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Calenda
Epistemologia greca del VI e V secolo a.C. Guido Calenda
euro 24,00
dialegesthai
Collana di ricerche filosofiche
diretta da Emilio Baccarini e Giovanni Salmeri
12
dialegesthai
EPISTEMOLOGIA GRECA
DEL VI E V SECOLO a.C.
ERACLITO E GLI ELEATI
Copyright © MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
isbn 978–88–548–3893–2
11 Introduzione
19 1. Il contesto storico
41 2. Le intuizioni di Eraclito
317 7. Frammenti
369 bibliografia
9
Introduzione
11
12 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
Ahimè ahimè, che le cose non abbiano per gli uomini / pa-
rola, affinché nulla fossero gli abili parlatori (plutarch. praec.
gerend. rei publ. 802a 1).
1.1. La politica
19
20 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
E precisa:
I principali poemi di Solone erano, ritengo, non giustifica-
zioni retrospettive di atti politici (questa tradizione ha avuto
origine da una concezione “letteraria” della poesia) ma di-
rettive, prescrizioni e rapporti contemporanei (p. 131 n. 18).
1.2. La giustizia
1.3. La religione
14. Trovata nella tomba di un fanciullo nobile di circa dieci anni. Nel-
la coppa e nel resto della ricca fornitura funeraria si potrebbe vedere, se-
condo la sensibile interpretazione di Annie Schnapp–Gourbeillon (2002):
«l’espressione di un immenso rimpianto per la precoce morte d’un futuro
governante della città, con il deposito d’arredi che ricorda tutto ciò ch’egli
avrebbe potuto essere, se fosse vissuto» (p. 307).
1. Il contesto storico 37
I do not know much about gods; but I think that the river
Is a strong brown god — sullen, untamed and intractable,
Patient to some degree, at first recognised as a frontier;
Useful, untrustworthy, as a conveyor of commerce;
Then only a problem confronting the builder of bridges.
The problem once solved, the brown god is almost forgotten
by the dwellers in cities — ever, however, implacable,
Keeping its seasons and rages, destroyer, reminder
Of what men choose to forget. Unhonoured, unpropitiated
by worshippers of the machine, but waiting, watching and waiting
Thomas Stearns Eliot1
41
42 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
16. Robinson (1991): «Non è per nulla ovvio che gli attacchi che Ari-
stotele gli rivolge come negatore del principio di non–contraddizione sia-
no di fatto solidamente fondati» (p. 484).
17. Ad esempio Kirk (1954) p. 373.
18. È possibile che questa immagine di Cratilo sia una deformazione
caricaturale, frutto d’incomprensione, in un’epoca in cui si era ormai per-
so di vista il senso delle problematiche di Eraclito e dei suoi seguaci.
54 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
e spiega in nota:
2.3. Conoscenza
2.3.1. Il logos
e (fr. 2):
28. Sull’unità del cosmo si tornerà più avanti.
29. Diels e Kranz hanno espunto la seconda parte del frammento;
contra Marcovich (1978). Secondo Kirk (1954) si tratta di una parafrasi:
κόσμος non avrebbe potuto essere usato da Eraclito nel senso di “mon-
do”; contra Cerri (1999), con cui concordo: «L’idea largamente diffusa che
quest’uso del termine sia nato solo nella seconda metà del V secolo a.C., e
che non possa perciò essere attribuito né a Eraclito né a parmenide, è un
puro e semplice pregiudizio» (p. 199).
2. Le intuizioni di Eraclito 63
30. Traduco solo qui ξυνός con “condiviso” e κοινός con “comune”
unicamente per distinguere in italiano i due vocaboli: i due termini sono
sinonimi. Bury (1935) nel suo commento ad Adversus Mathematicos di Se-
sto osserva: «Eraclito usa ξυνός per κοινός» (p. 72) e traduce ξυνός con
“comprehensive”. Conche (1986) traduce “universel”.
31. Secondo Kirk (1954) è una parafrasi.
32. Giannantoni (1969): «ξυνός è infatti la forma ionica di κοινός, ma
in essa Eraclito sente prevalente ciò che egli crede il suo etimo, vale a dire
ξὺν νόῳ […]. Il mondo dell’intelligenza e della verità è dunque un mondo
pubblico e comune, quello dell’opinione e dell’errore è invece un mondo
privato e particolare» (I p. 195, n. 16).
33. Nota Dilcher (1995): «La sfera politica è introdotta soltanto come
un modello per spiegare una relazione difficile» (p. 51).
64 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
34. per una diversa lettura del frammento, vedi Mourelatos (1965).
2. Le intuizioni di Eraclito 65
40. Reinhardt (1916): «Vi è una ragione che va oltre le altre cose» (p.
205).
2. Le intuizioni di Eraclito 69
44. ὁτέη ἐκυβέρνησε. Kirk (1954) legge ὅκη κυβερνᾶται: «Come tut-
te le cose sono governate» (p. 386).
2. Le intuizioni di Eraclito 71
45. Rossetti (1983): «Agli occhi di Dio — dunque dal punto di vista
della Verità, in termini reali e oggettivi» (p. 347).
46. Diels e Kranz espungono χιλίων ἐτῶν ἐξικνεῖται τῆι φωνῆι. per
Marcovich (1978) «non è facile determinare esattamente l’estensione te-
stuale di questo frammento» (p. 281).
72 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
49. per pradeau (2002) «questa citazione è data nella lingua di porfi-
rio» (p. 204).
50. Ad esempio, per Conche (1986): «Questo pensiero […] non signi-
fica che il male, il brutto, l’ingiusto non siano reali, […] ma, al contrario,
che sono una realtà uguale a quella dei loro opposti» (p. 389).
74 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
52. Fränkel (1938): «Il corpo celeste più grande e potente non conta
nulla più di questo» (p. 223).
53. In base a questo testo Mouraviev (2006, I, p. 9) unifica i due fram-
menti.
2. Le intuizioni di Eraclito 77
nel 4:
diremmo felici i buoi quando trovino rubiglio da mangiare54
nel 61:
Il mare è l’acqua più pura e più impura; per i pesci è bevibile
e salutare, per gli uomini è imbevibile e esiziale
nel 13:
I porci godono più nella fanghiglia che nell’acqua pulita
e nel 37:
I porci si lavano nel fango, gli uccelli da cortile nella polvere
o nella cenere.
e 125:
Anche il ciceone si separa se non agitato.
il 49a:
Negli stessi fiumi entriamo e non entriamo, siamo e non
siamo56
e il 91:
55. Tra coloro che respingono l’autenticità di [b] sono Zeller (1892),
Kirk (1954), Marcovich (1978), Kahn (1979); tra coloro che l’accetta-
no Diels e Kranz (1951), Reinhardt (1916), Mazzantini (1945), Dilcher
(1995).
56. per Kirk (1954) si tratta di una parafrasi, e anche Markovich
(1966) considera il frammento non autentico. per Calogero (1967), il
frammento è un altro esempio di dialettica degli opposti: «Quel che im-
porta a Eraclito, che non è un eracliteo, non è questo infinito flusso, ma
il fatto che esso determini un’antitesi rispetto all’identità, una discordia
contro la concordia immediata della cosa» (p. 86).
80 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
63. Colli (1967), che considera ὁμολογεῖν una glossa, accetta εἰδέναι
e traduce: «per chi ascolta non me, bensì l’espressione, sapienza è ricono-
scere che tutte le cose sono una sola» (p. 21).
64. Alcuni critici considerano che qui per mutamento s’intenda un
cambiamento di nome (vedi Kirk, 1954, p. 198).
65. Fränkel (1962), seguito da Dilcher (1995), ha proposto di sostitui-
re “fuoco” con “olio” (ἔλαιον).
86 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
Dato che la realtà del cosmo trascende tutto ciò che gli
uomini pongono, non deve stupire se, oltre a ciò che siamo
abituati a vedere, vi sia ben altro da scoprire (fr. 54):
La connessione nascosta è migliore di quella che appare.
obbligato.
A quest’ordine d’idee si può collegare il frammento
42:
Omero degno d’essere scacciato dagli agoni e di essere fru-
stato ed ugualmente Archiloco.
2.8. Opinioni
2.9 La natura
2.9.1. Fuoco
87. Kirk (1954): «“Il medesimo per tutti” (τὸν αὐτὸν ἁπάντων) è una
sintesi molto concentrata ma inconfondibile di una più lunga interpreta-
zione stoica» (p. 309).
88. Kirk (1954): «“Nessuno degli dèi o degli uomini lo ha fatto” (οὔτε τις
θεῶν oὔτε ἀνθρώπων) è un’espressione polare con un senso onnicomprensi-
vo. […] “Nessun dio o uomo” significa “assolutamente nessuno”» (p. 311).
89. Kirk (1954): «ciò che s’intende è ancora, essenzialmente, 〈γῆ〉
θάλασσα διαχέεται, e a beneficio della chiarezza accetto provvisoriamente
questa piccola aggiunta; che questa interpretazione sia fondamentalmen-
te corretta è confermato da Diog. L. IX, 9, πάλιν τε αὖ τὴν γῆν χεῖσθαι»
(p. 332).
90. I due brani del frammento sono separati da un testo di Clemente.
Non siamo sicuri quindi della continuità. Lo dividono in due, ad esempio,
Marcovich (1978), Kahn (1979) e Robinson (1989).
91. Il termine πρηστήρ, nota Kahn (1979), «appare per la prima volta
nella Teogonia di Esiodo [846] come attributo dei venti (prestērēs anemoi)
tra la menzione del lampo e del fulmine, un esempio di fiamma celeste.
[…] Aristotele […] dice che prestēr è il nome dato a un vento caldo e rado
che scende dalle nuvole e prende fuoco» (p. 142).
2. Le intuizioni di Eraclito 97
Ippolito interpreta:
indigenza è per lui l’ordinamento, sazietà la conflagrazione
e che
Eraclito … sostiene che gli astri si nutrono delle evaporazio-
ni della terra (II 11, 4).
del sole; ma dice anche che il sole si spegne alla sera per il
prevalere delle esalazioni oscure. Queste però non sono
affatto necessarie, bastando evidentemente il mare a spe-
gnere il sole.
Del fatto che secondo Eraclito il sole si spenga al tra-
monto e di nuovo si riaccenda all’alba abbiamo conferma
diretta sia da parte di Aristotele (tra virgolette il fram-
mento 6):
il sole non soltanto, appunto come dice Eraclito, «è nuovo
ogni giorno», ma sempre continuamente nuovo (meteor. II 2,
355a 13)
e così la luna:
Eraclito dice che la luna è a forma di catino (II 28, 6).
a) b)
Figura 2. Le fasi lunari di Eraclito: a) secondo Teofrasto; b) concezione alternativa.
2. Le intuizioni di Eraclito 107
e il frammento 66:
Tutto […] il fuoco erompendo separerà100 e afferrerà
104. Mondolfo nega che Aristotele possa aver equivocato: «La sua
indubbia conoscenza diretta del testo eracliteo conferisce a questa testi-
monianza un peso innegabile (p. CLXXXIX). Kirk (1959) non concorda:
«Vi sono in realtà dubbi su questa questione, più dubbi di quanto non sia
generalmente ammesso» (p. 74).
114 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
e di Censorino:
Questo anno è detto “eliaco” da qualcuno e “anno di dio”
da altri… Aristarco lo valutò nel compiersi di 2484 anni…
Eraclito e Lino di 10.800 (de d. nat. 10, 10).
2.10. L’anima
e 117:
L’uomo, quando è ebbro, è condotto barcollante da un fan-
ciullo impubere, senza capire dove va, avendo l’anima umi-
da.
120. Dilcher (1995): «La chiara e dichiarata preferenza per fama e ono-
re, in un senso interamente mondano, esclude virtualmente qualsiasi aspi-
razione per ricompense di altra natura» (p. 86).
121. ἔνθα δ’ ἐόντι: δ’ ἐόντι è considerato corrotto da diversi autori
(vedi Marcovich, 1978, p. 275, n. 4).
122. Ippolito attribuisce al testo un significato escatologico: Zeller
(1892, I IV p. 309) interpreta nel senso che ai dèmoni è affidata la custodia
non solo dei viventi, ma anche dei morti (καὶ νεκρῶν), seguito in questo,
tra gli altri, da Robinson (1989). per Wheelwright (1959) le anime di cui
si parla sono forse quelle asciutte. Buona parte della critica più recente
rifiuta però l’interpretazione escatologica (vedi anche: Bollack e Wisman,
1972, Conche, 1986; Osborne, 1987b; Dilcher, 1995; pradeau, 2002).
2. Le intuizioni di Eraclito 125
2.11. Religione
come si narra che Eraclito abbia detto agli ospiti che voleva-
no fargli visita, e che arrivando si erano fermati, vedendo lui
intento a scaldarsi presso il focolare (egli li invitò a entrare
senza temere: anche lì dentro, infatti, erano gli dèi), così si
deve procedere nella ricerca intorno a ciascuno dei viventi
senza ripugnanza, perché in tutti vi è qualcosa di naturale e
bello (de part. anim. I 5, 645a 17).
2.12. Politica
128. In questo senso forse Schofield (1991): «La nostra vita come mor-
tali dipende dalla temporanea estinzione di elementi fisici da cui si forma
e in cui si decompone» (p. 32).
130 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
e anche il 33:
Legge anche ubbidire alla decisione di uno.
e:
Gli Efesi avevano l’abitudine ad una vita lussuosa e di piaceri;
ma contro di essi si scatenò una guerra ed i persiani circon-
darono ed assediarono la città. Essi però continuarono nella
vita di piaceri secondo la loro abitudine. Tuttavia nella città
cominciarono a scarseggiare i mezzi di sostentamento, ma
nessuno aveva il coraggio di proporre che limitassero i loro
lussi. Mentre essi erano radunati, un uomo di nome Eraclito
2.13. Conclusioni
139
140 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
e a un accenno di plutarco:
parmenide ordinò la sua patria con ottime leggi tanto che
nei primi tempi ogni anno i cittadini prestavano giuramen-
to di rimanere fedeli alle leggi di parmenide (adv. Col. 32 p.
1126a).
e commenta:
mi sembrò di una profondità assolutamente sublime.
Cordero (1979) critica questa soluzione per motivi metodologici: «Si tratta
di tentativi disperati e pericolosi, perché riguardo a qualsiasi passaggio che
non comprendiamo, possiamo postulare una lacuna salvatrice» (p. 9).
33. Collobert conclude la sua analisi, dichiarando: «Siamo dunque
d’accordo con la congettura di H. Diels, per cui la semplice menzione della
non–esistenza […] «ha dovuto evocare, da sola, la seconda via, sicché μηδὲν,
malgrado la sua funzione contestuale, ha potuto costituire, da solo, l’ante-
cedente del ‘primo’ dei due cammini che bisognava evitare» (p. 86).
34. Concordo con Bowra (1937): «parmenide era uno scrittore accu-
rato e singolarmente esatto» (p. 97).
35. Cordero (1984) ha discusso esaurientemente l’argomento. In-
dipendentemente, Nehamas (1981) ha proposto: «πρώτης γὰρ σ(οι) ἀφ’
ὁδοῦ ταύτης διζήσιος ἄρξω [comincerò]» (p. 131). Contro entrambe le
interpretazioni si pronuncia, sia pure in forma dubitativa, O’Brien (1987,
p. 225 n. 12). L’integrazione di Diels continua ad essere considerata am-
missibile anche da Conche (1996) «come da […] la quasi–unanimità degli
interpreti» (p. 103), e da Furley (1973), mentre Mourelatos (1999) propo-
ne εἶργον; ma tutti e tre cercano di salvare il senso della frase riferendo
ταύτης alla seconda via nel frammento 2, a dispetto della sintassi. Anche
Meijer (1997) argomenta a favore di Diels per questioni interpretative,
e così, in ultima analisi, Couloubaritsis (1987) e (1986) e Bollack (2006).
Mantengono senza commenti l’integrazione di Diels Gallop (1984), Rea-
le e Ruggiu (1991), Cassin (1998), Cerri (1999), Robbiano (2006) e, senza
citare l’alternativa, Lami (1991) e Scuto (2005). Accettano invece il sen-
so delle integrazioni di Cordero e Nehamas, Germani (1986) e (1988),
Giannantoni (1988), Fronterotta (1994), Berti (1996), Curd (1998), Her-
mann (2004), palmer (2009). Thanassas (2007) pur accettandone il senso
non è soddisfatto dall’uso del verbo ἄρχω, per cui rinuncia ad integrare
il greco, ma traduce con «io condurrò»; ritiene, comunque, al seguito
156 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
di Reinhardt, che nel fr. 6 sia introdotta una terza via, che però «non è
affatto una via genuina, ma piuttosto la presentazione di cosa significa
ignorare le “sole” vie del pensiero» (p. 78).
36. Nel frammento 7 e poi nei versi 36–41 del frammento 8.
37. Il frammento 8, a sua volta, è certamente la prosecuzione imme-
diata del 7.
3. Le dimostrazioni di Parmenide 157
44. Si osservi che νόος indica qui la vera conoscenza, come νοέω in-
dica il vero conoscere. A differenza di νοέω, però, il termine non è sempre
usato in questo senso nel poema: il νόος può indicare anche la mente che
erra, il πλανκτὸν νοόν in 6.6, o la mente in senso fisico in 16.2. Vedi anche
von Fritz (1945) p. 45.
45. per “cosmo” vedi nota 29 del cap. 2.
46. Vedi Bollack (1957) p. 57 e Mansfeld (1964) p. 208.
47. Vedi anche Woodbury (1968) p. 156. Untersteiner (1958) «è forse
il più discusso tra quelli di parmenide» (p. 130).
160 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
49. Intendo “interessi” nel senso più ampio, come tutto ciò che l’uo-
mo pensa lo riguardi, sotto ogni aspetto.
50. Hussey (2006) interpreta il frammento 16 attribuendo a parmeni-
de (e ad Empedocle) una concezione del pensiero che chiama “teoria del
modello interiore”.
51. Casertano (1978) traduce con «fondo immutabile della verità»
(p. 15).
162 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
65. Ruggiu (Reale e Ruggiu, 1991): «Né può sussistere alcuna ragio-
ne sufficiente affinché una cosa nasca in alcun tempo, prima o dopo, dal
momento che il suo inizio è dal nulla» (p. 291). Il “principio di ragione suf-
ficiente” è anch’esso di natura empirica, come ha ben mostrato Hume; de
Finetti (2006) parla del «fantasma dell’apriorismo che tenterà qui ancora
una volta di adescarci offrendoci l’orpello di qualche magico dono, come
il principio di “ragion sufficiente”» (p. 128).
170 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
66. Diels ἐν da Simplicio; Cordero (2004) ἐφ’ da proclo (p. 84). prefe-
risco ἐν per ovvi motivi di interpretazione.
172 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
67. per Havelock (1966): «La dea […] parla con le formule tradiziona-
li dell’indirizzo orale omerico […] I verbi non tracciano alcuna distinzione
netta tra l’indagine verbale e l’indagine mentale, tra la dichiarazione ver-
bale e la cognizione mentale» (p. 248). Leszl (1988): «Il discorso è conside-
rato come un’immagine del pensiero perché questo stesso è stato consi-
derato alla stregua del discorso, cioè del linguaggio nella sua dimensione
semantica, e non come attività dotata di proprie caratteristiche» (p. 292).
68. τῶι πάντ’ ὄνομ(α) ἔσται secondo Diels e Kranz. per altri
ὀνόμασται o ὠνόμασται (vedi Meijer, 1997, p. 245 e Casertano, 1978, p.
177). Woodbury (1968, p. 147) opta per ὀνόμασται per motivi prevalente-
mente interpretativi.
69. palmer (2009) enfatizza l’importanza dell’espressione οὐκ ἔστι μὴ
εἶναι in 28 B 2.3 e di quella corrispondente χρεών ἐστι μὴ εἶναι in 28 B 2.5,
3. Le dimostrazioni di Parmenide 173
uomini è credere che gli oggetti che essi nominano siano veri,
che i concetti umani costituiscano la reale articolazione
del mondo. Ciò li porta sulla via impercorribile, perché
essi pretendono che l’essere sia articolato in una plurali-
tà di “esseri”, esistenti “in sé”, senza rendersi conto che
questa articolazione è soltanto una posizione umana,
che perciò può cambiare da uomo a uomo.
Si è visto che a partire dal verso 4 del frammento 6
parmenide ha stigmatizzato i mortali dalla doppia testa e
dalla mente errante, sordi, ciechi, istupiditi, privi di giu-
dizio che si perdono nel circolo vizioso della via imper-
corribile. Successivamente, nei versi 3–5 del frammento
7 ha spiegato che la causa di questo smarrimento è l’abi-
tudine irriflessiva, l’uso distratto dei sensi.
Ora parmenide mostra sinteticamente che cosa sono
i giudizi umani: tutto ciò che l’uomo nel suo pensiero
pone è “nome”; è parola, è operazione mentale, ma non
è verità. È forse errore? Non lo è necessariamente: l’er-
rore degli uomini consiste nella convinzione che questi
nomi indichino cose “vere” (πεποιθότες εἶναι ἀληθῆ),
nell’ostinarsi a credere che gli oggetti del loro mondo
mentale siano la reale composizione dell’essere. Che tipo
di operazione l’uomo compia nel dare nomi, sarà mo-
strato alla fine del frammento 8.
L’unica altra designazione apparentemente positiva è
quella che paragona l’essere ad una sfera (fr. 8.42–49):
Ma per l’estremo vincolo70, è completo
che chiama “clausole modali” (modal clauses) (p. 83) in quanto a suo dire
specificherebbero il modo di esistere o non esistere. Ciò gli permetterebbe
di attribuire una consistenza ontologica anche ai contenuti dell’opinione
umana, che sarebbero cose che “esistono ma possono anche non esistere”,
a differenza dell’essere che “esiste e deve esistere”. In questo modo anche la
δόξα conserverebbe per parmenide un suo statuto ontologico.
70. Intendo questo “estremo vincolo” come il vincolo inderogabile
che costringe l’essere ad essere ciò che è.
174 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
sta per esporre; infatti la dea alla fine del frammento spie-
ga (fr. 8.60–61):
Io ti descrivo quest’ordinamento in tutti i suoi aspetti, 60
in modo che mai qualche nozione dei mortali possa
superarti.
nel migliore dei casi: gli uomini danno nomi per con-
traddistinguere forme (μορφαί) — oggetti, enti, concet-
ti — e così facendo operano distinzioni. La conoscenza
umana, completamente diversa dalla vera conoscenza
dell’essere, che non appartiene all’uomo, è caratteriz-
zata dunque dalla distinzione. I nomi, infatti, sono usati
per identificare e per distinguere.
Nel discorso di parmenide la distinzione viene per
la prima volta introdotta nella sua forma più elemen-
tare, quella binaria: le forme sono due; per identificare
queste forme si pongono due nomi; si nominano due
entità. porre una di queste entità non è necessario (τῶν
μίαν οὐ χρεών ἐστιν), in quanto la distinzione è una scel-
ta umana e non ha necessità logica; se invece si fosse
posta una forma soltanto, questa si sarebbe identificata
con l’essere. La distinzione priva il discorso del rigore
logico e ne produce la convenzionalità: l’essere è uno,
la distinzione è arbitraria; porla significa allontanarsi
dalla conoscenza certa, lasciare la ricerca che riguarda
la verità.
Tramite una rigorosa catena logica, parmenide è
giunto a dimostrare quanto Eraclito aveva soltanto
mostrato con i notissimi frammenti sul fiume, in cui
è manifesta l’intrinseca aporia della definizione di un
oggetto, in questo caso il fiume: se entriamo nel fiume
una seconda volta, esso non è lo stesso fiume, perché
nuova acqua lo compone, ma è anche lo stesso fiume,
perché come tale noi l’identifichiamo. Il fiume quindi
“è” e “non è” il medesimo. Questa aporia è stata molto
efficacemente sintetizzata da popper (1965):
3.6. Il proemio
3.7. La natura
3.7.2. Il cosmo
103. Kahn (1970): «È quasi certo che essi [i greci] appresero dello Zo-
diaco empirico […] nel sesto secolo. Ritengo che questa è una delle cose
cui parmenide sta alludendo quando fa promettere alla sua dea di rivelare
‘tutti nell’etere i segni […]’» (p. 105).
198 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
con le parole:
Qualcuno potrebbe sospettare che fu Esiodo per primo a
cercare qualcosa di simile [alla causa efficiente], o chiunque
altro pose l’amore o il desiderio principio degli esseri, come
anche parmenide. Questi, infatti, ponendo l’origine di tutto
dice [segue il fr. 13] (metaph. I 4, 984b 23).
E costei [la dea] dice anche causa degli dèi dicendo [segue il
fr. 13] (Simplic. phys. 35, 18).
e il frammento 15:
sempre guardando intorno verso i raggi del sole.
3.7.3. La biologia
3.7.4. L’anima
τὸ πλέον designa allora l’insieme che formano le due φύσεις μελέων» (p.
272).
112. Il tentativo di Laks (1990) di esonerare Teofrasto da questa impu-
tazione non mi sembra persuasivo.
113. Verdenius (1942), argomentando nello stesso modo, sostiene
«l’improbabilità che parmenide abbia trattato i principi di questa dottrina
più a lungo di quanto non abbia fatto nel fr. 16» (p. 5).
210 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
3.8. Conclusioni
dimostra il fatto che l’unico scritto che gli sia stato at-
tribuito, il Poema sulla Natura, è dedicato in larga misura
proprio alle opinioni umane più avanzate, alle opinioni
scientifiche formulate da parmenide stesso. Di queste
opinioni, si è visto, parmenide era estremamente fiero,
tanto da non esitare a metterle in bocca alla dea. Dobbia-
mo quindi rimpiangere lo stato estremamente mutilato
con cui esse ci sono giunte. possiamo però intuire dei
motivi per questa fierezza: la comprensione della natura
della luce lunare, che implica la sfericità del corpo cele-
ste, la percezione dell’identità di Venere, e ancora di più
la scoperta della sfericità della terra, sempre che gli possa
essere effettivamente attribuita, sono pietre miliari nel-
la storia dell’astronomia. Si possono allora riconoscere
in parmenide anche le capacità del grande scienziato, in
grado di utilizzare le osservazioni di cui dispone per for-
mulare ipotesi rivoluzionarie, del tutto degne delle sue
straordinarie concezioni epistemologiche.
Si può concludere quindi che, nonostante l’apparenza,
la posizione di parmenide è radicalmente anti–dogmati-
ca, come aveva giustamente notato popper (1965):
4.1. Paradossi
219
220 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
4.2. La critica
10. Caveing (1982) ha notato che «Vlastos non capisce affatto la natu-
ra della discussione ontologica condotta dall’Eleate» (p. 40).
11. Chi nega la possibilità che si possa essere “uno” e “molti” è stig-
matizzato con durezza dallo straniero di Elea nel Sofista di platone: «Ti sei
spesso imbattuto, infatti, come credo, o Teeteto, in chi si dedica a simili
argomenti, uomini talvolta più che maturi, i quali per le scarse capacità
intellettive si lasciano entusiasmare, certo credendo di aver scoperto qual-
cosa di molto intelligente» (251c 3). Lo straniero di Elea non era certo un
Eleate!
4. Le ragioni di Zenone 225
18. Lo stesso episodio è citato da Sesto (Pirr. II 244; III 66; pros phys, 2,
68) che l’attribuisce genericamente a un cinico, che Diogene Laerzio (VI
39) identifica con Diogene il Cinico.
230 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
19. Rapp (2006): «Le cosiddette antinomie di Zenone […] sono tutte
basate su premesse che Zenone stesso non condivide» (p. 173).
4. Le ragioni di Zenone 231
25. Giudizio ribadito dallo stesso autore trenta anni dopo (Calogero,
1962, p. 86). Il passo è citato da Kranz (Diels e Kranz, 1951, p. 498) come fram-
mento 5. Di parere contrario alla genuinità del frammento è Lee (1936, p. 39),
che argomenta però in base a un’interpretazione sia dell’argomento in que-
stione, sia del pensiero complessivo di Zenone, che non ritengo condivisibile.
240 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
4.6.2. La freccia
citato anche da Epifanio (adv. haer. III, 11) (Lee 18). È ov-
vio che il mobile non può muoversi nel luogo in cui non
è, dato che in ogni istante è nel luogo in cui è e mai in
quello in cui non è. Allora, se si dimostra che il mobile
non può muoversi nel luogo in cui è, esso è sempre in
quiete. Si esaminerà più avanti perché il mobile non può
muoversi nel luogo in cui è, e si passi all’argomento della
freccia, riportato da Aristotele come il terzo degli argo-
menti contro il moto:
Zenone poi ragiona male: dice, infatti, che se tutto sta sem-
pre in quiete o in moto, quando sia nell’uguale a sé, e ciò che
4. Le ragioni di Zenone 253
4.6.3. Lo stadio
ma è anche
ma aggiunge:
Non vi è alcun segno nel nostro testo che queste unità siano
considerate indivisibili; il solo uso della parola onkos, “cor-
po”, certamente non lo prova, come alcuni hanno argomen-
tato (p. 73).
4.8. Conclusioni
in quanto:
per confermare la verità dell’uno, va a caccia degli assurdi del
molteplice; e non s’accorge che questi assurdi del molteplice
sono nient’altro che gli stessi assurdi dell’uno. La scolastica
tragedia di Zenone è quella di brandire, in difesa dell’eleati-
smo, un’arma che colpirà invece al cuore l’eleatismo mede-
simo (p. 112).
265
266 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
5.2. L’essere
5.2.1. Eternità
5.2.2. Infinità
13. Sia in questo caso, sia nel secondo caso, tra le parentesi succes-
sive, Albertelli (1939) e Reale (1970) accettano γινόμενον, rifiutando il
γενόμενον di Diels–Kranz, che porterebbe a leggere: «infatti essendo ge-
nerato avrebbe avuto inizio in un certo momento». Ciò, come nota Calo-
gero (1932), sarebbe soltanto «una mera ripetizione nel primo caso […] e
non ha addirittura ragion d’essere nel secondo» (p. 78, n. 6).
14. La prosa di Melisso non ha certo nulla di “limpido”. Condivido
il sentimento di Guthrie (1965) quando nota «la forma irritante dell’argo-
mentazione di Melisso» (p. 104).
15. Un’ulteriore fallacia, una conversio simplex, era stata già messa in
evidenza da Aristotele (30 A 10): «Se dunque non è stato generato, non ha
inizio il tutto, dunque è infinito. Ciò non risulta necessariamente: infatti,
se tutto il generato ha inizio, non segue che se qualcosa ha inizio è gene-
rato» (soph. el. V 167b 16).
16. Molti non considerano risolutive queste critiche alla logica di Me-
lisso. per Albertelli (1939), ad esempio, «non è credibile che Melisso cada
(per quanto sia un pensatore elementare) in un errore così grossolano e
palmare come l’arbitrario passaggio dal temporale allo spaziale» (p. 231).
274 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
21. Guthrie (1965): «Abbiamo visto, tuttavia, che i pensatori più anti-
chi provavano difficoltà a separare i vari sensi in cui qualcosa poteva essere
detto infinito o illimitato (apeiron), e Melisso non era un’eccezione» (p.
108).
5. Gli equivoci di Melisso 277
5.2.3. Unicità
e nel frammento 6:
Infatti, posto che sia〈infinito〉
, sarebbe uno: se, infatti, fos-
sero due, non potrebbero essere infiniti, ma avrebbero con-
fini l’uno con l’altro.
29. per spiegare l’uso del termine “vuoto”, Reale (1970) lo ricon-
duce alla polemica contro i pitagorici. Secondo la testimonianza di Ari-
stotele «[a]nche i pitagorici sostenevano che esistesse il vuoto, e che
penetrasse dall’infinito soffio nel cielo stesso, come se questo ispirasse
anche il vuoto, il quale distingue le nature, come se il vuoto fosse ciò che
separa e delimita le cose adiacenti» (phys., IV 6, 213 b 22). In questo caso,
come già con Zenone, i pitagorici sembrano svolgere il ruolo del deus
ex machina per risolvere problemi scomodi posti dal pensiero eleatico.
Non ritengo però che l’ipotesi risolva alcunché. Se Melisso ha pensato
di contrastare una tesi scientifica dei pitagorici, si è molto allontanato
dalla posizione parmenidea. Egli allora non starebbe parlando dell’essere
allo stesso livello epistemologico di parmenide, bensì di un’immagine
del mondo che appartiene, a tutti gli effetti, alla sfera della δόξα, e che
i pitagorici cercavano di concepire con i loro mezzi. Comunque, la sup-
posta polemica anti–pitagorica non renderebbe più sensata l’identifica-
zione ontologica del vuoto con il non essere.
30. Concordo con Curd (1998): per Leucippo e Democrito«[c]hiama-
re il vuoto “non–essere” è chiaramente provocatorio» (p. 182).
284 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
5.2.5. Immutabilità
5.2.6. Insensibilità
34. Tra questi: Tannery (1887): «tendono a far pensare che Melisso
considerava effettivamente il suo Essere come il Dio» (p. 276); Gomperz
(1986): «Melisso si colloca nella sfera dei mistici» (I p. 283; trad. di L. Ban-
dini); Calogero (1932) parla di «implicita intuizione animistico–teologica»
(p. 88); Guthrie (1965): «nelle credenze normali del primo pensiero greco
la realtà ultima è viva e divina» (p. 114); pasquinelli (1958): «non crediamo
si possa seriamente negarne il carattere mistico» (p. 433, n. 28).
35. Zafiropulo (1950) vede nel testo melissiano una delle due fonti
«irrefutabili e indipendenti» attestanti che «la costruzione eleatica abbia
ben fatto parte di un sistema animista» (p. 55). L’altra fonte citata da Zafi-
ropulo sarebbe la testimonianza del Sofista di platone (249a), in cui «pla-
tone fa partire lo straniero dal fatto che gli Eleati ortodossi ammettevano
l’anima (ψυχή), lo spirito (νοῦς), la vita (ζωή) e il pensiero (φρόνησις)
nell’Essere universale (τὸ παντελῶς ὄν) per mostrare che essi avevano
torto a considerare quest’Essere come immobile» (p. 55). Questa testimo-
nianza è evidentemente irrilevante, in quanto ciò che platone fa dire allo
straniero d’Elea — il quale esprime comunque il pensiero di platone e non
quello di parmenide — è di ritenere, lui, inverosimile privare l’essere uni-
versale di questi caratteri, e non che questa fosse la “ortodossia eleatica”,
qualsiasi cosa si voglia intendere con tale espressione.
5. Gli equivoci di Melisso 289
5.2.7. Incorporeità
36. A questa nota si rinvia per un’ampia discussione sulle diverse in-
terpretazioni della critica.
5. Gli equivoci di Melisso 291
5.3. L’opinione
39. Così, ad esempio, Albertelli (1939) p. 239, Kirk e al. (1983) p. 399,
pasquinelli (1958) p. 293, Reale (1970) p.397. palmer (2009) traduce «gre-
atest proof» (p. 214). Traducono invece con “segno” Lami (1991) p. 323 e
Barnes (1979b) p. 298.
40. Un’analisi della nozione di ὀρθόν in Melisso è stata svolta da
Brancacci (1990a), che interpreta: «L’introduzione del concetto di rettitu-
dine permette di precisare lo statuto della nozione di δοκεῖν, che, sprovvi-
sta di senso dal punto di vista strettamente ontologico — avendo Melisso
dimostrato che la pluralità non è —, rivendica ciò nonostante la sua legitti-
mità al livello gnoseologico» (p. 203). Non concordo: Melisso non rivendi-
ca mai la legittimità del δοκεῖν al livello gnoseologico, ma si accontenta di
rilevarne la non–rettitudine. Nulla nel suo testo lascia pensare che quando
dice «che non vedevamo correttamente» (ὅτι οὐκ ὀρθῶς ἑωρῶμεν) egli
intenda salvare questa legittimità.
294 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
41. Barnes (1979b): «Vi è qualche indicazione che egli fosse consi-
derato come l’autorevole portavoce del pensiero eleatico» (p. 180). Reale
(1970): «I posteri lessero il poema di parmenide alla luce delle deduzioni
di Melisso; e, come Melisso eliminò dal suo trattato la sezione della doxa,
così essi, per l’influsso di Melisso, furono portati, naturalmente, a sotto-
valutare e a trascurare anche la sezione parmenidea della doxa, e, per con-
seguenza, ce la tramandarono solo attraverso frammenti estremamente
esigui» (p. 242).
42. Un’analoga riabilitazione di Melisso nei confronti di parmenide
ha tentato qualche anno dopo Barnes (1979b) tramite formalizzazioni lo-
giche che non sembrano sempre pertinenti. Analogamente, secondo pal-
mer (2004): «Dovremmo vedere la posizione di Melisso come uno svilup-
po di parmenide in una direzione particolare. parmenide aveva distinto la
natura della realtà dalla natura dei fenomeni in un modo così netto che
mancava solo un piccolo passo per rendere questa distinzione assoluta e
negare l’esistenza stessa dei fenomeni. Voglio suggerire che questo passo
fu compiuto da Melisso» (p. 40).
296 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
5.4. Conclusioni
299
300 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
infatti non è possibile che ciò che è non sia (Simplic. phys.
164, 16)
10. Secondo Mansfeld (1985) gli ὄντα che Gorgia nega «non sono in
primo luogo le cose fenomeniche, ma le costruzioni speculative teoriche
dei filosofi presocratici, o gli attributi essenziali delle cose che sono» (p.
102); analogamente, per palmer (1999) sono «le entità fondamentali del
tipo posto dai suoi predecessori» (p. 70).
314 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
6.3. Epilogo
affermando:
La successiva filosofia consiste in note in margine a parmeni-
de (p. XI).
7.1. Eraclito
317
318 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
Mutando riposa.
22 B 90 (plutarch. de E 8 p. 388e):
πυρός τε ἀνταμοιβὴ τὰ πάντα καὶ πῦρ ἁπάντων
ὅκωσπερ χρυσοῦ χρήματα καὶ χρημάτων χρυσός.
22 B 91 (plutarch. de E 18 p. 392b):
ποταμῶι γὰρ οὐκ ἔστιν ἐμβῆαι δὶς τῶι αὐτῶι.
Ho indagato me stesso.
22 B 109 = 22 B 95
22 B 110 (Stob. flor. III 1, 176):
ἀνθρώποις γίνεσθαι ὁκόσα θέλουσιν οὐκ ἄμεινον.
accostamento
7.2. Parmenide
28 B 71:
οὐ γὰρ μήποτε τοῦτο δαμῆι εἶναι μὴ ἐόντα·
ἀλλὰ σὺ τῆσδ’ ἀφ’ ὁδοῦ διζήσιος εἶργε νόημα
μηδέ σ’ ἔθος πολύπειρον ὁδὸν κατὰ τήνδε βιάσθω,
νωμᾶν ἄσκοπον ὄμμα καὶ ἠχήεσσαν ἀκουήν
καὶ γλῶσσαν, κρῖναι δὲ λόγωι πολύδηριν ἔλεγχον 5
ἐξ ἐμέθεν ῥηθέντα.
28 B 82:
μόνος δ’ ἔτι μῦθος ὁδοῖο
λείπεται ὡς ἔστιν· ταύτηι δ’ ἐπὶ σήματ’ ἔασι
7.3. Zenone
7.4. Melisso
369
370 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
393
394 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
239b 5, 252 IX 8, 98
239b 9, 242 IX 8, 112
239b 14, 246 IX 9, 102
239b 25, 219 IX 16, 43
239b 30, 254
239b 33, 255 Elias
250a 19, 261 in Aristotelis categorias
253b 9, 50 p. 100. 6, 229
263a 4, 243
263a 23, 245 Empedocles (DK 31)
sophistici elenchi B 3.12, 305
167b 16, 273 n. 15 B 12.1–2, 305
topica B 13, 306
159b 30, 51 B 14, 306
160b 7, 242 B 17.26, 305
B 17.30–33, 306
[Aristoteles] B 109, 209
de Melisso Xenophane Gorgia
974a 12, 279 Epicharmos (DK 23)
974a 13, 281 B 2, 80
974b 13, 270
975a 4, 270 Euripides
975a 7, 270 fragmenta
439 Kn, 16
Censorinus
de die natali Heraclitus (DK 22)
10. 10, 115 B 1, 59
B 2, 63
Clemens Alexandrinus B 3, 75
stromata B 4, 78
I 65, 130 B 5, 127
B 6, 105
Cyrillus B 7, 94
contra Iulianum B 8, 90
I P. 12b, 42 n. 2 B 9, 77
B 10, 86
Diogenes Laertius B 11, 92
vitae philosophorum B 12, 79, 117 n. 110
I 16, 141 B 13, 78
I 23, 203 B 14, 127
VIII 48, 201 B 15, 127
Indice delle citazioni 395
B 17, 61 B 61, 78
B 18, 68 B 62, 129
B 19, 61 B 63, 124
B 20, 125 B 64, 98
B 21, 123 B 65, 102, 110
B 22, 67 B 66, 110
B 23, 76 B 67, 85
b 24, 123 B 67a, 118
B 25, 124 B 70, 75
B 26, 123 B 72, 61
B 27, 122 B 73, 61
B 28, 93 B 74, 64
B 29, 33, 123 B 75, 88
B 30, 96 B 76, 100
B 31, 96 B 77, 120
B 32, 69 B 78, 70
B 33, 130 B 79, 71
B 34, 61 B 80, 90
B 35, 66 B 81, 66
B 36, 117 B 82, 72
B 37, 78 B 83, 72
B 40, 65 B 84a, 79
B 41, 70 B 85, 121
B 42, 91 B 88, 87
B 43, 133 B 89, 62
B 44, 133 B 90, 97
B 45, 67, 117 B 91, 80
B 48, 87 B 92, 71
B 49, 130 B 93, 71
B 49a, 79 B 94, 76
B 50, 84 B 97, 68
B 51, 89 B 98, 122
B 52, 75 B 99, 75
B 53, 55, 91, 132 B 101, 67
B 54, 89 B 101a, 94
B 55, 93, 107 B 102, 52, 73
B 56, 62 B 103, 82
B 57, 64 B 104, 130
B 58, 128 B 106, 126
B 59, 83 B 107, 94
B 60, 82 B 108, 68
396 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
B 9, 196 sophista
B 9.4, 188 241d 3, 184
B.10, 197 242d 7, 48
B 11, 198 251c 3, 224 n. 11
B 12, 199 258b 1, 184
B 13, 200 258d 5, 184
B 14, 202 Theaetetus
B 15, 202 152d 2, 46, 170
B 16, 206 157a 7, 47
B 17, 204 179e 1, 47
B 18, 204 183e 6, 143
B 19, 213
Plutarchus
Philoponus adversus Coloten
commentaria in Aristotelem graeca 32 p. 1126a, 141
physica de Garrulitate
80. 23, 238 504c 5, 29
802. 31, 281 n. 30
816. 30, 253 Proclus
in Cratylum
Pindarus 37, 185
Isthmica
VII 16, 19 Protagoras (DK 80)
Nemea B1, 15
IX 13, 34 B6a, 313
Plato Sappho
Cratylus 201 Loeb, 19
402a, 45
Parmenides Seneca
127b 1, 139 epistulae
127e 1, 231 88. 44, 227
128a 2, 241
128d 5, 220 Sextus Empiricus
129a 4, 86 adversus mathematicos
Phaedo VII 127. 4, 119
99e 1, 47 VII 129. 1, 119
Phaedrus VII 129. 2, 119
261c 10, 221
symposium Simplicius
187a 3, 49 commentaria in Aristotelem graeca
398 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
de caelo Timon
294. 4, 109 sillorum fragmenta
physica fr. 44, 143
31. 10, 200
34. 14, 200 Xenophanes (DK 21)
35. 18, 200 B 26, 289
97. 12, 233
103. 30, 286 Zeno (DK 29)
115. 11, 186 B 1, 236–237
115. 11, 186 n. 88 B 2, 236
139. 5, 234 B 3, 238
139. 20, 235 B 4, 252
140. 27, 248 n. 29 B 5, 240
144. 25, 142
467. 26, 276
1008. 18, 261
1013. 4, 246
Solon
8. 17, 24
Strabo
I 94, 202
VI 252, 140
Tertullianus
adversus Marcionem
II 28.1, 43
de anima
45, 205
Themistius
περὶ ἀρετῆς
p. 40, 130
Theophrastus
de sensu
1, 207
physicorum opiniones
23. 33, 113
Indice degli autori antichi
399
400 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
Callino: 24 n 9.
Caronda: 23 n. 8.
Celso: 71.
Censorino: grande anno, 114 e n. 106, 115.
Chersifonte: 65 n. 36.
Cirillo: 42.
Clemente: 93 n. 99, 96 n. 90, 109, 114, 146 n. 9.
Cleostrato di Tenedo: 65 n. 35.
Cratilo: 50, 53 e n. 18, 86, 203 n. 106.
terra, 201.
Eudemo: 186 n. 88; 202 n. 115, 233, 276.
Euripide: 15, 16, 52, 66 n. 37, 144.
Eusebio: datazione di Eraclito, 42; datazione di parmenide, 140.
Filone: 84.
Filopono: argomento contro il luogo, 240 n. 26; argomento contro
la pluralità, 235 e n. 23; argomento della dicotomia, 246,
251 e n. 30; argomento della freccia, 253; unicità dell’essere
eleatico, 238.
Foco di Samo: 65 n. 35.
Gorgia: 16, 136, 153 n. 29, 183, 264, 267, 311, 313 e n. 10, 314;
comunicazione 313, 314.
Ionici: 300.
Ippaso: 113, 205.
Ippia: fonte di Eraclito, 45 n. 8.
Ippolito: 84, 90 n. 74, 104 n. 98, 125; conflagrazione 102, 110 n. 100,
111, 124 n. 122.
Isocrate: 267.
Macrobio: 205.
Marco Aurelio: 61 n. 26, n. 27, 100 n. 93.
Megarici: 185.
Melisso: 17, 141, 143, 167, 174 n. 72, 183, 186, 187, 222, 265–298
passim, 304; appartenenza all’eleatismo, 266 e n. 4; critica
moderna, 266 e n. 2, n. 3, 267; confronto con parmenide, 267,
268, 277–279; datazione, 267 n. 5; dolore e pena, 288, 289;
essere, 269 e n. 311; eternità dell’essere, 269–271 e n. 10, 272 e
n. 12; fallacia di 31 B 2, 273 e n. 16, 274; giudizio di Aristotele,
265; immutabilità, 285–287; incorporeità dell’essere, 290, 291
e n. 37, n. 38; infinità dell’essere, 273, 274 e n. 17, 275 e n.
19, 276; influenza su Leucippo, 266, 283 n. 30; misticismo,
288 e n. 34, n. 35; movimento, 286; omogeneità dell’essere,
280–282; opinione, 292, 293 e n. 40, 294; prosa, 268, 273 n.
Indice degli autori antichi 403
Metagene: 65 n. 36.
Milesi: 39, 65; monisti, 300, 301; principio di conservazione, 167 n.
62, 260.
Saffo: 19.
Seneca: 80 n. 57.
Senofane: 14, 42 e n. 3, 143, 216, 222, 265, 266; conoscenza, 40, 144,
146; dio, 40, 70, 125, 137, 161, 195, 289; modello astronomico,
38; schernito da Eraclito, 65.
Sesto Empirico: 29 n. 49, 72, 75 n. 162, 102, 122 n. 287; metafora
della scala, 86 n. 212; ragione divina in Eraclito, 60 e n. 133.
Indice degli autori antichi 405
Simplicio: 112 n. 103; 146 n. 9; 152 n. 25, 158 e n. 42, 164 n. 57,
171 n. 66, 174 n. 73, 213 n. 116, 236 n. 24, 247, 248 n. 29;
argomento contro il luogo, 239; argomenti contro la
pluralità, 234, 235, 238; argomento del grano di miglio,
261, 262; argomento della dicotomia, 246; argomento della
freccia, 253; argomento dello stadio, 257; conflagrazione,
109, 110, 112; causa efficiente in parmenide, 199; interpreta
parmenide, 177, 186; scritto di parmenide, 142; separazione
in Anassimandro, 301; su Melisso, 269, 286.
Socrate: 43, 45, 47, 86, 139, 140, 143, 184, 220–222, 224, 231, 232,
238, 240.
Sofisti: 59, 185, 222, 223, 228.
Solone: 30, 34; uso politico della poesia, 24 e n. 9, 25.
Stobeo: 211; grande anno, 115.
Stoici: 100 n. 94; conflagrazione, 109, 110, 114 n. 105.
Strabone: 23 n. 8; politica di parmenide, 140.
Suida: datazione di Eraclito, 41.
Vitruvio: 65 n. 36.
Zaleuco: 23 n. 8.
Zenone di Cizico: 201.
Zenone di Elea: 17, 136, 139, 159, 183 e n. 84, 191 e n. 94, 219–264
passim, 266 n. 2, 268 n. 7, 291, 304, 305, 311; argomenti contro
la pluralità, 233–236, 238, 239; argomento contro il luogo,
239; argomento del grano di miglio, 261, 262; argomento
della dicotomia, 242 e n.27, 246, 247, 250; argomento della
freccia, 252, 254; argomento dello stadio, 256, 259, 260; critica
moderna, 222–224, 226 n. 15, 227 e n.16; critica di Aristotele
406 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
Barnes J.: 143 n. 5, 262, 266 n. 3, 271 n. 11, 293 n. 39, 295 n. 41,
n. 42, 309 n. 7; argomento dello stadio, 258, 260; influenza di
parmenide, 304; tesi di Eraclito, 57; logica di Zenone, 223;
poesia di parmenide, 141, 142.
Beaufret J.: 191.
Benacerraf P.: 250.
Berti E.: 155 n. 35.
Bicknell P.J.: 157 n. 40.
Black M.: macchina dell’infinito, 249, 250.
Bollack J.: 78 n. 54, 85, 92 n. 78, 124 n. 122, 155 n. 35, 157 n. 38,
n. 40, 159 n. 46, 82 n. 181, 207 n. 109; contrari in Eraclito, 58;
logos di Eraclito, 60 e n. 25.
Bowra C.M.: 192 n. 96, 193 n. 98; parmenide scrittore, 155 n. 34.
Brague R.: 146 n. 12.
Brancacci A.: 185 n. 86; nozione di ὀρθόν in Melisso, 293 n. 40.
Burkert W.: 45 n. 8, 76; religione greca, 35.
Burnet J.: 42 n. 4, 141 n. 2, 225 n. 12, 269, 289; infinità spaziale in
Melisso, 274.
407
408 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
103, 114 n. 106, 115, 121 n. 115, 146 n. 9, 154 n. 32, 171 n. 66,
172 n. 69, 191 n. 95, 193 n. 100, 239 n. 25, 273 n. 13, 284 n. 31;
Ezio, 112, 113; integrazione di 28 B 6.3, 152, 154, 155 n. 33,
n. 35; libro di parmenide, 142.
Diès A.: 140, 147 n. 41.
Dietrich B.C.: religione olimpica, 31.
Dilcher R.: 58 n. 21, 63 n. 33, 70, 79 n. 56, 85 n. 65, 102 n. 96,
122 n. 18, 210 n. 114; anima in Eraclito, 117, 118 n. 112;
conflagrazione in Eraclito, 112; etica di Eraclito, 124 n. 120,
n. 122.
Dodds E.R.: 122 n. 117, 299 n. 1; religione greca, 34.
Dunbabin T.J.: 23 n. 8.
Duplouy A.: 125 n. 124.
Mansfeld J.: 151 n. 23, 157 n. 40, 159 n. 46, 313 n. 10; su 22 B 28, 93
n. 81; argomento dello stadio, 256 n. 33, 257, 259; Ippia fonte
di Eraclito, 45 n. 8; sensi in parmenide, 163 n. 53.
Marcovich M.: 60 n. 24, 62 n. 29, 71 n. 46, 78 n. 54, 79 n. 55, 91 n.
76, 92 n. 78, 96 n 90, 122 n. 117, 124 n. 121, 133 n. 132; anima
in Eraclito, 117, 118 n. 111; ingenuità di Eraclito, 56.
Marino G.D.: 69.
Martinelli F.: 141 n. 3; Θέμις e Δίκε in parmenide, 194 n. 101.
Matson W.I.: 266 n. 4; polemica anti–pitagorica in Zenone, 225.
Mazzantini C.: 79 n. 55.
Mazzarino S.: politica di Eraclito, 130, 131.
McDiarmid J.B.: fuoco eracliteo, 102 n. 95.
McKirahan R.D. Jr.: argomento della dicotomia, 244 e n. 28, 245;
giudizio di dio in Eraclito, 74.
Meijer P.A.: 155 n. 35, 172 n. 68; collocazione di 28 B 4, 157, 158
n. 42; sfera di parmenide, 277 n. 22.
Mondolfo R.: 13 n. 2, 45 n. 8, 51 n. 14, 54, 55, 56 n. 20, 140,
141 n. 3, 155 n. 27, 154 n. 36, 179 n. 81, 274 n. 18; catini
di Eraclito, 107, 108; coincidentia oppositorum in Eraclito, 49;
conflagrazione eraclitea 111, 112 n. 101, 113 n. 104; eternità
in Melisso, 272 n. 12, 285; incorporeità in Melisso, 290;
polemica anti–pitagorica in Zenone, 225, 226 n. 14; pori in
Eraclito, 119.
Moravçsik J.: identità e cambiamento in Eraclito, 118 n. 112.
Mouraviev S.: 76 n. 53; su 22 B 48, 87 n. 69; datazione di Eraclito, 42
n. 2; politica di Eraclito, 131 n. 131; stile di Eraclito, 44 n. 7.
Mourelatos A.P.D.: 64 n. 34, 148 n. 16, 150, 155 n. 35, 163 n. 53,
164 n. 57; ἀτρεμὲς ἦτoρ in 28 B 1, 161; viaggio di parmenide,
193 n. 100.
412 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
Palmer J.: 148 n.17, 155 n. 35, 293 n. 39, 310 n. 9, 313 n. 10; clausole
modali in 28 B 2, 172 n. 69; influenza di parmenide, 304 n. 4;
parricidio nel Sofista di platone, 189; posizione di Melisso, 295
n. 42; sciamanesimo di parmenide, 193 n. 100.
Pasquinelli A.: 226 n. 14, 293 n. 39; atemporalità in Melisso, 271
n. 10; corpo dell’essere in Melisso, 291 n. 38; misticismo di
Melisso, 288 n. 34.
Popper K.R.: frammenti del fiume, 188; presunto dogmatismo di
parmenide, 216; universo di Einstein, 166 n. 60.
Pradeau J.–F.: 72 n. 49, 75 n. 51, 122 n. 118, 124 n. 122, 125 n. 123;
τὸ σοφόν in Eraclito, 72 n. 47; contrari in Eraclito, 82, 83 n. 61;
identità e cambiamento in Eraclito, 81 n. 60.
addensamento: v. condensazione.
Achille: 20, 31 e n. 11, 219 e n. 1, 296; argomento dell’, 242, 247,
251, 255.
Ade: 33, 122, 127, 128.
alterazione: 206, 285, 302, 304.
ambiguità: in 22 B 1, 59 n. 22, 135; nella comunicazione, 314.
amore: in Empedocle, 48, 111, 210; in Eraclito, 48, 111; in Esiodo
65, 200; in parmenide, 200.
anima: 47, 218 n. 1; sopravvivenza, 33; in Eraclito, 67, 68, 100,
101, 117, 118 e n. 111, n. 113, 119, 120, 121 e n. 116, 122,
123, 135, 136; in parmenide, 205; negli Eleati, 288 n. 35.
apprendimento: 21, 313; in Eraclito, 61, 93 n. 81, 107; in
parmenide, 146, 147, 166, 176, 182, 211.
arco: esempio di tensione interna, 49, 86 n. 20; nome (βιόν), 87.
aria: in Eraclito, 100 e n. 94, 101, 103; in parmenide, 198; in
Melisso, 292, 293, 297; in Anassimene, 38 (atmosfera), 194
n. 72, 301.
armonia: in Eraclito (ἁρμονία), 49, 52, 56 n. 20, 90; in parmenide
(temperies), 205.
arroganza: in Eraclito, 133.
astri: in Anassimene, 104 n. 97; in Eraclito, 100 e n. 94, 101, 103;
in parmenide, 177, 198; in Senofane, 39; priorità di Talete,
203.
atomi, atomismo, dottrina atomistica: 286 n. 33, 305; in Zenone,
260, 263; number–atomism di Cornford, 224, 247.
bello, bellezza: 182, 185; in Eraclito, 52, 72, 73, 90, 91; privo di
(ἀκαλλώπιστος) 71; ordinamento, 75; in parmenide, 95,
415
416 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
97.
bene, buono: 182, 185; in Eraclito, 51, 52, 77, 92, 126, 133 n. 32.
bontà: degli dèi, 32.
contesa: v. discordia.
contraddizione: principio di non, 50–53 e n. 16, 57, 108, 113.
contraddittorietà: della seconda via di parmenide, 149, 156,
158; dell’esistenza dei molti per Zenone, 230, 231, 233,
235, 237, 238, 263.
contrari, opposti: contrario dell’essere in platone, 184; in
Anassimandro, 301; in Eraclito, 45, 49, 51–56 e n. 19, n. 20,
57, 58 e n. 21, 60 e n. 23, 67, 69 n. 42, 73 e n. 50, 79 n. 56, 82,
83 e n. 61, 85–87 e n. 68, 89 e n. 72, 90, 112, 125, 128, 136; in
parmenide, 178 n. 80; negli Ionici, 300.
cosmo, cosmologia: in Eraclito, 56, 60 n. 28, 62, 67, 76, 81, 88,
89, 94–96, 109, 112, 113, 136; in parmenide, 157, 159 e n.
45, 175, 197, 198, 202, 204; in pitagora, 201; in Senofane,
38; nei Milesi, 310.
culto: 31, 33, 35; di Dioniso, 37, 128.
custode, guardiano: (φύλαξ) in Eraclito, 124, 198, 199.
dea: 32; in parmenide, 145 n. 8, 146 n. 10, 147, 148, 150 e n. 190,
152 e n. 26, 153, 154, 156, 158, 161, 163, 164, 167 n. 61, 172
n. 67, 177–179, 191–194 e n. 110, 195, 197 n. 102, 199, 200,
204, 216.
dèmone: in Eraclito, 71, 72 n. 47, 122; in parmenide, 198.
destino: in Eraclito, 112, 125.
dicotomia: 235; in Zenone argomento della, 239, 242–249.
dio: 20, 32 e n. 12, 34, 41 e n. 1, 166, 289; anno di dio, v. grande
anno; di Eraclito, 52, 69, 70 n. 45, 72 n. 47, 73–77, 85, 91 n.
77, 92 n. 78, 93, 98 n. 88, 126, 127, 129, 135, 137, 198 n. 100,
195; di Melisso, 288 n. 34; di Senofane, 40, 161, 195.
Dioniso: 37, 127, 128.
dire: articolazione verbale in parmenide (φράζω, λέγω, φατίζω),
151, 152 e n. 24, 172 e n. 67.
discordante: v. concordante.
discordia, contesa: in Empedocle (νεῖκος), 48, 111, 209; in
Eraclito (ἔρις), 51, 52, 79 n. 56, 90, 91, 111, 112, 133 n. 132.
discorso: 23; in tribunale, 29; in Eraclito (λόγος): 59, 61, 70, 134,
135, 136; in parmenide, 142, 144–146 n. 10, 148, 150, 151,
157, 162, 164, 165, 175 n. 75, 176, 177, 180, 181, 184–186,
189, 195, 272, 296; articolazione verbale in parmenide, v.
dire.
distinzione, suddivisione dell’essere: in Eraclito, 52, 129; in
Melisso, 272 e n. 12, 281; in parmenide, 159, 160, 170, 178
418 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
n. 78, 180–182, 196, 215, 267, 276, 281; in Zenone, 228, 231,
232, 238–240, 244, 246, 248–251, 254, 255, 267.
divenire: come opposizione di essere e non essere, 54.
divisione: della Terra in zone in parmenide, 202; suddivisione
dell’essere, v. distinzione.
legge: 26, 30; in Eraclito, 60 e n. 24, 63, 64, 130, 133; legge divina
in Eraclito, 63, 64, 88; in parmenide (δίκη, θέμις), v.
420 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
necessità.
lingua, linguaggio: in Eraclito natura del, 60 e n. 25, 71, 78, 81,
85, 87, 134, 135; in parmenide (γλῶσσα), 162, 163 e n. 53;
legame tra conoscenza e linguaggio in parmenide, 151,
166, 172 n. 67.
lira: esempio di tensione interna, 49, 56 n. 20, 71, 90.
lotta: politica, 15, 21, 22; in Eraclito, v. guerra.
luce: forma di parmenide, v. fuoco; luce lunare in Eraclito, 105,
108, 136; luce lunare in parmenide, 202, 203, 216; viaggio
di parmenide verso la, 192, 193 e n. 100.
luna: in Eraclito, 101, 103–108, 136; in parmenide, 197–199, 202,
203.
luogo: argomento contro il, 233, 239, 240, 253; in Melisso, 282, 286;
in Zenone, 247, 248, 252, 254, 255; naturale in Aristotele,
116 n. 108.
occhio: v. vista.
opinione: in Eraclito, 63 n. 32, 75, 93, 95, 133 n. 132; in Gorgia,
313; in Melisso, 291, 294, 296, 297; in parmenide, 142–146 e
n. 11, 147, 150, 154, 157, 159, 172 n. 69, 176, 177 n. 77, 178,
179 e n. 81, 181 e n. 82, 182, 183, 185, 187, 189, 196, 206 n.
108, 210, 213, 215–217, 272, 280; in Zenone, 135.
opposti: v. contrari.
orecchio: v. udito.
orfico: sette, 37, influenze, 179.
osservazione, osservare: dei Milesi, 38; in Eraclito, 57, 93, 101,
103, 107–109, 116 e n. 105, n. 107; in parmenide, 196, 216;
nei neo–Ionici, 304.
rarefazione: v. condensazione.
religione, culto: 36; olimpica, 15, 31–34; ctonia, 35; escatologica,
37; in Eraclito, 69, 126, 128 e n. 127, 132; in parmenide, 288;
in Melisso, 288 n. 34.
ricerca: in parmenide (δίζησις), v. via.
1.
Emilio Baccarini
La soggettività dialogica
2.
Carla Roverselli (a cura di)
La persona plurale. Filosofia, pedagogia e teologia in dialogo
3.
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Fragilità della verità e comunicazione. La via ermeneutica di Karl Ja-
spers
4.
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La soggettività trascendentale concreta. Linee per una rilettura della feno-
menologia di Edmund Husserl
5.
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Per una rivisitazione della dottrina monodiana della morfogenesi
autonoma alla luce dei nuovi scenari aperti dalla post–genomica
6.
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Quid animo satis? Studi di filosofia e scienze umane in onore
del Professor Luigi Gentile
7.
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Il soggetto perduto e ritrovato. La fenomenologia paradossale di Lévinas
425
426 Epistemologia greca del VI e V secolo a.C.
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9.
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Dalla fenomenologia all’idea di Infinito
10.
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La soglia e l’esilio
11.
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Dalla barbarie alla vita come auto–manifestazione
La proposta fenomenologica di Michel Henry
Il catalogo delle pubblicazioni di Aracne editrice è su
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dalla « ERMES. Servizi Editoriali Integrati S.r.l. »
00040 Ariccia (RM) – via Quarto Negroni, 15
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