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A me é toccato insegnare. Per un breve periodo della mia vita, ed é stata l'esperienza che mi ha piú
segnato. L'espressione «mi é toccato insegnare» é ironica, ma solo fino a un certo punto. A essere
sincero, questo é il primo livello descrittivo, quello che si ferma ai semplici fatti.
1) Mi sono fidato, mi sono iscritto, mi hanno convocato e sono iniziati i miei
guai. C1 un altro modo meno superficiale di raccontare il motivo per cui mi sono avvicinato
all'insegnamento. In realtá, l'ho sempre desiderato, forse addirittura si tratta del sogno piú
vecchio e folle della mia infanzia. Lo confesso: la scuola mi é sempre piaciuta. Adoravo stare con i
miei compagni di classe, con la mia maestra Lucia, circondato dai libri, ad ascoltare e a inventare
storie.
2) In fondo, peró, quel che piú desideravo era continuare a essere uno studente,
seduto su una di quelle sedioline, al mio banco. E invece, per scelta, per caso o per un equivoco,
ho insegnato alle medie, o come si dice, nella scuola secondaria di primo grado. Lettere. Nulla
di scientifico, non avrei potuto, perché non sarei riuscito a smettere di pensare agli atomi, quelle
inquiete microscopiche sfere che, solo a nominarle, mi sento formicolare le mani. Ho insegnato
italiano, storia e geografia. Le mie materie preferite. Presto, mi sono reso conto di quanto la realtá
fosse diversa dai miei sogni di bambino.
3) Volevano sapere tutto. Vasto o limitato che fosse, a loro non importava, il
mondo volevano conoscerlo, viverlo e provare a modificarlo. Eppure grazie a loro ho ritrovato una
qualitá dell'ascolto che avevo dimenticato del tutto. In classe, da dietro la cattedra, ma piú spesso
girando tra i banchi, ho imparato a stare in silenzio, ad ascoltare, a mettere in cerchio le parole,
le storie e le idee. E cosi, anche guando ho smesso di insegnare, ho continuato a frequentare le
scuole.
(da Jo vengo da. Corale di voci straniere di Daniele Aristarco)
Un giorno punti ji dito sul mappamondo e indichi un Paese a caso. Il giorno dopo vai a cercarlo
e non lo trovi piú! E a volte non trovi neppure ji mappamondo, specie se sei una persona
distratta come me. E fosse solo il mappamondo, pazienza.
Lo studio é una pratica solitaria, silenziosa, pacifica. L'insegnamento é un'altra cosa. Me ne sono
accorto subito, sin dal primo giorno di scuola, perché ho avuto la sfortuna di essere convocato in
una buona, anzi, in un'ottima classe. Domande. Curiositá. Proposte. Approfondimenti.
Immaginavo che continuare a vivere nella scuola mi avrebbe permesso di trascorrere tutto ji mio
tempo nello studio, di leggere molti libri assieme ai miei studenti, di provare a scrivere con loro
nuove storie e poi allestire splendidi spettacoli teatrali da mostrare a entusiasti genitori.
Bella anche la scuola, alle porte di Roma, un edificio di mattoni rossi immerso nel verde. Dalle
ampie finestre si vede un campo di pallavolo e piú in a, oltre il vialone di cemento, il parco
comunale, una lunga fila di cornacchie sui cavi dell'alta tensione.