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I cognomi multipli in Italia (1983)

Emilio De Felice

I cognomi doppi e tripli hanno sempre suscitato e ancora


suscitano un diffuso interesse, sia tra specialisti e appassionati
di studi di storia della nobiltà e dell’araldica italiana, sia anche,
più generalmente, tra quanti ricercano attraverso il proprio
cognome l’origine e la tradizione, o con un termine molto usato
«le radici», della propria propria ascendenza familiare, resa
appunto più interessa e complessa da un cognome doppio o
triplo.
In Italia questi cognomi non sono molto numerosi, e
denominano oltre tutto una percentuale minima di famiglie, in
quanto sono quasi sempre limitati a una zona molto ristretta e
anche in questa zona sono comuni soltanto a uno o pochi
gruppi familiari.
Situazione contraria a quella della Spagna e del Portogallo
dove non soltanto i cognomi formati da più elementi sono
molto requenti e ampiamente diffusi, ma sono spesso, oltre che
doppi e tripli, anche quadrupli e quintupli, in alcuni casi
arrivano fino a dieci e più elementi, tanto che è stato necessario
un intervento amministrativo che, per non complicare le
trascrizioni anagrafiche e la redazione di tutti gli atti ufficiali,
ha limitato a cinque il numero massimo degli elementi
cognominali. [...]
La prima motivazione storica dell’insorgenza e della
fissazione in Italia di cognomi doppi e tripli, e in alcuni raricasi
anche quadrupli e quintupli, è certamente l’aggiunzione al
cognome fondamentale di antiche famiglie nobiliari sia di uno
o più predicati – ossia il nome del feudo o del possesso o anche
della carica o del riconoscimento su cui è «appoggiato» il titolo
nobiliare – sia, nel caso di matrimoni tra grandi casate, del
cognome o dei cognomi della moglie a quelli del marito.
Così, per esempio, per l’aggiunta del predicato nobiliare si
sono formati, all’interno della grande famiglia napoletana dei
Caracciolo, i vari cognomi doppi, corrispondenti a vari rami
della casata, Caracciolo d’Acquara, di Brienza, di Castagneto, di
Feroleto, di Forino, di Melissano, di Nicastro, di San Vito, di Sarno,
di Torchiarolo, di Torel, di Vietri, con l’aggiunta quindi del nome
dei singoli feudi, tutti nel Sud peninsulare, di cui furono
investiti i vari Caracciolo, come pure si è formato il cognome
doppio Caracciolo Carafa dall’ufficio di riscuotere il “campione
della carafa”, una gabella napoletana sul vino, concesso
nell’ultimo Medio Evo a Gregorio Caracciolo.
Così, d’altra parte, per la fusione dei cognomi di due o più
casate nobiliari, e a volte dei relativi predicati, dsi sono formati
cognomi di quattro, cinque o anche sei elementi, tra i quali i più
noti (segnalati da G. De Camelis nel suo saggio I cognomi in
Italia del 1960) sono Boncompagni Ludovisi Rondinelli Vitelli,
Bentivoglio Sforza Visconti d’Aragona Estense e Maresca Dannorso
Correale Revertera della Salandra, Ricasoli Firidolfi Zanchini
Marsupini Salviati Acciaiuoli.
Se questa è la prima e la pim evidente motivazione
dell’insorgenza dei cognomi doppi e tripli, non è tuttavia la più
rilevante per quantità di forme cognominali e di persone con
esse denominate in quanto le grandi e antiche casate nobiliari,
anche se abbastanza numerose in Italia, sono pur sempre
limitate.
Una seconda motivazione, strettamente dipendente da
questa ora esposta, consiste nella ricerca di prestigio sociale:
famiglie non nobili, proprio perché i cognomi doppi erano
generamente sentiti come un attestato di nobiltà o di alto rango,
hanno unito al proprio cognome un secondo elemento, che
poteva essere il cognome della moglie, un soprannome
ereditario, un nome di mestiere, il nome del paese d’origine,
ecc., e che in qualche caso era la pura e semplice ripetizione del
cognome fondamentale, magari con qualche variante (come
Rosa Rosa del Sud, Sau Sau della Sardegna, Papini Papi di
Perugia, Fàvaro Fabris di Venezia).
Una terza motivazione può individuarsi nella ricerca, da
parte di famiglie che avevano un cognome che denunciava nel
capostipite la condizione di figlio d’ignoti, di trovatello, di
mimrtizzare o attenuare la trasparenza di questo loro cognome
affiancandogliene un secondo o anche un terzo. Infatti quasi
tutti quei cognomi che nel passato – fino a che, a partire dal
1866, precise disposizioni di legge o amministrative non lo
hanno vietato – venivano imposti ai figli d’ignoti con chiara
allusione a questa loro condizione (anche se a volte con carità
cristiana) hanno un alto numero di forme doppie e anche triple.
Alcuni esempi: Casadei, Caddio, Caddei, cioè «della casa di Dio”
come orfanotrofi propri dell’Emilia Romagna (Casadei ha anche
una forma tripla, Casadei Turroni Monti; Colombo, tipico della
Lombardia, che però può anche essere originario da un nome
generico di derivazione cristana (il colombo è simbolo di
mansuetudine, piurezza e innoenza), che ha molte forme
doppie e una tripla, Colombo Lugani Cernuschi; D’Amore e
Dell’Amore, cioè «figlio dell’amore», proprio del Sud; Di Dio
della Sicilia e Diolosà del Bolognesi, rari ma chiaramente
allusivi; Esposito o Sposito frequentissilmo nel Sud e soprattutto
nel Napoletano, con la variante Esposto o Esposti e Degli Esposti
(specifica questa del Bolognese, da «esposti», abbandonato cioè
davanti a conventi o orfanotrofi (Esposito con una forma tripla,
Esposito Seu1 Margherita); Incerti e Degli Incerti nell’Emilia
Romagna e Innocenti e Degli Innocenti, con le varianti Nocenti e
Nocentini, della Toscana; Proietti, ossia «abbandoinato», proprio

1 Il testo originale riporta, per un refuso, Sau.


del Lazio e dell’Umbria; Trovato, di chiaro significato, tipico del
Catanese.2
Una quarta categoria è costituita dalla tendenza israelitica,
piuttosto rara, ad affiancare al proprio cognome, ebraico, un
secondo elemento che traduce in italiano il significato del
cognome fondamentale, o anche la determinazione del nome
della città o del paese di origine, dal quale cioè sono stati
espulsi o sono fuggiti in seguito alle ripetute persecuzioni.
Così, per esempio, Levi, ossia «sacerdote», raddoppiato in Levi
Sacerdoti o Sacerdotti, oppure Levi D’Ancona e Levi Ravenna, Coen
Camerino.
Una quinta motivazione, del resto rarissima, consiste in
un’errata interpretazione e trascrizione del parroco o del
notaio, o dello scrivano, che nell’ultimo Medio Evo e nel
Rinascimento ha fissato in una scrittura anagrafica o ufficiale
un cognome. Poiché gli atti erano allora redatti in latino
medievale, e questo era a volte scarsamente conosciuto anche
da parroci e notai, erano frequenti due errori. Il primo era non
intendere più la formula anagrafica latina del tipo Marcus
[filius] quondam Pauli, ossia «Marco [figlio] del fu Paolo», e di
ritenere che l’avverbio quondam, «un tempo» cioè «defunto»,
fosse il cognome di Marco, trascrivendo quindi Marco Quondam
o addirittura, con cognome doppio, Marco Quondam Paolo o
Quondampaolo: cognomi doppi di questo tipo sono ancora [più]
comuni tra Lazio settentrionale e Umbria. Il secondo era di non
intendere più l’altra formula anagrafica del tipo Marcus [qui]
vulgo [dicitur] Gigante, ossia «Marco [che] comunemente [è

2 Un più ampio repertorio di cognomi imposti a trovatelli è in un altro


articolo della medesima serie curata da Emidio De Felice per «Storia
Illustrata» (marzo 1985), con il poco felice e poco referenziale titolo
Dal Medioevo: vi sono trattati significato e distribuzione per es. dei
cognomi Casaceli, Della Pietà, Diotallevi con varianti e derivati, Diotaiuti
e derivati, Diolaiuti, Diolaiti e Delaiti, Diociaiuti, Diotisalvi, Dioguardi,
Salvideo e varianti con Servadei/Servidei, Sperandeo/Sperindeo e varianti,
Deserto/-i, Ignoto e D’Ignoti, D’Amore e Dell’Amore, Diolosà, ecc.
soprannominato] Gigante», e di interpretare quindi l’avverbio
vulgo «comunemente» come cognome, cioè Marco Vulgo
Gigante: nel Napoletano sussiste ancora qualche caso del
cognome triplo Esposito Vulgo Gigante.3
Ma la motivazione fondamentale, più rilevante anche come
numero di casi, di formazione di cognomi doppi e tripli
consiste nella necessità o nell’opportunità di distinguere i
gruppi familiari che hanno lo stesso cognome quando questo è
molto frequente in una stessa città o zona, soprattutto se non
grande e con non molti abitanti. Alcuni esempi possono
chiarire questa situazione.
Caluso è un piccolo centro di circa 7.000 abitanti a nord-est di
Torino, al margine del Canavese: tra le circa 1.600 famiglie del
comune quasi 250 hanno il cognome Actis. Ora questo cognome
solo in minima parte è unico, mentre, proprio per necessità di
distinzione delle tante famiglie così denominate, è stato
affiancato da un secondo cognome: Actis Alesina, Barone,
Caporale, Dato, Foglizzo, Giorgetto, Grande, Grosso, Milanesio,
Oreglia, Perinetto, Perino, Zanino. E uno di questi cognomi
doppi, Actis Dato, è diventato così diffuso che, per necessità di
distinzione, si è formato il cognome triplo Actis Dato Casale.
Sappada è un piccolo comune montano del Bellunese con
circa 1.500 abitanti di tradizioni friulane, con una parte ormai
minima della popolazione di lingua tedesca, o più
precisamente bavarese di tipo carinziano, qui immigrata
nell’ultimo Medio Evo dalla Carinzia. È qui ancora molto
frequente un cognome tedesco, Piller, che denomina quasi un
quinto delle famiglie e dei residenti del comune: ancora la
necessità di distinguere nella limitatissima zona ha portato alla
formazione di ben cinque cognomi doppi, Piller Cottrer, Hoffer,
Puicher, Roner e Storff, tutti con un secondo elemento tedesco.

3 Altri cognomi multipli presentano la congiunzione “o” tra la prima e la


seconda forma, anche se risultano in via d’estinzione perché i
portatori ne richiedono la revisione anagrafica.
Nei centri della costa e delle isole del Napoletano è molto
diffuso il cognome Schiano, che è la forma aferetica di Ischiano,
cioè “ischitano”, quindi «abitante o oriundo dell’isola o del
centro di Ischia». Questo cognome è molto comune nella vicina
isola di Procida, ossia Procida e Monte di Procida nella parte
alta,4 con circa 10.000 residenti ciascuno, e anche qui si è
determinata, per la necessità di distinguere le troppe famiglie
Schiano in piccole collettività di pescatori, una proliferazione di
cognomi doppi, con un secondo elemento formato da
patronimici o matronimici, o da soprannomi e determinativi,
tutti dialettali: Schiano di Cola, di Scioarro, di Tunnariello, di
Zenise, Moriello e Lo Moriello, accentrati a Monte di Procida, e
Schiano di Colella, di Coscia, di Zipaolo accentrati a Procida. E tutti
questi cognomi doppi denominano un numero di famiglia
molto maggiore di quello denominato dal cognome semplice
Schiano.
Sempre nei due centri di Procida e Monte di Procida è molto
comune il cognome Scotto, che nella variante dialettale Scuotto è
tipico e frequente in tutto il Napoletano e in Campania; è un
cognome medievale che può derivare sia dalla forma aferetica
Scotto di Francescotto, diminutivo di Francesco, sia e più spesso
dall’etnico Scoto o Scotto che nel Medio Evo poteva indicare chi
era originario o proveniva sia dalla Scozia sia dall’Irlanda. Ora
a Monte di Procida e a Procida, e in misura molto minore anche
a Ischia, il cognome semplice Scotto è ormai diventato raro
perché la necessità di distinzione ha ancora provocato
l’insorgenza di cognomi doppi, formati con secondi elementi
analoghi a quelli di Schiano, come, tra i più comuni, Scotto
D’Aniello, D’Antonio o D’Antuono, D’Apollonio, Di Cesare, Di
Ciccariello, di Covello o Di Covella, Di Fasano, Di Marrazzo, Di

4 Per distrazione, l’Autore sembra collocare il comune di Monte di


Procida nell’isola, mentre si trova sulla terraferma campana.
Monaco, Lachianca, Pagliara, ecc. (in tutti sono quasi 50, e
denominano circa 4.000 residenti).5
I cognomi doppi e tripli non sono dunque di per sé prova o
indizio di una tradizione nobiliare della famiglia che, ripeto,
deve essere dimostrata in base a specifiche ricerche storiche e
araldiche: possono essere insorti per molte altre motivazioni, e
soprattutto per la necessità di distinguere i vari gruppi familiari
dello stesso cognome fondamentale nei piccoli centri o in zone
limitate.

5 Nelle pagine del volume I cognomi italiani..., cit., De Felice si sofferma


anche sui cognomi di altre zone del territorio italiano nelle quali i
cognomi multipli sono particolarmente frequenti.

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