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ARTICOLAZIONE DELLE DITA

Durante un'esecuzione al pianoforte, entrano in gioco diversi elementi tecnici. La loro combinazione e
compartecipazione sono la chiave attraverso la quale l'interprete realizza l'idea musicale, raggiungendo l'obiettivo
artistico prefissato.
È importante, quindi, separare i vari elementi analizzandoli in modo approfondito: questo ci permetterà di conoscerli e
affinarli uno ad uno per meglio utilizzarli nella loro completezza.
Uno di questi elementi è l'articolazione delle dita.
Fino al XVIII secolo era prassi eseguire qualunque brano alla tastiera utilizzando quasi esclusivamente le dita.
Con l'avvento del Romanticismo e con lo sviluppo di nuove esigenze tecnico-espressive, questa pratica è andata
modificandosi per cui la sola azione delle dita non bastava più a realizzare le enormi conquiste espressive che la
musica per pianoforte aveva raggiunto.

All'inizio degli studi è necessario però dedicare molta attenzione a questo aspetto della tecnica pianistica. In modo
particolare alla comprensione dell' indipendenza delle dita dalla mano e della loro interdipendenza (lo studio delle
opere di Bach sarà fondamentale).
Sebbene tutto questo può apparire ovvio, ciascuno di noi potrà convincersi del contrario se si osserva un bambino alle
prime armi. Generalmente egli abbassa il tasto non con l'azione esclusiva del dito ma con tutta la mano e il braccio. Il
dito non si muove liberamente ma resta fisso e costituisce un corpo unico con la mano. In questa situazione di rigidità
l'unico modo che rimane per abbassare i tasti è quello di esercitare una "pressione" con tutto il braccio. 
Bisogna "educare" la mano affinché si separino, rendendole indipendenti, le articolazioni delle dita.
La prima formula è quella che prevede l'attacco dei tasti con la sola azione delle dita e della loro articolazione. In
pratica, prima di abbassare il tasto, il dito si solleva leggermente, in modo tale da accumulare una piccola
accelerazione; successivamente "colpisce" il tasto senza alcuna partecipazione della mano e del polso, in un
movimento completamente autonomo. Tutto questo processo non dura che per pochi istanti: occorre evitare inutili
movimenti. Spesso si notano pianisti fare sfoggio della loro articolazione con movimenti superflui ed eccessivi, tutto ciò
rende chiara la loro cattiva interpretazione del concetto di articolazione. Articolare non vuol dire sollevare le dita più in
alto che sia possibile. Le dita devono stare sui tasti! La loro funzione principale è quella di abbassare i tasti! È inutile
far fare loro movimenti non necessari.
Articolare vuol dire usare le articolazioni, cioè muovere liberamente le dita usando le naturali giunzioni che le
collegano alla mano (le articolazioni, appunto). Il fatto di sollevare leggermente (e sottolineo leggermente) le dita
prima di abbassare i tasti ci aiuta ad accumulare quella piccola distanza necessaria per imprimere la giusta
accelerazione al movimento. Nient'altro.
All'inizio raccomando sempre di eseguire piccoli esercizi di articolazione lentamente e forte, questo aiuta ad
impadronirsi del movimento. Successivamente, accelerando l'andatura, il movimento delle dita diviene più piccolo,
meno evidente e all'abbassamento di un tasto corrisponde la preparazione (e quindi il lieve sollevamento) del dito che
dovrà azionare il tasto successivo.
In pratica, così come per ogni elemento della tecnica, consiglio sempre di iniziare da formule semplici, con movimenti
ampi e liberi e con sonorità forti. Solo in un secondo momento, quando ci si sarà impadroniti del meccanismo, si potrà
riportare il tutto ad un'esecuzione più naturale e spontanea.

È ovvio che lo scopo principale dell'insegnante non è quello di formare dattilografi: la sola articolazione non può mai
garantire un'esecuzione corretta, espressiva, ricca, ma rimane comunque evidente l'importanza di apprendere e
sviluppare questo basilare elemento tecnico.

Per lo studio e lo sviluppo dell'articolazione, dell'indipendenza e della forza delle dita, consiglio di studiare alcuni
preludi delClavicembalo ben temperato di Bach. In modo particolare: 
- 1° libro: Do min., Re magg., Re min., Fa magg., Fa# min.
- 2° libro: Do min., Re min., Mi min.
È utile, inoltre, applicare tutte le possibili varianti (lentamente eforte, lentamente e piano, tutto staccato ecc.)
cercando all'inizio di far lavorare soltanto le dita, lasciando tranquilli e mai rigidi la mano e il braccio.
SCALE E ARPEGGI

Una buona articolazione e indipendenza delle dita sono alla base per una corretta esecuzione di scale e arpeggi.
Nelle scale, come in ogni altra circostanza, è importante che le dita si trovino in anticipo sui tasti che devono
azionare, in modo particolare il pollice. Per garantire una perfetta uguaglianza, infatti, è necessario che al passaggio
del pollice non si avverta alcun cambiamento di sonorità, nessun accento, cosa assai frequente per chi non "prepara" il
pollice con adeguato anticipo. Ci sono due sistemi per affrontare lo studio delle scale e in modo particolare del
passaggio del pollice.
Uno di questi prevede l'azione esclusiva delle dita, lasciando tranquille le mani, i polsi e gli avambracci. Il tutto è
affidato all'articolazione delle dita e al loro massimo impiego. In questo modo esse devono compiere da sole tutto il
lavoro, saranno costrette ad esplicare il massimo dell'efficienza e di energia.
Il secondo modo consiste nel far partecipare al movimento sia il polso che il braccio. Essi partecipano con piccoli e a
volte impercettibili spostamenti laterali per agevolare il movimento e per mantenere quella condizione di elasticità
necessaria ad evitare qualunque irrigidimento.
Nell'esecuzione finale sarà l'insieme di questi due procedimenti che porterà al risultato migliore.
Con l'esercizio continuo il tutto sarà assimilato e diventerà naturale, immediato. Nell'eseguire una scala in velocità,
magari inserita in un contesto musicale, non ci si dovrà mai concentrare sul tipo di movimenti e di spostamenti da
adottare. Le dita, la mano, il polso e tutto l'apparato di cui disponiamo, sapranno fronteggiare al meglio ogni difficoltà
e in modo assolutamente spontaneo e istintivo. Ogni movimento, aggiustamento, preparazione saranno divenuti
naturali, liberi e noi dovremo solo preoccuparci dell'aspetto puramente espressivo.

All'inizio si deve studiare la scala lentamente, preparando il pollice in anticipo sotto il palmo della mano (appena si sta
suonando la nota immediatamente precedente a quella che dovrà suonare il pollice). Questa posizione (il pollice che
"aspetta" il suo turno standosene sotto il palmo) è un po' scomoda e costringe la mano ad una piccola torsione. Ma
quello che può sembrare un controsenso con le precedenti affermazioni (e cioè che la mano deve sempre essere in
condizioni di elasticità e mai di tensione) risulta essere un esercizio utile perché educa le dita alla preparazione. In
velocità il movimento diverrà più naturale e fluido, lo spostamento da una posizione all'altra, con il passaggio del
pollice, sarà più efficace e uniforme.
Ricordate sempre il mio principio: all'inizio studiare lentamente e forte con movimenti ampi ed esagerati,
successivamente si ridimensiona il tutto in un insieme di gesti piccoli, naturali e fluidi.
Naturalmente il peso costante del braccio su tutte le dita garantirà un'assoluta uniformità del suono con
un legato perfetto.
Nella parte discendente della scala (ascendente per la sinistra) il pollice funge da perno per la preparazione del 3° o
del 4° dito che, posizionandosi sopra di esso, si preparano ad azionare il tasto successivo. Un errore da evitare è
quello di lasciare la mano sbilanciata (verso l'interno) con il polso arcuato verso l'esterno anche dopo aver suonato il
tasto successivo al pollice. Non appena il pollice abbandona il tasto che stava suonando, deve riposizionarsi in avanti,
prevedendo il senso discendente (ascendente per la sinistra) della scala. In questo modo la mano si riporta
immediatamente nella sua posizione naturale e bilanciata.

Le considerazioni appena fatte sono da attuare, sebbene con qualche accorgimento in più, anche nello studio degli
arpeggi.
Anche in questo caso il passaggio da una posizione all'altra della tastiera non deve compromettere l'uniformità del
suono e l'uguaglianza nell'andatura.
Durante un arpeggio, però, le note sono più distanti rispetto alla scala, quindi il solo movimento del pollice non è
sufficiente. In questo caso intervengono a darci una mano il polso e il braccio, con un leggero spostamento del gomito
verso l'esterno. Le dita, ancora una volta, devono preparare in anticipo l'attacco dei tasti che conpongono l'arpeggio.

Per comprendere meglio tali affermazioni riporterò come esempio un frammento dello Studio in Do min. op.10 n.12 di
Chopin.
Bisogna per prima cosa studiare molto lentamente il passo e con la massima attenzione ad aggiustare gli spostamenti
in modo fluido, naturale e intelligente.
Le dita devono essere già posizionate sulle prime tre note, la mano, quindi, dovrà assumere una posizione aperta in
modo tale da favorirne l'attacco. Non appena si sarà suonato il secondo DO (con il pollice), il quarto dito si preparerà a
suonare il RE successivo (pollice sotto la mano e polso leggermente inarcato verso l'esterno). Arrivati a questo punto,
dopo aver suonato il RE, si deve evitare di mantenere la mano sbilanciata: bisogna immediatamente riposizionare il
pollice verso il DO successivo così da garantire un equilibrio naturale della mano e delle dita e, cosa ancora più
importante, la preparazione a seguire la linea melodica che sale. Così il pollice suonerà il DO in modo tranquillo,
naturale e fludio.

Se dopo le note:

si lascia il polso inarcato a sinistra verso l'esterno (posizione che aveva assunto per facilitare il passaggio del 4° dito)
con uno scatto improvviso questo cambierà la sua posizione per spostare il pollice verso l'alto, sul DO che deve
suonare. Inevitabilmente si produrrà un suono sforzato, innaturale e non uniforme.

Viceversa, alla fine del movimento ascendente:

la linea melodica non continua a salire, ma torna indietro. Il pollice dovrà quindi rimanere sotto la mano e il polso
mantenere la sua posizione verso l'esterno.

È importante, come abbiamo visto, "prevedere" quello che succede immediatamente dopo un passo che stiamo
eseguendo, perché la preparazione anticipata è l'unica via per garantirci quella sicurezza e quella elasticità necessarie
a rendere "infallibile", naturale e libero ogni passaggio.

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