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MARZIALE, Liber de spectaculis 1

Taccia la barbara Menfi il prodigio delle piramidi,


né il lavoro degli Assiri esalti più Babilonia;
né siano celebrati gli effeminati Ioni per il tempio di Diana;
l'altare dei molteplici corni faccia dimenticare Delo;
né i Cari portino più alle stelle, con lodi sperticate,
il Mausoleo proteso nel vuoto.
Ogni opera cede dinanzi all'Anfiteatro dei Cesari,
la fama parlerà ormai d'una sola opera al posto di tutte.

MARZIALE, Liber de spectaculis 7


Come Prometeo legato alla rupe scitica
nutrì col troppo fegato l’uccello ingordo,
così offerse le viscere a un orso della Caledonia
Laureolo che pendeva da una vera croce.
Vivevano gli arti straziati e stillanti di sangue,
ma in tutto il suo corpo non c’era più un corpo.
Ebbe un giusto supplizio: aveva tagliato
la gola del padre o del padrone o spogliato
nella sua follia i templi dell’oro segreto
o aveva accostato a te, Roma, la fiaccola orrenda
Lo scellerato vinceva i delitti antichi:
e il dramma rappresentato fu la sua pena.

MARZIALE, Epigrammi I,4


Se per caso, Cesare, ti capitassero tra le mani i miei libretti, (Domiziano)
lascia quella faccia sempre seria con cui domini la terra.
Anche i vostri trionfi sono abituati a tollerare gli scherzi
e un generale non si vergogna d’essere oggetto di prese di giro.
Leggi, ti prego, i miei versi con quella faccia benevola,
con cui assisti agli spettacoli di Timele e del beffardo Latino. (attori del mimo)
La tua censura può permettere i miei innocui giochi:
oscena è la mia pagina, ma candida la mia vita.

MARZIALE, Epigrammi I,57


Tu mi domandi, Flacco, quale tipo di donna vorrei o non vorrei?
Non la voglio né troppo arrendevole né troppo scontrosa.
Approvo la via di mezzo e le qualità intermedie:
non ne voglio una che mi tormenti né una che mi annoi.

MARZIALE, Epigrammi I,64


Sei bella, lo sappiamo, e sei giovane, verissimo,
e sei ricca - c'è forse qualcuno che lo può negare?
Ma quando ti esalti troppo, Fabulla,
non se né ricca, né bella, né giovane.

MARZIALE, Epigrammi II,25


A chi ti chiede, Galla, tu sempre prometti e non dai mai, però.
Se fai sempre il contrario di ciò che dici, ti prego, dimmi di no.

MARZIALE, Epigrammi III,43


Fingi di essere giovane, Letino, con i capelli tinti:
eri un cigno poco fa, ora sei diventato un corvo.
Non tutti tu inganni: Proserpina sa che sei bianco,
sarà lei a togliere la maschera dal tuo capo.
MARZIALE, Epigrammi III,53
E potevo fare a meno del tuo volto, Cloe,
e del tuo collo, e delle tue mani, e delle tue gambe,
e delle tue tette, e delle tue natiche, e delle tue anche,
e - per non fare una troppo lunga tiritera -
potevo fare a meno, Cloe, di te tutta intera.

MARZIALE, Epigrammi III,55


Quando ti muovi, pare che a camminare sia la profumeria
Di Cosmo, pare che coli cannella dagli alambicchi rovesciati.
Non vantarti troppo, Gellia, dei profumi d'oltremare:
anche il mio cane, profumato, avrebbe il tuo stesso odore.

MARZIALE, Epigrammi III,65


Il profumo che esala una mela quando la morde una delicata fanciulla,
quello dell’effluvio che proviene dallo zafferano di Corico;
quello di una vigna quando argentea fiorisce con i primi grappoli,
quello che emana l’erba che una pecora ha appena brucato;
il profumo del mirto, di un mietitore arabo, dell’ambra sfregata,
quello della fiamma pallida dell’incenso orientale;
quello di un terreno quando viene irrorato lievemente dalla pioggia estiva,
quello di una ghirlanda che è stata in contatto con chiome madide di nardo:
tutti insieme, crudele fanciullo Diadùmeno, li sprigionano i tuoi baci.
E che sarebbe se li concedessi interamente, senza ritrosia?

MARZIALE, Epigrammi III,79


Sertorio incomincia tutto ma non finisce mai niente.
Quando fa l'amore, non credo che arrivi fino alla fine.

MARZIALE, Epigrammi VIII,74


Ora fai il gladiatore, prima facevi l'oculista.
Cavavi gli occhi prima, cavi gli occhi adesso.

MARZIALE, Epigrammi IX,10


Vuoi sposare Prisco: non mi stupisco, Paola, scema non sei.
Prisco non ti vuole sposare: scemo non è neppure lui.

MARZIALE, Epigrammi X,47


Queste sono le cose, carissimo Marziale,
che rendono la vita beata: un patrimonio
non prodotto con fatica, ma lasciato in eredità;
un terreno non ingrato, un focolare perenne;
mai una lite, la toga di rado, la mente quieta;
moderate forze, un corpo in salute;
schiettezza avveduta, amici di pari grado;
un banchetto rilassato, una mensa senza artifici;
la notte non ebbra, ma libera dagli affanni;
un letto non tetro e tuttavia pudico;
un sonno che renda brevi le tenebre;
desiderare di essere ciò che sei e non preferire nulla;
non temere l’estremo giorno, né desiderarlo.

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