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_!1__ PRIMO SCRITTO DI LEIBNIZ

[noveinbre 1715)
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1. Pare che anche la ·religione naturale si indebolisca mol-

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tissimo. Molti rendono corporee le anime, altri materializzano
lo stesso Dio.

2. Locke e i suoi seguaci pongono in dubbio, quanto meno,


che le anime non siano materiali e inestinguibili per via naturale.

3. Newton dice che lo spazio è lorgano di cui Dio si serve


per sentir le cose. Ma, se Egli ha bisogno di qualche mezzo
per sentirle, vuol dire che esse non dipendono interamente
) da lui e non sono opera sua.

4. Newton e i suoi seguaci hanno un'idea molto curiosa


dell'opera di Dio. Secondo loro, Dio ha bisogno di caricare
I ogni tanto il suo orologio, che altrimenti cesserebbe d'agire 1•
Egli non ha avuto tanto accorgimento da farne un moto perpetuo.
Anzi, la macchina di Dio è, secondo loro, così imperfetta, che

I Dio è costretto, di tempo in tempo, a ripulirla con lavoro straor-

1 Nota di Clarke, che cita dalla propria traduzione latina dell'Ottica

I di Newton, Londra 1706 : • Il passo a cui si riferisce Leibniz è il se-


guente: Mentre le comete si muovono in orbite fortemente eccentriche,
in ogni direzione in tutte le parti del cielo, non è assolutamente pos-
sibile attribuire al cieco caso il fatto che i pianeti siano tutti trasportati
in orbite concentriche da un moto simile, salvo certe irregolarità a

I stento osservabili, che possono esser sorte dall'attrazione reciproca


dei pianeti e delle comete: irregolarità che, col tempo, è verosimile
che possano ingrandirsi, fino a quando quest'ordine della natura non
giunga a richiedere una mano che lo corregga (NEWTON, Ottica,
qu~stione ultima, p. 346 )*.
I
Prima replica di Clarke 389
388 Epistolario Leibniz-Clarke
immediata, in tutto lo spazio dove esse sono, senza intervento
dinario, ed anche ad aggiustarla, come fa un orologiaio con la
o soccorso d'alcun organo o mezzo quale che sia. Per rendere
sua opera; ma un orologiaio è artefice tanto più inesperto,
la cosa più intelligibile, la spiega con un paragone. Egli dice
quanto più spesso è obbligato a ritoccare e a correggere ciò
che, come la mente dell'uomo, essendo immediatamente pre-
che fa. Secondo la mia opinione, nel mondo persiste sempre
sente alle immagini che si formano nel cervello per mezzo degli
la stessa forza e la stessa energia, che solo passa di materia in
organi dei sensi, vede tali immagini come se fossero le cose
materia, conformemente alle leggi della natura e al bell'ordine
stesse; così Dio vede tutte le cose colla sua presenza immediata
prestabilito. E ritengo che, quando Dio fa dei miracoli, non
ad esse, essendo attualmente presente alle cose stesse, quante
li fa per sostentareihisogni della natura, ma quelli della gi::azia.
ve ne sono nell'universo, allo stesso modo che l'anima è presente
Giudicar diversamente, sarebbe avere un'idea molto bassa della
a tutte le immagini-che -si foriiiano nel cervello: Newton consi-
saggezza e della potenza di Dio.
dera il cervello e gli organi dei sensi come il mezzo col quale
quelle immagini si formano, non come il mezzo col quale l'ani-
PRIMA REPLICA DI CLARKE ma le vede e le appercepisce, una volta così formate. E, nell'uni-
verso, egli non considera le cose come se fossero immagini
[metà novembre 1715)
formate con certi mezzi od organi, ma come cose reali formate
da Dio stesso, -e che egli vede in tutti i luoghi dove esse sono,
1. È verissimo, ed è una cosa deplorevole, che vi sono in senza l'intervento di alcun mezzo. Questo paragone è tutto ciò
Inghilterra, come pure in altri paesi, persone che negano o che Newton intende quando suppone che lo spazio infinito 2 •
che corrompono all'estremo perfino la religione naturale; ma, sia, per così dire, il sensorium dell'Essere onnipresente.
(come la dissolutezza dei costumi) ciò va attribuito principal-
mente alla falsa filosofia dei materialisti, a cui i princìpi mate- 4. Se, tra gli uomini, un artefice è considerato con ragione
matici della filosofia sono diametralmente opposti. come tanto più abile quanto più lungo è il tempo che la macchina
È verissimo, ancora, che vi sono persone le quali materia- da lui costrutta persiste nel suo movimento regolato senza
lizzano l'anima o lo stesso Dio: ma costoro -sono grandi nemici bisogno di alcun intervento dell'uomo, ciò è perché l'abilità
dei princìpi matematici della filosofia; questi princìpi, ed essi di tutti gli artefici umani non consiste che nel comporre, com-
soltanto, dimostrano che la materia è la parte più piccola e binare o congiungere insieme certi pezzi, il movimento dei
meno considerevole dell'universo. quali ha ragioni affatto indipendenti dall'operaio; come i pesi,
le molle, ecc., le cui forze non sono prodotte dal costruttore,
2. Vi sono alcuni brani degli scritti di Locke che potrebbero
dar ragione di sospettare che egli dubitasse se l'anima sia imma-
teriale o no. Ma in ciò egli non è stato seguito che da pochi a Nota di Clarke: «Il passaggio a cui ci si riferisce è il seguente:
materialisti, nemici dei princìpi matematici della filosofia: mate- ' Non è il sensorio degli animali il luogo a cui la sostanza senziente
rialisti che approvano poco o nulla nelle opere del Locke, salvo è presente, e in cui, attraverso i nervi e il cervello, finiscono le specie
sensibili delle cose, affinché, ivi presenti, possano essere sentite da ciò
i suoi errori. che è presente ? E non consta dai fenomeni che vi è un Essere incorporeo,
vivente, intelligente, onnipresente, che coglie intimamente le cose
stesse nello spazio infinito come nel proprio sensorio, e le vede a fondo,
3. Newton non dice che lo spazio è l'organo di cui Dio si e tutte le abbraccia, presenti, in sé presente; delle quali cose, pure,
serve per percepire le cose; e neppur che Dio abbia bisogno ciò che in noi sente e pensa, percepisce e intuisce le immagini soltanto,
di alcun mezzo per percepirle. Al contrario, egli dice che Dio, portate a lui attraverso gli organi di senso, nel suo piccolo sensorio ? '
(NEWTON, Ottica, questione 20, p. 315) •.
essendo onnipresente, percepisce ogni cosa colla sua presenza
390 Epistolario Leibniz-Clarke Secondo scritto di Leibniz 391

il quale non fa che combinarle e congiungerle tra loro. Ma materialisti contribuiscono fortemente a far persistere l'empietà.
tutt'altro è il caso per Dio, che non soltanto compone e adatta Ma non credo che vi sia motivo d'aggiungere che i princìpi
le cose, ma è anche l'autore delle loro forze originarie o potenze matematici della filosofia siano opposti a quelli dei materialisti.
motrici, e le conserva perpetuamente. Di conseguenza non Al contrario, sono identici; salvo che i materialisti, sull'esempio
è una diminuzione, ma la vera gloria di un tale artefice, che di Democrito, di Epicuro e di Hobbes, si limitano ai soli prin-
nulla si faccia senza la sua provvidenza e ispezione. La nozione cipi matematici e non ammettono che corpi, mentre i mate-
del mondo come -~and.e_mac_1;,bin.a._çh_e_~i...mq9_y~..senza l'inte;- matici cristiani ammettono anche sostanze immateriali. Cosicché
vento di Dio come un orologio continua a muoversi senza l'aiuto non sono i principi matematici, nel significato comune del
_ddr~~ì~giiJ~:-··è---i; ~zjQ~~ _pr~pti~ . ~~L ;:J,,a~~ili!lznO~ ·e della termine, ma i princìpi metafisici, quelli da opporre ai principi
fatalità; e (sotto il pretesto di far di Dio_una Intelligentia supra- ___ -~c:i-~teriali~jj~~i~gQr.i~-~l~~m~._e- fu_p~e_Arilitq_tele._ne__
mundana) tende, in effetti, a bandire dal mondo la provvidenza hanno qualche conoscenza; ma io credo di averli stabiliti dimo-
e il governo di Dio. Inoltre, per la stessa ragione che un filosofo strativamente, pur esponendoli in forma popolare, nella mia
può immaginare che tutto avvenga nel mondo, fin dalla sua Teodicea. _!!_~_and~ ~°-n~~ento __ ~C:~~ ~~~~~~I>:~-- è il__P!_il!~pi~
creazione, senza che la provvidenza v'abbia alcuna parte, non di con~_9.d~!on~.~-~i_i~c:_~~~à..:..~<?è a dire che un~ proposizj9ne
------·sarà diffictle-11-umn-cettic-o spingere i ragioifamenti piìi. indietro, -·non- puo esserè-vera-eràTs~-~.:.J~mpo stesso;-_e- c1ìe; qumdi; a ------- ·
e supporre che le cose siano andate da tutta l'eternità, come è A, e non può essere non-A. Questo solo prlii.cipio 'l:)iistipér -
vanno al presente, senza una vera creazione o un qualsiasi dimostràre--tutta.- l'arftmetic~ e ·tutta la geometria, cioè tutti
autore del mondo, ma solo per quello che quei raziocinatori i principi matematici. Ma, per passare dalla matematica alla
chiamano 'la Natura saggissima ed eterna'. Se un re avesse fisica, occorre ancora un altro principio, come ho notato nella
un reame in cui ogni èosa avveni8se senza il suo intervento, e mia Teodicea: il principio che è necessaria una ragion suffi-
senza che egli ordinasse che cosa_debba esser_fatta, questo sarebbe ciente. Nulla, ~i~è;· accadé .. senza-~h~ vi ;fa ùna ragione. per c-Uf
un regno del tutto nominale per lui, e, in realtà, -egli meri- ;;venga· così e non altrimenti. ~.r quest9 Archimede, volendo
terebbe d'avere il titolo di re o di governatore. E, come coloro E.~~ dalla matematica alla ..fisic~. ··1ic;1 ·'siio .. Iibro- s~'equi-
che pretendono che in un regno le cose possano andare perfet- !~6r!_o, è-s~~~ c~~k~tt~~-~ v~~i;si_ ~ ~.~so p~è~lare- <fel gr3,ò_
tamente bene senza che il re si occupi di checchessia, si può p~cipio -~~llaragion su_fficiente. Egli preride per concesso che,
supporre con ragione che metterebbero molto volentieri il re se aÌfe due èstremità-di una bila.il.eia in equilibrio si sospendono
da parte, ugualmente quelli che sostengono che l'universo non pesi eguali da una parte e dall'altra, il tutto starà in riposo: ciò
ha bisogno che Dio lo diriga e lo governi continuamente pro- perché non v'è alcuna ragione perché la bilancia scenda da un
pongono una dottrina che effettivamente tende a bandir Dio lato piuttosto che dall'altro. Ora, con questo solo principio,
dal mondo. cioè che è necessaria una ragion sufficiente perché le cose stiano
così e non altrimenti, io dimostro la Divinità e tutto il resto
SECONDO SCRITTO DI LEIBNIZ della metafisica o della teologia naturale; e anche, in qualche
OSSIA REPLICA AL PRIMO SCRITTO DI CLARKE modo, i principi fisici indipendenti dalla matematica, cioè i
[fine novembre 1715] principi dinamici, o della forza.

1. Si ha ragione di affermare, nello scritto dato alla Prin- 2. Si afferma poi, che, secondo i prmc1p1 matemat1c1, o,
cipessa di Galles e che Sua Altezza Reale m'ha fatto grazia meglio, secondo la filosofia di Newton (perché i princìpi mate-
d'inviarmi, che in seguito alle passioni viziose i princìpi dei matici non dicono niente in proposito), la materia è la parte
392 Epistolario Leibniz-Clarke Secondo scritto di Leibniz 393

meno considerevole dell'universo. La ragione è che egli am- 11 le anime non esercitano influenza immediata sui corpi, né i
mette, oltre la materia, uno spazio vuoto; e che, secondo lui, corpi _sulle anime, la loro corrispondenza mutua non può essere
la materia occupa una parte minima dello spazio. Ma Demo- spiegata col fatto della presenza.
crito ed Epicuro hanno sostenuto lo stesso, tranne che in ciò
essi differivano da Newton dal più al meno, e che, forse, ammet- 6. La vera ragione che fa apprezzare principalmente una
tevano maggiore quantità di materia nel mondo che Newton macchina è presa piuttosto dall'effetto della macchina che dalla
non ammetta. In questo, la loro dottrina .mi pare preferibile: sua causa. Non prendiamo tanto notizia della potenza del co-
perché, più materia esiste, più occasione è data a Dio di eser- struttore, quanto del suo artifizio. Così la ragione che s'allega
citare la sua saggezza e la sua potenza; e questa è una delle per lodare la macchina di Dio, che cioè egli l'ha fatta intera-
varie_ ragioni per cui ritengo_ ~he il ~~_!o nonc:sist11,_~att:~· ______ _ mente, senza prenderne la materia al di fuori, -non· è ·sufficiente:- ·
È un piccolo ·sotterfugio a cui si è stati costretti a ricorrere. E
3. È detto esplicitamente, nell'appendice dell'Ottica di la ragione che rende Dio preferibile a ·un altro costruttore di
Newton, che lo spazio è il sensorium di Dio. Ora la parola sen- macchine, non è soltanto che egli produce il tutto, mentre
sorium ha sempre significato l'organo della sensazione. Permesso l'artefice ha bisogno d'andare in cerca della sua materia: guesto
a lui e ai suoi amici di spiegarsi ora affatto diversamente: per vantaggio verrebbe solo dalla potenza. Ma, v'è ancora un'altra
me, non mi ci oppongo. ragione dell'eccellenza di Dio, eh~. pro".i~~~-~alla s;lggezza:
ed è che la sua macchina dura anche più a lungo, e funziona
4. Si suppone che basti la presenza dell'anima, perché essa con più esattezza di quella di qualsiasi altro costruttore. Chi
appercepisca ciò che avviene nel cervello; ma è proprio ciò acquista un orologio non si cura se l'artefice l'ha fatto tutto
che il R. P. Malebranche e tutta la scuola cartesiana negano, intero, o se ha fatto costruire i pezzi da altri artefici e li ha sol-
e con ragione. Occorre tutt'altro che la sola presenza, perché tanto adattati: purché funzioni a dovere. E se l'artefice avesse
una cosa rappresènti ciò che avviene in un'altra. Occorre al- ricevuto da Dio perfino il dono di creare la materia delle ruote,
l'uomo qualche comunicazione spiegabile, qualche maniera non ce ne accontenteremmo, se egli non avesse ricevuto anche
d'influenza, o delle cose tra loro, o d'una comune. Lo spazio, il dono di comporle bene. Egualmente, chi vorrà essere contento
secondo Newton, è intimamente presente al corpo che esso dell'opera di Dio, non lo sarà per la sola ragione che se ne allega.
contiene, e che gli è commisurato; segue forse, da ciò, che lo
spazio appercepisca quel che amene nel corpo, e che se ne 7. Così occorre che l' artifìzio di Dio non sia inferiore a
ricordi quando il corpo ne sia uscito? Inoltre, essendo l'anima quello di un artefice; occorre, anzi, che lo sorpassi infinitamente.
indivisibile, la sua presenza immediata che si potrebbe supporre La semplice produzione d'ogni cosa porrebbe, sì, in rilievo
nel corpo non sarebbe che in un punto: come, dunque, s'accor- la potenza di Dio, ma non la sua saggezza. Quelli che soster-
gerebbe di quel che avviene fuori di questo punto ? lo credo -ianno ìJ contrario cadi-anno proprlÒ nell'errore dei materialisti
di essere stato il primo a mostrare come l'anima s'accorge di e di Spinoza, mentre protestano di mantenersene lontani. Essi
quello che avviene nel corpo. riconosceranno la potenza, ma non abbastanza saggezza nel
principio delle cose.
5. La ragione per cui Dio appercepisce ogni cosa non è
la sua semplice presenza, ma, inoltre, la sua attività; infatti 8. Io non dico affatto che il mondo corporeo è una macchina
egli conserva le cose con un'azione che produce continuamente o un orologio che funziona senza intromissione di Dio; anzi,
quel che esse contengono di bontà e di perfezione. Ma, poiché professo che le creature hanno bisogno della sua influenza
/

394 Epistolario Leibniz-Clarke Seconda replica di Clarke 395

continua; ma sostengo che esso è un orologio che funziona 12. Infine, se Dio è costretto a correggere le cose naturali
senza aver bisogno di correzione: altrimenti bisognerebbe dire di tempo in tempo, ciò non può essere fatto che in un modo
che Dio si ricreda. Dio ha tutto preveduto, ed ha provveduto soprannaturale o in un modo naturale. Se in un modo sopran-
a tutto sin da principio. V'è nelle sue opere un'armonia, una naturale, bisogna ricorrere al miracolo per spiegare le cose
bellezza, già prestabilite. naturali; ciò che è in effetti una riduzione d'un'ipotesi ad absur-
dum. Infatti, coi miracoli, si può rendere ragione di tutto senza
9. Quest'idea non esclude la provvidenza o il governo di pena. Ma se la cosa avviene in modo naturale, Dio non sarà
Dio; al contrario, lo rende perfetto. Una vera provvidenza di più Intelligentia supramundana, ma sarà compreso nella natura
Dio richiede una perfetta preveggenza; ma, più ~11c:<Jra, richiede delle cose. In altri termini, sarà l'anima del mondo.
che non soltanto Egli abbia tutto preveduto, ma anche a tutto
provveduto, mediante convenienti rimedi preordinati: altri-
menti Egli, o mancherebbe di saggezza per prevedere, o di
potenza per provvedere, e rassomiglierebbe a un Dio sociniano, SECONDA REPLICA DI CLARKE
che vive alla giornata, come diceva il Jurieu 3 • È vero che Dio, [dicembre 1715]
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---secondo-i-So-ciniani; non sa neppure prevedere gli inconve-
nienti, mentre, secondo questi signori che l'obbligano a corre- 1. Quando ho detto che i princìpi matematici della filosofia
gersi non sa provvedervi. Ma a me sembra che sia ancora una sono contrari a quelli dei materialisti, ho voluto dire che, mentre
mancanza grandissima; gli dovrebbe mancare, infatti, o il potere i materialisti suppongono che la struttura dell'universo sia tale
o la volontà. da poter essere stata prodotta dai princìpi meccanici della materia
e del moto, della necessità e della fatalità, i princìpi matematici
10. Non credo che mi si possa rimproverare con ragione della filosofia mostrano, al contrario, che lo stato delle cose (la
d'aver detto che Dio è Intelligentia supramundana. Chi lo disap- costituzione del sole e dei pianeti) è tale che non avrebbe potuto
provi, dirà forse che è l'anima del mondo? Spero che no. In- essere prodotto che da una causa intelligente e libera. Per quel
tanto farà bene a guardarsi dal cadervi inavvertitamente. che riguarda il termine, poiché conseguenze metafisiche nascono
dimostrativamente dai princìpi matematici, i princìpi mate-
11. Il paragone di un re, nel cui regno le cose procederebbero matici possono essere chiamati princìpi metafisici qualora lo
senza che egli se ne occupasse, non cade a proposito; infatti si ritenga opportuno. È verissimo che niente esiste, e che niente
Dio conserva sempre le cose, che non potrebbero sussistere esiste in un certo modo anziché in un altro, senza che vi sia
senza di Lui. Pertanto il suo regno non è per niente nominale. anche una ragione sufficiente a che sia così; e per questo, dove
È lo stesso che si chiamasse re solo di nome un re il quale, aven- non v'è causa, non può esserci alcun effetto; ma questa ragione
do fatto educare tanto bene i suoi sudditi e tenendoli tanto bene sufficiente è spesso la semplice volontà di Dio. Per esempio:
nei limiti della loro capacità e buona volontà, mercé la cura da perché una certa porzione o un sistema di materia è stato creato
lui presa del loro mantenimento, non avesse bisogno di correg- in un certo luogo e un altro in un cert'altro luogo, una volta
gerli. che, essendo ogni luogo assolutamente indifferente ad ogni
materia, l'universo sarebbe stato precisamente la stessa cosa,
3 Pierre Jurieu (1637-1713), teologo calvinista, amico prima e poi
supposti simili i due sistemi (o le loro particelle) di materia ?
avversario fierissimo del Bayle, polemizzò con Porto-Reale e con Bossuet, non può esserci altra ragione che la semplice volontà di Dio.
e attaccò lo stesso Luigi XIV (Tableau du socinianisme, L'Aja 1691). E se una tale volontà non potesse mai agire senza essere prede-
396 Epistolario Leibniz-Clarke
Seconda replica di Clarke 397
terminata da qualche causa - come una bilancia non può
spostarsi senza il peso che la fa inclinare - ciò sopprimerebbe presente in uri punto solo. Lo spazio, finito o infinito, è assolu-
ogni libertà di scegliere, e introdurrebbe la fatalità. tamente indivisibile, anche per il pensiero, perché non si può
immaginare che le sue· parti si separino l'una dall'altra senza
2. Parecchi antichi filosofi greci, che avevano derivato la immaginare che esse escano, per così dire, fuori di se stesse;
loro filosofia dai fenici, e la cui dottrina fu corrotta da Epicuro, e, non pertanto, lo spazio non è un semplice punto 5•
ammettevano in generale la materia e il vuoto. Ma essi non
5. Dio percepisce le cose non certo con la semplice presenza,
seppero servirsi di questi princìpi per spiegare i fenomeni
né con l'agire su di esse, ma per il fatto che egli è un esser vivente
della natura mediante le matematiche. Per quanto piccola sia
ed intelligente, __oltre che onnipresente. Si deve .dir lo stesso _
la quantità di materia, Dio non ha per questo minor argomento 4
dell'anima nella...sua. piccoJ.a_ sfera: .non .. per la. sua semplice
per esercitare la sua potenza e la sua saggezza. Con la stessa
presenza, ma perché è una sostanza vivente, essa appercepisce
ragione si sarebbe potuto dimostrare che gli uomini, o qualsiasi
le immagini ìille quitli è"presente, e che, seiiza -e8sere loro pre-
altra specie particolare di animali, debbano essere infiniti di
sente, non potrebbe appercepire.
numero, perché Dio non manchi di materiali su cui esercitare la
sua potenza e saggezza. 6-7. È vero che l'eccellenza dell'opera di Dio non consiste
solo in ciò, che quell'opera mostra la potenza del suo autore,
3. La parola sensorium non significa propriamente l'organo, ma anche che mostra la sua saggezza. Però Dio non palesa
ma il luogo della sensazione. L'occhio, l'orecchio, ecc., sono tale saggezza col rendere la natura capace di muoversi senza di Lui,
organi ma non sensoria. D'altronde, Newton non dice che lo come un orologiaio fa muovere il suo orologio. (Ciò è impossi-
spazio è sensorium, ma che è, a titolo di paragone soltanto, come bile, perché non vi sono forze in natura indipendenti da Dio,
se fosse il sensorium, etc. come le forze dei pesi e delle molle sono indipendenti dagli
uomini.) La saggezza di Dio consiste nell'aver formato, fin
4. Non s'è mai supposto che la presenza dell'anima basti dall'inizio, un'idea perfetta e completa di un'opera che è comin-
per la percezione; s'è detto solo che quella presenza è necessaria. ciata e continua in modo conforme a quell'idea originale per-
Se l'anima non fosse presente alle immagini d~lle cose percepite, fetta, mediante I'esercizio ininterotto della sua potenza e del
essa non potrebbe percepirle; ma la sua presenza non basta, suo governo.
a meno che essa non sia anche una sostanza vivente. Qualunque
sostanza inanimata, benché presente, non percepisce nulla; 8. La parola correzione, o riforma, non dev'essere intesa
ed una sostanza vivente non è capace di percezione che nel in rapporto a Dio, ma soltanto in rapporto a noi: la pres1;:nte
luogo dove è presente, sia alle cose stesse (come è onnipresente struttura d~ sistema solare, per esempiÒ, per le leggi del movi-
Dio a tutto l'universo), sia alle immagini delle cose, come l'anima mento ora stabilite, cadrà, un giorno, nella confusione, ed in
è loro presente nel suo sensorium. Nulla può esercitare o subire seguito sarà forse ripristinata, ovvero riceverà una nuova forma.
un'azione là dove non è presente, com'è impossibile che qualcosa Ma tale cangiamento non è che relativo, in rapporto al nostro
sia dove non è. Che l'anima sia indivisibile, non prova che sia modo di concepir le cose. Lo stato presente del mondo, il disor-

4 has not at all the less subject to exercise his wisdom. L'interpre-
tazione del De. Ruggiero, • non manca di sudditi t, era probabilmente
dovuta a una traduzione francese.
-1 6 Nota di Clarke: «Come l'ordine delle parti del tempo è immu-
tabile, cosi pure l'ordine delle parti dello spazio. Se si muovessero
dai luoghi loro si muoverebbero, per dir cosi, fuori di se stesse (NEW-
TON, Principia, scolio della definizione 8) •·
398 Epistolario Leibniz-Clarke Terzo scritto di Leibniz 399

dine in cui cadrà, il rinnovamento che seguirà il disordine, naturale non differiscono in niente l'uno dall'altro in rapporto
entrano in egual modo nel disegno, nella perfetta e originale a Dio, e non sono che distinzioni fatte secondo il nostro modo
idea divina. Per la struttura del mondo è come per quella del di concepire le cose. Dare un movimento regolato al sole (o
corpo umano : la saggezza di Dio non consiste nel· rendere co- alla terra) è cosa che noi chiamiamo naturale; arrestare questo
deste strutture eterne, ma nel farle perdurare tutto quel tempo movimento per un giorno, è cosa soprannaturale, secondo le
ch'egli giudica opportuno. nostre idee. Ma l'ultima di queste due cose non è effetto d'una
più grande potenza dell'altra; e, in rapporto a Dio, entrambe
9. La saggezza e la prescienza di Dio 6 non consistono nel sono egualmente naturali e soprannaturali. Che Dio sia presente
preparare anticipatamente i rimedi che guariranno da se stessi a tutto l'universo, non vuol-dire ch'egli sia-l'anima-del mondo 7 •
i. disordini della natura. Infatti, a parlar. con -rigore, in rapporto - Un'anima è-parte-d'un-composto,di cui il-corpo è l'altra parte;
a Dio non vi sono disordini nel mondo, e quindi non vi son e queste due parti agiscono mutuamente l'una sull'altra, come
rimedi; e nemmeno esistono forze naturali che possano agire parti d'uno stesso tutto. Ma Dio è nel mondo non come parte,
da sé (come i pesi e le molle agiscono da sé in rapporto agli bensì come governatore. Egli agisce su tutto, e niente su Lui.
__ -~ :uomiaj1_ M!.-1~..J!.l!ggezza e la pref!c!e_!!_za cii Dio consisto110, Egli non è lontano da ciascuno dinoi;-perché in Lui noi (e_ _ _
come sopra s'è detto, nel formare tutto insieme un disegno, tutte le cose) abbiamo la vita, il movimento e l'essere.
che la potenza di Lui mette continuamente in esecuzione.

10. Dio non è né un'Intelligentia mundana, né una Intelli-


TERZO SCRITTO DI LEIBNIZ
gentia supramundana; bensì un'intelligenza che è da per tutto,
OSSIA RISPOSTA ALLA SECONDA REPLICA DI CLARKE
sia dentro che fuori del mondo. Egli è in tutto, dappertutto,
così come al di sopra di tutto. [25 febbraio 1716)

11. Quando si dice che Dio conserva le cose, se si vuol 1. Secondo il modo comune di parlare, i princìpi matematici
asserire che Egli agisce attualmente su di esse e che le governa, son quelli che consistono nelle matematiche pure, come numeri,
conservando e promovendo il loro essere, le loro forze, le loro
disposizioni e i loro movimenti, si dice proprio quel. che io
sostengo. Ma se si vuol dire semplicemente che Dio, col con- • Nota di Clarke: «NEWTON, Principia, scolio generale, alla fine:
servar le cose, rassomiglia a un re che crea dei sudditi capaci • Dio governa ogni cosa non come anima del mondo, ma come signore
dell'universo. Dio è un termine relativo e si riferisce ai servi; e deità
di agire abbastanza bene, senza che egli si intrometta o dia mai più è la dominazione di Dio, non sul proprio corpo, ma s~i servi. _In lui
ordini ad essi, questo significa bensì fare di Dio un vero creatore, son contenute e si muovono tutte le cose, ma senza passione reciproca.
non però un governatore se non semplicemente nominale. Dio nulla subisce dal moto dei corpi, e quelli non sentono n~ssun~
resistenza per l'onnipresenza di Dio. Egli è assolutam~nte P,nvo. d1
ogni corpo e figura corporea: pertanto non può es~ere visto, ~e ~dito,
12. Il ragionamento qui riferito suppone che tutto quel né toccato, né dev'essere venerato sotto specie d1 una quals1as1 co~a
che Dio fa sia soprannaturale e miracoloso; quindi tende a corporea. Abbiamo idee dei suoi attributi: ma ignoriamo che cosa sia
la sostanza di qualsiasi cosa. Non conosciamo con nessun senso, e
escludere ogni perfezione di Dio dal governo e ordinamento con nessuna attività riflessa, le sostanze intime dei corpi, e molto meno
naturale del mondo. Ma la verità è che il naturale e il sopran- abbiamo idea della sostanza di Dio. Solo lo conosciamo per le sue
proprietà e attributi, e per la conformazione e le cause finali ottime
e sapientissime delle cose; e lo veneriamo e coltiviamo per la sua do_-
• Nota di Clarke: «Vedi i miei Discorsi sull'esistenza di Dio, la minazione. Dio, infatti, senza dominazione, provvidenza e cause finali,
verità della religione naturale, etc., Parte I, p. 106 della IV ed.». non è altro che fato e natura' (p. 482 dell'ed. del 1714) ».
400 Epistolario Leibniz-Clarke Terzo scritto di Leibniz 401

aritmetica, geometria. Ma i principi metafisici concernono assolutamente in niente da un altro punto dello spazio; di qui
concetti più generali, come per esempio, causa ed effetto. sia
segu~-··cs-;;ppÒ-sto-ciie-io spazio·- se.
-·fo·"' stesso qualcosa,
oltre l'ordine dei corpi tra loro), che non può esservi una ragione
2. Mi si accorda l'importante principio che « niente av- perché Dio, conservando le stesse posizioni dei corpi tra loro,
viene se non vi è una ragione sufficiente perché avvenga così abbia situato i corpi nello spazio cosi e non altrimenti, e perché
e non altrimenti ». Ma me lo si accorda in parola. e me lo si tutto non sia stato invece preso a rovescio, (per esempio), con
respinge nel fatto; il che mostra che non se n'è ben intesa la uno scambio dell'oriente con l'occidente. Ma se lo spazio non
forza. E perciò si adopera un argomento che cade proprio sotto è altro che quell'ordine o rapporto, e non è proprio niente
una delle mie dimostrazioni contro lo spazio reale assoluto, senza' i -corpi~ trru:me_ che la pos~ibilidclleyene-s1an-;Jpostl;
idolo di alcuni Inglesi moderni. Dico ' idolo ', non in un signi-
ficato teologico, ma filosofico; come un tempo il cancelliere
---
.. -·· ---. -~-~- - ·-- --
-quei due stati, l'uno qual è,. faltro .supP.osto _a_roYescio, non ____ _
-- ~------------... -
~fferisè~~o __ pii?to ~tra lorò~-Latoro differenza, dunque, non
Bacone diceva che vi sono idola tribus, idola specus. intel"Viene che nella -nostra supposizione chimerica della realtà
dello spazio iri se stesso. ·Ma, nel fatto, l'uno e l'altro sarebbero
3. Quei signori sostengono, dunque, che lo spazio sia un precisamente la stessa cosa; e quindi non v'è motivo di chiedere
essere reale assoluto; ma ciò li mette in grandi difficoltà. il perché della preferenza dell'uno o dell'altro.
Infatti, pare che un tal eS"sere debba essere eterno ed infinito.
Perciò v'ha di quelli che hanno creduto che sia Dio stesso o 6. Lo stesso per il tempo. Supposto che qualcuno domandi (
il suo attributo, la sua immensità. Ma, siccome consta di parti, perché Dio non ha creato ogni cosa un anno più presto, e che
non è una cosa che possa convenire a Dio. quella persona voglia inferirne che Dio ha fatto qualcosa senza
che possa esservi una ragione per cui l'abbia fatta cosi e non
" 4. Per me, ho notato più di una volta che io consideravo altrimenti, g~ si potrebbe rispondere che la sua illazione sarebbe
lo spazio come qualcosa di puramente relativo, non· altrimenti vera se il tempo fosse qualcosa fuori delle cose temporali:
infatti non vi potrebbe essere alcuna ragione perché le cose
che il tempo è l'ordine delle successioni. Infatti, lo spazio segna, fossero attribuite a tali momenti piuttosto che ad altri, la loro
in termini di possibilità, l'ordine di quelle cose che esistono successione restando la stessa. Ma pro_e_~~~ciò -~osti:~ __ç4_e gli_
nello stesso tempo, in quanto esse esistono insieme, senza en- istanti, fuori delle cose, non sono niente, e che essi non consi-
trare nei loro modi di esistere particolari. E quando si veggono stono in altro che nel ioroordiìì.e-Suécessivo; e, questo restando
più cose insieme, si coglie tale ordine delle cose tra loro. ;;;n;_tato, l'uno dei du; stati, per -esempio quello della sup-
posta anticipazione, non differirebbe in niente, e non potrebbe
5. Per criticare la fantasticheria di coloro che prendono essere distinto, dall'altro che ora esiste.
lo spazio per una sostanza, o almeno per un essere assoluto,
ho parecchi argomenti; ma ora voglio servirmi solo di quello 7. Da quel che ho detto si vede che il mio assioma non è
di cui mi si fornisce qui l'occasione. Io dico dunque che, se stato ben ·inteso, e che, con la parvenza di concederlo, me lo
lo spazio fosse un essere assoluto, dovrebbe verificarsi qualcosa si respinge. È vero, si dice, che niente esiste senza che vi sia
di cui non potrebbe esservi una. ragione sufficiente: ciò che una ragione sufficiente perché esista, e perché esista cosi e non
va contro il nostro assioma. Ecco in che modo io dimostro la altrimenti; ma si aggiunge che questa ragione sufficiente è
cosa. Lo spazio è alcunché di assolutamente uniforme; e, senza spesso la semplice volontà di Dio; come quando si chiede per
le cose che vi si trovano, un punto dello che ragione la materia non è stata disposta diversamente nello
-· . - ... •.... -- . spazio . non
- differisce
.

29. Lei-
402 Epistolario Leibniz-Clarke Terzo scritto di Leibniz 403

spazio, conservando le stesse posizioni relative dei corpi. È pLov. Ex quo illi fecerunt Sensitorium pro Sensorio, id est,
proprio sostenere che Dio voglia qualcosa senza che vi sia organo sensationis ».
alcuna ragion sufficiente della sua volontà, contro l'assioma o
la regola fondamentale di tutto ciò che accade; ed è ricadere 11. La semplice presenza d'una sostanza, anche animata,
nell'indifferenza vaga, che ho ampiamente confutata, e mostrata non basta per la percezione. Un cieco, ed anche un uomo di-
assolutamente chimerica anche per le creature, e contraria alla stratto, non veggono affatto. Occorre spiegare com'è che l'anima
saggezza di Dio, quasi ch'egli potesse operare senza ragioni. si accorge di quel che è fuori di lei.

- - 8. Mi si obietta che il non ammettere questa pura e semplice 12. Dio non è presente alle -cose per situazione, ma per
volontà sarebbe togliere a Dio il potere di-scegliere-;--e-cadére essenza; la- sua --presenza -si-manifesta- col suo agire- immediato.-
nella fatalità. Ma è tutto il contrario: si sostiene che Dio ha La presenza dell'anima è di tutt'altra natura. Dire che essa è
il potere di scegliere perché lo si fonda sulla ragione della scelta diffusa per il corpo, è renderla estesa e divisibile; dire che è
conforme alla sua saggezza. E non è questa la fatalità da evitare tutta intera in ciascuna parte di alcuni corpi, è renderla divisibile
---~ __ __(ché,_infatti.-11011 è_ altro-che il più saggio ordinamento della - di per se stessa. Attaccarla a un punto, diffonderla per_ più_
provvidenza); bensì la fatalità o necessità bruta, dove non v'è punti, son tutte espressioni abusive, idola tribus.
saggezza né scelta.
13. Se la forza attiva si perdesse nell'universo, per effetto
9. Avevo notato che, diminuendo la quantità di materia, delle leggi naturali che Dio ivi ha stabilite, e in guisa che vi
-si- diminuisce la quantità degli oggetti sui quali Dio può eser- fosse bisogno di un nuovo impulso per ripristin~e quella forza
citare la sua bontà. Mi si risponde che, invece della materia, - come un artefice rimedia all'imperfezione della sua mac-
vi sono altre cose nel vuoto, sulle quali Egli non cessa d'eserci- china - il disordine non avrebbe luogo solo riguardo a noi,
tarla. Sia pure; quantunque non sia d'accordo, perché ritengo ma anche riguardo allo stesso Dio. Egli poteva prevenirlo o
che ogni sostanza creata sia accompagnata da materia. Ma, prender· meglio le sue misure per evitare un simile inconve-
ripeto, sia pure; rispondo che una maggiore quantità di materia niente, e, in effetti, ha agito così.
sarebbe compatibile con quelle stesse cose; quindi, è sempre
un diminuire l'oggetto di cui si parla. L'istanza di un maggior 14. Quando ho detto che Dio ha contrapposto ant1c1pata-
numero d'uomini o d'animali non giova, perché essi togliereb- mente rimedi a tali disordini, non ho inteso dire che Dio fa
bero posto ad altre cose. venire i disordini e poi i rimedi, ma eh' egli ha trovato mezzo
anticipatamente d'impedire che giungano i disordini.
10. Sarà difficile darci ad intendere che, nell'uso ordinario,
sensorium non significhi lorgano della sensazione. Ecco le 15. Si cerca inutilmente di criticare la mia espressione che
parole di Rudolph Goclenius 8 nel suo Dictronarium Philoso- Dio è Intelligentia supramundana. Dicendo che egli è al di sopra
phicum: « Sensitorium: barbarorum scholasticorum - egli del mondo, non si nega che egli sia nel mondo.
dice - qui interdum sunt simiae Graecorum. Hi dicunt ~tcr&rjtj-
16. Non ho dato mai motivo di dubitare che la conserva-
zione da parte di Dio non sia una preservazione e una continua-
8 GocLENIUS ( = Rudolf Gockel), Lexicon philosophicum, Franco- zione attuale di esseri, poteri, ordinamenti, disposizioni e
forte 1613. mozioni; e credo forse d'averlo spiegato meglio di altri. Ma, si
404 Epistolario Leibniz-Clarke Terza replica di Clarke 405

dice This is Ali that I contended /or: in ciò consiste tutta la indifferenti in se stesse, la semplice volontà, senza che nulla
disputa. A questo rispondo: servitore umilissimo. La nostra d'esterno la influenzi, è da sola quella ragion sufficiente. Ciò
disputa consiste in ben altro. La questione è se Dio agisce nel accade, ad esempio, quando Dio crea o situa una particella
modo più regolare e perfetto; se la sua macchina è suscettibile di materia in un luogo anziché in un altro, mentre tutti i luoghi
di disordini, ch'egli sia costretto a correggere per vie straordi- sono originariamente indifferenti. E il caso è lo stesso anche
narie; se la volontà di Dio possa agire senza ragione; se lo supponendo che lo spazio non sia nulla di reale, ma solo un
spazio sia un essere assoluto; sulla natura del miracolo, e su mero ordine dei corpi. Perché ancora esso sarebbe assolutamente
tanti altri problemi simili, che molto ci dividono. I indifferente, e non vi potrebb'essere altra ragione che la mera
I
_J
volontà, perché tre particelle uguali siano state situate o disposte
17. I teologi non ammetteranno la tesi che mi si oppone; -nell'ordine A, B, c;-anzich_é [fl~ui-ordine-coritrario:-balfin::-
-1 differenza dei luoghi non si potrebbe dunque trarre alcun argo-
che, cioè, non vi sia differenza, in rapporto a Dio, tra naturale
e soprannaturale. La maggior parte dei filosofi l'approverà mento atto a provare che non v'è uno spazio reale. Infatti i
anche meno. V'è una differenza infinita, ma pare non la si sia diversi spazi sono realmente differenti, o distinti l'uno dall'altro,
bene considerata. Il soprannaturale sorpassa tutte le forze delle benché perfettamente simili. D'altronde, se si suppone che J=

creature. Occorre dare un esempio: eccone uno, che ho sovente lo spazio non sia affatto reale, ma sia soltanto l'ordine e la dispo-
impiegato con successo. Se Dio volesse far muovere un corpo sizione dei corpi, ne deriverà un'assurdità evidente. Infatti, r
libero in circolo nell'etere, intorno ad un certo asse immobile, secondo tale idea, se il sole, la terra e la luna fossero stati situati
senza che nessun'altra creatura eserciti su di esso la sua azione, là dove si trovano attualmente le stelle fisse più lontane (posto ;
io dico che ciò non potrebbe avvenire che per miracolo, non che fossero situati nello stesso ordine e alla stessa distanza, -
essendo spiegabile secondo la natura dei corpi. Infatti un corpo l'uno rispetto alle altre), non solo sarebbe stata, come benissimo
libero si _allontana per sua natura dalla linea curva, lungo la dice il dotto autore, «la meme chose », in effetti la stessa cosa,
tangente. È così che io sostengo che l'attrazione dei corpi, ciò che è verissimo; ma ne seguirebbe ancora che la terra, il -i
propriamente detta, è una cosa miracolosa, non potendo venire sole e la luna sarebbero in tal caso neÌl'identico luogo in cui '.
spiegata mediante la loro natura. sono al presente: ciò ch'è una contraddizione manifesta. -
· Gli antichi non hanno detto che tutto lo spazio privo di i
corpi fosse uno spazio immaginario, ma solo lo spazio al di là
del mondo. E non hanno con ciò inteso dire che quello spazio
TERZA REPLICA DI CLARICE non sia reale, ma solo che noi ignoriamo completamente che
[metà aprile 1716] specie di cose vi siano in quello spazio. Aggiungo che gli autori
che hanno talvolta impiegato il termine immaginario per indi-
1. Quello che qui vien detto non riguarda che il significato care che lo spazio non è reale, non hanno affatto provato quel
di alcune parole. Si possono ammettere le definizioni che vi che asserivano, col semplice uso di quel termine.
si trovano; ma ciò non toglie che si possano applicare i ragio-
namenti matematici a oggetti fisici e metafisici. 3. Lo spazio non è un essere, un essere eterno ed infinito,
ma una proprietà, o una conseguenza dell'esistenza di un Essere
2. Non v'è dubbio che niente esista, senza che vi sia una infinito ed eterno. Lo spazio infinito è l'immensità; ma l'im-
ragione sufficiente perché esista, e perché esista in un certo mensità non è Dio; dunque lo spazio infinito non è Dio. Ciò
modo anzi che in un altro. Ma, riguardo alle cose che sono che qui si dice delle parti dello spazio, non è un'obiezione.
406 Epistolario Leibniz-Clarke Terza replica di Clarke 407

Lo spazio infinito è assolutamente ed essenzialmente indivi- 7-8. Quando v'è qualche differenza nella natura delle cose,
sibile; ed è una contraddizione nei termini supporre che sia la considerazione di questa differenza è sempre determinante
diviso; infatti, dovrebbe esservi uno. spazio tra le parti che si per un Agente intelligente e saggissimo. Ma quando due modi
suppongono divise, il che è un supporre che lo spazio sia diviso d'agire sono egualmente buoni, come nel caso di cui s'è parlato
e non diviso nello stesso tempo. Benché Dio sia immenso, più sopra, dire che Dio non può agire affatto, o che in tal caso
o presente per ogni dove, non per questo la sua sostanza è divisa il potere agire non sarebbe una perfezione, perché Dio non
in parti, più che la sua esistenza non sia divisa dal tempo. Non avrebbe alcuna ragione esterna per agire in un certo modo
c'è qui alcuna difficoltà, se non quella che sorge dall'abuso anziché in un altro ; dire una tal cosa significa negare che Dio
metaforico del termine ' parte '. ------ - _ _ ___ _ abbia in se stesso un_ prin_cipio d'j11iziativa o <:l'azione, e soste-
11ere. che.J:~l?em.pJ.:e_d~_t~nni~at<L d:!ll_cLc()_l?e _e.!ltei:.i9_ti,._ç_Qffi.e_s~----·
ciò avvenisse meccanicamente.
4. Se lo spazio non fosse che nell'ordine delle cose che coe-
sistono, ne seguirebbe che, se Dio facesse muovere il mondo
tutto intero in linea retta, con qualsiasi grado di velocità, esso 9. Ritengo che la quantità determinata di materia che è
-~l-T'l_,..._.....,erebb~mai d'essere~empre nello--stesso luogo; e se
attualmente nel mondo sia la più conveniente allo stato attuale
delle cose,-- o -alla struttura presènte- delfa natura; e che Uria ___ _
quel movimento fosse fermato, per quanto subitamente, niente
ne riceverebbe un urto. E se il tempo non fosse che un ordine più grande (allo stesso modo che una più piccola) quantità
di successioni nelle creature, ne seguirebbe che, se Dio avesse di materia sarebbe stata meno adatta allo stato presente del
mondo, e che, di conseguenza, non sarebbe stato oggetto più
creato il morido alcuni milioni di anni prima, egli non l'avrebbe
grande per Dio, per esercitarvi la sua bontà.
tuttavia creato prima. Inoltre spazio e tempo sono quantità,
il che non può dirsi della situliZione e dell'ordine.
10. Non si tratta di sapere quel che Goclenius intende per
il termine sensorium ma quel che intende Newton, dal momento
(/ 5. Si pretende qui che, siccome lo spazio è uniforme o che il dibattito verte sul senso del libro di Newton, e non di
\ perfettamente omogeneo, e nessuna delle sue parti differisce quello di Goclenius. Se Goclenius crede che l'occhio, l'orecchio
·idall'altra, debba seguirne che, se i corpi che sono stati creati o qualche altro organo dei sensi sia il sensorium, certamente
· in un certo luogo fossero stati creati in un altro luogo, (supposto si sbaglia. Ma quando un autore impiega un termine tecnico,
ch'essi conservino la stessa posizione relativa), non cesserebbero e dichiara in che senso se ne serve, perché mai ricercare in che
d'essere stati creati nello stesso luogo: ciò che è una contraddi- modo altri scrittori possono aver inteso quello stesso termine ?
zione manifesta. È vero che l'uniformità dello spazio prova che Scapula 9 traduce la parola, di cui si tratta, con « domicilium »,
Dio non ha potuto avere alcuna ragione (esteriore) per creare le il luogo in cui ha sede l'anima.
cose in un luogo anziché in un altro; ma ciò toglie forse che
la sua volontà sia stata una ragion sufficiente per agire in un 11. L'anima di un cieco non vede, perché certe ostruzioni
luogo qualunque, dal momento che tutti i luoghi sono indiffe- impediscono alle immagini d'essere portate al sensorium, in
' renti e simili, ed esiste una buona ragione per agire in un qualche cui essa è presente. In che modo l'anima di un uomo che vede
; luogo? percepisca le immagini alle quali è presente, non sappiamo:

6. Lo stesso ragionamento di cui mi son valso nella prece- • }OHANNES ScAPULA, Lexicon grecolatinum, Basilea 1580, più volte
dente sezione, può ripetersi qui. ristampato.
408 Epistolario Leibniz-Clarke Quarto scritto di Leibniz 409

ma siamo sicuri che non può percepire ciò a cui non è presente, che lo spazio non dipende affatto dall'ordine, né dalla situazione,
perché un essere non può agire né ricevere impressioni là dove né dall'esistenza dei corpi.
non si trova.
17. Riguardo ai miracoli, non si tratta di sapere ciò che i
12. Dio, essendo per ogni dove, è attualmente presente a teologi o i filosofi comunemente riconoscono o noff riconoscono
tutto, in essenza e sostanza. È vero che la presenza di Dio si in tale materia, ma sopra quali ragioni si appoggiano le teorie.
manifesta con la sua azione, ma egli non potrebbe operare Se un miracolo è solo un'azione che sorpassa la potenza di tutte
se non.fosse presente. L'anima non è presente a ciascuna parte le creature, ne seguirà che, se un uomo cammina sull'acqua,
del corpo, e quindi non agisce, e non potrebbe agire da se stessa, e se il movimento del sole (o della terra) è fermato, questo non
su tutte le parti del corpo, ma solo sul cervello o su certi nervi sarà un miracolo, poiché entrambe le ·cose possono avvenire
e spiriti che agiscono su tutto il corpo in virtù delle leggi e delle senza l'intervento· di una· potenza· infinita-:· Se u1Ccorpo si· muove ·
comunicazioni che Dio ha stabilite. attorno a un centro nel vuoto, se questo è cosa ordinaria (come
nel movimento dei pianeti attorno al sole), non sarà affatto
13-14. Benché le forze attive che sono nell'universo decre- un miracolo, sia che Dio stesso produca immediatamente quel
scano ed abbiano bisogno di un impulso, non è questo un in- movimento, sia ch'esso venga prodotto da qualche creatura.
conveniente, un disordine, o un'imperfezione nell'opera del- Ma se quel movimento è raro e fuori dell'ordinario, come sarebbe
l'universo, ma una conseguenza della natura delle creature, il caso di un corpo pesante sospeso nell'aria, sarà un miracolo,
che sono in stato di dipendenza. Questa dipendenza delle cose tanto se Dio stesso lo produca, quanto se venga prodotto attra-
non ha bisogno di essere rettificata. L'esempio di un uomo verso una creatura invisibile. Infine, se tutto ciò che non è
che costruisce una macchina, non ha alcun rapporto: perché • effetto delle forze naturali dei corpi, e che non si può spiegare
i poteri o le forze in virtù delle quali quella macchina continua con tali forze, è un miracolo, ne seguirà che. tutti i movimenti
a muoversi ·sono affatto indipendenti dall'artefice. degli animali sono miracoli. Ciò che, a quanto pare, prova
1
!
dimostrativamente che il dotto autore ha una nozione errata
15. Si può ammettere l'espressione: Intelligentia supramun- del miracolo.
dana, nel modo in cui l'autore qui la spiega. Ma, senza quella
QUARTO SCRITTO DI LEIBNIZ
spiegazione, essa potrebbe facilmente insinuare la falsa con-
O RISPOSTA ALLA TERZA REPLICA DI CLARKE
cezione che Dio non sia realmente e sostanzialmente presente
da per tutto.
1. Nelle cose assolutamente indifferenti non v'è affatto
scelta, quindi né elezione né volizione: infatti la scelta deve
16. Alle questioni che vengon qui proposte rispondo: che
avere qualche ragione o principio.
Dio agisce sempre nel modo più regolare e perfetto; che non
v'è alcun disordine nella sua opera; e che non vi è nulla di 2. Una vera volontà senza alcun motivo (a mere will) è
più straordinario nelle alterazioni che si compiaccia di apportare una finzione non solo contraria alla perfezione di Dio, ma anche
nella struttura delle cose che nella continuazione di essa; che, chimerica, contraddittoria, incompatibile con la definizione della
quando le cose sono in se stesse assolutamente eguali ed indiffe- volontà, e sufficientemente confutata nella Teodicea.
renti, la volontà di Dio può determinarsi liberamente alla scelta,
senza che alcuna causa estranea la faccia agire, e che il potere 3. È indifferente disporre tre corpi eguali e in tutto simili
che Dio ha di agire in questo modo è una perfezione. Infine, in qualunque ordine si voglia; quindi essi non saranno mai
410 Epistolario Leibniz-Clarke Quarto scritto di Leibniz 411

disposti da colui che fa ogni cosa con saggezza. Perciò egli, 9. Se lo spazio infinito è l'immensità, lo spazio finito sarà
essendo l'autore delle cose, non ne produrrà affatto, e per con- l'opposto dell'immensità, cioè a dire la misurabilità o l'esten-
. seguenza non ve n'è in natura. sione limitata. Ora l'estensione dev'essere l'attributo di un
esteso. Ma se quello spazio è vuoto, sarà un attributo senza
4. Non vi sono due individui indiscernibili. Un gentiluomo· s~ggetto, un'estensione di nessun esteso. Perciò, facendo dello
di spirito, mio amico, parlando con me
in-presenza di S. A. spazio una proprietà, si cade nella mia teoria che lo considera
l'Elettrice nel giardino di Herrenh~usen, credette di poter come un ordine delle cose, e non come alcunché d'assoluto.
trovare due foglie interamente simili. S. A. pose in dubbio la
cosa ed egli corse a lungo invano per _cercarne. Due gocce di 10. Se lo spazio è una realtà assoluta, ben lungi dall'essere
_acqu~ ~~i lat!~.._guardate col microsco~o risulteranno disW:- una .proprietà od un'accidentalità opposta lllfa. sostanza, ~vr~
nibili. È un argomento contro gli atomC~ìi--;;;--'non ""Iiì-;no del
vuoto, sono combattuti dai princìpi -della -vera metafisica. un soggetto ·all'altrò, cosa assolutamente non· ammessa: · dalla sana
filosofia. Fin qui si è ritenuto che un'affezione possa abbandonare

-----r·-~· Que~ gr~~~~J'!~cìpi, della__r~~?ll sufficie?!C'. e dell'iden-


il proprio soggetto venendo meno, quando il soggetto cambia: ma
non si è pensato che possa abbandonare _il proprio SO(fgetto pass8Ild~~­
' tità degli indiscernibili, cambiano lo stato della metafisica, che, e un-
irÌ uii'3Itro- - ancor meno ..che s-oggetto-possa abbandonare e spo-
gliarsi di ~a propria affezione per ·andarne a cercare un'altra già
· per mezzo loro, diviene reale e dimostrativa; mentre un tèmpo esistente in precedenza, e che l'affezione abbandonata possa prendere
non consisteva che quasi in termini vuoti. un altro soggetto. Ma tutto ciò accadrebbe se gli spazi fossero realtà
assolute e, al tempo stesso, affezioni.
Quando il corpo abbandona lo spazio che occupava, e si va a
6. Porre ·due cose indiscernibili è _porre la stessa cosa sotto mettere nello spazio _lasciato da un altro, ecco una separazione del
due nomi. Cosi l'ipotesi che l'universo abbia avuto da principio soggetto e dell'affezione senza che l'affezione perisca; ecco, anzi, l'esempio
di un'affezione o accidentalità che può esistere non solo senza soggetto,
una .posizione nel tempo e nello spazio diversa da quella che · - ma perfino prima che il proprio soggetto esista, e dopo che ha ce.ssat~
s'è effettivamente verificata, e che tuttavia tutte le parti del- di esistere. Ciò significa anche aderire all'opinione dei transustanz1aton
l'universo abbiano avuto la stessa posizione relativa tra loro, [transsubstantiateurs] che fanno sussistere gli accidenti o affezioni senza
soggetto. Significa, insomma, annullare la differenza tra accidenti
che in effetti hanno ricevuto, è una finzione impossibile. e sostanze.
Secondo me spazio e tempo non sono se non cose ideali, come
tutti gli enti relativi, che non sono altro che i termini incomplessi che
7. La stessa ragione per cui lo spazio fuori del mondo è fanno le verità o i complessi; come sono ad es. le proporzioni. Quando
immaginario, prova che ogni spazio vuoto è una cosa immagi- dico: ' A sta a B come 2 sta a 1 ', posso trasformare tale complesso in
naria; infatti essi non differiscono che dal grande al piccolo. incomplesso, dicendo: ' il rapporto tra A e B come tra 2. e 1 è vero '.
Così gli enti relativi si riducono effettivamente alle ventà.
Ciò mostra come la proporzione tra A e B non sia punto un ente
8. Se lo spazio è una proprietà o un attributo, dev'essere i assoluto ma una cosa ideale: altrimenti avremmo un accidente con
una ~ba nel soggetto A e l'altra nel soggetto B, che sarebbe in due
la proprietà di alcune sostanze. Di quale sostanza sarà proprietà soggetti nello stesso tempo. Sicché le affezioni relative non sono che
od attributo lo spazio vuoto limitato, che i suoi fautori suppon- risultati delle assolute, e non costituiscono il termine di un'azione a
gono tra due corpi ? 10 parte. Coloro che trasformano le relazioni in realtà, che siano qualche
altra cosa che verità, moltiplicano gli esseri inopportunamente, e
creano complicazioni inutili.
A proposito del tempo si vede chiarissimamente che non può
10 A questo proposito Leibniz scrive ancora, (annotando: « questo essere una realtà assoluta: infatti, non avendo mai le sue parti insieme,
si potrà conservare per un'altra risposta »): « Potrei fare qualche ag- non si può mai dire che esista. Ora, la grande analogia tra spazio e
giunta alla terza risposta. Dopo il n. 8 si potrebbe aggiungere: Se lo tempo fa ben capire che, se il tempo non è che un ordine, anche lo
spazio è un'affezione, avremo affezioni o accidenti che passano da spazio non sarà altra cosa. ~
412 Epistolario Leibniz-Clarke Quarto scritto di Leibniz 413

una sussistenza maggiore delle sostanze. Dio non potrebbe


distruggerlo, e neppure mutarlo in alcuna parte. Esso sarebbe,
non soltanto immenso nella sua totalità, ma anche immutabile
-j
,~i:a~i-~gi~pe. Ora Dio non fa nulla senza ragione: ed è impos-
sibile che ve ne sia una qui. Ancora: sarebbe un agendo nihil
agere, come ho già detto, a causa dell'indiscernibilità.
ed eterno in ogni parte. Vi sarebbe un'infinità di cose eterne
fuori di Dio.
t+. Sono idola tribus, niente altro che chimere ed immagi-
nazioni superficiali. Tutto ciò non è fondato che sulla suppo-
11. Dire che lo spazio infinito è senza parti significa dire
sizione che lo spazio immaginario sia reale.
che esso non consta di spazi finiti e che potrebbe sussistere,
quando gli spazi finiti fossero ridotti a niente. Sarebbe come
se si dice8se, nell'fpòtesi cartesiana d'un universo corporeo 15. Simile a questa, cioè del pari impossibile, è la supposi-
esteso senza confini, che un tale universo potrebbe sussistere zione che Dio abbia-creato il mondo -alcuni· milioni-d'anni- --
quando tutti i corpi che lo compongono fossero ridotti a niente. prima. Coloro che cadQno in siffatte .finziop.i nQn potrebbero
nulla rispondere a quelli che sostenessero l'eternità del mondo.
12. Si attribuiscono parti allo spazio: p. 19.; 3a edizione, Infatti, siccome Dio non fa niente senza ragione, e nessuna ra-
della difesa dell'argomento contro Dodwell 1Dbia; e le si rende gione si può dare perché egli non abbia creato il mondo più
inseparabili l'una dall'altra. Ma a p. 30 della seconda difesa le si presto, ne segue, o eh' egli non ha creato niente del tutto, o
considera come parti impropriamente dette; ciò che si può ch'Egli ha creato il mondo prima d'ogni tempo determinabile,
intendere in un buon senso u. cioè che il mondo è eterno. Ma quando si mostra che, qua-

-
lunque sia il cominciamento, è sempre la stessa cosa, si elimi-
l-1 I ·13. Dire che Dio faccia muovere tutto l'universo in linea na la questione del perché esso non sia stato diverso.
retta, o diversa dalla retta, senza mai mutarvi nulla per altra
via, è ancora una supposizione chim:érica. Infatti èodesti due 16. Se lo spazio e il tempo fossero qualcosa d'assoluto, cioè
~?J!!..d!.~~!11Ìbili _so~~..!~ s~~~~ st~~ qlliìldi.srtiittà-di un fossero qualcosa di diverso da certi ordini di cose, quel che io
mutamento che non- muta niente."ìnoltre, -aresso non-v'è Pòm- dico sarebbe contraddittorio. Ma, poiché non s® tali, l'ipotesi
.--...__,,---...._. .. -......_.__
-------~-------'-..
è contraddittoria, cioè a dire, è una finzione impossibile.
18bis Harris Dodwell (1641-1711), teologo anglicano.
11 Lo ~tesso appunto di Leibniz, di cui alla nota precedente, pro- 17. Così nella geometria la dimostrazione si fa, talvolta,
segue: •Ai nn. 11 e 12 della terza risposta si può aggiungere che spazio col supporre che una figura sia più grande [di quel che è]. È
e tempo hanno parti, nonostante che tali parti non siano staccabili
l'una dall'altra. L'ora è una parte del giorno, la capacità di un ditale una contraddizione, ma nell'ipotesi, la quale perciò stesso si
è una parte della capacità di una pinta. Il luogo del sole è una parte mostra falsa.
del luogo del sistema solare. Ma non si possono separare o trasportare
le ore, né gli spazi. Dio nulla può su ciò. La ragione ? È che non sono
che gli incomplessi delle verità eterne, concepiti in forma di esseri 18. L'uniformità dello spazio fa sì che non vi sia alcuna
assoluti per i modi delle nostre espressioni. ragione, né interna, né esterna, per sceverarne le parti ed ope-
Ma se fossero realtà esistenti assolute, Dio potrebbe apportarvi
mutamenti. Il tempo e lo spazio appartengono alle essenze e non alle rarvi una scelta. Infatti una tale ragione esterna di discernere
esist~e; come i numeri o altre idealità. E come Dio n'on può far non potrebbe essere fondata che nell'interno: altrimenti sarebbe
si che il numero t~mario non stia tra il binario e il quaternario, perché un discernere l'indiscernibile, o uno scegliere senza discernere.
sarebbe un'assurdità, cosi non può fare in modo che l'ora in cui siamo
sia tolta di tra l'ora precedente e seguente, e ridotta a nulla, o collocata ·) La volontà senza ragione sarebbe il caso degli Epicurei. Un
altrove. Lo stesso del luogo o dello spazio •. Dio che agisse in base a una tale volontà sarebbe un Dio di
414 Epistolario Leibniz-Clarke Quarto scritto di Leibniz 415

nome. La fonte degli errori sta nel non aver cura d'evitare ciò 27. Non v'è espressione meno adatta, su questo argomento,
che non risponde alle perfezioni -divine. di quella che attribuisce a Dio un sensorium. Pare ch'essa lo
renda l'anima del mondo. E c'è da affaticarsi molto per dare
19. Quando due cose incompatibili sono egualmente buone, all'uso che Newton fa di questo termine un senso che lo possa
e nessuna delle due presenta, tanto per se stessa che in combi- giustificare.
nazione con altre, alcun vantaggio sull'altra, Dio non ne pro-
durrà alcuna. 28. Benché si tratti del senso dato da Newton e non da
Goclenius, non mi si deve rimproverare l'aver citato il Dizio-
20. Dio non è mai determinato dalle cose esterne, ma sempre nario filosofico di quest'ultimo autore: infatti- lo scopo dei dizio-
da quel ch'è in Lui; cioè-da.Ile sue conoscenze,-prima che-vi ________ _ - nari è di segnare l'uso dei termini.
. sia alcuna cosa fuori di Lui.
29. Dio appercepisce le cose in se medesimo. Lo spazio
21. Non v'è ragione plausibile che possa limitare la quantità è il luogo delle cose, e non delle idee di Dio: a meno che non
_ _di_._I!_lateria_!__Perciò _ta.l~ lipiiµzi()J,!~ no11_p_11ò ayer J_q9go. si consideri lo spazio come qualcosa che -determini l'unione----
tra Dio e le cose, ad imitazione dell'unione che s'immagina
22. E supposta anche quest'arbitraria limitazione, si po- tra l'anima e il corpo; ciò che renderebbe ancora Dio anima
trebbe sempre aggiungere qualcosa, senza derogare alla perfe- del mondo.
zione delle cose che già esistono; e quindi bisognerà sempre
aggiungervi qualcosa, per agire in conformità del -principio 30. Lo stesso torto si ha nel paragonare la conoscenza e
della perfezione delle operazioni divine. l'azione di Dio con quelle delle anime. Le anime conoscono
le cose, perché Dio ha posto in esse un principio rappresentativo
23. Così non si può dire che l'attuale quantità ·di materia di ciò che è fuori d'esse. Ma Dio conosce le cose perché le
sia la più conveniente alla costituzione presente delle cose. E produce continuamente.
quando anche ciò fosse, ne conseguirebbe che la costituzione
presente delle cose non sia la più conveniente in modo assoluto, 31. Le anime non operano sulle cose, secondo me, se non
se essa impedisce un impiego maggiore di materia: bisogne- perché certi corpi si adattano ai loro desideri, in virtù dell'ar-
rebbe dunque sceglierne un'altra, capace di qualcosa di più. monia che Dio ivi ha prestabilito.

24. Sarei ben lieto di conoscere i passi dei filosofi in cui 32. Ma quelli che immaginano che le anime possano dare
sensorium sia inteso in un significato diverso da · Goclenius. una nuova forza al corpo, e che Dio faccia lo stesso nel mondo
per correggere i difetti della macchina, avvicinano Dio troppo
25. Se Scapula dice che sensorium è il luogo dove risiede all'anima, concedendo troppo all'anima e troppo poco a Dio.
l'intelletto, vorrà riferirsi all'organo della sensazione interna,
quindi non s'allontanerà da Goclenius. 33. Infatti non v'è che Dio il quale possa dare nuove forze
alla natura; ma egli non fa questo che in modo soprannaturale.
26. Sensorium è stato sempre l'organo della sensazione. La Se avesse bisogno di farlo nel corso naturale, avrebbe compiuto
gianduia pineale sarebbe, secondo Cartesio, il sensorium, nel un'opera imperfettissima. Egli rassomiglierebbe, nel mondo,
significato citato, di Scapula. a ciò che comunemente si attribuisce all'anima nel corpo.
416 Epistolario Leibniz-Clarke Quarto scritto di Leibniz 417

34. Volendo sostenere quest'opinione volgare dell'influenza 41. Si dice che lo spazio non dipende dalla situazione dei
dell'anima sul corpo con l'esempio di Dio che opera fuori corpi. Rispondo: è vero che non dipende da una determinata
di sé, si rende ancora Dio troppo rassomigliante all'anima del ; situazione dei corpi, ma esso è l'ordine che rende i corpi situabili,
mondo. E anche l'affettazione di criticare la mia espressione e mediante il quale essi, esistendo insieme, hanno una posizione
lntelligentia supramundana pare che v'inclini pur essa. ·, relativa tra loro; allo stesso modo che il tempo è un ordine
· analogo, in rapporto alla loro posizione successiva. Ma se non
35. Le immagini di cui l'anima è affetta immediatamente · esistessero creature, lo spazio e il tempo non sarebbero che nelle
sono si proprie ad essa, ma rispondono a quelle del corpo. La idee di Dio.
presenza dell'anima nel corpo è imperfetta, e non può essere
spiegata che con una tale corrispondenza;- ma quella di Dio è 42. Qui si confessa, a quanto pare, che l'icfea-cliesrha -aeI -
perfetta e si manifesta con la sua .azione. miracolo non è quella che ne hanno comunemente i teologi-
e i filosofi. Mi basta dunque che i miei avversari siano obbligati
36. Malamente si suppone, contro di me, che la presenza a ricorrere a ciò che nell'uso comune si chiama miracolo, e
dell'anima sia connessa con l'influenza di essa sul corpo, perché che, quando si filosofa, si cerca di evitare.
si sa che io respingo detta influenza.
43. Temo che, volendo mutare il significato comune del
37. Che l'anima sia diffusa per il cervello è inespicabile, non miracolo si cada in una conseguenza imbarazzante. La natura
meno che la si renda diffusa per tutto il corpo. La differenza del miracolo non consiste affatto nell'usualità e nell'inusualità;
non è che dal più al meno. altrimenti i mostri sarebbero miracoli.

38. Quelli che immaginano che le forze attive decrescano


44. Vi sono miracoli d'una specie inferiore, che un angelo
da se stesse nel mondo, non conoscono bene le principali leggi
può produrre: egli può, per esempio, fare si che un uomo
della natura, né la bellezza delle opere di Dio.
cammini sull'acqua senza affondare. Ma vi sono miracoli riser-
vati a Dio, e che sorpassano ogni forza naturale; tale è quello
39. Come mai dimostreranno essi che questo difetto pro-
del creare od annientare.
venga dalla dipendenza delle cose ?

45. È, del pari, soprannaturale che i corpi s1 attmno da


40. Tal difetto delle nostre macchine, che le rende bisogne-
lungi, senza alcun mezzo, e che un corpo si muova in circolo,
voli di riparazioni, viene proprio da ciò, ch'esse non sono abba-
stanza dipendenti dal costruttore. Cosi la loro dipendenza da senza deviare per la tangente, qualora niente gli impedisca di
Dio, che è nella natura, lungi dall'esser causa di un tal difetto, deviare così. Infatti, tali effetti non sono spiegabili mediante
è, piuttosto, causa che esso non si verifichi; perché la natura la natura delle cose.
dipende in tal modo da un artefice troppo perfetto per produrre
un'opera bisognevole d'essere corretta. È vero che ogni macchina 46. Perché mai il movimento degli animali non dovrebbe
circoscritta della natura è, in qualche modo, soggetta a guasti, essere spiegabile per mezzo di forze naturali? solo che l'origine
ma non l'universo tutt'intero, che non potrebbe diminuire in degli animali è, per mezzo. loro, tanto inesplicabile quanto il
perfezione. cominciamento del mondo.

30. Lei
418 Epistolario Leibniz-Clarke Quarta replica di Clarke 419

Postilla 12 all'altro: ma siccome la materia è più perfetta del vuoto, la ragione


vuole che si osservi la proporzione geometrica, e che il pieno
Tutti quelli che sono per il vuoto si lasciano guidare pm esista in misura tanto maggiore, quanto più esso merita d'essere
dall'immaginazione che dalla ragione. Quando ero giovanis- preferito. Ma in questo modo non vi sarà vuoto affatto, perché
simo finivo anch'io nel vuoto e negli atomi; ma la ragione me la perfezione della materia sta a quella del vuoto come qualche
ne fece ricredere. La fantasticheria era seducente. Si limitano cosa al niente. Lo stesso è degli atomi. Quale ragione può es-
le proprie ricerche a quel punto; si fissa la meditazione come servi di limitare la natura nel progresso della suddivisione ?
con un chiodo; si crede di aver scoperto i primi elementi, un e Finzioni puramente arbitrarie ed indegne della vera filosofia.
non plus ultra. Noi vorremmo che la natura non andasse più I Le ragioni che si adducono per il vuoto non sono che sofismi.
lungi, che fosse limitata, come il nostro spirito: ma questo non I
è conoscere la grandezza e la maestà dell'Autore delle cose. Il
QUARTA REPLICA DI CLARKE
minimo corpuscolo è attualmente suddiviso all'infinito, e contie-
ne un mondo di nuove creature, di cui l'universo sarebbe privo
1-2. La dottrina che qui è esposta conduce alla_ necessità
---se-quel-€GFpUSC~o-fosse-un atomo, ci-0è un--eorpo -tutto- d~un
ed alla -fatalità, con la supposizione-che -i mÒtlvi abbiano lo
pezzo, senza suddivisioni. Egualmente, volere che vi sia il
stesso rapporto con la volontà d'un agente i~telligente, che
vuoto in natura è attribuire a Dio una produzione imperfettis-
i pesi con una bilancia; di modo che, quando due cose sono
sima; è violare il gran principio della necessità d'una ragion
assolutamente indifferenti, un agente dotato d'intelligenza non
sufficiente, che tanti hanno avuto sulle labbra, senza per altro
possa scegliere l'una o l'altra, come una bilancia non può muoversi
intenderne la forza, come ho mostrato ultimamente, facendo
quando i pesi sono eguali d'ambo i lati. Ma ecco in che consiste
vedere, con quel principio, che lo spazio non è che un ordine
la differenza. Una bilancia non è un agente: essa è affatto passiva
delle cose, come il tempo, e non un essere assoluta. Senza
e subisce l'azione dei pesi; di modo che quando questi sono
parlare di parecchie altre ragioni contro il vuoto e gli atomi,
eguali, non v'è niente che la muova. Ma gli esseri intelligenti
ecco quelle che io traggo dalla perfezione di Dio e dalla ragion
sono agenti, essi non sono semplicemente passivi, ed i
sufficiente. Parto dall'assunto che ogni perfezione che Dio ha
motivi non agiscono su di loro come i pesi su d'una bilancia.
potuto porre nelle cose, senza derogare alle altre perfezioni
Essi son forniti di forze attive, e talvolta agiscono per motivi
loro, ve l'ha posta. Ora figuriamoci uno spazio interamente
vuoto: Dio poteva porvi qualche materia senza derogare in r potenti, tal'altra per motivi deboli, tal'altra ancora quando le
cose sono assolutamente indifferenti. In quest'ultimo caso, vi
niente a tutte le altre cose: dunque ce l'ha posta: dunque non v'è
possono essere eccellenti ragioni per agire, pur essendovi due
uno spazio interamente vuoto: dunque tutto è pieno. Lo stesso
o più modi per agire, assolutamente indifferenti. Il dotto autore
ragionamento prova che non vi è corpuscolo che non sia sud-
suppone sempre il contrario, come per principio; ma non dà
diviso. Ecco ancora l'altro ragionamento, preso dalla ragion
alcuna prova derivata dalla natura delle cose o dalle perfezioni
sufficiente. Non può esservi alcun principio atto a determinare
di Dio.
la proporzione della materia, sia dal pieno al vuoto che dal
vuoto al pieno. Si dirà forse che l'uno dovrà essere eguale
3-4. Se il ragionamento qui esposto fosse ben fondato,

12 Questa postilla, che conserviamo dalla precedente edizione De


Ruggiero, non si trova nel Robinet, ed è data dal Gerhardt con l'av-
proverebbe che Dio non ha creato alcuna materia anzi che
è impossibile che possa crearne. Infatti le parti pe~fetta~ente
solide di materia, quando le assumiate con figura e dimensioni
i
vertenza che non si trova né nell'originale né nella copia.
420 Epistolario Leibniz-Clarke Quarta replica di Clarke 421

eguali (il che può sempre supporsi come una cosa· possibile), mente vedere che la massima parte di quello spazio è priva
sono perfettamente simili. Sarebbe, perciò, del tutto indiffe- di materia. Infatti la tenuità della materia non può essere la
rente, se fossero trasportate in un luogo diverso da quello che causa della mancanza di resistenza. Il mercurio consta di parti
occupano; e per conseguenza sarebbe impossibile, secondo il che non sono meno tenui e fluide di quelle dell'acqua, e non
ragionamento del dotto autore, che Dio le colloca8se dove at- pertanto ha una resistenza maggiore del decuplo. Quella resi-
tualmente le ha collocate, perché egli avrebbe potuto con la stenza vien dunque dalla quantità, e non dalla grossezza della
stessa facilità collocarle altrove. È vero che non si trovano due materia.
foglie, né, forse, due gocce d'acqua perfettamente simili, perché
sono corpi molto composti. Ma non è lo stesso per le parti della 8. Lo spazio '7\lOto_di_corpi è una proprietà d'una sostanza ~­
materia semplice_ e_ solicia._ E anche nei composti, nop _è_ iinp9s'." immateriale. Lo spazio non è legato. ai corpi, ma esiste egual-
sibile che Dio crei due gocce d'acqua tutt'affatto simili; e mente nei corpi e fuori dei corpi. Lo spazio non è chiuso tra
quando le facesse perfettamente simili, esse non diverrebbero i corpi;-· ma i corpi, essendo nelfo spazio immenso, sono, essi

l
una sola e medesima goccia d'acqua per il fatto d'essere tali. soli, limitati dalle proprie dimensioni.
Aggiungo che il luogo dell'una delle due gocce non sarebbe)
il luogo dell'altra, pur essendo la loro rispettiva collocazione
9. Lo spazio vuoto non è attributo senza soggetto; infatti
del tutto ·indifferente. Lo stesso ragionamento vale anche in'
per tale spazio non intendiamo uno spazio in cui non c'è nulla,
rapporto alla determinazione originaria del movimento da un
ma uno spazio senza corpo. Dio è certamente presente in tutto
certo lato o dal lato opposto.
lo spazio vuoto; e forse in questo spazio vi sono anche parecchie
altre sostanze, che non sono materiali, e quindi non possono
5-6. Du~- c:o_se, ~er. ess~re pe~~e~~e. si~,_ .?on cessano J
d'esser due. Le parti del tempo sono perfettamente simili, come
<luelle dello s:eazf07n:ci'ii péÌ!_~to:·-ciUeisbin#._. ~QP.:~Qpp_ lQ ste!lso
istante; né sono due nomi d:~..!C.?!~E:l~~C!_~o ~!!tante. Se il
I I

--1
essere tangibili, né percepite da alcuno dei nostri sensi.

10. Lo spaz!_o non è una sos~za1._?-~-~o.P!j.et~; e se


è una proprietà di qualcosa di necessario deve (come tutte le
mondo non fosse stato creato da Dio che in questo momento,··
non sarebbe stato creato nel tempo in cui è stato creato. E se proprietà di qualcosa di necessario) esistere più necessariamente
Dio ha dato (o se può dare) un'estensione limitata all'universo, (pur non essendo sostanza esso stesso) di quelle stesse sostanze
ne segue che l'universo dev'essere per sua natura .capace di che non sono necessarie. Lo spazio è immenso, immutabile
movimento; infatti ciò ch'è limitato non può essere immobile. ed eterno; lo stesso va detto del tempo. Ma di qui non segue
Da quel che ho detto apparisce dunque che quelli che sostan- che vi sia qualcosa di eterno fuori di Dio. Infatti lo spazio e
gono che Dio non avrebbe potuto mutare .il tempo e il luogo, il tempo non sono fuori di Dio: essi sono causati, e sono con-
in cui esiste la materia, fanno la materia necessariamente infinita guenze immediate e necessarie della sua esistenza, senza le
ed eterna, e riducono tutto alla necessità ed al fato. quali egli non sarebbe eterno ed onnipresente. 13

7. Se l'universo ha un'estensione limitata, lo spazio fuori


13 Nota di Clarke: e NBWTON, Principia, scolio generale, alla fine:
del mondo non è affatto immaginario, ma reale. Né sono imma- 'Dio è eterno ed infinito, onnipotente e onniscente: cioè, dura ab
ginari gli spazi vuoti nel mondo. Benché vi siano dei raggi di aeterno in aeternum, ed è presente ab infinito in infinitum; tutto governa
luce, e forse qualche altra materia in piccolissima quantità, e tutto conosce, di ciò che accade o si può conoscere. Non è eternità
o infinità, ma eterno e infinito; non è durata o spazio, ma dura ed è
in un recipiente svuotato, la mancanza di resistenza fa chiara- presente. Dura sempre ed è presente ovunque. Ed esistendo sempre
422 Epistolario Leibniz-Clarke Quarta replica di Clarke 4Z3

11-12. Gl'infiniti non sono composti di finiti che come i dell'ordine o della posizione dei corpi tra loro. È un argomento
finiti sono composti di infinitesimi. Ho mostrato sopra in che matematico che, da effetti reali, dimostra che può esservi un
senso possa dirsi che lo spazio ha parti, o che non ne ha. Le movimento reale senza che ve ne sia alcuno relativo; e che può
parti, nel senso che si dà a questo termine quando lo si attri- esservi un movimento relativo dove non ve n'è uno reale. E
buisce ai corpi, sono separabili, composte, disunite, indipendenti non si può rispondervi assicurando semplicemente il contrario.
le une dalle altre e capaci di movimento. Ma lo spazio infinito ....
pur potendo essere appreso da noi parzialmente, cioè concepito 14. La realtà dello spazio non è una semplice supposizione:
dall'immaginazione come composto di parti, pure quelle parti essa è stata provata dagli argomenti riportati sopra, ai quali
(impropriamente così chiamate) sono .essenzialmente. indiscer- ____I!O!! _s' ~i~pQ§tQ._N~ __si_i__tjspo~~Q_~ wi _altro_ .arg9mento, cioè
-·-· nibili e immobili, e le· une dalle altre non separabili- senza un' e- che lo spazio e il _tempo sono_ quantità;. ciò_che_non_può .. dirsi _
spressa contraddizione in termini: quindi lo spazio infinito della situazione e dell'ordine.
è essenzialmente semplice ed assolutamente indivisibile.
15. Non era impossibile che Dio facesse il mondo più presto
13. Se il mondo ha un'estensione limitata, può esser messo o più tardi di quel che l'ha fatto. E nemmeno è impossibile
in ftlO'"limento dalla-potenza di·Dio;- e qlliiJ.di l'argomento clie che egli 16 disfrìigga più- presto o pili-tardf del tenìpo in ci.ii__ _
fondo su questa mobilità è concludente. Benché due luoghi sarà effettivamente distrutto. Quanto alla dottrina dell'eternità
siano perfettamente simili, essi non sono un solo e medesimo del mondo, quelli che suppongono che la materia e lo spazio
luogo. Il movimento ed il riposo dell'universo non sono lo siano la stessa cosa debbono supporre che il mondo è non sol-
stesso stato, come non lo sono il movimento e il riposo. d'un va- tanto infinito ed eterno, mi ancora che la sua immensità e la
scello, per il fatto che un uomo, chiuso nella cabina, non saprebbe ·i· sua eternità sono necessarie, anzi necessarie quanto lo spazio
_ e J! _tempo, che non dipendono dalla volontà di Dio, ma dall'esi-
- capire se il vascello, mentre si muove uniformemente, naviga
o no. Benché un tale uomo non si accorga del movimento del
vascello, quel movimentò non cessa· d'essere tino· stato reale
i i
stenza di Lui. Al contrario quelli. ché .credono che Dio ha creato
la materia in quella quantità, in quei tempi,· in quegli spazi
e differente, e di produrre effetti reali e differenti; ~e ch'Egli ha creduto, non si trovano imbarazzati da alcuna diffi-
fermato tutto a un tratto rodurrebbe altri effetti reali. Lo coltà. Infatti la saggezza di Dio può avere avuto ottime ragioni
stesso sareb e d'un movimento in .·scernibile de universo Non per creare questo mondo in un certo tempo: essa può avere
7f'risposto a ~st'argomento, s"itl"quitle" Newton insiSte...:molto fatto altre cose prima che questo mondo materiale fosse creato,
nei suoi princìpi matematici (definit. 8). Dopo aver considerato e può farne altre dopo che questo mondo sarà distrutto.
le proprietà, le cause e gli effetti del movimento, mostra la
differenza che v'è tra il movimento reale, o la traduzione d'un 16-17. Ho provato sopra che lo spazio e il tempo non sono
corpo che passa da una parte dello spazio in un'altra, ed il I' ordine delle cose, ma quantità reali, ciò che non può dirsi
movimento relativo, il quale non è altro che un mutamento dell'ordine e della situazione (v. lettera Ja, § 4, e questa lettera,
§ 13). Il dotto autore non ha ancora risposto a quelle dimostra-
zioni; e, a meno che non vi risponda, quel eh' egli dice è una
ed ovunque, costituisce la durata e lo spazio, l'eternità e l'infinità. contraddizione, come egli stesso qui confessa.
Poiché una qualsiasi parte di spazio esiste sempre e un qualsiasi
1!1-omento ~divisibil~ di durata esiste ovunque, non' v'è dubbio che
1 autore e signore di tutte le cose sussiste sempre ovunque. È onni-
. presente non per sola virtù, ma anche per sostanza: la virtù, infatti,
non può sussistere senza sostanza' (p. 483 dell'ed. del 1714) •.
l 18. L'uniformità di tutte le parti dello spazio non prova
che Dio non possa agire in nessuna parte dello spazio, nel modo
424 ·Epistolario Leihniz-Clarke Quarta replica di Clarke 425

ch'Egli vuole. Dio può avere buone ragioni per creare degli termine), non è necessario aggiungere altro a quel che è già
esseri finiti, e questi non possono esistere che in luoghi circo- detto nella mia 3a. lettera, § 10; 2a lettera, § 3; e 1a lettera § 3.
scritti. Ora, siccome tutti i luoghi sono originariamente simili
(quand'anche il luogo non sia che la situazione dei corpi), 29. Lo spazio è il luogo di tutte le cose e di tutte le idee,
se Dio dispone un cubo di materia dietro un altro cubo eguale proprio come il tempo è la durata di tutte le cose e di tutte
di materia, piuttosto che al rovescio, questa scelta non è indegna le idee. Ho mostrato sopra (Za. lettera, § 12) che questa dottrina
della perfezione di Dio, benché le due situazioni siano perfet- non tende affatto a rendere Dio lanima del mondo. Non v'è
tamente simili; infatti possono esservi ottime ragioni per l'esi- unione tra Dio e il mondo. Si potrebbe dire che la mente del-
stenza dei due cubi, i quali non potrebbero esistere che nell'una l'uomo è l'anima delle immagini delle cose che egli percepisce,
o nell'àltra delle due situazioni egualmente plausibili. Il caso . con _più ragione c~e. p.on si dica che D~o J l'_a~irna. de! mQ!ldo,
di Epicuro non è una scelta, ma 1.!lla necessità cieca. nel quale egli è presente per ogni dove e sul quale agisce come
vuole, senza che il mondo agisca su di Lui. Nonostante questa
19. Se l'argomento qui esposto prova qualcosa, prova (come risposta, riportata sopra, l'autore non cessa di ripetere la stessa
ho già detto sopra al § 3) che Dio non ha creato, anzi, che non obiezione più di una volta, come se non vi si fosse già risposto.
può creare alcuna materia, perché la situazione delle parti
eguali e similari della materia non poteva non essere originaria- 30. Non intendo che cosa l'autore voglia dire con «un prin-
mente indifferente, non altrimenti che la prima determinazione cipio rappresentativo». L'anima discerne le cose perché le im-
del loro movimento, da un certo lato o da quello opposto. magini delle cose le son portate dagli organi dei sensi. Dio
-
discerne le cose, perché è presente nelle sostanze delle cose
20. Non comprendo ciò che l'autore vuol provare qui, in stesse: non producendole continuamente (perché si riposa, ora,
rapporto all'oggetto di_cui si tratta. dell'opera della creazione), ma essendo continuamente presente
a tutte le cose che Egli ha creato in principio.
21. Dire che Dio non può porre limiti alla quantità di materia,
è asserire una cosa d'importanza troppo grande perché la si possa 31. Sel'anima non agisse sul corpo e nondimeno il corpo,
ammettere senza prova. E se Dio non può nemmeno porre limiti con un semplice movimento meccanico della materia, si con-
alla durata della materia, ne seguirà che il mondo è infinito formasse alla volontà dell'anima con una varietà infinita di movi-
ed eterno necessariamente ed indipendentemente da Dio. menti spontanei, sarebbe un miracolo perpetuo: l'armonia pre-
stabilita non è che una parola, o un termine tecnico, e non è
22-23. Se l'argomento qui esposto fosse ben fondato, pro- affatto valida a spiegare la causa d'un effetto tanto miracoloso.
verebbe che Dio non può inibirsi di fare tutto ciò che può
fare, e quindi di rendere tutte le creature infinite ed eterne. 32. Supporre che, nel movimento spontaneo del corpo,
Ciò significa fare di Dio non certo un governatore, ma un l'anima non dia un nuovo movimento o una nuova impressione
agente necessario, vale a dire, neppure un agente, ma il destino, alla materia, e che tutti i movimenti animati spontanei siano
la natura, la necessità. prodotti da un impulso meccanico della materia, significa ri-
durre tutto al fato e alla necessità. Ma quando si dice che Dio
24-28. Quanto all'uso della parola sensorium (benché New- agisce nel mondo su tutte le creature, com'Egli vuole, senz'al-
ton si sia avvalso d'un correttivo, quando ha usato questo cuna unione col mondo, e senza che alcuna cosa agisca su di
426 Epistolario Leibniz-Clarke Quarta replica di Clarke 427

Lui, ciò mostra all'evidenza come un governatore ch'è presente 41. Non intendo il significato di queste parole: un ordine
in ogni dove differisca da una immaginaria anima del mondo. o una situazione, che rende i corpi situabili. Mi pare che ciò
equivalga a dire che la situazione è la causa della situazione.
33. Ogni azione (nella natura delle cose) consiste nel dare Che lo spazio non sia l'ordine dei corpi è stato provato sopra
una nuova forza alla cosa su cui si esercita. Senza di che non (3 6 lettera,§§ 2 e 4). E in questa quarta replica (§§ 13 e 14) ho
sarebbe un'azione reale, ma una semplice passività, come è mostrato che l'autore non ha risposto agli argomenti da me
per tutte le leggi meccaniche del movimento. Donde segue proposti. È del pari evidente che il tempo non è lordine delle
che, se la comunicazione di una nuova forza è soprannaturale, cose che si succedono l'una all'altra, perché la quantità di tempo
tutte le azioni di Dio saranno soprannaturali, ed. Egli sarà inte- può essere. più grande o più. piccola,-mentre-quell'ordine. non
ramente escluso .dal governo deLmondo •..Un'altra_conseguenza ··cessa d'essere-identico.-· L'oriline-delle cose che si succedono
è che tutte le azioni degli uomini sono soprannaturali o che l'una all'al_tl"a _Il(!~ tel!lp~_ ~on_ ~ tutt'uno co_l _!empo: i~atti _le
l'uomo è una pura macchina, come un orologio. cose possono succedersi l'una all'altra più rapidamente o più
lentamente nello stesso ordine di successione, ma non nello
34-35. S'è mostrato sopra la differenza che passa tra la stesso tempo •. Supposto che n.on vi_fossero çreaj:µre, l'ubiquità
-·-·---verafdea di 151()e-queiia d'un'aninla-del mondo -(23 lettera, di Dio e la continuazione della sua esistenza renderebbero
§ 12, e questa lettera, §§ 29 e 32). lo spazio e il tempo identici a quelli attuali.

36. Ho replicato sopra (§ 31) a quello che qui vien detto.


42. Ci si appella qui dal giudizio della ragione all'opinione
volgare; ma siccome questa non è la regola della verità, i filo-
37. L'anima non è diffusa nel cervello, ma è presente nel
sofi non debbono ricorrervi.
luogo che è il sensorium.

38. Ciò che qui si dice è una mera affermazione senza prova. 43. L'idea d'un miracolo racchiude necessariamente l'idea
Due corpi, privi d'elasticità, urtandosi con forze contrarie ed di una cosa rara e straordinaria. Altrimenti non v'è niente di
eguali, perdono il loro movimento. E Newton ha dato un esempio più meraviglioso, e che richiegga una maggiore potenza, di
matematico (p. 341 dell'eçlizione latina dell'Ottica), da cui alcune tra le cose che noi chiamiamo naturali; come, per esempio,
risulta che il movimento decresce e aumenta continuamente i movimenti dei corpi celesti, la generazione e la formazione
in quantità, senz'essere comunicato ad altri corpi. delle piante e degli animali etc. Tuttavia non sono miracoli,
per la sola ragione che sono comuni. Ma di qui non segue che tutto
39. Quello di cui qui si parla non è un difetto, come suppone ciò che è raro e straordinario sia perciò un miracolo. Infatti
l'autore: è leffettiva natura della materia inattiva. parecchie cose di questa natura possono essere effetti irregolari
e meno comuni di cause ordinarie: come le ecclissi, i mostri,
40. Se l'argomento qui esposto fosse ben fondato, prove- la pazzia degli uomini, e un'infinità di altre cose che il volgo
rebbe che l'universo dev'essere infinito; che dev'essere esistito chiama prodigi.
da tutta l'eternità e che non potrebbe cessar d'esistere; che Dio
deve aver sempre creato quel numero di uomini e d'altri esseri 44. Si concede, qui, quel che ho detto. Pure si sostiene una
che era in grado di creare, per tutto quel tempo che gli riusdva cosa contraria all'opinione comune dei teologi, supponendo che
possibile. un angelo possa_ fare miracoli.
428 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 429

45. È vero che, se un corpo ne attirasse uri altro senza inter- alla mat~ria ~i cui le specie particolari risultano composte,
vento d'alcun mezzo, non vi sarebbe miracolo, ma contraddi- tanto se 1 pon vengono supposti vuoti, che riempiti di materia
zione; infatti sarebbe supporre che una cosa agisca dov'essa estranea 14 •
non è. Ma il mezzo attraverso cui due corpi s'attirano l'un
l'altro può essere invisibile ed intangibile, e d'una natura diffe-
QUINTO SCRITTO DI LEIBNIZ
rente dal meccanismo : il che non toglie che una azione regolare
O RISPOSTA ALLA QUARTA REPLICA DI CLARKE
e costante possa essere chiamata naturale, poiché essa è molto
meno meravigliosa del movimento degli animali, il quale tut- [metà agosto 1716]
tavia non è considerato come un miracolo.
· .SU.i §§ 1 e 2 del~o ~~ritt.o ·pr'?c~~~rit(!
46. Se col termine: forze naturali, s'intendono qui le forze
1. Risponderò questa volta pi!Ì ampiamente, per chiarire
meccaniche, tutti gli animali, senza eccettuarne gli uomini, le difficoltà, e per vedere se si è disposti a ragionare e a dar
saranno pure macchine, come orologi. Ma se quel termine segni d'amore per la verità, o se non si vuol fare altro che cavil-
non significa forze meccaniche, la gravitazione può venir pro- lare senza spiegar nulla.
dotta da forze regolari e naturali, benché non siano meccaniche.
2. Si cerca spesso d'imputarmi la necessità e la fatalità,
[NOTA DI CLARKE NELLA SUA EDIZIONE]
benché forse nessuno abbia spiegato meglio e più a fondo di
quel che io ho fatto nella Teodicea la vera differenza tra libertà,
S'è già risposto sopra agli argomenti che Leibniz ha inserito
contingenza e spontaneità da un lato, e necessità assoluta, caso
in una postilla al suo quarto scritto. La sola cosa che ci sia
e coazione, dall'altro. Non so ancora se si faccia così per partito
bisogno d'osservare qui è che Leibniz, sostenendo l'impossi-
bilità degli atomi fisici (la nostra disputa non concerne i punti preso, qualunque cosa io possa dire, o se tali imputazioni siano
matematici), sostiene un'assurdità manifesta. Infatti, o vi sono in buona fede, perché non si sono ancora ponderate le mie
parti completamente solide nella materia, o non ve ne sono. idee. Sperimenterò presto che cosa debbo pensarne, e mi rego-
lerò conformemente. .
Se ve ne sono, e suddividendole se ne prendono nuove parti-
celle aventi la stessa figura e le stesse dimensioni (ciò eh' è
sempre possibile), queste particelle saranno gli atomi fisici 3. È vero che le ragioni nell'animo del saggio ed i motivi
perfettamente similari. Ma se non vi sono parti completamente m qualunque animo operano come i pesi di una bilancia.
solide nella materia, non v'è affatto materia nell'universo: in- Si obietta che questo concetto conduce alla necessità e alla
fatti, più si divide e si suddivide un corpo, per giungere fino fatalità. Ma si dice questo senza dimostrarlo e senza prendere
alle parti perfettamente solide e senza pori, più aumenta la conoscenza delle spiegazioni ·da me date altra volta per togliere
proporzione dei pori rispetto alla materia solida di quel corpo. tutte le difficoltà che possono farsi in proposito.
Se, dunque, spingendo all'infinito la divisione e la suddivisione
è impossibile giungere a parti perfettamente solide e senza pori, 4. E pare ancora che si giochi all'equivoco. Vi sono delle
ne seguirà che i corpi sono composti unicamente di pori, (poiché necessità che bisogna ammettere. Infatti bisogna distinguere
il rapporto di questi rispetto alle parti solide aumenta senza una necessità assoluta e una necessità ipotetica. Bisogna inoltre
posa), e che, quindi, non v'è materia affatto: ciò ch'è un'assur-
dità manifesta. E il ragionamento sarà identico in rapporto 14 L'ultima frase non si trova nell'ed. RoBINET.
430 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 431

distinguere una necessità che ha luogo perché l'opposto implica 9. Ma dire che Dio non può scegliere che il meglio e volerne
contraddizione, e che è chiamata logica, metafisica o matematica, inferire che quello che egli non sceglie sia impossibile, è con-
da una necessità morale, pel cui mezzo il saggio sceglie il meglio, fondere i termini: potenza e volontà, necessità metafisica e
ed ogni spirito segue la più grande inclinazione. necessità morale, essenze ed esistenze. Infatti, ciò eh' è neces-
sario è tale per sua essenza, poiché l'opposto implica contrad-
5. La necessità ipotetica è quella che la supposizione o dizione; ma il contingente che esista deve la sua esistenza
ipotesi della previsione e del preordinamento di Dio impone al principio del meglio, ragion sufficiente delle cose. Perciò
ai futuri contingenti. E bisogna ammetterla, se non si nega a io dico che i motivi inclinano senza necessitare, e che v'è una
.- Dio, con i Sociniani, la prescienza dei contingenti futuri e la certezza ed infallibilità, ma non una necessità . assoluta-nelle
provvidenza che regola e governa le- cose- in .particolare.. cose contingenti.-Si colleghi-con- questo-quanto- sarà <letto-più -
giù, nn. 73 e 76.
6. Ma, né questa prescienza, né questa preordinazione dero-
gano per nulla alla libertà. Infatti Dio, guidato dalla suprema 10. Ed io ho mostrato abbastanza nella Teodicea che questa
ragione a scegliere, tra più serie di cose o di mondi possibili, necessità morale è .propizia, co11forme alla perfezione divina,
---- --lJlleftcn'ncuHe-creatute libere prendenmnò tali o tal'altre riso- . conforme al gran principio delle esistenze, che è quello che
luzioni, sebbene non senza il suo concorso, ha reso con ciò postula una ragion sufficiente; mentre la necessità assoluta e
ogni accadimento certo e determinato, una volta per tutte, metafisica dipende dall'altro grande principio dei nostri ragio-
senza per altro derogare alla libertà delle sue creature: poiché namenti, che è quello delle essenze: ed è il principio dell'iden-
_questo semplice decreto di scelta non muta, ma attualizza sol- tità o della contraddizione; poiché !'assolutamente necessario
tanto le loro nature libere, ch'Egli già vedeva nelle sue idee. è l'unico partito possibile, e il suo contrario implica contrad-
dizione.
7. E quanto alla necessità morale,. neppur essa deroga alla
libertà. Infatti, quando il saggio e, sopra tutti, Dio (il saggio 11. Ho mostrato ancora che la nostra volizione non segue
supremo) sceglie il meglio, non è perciò meno libero; al con- sempre precisamente l'intelletto pratico; perché la nostra vo-
trario, è la più perfetta libertà il non essere impedito ad operare lontà può avere o trovare delle ragioni per sospendere la sua
nel modo migliore. E quando un altro sceglie secondo il bene risoluzione fino ad una discussione ulteriore.
più apparente e più determinante, imita in ciò la libertà del
saggio, in proporzione della propria disposizione; senza di che 12. Dopo ciò, imputarmi una necessità assoluta, senza aver
la scelta sarebbe un cieco caso. nulla da dire contro le considerazioni da me fatte, le quali vanno
fino al fondo delle cose, forse, più che altre non facciano, sarà
8. Ma il bene, tanto vero che apparente - in una parola un'ostinazione irragionevole.
il motivo - determina senza necessitare, cioè senza imporre Riguardo alla fatalità, che pure mi viene imputata, si tratta
una necessità assoluta. Infatti, quando Dio, per esempio, sceglie ancora di un equivoco. V'è fatum mahometanum, un fatum
il meglio, ciò ch'egli non sceglie, e che è inferiore in perfezione, stoicum, un f atum christianum. Il destino alla turca pretende
non cessa d'essere possibile. Ma se quel che Dio sceglie fosse che gli effetti giungano, quando anche se ne eviti la causa;
assolutamente necessario, ogni partito sarebbe impossibile, come se ci fosse una necessità assoluta. Il destino stoico vuole
contro l'ipotesi, perché Dio sceglie tra i possibili, cioè tra pa- che si stia tranquilli; infatti bisogna avere pazienza per forza,
recchi partiti, nessuno dei quali implica contraddizione. poiché non si potrebbe recalcitrare contro l'ordine delle cose.
432 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 433

Ma si conviene che v'è un fatum christianum, un destino certo accetterebbe i motivi. Invece, nella realtà, i motivi comprendono
di tutte le cose, regolato dalla prescienza e dalla provvidenza tutte le disposizioni che lo spirito può avere per agire volonta-
di Dio. Fatum viene da fari, che vuol dire pronunziare, decre- riamente; infatti essi non comprendono soltanto le ragioni,
tare, e, nel senso buono, significa il decreto della provvidenza. ma anche le inclinazioni provenienti dalle passioni o da altre
E quelli che vi si sottomettono, per la conoscenza delle perfe- impressioni precedenti. Quindi, se lo spirito preferisse l'incli-
zioni di Dio, che ha l'amore di Dio per conseguenza, (perché nazione debole alla forte, agirebbe contro se stesso, e in modo
questo amore consiste nel piacere che una tale conoscenza diverso da quello in cui è disposto ad agire. Ciò mostra che i
produce), non se ne stanno soltanto rassegnati come i filosofi concetti in questo punto contrari ai miei sono superficiali,
pagani, ma sono anche contenti di quel che Dio ordina, sapendo e risultano privi affatto di _solidità, quando si _esamina_bene.
che egli fa tutto per il meglio; e .non solo per. il maggior bene
in generale, ma anche per il maggior bene di quelli che l'amano, 1.6. Cosi pure, dire che lo spirito può avere buone ragioni_ _
in particolare. per agire, quando non ha alcun motivo e quando le cose sono
assolutamente indifferenti, come qui viene spiegato, è una
14. Sono stato costretto a dilungarmi per distruggere una contraddizione manifesta: infatti, se ha buone ragioni per il
buona volta le imputazioni mal fondate, come spero di poter partito che prende, le cose non gli sono affatto indifferenti.
fare con queste spiegazioni, nello spirito delle persone eque.
Ma ora vengo ad una obiezione che mi si fa contro il paragone
17. E dire che, quando si hanno ragioni per agire, si agirà,
dei pesi d'una bilancia coi motivi della volontà. Si obietta che
se pure le vie d'agire sono assolutamente indifferenti, è ancora
la bilancia è puramente passiva e mossa dai pesi, mentre gli
un parlare molto superficiale e in un modo del tutto insoste-
agenti intelligenti e dotati di volontà sono attivi. A ciò rispondo
nibile. Infatti non si ha mai una ragione sufficiente ad agire,
che il principio che postula una ragion sufficiente è comune
quando non si ha pure una ragione sufficiente ad· agire in un
agli agenti ed ai pazienti. Essi hanno bisogno d'una ragione
determinato ~odo: poiché ogni azione è individuale, e non
sufficiente della loro azione, non meno che della loro passione.
generale e astratta dalle sue circostanze, ed ha bisogno di qualche
Non solo la bilancia non agisce, quando è spinta egualmente
via per potér essere effettuata. Dunque, quando v'è una ragione
d'ambo i lati; ma i pesi eguali non agiscono neppur essi, quando
per agire in un determinato modo, ve n'è anche una per agire
sono in equilibrio; in modo che l'uno non può scendere senza
per una determinata via, e quindi le vie non sono indifferenti.
che l'altro salga d'altrettanto.
Tutte le volte che vi sono ragioni sufficienti per un'azione
singola, ve ne sono per i requisiti di essa. Si veda anche quel
15. Bisogna ancora considerare che, a parlar propriamente,
che è detto più giù, al n. 66.
i motivi non agiscono sullo spirito come i pesi sulla bilancia;
ma piuttosto è lo spirito che agisce in virtù dei motivi, che
sono disposizioni ad agire. Cosi, pretendere, come qui si pre- 18. Questi ragionamenti saltano agli occhi; ed è molto strano
tende, che lo spirito talvolta preferisca i motivi più deboli ai che mi si accusi d'avere affermato il mio principio della neces-
più forti, o magari che sia indifferente ai motivi, significa se- sità d'una ragione sufficiente, senza alcuna prova tratta dalla
parare lo spirito dai motivi, come se questi fossero fuori di natura delle cose o delle perfezioni divine. Infatti la natura
quello, nel modo che il peso è distinto dalla bilancia; e come delle cose richiede che ogni accadimento abbia· previe condi-
se nello spirito vi fossero, all'infuori dei motivi, altre disposi- zioni, requisiti, disposizioni adatte, la cui esistenza ne costi-
zioni ad agire, in virtù delle quali lo spirito respingerebbe o tuisce la ragion sufficiente.

31. Lei
--o----· ~· ""5v LW.WC&gwa s1natte cose, perché s'accon-
siano conformi alla sua saggezza, e che non gli si possa rimpro- tenta. ~ ~etti i!!_Completi. Questo è uno degli errori degli
-' verare d'avere agito senza ragioni, o, anche, d'aver preferito atomisti.
una ragione più debole ad una ragione più forte.

l 20. Ma parlerò più ampiamente alla fine di questo scritto


22. Inoltre io non ammetto nella materia porzioni perfet-
tamente solide o tutte d'un pezzo, senz'alcuna varietà o movi-
della solidità e dell'importanza del gran principio della necessità mento specifico nelle loro parti, nel modo come s'intendono
) ____ -
d'una ragion sufficiente per ogni evento, la cui negazione distrug-
- gerebbe la parte migliore -di tutta-1a-filosofi.a.-Còsl; è molto
i_ pretesi atomi. ~ettere siffatti corpi, è ancora un'opinione-
pop~l~e :ma1._Jondata._$econd0- le mie dimostrazioni,-ogni-por.,- ·

~
-strana la pretesa che io commetta qui una petizione di principio; zione di materia è attualmente suddivisa in parti eteroge~ _

1- e pare proprio che si vogliano sostenere opinioni insostenibili,


visto che si è ridotti a negarmi questo gran principio, ch'è uno
dei più essenziali della ragione.
nee, · nessuna delle quali rassomiglia in tutto e per tutto
all'altra.

---·----- -··--
- 2'.C Avevo- allegato che nelle ~~se sensibili non si trovano
l I Sui §§ 3 e 4. mai due indiscernibili, e che, per esempio, non si troveranno
due foglie in un giardino, né due gocce d'acqua, perfettamente
e~. Lo si amme~e riguardo alle foglie e forse (perhaps)
21. Bisogna confessare che questo gran principio, benché
I sia stato riconosciuto, non è stato abbastanza applicato. Ed
è questa, in parte, la ragione per cui finora la filosofia prima
nguardo alle gocce d acqua; ma lo si poteva ammettere senza
perhaps, (senza forse, direbbe un italiano), anche per le gocce
d'acqua. . _ -
è stata così poco feconda, e-così poco-dimostrativa;-Da-esso io

I inferisco, tra le altre conseguenze, ·che non vi sano in natura


due esseri assolutamente indiscernibili, perché, se ve ne fossero,
Dio e la natura agirebbero senza ra~~!.. tra~..M_up.~_c,ij_ver­
24. Credo che queste osservazioni generali che valgono
per le cose sensibili, valgano ancora, in proporzione, per le
insensibili: e a questo riguardo può dirsi, come diceva Arlec-
) samente dall'altro; e che, quindi, Dio non produce due porzioni
di materi~· perfétta:D.iènte eguali e similari. Si risponde a questa chino nell'Imperatore della Luna, che «tutto è come qui ». Ed
è già un grave argomento contro gli indiscernibili, il fatto che
conclusione senza confutarne il fondamento; e vi si risponde
con una obiezione molto debole. «Questo argomento - si non se ne trova alcun esempio. Ma si fa opposizione a questa

I dice - se fosse valido, proverebbe che è impossibile a Dio


creare una qualsiasi materia; infatti le parti perfettamente
solide della materia, prese come eguali e come aventi la stessa
conseguenza: perché, si dice, i corpi sensibili sono composti,
mentre si sostiene che ve ne sono di insensibili che sono semplici.
Rispondo ancora che questo per me è inammissibile. Niente

l forma (il che è un'ipotesi possibile) sarebbero esattamente fatte


l'una come l'altra.» Ma è una petizione di principio evidentis-
sima supporre questa perfetta eguaglianza, che secondo me è
v'è di semplice, secondo me, tranne le vere monadi, le quali
non hanno parti né estensione. I corpi semplici, ed anche per-
fettamente simili, sono una conseguenza dell'erronea ammissione
inammissibile. Questa ipotesi di due indiscernibili, cioè di due del vuoto e degli atomi, o, comunque, della filosofia pigra, che

I porzioni di materia perfettamente congruenti tra loro, sembra


possibile in teri:nini -~tr.l!_tti, ma non è compatibile con Fordine
non approfondisce abbastanza l'analisi delle cose, e immagina
d! poter giungere ai primi elementi corporei della natura, perché
1.1·
1
1

deiiécose, né con la saggezza divina, in cui niente è ammesso ciò accontenta la nostra immaginazione.
t]
'I
436 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 437

25. Quando io nego che vi siano due gocce d'acqua intera- cidere e non possono essere che uno: ciò che accade anche
mente eguali o due altri corpi indiscernibili, non dico affatto •quando-una reffa~-che-·1.n-ogni ·-altro caso interseca la curva,
che sia assolutamente impossibile ammetterne; ma che è una diviene tangente.
cosa contraria alla saggezza divina, e che per conseguenza non
esiste.
29. Ho dimostrato che lo spazio non è altro che un ordine
Sui §§ 5 e 6. dell'esistenza delle cose, che si rileva nella loro simultaneità.
Così la finzione d'un universo materiale finito che va passeg-
26. Riconosco che se esistessero due cose perfettamente giando tutt'intero in uno spazio vuoto infinito non può essere
indiscernibili, sarebbero due: ma la supposizione è falsa, e ammesso. Essa è del tutto irragionevole ed inattuabile. Infatti,
contraria al gran principio della ragione. -I comuni filosofi si oltre che non v'è spazio reale fuori · dell'universò materiiiie,
sono ingannati, quando hanno creduto che vi fossero cose dif- una tale azione sarebbe senza scopo; sarebbe un lavorare senza
ferenti solo numero, o solo perché sono due; e da questo errore far nulla, agendo nihil agere: non si produrrebbe alcun muta-
' sono provenute le loro perplessità su ciò ch'essi chiamavano mento osservabile da checchessia. Le immaginazioni dei filosofi
il, il_p!i,g~iPi2 ..A'incfividu~i~_n~. La metafisica è stata trattata dalle nozioni incomplete fanno dello spazio una realt~ assoluta.
~ ordinariamente come una mera dottrina di termini, come un ·.i I puri matematici, i quali non si occupano che di giuochi del-
;! l'immaginazione, sono capaci di costruire tali concetti; ma
"'
1 dizionario filosofico, senza venire alla discussione delle cose.
La filosofia superficiale, come quella degli atomisti e dei vacui- ì questi son distrutti da ragioni superiori.
~ sti, inventa cose che le ragioni superiori non ammettono. Spero
~ che le mie dimostrazioni cambieranno l'aspetto della filosofia, 30. Assolutamente parlando, sembra che Dio possa fare

l-
; malgrado le deboli opposizioni come quelle che qui mi si l'universo materiale finito in estensione; ma il contrario sembra
rivolgono. - . più conforme alla saggezza di Lui.

' 27. Le parti del tempo o del luogo, prese in se stesse, sono 31. Non accordo che ogni finito sia mobile. Anche secondo
cose ideali; esse quindi si rassomigliano perfettamente, come l'ipotesi degli avversari, una parte dello spazio, benché finita,
due unità astratte. Ma non è lo stesso delle unità concrete, sia non è -mobile. Bisogna che ciò eh' è mobile possa cambiare
di due tempi effettivi, sia di due spazi pieni, cioè veramente situazione rispetto a qualche altra cosa, e che possa avverarsi
attuali. un nuovo stato discernibile dal primo: altrimenti il cangiamento
è una finzione. Bisogna dunque che un finito mobile faccia
28. Non dico che due punti dello spazio siano uno stesso parte d'un altro, perché possa verificarsi un cangiamento os-
punto, o due istanti del tempo uno stesso istante, come pare servabile.
mi venga imputato: ma si può immaginare, per manco di cono-
scenza, che vi siano due istanti differenti, laddove non ve n'è 32. Cartesio ha sostenuto che la materia non ha limiti, il
che uno; come ho notato nell'articolo 17 della precedente ri- che non credo sia stato sufficientemente confutato. E qualora
~ sposta, che spesso, in geometria si suppone il due, per rappre- glielo si accordi, non segue affatto che la materia sia necessaria,
{ sentare l'errore d'un contraddittore, e non si trova che l'uno. né che sia esistita da tutta l'eternità: perché tale diffusione
Chi supponesse che una linea retta intersechi un'altra in due della materia senza limiti non sarebbe che un effetto della scelta
punti, .. finirà col trovare che i due pretesi punti debbono coin- di Dio, che così l'avrebbe trovata migliore.
,,
'

"
sante in misura circa quattordici volte maggiore che l'acqua:
.
J
33. Poiché lo spazio in sé è una cosa ideale come il tempo, ma di qui non segue che contenga una quantità di materia
occorre che lo spazio fuori del tempo sia immaginario, come quattordici volte maggiore in senso assoluto. Al contrario,
l'acqua ne contiene altrettanta, considerando insieme la materia
J anche gli Scolastici hanno ben riconosciuto. Lo stesso vale per
lo spazio vuoto nel mondo, che io credo sia anch'esso immagina- di essa, che è pesante, e una materia estranea, non pesante,
rio, per le ragioni che ho addotte. che passa attraverso i suoi pori. Infatti, tanto il mercurio che

1 _34. Mi si obietta il vuoto inventato dal Guerike di Magde-


-----burgo,-che si-fa.pompando l'aria da un recipiente; e si-pretende
l'acqua sono masse di materia pesante, bucate a giorno, at-
traverso le quali_ passano molte materie non -pesanti, che -non
resistono in modo percettibile: come, visibilmente, quella -dei
che vi sia veramente il vuoto perfetto, e lo spazio senza materia, raggi luminosi e di altri _fluidi impercettibili; soprattutto la
I i'
almeno in parte, in quel recipiente. Gli Aristotelici e i Cartesiani,
che non ammettono il vuoto reale, hanno risposto ali' espe-
materia del fluido stesso ch'è causa della gravità dei corpi solidi,
quando li si sposti dal centro, verso il quale li fa muovere.
rienza di Guerike, come pure a quelle di Torricelli di Firenze Infatti è una strana finzione supporre pesante tutta la materia,------

~ - -(ehe-toglievrl"rhrdll liii tubo divetrC>- permezzo-dél mercurio) ed anche rispetto ad ogni altra materia; come se ogni corpo
che non v'è il vuoto completo nel tubo o nel recipiente, perché attirasse in egual modo tutti gli altri, secondo le masse e le
il vetro ha dei pori sottili, attraverso i quali possono P!!Ssare distanze; e ciò in forza d'un'attrazione propriamente detta,
i raggi della luce, quelli della calamita ed altre materie minutis- non derivata da un impulso occulto dei corpi. Per contro, la
I sime. Ed io sono della loro opinione, perché trovo che si può
paragonare il recipiente a una scatola tutta bucata, immersa
gravità dei corpi percettibili verso il centro della terra deve
essere prodotta da qualche fluido. Lo stesso va detto delle altre

I 1:j
nell'acqua, la quale contenga pesci od altri corpi spessi: il loro gravità, come di quelle dei pianeti verso il sole, o tra loro. Un
posto, dopo ch'essi ne vengono tolti, non cessa d'essere riempito corpo non è mai mosso, in via naturale, che da un altro corpo,
d'acqua. V'è solo questa differenza: che l'acqua, benché sia il quale, toccandolo, lo spinga; dopo di che esso continua a
fluida e più obbediente di quei corpi spessi, ha tuttavia un peso muoversi finché non n'è impedito da un altro corpo che lo tocchi.
Ogni altro modo di agire sul corpo è, o miracoloso, o immagi-
I ed una massa eguale, o anche maggiore; mentre la materia
che subentra nel recipiente al posto dell'aria è molto più tenue.
I nuovi partigiani del vuoto rispondono a questa istanza che
nario.
Sui §§ 8 e 9.
non è la grossezza della materia che fa resistenza, ma sempli-
) cemente la sua quantità; e, quindi, che v'è necessariamente più
vuoto là dove la resistenza è minore. Si aggiunge che la tenuità
36. Siccome avevo obiettato che lo spazio, inteso come
alcunché di reale e d'assoluto senza i corpi, sarebbe una cosa
non ha alcuna influenza e che le parti del mercurio sono tenui eterna, impassibile, indipendente da Dio, s'è cercato di eludere

l e fini quanto quelle dell'acqua, mentre il mercurio resiste dieci


volte di più. A questo io replico che non è tanto la quantità
di materia, quanto piuttosto la difficoltà che essa oppone nel cede-
questa difficoltà dicendo che lo spazio è una proprietà di Dio.
Ho opposto a ciò, nel mio scritto precedente, che la proprietà
di Dio è l'immensità, ma che lo spazio, il quale è spesso com-
re, quella che produce la resistenza. Per esempio, il legno galleg- misurato ai corpi, e l'immensità di Dio non sono la stessa cosa.
} giante contiene minor quantità di materia pesante d'un egual
volume d'acqua, e tuttavia oppone al battello una resistenza 37. Ho anche obiettato che, se lo spazio è una proprietà, e
maggiore dell'acqua. se lo spazio infinito è l'immensità di Dio, lo spazio finito dev'es-
I
440 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 441

sere l'estensione o la misurabilità di qualche cosa finita. Cosi spazio entra nell'essenza di Dio. Ma lo spazio consta di parti;
lo spazio occupato da un corpo viene ad essere l'estensione dunque vi sarebbero parti nell'essenza di Dio. Spectatum
del corpo: cosa assurda, perché un corpo può cambiare spazio, admissi.
ma non può abbandonare la sua estensione.
43. Inoltre, gli spazi sono ora vuoti ora pieni; dunque vi
38. Ho ancora domandato.: se lo spazio è una proprietà, saranno nell'essenza di Dio parti ora vuote ora piene, e quindi
di che mai sarà dunque proprietà uno spazio vuoto limitato, soggette a un perpetuo mutamento. I corpi che riempiono
qual è quello che viene immaginato in un recipiente vuotato lo spazio, riempirebbero una parte dell'essenza. di Dio e vi
d'aria? Non sembra ragionevole dire che questo spazio vuoto, sarebbero commisurati; e, nell'ipotesi del vuoto, una parte
rotondo o quadrato, sia una proprietà di Dio. Sarà forse allora dell'essenza di Dio sarà nel recipie~te. Questo Dio_ fatto di parti
proprietà di sostanze immateriali, estese, immaginarie, di cui rassomiglia molto al Dio stoico, che era l'universo tutt'intero,
si popolano (a quanto pare) gli spazi immaginari? considerato come un animale· divino.

44. Se lo spazio infinito è l'immensità di Dio, il tempo infi-


39. Se lo spazio è la proprietà o l'affezione della sostanza
nito sarà l'eternità di Dio: bisognerà dunque dire che ciò ch'è
che è nello spazio, lo stesso spazio sarà ora l'affezione d'un
nello spazio è nell'immensità di Dio; e quindi nella sua essenza;
corpo, ora d'un altro corpo; ora d'una sostanza immateriale,
e che ciò ch'è nel tempo è nell'eternità di Dio. Frasi strane,
ora forse di Dio, quando è vuoto d'ogni altra sostanza materiale
e che ben mostrano che qui si fa abuso di termini.
o immateriale. In verità, una strana proprietà o affezione. I
soggetti lasceranno cosi le loro proprietà, come si lascia un j
I 45. Ecco ancora un'altra istanza. L'immensità di Dio fa sì
abito che passa dall'uno all'altro, perché altri soggetti se ne
che Dio sia in tutti gli spazi. Ma se Dio è nello spazio, come
possano rivestire. Dopo di che, come si distingueranno le !I può dirsi che lo· spazio sia in Dio, e sia la sua proprietà ? Si è
sostanze dagli accidenti? IJ
ben sentito dire che la proprietà è nel soggetto, ma non si è

40. Che se gli spazi limitati sono affezioni delle sostanze


limitate che vi si trovano, e lo spazio infinito è la proprietà
' mai sentito dire che il soggetto è nella proprietà. Egualmente,
Dio esiste in ogni tempo: come allora il tempo è in Dio, e come
può essere una proprietà di Dio ? Queste sono perpetue allo-
di Dio, bisogna (cosa strana!) che la proprietà di Dio sia com..:· glosse.
posta delle affezioni delle creature: perché tutti gli spazi finiti,
presi insieme, compongono lo spazio infinito. 46. Sembra che si confonda l'immensità o l'estensione delle
cose, con lo spazio secondo cui quella estensione è presa. Lo
41. E se si nega che lo spazio limitato sia un'affezione delle spazio infinito non è l'immensità di Dio; lo spazio finito non
cose limitate, non sarà meno irragionevole che lo spazio infinito è l'estensione dei corpi, come il tempo non è la durata. Le
sia l'affezione o la proprietà di una cosa infinita. Avevo mani- cose conservano la loro estensione, ma non sempre il loro spazio.
festato tutte queste difficoltà nel mio scritto precedente: ma Ogni cosa ha la sua propria estensione, la sua propria durata;
non pare che si sia cercato di rispondervi. ma non il suo proprio tempo, né conserva il suo proprio spazio.

42. Ho ancora altre ragioni contro la strana immaginazione 47. Ecco come gli uomini giungono a formarsi il concetto
che lo spazio sia una proprietà di Dio. Dato che sia tale, lo dello spazio. Essi considerano che più cose esistono insieme,
corpi fissi non è precisamente ed individualmente identico al
__,..-sit1:1azione, o distanza. Quando avviene che uno di quei coesi- rapporto che B (il quale ne occuperà il posto) avrà con gli stessi
stenti muti il suo rapporto con più altri, senza che questi mutino corpi fissi: quei rapporti concordano soltanto. Infatti, due

l il rapporto tra loro, se un nuovo venuto acquista lo stesso rap-


porto che il primo aveva avuto con altri si dice che quello è
venuto al posto di questo; un tal cangiamento vien chiamato
soggetti differenti, come A e B, non potrebbero avere la stessa
affezione individuale, non potendo uno stesso accidente indi-
viduale trovarsi in due soggetti, né passare di soggetto in sog-
movimento, ed è attribuito a quello in cui risiede la causa imme-
J '
j
-

I
diata del cangiamento. E quando parecchi, o anche tutti, cam-
bino, secondo certe regole- conosciute. dLdirezione_e. di-Yelocità,
getto. Ma lo spirito, non contento dell'eguaglianza, cerca un'i-
dentità, una cosa che sia veramente la stessa, e la concepisce
fuori di quei soggetti: ed è ciò che qui vien chiamato posto
I
si può sempre determinare la posizione relativa che ciascuno e spazio. Tuttavia, questo non può essere che una cosa ideale,

'I
acquista rispetto a ciascun altro; ed anche quella che ogni contenente un cert'ordine in cui lo spirito concepisce l'appli-
altro avrebbe, o ch'esso avrebbe rispetto ad ogni altro, se non cazione dei rapporti: allo stesso modo, la mente può figurarsi
avesse cambiato, o se avesse diversamente cambiato. E suppo- un ordine consistente in linee genealogiche, le cui grand_~ze_
--··---- --pcmend&-o-4ìngendo che tra-tali coesistenti-ve ne sia un numero non rappresentano che il--numero delle generazioni, nelle quali
sufficiente che non abbia subìto alcun mutamento, si dirà che ogni persona trova il suo posto. E se s~ aggiungesse la finzione
i coesistenti che hanno con tali esistenti fissi un rapporto eguale della metempsicosi, con cui si fanno tornare le stesse anime
i a quello che altri avevano avuto rispetto ad essi, hanno occupato umane, le persone potrebbero cambiarvi di posto: chi è stato
I ~ j
lo stesso posto dei precedenti. Ciò che comprende tutti questi
posti vien chiamato spazio. Il che mostra che, per aver l'idea
padre o nonno può diventare figlio o nipote etc. Cionondimeno,
posti, linee e spazi genealogici, pur esprimendo verità reali,
del posto, e quindi dello spazio, basta considerare·quei rapporti non sarebbero che cose ideali. Darò ancora un esempio dell'abi-

l e le regole del loro mutamento, senza bisogno d'immaginare


alcuna realtà assoluta, all'infuori delle cose delle quali si con-
sidera la situazione. E, per dare una specie di definizione, 'posto'
tudine che ha la mente di formarsi, ad occasione degli accidenti
che sono nei soggetti, qualcosa che loro corrisponda fuori dei
soggetti. La ragione o proporzione tra due linee, L ed M,
è ciò che si dice essere lo stesso per A e per B, quando il rapporto
l di coesistenza di B con C, E, F, G, etc., è perfettamente con-
gruente col rapporto di coesistenza che A ha avuto con i medesi-
può essere concepita in tre modi: come ragione della più grande
L rispetto alla più piccola M; come ragione della più piccola
M rispetto alla più grande L; infine come qualcosa d'astratto
mi; supposto che non vi sia stata altra causa di cangiamento in tra le due, cioè come ragione tra L ed M, senza considerare

\ C, E, F, G, etc. Si potrebbe anche dire, senza ectesi, che posto


è ciò che, in momenti diversi, è identico per certi esseri, benché
differenti, quando i loro rapporti di coesistenza con certi altri
qual è anteriore e quale posteriore, qual è il soggetto, qual è
l'oggetto. In quest'ultimo modo vengono considerate le pro-
porzioni nella musica. Nella prima considerazione L, la più
esseri - che nei vari momenti sono supposti fissi - coincidono
\ tra loro. Esseri fissi poi sono quelli in cui non v'è stata una causa
di cangiamento dell'ordine di coesistenza con altri; o (ciò eh' è
grande, è il soggetto; nella seconda, M, la più piccola, è il
soggetto dell'accidente che i filosofi chiamano relazione o rap-
porto. Ma quale ne sarà il soggetto nel terzo senso ? Non si
lo stesso) in cui non v'è stato movimento. Finalmente, spazio potrebbe dire che tutte e due, L ed M insieme, siano il sog-
l è ciò che risulta dai posti presi insieme.
È bene, qui, considerare la differenza tra il oosto e il rao-
getto d'un tale accidente; infatti così noi avremmo un acci-
...1 __ ... _ ~- _, -
Quinto scritto di Leibniz 445
444 Epistolario Leibniz-Clarke

Sul § 10.
con il concetto di accidente. Dunque, bisogna dire che il
rapporto, nel terzo senso, è fuori dei soggetti; ma che, non
essendo né sostanza, né accidente, deve trattarsi di una 49. Non si può dire che la durata sia eterna; ma si può dire
cosa puramente ideale, la cui considerazione non cessa per che le cose le quali durano sempre sono eterne 15 • Tutto ciò
questo d'essere utile. Del resto ho. fatto qui, a un dipresso, che esiste del tempo e della durata, essendo successivo, perisce
come Euclide, che non potendo far bene intendere in modo continuamente: e come potrebbe esistere in eterno una cosa
che, per parlare esattamente, non esiste mai ? Infatti, come
assoluto che cosa sono le proporzioni, prese nel senso dei geo-
potrebbe esistere una cosa di cui non esiste mai alcuna parte ?
metri, definisce le proporzioni identiche. Egualmente, per spie-
Del tempo non esistono altro che gli istanti, e l'istante stesso
gare che cosa è il posto, ho voluto definire che cosa è lo stesso
·non è parte del tempo. Chiunque consideri . queste oss~l'.'Va­
posto. Noto, infine, che le tracce che i mobili lasciano talvolta
zioni, ben comprenderà che il tempo non può essere che una
negli immobili sui quali si muovono, hanno dato occasione
cosa ideale; e l'analogia del tempo e dello spazio farà giudicare
all'immaginazione degli uomini di formarsi quell'idea: come
che l'uno è tanto ideale quanto l'altro. Tuttavia, se, col dire
se restasse ancora qualche traccia, anche quando non v'è alcun
che la durata d'una cosa è eterna, s'intende dire soltanto che
immobile. Ma è una traccia ideale, la quale implica soltanto
la cosa dura eternamente non ho niente da opporre.
che, se vi fosse a quel posto un immobile, la si potrebbe designare.
Quest'analogia fa sì che vengano foggiati posti, tracce, spazi,
50. Se la realtà dello spazio e del tempo è necessaria per
benché tali cose non consistano che nella verità dei rapporti, l'immensità e l'eternità di Dio; se è necessario che Dio sia
.
e per mente . una rea1ta' asso l~uta.
m negli spazi; se essere nello spazio è una proprietà di Dio; Dio
sarà in qualche modo dipendente dal tempo e dallo spazio, e
48. Del resto, se lo spazio vuoto di corpo (che viene imma- ne avrà bisogno. Infatti la scappatoia che lo spazio e il tempo
ginato) non è del tutto vuoto, di che cosa è allora pieno ? Vi sono in Dio come proprietà di Dio, è già chiusa: si può am-
son forse spiriti estesi, sostanze immateriali capaci di estendersi mettere 1' opinione che i corpi passeggino nelle parti dell' es-
e di restringersi, che vi. passeggiano e che penetrano senza senza divina ?
ostacolarsi l'una nell'altra, come le ombre di due corpi si com-
penetrano sulla superficie d'un muro ? Io veggo tornare le amene Sui §§ 11 e 12.
immaginazioni di Enrico Moro (uomo d'altronde dotto e ben
intenzionato) e di alcuni altri, i quali hanno creduto che tali 51. Siccome avevo obiettato che lo spazio non può essere
spiriti possano rendersi impenetrabili, quando pare loro oppor- in Dio perché possiede parti, si cerca un'altra scappatoia, con
tuno. Ve ne sono stati anche di quelli che hanno immaginato l'allontanarsi dall'accezione comune dei termini, e col sostenere
che l'uomo, nello stato di integrità, avesse avuto anche il dono che lo spazio non ha parti, perché le sue parti non sono separa-
della penetrazione, ma che sia divenuto solido, opaco ed impe- bili e non potrebbero, quindi, essere staccate l'una dall'altra.
netrabile per la sua caduta. Non è un capovolgere i concetti Ma basta che lo spazio abbia delle parti, tanto separabili che
delle cose, dare a Dio parti, e l'estensione agli spiriti? Il solo
principio del bisogno della ragion sufficiente, fa sparire tutti
i• Variante in nota nell'ed. Clarke: «Non è lecito dire che una
questi spettri immaginari. Gli uomini si costruiscono facil- certa durata è eterna: ma è lecito dire che le cose che durano sempre
mente delle finzioni, per non saper bene impiegare questo sono eterne sempre acquistando una nuova durata. Tutto ciò che
gran principio. esiste del t~mpo e della durata, essendo successivo, perisce~.
,.·,J>·-i.-..*
Vh.,'v-e/ ' "" •>fn....ò.... O-i~

446 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 447

I non; e se ne possono assegnare allo spazio, sia per mezzo dei


corpi che vi _sono, che delle linee o delle superficie che vi si
possono tracciare.
da ciò si astrae, nel considerar la cosa matematicamente. Cosicché
non ho lasciato senza risposta nulla di tutto ciò che si è allegato
per la realtà assoluta dello spazio. Ed ho dimostrato la falsità
di detta realtà, per mezzo d'un principio fondamentale, tra
Sul § 13. i più conformi a ragione e tra i più sperimentati, contro il quale
non si può trovare alcuna eccezione od istanza. Del resto, si
52. Per provare che lo spazio, senza i corpi, è una realtà può giudicare da tutto quello che ho detto che io non debbo
assoluta, mi si era obiettato che l'universo materiale finito ammettere un universo mobile, né alcuno spazio fuori dell'uni-
potrebbe spostarsi nello spazio. Ho risposto che non sembra verso materiale.
ragionevole ritener finito l'universo materiale; e, quando anche
lo si supponga tale, è irragionevole che abbia un movimento Sul § 14.
diverso da quello relativo delle parti tra loro; perché un tal
movimento non produrrebbe alcun cangiamento osservabile, 54. Non conosco alcuna obiezione alla quale non creda
e sarebbe senza scopo. Altra cosa è quando le parti del- d'aver risposto in modo ei;auriente. E quanto all'obiezione.---
__ .._ _ _l'univen;o-Calllbiano. di posizione relativa· tra loro: perché allora che lo spazio e il tempo sono quantità o, piuttosto, cose dotate
si riconosce un movimento nello spazio, ma che consiste nel- di quantità, e Chela situazione e l'ordine non lo sono, rispondo

..~
1' ordine dei rapporti, che sono mutati. Si replica, ora, che la che l'ordine ha anch'esso la sua quantità: v'è quel che precede
*-
verità del movimento non dipende dall'osservazione; e che e quel che segue, v'è distanza o intervallo. Le cose relative
'i
·I
un vascello può avanzare, senza che chi v'è dentro se n'accorga. I hanno la loro quantità non meno delle assolute. Per esempio,
Rispondo che il movimento è ìndipendente dall'osservazione; le ragioni o proporzioni, nelle matematiche, hanno la loro quan-
ma che non è ìndipendente dall'osservabilità. Non v'è movi- l tità e si misurano coi logaritmi; eppure sono relazioni. Così,

I
mento~ quando non v'è~caiig!ameni:o.òsserVabile. Anzi, quando benché il tempo e lo spazio consistano in rapporti, non cessano
non c'è cangiamento osservabile non c'è cangiamento affatto. di avere la loro quantità.
Il contrario è fondato sull'ipotesi d'uno spazio reale assoluto,
che ho confutato dimostrativamente col principio del bisogno
d'una ragion sufficiente delle cose. I Sul § 15.

53. Non trovo niente, nell'ottava definizione dei princìpi 55. Per quel che concerne la questione, se Dio abbia potuto
matematici della natura, né nello scolio di quella definizione, creare il mondo più presto, bisogna intendersi. Siccome ho
che provi o possa provare la realtà dello spazio in sé. Tuttavia, dimostrato che il tempo senza le cose non è che una mera possi-
concedo che vi sia una differenza tra un movimento assoluto bilità ideale, è chiaro che se qualcuno dicesse che questo stesso
effettivo d'un corpo e un semplice mutamento relativo di po- mondo, che è stato effettivamente creato, avrebbe potuto senza
sizione, in rapporto a un altro corpo. Infatti, quando la causa alcun altro cangiamento essere stato creato più presto, non direbbe
immediata del cangiamento è nel corpo, esso~e niente d'intelligibile. Infatti, non v'è alcun segno o differenza,
Tnmoto; ed---ailora" la situazione degli altri, in rapporto ad esso, che renda possibile conoscere che il mondo sia stato creato
'è"per conseguenza cambiata, benché la causa del mutamento più presto. Così, come ho già detto, supporre che Dio abbia
non risieda in quella. È vero che, esattamente parlando, non creato lo stesso mondo più presto è supporre alcunché di chi-
v'è corpo che sia perfettamente ed interamente in riposo: ma merico; è fare del tempo una cosa assoluta, indipendente da
.v1v. u1i:;uuc u Lc1upv ui:;vc 1,;vi:;:;1:;u::re con ie creature e non
. '
........,, _............._____ --- - -·----- ------ --
s1 concepisce che per mezzo dell'ordine e della quantità dei
loro mutamenti. Humano capi.ti cervicem pi.ctor equinam
]ungere si velit 16 •
56. Ma, assolutamente parlando, si può concepire che un Lo stesso è della distruzione. Come si potrebbe concepire
universo sia cominciato più presto di quel che non è cominciato qualcosa aggiunta al principio, si potrebbe egualmente concepire
effettivamente. Supponiamo che il nostro universo, o qualche qualcosa soppressa verso la fine. Ma questa soppressione sarebbe
altro, sia rappresentato dalla figura A F; che l'ordinata A B anch'essa irragionevole.
rappresenti il suo primo stato; e che le ordinate CD, E F, rap-
57. Di qui si vede come debba intendersi che Dio ha creato le
i'.
I· cose nel tempo che gli è piaciuto; infatti ciò dipende dalle cose
ch'egli ha risoluto di creare. Ma dopo che le cose sono state
Rr------------,s deliberate, insieme con i loro rapporti, non v'è più scelta sul
I \ tempo né sul luogo, i quali, presi a parte, non hanno niente
i I \
I I \ di reale in sé e niente di determinante, anzi di discernibile.
I \
I \ 58. Dunque, non si può dire, come qui si fa, che la saggezza
At---------------~ di Dio può avere avuto buone ragioni per creare questo mondo
(this world) in un certo tempo particolare, perché questo tempo
i particolare, preso senza le cose, è una finzione irrealizzabile,
e perché non si possono trovare buone ragioni di una scelta,
+
II
là dove tutto è indiscernibile.

59. Quando parlo di questo mondo, intendo tutto l'uni-


l
verso delle creature materiali e immateriali prese insieme, dal
l cominciamento delle cose; ma se non s'intendesse che il comin-
ciamento del mondo materiale, e si supponessero creature im-
{
i materiali prima di esso, si renderebbe l'ipotesi più plausibile.
Infatti in quel caso il tempo, essendo segnato dalle cose già
esistenti, non sarebbe più indifferente; e si potrebbe far luogo
ad una scelta. Ma ciò non sarebbe che spostare la difficoltà.
l
Infatti, supponendo che l'universo intero delle creature imma-
presentino degli stati successivi. Dico che si può concepire
teriali e materiali, prese insieme, abbia un cominciamento, non
v'è più scelta circa il tempo nel quale Dio l'abbia voluto porre.
I
che esso sia cominciato più presto, quando si concepisce la
figura prolungata all'indietro, e vi si aggiungono RS, RA,
BS. Infatti così, aumentando le cose, sarà aumentato anche
il tempo. Ma che un tale aumento sia ragionevole e conforme
60. Così non si deve dire, come qui si fa, che Dio ha creato
le cose in uno spazio, o·in un tempo particolare, che gli è pia- I
alla saggezza di Dio, è un'altra questione; e bisogna dire che HoRAT., Ars p., 1-2.
1a
lf
450 Epistolario Leibniz-Clarke
Qui7t scritto di Leibniz 451

ciuto. Infatti, essendo tutti i tempi e tutti gli spazi, in se stessi,


perfettamente uniformi ed indiscernibili, l'uno non può piacere
iI' ch'egli assegni loro i rispettivi posti, benché tutto sia perfet-
più dell'altro.
J tamente eguale. Ma la cosa non dev'essere staccata dalle sue
circostanze: questo ragionamento consta di nozioni incomplete.
61. Non voglio qui fermarmi sulla mia op1mone, spiegata Le risoluzioni di Dio non sono mai astratte ed incomplete,
I

altrove, che non vi sono sostanze create interamente prive come se Dio decretasse, prima, di creare i due cubi, e poi,
di materia. Infatti ritengo, con gli antichi e con la ragione, che a parte, decretasse situarli in qualche posto. Gli uomini, limitati
gli angeli, o le intelligenze, e le anime separate dal corpo gros- I( come sono, possono procedere così: essi risolvono qualcosa e
solano, hanno sempre corpi tenui, benché esse stesse siano poi si trovano imbarazzati sui mezzi, sulle vie, sui posti; sulle
_!
incorporee. La filosofia volgare ammette facilmente ogni sorta · circostanze. Dio non prende mai una risoluzione sui fini, senza
di finzioni; la mia è più severa. su-
prenderne anche .sui mezzi e . tutte- le .drcostanze:-xnzçho- -
mostrato nella Teodicea che, propriamente, non v'è· che un
62. Non dico affatto che la materia e lo spazio siano la stessa solo decreto per l'universo tutt'intero, col quale è risoluto
cosa: dico soltanto che non v'è spazio dove non vi sia materia; ch'esso venga ammesso dalla possibilità all'esistenza. Cosi Dio \ ;-
r--
l
e che lo spazio in se stesso non è una realtà assoluta. Lo spazio non sceglierà il cubo, senza scegliere in pari tempo il suo posto;
_____ ----e la-mawia-differiscono come il tempo· e-ii movimento. Tuttavia ed egli non sceglierà mai tra gli indiscernibili.

I
queste cose, benché differenti, si trovano inseparabili.
67. Le parti dello spazio sono determinate e distinte solo
63. Ma non segue affatto che la materia sia eterna e neces- per mezzo d.elle cose che sono in esso ; e la diversità delle cose
saria, tranne che supponendo lo spazio eterno e necessario :
'. nello spazio determina Dio ad agire in modo diverso su parti
ipotesi mal fondata in tutti i sensi. differenti dello spazio. Ma lo spazio, preso senza le cose, non
ha nulla di. determinante, anzi non è nulla d'attuale.
Sui §§ 16 e 17. I
i
i
68. Se Dio s'è risoluto di porre un certo cubo di materia, ~
64. Credo d'aver risposto a tutto, e in particolare a questa ) egli ha anche stabilito il posto di quel cubo, in rapporto però J
obiezione che pretende che il tempo e lo spazio abbiano una ad altre porzioni di materia e non allo spazio di per sé preso,
quantità, e l'ordine non ne abbia affatto. Vedi sopra n. 54. in cui nulla ·v'è di determinante.
65. Ho mostrato chiaramente che la contraddizione è nel-
69. Ma la saggezza di lui non permette ch'egli ponga, nello ~
l'ipotesi opposta, la quale cerca una differenza dove non ve
stesso tempo, due cubi perfettamente eguali e similari, perché
n'è affatto. E sarebbe una iniquità manifesta volerne inferire
non si può trovare una ragione per assegnare loro dei posti
che io abbia riconosciuta come contradditoria la mia stessa
differenti: vi sarebbe una volontà senza motivo.
opinione.

I
Sul § 18. 70. Avevo paragonato una volontà senza motivo (qual'è
quella che ragionamenti superficiali assegnano a Dio) al caso
66. Torna qui un ragionamento che ho già distrutto sopra di Epicuro. Si obietta che il caso di Epicuro è una necessità
,1 (n. 17). Si dice che Dio può avere buone ragioni per porre· due cieca, e non una scelta di volontà. Replico che il caso di Epicuro
cubi perfettamente eguali e similari; allora è necessario, si dice, non è una necessità, ma alcunché d'indifferente. Epicuro l'in-
Quinto scritto di Leibniz
452 Epistolario Leibniz-Clarke
,.,,-
traduceva espressamente per evitare la necessità. È vero che che la materia non abbia avuto conunc1amento. Se è
il caso è cieco; ma una volontà senza motivo non sarebbe meno della natura delle cose, nel complesso, crescere uniforn
cieca, e non sarebbe meno dovuta al puro caso. i~ ?erfezi~n:, l'universo ~elle creature deve aver avutv •puu--.-
c1p10; cosi v1 saranno ragioni per limitare la durata delle cose,
quand'anche non ve ne siano per limitarne l'estensione. Inoltre
Sul § 19. il cominciamento del mondo non deroga all'infinità della durata
a parte post o successiva; ma i limiti dell'universo deroghereb-
71. Si ripete qui quello che ho già confutato sopra, n. 21 : bero all'infinità della sua estensione. Cosi è più plausibile
che la materia non potrebbe essere creata, se Dio non scegliesse porre un cominciamento, che ammettere dei limiti, affinché
tra gl'indiscernibili. Si avrebbe ragione, se la materia consi- si conservi nell'uno e nell'altro caso il carattere d'un autore -
infiriitò~ · ·· ·· · -
stesse di atomi, di corpi similari o d'altre finzioni simili della
filosofia superficiale; ma lo stesso grande principio, che com-
batte la scelta tra gl'indiscernibili, distrugge anche queste fin- 75. Peraltro, quelli che hanno ammesso l'eternità del mondo;
zioni mal costrutte. o almeno, come hanno fatto alcuni celebri teologi, la possibilità
dell'eternità del mondo, non hanno perciò negato la sua dipen-
Sul § 20. denza da Dio, come loro vien qui imputato senza fondamento.

72. M'era stato obiettato nella terza replica (nn. 7 e 8) che


Sui §§ 22 e 23.
Dio non avrebbe in sè un principio d'azione, se fosse determinato
dalle cose esterne. Ho risposto che le idee delle cose esterne 76. Mi si obietta ancora qui, senza fondamento, che, secondo
sono in lui, e che quindi egli è determinato da ragioni interne, me, tutto ciò che Dio può fare, deve essere fatto neces-
cioè dalla sua saggezza. Ma ora non si vuole inten_dere a· quale sariamente: quasi ignorando che ho vigorosamente confutato
proposito ho detto questo. ciò nella Teodicea, e che ho distrutto l'opinione di chi sostiene
che null'altro v'è di possibile se non quello che effettivamente
Sul § 21. accade; - come hanno già fatto alcuni antichi filosofi, e tra
gli altri Diodoro, come riferisce Cicerone. Si confonde la neces-
73. Si confonde spesso, nelle obiezioni che mi si fanno, sità morale, che viene dalla scelta del meglio, con la necessità
ciò che Dio non vuole con ciò che Egli non può. Vedi sopra, assoluta; si confonde la volontà con la potenza di Dio. Egli
n. 9 e più giù, n. 76. Per esempio, Dio può fare tutto ciò ch'è può produrre ogni possibile, o ciò che non implica contraddi-
possibile, ma non vuol fare che il meglio. Quindi io non dico, zione: ma egli vuol produrre il migliore tra i possibili. Vedi
come qui mi viene imputato, che Dio non possa stabilire dei quel che ho detto sopra, n. 9 e n. 74.
limiti all'estensione della materia; ma che vi sono buone ragioni
77. Dio dunque, nel produrre le creature, ~on è un agente
per pensare che egli non voglia stabilirne, e che abbia ritenuto
necessario, perché agisce per scelta. Peraltro è mal fondato
meglio così. quel che si aggiunge qui, e cioè che un agente necessario non
sarebbe un agente. Spesso si sentenzia in modo temerario e
74. Dall'estensione ~la durata non valet consequentia. Posto
privo di fondamento, nell'asserire contro di me tesi che non si
che lestensione della materia non abbia limiti, non segue che
possono dimostrare.
neppur la durata ne abbia, neanche all'indietro, cioè a dire,
.. ,:..~
---- --- ----:--- -"'.&.&"' ".t'"'.u.v.u.,;, YU.l!)i:L1t;1 \;UC lC lllllllagUll
delle cose siano trasportate (conveyed) dagli organi fino all'a- "'.•:
! _J
78. Si eccepisce che non si è detto che lo spazio è il sensorium nima. Infatti non si può concepire per mezzo di quale o di qual . •.L
di Dio, ma soltanto come il sensorium di lui. Pare che l'uno sia veicolo possa avvenire un tal trasporto delle immagini dall'or-
11 tanto poco adatto ed intelligibile quanto l'altro. gano fino all'anima. Questo concetto della filosofia volgare
non è intelligibile, come i moderni Cartesiani hanno a suffi-
Sul § 29. cienza mostrato. Non si può spiegare in che modo la sostanza
immateriale sia affetta dalla materia; e sostenere una cosa
\} 79. Lo spazio non è il luogo di tutte le ~_se, perché non è
non intelligibile a quel proposito, significa ricorrere al concetto
il luogo di Dio: altrimenti ecco una cosa coeterna a Dio ed
sa
scolastico e chimerico di chi quali specie intenzionali in~spli­
indipendente da Lui, da cui, anzi, Egli dipenderebbe, avendo cabili, .che passano dagli organi nell'anima. Quei Cartesiani
hanno veduto la difficoltà, ma non l'hanno risoluta: essi han
bisogno di un luogo.
fatto ricorso ad un concorso del tutto particolare di Dio, che
sarebbe-in effetti miracoloso;- ma ic:n::redo d'aver àato ia·vera _____ --- ---
80. Egualme~-~()I!__v~do_ çQme si_ possa .dire. che. lo spazio
l è il luogo delle idee: infatti le idee sono nell'intelletto.
soluzione dell'enigma.

81. È del pari molto strano dire che l'anima dell'uomo è 85. Dire che Dio discerna le cose che avvengono, per il
l'anima delle immagini. Le immagini che sono nell'intelletto, fatto che è presente alle sostanze e non per la dipendenza che
sono nello spirito; ma se questo fosse l'anima delle immagini, ha verso di lui il loro persistere nell'esistenza, che, si può dire,
esse s~ebbero fuori_ di lui. Che, se s'intende parlar delle im- implica una produziome continua, significa enunciare cose non
intelligibili. La mera presenza, o il fatto del coesistere da vicino,
l magini corporee, come mai si vuole che lo spirito ne sia l'anima,
una volta che esse non sono altro che impressioni passeggere
nei corpi di cui egli è l'anima ?
non basta a. far capire in che modo ciò che avviene in un essere
debba rispondere a ciò che avviene in un altro essere.

I . 82. Se Dio sente ciò che avviene nel mondo per mezzo d'un
sensorium, pare che le cose agiscano su Lui, e che abbia perciò
86. Inoltre ciò significa cadere precisamente nella dottrina,
che fa di Dio l'anima del mondo: perché gli si fanno sentir le
i caratteri che si attribuiscono all'anima del mondo. Mi si accusa cose, non per effetto della dipendenza ch'esse hanno verso di

l di ripetere le obiezioni senza prendere conoscenza delle risposte:


ma non trovo che si sia superata questa difficoltà. Si farebbe
meglio a rinunciare del tutto a quel preteso sensorium.
Lui, cioè della produzione continua di quel che in esse v'è
di buono e di perfetto, ma per una specie di sensibilità, come ·
s'immagina che la nostra anima senta ciò che accade nel corpo.
È veramente un degradare la conoscenza divina.
I Sul § 30. 87. Nella realtà delle cose, quel modo di sentire è del tutto

I
:1
chimerico, e non ha luogo neppure nelle anime. Esse sentono

I 83. Si parla come se non s'intendesse in che modo, secondo


me, l'anima è un principio rappresentativo; come se, cioè, non
si fosse mai sentito parlare della mia armonia prestabilita.
quel che avviene al di fuori di loro, in quanto ciò che avviene
in loro corrisponde alle cose esterne in virtù dell'armonia che
Dio ha prestabilita, con la più bella e mirabile tra tutte le sue
:I'
:I
.
I
456 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 457

produzioni, per cui ciascuna sostanza semplice, in forza della Sul § 31.
sua natura, è, per così dire, una concentrazione ed uno specchio
vivente di tutto l'universo dal proprio punto di vista. Questa 89. L'armonia o corrispondenza tra l'anima e il corpo non
è anche una delle più belle e incontestabili prove dell'esistenza è un perpetuo miracolo, ma è l'effetto o la conseguenza d'un
di Dio, perché solo Dio, cioè la causa comune delle cose, può miracolo primigenio fatto nella creazione delle cose, non altri-
creare una tale armonia tra loro. Ma Dio non può sentire egli menti da quel che sono tutte le cose naturali. È vero che è una
stesso le cose .col medesimo mezzo col quale le fa sentire agli meraviglia perpetua, ma come sono molte cose naturali.
altri. Egli le sente per la ragione che è capace di produrre quel
mezzo; né le renderebbe sensibili agli altri se non le producesse 90. L'espressione 'armonia prestabilita' è un termine tecnico,
egli stesso tutte consenzienti, e se non avesse quindi in sé la lo confesso, ma non un termine che non spieghi niente:_ poiché _
loro rappresentazione, non già come proveniente da esse, ma esso è spiegato molto intelligibilmente, e non si obietta nulla
perché esse provengono da Lui, e perché Egli ne è la causa che indichi che vi sia qualche difficoltà.
efficiente ed esemplare. Le sente perché esse provengono da
91. Siccome la natura di ciascuna sostanza semplice, anima
Lui, se è permesso dire che le sente: ciò che non deve farsi
o monade effettiva, è tale che lo stato successivo di essa è una
senza spogliare della sua imperfezione quel termine, il quale
conseguenza del suo stato precedente, ecco che la causa del-
par che significhi che le cose agiscano su di Lui. Esse esistono
1' armonia è già trovata. Infatti basta che Dio faccia sì che la
e gli son conosciute, per il fatto che Egli le comprende e le
sostanza semplice sia tutta insieme fin da principio una rap-
vuole, e perché quel che Egli vuole concide con ciò che esiste. presentazione dell'universo, secondo il suo punto di vista,
Ciò è tanto più evidente, in quanto che Egli fa sì che le cose perché da ciò. solo segua che sarà tale perpetuamente, e che
si percepiscano scambievolmente, e fa ciò per effetto della _tutte le sostanze semplici saranno sempre in armonia tra loro,
natura che ha dato loro una volta per tutte, e che Egli non fa poiché rappresentano sempre lo stesso universo.
che conservare secondo le leggi di ciascuna per sé presa; le
quali leggi, pur essendo differenti, fanno capo ad una esatta
corrispondenza dei risultati. Ciò sorpassa tutte le opinioni Sul § 32.
che si sono avute volgarmente intorno alla perfezione di Dio e
delle sue opere, e le eleva al più alto grado, come ha ben ricono- 92. È vero che, secondo me, l'anima non turba le leggi del
sciuto il Bayle, benché egli abbia creduto, senza fondamento, corpo, né il corpo quelle dell'anima e che essi si accordano
che ciò oltrepassi il possibile. soltanto, l'una agendo liberamente, secondo le regole delle
cause finali e l'altro macchinalmente, secondo le leggi delle
cause efficienti. Ma ciò non deroga alla libertà delle
88. Sarebbe un vero abusare del testo della Sacra Scrittura, nostre anime, come qui si pretende. Infatti ogni agente che
secondo il quale Dio si riposa delle sue opere, volerne inferire agisce con scelta, secondo cause finali, è libero, benché av-
che non vi sia produzione continua. È vero che non v'è produ- venga che egli si accordi con quello che agisce solo per cause
zione di nuove sostanze; ma si avrebbe torto qualora se ne infe- efficienti, inconsciamente o macchinalmente; perché Dio,
risse che Dio, ora, sia nel mondo come l'anima è nel corpo, prevedendo ciò che la causa libera farà, ha regolato da principio
governandolo solo con la sua presenza, senza un concorso neces- la sua macchina, in modo che non possa non accordarsi con
sario per farlo persistere nell'esistenza. quella. Il Jaquelot ha risolto benissimo tale difficoltà in uno
Quinto scritto di Leibniz 459
458 Epistolario Leibniz-Clarke
Sul § 36.
dei suoi libri contro il Bayle; ed io ho citato il passo nella Teo-
dicea, Parte I, § 63. Ne parlerò ancora più giù, n. 124. 97. Mi richiamo, del pari, a quel che ho detto riguardo
all'armonia tra l'anima e il corpo: nn. 89 e sgg.
Sul § 33.
Sul § 37.
93. Non ammetto che ogni azione dia una nuova forza a
ciò che la subisce. Nell'urto dei corpi accade spesso che ciascuno 98. Mi si dice che l'anima non è nel cervello, ma nel sensorium,
conservi la sua forza, come quando due corpi solidi eguali si senza dire che cosa sia il sensorium. Ma, supposto che tale
urtano lungo la stessa retta. Allora la sola direzione-è cambiata, · sensorium-sia esteso, come·· credo· lo -si· intenda,· la ùifficoltà è
senza che vi sia cambiamento nella forza, perché ciascuno dei sempre la stessa; e la questione è se l'anima sia diffusa per tutto
corpi prende la direzione dell'altro e torna indietro con la quell'esteso, grande o piccolo che sia; infatti una maggiore o
stessa velocità che aveva già avuta. minor grandezza non sposta nulla.

_ _ _..-:9_4-'C.,_T=-=u=tt=ayia_non dico .che sia soprannaturale dare una· nuova Sul § 38.
forza a un corpo. Infatti io ammetto che un corpo riceva spesso
una nuova forza da un altro corpo, il quale ne perde altrettanto 99. Non mi propongo qui di stabilire la mia dinamica, o
della propria; dico solo che è soprannaturale che tutto l'uni- la dottrina delle forze: non sarebbe questo il luogo adatto.
verso dei corpi riceva una nuova forza, e che, quindi, un corpo Tuttavia posso rispondere benissimo all'obiezione che qui mi
guadagni forza senza che un altro ne perda altrettanto. Perciò si muove. Avevo sostenuto che le forze attive si conservano
ritengo insostenibile che l'anima comunichi forza al corpo: nel mondo. Mi si obietta che due corpi molli o non elastici,
perché in questo caso tutto l'universo dei corpi riceverebbe movendo l'uno contro l'altro, perdono parte della loro forza.
una nuova forza. Rispondo di no. È vero che le totalità la perdono in rapporto
al loro movimento totale; ma le parti la ricevono, essendo agitate
95. Il dilemma che qui si pone è mal fondato: non è vero interiormente per effetto della forza dell'urto. L'anomalia,
che, secondo me, occorre, o che l'uomo agisca in modo sopran- quindi, non è che apparente. Le forze non sono distrutte, ma
naturale, o che sia una pura macchina, come un orologio. Infatti disperse tra le parti minute: ciò non significa perderle, ma
l'uomo non agisce soprannaturalmente, ed il suo corpo è pro- fare come quelli che cambiano la moneta grande in piccola.
prio una macchina e non agisce che meccanicamente; ma la Peraltro, son d'accordo che la quantità di movimento non resti
sua anima non cessa d'essere una causa libera. la stessa, ed in ciò approvo ciò che vien detto a p. 341 dell'Ottica
di Newton, che qui si cita. Ma ho mostrato altrove che v'è
differenza tra la quantità del movimento e la quantità della
Sui §§ 34 e 35. forza.
Sul § 39.
96. Mi rimetto anch'io a quel che è stato detto e che sarà
detto nel presente scritto, nn. 82, 86, 88 e 111, riguardo al para- 100. Mi si era sostenuto che la forza decresce in modo
gone tra Dio e l'anima del mondo, e al fatto che l'opinione che naturale nell'universo corporeo, e che ciò è dovuto alla dipen-
viene opposta alla mia avvicina troppo l'uno all'altra.
460 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 461

denza delle cose (terza replica, sui §§ 13 e 14). Avevo chiesto parole, e unirle a ciò che ho detto sopra, n. 47, per intendere
nella mia terza risposta che si dimostrasse che una tale imperfe- come lo spirito giunga a formarsi l'idea dello spazio, senza che
zione consegue dalla dipendenza delle cose. Si evita di rispondere sia necessario un essere reale ed assoluto, fuori dello spirito
alla mia domanda col fermarsi sopra un caso incidentale, e e fuori dei rapporti, che vi corrisponda. Dunque, io non dico
col negare che esso costituisca un'imperfezione; ma, sia imper- che lo spazio sia un ordine od una situazione, ma un ordine
fezione o no, bisognava dimostrare che consegue dalla dipendenza delle situazioni, secondo il quale, cioé, le situazioni sono dispo-
delle cose. ste; e che lo spazio astratto è lo stesso ordine delle situazioni,
concepite come possibili. Esso è, quindi, alcunché d'ideale;
101. Eppure quel che renderebbe la macchina del mondo ma pare che non mi si voglia intendere. Ho risposto già qui,
tanto imperfetta quanto quella di un cattivo orologiaio non può n. 54, all'obiezione secondo cui un ordine non sarebbe capace
essere che un difetto. di quantità.

102. Si dice ora che ciò sia una conseguenza dell'inerzia 105. Mi si obietta, qui, che il tempo non può essere un ordine
della materia; ma questo non si riuscirà a provarlo. Quell'i- delle cose successive, perché la quantità di tempo può diventare
nerzia, proposta e chiamata così da Keplero, riprodotta da più grande o più piccola, restando identico lordine delle suc-
Cartesio nelle sue lettere, e impiegata da me nella Teodicea, cessioni. Rispondo che ciò non è vero: infatti, se il tempo è
per dare un'immagine e, al tempo stesso, un saggio dell'imper- più grande, vi sarà un numero maggiore di quegli stati succes-
fezione naturale delle creature, determina soltanto una dimi- sivi interposti; e se è più piccolo, ve ne sarà uno minore, poiché
nuzione delle velocità, quando le quantità di materia sono nel tempo non c'è vuoto, né condensazione, né penetrazione,
aumentate; ma ciò avviene senza alcuna diminuzione delle forze. per così dire, più che nei luoghi.

106. Io sostengo che, senza le creature, l'immensità e l'eter-


103. Avevo sostenuto che la dipendenza della macchina
nità di Dio non cesserebbe di sussistere, ma senza dipendere
del mondo da un Autore divino faccia sì, piuttosto, che quel-
in alcun modo né dai tempi, né dai luoghi. Se non vi fossero
l'imperfezione non esista, che l'opera non abbia bisogno d'esser
creati.ire, non vi sarebbero né tempi né luoghi, e, quindi, nessuno
raggiustata, che non sia soggetta a guastarsi, e, infine, che non
spazio attuale. L'immensità di Dio è indipendente dallo spazio,
possa diminuire in perfezione. Ora do a indovinare alla gente
come leternità di Dio è indipendente dal tempo. Esse implicano
come mai si può inferire contro di me, come si fa qui, che,
soltanto, riguardo a codesti due ordini di cose, che Dio sarebbe
se ciò è vero, bisogna che il mondo materiale sia infinito ed
presente e coesistente a tutto ciò che comunque esistesse. Non
eterno, senza alcun inizio, e che Dio debba aver sempre creato
ammetto, quindi, quel che qui si asserisce: che, se Dio soltanto
tanti uomini ed altre specie quanti gli era possibile crearne.
esistesse, vi sarebbero tempo e spazio, come ora. In quel caso
invece, secondo me, essi non esisterebbero che in idea, come
pure possibilità. L'immensità e l'eternità di Dio sono qualcosa
Sul § 41. di più eminente della durata e dell'estensione delle creature,
non solo in rapporto alla grandezza, ma anche alla natura della
104. Non dico affatto che lo spazio sia un ordine o una situa- cosa. Questi attributi divini non hanno bisogno di cose fuori
,~
zione che rende le cose situabili: sarebbe una frase priva di I di Dio, come sono i luoghi e i tempi attuali. Tali verità sono
\
senso. Non si deve far altro che considerare le mie stesse state sufficientemente riconosciute dai teologi e dai filosofi.
.. , _:·.

462 Quinto scritto di Leibniz 463


Epistolario Leibniz-Clarke

Sul § 42. alcuna differenza interna reale tra il miracoloso e il naturale;


e, nel fondo delle cose, tutto sarà egualmente naturale, o tutto
sarà egualmente miracoloso. Avranno i teologi ragioni per
107. Avevo sostenuto che l'operazione con la quale Dio
accettare il primo punto, e i filosofi il secondo ?
raggiusterebbe la macchina del mondo corporeo, proclive per
sua natura (come si pretende) a cadere nel riposo, sarebbe un
111. E questo non tornerà a rendere Dio l'anima del mondo,
miracolo. S'è risposto che non sarebbe un'operazione miracolosa,
se tutte le operazioni di Lui sono naturali, come quelle che
perché sarebbe ordinaria, e si dovrebbe verificare abbastanza
l'anima esercita nel corpo? Così Dio sarà una parte della natura.
spesso. Ho replicato che non è l'usuale o il non usuale che costi-
tuisce il miracolo propriamente detto, cioè della maggiore specie,
11i. lll l:>u0 pa fil~sofia, e in sana teologia, bisogna distinguex:e
ma il sorpa8sare le forze delle creature; e che questa è l'opinione
. ~iò che è spiegabile per mezzo dei caratteri e delle forze delle
dei teologi e dei filosofi. Quindi, mi si accorda almeno che
creature, da ciò che è spiegabile solo per mezzo delle forze della
quel che si asserisce e che io disapprovo, è un miracolo della
sostanza infinita; Bisogna interporre una distanza infinita tra
specie maggiore, secondo l'accezione nota, cioè che sorpassa
loperazione di Dio, che va al di là delle fo~ze nat~rali, e le
le forze create; e che è proprio quello che tutti cercano d'evitare
.operazionLdelle. cose, le quali seguono le leggi ~he Dio· ha loro
________ fa_filo_sofìa. Ora mi . si risponde che ciò significa appellarsi dalla
dato e che Egli le ha rese atte a seguire per loro natura, benché
ragione all'opinione volgare. Ma io replico ancora che l'opi-
con la sua assistenza.
nione volgare, secondo la quale in filosofia bisogna evitare, per
quel che si può, ciò che sorpassa la natura delle creature, è
113. Perciò cadono le attrazioni propriamente dette e le
ragionevolissima. Altrimenti_ nulla__ sarà_ tanto facile quanto -il
altre operazioni inesplicabili per mezzo della natura delle
rendere ragione di tutto, col far sopravvenire una Divinità,
creature, che bisogna fare effettuare per miracolo col ricorso
Deum. ex machina, senza curarsi -della--natura--delle- cose.~-
alle assurdità, cioè alle qualità occulte degli Scolastici, che si
cominciano a spacciare sotto lo specioso nome di forze, ma
108. D'altronde; l'opinione comune dei teologi non deve
essere trattata semplicemente come opinione volgare. Occorrono che ci _riconducono nel regno delle tenebre. È, inventa fruge,
grandi ragioni perché si osi contravvenirvi, ed io qui non ne glandibus vesci.
veggo alcuna.
114. Al tempo di Boyle e di altri eccellenti uomini che fio-
109. Pare che qui ci si scosti dalla propria tesi, che esige- rivano in Inghilterra al principio del regno di Carlo II, non si
rebbe che un miracolo sia raro: nel rimproverarmi, benché sarebbe osato di spacciare concetti così vieti. Spero che quel
senza fondamento-al§ 31-, che l'armonia prestabilita sarebbe bel tempo tornerà, sotto un governo buono come l'attuale, e
un miracolo perpetuo: a meno che si sia voluto ragionare che gli spiriti, un pò troppo sviati dalla sventura dei tempi,
contro me ad hominem. torneranno a meglio coltivare le conoscenze fondate. Il tratto
capitale di Boyle stava nell'inculcare che tutto si pr.oduce~s~
Sul § 43. meccanicamente in fisica. Ma è una sventura per gh uormm
giungere a disgustarsi perfino della ragione e ad avere a fastidio
110. Se il miracolo non differisce da ciò che è naturale che la luce. Cominciano a tornare le chimere, e piacciono perché
in apparenza e in rapporto a noi, di modo che noi chiamiamo hanno alcunché di meraviglioso. Avviene nel campo della filo-
miracolo soltanto quello che osserviamo raramente, non vi sarà sofia quel che è avvenuto nel campo della poesia: è venuta
464 Epistolario Leilmiz-Clarke Quinto scritto di Lei1mU 465

la stanchezza per i romanzi verosimili, come la Clelia francese si vuole che il sole, attraverso uno spazio vuoto, attiri la terra ?
o l'Aramene tedesca 17 , e s'è ritornato da qualche tempo ai È Dio che serve di mezzo. Ma sarebbe un miracolo, se mai
racconti delle fate. · ve n'è stato; ciò sorpasserebbe le forze delle creature.

115. Quanto ai movimenti dei corpi celesti e, più ancora, 119. O sono forse delle sostanze immateriali o dei raggi
quanto alla formazione dei corpi e degli animali, non v'è niente spirituali o qualche accidente senza sostanza; o qualche specie
di miracoloso, tranne che il principio di queste cose. L'organismo intenzionale; o qualche altro non so che, il quale deve costituire
degli animali è un meccanismo che presuppone una preforma- quel preteso mezzo ? - cose di cui pare si abbia ancora una
zione divina; ciò che ne segue è affatto naturale e meccanico. buona provvista in testa, senza che vengano spiegate a sufficienza.

116. Tutto ciò che avviene nel corpo dell'uomo e d'ogni 120. Tale mezzo di comunicazione è, si dice, invisibile,
animale è meccanico proprio come quello che avviene in un intangibile, non meccanico. Si poteva aggiungere, con· lo stesso
orologio. La sola differenza è quella che deve intercedere tra diritto, inesplicabile, inintelligibile, precario, senza fondamento,
una macchina d'invenzione divina e la produzione d'un artefice senza esempio.
limitato, qual è l'uomo.
121. Ma, si dice, esso è regolare, costante e quindi naturale.
s~ § #. Io rispondo che non potrebbe essere regolare senza essere
conforme a ragione; e che non potrebbe essere naturale, senza
117. Presso i teologi non vi sono dispareri intorno ai mi- essere spiegabile per mezzo della natura delle creatilre.
racoli degli angeli. Non si tratta che dell'uso delle parole. Si.
potrà dire che gli angeli ne facciano, ma in senso meno proprio, 122. Se quel mezzo, che determina un'attrazione vera e
- o d'un ordine inferiore. Disputarvi sopra sarebbe fare una propria, è costante e nello stesso tempo è inesplicabile per
questione di nomi. Si potrà dire che quell'angelo il quale tra- mezzo delle forze delle creature, e se con tutto ciò esiste vera-
sportava Habacuc per l'aria, che agitava il lago di Bethzaida, mente, _è un miracolo perpetuo; e se non è miracolo, è falso.
facesse un miracolo, ma non di prim'ordine, perché spiegabile È una · cosa chimerica; una qualità scolastica occulta.
per mezzo delle forze naturali degli angeli, superiori alle nostre.
123. Sarebbe come il caso d'un corpo che si movesse cir-
colarmente, senza deviare per la tangente, benché nulla di
Sul§ 45. spiegabile gl'impedisse di deviare. Esempio che ho già allegato,
ed al quale non s'è creduto a proposito rispondere, perché
118. Avevo obiettato che un'attrazione propriamente detta, mostra troppo chiaramente la differenza tra ciò che è veramente
o alla scolastica, sarebbe un'azione a distanza, senza mezzo. naturale, da un lato, e la qualità occulta, chimerica delle scuole,
Si risponde qui che un'attrazione senza mezzo sarebbe una dall'altro.
contraddizione. Benissimo; ma come la si intende allora, quando
Sul § 46.
i• Clélie, histoire romaine, è il celebre romanzo di Madeleine de
124. Le forze naturali dei corpi sono tutte sottomesse alle
Scudery (in S parti, Parigi 1654-1661). Die durchleuchtige Seherinn
Aramena è un assai meno noto romanzo del duca Antonio Ulrico di leggi meccaniche, e le forze naturali degli spiriti sono tutte
Brunswick-Wolffenbiittel (anch'esso in Sparti, Norimberga 1669-1673). sottomesse alle leggi morali. Le prime seguono l'ordine delle

33. Lei

ìl
466 Epistolario Leibniz-Clarke Quinto scritto di Leibniz 467

cause efficienti; le seconde, quello delle cause finali. Le prime 129. Ho sfidato spesso delle persone a riferirmi un'obie-
operano senza libertà, come un· orologio; le seconde sono attuate zione contro quel gran principio, un esempio non contestato,
con libertà, benché s'accordino esattamente con quella specie dove esso venga meno; ma non si è mai risposto e non si rispon-
di orologio, che un'altra causa libera superiore ha anticipata- derà mai. Per converso, v'è una infinità d'esempi in cui esso
mente adattato ad esse. Ne ho già parlato; n. 92. riesce; o, piuttosto, riesce in tutti i casi conosciuti cui è stato
applicato. Ciò deve far ritenere plausibile che riuscirà ancora
125. Finisco con un punto che mi si è opposto al principio nei casi sconosciuti, o che non diverranno conosciuti se non
del quarto scritto, al quale ho già risposto qui sopra, nn. 18, per suo mezzo, secondo la massima della filosofia sperim~nt~le,
19, 20. Ma mi son riservato di parlarne ancora nel conchiudere. che procede a posteriori; quando anche esso non fosse giustifi-
S'è preteso, in primo luogo, che io commetta una petizione cato dalla pura ragione, o a priori.
di principio; ma di qual principio, di grazia ? Piacesse a Dio
che non si fossero mai presupposti princìpi meno chiari! Il 130. Negarmi quel gran principio, significa d'altronde fare
principio è quello del bisogno d'una ragione sufficiente, perché come Epicuro, ridotto a negare quell'altro grande principio
una cosa esista, un avvenimento accada, una verità abbia luogo. della contraddizione; cioè che ogni proposizione intelligibile
È forse un princiEi() _che ha bisogno di prove? Me_lo si era anche dev'essere vera o falsa~-Trisippo si divertiva a dimostrarlo
----·-aeCordato, o si era fatto finta di accordarmelo, al secondo numero contro Epicuro; ma non credo d'aver bisogno d'imitarlo, benché
del terzo scritto: forse perché sarebbe sembrato troppo urtante io abbia già detto sopra ciò che può giustificare il mio, e benché
negarlo; ma non lo si è accordato che a parole, alle quali si abbia ancora qualcosa da dire sullo stesso argomento, ma che
. contraddice, oppure le si ritratta. sarebbe forse troppo profondo per poter convenire alla pre-
sente contestazione. E credo che le persone ragionevoli ed im-
126. Oso dire che senza quel gran principio non si potrebbe parziali m'accorderanno che l'aver ridotto un avversario a
giungere alla prova dell'esistenza di Dio, né rendere ragione negare quel principio, significa averlo portato ad absurdum.
di parecchie altre verità importanti.

127. Non se ne son serviti tutti in mille occasioni? È vero


che lo si è dimenticato per negligenza in molte altre; ma sta
proprio qui l'origine delle chimere; com'è, per esempio, quella
d'un tempo o d'uno spazio assoluto, reale, del vuoto, degli
atomi, d'un'attrazione alla scolastica, dell'influenza fisica tra
l'anima ed il corpo e di mille altre finzioni: tanto di quelle che
sono persistite tra le false credenze degli antichi, quanto di
quelle che sono state inventate da poco.

128. Non si sono già gli antichi burlati dell'infondata decli-


nazione degli atomi d'Epicuro, perché violava quel gran prin-
cipio? E oso dire che l'attrazione alla scolastica, che si rinnova al
giorno d'oggi, e di cui nessuno si burlava meno, circa 30 anni
fa, non ha niente di più ragionevole.

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