Fiorivan ’ petali di pesco, il rugiadoso canto delle rondini donava
vita ad un ponderoso silenzio che iniziava a far da padrone nei
viottoli del mio borgo, una quiete che aveva il sapore dell’attesa, della lusinga. Armoniosa domenica di Marzo, fluiva e d’acchito l’inattesa edizione del notiziario atrofizzò l’anima, una limacciosa pandemia progrediva e con essa, il calore della mia terra in un battito d’ali, svanì, scrupolo e panico indesiderato, alla fasta seduta d’esso. L’intera penisola si ritrovò ad essere come un naufrago nelle acque gelide dell’oceano Pacifico. Lo scorrere della clessidra logorandosi andava, i reportage dall’aspro sapore vagavano a briglia sciolta, del pari il contagio; - Eppure, a briglia sciolta dovrebbero valicare cieli immensurabili i sogni di un giovane ragazzo dallo spirito fresco – … che viene intubato, stamane, a Milano. Sorti radicalmente mutate, quotidianità soppressa, glaciale guerra e seppur sconnessa dal fuoco dell’arma, deteneva egual lacerazione nel popolo. Combattivi in prima fila nei nosocomi, ove è tremore, ove il germogliar dei nostri aulenti peschi è memoria lontana, cimelio di un tempo ormai, corroso. Mio dolce borgo, battisoffia il cuor a cogitar un te spoglio, desolato. Vespri grigi, vuoti e bisogni, la lontananza. - Quando il vento non espira alla tua agevolazione, sii di polso, non desister mai ragazzo - Inciso il valore del tutto, lì con te. Boccioli lasciarono posto al gustoso frutto, irradiò la terra il sole, all’alba della stagione giovane; - “Fratelli d’Italia!” – Lode a te, non smetterem ’ di cantare.