietta di Coca-Cola. Ora leggo
bene il nome sulla targhetta. Oscar. Verso con calma la Coca-Cola. Lascer�
sciogliere il ghiaccio per allungare il tutto. Non voglio che il drink sia troppo
carico.
Sophie mostra al cameriere la chiave, camera numero 23, e lui fa cenno di aver
capito.
�Il toast arriva subito� ci dice con voce cavernosa.
�Ti ringrazio tantissimo per essere passato stasera, Alex. Posso rimanere a Milano
anche domani. Vorrei incontrarti in studio con calma per una questione delicata.
Pensi di avere tempo? Avrei un bel po' di documenti da farti vedere. Carte e
fotografie.�
Sophie ha compreso che parlare di lavoro cos� tardi non garantirebbe la dovuta
concentrazione. Siamo tutti e due molto stanchi.
�Certo Sophie. Ho una conferenza al mattino e un'udienza all'una, ma dopo sono
libero. E certo che ho tempo. Ti devo un favore da anni, lo sai. E non vedevo l'ora
di poterlo ricambiare. Potremmo fare alle cinque in studio da me. Che ne dici? Di
pomeriggio...�
La precisazione di pomeriggio � banale. Direi superflua tra persone normali. Un
difetto che mi porto dietro dai tempi dell'avvocato Morandi. Ma lei, per fortuna,
non ci fa caso.
�Va benissimo. Di pomeriggio!� E sorride. Ecco, ci ha fatto caso eccome. �Su cos'�
la conferenza, Alex?�
�Hanno invitato in Italia uno studioso internazionale a parlare di privacy e
sicurezza nazionale. Se vuoi assistere, � aperta al pubblico.�
Definire studioso internazionale quello che per me � un mentore, un maestro di
vita, mi sembra riduttivo. Ma non voglio annoiarla con la mia storia.
�Ti ringrazio, ma penso che mi riposer� e incontrer� gli attivisti che operano qui.
Sia gli animalisti sia gli ambientalisti. Dobbiamo impugnare un'ordinanza di
abbattimento di cani randagi che non ha senso. Puro populismo. E hanno bisogno di
un avvocato. Ho sentito parlare molto bene di te, sai?�
Fatico a tenere gli occhi fissi nei suoi. Come se temessi di rimanere incantato. E
poi mi sento arrossire. Ha cambiato improvvisamente argomento mettendola sul
personale. Mi ha tirato una dolce stoccata.
Il rum di solito mi rende meno impacciato, ma sono in imbarazzo. Mi sembra che mi
stia guardando con una certa tenerezza. Come un bambino che indossa un giubbotto
troppo grande per lui.
Fortunatamente le squilla il cellulare e risponde. Intanto � arrivato anche il
toast, che contribuir� ad alleviare l'effetto dell'alcol.
Mentre parla al telefono, mi appoggia una mano sull'avambraccio. Una sorta di
codice, un modo di domandare scusa, silenzioso, che apprezzo molto. Come se stesse
dicendo: Sono ancora qui con te, tranquillo, rispondo e ritorno.
Per non dare l'idea di seguire la conversazione, allontano lo sguardo dal suo viso,
anche se non � semplice. Mi metto a fissare la hall.
***
14. Medeco
La tranquillit� dell'ambiente viene interrotta da un uomo vestito di scuro che
entra dalla porta a vetri automatica e si dirige al bancone della reception,
dandoci le spalle.
Sophie continua a parlare al telefono. Io mi metto a osservarlo.
E noto subito una cosa strana.
L'uomo, alto circa un metro e settanta, magro, atletico, non si guarda attorno
neppure per un attimo. Come se conoscesse gi� i luoghi. Si dirige senza indugio
verso l'estremit� pi� lontana del bancone, quella che d� sulla stanzina dove
l'addetto alla reception sta guardando la televisione.
Di solito chi arriva in un hotel dove non � mai stato osserva ci� che lo circonda.
Cerca il bar, guarda se c'� un internet point nella hall, controlla dove sono i
bagni. Niente di tutto questo.
L'uomo indossa jeans e Timberland, e un giaccone di pelle dal quale esce il
cappuccio di una felpa che gli copre la testa.
Lo osservo con attenzione.
Sembra straniero, forse americano. Indossa Timberland e jeans.
Mi accorgo che mentre compila la scheda di registrazione, dopo aver allungato il
documento all'addetto alla reception, alza gli occhi pi� volte per memorizzare
l'esatta collocazione e il raggio d'azione delle due telecamere poste ai lati
dell'ingresso.
Avevo gi� notato, appena entrato, che tutte le aree comuni dell'hotel, compresi i
corridoi, sono sorvegliate da telecamere. Mi guardo sempre attorno, soprattutto
verso l'alto, in qualsiasi posto mi trovi, aperto o chiuso. Negli ascensori, nei
camerini, negli hotel. Ovunque. E lo fa anche lui. Ma sempre senza farsi notare.
Restando immobile, in una fissit� innaturale. Proprio come farei io in determinate
situazioni. Proprio come farei io...
Solo per un istante l'uomo vestito di scuro ruota la testa per vedere se ci sono
telecamere dietro di lui. Finalmente scorgo il suo volto, di profilo. Il naso �
perfetto, proporzionato. Troppo perfetto per essere vero. Ha sopracciglia folte,
labbra carnose e la pelle abbronzata.
Riesco a inquadrarlo solo per un attimo. Poi riprende a parlare con l'addetto alla
reception.
Al suo fianco ha un trolley rigido in alluminio appoggiato al pavimento sulle
rotelle e una borsa per computer molto ampia, che potrebbe contenere anche due
portatili.
Mi stupisce la pulizia di quei bagagli. Non ci sono adesivi. Nessuna etichetta,
nessuna indicazione del nome.
Nulla che possa suggerire il minimo indizio a un osservatore normale.
Mi accorgo subito, invece, di alcuni particolari che mi fanno suonare un campanello
d'allarme nel cervello. E mi raddrizzo un po' di pi� sulla sedia. Una seconda cosa
strana.
Il trolley � stato modificato con due serrature del pi� grande produttore
americano, la Medeco. Quasi tutti gli uffici governativi, i centri critici e le
infrastrutture pi� delicate sono protetti da queste serrature. Il lavoro � ben
fatto, ma si nota che � artigianale.
La terza cosa che mi colpisce, e che desta la mia attenzione, � la borsa per
computer.
Sembra anonima. Ma il carbonio a vista della struttura, il sistema di aerazione,
che la mantiene impermeabile ma abbassa la temperatura in modo che il computer
possa rimanere acceso dentro la borsa senza rischiare un surriscaldamento, e la
serratura, sempre Medeco, che chiude le due clip, sono indici di professionalit�.
Scommetterei che � anche schermata, per impedire qualunque tentativo d'ingresso via
wireless o bluetooth al computer acceso.
Ne ho un paio anche io, di quelle borse. E non si trovano in commercio.
Prendo in mano il telefono, come se dovessi controllare un messaggio, e attivo una
rapida scansione via bluetooth e wireless dei dispositivi in prossimit�.
Vengono rilevati la rete dell'hotel, il telefono di Sophie e poco altro.
Come immaginavo.
Tutto ben configurato.
O schermato.
L'uomo ritira il documento dopo che l'addetto alla reception ha annotato gli
estremi. Lancia un'ultima occhiata al computer e alla webcam, che, per�, �
orientata verso la postazione. Probabilmente la usano per chattare. Poi si avvia
verso l'ascensore trascinando sulle rotelle il trolley e la borsa per computer.
Un biglietto gli cade dalla tasca mentre sta riponendo la carta d'identit�, ma non
se ne accorge. Sembra la ricevuta di un taxi.
Quasi per caso, proprio in quel momento, osservo il quarto particolare, che mi
stupisce.
Al trolley � legato un sacchetto di plastica, seminascosto.
Una semplicissima sportina trasparente, simile a quelle che vengono date alle casse
dei supermercati.
Con il movimento che l'uomo fa per entrare in ascensore la sportina si sposta e
penzola verso l'esterno, senza cadere.
Non ci sono indicazioni o nomi di negozi, ma sembra contenere la spesa della
macelleria. S'intravedono due pacchetti di carta lucida. Sono leggermente arrossati
di sangue. � identica alla sportina che mi prepara il macellaio quando passo a
ritirare la carne di scarto per Bonanza.
Questo particolare m'incuriosisce e mi diverte. Un carnivoro notturno? Ha fatto la
spesa prima di andare a dormire? E gli piace la carne cruda? Oppure ha un
fornelletto a gas nella valigia e stanotte se la cuciner�? Magari facendo scattare
i sensori antincendio dell'hotel?
Dei due pacchetti uno � quadrato e tozzo, come se contenesse carne macinata.
L'altro � pi� simile al tipico pacchetto che il macellaio confeziona per i filetti
o le bistecche.
Alzo di nuovo il cellulare.
Le foto che sto facendo, senza flash e senza il rumore dello scatto, mi
permetteranno di analizzare meglio alcuni dettagli.
Se ce ne sar� bisogno.
�Ehi avvocato. Dove stai viaggiando?�
Sophie ha finito la telefonata. � rimasta a guardarmi. Interessata e sorridente. Ha
ancora la mano sul mio avambraccio, e lo stringe con fare simpatico. Come se
fossimo vecchi amici. Non so se ha visto che stavo scattando. Per� non fa domande.
�Scusami Sophie, ma dormo poco e ogni tanto mi perdo. Non mi sono incatenato a
nessun cancello, ma ho avuto una giornata pesante anche io.�
Sophie si accomoda meglio sul divanetto. Il computer � di nuovo chiuso, lo aveva
riaperto durante la telefonata. Allunga le gambe sotto il tavolo come una gatta che
si mette comoda. Prende la Tennent's, ne beve un sorso direttamente dalla bottiglia
e mi scruta. E mi mette di nuovo in imbarazzo.
�Hai mai sentito parlare della tratta di cuccioli dall'Est Europa? E dei canili
lager?�
Il suo tono � diventato serio, anche se sul suo volto � rimasta un'ombra di
cordialit� e confidenza.
�Non molto, Sophie, se devo essere sincero...�
�Meglio. L'impatto sar� ancora pi� forte quando ti far� vedere alcune fotografie.
Ci sono grossi interessi economici dietro, sai? Anche della criminalit�
organizzata. Ho la sensazione che questa volta si potrebbe fare davvero qualcosa
d'importante. Ma siamo a un punto morto.�
Noto il siamo. Non � un problema personale di Sophie. La cosa mi incuriosisce.
�Sophie, io sono un avvocato come te. Non un investigatore. N� una guardia
forestale.�
�So chi sei, avvocato. E anche io sono un avvocato... per�... ho avuto informazioni
su di te. Conosco tanta gente che opera in questo ambiente e ti assicuro che se
penso che tu sia la persona ideale per me lo puoi essere davvero. Ti prometto che
non ci sar� nulla di illegale. E non ci saranno rischi. Faremo solo del bene.�
Mi ha quasi convinto. Ha appoggiato di nuovo la mano sul mio avambraccio. E
sorride.
�Penso di andare a dormire, Alex. Ti chiamo domani dopo pranzo, allora?�
�Certo, aspetter� la tua telefonata. Io sar� in centro.�
Si alza lentamente e ripone il computer rosa nella borsa.
�Notte Alex, sono a pezzi. A domani.�
Sophie mi bacia di nuovo sulle guance e per l'ultima volta mi stringe con la mano
l'avambraccio.
La guardo dirigersi verso l'ascensore e sparire dalla mia vista. Come nel pi�
scontato dei film d'amore, attendo, trattenendo il respiro, che si giri ancora una
volta verso di me. Per un ultimo sguardo.
Ovviamente non lo fa.
Esco sotto la pioggia e mi avvio verso la moto.
Mi ritorna in mente, per un attimo, lo strano individuo con la sportina della
macelleria appesa al trolley.
Continuo a pensarci mentre indosso il casco e i guanti. Poi accantono il pensiero
in un angolo della mia mente e mi avvio verso casa.
Nel mio portafoglio, ben ripiegato, c'� il bigliettino che gli � caduto dalla tasca
e che ho raccolto davanti alla reception, tra il bancone e l'ascensore. Una
ricevuta di un taxi.
Ora, per�, spero di trovare qualche bella sorpresa nel mio appartamento.
Corro a vedere se i miei amici crittoanalisti hanno scoperto qualcosa di
interessante nei file rimasti sul dvd dell'architetto.
Quei file che qualcuno voleva far sparire per sempre.
***
15. Affari di famiglia
Rientro in casa. Bonanza mi regala una manifestazione di gioia identica, per
intensit�, a quella che mi aveva riservato quarantacinque minuti prima. Le reazioni
sono le stesse: coda impazzita, posizione in piedi sulle zampe posteriori in stile
parata del 2 giugno, testa ben salda tra le mie gambe e richiesta esplicita di una
buona dose di carezze sulla gola e sulle cosce.
Ora sono pi� tranquillo nell'accarezzarlo.
Guido mi aveva consigliato di non sfiorarlo mai sulla testa, sul collo e sul
garrese per i primi giorni. Li avrebbe percepiti come gesti di dominanza e avrebbe
potuto ricordare i traumi subiti. E mordermi. Mi aveva suggerito di
tranquillizzarlo, e di farlo uscire gradualmente dalla situazione catatonica in cui
si trovava, cominciando ad accarezzarlo sulla gola, al di sotto del collo, sulla
pancia, sui fianchi e sulle cosce. Come sto facendo ora.
Forse � vero quello che dicono dei cani, che non hanno memoria e senso del tempo,
soprattutto quando devono manifestare emozioni festose.
Bonanza mi annusa mentre si gode le carezze e se ne torna alla sua poltrona
soddisfatto quando capisce che non stiamo per uscire di nuovo.
Noto che il parquet del soggiorno, dopo questo via vai di padrone e cane
nell'ennesima serata di pioggia, � ancora una volta impresentabile. I resti della
scatoletta sono a fianco del divano, in bella mostra.
Domani la signora delle pulizie avr� il suo bel da fare.
Il computer principale � ancora acceso, nella stessa situazione in cui l'ho
lasciato. Ovviamente protetto.
Mi tolgo il giaccone, appoggio casco e guanti, passo il polpastrello sul lettore
biometrico e inserisco la password.
Nella cartella del server che ho dedicato a questa pratica sono apparsi tre file
nuovi.
Me li hanno appoggiati l� i miei amici. Gli unici che hanno il privilegio di
accedere.
Li hanno lasciati l�.
Senza alcun commento.
Sento un brivido lungo la schiena. Evidentemente hanno trovato qualcosa di utile
sul dvd.
Mi siedo, avvicino la tastiera al monitor e mi appresto a guardarli.
Vedo, dal tipo di documento, che i tre file non sono delle immagini.
Sono dei video.
Dei video.
Non ci avevo pensato. Non erano le immagini, quelle importanti. C'era di pi�.
Mi verso due dita di rum scuro, prendo una Coca-Cola in bottiglietta per
allungarlo, indosso un paio di cuffie per analizzare al meglio le tracce sonore e
mi appresto a trasmettere i video sullo schermo pi� grande.
Si comincia.
I primi due video contengono scene che mi aspettavo.
Mi riempiono lo schermo con una qualit� di ripresa perfetta, senza stupirmi pi� di
tanto. Il regista ha utilizzato una telecamera digitale e un cavalletto. Il filmato
� estremamente nitido.
C'� l'architetto Balestri, proprio lui, completamente nudo, intento a sfiorare i
corpi senza coscienza delle bambine.
Il medico legale aveva ricostruito bene la scena del crimine, pur non avendo potuto
vedere questi video.
Non viene usata violenza. L'uomo si eccita posizionando le bambine.
� come se desse origine a una sorta di coreografia particolare. Le mette in posa
come se fossero delle Barbie, poi si aggira attorno al letto, nudo, e le guarda.
Scatta fotografie, si tocca, a volte rimane incantato per qualche secondo.
Fermo il video e ingrandisco la macchina fotografica che sta utilizzando: non �
quella che � finita tra i corpi di reato, ma una molto pi� professionale e
sofisticata. Peccato.
Pochi minuti dopo � intento a strofinarsi su di loro con una delicatezza strana.
Sembra quasi che sia sorvegliato o controllato da qualcuno o da qualcosa. Non si
azzarda quasi a toccarle. Le sfiora.
Per quasi venti minuti resto concentrato a osservare i primi due video. Vi sono
riprese sempre le due bambine pi� piccole.
Le veste, le sveste, le riveste, le gira, si avvicina e le accarezza, sempre nudo,
si strofina su di loro o si tocca a pochi centimetri dai loro corpi, in maniera a
volte lenta, a volte compulsiva.
Sembra che danzi.
� il terzo video, per�, a lasciarmi senza fiato.
Sono sempre solamente due le bambine sul letto, le due pi� piccole, ma ora Greta,
la terza, la pi� grande, � seduta su una poltroncina.
Vengono inquadrate le sue gambe.
Greta � completamente nuda e ha le cosce leggermente divaricate.
Tiene in equilibrio, tra due dita, una sigaretta accesa.
L'architetto ogni tanto scompare dalla visuale e sposta l'inquadratura dal letto
alla bambina sulla poltroncina, e viceversa. Si divide tra il ruolo di regista e
quello di protagonista.
Pochi minuti dopo la telecamera � di nuovo fissa.
Riprende il letto.
La bambina pi� grande ha avvicinato la poltroncina alla testata del letto.
L'uomo � sul letto con le due sorelline, e la terza, la pi� grande, sembra
incantata a osservare.
Le gambe ora sono allungate e appoggiate sul bordo. Indossa sandali di tela chiari,
alla schiava. Con la punta del piede Greta sfiora il corpo di Balestri.
Finalmente sento l'audio, che � chiaro. � la voce della bambina. Di Greta.
�Attento, Ballo. Se fai male a loro o lasci dei segni, io ti uccido.�
Mentre guarda l'uomo e le sue sorelline, la bambina si sfiora.
Mi stupisce.
� molto professionale.
Sembra che lo faccia per eccitare l'architetto, per far terminare in fretta
quell'orribile siparietto, pi� che per piacere personale.
Sembra che abbia lei il dominio della situazione.
Ballo obbedisce come un bambino.
A Greta.
La parte finale del terzo video � la pi� interessante dal punto di vista
investigativo.
L'architetto ha terminato il suo rito. Ora � in un punto della stanza che non viene
inquadrato dalla telecamera, ancora fissa sul letto.
Sento un fruscio di banconote. M'immagino la bambina contare dei soldi.
Alzo il livello dell'audio.
Sento lui dire, chiaramente: �Sono duecento, come da accordi. Puoi contarli se
vuoi.�
Vedo per un attimo la bambina riapparire nell'inquadratura e pulire con cura, con
un fazzolettino, i corpi delle sorelline.
Si � piegata un po' in avanti sul letto, e l'uomo, ancora nudo, le si avvicina da
dietro e le cinge la vita.
Lei si libera rapidamente.
Non fa caso al suo comportamento, come se ci fosse abituata, e gli rivolge ancora
la parola.
�Mi serve anche una ricarica per il cellulare, Ballo. Me la fai, dopo?�
Trattengo il respiro per un attimo e spero che le faccia una ricarica via internet.
Tracce importanti. Ma l'uomo si dimostra attento.
�Certo, piccola. Ecco cinquanta euro. Falla tu. Sistemi tutto, qui, prima che torni
tua mamma? E hai poi pensato a quello che ti ho chiesto?�
L'uomo le si avvicina un'altra volta, in un secondo tentativo, di nuovo eccitato.
Ma lei lo allontana, stizzita.
�S�, s�, sistemo tutto io. Ci sentiamo. E no. Non voglio farlo, con te. Te l'ho gi�
detto mille volte. Non l'ho mai fatto, e di sicuro non comincer� con uno come te.�
Non si baciano. N� si stringono la mano.
Mi rendo conto che la bambina pi� grande, in piedi, nuda in calze autoreggenti,
assomiglia molto alla madre. Ha capelli corvini lunghi sulle spalle, un corpo molto
magro e proporzionato, una piccola cicatrice che si nota quando si gira a favore di
luce.
Noto, soprattutto, che i due si salutano come due agenti di commercio al termine di
un pranzo di lavoro.
L'architetto quindi c'�, nel video. C'� eccome.
Ma c'� anche la maggiore delle figlie della mia cliente.
Greta.
Sono soci in affari.
La situazione si complica.
***
16. Debolezze
Bonanza sta dormendo. Russa. Io osservo i tre filmati. Una seconda volta.
Mi sento solo, in momenti come questo.
Avrei bisogno di qualcuno con cui parlare, con cui confrontarmi, con cui valutare
strategie e passi da fare.
Ma sono solo. Io e il mio buon senso, io e la mia etica, io e la mia professione,
io e le decine e decine di casi che ho gi� affrontato.
Finisco la coca e il rum e rifletto.
Senza pensarci troppo, copio i tre video su un dvd e mi alzo per cercare di nuovo
il casco e il giaccone.
Prendo il cellulare e chiamo Lara. Al numero di casa.
Mi risponde al secondo squillo, anche se sono le undici passate. Probabilmente era
sveglia. In attesa di una mia telefonata.
�Lara, buonasera. Scusi se la disturbo a quest'ora. La devo vedere con urgenza.�
Cerco di mantenere il tono della voce naturale. Ma non ci riesco.
Lei rimane in silenzio. Sento che sospira.
�Ci vediamo in studio da me tra mezz'ora, le mando un taxi tra dieci minuti.�
Lei mi ringrazia. E riattacca.
Ora l'ho messa davanti a una nuova prospettiva.
Una prospettiva che la spaventa.
Mezz'ora.
Devo correre, ma ho bisogno del Giudice.
Anche solo per un attimo.
Devo parlargli.
Scendo le scale di un piano e mi attacco al campanello, nonostante l'ora.
Mi apre subito. � in pigiama. Un pigiama cangiante, color argento, in seta. In seta
con questo freddo... mah... ha gli occhialini da lettura. � alticcio.
�Ciao Alessandro. Accomodati.�
Vado di fretta, ma non � una cosa che valga la pena anticipare al Giudice. Tanto ha
il senso del tempo alterato, come il mio cane. Anche se rimarr� solo pochi minuti
non ci far� caso. Nei ricordi gli sembreranno un'eternit�.
Evito preamboli.
�Giudice, al cliente va detto tutto? Tutto? Anche se lo pu� ferire? Anche se pu�
condizionare la sua vita? Anche se pu� rovinargliela?�
Il Giudice mi guarda. E risponde senza indugio.
�Una domanda facile. S�, Alessandro, s�. Tu sei al servizio del cliente, sempre,
ricordalo. Sempre. Devi dirgli tutto. Tutto quello che vieni a sapere e che gli pu�
interessare. Non hai nessun diritto di custodire segreti. Tu sei solo un
intermediario tra i fatti della vita e il sistema della giustizia. Devi essere
trasparente. Sempre.�
�Anche se il cliente � debole, Giudice? E non sai come potrebbe reagire?�
�Debole? Tieni presente che i clienti sono spesso molto pi� forti di come ce li
rappresentiamo. Molto pi� forti anche di noi. A volte i deboli siamo noi,
Alessandro. Non i clienti. Noi siamo deboli e soli. Minati dal dolore del
processo.�
A volte i deboli siamo noi.
Il Giudice ha ragione.
Far� decidere alla madre di Greta e delle altre due bambine cosa fare. Se rendere
pubbliche queste riprese. Oppure se tenerle nascoste.
Ma ha il diritto di vederle.
Come le ho viste io.
Mentre il Giudice torna alla lettura, rifletto sul fatto che, anche se domani
cercassimo di rivelare con un colpo di teatro questi video, la condanna non sarebbe
certa.
Dovremmo spiegare, innanzitutto, come li abbiamo acquisiti. Dovremmo indicare al
magistrato, al difensore dell'imputato e alle parti come recuperarli dal dvd, per
garantire la ripetibilit� dell'acquisizione della fonte di prova, ma i metodi che
ho utilizzato non sono certo convenzionali.
Dovrei rivelare qualche segreto.
Qualche segreto che non voglio, e non posso, svelare.
Non posso neppure fare i nomi dei tre crittoanalisti, e non so nemmeno se i
poliziotti avrebbero il tempo e le competenze per effettuare una procedura cos�
accurata.
In realt� ignoro io stesso che procedura abbiano seguito i miei amici hacker.
Non saprei, insomma, come giustificare l'esistenza di quei video.
La situazione si sta complicando.
La verit� reale pu� essere ben diversa dalla verit� processuale.
Il quadro probatorio sta diventando un po' troppo articolato.
Troppe variabili.
E io odio le variabili.
Sappiamo cosa � successo, finalmente, e abbiamo visto con i nostri occhi che �
stato lui, ma dobbiamo riflettere su come utilizzare al meglio queste informazioni.
Penso che il vecchio metodo, non certo raffinato, di imbustare il dvd con i tre
video e farlo trovare, anonimo, davanti alla casa del pubblico ministero, potrebbe
risolvere tanti problemi.
Ma devo parlarne con Lara.
� lei che deve decidere cosa fare.
�Grazie Giudice. Alla prossima.�
Non mi risponde.
***
17. Dolore
� notte. Sto girando di nuovo per Milano in moto.
La cliente mi sta aspettando davanti al portone del palazzo, avvolta in un piumino
lungo fino ai piedi e con un ombrello con delle nuvole stampate sopra.
Chiude l'ombrello mentre io spengo la moto e apro il cavalletto.
Sorride, pi� per la tensione che per la felicit� di vedermi. Butta la sigaretta
sull'asfalto e la spegne con il tacco dello stivale.
La sigaretta mi ricorda la scena con Greta.
La saluto con una carezza energica sulla schiena, quasi volessi riscaldarla, come
faccio a volte con Bonanza. Non si ritrae, e riprende colorito.
Saliamo in studio. La invito ad accomodarsi sulla poltrona nell'angolo. Io mi
sistemo sul divanetto e preparo il computer portatile.
Lara si � cambiata. Ora indossa un paio di jeans a vita bassa e una maglietta
bianca con sopra una giacca di lana con grandi bottoni. Il contrasto tra la
maglietta bianca, leggera, e il capo invernale � molto elegante. Si � anche
truccata, prima di uscire.
Quando faccio partire il primo video, la sento sospirare.
Un respiro lungo, come se si liberasse di qualcosa.
E poi una corsa in bagno, a vomitare.
Mi sa che questa non sar� soltanto la notte in cui decideremo la strategia
processuale.
C'� molto di pi� in gioco.
Soprattutto per lei.
Dopo circa un'ora abbiamo terminato di vedere i tre video.
Ho dovuto metterli in pausa diverse volte mentre Lara correva in bagno. In un paio
di occasioni le ho tenuto la fronte mentre vomitava solamente succhi gastrici e
l'ho fatta stendere sul divanetto.
Ora � sconvolta, � debole, � ferita.
La osservo in silenzio.
Ho visto molti filmati come quelli, anche peggiori, e sono preoccupato per la sua
reazione.
La vedo aggirarsi per la stanza con la sigaretta in mano, come una palla che
rimbalza tra quattro pareti e non si ferma. Non conosce neppure la direzione che
deve prendere. Gira in tondo e basta. E guarda la sigaretta. Sparge cenere sul
parquet.
Cerca di riflettere, ma non ci riesce.
Cerca di piangere, ma contemporaneamente prova a calmarsi.
Ha ancora conati ma non ha pi� nulla da vomitare. Non corre neppure pi� in bagno.
Dopo un tiro di sigaretta, soffia nervosamente il fumo verso l'alto.
Io sono in piedi in mezzo alla stanza, pronto a prenderla se dovesse avere un
malore.
Finalmente vedo che si avvicina a me, si calma un po' e mi abbraccia. � stremata.
La sento pi� tranquilla.
Temo quasi di sfiorarla.
Agisce come se fosse in trance, ma il respiro si � regolarizzato.
Sento i suoi capelli che sfiorano il mio viso e l'odore di notte che ha addosso,
misto al fumo della sigaretta.
Sento umido sul collo, probabilmente sono le sue lacrime.
Mi sembra strano, ma mi rilasso anche io.
Penso a Sophie, alla conferenza, all'udienza di domani, alla giornata, al sonno da
recuperare.
Sento il suo viso appoggiato alla mia guancia mentre continua a tremare e a
piangere. Lo fa in maniera precisa, metodica, quasi ossessiva.
Le passo una mano sulla testa.
Noto che ha messo una fascetta di velluto blu attorno al collo, con una perlina
bianca. Le sta molto bene, la fa sembrare ancora pi� giovane. Mi ricorda quelle del
video, messe come decorazioni sulle sue figlie, ed evito di guardarla nuovamente.
Sto fermo.
Ho paura di muovermi e di rompere l'incantesimo.
E la lascio fare, fino alla fine.
Fino a quando non si � calmata e ha ripreso a respirare in maniera regolare.
E non mi stupisco pi� di nulla ormai.
Neppure di questa situazione.
Il dolore, alla fine, ognuno lo gestisce come vuole.
Per forza.
***
18. Doppia colazione
La sveglia alle nove mette fine a un sonno particolarmente agitato. Ho sognato
animaliste incatenate e architetti pedofili, crittoanalisti anarchici e mamme
assassine.
Bonanza � gi� sveglio. Mi sta guardando con aria minacciosa. La minaccia � che la
faccia in casa. Il conto alla rovescia � iniziato.
Dopo l'incontro con la cliente, e dopo averla riaccompagnata, mi sono addormentato,
verso le due.
Non abbiamo pi� parlato. Era distratta. Sembrava temesse di rientrare in casa sua.
L'ho osservata, per un attimo disorientata, fuori dalla porta. Non trovava le
chiavi, o faceva finta di non trovarle. Poi si � avvicinata alla motocicletta e mi
ha detto grazie, di nuovo. Mi ha sorriso accarezzandomi la manica del giaccone di
pelle.
Rifletto sul fatto che ho dormito sette ore. Non male, ma l'ideale sarebbe riuscire
a recuperarne almeno altre quattro in giornata, anche se quella di oggi si
preannuncia molto intensa.
Era da mesi che non dormivo sette ore di fila. Le occhiaie si stanno sempre pi�
riducendo.
Lascio uscire Bonanza in terrazzo. Non ho tempo per portarlo fuori, anche se mi
guarda male. Preparo un secchio d'acqua per pulire, dopo. Metto su un t� verde.
Mi sento stranamente bene.
Non ho il solito fastidioso mal di testa mattutino.
Mi sento particolarmente lucido.
Non ho dolori.
Non ho mal di stomaco.
Strano.
Mi vesto con una camicia scura, una giacca di velluto blu, pantaloni grigi e scarpe
marroni. Una cravatta regimental un po' fuori moda copre il primo bottone della
camicia, che tengo sempre slacciato, e impedisce la vista della maglietta rossa del
ThreeForHope con il nostro simbolo stampato sulla schiena. Una colomba appollaiata
su un cavo di rete.
Oggi � un'occasione speciale. La maglietta ci vuole.
Piove ancora. Indosso il parapioggia, prendo le chiavi della moto ed esco dal mio
appartamento.
Non prendo l'ascensore.
Scendo una sola rampa di scale e suono con decisione il campanello
dell'appartamento del Giudice.
Il rito della seconda colazione insieme, anche se vado di fretta, non pu� mancare.
Il Giudice � ancora in vestaglia. Una vestaglia color oro e argento con alamari e
altre strane decorazioni.
�Cinese� mi dice subito, quando vede che lo sto squadrando incuriosito. �Me le
regalano con le macchine per i tatuaggi. Ogni dieci macchine una vestaglia o un
pigiama in seta. Seta cinese.�
Non ho ancora compreso se i continui riferimenti alla Cina e ai cinesi siano fatti,
dal Giudice, in un'ottica dispregiativa, con riferimento alla discutibile qualit�,
o se sia realmente appassionato di quella cultura.
Il suo studio viene anche adibito a cucina, nelle ore mattutine. Mi siedo sulla
solita poltroncina e vedo che ha gi� preparato t� e caff�. Scelgo il caff�.
�Assaggia queste brioche, sono buone.�
Il Giudice sposta una lampada da scrivania, Bene inventariato: n. 1255, per fare
spazio alla colazione, e mi allunga delle brioche che sono una palese imitazione
dei Buond� al cioccolato. Le guardo un po' diffidente. Sono senza rivestimento al
cioccolato fondente e senza granella di zucchero. Il cioccolato all'interno � stato
inserito manualmente, evidentemente da un soggetto privo di coordinamento e di
perizia. Nel finto Buond� c'� come un foro di proiettile, slabbrato, con tracce di
cioccolato all'esterno. Ho visto fori simili durante un'autopsia. Il sapore, per�,
� accettabile.
�Sono cinesi, sai? Sono buone!� Cinesi. Non ne dubitavo.
Rimaniamo in silenzio per un po' a sorseggiare il caff� e a mangiare i Buond�
contraffatti.
Il Giudice non ha ancora iniziato a bere. Di mattina, solitamente, lo trovo lucido
e disposto a conversazioni ancora pi� impegnative di quelle pomeridiane o serali.
Mi accingo a chiedergli alcune cose sulla giornata che mi aspetta e sul processo,
ma lui mi anticipa. Guarda sognante verso il soffitto con il clone del Buond� in
mano e inizia a parlare.
�Tanto tempo fa m'innamorai di una ragazza. Bellissima. Ci eravamo visti solo una
volta, pensa. Era imputata in un processo. Ricettazione, mi sembra di ricordare. Ci
vedemmo il tempo di un'udienza. Gavel to gavel. Il tempo di due battiti del
martelletto, direbbero gli inglesi... Venti minuti. Da un martelletto all'altro. Ma
mi bast� per innamorarmi. Non riuscivo pi� a parlare. Balbettavo. Lei fu assolta, e
venne a ringraziarmi al termine dell'udienza. Mi port� anche un gelato. Una
imitazione del Fiordifragola. Poi part�. Non la rividi pi�. Per almeno sette anni.
Ma pensai a lei ogni istante, per tutti quegli anni. Poi un bel giorno me la
ritrovai davanti. Di nuovo. Per caso. Era ancora imputata. Contrabbando, quella
volta. E non fu un ritorno, Alessandro, credimi. Compresi che non era passato
neppure un giorno. Che l'amore aveva lasciato un filo che aveva superato stagioni,
anni, nazioni. Fu assolta di nuovo, e cominciammo a frequentarci. Poi part�. Ma
anche la distanza non me l'ha fatta dimenticare.�
�Mi spiace, Giudice. E dov'� ora? Vi sentite ancora?�
�No Alessandro, era cinese. � tornata a Pechino.�
La donna cinese del Giudice. � la prima volta che me ne parla. E comincio a
comprendere molte cose su di lui.
�Vai, Alessandro. Che la tua giornata sia radiosa. Come il mio amore per la
ladruncola cinese. E so cosa stavi per chiedermi. La mia risposta �: non ci sono
ritorni, ci sono solo fili molto lunghi, che non si spezzano mai.�
Il Giudice si � alzato dal tavolo e sta gi� sfogliando un libro, preso da un leggio
in radica molto elegante. Bene inventariato: n. 1226.
Lo saluto, ed esco.
Questa volta mi sente e mi risponde.
***
19. Vecchie conoscenze
Quando arrivo la sala della conferenza � gi� gremita.
I posti disponibili sono tutti occupati. Quasi altrettanti giovani si sono seduti
per terra e sui tavoli, tutt'attorno. Qualcuno � fuori a fumare, nonostante il
freddo.
Ci saranno almeno duecento persone in una sala che pu� contenerne al massimo cento.
La maggior parte degli studenti ha sulle ginocchia un computer. Alcuni hanno anche
un registratore. Noto diverse telecamere. Tantissimi ombrelli appoggiati per terra,
o accanto al muro, generano piccoli laghetti sul pavimento.
Quelli seduti, sia sulle sedie sia per terra, sono quasi tutti studenti. Li
riconosco dai volti giovani e dall'abbigliamento convenzionale: felpe, alcune col
cappuccio ancora in testa, jeans e scarpe da ginnastica o stivali di gomma.
Mi fermo per un attimo a osservare gli adulti in piedi, nei pressi del tavolo dei
relatori. E comincio a individuare alcuni volti noti.
Intento a battere sui tasti del suo macbook appoggiato sul davanzale di una
finestra c'� l'americano The Dark Side, uno dei fondatori e degli ideatori del
Realhack.
Mi stupisce vederlo qui. O God sta per rivelare alcune informazioni di grande
importanza, o era di passaggio in Italia per qualche conferenza: � rarissimo averlo
nel nostro paese.
Il Realhack, l'idea geniale di Dark, � una delle pi� antiche community hacker che
gestisce e organizza conferenze. � nata nel 1990 a Las Vegas.
La scelta di Las Vegas come culla di questa conferenza � un evidente omaggio al
film WarGames. David Lightman, il bambino protagonista della pellicola, vive a
Seattle, proprio come Dark. Quando il gioco in cui si sta impegnando, e che ha
risvolti reali, gli d� la possibilit� di scegliere una citt� degli Stati Uniti
sulla quale lanciare un missile nucleare, opta per Las Vegas. Di qui anche la
scelta di Dark di Las Vegas come luogo deputato all'evento.
Questa conferenza sar�, per chi ha la fortuna di parteciparvi, un'esperienza
indimenticabile: gare di accesso ai sistemi, competizioni con robot autocostruiti,
azioni di scassinamento di lucchetti e serrature. Divertente � la tradizionale spot
the fed, l'individuazione degli agenti federali presenti tra il pubblico,
riconoscibili di solito dall'abbigliamento o dall'aria preoccupata.
Dark indossa una giacca vintage di velluto aperta, con sotto la maglietta rossa dei
Rebels, il servizio d'ordine del Realhack. Vedo che ha al collo The Dark Badge, il
premio pi� ambito che il Realhack possa assegnare a un hacker. Viene dato solo ai
vincitori di determinati eventi particolarmente significativi, e garantisce
l'ingresso a vita alle conferenze.
Il mio � in studio, appeso alla lampada a forma di pistola.
Lo guardo e sorrido. Anche Dark mi sorride sincero e mi fa un cenno con la mano.
Tra poco verr� da me.
Lui sa chi ero.
A fianco di Dark, anche lei intenta a telefonare, c'� Pam, conosciuta anche come
l'amministratrice del caos. Pam � la persona che seleziona i relatori e gli ospiti
del Realhack.
Vicino all'ingresso noto Lawrence Gold, il direttore esecutivo di Digital Privacy,
un centro di ricerca d'interesse pubblico con sede a Washington. Digital Privacy ha
attivit� simili, per certi versi, a quelle della CLA, anche se pi� focalizzate sui
temi della privacy, delle libert� civili in internet, del primo emendamento e dei
relativi valori costituzionali. Lawrence sta parlando con un giornalista. Anche lui
mi vede e mi fa un cenno di saluto. Quante battaglie abbiamo portato avanti
insieme. In tutto il mondo.
Mi faccio strada tra la folla, abbandono la zona occupata dagli studenti e mi
appoggio a un tavolo sulla destra della sala, a circa venti metri dal podio dove
presumibilmente si posizioner� il relatore.
Da qui riesco a leggere i nomi sui cavalieri gi� pronti sul tavolo. God sar� lo
speaker principale, introdotto da una professoressa di informatica giuridica.
Subito dopo si terr� una tavola rotonda con gli esperti presenti. Sulla locandina �
indicato che il tema sar� la sorveglianza globale nella societ� del controllo.
Sono gi� le dieci, ma l'ospite d'onore � in ritardo. Non posso neppure mettermi a
sfogliare il fascicolo dell'udienza che avr� all'una. I contenuti pedopornografici
non sono di certo adatti a essere mostrati in un ambiente cos� affollato.
I tempi, per�, sono abbastanza ampi. L'udienza � di l� a tre ore. Dovrei riuscire
anche a gustarmi il dibattito. Che di certo ci sar�.
Il telefono vibra. Vedo che � un mms di Sophie.
Lo apro e cerco di decifrare l'immagine.
Poi capisco.
� la parte dell'avambraccio che ieri era rossa e stamattina esibisce, invece, un
livido blu grande come una moneta da due euro.
Il testo � chiaro.
Buongiorno Alex. Visto che brava? Sto fotografando le prove!
Le rispondo.
Dura la vita dell'avvocatessa attivista...
E poco dopo appare un altro mms con il suo sorriso interrotto da una linguaccia. I
capelli sono ancora umidi di doccia.
La foto sembra fatta allo specchio. Gli occhi azzurri e i capelli bagnati. Ho un
brivido. Decido di memorizzarla sul telefono e di abbinarla al suo numero.
E mi trovo a sorridere come uno sciocco.
Il pubblico, impaziente, sta iniziando a rumoreggiare. God � in ritardo di venti
minuti.
Intanto mi hanno raggiunto gli amici hacker. Hanno chiuso computer e palmari, e
iniziamo a chiacchierare amabilmente dei vecchi tempi.
Non sono invecchiati, sono in gran forma.
E io sono contento, mi sento a casa.
Sto parlando in inglese con loro.
In famiglia.
Di nuovo.
Il Giudice aveva ragione.
A volte sembra che il tempo non sia passato.
***
20. God
Un applauso scrosciante ci fa girare tutti verso l'entrata.
Accompagnato dalla professoressa, God apre con energia la porta a vetri della sala.
� sorridente e rilassato.
Ha in mano un vecchio powerbook nero. Un modello di una decina di anni fa, con la
plastica sciolta da un lato. Una volta prese fuoco il suo appartamento e quella fu
l'unica cosa che salv�. Come fece B.B. King con la sua chitarra, Lucille.
Indossa stivali texani, jeans Levi's neri, una cintura con una fibbia con il logo
cromato della CLA, una camicia a quadri e una giacca di pelle. Sul risvolto della
giacca, in grande evidenza, la spilla con la scritta I am a terrorist.
Gli occhi azzurri richiamano il colore della pietra che ha al collo. Non dimostra i
suoi sessantacinque anni.
God procede spedito verso il podio, accompagnato dalla professoressa che arranca un
po' sui tacchi per tenere il passo. Passa a pochi centimetri da noi, sorridente, e
non si ferma. Poi, improvvisamente, si blocca, viene verso di me e mi abbraccia.
Duecento persone hanno ora lo sguardo fisso su di noi. Probabilmente si staranno
domandando chi io sia.
La professoressa si � gi� seduta per riordinare gli appunti, provare i microfoni e
verificare che tutto sia a posto. Ci guarda incuriosita da lontano.
Dark, Pam e Lawrence mi guardano e sorridono. Si uniscono virtualmente a
quell'abbraccio.
�Did you see my new old bike?�
La voce di God � profonda come al solito. Mi incute ancora rispetto.
Sorride, non aspetta risposta, sa che il video della sua nuova moto mi � piaciuto,
mi fa l'occhiolino e si avvia verso il tavolo dei relatori.
Che dire.
Quei momenti mi ricordano quando ero al top. Letteralmente al top.
Ero l'avvocato digitale.
L'osso pi� duro che i nemici delle libert� potessero incontrare sul loro cammino.
Il migliore amico di chiunque avesse un problema serio sulla frontiera elettronica.
A un certo punto della mia attivit� professionale feci una scelta. La rifarei.
Mille volte. Ma gener� una reazione a catena assai spiacevole.
Un giorno capit� sulla scrivania del mio studio di San Francisco un caso spinoso.
Ero abituato ai casi complessi, e quello sembrava di normale difficolt�.
Un gruppo di neonazisti rivendicava il diritto di manifestare in internet
attraverso una serie di siti web e, soprattutto, di organizzare una parata della
razza in una cittadina in cui due terzi dei residenti erano anziani reduci
dall'Olocausto o parenti di primo e secondo grado di persone uccise nei campi di
sterminio in Europa.
Analizzai il caso e decisi di espormi molto, come avvocato. Sollevai i miei
collaboratori e colleghi dal dubbio su cosa fare o non fare in quel frangente, e
dall'incarico. Li avevo visti molto preoccupati. Decisi di assumere la difesa di
persona. Partendo dal presupposto che la libert� di manifestazione del pensiero
vada difesa a ogni costo. Anche quando le espressioni sono le pi� forti, le pi�
crude, le pi� spiacevoli.
Mi affianc�, di sua volont�, una collega giovane. Tanya Schild. La ricordo ancora,
era bravissima. Un'ebrea intenzionata a difendere insieme a me un gruppo di
neonazisti non poteva che essere sulla mia stessa lunghezza d'onda. Non ho pi�
notizie di Tanya, da allora. Probabilmente sar� finita in un grande studio legale.
Vinsi la causa.
I neonazisti manifestarono senza incidenti e il loro sito web � ancora attivo.
Ma persi il lavoro.
E tutto quello che avevo.
Dopo la parata della razza, che fu ripresa da tutti i media nazionali e
internazionali, quasi dodicimila associati alla CLA stracciarono o bruciarono la
loro tessera davanti alla sede. Molti sponsor e finanziatori privati, che
consentivano all'associazione di vivere, minacciarono di non versare pi� un
dollaro.
Soprattutto, quasi ventimila persone annunciarono di non voler rinnovare i
finanziamenti all'associazione per l'anno successivo se io, l'avvocato che aveva
difeso i neonazisti, non me ne fossi andato.
Per God il problema non si poneva. Liquid� la questione con poche parole.
�Tu rimani al tuo posto. Sei il nostro primo avvocato. Non ne discutiamo neppure. E
poi non sei l'avvocato che ha difeso i neonazisti, sei l'avvocato che ha difeso il
primo emendamento, il diritto di manifestare pacificamente, la libert� di
manifestazione del pensiero.�
Anche il board of director, composto da avvocati, professori e scienziati, aveva
gi� deciso, informalmente.
Era disposto a mettere nero su bianco all'unanimit� il supporto e l'approvazione al
mio operato e la conferma della carica, e a rilasciare un comunicato che spiegasse
meglio i fatti al fine di non perdere troppi associati.
Tante belle parole, ma il problema fu tutto mio.
Nacque dentro di me.
Mi sembr� che il danno causato all'associazione fosse stato troppo grande.
Era come se qualche meccanismo si fosse rotto. Mi sembrava di notare atteggiamenti
strani anche tra i collaboratori, di non essere pi� benvoluto in quell'ambiente.
Avevo voluto giocare fino in fondo.
Avrei potuto abbandonare subito il caso, ma era una questione di principio.
E la pagai.
Sosteneva il mio dominus che quando un cliente si presenta dicendo: Sa, avvocato,
non � tanto per la causa in s�, � pi� che altro una questione di principio, occorre
per prima cosa staccare una bella fattura e farsi pagare.
Subito, e tanto.
Chi mette in moto la macchina della giustizia per una questione di principio,
pensava Morandi, deve innanzitutto pagare.
Io pagai.
In realt�, ripensandoci anni dopo, a mente fredda, probabilmente il problema sorto
dentro di me era un altro.
A volte capitano momenti, nell'esistenza, in cui vedi che c'� un appiglio, a pochi
centimetri da te, l� pronto a farti cambiare vita.
� l�.
Ti dice: Prendimi.
Ma tu sei indeciso.
E il tempo per decidere � poco, pochissimo.
E sai che quell'appiglio, anche se il guaio che hai fatto non � molto grande, ti
permette di ricominciare, di cambiare vita. Quasi fosse una scusa.
Io presi quell'appiglio.
Diedi le dimissioni, e me ne andai da San Francisco.
Senza troppi rimpianti.
Si vede che la mia vita, in quel momento, doveva svoltare.
La professoressa d� due colpetti al microfono per richiamare l'attenzione del
pubblico e degli ospiti. Improvvisamente cala il silenzio.
Mi accorgo che in questa sala si soffoca. � arrivata ancora pi� gente, e l'umidit�
dell'esterno mescolata al calore diffuso all'interno dai termosifoni ha creato un
ambiente simile a una serra. Dalle piccole pozzanghere degli ombrelli sale un
vapore fine fine.
L'introduzione della professoressa � snella, di prammatica. La moderatrice non
vuole togliere la scena al relatore. Legge con diligenza il discorso che si �
preparata.
�Sono davvero lieta, stamattina, di avere come relatore, qui nel nostro corso di
informatica giuridica, uno dei pi� grandi studiosi viventi delle libert� digitali.�
Mentre la professoressa illustra il curriculum e le numerose vite di God, noto che
gli studenti osservano lo speaker affascinati.
Pendono dalle sue labbra ancora prima che lui abbia iniziato a parlare.
Magnetismo.
Alcune studentesse in prima fila ammiccano. Si sono scoperte un po' le gambe e
inarcano il busto per far risaltare meglio la scollatura.
�Lascio ora la parola a Daniel Wilshire, meglio conosciuto come God.� Quando la
professoressa pronuncia il suo nick, God sorride. Io sorrido, invece, nel sentir
pronunciare il suo nome. Penso di non avere mai utilizzato quello vero. In nessuna
occasione. Per noi � God. Vedo che sorridono anche gli altri hacker in sala.
�Il signor Wilshire parler� in inglese, ma vi assicuro che sar� assolutamente
comprensibile.�
E pieno di ironia, aggiungo tra me.
Comincia lo spettacolo.
***
21. Questioni di cuore
God sembra in ottima salute.
L'attacco di cuore che ha subito vent'anni prima appartiene ormai al passato. Per
quello deve ringraziare l'Fbi, e un'irruzione notturna in casa sua, con tanto di
porta sfondata con l'ariete e fucili tattici spianati.
La vicenda che lo coinvolse inizi� quasi per caso, ma assunse presto dimensioni
mondiali.
Un hacker sconosciuto invi� per posta, a diversi uffici dell'Fbi e ad alcuni
dirigenti di multinazionali del software, un dischetto contenente numerose righe di
un codice informatico. Era il codice sorgente segretissimo di uno dei pi� famosi
sistemi operativi esistenti.
Il caso appariva al contempo strano, preoccupante e affascinante.
Chi aveva rubato quel codice e lo aveva diffuso aveva agito, chiaramente, sulla
base di motivazioni di principio, e non certo di profitto. Non venivano formulate
particolari richieste o frasi che potessero far pensare a un tentativo di
estorsione.
L'hacker, probabilmente, aveva intenzione di mostrare al mondo, per la prima volta,
quanto fosse fragile la custodia dei segreti industriali nell'ambiente del software
e, soprattutto, quanto fosse semplice far fuoriuscire quei segreti.
Alcuni giornalisti, d'altro canto, interpretarono quell'azione in maniera diversa.
L'hacker voleva semplicemente far conoscere qualit� e stile della vita che si
svolgeva nel sottobosco dei programmatori della Silicon Valley, tra geek e nerd, un
ambiente di geni sottopagati che stavano cambiando il mondo senza, spesso, alcun
riconoscimento pubblico del loro lavoro e delle loro capacit�.
Altri, infine, lo individuarono come il nuovo Prometeo. Il misterioso hacker non
aveva portato agli uomini il fuoco, bens� il codice informatico, per scardinare il
monopolio delle grandi societ� e fornire a tutti la possibilit� e il know how
necessari per diffondere tanti cloni di quel sistema operativo.
Motivazioni a parte, rimaste ignote, l'unica cosa certa fu che anche God era tra i
numerosi imprenditori che ricevettero, per posta, la busta incriminata con il
frammento di codice.
Nemmeno quarantott'ore dopo la consegna della busta si vide piombare in casa, con
una non comune energia, una squadra di agenti federali che lo sottopose a un
interrogatorio tanto inutile quanto surreale.
God non sapeva nulla. Non aveva idea di chi potesse essere il mittente n� conosceva
il motivo per cui avevano spedito anche a lui quel codice. Non appena gli agenti se
ne andarono da casa sua, inform� la stampa di quello che stava capitando.
Tre ore dopo, in piena notte, lo ricoverarono d'urgenza per un attacco di cuore.
I medici, per fortuna, arrivarono in tempo.
Gli impiantarono un pacemaker e lo rimisero in sesto, obbligandolo, per�, a mesi di
riposo assoluto.
Furono quell'episodio e l'attacco di cuore di quella notte a spingere God a
impegnarsi nell'attivismo elettronico e nella strenua difesa dei diritti di quei
cittadini che iniziavano a popolare quella che lui battezz� la nuova frontiera
elettronica.
Il primo passo fu associarsi a un amico imprenditore. Decisero di investire cinque
milioni di dollari a testa, aprirono le prime due sedi della CLA a San Francisco e
a Washington e iniziarono a combattere.
Non fu solo il pacemaker a migliorare, nel corso degli anni, le sue condizioni di
salute. Dovette seguire una dieta rigorosa. I medici lo obbligarono a un uso pi�
parco e salubre della motocicletta. A ci� si aggiunse un generale e graduale
miglioramento dello stile di vita che, pian piano, lo fece stare meglio.
Una televisione via satellite molto nota, Medical Channel, segu� in diretta, per
ben otto mesi, il suo percorso salutista e il suo recupero. Ne ricavarono un
reality di grande successo in tutto il mondo. Il senso del programma era semplice:
come � possibile uscire dagli anni sessanta e settanta a San Francisco, dopo aver
assunto qualsiasi tipo di sostanza nel corso di una vita gioiosamente libertina e
dopo essere stati persino in una motorcycle gang, e ritrovare la salute.
Fu una scelta meditata. Tutto cominci� da un suo annuncio: lo stile di vita che
aveva condotto fino a quel momento non lo soddisfaceva pi�. A quarantasei anni
aveva deciso di rimettersi in gioco e di scommettere, con gli autori del programma,
che il miglioramento della sua condizione fisica sarebbe stato percepibile per gli
spettatori, giorno dopo giorno, sin dai primi momenti. La produzione si accord� con
un centro benessere e con un ospedale e lo show inizi�. Ricrearono, nella realt�
virtuale, il corpo di God. Elaborarono i valori reali delle sue analisi. God fu
scansionato con ogni tipo di attrezzatura medica. Furono mandati in onda il suo
sistema nervoso e il suo sistema cardiovascolare in tre dimensioni, furono
proiettati i suoi livelli ormonali, gli fu imposta una dieta rigorosa e fu filmato
per otto mesi. Niente fumo, niente alcol, tanta ginnastica, niente carboidrati,
molta verdura.
E God rinacque in diretta televisiva.
�Ricordi come tutto � iniziato?�
La voce di Dark � profonda. Il suo italiano � perfetto. Mi sorride. Ha immaginato
che stessi pensando alle origini. Amarcord. Gli rispondo in italiano, senza
problemi.
�Ricordo eccome, Dark. Siamo rimasti affascinati dal nuovo mondo che si � aperto
negli anni ottanta. Da internet. Da una nuova frontiera. Ma God � stato l'unico che
ha deciso concretamente di fare qualcosa. Di difendere tutti noi che stavamo per
entrare, o eravamo gi� entrati, in quel mondo.�
�La settimana scorsa ho incontrato Tony Ascott. Ti saluta. Si ricorda ancora di
te.�
Quello di Tony Ascott fu il primo caso che la CLA dovette affrontare. Ascott
gestiva una bbs che, secondo i servizi segreti, era in realt� coinvolta in azioni
di hacking, di spionaggio industriale e di traffico di documenti riservati di
propriet� delle compagnie telefoniche. L'imprenditore fall� nel momento in cui i
servizi segreti decisero di sequestrare tutti i computer e di fargli chiudere la
bbs. Alla fine risult� estraneo ai fatti, ma la sua attivit� era terminata. Morta.
�Ricordo bene anche io, Dark. Fummo i primi, remember? Il primo caso in cui facemmo
dichiarare ai giudici che anche la corrispondenza elettronica non pu� essere
sequestrata dall'autorit� senza le dovute garanzie. Che tempi. Allora era tutto
all'inizio...�
God si alza in piedi mentre l'applauso deve ancora sfumare. Io e Dark interrompiamo
la nostra conversazione e ci concentriamo sul maestro e su ci� che sta per dire.
God appoggia il portatile sul leggio, con delicatezza. Lo collega al cavo del
videoproiettore e dopo qualche secondo appaiono sullo schermo i punti salienti
della presentazione. Un addetto gli avvicina, sul lato destro, una sedia, nel caso
sentisse la necessit� di sedersi per far riposare un po' la schiena.
Vengono scattate le prime foto.
Pian piano la sala si acquieta.
God apre una bottiglietta d'acqua e beve.
Poi appoggia anche la bottiglietta sul leggio.
Siamo tutti pronti.
***
22. Libert�
La voce che si diffonde nella sala attraverso il sistema di amplificazione � quella
di sempre. Profonda e stentorea. Non saluta, evita i convenevoli e le formalit�. Va
dritta al punto.
�Dall'invenzione di internet alla diffusione degli iPod, degli smartphone e dei
tablet, le tecnologie stanno trasformando la nostra societ�. Stanno cambiando la
nostra vita. Ci forniscono potere, innanzitutto. Potere come soggetti pensanti e
parlanti. Potere come cittadini. Potere come creatori di contenuti. Potere come
consumatori. Come fruitori di quei contenuti che vengono prodotti.�
L'esordio � tipico.
God disegna ad ampi tratti il mondo di cui parler�. I tempi sono giusti. Il tono �
rilassato. Lo conosco, so che gi� dalla seconda frase aumenter� leggermente il
ritmo.
�Quando le nostre... le vostre libert�, nel mondo elettronico, sono sotto attacco,
la Cyberspace Law Avantgarde diventa immediatamente la prima linea della vostra
azione di difesa. Pensate che dal 1990, ancora prima che internet e questi temi
fossero sulla bocca di tutti... gi� dal 1990 noi eravamo l� a combattere, sulla
frontiera elettronica, in prima linea. Ancora oggi siamo l�. Pi� compatti e
organizzati che mai. Difendiamo la vostra libert� di manifestazione del pensiero e
di parola. Combattiamo per la vostra privacy. Difendiamo l'innovazione e la cultura
dai numerosi tentativi di soffocarle. Agiamo in ogni momento per i diritti dei
consumatori.�
Noto che quando accenna alla libert� di manifestazione del pensiero mi guarda e
sorride. Beve un altro sorso d'acqua. E riprende con un tono di voce ancora pi�
sostenuto.
�Ricordatevi che noi ci siamo, sempre. Siamo ovunque. Siamo in tutti i posti e in
nessuno. Siamo presenti in ogni battaglia che riguardi i diritti digitali. Mettiamo
a vostra disposizione i migliori analisti politici, gli avvocati pi� preparati, gli
attivisti pi� agguerriti e i pi� grandi esperti di tecnologia e di hacking al
mondo. E vinciamo. Vinciamo spesso. In tante aule di tribunale. Vinciamo per la
gente comune, per i consumatori. Vinciamo per la libert�. Non abbiamo paura dei
tribunali. Anzi. Trasciniamo nei tribunali governi, multinazionali, facciamo causa
alle societ� pi� potenti del mondo, quelle che a tutti gli altri farebbero paura. A
noi no. E abbiamo oltre cinquantamila supporter e attivisti pronti a muoversi a un
nostro cenno.�
Al termine di questo primo breve riferimento ai supporter parte, naturale, il primo
applauso. Scrosciante.
La capacit� di God di instillare in pochi secondi in ogni ascoltatore, soprattutto
nei giovani, la voglia di combattere � la sua dote principale.
�Il mio unico scopo... la mia ragione di vita... � preservare ed estendere sempre
pi� la libert� nel ciberspazio. La libert� e i suoi diritti. Io combatto contro il
copyright esasperato. Proteggo l'anonimato. Mi batto contro l'emergenza del
terrorismo come pretesto per soffocare i diritti civili, senza alcun reale
beneficio. Esigo il rispetto della nostra privacy. Sono triste, da anni. Sono
triste perch� mi rendo conto... ci rendiamo conto, noi della CLA... che gran parte
della conoscenza umana, dello scibile terrestre, si sta... sono dispiaciuto che
gran parte della conoscenza umana stia per essere racchiusa dentro piccole
bottiglie che non potranno pi� essere aperte se non pagando. E tanto. E forse un
domani non si potranno aprire neppure pagando. � questa la fine che sta facendo la
nostra cultura. Gran parte della creativit� umana andr� perduta per le generazioni
future. E voi dovete combattere insieme a noi per impedire che ci� avvenga.�
God si sta avviando verso la conclusione del cappello introduttivo. Ora abbassa il
tono della voce, diventa pi� meditativo e suadente.
�Vorrei vedere un mondo nel quale chiunque possa sapere... nel quale chiunque possa
conoscere tutto ci� che lo incuriosisce, ogni informazione nei confronti della
quale nutra anche il minimo interesse. Vorrei un mondo elettronico nel quale un
bambino in Africa potesse conoscere tutto lo scibile umano, potesse avere la stessa
possibilit� di crescere culturalmente, di vivere, che ha un bambino di un paese
ricco. Ma ci� pu� avvenire solo se le corporation, le grandi societ�, e i governi,
tutti i governi, smetteranno di voler controllare la tecnologia. Avverr� solamente
se i nostri politici cesseranno di farsi comprare, e di anteporre interessi
personali al bene dell'umanit� e della societ� in cui operano. Avverr� se la
smetteranno di sostenere che diffondere musica e cultura equivale a rubare un cd
dagli scaffali di un negozio.�
Il riferimento al rubare � piaciuto.
Ha suscitato una risata spontanea nel pubblico, soprattutto tra i pi� giovani.
Anche God sorride e guarda gli studenti nelle prime file. Sembra un nonno che fa la
predica al nipote monello. Nipote che, intanto, gioca con un iPod riempito con
seimila canzoni scaricate da internet.
�Ma ricordatevi. Il bello della tecnologia � che non la si pu� ingannare. Il bello
della frontiera elettronica � che ha regole sue, che pochi conoscono. Il bello di
questo ambiente cui ho dedicato la mia vita � che non importa quanto uno sia furbo
o ricco, o quanto sia ricca e potente la grande societ� che vi troverete contro.
Non c'� bisogno che abbiate sul vostro libro paga i pi� bravi programmatori al
mondo, non servono. Basta che abbiate dalla vostra parte la conoscenza. Basta che
amiate la conoscenza umana. Che con amore la facciate crescere, sviluppare e
diffondere in un sistema aperto. Basta che vi opponiate a ogni tipo di chiusura. E
avrete la libert�.�
L'applauso scuote la sala e fa vibrare le pareti.
God beve con tranquillit�.
Riprende non appena l'ultimo partecipante ha finito di applaudire.
E alla sua frase successiva in sala cala il gelo.
Ora sullo schermo c'� un occhio.
Un gigantesco occhio che guarda il pubblico.
�Il motivo per cui sono qui, oggi, in Italia, � fondamentale. Direi quasi storico.
Sto per mostrarvi una cosa. Una cosa sviluppata in un paese che si dice civile e
democratico. In una delle prime cinque potenze del mondo. Nella patria del diritto.
Il vostro paese. Questa cosa attirer� l'attenzione di tutto il mondo. Aprir� un
nuovo fronte per la lotta in favore della privacy e della trasparenza. Terrorizzer�
i cittadini comuni. Ma dar� subito vita ad anticorpi che reagiranno in men che non
si dica. Come � giusto che sia.�
Il silenzio nell'aula, ora, � di tomba.
I giornalisti presenti hanno estratto i taccuini e sono pronti a scrivere.
La professoressa che modera � disorientata. Si aspettava che God continuasse con il
suo discorso politico.
Noto che i miei amici si guardano tra loro e non capiscono. O, meglio, comprendono
il motivo per cui sono stati invitati da God in Italia ma non conoscono la natura
di ci� che God sta per rivelare.
***
23. Panico
Ora sullo schermo c'� una diapositiva a sfondo nero con una scritta lampeggiante.
1984. Si alterna all'occhio gigantesco apparso prima.
Il relatore beve un sorso d'acqua e si appresta a parlare a braccio.
Mi sembra pi� pallido.
�Nelle scorse settimane ho scoperto che proprio qui in Italia...�
Altro sorso d'acqua.
God apre la bocca per riprendere il discorso.
Ma quello che esce, ora, � solo un rantolo senza senso.
Muove le labbra. Sembra quasi di vedere le corde vocali che pulsano, ma il suono �
poco pi� di un ronzio.
Sembra che faccia fatica a respirare.
Si porta la mano destra prima all'addome e poi al petto.
E pian piano si accascia, cercando di abbracciare il leggio, di aggrapparsi
all'esile microfono.
Mi guarda, con gli occhi sbarrati. Sembra volermi dire qualcosa. Appoggia la mano
sul computer, che si chiude con un rumore secco.
La scena che stiamo osservando sembra girata al rallentatore.
Il passaggio dalla foga oratoria di pochi minuti prima a questa scena ricorda il
bullet time di un videogioco, quel trucchetto che consiste nel rallentare il tempo
per prendere meglio la mira e sparare ai nemici. Poi improvvisamente il bullet time
finisce e torniamo alla realt�: caldo, urla, stupore.
E God crolla a terra in un gran rumore, trascinandosi dietro fili, microfono,
computer e la bottiglia d'acqua.
Ora � steso sul pavimento.
La professoressa � la prima ad alzarsi in piedi e a chiamare aiuto. I ragazzi
seduti nelle prime file si allontanano velocemente cercando di fare spazio. La sala
sovraffollata viene fatta pian piano sgomberare per far circolare meglio l'aria.
Io, Dark, Pam e Lawrence siamo subito attorno a God. � steso per terra in una
posizione innaturale, una gamba � rimasta bloccata sotto il peso del suo corpo.
Ha gli occhi girati verso l'alto.
Non riesce a respirare.
Un filo di bava gli esce dalla bocca per arrestarsi sulla barba folta.
Gli apro subito la camicia. Cerchiamo di togliergli gli stivali e la cintura e lo
facciamo stendere in una posizione pi� comoda, su un fianco.
Non smettiamo di parlargli. Lo rassicuriamo, gli diciamo di stare tranquillo, che i
medici stanno arrivando, ma mi sembra che non ci senta. A un certo punto mi accorgo
di essere rimasto solo io al suo fianco, gli tengo la mano.
Gli altri hacker stanno aiutando a liberare la sala cercando di allontanare i
curiosi che, come al solito, hanno il vizio di accalcarsi attorno a un accadimento
tragico.
Mi sembra sia passata un'eternit�. In realt� sono trascorsi solo pochi minuti.
Fortunatamente si sente gi� il suono della sirena dell'ambulanza in arrivo.
L'ospedale � vicinissimo e hanno risposto immediatamente alla chiamata della
professoressa.
God nel frattempo ha chiaramente perso conoscenza. E non respira. Dark, di nuovo
accanto a noi, inizia a praticare il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a
bocca.
�� in arresto cardiaco. Non � pi� cosciente� mi dice sconsolato, mentre continua a
prestargli i primi soccorsi.
Due ragazzi stanno ancora combattendo con gli ultimi rimasti del pubblico, cercano
disperatamente di liberare anche le scale di accesso.
In una situazione d'emergenza come questa, la sala si rivela un imbuto. Bisogna
invece permettere al personale medico di salire senza problemi con la barella. E in
fretta.
Mi alzo in piedi e cerco di individuare un medico.
Nessuno in vista.
Noto, a un certo punto, un particolare che mi rimanda alla sera prima.
All'hotel.
A una borsa per computer molto originale.
E a una felpa.
Noto che la borsa e la felpa si stanno allontanando velocemente insieme alla folla
di studenti.
Abbasso gli occhi e vedo un paio di Timberland.
L'uomo misterioso dell'hotel era l�.
Due infermieri accompagnati da un medico entrano finalmente nella sala.
Mentre domandano cosa � successo, operano con molta cautela. Preparano un
defibrillatore e sistemano God su una barella.
Il dottore mi parla, e io rispondo anche se in mente ho ancora l'uomo dell'hotel.
Era l�.
Il dottore mi parla.
Gli dico che God soffre di cuore.
Che probabilmente ha avuto un attacco.
Che ha un pacemaker ma che era in buona salute.
Che forse era stressato dal volo.
O emozionato dalla conferenza.
O da ci� che stava per rivelare.
O dal caldo in sala.
Il dottore mi dice di calmarmi. Sono troppo agitato per ragionare. Sto parlando a
vanvera. E sto gridando.
E sto pensando all'uomo dell'hotel.
La sala � ormai sgombra.
Sono rimasti solo alcuni fogli di carta bianchi, volati nei momenti concitati del
soccorso.
Gli ultimi curiosi, i soliti, si sono assiepati insieme ai giornalisti al
pianterreno o sui terrazzini che corrono lungo il perimetro dell'edificio. Battono
i denti per il freddo ma sopportano per cercare di sbirciare e comprendere quello
che � successo. Il medico e gli infermieri hanno interrotto il processo di
rianimazione e stanno portando via God. In fretta.
Per qualche minuto giro per la sala, senza motivo. Anche i miei amici hacker sono
disorientati dall'accaduto.
In un momento di lucidit� penso che sia il caso di recuperare le cose di God, ma
poi mi rendo conto che si � presentato senza nulla, probabilmente ha lasciato tutto
nella camera d'albergo. Aveva solo il suo computer bruciacchiato, che � caduto
insieme a lui.
Il computer.
Lo cerco ma non lo trovo.
Non � pi� a fianco del leggio. L� sono rimasti solamente il cavo di alimentazione e
il connettore per la scheda video.
Il powerbook di God � scomparso.
Mi avvicino ai miei amici hacker e mi confronto rapidamente con loro, ma scopro che
nessuno ha pensato, in quei frangenti, a recuperare il computer di God.
Non sembrano dare molto peso alla cosa.
La loro preoccupazione � tutta per le condizioni di salute del mio mentore.
Il computer di God.
Mi fermo un attimo a riflettere. Esco dalla sala in cerca di aria fresca. Se
nessuno dei suoi amici l'ha preso in custodia, qualcuno deve averlo rubato.
Povero ladro, mi viene da dire. Dubito proprio che possa vedere i suoi segreti.
Gran parte delle pratiche di sicurezza e di cifratura dei dati che adotto l'ho
appresa da lui.
Il computer di God � a dir poco blindato, ma la cosa m'insospettisce comunque.
�� vivo. Lo hanno portato qua dietro, in ospedale.�
La voce dolce della professoressa, che � rientrata in sala dopo aver accompagnato
il medico e gli infermieri all'uscita, mi riporta alla realt�.
�Andiamo da lui.�
***
24. Ricordi d'ospedale
Nemmeno un'ora pi� tardi siamo seduti sulle poltroncine di plastica della sala
d'attesa dell'ospedale.
A piangere.
God � morto.
Non facciamo caso a un gruppetto di nordafricani che discutono ad alta voce e a un
barbone ubriaco sdraiato su un divanetto.
Siamo tutti persone che lo conoscevano e che gli dovevano molto. E siamo in un
luogo dove preferiremmo non essere.
God � arrivato vivo all'ospedale. Sembrava anche che i primi soccorsi avessero
funzionato. I medici erano ottimisti, il cardiologo e l'anestesista erano
intervenuti subito, ma avevano rinunciato a un intervento chirurgico d'emergenza
per dedicarsi a una terapia intensiva post arresto cardiaco.
Poi il tracollo.
E la morte.
Il dottore che � venuto a darci la notizia non si spiega come sia stato possibile
che un arresto cardiaco curato cos� in fretta, pur su un soggetto cardiopatico e su
un fisico debilitato, possa avere avuto una ricaduta tanto rapida e violenta.
La causa di morte sembra chiara e accertata. Il decesso � avvenuto in ospedale.
Probabilmente n� il medico, n� la direzione sanitaria, n� la procura della
Repubblica domanderanno che sia effettuata l'autopsia.
Il medico si rivolge a me.
Cerco di ascoltarlo, ma la testa � via.
�Mi dispiace. Davvero. Non ha pi� ripreso conoscenza dal momento dell'arresto
cardiaco. Abbiamo cercato di stabilizzare le sue condizioni generali sperando che
superasse la crisi, ma non c'� stato nulla da fare.�
Non lo seguo.
�Siamo intervenuti insieme, cardiologo e anestesista. Abbiamo collegato un
defibrillatore esterno ma non c'� stato nulla da fare. Mi dispiace. Davvero. Torno
alla mia unit�, abbiamo altre emergenze.�
Ringrazio il dottore e gli stringo la mano.
Ma continuo a pensare.
Osservo Dark, Pam e Lawrence che sono gi� collegati a computer e palmari e stanno
contattando la CLA per organizzare il rimpatrio della salma.
Mi chiedono informazioni sulla prassi italiana, ma non ho la mente abbastanza
lucida per rispondere con precisione.
Ho estratto anche io il computer dalla mia borsa. Ma non so per quale motivo.
Non sto facendo nulla. Le lacrime bagnano la tastiera. Quando ho montato una
tastiera no spill sul mio portatile ho pensato che sarebbe stata protetta da gocce
di rum o di amaro. Scopro, purtroppo, che � protetta anche dalle lacrime.
Conto i computer nella sala d'attesa e ho la conferma che non sono stati i miei
amici a prendere quello di God.
Nonostante non sia pi� alla CLA, e nonostante la tragedia, mi sento di nuovo a
casa.
Forse perch� sono con le persone con cui andavo pi� d'accordo.
Pur nel lutto, siamo un team.
Di nuovo un team.
God � morto.
All'improvviso.
E penso sia naturale che io mi ritrovi in una sala d'ospedale a cercare di
cristallizzare, di fermare tutti i ricordi, i momenti belli, i periodi di crisi e
di tensione affrontati con una persona che per anni � stata la mia ombra, il mio
riferimento, il mio mentore.
Il ricordo pi� vivo che ho di lui �, guarda caso, una conferenza. Del resto � morto
parlando. Penso che, se avesse dovuto scegliere come morire, avrebbe voluto farlo
proprio cos�. Parlare in pubblico, diffondere il verbo, era la sua missione. Non
gli interessava se ad ascoltarlo fossero in dieci o in mille. Ultimamente riempiva
le sale, ma quante volte l'ho visto parlare a non pi� di una decina di persone. Il
suo obiettivo era far s� che almeno uno dei suoi ascoltatori uscisse dalla sala con
la voglia di combattere, di fare qualcosa, di agire per la libert� nel ciberspazio,
di interpretare sotto una nuova luce ci� che stava accadendo.
Quella volta eravamo a Washington, insieme. Fianco a fianco. Io parlavo di diritto,
lui parlava di tutto ci� che gli veniva in mente in quel momento. Io avevo un
computer color argento, ricoperto di adesivi, lui il suo solito computer nero.
Anche il suo con tanti adesivi pi� adatti al parafango di un'auto americana che a
uno strumento tecnologico.
Il discorso cadde sulla democrazia. Su come la tecnologia possa migliorare il
rapporto con la politica. Parl� per dieci minuti. Incant� il pubblico. Poi mi prese
da parte. C'erano frotte di giornalisti che lo aspettavano per intervistarlo,
curiosi e studiosi che gli volevano parlare, ma mi disse di seguirlo nell'area vip
dell'hotel. Ci sedemmo su due divanetti in una stanza vuota, ordin� due coca e rum
e mi parl�. Diretto. Una specie di passaggio di consegne. Una sorta di benvenuto
nel mondo dei grandi.
�Deus. Ricorda. Il ciberspazio � la cosa pi� potente mai creata. � l'unica
tecnologia che ha la capacit� diretta di cambiare i comportamenti dell'uomo, di
modificare le abitudini, di creare vite parallele che sembrano virtuali ma sono
reali, di smuovere il pensiero dell'essere umano. Ed � l'unica cosa che non pu�
essere fermata. � un sogno che stiamo realizzando. Combattendo. E le battaglie che
ci aspettano sono ancora tante. E non possiamo abbandonarle, non possiamo mollare
proprio adesso. Dobbiamo reinventare la politica. E dare a tutti l'accesso alla
conoscenza. E potenziare la democrazia con la verit�. Tu hai la capacit� di essere
il pi� grande innovatore che ci sia mai stato. E spero che tu vada avanti.�
***
25. Sangue
Mentre cerchiamo di comprendere cosa fare, il medico torna da noi. Ha un attimo di
pausa, � venuto a fumare una sigaretta. Riprende a parlarci, si rivela gentile e
competente.
Parla un buon inglese, scolastico ma chiaro. Ormai � abituato a pazienti di ogni
lingua e razza.
Sta chiedendo informazioni per vedere se pu� darci una mano. Ha notato che siamo
poco lucidi e disorientati. Spiega alcune cose. Fornisce contatti.
�Dottore, grazie ancora. E ci scusi, ma � stata davvero una doccia fredda� gli
dico.
�Stia tranquillo, lo comprendo.�
�Mi assento per un po', sono un avvocato, ho un'udienza importante qui in
tribunale. Lascio i ragazzi e dopo torno a riprenderli. Ho comunicato i miei numeri
in portineria.�
�Nessun problema, ci vediamo dopo.�
Il medico allunga la mano per stringere la mia e salutarmi di nuovo. E in quel
momento lo noto.
Il camice pulito.
E sulla manica alcune macchie di sangue. L'emergenza nei grandi ospedali � cos�,
lascia segni evidenti anche sui camici. Nulla di strano.
Ma, non so perch�, quelle macchie scure mi entrano in testa come un pugno.
Come quando scrivevo del codice informatico, e mi astraevo da tutto il mondo
esterno, e le dita correvano sulla tastiera per programmare, e non si fermavano, e
i comandi apparivano su uno schermo nero come per magia, e mi entravano nel
cervello come un fulmine.
Quelle macchie di sangue mi ricordano qualcosa.
Le macchie mi ricordano il sangue sulla carta da macelleria nella sportina
dell'uomo dell'albergo, ieri sera. L'uomo con il cappuccio. E la borsa schermata
per computer.
Le macchie mi ricordano una dimostrazione fatta da due hacker canadesi al Realhack
tre anni fa. Io stesso ero stato uno dei revisori che avevano ammesso quel lavoro
al congresso. La dimostrazione di una vulnerabilit� talmente spaventosa da
sconvolgere una sala di duemila spettatori. Spettatori abituati a cose forti.
Le macchie mi ricordano un articolo che ho letto due anni fa su una rivista che
aveva ripreso gli esperimenti di quegli hacker.
Mi serve quell'articolo scientifico.
Subito.
Sto camminando per Milano con un telefono collegato a internet.
Le mie dita volano sul tastierino e con il browser recupero il testo dell'articolo.
Osservo come ipnotizzato la percentuale di completamento del download che avanza
lentamente. Troppo lentamente.
Come l'ho scaricato, inizio a leggerlo, riga dopo riga, senza preoccuparmi dei
passanti con cui mi scontro, dei clacson e dei semafori rossi. E senza preoccuparmi
della fatica che fanno i miei occhi a leggere su uno schermo cos� piccolo.
I caratteri sono minuscoli, le immagini si vedono a malapena, ma ci� che leggo
basta per farmi gelare il sangue nelle vene.
***
26. Il processo
All'appuntamento con la cliente, fissato davanti all'ingresso del tribunale, arrivo
a piedi con gli occhi ancora gonfi di lacrime, la cravatta allentata, il telefono
cellulare in mano e il fiatone.
Lara mi guarda impressionata, ma non domanda nulla. Attende una mia parola. Ha
imparato, da tempo, a rispettare il dolore altrui. Vive nel dolore da mesi. E
l'udienza potrebbe liberarla.
Ancora non mi rendo conto di quello che � successo. Sento l'adrenalina che scorre.
Provo solo un grandissimo senso di vuoto.
Mentre Lara mi abbraccia, penso che avrei potuto cercare un sostituto processuale.
Anche se mi rendo conto, soprattutto in questi momenti, che ho sempre fatto vita un
po' separata rispetto agli altri avvocati milanesi e non conosco nessuno che si
impegnerebbe per me in una situazione d'emergenza come questa.
Certo, ho buoni rapporti con tutti, a parte De Martiniis, ma i miei veri amici sono
quelli che ho appena lasciato nella sala d'attesa dell'ospedale.
Faccio una sosta di qualche minuto nei bagni del tribunale dove mi passo dell'acqua
fresca sul viso e mi osservo allo specchio. Mi stupisco nel vedermi ancora
abbastanza presentabile, nonostante tutto. Quello che sento dentro evidentemente
non � ancora emerso. � come se la mia mente si fosse divisa in due compartimenti
stagni. Una parte sta ragionando sul processo, ha recuperato dalla memoria tutte le
informazioni necessarie per discutere la causa con convinzione. L'altra sta
riflettendo su ci� che ho letto sullo schermo del mio telefono nel tragitto fino al
tribunale. Sta riflettendo sulla strategia da adottare, sui pericoli che si
delineano all'orizzonte, sulle mosse da fare.
Ma ora c'� il processo.
Fortunatamente non ci fanno attendere molto. Siamo appena arrivati quando chiamano
la nostra udienza.
Entriamo nella stanza del giudice, con i faldoni sparsi su un tavolo di legno e il
crocifisso sul muro.
Non siamo in molti.
Il pubblico ministero mi fa un cenno cordiale di saluto. � una persona seria.
Purtroppo � oberato di lavoro e, quindi, obbligato a parcellizzare le sue indubbie
competenze e le sue forze su decine di casi al giorno. Rispondo al saluto
abbassando leggermente la testa. Cortesia ed educazione, ma senza esagerare.
Il giudice d'udienza, sui sessant'anni, appare molto tranquillo. Si � accomodato
dietro la sua scrivania e sta sistemando alcuni codici davanti a s�.
L'architetto del video � presente. Molto elegante, � con la sua avvocatessa, che
gi� avevo incontrato qualche mese fa nella rapidissima prima udienza del processo.
Lui indossa un abito chiaro, grigio con qualche riflesso azzurro, una camicia
azzurra e una cravatta rossa con un nodo ampio, da agente immobiliare.
L'avvocatessa, senza toga, indossa un paio di jeans stretch blu scuro con una
decorazione di paillette e una giacca stretta in vita di velluto blu sopra una
camicia bianca, da uomo. Capelli neri e lisci appena oltre le spalle, poco
truccata, appare sorridente, ma noto un tic sulla parte sinistra del labbro
superiore.
Mi chiedo se sappia della persona che ha a fianco e che sta difendendo o se, come
sovente capita, il cliente non le abbia detto la verit�.
Non avrei problemi neppure io, sia chiaro, a difendere anche il criminale pi�
efferato. Ma non sopporto i clienti che mentono agli avvocati. Non ha senso,
secondo me. � come andare da uno psicologo, pagarlo e poi non raccontare la verit�.
Il primo bottone della camicia dell'avvocatessa � slacciato. Ho notato che gi� due
volte l'architetto ha abbassato lo sguardo, ammirando un seno abbronzato, rotondo,
spinto verso l'alto da un reggiseno bianco.
L'avvocatessa davanti a s� ha un computer piccolo, lucido e di design, rosa. � il
secondo che vedo, dopo quello di Sophie. Lo ha gi� acceso.
Io e la mia cliente ci posizioniamo alla sinistra del pubblico ministero, a un
tavolo libero. Siamo fortunati, la stanza del giudice, dove si svolge di solito
questo tipo di rito, � abbastanza spaziosa.
Mentre tolgo il portatile dalla borsa, sento gli occhi dell'architetto su di me.
Anzi, su di noi.
Siamo una strana coppia, io e Lara. Io sono vestito abbastanza male e soprattutto
non da tipico avvocato milanese. Non ho curato l'accostamento dei colori. Il nodo
della cravatta allentato � il segno pi� evidente del fatto che la metto solo in
udienza. Del resto per un vero hacker la cravatta � un dispositivo che serve
unicamente a far affluire meno sangue e ossigeno al cervello. Strangling device, la
chiamava God. Strumento per lo strangolamento.
La mia cliente � di un'eleganza discreta nel completo blu giacca e pantaloni con
camicia azzurra. La giacca le sta un po' larga, come se pian piano si stesse
asciugando, dentro quel vestito.
Probabilmente sembriamo due sopravvissuti a un incidente stradale. O i protagonisti
di un reality post catastrofe nucleare. A confronto, l'architetto e la sua
avvocatessa sembrano usciti da una serie televisiva ambientata a Manhattan.
Abbronzati e rilassati.
Sento fretta nell'aria. � normale, ci saranno ancora decine di udienze da
celebrare. Da tempo la giustizia � diventata a orologeria. Tutti osservano
interessati i miei movimenti pacati mentre la mia cliente si � gi� seduta accanto a
me. E mi guarda.
Non collego il portatile all'alimentazione, � stato in carica tutta la notte.
Appoggio sullo schermo un sottile foglio di carbonio oscurante che impedisce la
visione laterale e, soprattutto, riflette i flash di fotocamere e telecamere. Che
qualcuno non si sogni di guardare o riprendere il mio computer. L'udienza � a porte
chiuse e non c'� pubblico, ma non si sa mai... Essere paranoici, prima di tutto.
Collego il disco esterno e sono pronto per il colpo di teatro.
Apro il faldone della causa con una certa energia e faccio scivolare all'esterno il
dvd.
Lo faccio cadere di spigolo. Appositamente. Sul tavolo di legno, con un rumore
sordo.
Il dvd rimane per un attimo in bilico sul bordo del tavolo, come un equilibrista
sulla fune, poi cade e si apre. La copertina si divide in due, la parte superiore
si stacca. Il dischetto dorato rotola attraverso la stanza, picchia contro un piede
del giudice e si ferma proprio davanti al tavolo dell'avvocatessa e
dell'architetto.
Quando l'architetto vede il dvd ha un piccolo sussulto.
� un supporto dello stesso tipo e con la stessa etichetta di quello ritrovato nella
spazzatura.
L'architetto sta osservando un dvd che anche esteticamente � identico a quello che
aveva creato lui.
L'ho fatto apposta.
Per vedere la sua reazione.
E la reazione c'� stata.
I nostri sguardi s'incrociano per un attimo, ma io rimango impassibile. Vedo il suo
labbro tremare e coprirsi di goccioline di sudore.
Nel frattempo ho raccolto il dvd e mi sono scusato con il giudice.
Ho osservato anche la reazione della sua avvocatessa.
Non ci ha fatto caso.
Non � rimasta neppure incuriosita alla vista di quel dvd. Ha solo sussultato un po'
per il rumore sul tavolo e sul pavimento.
L'avvocatessa non sa nulla, come sospettavo. O, meglio, non sa tutta la verit�.
Qualche istante prima dell'inizio dell'udienza, l'avvocatessa si avvicina a noi e
si presenta di nuovo.
�Rebecca Lamberti Fontana. Ci siamo gi� visti qualche mese fa...�
� carina ed educata. La prima impressione era stata fuorviante. Saluta anche la mia
cliente sussurrando: �Mi dispiace.� Lara ricambia il saluto, e accenna un sorriso.
Lei non c'entra nulla, l'ha capito. Sta solo facendo il suo lavoro.
La sua voce � tranquilla e suadente.
�Vorrei solo dirti che non vi faremo problemi, che non mi opporr� in alcun modo al
fatto che voi siate stati presenti come parte offesa durante tutte le indagini e
che siate presenti oggi e vi vogliate costituire parte civile. Te l'ho gi� detto al
telefono nelle scorse settimane, e te lo ribadisco ora. Secondo me i presupposti
non ci sono, il presente procedimento riguarda altri fatti, ma se con il pubblico
ministero volete discuterne, e se volete valutare con lui, io sono disponibile. So
cosa � capitato alla signora, se volete parlare e intervenire fatelo senza
problemi.�
Sono stupito da questa calma e cortesia della controparte.
***
27. Habent sua sidera lites
�Buongiorno dottor Arpino, buongiorno avvocato Correnti, buongiorno avvocatessa
Lamberti Fontana. Direi che possiamo iniziare, ci siamo tutti.�
La voce del giudice d'udienza � tranquilla. Inizia a parlare con un tempismo
perfetto, non appena Rebecca � tornata a fianco del suo cliente e io mi sono seduto
e ho sistemato i documenti sul tavolo davanti a me.
Siamo in giudizio abbreviato, un procedimento speciale previsto dal Codice che
consente al giudice di decidere in fretta, allo stato degli atti, e che, in caso di
condanna, prevede una forte riduzione della pena per l'imputato.
Non penso, per�, che la difesa lo abbia scelto in vista della riduzione della pena.
Probabilmente sono sicuri di uscire assolti da questa udienza, e hanno voluto
procedere rapidamente.
Senza scomodare ulteriormente la macchina della giustizia.
Risolta la questione preliminare, ossia la legittimazione della nostra presenza in
aula, l'udienza ha inizio.
Purtroppo l'esordio, per noi, non � dei migliori: il giudice non ha ammesso la
nostra costituzione di parte civile. Ci consente, in via eccezionale, di rimanere
in stanza e di fare una piccola dichiarazione. � una decisione irrituale,
rischiosa, sar� un buon motivo d'appello per la controparte se dovessero perdere il
processo, ma a noi sostanzialmente interessa esserci, anche se faremo da
spettatori.
Il primo a prendere la parola � il pubblico ministero.
Il dottor Arpino comincia a illustrare con cura e precisione i fatti e cerca di
glissare il pi� possibile sulle difficolt� oggettive di connettere il possesso
delle cinque immagini alla volontariet� del comportamento dell'architetto.
�Signor giudice, una breve ma necessaria premessa. Il giudizio di oggi tratta di
una vicenda di pedopornografia avvenuta a Milano. La situazione milanese � nota a
livello internazionale: siamo nell'occhio del ciclone, soprattutto per quanto
riguarda gli episodi di violenza. Dal 1996 al 2010 sono stati visitati, nel centro
per le violenze sessuali, quasi quattromila soggetti. E il quindici per cento aveva
meno di quattordici anni di et�.�
La prende alla larga, Arpino, e non va bene. D� l'impressione di non avere nulla in
mano. Il giudice sembra annotare le statistiche che il pubblico ministero sta
snocciolando, ma pi� per cortesia che per altro. Immagino cosa sta pensando: Ma
cosa c'entra la violenza?
�In questo ufficio riceviamo poche segnalazioni. Il motivo � semplice, spesso il
medico teme di interpretare male i segni e i sintomi. Spesso non ci si fida,
infatti, di quanto dice il bambino, o si manca di una specifica conoscenza forense
e clinica. Di solito la segnalazione viene fatta solo se il bambino riferisce fatti
che sembrano veri e sono corroborati da altre dichiarazioni, o se i segni clinici
che possono destare sospetto sono chiari. Questo � un punto delicatissimo, discusso
anche dalla letteratura medica.�
Si ferma e beve un sorso d'acqua.
Ha iniziato bene, Arpino, pur prendendola alla larga. In maniera indiretta ha
introdotto l'argomento di Linda, la bambina che a suo tempo non era stata creduta
perch� considerata disturbata. E che non aveva segni evidenti. Ha palesemente
glissato sulla questione della detenzione di materiale pedopornografico e ha
puntato subito sui sospetti casi di violenza, anche se non sono l'oggetto del
processo. L'esposizione � molto suggestiva.
Probabilmente era l'unico modo per accennare a un fatto che non � in discussione
oggi ma che a suo tempo, anche solo come sospetto, era stato addebitato a Balestri.
Il giudice, anche se inconsciamente, ha associato la persona di Balestri a
possibili episodi di violenza. Ancora non provati. Ma la suggestione c'� stata. Ne
avrei parlato anche io, se avessero ammesso la mia cliente come parte civile.
Poi per� Arpino si perde di nuovo.
Torna alle statistiche.
�Circa l'ottantasette per cento di questi casi riguarda soggetti di sesso
femminile. Nel ventisei per cento dei casi che riguardano soggetti di sesso
femminile con meno di quattordici anni di et� � il padre che usa violenza, nel
sette per cento il compagno della madre, nel tredici per cento un altro parente o
un coetaneo, nel ventidue per cento un adulto conosciuto, solo nel nove per cento
un estraneo.�
Anche il riferimento incidentale a un adulto conosciuto, e Arpino ha enfatizzato
quelle due parole, � un dire e non dire.
Arpino vuole ricordare al giudice che Balestri era amico dei genitori di Linda, ma
non pu� dirlo esplicitamente.
Continua a snocciolare statistiche, ma adesso sta rischiando. Sta evidentemente
parlando di cose che non hanno strettamente a che fare con gli atti del nostro
processo. E non so per quanto tempo il giudice lo lascer� continuare.
�Si noti che la maggior parte dei bambini coinvolti � di sesso femminile. L'et� pi�
colpita � quella tra cinque e nove anni. Subito dopo viene quella tra zero e
quattro anni. L'et� puberale � la meno colpita. Purtroppo l'ottanta per cento dei
casi non presenta segni certi. Nessuna clear evidence, come dice la letteratura
medica. Questo spiega la cautela nella comunicazione alla procura.�
Il finale di questa frase � bello, serio. Arpino cerca di far capire al giudice
come a volte la normalit� sia la mancanza di segni, con conseguenti difficolt� non
solo per gli inquirenti ma gi� per il medico che deve valutare cosa scrivere.
Vuol suggerire al giudice che anche se le relazioni non evidenziano segni certi,
be', il fatto pu� comunque essere capitato.
Con le ultime statistiche si � per� giocato la pazienza del giudice. Ha tirato
troppo la corda.
�Dottor Arpino, mi scusi, che c'entra questo con la causa? Mi sembra di ricordare
che questo sia un caso di asserita detenzione di cinque immagini pedopornografiche.
E che la discussione verta sulla volontariet� o meno del fatto. E che le
connessioni tra il caso della piccola Linda e l'architetto non siano state provate.
Ancora non abbiamo discusso di quelle tra l'architetto e le altre tre bambine, e
neppure so se ne discuteremo...�
Arpino cerca di allargare il fronte dello scontro, giustamente. Per instillare
almeno un piccolo dubbio anche sulle altre immagini, non solo sulle cinque in
causa. Sa che le cinque immagini da sole non servono a nulla. Il giudice, invece,
cerca di restringere. Di mantenere la discussione sui fatti. Quel neppure so se ne
discuteremo e l'occhiata all'elenco delle numerose udienze della giornata erano
chiaramente rivolti a noi.
Arpino si avvia allora all'epilogo, mesto.
Conclude in dieci minuti e non azzarda altre teorie, cerca di convincere il giudice
della volontariet� della detenzione delle cinque immagini e domanda, senza troppa
enfasi, la condanna dell'imputato.
Non cita neppure la presenza di un'impronta digitale su un dvd vuoto trovato nella
spazzatura.
Gli pare irrilevante.
Se il giudice avesse accolto la nostra costituzione di parte civile, sarebbe stato
il nostro turno. Il giudice mi concede informalmente, come aveva promesso
all'apertura dell'udienza, cinque minuti per alcune considerazioni, e l'avvocatessa
non si oppone. Procedo in maniera neutra, quasi svogliata.
Ricalco le vicende pi� o meno come le ha descritte Arpino. Anche io ripercorro i
fatti con precisione, entrando nei dettagli, ma non mi azzardo a sconfinare. Parlo
soltanto delle cinque immagini, alimento qualche dubbio nel giudice e suggerisco,
poco convinto, la condanna.
Ho solo accennato a Linda, alle tre figlie della mia cliente e all'impronta
digitale sul dvd.
Lara � seduta accanto a me, immobile.
La difesa, invece, � molto pulita, lineare. L'avvocatessa sa fare il suo mestiere.
Descrive con cura ma in maniera sintetica, senza irritare il giudice, la mancanza
di consapevolezza.
Fa notare come le foto provenienti dall'Oriente siano contenute in un file zip,
ossia un archivio di file. Non c'� la prova che l'architetto le abbia viste.
Probabilmente le ha scaricate per errore. Insiste sulla incensuratezza, sulla
rispettabilit�, sui lavori importanti fatti dall'architetto a Milano.
Rebecca � didascalica e molto formale ma non annoia. Quando arriva a quindici
minuti di arringa capisce che non � il caso di esagerare e conclude in fretta,
elogiando il lavoro delle forze dell'ordine e del laboratorio scientifico,
rilevando di non essersi opposta alla nostra presenza ma facendo notare che,
nonostante la competenza degli agenti, non � stato possibile trovare nulla che
ricollegasse quei terribili fatti all'architetto.
Sembra sincera. �A Milano ci sono i migliori investigatori d'Italia, e neppure loro
sono riusciti a trovare qualcosa. Siamo vicini, sia io sia il mio cliente, al
dolore della signora, ma non penso sia giusto che il mio cliente sia individuato
come capro espiatorio di quella orribile vicenda. E sono tutti fatti, lo ripeto per
l'ennesima volta, che non riguardano questo processo. E che non devono entrare in
questo giudizio.�
Rebecca, durante l'arringa, � diventata rossa in viso e ora che si � seduta di
nuovo, dopo aver domandato l'assoluzione con formula piena del suo assistito, sta
riprendendo il normale colorito. � a chiazze.
Brava.
L'architetto le sfiora una mano nel farle i complimenti, e noto che lei la ritrae
stizzita.
Il magistrato ringrazia e ci fa uscire dalla sua stanza per decidere.
Immaginiamo tutti che non ci metter� molto.
Quando rientriamo, pochi minuti dopo, capisco subito che la causa � persa.
Ci alziamo e ascoltiamo il magistrato dichiarare, con calma, il proscioglimento.
Subito dopo viene chiamata la causa successiva.
Una catena di montaggio.
Il pubblico ministero si avvicina a noi e ci informa che deve scappare, ci saluta
con cordialit� e si avvia verso un'altra stanza.
Il corso della giustizia deve procedere, non pu� fermarsi.
L'architetto � contento e sollevato. Abbraccia la sua avvocatessa, attardandosi un
po' troppo a stringerla e ad accarezzarla sotto la cintura prima che lei lo
allontani decisa. Non si avvicina n� si rivolge a noi, con un fare un po'
sbruffone. � gi� al telefono e sta parlando, concitato, con il tono sicuro di chi
ha vinto. Sta dicendo che passer� a salutare il procuratore capo De Martiniis.
La mia cliente mi tiene sottobraccio. Non vede l'ora di andarsene dalla stanza del
giudice.
Con gentilezza la allontano per un secondo e mi avvio verso la collega per
salutarla. La cortesia prima di tutto.
Rebecca mi allunga la mano e sorride. �Avvocato, habent sua sidera lites. Si vince
e si perde...�
�Collega, quando incontro professionisti preparati come te mi � davvero difficile
discutere in un processo importante.�
Vedo che gongola per i miei complimenti.
�Sei gentile. Hai fama di essere pi� aggressivo, in udienza. Magari ci vediamo per
un drink, una volta o l'altra. Io non ci capisco niente di computer. Ho saputo che
sei bravo.�
Osserva il nodo allentato della mia cravatta e con un gesto vezzoso fa per
sistemarmelo sfiorandomi la gola con le unghie smaltate di nero, poi si prepara a
rimettere il cappotto, a spegnere il suo computer rosa e a riporlo nella borsa.
Anche a me piace l'idea che almeno un avvocato del foro milanese mi conosca.
Prima di salutarci mi infila nel taschino della giacca un biglietto da visita.
Annotato a mano vedo il numero del suo cellulare e, sul retro, un messaggio carino.
La scrittura � curata e femminile.
"Poche cose sono affascinanti quanto l'ego ferito di uno splendido angelo."
� la frase che Stuntman Mike dice a Butterfly in A prova di morte.
Frase carina.
Ma poi, nel film, Mike la uccider�.
Non capisco se l'ha scritta apposta per me, o se tiene dei biglietti con questa
frase pronti per ogni udienza che vince, come un killer che lascia la sua firma
sulla scena del crimine.
Rebecca mi sorride di nuovo e si allontana. Sento un brivido.
Mi avvicino in silenzio alla mia cliente, che si � di nuovo seduta, sola: nessuno �
interessato a parlare con lei.
La aiuto a infilare il cappotto, rimetto il dvd e il computer nella borsa e pian
piano ci avviamo in silenzio verso l'uscita.
Io stremato per la morte di God e per la delicatezza del processo. Lei che
probabilmente, per tutta l'udienza, ha avuto in mente le scene dei video e non
quello che accadeva in aula. Ho notato che non ha mai guardato in faccia
l'architetto.
Sembriamo due mutilati che cercano di sorreggersi a vicenda.
Ci aspettano momenti difficili.
I tre video sono rimasti a casa mia, in un server cifrato.
Ho io l'unica copia.
Un maniaco sessuale che gode nel trattare tre bambine come Barbie � ancora in giro.
Libero.
Ho perso il processo, lo hanno prosciolto.
Ed era proprio quello che la mia cliente voleva.
Tutto si � svolto come avevamo concordato.
Abbiamo vinto.
***
28. Medicina legale
Con la cliente ci salutiamo nel piazzale antistante il tribunale. Ci rivedremo nei
prossimi giorni per ragionare con calma sulla situazione.
La vedo sorridente. La tensione sta calando.
�Grazie avvocato, davvero. Meglio di cos� non poteva andare. La chiamo domani per
prendere un appuntamento per la parcella.�
�Non si preoccupi, Lara. Sono contento che sia andato tutto bene e che abbiamo
fatto proprio come desiderava lei. A questo punto, per�, ci dia un taglio. Chiuda,
in maniera netta. Parli con Greta, cerchi di capirla, di recuperare il rapporto con
lei. A volte lasciarsi le cose alle spalle � la soluzione migliore. Ho apprezzato
molto ci� che ha fatto.�
�Avvocato, non avevo altra scelta. La situazione si era complicata troppo. Ora
cercher� di ricostruire la mia famiglia, � un obiettivo importante, e sono molto
motivata. Di quella persona, di quel porco, non voglio pi� sapere nulla, davvero. �
il passato. Non � pi� parte della mia vita.�
�E Greta?�
�Stanotte non ho dormito. Dopo aver visto quel video. Ha presente la sensazione di
avere in casa un mostro? Me la vedo a gambe aperte sulla poltroncina mentre guarda
quel porco giocare con le sue sorelle. Ma poi ho pensato, verso mattina, che sono
passati tanti mesi. Ora la vedo tranquilla. Non mi ha mai chiesto del processo,
dell'udienza. Forse sta cambiando anche lei. Ho deciso di avere fiducia. Di non
colpevolizzarla per ci� che ho saputo e per ci� che � accaduto.�
�Ha pensato, che ne so, di portarla da uno psicologo?�
�S�, ma vorrei prima parlare con lei. Con calma, magari tra un paio d'anni. Penso
che chieder� il part time al lavoro per starle vicina di pomeriggio. La tengo sotto
osservazione, insomma, ma con tanto amore, e senza vederla come un mostro. Almeno,
cercher�.�
Mi sembra un ottimo proposito.
Lara si allunga per abbracciarmi, mi d� un bacio e mi ringrazia ancora.
La osservo mentre sale sul tram.
Mi saluta dal finestrino, come una bambina in gita.
Sono fermo sotto la pioggia davanti al tribunale. L'udienza ha richiesto non pi� di
quaranta minuti.
M'incammino di nuovo verso l'ospedale, dove sono rimasti i miei amici. Mi fermo per
qualche minuto al giardino della Guastalla, dove passeggio cercando di rimettere
ordine nei miei pensieri.
Sento vibrare il telefono.
� Sophie, mi manda un sms.
Alex, sono sconvolta. Ho saputo. Chiamami quando riesci. Ti abbraccio. Sophie.
Ha letto in rete dell'incidente e della morte di God, la notizia � stata diffusa
dai giornalisti in tempo reale, ed � stata ripresa in tutto il mondo, soprattutto
nelle liste di discussione degli attivisti.
God non � molto noto in Italia, � conosciuto solo dagli addetti ai lavori, mentre
all'estero, soprattutto negli Stati Uniti, � una celebrit�.
Tutte le testate parlano di arresto cardiaco. Alcune riviste e alcuni siti geek lo
stanno gi� commemorando.
Arresto cardiaco.
Io non ne sono affatto convinto.
Mi rendo conto di non avere pranzato, per� non ho fame. Ordino un panino al bar,
molto semplice, e mi avvio verso i miei amici.
Salgo di nuovo, per la seconda volta nella giornata, la scalinata dell'ospedale e
mi trovo davanti pi� o meno lo scenario che avevo lasciato per andare in tribunale.
I miei amici, affranti, stanno mandando e-mail e comunicando al telefono. Hanno
collegato i cellulari e i portatili alla rete elettrica della sala d'attesa creando
una specie di piccolo ufficio all'interno dell'ospedale. Sento che rispondono a
interviste, precisano alcune considerazioni di God dei giorni scorsi, parlano
dell'annuncio clamoroso che stava per fare, ma non sanno dire di pi�.
Nessuno sa nulla.
Nel frattempo le infermiere hanno ricomposto il corpo e hanno allestito una piccola
camera ardente in una stanza libera in fondo al corridoio, un po' appartata.
Quando vedo passare il medico con cui gi� avevamo parlato, lo fermo.
Ora la situazione nel reparto � abbastanza tranquilla e mi pu� spiegare con calma
quello che � successo.
Mi conferma che la morte � avvenuta per arresto cardiaco.
La violenza dell'attacco � stata notevole, inoltre il soggetto era gi� provato. Il
pacemaker lo rendeva vulnerabile, e veniva da una situazione di stress: aveva
appena terminato un ciclo di conferenze e il volo da Londra, anche se breve, unito
alla sensibilit� per il fuso orario differente, deve essere stato comunque
stancante.
Per il resto, le analisi del sangue non avevano evidenziato altre anomalie.
Avrebbero verificato pi� tardi se il pacemaker non fosse intervenuto o fosse
intervenuto in maniera non corretta.
Il problema, nell'immediato, � che quel modello non � importato in Italia e causa,
quindi, piccoli problemi di compatibilit� con le apparecchiature dell'ospedale.
Alcuni dati del dispositivo sono riusciti a interpretarli.
Altri non sono ancora in grado di leggerli.
�Posso stare un po' con lui, dottore? Era il mio maestro.�
�Certo. I suoi colleghi lo hanno gi� salutato. � la stanza in fondo al corridoio,
sulla sinistra. Vada pure. Se ha bisogno di qualcosa, avvocato, mi trova in
reparto. Continuo il giro.�
God � vestito come alla conferenza.
� tranquillo, il viso � rilassato. Gli occhi chiusi. La pietra azzurra al collo, e
la spilla.
Sul lato destro della stanza ci sono una sedia e un tavolino.
Un piccolo mazzo di fiori freschi e una maglietta della CLA sono stati appoggiati
sopra la salma. Pam. La maglietta � la sua. Mi commuovo alla visione di questo
altarino improvvisato.
Chiudo la porta, mi tolgo giacca e camicia e mi sfilo la maglietta rossa. Anche io
regalo a God la mia maglietta del ThreeForHope. La appoggio sopra quella di Pam. La
colomba appollaiata sul cavo di rete gli porter� pace anche nell'aldil�.
Mi siedo a fianco della salma e la osservo per qualche minuto.
Quindi estraggo il computer dalla borsa e faccio quello che avevo in mente da un
po'. � venuto il momento.
God � morto, ma il dispositivo che ha sotto la clavicola vive ancora. La sua
batteria � stata pensata per durare anni.
Ho poco tempo. Il medico mi ha detto che ha gi� chiamato il tecnico per
interrompere col magnete il battito artificiale, poi verr� fatto l'ultimo
elettrocardiogramma e God verr� tenuto in osservazione per due ore. Questa � la
prassi dell'ospedale, mi ha spiegato, per i deceduti con pacemaker.
Mi collego a internet con la chiavetta. Passo attraverso il mio firewall portatile
e alcuni siti per non lasciare tracce. Entro in una banca dati che contiene
programmi professionali e software dei pi� strani. Accedo all'area medica e cerco
quello che mi serve.
Ho bisogno di un simulatore che ricrei il sistema operativo delle macchine usate
dai medici per comunicare coi pacemaker e per elaborare e controllare i dati. Il
cosiddetto programmatore.
A mente cerco di ricordare l'anno dell'intervento su God, e rintraccio i software
in grado di dialogare con i pacemaker dell'epoca. Per fortuna i produttori mondiali
leader del settore sono solo due. Scarico i software e li lancio. Nella stanza
tutto � tranquillo.
Mi appare sullo schermo una finestra che chiede di connettersi. Inserisco
credenziali false, bypasso il sistema cifrato e inizio a prelevare le informazioni
dal cuore di God. O, meglio, dal sistema informatico che ha ancora sotto la
clavicola.
Il mio portatile sta dialogando con il suo cuore con le stesse modalit� che usano
le macchine dei cardiologi.
Un flusso di dati pian piano inizia a scorrere dal cadavere del mio maestro al mio
computer.
Numeri, grafici, valori, schemi dello stato di salute degli ultimi giorni stanno
arrivando sul disco del mio portatile.
Con calma, pi� tardi, analizzer� l'andamento della somministrazione di elettricit�
al suo cuore, guarder� grafici e confronter� statistiche. E trarr� delle
conclusioni pi� precise.
Ma penso di sapere gi� quello che trover�.
L'ultima operazione che faccio � cancellare i dati delle ultime dodici ore dal
pacemaker di God.
Quando esco dalla stanza, dopo circa venti minuti, noto che i miei amici stanno
terminando le loro operazioni e cominciano a essere stremati. Al jet lag si sommano
stanchezza e tristezza.
Ora � venuto il momento di stare un po' con loro.
In silenzio.
***
29. Lycaon pictus
Verso le cinque ci salutiamo. Tutte le formalit�, anche burocratiche, sono state
sbrigate.
Gi� domani la salma di God potr� rientrare nel suo paese d'origine. Pam rimarr� in
Italia per occuparsi degli ultimi documenti. Gli altri hanno gi� prenotato un volo
per rientrare e gestire l'emergenza dalla sede dell'organizzazione.
Dovranno preparare un comunicato e passare in rassegna gli archivi e le e-mail di
God, anche se, visti gli standard di sicurezza che era solito adottare il mio
mentore, sar� un'impresa difficile.
Ci abbracciamo, senza parole.
Abbiamo parlato e siamo stati insieme per le ultime sette ore, a parte la mia breve
parentesi in tribunale, e non c'� pi� nulla da dire.
Evito anche di parlare con loro delle parti dubbie della vicenda.
Del computer sparito.
Della modalit� cos� violenta della morte.
Dell'autopsia digitale che ho effettuato.
E dei dati che ho cancellato.
Ci scriveremo con calma nei prossimi giorni.
Saluto anche il dottore e, sempre a piedi, mi avvio verso lo studio. Ho
appuntamento con Sophie.
Sophie � in piedi nell'ingresso. Il portiere l'ha fatta entrare nel palazzo.
Mi vede, si gira e mi abbraccia senza dire nulla. La vedo molto seria, deve aver
pianto. Mi stringe, in silenzio. Ho lasciato per terra la borsa col computer ma non
ricambio l'abbraccio, ho gli arti paralizzati.
Sento, in quel momento, tutta la tensione scaricarsi, e mi sembra di aver trovato
un punto d'appoggio. Come un esploratore che si affida a un bastone mentre rischia
di cadere nel burrone durante un'escursione.
�Mi dispiace, Alessandro.�
La sua voce � rotta dal pianto, non sta fingendo. Ha capito quanto era importante
per me God.
�� stato un brutto colpo, davvero, Sophie.�
Riesco a stento a trattenere le lacrime.
Quando smette di abbracciarmi mi accorgo di uno strano animale che mi sta annusando
una gamba, scodinzolando. � un cane, ma ha un pelo che sembra dipinto. � alto un
po' pi� di Bonanza, magro, con due orecchie enormi e dritte. Sembra un topo.
�Non spaventarti, � buono. Lo sto riportando a Roma. � un rarissimo cane dipinto
dello Zimbabwe. Una specie protetta che vive allo stato brado. Questo era diretto
in Cina, dove ne importano illecitamente anche seicento l'anno. Forse ne hai gi�
sentito parlare, � chiamato anche licaone.�
Lo accarezzo, e lui si mette buono sul marmo delle scale che portano al mio studio.
Sembra dipinto, in effetti, maculato, con tante tonalit� di biondo, grigio,
marrone, nero. E puzza. Ma ha un muso simpatico.
Mentre raccolgo la borsa, saliamo le scale ed entriamo nello studio, Sophie
continua a raccontare.
�La scorsa settimana ero nello Zimbabwe, a Hwange. Abbiamo scoperto degli
allevamenti clandestini. Dopo la cattura e due mesi in gabbia, li spedivano in Cina
a quattrocento dollari l'uno. Sono animali selvatici e non rientrano nelle
convenzioni per la protezione delle specie. Dovevi vedere che festa hanno fatto
quando li abbiamo liberati. Mantengono l'istinto della libert�. Sono corsi di nuovo
nella foresta. Axel lo abbiamo appena salvato, l'ho fatto visitare da uno
specialista di animali esotici a Milano che lavora alla clinica veterinaria
dell'universit� e ora lo riporto a Roma.�
�Axel. Bel nome. L'anagramma di Alex!�
Sorride.
�Sono molto rari, sai? Ma anche molto poco protetti. Abbiamo investigato per cinque
anni per capire come mai sparivano dalla foresta. Lo abbiamo scoperto solo qualche
giorno fa. Hai visto la coda bianca? Serve per farsi riconoscere dal branco.�
Vedo che estrae un deodorante spray dalla borsetta e gli d� una bella spruzzata al
profumo di arancio. Axel non protesta.
�Scusa la puzza, ma � un cane che emana un odore forte e caratteristico. Gli serve
per farsi trovare dal branco quando cacciano di notte. � un predatore eccezionale.�
Mi sembra di sognare.
Realizzo solo ora che in studio ho una iena predatrice. Un ferocissimo quadrupede
che fino a una settimana fa probabilmente stava sbranando gazzelle nella savana.
E Sophie mi ha convinto che � un povero cucciolo perseguitato dai bracconieri e dai
trafficanti.
Una iena in studio.
Andiamo bene.
***
30. Puppy mill
Sophie tiene in mano un libro che ha preso dalla mia libreria, Praga magica di
Ripellino.
�Me lo presti? Tanto ci rivedremo, te lo restituisco.�
�Certo Sophie, figurati.�
Gi� l'idea di rivederla mi fa stare meglio.
�Alessandro, se non sei dell'umore giusto ripasso un'altra volta, non � un
problema. Capisco che tu abbia la mente via... certe cose sono sconvolgenti. Sono
venuta lo stesso perch� ci tenevo a vederti, ma se vuoi ci aggiorniamo alla
prossima settimana. Adesso ti porto fuori a bere qualcosa... sempre se ti fa
piacere.�
�No Sophie, tranquilla. Abbiamo risolto tutti i problemi preliminari, la salma sta
per mettersi in viaggio. E comunque, ho bisogno di distrarmi. Siediti, dai,
parliamo con calma.�
Mi verso un bicchiere d'acqua fresca, ne riempio uno per Sophie e ci sediamo
nell'angolo del mio studio, io sulla poltrona e lei su una poltroncina trasparente.
Sul divanetto vedo che ha appoggiato un piccolo faldone blu pieno di carte, tenute
insieme da un elastico verde.
Mi metto comodo e Sophie inizia subito a parlare. Decido di non interromperla.
Ascoltarla mi rilassa.
�Alessandro, tutto inizia in un modo abbastanza banale: mi � morto un cane. Non �
una novit�, per me, ne vedo morire quotidianamente. Ma questo era un cane
speciale... era un regalo speciale.�
Non faccio domande, la lascio parlare. Quello che mi vorr� dire me lo dir�, e sul
resto eventualmente indagher�. Ma quel riferimento al regalo speciale mi suscita un
piccolo moto di gelosia. Che riesco a camuffare.
�Il cane � morto di cimurro, circa due mesi dopo che lo avevo ricevuto. Stava bene,
ma nel giro di una mattinata � morto. Sono andata nel negozio dove era stato
comprato e ho trovato la negoziante particolarmente tranquilla. Mi ha stupita. Non
ha fatto problemi e lo ha sostituito subito. Come se tu andassi a cambiare un
maglione di una taglia sbagliata in un negozio. Mi ha detto che non c'era problema,
che ne arrivavano ogni settimana da un allevamento di Milano, da dove venivano
distribuiti in tutta Italia... insomma, era come se avesse un po' di cuccioli... di
scorta, capisci cosa voglio dire? Pronti per essere consegnati nel caso il primo
morisse.�
Il seguito della storia lo intuisco.
�Anche il secondo cucciolo che mi ha dato � morto. Come il primo. Per circa
quindici giorni un'energia incredibile, poi, improvvisamente, un'emorragia
interna.�
Mentre Sophie beve, rifletto su questa prima parte della storia, anche se lei
riprende subito a parlare.
�La cosa mi ha straziata, ma ho deciso di tirare avanti e di cercare di indagare su
cosa fosse capitato. Indagare a fondo.�
Proprio come sto facendo io con God, mi viene da pensare.
�Ho ripercorso a ritroso la vicenda grazie ad alcuni contatti, e penso di aver
scoperto qualcosa di grosso.�
Anche God aveva annunciato di aver scoperto qualcosa di grosso.
�Credo di aver scoperto un anello della rete d'importazione dei cuccioli di cane
dall'Est. Parlo di una rete di negozianti e allevatori compiacenti in Italia, e di
produttori e puppy mill, fabbriche di cuccioli, nell'Est Europa. L'intero traffico,
insomma, che ha un valore di circa venti milioni di euro l'anno.�
Sophie pronuncia venti milioni di euro scandendo bene le parole.
Io mi raddrizzo un po' sulla poltrona e bevo di nuovo.
Venti milioni di euro l'anno.
Un traffico spietato. A indagarci si rischia la vita.
Non mi piace.
Lei nota che ho cambiato espressione: odore di guai.
�Alessandro, ti spiego. Tutta la filiera di un traffico cos� importante richiede
tanti attori. Condizioni igieniche sommarie per garantire una produzione costante
di cuccioli a basso costo, false vaccinazioni, finti microchip e documenti,
fatturazioni irregolari.�
�Di che razza erano i tuoi due cani?�
�Erano akita. Come il protagonista del film Hachiko, ricordi? Ora non sono pi� di
moda, ma il primo mi era stato regalato da un amico che non c'� pi�. Erano cuccioli
stupendi.�
L'amico speciale non c'� pi�. La gelosia sta sfumando.
�Sophie, vuoi fare causa al negozio? Io non sono un avvocato civilista...�
� una domanda stupida, ma l'ho fatta di proposito. Sophie non si vuole scoprire pi�
di tanto, ma so che non ha percorso seicento chilometri per trovare un civilista
che faccia causa a un negozio di animali. Se ne sarebbe occupata lei in prima
persona. E poi ha detto di conoscermi bene, per� non mi ha ancora detto il motivo
per cui � qui davanti a me.
Sorride e mi rivolge uno sguardo di sfida. Finge di non aver sentito la mia
domanda.
�Il mio problema � che sono riuscita a raccogliere informazioni molto precise sul
lato italiano della vicenda. Su chi ordina. Sugli allevatori che fingono di
allevare questi cuccioli. Sui negozianti che li smerciano. Su chi li consegna. Ho,
insomma, molto chiaro il percorso che fanno in Italia.�
�Ma?�
�Ma le mie conoscenze si fermano al confine. Non riesco a entrare nel sistema dei
canili lager. Sono gestiti dalla criminalit� organizzata. Sono affari che rendono
quanto il traffico di stupefacenti.�
�Perch� vuoi conoscere questi dati? Magari se ne sta gi� occupando l'interpol.�
�Li voglio conoscere perch� ho saputo che, per contenere i costi, stanno pensando
di concentrare le spedizioni. Due volte l'anno. Sotto Natale e prima dell'estate. E
penso che in Italia stia per arrivare la pi� grande spedizione di cuccioli mai
organizzata. In parte saranno venduti, in parte finiranno nei laboratori per
esperimenti, i pi� moriranno nel corso del viaggio.�
Esperimenti.
Penso a Bonanza.
La cosa si fa interessante.
***
31. Microchip
Le verso un altro bicchiere d'acqua. La iena � tranquilla sul parquet. Sempre
vigile, ma calma.
�Alex, sar� sincera. Non � solo un problema d'indagini. E di voglia di farle. Qui
si tratta di mantenerle riservate per evitare soffiate. Sono venuta da te anche
perch� ci sono due grossi problemi tecnologici da risolvere.�
Alle parole problemi tecnologici vedo che sorride. Lo sapevo. E lo sapeva anche
lei.
La sta mettendo sul piano della sfida, e sa che per un hacker la sfida � la cosa
pi� interessante. Pi� dei soldi. Pi� della fama. E poi tira la stoccata finale.
�Ma non so se tu sei cos� bravo come dicono, con i computer.�
Sorride di nuovo. La sfida � aperta. Non dico nulla e aspetto, trepidante.
�Abbiamo gi� tentato diverse volte, negli anni passati, di capire cosa succede al
di l� del confine. Quali canali informatici utilizzano. Purtroppo non riusciamo a
entrare. Usano gps molto sofisticati, ai quali non si riesce ad accedere. La
polizia ha rinunciato da tempo.�
Microchip. Gps. La cosa comincia a intrigarmi.
�Abbiamo fatto qualche appostamento sul confine ma non siamo mai riusciti a
prenderli n� a individuarli. Per�, in occasione dell'ultima azione degli
animalisti, per caso, ci siamo imbattuti in un piccolo furgone che forse faceva
parte della spedizione. E abbiamo trovato questo.�
Vedo Sophie rovistare nella borsa per computer ed estrarre un sacchetto e un
piccolo contenitore di plastica. Dal sacchetto prende un navigatore satellitare, un
normalissimo TomTom.
Lo osservo. �Hai solo questo? Niente cavo di alimentazione e cavo di connessione al
computer?�
�No. I ragazzi lo hanno strappato dal furgone attraverso il finestrino, mentre
distraevano il guidatore. Hanno lasciato l� tutto il resto.�
Con l'unghia del pollice sento che c'� ancora la schedina di memoria, la estraggo e
vedo che � in buone condizioni.
�Lo avete gi� analizzato?�
�No. Ci abbiamo provato, ma i ragazzi non sono molto pratici e hanno fatto
confusione. Lo hanno fatto parlare col satellite e molti dati si sono sovrascritti.
Per� penso che potrebbe essere rimasto qualcosa di interessante. Magari
l'itinerario dei contrabbandieri. Secondo te si possono recuperare i dati, oppure �
impossibile?�
A l'impossible je suis tenu.
�Si pu� fare. L� cos'hai, invece?�
Vedo che dal contenitore estrae un vetrino simile a quelli usati per gli
esperimenti chimici. Capisco subito cos'�. Un microchip. Piccolo come un chicco di
riso.
�Nel furgone c'era un cucciolo di cane morto. Se ne stavano liberando. Dall'animale
i ragazzi hanno estratto questo chip. Per� non sanno cosa farne. Non sono riusciti
a trarne nessuna informazione.�
Il quadro si sta facendo ancora pi� interessante. Sophie riprende a parlare dopo
che ho osservato il materiale che mi ha passato.
�Alex, mi sai dare qualche informazione sui microchip per cani? Che dati possono
contenere? Possono esserci utili?�
�Sophie, � pi� semplice di quanto sembri. Il microchip emette un brevissimo segnale
non appena viene attivato. Di solito per riceverlo si usa uno strumento in
dotazione ai servizi veterinari delle Asl, ai veterinari, alla polizia municipale
e, naturalmente, agli accalappiacani.�
Vedo che Sophie storce il naso. Il termine accalappiacani non le piace. Mi sembra
che anche Axel abbia drizzato le orecchie.
�Il segnale che viene dal microchip si legge sullo schermo di un lettore. Di solito
contiene una serie di quindici numeri. Un codice unico che identifica il paese nel
quale all'animale � stato inserito il microchip, il produttore del microchip e
l'identit� dell'animale. E, di conseguenza, il suo proprietario.�
�Quindi, se siamo fortunati, possiamo risalire al paese di provenienza del cane e
quindi al proprietario?�
�Dipende, possono averlo falsificato, possono averlo inserito nel paese d'origine o
in quello di destinazione.�
�Ma se noi siamo fortunati e loro sono stati cos� ingenui...�
Sto per riprendere a parlare ma Sophie mi interrompe. Ora � visibilmente eccitata.
�Alex, ascoltami. Secondo me � una traccia importante. I cuccioli arrivano in
Italia senza microchip perch� lo fanno inserire in Italia. � come il titolo di
propriet� dell'animale. A volte, per�, alcuni cuccioli, magari rubati nel paese
d'origine o appartenenti a uno specifico allevamento, hanno gi� un microchip
addosso. In questo caso glielo estraggono per evitare problemi di riconoscimento
quando arrivano in Italia.�
Ora � pi� chiaro. Penso di capire cosa � successo.
�Il transponder di solito viene inserito in una sorta di zona convenzionale del
cane nella quale tutti gli operatori del settore lo cercherebbero. Nella parte
sinistra del collo dell'animale. Non tutti per� lo sanno. E a volte, se inserito
male, il microchip si pu� spostare. Di solito prima di importare il cane in Italia
passano il lettore su tutto il corpo dell'animale, ma se hanno fretta, ad esempio
perch� hanno paura di un controllo, lo passano solo sul collo.�
�Ho capito, Sophie. Il microchip c'era, su quel cane.�
�Esatto. Ma era scivolato fin sul petto, e loro non lo hanno trovato e non lo hanno
tolto. L'abbiamo fatto noi.�
Interessante. Il cucciolo era partito vivo da un canile lager con un microchip
addosso. Lo hanno controllato ma senza calcolare che il transponder ha un segnale
bassissimo. Probabilmente il segnale, dal petto, non riusciva ad arrivare al
lettore che veniva passato sul collo.
Lo hanno caricato, pronto per accogliere un microchip in Italia, ma il cucciolo �
morto. Le analogie con il caso di God e del suo pacemaker sono impressionanti.
�Come hanno fatto a individuarlo?�
�I ragazzi passano sempre lo scanner su tutti i cadaveri che trovano, su ogni parte
del corpo, non solo sul collo. Anche se in alcuni casi, quando il cane ha un
collare metallico, si generano delle interferenze che complicano l'operazione.
Comunque, penso che il microchip sia quello originario.�
Guardo le eventuali fonti di prova che Sophie ha appoggiato sulla scrivania e
rifletto un attimo, prima di parlare.
�Tu vorresti che io cercassi di recuperare i dati da questi dispositivi per poi
consegnarteli. E correlarli con i tuoi elementi. Giusto?�
�S� Alessandro, per me sarebbe molto importante. Non voglio coinvolgerti oltre, �
molto rischioso. C'� dietro la criminalit� organizzata. Anche io penso che me ne
tirer� fuori e lascer� i dati ai ragazzi. Credo che se anche scoprissi qualcosa la
polizia non mi darebbe retta.�
Rifletto ancora.
�Sophie, come sai alcuni attivisti sono considerati appartenenti a organizzazioni
terroristiche. Non voglio mantenere contatti con loro direttamente. Se si risalisse
al mio nome, passerei dei guai. Se vuoi che procediamo, lo facciamo con le
autorit�. Correndo il rischio di una fuga di notizie. Oppure mi garantisci che
questa operazione, dall'inizio alla fine, sar� pulita. Con pulita intendo nessun
contatto con organizzazioni clandestine.�
Sophie mi stupisce. Non � troppo sorpresa dalla mia richiesta. Probabilmente si
aspettava una risposta del genere. O forse sta per giocare la sua carta migliore.
Per convincermi. Da brava avvocatessa.
�Posso farti vedere una cosa, Alex? Mi dai altri dieci minuti del tuo tempo?�
Non rispondo, e lei procede. In realt� neppure lei ha dato una risposta alla mia
richiesta di non avere contatti con organizzazioni dubbie.
Prende un plico di foto tenute insieme da un elastico e me le appoggia di fronte,
sulla scrivania.
Contemporaneamente fa partire un video sul suo portatile, creato da telecamere di
sorveglianza, molto sgranato e troppo chiaro. E inizia a spiegare.
�Alle persone di cui ti sto parlando, se possiamo definirle persone, dei cuccioli e
degli animali non interessa nulla. � solo una questione di soldi. Soldi, e
solamente soldi. Un cucciolo proveniente dell'Est Europa vale fino a venti volte
meno di uno italiano. Un cane di razza di origine ungherese pu� essere venduto in
Italia a duecento euro ma non appena diventa italiano pu� essere comprato in
negozio a un prezzo compreso tra i cinquecento e i duemila euro a seconda della
razza.�
� precisa in quello che dice ma, soprattutto, � appassionata. Mi piace.
�Devi sapere che i cuccioli che saranno portati in Italia vengono fatti nascere in
allevamenti a conduzione familiare ma anche in vere e proprie fabbriche di
cuccioli. Sono strutture come quelle che vedi nelle foto, ospitano anche centinaia
di fattrici per la riproduzione. Le femmine sono imprigionate in box piccolissimi
con una razione di cibo sufficiente solo a sopravvivere. Guarda come sono magre.�
Guardo per un attimo quegli esseri e poi torno a guardare Sophie. Quello che ho
visto mi ha fatto male.
�Una volta raggiunti i trenta, massimo quaranta giorni d'et�, i piccoli sono
ammassati su camion o furgoni e trasportati nel nostro paese. Viaggiano soprattutto
di notte. Sono abbinati a documenti falsi o falsificati. Sono rinchiusi in
scatoloni o borse, senza alcun controllo sanitario. Sarebbe un costo ulteriore che
inciderebbe sul margine di profitto finale.�
Penso a Bonanza, e lei sembra accorgersene.
�Come sai, il precoce distacco dalla madre causa ai cuccioli traumi affettivi e
problemi di salute. Alcuni non sopportano lo sforzo del viaggio. Altri muoiono
pochi giorni dopo essere stati venduti in Italia. Come � successo nel mio caso.
Altri possono avere contratto la rabbia, e diventano pericolosi anche per l'uomo.
Cinquecentomila cuccioli l'anno vengono importati illegalmente, tutti provenienti
dai paesi dell'Est, in particolare da Ungheria, Slovacchia, Polonia, Romania e
Repubblica Ceca. Entrano in maniera truffaldina, con un'opera sistematica di
falsificazione dei documenti, strappati precocemente alle cure delle loro madri
costrette a continue gravidanze, sottoposti a infernali viaggi e imbottiti di
farmaci per farli sembrare sani all'acquirente.�
Quando sullo schermo del suo portatile, dove ha lanciato un altro video, appaiono
colonne di cuccioli morti, scaricati dai camion e ammassati ai lati della strada,
mi si ferma il cuore. Sophie, per�, non ha finito.
�La mortalit� dei cuccioli nella fase che va dal trasporto ai primi mesi dopo
l'arrivo in Italia raggiunge il cinquanta per cento. Alex, a loro non interessa se
muoiono, se si soffocano tra loro nei contenitori in cui sono ammassati, se
implodono in un bagno di sangue a causa di emorragie interne. Quelli che
sopravvivono sono sufficienti per il loro business.�
Di certo Sophie � convincente.
Darebbe anche l'anima per difendere quei cuccioli.
I miei dubbi rimangono. Sono iscritto a tutte le associazioni animaliste ed
ecologiste esistenti, e so bene che modalit� adottano per cooperare con le forze
dell'ordine. Non comprendo, invece, cosa voglia fare Sophie. Sophie che non ha mai
parlato di cooperare. Ma vuole solo attaccare.
Stiamo in silenzio per un po'. Io sto pensando a cosa dire. Non voglio lasciarla
andare via delusa, ma non voglio correre troppi rischi.
Sophie a un certo punto si alza in piedi, lentamente ripone le carte nella borsa
per computer e riprende con gesto plateale il navigatore dei trafficanti e il
microchip.
Ha un'espressione triste sul viso, sembra una bambina con il broncio. Pi� che
offesa, sembra delusa.
Anche Axel la sta guardando ed � gi� in piedi, pronto a seguirla.
Prima che esca dalla stanza riprendo a parlare, tranquillo.
�Ascolta, Sophie. Sar� chiaro. Non voglio associare il mio nome e la mia attivit� a
nessuno che faccia qualcosa di illegale a mia insaputa. Anzi, mi piacerebbe
conoscere tutta la parte della storia che non mi stai raccontando, ma forse, per
ora, � meglio cos�. Ho notato che non mi hai detto nulla circa l'associazione, i
ragazzi, gli animalisti. Per� ti posso proporre un accordo. Siamo avvocati, del
resto.�
� tornata indietro. Si � seduta di nuovo e mi guarda con interesse. La iena si �
rimessa tranquilla, stesa sul mio parquet.
�Allora, se si fa, si fa a modo mio. Senza discutere. In questo caso io sono
l'avvocato e tu il cliente. Non discuti la mia strategia e le mie regole. E la
prima regola � che di questa vicenda ce ne occupiamo noi due. Teniamo fuori altri
soggetti. Io analizzo il chip e il navigatore e vediamo cosa trovo. Poi valutiamo
insieme se parlarne con il nucleo cinofili della questura e con il corpo forestale
dello stato. E poi pensiamo alle mosse successive.�
Sophie � dubbiosa.
So cosa sta pensando.
Che ci saranno fughe di notizie prima della spedizione e non intercetteremo nessun
carico. Che chi fa operazioni da centinaia di milioni di euro di sicuro ha anche i
fondi per corrompere, per pagare delle talpe. Ma piuttosto che rinunciare anche a
una sola possibilit�, decide di adeguarsi.
�D'accordo Alessandro. Mi fido, facciamo come dici tu, almeno in questa prima fase.
Per� per ora non ne parliamo con la polizia. Iniziamo noi due, okay? Come
procediamo?�
�Procediamo cos�. Mi lasci il TomTom e il chip e li analizzo. Non abbiamo tempo per
fare una copia accurata, ora. Prender� con me gli originali, anche se � un rischio.
Domani ti telefono e ti riferisco cosa ho scoperto. Mi lasci anche il video della
telecamera di sorveglianza che mi hai mostrato. Ho molti amici in diverse citt�
dell'Est Europa che ci potrebbero aiutare in maniera molto efficiente e riservata.�
Le � tornato il sorriso. Noto che osserva nervosamente l'orologio.
�Devi rientrare a Roma?�
�S� Alessandro, ho il treno tra mezz'ora. Mi chiami un taxi?�
�Vi accompagno in moto. Se non avete paura.�
�In moto? E Axel?�
La iena ha sentito il suo nome e ha drizzato le enormi orecchie. � gi� in piedi.
�Ho una borsa per cani. La mia motocicletta � nata per trasportare tavole da surf
dall'interno dell'Australia verso la costa. L'ho fatta modificare utilizzando gli
stessi supporti, e ora va bene anche per un cane. Ci porto Bonanza e vedo che sono
pi� o meno alti uguali. Dovrebbe starci anche Axel. Se tu stai dietro puoi
allungare una mano e accarezzarlo per farlo sentire tranquillo. Hai solo il
portatile?�
�S�. La valigia � gi� nel deposito della stazione. Ma stai scherzando, vero, per il
fatto della moto e di Axel?�
Prendo un casco anche per lei, e capisce che non scherzo.
Sorride e scuote la testa con un'espressione del tipo: Ma questo � pazzo. Sorrido
anche io.
Mi sta dando del pazzo una tizia con segni di catene attorno alle braccia e una
iena al guinzaglio.
�Alex, parliamo di soldi? Ti lascio un fondo spese?�
�Ne parliamo domani al telefono. Prima devo rendermi conto di quello che c'� sui
supporti.�
Domandare soldi non � il mio forte.
Scendiamo in silenzio, noi due e la iena. Saliamo in moto tutti e tre. Axel sta
comodo ed � pi� incuriosito che spaventato. Per tutto il breve tragitto rimane con
la lingua fuori a prendere aria. Sophie � stretta a me.
In pochi minuti siamo alla stazione centrale.
La gente ci guarda incuriosita, ma non pi� di tanto. Milano � cos�.
Sophie mette una museruola ad Axel, mi restituisce il casco, mi d� due baci e si
allontana.
***
32. Macinato e pancetta
Sono di nuovo da solo in studio. Mi guardo attorno. Nell'aria sento ancora il
profumo delicato di Sophie. Mi � appena arrivato un suo messaggio.
Grazie davvero per oggi. E condoglianze, ancora, sono con te. Chiamami quando vuoi.
Poche parole. Ma molto importanti.
Nonostante il rumore che sale dalla strada, il mio studio lo percepisco come
stranamente silenzioso. Ci� mi permette di riflettere e, soprattutto, di meditare
su quello che mi aspetta nella notte che si annuncia.
Ho un cuore digitale, quello di God, da analizzare con cura. Ho un navigatore e un
microchip, quelli che mi ha consegnato Sophie, da interrogare. E la notte di ieri
l'ho passata ad analizzare il dvd dell'architetto.
Mi torna in mente, per un attimo, il processo della mattina.
Non ho sentito la cliente, sar� a casa con le bambine.
Annoto mentalmente di chiamarla. Domattina.
Prendo la moto e vado a casa. Ho bisogno di stare tra le mie quattro mura con i
miei computer per portare un po' di ordine nel caos. E per avere delle risposte.
Prima, per�, passo dal macellaio.
Entro in casa e Bonanza mi osserva rimanendo accovacciato sulla sua poltrona. Finge
di dormire, ma ha gli occhi socchiusi. Sembra preoccupato perch� mi vede agitato.
Quando sente che lo sto chiamando, mi corre incontro per il solito rituale festoso.
Vedo che annusa, curioso, la sportina del macellaio. Contiene due pacchetti. Uno,
pi� tozzo, avvolge della carne macinata. L'altro, pi� allungato, una fetta di
pancetta alta un centimetro.
Metto subito in frigo la carne e lo accarezzo. Gli apro la porta-finestra che d�
sul terrazzo e lo faccio andare fuori. Non ho il tempo di portarlo a passeggio.
Mi metto a cucinare e inizio a pensare.
A stomaco pieno ricomincio a ragionare. O, meglio, a fare ipotesi.
Prima ipotesi. God � stato ucciso. Ne sono certo.
So anche chi � stato. L'uomo misterioso che ho visto in hotel l'altra sera e che ho
rivisto durante la conferenza.
E so come ha fatto. Ma lo devo provare.
Accendo il computer e comincio ad analizzare, con un software medico, i dati
prelevati dal sistema impiantato nel cuore di God.
Anche se non sono laureato in medicina, comprendo in pochi minuti cosa � successo.
L'andamento dei grafici mostra che, a un certo punto, sono partite alcune scosse
elettriche dirette al cuore di God nonostante la sua condizione di salute, al
momento, non lo richiedesse: sono state generate all'improvviso, come ordinate da
qualcuno. Proprio mentre God stava parlando. In pratica, l'andamento del battito
del suo cuore � stato alterato anche se non ce n'era bisogno. Allo stesso tempo,
per�, il sistema non � intervenuto durante l'alterazione della frequenza del
battito cardiaco, come se fosse stato disattivato. Vedo, dai grafici, che ha
ripreso a funzionare due minuti dopo, quando il killer stava uscendo dalla sala
della conferenza.
God � stato ucciso con un sistema molto sofisticato. Sono stupito. Di certo il
killer � entrato nei record medici del mio mentore e ha acquisito i suoi dati
sanitari. Chi lo ha ucciso sapeva del suo intervento al cuore. Certo, non era un
segreto, lo sapevamo tutti, non solo nell'ambiente, ci avevano anche scritto un
libro e fatto una serie televisiva. Ma il killer conosceva esattamente il tipo e il
modello del pacemaker installato e le sue vulnerabilit�. Sapeva anche che God
veniva da una condizione di stress e, quindi, di maggiore debolezza. Sapeva della
location, della presenza di studenti e di tanti computer, del caldo, dell'umidit�,
delle tecnologie, dei ripetitori, delle modalit� per ucciderlo via wireless.
E nel caos ha preso il suo portatile.
Pensando di non destare sospetti.
Ma io, per caso, ho ripescato un ricordo dalla mia memoria.
Tre hacker al Realhack presentarono un paper proprio su questo tipo di attacco. Un
attacco che ha come obiettivo un implantable cardioverter defibrillator, o icd. Uno
strumento molto sofisticato, da decine di migliaia di euro, che monitorizza
un'attivit� cardiaca a rischio di alterazione e che reagisce di conseguenza.
Gli hacker, poco pi� che ventenni, spiegarono allora come gli icd abbiano modalit�
di azione per il pacing, per cui il dispositivo manda periodicamente un piccolo
stimolo elettronico al cuore, e per la defibrillazione, per cui il dispositivo
manda uno shock pi� forte per rimettere in sesto il normale ritmo cardiaco.
L'apparecchio dialoga con uno strumento esterno, un programmatore, per effettuare
diagnostica, leggere e scrivere dati privati e aggiustare i settaggi della terapia.
In pratica, il malato va dal suo dottore che comunica con il computer, lo programma
e lo regola, proprio come farebbe un meccanico con la centralina elettronica di
un'automobile.
Questi hacker dimostrarono che un icd malfunzionante o configurato in maniera
malicious pu� danneggiare il paziente in numerosi modi. Sia per inazione, ad
esempio omettendo di fornire la cura se necessaria, sia per un'azione esterna, come
uno shock su comando quando il cuore sta battendo normalmente.
Questo � ci� che � avvenuto con il cuore di God.
Questo ha causato un arresto cardiaco cos� violento.
E letale.
Un attacco portato via wireless su un icd contro un essere umano... sono stupito. �
la prima volta che lo vedo succedere nella vita reale, e non posso sapere se il
killer ha gi� operato in altre parti del mondo. Omicidi che, magari, sono stati
archiviati come morti naturali.
Preparare un attacco a questi sistemi � semplice. Troppo semplice. Si fa il reverse
engineering parziale dei protocolli di comunicazione con un oscilloscopio e un
software radio e ci si prepara a portare via radio al software degli attacchi che
possono compromettere la sicurezza del paziente e la sua privacy.
Mentre analizzo di nuovo i dati, scopro che l'omicida ha per� commesso un errore.
Non ha cancellato n� ristabilito i dati originari. Si notano il tracciato delle
funzionalit� del cuore, perfetto, e improvvisamente una serie di scosse elettriche
non motivate, fortissime.
Ha trascurato di farlo per la fretta, probabilmente, o perch� troppo sicuro di s�.
Non ha tenuto conto di me.
Apro i pacchetti della macelleria. Taglio la fetta di pancetta per Bonanza. Gli
preparo un hamburger con la carne macinata. E mi rappresento con chiarezza quello
che deve aver fatto il killer in hotel la notte prima della conferenza.
Ricordo che al Realhack i ragazzi avevano impiantato il pacemaker nella carne
macinata, e poi avevano avvolto la carne in una fetta di pancetta alta un
centimetro, e poi avevano coperto il tutto con una pellicola di nylon. Un ottimo
modo per simulare un cuore umano.
Il killer ha fatto le prove in albergo, di notte, proprio in quel modo.
Evidentemente aveva un transponder e un sistema simile a quello impiantato su God.
Avessi un po' pi� di tempo lo troverei anche io, facilmente. Su eBay, o domandando
a un medico, magari recuperando uno di quelli che vengono sostituiti dopo dieci
anni per rinnovare la batteria e il sistema.
Mentre osservo la carne cuocere, vedo il killer alle prese con il macinato e la
pancetta. Ha ricreato una parte del corpo umano.
Lo immagino impiantare il sistema nella carne.
E poi accendere il portatile, sistemarsi nel bagno, a diversi metri dal mucchietto
di carne, e fare le prove dell'omicidio.
Sospiro, e lancio la carne a Bonanza.
Che ringrazia per la cena.
***
33. Bsa
L'ipotesi investigativa che ho iniziato a tracciare basandomi sull'autopsia
digitale di God si ferma qui. Purtroppo. Il cuore del mio mentore mi ha lasciato
senza tracce evidenti di ci� che � capitato, senza indizi sul criminale che ha
operato. Sono riuscito a ricostruire, in linea di massima, quello che � successo, �
vero, ma riguardo al killer, alla sua provenienza e, soprattutto, a come
rintracciarlo non ho altre informazioni.
L'unico filo, molto sottile, che pu� essere rimasto � il collegamento wireless che
il killer ha dovuto obbligatoriamente attivare dal suo computer durante la
conferenza per accoppiarsi con il dispositivo sotto la clavicola di God e dialogare
sino ad alterarne le funzionalit�. E ucciderlo.
Chi ha attaccato questo sistema, per�, � chiaramente un esperto. Ha mascherato il
suo identificativo, o lo ha sostituito con un altro riferibile a un soggetto terzo.
Ho effettuato un'analisi veloce di questi dati. Appaiono solo nomi di fantasia.
L'unico collegamento che poteva portarmi al killer, insomma, si � spezzato.
Non � possibile che tutto finisca cos�.
Qualcosa ci deve essere.
Nessuno opera senza commettere errori, il delitto perfetto � solo nei film.
Quando l'investigatore si trova a un punto morto, la cosa migliore che pu� fare �
svuotare il cervello e ripensare a tutto. Pensare out of the box, prendere nuove
strade, formulare ipotesi originali. Sperando in un'illuminazione.
Cerco allora di calmarmi, di azzerare ogni informazione e di riprendere da capo. Di
ripercorrere tutti i fatti accaduti, da luned� mattina in avanti, di riflettere,
anche se non � facile in queste condizioni.
L'hotel. La sera con Sophie. Le serrature Medeco sul trolley e sulla borsa del
killer. La conferenza.
Niente. Non mi viene in mente nulla.
Non mi viene in mente nulla fino a quando non noto, su uno dei miei computer
accesi, il programma per la lettura della posta elettronica. Lo tengo sempre
aperto. Mi ricordo, improvvisamente, del messaggio di posta elettronica di God con
il quale mi invitava all'evento.
La e-mail.
E il link finale.
Il link al video della moto.
La Bsa.
God sapeva di rischiare grosso, e ha voluto comunicarmelo in quel modo.
Mi avvicino al computer e recupero in pochi secondi il messaggio. Lo apro, mi
collego al link indicato nel testo e mi appare il video che gi� avevo guardato
velocemente.
Lo guardo in un altro modo, ora. Non mi interessa quello che si vede: God, i suoi
cani, la moto d'epoca. Mi interessa quello che non si vede. Quello che � nascosto.
Salvo il video sul desktop del computer, chiudo il messaggio di posta elettronica e
lancio un programma per il riconoscimento steganografico. � un software che fa caso
non a ci� che vede, un'immagine, un video, una canzone, ma a ci� che � contenuto in
determinati documenti. Cerca dati che sono stati inseriti dentro altri dati.
Nulla.
Il programma non rileva nulla. Apparentemente non vi sono immagini o video nascosti
all'interno del video principale.
Poi rifletto. E penso che sia normale. God preferiva l'analisi umana agli
automatismi. L'azione dell'uomo alla meccanica dei computer. Odiava con tutte le
sue forze i programmi che si sostituivano all'analisi del cervello dell'uomo,
soprattutto quando c'era da investigare.
Apro il file video con un semplicissimo editor di testo e comincio ad analizzare il
codice.
Riga per riga.
A un certo punto lo trovo. � ben nascosto a occhi indiscreti. Ma � l�. � l� per me.
Il messaggio di God.
Pi� che un messaggio, � un elenco di tre dati in sequenza. Il primo � il
collegamento a un indirizzo ip, un computer collegato in rete. Il secondo � un nome
utente. Il terzo � una password. Tutto l'occorrente, insomma, per collegarsi a un
sito protetto.
Sorrido mentre noto che il nome utente � Deus. Questo link e questo messaggio erano
per me. Una sorta di assicurazione sulla vita. Soprattutto, God sapeva che, in un
eventuale stato di emergenza, mi sarei insospettito. E incuriosito.
Apro una finestra del terminale, mi collego a qualche sito sicuro e a qualche
computer che uso come punto d'appoggio per rendere difficoltose le eventuali
operazioni di tracciamento e accedo all'indirizzo che mi ha voluto comunicare God.
Sorrido una seconda volta. Vedo, dal messaggio che mi appare, che ho avuto accesso
a un vecchissimo Pdp10, una macchina che sar� probabilmente custodita in una
cantina di un laboratorio di ricerca in una sperduta universit� della costa
californiana. � un computer acceso da almeno trent'anni, che continua a funzionare,
ininterrottamente. Un computer nel quale nessuno si sognerebbe mai di andare a
cercare informazioni e dati. E sul quale God, invece, stava lavorando. Era la sua
base segreta.
Una volta immessi nome utente e password, ottengo, abbastanza lentamente, l'accesso
a una directory che in realt� � un vero e proprio deposito di informazioni.
***
34. Il progetto
Faccio un balzo sulla sedia non appena vedo i contenuti dell'archivio che aveva
preparato God. Mi scorrono sul monitor registrazioni video, fotografie catturate
clandestinamente, registrazioni audio di intercettazioni e dialoghi. Tutte queste
fonti non sono ordinate per categoria o genere, sono appoggiate in una sola
cartella. God non poteva, evidentemente, fermarsi troppo a pensare e a ordinare i
dati.
Oltre alle fotografie e ai video noto, in una cartella separata, il codice sorgente
da una parte e l'eseguibile di un software dall'altra.
In un'altra cartella, che God ha etichettato come work, una seconda copia del
codice sorgente. Il mio mentore ci stava lavorando, probabilmente, e lo stava
modificando.
La situazione appare un po' confusa. Cerco di comprendere e, soprattutto, di
procedere con ordine.
La prima cosa che faccio � far partire, a caso, qualche video. Noto che sono tutti
di bassa o pessima qualit�, presi da telecamere di sorveglianza, telefoni o webcam,
molto sgranati, spesso fuori fuoco, a volte saltellanti, alcuni con inquadrature
improbabili.
Alcuni, per�, riprendono personaggi noti. Il primo che lancio, ad esempio, riprende
una politica italiana che sta consumando un fugace rapporto sessuale, in un
parcheggio, sul cofano della sua macchina, ripresa da una telecamera di cui
evidentemente non si � accorta, posta nell'angolo in alto a destra dell'area di
sosta.
Apro anche alcune immagini e noto che sono, per la maggior parte, fotogrammi tratti
da video. Sono solo stati trattati ed elaborati per renderli pi� nitidi. Per
renderli pubblicabili, ad esempio. O per inviarli agli interessati.
Materiale perfetto per ricattare qualcuno o per condizionarne i comportamenti.
Dopo essermi dedicato a una ricognizione veloce delle immagini e dei video,
concentro la mia attenzione sul software. Avvio un emulatore, un software che
ricrea un sistema operativo in un ambiente asettico, e provo a lanciare il software
che � nella directory work, quello su cui stava lavorando God.
Non parte. Evidentemente il suo lavoro non era terminato.
Lancio, allora, il programma presente nella directory principale e vedo che quello,
invece, funziona. Mi appare una sorta di cabina di regia. Otto finestre, ordinate
sullo schermo, tutte nere, come se fossero spente o in attesa di informazioni.
Inserisco un dato a caso e il mio monitor di rete e il mio sistema antintrusione
m'informano che il software sta cercando di comunicare con l'esterno, di collegarsi
in rete.
Non glielo permetto, ma comprendo cosa sta tentando di fare. Sta cercando le fonti
che alimentano la cabina di regia, le immagini e i video che farebbero prendere
vita agli schermi neri.
Il software che sto osservando � un guscio vuoto che si nutre di dati che sono
trasmessi da altri dispositivi. Dispositivi che sono in giro.
Impedisco al software di collegarsi in rete, � troppo rischioso, e riprendo invece
a osservare i comandi. Il programma sembra molto semplice da gestire, e i comandi
principali sono pochi: una finestra per inserire i dati di latitudine e
longitudine, una seconda per inserire il codice identificativo di un telefono, di
un computer o di un sistema di sorveglianza e un pulsante per memorizzare lo
streaming dei video.
In un secondo monitor apro il codice sorgente del programma e inizio, per blocchi,
ad analizzarlo. Dopo un paio d'ore ho compreso, a grandi linee, cosa ho di fronte.
Sembra, a prima vista, un sofisticato sistema globale di controllo realizzato
utilizzando telecamere e altri sistemi di sorveglianza. Alcune parti del codice,
per�, sono davvero oscure.
Su un terzo monitor apro la copia del codice sorgente su cui stava lavorando God.
Il mio mentore lo stava commentando per renderlo pi� chiaro. Lo stava glossando.
Vedo poi, evidenziate con un diverso colore di testo, alcune modifiche che stava
apportando direttamente alle istruzioni.
Mi alzo dal tavolo e guardo fuori dalla finestra. Esco sul terrazzo, anche se fa
freddo. Bonanza mi segue. Ho bisogno di snebbiarmi la mente. E di rimettere tutto
in ordine.
Allora, God aveva scoperto questo progetto ed era venuto in possesso di questo
software.
Non ho idea di come abbia fatto, � sicuramente un progetto segretissimo. Forse il
software gli era stato consegnato da un Prometeo anonimo, come era avvenuto,
vent'anni prima, con il codice che era stato all'origine dei suoi guai.
Aveva iniziato a studiarlo, a commentarlo e, soprattutto, aveva iniziato a
modificarlo per cambiare alcune sue funzionalit�.
Le mie intuizioni si fermano qui. Sono troppo stanco, triste e provato per
ragionare in maniera pi� accurata. Non mi resta altro da fare che cercare aiuto.
Come ieri notte. Intelligenza collettiva.
Collego quattro dischi da un terabyte al computer e inizio a copiare i file.
Sicuramente il sito sar� temporizzato: God avr� installato un sistema per
monitorare il mio primo accesso e disporre poi la cancellazione automatica e sicura
del tutto.
Io avrei fatto cos�.
Copio, per primo, il codice oggetto, poi i due codici sorgente, quello originario e
quello annotato e modificato da God, e poi tutti i video e le immagini. Usando una
connessione cifrata.
Mentre osservo le informazioni che il computer mi d� sul processo di copia, mi
verso un bicchiere di rum.
God � stato ucciso per questo programma.
Ucciso.
Mi rendo conto, improvvisamente, che non posso rischiare. Non posso rischiare la
mia incolumit�, non posso rischiare passi falsi, non posso rischiare di farmi
coinvolgere in un gioco pi� grande di me.
Ho una sola scelta.
C'� una sola persona che mi pu� aiutare.
Ho urgenza di far valutare queste informazioni al pi� grande esperto di sistemi di
videosorveglianza.
Alla persona pi� brava sulla faccia della terra a nascondersi.
A sparire.
E solo io posso rintracciarla.
***
35. Boh�miens en voyage
Il mio sistema informatico sta effettuando un paio di copie di tutti i dati
contenuti nella cartella creata da God sul disco dell'insospettabile computer
vintage californiano. Io intanto apro le ante dell'armadio in camera da letto e
inizio a rovistare, appoggiando vestiti e oggetti in ordine sparso sul letto e
cercando, al contempo, di mantenere la calma. Ma non � facile.
Mi sto, probabilmente, agitando troppo, e ne va della mia lucidit�. Sono il primo a
capire che pi� aumenta la mia tensione, in questa fase, pi� rischio di commettere
errori che pagher�, in futuro. Mi costringo, allora, a un double check costante di
ogni mio passo, a un doppio controllo, come se fossi un estraneo che mi osserva
operare. D'ora in avanti ogni mia singola azione dovr� essere perfetta, senza
difetti.
Il fatto � che il sistema di sorveglianza globale che ho scoperto tramite gli
indizi che mi ha lasciato God non � uno scherzo: probabilmente molte persone sono
gi� morte, o sono state ricattate, a causa di questo progetto. E altre ancora
verranno colpite. � un po' la stessa sensazione, amplificata, di quando Sophie mi
ha parlato di connessioni tra il traffico di cuccioli e la criminalit� organizzata.
� la sensazione di stare entrando in una palude, nelle sabbie mobili. In terre
pericolose.
Bonanza, dal canto suo, ora � tutto eccitato. Corre in lungo e in largo per
l'appartamento scivolando con le zampe sul parquet lucido, sembra una motoslitta su
un lago ghiacciato, poi salta sul letto e scombina i vestiti che io sto cercando di
tenere in ordine per preparare un minimo di bagaglio. Il cane, in realt�, ha capito
cosa sto facendo, sente che sta per accadere qualcosa di nuovo, qualcosa capace di
alterare la sua routine quotidiana di dormite, cibo e giretto in Isola. Per un
animale abitudinario come lui, qualsiasi imprevisto � motivo di festa.
Prendo dall'armadio un parabrezza in plexiglas ad aggancio rapido per la Deus e lo
estraggo dalla sua custodia nera: lo uso raramente, rovina la bella linea della
moto, ma mi sar� indispensabile. Afferro anche due borse laterali di pelle di
grandi dimensioni, fatte a bisaccia, frangiate. In quella di destra metter� Bonanza
con il pollo di gomma, protetto rispetto alla strada e ai camion e riscaldato dallo
scarico e dal motore. Lo ha gi� intuito, e mi saltella davanti con in bocca la
ciotola d'alluminio, lasciando laghetti d'acqua in tutta la casa, poi abbandona la
ciotola e prende tra i denti il pollo di gomma, parte essenziale del suo corredo da
viaggio. Nella borsa di sinistra metter� un piccolo portatile con un sistema di
memoria a stato solido: un computer con un hard disk tradizionale soffrirebbe un
po' troppo le good vibration del motore e le numerose buche.
Ho messo sul letto anche la borsa da serbatoio, che sto riempiendo con magliette e
biancheria intima, il cappottino a scacchi e il paraorecchie di Bonanza, la
ciotola, un cambio di vestiti, il parapioggia e tutto l'occorrente per un lungo
viaggio notturno in motocicletta.
Oltre alle copie dei dati raccolti da God, che ho memorizzato su supporti cifrati,
recupero il navigatore satellitare impermeabile, l'auricolare bluetooth cui
collegher� il cellulare, il contenitore con il microchip del cane e il TomTom che
mi ha lasciato Sophie.
Tra la targa e la sella collocher� una piccola borsa con ventose che ho riempito di
cibo. Davanti, sotto il fanale, fisser� alle forcelle la cassetta con gli attrezzi
di emergenza.
A fatica riesco a mantenere Bonanza in casa mentre faccio un primo giro e porto gi�
gran parte del bagaglio. Crede, probabilmente, che me ne stia andando senza di lui.
Ma risalir� presto, e si tranquillizzer�.
Pochi minuti dopo, sono pronto. Mi sto guardando attorno, nell'appartamento, con
Bonanza che saltella impaziente. Verifico di non avere dimenticato nulla.
Ebbene s�, devo partire. Ho bisogno di aiuto. Ho bisogno di qualcuno che mi
suggerisca come rimettere ordine in una situazione che mi sta sfuggendo di mano, e
che si sta dimostrando pi� complessa di quanto avessi previsto. Ho bisogno di
qualcuno che mi induca a riflettere pi� da hacker che da avvocato, che mi faccia
riacquistare in poche ore il modo di pensare e di operare che avevo vent'anni fa.
Ho bisogno di tornare, per qualche giorno, quello che ero una volta, nel bene e nel
male, di abbandonare la toga e di indossare di nuovo la maglietta rossa e la felpa
col cappuccio del ThreeForHope.
Ho solo un modo per farlo.
Devo consultare il sacerdote della privacy e della sicurezza.
Devo apprendere, di nuovo, i segreti del pi� spietato guru dell'intrusione sulla
faccia della terra.
Devo giocare per qualche giorno a fianco del pi� temuto maestro di scacchi
dell'attacco e della difesa informatica di tutto il pianeta.
Prima di uscire dall'appartamento apro la cassaforte nascosta dietro un quadro che
raffigura un gatto psichedelico, opera di un artista californiano poco noto.
All'interno trovo una scatola delle dimensioni di un mattone, ancora sigillata, che
contiene un telefono cellulare nuovo, rivestito di una plastica leggera, acquistato
in Russia.
� un modello della fine degli anni novanta, niente di particolarmente evoluto, ma
veniva venduto insieme a una sim attiva intestata a uno sconosciuto, probabilmente
deceduto da tempo. Una sim che non aveva termini di scadenza o di disattivazione.
La carta ricaricabile contiene pochi euro di credito, ma non ha importanza, e non
ho neppure in mente di ricaricarlo, per motivi di sicurezza e di tracciabilit�. Non
ne avr� bisogno.
Mi serve unicamente per mandare un sms.
Uno solo.
Apro la confezione lentamente, indossando un paio di guanti di pelle di daino che
di solito utilizzo per andare in moto d'estate e che tengo sempre a portata di mano
quando non voglio lasciare impronte digitali. Double check, mi ripeto, d'ora in
avanti pensa sempre due volte prima di agire. Ci metto un po' di tempo per inserire
la sim e la batteria, ma devo avere pazienza. I guanti, anche se sottili,
m'intralciano. Collego l'alimentatore al telefono, lo connetto alla presa della
rete elettrica e aspetto con il telefono in mano.
Dopo qualche minuto il cellulare prende vita. Si aggancia senza problemi alla rete
mobile. � il momento in cui sono pi� vulnerabile, sto lasciando comunque
un'indicazione, un segno, ma cercher� di fare il pi� in fretta possibile per
diminuire le possibilit�, anche occasionali, di essere rintracciato.
Compongo in gran fretta un sms che mander� a un numero di telefono che non uso da
anni, ma che so essere sempre attivo.
Il cuore batte forte.
Fu l'ultima cosa che ci dicemmo quando ci salutammo.
Niente smancerie, ricordi, abbracci, baci.
Ci salutammo da hacker, promettendo che ci sarebbe stata una linea diretta sempre
accesa, giorno e notte, nel caso uno avesse avuto bisogno dell'altro. Sempre
connessi. Sempre on.
Il mio sms � di una sola parola. Mi ricorda il telegramma che il padre detta
all'addetto dell'ufficio postale in Tre fratelli di Francesco Rosi.
Mamma morta. Tuo padre.
Il mio � ancora pi� breve. Non c'� bisogno di altro, solo io ho quel numero. E ho
poco da dire.
SOS
Lascio il cellulare collegato alla rete elettrica e aspetto. Lo guardo. Lo osservo
come se dovesse esplodere da un momento all'altro. In effetti pu� essere un'arma
pericolosa da usare contro di me, � apparso nel sistema, sta dando segni di vita.
Chi ha ricevuto il mio sms lo sa bene, e non mi stupisco che il suono del messaggio
di risposta, un bip bip ad alto volume, si faccia attendere solo pochi secondi.
Non c'� scritto nulla, nell'sms che ricevo. C'� solo il simbolino di una busta.
Comprendo. Vuole comunicare non via sms ma solo via posta elettronica cifrata.
Mi collego alla mia casella sicura e trovo, infatti, un messaggio con una serie,
apparentemente incomprensibile, di cifre.
Le riconosco: sono coordinate geografiche in formato gps, le ripeto ad alta voce
per qualche minuto e le imparo a memoria.
Intanto ho preso un martello e sto distruggendo il telefono sull'incudine che tengo
a fianco del tavolo dei computer, mentre continuo a ripetere ad alta voce le
coordinate. Le dovr� inserire nel navigatore.
Prendo un accendino e brucio la sim nel posacenere. La guardo sciogliersi. Getto
poi i frammenti di plastica e la batteria nella spazzatura.
Anche se qualcuno dovesse riuscire a ricostruire fisicamente il telefono russo,
cosa di cui dubito, non ci sarebbero impronte. Il cellulare intestato al russo ha
comunicato con la cella e ha negoziato la sua posizione per circa due minuti. Ho
lasciato una piccola traccia, ma dubito che con cos� pochi elementi un
investigatore possa ricavare qualcosa.
Per evitare di dover salire una seconda volta nell'appartamento, cerco di
trasportare al pianterreno tutti i bagagli rimasti.
Un'ultima occhiata all'interno della casa, un controllo ai gruppi di continuit� che
mantengono accesi i computer in caso di calo o mancanza di tensione, una verifica
ai modem, necessari se dovessi collegarmi da remoto ai miei strumenti informatici,
e all'impostazione del sistema d'allarme, e mi chiudo alle spalle, definitivamente,
la porta blindata. L'ultimo sms prima di partire lo mando, dal mio telefono, alla
signora delle pulizie per avvertirla di non passare nei prossimi giorni.
Scendo le scale tenendo per il guinzaglio Bonanza, che sta gi� iniziando a tirare
come un forsennato e ad annusare i gradini.
Sembriamo due zingari in viaggio.
Boh�miens en voyage, direbbe Baudelaire.
***
36. Verso i Sassi
Percorrere mille chilometri in moto di notte con un cane nella borsa e il freddo di
novembre � una bella impresa. Viaggiare da Milano a Matera in simili condizioni ha
un suo fascino.
Fortunatamente sono vestito di tutto punto. Ho il casco integrale e i guanti
invernali. Il parabrezza si sta rivelando prezioso per proteggermi dall'aria
gelida. Ho pianificato di fermarmi ogni duecento chilometri per smaltire le
vibrazioni dalla spina dorsale, per fare benzina e per far sgranchire Bonanza. La
moto che sto guidando � poco adatta alle autostrade e, soprattutto, molto sensibile
al manto stradale rovinato. Non � certo una motocicletta da turismo, insomma.
Ci fermiamo in una piccola area di sosta della tangenziale di Milano, poco prima
dell'ingresso in autostrada. Bonanza adora gli autogrill. Dopo aver bevuto dalla
sua ciotola inizia a girare nel parcheggio, ad annusare per terra e a recuperare
tutte le schifezze possibili. Me le porta come trofei di caccia, ma io le allontano
con la punta della scarpa. Ci rimane male per un attimo, mi guarda e poi parte per
una nuova ricerca. E per portarmi nuove prede.
La notte � anche per le riflessioni, non solo per i lunghi viaggi.
Dieci ore in moto mi consentiranno di pensare con calma, di posizionare tutti i
tasselli al loro posto, senza fretta. Finalmente.
Da quando sono uscito di casa ho iniziato a riflettere sul potenziale di tutto ci�
che God aveva scoperto e che, in un certo senso, mi ha lasciato in eredit�.
Se davvero qualcuno � riuscito nell'intento di sviluppare un codice in grado di
penetrare, controllare, ricercare e sincronizzare tutti i sistemi di sorveglianza
che ci sono in giro, be', siamo di fronte alla realizzazione funzionante del
sistema alla base del Grande Fratello.
Il programma sembra poter pilotare telecamere di sorveglianza pubbliche e private,
controllare gli impianti di sicurezza delle banche, gestire le videocamere di
quartiere collocate nella citt� ma anche dialogare con le webcam degli utenti
comuni. Sembra anche connesso ai sistemi di ripresa incorporati, ormai da diversi
anni, in quasi tutti i telefoni cellulari e persino agli occhi elettronici delle
console per videogiochi.
Un occhio in ogni obiettivo installato.
Incredibile.
Questo garantirebbe, oggi, un potere assoluto.
� proprio questo, temo, ci� che hanno voluto realizzare. Hanno voluto sfruttare in
maniera subdola il fatto, di cui molti non si sono ancora resi conto, che per tutti
� aumentata la possibilit� non solo di vedere, fotografare e riprendere ma anche di
essere visti, fotografati e ripresi.
Una rete capillare e diffusa di occhi che l'essere umano, a volte
inconsapevolmente, porta con s�.
Ovunque vada.
L'imbocco dell'autostrada � tranquillo. Prendo il tagliando con i guanti, lo infilo
nella tasca del giaccone, accelero pian piano, cambio fino alla quinta in maniera
morbida e inizio il viaggio, impostando la mia tipica velocit� di crociera.
A mano a mano che avanziamo verso sud, le condizioni meteorologiche variano. Uscire
dalla cappa di nebbia e smog di Milano � suggestivo, sembra di cambiare pianeta.
Quando supero Piacenza alzo la visiera del casco per respirare l'aria della
campagna emiliana. D� quasi fastidio, tanto � pura. Mi ricorda gli anni passati a
Bologna.
Continuo nelle mie riflessioni mentre Bonanza riposa tranquillo nella sua borsa,
sufficientemente riparato dai muri d'aria mossi dai pochi camion che passano e
riscaldato dal calore che esce dal motore.
Il mio pensiero va ora a chi ha ucciso God.
Il killer � convinto di aver terminato il lavoro. Di non aver lasciato tracce.
God sospettava qualcosa. Altrimenti non mi avrebbe inviato quella e-mail. Non
avrebbe voluto comunicarmi qualcosa con quel suo ultimo sguardo, prima di
accasciarsi. Alla conferenza non mi avrebbe chiesto se mi piaceva la sua Bsa. Come
prima cosa. Ancora prima di salutarmi.
Il killer � un professionista. Un hacker, probabilmente assunto dal lato oscuro
della forza, un soggetto con grandi competenze informatiche, votato alla
criminalit�.
Forse l'ho gi� conosciuto online, o forse lui conosce me. Probabilmente ha notato
il modo in cui God mi ha abbracciato prima di parlare, ma io non ero,
evidentemente, il suo target. Sar� difficile, se non impossibile, scoprire chi sia
il mandante dell'omicidio. M'immagino gi� quali requisiti di sicurezza possa
adottare un simile killer nel mantenere i rapporti con i committenti. Probabilmente
non conoscono neppure la sua vera identit�.
La seconda riflessione che mi porta la notte in moto � che a questi livelli, e
avendo a che fare con simili personaggi, sar� essenziale lavorare in assoluto
anonimato.
Non dovremo scoprirci.
Non dovremo lasciare tracce.
E su questo punto mi sento piuttosto sicuro.
Penso proprio che non avremo problemi.
***
37. Una telefonata
Il tratto di strada fino a Bologna e quello successivo fino ad Ancona sono
tranquilli.
L'arrivo sul mare mi rincuora. Si sente l'odore dell'Adriatico. Subito dopo Ancona
mi squilla il cellulare e si avvia la risposta automatica nel sistema d'interfono
del casco.
La voce di Sophie � chiara.
�Ehi, sei ancora sveglio, avvocato?�
�Ciao Sophie. Sveglio e operativo. Sono in moto. Ho un affare urgente da sbrigare.
Tu stai bene?�
�Bene, bene. In moto a quest'ora? Allora ti faccio un po' compagnia e ti tengo
sveglio. Devi guidare molto?�
Quando sono immerso nei miei pensieri, ogni distrazione mi d� fastidio. In questo
caso, invece, mi ritrovo a sorridere.
�S�, devo guidare molto. Ma mi fa piacere che tu mi faccia compagnia. Hai pensato
al nostro colloquio? Hai novit�?�
La sento sospirare e mutare il tono. Diventa molto pi� seria.
�Alex, se devo essere sincera sono un po' diffidente. Mi sono informata. Tutti mi
rispondono che non hanno risorse da investire in un'indagine cos� complessa e,
soprattutto, vedono margini di incertezza troppo ampi. E problemi di coordinamento
tra le forze. Non penso che autorizzeranno mai un'operazione come abbiamo in mente
noi, nel caso scoprissimo l'itinerario. Soprattutto, penso che rimarrebbe segreta
solo per pochi minuti e che i criminali farebbero in tempo ad annullare tutto e a
rientrare col carico. Senza contare che, viste le somme di denaro che girano,
avranno sicuramente corrotto alcuni funzionari, soprattutto quelli che si occupano
di animali.�
Mentre ascolto Sophie, mi viene un'idea.
Il sistema che ha scoperto God potrebbe essere usato per il bene dell'umanit�.
Molte tecnologie hanno un dual use. Possono essere utilizzate per fini benefici o
per attaccare. Possono dare la vita o toglierla.
La tecnologia che ha scoperto God potrebbe rivelare la rete di partenza dei
trafficanti. Potrebbe essere il nostro occhio al di l� del confine, senza dover
coinvolgere la polizia e gli investigatori che si occupano di criminalit�
transfrontaliera.
�Sophie, ho un'idea. Secondo te le puppy mill sono ancora sorvegliate? Quel video
che mi hai fatto vedere � recente?�
Ci pensa un attimo.
�Sono sicuramente sorvegliate; per loro sono come banche, i cuccioli valgono oro.
Anche se, penso, con sistemi molto sofisticati. Telecamere a circuito chiuso,
comandate da computer. Se sono connessi in rete, hanno comunque connessioni
potenti.�
Telecamere a circuito chiuso. Connesse in rete. Musica per le mie orecchie.
�Sophie, riusciresti a raggiungermi a Bari tra un paio di giorni? Penso di riuscire
a dare un'occhiata al tuo navigatore e al microchip gi� domani. Nel caso ci fossero
dei dati di geolocalizzazione, ti scrivo e ci vediamo. E pensiamo alle mosse
successive da fare. Ho in mente un buon percorso che potremmo seguire.�
�Certo Alex, nessun problema. Da Roma a Bari sono poche ore. Dove e quando,
esattamente?�
�Non so ancora dove star�. Ho alcune faccende delicate da sbrigare. Te lo faccio
sapere non appena arrivo. Se tutto va come penso, ti faccio entrare nelle puppy
mill e cerchiamo di capire cosa stanno programmando.�
�Da Bari? Entriamo nelle fabbriche dei cani? Ma stai scherzando?�
�Fidati di me, Sophie. Da Bari.�
Sento che l'ho incuriosita.
�Okay Alex. Mi stai dando delle speranze ora dopo ora. Sei il primo.�
ThreeForHope.
Speranza � il mio secondo nome.
�Sophie, sono quasi a Pescara. Mi fermo per far sgranchire Bonanza e per fare
benzina. Ci sentiamo a breve.�
�Okay Alex, grazie davvero, un bacio grande. Anche al cucciolo.�
Superata Pescara e arrivato in Puglia, il tratto da Bari a Matera � il pi� brutto,
nonostante il sole sorto da poco e, finalmente, un po' di luce.
Cerco di controllare lo sterzo della motocicletta tra asfalto rovinato, curve e
deviazioni. Bonanza ha cominciato a lamentarsi.
Il paesaggio � mutato.
Uscito dalla zona industriale di Bari, si aprono gli ampi spazi brulli tipici di
queste parti.
Supero Altamura e ritorna un panorama desolante fino alla citt� dei Sassi.
Arrivato a Matera, lascio la citt� sulla sinistra e salgo verso le Murge.
Vado molto piano per una strada sterrata che sale lentamente, attraverso un
ponticello di legno e ferro. Supero il belvedere e, dopo qualche metro, noto una
costruzione, assolutamente anonima, immersa nel verde, apparentemente abbandonata.
Latitudine e longitudine corrispondono a quanto indicato sul navigatore fissato al
manubrio.
La costruzione � un vecchio complesso destinato al ricovero delle greggi. �
recintata da un muro. Vedo ampi vani quadrati e quella che sembra una cripta.
Noto i piccoli sensori, la parabola nascosta che sembra un ricevitore televisivo ma
che probabilmente effettua un collegamento via satellite a internet e, soprattutto,
quella struttura rettangolare, di circa dieci metri per tre, che sporge dal terreno
per circa un metro.
� un vecchio ovile sotterraneo, cui si accede verosimilmente accovacciandosi, quasi
completamente coperto da erbacce. Sembra abbandonato.
Se non fosse per le due piccole prese d'aria, collegate a un sistema di
condizionamento, che spuntano tra due mattoni.
Non ho neppure bisogno di suonare il campanello.
Il cancello si sta aprendo automaticamente.
Da quando ho iniziato a salire per la strada sterrata ho notato almeno sei
telecamere poste a distanza di cinquecento metri l'una dall'altra.
Due, in particolare, erano all'ingresso e all'uscita del ponticello, come le
sentinelle nei film medievali.
Jeff mi ha visto arrivare da tempo.
D'ora in avanti, lo chiamer� Evey.
Il numero due del ThreeForHope.
***
38. Dipendenze
Evey � in piedi al termine del sentiero che conduce agli altri edifici.
Ha un bicchiere di vino rosso in mano.
� sorridente, magro, abbronzatissimo.
Ha i capelli lunghi, la barba curata, due vivaci occhi grigi, una camicia e dei
jeans, un giaccone di pelle. Sembra un pastore hippy.
Non me lo ricordavo cos� alto.
Ci frequentavamo essenzialmente online, ben prima che inventassero le webcam e gli
strumenti per le videoconferenze. Probabilmente conosco meglio il modo in cui
digita sui tasti che il suo aspetto fisico.
Non ho neppure terminato di parcheggiare la moto che Bonanza � gi� saltato fuori
dalla borsa.
Annusa Evey, gli fa un po' di feste e poi corre a giocare con due cani murgioni,
uno bianco e uno nero, che se ne stavano tranquilli sul prato umido all'esterno
della struttura. Per qualche istante lo guardano con una certa sufficienza, poi
fanno amicizia e si mettono a correre insieme.
Con Evey non ci vediamo da almeno dieci anni.
Era l'esperto di videosorveglianza e controllo.
La spia del gruppo.
La nostra intelligence.
Il mago dell'intrusione e della difesa dalle intrusioni altrui.
Rose, la nostra cara Rose, era la terza, l'ingegnere sociale. La donna che riusciva
a ottenere qualsiasi informazione e a intrufolarsi in qualsiasi posto. Pi� era
protetto, pi� si divertiva a entrare.
Ora siamo rimasti noi due.
Io sono finito a fare l'avvocato.
Lui il guardiano del parco.
Evey si avvicina lentamente, con un gran sorriso. Ci salutiamo con un abbraccio
vigoroso.
�Viaggiato bene, Deus?�
Anche la sua voce mi suona strana. Se ci penso, ci siamo quasi solo scritti,
abbiamo sempre parlato poco.
Non � cambiato. Non ci vediamo da dieci anni e come prima cosa mi chiede se ho
viaggiato bene.
�Tutto bene, Evey. Grazie per avermi risposto subito. Qui � stupendo.�
�Vero? � un paradiso. Comunque tu non sei normale. Sei il primo che vedo con un
cane dentro una borsa da moto. Da quando hai un cane?�
�Da pi� di due anni. Non posso lasciarlo solo a lungo e mi ha fatto compagnia
durante il viaggio. Mi sembra che si sia gi� ambientato.�
Mentre Bonanza saltella, Evey mi aiuta a scaricare i pochi bagagli e mi accompagna
in una stanza di roccia con una vista splendida sui Sassi di Matera.
Tutta la struttura si sviluppa su un grande piano.
Una parte � perfettamente restaurata. � probabilmente la parte dove abita lui.
Un'altra � ancora da sistemare, a quanto pare ci sta lavorando con pazienza e senza
fretta.
�Lo so Deus, sei abituato a posti e arredamenti ben pi� moderni. Ma l'ente parco mi
concede gratuitamente questa struttura e la sto sistemando al meglio. Per� ho una
sorpresa tecnologica per te. Vieni.�
Evey mi porta vicino al vecchio ovile interrato che avevo notato appena imboccato
il sentiero.
Si accovaccia.
Un lettore biometrico spunta dall'erba, fissato a un blocchetto di plastica
resistente alle intemperie.
Evey inserisce un codice e passa il suo polpastrello lentamente, con precisione.
Un sistema meccanico si attiva e il terreno si apre.
Appare una scaletta, simile a quelle dei gommoni o dei sommergibili.
Evey scende.
Io lo seguo.
Il vano sotterraneo � interamente schermato con materiali che Evey probabilmente si
� fatto recapitare via internet. L'arredamento � semplice. Tutto in acciaio, vetro,
qualche pezzo in legno nero. Si sviluppa sottoterra longitudinalmente, per quasi un
centinaio di metri, una vera e propria seconda abitazione.
Ci sono due ambienti aperti, grandi, divisi da archi in pietra. Una panic room in
fondo al corridoio, abbastanza grande, con riserve alimentari per almeno due
settimane. Librerie corrono ai lati delle stanze. Noto migliaia di film, cd,
videogiochi, alcuni strumenti musicali appoggiati per terra, pile di riviste, quasi
tutte in lingua straniera.
�Ah per�, Evey. Non scherzi. Come al solito. Ti sei fatto un bel mondo, qui sotto.�
Il mio amico sorride. �Non ci crederai, ma ultimamente passo pi� tempo di sopra che
qui sotto. Sono diventato un amante della natura e del panorama che hai visto. Per�
occorre essere sempre pronti, tu me lo insegni. E qui sotto c'� tutto quello che
serve.�
Mi avvicino alle pile di carte e di documentazione tecnica e sorrido. Vedo i vecchi
numeri della fanzine del ThreeForHope, il bollettino tecnico che il mondo ci
invidiava, contenente consigli, riflessioni, suggerimenti per l'hacking.
Evey non ha voluto chiudere col passato fino in fondo, ha custodito tutto. Tutto
ci� che ricorda quegli anni. E se lo sta centellinando, ora, di nuovo, con un
pizzico di nostalgia e una curiosit� rinnovata. Intuisce a cosa sto pensando.
�S� Deus, non ho buttato via nulla. Documenti, carte, pezzi di computer, backup,
dischetti, informazioni. Ho ancora tutta la memoria storica di quei tempi. Penso
che la si debba guardare, e rimeditare, senza paura. Non abbiamo motivo di avere
paura. Non abbiamo motivo di vergognarci del nostro passato e di quello che abbiamo
fatto allora.�
La memoria storica.
Sottoterra fa pi� caldo che non in cortile.
Mentre Evey si toglie il giaccone di pelle, la camicia si sposta leggermente e
intravedo, tra i bottoni, tre cicatrici sul petto e una sulla gola, vicino
all'orecchio.
Segni che rammentano periodi che, quelli s�, Evey vuole dimenticare.
***
39. Proiettili di gomma
Polonia, parecchi anni fa. Di solito i fucili che sparano proiettili di gomma o di
plastica sono classificati dalle forze dell'ordine di tutto il mondo come non
letali. La definizione non � del tutto corretta. Dipende da come li usi...
Durante quella maledetta manifestazione di protesta a Varsavia Evey era in prima
linea. Come sempre.
Studente americano in terra straniera, divideva il suo tempo tra l'hacking, le
frequentazioni della comunit� americana locale, le giornate in birreria a vedere il
football americano in televisione via satellite e le attivit� di protesta, di
attivismo e di disobbedienza civile.
Qualche ora prima, un ragazzo della stessa et� di Evey, un tranquillo agente della
polizia di quartiere di Varsavia, aveva lucidato e preparato, emozionato, il suo
Mossberg 12/70 a pompa, due chili e nove di peso, capace di sparare cinque colpi in
quindici secondi. Un'arma perfetta per i combattimenti fino a cinquanta metri,
inutile per distanze superiori. Un'arma perfetta per tenere sotto controllo le
manifestazioni.
Il ragazzo aveva tolto il caricatore lentamente, con metodo, e aveva sostituito i
proiettili veri con cinque cartucce di gomma, in sequenza, dalla pi� leggera e
innocua alla pi� pesante. Era pronto a intervenire nel caso si fosse reso
necessario disperdere i manifestanti, ma era convinto che tutto si sarebbe svolto
nella massima tranquillit�, come sempre.
Il caricatore che aveva scelto per il suo fucile conteneva dei Chrabaszcz, piccoli
cilindri di gomma con alette stabilizzatrici, diciotto millimetri e otto di
diametro, otto grammi di peso. Capaci di viaggiare a centosedici metri al secondo.
Proiettili simili non sono considerati idonei, sulla carta, a penetrare un corpo
umano. Armi non letali, vengono appunto definite. Hanno una capacit� cinetica
pensata solo per spaventare l'essere umano e infliggere dolore. Non per uccidere.
� tutto vero. O quasi.
Sparato da venti metri di distanza un simile proiettile pu� causare, al massimo, un
fastidioso taglio sulla pelle. Ma non tutti sanno che da distanze pi� ravvicinate
un simile proiettile ha il cinquanta per cento di possibilit� di lacerare la pelle
umana. E le parti molli del corpo.
I quattro colpi sparati dalla distanza di cinque metri su Evey non hanno avuto
effetti cos� deboli come quelli descritti nei manuali d'istruzione e nella
documentazione tecnica.
Evey � vivo per miracolo. La sua fortuna � stata quella di spostare istintivamente
la testa di qualche centimetro e di riparare il torace come poteva.
Torace e testa.
I proiettili di gomma hanno un altro difetto, per chi li subisce. Sono molto pi�
precisi e pi� stabili dei proiettili normali, quindi � molto pi� probabile che
centrino testa e torace, le due parti del corpo che di solito vengono prese di mira
da chi spara. Il rischio di ferite mortali � quindi altissimo.
Noto che Evey si passa spesso la mano proprio in quella zona, sulle ferite, e
sembra che voglia ringraziare qualcuno, lass�, per il fatto di essere ancora in
vita.
***
40. Salute
Siamo di nuovo nel prato.
La posizione della casa di Evey garantisce una splendida vista a trecentosessanta
gradi sul panorama circostante. Di fronte a noi, i Sassi. Intravedo, nonostante la
nebbiolina umida, la cattedrale e il vecchio ospedale, le piccole piazzette e le
chiese che interrompono il senso di compattezza e di accavallamento delle vecchie
abitazioni.
Dietro di noi, invece, solo colline brulle, tanto grigio e, in lontananza,
l'antenna di Telespazio.
Mi sporgo un po' sulla sinistra e osservo il crepaccio della Gravina. Alzando lo
sguardo, oltre i Sassi e la parte antica di Matera, noto una gru nel nuovo
quartiere residenziale che sovrasta la parte dei Sassi pi� vecchia, quella non
ancora ristrutturata.
Evey mi indica, sorridendo, un grande parcheggio che d� sul belvedere, a pochi
metri da noi.
� appena arrivata una macchina scura. Scendono due sposi. � molto presto,
probabilmente si sono sposati ieri ma sono venuti a fare altre foto con una luce
diversa.
Osservando ci� che mi circonda mi soffermo, non visto, su Evey, che si � seduto su
una pietra e ammira i Sassi.
La prima cosa che noto � che sembra particolarmente tranquillo.
Le sue mani non tremano. Non ha pi� tic nervosi. Parla in maniera rilassata e non
interrompe l'interlocutore.
Mi siedo su una pietra, di fianco a lui. Resto in silenzio per qualche minuto, poi
gli parlo.
�Evey, seriamente, come stai?�
Non abbiamo bisogno, tra noi, di discorsi preliminari o di giri di parole. Non ne
abbiamo mai avuto bisogno.
�Mi sono dimenticato di prendere la medicina. Quando hai una malattia come la mia,
se ti dimentichi la medicina � un casino.�
Sorrido, e sorride anche lui. Mi ha recitato la frase di Marv in Sin City. Non ci
vediamo da anni e dopo pochi minuti mi ha gi� citato Frank Miller. Riprende a
sorseggiare il vino.
Quando aveva vent'anni, al culmine della sua carriera di hacker, gli fu
diagnosticato un disturbo mentale ossessivo compulsivo dovuto alla dipendenza da
computer. A Evey, e a noi del ThreeForHope, croll� il mondo addosso.
Era una malattia nuova, per quei tempi. � stata inserita nel Dsm, il Manuale
diagnostico e statistico dei disturbi mentali, solo tre anni fa, e i primi articoli
scientifici sull'American Journal of Psychiatry sono stati pubblicati negli ultimi
mesi.
Evey � stato uno dei primi al mondo a subirla in maniera cos� forte, quando ancora
nessuno sapeva cosa fosse. Il suo caso � anche stato illustrato, in forma anonima,
durante un congresso medico.
La forma che aveva colpito Evey era molto grave.
L'uso eccessivo delle tecnologie aveva comportato, come prima cosa, la perdita del
senso del tempo. Passava settimane senza dormire, perso a programmare o collegato
alle prime reti che apparivano in quegli anni.
Contestualmente manifestava chiare crisi di astinenza da tecnologia. Aveva
sviluppato un'assuefazione, e ci� si concretizzava nella necessit� di
apparecchiature sempre migliori, e di sempre pi� tempo a disposizione per
programmare.
Enormi erano state anche le ripercussioni su tutte le sue relazioni interpersonali
e sociali, sulle sue condizioni economiche, sulla sua stessa vita.
Ci� che lo fece cambiare, che lo guar� nonostante i pareri che si leggono sulle
riviste mediche, fu un film.
Guardando Tre fratelli, un giorno d'inverno mentre viaggiava tra Praga e Varsavia,
l'americano Evey ebbe un'illuminazione.
Il suo rifugio non sarebbe stato pi� un computer, uno schermo, un telefono, una
rete.
La sua vita non si sarebbe pi� svolta tra gli elettroni e i bit.
Il suo rifugio sarebbe diventato una parte d'Italia che gli comunicava, gi� dalle
sole immagini, un senso di quiete. E che era vicina a Telespazio, l'unico centro in
Italia simile alla Nasa. Dove probabilmente Evey pensava di entrare. Non invitato.
Il mio amico nota che sto osservando di nuovo l'antenna.
�Telespazio. Interessante, vero, Deus? Da l� si pilotano i satelliti. Oggi come
oggi hanno la tecnologia pi� potente per il controllo di quegli apparecchi. Ti
ricordi quando entravamo nei computer della Nasa?�
Mi ricordo. Eccome.
Ebbene, il mio amico ha ritrovato la sicurezza e la vita in un ambiente, le Murge,
che ha pian piano personalizzato.
Si � creato un rifugio, lo ha arricchito con i suoi film hacker, cui si appoggia
per ogni decisione o ispirazione e che tiene ben ordinati in una libreria, con i
suoi computer e con la sua collezione di fumetti.
Tutto in un luogo sotterraneo che sembra un vecchio bunker della seconda guerra
mondiale. Sembra il Bunkr di Praga, un club dove andavamo spesso.
Un vecchio ovile nelle Murge.
Film hacker.
Fumetti.
Tecnologia.
Il poker che lo ha salvato.
Beve un sorso di vino e finalmente risponde alla mia curiosit� sul suo stato di
salute.
�Come sto? Sto benissimo, Deus. Benissimo. Per fortuna il male � diventato il
passato. Se ci ripenso adesso, mi viene da sorridere. Mi sembra di osservare
un'altra persona, come in The Truman Show. Pensa che passavo notti insonni perch�
credevo all'esistenza di una cospirazione politica di dimensioni mondiali. Avevo
difficolt� ad avvicinarmi alle persone. Vivevo d'intuizioni, il vero motore degli
hacker, contavo su idee senza senso per alimentare il progresso, per migliorare
l'umanit�. Per giorni e settimane mi isolavo nel mio ambiente, dialogando in rete
con i miei simili. Le fantasie si mescolavano alla percezione di pericoli reali, i
medici che mi visitavano parlavano di psicosi paranoica persistente con
allucinazioni, che a volte durava mesi. Da l� il tracollo, e gli psicofarmaci.
Sembravo uno zombie, avevo movimenti e riflessi deboli, ero diventato smemorato, le
mani tremavano e soffrivo di difficolt� articolatorie. La testa vacillava. Pensa
che versavo met� caff� sul tavolo o per terra prima di riuscire a portare alle
labbra la tazza. Non ero in grado, insomma, di distinguere tra rappresentazioni
deliranti e percezioni reali.�
Mi stupisce con quanta tranquillit� racconti di quel periodo orribile. Senza
emozioni. Come se non fosse capitato a lui.
�E poi, Deus, da un giorno all'altro ho scoperto il motore che mi avrebbe fatto
cambiare. E giorno dopo giorno ho cominciato a migliorare. Pian piano il mio corpo
� tornato a rispondere. Riuscivo a stare senza tecnologia, a cercarla solo quando
mi serviva realmente, in maniera molto tranquilla. E quando sono arrivato al punto
in cui ho compreso che, se avessi voluto, avrei potuto farne a meno anche per mesi,
per anni, ho capito che ero guarito. Ha un significato, sai, il fatto che abbia
sotterrato tutta la mia roba nel bunker. Non l'ho fatto solo per motivi di
sicurezza. Anche per quello, ma � tutto cifrato, nessuno potrebbe accedere ai miei
dati, anche se fossero in superficie. L'ho fatto perch� la mia vita principale,
ora, � all'aperto, su questa terra che vedi. Ho seppellito i miei incubi e i miei
demoni e ogni tanto vado a cercarli, ma la mia vita � qui, in superficie. In questo
sole e in questa luce che per tutta la mia giovinezza non ho visto, chiuso in una
stanza.�
Sono felice.
Non potevo immaginare in che condizioni lo avrei trovato, meglio di cos� non poteva
andare.
Ora mi guarda, pi� serio.
�Sono la persona pi� pericolosa che tu possa incontrare, Deus. Sono capace di
passare giornate al mare, o nelle Murge, a leggere, a fabbricare souvenir. Faccio
al meglio il lavoro di guardiano del parco senza avere l'ossessione di toccare un
computer, di leggere una e-mail. Ma quando rimetto le dita sulla tastiera, Deus,
anche solo una volta al mese, be', sono sempre io. Sono il vecchio Evey, ma
depurato, senza lo sguardo assente, senza i tic, senza il senso di urgenza, senza
il respiro spezzato. Sono un vero killer, sono molto pi� pericoloso di allora
perch� dipendo meno dal computer. E ragiono di pi�.�
Lo guardo.
Lo ascolto ammirato.
E penso che lui e il suo cervello siano qualcosa di incredibile, nonostante le
ferite che si porta dietro.
� stato un forsennato, un alienato.
Ora � un killer, freddo e razionale.
Direi che � proprio ci� che mi serve in questo momento.
***
41. Resistenza ecologica
Evey ha un'altra grossa novit� per me.
M'informa, con estrema naturalezza, di essere diventato, in segreto, il leader di
Resistenza ecologica, un movimento nato nella grotta dei pipistrelli, nel parco
delle Murge materane.
Non l'ho mai sentito nominare, ma non me ne stupisco. Se Evey vuole che qualcosa
resti riservato, ci riesce sul serio. Regola numero uno. Tenere un profilo basso.
Sempre.
�Non siamo particolarmente cattivi, ma facciamo cose interessanti. Abbiamo sabotato
discariche, restaurato masserie e affreschi, ricondizionato colture, protetto
animali. I nostri finanziatori sono segreti. Sono tutti imprenditori, politici e
attivisti che si oppongono alla politica ambientale attuale.�
Evey mi dice di aver curato anche l'intelligence e il sistema informatico del
network. In maniera impeccabile, come al solito. E pian piano, ammirato e
rispettato dagli altri membri, ha assunto il comando.
�Pensa, Deus, che abbiamo restaurato quasi duecento luoghi di culto che vanno
dall'alto medioevo al diciannovesimo secolo. Monasteri, santuari, antiche
parrocchie. Una volta abbiamo trasmesso in diretta televisiva e via satellite le
operazioni notturne di alcune societ� che sostengono di operare per smaltire i
rifiuti ma che, in realt�, interrano materiali tossici, organici e radioattivi a
pochi chilometri dai centri abitati. La nostra azione ha causato una protesta
enorme, te la ricorderai. I cittadini hanno bloccato ferrovie, linee di
comunicazione e autostrade.�
Me la ricordo eccome.
Ma mai avrei pensato che ci fosse dietro Evey.
�Ti ricordi del caso di Vitek Boden?�
Certo che me lo ricordo. In Australia. Fu l'unico caso al mondo di attacco
informatico pensato per danneggiare il territorio e l'ambiente. Mosso contro
un'infrastruttura critica. Con successo.
�Collaborai con le autorit� locali. Boden era un ingegnere che voleva farsi
assumere per rimediare ai guai ecologici che stava causando. Cre� una postazione
mobile nella sua macchina, con un trasmettitore, ed entr� nei sistemi informatici
di centocinquanta stazioni per l'irrigazione e per la gestione delle acque di
scolo. Le pompe iniziarono a non funzionare quando avrebbero dovuto. Milioni di
litri di acque di scolo inquinate e di liquame furono pompati nei corsi d'acqua
causando un disastro ecologico di proporzioni incredibili. Il primo caso andato a
buon fine di attacco a una infrastruttura pubblica. Non volevo che qualcuno lo
prendesse ad esempio. Da l� ho capito l'importanza di proteggere l'ambiente. Anche
con la tecnologia.�
Una vera rivolta civile ecologica.
Alimentata da un hacker invisibile.
� proprio l'Evey che conoscevo.
***
42. Si comincia
Evey beve un caff� americano, ora, e io mi guardo intorno con pi� attenzione.
La sensazione � quella di essere sulla cima del mondo. Il silenzio trasmette
quiete, magia, incanto.
� forte il contrasto con le attrezzature avanzate che ho intravisto nel rifugio.
Ora � lui che deve ascoltare, e anche la sua domanda � diretta.
�Che � successo, Deus? Riguarda la morte di God, vero?�
Il bello � che con Evey non dovr� spiegare nulla. Mi baster� raccontargli ci� che �
accaduto e sar� lui a dedurre, a trarre le conclusioni, a pensare a cosa fare.
Nel prato, sorseggiando del vino locale, gli racconto tutto. Dall'inizio alla fine,
nella sequenza in cui i fatti si sono svolti, soffermandomi sui particolari
tecnologici.
Mi sembra davvero strano parlare per almeno un'ora senza che lui dia segno della
necessit� di avere un computer. Senza che controlli un laptop o un telefono. Mi
guarda, attento, con una luce negli occhi che non gli ho mai visto.
Bonanza si � accucciato ai suoi piedi. Sembra che abbia capito chi � il padrone di
casa.
Ho finito, e lui sta ancora sorseggiando il suo caff�.
�Deus. � un bel casino.�
L'analisi di Evey � elementare ma efficace.
�Ma ci sar� da divertirsi.�
�Sai cosa, Evey? � come se God mi avesse lasciato un'eredit�. Un lascito
testamentario. Devo proseguire in quello che lui aveva in mente di fare. Mi sento
addosso un fardello enorme, da quando mi ha abbracciato e mi ha passato le
consegne. Ho bisogno del tuo aiuto, non sono abbastanza lucido per operare bene. E
dall'altra parte ci sono dei veri professionisti.�
Evey mi guarda e annuisce con calma. Tanto io sono eccitato e pieno di voglia di
fare, pur senza sapere che direzione prendere, quanto lui � freddo e calmo. Meno
male.
�Come prima cosa devi stare tranquillo. Procediamo con ordine. E perdona la domanda
banale. Come ti sei collegato al server di God per copiare il materiale? Ci sono
tracce che possano ricondurre a te?�
Rifletto un attimo. Ripercorro le mie azioni della sera prima e ringrazio il cielo
di avere mantenuto la calma in quel frangente.
�No Evey. Ormai mi viene naturale, lo faccio in modo meccanico. Mi sono collegato
in maniera anonima. Una volta sola. Non ho lasciato tracce.�
Evey si alza, rilassato.
�Ottimo. Direi che � un ottimo inizio. Quindi nessuno sa che noi due stiamo
cospirando per vendicare God. Sono convinti di aver chiuso la partita.�
Costruisce lui il ragionamento e le corrette deduzioni. E sa che se dico di essermi
mosso in maniera anonima � vero.
�Qualcuno sa che sei qui? Sei venuto con un navigatore? Hai tenuto i cellulari
accesi?�
�Sono venuto col navigatore, che distrugger�. E lo stesso far� con i cellulari e le
sim alla fine di questa storia.�
�Ottimo Deus. Cominciamo.�
***
43. Cabina di regia
Evey si avvia verso la vera e propria cabina di regia del suo regno.
Scendo anche io nel rifugio e guardo sopra di me. Ho la prima sorpresa. Un'intera
parte del soffitto � di cristallo. Permette di guardare all'esterno. Lavoreremo con
il cielo azzurro della Lucania sopra di noi.
All'interno del bunker ci sono tre tavoli di circa dieci metri l'uno, disposti a
ferro di cavallo. Sono accesi schermi di tutte le dimensioni, stampanti, scanner e
altri dispositivi.
Evey ha arredato una parte della stanza come quella che si vede nel film I tre
giorni del condor: sezione 9, dipartimento 17, Cia.
Ha appeso a una parete un quadro che raffigura Einstein e ha fissato sul cavalletto
un'antica bicicletta a motore come quella di Joe Turner.
Ha avvitato sulla porta quattro vecchie telecamere Sony color caffelatte, identiche
a quelle del film, con il visore in bianco e nero, scollegate da ogni rete.
Un manifesto di Nevermind dei Nirvana e la locandina di Metropolis completano
l'arredamento.
Dalla vetrata scorgo un furgone Volkswagen color crema e un maggiolone, tutti e due
parcheggiati nel cortile dietro la casa.
Evey si siede su una poltrona ergonomica e mi invita a prendere posto.
�Come prima cosa dobbiamo crearci un'identit�. Che non deve ricondurre a noi.
Dobbiamo nascere ora. Digitalmente.�
Da una cassaforte estrae delle chiavette e delle sim.
Non oso chiedere dove le abbia recuperate. Evidentemente sono irrintracciabili.
Andremo lenti, con le chiavette. Il segnale non � un granch�, soprattutto
sottoterra, ma � il prezzo che dobbiamo pagare per restare anonimi. Il mio socio
non intende usare nessuna delle sue attrezzature per collegarsi in rete, � troppo
legato a questo posto.
Dalla cassaforte estrae anche un computer portatile ancora imballato e sigillato.
Lo apre con cura, rimuove i fogli trasparenti dallo schermo e lo mette in carica.
Un computer dove non c'� nulla che sia riconducibile a lui, nemmeno recuperando i
dati. E una chiavetta intestata a chiss� chi con una sim d'incerta provenienza.
Prima di collegarci in rete, per�, passano almeno due ore.
Evey sta ancora completando la prima fase, ossia l'analisi dei quattro dischi che
gli ho portato contenenti il materiale su cui stava lavorando God prima di morire.
La prima ora la dedica a guardare i video. Li rallenta. � attento ai particolari e
alla risoluzione. Come io sono in grado di riconoscere le digitazioni dei tasti,
Evey molte volte riesce a comprendere dalla sgranatura dei video e dalla qualit�
delle riprese da quale tipo di telecamera sono stati effettuati.
�Deus, per come la interpreto io, ma correggimi se sbaglio, la situazione � chiara.
Ed � suggestiva.�
Suggestiva. Lo sento eccitato.
�I video, be', sono video, � semplice. Lo avevi capito anche tu. Riprese di
telecamere di sorveglianza. Immagini per lo pi� poco nitide. Quello che mi
preoccupa � la selezione. Come � avvenuta. Avrai notato che tutti i video hanno un
leitmotiv. Raffigurano soggetti che fanno sesso. O che si drogano. O che
partecipano a festini. O che prendono mazzette. Sembra quasi che chi li ha
selezionati avesse il controllo di tutte le telecamere. La seconda cosa grave � che
alcuni video provengono da webcam o da telefonini. E sai cosa voglio dire.�
Vuol dire che il regista occulto aveva accesso anche a webcam e telefoni personali.
Ci avevo gi� pensato. Ma non volevo crederci.
�Ma il vero colpo di genio � il funzionamento di questo software. � l'evoluzione di
un prototipo israeliano. Sapevo che ne avevano fatto una versione beta, ma ignoravo
che fosse funzionante.�
Vedo che Evey legge il codice e i commenti tecnici di God. E si entusiasma.
�� un software che costa milioni di euro. Lo hanno sviluppato per sventare
attentati terroristici. Lo muove un algoritmo che riconosce tutti i video con
anomalie.�
Anomalo �, ad esempio, il video che riprende un soggetto che cammina in modo goffo
perch� ha un gilet pieno di esplosivo.
O due persone che si muovono in maniera compulsiva perch� stanno facendo sesso.
O che ruotano continuamente la testa per guardarsi attorno perch� si stanno
passando una mazzetta e sono preoccupate di essere sorvegliate.
�Il software comprende queste cose senza l'aiuto dell'uomo?�
�S� Deus, � questo il bello. � in grado di processare milioni di video scartando
sin dal primo controllo quelli che non sono interessanti, e selezionando soltanto
quelli con anomalie. Che alla fine si rivelano interessanti. Hanno addirittura
sviluppato un sistema di ricerca sul tipo di anomalia e sul parlato, nel caso ci
sia.�
�Che dici, guardiamo come funziona in concreto?�
Per studiare come funziona il software, occorre andare online. Il software deve
dialogare col sistema di telecamere. Ma Evey mi frena. � lui a dare il tempo in
questa fase.
�Aspetta. Voglio leggere prima cosa stava facendo God. Vedi, non stava modificando
il codice, lo stava semplicemente annotando, come facevano i glossatori. Stava
spiegando al mondo le funzionalit�. Mi sa che lo voleva rendere pubblico.�
�Evey, ricapitoliamo un attimo. Chi sta usando questo sistema?�
La domanda mi � sorta spontanea, ma in realt� mi rendo conto che � un po' stupida.
Non possiamo saperlo.
Ho trovato questo programma su un server di God, ma non so dove il mio mentore
l'abbia preso.
�Sto cercando nei commenti qualche indizio, ma non vedo nulla. Di certo il software
era gi� operativo. Nelle cartelle vedo quasi mille video e immagini e, se guardi
con attenzione, risalgono anche a mesi fa.�
�Chi potrebbe avere interesse a usare un software cos�?�
Anche questa � una domanda stupida, ma Evey non ci fa caso. Sa che sono un po'
confuso.
�Deus, tutti. Il governo, i servizi, un'organizzazione criminale, un gruppo di
dissidenti. Sai, questi video li puoi usare come vuoi. Per condizionare, per
ricattare, per ottenere voti o posti di potere, o denaro. Tra l'altro questo
software seleziona, estrae, aggrega le informazioni, le filtra, riconosce i
movimenti in video e il parlato in lingua italiana. � stato personalizzato. Con un
gran lavoro. Pu� essere di chiunque abbia cinque, forse anche dieci milioni di euro
da spendere. Cash. E sono in molti.�
�Come mai God � venuto in Italia?�
Terza domanda stupida, me ne rendo conto subito dopo averla posta e prima che Evey,
paziente, mi dia la risposta.
�In Italia c'� la maggior diffusione pro capite al mondo di telecamere ma,
soprattutto, di telefoni cellulari con videocamera e webcam. Anche pi� degli Stati
Uniti. Questo � un paese con la passione per le riprese. Avessi dovuto scegliere
uno stato pilota per un sistema simile, avrei scelto anche io l'Italia.�
Vedo che Evey si blocca, guardando il codice.
�Che c'�? Che hai visto?�
Mi mostra una linea di codice, che ha ingrandito.
�Guarda questa funzione di delete. � geniale. Propone all'operatore di cancellare
in maniera sicura video che hanno una forte alterazione negli spostamenti delle
persone, e grida e urla al di sopra di questa linea di decibel. Ed eventuali
macchie rosse o scure. Ti dice niente?�
Video agitati e con urla. E sangue.
Certo.
Pestaggi nelle carceri o nelle caserme.
Il sistema ha anche una funzione di suggerimento di cancellazione di situazioni
critiche. Di maltrattamenti.
Una sorta di tutela anticipata, per evitare guai in un secondo momento.
Tra le mani abbiamo il potere dell'informazione.
Abbiamo il controllo di ogni dispositivo che trasmetta dati ma, soprattutto, un
software geniale che permette di filtrare il rumore, di rendere queste informazioni
ricercabili in base a parole chiave, o ai dialoghi.
E God stava per rendere pubblico il tutto.
Stava per permettere a ogni cittadino di vedere.
***
44. Information warfare
Le operazioni di studio sono terminate. Abbiamo raccolto le prime informazioni
utili.
Vedo che Evey si versa dell'altro caff�.
A questo punto siamo pronti per iniziare una guerra. Dal bunker.
Information warfare, la chiamano i militari. Una guerra basata sulle informazioni.
Non spareremo un solo colpo. Non ci muoveremo da Matera. Eppure i nostri occhi
saranno ovunque. Le nostre azioni saranno letali e chirurgiche.
Evey non appare troppo stupito per ci� che gli ho portato. Per vent'anni ha
immaginato cospirazioni globali. Trovarsi realmente nel mezzo di simili vicende lo
eccita, pi� che preoccuparlo.
La sua voce � chiara e tranquilla.
�Ricordi cosa dicevano Razor e Blade nel programma Attacca il pianeta? L'arte di
infiltrarsi non � certo un reato, amici, � pura sopravvivenza. � quello che dovremo
fare noi.�
Mi siedo e ascolto.
La nostra guerra avr� alcuni obiettivi primari e altri secondari. Non saremo
sponsorizzati da stati o da grandi aziende, come spesso accade. Siamo in due. Ma
dovremo comunque raggiungere, elettronicamente, una superiorit� informatica. Questo
� il senso della guerra.
La nostra guerra dovr� mirare, innanzitutto, a danneggiare l'informazione nemica e
il sistema informatico altrui. In questo caso i nostri obiettivi non sono i sistemi
di difesa, di sorveglianza o di management. Dobbiamo colpire chi ha ordito questa
cosa.
Dobbiamo selezionare un obiettivo. Non sar� una nazione, chiaro, ma qualcos'altro.
Poi dobbiamo identificarlo e individuare gli obiettivi tecnologici, i sistemi di
comunicazione, le loro armi offensive. E poi dobbiamo attaccare. E lo faremo con le
modalit� standard degli attacchi elettronici tra stati. Inseriremo virus nei
sistemi nemici, intercetteremo comunicazioni e trasmissioni di dati, impianteremo
codici nei loro database per bloccarli, modificheremo i contenuti per portare il
conflitto anche a livello di guerra psicologica, altereremo le loro percezioni dei
contenuti.
� lo stesso tipo di guerra che Evey sta impostando con Resistenza ecologica.
Non solo penetreremo nei loro sistemi, ma manderemo falsi segnali, causeremo
conflitti all'interno dei loro apparati.
Il programma mi piace.
E non dubito che Evey non solo lo abbia in mente, ma anche sappia bene come
realizzarlo.
�Dobbiamo valutare se ci serve del denaro, ma al momento mi sembra che non ce ne
sia bisogno. Forse ci basteranno informazioni e tempo.�
�E se avessimo bisogno di soldi, Evey?�
�Avremmo solo l'imbarazzo della scelta. Carte di credito clonate a criminali. Ho
anche l'accesso a diversi sistemi finanziari e sono in grado di dirottare grossi
importi. Ho cellulari sicuri e clonati, virus pronti per mandare in crash computer
critici, l'accesso a satelliti per dirottare i messaggi in broadcasting, la mappa
delle infrastrutture critiche, anche finanziarie.�
L'accesso a satelliti.
La mappa delle infrastrutture critiche.
Per�. Si � organizzato bene.
Direi che per ora ci basta.
Devo per� anche fare un po' l'avvocato.
�Evey, comprendo il tuo entusiasmo, ma pi� che scatenare una guerra contro uno
stato mi sembra che il nostro primo obiettivo sia individuare chi ha ucciso God.�
Evey sbuffa.
Trovare una persona... be'... questo riesce a farlo anche bendato. L'attacco a una
nazione lo stimolava di pi�.
�Il killer ha seguito un percorso, e lo voglio rintracciare. Potrebbe portarci dai
mandanti, anche se sicuramente avr� adottato tutte le precauzioni per non farsi
individuare, neppure da chi lo ha ingaggiato. E soprattutto dobbiamo pensare
insieme a come fargliela pagare.�
Vedo che Evey � corrucciato.
Non conosceva God personalmente e, forse, non comprende questo mio desiderio di
vendetta, ma conosce bene il mio carattere. Sa che se domando certe cose un motivo
c'�. Da quando sono arrivato nell'antro di Evey, ho dimenticato il senso di
giustizia.
�Mi piacciono i sicari. Non importa quello che gli fai, tanto non ti senti in
colpa. Al contrario, peggio li conci meglio �.�
E sorride.
Quando cita a memoria Sin City di Frank Miller mi fa sempre divertire. Chiss� da
quale parte della memoria ha pescato questa frase.
Il nostro secondo obiettivo � portare avanti il lavoro di God. E le sue ultime
volont� mi sembra chiaro quali fossero. Rendere pubblico al mondo questo progetto
e, soprattutto, rivelare il codice. Il codice originario, e anche il software che
offrir� a ogni cittadino una reale trasparenza.
Evey, su questo punto, interviene.
�Non � il caso di dare il software alle forze dell'ordine? Tu sei un avvocato. E
anche per il killer... non pensi che dovresti provare tutto quello che mi hai
detto?�
Ci penso, non ha tutti i torti.
Ma ripenso anche a De Martiniis, e al fatto che probabilmente una cosa cos�
delicata la prenderebbe in carico lui. E mi passa la voglia.
Inoltre un sistema di sorveglianza globale cos� complesso pu� funzionare solo se
sono state oliate le persone giuste, magari ricattandole prima con video o
informazioni.
�Diffidare dell'autorit�, ricordi? Diamo questo sistema al popolo, come Prometeo
con il fuoco rubato agli dei. Li costringeremo, nel giro di poche ore, a
disattivarlo. Avranno lavorato, e speso denaro, per nulla.�
Evey non dice nulla, ma annuisce.
Ora gli parler� dei miei obiettivi secondari.
�Ho poi con me alcune questioni di lavoro di cui ti vorrei parlare. Ho bisogno di
una mano e, probabilmente, il sistema di sorveglianza globale che abbiamo scoperto
ce la pu� dare. Prima di essere reso pubblico, ovviamente. � il tuo pane. Si tratta
di entrare nei sistemi di sorveglianza dei canili lager dell'Est Europa, ma non so
ancora come fare.�
Evey � tranquillo, mi ascolta e non fa domande.
Sembra convinto di poter fare tutto.
Si � versato del porto.
Gli potrei dire, ora, che mi piacerebbe entrare nel computer del presidente degli
Stati Uniti e lui, tranquillo, mi risponderebbe: Okay, finisco il vino e
cominciamo.
Mi guarda.
E parla.
�Okay, finisco il vino e cominciamo.�
***
45. Rintracciare il killer
L'ambiente di lavoro di Evey � estremamente rilassante.
Nonostante i numerosi computer e altri strumenti, la grande vetrata sul cielo delle
Murge e l'ampia illuminazione rendono le stanze accoglienti e tranquille. Tutte le
finestre sono sigillate, ma un sofisticato sistema di aerazione elimina la tipica
aria viziata dei laboratori.
Evey � seduto, ma nei primi minuti non fa nulla.
Lo supponevo. Si guarda intorno e mette in sequenza le cose da fare.
Sa, come me, che i primi passi, quelli che ci renderanno anonimi, sono i pi�
importanti.
Se sbagliamo ora, tutto il nostro piano fallir�.
Rintracciare il killer � la prima cosa da fare. Abbiamo la fortuna che il fatto �
successo da poco. Se siamo ancora pi� fortunati, il killer � straniero, quindi �
ancora in viaggio. � molto pi� facile rintracciare un soggetto in movimento, che
lascia tracce, rispetto a un soggetto rientrato tranquillamente nel suo rifugio.
Soprattutto se non sappiamo dov'� il suo rifugio.
La sindrome di Pollicino.
Tutti lasciano briciole in giro quando si muovono. Soprattutto nei lunghi tragitti.
Evey ha ragione.
�Non ci resta altro che tentare una cosa che non andrebbe mai fatta, ma cambiare le
regole mi piace. � molto da hacker. Volevo studiare con calma, almeno per
ventiquattr'ore, il codice del software che God aveva scoperto. Ma potremmo invece
provare subito, andando a intuito, e magari riusciamo gi� a utilizzarlo per questo
primo obiettivo.�
Evey si alza con calma e si avvicina a una cassaforte molto grande, simile a un
armadio blindato. Passa un polpastrello sul lettore biometrico, inserisce una
password nel tastierino a fianco del lettore e la apre senza sforzo.
�Dimentica tutti i miei computer, per ora. Dimentica tutto quello che vedi. Non li
possiamo usare. O, meglio, li possiamo usare solo scollegati, non voglio in alcun
modo che sia possibile rintracciarmi. Non sopporterei di dover sparire di nuovo.�
Detto questo, si ripete la scena di prima. Lo vedo estrarre dalla cassaforte altri
due computer portatili ancora imballati. Con calma prende le forbici, taglia il
nastro adesivo, apre le confezioni e me ne allunga uno, ancora avvolto nella
plastica.
Prende poi, dalla stessa cassaforte, due chiavette per il collegamento a internet.
Vedo che non sono italiane, non domando neppure dove le abbia recuperate. � anche
possibile che se le sia costruite lui stesso.
Sistema i computer sui tavoli, li collega all'alimentazione, li accende, li
configura, si collega a internet tramite un firewall portatile e vedo che inizia ad
accedere a server e computer in tutto il mondo. Quando � convinto di aver fatto
abbastanza salti da un computer all'altro e di non essere tracciabile, mi guarda,
sempre calmissimo.
�Siamo anonimi. Ma dobbiamo comunque fare molto in fretta. Siamo all'interno della
rete telefonica che, comunque, dobbiamo considerare ostile nonostante tutte le
precauzioni che sto prendendo. Possiamo lanciare il software che God ha scoperto e
vedere se ci pu� essere utile. Lo faccio dal mio computer, in una macchina
virtuale. Tu invece usa il tuo per stare collegato a internet e recuperare le
informazioni che ci serviranno.�
Evey lancia il software e osserviamo incuriositi il monitor.
Vedo che anche lui ha un brivido.
Per un mago della sorveglianza, avere a disposizione il primo esempio di software
per il controllo globale delle fonti di informazione elettroniche deve essere una
bella emozione.
Notiamo che non succede nulla.
Sullo schermo sono apparse dieci finestre vuote, ordinate in due righe da cinque.
Ma sono nere, non ricevono segnale.
� esattamente lo stato in cui il software operava a casa mia, nonostante questa
volta si sia collegato a internet.
Capiamo, cos�, che il sistema non si alimenta da solo. Occorre indicare un
obiettivo da sorvegliare. Evey arriva alle mie stesse conclusioni.
�Guarda, Deus. Le dieci finestre significano che il software permette di
controllare dieci fonti video contemporaneamente. Ad esempio, tutte le telecamere
in un'area sorvegliata, o telecamere diverse di soggetti differenti. A scelta del
regista. Puoi entrare nelle dieci telecamere di un centro commerciale e avere sotto
controllo tutta l'area oppure, che ne so, in dieci telefoni cellulari diversi. Di
dieci persone, magari senza alcun collegamento tra loro.�
Osservo Evey che ora sta analizzando le funzioni del menu.
Apre, sul monitor di uno dei suoi computer, il codice sorgente del programma. Lo
scorre alla velocit� della luce e annota mentalmente le varie funzioni.
�Per attivare la modalit� visione occorre inserire un dato in questa maschera. Il
programma domanda le coordinate geografiche delle telecamere, con un margine di
approssimazione di cinque metri, o il numero identificativo del dispositivo, o il
mac address del computer con la webcam. Probabilmente va poi a pescarli in un
database che sta alimentando. Che dici, proviamo?�
Non rispondo, ed Evey si accomoda meglio. Seguo i suoi ordini.
�Apri un programma di localizzazione satellitare, quello che vuoi. Rifletti. In che
hotel hai visto l'uomo che ha ucciso God? Individua l'indirizzo, l'ora esatta e il
giorno, e risolvi quei dati in informazioni geografiche. E vediamo se questo coso
funziona.�
Il coso funziona, eccome.
Pochi minuti dopo che ho comunicato a Evey le informazioni, tre delle dieci
finestre scure sullo schermo s'illuminano.
Due sono chiaramente quelle delle telecamere all'ingresso dell'albergo, che ho
notato anche io. La terza � quella della webcam del computer della reception che,
mi ricordo, era puntata verso la postazione.
I dati ci stanno arrivando in tempo reale, anche se non c'� gran movimento.
�Incredibile. Siamo nell'hotel e nel computer della reception. Ma ci interessa
poco, dobbiamo andare a spulciare negli archivi.�
Evey sta cominciando a infervorarsi.
Vedo che dal menu sceglie una maschera temporale e indica con precisione ora e
giorno che gli ho appena suggerito. Le tre finestre cambiano, e non abbiamo pi� la
ripresa in tempo reale ma un fotogramma statico.
�Guarda, funziona come un videoregistratore. Geniale. Posso andare avanti e
indietro senza problemi, fermare l'immagine, scegliere la velocit�. E la cosa
incredibile � che sincronizza i dati.�
In effetti noto che se Evey va avanti in una delle tre finestre anche le altre due
seguono la prima nella sincronizzazione.
�Eccolo, il bastardo.�
Evey � esattamente nel punto temporale in cui il killer sta entrando nell'hotel.
Rivedo, da due angolazioni diverse, la scena che ho vissuto di persona.
Si avvicina al bancone e fornisce un documento d'identit�.
Evey lavora sulla sequenza di pochi minuti per circa un quarto d'ora, mentre io lo
guardo senza fiatare.
Prende le immagini, le ingrandisce, le sovrappone, le incolla, le schiarisce, le fa
elaborare, cerca di ricostruire dei pixel, tutto alla velocit� della luce. E manda
in stampa una foto abbastanza chiara del killer, che appendiamo al muro alle nostre
spalle.
Adesso il mio socio sembra un segugio.
Sta usando un software altrui non solo in maniera corretta, ma anche con una tale
padronanza che sembra che l'abbia programmato lui. Tempo di apprendimento: pochi
secondi.
Tutti e due osserviamo la foto e ci chiediamo quale possa essere il passo
successivo.
�Con una foto facciamo ben poco, soprattutto se parziale come questa.�
Evey ha ragione. Il killer non ha mai tolto il cappuccio della felpa.
�Ho anche cercato d'ingrandire la ripresa del documento che ha fornito all'addetto,
ma � stato tutto troppo rapido.�
Bene, questo � un altro punto morto.
Ora facciamo come i gamberi.
Andiamo all'indietro.
***
46. Berlino
�Il killer era appena arrivato. Aveva un trolley con s�. Che dici? Era arrivato in
stazione, o in uno dei due aeroporti milanesi? Tu che avresti fatto?�
Ci penso un attimo, e non ho dubbi. Avrei usato il treno. Meno controlli, e poche
questioni col computer.
�Stazione centrale. Le telecamere sui binari e all'esterno, in coincidenza con
l'arrivo dei treni dall'estero. Parigi, Monaco, Amsterdam, Praga, Vienna. Ora ti
dico gli orari possibili.�
Evey riflette mentre scorre l'elenco dei treni che gli ho appena fornito e fa un
po' di calcoli.
�Guarda questa funzione del software, Deus.�
Vedo che contorna in giallo il profilo del killer, il trolley e la borsa. Individua
decine di particolari, le serrature Medeco, la tonalit� esatta del colore della
borsa al carbonio, le dimensioni del trolley. E l'andatura possibile del soggetto:
tranquilla e rilassata, senza anomalie.
Evey attiva la ricerca sulle telecamere della stazione in un'area di cinquecento
metri e chiede al software di vagliare tutte le informazioni registrate. Alla
ricerca del matching, della sovrapposizione tra i dati ipotetici che abbiamo
inserito e la realt�.
Il software ci stupisce, davvero.
In pochi minuti ci restituisce altre riprese del killer.
Sta scendendo da un treno proveniente da Berlino.
Non c'� bisogno che gli dica nulla. Evey � gi� pronto a entrare nelle telecamere
della stazione di Berlino. Lo fa senza problemi, sempre con quel software, e poco
dopo appare sul nostro schermo il killer che arriva a piedi alla Hauptbahnhof.
Ora il mio socio agisce d'istinto, semplicemente ricercando le telecamere indicate
da un simulatore di navigatore.
� concentrato sul tragitto a ritroso dalla stazione al covo del soggetto, sperando
che non sia un hotel.
L'ultima immagine che vediamo � del killer che esce da un palazzo elegante in
centro a Berlino.
Ora tutte e dieci le finestre sono in funzione, e mandano in loop i frammenti di
video che abbiamo richiesto. Il killer nell'hotel a Milano. Il killer alla stazione
centrale a Milano. Il killer alla Hauptbahnhof di Berlino. Il killer che esce da un
palazzo.
All'indietro, come i gamberi.
Io ed Evey ci guardiamo. Vedo che si avvicina a una lavagna a fogli mobili accanto
alla foto appesa. Prende un pennarello rosso, e comincia a segnare i punti certi
che abbiamo.
Il percorso del killer.
�Queste informazioni ci servono a poco, Evey.�
Forse nota il tono un po' seccato della mia voce, ma non ci fa caso. Mi risponde
con la solita calma.
�Non devi avere fretta. Siamo solo all'inizio del percorso. E poi avere fretta ti
fa distrarre da particolari importanti. Ad esempio: il killer era tranquillo. Non
era controllato. Nessuno sapeva, probabilmente, delle sue intenzioni. Quindi pu�
aver commesso qualche errore. Tutti commettono degli errori, ricordalo. Tutti.
Tranne noi.�
Evey pensa troppo velocemente per me, � sempre stato cos�.
Ci rinuncio, e mi arrendo.
�Dimmi cos'hai in mente, dai.�
�Ora ti stupisco, Deus. Guarda qui.�
Noto che apre un menu del software giallo e nero. Quando vedo che in alto a
sinistra di questa nuova maschera di ricerca c'� scritto taxi, capisco.
�Le telecamere sui taxi!�
Evey non dice nulla e inserisce alcuni dati per effettuare la ricerca.
La maschera d� anche la possibilit�, questa volta, d'inserire una fotografia della
persona ricercata. Probabilmente sofisticati algoritmi tracceranno un identikit e
lo confronteranno con migliaia di passeggeri. Mi chiedo che potenza debba avere un
sistema simile. Quale possa essere l'organizzazione alla base di un simile
progetto.
�Evey, non fare solo Berlino. Prova anche Milano. Almeno per quarantott'ore
dovrebbero conservare le riprese.�
Da anni molti taxi hanno una webcam puntata sul passeggero, che trasmette
costantemente alla centrale i dati del viaggio. L'hanno voluta in molti, per
evitare le aggressioni ai tassisti, ma � anche un ottimo strumento di controllo.
Mi ricordo solo ora di avere la ricevuta del taxi nel portafoglio. Quella che il
killer ha perso nella hall. Ma Evey � troppo rapido per me.
Infatti gi� sussulta.
�Eccolo, il bastardo, guarda come si vede bene. E sta parlando al cellulare.�
Parla in una lingua incomprensibile. Il tono � molto basso. Teme di essere
ascoltato dal tassista.
Evey lavora sulla qualit� dell'audio e dopo poco dalle grandi casse il suono esce
pi� chiaro.
�� un dialetto di qualche paese dell'ex Unione Sovietica. Ne sono sicuro.
Registralo, un domani potr� esserci utile.�
Evey sta bevendo del vino rosso, ora.
E sta pensando.
Siamo di nuovo a un punto morto. Di certo sul taxi non avr� rivelato informazioni
importanti.
Il mio collega � deluso.
Cercare di capire qualcosa del killer, di stabilire un contatto, � difficile. O,
meglio, � difficile farlo a distanza. Abbiamo il suo covo a Berlino. Non sappiamo
se � provvisorio o se � casa sua, ma per ora vorremmo rimanere distanti dal killer.
La nostra guerra � elettronica, non siamo abituati a muoverci e il rischio sarebbe
troppo grande.
�Che dici, Evey, contattiamo gli amici di Berlino? Chiediamo che vadano a dare
un'occhiata al palazzo? Un finto intervento sulla rete elettrica? O sul sistema di
cablaggio?�
Evey riflette. Non gli va di muovere fisicamente delle persone. Non solo perch� la
sfida la vuole vincere dallo schermo, ma anche perch� non vuole mettere a rischio
inutilmente delle vite.
Nel frattempo scorrono le immagini del killer nel taxi milanese. � bloccato nel
traffico, � impaziente. Ma non chiede nulla al tassista. E poi vedo Evey alzarsi.
�S�! S�! S�! Lo sapevo. Tutti commettono degli errori.�
Guardo il killer che estrae il portatile dalla borsa che ha di fianco a s� e inizia
a lavorare.
Per un hacker il tempo perso nel traffico � tempo inutile.
Non ha resistito.
Ma mi domando la felicit� di Evey da cosa sia motivata.
Non riesco a capirlo.
Ci spostiamo su un altro tavolo. Accende un suo computer, questa volta.
�Deus, dammi subito i dati dell'autopsia digitale che hai fatto a God. Ti spiego
cosa ho in mente di fare.�
Non faccio domande.
Mi alzo e dalla borsa prendo il disco sul quale ho trasferito i dati provenienti
dal sistema impiantato nel cuore di God.
�Hai gi� verificato, vero, se quando si � collegato al cuore ha lasciato tracce?�
�Tutto pulito, Evey. Il mac address e ogni identificativo della sua macchina sono
falsi.�
�Ottimo.�
Ottimo? Gli ho appena detto che sono falsi...
�Ed era uno preciso, vero? Ha preparato l'attentato con calma. Con precisione.
Tedesco o russo, mi sa.�
�S�, proprio preciso. Ti ho detto della carne macinata e della pancetta.�
�Quindi � probabile che gli identificativi di rete li abbia falsificati prima di
arrivare a Milano.�
Ora ho capito.
Vuole capire se il killer sta portando un identificativo di rete falso in giro per
l'Europa.
Mentre attiva un'altra funzione del software, mi spiega.
�Durante la conferenza il killer, per intervenire sul pacemaker di God, ha dovuto
prima agganciarlo. Il sistema ha tenuto in memoria il mac address del computer del
killer. D'accordo, � falso. Ma cosa conta se � falso o vero, se dobbiamo
localizzare una persona? Ragiona insieme a me. Il killer ha ancora il suo computer
con s�. Magari a Berlino, o in un altro posto dove � andato. E magari si �
collegato di nuovo, usando lo stesso mac address. Falso. Ma sempre quello. Che �
apparso in un'altra parte del mondo.�
Vedo che apre la maschera di ricerca, che stava studiando mentre mi parlava, e
inserisce il mac address usato dal killer. Quello falso.
E cominciano le sorprese.
L'ultima finestra non si accende. Il killer ha la webcam disattivata. Naturale, �
un professionista.
Ma il programma ci indica l'ultimo luogo di connessione.
Ed � Berlino. L'indirizzo corrisponde a quello della telecamera. E si � collegato
due minuti fa. L'abbiamo trovato. � ancora a Berlino, quindi. Abbiamo la
controprova. La verifica. Dobbiamo agire in fretta.
Evey ora � rilassato ma non smette di pensare.
E si gira verso di me con un ghigno malefico.
�Ho un'idea. Che dici, gli facciamo una sorpresa? Gli lanciamo un'esca? Secondo me
abbocca.�
Allungo le gambe.
Sono contento, il primo obiettivo � raggiunto.
Sappiamo dov'� il killer di God.
Non ci interessano i mandanti, per ora.
Ci interessa lui.
Dobbiamo solo pensare a cosa fargli.
Almeno so che erano persone cattive. Non c'era niente di male nell'ucciderli tutti.
Diamine. In pratica era un mio dovere civico.
Anche a me piace Frank Miller.
Un'esca...
L'unico modo per attirare in una trappola un hacker � incuriosirlo.
E sfidarlo.
***
47. Curiosity killed the cat
�Quanto ci metter� il killer a trasferirsi da Berlino a Praga?� Evey ora si �
alzato.
�Due ore al massimo. Abbiamo visto che viaggia in treno.�
�Conosci il tedesco?�
�S�, abbastanza. Perch�?�
�Trovami un servizio via internet che consegni fiori a domicilio entro un'ora.
Servizi urgenti. Quelli per i lutti, o le dichiarazioni d'amore. Gli facciamo
recapitare un invito.�
Non ci sto capendo pi� nulla, ma non faccio domande. Vedo che Evey mi allunga una
carta di credito Visa. La prendo.
�Sono sul sito del fiorista, � anche vicino all'appartamento. Cosa devo fare?�
Evey sta osservando il portone del palazzo. Vedo che ingrandisce i campanelli e li
conta.
�Allora, ordina ventitr� mazzi di fiori. Rose bianche. Tutti con lo stesso
biglietto. Chiedi al fiorista di consegnare un mazzo di fiori in ogni appartamento
del palazzo. Omaggio di un nuovo arrivato.�
�E sul biglietto cosa scriviamo?�
�Scrivi l'indirizzo del mio rifugio numero tre a Praga, Deus. Eccolo qui. E scrivi
una frase in tedesco. Con tutto il cuore. Ma hai dimenticato una cosa. Una copia.
Errore. God.�
�Perch� vuoi attirare il killer in casa tua a Praga?�
�Perch� in quella casa c'� una sorpresa per lui.�
Ordinati i fiori in internet, scelto il servizio ultrarapido e lasciata una mancia
abbondante, ci mettiamo davanti al monitor a osservare il portone del palazzo del
killer.
Dopo un quarto d'ora vediamo arrivare un furgone con il nome del negozio.
Evey sta osservando la posizione del mac address. � ancora in quel palazzo. E di
sicuro ci sar� anche il killer. Dubito che intenda abbandonare il suo computer.
Il ragazzo delle consegne sta suonando tutti i campanelli. Non c'� portiere, nel
palazzo. Probabilmente il killer cercava una certa privacy.
Dopo dieci minuti il ragazzo ha terminato le consegne. Torna indietro con due mazzi
di fiori non recapitati. Ci guardiamo. Speriamo che uno dei due non sia quello per
il killer.
�Bingo.�
Evey � scattato in piedi.
Dopo neppure venti minuti vediamo un taxi fermarsi davanti al palazzo e il killer
salire.
�Ce l'hai? Lo segui?�
�Tranquillo, questo software ormai � un'appendice del mio corpo.�
Vediamo il killer scendere in stazione.
E prendere un treno per Praga. Abbiamo qualche ora per rilassarci, anche se vedo
che Evey sta lavorando, questa volta su un piccolo tablet che ha estratto dalla
giacca.
Ho capito ci� che sta facendo.
Sta portando il killer in uno dei suoi rifugi. Case che ha sparse nel mondo e che
tiene dormienti per ogni evenienza.
Sono un retaggio della sua paranoia del passato.
Quella di Praga la ricordo bene. � una villetta a due piani abbastanza isolata e
indipendente, in un quartiere periferico tranquillo.
Ma non comprendo cosa ci sia d'interessante l�.
Evey mi leva subito ogni dubbio.
�Stavo leggendo una rivista di scienze forensi, tanti anni fa. E ho trovato un caso
unico al mondo. Accaduto in Turchia. Un soggetto ricoverato in ospedale con ferite
gravissime. Dopo essere entrato in una casa. Il sistema era geniale. E io l'ho
copiato.�
Mi sto incuriosendo.
�Non ti anticipo nulla. Seguiremo il tutto in diretta.�
Dopo due ore Evey mi sveglia.
Mi ero assopito sulla poltrona mentre lui seguiva, dalle telecamere di Praga, il
tragitto del killer.
�Deus. Ci siamo. La festa ha inizio.�
***
48. Antifurto
Sullo schermo davanti a me vedo una casa a due piani, alla periferia di Praga.
Molto particolare.
In un altro schermo vedo la situazione elettronica del rifugio, che Evey sta
controllando dal tablet. Appaiono un plastico e una planimetria, con numerose
lucine verdi.
�Guarda Deus, quella � la mia casa. Ovviamente non c'� nulla che la colleghi a me.
E temo che, dopo ci� che stiamo per fare, la perder�. Per� quello che vedi � un
sistema di allarme molto particolare, che ho progettato e costruito io stesso. Le
lucine verdi sono i sensori attivi. Ora la casa � protetta. La porta �
appositamente leggera. Non � blindata, e ha una serratura molto debole, l'ho fatto
apposta, nel caso avessi dovuto utilizzare il rifugio con modalit� non
convenzionali.�
Sullo schermo, intanto, sono apparse alcune riprese dell'interno della casa.
Al secondo piano, su un tavolino, c'� un computer acceso.
Evey nota la mia espressione.
�� vuoto. Completamente vuoto. Ma di sicuro sufficiente per attirare un curioso.�
�Ci siamo. Sta entrando.�
Come previsto, il killer � un esperto di lock picking. Le serrature Medeco sul suo
trolley e sulla sua borsa lo lasciavano intendere. Quella della porta resiste
solamente due secondi.
� vestito come a Milano, jeans e felpa con cappuccio e un giaccone di pelle.
Nella casa ci sono diversi sistemi elettronici, tutti comandati via rete dalla
centralina cui ora � collegato Evey.
Appena entrato si accovaccia, accostando la porta quanto basta per non farsi vedere
dalla strada.
�Ha paura dei sensori volumetrici. Ma li ho gi� disattivati. Sta facendo una
scansione degli antifurto e sta disattivando pian piano tutti quelli del primo
piano. Quelli pi� deboli.�
Tutto sta procedendo come previsto. Il primo piano � pulito, il killer ha
disattivato gli antifurto visibili e i motion detector. Non sa che Evey da remoto
aveva disattivato gli antifurto seri.
Vediamo che si guarda in giro, puntando una torcia elettrica. E si trova davanti
una stanza vuota.
Il secondo piano � differente. � parzialmente arredato. Ci sono una camera da letto
con il guardaroba, una control room, un bagno e una seconda camera da letto
sull'altro lato del corridoio.
Evey ha disattivato tutti gli antifurto tranne uno, proprio quello nella control
room. Mi accorgo anche che nella stessa stanza c'� un pulsante rosso, grosso, per
la disattivazione dell'allarme.
Il killer lo guarda per un po' e non lo preme.
Giustamente.
Farebbe partire una sirena.
Evey ha comunque il dito pronto sul tasto 5 del telefono, per bloccarla sul nascere
nel caso l'uomo prema quel pulsante.
Il killer ha notato, ora, il computer portatile sul tavolino.
Come un pezzo di formaggio per un topolino.
Non ha notato, invece, i detector a raggi infrarossi che lo stanno seguendo. Ma non
sono collegati a nessun sistema antifurto.
Non ha notato, soprattutto, la shotgun box costruita da Evey e nascosta dietro una
tenda.
� una cassa di metallo di ottanta centimetri per venti, che contiene la cosa pi�
semplice di questo mondo. Un fucile con il calcio tagliato e con un caricatore da
cinque colpi a pallettoni.
I sensori funzionano al contrario, appositamente.
Non si attivano quando inquadrano un soggetto nel loro campo visivo, ma nel momento
in cui lo stesso si allontana spostandosi, convinto che tutto vada bene.
Tutto accade come nelle previsioni di Evey.
Il killer vede il portatile.
Si avvicina e lo prende, si guarda intorno per un po' e fa per avviarsi verso le
scale, per tornare al pianterreno e uscire.
Ma non appena si muove sentiamo un'esplosione che rimbomba nella stanza.
L'intera parte destra dell'addome del killer � stata strappata via dal primo colpo.
Mentre l'uomo si accascia, un secondo sensore nota il movimento verso il basso ed
esplodono altri quattro colpi, rasoterra, in rapida sequenza. Lo colpiscono davanti
e dietro, sempre all'altezza dell'addome. Anche la mano sinistra viene staccata.
Mentre cerca di proteggersi.
Evey � tranquillo.
�Per�. Il sistema funzionava ancora, era oliato. Saranno stati pi� di dieci anni�
commenta serafico. �Missione compiuta, socio. Mi pulisci le tracce ora?�
Sono ancora incantato a guardare l'uomo a terra, che non si muove. Prendo il
cellulare di Evey e comincio a ripulire la scena del crimine, da remoto.
Nei prossimi giorni la polizia probabilmente far� una visita. Ma non trover� nulla,
nulla che si riferisca a noi, nulla sul computer. Solo un cadavere.
Formatto le memorie delle telecamere, faccio un reset delle memorie dei dispositivi
di rilevamento dei movimenti. Mi accerto che le telecamere non stessero registrando
e che, quindi, non siano rimasti dati.
�Ti faccio vedere un'ultima cosa.�
Evey ha un tono preoccupato.
Vedo che immette nel software per il controllo globale le coordinate delle
telecamere del suo rifugio.
E non appare nulla. Riquadri neri.
Non capisco.
�Ottimo Evey. Vuol dire che le tue telecamere sono sicure. Che il software non le
pu� vedere.�
�Certo Deus. Ma pensala da un altro punto di vista. Come mai tutte le altre sono
aperte e visibili?�
***
49. Controllo � potere
Risolto il primo problema, quello del killer, rifletto sui passi successivi.
Intanto Evey continua a guardare il codice.
Ormai ha il completo controllo del sistema.
Ora davanti a s� ha tre schermi accesi, ciascuno con dieci finestre alimentate da
fonti di tutti i tipi. Tre cabine di regia, trenta telecamere.
� affascinato. Passa da una fonte d'informazione all'altra alla velocit� della
luce. Prova le metodologie di ricerca, memorizza, esporta, ingrandisce, pulisce,
isola parti e dialoghi e verifica i dati cancellati.
Vedendolo cos� a suo agio in quell'ambiente, mi domando a quali livelli possa
sfruttarlo un soggetto addestrato. Che, ad esempio, lo usa da mesi.
La cosa che pi� mi stupisce � che il software sembra comprendere la volont� di chi
lo usa e ci� che sta cercando. Sembra essere intelligente, sembra suggerire la
risposta, ha un comportamento che varia a seconda delle anomalie contenute nei
video che analizza.
Sullo schermo di altri due monitor scorrono lentamente il codice originario e
quello modificato da God, con i suoi appunti. Un terzo software, approntato da Evey
per l'occasione, sta valutando in automatico le modifiche fatte dal mio mentore.
In un ultimo monitor, sulla destra, � attivo un sistema per il controllo del
traffico di rete e delle intrusioni.
Siamo collegati in rete ed Evey non vuole rischiare.
Una sola cosa non ci � ancora chiara.
Come sia possibile entrare cos� facilmente nei sistemi presi di mira.
In fin dei conti, l'idea alla base di un software simile non � nuova.
La cosa che ci stupisce � la facilit� con cui si entra in telecamere private,
cellulari, webcam.
Come se tutti questi sistemi avessero una backdoor pronta a dialogare con quel
software, una porta sul retro aperta a ogni controllo.
Riprende a parlare e m'illustra i progressi della sua analisi.
�Questo sistema dialoga con le telecamere di sorveglianza in standard comune.
Soprattutto con quelle installate in sedi di partito, aziende, camerini dei grandi
centri commerciali. S'interfaccia anche con le telecamere delle banche, della
polizia cittadina e della pubblica amministrazione, meglio se esterne. E con le
webcam usate da certi siti e da certi circuiti. Vedi, qui c'� la lista dei siti
civetta. C'� una cosa che non comprendo, il codice � offuscato, ma ci sto
lavorando.�
Mentre Evey analizza il codice, su uno schermo io apro due finestre. In una scorre
il codice originario, nella seconda il codice su cui stava lavorando God.
Vedere i suoi commenti, riga per riga, mi fa sorridere.
Mi mette anche una grande tristezza.
God stava per rendere pubblico, partendo dall'Italia, il pi� ampio sistema
internazionale di sorveglianza usato per ricattare e acquisire consenso.
Stava per lanciare un programma di democrazia elettronica, di trasparenza nella
cosa pubblica, un sistema che avrebbe condizionato ogni aspetto della societ�,
avrebbe ribaltato le prossime elezioni, avrebbe alterato il consenso.
Tutti avrebbero potuto vedere nel privato delle persone.
Ogni video sarebbe stato messo in rete.
Non ci sarebbero pi� stati segreti, tutto quello che � su un telefonino o su un
computer collegato in rete avrebbe potuto diventare pubblico.
Con possibilit� di commentarlo, selezionarlo, evidenziarlo.
Usarlo.
***
50. Etica hacker
Dopo quasi dodici ore ininterrotte di lavoro siamo stremati.
Mentre Evey ha operato sul software, io mi sono letto il codice. Poi ci siamo dati
il cambio.
Terminata la fase dell'apprendimento, per�, ora tutto � pi� chiaro. Manca qualche
dettaglio, certo, ma la situazione � meno confusa e possiamo ragionare su cosa
fare.
Lascio parlare per primo Evey. Ha il controllo completo della situazione.
�Siamo hacker, Deus. Sai a cosa sto pensando, vero?�
Certo che lo so.
Qualsiasi informazione dovrebbe essere libera per tutti.
Cosa farebbero gli hacker storici in questo caso? Cosa farebbero i nostri maestri?
In una situazione come quella che ci si � presentata in questi giorni potremmo
tacere. Tacere significa che potremmo utilizzare anche noi questo software, in
segreto. Ne guadagneremmo un potere immenso. Nessuno ci scoprirebbe. Con la morte
di God sono convinti di avere chiuso la partita, di avere fatto la mossa finale, di
poter vivere nel segreto per anni.
Ma c'� una cosa ben pi� importante della soddisfazione personale. Del profitto. Del
potere.
La cosa pi� importante � che l'umanit� deve sapere.
Evey � sulla mia stessa lunghezza d'onda.
�L'informazione deve essere libera. Non ci sono vie di mezzo. Non abbiamo il
diritto di tenere segrete informazioni cos� importanti per i cittadini. Anzi,
abbiamo il dovere di rivelarle. Lo facevano gli hacker storici con le informazioni
relative alle compagnie telefoniche e alle chiamate di emergenza, al funzionamento
della rete elettrica e ai sistemi elettorali elettronici, ricordi? E perch� lo
facevano? Perch� tutti abbiamo il diritto di conoscere le informazioni pi� critiche
che riguardano il lato tecnologico della societ� in cui viviamo.�
�Ma rendere libera l'informazione e basta non ha senso. Manca qualcosa.�
�Vero Deus, oltre a rendere libera l'informazione dobbiamo anche spiegare a cosa
serve. Come usarla.�
�Per prima cosa dobbiamo disseminare il codice.�
Evey � deciso.
�Dobbiamo disseminarlo in modo che chi lo riceve capisca subito cos'� e cominci a
utilizzarlo. Dobbiamo fornire non solo l'informazione, ma anche tutti i mezzi utili
affinch� fin dal primo momento sia chiaro cosa nascondevano.�
Vedo che Evey sta riflettendo. Dopo qualche minuto beve un sorso di vino e sorride.
�Ho individuato come porteremo a compimento la prima fase. La fase della
disseminazione del codice.�
Sono incuriosito.
Mi aspetto che accenda il computer, che prepari messaggi di posta elettronica e
allegati, e invece lo vedo alzarsi e recuperare da un vecchio scatolone un foglio
di carta e una penna.
�Deus, tieni sempre a mente i mezzi che hanno gli altri. I nostri nemici. Una
valutazione corretta della forza che abbiamo davanti ci permette di comprendere
realmente quanto possiamo rischiare. E come possiamo farlo. Quando qualcuno, nella
storia dell'hacking, ha cercato di diffondere un codice sorgente, lo hanno sempre
individuato. Ricordi quando circolarono i codici sorgente di Windows? Be', la prima
cosa che non possiamo rischiare � che qualcuno possa anche lontanamente
ricollegarsi a noi.�
�E come pensi di procedere?�
�Semplice. Useremo un metodo vintage. Molto vintage.�
Molto vintage?
Andiamo bene.
Evey � proprio ispirato.
E non mi stupisce la sua domanda successiva.
�Hai ancora la lista degli ultimi hacker?�
Gli ultimi hacker sono un gruppo di hacker ormai cinquantenni e sessantenni che,
nel corso degli anni, hanno, quasi tutti, assunto posizioni di vertice in piccole e
grandi societ�, in multinazionali, nelle forze di polizia, in politica e negli
ospedali. Ma non hanno dimenticato cosa voglia dire essere hacker.
Alcuni hanno montato le porte delle loro case senza chiavi e serrature, altri non
hanno password nei loro sistemi, altri ancora fanno beneficenza e condividono i
loro beni. Alcuni tengono corsi d'informatica ai bambini poveri in Africa, altri si
occupano di digital divide. Molti altri, semplicemente, in questo momento stanno
lavorando come manager, come poliziotti, come avvocati, come funzionari di banca,
come professori universitari o di scuola superiore, come programmatori, come
baristi. Magari alcuni sono gi� in pensione, in una villetta sul mare.
Ma hanno qualcosa dentro, qualcosa che pu� scattare a comando quando percepiscono
un'ingiustizia.
Il loro spirito hacker � sopito, ma non � mai stato dimenticato.
� pronto a tornare a galla.
E noi siamo pronti a riattivare in loro quello spirito.
�Preparati a scrivere nelle prossime ore, Deus. Ma a scrivere tanto.�
Evey si alza e va nella seconda stanza, dove ci sono alcune cassettiere.
Lo vedo tornare con un centinaio di buste gialle, imbottite, della misura di un cd.
Ha indossato guanti da chirurgo e si � legato in una coda i lunghi capelli, per poi
coprirli con una bandana. Vedendo le precauzioni che sta adottando, mi guardo bene
dal toccare le buste.
�Ti spiego cosa faremo, Deus. Masterizzeremo i cd dal computer sicuro. Copieremo il
codice e un po' di video. Quelli pi� carini. Sulla busta scriveremo l'indirizzo
dell'hacker cui � destinato il pacchetto e, come mittente, L'ultimo hacker, o The
Last Hacker on Earth per gli inglesi. E invieremo. Senza spiegazioni. Sar� la loro
curiosit� a far comprendere di cosa si tratta. Del resto sono hacker. In meno di
una settimana la prima tranche di informazioni e codice far� il giro del mondo.�
�E per contattare i giornalisti?�
�Ai giornalisti manderemo i video e le immagini. Sono elementi pi� facili da
diffondere. Ai programmatori manderemo il codice. Penso che nel giro di pochi
giorni inizieranno a lavorarci. Personalizzeremo le spedizioni, insomma, in base
alle competenze di chi riceve il nostro regalo.�
Tiro un lungo sospiro, ed Evey se ne accorge.
�Evey, l'effetto sar� devastante. Lo sai, vero? Tutti avranno la possibilit� di
guardare con migliaia di telecamere. Tutti cominceranno a giocare con questo
software, a pilotare migliaia di occhi elettronici. La privacy non esister� pi�.�
�Non mi preoccupa la cosa, Deus. Passeremo da una societ� controllata e sorvegliata
in segreto a una societ� trasparente. Vedrai, gli anticorpi si diffonderanno
subito. La gente correr� ai ripari senza problemi. Disattiveranno le telecamere e
le webcam nel giro di quarantott'ore. Ma la cosa importante � che noi avremo fatto
saltare il loro sistema. Tutti avranno lo stesso potere, per qualche ora, ma quando
ci sar� la reazione nessuno lo avr� pi�.�
Evey � convinto.
Se � convinto lui, sono convinto anche io.
�Da dove spediremo le buste? Non dobbiamo suggerire alcun collegamento con Matera.
� il tuo paradiso. Il tuo luogo segreto. Non voglio che ci sia neanche la minima
possibilit� che ti trovino. Gi� collegandoti alla rete telefonica mobile da qui, in
queste celle, hai rischiato moltissimo.�
�Deus, tranquillo. Intanto ho individuato a Roma un box per la posta al di fuori
del raggio delle telecamere. Lo uso da tempo. A Roma posso portarle io, senza
problemi, non tutte, ma una buona parte. Roma � un'ottima citt� da cui far partire
lettere anonime. Per il resto... be', ricordi come opera l'agente in I tre giorni
del condor? Telefona da cinquanta apparecchi diversi, e quando cercano di
rintracciarlo, la macchina gira per tutta New York. Noi siamo solo in due, � vero,
ma tu stai per risalire verso nord. Hai presente che negli autogrill, di solito, ci
sono delle cassette per la posta? Soprattutto in quegli autogrill panoramici... Che
ne dici? Facciamo arrivare i pacchetti da tutta Italia? Guarda cosa ho qui... per
il tuo navigatore...�
La mappa che mi fa vedere assomiglia a una cartina stradale. Ma al posto delle
localit� turistiche segnala le telecamere dei centri storici e delle strade
principali. E un itinerario per girare l'Italia tenendosi lontani dai loro occhi.
Proprio come in un videogioco.
A quanto pare la strategia per il primo livello di attacco � definita.
Ci accomodiamo su un divano di pelle nera mentre una colonnina di masterizzatori
inizia a duplicare il cd che spediremo.
Nel frattempo Evey tratta con i guanti da chirurgo le custodie, la carta e le biro.
Mi viene in mente, per un attimo, l'architetto Balestri, il pedofilo. E la sua
impronta digitale lasciata sulla custodia del dvd.
Mentre l'operazione di copia procede, accendiamo la televisione.
La qualit� del segnale � perfetta anche sottoterra.
Probabilmente Evey l'ha collegata a una parabola che non ho notato, o al digitale
terrestre.
Dopo aver girato per qualche canale, Evey viene attratto dal giunonico seno bene in
vista di una giornalista che conduce uno show.
Mi guarda ridendo, sembriamo due adolescenti al liceo, e lascia su quell'immagine.
Togliendo l'audio.
�Alza un attimo il volume, Evey.�
Quello che sta capitando in diretta televisiva m'incuriosisce.
Un onorevole alto circa un metro e novanta, vestito in blu con cravatta regimental,
si sta difendendo con vivacit� da alcune accuse.
Circolerebbe un video che lo ritrae mentre fa sesso nella sede del suo partito.
Sarebbe stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza, e il video sarebbe stato
offerto a diversi quotidiani, ma nessuno l'avrebbe ancora visto. L'onorevole �
feroce.
Usa al meglio lo spazio che la televisione gli ha regalato per difendersi.
�Mi stanno attaccando. Ma non � vero. Ho dovuto spiegarlo anche a mia moglie. Sono
tutte falsit�. Non esiste alcun video che mi riguardi. Non ho mai fatto certe cose.
Pensi che sono membro della Commissione per la tutela dell'infanzia al Senato e ho
presentato un disegno di legge per la protezione del nucleo familiare.�
La conduttrice � tranquilla.
Lo ha gi� assolto.
Pensa di pi� a individuare la giusta prospettiva per il seno a favore di telecamera
che a dar vita a un minimo di dibattito, di inchiesta giornalistica.
�Onorevole, non abbiamo dubbi. Conosciamo la sua integrit� morale. E conosco anche
sua moglie, me la saluti tanto. Ma mi chiedo... chi pu� avercela cos� tanto con
lei? Chi pu� essere cos� crudele da gettare fango su di lei, sul suo lavoro, sulla
sua onest�? Sappiamo tutti che lei � un bravo marito e un padre di famiglia
premuroso.�
Il politico si asciuga una lacrima con il fazzoletto.
La telecamera inquadra il dettaglio dell'occhio umido.
La conduttrice si alza e lo abbraccia.
�Non ne ho idea, davvero. Non ne ho idea. Mi vogliono rovinare.�
�Guardi, le mando in diretta un sondaggio che abbiamo avviato, sul nostro sito,
pochi minuti fa. I nostri spettatori sono tutti con lei. Tenga duro. Tenete duro.�
La voce di Evey arriva improvvisa e chiara e mi distoglie da questo penoso
teatrino.
�L'onorevole ha gi� comprato il video, � chiaro. � quello il motivo per cui � cos�
sicuro. Non vedi come sta recitando? L'annuncio che chi era in possesso del video
ha fatto ai quotidiani era, in realt�, un'offerta diretta a lui. E lui ha risposto.
Lo ha comprato per non farlo circolare. Qualcuno l'ha visto, quel video, quel video
esiste, altrimenti non si sarebbe generata tutta questa cosa. Probabilmente non lo
hanno consegnato ai giornalisti, lo hanno solo mostrato, ma il video c'�. E adesso
il politico va in televisione a fingere di essere scandalizzato.�
Pensiamo tutti e due alla stessa cosa.
Gli hacker fanno anche scherzi.
Scherzi pesanti, a volte.
Evey si alza, prende una macchina fotografica digitale e scatta una fotografia al
viso dell'onorevole, ora in primo piano in televisione.
Dopo pochi secondi, ha trasferito la fotografia sul sistema sicuro, dove �
installato ancora il software che God ha scoperto, e preme alcuni tasti.
�Proviamo a fare una ricerca con il riconoscimento facciale dell'onorevole. Vediamo
se troviamo qualcosa nel database che sia simile ai lineamenti del suo viso. Deus,
mi trovi in internet latitudine e longitudine della sede di partito di
quell'onorevole? E il riferimento temporale di massima di quando sarebbe avvenuto
il fatto?�
Il software � davvero potente.
Abbiamo ristretto la ricerca alle telecamere della sede del partito e a un lasso
temporale di tre settimane, e dopo meno di due minuti appare il video.
La ripresa � in bianco e nero, dall'alto.
In grandangolo.
L'onorevole � a fianco di un tavolo, con i pantaloni calati, in piedi, con due
glutei pallidi a favore di telecamera.
Sul tavolo � distesa la sua collega di partito.
Il sonoro � chiarissimo.
Evey interrompe il video dopo trenta secondi e si gira lentamente verso di me.
�Lo facciamo? Come ai vecchi tempi?�
Lo guardo e sorrido.
�Dai. Divertiamoci un po'.�
***
51. Diretta televisiva
Evey si alza ed estrae dalla cassaforte gi� aperta un secondo telefono cellulare da
pochi euro contenente una sim nuova.
Collega il cellulare al computer, avvia un programma di scrambling vocale molto
evoluto, seleziona una voce femminile e, intanto, si procura il numero della
redazione.
Vedo che, mentre fa partire la chiamata e aspetta con pazienza di riuscire a
parlare con una centralinista, ha caricato il video su un server visibile
dall'esterno. Mi sembra un computer non protetto di un'universit� brasiliana. E si
sta annotando il link.
�Pronto, redazione di Pomeriggio con voi.�
La voce della signorina che ha risposto � molto fredda.
�Il video esiste.�
�Prego?�
�Il video di cui sta parlando ora la conduttrice esiste. Lo sto guardando. Pu�
mandarmi in diretta?�
�Un attimo.�
Evey attende in linea qualche secondo. Probabilmente stanno confabulando.
La signorina risponde di nuovo.
�Mi dispiace. Non possiamo mandarla in diretta. Ma se vuol dire a me, posso
riferire alla conduttrice e all'onorevole. E la nostra redazione giornalistica
provveder� nei prossimi giorni alle dovute rettifiche.�
Sorrido.
Davvero credono di impedire a Evey di andare in diretta?
Una volta blocc� il centralino telefonico durante un concorso. Lo blocc� alla
novecentonovantanovesima telefonata, chiam� e vinse, come millesima telefonata, una
Ducati.
�No grazie. Non si preoccupi. Parlo direttamente con lo studio.�
Improvvisamente la voce di Evey, in versione femminile, entra nel sistema audio
della diretta.
�Buonasera...�
�Chi parla? Una telefonata? Abbiamo una telefonata di una nostra telespettatrice.�
La voce della conduttrice trema un po'. La donna ora guarda in alto, come se la
chiamata provenisse dal soffitto, ma probabilmente Evey � entrato nel suo stesso
canale.
Non possono zittirlo, a meno che non vogliano silenziare anche la conduttrice.
�Non posso dirle il mio nome. E volevo farle i complimenti per la trasmissione, la
seguo sempre. Ma volevo anche confermarle che sto guardando il video dell'onorevole
che fa sesso nella sede del partito. Quello di cui state parlando. E che non
dovrebbe esistere. � proprio lui.�
�Sono falsit�, io la querelo!�
L'onorevole � scattato in piedi e guarda in alto anche lui, come se la voce
provenisse dall'aldil�.
�Noi siamo una testata giornalistica. Noi seguiamo la verit�. Pu� documentare
questa cosa?� La conduttrice � cauta.
� in diretta.
E preferisce non mandare la pubblicit�.
�Certo, signora. Avete una connessione a internet? In redazione?�
�S�.�
�Benissimo... Ho appena aggiunto un collegamento al video sulla home page del
vostro sito... Buona visione...�
�Ferma, non se ne vada. Sono tutte falsit�.�
�Sono la sacerdotessa della verit�. La vendicatrice dei torti.�
Non riesco a trattenermi, sto ridendo come un matto.
La sacerdotessa della verit�.
Non comprendo come Evey riesca a rimanere serio mentre dice queste cose.
Evey inizia a ridere e stacca la comunicazione.
Osserviamo la conduttrice mandare la pubblicit�.
Di sicuro in molti hanno preso nota dell'accaduto e si stanno collegando al sito
della trasmissione modificato da Evey.
Attendiamo ancora qualche minuto, aprendo sul monitor del computer i cinque siti
dei principali quotidiani, e poco dopo vediamo che le agenzie stanno gi� battendo
la notizia.
Il video � ora raggiungibile.
Quando la trasmissione riprende, dopo la pubblicit�, l'onorevole se ne � andato.
La conduttrice annuncia la seconda parte del programma non prima di aver detto di
avere allertato l'autorit� per la tutela della privacy e la polizia postale e delle
comunicazioni. Degli hacker sono entrati nel loro sito.
Poi introduce l'ospite successivo.
Un tizio che dice di voler divorziare da un'aliena.
Evey spegne il televisore.
Gli espongo i miei ultimi dubbi.
�Lo sai, vero, cosa succeder�? Che tanti programmatori useranno il codice per fare
una controrete, una rete aperta di controllo. Ma molti lo utilizzeranno anche per
scopi negativi.�
�Lo so Deus, ma ne varr� comunque la pena, credimi. � l'apertura il modo migliore
per combattere l'odio. Se poi verranno uniti anonimato e trasparenza, il progetto
sar� completo. Potremo controllare senza essere visti. Ma il percorso verso questo
obiettivo deve comunque essere un percorso di sofferenza. Come per tutte le cose
importanti.
�l'impossible je suis tenu, ricordi?�
***
52. Un trojan di stato
I cd pian piano si stanno duplicando.
Evey sostituisce ogni cinque minuti quelli gi� incisi con quelli da incidere.
Sempre con molta cautela. A quanto ho capito, ne vuole preparare un centinaio. Come
prima base per la disseminazione sono sufficienti. Il mondo del digitale � bello
per questo. Cento diventeranno, in pochi minuti, diecimila. E diecimila
diventeranno un milione.
Noto per� che non � tranquillo, nonostante la breve parentesi di goliardia durante
lo show televisivo.
Qualcosa lo preoccupa.
�Che c'�, Evey? Cosa non ti torna?�
�Deus, abbiamo lasciato indietro una cosa. Forse non abbiamo voluto vederla, ma �
importante. � la parte di codice sorgente offuscata sulla quale stava lavorando God
prima di morire. Quella parte nasconde un segreto, un ultimo tassello, e sono a un
passo dal comprendere cosa sia, ma non ci arrivo. Per� manca qualcosa. Manca
qualcosa di importante.�
Si alza, beve un sorso di vino, si risiede, gira attorno al computer e al monitor.
� davvero agitato.
Poi, improvvisamente, si blocca.
Vedo che guarda le chiavette che ha preso dalla cassaforte e che stiamo usando per
la connessione in rete.
E riprende improvvisamente a parlare.
�Ti ricordi il sas? Il sistema di cui un giovane hacker parla a Kevin Mitnick nel
film Hackers 2? Dice che in California sarebbe possibile un controllo dell'Fbi
sulla rete telefonica con quel sistema. Integrato nella rete telefonica. Come se
fosse stato impiantato. E ricordi cosa dice Mitnick? Non puoi prendere quello che
non vedi.�
Impiantato e integrato nella rete telefonica.
Ho capito dove vuole arrivare Evey. Ma mi sembra troppo pericoloso per essere
reale.
Vedo che riprende il codice, lo riguarda, con un editor apre un software che pilota
una chiavetta. Picchia forte con un pugno sul tavolo.
�Ho finalmente capito. Quello che abbiamo visto sinora � solo la punta
dell'iceberg. Lo sai come hanno fatto a penetrare in maniera cos� diffusa nel
sistema informatico italiano?�
Vedo che solleva una scatola e mi mostra una chiavetta.
Una semplice chiavetta di una compagnia telefonica nazionale che permette la
connessione via umts, con dentro una sim. Una normalissima sim.
Ora ho capito.
Le linee di codice senza commenti che non riuscivamo a comprendere seguono
immediatamente, come ordine, quelle che controllano le modalit� di accesso a
telecamere e webcam.
Ma i video che abbiamo trovato, e che God ci aveva fatto trovare nella directory,
erano di tanti tipi. Dai video dei telefonini alle registrazioni di Skype.
Ecco cosa mancava.
L'intercettazione di tutte le trasmissioni personali che viaggiano via internet.
Mentre Evey interpreta il codice, capisco.
Il codice dialoga con la chiavetta usb per la connessione a internet con la sim
distribuita dalla principale compagnia telefonica statale.
�Evey, guarda qui, che ne pensi?�
Evey sorride.
�Mai usato chiavette di compagnie italiane, ovviamente. E tu?�
�Non ci penso neanche.�
�Quante ne hanno vendute in questi tre anni?�
�Quasi sei milioni.�
�Ottimo.�
� ironico.
Vedo che torna alla cassaforte e prende dalla confezione una chiavetta ancora
sigillata di un operatore nazionale, senza la sim.
La collega a un portatile con un sistema operativo datato, in modo che la chiavetta
non lo riconosca e non possa avviare nessun programma.
Vedo che apre il terminale e inizia ad analizzare la chiavetta.
�Guarda, Deus. Il software di gestione della connessione, che si avvia
automaticamente quando la chiavetta viene inserita in un computer e si collega alla
rete dell'operatore, � semplicissimo. Pochi comandi.�
�Dici che sia il caso di fare del reverse engineering e guardare il codice?�
�Mi sa di s�.�
Dopo due ore abbiamo scoperto che il software per la connessione � anche
un'interfaccia verso il sistema che God aveva scoperto.
Le connessioni a internet sono controllate tramite queste chiavette.
�Evey, non capisco. Come funziona questo tipo di trojan?�
�Come ogni altro trojan. Recupera, sul computer e nelle connessioni, immagini e
video e li trasmette in maniera metodica al servizio centrale. Un trojan di stato.�
Ora comincio a capire.
In ciascuna delle chiavette usb vendute dalla principale compagnia nazionale di
telecomunicazioni � contenuto un software che pu� comunicare con il sistema di
controllo scoperto da God.
O, meglio, pu� trasmettere dati e informazioni. Audio e video.
�Evey, ma un sistema di questo tipo � ingestibile. Sono dati che provengono da
circa sei milioni di chiavette. Troppo rumore. Non serve a nulla un sistema cos�!�
�Non avere fretta. Ragiona. Non tutti i sei milioni di chiavette che circolano
interessano a chi vuol controllare l'informazione. Ogni chiavetta � collegata a una
sim. Per avere una sim, con la normativa antiterrorismo, devi identificarti. Devi
lasciare una fotocopia della carta d'identit� o del tesserino del codice fiscale.
Capisci?�
Capisco eccome.
Basta avere l'elenco di chi ha acquistato una chiavetta con la sim e si risale alla
sim stessa.
Si individua il soggetto e si inizia a intercettare.
�Dubito, Deus, che siano state attivate pi� di diecimila, al massimo ventimila
chiavette. Ma le hanno attivate strategicamente. Una prima tranche a campione:
politici, imprenditori importanti, figure pubbliche. Una seconda tranche a
richiesta, probabilmente facendosi pagare profumatamente.�
A questo punto dobbiamo integrare le nostre informazioni da inviare agli hacker e
alla stampa, ma vedo che Evey ci sta gi� pensando.
Ha preso la parte del codice che funziona da trojan, e sta preparando un invio alla
stampa e ai programmatori.
Affinch� possano capire cosa succede.
Bruciamo il segreto, come avrebbe voluto God.
E completiamo il lavoro.
***
53. Il canificio degli orrori
La copia dei cd � quasi terminata. Evey, con una calma che gli invidio, ha gi�
iniziato a confezionarli.
Rifletto un momento.
Tutto ci� che abbiamo fatto sinora � rimasto segreto. Tra me ed Evey.
Le uniche azioni esterne sono state la caccia al killer, ma non abbiamo lasciato
tracce, e la breve gag in diretta televisiva, ma il video era su un server
brasiliano ed era gi� circolato indipendentemente dal software che abbiamo
scoperto.
Per� abbiamo attirato sicuramente l'attenzione, e dobbiamo muoverci in fretta. Ho
qualche ora, ancora, forse un giorno, per utilizzare il sistema scoperto da God per
i miei fini. Per il mio lavoro.
E l'aiuto di Evey mi sar� indispensabile.
�Evey, siamo quasi alla fine. Prima di rivelare al mondo il sistema di
sorveglianza, che ne dici se lo usiamo per qualche ora? Ho un caso da risolvere.
Secondo te riusciamo a farlo in modalit� sicura?�
�Secondo me, s�. E sar� un divertimento.�
Ci accomodiamo su un tavolo sgombro.
Evey porta il computer sicuro, quello che abbiamo usato per il collegamento al
sistema, e cominciamo a lavorare insieme. Di nuovo insieme, ma questa volta a pochi
centimetri di distanza uno dall'altro.
Estraggo dalla mia borsa il TomTom e il microchip trovato nel cadavere del cane,
che mi ha dato Sophie a Milano.
�Allora. Le prime fonti che potrebbero servirci, ossia coordinate geografiche dalle
quali individuare delle telecamere nelle zone circostanti, potrebbero essere qui
dentro.�
Evey osserva i due dispositivi e non appare per niente preoccupato, n� stupito. Ne
ha trattati di ben pi� complessi.
� solo leggermente incuriosito dal microchip per cane, se lo passa tra le dita
divertito.
�I navigatori. Ah, i navigatori.�
Evey tira un lungo sospiro.
�I navigatori satellitari si sono diffusi a macchia d'olio negli ultimi anni. Li
vendono nei grandi magazzini, li comprano anche persone che non escono di casa.
Sono nei telefoni, adesso anche nelle console per videogiochi. Ma la gente non sa
che il navigatore diventa un testimone. Un testimone non solo di una eventuale
scena del crimine, ma anche delle attivit� della persona comune.�
Evey ha ragione. La stessa modalit� di funzionamento di un navigatore � in
violazione della privacy del soggetto che lo compra. Alla fine un navigatore
satellitare ha una sola funzione importante: quella di fornire il posizionamento di
un utente attraverso un'antenna integrata, usando delle mappe precaricate.
Il posizionamento.
L'antenna gps riceve dei segnali da satelliti che orbitano attorno alla terra usati
per calcolare l'esatto posizionamento. Questi dati sono trasferiti a un software
che utilizza le coordinate per visualizzare la posizione sulla mappa. In concreto:
si controlla l'essere umano nei suoi spostamenti e nella sua posizione.
Evey guarda per un po' il navigatore dei trafficanti di cani e m'indica una stanza
oltre la panic room. � completamente schermata con un tavolo e un computer, lontana
dalla scaletta. � il posto in cui analizza navigatori e cellulari per evitare che
comunichino con i satelliti o che aggancino una rete.
Un ambiente senza segnali � l'ideale per questi dispositivi, anche se non � sempre
facile trovarlo o averlo a disposizione. Il TomTom, appena acceso, cercherebbe di
comunicare con il satellite e cancellerebbe o sovrascriverebbe i dati dell'ultima
posizione. Sarebbe un errore marchiano da un punto di vista investigativo. Anche
se, nel nostro caso, l'errore lo hanno gi� fatto gli attivisti quando lo hanno
rubato. Almeno cos� mi ha detto Sophie.
La mia attenzione, durante l'analisi, si concentrer� sulla home location, la
posizione base, che dovrebbe corrispondere all'abitazione o all'ufficio del
proprietario. Poi mi sposter� sull'area dei preferiti, gli indirizzi o i punti di
interesse utilizzati frequentemente come destinazione. Infine cercher� le
informazioni sul proprietario, le destinazioni recenti e gli ultimi indirizzi
impostati durante il calcolo di un tragitto.
Regola numero uno. Mai toccare l'originale.
Effettuo subito una copia della scheda di memoria e della memoria interna del
TomTom e lo ripongo di nuovo nel sacchetto. Lo restituir� a Sophie.
Analizzo l'immagine della memoria del navigatore con diversi software che ho sempre
con me. Il pi� potente estrae i dati e me li fa vedere su una mappa geografica,
dando informazioni molto utili.
Dopo neppure mezz'ora ha un elenco di coordinate geografiche dell'Est Europa.
Ho recuperato il tragitto che ha percorso il TomTom, ho ricreato un itinerario
preciso e ho anche individuato il punto di origine, il luogo dove � stato messo il
microchip al cane. Poche informazioni ho, invece, sugli ultimi minuti di tragitto.
E comunque dagli ultimi dati il TomTom risulta gi� in Italia.
La cosa pi� importante � che ho recuperato l'indirizzo dell'abitazione, le
destinazioni recenti, l'ultima posizione del dispositivo che, purtroppo, era gi�
oltre il confine italiano. Tutto ci� ci � utile per localizzare il luogo di
transito del traffico.
Evey � soddisfatto.
�Abbiamo avuto fortuna. Il proprietario aveva collegato un telefono cellulare al
TomTom. Probabilmente per comodit�, per usarlo mentre guidava.�
Gi�, � una bella fortuna.
Del resto la scienza investigativa si basa anche sul fato.
Recupero in pochi secondi dal navigatore il nome e l'identificativo del cellulare,
le informazioni relative alla connessione gprs, i numeri e i nomi dei chiamati e
dei chiamanti, la rubrica importata dal telefono e diversi sms ricevuti e inviati.
Tutte le informazioni sono in chiaro. Le posso leggere e annotare con un semplice
editor di testo. Gli sms sono in lingua straniera, ma non avr� problemi a farli
tradurre in tempo reale da qualche mio amico hacker in giro per il mondo.
Mentre sto terminando l'analisi del TomTom, vedo che Evey sta gi� dialogando via
wireless con il microchip.
Non ha alcun problema a interpretarlo, ha scaricato da internet un emulatore del
lettore usato di solito dai veterinari e sta annotando con cura, su un foglio di
carta, i dati identificativi che ha trovato.
�Cosa pensi di fare?�
Il tono di Evey � vivace, non � per niente annoiato.
Si sta divertendo.
E sta bene.
�Allora, ti sintetizzo la questione. C'� un traffico di cani dall'Est. Alcuni
attivisti sono entrati in possesso di questi dispositivi. Vorrebbero identificare i
canili lager e vedere cosa succede.�
�Il sistema che abbiamo appena scoperto serve proprio per vedere...�
Evey torna al computer, osserva il foglietto che gli porgo con le coordinate che ho
trovato nel navigatore. Aspettiamo.
Dopo pochi secondi siamo sul divano, comodi, a osservare quello che sta succedendo
in un canile a quasi tremila chilometri di distanza.
C'� fermento.
Notiamo diverse persone che girano per gli ultimi controlli.
Mentre io osservo le riprese in tempo reale, Evey sta verificando le impostazioni
del loro sistema di controllo.
�Deus, fanno un backup che dura una settimana. Ti faccio una ricerca nel database?
Con che parametri?�
�Usa come parametro soggetti che si muovono pi� velocemente del solito, in maniera
poco tranquilla. Significa che c'� un'emergenza. Oppure movimenti rapidi, tipo
quando stanno buttando dei cadaveri all'esterno. Oppure livelli di sonoro fuori dal
normale. Guaiti. Urla.�
Dopo un paio d'ore abbiamo chiaro ci� che � successo.
Abbiamo visto in tempo reale le operazioni in corso all'interno del canile ed Evey
ha recuperato dall'archivio decine di video cruenti e molto esplicativi. Simili a
quello che mi ha fatto vedere Sophie nel mio studio.
�Cosa facciamo di queste informazioni, Deus?�
Il mio amico prende dalla sua cassaforte un disco blu, sottile, ancora nuovo.
Lo apre e inizia a salvare le informazioni. Sono una cinquantina di video. Intanto
controlla la colonnina di cd. Siamo quasi alla fine. Tra poco la disseminazione
inizier�.
Il processo di copia � terminato.
�Grazie Evey. Facciamo il punto della situazione?�
�Allora, sono le tre del pomeriggio. Io tra tre ore ho terminato. Avremo un
centinaio di pacchetti da spedire. A te serve ancora il sistema?�
�No, puoi eliminare tutte le tracce e verificare che sia tutto a posto. Io devo
vedere una collega per discutere di quello che abbiamo trovato nel canile. Ti
chiederei di venire con me, ma so che preferisci rimanere nell'ombra.�
�Tranquillo, Deus. Ne approfitto per riposarmi un po' e per far fare un giro ai
cani. A tutti e tre.�
�Ottimo. Allora Bonanza lo lascio qui con te. Se vedi che improvvisamente si agita,
dagli un würstel di pollo. Li adora.�
Prendo il cellulare e compongo il numero di Sophie.
�Ciao avvocato viaggiatore, come stai?�
�Ciao Sophie. Bene, bene, sto bene. Ho trovato informazioni interessanti, dove sei?
Riusciamo a vederci?�
�Certo Alex, ho tenuto qualche giornata libera. Speravo in una tua telefonata. Sono
a Roma, posso prendere il primo treno per Bari. Questa volta senza la iena.�
Apro una finestra sul sito delle ferrovie dello stato e mentre parliamo verifico i
collegamenti.
�Hai un treno tra un'ora e mezza, alle sedici e quarantacinque. Vengo a prenderti
alle nove in stazione, pu� andare?�
�Perfetto Alex, mi muovo subito. Devo portare qualcosa con me?�
�No, no, tranquilla, porta solo il tuo computer. Ho tutto io.�
�Grazie, davvero, Alex, un bacio grande.�
***
54. La mer
Ho lasciato Evey, Bonanza e i due cani murgioni tranquilli sul prato davanti al
vecchio ovile, in una serata splendida.
Arrivo in moto a Bari con una certa difficolt�.
Ho gli occhi stanchi per le ore passate davanti al computer e la strada �
dissestata e piena di buche. Devo stare molto attento.
Nella borsa laterale ho il mio portatile e il disco che mi ha preparato Evey.
La piazza davanti alla stazione � abbastanza movimentata, sono appena arrivati due
treni, uno da Milano e uno da Roma, e anche al posteggio dei taxi si � formata una
discreta fila.
Non mi fermo, ma mi porto all'uscita laterale dove, da un cancellino aperto, a
fianco del bar, vedo uscire Sophie. Esce nella piazza ed � radiosa. Ha sottobraccio
un casco rosa con attaccate due orecchie da cane.
Il casco per lei.
Non me ne ero ricordato, con tutti questi pensieri. Per fortuna ci ha pensato lei.
�Aleex!�
Mi saltella incontro come una bambina, mi abbraccia e sale dietro. Ha un paio di
jeans, scarpe da ginnastica, un maglione con sopra un giaccone e una borsa a
tracolla con il computer. Indossa il casco ed � pronta a partire.
�Dove mi porti? Ho l'ultimo treno a mezzanotte e un quarto e ho gi� il biglietto.
Non abbiamo molto tempo.�
Sento la sua voce leggera, da dietro la visiera del casco.
"Homme libre, toujours tu ch�riras la mer!", scriveva Baudelaire.
�Andiamo verso il mare, Sophie.�
Percorriamo i trentacinque chilometri che ci separano da Polignano a Mare
gustandoci il panorama circostante.
In questo vecchio, surreale paese di pescatori, dall'architettura cos� particolare,
cerchiamo un luogo tranquillo. Ci sediamo in un ristorantino e ordiniamo del pesce.
Non parliamo di lavoro, sorridiamo e stiamo rilassati. Finalmente riesco a
riposarmi. � stata lei a volere cos�. Dice di volermi conoscere un po'. Terminata
la cena usciamo, ci portiamo su uno scoglio e ci sediamo vicini. Per qualche minuto
ammiriamo il mare. Il vento freddo che ci accarezza non � fastidioso.
Poi prendo il portatile dalla mia borsa, mi avvicino ancora un po' a Sophie e le
faccio vedere cosa ho scoperto.
�Allora, Sophie, avevi ragione quasi su tutto. Ma ho qualche sorpresa per te.
Cominciamo dal codice del microchip che mi hai dato. � stato molto importante. Devi
sapere che le prime tre cifre identificano la ditta produttrice mentre le altre
sono sequenze casuali a completamento del codice. In Canada, Europa, Asia e
Australia tutti i microchip per animali adottano uno standard unico. In pratica
devono operare alla frequenza di centotrentaquattro e due chilohertz. Quindi non �
stato un problema collegarsi e analizzare i dati.�
�Interessante. E cos'hai scoperto?�
�Dunque, ho scoperto che il microchip emette un brevissimo segnale solamente se
viene attivato da un apposito lettore. Con un software di simulazione ho ricreato
l'apparecchio per leggere i chip sul mio schermo.�
�Poi cos'hai fatto?�
�Ho analizzato i dati sul microchip incrociandoli con i dati che ho recuperato dal
gps che mi hai dato. Anche dati apparentemente inutili possono essere preziosi se
correlati ad altri. Cos�, ho potuto ricostruire il percorso completo, dall'uscita
del cane dal canile sino allo scambio del cane con il denaro. Nella rubrica del
TomTom ho trovato anche alcuni numeri di telefono interessanti, di veterinari,
cliniche veterinarie, poliziotti italiani. Erano una minoranza, probabilmente i
complici sicuri in Italia.�
Sophie mi guarda incredula.
Non parla.
Poi sussurra: �In poche ore hai trovato informazioni che noi in anni di ricerche
non siamo riusciti a recuperare.�
�Sophie, ascoltami, ora viene il bello. Guarda qui.�
Mi posiziono meglio sullo scoglio, lei si avvicina a me, mi passa un braccio
attorno alle spalle e si mette comoda. Appoggio il portatile sulle ginocchia,
affinch� lo schermo sia visibile da tutti e due.
Premo il pulsante play.
E Sophie inizia a rabbrividire.
Sullo schermo scorrono immagini di poche ore fa.
Almeno cinque persone si stanno aggirando in un enorme canificio per preparare la
grande spedizione natalizia.
Sophie aveva ragione.
Ed � allibita.
Un uomo magro e mal vestito, con stivali e un maglione pieno di buchi, sta girando
per le gabbie dove sono ammassati centinaia di cuccioli.
Con un metodo ormai collaudato, sta distribuendo medicinali. Medicinali che servono
a rendere vispi i cuccioli. Poi, terminata la prima scorta, ne prende altri.
Sophie sussulta.
Una telecamera � puntata su dei contenitori vuoti. �� l� che li metteranno. Vecchie
taniche di vernice o di acido. La struttura � enorme, Alex, enorme. Hai individuato
la zona esatta in cui si trova?�
�S� Sophie. Siamo nella campagna attorno a Pecs, in Ungheria. Guarda, questo � il
capannone.�
Le faccio vedere una foto presa dal satellite, molto chiara. Dall'esterno sembra
una semplice fattoria. Hanno lavorato molto, i gestori, per mimetizzarla. Per non
dare nell'occhio.
Lancio un video che ho tenuto in evidenza.
Sullo schermo appare una cagnetta giovane, che si lamenta piano. � in uno scatolone
di cartone, sfinita per il parto recente e per la fame. Non ha pi� latte, non pu�
fare altro che leccare i suoi due cuccioli che cercano di scaldarsi e di nutrirsi.
Ne ha altri tre rigidi, a fianco, che non guarda pi�. Non si muovono. La telecamera
ruota un po' e inquadra tante altre madri nella stessa situazione.
Sophie sta piangendo.
�Muoiono gi� l�, i cuccioli, vicino alle loro madri. Figurati come possono
sostenere un viaggio. Come possono arrivare in Italia.�
�Guarda Sophie, queste sono di qualche ora fa. Le ho salvate prima di salire in
moto e venire da te. Sembra proprio che stiano accelerando i preparativi per la
partenza.�
�Sembra anche a me, Alex. Guarda l'uomo col camice. Sta facendo iniezioni di
gammaglobuline e cortisone, sar� un veterinario locale. L'effetto dura non pi� di
due giorni. Domani li caricheranno e partiranno. I cuccioli sembreranno vispi e
saltellanti per alcuni giorni, il tempo di consegnarli ai complici italiani,
metterli nella vetrina di qualche negozio e venderli. Poi inizieranno le
convulsioni, la diarrea emorragica. Non hanno neanche trenta giorni di vita, hanno
un sistema immunitario debolissimo. Ne moriranno tantissimi.�
�Guarda... in questo video ci sono gli stalloni...�
Sono cani di razza, anche quelli magri, isolati e deboli. I riproduttori. Devono
agire a ogni calore indotto delle fattrici. Ogni mese, non due volte l'anno come
sarebbe normale.
Sophie si sta asciugando le lacrime.
Rimaniamo in silenzio a guardare il mare. La cena di pesce si � bloccata nello
stomaco. Sophie si allontana, raggiunge il bordo dello scoglio per vomitare. Torna
e mi chiede scusa.
La abbraccio.
�Alex, devo ringraziarti. Davvero. Mi avevano detto che eri un grande, ma non
credevo fino a questo punto. Sono in debito con te. Ma cosa facciamo ora? Questi
domani o al massimo dopodomani partono e arrivano in Italia. Non possiamo
permetterlo.�
Non possiamo permetterlo.
Rifletto un po'. Dietro a queste organizzazioni ci sono i peggiori criminali
d'Europa. Si rischia la vita. A meno che non si agisca nell'ombra, come ho fatto
sinora.
Non rispondo a Sophie. Strappo un foglietto dal mio taccuino rosso e con calma
scrivo due numeri di telefono che conosco a memoria.
�Sophie, ascoltami. E fai come ti dico. Senza iniziative personali. Chiama questi
due numeri. Prima quello con il prefisso 02, poi quello del cellulare. Di'
solamente che chiami a nome mio. E che al momento io non posso parlare. Spiega cosa
sta capitando senza parlare del mio intervento. Spiega del carico natalizio. Della
rete. Del canile. Troverai due persone che ti faranno poche domande e ti diranno
nei dettagli cosa fare. Come risolvere il problema. Ascolta loro. Non prendere
iniziative.�
�Posso parlarne con qualcuno? Con gli attivisti?�
�No, Sophie. Fino a quando non sappiamo se quello che abbiamo scoperto � vero. �
probabile che abbiano infiltrati anche tra gli attivisti. Al momento lo sappiamo
solamente tu e io. Dillo alle due persone che ti ho indicato, e sar� sufficiente.�
Sophie si ferma a riflettere. Guarda il biglietto. Poi si scioglie in un sorriso.
�Grazie Alex. Non so cosa dirti. Noi ci rivediamo?�
�Penso di s�, Sophie. Ho alcune cose da sistemare e poi rientro a Milano.�
Rimaniamo ancora qualche minuto a osservare il mare, poi la riporto in stazione e
ci salutiamo.
Di nuovo.
Il disco con i video l'ho lasciato a lei.
� mezzanotte.
***
55. Il giorno degli addii
All'alba, fuori dalla casa di Evey, l'aria � frizzante. Ho dormito bene. Non ho
avuto incubi. Non mi sono svegliato sudato o con la tachicardia. Una leggera brezza
scuote l'erba alta.
Mi siedo sul muretto a secco di fronte alla casa e guardo il crepaccio che si apre
sulla sinistra e il torrente che scorre lambendo i Sassi. Nel corso dei secoli la
roccia tenera � stata solcata dall'uomo, alla ricerca di ripari o semplicemente di
lavoro o di luoghi di culto. La macchia mediterranea � fatta di specie che
resistono al clima secco.
Mi rendo conto che � la prima volta, terminato il lavoro, che ho il tempo di
osservare il paesaggio attorno. Con calma.
Mi godo finalmente i giorni senza pioggia. L'aria � fresca, ma rispetto a Milano
sembra di essere ai Caraibi.
Il panorama � incontaminato, ma oltre gli arbusti noto i brevi lampi che il sole
genera in diversi punti.
� l'acciaio delle telecamere, mimetizzato. Telecamere che resistono a ogni
temperatura e, probabilmente, sono alimentate con batterie grandi come monete che
durano anni.
Faccio un gioco, cerco di individuare i lampi. Non � difficile. La disposizione
delle telecamere segue un perimetro e, soprattutto, sono tutte rivolte verso
l'esterno, come le sentinelle nei castelli.
All'interno, privacy assoluta.
All'esterno, controllo.
Un regno ideale per chi sostiene che libert� e controllo non possano convivere.
Mi sembra che Evey abbia fatto un ottimo lavoro.
Evey � sveglio, sorridente, rilassato. Mi fa piacere non vederlo preoccupato dopo
questa full immersion informatica. Probabilmente quando io sar� partito se ne andr�
un po' in giro per compensare.
Siamo seduti sul prato, io ho gi� il giaccone.
Noto che ha un falco appoggiato sulla spalla. � un falchetto locale, lo chiamano
grillaio, arriva di solito a marzo per annunciare la primavera.
L'ha salvato, e ora lo cura e gli d� da mangiare. Aveva nidificato sotto il tetto,
come spesso capita.
�In tutte le galassie... in tutti gli infiniti spazi... mai ho trovato un pianeta
pi� benedetto di questo. Nessun mondo pi� profusamente dotato di bellezza... di
clima temperato... di ogni ingrediente che lo rende un vero paradiso.�
Sorrido e ascolto in religioso silenzio.
Evey che recita a memoria le battute di Silver Surfer non � uno spettacolo da tutti
i giorni. Intanto guarda lo splendido panorama naturale attorno a lui, lo indica
con movimenti larghi delle braccia, come farebbe un papa.
E riprende.
�Piogge abbondanti... un suolo abbastanza fertile da nutrire una galassia! E un
sole sempre caldo... simbolo di nuova vita e di nuova speranza! � come se la razza
umana fosse stata favorita divinamente sopra le altre!�
Si ferma, pensieroso, e finisce la citazione. Che anche io conosco bene.
�Tuttavia... nella sua incontrollabile follia... nella sua imperdonabile cecit�...
cerca di distruggere questo gioiello... questa gemma... questa sfera benedetta...
che chiamano terra!�
Sorridiamo insieme. Mi avvicino a lui e indico anche io il panorama. Ma prima che
io parli, lui alza un po' la voce.
�Questo parco � stupendo. � una delle meraviglie del mondo. E i politici volevano
distruggerlo. Volevano farne una discarica. O asfaltarlo. Questi anni sono stati
difficili, molto duri, ma la resistenza locale � stata forte, temevano di ritornare
agli anni cinquanta.�
�Mi racconti cosa � successo?�
�Gli anni cinquanta sono stati anni di chiese rupestri saccheggiate e rase al
suolo, affreschi asportati o deturpati da vandali, masserie ridotte in rovina per
incuria o abbandono, cave aperte, discariche abusive, colture improbabili. Il
periodo peggiore per queste zone, un'ombra che gli abitanti di qui si portano
dietro, il loro peggiore incubo notturno.�
�E poi?�
�Nel 1978 fecero il parco. Solo un parco avrebbe potuto mantenere questa zona cos�.
Era il pi� importante esempio di civilt� rupestre in Italia.�
Ascolto Evey affascinato.
�La ribellione guidata da me � iniziata nella grotta dei pipistrelli. E da l� si �
spostata in tutta l'area. � iniziata con un rito strano. Alcune persone si sono
incontrate senza conoscersi e in quella grotta hanno concepito l'embrione di
Resistenza ecologica. Io ero qui per caso. Ero appena arrivato. Cercavo pace.
Volevo uscire dal mio mondo e dalle mie fobie. Lo vedevo come un luogo tranquillo.
In realt� mi sono trovato pian piano sempre pi� coinvolto in Resistenza ecologica.
I nuovi briganti. Ai quali ho donato la tecnologia. Abbiamo usato un network,
abbiamo mobilitato le persone e intanto siamo entrati nei computer, abbiamo
raccolto informazioni sui progetti, sulle azioni. E ci siamo difesi.�
Mi piace osservarlo mentre parla, appassionato, di ci� che stanno facendo.
Poi la sua domanda arriva a bruciapelo, e mi ferisce come una lama.
�Ci manca Rose, vero Deus? Ci mancano i TfH.�
S�, Rose ci manca. Ha scelto di chiudere definitivamente, e abbiamo rispettato la
sua scelta. Non abbiamo idea di dove sia finita.
�Ci manca, ma star� sicuramente bene. A volte tagliare del tutto i ponti � l'unico
modo per uscirne. Ora far� la modella, o la hostess.�
Sorridiamo ricordando la sua bellezza e la sua simpatia. Una bellezza pulita, acqua
e sapone, per niente evidente. L'ideale per trarre in inganno chiunque, per essere
insospettabile, per non farsi riconoscere negli ambienti affollati.
L'ingegneria sociale � un'arte. � l'arte di ottenere informazioni agendo non sul
computer ma sul cervello delle persone, sulla capacit� di convincere. Accanto a
competenze informatiche fuori dal comune, Rose aveva questo dono. Recuperava
password, codici, entrava in ambienti riservatissimi e controllati. Al telefono
riusciva a ottenere qualsiasi cosa.
Di certo Rose ci sarebbe andata di persona, nei canili lager, e non avrebbe avuto
alcuna difficolt� a entrare. E a operare.
Bonanza si sta stirando e osserva il falchetto con una strana espressione. In
silenzio cominciamo a sistemare le borse sulla moto: quella per il portatile,
quella per il cane.
Vedo che Evey ha una tanichetta di benzina e un imbuto, con i quali riempie in
silenzio il serbatoio.
Dovr� comunque fermarmi almeno dieci volte, durante il viaggio, ma per le prossime
tre ore sar� a posto.
�Sai che quando vuoi salire a Milano sei sempre il benvenuto.�
�Sto bene qui, Deus. C'� quiete, c'� un panorama tra i pi� belli al mondo. � il
posto ideale per me per riflettere, sono ancora in una fase di depurazione, anche
se ti sembrer� strano.�
Non mi sembra strano. Gli anni che abbiamo vissuto li abbiamo vissuti davvero
intensamente.
***
56. Il pacco dell'emigrante
Vedo che Evey ha per me un piccolo kit. Il pacco dell'emigrante, lo chiama.
�Deus, ti ho creato uno strumento carino per inviare e-mail mantenendo un profilo
basso e utilizzando le risorse che incontrerai per strada.�
Basso per Evey significa anonimo.
�Non � possibile rilevare n� il vero ip, n� il sistema operativo, n� la versione
del browser. Ho indicato Internet Explorer ma non � quello, ovviamente. Non vengono
rilevate neppure la posizione e la lingua del browser.�
�E la mappa?� domando, ma so gi�.
�� una mappa degli access point presenti sul territorio da qui a Milano, che mi
hanno mandato stanotte. � aggiornata. I miei soci hanno individuato, catalogato,
testato e mappato gli access point pi� appetibili, privi di password d'accesso,
collocati in zone sprovviste di impianti di videosorveglianza privata e pubblica e
non soggette a controllo costante delle forze dell'ordine. Siamo entrati nei loro
archivi e abbiamo la mappa dei tragitti che fanno con le volanti durante le
perlustrazioni di routine. Questi sono percorsi che di solito non fanno.�
�Ottimo Evey. Come mi consigli di procedere? Sei tu l'esperto di sorveglianza.�
�Per prima cosa stai rilassato, altrimenti ti beccano subito. Uscito da Matera,
allacciati al primo access point. Lo troverai un po' lento ma non preoccuparti, �
perch� sia tor sia vpn sono attivati. Entra in Gmail e crea subito una casella di
posta elettronica. Se durante la fase di registrazione nota che l'account potrebbe
essere generato da un servizio automatico, Gmail ti chieder� di compilare un form e
ti domander� un numero di cellulare cui inviare un codice di autenticazione che ne
confermi la genuinit�. Hai due strade: o usi il cellulare che ti ho messo nel pacco
dell'emigrante, o disattivi la vpn e rifai la richiesta. Gmail ci cascher� senza
problemi. Creato l'account, spegni il pc e allontanati dalla zona. Le operazioni
successive le farai in un altro posto sicuro.�
�Al secondo posto sicuro inizio a inviare le e-mail, giusto?�
�Giusto Deus. Ti consiglio di inviarle con vpn e tor attivi. Tutti e due. Se
qualcuno ti far� il tracing, verr� mandato a Mountain View. Non ci sar� modo di
tracciare il mittente. Nelle intestazioni dei messaggi in uscita non saranno
indicati n� il suo ip n� la sua ubicazione. E i dati viaggiano cifrati.�
Il pacco dell'emigrante mi sembra gustoso.
Dovr� distruggerlo, finito il viaggio, per eliminare le piccole tracce che
rimangono nei file di log, ma dubito che chi vorr� indagare sulla fuga di
informazioni riuscir� anche solo a impostare una mappa per rintracciarci.
�E ricordati anche del sistema vintage. La spedizione dei pacchetti. Te ne ho messi
un bel po' in borsa.�
�Perch� non vieni a Milano con me, Evey? Ho lavoro anche per te.�
Mi pento subito di averglielo chiesto.
La realt� � che andrei io ad abitare in quel paradiso con lui. Ma non ho il
coraggio di dirglielo.
�Deus, ti confesso che la diagnosi a suo tempo mi spavent� molto. Sono davvero
contento di riuscire a controllarmi, ora. So che � lunga, ma vedo tanti benefici. E
sto bene. L'idea di essere normale mi fa paura, ho il terrore di ricaderci. Milano
non mi farebbe bene. Non � l'ambiente per me. Mi metterebbe ansia.�
Faccenda chiusa.
�Ti consiglio di andare a comprare i giornali, nei prossimi giorni. Mi sa che ci
saranno delle sorprese� gli dico.
In realt� abbiamo gi� visto, in rete, gli effetti che hanno avuto le nostre prime
azioni sul mondo dell'informazione.
�Ci andr�. Vuoi anche del cibo, oltre al pacco dell'emigrante?�
�No, tranquillo, ci fermiamo in autogrill.�
Vedo che Evey in una borsa mette due statuette di tufo che raffigurano i Sassi, una
caciotta, delle bustine di malva, del pane e della focaccia.
�Un ricordo di quando da Matera abbiamo cambiato il mondo.�
Bonanza alza la zampa contro la ruota posteriore della moto e la battezza, come
tutte le mattine, per poi saltare nella sua borsa.
Gli sistemo paraorecchie e cappottino. I due cani murgioni annusano la moto e lo
leccano per salutarlo, fino a quando Evey li richiama. Per fortuna non alzano la
zampa anche loro.
�Ciao Evey, ti scrivo quando � tutto finito. Avverti tu, per favore, i ragazzi
della CLA?�
Evey scriver� subito a Tangent, a Nikita e agli altri. Descriver� i fatti, e
spiegher� come alla fine l'obiettivo di God sia stato raggiunto. Pur pagando un
prezzo notevole.
�Certo Deus, ci penso io. Grazie di tutto.�
Vado via felice. Ho ritrovato un Evey in forma, abbronzato, sorridente, capace di
dominare i suoi fantasmi.
Nel tragitto noto qualche telecamera tra gli arbusti che si gira a guardarmi mentre
passo.
Evey � con me, mi sta seguendo.
� il suo modo di salutarmi.
L'autostrada mi aspetta.
Soprattutto, mi aspetta il gran finale.
***
57. Se non capisci niente o fai l'avvocato o fai il sergente
Arrivo sull'altipiano del Carso, poco sopra Trieste, direttamente da Matera.
Infreddolito.
Sono le undici di sera. Eseguo, a mente, un breve calcolo. Ho viaggiato per quasi
sedici ore. Comprese le molte soste. Per fare quasi mille chilometri. Altri mille
chilometri... Il navigatore che ho sul manubrio conferma i miei dati.
Novecentosessantacinque chilometri, per l'esattezza.
Scalo in seconda. Il motore inizia a borbottare come un'anziana signora in un bar
di paese davanti a un caff� troppo caldo. La motocicletta sembra sul punto di
fermarsi, ma in realt� prosegue paciosa.
Continuo a guidare a passo d'uomo. Gioco ancora un po' con la leva della frizione
per impedire che il monocilindrico scalci e, soprattutto, per evitare le lamentele
e i conseguenti guaiti di Bonanza. Il cagnetto non sopporta troppe vibrazioni. Sta
ancora dormicchiando, con il muso che sporge dalla borsa e il naso parzialmente
congelato.
Abbandono la manopola del gas per un attimo e allungo una mano per accarezzarlo
poco sopra il collare. Se lo merita. Apre un occhio, mi guarda e torna a
dormicchiare.
Astarte accompagn� fedelmente Annibale dalla Spagna fino al Sud Italia. Attravers�
i Pirenei, il Rodano e le Alpi. Per poi morire a Zama a fianco del suo padrone.
Sono stato un grande cane, quando le sorti del mondo erano nelle mani di grandi
uomini...
Anche il mio fido Bonanza ha dovuto sopportare, in questa occasione, un percorso
lungo e tortuoso.
� un vero cane da guerra.
Come Astarte.
Sono molto orgoglioso di lui.
Manca un mese a Natale ma qui, sull'ex confine italo-sloveno, non si percepisce
ancora aria di festa.
� zona di dogane e di autotreni. Di strade semideserte e di guidatori solitari. Di
lunghi silenzi e di freddo che penetra nelle ossa prima che uno se ne accorga.
Questi luoghi mi affascinano.
Sono quelli di Addio alle armi, e di La Grande Guerra di Monicelli.
Se non capisci niente o fai l'avvocato o fai il sergente.
Il percorso dei camion che trasportano i cuccioli dell'Est Europa verso l'Italia
passa di qui. Dalle piccole stazioni di frontiera.
Il tracciato, di solito, viene appositamente allungato. Si preferisce deviare per
Maribor e Lubiana, per evitare la Croazia e, soprattutto, per eludere eventuali
controlli.
L'analisi del navigatore satellitare che Sophie mi ha consegnato a Milano ci ha
permesso di tracciare il percorso con grande precisione e, addirittura, di
confrontare eventuali tragitti alternativi.
Siamo stati fortunati, il TomTom era stato utilizzato per diversi viaggi. Almeno
una decina. Tutti i dati geografici di quei viaggi sono rimasti impressi nella
scheda di memoria e li ho facilmente recuperati.
Penso al canificio in cui sono entrato, anche se solo virtualmente, e osservo
Bonanza sonnecchiare tranquillo, con il cappottino impermeabile e il paraorecchie
per il rumore, cullato dalle vibrazioni.
Tra poco dovr� svegliarlo.
Nella borsa di pelle sul lato sinistro della moto, opportunamente schermata prima
di partire e dotata di rivestimenti anticalore in alluminio, ho infilato il
portatile con l'hard disk a stato solido che ho portato a Matera.
La sacca non contiene pi� le molte buste con i dischi e il codice sorgente che ho
spedito da ogni area di servizio in cui mi sono fermato. La disseminazione del
codice si � avviata. Le ultime volont� di God sono state esaudite.
Accanto all'anticipazione per posta elettronica, molti giornalisti domani si
troveranno sulla scrivania un pacchetto molto interessante. Alcuni faranno finta di
non averlo mai ricevuto e telefoneranno ai loro padroni, allarmati. Oppure
sceglieranno solamente quei video che mettono in imbarazzo un avversario politico e
faranno sparire tutti gli altri. Qualcuno, tra gli ultimi giornalisti liberi
rimasti, andr� invece a parlare con il direttore, e qualche ultimo direttore ancora
libero prender� coraggio e dar� il si stampi!
Non confido per� molto nel mondo della stampa cartacea. L'azione pi� importante
l'abbiamo fatta diffondendo i contenuti e il codice in internet.
Lo scarico fa un discreto baccano. Mi sono fermato ogni due ore per eliminare dal
cervello il rumore sordo del motore e per sgranchirmi schiena e gambe. E per
spedire i pacchetti subito dopo aver fatto benzina. Pagando sempre in contanti.
Dopo ogni spedizione, ho inviato un sms a Evey con latitudine e longitudine della
stazione di servizio. Tutti sono attrezzati, ormai, con telecamere che controllano
le aree comuni. Soprattutto quelli che offrono un rifornimento self service. Evey
ha provveduto, pochi minuti dopo, a cancellare i dati da quei sistemi. Nella
maggior parte dei casi, grazie alla mappa di Evey, ho per� cercato luoghi senza
telecamere. Anche se � sempre pi� difficile, oggi.
Molto intrigante. Mi piaceva l'idea che Evey mi seguisse da Matera guardandomi su
un monitor e cancellasse le mie tracce lungo il tragitto verso nord, come si fa con
matita e gomma. Ho contribuito anche io, pagando in contanti e indossando sempre il
cappuccio della felpa.
Sono abbastanza riposato nonostante il viaggio e, soprattutto, sono molto lucido. �
come se tutta la tensione si stesse pian piano sciogliendo. � come vedere la luce
dopo giorni bui e agitati.
In questi giorni sono successe talmente tante cose che mi hanno sconvolto, ma mi
hanno anche fatto sentire vivo. Era dai tempi di San Francisco che non vivevo sul
filo del rasoio, e devo dire che mi ha fatto bene.
A volte mi ha preso lo sconforto ripensando a God. La sera, ogni tanto, o quando
sento o vedo qualcosa che mi richiama la sua persona. Ho per� compreso che dovr�
convivere con questa situazione.
Il navigatore satellitare che ho fissato con due bulloni sulla parte sinistra del
manubrio e che comunica via interfono con il mio casco m'informa, con voce
metallica, che mancano tre chilometri al punto d'incontro. Vedo gi� alcune luci
distanti, il panorama sta cambiando.
Nell'ultima area di servizio dove mi sono fermato per spedire le buste rimanenti,
sul mio telefono � apparso un messaggio di posta elettronica. Conteneva un
collegamento a un sito web molto noto che di solito ospita fotografie caricate
dagli utenti. Migliaia di ritratti, paesaggi, nature morte. Un sito insospettabile,
controllatissimo, pieno di milioni di documenti che ogni giorno vengono caricati.
Il sito ideale dove nascondere qualcosa di importante: il modo migliore per non far
trovare qualcosa � quello di lasciarlo sotto gli occhi di tutti.
Ho inviato un sms a Evey. Insieme alle coordinate per eliminare le tracce
dell'ultima area di sosta ho allegato anche il collegamento alle fotografie. Evey,
grazie a un software per la steganografia e a uno per il riconoscimento delle
immagini nascoste, ha recuperato le immagini originarie. Pochi secondi dopo ho
visto pian piano apparire sul mio cellulare foto diverse rispetto a quelle visibili
a tutti.
Erano le foto di due articoli di giornale estratti da un quotidiano di Praga.
Ho riconosciuto, in tutte e due, il volto che avevo intravisto per pochi secondi
nella hall dell'hotel di Sophie a Milano e che con Evey avevo potuto osservare
meglio dopo avere tracciato il suo percorso e recuperato i suoi lineamenti grazie a
telecamere con maggiore definizione.
Il killer di God.
Morto in circostanze misteriose durante un tentativo di furto in una villa
abbandonata. Non si comprende cosa sia successo. La procura ha aperto un'indagine,
ma non riescono a spiegare l'evento. Non hanno la minima idea di chi possa avere
installato un simile sistema antifurto.
Domani, quando avr� tutti i miei mezzi tecnologici a portata di mano e non solo il
telefono, controller� con calma nel database della polizia ceca per verificare il
decesso e le sue cause. Ed entrer� nel database del tribunale e del medico legale
per vedere cosa � realmente successo. Anche se Evey sicuramente lo sta gi� facendo.
Ripenso a God, ovviamente, e al fatto che si sia trovato coinvolto in un piano
criminale cos� importante.
Alla fine, per quello che pu� contare, � stato vendicato e, soprattutto, ha visto
il suo progetto andare a buon fine.
Non mi sono comportato da avvocato.
Avrei dovuto consegnare il killer alla giustizia, come nei migliori legal drama.
Avrei dovuto rispettare la mia deontologia, l'etica dell'avvocato, la sacralit�
della toga.
Ma non mi sento in colpa.
Perch� le sue idee comunque rimarranno, e anche i suoi insegnamenti.
Quelli dell'ultimo, vero hacker.
***
58. Posto di blocco
Avvicinandomi lentamente in sella alla motocicletta noto, in lontananza, alcuni
agenti di polizia che hanno allestito un posto di blocco molto lasco, a pochi metri
da dove sono io, con un lampeggiante e due barriere illuminate.
Accosto in una piazzola, nascosto alla vista dei poliziotti. Spengo la moto e apro
il cavalletto. Mi sgranchisco le gambe e la schiena.
Bonanza si guarda in giro e torna a dormire. Capisce che � una tappa intermedia,
non gli ordino di scendere e non si muove.
Svito il navigatore satellitare dal manubrio, mi avvicino a un ceppo di un albero
tagliato che sembra perfetto per ci� che sto per fare, prendo un martello dalla
cassetta degli attrezzi e, in tutta calma e con due colpi decisi, lo distruggo.
Quando � ridotto in briciole lo apro, brucio con l'accendino la scheda madre e la
schedina di memoria blu che avevo estratto, stando attento a non appiccare un
incendio, e getto il guscio ormai deforme in un cestino ai margini del bosco,
vicino a una panchina e a un tavolo da picnic.
Il navigatore aveva in memoria tutto il percorso del mio viaggio, compresi gli
spostamenti delle ultime ore.
Lo stesso trattamento lo devo riservare, purtroppo, anche al pacco dell'emigrante
di Evey. Distruggo sia il netbook, dopo averlo aperto e sezionato, sia il telefono.
Gli mando l'ultimo sms dal cellulare sicuro.
Chiudo le comunicazioni da qui, Evey. Grazie di tutto.
Getto anche i resti del pacco dell'emigrante nel cestino e mi guardo in giro pronto
a rimettermi in sella.
Intravedo chiaramente, ora, le macchine, i lampeggianti e le palette.
Iaccarino � piazzato in mezzo alla strada e con la sua stazza occupa quasi met�
della carreggiata. Sembra un pupazzo di neve fatto proprio davanti all'entrata di
casa.
Gli uomini del posto di blocco appaiono rilassati, ma percepisco una certa tensione
nell'aria.
Oltre a Iaccarino ci sono due agenti ai margini della strada con due mitragliette,
altri due in divisa sulle macchine e due in borghese in piedi poco pi� indietro,
con la Beretta estratta e tenuta a filo della gamba destra. Le due mitragliette le
riconosco. Sono Beretta Pm12. Le pistole sono Beretta 98Fs con installato un
sistema di videocamera. Iaccarino vuole riprendere tutta l'azione, giustamente.
Hanno un lettore biometrico sul calcio che identifica l'agente che le usa. Non ho
mai tenuto in mano un'arma, ma le riconosco tutte. Grazie ai videogiochi.
Quando mi vede, Iaccarino mi sorride da sotto i baffoni e mi fa cenno di proseguire
di qualche metro e accostare, come se stesse effettuando un semplice controllo.
Anche gli agenti mi guardano, sorridono e mi fanno passare.
Hanno capito chi sono.
Ieri, in una breve telefonata, ho chiesto a Iaccarino di essere personalmente
presente all'operazione e di non farne parola con nessuno. Gli ho suggerito di
parlare con i colleghi di controlli di routine, di raggruppare una squadra efficace
su cui poter contare e di prepararsi a una operazione di servizio molto
particolare. Ma non c'era bisogno che glielo suggerissi, sapeva benissimo come
muoversi.
� l'unica persona di cui mi fidi.
Volevo evitare che ancora una volta il trasporto fosse rimandato o annullato per
colpa di una fuga di notizie. Gli ho chiesto la cortesia di avvisare la guardia
forestale e il nucleo specializzato per il maltrattamento degli animali dopo
l'operazione, nel caso tutto fosse andato bene. Avremmo cercato di salvare le
procedure con un po' di ritardo nel caso la nostra azione fosse andata a buon fine.
Avremmo finto di aver seguito un'altra pista e di esserci imbattuti per caso in una
spedizione cos� importante, di aver notato qualcosa di sospetto e di essere
intervenuti. La cosa fondamentale era evitare che qualcuno venisse a sapere
qualcosa.
Quando ho chiamato Iaccarino da Matera mi ha risposto subito, al primo squillo. Non
ha fatto domande.
Ha ascoltato e ha detto: �Ci penso io.�
L'ho aggiornato sull'operazione, e non dubitavo che l'avrei trovato estremamente
operativo e affidabile.
Gli ho anche detto di contattare di nuovo Sophie, che gi� gli aveva anticipato la
questione, e di avvertirla di presentarsi a Milano per aggregarsi alla spedizione
verso il confine.
Gli agenti fidati scelti da Iaccarino, che hanno avuto ordini ben precisi, lasciano
passare gran parte dei pochi veicoli, e comunque tutti i camion perch� i camionisti
comunicano tra loro via CB e potrebbero avvertire gli altri. Controllano solo
alcune macchine.
I camionisti che si parlano sono tranquilli: �Stanno fermando solo macchine
piccole. Staranno cercando qualcuno, forse un evaso.�
Confidiamo comunque nel fatto che il convoglio di autotreni partito dal canile
lager non sia preceduto da sentinelle che possano avvertire del posto di blocco e
suggerire una deviazione ai nostri obiettivi.
Noto che tutti hanno i giubbotti antiproiettile e sono pronti all'azione.
Seguo le indicazioni di Iaccarino, che si sbraccia come un allenatore di calcio, e
mentre accosto davanti al bar, a pochi metri dal posto di blocco, vedo Sophie,
sorridente, che si avvicina. Iaccarino anche, un po' pi� affannato. Sono tutti e
due contenti di vedermi.
Bonanza si � svegliato.
� gi� sceso e sta scodinzolando mentre si stira con le zampe anteriori distese.
Guarda un attimo Iaccarino.
Poi guarda Sophie.
Ovviamente decide di correre da Sophie. Non la ricorda, probabilmente, ma si prende
comunque una bella dose di coccole quando lei si accovaccia. Poi infila come al
solito il muso tra le sue gambe. Da tempo ho smesso di scusarmi per questo suo
comportamento.
Mentre Sophie si occupa di Bonanza, scarico le borse, verifico il cellulare,
cattiva abitudine, e abbassando la guardia mi prendo un abbraccio di Iaccarino che
quasi mi stritola.
***
59. In un bar di frontiera
Sophie ha i capelli lisci, non pi� ricci, un piumino nero lungo quasi fino ai piedi
e una cuffia nera che la ripara dalla pioggerellina. Il piumino � aperto sul collo
e lascia fuoriuscire un maglione a collo alto rosso e blu. Ai piedi ha degli
scarponcini infilati nei jeans.
Mi bacia sulla guancia mentre batte i piedi dal freddo, si affianca un attimo al
motore e allo scarico rovente per scaldarsi e mi fa strada sempre in silenzio verso
il bar, semivuoto, tenendo le mani in tasca e dandomi dei colpetti con le spalle,
come per scherzare. Vedo che � tesa, si comporta come una bambina irrequieta per
stemperare la tensione.
Iaccarino entra con noi nel bar, anche lui in silenzio, pensieroso. Di solito i
contrabbandieri di cani girano armati, proteggono un carico che pu� fruttare
milioni di euro. � preoccupato, come un trapezista senza rete, soprattutto per i
suoi ragazzi.
Ci accomodiamo a un tavolino di legno a bere qualcosa di caldo. In attesa che il
cameriere porti un t� e un amaro cerco il bagno, e ho un'altra piacevole sorpresa.
In un angolo, nel retro del bar, dove un agente di guardia impedisce l'ingresso ai
curiosi, vedo Guido Orlandi, il veterinario ex satanista, l'altro numero che ho
detto a Sophie di contattare.
Non era venuto a salutarmi perch� � rimasto lontano da occhi indiscreti per
preparare strani intrugli e medicamenti. Anche lui ha risposto alla mia telefonata
in pochi minuti, senza fare domande. Ha preparato un piccolo laboratorio mobile e
si � messo in macchina accodandosi alle volanti di Iaccarino.
Guido ha unito diversi tavoli, disteso un telo di nylon e delimitato due aree ben
definite. Nella prima ha allestito un piccolo tavolo operatorio per interventi
d'emergenza. Vedo anche una bombola d'ossigeno e delle piccole flebo di soluzione
fisiologica. Sugli altri tavoli ha appoggiato, in ordine maniacale, decine e decine
di boccettine di vari colori con a fianco siringhe gi� pronte per essere usate.
Sono probabilmente vaccini, soluzioni saline e liquidi rigeneranti.
Per terra noto spugne, bottiglie d'acqua, flaconi di disinfettante e altri
medicinali che non conosco. Scorgo poi centinaia di coperte, plaid e stracci di
lana ammassati ai lati della sua centrale operativa. I cuccioli saranno deboli, il
freddo potrebbe essere fatale.
Non male, come luogo di primo soccorso.
Guido si dimostra professionale come al solito.
Mi saluta con ampi gesti, mi fa l'occhiolino e ritorna al suo lavoro.
Il camion con i cuccioli dovrebbe arrivare a breve. Anzi, dovrebbe arrivare
esattamente tra quindici minuti, se procede alla velocit� indicata sullo schermo
del mio telefono, di quello che � stato dato a Sophie e sul computer che gli agenti
stanno consultando all'interno di una macchina. Il calcolo previsionale che abbiamo
fatto utilizzando i dati dei viaggi precedenti dovrebbe assicurarci un buon margine
di sicurezza.
Iaccarino mi dice che le nostre sentinelle, nascoste nel bosco a tre chilometri da
qui, sono in posizione gi� da ore.
Intanto Sophie chiede il mio parere su tutto il caos che sta succedendo: i video,
il sistema di ricatti e di condizionamenti di cui tutti stanno parlando,
l'incidente in diretta del politico.
Faccio finta di non sapere nulla.
�Ero in viaggio, Sophie, non so nulla.�
Mi guarda poco convinta.
E sorride.
�Certo. Con un cellulare, un blackberry e due portatili non hai saputo nulla...�
Bonanza, esaurite le feste, si riposa sotto il tavolo con la testa appoggiata ai
piedi di Sophie.
Finalmente riesce a dormire senza vibrazioni.
Guido ora si � avvicinato al bancone e si sta togliendo i guanti da chirurgo.
Prende una Tennent's e viene a salutarmi.
� sudato e stanco, ma soddisfatto. Ha appena terminato di preparare circa duecento
provette, ha messo in carica le batterie di cinque lettori di microchip e ha messo
in ordine contagocce e siringhe, ed � pronto per una battaglia. La sua battaglia
personale contro chi vuole male ai cani.
Iaccarino, terminata una telefonata e bevuto un amaro, ci raggiunge, fumando il
sigaro, si siede con noi e sorride. Abbiamo ancora qualche minuto. La sua voce �
baritonale. Tutti lo ascoltiamo. Bonanza alza un attimo la testa, poi si accuccia
di nuovo.
�Vi aggiorno rapidamente. Le sentinelle ci hanno detto che ancora non si vede
nessuno, ma dobbiamo stare all'erta. Le indagini che ho svolto in base alle vostre
indicazioni hanno confermato molte cose. C'� un gruppo criminale che procura la
documentazione necessaria per l'importazione degli animali con false certificazioni
sanitarie prodotte da veterinari compiacenti. I cani vengono introdotti in Italia
con passaporti non validi e microchip identificativi spesso non ancora inseriti
sotto pelle. Una volta arrivati in allevamenti e negozi del Piemonte, della
Lombardia e dell'Emilia-Romagna, ai cuccioli sono apposti microchip italiani con la
complicit� di veterinari coinvolti nel traffico.�
�Bastardi.� Guido sussurra quello che pensa dei colleghi.
Iaccarino ci informa di avere intanto individuato una trentina di persone che
stanno commettendo diversi reati: associazione per delinquere, falso, frode in
commercio e maltrattamento di animali. Tutte queste persone fanno parte di una
complessa filiera criminale che comprende fornitori di animali in territorio
estero, corrieri, allevatori, commercianti e veterinari.
Ci mostra un album di fotografie. Anche Sophie osserva con attenzione, ma non
conosciamo nessuno.
Mi si gela il sangue quando Iaccarino m'informa che sta avendo grosse difficolt� a
entrare nella rete criminale e a ottenere informazioni perch� la vicenda sembra
essere anche monitorata da chi si occupa, a Milano, di criminalit� organizzata.
Ossia il procuratore capo De Martiniis. Il mio acerrimo nemico.
� vero. Me ne ero dimenticato. � salito di grado. E ora si occupa di queste cose.
Immagino come.
De Martiniis non ha di certo intimorito Iaccarino, che non appena ha saputo della
competenza del magistrato ha fatto da s�, raccogliendo informazioni dalle proprie
fonti.
Ha scoperto che avevamo ragione. Che era in arrivo un carico di cuccioli in Italia.
Ma n� io n� Sophie n�, tantomeno, De Martiniis potevamo sapere, ci dice Iaccarino,
che era in arrivo un carico speciale.
Iaccarino non ha detto nulla a nessuno della grande consegna natalizia.
Un'operazione da un milione di euro.
�La crisi economica e la situazione ambientale spingono le famiglie a cercare
calore, affetto, amici sinceri. E cosa c'� di meglio di un cane? Mai come questo
Natale si faranno affari con i cuccioli. Stanno arrivando nelle case di migliaia di
italiani carlini, chihuahua, cavalier king charles, shar-pei, pinscher, bulldog,
west highland, white terrier, beagle e tanti altri cani. Pronti per essere messi
sotto l'albero.�
Io, Guido e Sophie lo osserviamo sconvolti.
Un milione di euro di spedizione.
Fino a duemila cuccioli in arrivo.
La pi� grande operazione di tutti i tempi.
***
60. Il carico
Terminiamo di bere e ci alziamo improvvisamente, cercando di mantenere la calma per
non dare nell'occhio. Le nostre sentinelle hanno avvertito che il convoglio sta
arrivando.
�Sette tir. E cinque station wagon sospette. State qui e non muovetevi fino a
quando non � tutto calmo. Saranno sicuramente armati.�
Iaccarino ci gela con lo sguardo, slaccia la fondina della pistola ed esce. I suoi
uomini sono gi� pronti.
Io, Sophie e Guido ci posizioniamo in piedi dietro il vetro a guardare fuori,
facendo finta di chiacchierare. Bonanza � insieme a noi ma si sta agitando. Ha
intuito che sta per capitare qualcosa. Ogni tanto si alza sulle zampe posteriori e
appoggia quelle anteriori al vetro. Per guardare fuori anche lui.
Guido sta riportando la bottiglia di birra al bancone e Sophie, finalmente, pu�
parlarmi liberamente.
�Alex, volevo ringraziarti. Ho dato la mappa dei canili lager nell'Est Europa ai
miei amici attivisti. Stanno per iniziare numerose azioni di liberazione in tutta
Europa. Si stanno coordinando. Ho gi� allertato alcuni colleghi per l'assistenza
legale internazionale. Ti confermo che quei dati sono per la maggior parte esatti.�
Sto per alzare la voce. Le avevo detto di non prendere iniziative.
�Sophie, cos'hai a che fare tu con gli attivisti animalisti? E, soprattutto, come
hai mandato le mappe? Via e-mail? Con il tuo indirizzo?�
�S� Alex, ho fatto male? E circa i miei rapporti con gli attivisti...�
Non appena appaiono sulla superstrada i sette articolati, Sophie smette di parlare
e si concentra su ci� che sta accadendo all'esterno.
Io continuo a osservarla. Cosa c'entra un avvocato di Roma con gli attivisti
animalisti? E come avr� fatto circolare le informazioni che le ho dato? Sar�
rintracciabile? Un conto � rappresentare queste associazioni, un conto �
partecipare alle loro attivit�.
Il fatto che Sophie abbia comunicato utilizzando la sua e-mail mi preoccupa. C'� un
filo, seppure sottile, che lega Sophie a me, in questo caso.
E tutti sanno che la sicurezza di un sistema informatico � sempre data dalla
resistenza del suo anello pi� debole.
Sophie ha commesso un errore.
� diventata un anello debole.
Le macchine della polizia sono ora al centro della carreggiata, a bloccare il
passaggio.
Quattro agenti, due per lato, fanno segno di fermarsi e di scendere con le mani in
alto. Un poliziotto ha la paletta in mano e la pistola nell'altra. Il secondo ha la
mitraglietta puntata. Fermano i mezzi con molta cautela, fanno accostare la colonna
di camion. Due agenti rimangono nelle macchine. Grazie ai coni sull'asfalto, i
sette camion sono costretti a un percorso forzato.
Le sentinelle e altri agenti sono sbucati dal bosco e ora bloccano anche il resto
del convoglio.
Iaccarino procede con calma, pur protetto dai suoi agenti. Fa scendere, a due a
due, i soggetti che erano sui camion, e li fa tenere sempre sotto tiro. Con una
torcia elettrica finge di osservare le carte sanitarie, i passaporti e i documenti
del carico, ma sa gi� che a prima vista sembreranno in regola. Una verifica
approfondita, nei prossimi giorni, dimostrer� sicuramente le numerose falsit�.
Questi stranieri non oppongono alcuna resistenza. Si guardano stupiti, fingono di
essere vittime di un errore. Si lasciano perquisire e si stupiscono ancora di pi�
quando vengono ammanettati senza troppi complimenti.
Gli agenti hanno trovato armi sotto i sedili e nei bauletti dei cruscotti, e le
mostrano a Iaccarino.
Tutti gli uomini che erano sui camion e nelle macchine, circa una ventina, vengono
fatti accomodare in uno spiazzo a debita distanza dai camion, e consegnano, sempre
senza opporre alcuna resistenza, le chiavi dei container.
� il momento della seconda fase dell'operazione, il controllo del carico.
E quello che vediamo va al di l� di ogni immaginazione.
Due agenti, aperto il primo camion, sono investiti da una doccia di sangue.
Vomitano ai lati della strada.
Guido � tranquillo.
�Emorragia. Probabilmente il cucciolo era stipato proprio contro la porta ed era
gi� morto. Quando hanno aperto, il corpo � come esploso e il sangue si � diffuso in
quel modo.�
Iaccarino, vista la situazione, fa cenno a Guido e Sophie di accorrere. Mi accodo,
lasciando Bonanza nel bar e pregando il barista di non farlo uscire. Sento che
piange e gratta contro i vetri.
La scena � traumatica.
In contenitori improvvisati, soprattutto taniche, cartoni, cassette di legno e
gabbie, troviamo tantissimi cuccioli ammassati, fino al soffitto.
Circa la met� non si muove, o respira appena.
L'altra met� �, invece, esageratamente euforica.
Ogni spazio del camion � stato utilizzato, senza preoccuparsi della comodit� dei
cani. L'imperativo era quello di stiparne il pi� possibile.
Tutti e sette i tir sono stati aperti. Un agente si avvicina a noi.
�A occhio direi che ci sono circa duecento cuccioli in ogni camion, forse di pi�.
Met� sono morti. Gli altri sono tutti da analizzare. C'� molto sangue.�
Ascoltiamo tutti e tre in silenzio. Sophie � la prima ad asciugarsi le lacrime e a
gridare a Guido: �Muoviamoci!�
Comincia a scaricare dalla macchina di Guido altre coperte, acqua, latte e cibo
mentre Guido prepara le provette per le analisi, i disinfettanti per le ferite,
l'antipulci e piccole barelle per trasportare i cuccioli nella sua saletta
operatoria improvvisata.
Gli agenti vorrebbero aiutare. Guido, con grande gentilezza, spiega loro la
situazione.
�State tutti lontano per ora. Li tocco solo io. Non abbiamo maschere e non ho idea
di quali malattie possano avere, magari si tratta di patologie da noi scomparse da
decenni. La rabbia � la pi� pericolosa. Mettetevi sul piazzale tra i camion e il
bar. Li controllo a uno a uno e ve li passo. Metter� un collarino di diverso
colore. Rosso ai morti, giallo a quelli gravi e blu e bianco a quelli che
necessitano solo di una bella pulizia e di controlli senza particolare urgenza.�
Neanche cinque minuti dopo, al confine con la Slovenia, in una fredda nottata, �
operativo un vero e proprio campo di primo soccorso e ricovero per migliaia di
cuccioli.
Una parte degli agenti � rimasta con i trafficanti. Li stanno interrogando, anche
se quelli si trincerano dietro la mancata conoscenza della lingua, e hanno gi�
chiesto alla locale procura l'intervento di avvocati d'ufficio e delle autorit�. La
competenza sar� della procura di zona. Ottimo. De Martiniis non metter� il naso in
questa vicenda.
Vedo che gli agenti hanno diversi navigatori satellitari in mano. Potranno
recuperare tanti dati utili.
Iaccarino nota che sto guardando i TomTom sequestrati con una strana luce negli
occhi. Mi fa cenno di avvicinarmi e ci appartiamo in una piazzola.
�Alessandro, vuoi dare un'occhiata ai TomTom? Ci vorr� un'oretta prima che arrivino
le autorit� locali.�
Mi indica una cassetta di legno, sorvegliata da un agente, dove stanno appoggiando
i navigatori.
Quelle informazioni m'interessano eccome. Mi serviranno per fare un raffronto con i
dati che ho gi� ricavato con il sistema scoperto da God, e probabilmente verremo in
possesso di nuove tracce.
Lo ringrazio, sorrido ed estraggo dalla custodia il mio portatile. Mi appoggio su
un tavolino da picnic mentre Iaccarino dice all'agente di portarmi la cassetta con
i navigatori.
Non ho il tempo materiale per fare una copia-clone di tutti i TomTom, sarebbero
necessari almeno venti minuti per ciascuno. Mi limito quindi a copiare i file
visibili e le informazioni memorizzate sulle schede di memoria. Di sicuro avr�
informazioni utili da dare a Sophie, molto probabilmente i convogli non sono
partiti tutti insieme ma si sono riuniti a un certo punto del tragitto per
proseguire in colonna. Forse riusciremo a scoprire altri canili lager.
�Iaccarino, posso dare un'occhiata anche ai cellulari?�
Non dice nulla, per� mi indica il tavolo, con due agenti di guardia, dove stanno
ammassando documenti, telefoni, portafogli, armi e soldi.
Anche in questo caso, come per i navigatori, blocco in scrittura il dispositivo,
cos� chi lo analizzer� lo trover� nelle sue condizioni originali, e mi faccio una
copia di sms e chiamate. Non so in che lingua siano, ma potranno esserci utili.
La copia la sto effettuando sul mio computer portatile e, contemporaneamente, su
due server cui mi sono connesso in maniera sicura, con un collegamento cifrato. Il
primo server � nel mio appartamento, ed � lo stesso in cui ho tenuto i file dei
video dell'architetto. Il secondo � un server di Evey. Non gli dico nulla, ma non
avr� certo bisogno di fare domande.
Altri agenti stanno operando con i cuccioli, aiutati da alcuni avventori del bar
che sono usciti e hanno compreso la situazione.
Tutti guardano ammirati la capacit� di Guido e di Sophie di gestirli.
Iaccarino � chiaramente il punto di riferimento per tutti, e non solo per la sua
mole.
Deve smistare domande, dare ordini, fare telefonate.
Alcuni agenti e clienti del bar gli si avvicinano e chiedono se possono portare a
casa dei cuccioli o dare una mano a sistemarli. Dopo che saranno fatti tutti i
controlli, e il magistrato decider� cosa fare, li potranno probabilmente adottare
senza troppi problemi.
Accanto al lato operativo, Iaccarino sta gestendo anche il lato diplomatico. Non
sar� facile giustificare la presenza di almeno venti agenti milanesi a centinaia di
chilometri di distanza. Ma, a quanto pare, Iaccarino ha buoni contatti in zona.
�Ho trovato dei pugliesi anche qui� mi dice sorridendo, �e, pensa, il questore � di
Lecce. Sono gi� contenti del fatto che si prenderanno il merito dell'operazione, e
ho gi� detto che noi saremo contenti se rimarremo invisibili.�
Di solito i conflitti di competenza nascono quando tutti vogliono fare i primi
attori. In questo caso Iaccarino � ben contento di non apparire, n� lui n� i suoi
agenti.
Anche se non so quanto la sua stazza e il suo carisma gli permetteranno di dire che
in quel posto lui non c'era.
***
61. Un'operazione storica
Sono trascorse quattro ore.
L'ambiente che mi circonda � finalmente tranquillo, avvolto da una quiete quasi
irreale.
I boschi sono tornati al solito silenzio, le strade di nuovo deserte. � lo scenario
tipico della fine di una grande battaglia. Sul selciato rimangono, abbandonati,
spade e scudi sporchi di sangue e la polvere pian piano torna a posarsi lieve sul
terreno, mentre alcuni soldati rimasti vivi si scrollano di dosso i cadaveri dei
commilitoni e si guardano attorno, disorientati.
I corpicini dei numerosi cuccioli che non sono sopravvissuti al viaggio e al freddo
sono stati ammassati ai lati della strada. Guido li ha raccolti in sacchi neri che
ha poi sigillato con una fascetta sulla quale � descritto il triste contenuto. Un
sacco per ogni cane, in segno di rispetto per il cucciolo morto.
Oltre quattrocento cani vivi sono stati invece dirottati con urgenza verso alcune
cliniche che operano in zona. Il mio amico veterinario li ha visitati velocemente
sull'asfalto o sul tavolo operatorio improvvisato, li ha giudicati da codice
giallo, ha cercato di rimediare come poteva alle ferite pi� gravi e li ha mandati
senza indugio alle strutture di pronto intervento. Tutti quanti, dopo essere stati
controllati, catalogati e identificati, hanno addosso un collarino che contiene le
annotazioni delle operazioni di primo soccorso eseguite. Il collarino permetter� ai
veterinari, che probabilmente gi� adesso li stanno soccorrendo, di non ripetere
operazioni che Guido gi� ha effettuato o di non somministrare per due volte lo
stesso medicinale.
Duecento cuccioli chiassosi, invece, sono rimasti qui con noi.
In gabbie, cassette e bacinelle, dotate di coperte di lana grossa contro il freddo.
Alcuni stanno giocando con i pupazzetti di pezza che Sophie ha portato e
distribuito. Altri sono accucciati e osservano curiosi cosa sta succedendo. Altri
ancora dormono, stremati dalla nottata. Finalmente al caldo.
Il barista ha recuperato dal suo magazzino secchi di plastica, bacinelle e cassette
di legno che contenevano vino o birra. Li ha svuotati, e li abbiamo usati per i
cuccioli pi� piccoli, alcuni di poche settimane. Qualsiasi oggetto sta diventando
utile, in queste ore: non ci aspettavamo che fossero cos� tanti.
I cani che non siamo riusciti a far stare nei contenitori sono stati collocati
provvisoriamente all'interno delle automobili, anche in quelle di alcuni agenti di
polizia. Saltano festosi e, in molti casi, sporcano i sedili per l'emozione, ma
stanotte nessuno si irrita o ci fa caso. Tutti li osservano e sono felici nel
vederli liberi.
Anche Bonanza, ovviamente, si � perfettamente integrato nell'ambiente circostante
ed � entrato a pieno titolo a far parte del gruppo di salvataggio. Corre abbaiando
da una gabbia all'altra e cerca di leccare il muso dei piccoli attraverso le
sbarre. Si ferma per un attimo davanti alle gabbie e ai contenitori per poi saltare
contro i finestrini di una macchina. � un cane da branco, e si trova nel suo
habitat naturale. Penso che dovr� vaccinarlo di nuovo, appena rientrati a Milano. E
sar� un'impresa.
Riesco appena in tempo a dividerlo da un cucciolo di carlino appena vaccinato,
scappato da una portiera aperta per giocare con gli altri cani.
Stava per usarlo come zerbino.
Percepire la gioia negli occhi di Sophie, mentre osserva queste scene, e ammirare
la professionalit� di Guido, che ha gestito senza problemi una situazione di
emergenza pi� unica che rara, mi rende felice.
Ora i miei due amici sono in piedi, vicini.
Stanno concordando insieme ai poliziotti del posto le modalit� migliori per il
trasporto a Milano di alcuni cuccioli che gli agenti, ottenuta l'autorizzazione dal
magistrato e dai colleghi, vorrebbero portare a casa loro. Alle loro famiglie.
� stata una nottata dura, ma molti figli di poliziotti, domattina, avranno una
bella sorpresa.
Quattro agenti stanno formando un cerchio attorno a Guido e Sophie e ascoltano con
attenzione le indicazioni del veterinario mentre battono i piedi dal freddo e si
scaldano le mani con il fiato.
�Per ora potete portarli con voi. Ricordatevi per� che le pratiche obbligatorie per
questi cani non sono ancora iniziate. Mi raccomando, non perdete assolutamente il
collarino blu e bianco che ho messo loro stanotte. Li ho identificati a uno a uno.
E il loro nome provvisorio � indicato sul collarino.�
Un agente prende la parola. A voce alta. Affinch� sentano tutti. �Dottore, le
vorremmo chiedere se c'� qualche pericolo per la nostra salute. Se possono essere
malati, contagiosi per l'uomo, insomma, infetti o pericolosi.�
Guido si aspettava quella domanda. E risponde tranquillo.
�Contagiosi o infetti direi proprio di no. Ma fate bene a preoccuparvi. Avete visto
in che condizioni, anche igieniche, sono arrivati. Gi� domani in tarda serata avr�
comunque l'esito delle analisi. Per ora vi consiglierei di non tenerli in famiglia.
Non fateli avvicinare ai bambini n�, tantomeno, fateli dormire con loro. Sar� la
prima cosa che i vostri figli vi chiederanno di poter fare. Li ho visitati e mi
sembra che stiano bene, ma potrebbe esserci una ricaduta sia fisica sia
psicologica. Hanno subito un trauma.�
�Come ci dobbiamo comportare allora?� � una agente donna, questa volta, a
intervenire.
�Fateli sentire al sicuro, a casa, ma senza star loro troppo addosso. Teneteli con
voi in un giardino, magari in un piccolo recinto, o in una cantina o in un garage.
Oppure attrezzate, per la prima notte, un bagno di servizio. Preparate coperte e
cuscini per farli stare al caldo. Vengono da un viaggio freddissimo, probabilmente
dormiranno per le prossime ore. Nutriteli ma lavatevi le mani sempre con un
disinfettante e non avvicinate il viso alla loro bocca. Ho somministrato un
antiparassitario molto forte, state attenti. Gliel'ho messo tra le scapole.�
�E per metterli in regola?�
�Domani se mi telefonate vi dico come � la situazione del cucciolo e cosa c'� da
fare. Dovremo mettere con calma un microchip e registrarli all'anagrafe canina.
Soprattutto li dovr� tenere sotto osservazione per qualche mese. Non ho idea di
come siano stati trattati sino a oggi, per� non mi preoccuperei pi� di tanto.
Vedrete che con il vostro affetto staranno subito bene. Alla fine a un cane basta
questo. L'amore del padrone.�
Il gruppetto di agenti, soddisfatto delle spiegazioni, saluta Guido sorridendo.
Probabilmente per loro l'impresa pi� dura sar� quella di tenere per almeno
quarantott'ore i figli lontano da quei deliziosi cuccioli.
�Ah dimenticavo!� Guido parla ad alta voce e i quattro agenti si voltano.
�Annotatevi qualunque comportamento del cucciolo che possa sembrarvi strano.�
Iaccarino, nel frattempo, � rientrato nel gruppo. Lo vedo scendere dalla macchina
con un gran sorriso sotto i baffi. Si era recato, con gli agenti del luogo, armati
e pronti a intervenire, in un autogrill l� vicino. Era il luogo di consegna della
merce. Lo sento parlare, soddisfatto.
�Abbiamo beccato anche gli italiani che attendevano il carico. Stavano aspettando i
cani e invece siamo arrivati noi. Erano in un piazzale sul retro dell'autogrill.�
Iaccarino si prende una prima dose di pacche sulle spalle e di complimenti. E
prosegue nel racconto.
�Non hanno opposto resistenza, li abbiamo identificati e abbiamo trovato diverse
valigette con dei contanti. Non hanno saputo giustificare la provenienza e la
presenza di tutto quel denaro. Quasi un milione di euro.�
Quando pronuncia un milione di euro si sente un mormorio.
�Li abbiamo fermati. Stiamo cercando di risalire, dai loro computer e palmari,
all'intera rete italiana di veterinari, allevatori e negozi che contribuiscono a
questo traffico.�
Poi si gira verso di me, con un gran sorriso.
�Avvocato Correnti, abbiamo effettuato un'operazione storica. Grazie a te.�
Un'operazione storica.
Forse non mi rendo conto di quello che ho contribuito a fare, ma sento il cuore che
batte pi� forte.
Mi viene da abbracciare Iaccarino. Che ricambia e sorride.
�Avvocato, adesso puoi riposarti, mi sa. E va' da lei...�
Sophie si avvicina. Anche lei � stanca ma soddisfatta. Per la prima volta non dice
niente, mi abbraccia e si stringe a me. Si lascia andare.
� come se per tutti fosse finita una fase, esagitata, della propria vita. � come se
avessimo sconfitto il boss di fine livello di un videogioco.
Non abbiamo condiviso molto, in questi giorni, io, Evey, Sophie, Guido, Iaccarino.
Non abbiamo condiviso molto perch� eravamo come schegge impazzite ai quattro angoli
dell'Italia e riuscivamo a parlarci al volo, sempre di fretta, con mille cautele.
Ma stanotte ci siamo tutti incontrati, come per magia, sul confine. Evey non c'�, �
presente con lo spirito, ma noi siamo qui. Tutti abbiamo, probabilmente, i nostri
problemi. Di cui ci vergognamo a parlare. Ma in questo bosco, nel silenzio, dopo
aver condiviso tante ore con criminalit� e morte, siamo vicini al concetto di
purezza dei sentimenti come mai prima d'ora.
Sophie, ad esempio. Mentre la guardo e sento il suo calore addosso a me, penso, per
un attimo, che mi piacerebbe fare una bella vacanza. Magari con lei. E mi domando
perch� non ho il coraggio di dirglielo. E penso che se non glielo dico in
un'occasione cos� non glielo dir� mai pi�.
Poi per� � lei a fare il primo passo. Si avvicina con le labbra al mio orecchio.
Provo un brivido. Mi aspetto una frase romantica. La sento sussurrare. La sua voce
� sensuale.
�Avvocato... ti sta suonando il telefono.�
***
62. Guai
Il mondo incantato svanisce, ritorno alla realt� e attivo la comunicazione.
� un numero di Milano che non conosco.
Rispondo immediatamente. La voce dall'altra parte � squillante. E scortese.
�Procura della Repubblica di Milano. � la segreteria del procuratore capo, il
giudice De Martiniis. Sono Jenny. � l'avvocato Correnti?�
Jenny? Sar� la bionda numero uno o la numero due? Quella che con lo sguardo mi
augura di cadere per le scale o quella che spera sempre che io rimanga bloccato in
ascensore? E sar� Jenny all'americana o Genny alla pugliese?
�S� sono io. Mi dica.�
Sophie mi sta ancora guardando e aggrotta la fronte. Probabilmente sono sbiancato.
O forse ho utilizzato un tono di voce strano. Mi rimane comunque vicina, sorride e
appoggia anche lei l'orecchio al cellulare, dalla parte opposta alla mia. Non pu�
sentire la conversazione in corso, lo fa per scherzare.
�Avvocato, hanno ucciso l'architetto Balestri. In maniera orribile. � stata appena
arrestata una sospettata, qui a Milano. Dice che � una sua cliente e che parler�
solo in sua presenza. La aspettiamo subito in carcere. Si sbrighi. Non posso dirle
altro. Venga immediatamente.�
Cerco di mantenere un tono professionale.
�Grazie dell'informazione. Dica al procuratore che mi metto in strada e arrivo il
pi� presto possibile. Sono fuori Milano per lavoro ma prima che faccia mattina
cerco di essere l�.�
�Faccia in fretta. Non siamo a sua disposizione, qui.�
E riattacca.
Gentile, Jenny. O Genny.
Sono senza parole.
Hanno arrestato Lara, la madre delle tre bambine.
� sospettata di avere ucciso l'architetto Balestri.
Avrebbe ucciso l'amico del procuratore capo De Martiniis.
Stanotte.
In maniera orribile.
Rimango con il telefono a mezz'aria anche dopo che la comunicazione si �
interrotta.
Sophie mi abbraccia ancora ma mi guarda incuriosita.
�Tutto bene, Alex? Era un fantasma?�
No, non era un fantasma. Solo un bel processo per omicidio. Dopo tutto quello che �
capitato in questi giorni. Il primo processo per omicidio volontario della mia
carriera.
E io che sognavo una vacanza con lei. E non ho avuto il coraggio di dirglielo.
Riacquisto energia e ripongo il cellulare nella tasca del giaccone.
�Tutto bene, anche se � successo un guaio a Milano. Devo rientrare di corsa.�
Sophie non mi chiede niente, � avvocato anche lei e sa che di alcune cose non posso
parlare.
Aspetter� che abbia voglia di confidarmi con lei.
�Torniamo a Milano, allora, avvocato?�
Il tono di Guido � rilassato. Il giovane veterinario � sorridente ma con una vena
di tristezza nella voce. � abituato a percepire ogni giorno la sofferenza degli
animali, ma questo spettacolo � stato traumatico anche per lui. Si � cambiato, ha
bruciato i camici e i guanti sporchi di sangue e ha rimesso i jeans e un piumino.
Sophie � ancora abbracciata a me. Senza timori. Anche davanti a Guido.
�Certo Guido, ci vediamo a Milano tra qualche ora. Io passo un attimo per Trieste e
poi mi metto sulla strada.�
Sophie ha ripreso a sorridere quando mi ha sentito di nuovo parlare normalmente.
Anche se ora la mia testa � in procura.
�Trieste? E come mai? Hai una fidanzata, l�?�
Tiene il broncio, fa finta di essere gelosa.
�No Sophie. Allungo solo un po' la strada per vedere il mare. Ne ho bisogno. Lo sai
che il mare mi d� quiete.�
Sophie mi sta a fianco e non dice nulla mentre ricomincio con calma a vestirmi.
Guanti, paraschiena, casco. In tutta tranquillit�, nell'aria frizzante della notte.
Bonanza � ora tra me e Sophie.
Rimane per un attimo perplesso.
Guarda la mia motocicletta, con la lingua penzoloni, e la borsa di pelle gi� aperta
e pronta per lui. Poi sposta lo sguardo verso l'auto di Guido e la portiera aperta.
Guarda di nuovo la moto e infine s'infila di corsa nell'auto del veterinario,
accomodandosi sul sedile posteriore, sulle coperte, insieme ad altri cuccioli.
Se penso ai problemi che � solito creare quando lo devo portare in ambulatorio, e
alla velocit� con cui ora � salito su un'automobile di un veterinario per evitare
un altro viaggio al freddo, mi verrebbe voglia di costringerlo a scendere.
In realt� sono felice.
Anche lui sta guarendo.
Sophie si � staccata da me e ora sta sistemando la sua borsa e il portatile nella
stessa auto dove � salito Bonanza, che ha iniziato a scodinzolare non appena l'ha
vista.
Mi ritrovo solo. Pronto a salire in moto, direzione Milano, di notte, con una breve
puntata a Trieste per vedere il mare. Ho bisogno di toccare, anche solo per un
attimo, la citt� dell'inquietudine, dei grandi pensieri, del tormento interiore.
Una citt� che mi ha sempre affascinato.
Mi siedo sulla moto, chiudo il cavalletto, giro la chiave nel quadro e accendo il
motore. Un bel colpo alla pedivella. Lo scarico borbotta.
Mentre lascio scaldare il motore, mi allaccio la doppia cinghia del casco e metto
il parapioggia e i guanti.
Proprio nel momento in cui sto per inserire la prima, con la leva della frizione
gi� tirata, sento un ticchettio di dita e unghie sul casco.
Mi giro, alzo la visiera e vedo le nocche della mano di Sophie, sorridente, che
continuano a tamburellare sul carbonio.
Spengo la moto e mi tolgo il casco.
La sua voce � rilassata.
�Scusami Alex... volevo ancora ringraziarti, con calma. E... dirti di andare piano
per strada. Io sar� all'hotel che conosci. Rimango anche tutto domani. E magari un
paio di giorni in pi� se hai piacere. Se ti va... quando hai finito di meditare a
Trieste e hai risolto il tuo guaio a Milano... facciamo colazione insieme? Ti devo
parlare degli attivisti, ricordi? E dobbiamo dare una mano a Guido per trovare una
sistemazione a tutti quei cani... Posso appoggiarmi per qualche giorno al tuo
studio?�
Il fiume di parole mi investe.
Vai piano per strada... Rimango un paio di giorni in pi� se hai piacere... Facciamo
colazione insieme... Sistemiamo insieme tutti quei cani...
Con un'espressione ebete, riesco ad accennare un s� ogni volta, a ogni richiesta.
Sono contento.
Non me l'aspettavo.
Poi Sophie si allunga sulle punte dei piedi, mi bacia come se fosse la cosa pi�
naturale del mondo, arrossisce e s'incammina velocemente verso la macchina di
Guido.
Si siede a fianco del guidatore mentre Bonanza abbaia festoso vedendola entrare.
Io, invece, per un attimo non sono pi� l�.
Improvvisamente spariscono il Carso, il freddo, l'orrore dei cani morti, le
vibrazioni, la prospettiva di un altro viaggio in moto attraverso l'Italia. Anche
il processo per omicidio che mi sta aspettando sembra svanire, leggero,
all'orizzonte.
Lascio partire l'automobile di Guido. Inserisco la prima e mi metto in coda, quasi
incollato alla sua targa, ancora turbato dal bacio improvviso.
Non c'� quasi pi� nessuno in giro, le strade sono deserte. Ci avviamo pigramente
verso l'autostrada, mentre l'alba si affaccia in lontananza.
Passiamo a fianco dei sacchi neri che contengono i cadaveri dei cuccioli. Sono
rimasti due agenti a piantonare l'orribile montagna di resti, in attesa dell'arrivo
di un camion per lo smaltimento dei rifiuti organici.
I poliziotti ci salutano, sorridenti ma malinconici. Sono girati verso la strada,
rigidi e impettiti, come se volessero esorcizzare quello che hanno alle spalle.
Attraverso il lunotto posteriore della macchina di Guido vedo che tutti e tre, il
veterinario, Sophie e Bonanza, si voltano con aria triste a guardare la strana
scultura di sacchi neri ai margini della carreggiata.
La guardo anche io, per un attimo, e poi riprendo a osservare la strada.
� un'immagine che mi rimarr� impressa per sempre.
Sophie non ha girato la testa del tutto in avanti, verso il cofano dell'auto.
Con un piccolo sforzo, questa volta, si gira di pi�.
Mi guarda.
E mi sorride.
***
63. Epilogo
Il Giudice alza lo sguardo e si deterge il sudore dalla fronte. Sta lavorando sul
mio braccio da oltre un'ora, ininterrottamente. Abbassa leggermente gli occhialini
di plastica con un dito, con lentezza, e interrompe per un attimo la sua opera.
Riprende a tatuarmi dopo qualche istante di riflessione. E dopo un profondo e
rumoroso sospiro.
Ha ascoltato pazientemente tutto il mio racconto, in religioso silenzio.
Tutto.
Nei dettagli.
Dall'inizio alla fine.
Ha vissuto con me tutti i fatti. Con vera e propria empatia. Si � fermato e mi ha
fissato, attento, quando narravo le parti pi� intriganti, quelle con un po' pi� di
azione. Si � annoiato e mi ha sbadigliato in faccia, senza ritegno, quando gli ho
descritto le questioni informatiche e le tecniche per la guerra dell'informazione e
quando gli ho parlato di computer, di accesso a sistemi, di crittografia e
steganografia. Si � appassionato durante la descrizione di Matera e delle Murge, ha
riso divertito quando gli ho raccontato dello scherzo in diretta televisiva che
abbiamo organizzato al politico. Gli ha ricordato il suo, mi ha detto, alla
cerimonia d'apertura dell'anno giudiziario. Ha annuito, convinto, quando gli ho
spiegato il concetto di resistere e di combattere sulla frontiera elettronica,
quando gli ho parlato di dissidenti digitali e di attivisti.
Non ho, per�, ancora terminato di parlare.
� venuto il momento di spostare l'attenzione sul personale.
La parte pi� difficile.
�Giudice, ora ho necessit� di chiederle una cosa importante.�
�Dimmi, Alessandro.�
�Che senso ha fare l'avvocato oggi? Con questa situazione politica, con il
disprezzo dilagante per la professione legale, con la crisi economica, con i
clienti che non pagano, con i tanti criminali che ci sono in giro. Con le garanzie
regolarmente disattese, soprattutto nei processi pi� importanti.�
Domanda complessa. Sa che ora ho la mente rapita dall'imminente processo per
omicidio che mi aspetta a Milano, e che mi vedr� contrapposto a De Martiniis. Sa
che non riesco a non pensare alla morte orribile dell'architetto pedofilo. Ma il
Giudice non si scompone.
�Ha senso, Alessandro. Ha senso eccome fare bene l'avvocato. Come ha senso fare
bene il magistrato. O il professore universitario. E ha senso soprattutto nei casi
pi� difficili.�
Si asciuga il sudore con un fazzoletto.
�Ma devi essere avvocato o magistrato dentro. Dentro! Devi sentirti investito di un
compito tanto nobile quanto difficile e devi essere onorato di questo. Certo, non �
facile, oggi. Ma il tuo nobile compito rimane sempre quello di difendere i deboli,
di sanare o smussare le ingiustizie, di donare serenit�, di indicare a chi �
colpevole la via meno tortuosa. Di garantire sempre la parit� delle armi nel
processo. Anche se il tuo cliente � colpevole o sar� sicuramente condannato. Deve
per� avere la possibilit� di giocare ad armi pari, sempre. E l'arbitro di cui lui
si fida sei tu. E solo tu.�
La parit� delle armi nel processo.
Sembra, a volte, che il Giudice viva in un mondo d'altri tempi. Tutto suo. E io ho
in vista un processo per omicidio pieno di lati oscuri.
�Ricordati, Alessandro, che un processo � simile agli ingranaggi di un orologio
svizzero. Un orologio di quelli di una volta, fatto di centinaia di componenti, di
rotelle, di ghiere, di viti che alla fine costruiscono un qualcosa che ha un
equilibrio. Tu sei una parte essenziale di quegli ingranaggi. Tu contribuisci a
dare quell'equilibrio. Tu sei essenziale.�
�Ha ragione, Giudice, ma... non � facile crederci oggi... quali sono gli elementi
che mi possono dare forza?�
�L'amore, prima di tutto. E la verit�.�
L'amore.
La verit�.
Non appena il Giudice pronuncia, in tono solenne, queste due parole, un forte
rumore stridulo, proveniente dal mio braccio, genera una piccola esplosione. Una
piccola colonna di fumo bianco esce dall'ago elettrico che sta utilizzando. A pochi
centimetri dal mio bicipite. Mi sento svenire.
Lui non si scompone. Guarda un po' la macchinetta orientandola verso la finestra.
Scuote la testa seccato e stupito, la stacca dalla presa elettrica e la lancia in
un bidone a un paio di metri di distanza. E ne prepara un'altra.
�Aghi cinesi...� mi dice.
Scuotendo la testa, e con un tono di sufficienza.
�E tu, Alessandro? Hai raggiunto il tuo equilibrio? Hai terminato il tuo percorso
verso l'amore e la verit�? Cosa ti ha insegnato questa vicenda? Quali basi ti ha
dato per il futuro, per i prossimi giorni e i prossimi anni?�
Ora � il suo turno.
Sta per iniziare un controinterrogatorio vero e proprio.
Una cross examination che vede come parti processuali lui e la mia coscienza. E con
domande impegnative, per di pi�.
Mi accomodo meglio sulla poltroncina. Mi rilasso. Allungo le gambe. E inizio a
parlare.
�Non c'� bisogno di molto, davvero, Giudice. La mia ricetta sinora � stata
semplice, banale. Quasi come preparare una tisana. O come bollire un uovo.�
Si ferma per un attimo. Pulisce il lavoro che sta facendo. Mi osserva e mi fa cenno
di proseguire.
�La mia ricetta � cominciata tanti anni fa su un aereo e poi su un treno: la
ferrovia ti allontana dai pensieri. Ho poi aggiunto tante ore: il tempo uccide le
esitazioni. Sono occorsi, poi, molti chilometri: la lontananza � come un'aspirina.
Serviva un cuore, meglio se malato. C'era bisogno, inoltre, di uno stomaco che
urlava. Occhi che vomitavano lacrime, meri contorni, banali e superflui, di un
piatto ormai marcito. Poi, Giudice, ho dovuto aggiungere templi crollati, certezze
svanite, intonaco distrutto a forza di calci, ore inutili passate al telefono, o in
bagno, con fitte che ti aprivano in due. Serviva, meno banale di tutto il resto, il
coraggio di azzerare tutto. Come quando si svuota un cestino.�
Mi stupisco di come, davanti al Giudice, io mi apra, riesca a parlare, a descrivere
quello che ho provato in anni che non sono, poi, cos� lontani e che ricordo ancora
nei dettagli. Proseguo con enfasi.
�Io l'ho avuto, quel coraggio. Insieme ai rifiuti, Giudice, ho buttato via anche il
cestino. Ho scoperto che la ricetta era giusta. La prima ricetta, quella per
cambiare vita, era giusta. La seconda, quella per far passare in fretta il dolore,
be', penso che non l'abbia ancora scoperta nessuno. E da quando ho iniziato questo
percorso prego che mi venga in soccorso il tempo. Unico elemento, oggi, in cui
confido per lenire il dolore.�
Il Giudice mi sta osservando. Il mio punto di vista lo affascina. Forse anche lui
ha seguito percorsi simili.
�Esistono decisioni che sono impossibili da assumere meditando, Giudice. Deve
capitare qualcosa. Una ferita. Un lutto. Un tradimento. Una fuga di una persona
amata. Bisogna provare un colpo. Bisogna vacillare. Bisogna piangere. Devi avere
raggiunto il limite, avere azzerato i sentimenti. Devi passare ore a osservare un
cellulare che non si illumina per capire realmente che � ora di cambiare. E quando
gli occhi sono gonfi per il pianto, sono rossi per il dolore, quando le occhiaie
cominciano a diventare sode e scure, quando lo stomaco si ribella e l'acido sale
fino alla gola, quando la notte e il giorno si confondono in un'insonnia perenne...
be' Giudice... � venuto il momento. Il momento di svuotarsi, di buttare anche il
cestino.�
Ora mi guarda ammirato. Sto diventando, per lui, una persona interessante. O,
meglio, una persona con una storia interessante.
�Io l'ho fatto, Giudice. Sul serio. Non quelle finte fughe che evaporano con una
telefonata o un messaggio. L'ho fatto senza dire niente a nessuno. Senza avvertire.
Dando un taglio netto. Non so se qualcuno sentir� la mia mancanza, o se mi hanno
gi� dimenticato. Non so, e non voglio sapere. Non so se lei � gi� con un altro, non
so se al lavoro si stanno chiedendo dove io sia finito, non so che fine abbiano
fatto quelle prima di lei. Chiudere veramente significa anche non interessarsi a
ci� che succede alle persone che conosciamo, e che amiamo. E io voglio chiudere.�
Il Giudice ferma la macchinetta. Prende cotone, disinfettante, bende. Si sta
avviando alla conclusione del lavoro. Ma ha un'ultima domanda per me.
�E come mai hai scelto Milano, Alessandro?�
Qui la risposta � pi� facile.
�Non lo so neppure io perch� ho scelto Milano, Giudice. Forse perch� non ci avevo
mai vissuto. Forse perch� non conosco nessuno, e nessuno mi conosce. Forse perch�
era un punto in una carta geografica che improvvisamente si � incontrato con il
punto cui era giunta la mia vita. Si � incrociato con le rette della mia
inquietudine, con le direttrici del mio cuore malato. Anche qui la ricetta � stata
molto semplice. Sono arrivato, alle sette del mattino, e sono sceso. Pensavo di
aver viaggiato abbastanza, o forse l'aria che avevo respirato aprendo il
finestrino, e fumandomi una sigaretta nel corridoio del treno, mentre molti
dormivano ancora, mi era entrata nel cuore. Le sette del mattino... forse ho anche
pensato che avrei avuto un giorno intero per trovare un posto dove stare. Per un
lavoro. Per una vita. E per smetterla, una volta per tutte, di rovinare le vite
altrui. E sono sceso.�
�E sei felice ora?�
Mi aspettavo questa domanda. Procedo anche io verso il gran finale. Il momento
conclusivo dell'arringa. Quando il grande avvocato persuade la giuria. E fa
assolvere il cliente.
�Se uno � realmente convinto, Giudice, deve essere felice. Bastano quattordici ore
di treno per cambiare vita. La sera si � ancora nel proprio mondo. Si radunano i
bagagli, si evitano i saluti, si eliminano i recapiti, si distrugge il cellulare
con una martellata, si pagano le ultime bollette e multe e si prende un treno. Con
la mente vuota, senza lasciare detto niente a nessuno. Si prende, si sale, si
parte. Solo la coscienza, i sensi di colpa, le cicatrici non si possono lasciare a
casa, purtroppo.�
�E tu l'hai fatto?�
�Io l'ho fatto. Ho chiuso con una parte della mia vita e sono andato lontano, in
una citt� dove non ero mai stato, dove non conoscevo nessuno e dove ho cominciato
una vita, con le ombre del passato ma con le speranze del futuro. Ho dovuto farlo.
Avevo raggiunto un punto di non ritorno.�
�Interessante.�
Interessante.
Il Giudice non si � scomposto all'esito di questa mia arringa accorata. Ma sta
riflettendo.
�Ho terminato, Alessandro. Tieni per qualche ora la benda che sto per metterti.
Poi, pian piano, scopri il tatuaggio. Fagli prendere aria. Sciacqualo con acqua e
sapone neutro, serve a eliminare l'inchiostro in eccesso. Per almeno un mese
trattalo bene. Non fargli prendere il sole e spalmaci spesso uno strato di crema
protettiva. Ah, � venuto benissimo.�
� venuto benissimo.
Alzo un po' il braccio e, prima che il Giudice mi metta la benda, realizzo che
obiettivamente l'unica parte venuta bene � il filo ondulato che regge la colomba.
L'uccello � un incrocio tra un gufo e una poiana, il disegno � storto e non segue
il profilo del mio braccio. Una parte, poi, non � terminata: la seconda macchinetta
cinese si � fulminata prima della conclusione del lavoro ma il mio tatuatore di
fiducia non ha voluto rischiarne una terza.
Non � un problema, lo tengo cos� come �.
Il simbolo del ThreeForHope.
Di nuovo sulla mia pelle.
Dopo tanto tempo.
In memoria di God.
Imperfetto � anche pi� affascinante.
Il Giudice non vuole essere pagato. Mai. L'accordo tacito tra noi � che ricever�,
in cambio, un libro di diritto. A ogni nostro incontro, che sia per un tatuaggio o
per un consiglio.
Indosso lentamente la camicia, sistemo la giacca e prendo dalla borsa un volume che
ho trovato in un mercatino dell'antiquariato. � una prima edizione di un'opera di
Calamandrei, Elogio dei giudici scritto da un avvocato, datata 1935, molto rara.
La prende in mano con grande delicatezza. La guarda. La sfoglia. La annusa.
Annuisce, soddisfatto. Si accomoda, senza dire nulla, sui cuscini di una poltrona
di velluto rosso che ha posizionato a fianco di una finestra, a favore di luce, e
inizia a leggere. Lentamente. Aprendo una pagina a caso.
�Felice quel magistrato che, fino al giorno che precede i limiti d'et�, prova, nel
giudicare, quel senso quasi religioso di costernazione, che lo fece tremare
cinquant'anni prima, quando, pretore di prima nomina, dov� pronunciare la sua prima
sentenza.�
Lo avr� letto centinaia di volte, quel libro. Ma a causa delle amnesie di cui
soffre da quando beve � come se fosse sempre la prima volta. Apre un'altra pagina a
caso e alza un po' la voce, sembra quasi che voglia farsi sentire da me.
�La peggiore sciagura che potrebbe capitare a un magistrato sarebbe quella di
ammalarsi di quel terribile morbo dei burocrati che si chiama conformismo.�
Anche la mia storia della ricetta, del viaggio e della felicit� l'ha ascoltata
decine di volte.
A dire il vero, la mia storia non � sempre stata cos�... nel tempo l'ho affinata,
lavorando di cesello, e ora la recito a memoria. Uso termini forbiti, ho trovato le
pause giuste, ho curato la punteggiatura, enfatizzo strategicamente alcuni
passaggi. Ma per lui � come se fosse sempre la prima volta, e mi segue ogni volta
con lo stesso grado d'interesse.
La storia di Evey, dell'architetto pedofilo, di Matera, di Praga, dei cani e del
Carso, invece, � nuova.
Gliel'ho raccontata solamente perch� sono certo che domani l'avr� gi� scordata.
Avevo bisogno di raccontarla a qualcuno, dovevo parlarne, e il Giudice � l'unica
persona che conosco che rimuove i dati dal suo cervello in maniera sicura.
Definitivamente.
Il Giudice � di nuovo perso nel suo mondo. Sta leggendo il libro lentamente,
seguendo con un dito le righe e ripetendo a bassa voce le parole.
�Disse il cliente, nello scegliersi il difensore: eloquente e furbo, ottimo
avvocato! Disse il giudice nel dargli torto: chiacchierone e imbroglione, pessimo
avvocato!�
Alla fine di ogni paragrafo annuisce, come se volesse dire a Calamandrei che ci�
che ha scritto � corretto. Ogni tanto si ferma. Si versa un bicchiere. E riprende a
leggere.
�Il vero pericolo non viene dal di fuori: � un lento esaurimento interno delle
coscienze, che le rende acquiescenti e rassegnate, una crescente pigrizia morale,
che sempre pi� preferisce alla soluzione giusta quella accomodante, perch� non
turba il quieto vivere e perch� la intransigenza costa troppa fatica. Nella mia
lunga carriera non mi sono mai incontrato faccia a faccia con giudici corruttibili,
ma ho conosciuto non di rado giudici indolenti, disattenti, svogliati, pronti a
fermarsi alla superficie, pur di sfuggire al duro lavoro di scavo, che deve
affrontare chi vuole scoprire la verit�.�
Il duro lavoro di scavo per scoprire la verit�.
Lo saluto, � ora che io ritorni in studio.
Lo saluto, ma non mi sente.

FINE DELL'OPERA.

Potrebbero piacerti anche