Alcyone
Alcyone è il terzo libro del ciclo poetico delle Laudi. Nel libro, d’Annunzio intende
celebrare l’estate nella sua evoluzione, dalla fine della primavera all’apparire dell’autunno. Il
poeta torna quindi a sviluppare il motivo del panismo, cioè la fusione dell’Io con la natura.
L’Io del poeta si fonde con il fluire della vita e con il Tutto, si identifica con i vari elementi
della natura e si potenzia all’infinito, raggiungendo una condizione divina. L’opera è quindi
una manifestazione del superomismo in quanto il poeta non rinuncia ad essere superiore: la
fusione tra l’elemento umano e quello naturale rappresenta un evento quasi soprannaturale,
capace di collocare il poeta in una dimensione sovrumana di contatto con la natura, di cui
diventa parte integrante. Tra i fili conduttori dell’opera ci sono dunque l’esaltazione della
forza vitale del Superuomo e l’ulissismo, il desiderio di chi intende vivere ogni tipo di
esperienza superando ogni limite. Il poeta ambisce ad assumere il ruolo di interprete di Pan e
a esprimere l’armonia misteriosa che vive e palpita nell’universo. In questo senso, d’Annunzio
ripropone la figura del poeta orfico che sa comprendere e rivelare l’essenza più profonda della
natura. Dal punto di vista formale, l’opera è caratterizzata da una grande musicalità: la parola
viene privata dalla sua funzione referenziale e considerata semplicemente come una sostanza
fonica, cioè come un suono che rimanda ad un significato che va oltre la realtà. Il linguaggio
è quindi analogico, fondato sull’uso continuo di immagini che si collegano tra loro.
La pioggia nel pineto
La poesia è ispirata a una passeggiata senza meta in compagnia della donna amata Ermione,
lungo una pineta del litorale pisano. La poesia ha un’evidente struttura musicale: le quattro
strofe sono organizzate come movimenti di una sinfonia. Al centro di tutta la poesia si pone il
tema panico della fusione con la natura: mentre vagano nel paesaggio naturale
completamente estraniati dal resto del mondo e immersi nei suoni, il poeta e la compagna si
svestono dei panni umani e iniziano un processo di trasformazione verso una forma di vita
vegetale che si attua in crescendo; i loro volti divengono silvani (v.21), l’anima schiude (v.27)
pensieri come fiori, fino a che la loro comunione con la natura non è completa. La loro
identità, infatti, non è più umana, essendosi dissolta in una metamorfosi panica che li ha
investiti completamente, coinvolgendo la dimensione fisica e quella psichica. Il poeta e la
donna sono viventi d’arborea vita, il volto della donna è molle di pioggia/come una foglia, i
capelli profumano come ginestre, Ermione è una creatura terrestre che scaturisce dalla terra
come la vegetazione. Abbattuta definitivamente ogni barriera tra l’io e la natura, l’ultima
strofa sancisce il compimento dell’identificazione: il cuore delle creature è come
pesca/intatta, gli occhi sono come polle tra l’erbe, i denti come mandorle acerbe. Il poeta
può finalmente attingere al mistero dell’universo, immergendosi nella profondità arcana della
natura. L’esperienza della metamorfosi è evocata quindi come il compimento di una favola
bella (vv.29 e 125), un’avventura purificatrice che li libera dalla civiltà e permette loro di
ascendere a un altro piano, quello dell’estasi dei sensi e della sensazione dell’annullamento nel
fluido e nella linfa degli alberi. Tuttavia, il panismo d’annunziano coincide sempre con
l’affermazione di un privilegio riservato a creature superiori. Le parole più nuove (v.5)
pronunciate da gocciole e foglie (v.6) possono essere udite solo dallo spirito eletto che è in
grado di decifrarle e celebrarle. La sensibilità musicale della poesia è espressa innanzitutto dalla
metrica che è libera e quindi permette di riprodurre la pluralità innumerevole di presenze e
voci che si affollano nella pineta sotto la pioggia. Altro elemento è l’anafora del verbo piove,
ripetuto per ben sei volte; la musicalità delle parole è accentuata dagli effetti fonici prodotti
dalle allitterazioni (per esempio, piove su i pini, v.12; verde vigorrude, v.112, al pianto il
canto/delle cicale/che il pianto australe, vv. 41-43).