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ELABORATO di CALA ADRIANA classe III B CONCORSO NAZIONALE DI PROSA- XII EDIZIONE G.

MACHERIONE CALATABIANO RACCONTA UNA STORIA UNA GIORNATA IN UN LAGHER. Caro diario, non hai idea di quello che mi successo oggi, non so come sia potuto accadere: la giornata andata male fin dall'inizio: mia madre mi ha svegliata verso le cinque di mattina, dicendomi di andare a svegliare Andrzey: mio fratello minore. Ci ha spiegato che forse ci sarebbe stata un'azione, e dovevamo nasconderci nel quartiere ariano, allora abbiamo preso le nostre cose in fretta e furia, siamo andati correndo al confine del quartiere ariano, in un punto dove il muro era ancora in costruzione e al suo posto c'era una recinzione elettrificata. A quel punto abbiamo scavato con cautela sotto di essa, senza toccarla, una volta aver scavato abbastanza siamo passati: mentre passava Andrzey ho guardato l'ora erano le 5:40 dovevamo sbrigarci, poi sono passata io schiacciandomi quanto pi possibile a terra, anche se non c'era bisogno, infine passata mia madre. Siamo andati in una zona isolata del quartiere, dalla quale non pensavamo passassero soldati, invece dopo circa un'ora, sentiamo parlare tedesco, proviamo a scappare ma i soldati ci vedono e ci inseguono, e quando crediamo di averli quasi seminati finiamo in un vicolo cieco, proviamo a tornare indietro, e a prendere un'altra strada, ma ce li vediamo comparire davanti. Allora ci conducono in un treno merci diretto ad Auschwitz, insieme a noi ci sono un sacco di persone, stiamo strettissimi, fortuna che Auschwitz dista solo 70 chilometri da Cracovia, c'era gente con noi che veniva da pi lontano, e che non mangiava da giorni. Dopo due ore circa arriviamo, ci fanno entrare scortati da alcuni soldati, altri ci seguono con i mitra dalle torri, provo a inquadrare subito la situazione, visto che di questo posto si dicono tante cose: la cosa pi inquietante il fumo denso e acre che esce dai camini accesi in piena estate, sento che mio fratello mi tira il braccio e mi stringe forte la mano, allora vedo che un soldato lo tira via, mi dispero, chiedo perch e supplico di farlo restare con noi, ma il soldato dice che deve andare con gli uomini. Ci fanno posare le nostre cose, e ci fanno vedere da un dottore, che ci separa in due gruppi, fortunatamente io sono nello stesso gruppo di mia madre.

Ci portano prima a farci rasare e poi a lavarci, ci fanno indossare un'uniforme a righe bianche e azzurre e ci tatuano un numero sul braccio sinistro. Ci fanno scavare un fosso e quando il sole stava per tramontare, ci portano in una specie di pollaio per gente. L incontro una ragazza che sa parlare tedesco, e che mi dice che il dottore che ci ha visti ha detto che domani potevano portarci nelle camere a gas, quindi, con altre persone, che sono qui da pi tempo, abbiamo pianificato una fuga, tanto non abbiamo nulla da perdere. Cari saluti la tua Natasza

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