I cognomi doppi e tripli hanno sempre suscitato e ancora
suscitano un diffuso interesse, sia tra specialisti e appassionati di studi di storia della nobiltà e dell’araldica italiana, sia anche, più generalmente, tra quanti ricercano attraverso il proprio cognome l’origine e la tradizione, o con un termine molto usato «le radici», della propria propria ascendenza familiare, resa appunto più interessa e complessa da un cognome doppio o triplo. In Italia questi cognomi non sono molto numerosi, e denominano oltre tutto una percentuale minima di famiglie, in quanto sono quasi sempre limitati a una zona molto ristretta e anche in questa zona sono comuni soltanto a uno o pochi gruppi familiari. Situazione contraria a quella della Spagna e del Portogallo dove non soltanto i cognomi formati da più elementi sono molto requenti e ampiamente diffusi, ma sono spesso, oltre che doppi e tripli, anche quadrupli e quintupli, in alcuni casi arrivano fino a dieci e più elementi, tanto che è stato necessario un intervento amministrativo che, per non complicare le trascrizioni anagrafiche e la redazione di tutti gli atti ufficiali, ha limitato a cinque il numero massimo degli elementi cognominali. [...] La prima motivazione storica dell’insorgenza e della fissazione in Italia di cognomi doppi e tripli, e in alcuni raricasi anche quadrupli e quintupli, è certamente l’aggiunzione al cognome fondamentale di antiche famiglie nobiliari sia di uno o più predicati – ossia il nome del feudo o del possesso o anche della carica o del riconoscimento su cui è «appoggiato» il titolo nobiliare – sia, nel caso di matrimoni tra grandi casate, del cognome o dei cognomi della moglie a quelli del marito. Così, per esempio, per l’aggiunta del predicato nobiliare si sono formati, all’interno della grande famiglia napoletana dei Caracciolo, i vari cognomi doppi, corrispondenti a vari rami della casata, Caracciolo d’Acquara, di Brienza, di Castagneto, di Feroleto, di Forino, di Melissano, di Nicastro, di San Vito, di Sarno, di Torchiarolo, di Torel, di Vietri, con l’aggiunta quindi del nome dei singoli feudi, tutti nel Sud peninsulare, di cui furono investiti i vari Caracciolo, come pure si è formato il cognome doppio Caracciolo Carafa dall’ufficio di riscuotere il “campione della carafa”, una gabella napoletana sul vino, concesso nell’ultimo Medio Evo a Gregorio Caracciolo. Così, d’altra parte, per la fusione dei cognomi di due o più casate nobiliari, e a volte dei relativi predicati, dsi sono formati cognomi di quattro, cinque o anche sei elementi, tra i quali i più noti (segnalati da G. De Camelis nel suo saggio I cognomi in Italia del 1960) sono Boncompagni Ludovisi Rondinelli Vitelli, Bentivoglio Sforza Visconti d’Aragona Estense e Maresca Dannorso Correale Revertera della Salandra, Ricasoli Firidolfi Zanchini Marsupini Salviati Acciaiuoli. Se questa è la prima e la pim evidente motivazione dell’insorgenza dei cognomi doppi e tripli, non è tuttavia la più rilevante per quantità di forme cognominali e di persone con esse denominate in quanto le grandi e antiche casate nobiliari, anche se abbastanza numerose in Italia, sono pur sempre limitate. Una seconda motivazione, strettamente dipendente da questa ora esposta, consiste nella ricerca di prestigio sociale: famiglie non nobili, proprio perché i cognomi doppi erano generamente sentiti come un attestato di nobiltà o di alto rango, hanno unito al proprio cognome un secondo elemento, che poteva essere il cognome della moglie, un soprannome ereditario, un nome di mestiere, il nome del paese d’origine, ecc., e che in qualche caso era la pura e semplice ripetizione del cognome fondamentale, magari con qualche variante (come Rosa Rosa del Sud, Sau Sau della Sardegna, Papini Papi di Perugia, Fàvaro Fabris di Venezia). Una terza motivazione può individuarsi nella ricerca, da parte di famiglie che avevano un cognome che denunciava nel capostipite la condizione di figlio d’ignoti, di trovatello, di mimrtizzare o attenuare la trasparenza di questo loro cognome affiancandogliene un secondo o anche un terzo. Infatti quasi tutti quei cognomi che nel passato – fino a che, a partire dal 1866, precise disposizioni di legge o amministrative non lo hanno vietato – venivano imposti ai figli d’ignoti con chiara allusione a questa loro condizione (anche se a volte con carità cristiana) hanno un alto numero di forme doppie e anche triple. Alcuni esempi: Casadei, Caddio, Caddei, cioè «della casa di Dio” come orfanotrofi propri dell’Emilia Romagna (Casadei ha anche una forma tripla, Casadei Turroni Monti; Colombo, tipico della Lombardia, che però può anche essere originario da un nome generico di derivazione cristana (il colombo è simbolo di mansuetudine, piurezza e innoenza), che ha molte forme doppie e una tripla, Colombo Lugani Cernuschi; D’Amore e Dell’Amore, cioè «figlio dell’amore», proprio del Sud; Di Dio della Sicilia e Diolosà del Bolognesi, rari ma chiaramente allusivi; Esposito o Sposito frequentissilmo nel Sud e soprattutto nel Napoletano, con la variante Esposto o Esposti e Degli Esposti (specifica questa del Bolognese, da «esposti», abbandonato cioè davanti a conventi o orfanotrofi (Esposito con una forma tripla, Esposito Seu1 Margherita); Incerti e Degli Incerti nell’Emilia Romagna e Innocenti e Degli Innocenti, con le varianti Nocenti e Nocentini, della Toscana; Proietti, ossia «abbandoinato», proprio
1 Il testo originale riporta, per un refuso, Sau.
del Lazio e dell’Umbria; Trovato, di chiaro significato, tipico del Catanese.2 Una quarta categoria è costituita dalla tendenza israelitica, piuttosto rara, ad affiancare al proprio cognome, ebraico, un secondo elemento che traduce in italiano il significato del cognome fondamentale, o anche la determinazione del nome della città o del paese di origine, dal quale cioè sono stati espulsi o sono fuggiti in seguito alle ripetute persecuzioni. Così, per esempio, Levi, ossia «sacerdote», raddoppiato in Levi Sacerdoti o Sacerdotti, oppure Levi D’Ancona e Levi Ravenna, Coen Camerino. Una quinta motivazione, del resto rarissima, consiste in un’errata interpretazione e trascrizione del parroco o del notaio, o dello scrivano, che nell’ultimo Medio Evo e nel Rinascimento ha fissato in una scrittura anagrafica o ufficiale un cognome. Poiché gli atti erano allora redatti in latino medievale, e questo era a volte scarsamente conosciuto anche da parroci e notai, erano frequenti due errori. Il primo era non intendere più la formula anagrafica latina del tipo Marcus [filius] quondam Pauli, ossia «Marco [figlio] del fu Paolo», e di ritenere che l’avverbio quondam, «un tempo» cioè «defunto», fosse il cognome di Marco, trascrivendo quindi Marco Quondam o addirittura, con cognome doppio, Marco Quondam Paolo o Quondampaolo: cognomi doppi di questo tipo sono ancora [più] comuni tra Lazio settentrionale e Umbria. Il secondo era di non intendere più l’altra formula anagrafica del tipo Marcus [qui] vulgo [dicitur] Gigante, ossia «Marco [che] comunemente [è
2 Un più ampio repertorio di cognomi imposti a trovatelli è in un altro
articolo della medesima serie curata da Emidio De Felice per «Storia Illustrata» (marzo 1985), con il poco felice e poco referenziale titolo Dal Medioevo: vi sono trattati significato e distribuzione per es. dei cognomi Casaceli, Della Pietà, Diotallevi con varianti e derivati, Diotaiuti e derivati, Diolaiuti, Diolaiti e Delaiti, Diociaiuti, Diotisalvi, Dioguardi, Salvideo e varianti con Servadei/Servidei, Sperandeo/Sperindeo e varianti, Deserto/-i, Ignoto e D’Ignoti, D’Amore e Dell’Amore, Diolosà, ecc. soprannominato] Gigante», e di interpretare quindi l’avverbio vulgo «comunemente» come cognome, cioè Marco Vulgo Gigante: nel Napoletano sussiste ancora qualche caso del cognome triplo Esposito Vulgo Gigante.3 Ma la motivazione fondamentale, più rilevante anche come numero di casi, di formazione di cognomi doppi e tripli consiste nella necessità o nell’opportunità di distinguere i gruppi familiari che hanno lo stesso cognome quando questo è molto frequente in una stessa città o zona, soprattutto se non grande e con non molti abitanti. Alcuni esempi possono chiarire questa situazione. Caluso è un piccolo centro di circa 7.000 abitanti a nord-est di Torino, al margine del Canavese: tra le circa 1.600 famiglie del comune quasi 250 hanno il cognome Actis. Ora questo cognome solo in minima parte è unico, mentre, proprio per necessità di distinzione delle tante famiglie così denominate, è stato affiancato da un secondo cognome: Actis Alesina, Barone, Caporale, Dato, Foglizzo, Giorgetto, Grande, Grosso, Milanesio, Oreglia, Perinetto, Perino, Zanino. E uno di questi cognomi doppi, Actis Dato, è diventato così diffuso che, per necessità di distinzione, si è formato il cognome triplo Actis Dato Casale. Sappada è un piccolo comune montano del Bellunese con circa 1.500 abitanti di tradizioni friulane, con una parte ormai minima della popolazione di lingua tedesca, o più precisamente bavarese di tipo carinziano, qui immigrata nell’ultimo Medio Evo dalla Carinzia. È qui ancora molto frequente un cognome tedesco, Piller, che denomina quasi un quinto delle famiglie e dei residenti del comune: ancora la necessità di distinguere nella limitatissima zona ha portato alla formazione di ben cinque cognomi doppi, Piller Cottrer, Hoffer, Puicher, Roner e Storff, tutti con un secondo elemento tedesco.
3 Altri cognomi multipli presentano la congiunzione “o” tra la prima e la
seconda forma, anche se risultano in via d’estinzione perché i portatori ne richiedono la revisione anagrafica. Nei centri della costa e delle isole del Napoletano è molto diffuso il cognome Schiano, che è la forma aferetica di Ischiano, cioè “ischitano”, quindi «abitante o oriundo dell’isola o del centro di Ischia». Questo cognome è molto comune nella vicina isola di Procida, ossia Procida e Monte di Procida nella parte alta,4 con circa 10.000 residenti ciascuno, e anche qui si è determinata, per la necessità di distinguere le troppe famiglie Schiano in piccole collettività di pescatori, una proliferazione di cognomi doppi, con un secondo elemento formato da patronimici o matronimici, o da soprannomi e determinativi, tutti dialettali: Schiano di Cola, di Scioarro, di Tunnariello, di Zenise, Moriello e Lo Moriello, accentrati a Monte di Procida, e Schiano di Colella, di Coscia, di Zipaolo accentrati a Procida. E tutti questi cognomi doppi denominano un numero di famiglia molto maggiore di quello denominato dal cognome semplice Schiano. Sempre nei due centri di Procida e Monte di Procida è molto comune il cognome Scotto, che nella variante dialettale Scuotto è tipico e frequente in tutto il Napoletano e in Campania; è un cognome medievale che può derivare sia dalla forma aferetica Scotto di Francescotto, diminutivo di Francesco, sia e più spesso dall’etnico Scoto o Scotto che nel Medio Evo poteva indicare chi era originario o proveniva sia dalla Scozia sia dall’Irlanda. Ora a Monte di Procida e a Procida, e in misura molto minore anche a Ischia, il cognome semplice Scotto è ormai diventato raro perché la necessità di distinzione ha ancora provocato l’insorgenza di cognomi doppi, formati con secondi elementi analoghi a quelli di Schiano, come, tra i più comuni, Scotto D’Aniello, D’Antonio o D’Antuono, D’Apollonio, Di Cesare, Di Ciccariello, di Covello o Di Covella, Di Fasano, Di Marrazzo, Di
4 Per distrazione, l’Autore sembra collocare il comune di Monte di
Procida nell’isola, mentre si trova sulla terraferma campana. Monaco, Lachianca, Pagliara, ecc. (in tutti sono quasi 50, e denominano circa 4.000 residenti).5 I cognomi doppi e tripli non sono dunque di per sé prova o indizio di una tradizione nobiliare della famiglia che, ripeto, deve essere dimostrata in base a specifiche ricerche storiche e araldiche: possono essere insorti per molte altre motivazioni, e soprattutto per la necessità di distinguere i vari gruppi familiari dello stesso cognome fondamentale nei piccoli centri o in zone limitate.
5 Nelle pagine del volume I cognomi italiani..., cit., De Felice si sofferma
anche sui cognomi di altre zone del territorio italiano nelle quali i cognomi multipli sono particolarmente frequenti.